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Tribunale di Catania, Sentenza n. 2213/2025 del 24-04-2025

... punto va respinta. Parimenti infondata è l'eccepita litispendenza giacché è accaduto, in altro procedimento, che l'attore, pur tenuto ex art. 165 c.p.c., a costituirsi entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto del 27.2.2020, rendendosi così giuridicamente presente nel processo, ha omesso le formalità previste per il codice di rito, determinando, in tal modo, uno stato di quiescenza del giudizio connotato dall'assenza di alcun rapporto formale tra agente e soggetto giudicante. Indi, nessuna litispendenza tra le due cause; peraltro, la già avvenuta estinzione della prima - a prescindere da una pronuncia formale - non preclude la riproposizione della domanda nel caso in cui, come nella specie, siano ancora aperti i termini per far valere in giudizio la pretesa sostanziale. Analoghe considerazioni vanno espresse con riguardo all'eccepito difetto di procura poiché l'affermazione della valida instaurazione del procedimento giudiziario e della sussistenza dei presupposti dell'accertamento della domanda in contraddittorio con il convenuto, presuppone la regolarità della procura rilasciata dalle parti e versata telematicamente in atti in data ###. Sul punto, “La (leggi tutto)...

testo integrale

 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CATANIA - ###, dott.ssa ### in funzione di Giudice unico ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 5530/2020 R.G., avente per oggetto: “responsabilità extra-contrattuale”; TRA ### c.f. ### e ### CATHERINE, c.f. ###, entrambi rappresentati e difesi dagli avv.ti ### e ### giusta procura in atti; ### CONTRO ### c.f. ###, rappresentata e difesa dall'avv. ### giusta procura in atti; ### all'udienza del 25 febbraio 2025 le parti hanno precisato le conclusioni come da verbale in atti.  #### Con atto di citazione notificato in data #### e ### quale erede di ### hanno convenuto in giudizio, dinanzi a questo Tribunale, ### al fine di sentirla condannare al risarcimento del danno in forma specifica in conseguenza dell'illegittima distruzione e/o demolizione del pozzo sito in ### contrada ### via ### e dei relativi manufatti. 
Hanno dedotto, a tal fine, di essere proprietari della metà indivisa del richiamato piccolo pozzo di acqua sorgiva di modestissima portata, nonché della metà indivisa di nove metri quadrati del terreno adiacente, raggiungibile attraverso un viottolo, della larghezza di centimetri cinquanta, attraverso la limitrofa corte dell'abitazione di proprietà della convenuta, in virtù di atto di compravendita del 16.12.1977 a rogito del ### Instauratosi il contraddittorio, con comparsa depositata telematicamente il ### si è costituita ### la quale, in via preliminare, ha eccepito l'inammissibilità della domanda per il mancato esperimento della procedura di mediazione, il difetto di procura e la litispendenza con altro giudizio tra le stesse parti avente il medesimo oggetto. Nel merito, ha contestato l'esistenza di alcun titolo di proprietà in capo agli attori, l'intervenuta prescrizione di ogni loro diritto ivi compresa la servitù e la carenza di prova in ordine alla demolizione delle opere perite, a suo dire, in ragione della mancata manutenzione spettante a parte attrice. 
Istruita la causa mediante consulenza tecnica e rigettate le ulteriori richieste istruttorie formulate dalle parti, all'udienza del 25 febbraio 2025, previa precisazione delle conclusioni, la causa è stata posta in decisione con concessione di termini ridotti per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. 
Premessa la superiore ricostruzione in fatto, in via preliminare, occorre valutare le eccezioni sollevate dalla convenuta. 
In primo luogo, va rigettata l'eccezione di improcedibilità della domanda per mancato esperimento della mediazione obbligatoria. 
Trattasi, invero, di azione di carattere essenzialmente personale da ricomprendersi nella categoria dell'azione di risarcimento di danni mediante reintegrazione in forma specifica, danni derivanti da fatto illecito (demolizione opere), a nulla rilevando che la chiesta eliminazione dell'attività materiale e asseritamente lesiva realizzata dalla convenuta sia conseguenza della lesione dolosa o colposa di un diritto reale. 
La domanda, pertanto, non è soggetta, alla mediazione obbligatoria prevista dal d. lgs 28/2010, di talché l'eccezione sul punto va respinta. 
Parimenti infondata è l'eccepita litispendenza giacché è accaduto, in altro procedimento, che l'attore, pur tenuto ex art. 165 c.p.c., a costituirsi entro dieci giorni dalla notificazione della citazione al convenuto del 27.2.2020, rendendosi così giuridicamente presente nel processo, ha omesso le formalità previste per il codice di rito, determinando, in tal modo, uno stato di quiescenza del giudizio connotato dall'assenza di alcun rapporto formale tra agente e soggetto giudicante. 
Indi, nessuna litispendenza tra le due cause; peraltro, la già avvenuta estinzione della prima - a prescindere da una pronuncia formale - non preclude la riproposizione della domanda nel caso in cui, come nella specie, siano ancora aperti i termini per far valere in giudizio la pretesa sostanziale.   Analoghe considerazioni vanno espresse con riguardo all'eccepito difetto di procura poiché l'affermazione della valida instaurazione del procedimento giudiziario e della sussistenza dei presupposti dell'accertamento della domanda in contraddittorio con il convenuto, presuppone la regolarità della procura rilasciata dalle parti e versata telematicamente in atti in data ###. 
Sul punto, “La procura alle liti - ove rilasciata in calce o margine della citazione o su foglio congiunto materialmente all'atto introduttivo, tanto in assenza, quanto in presenza di timbri di congiunzione - è valida ed è riferibile al processo cui accede, non rilevando la diversità dei caratteri a stampa dei due atti, né altri requisiti di forma, nessuno dei quali è prescritto a pena di nullità, né la eventuale mancanza di data” (Cass. civ., sez. II, n. 799/2024). 
Sempre in via preliminare, parte convenuta ha dedotto che la ### «non ha prodotto alcuna successione che legittima l'azione oggi proposta e non ha fornito alcuna prova della inesistenza di altri eredi del sig ### …» (cfr. comparsa di costituzione). 
Anche questa eccezione appare infondata; ed infatti, la parte convenuta non ha mai contestato il legame sussistente tra l'attrice e il de cuius, legame che, comunque, emerge dalla documentazione prodotta in atti (cfr. in particolare procura speciale prodotta in atti), da cui appunto emerge che l'attrice ### era la moglie del de cuius ### di guisa che «La parte che ha un titolo legale che le conferisce il diritto di successione ereditaria non è tenuta a dimostrare di avere accettato l'eredità ove proponga in giudizio domande che, di per sé, manifestano la volontà di accettare, qual è quella diretta a ricostituire l'integrità del patrimonio ereditario, gravando su chi contesta la qualità di erede, l'onere di eccepire la mancata accettazione dell'eredità ed, eventualmente, provare l'esistenza di fatti idonei ad escludere l'accettazione tacita, che appare implicita nel comportamento dell'erede» (Cass. n. 390/2025). 
Quanto, poi, all'eventuale sussistenza di altri eredi, le azioni a tutela della proprietà non richiedono un litisconsorzio necessario tra tutti i comproprietari, essendo che ciascuno di essi ha la legittimazione ad agire a tutela della cosa comune.   Detto ciò e passando all'esame del merito della controversia, in diritto, la domanda è fondata nei limiti che seguono. 
Dall'atto rogato a firma del ### in data ### (all. 1 atto di citazione) risulta pacificamente, che l'attore ### unitamente all'altro acquirente ### è comproprietario della metà indivisa di un piccolo pozzo di acqua sorgiva nonché della metà indivisa di nove metri quadrati di terreno adiacente a detto pozzo. Risulta, altresì, dal medesimo atto che faceva parte della vendita anche il diritto di servitù di passaggio da esercitarsi attraverso un viottolo della lunghezza di cinquanta centimetri al fine di arrivare presso il detto pozzo.   Le evidenze documentali, pertanto, smentiscono la tesi della convenuta circa l'inesistenza del pozzo e del relativo titolo di proprietà così come pure inconsistente è la dedotta prescrizione dei diritti dell'attore atteso che il diritto di proprietà è connotato da pienezza, elasticità, autonomia, indipendenza, esclusività, perpetuità e imprescrittibilità. 
Del pari, anche la prescrizione del diritto di servitù non può dirsi realizzata, innanzitutto, dalla pacifica ammissione di ### la quale, nella comparsa conclusionale asserisce: “oggetto della controversia è solo la servitù di passaggio di circa 50 cm che come risulta dalla CTU non è stata mai negata e comunque ancora oggi esiste, alla quale si accede da un cancello posto sul confine del condominio limitrofo” (cfr. pag. 1 comparsa conclusionale parte convenuta). 
E poi, in ogni caso, l'esercizio della servitù emerge evidentemente dal processo esecutivo iniziato appunto da ### per l'esecuzione della sentenza di questo Tribunale n. 2019/2007 e dall'attività espletata da cui si evince appunto che in data 23 luglio 2008 si constatava la realizzazione di un muro ai confini del viottolo che conduceva al pozzo, in modo appunto di permettere ai ### l'attraversamento in sicurezza del fondo della controparte. 
Indi, dal 2008 all'inizio del presente giudizio, in ogni caso, non è trascorso il tempo necessario alla perdita del diritto di servitù per non uso ventennale. 
Orbene, va osservato che l'attore, in citazione ha prospettato l'avvenuta illegittima distruzione e/o demolizione del pozzo e di tutti i manufatti ad opera di ### Quanto al pozzo, dalla consulenza tecnica espletata dal nominato ausiliario, le cui conclusioni vanno pienamente condivise, emerge che “Si tratta di un pozzo freatico ricadente come detto nella particella 1385, posto nell'area arredata a giardino annessa alla villa d'abitazione (della convenuta), a circa 10 metri dal confine sud, costituita da specie vegetali ornamentali diverse, con piscina nella estrema parte nord/est della particella stessa… Il pozzo presenta un'apertura a livello del terreno, che ne consente l'ispezione interna, allo stato attuale coperta da un chiusino (o tombino) quadrato in ghisa di cm 50 di lato… Lo scorrimento dell'acqua avviene a pelo libero e non raggiunge mai la superficie. È quindi necessario l'uso di una pompa sommersa per il sollevamento dell'acqua in superficie.” (pagg.  4 e 5 relazione di c.t.u.). Ed ancora:” si tratta di un'antica struttura a sezione circolare in muratura con diametro di circa due metri, con pareti rivestite in pietrame e con laterizi nella parte superiore, per un'altezza di circa metri 0,80-1,00, intervento quest'ultimo eseguito verosimilmente in epoca più recente. Lo stesso può dirsi per il cordolo di cemento a sezione quadrata realizzato immediatamente al disotto della copertura del pozzo. Nella parte interna di quest'ultimo, poco al disotto del piano di campagna e lungo il suo diametro è installata una vecchia e grossa trave in legno, certamente utilizzata un tempo come attacco dell'argano per la installazione della pompa sommersa, ecc.. 
Infissa nella parete si trova altresì una scaletta in ferro per consentire eventuali ispezioni del pozzo stesso. Le condizioni interne del pozzo sembrano integre, almeno in apparenza, nella parte più superficiale priva di acqua. È bene però sottolineare che si tratta di una struttura antica ed è quindi certo che occorrano indagini più approfondite da affidare a personale tecnico e ditte specializzate in materia. All'epoca del sopralluogo di cui sopra, eseguito dopo giornate di piogge intense e durature, sono state effettuate misurazioni, in maniera empirica e quindi da considerarsi approssimative, che hanno comunque consentito di accertare il livello statico dell'acqua (livello del pelo libero dell'acqua nella canna del pozzo), allora pari a metri 9,00 circa dalla bocca del pozzo stesso, mentre la sua profondità è stata misurata intorno a metri 19,00 circa.” (pag. 6 relazione di c.t.u.). 
Il consulente tecnico, quindi, ha constatato l'esistenza del pozzo confutandone in sostanza l'avvenuta demolizione ad opera di ### che, in effetti, ha ricondotto su un unico livello (quello più alto attuale) il terreno prima posto su due livelli altimetrici oggi adibito ad area arredata a giardino, annessa alla propria villa d'abitazione. 
In conseguenza di dette opere, l'apertura del pozzo, in origine fuori terra, risulta collocata a pari livello del giardino della convenuta e coperta da una botola. 
Quanto alla richiesta di ripristino del casotto, dalla menzionata ctu resa dal dott. ### nella procedura esecutiva iscritta al n. 2390/2007 r.g.e.-Tribunale di ### posta a sostegno della tesi difensiva attorea, e, in particolare nella fotografia alla stessa allegata, si evidenzia che nell'anno 2008 e, dunque, entro il ventennio antecedente all'instaurazione del presente giudizio, insisteva esattamente al di sopra dell'apertura del pozzo una struttura sovrastante che appunto delimitava la comproprietà dell'area circostante al pozzo di cui all'originario atto di proprietà, oggi demolita analogamente a quanto avvenuto alla struttura muraria che delimitava il percorso di cinquanta centimetri di larghezza e circa metri sette di lunghezza che dalla zona estrema sud/est della particella 1385 conduceva al casotto pozzo. 
Rispetto al dedotto crollo, parte convenuta nulla ha provato nonostante l'onere della prova posto a suo carico di dimostrare i fatti posti a sostegno della propria difesa; indi, demolendo il casotto, la ### si è anche appropriata in modo definitivo della proprietà comune. 
Né colgono nel segno le considerazioni relative alla mancanza di funzionalità, allo stato di abbandono, all'inefficienza della struttura e alle lacune autorizzative del pozzo in questione, e il suo assoluto diniego alla riattivazione del pozzo; si tratta, infatti, quanto alle autorizzazioni, di implicazioni amministrative relative solo all'uso del pozzo e non anche al diritto di proprietà dello stesso e dell'area circostante. Quanto, poi, alla decisione sull'uso dello stesso, valgono le norme sull'amministrazione della cosa comune da adottarsi, anche in caso di impossibilità di formare una maggioranza, e in presenza dei presupposti di legge, ai sensi dell'art. 1105 Di talché, ### deve essere condannata, a propria cura e spese, al rispristino dell'apertura del pozzo fuori terra e alla realizzazione del casotto menzionato nella relazione di c.t.u. del dott.  ### secondo le modalità indicate a pag. 11 dell'elaborato peritale redatto a firma del nominato ausiliario, dott. ### In particolare, il predetto manufatto dovrà essere realizzato a sezione quadrata con lati di m 2,00, altezza di m 2,20 circa, copertura con tegole e porticina di accesso, da realizzare con adeguato cordolo di fondazione, blocchi prefabbricati in calcestruzzo, rifinito con intonaco e tinteggiatura (cfr. pag. 11 relazione di c.t.u.). 
Rispetto, infine, alla servitù di passaggio, va innanzi tutto rimarcato che parte convenuta non ne disconosce, in favore dell'attore, il contenuto, e comunque il detto diritto, da esercitarsi mediante un percorso di larghezza di cinquanta centimetri, che dalla proprietà ### consentiva di raggiungere il pozzo attraversando la proprietà di parte convenuta, v'è da dire che, oggi, detto diritto non può dirsi in alcun modo compromesso nonostante l'avvenuto mutamento dello stato dei luoghi attraverso la demolizione dei muri di delimitazione del passaggio medesimo. 
Infatti, i detti muri erano stati realizzati per garantire il passaggio in sicurezza a causa della presenza di cani di grossa taglia e, pertanto, in assenza del detto pericolo, l'eliminazione dei detti muri non è di ostacolo all'esercizio del diritto di servitù; infatti, come evidenziato nella relazione di consulenza tecnica di ufficio, il passaggio che consente di raggiungere il pozzo oggetto di controversia può più agevolmente rinvenirsi nella scala in muratura di accesso al giardino della convenuta che presenta nella parte più bassa una porticina in ferro. 
Detta porta «è posta in cima ad una scaletta alla quale si accede, appunto dall'esterno, attraverso una scivola facente parte dell'area condominiale che porta ai garage di uno stabile posto a sud/est della particella 1385. Tale porticina, quando funzionante, consentirebbe ai ### l'ingresso alla proprietà della ###ra ### e di esercitare il loro diritto di passaggio attraverso la prima parte del giardino fino al pozzo in comproprietà”. 
Poiché detta porta è risultata quasi del tutto deteriorata per mancanza di uso e manutenzione, non addebitabile alla convenuta considerato che la manutenzione deve essere fatta dal lato degli attori (la porta non si apre dal lato della convenuta), sarà sufficiente, per gli stessi, provvedere semplicemente al relativo ripristino, mediante riparazione e/o sostituzione dei perni e dei cardini della porta dal proprio lato, al fine di raggiungere il pozzo in comproprietà.  ### mutamento dei luoghi consente, comunque, la conservazione delle condizioni originarie della servitù senza rendere più gravoso l'onere del fondo servente e senza svantaggio del fondo dominante. 
Esula dalla presente controversia ogni questione relativa alla sicurezza dell'immobile della convenuta e alla tutela del diritto alla privacy (spostamento servitù, o modifica delle modalità esecutive o altro), in assenza di alcuna domanda di regolamentazione del diritto. 
Le spese di lite, unitamente a quelle di consulenza tecnica di ufficio, seguono la soccombenza e vanno poste a carico della convenuta secondo i parametri medi di cui al D.M. 147/2022 (valore della causa da euro 5.201,00 ad euro 26.000,00), per tutte le fasi del giudizio.  P.Q.M.  ### della ### del Tribunale di ### dott.ssa ### in funzione di Giudice unico, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 5530/2020 R.G., in accoglimento della domanda promossa da ### e ### condanna ### alla realizzazione dell'apertura del pozzo fuori terra e al ripristino del casotto collocato al di sopra dell'apertura del pozzo, sito in ### contrada ### via ### secondo le modalità meglio indicate a pag. 11 della relazione di consulenza tecnica. 
Condanna parte convenuta alla refusione, in favore degli attori, delle spese processuali che liquida complessivamente in euro 5.637,00, di cui euro 560,00 per spese vive ed euro 5.077,00 per compensi, di cui euro 919,00 per fase di studio, euro 777,00 per fase introduttiva del giudizio, euro 1.680,00 per fase istruttoria, euro 1.701,00 per fase decisoria, oltre alle spese generali, IVA e CPA come per legge. 
Pone a carico di parte convenuta le spese di consulenza tecnica di ufficio liquidate come in atti con decreto del 17 aprile 2025. 
Così deciso in ### il 22 aprile 2025 IL PRESIDENTE IN FUNZIONE DI GIUDICE UNICO (dott.ssa ### 

causa n. 5530/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Longo Grazia

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Corte d'Appello di L'Aquila, Sentenza n. 1248/2025 del 27-11-2025

... relativa eccezione, valendo come ammissione della mancata estinzione di essa, determinandone il rigetto (Cass. Civ. 26986/2013). Delineato il quadro normativo e la relativa interpretazione giurisprudenziale, cui questa Corte intende aderire, condividendone i presupposti e i contenuti, nella fattispecie in esame dalla lettura e dall'esame degli atti di causa emerge come gli attuali opponenti, oltre all'eccezione di prescrizione presuntiva, abbiano sollevato ulteriori eccezioni inerenti al credito in esame, avendone contestato la stessa esistenza attraverso la negazione dell'incarico e del rapporto sottostante, le effettive prestazioni asseritamente svolte dal professionista, la esigibilità del credito, la congruità delle somma richieste e la carenza di documentazione giustificativa delle ragioni del credito. pag. 15/20 Infatti, nell'atto di opposizione al decreto ingiuntivo gli odierni appellanti, oltre alla prescrizione presuntiva del credito ex art. 2956 c.c., hanno eccepito la nullità del decreto ingiuntivo e della domanda per il difetto della causa petendi, in quanto sarebbe stato emesso in assenza di idonea documentazione giustificativa, la litispendenza o la continenza delle cause con la (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Corte d'Appello di ### La Corte d'Appello di L'### composta dai ### rel.  ### ha pronunciato la seguente ### nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 837/2024, posta in decisione nell'udienza collegiale del 28 ottobre 2025, tenutasi in trattazione scritta ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., vertente tra ### (C.f. ###); ### (C.f.  ###); ### (C.f. ###); tutti rappresentati e difesi dall'Avv. ### appellanti contro ### (C.f. ###); rappresentato e difeso dall'Avv. ### appellato pag. 2/20 avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n. n. 368/2024 del Tribunale di Pescara, pubblicata il ###. 
All'udienza del 28 ottobre 2025 tenutasi in trattazione scritta, secondo quanto previsto dall'art.127 ter c.p.c., all'esito dei termini già concessi ai sensi dell'art. 352 c.p.c. e del deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica, le parti costituite hanno rassegnato le conclusioni con note scritte depositate telematicamente e il Collegio ha riservato la causa in decisione. 
Conclusioni della parte appellante, in citazione e non modificate: “Voglia l'On.le Corte adita, contrariis reiectis, in riforma della impugnata sentenza, e in accoglimento dei motivi innanzi dedotti, così provvedere - In via pregiudiziale: disporre la riunione del presente procedimento in quello avente ad oggetto appello avverso la sent. n. 150/2024 del Tribunale di Pescara, iscritta nel ### della Corte al n. 701/2024, ### Dr.ssa M. ### con udienza fissata al 14/01/2025, relativa alla querela di falso respinta in primo grado; - In via preliminare, dichiarare l'intervenuta prescrizione presuntiva del diritto avverso ai sensi dell'art. 2956 n. 2 cc, per intervenuto pagamento; - Nel merito, in riforma dell'impugnata sentenza e in accoglimento dei motivi di appello sollevati con il presente atto, dichiarare infondata e comunque non provata la pretesa creditoria azionata e, quindi, l'insussistenza del credito adombrato dal ### accertando che nulla devono gli odierni appellanti; - In via subordinata, in accoglimento dell'eccezione d'inadempimento dichiarare inesistente il credito azionato in via monitoria per difetto di rendiconto a carico del ### e in favore degli opponenti e, quindi, per incertezza, inesigibilità e illiquidità del preteso credito.  - Vinte le spese del doppio grado di giudizio”. pag. 3/20 Conclusioni dell'appellato, in comparsa di costituzione e non modificate.  “conclude per la conferma integrale della sentenza appellata”. 
Fatto e diritto 1. Sentenza impugnata. Con sentenza 368/2024 emessa il ### e pubblicata in pari data, il Tribunale di Pescara, definitivamente pronunciando sulla opposizione proposta da #### e ### quali eredi di ### avverso il decreto ingiuntivo n. 314/2021 emesso su istanza dell'#### per richiedere il pagamento della somma di €. 53.281,54, pretesa a titolo di compensi professionali per attività prestata in favore del de cuius, in parziale accoglimento della spiegata opposizione ha revocato il decreto ingiuntivo ed ha condannato gli opponenti al pagamento pro quota ereditatis in favore dell'opposto della minore somma pari ad €. 11.274,43, oltre interessi, iva e cap, ha compensato tra le parti le spese di lite nella misura del 50% con condanna degli opponenti al pagamento in favore dell'opposto del residuo 50%.  1.2 Premesso che l'attività professionale allegata in monitorio consisteva nella effettuazione della cosiddetta “due diligence” tecnica e amministrativa del capannone industriale sito in ### 2, successivamente venduto a terzi, seguendo sia la parte tecnica delle concessioni con le eventuali varianti, sia le contrattazioni per la vendita, sia l'alienazione definitiva avvenuta per atto notarile redatto dal ### Avv. ###, in data ###, Rep. N. 34.277, Raccolta n. 9.690, a fondamento dell'opposizione gli attuali appellanti eccepivano: la prescrizione presuntiva del credito ex art. 2956 c.c. sul rilievo che l'incarico al professionista, in ogni caso non provato, sarebbe stato conferito dal de cuius, ### per effettuare una “due diligence” relativamente ad un capannone industriale sito in ### di cui fra l'altro non era menzionata neppure la effettiva proprietà, in relazione al quale il professionista sosteneva di pag. 4/20 aver curato sia la parte amministrativa e tecnica che le successive fasi di contrattazione e vendita avvenuta, quale atto conclusivo dell'attività, in data ### per atto pubblico notarile, ragione per cui, a prescindere dalla fondatezza nel merito della pretesa creditoria, alla data del deposito del ricorso in via monitoria sarebbe maturata la prescrizione presuntiva per il decorso del termine triennale previsto dal citato art. 2956 c.c., posto che il dies a quo per rivendicare l'importo coincideva con la data del 28.12.2009 in cui l'attività si era definitivamente conclusa; la nullità della domanda per assoluta genericità e difetto degli elementi essenziali per la sua esatta individuazione, poiché priva di causa petendi, non essendo l'atto introduttivo idoneo ad instaurare il contraddittorio e a consentire l'esercizio del diritto di difesa, atteso che risultavano asseriti fatti e circostanze ma senza allegare alcunché a sostegno, non essendo precisati l'oggetto stesso dell'incarico, lo svolgimento e la descrizione del tipo di prestazione indicata genericamente come “due diligence” relativa ad un altrettanto ignoto capannone industriale che sarebbe poi stato ceduto ad una società terza, e mancando altresì la prova del conferimento di incarico e della consegna al de cuius committente di tutta la documentazione comprovante la propria attività professionale presuntivamente svolta, ovvero il rendiconto; la litispendenza (e/o continenza), con la conseguente violazione del divieto del bis in idem sotto specie di incompetenza funzionale del Giudice che aveva emesso il decreto ingiuntivo, avanzata sul dato della pendenza di altra causa instaurata dagli opponenti, attuali appellanti, per il recupero delle somme nei confronti del professionista il quale, in via riconvenzionale, aveva richiesto il pagamento dello stesso credito oggetto del presente procedimento azionato in via monitoria; l'infondatezza nel merito della domanda per l'insussistenza del credito preteso e con l'abuso del relativo diritto, deducendo che la pretesa avanzata dal professionista, #### avrebbe avuto il solo scopo della pag. 5/20 precostituzione di un titolo da opporre alla richiesta di pagamento azionata dagli attuali appellanti nei confronti del professionista in altro e separato procedimento, tanto vero che a sostegno della sua pretesa il ricorrente in monitorio non aveva allegato nulla di concreto idoneo confermare gli assunti dedotti, non rinvenendosi alcuna traccia documentale non solo dell'incarico ricevuto ma neanche del soggetto in favore del quale le prestazioni sarebbero state svolte, non essendo neppure specificato il capannone oggetto della prestazione né la proprietà dello stesso; del resto, anche il visto dell'Ordine di appartenenza sarebbe stato emesso sulla scorta delle sole dichiarazioni fornite dal professionista richiedente il quale, però, anche in quella sede non avrebbe fornito alcuna documentazione utile a sostenere le sue ragioni; l'inadempimento del professionista il quale non avrebbe redatto e consegnato né al committente - de cuius né tantomeno ai suoi eredi il rendiconto attestante la effettiva attività espletata, rendiconto da ritenere ancor più necessario tenendo presente che il credito professionale era stato rivendicato nei confronti degli eredi del committente i quali, essendo estranei al presunto rapporto, nulla potevano conoscere in ordine all'incarico conferito dal de cuius ed alla attività svolta dal professionista; da ultimo, l'insussistenza della responsabilità solidale degli eredi ex artt. 752 e 754 c.p.c. con il conseguente difetto di legittimazione passiva degli allora opponenti, adducendo al proposito che la pretesa era stata avanzata del tutto illegittimamente nei confronti di tutti gli eredi per l'intero e quali obbligati in solido, laddove proprio per la loro qualità di eredi -si trattava infatti della moglie e dei figli del de cuius-, la richiesta avrebbe dovuto essere avanzata pro quota ereditatis. 
Per tali motivi, chiedevano la revoca del decreto ingiuntivo con vittoria di spese di lite.  1.3 In sede di costituzione l'opposto, #### contestava le avverse deduzioni, rilevando in via preliminare l'infondatezza sia dell'eccezione di pag. 6/20 litispendenza, sul presupposto della avvenuta rinuncia alla domanda di accertamento del credito oggetto della presente causa che era stata formalizzata in via riconvenzionale nel giudizio separato per il quale si invocava la litispendenza, sia delle ulteriori eccezioni preliminari di nullità della domanda e di prescrizione del credito, invocando e producendo a sostegno del credito vantato la scrittura privata sottoscritta il ### dal de cuius, ### integrante un riconoscimento del debito, per cui da un lato non vi sarebbe stato alcun onere di deduzione e rendicontazione specifica e dall'altro lato sarebbe intervenuta una rinuncia esplicita da parte dello stesso debitore originario alla prescrizione, con la conseguente conferma del credito avanzato dall'odierno appellato. 
Nel merito insisteva nelle ragioni della sua pretesa, assumendo di aver effettivamente svolto le attività poste a fondamento della domanda ed invocando, ai fini della determinazione del quantum, il parere di congruità rilasciato dall'Ordine degli ### di ### in relazione alla parcella professionale; infine, contestava la fondatezza dell'avversa eccezione di mancato adempimento dell'obbligo di rendiconto, sul presupposto dell'avvenuto riconoscimento da parte dell'originario debitore sia dell'attività realizzata che del relativo credito che si sarebbe consacrato nella citata scrittura privata del 22.10.2016, concludendo per il rigetto dell'opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo opposto, con vittoria di spese di lite.  1.4 Nella seconda memoria istruttoria ex art. 183 c.p.c. uno degli opponenti, ### proponeva in via incidentale la querela di falso avverso la sottoscrizione apposta in calce alla scrittura privata del 22.10.2016, solo apparentemente riconducibile al de cuius, ### e il relativo procedimento incidentale, iscritto al n. 1837- 1/2021, si concludeva con la sentenza n. 150/2024 con la quale il Tribunale di Pescara rigettava la domanda, rinviando ad altra udienza per la prosecuzione del giudizio nel frattempo sospeso. 
Rigettate tutte le richieste istruttorie perché ritenute inammissibili, compresa la richiesta di ### all'udienza del 28.02.2024 veniva disposta la discussione della causa ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. pag. 7/20 1.5 A fondamento della decisione il primo giudice assumeva quanto segue: rigettava l'eccezione di litispendenza, avendo l'#### rinunciato alla domanda riconvenzionale avanzata nel separato giudizio, con riserva di agire in autonomo giudizio che poi in effetti aveva intrapreso con l'azione monitoria, per cui al momento dell'introduzione del giudizio oggetto di lite non era più pendente dinanzi al diverso giudice il procedimento avente oggetto lo stesso credito. 
Veniva rigettata, altresì, l'eccezione di nullità del decreto ingiuntivo e, in generale, della domanda per la sua assoluta indeterminatezza, sul presupposto che secondo l'orientamento univoco della giurisprudenza in forza del quale la declaratoria di nullità della domanda postula una valutazione da compiersi caso per caso, tenendo conto che la ragione ispiratrice della relativa previsione legislativa risiede nell'esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese (ex multis, Cass. 21.11.2008 n. 27670 e Cass. 15.5.2013 n. 11751), dall'analisi dell'atto di opposizione al decreto ingiuntivo era risultato che gli opponenti avevano compreso appieno le richieste avanzate dall'opposto in sede monitoria ed avevano potuto predisporre un'adeguata e puntuale linea difensiva, ragione per cui la domanda non risultava indeterminata e, quindi, non poteva essere dichiarata nulla. 
Quanto all'eccezione di prescrizione presuntiva, la stessa veniva rigettata sul rilievo che gli opponenti avevano espletato nel merito delle difese che erano da ritenere del tutto incompatibili con la predetta eccezione che, per la sua ammissibilità, postula l'avvenuto pagamento del credito. 
Per quanto atteneva all'oggetto della pretesa ed al quantm, il Tribunale di Pescara riconosceva soltanto una parte del credito invocato dall'opposto, segnatamente, quello relativo alla attività definita “due diligenze tecnica legale e amministrativa”, essendo stata riconosciuta ed ammessa nella scrittura privata del 22.10.2016 che era da qualificare, pur in assenza dell'importo, come una confessione stragiudiziale sul credito e, pertanto, in parziale accoglimento della spiegata opposizione, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava gli opponenti, pro quota ereditatis, al pagamento della minor somma pari ad € 11.274,43, oltre interessi e accessori di legge. pag. 8/20 Infine, compensava al 50% fra le parti le spese di lite, condannando gli opponenti al pagamento in favore dell'opposto del residuo 50%.  2. Appello. Avverso la sentenza pronunciata in primo grado hanno proposto appello #### e ### per i motivi di seguito indicati.  2.1 Erroneità del rigetto dell'eccezione di prescrizione presuntiva. 
Con il primo motivo gli appellanti contestano la sentenza nella parte in cui il primo giudice ha respinto l'eccezione di prescrizione presuntiva sul presupposto che gli opponenti avessero dedotto nelle difese successive all'eccezione di prescrizione presuntiva, ancorché formulate nella denegata ipotesi di rigetto della superiore eccezione, delle argomentazioni atte a contestare nel merito l'avversa pretesa creditoria, da cui sarebbe conseguita l'implicita ammissione o riconoscimento del debito che, come tale, era da ritenere incompatibile con la predetta eccezione. 
Sotto tale assetto gli appellanti deducono che gli ulteriori motivi di opposizione richiamati nell'atto di opposizione e nelle successive difese non costituivano affatto una implicita ammissione del debito, attraverso la negazione della circostanza dell'avvenuto pagamento, bensì degli argomenti di contestazione del credito legittimamente proponibili in quanto che, diversamente ragionando, sarebbe da ritenere del tutto compromesso il diritto di difesa, restando vincolato ad un solo ordine di motivi, laddove nella fattispecie in esame emergevano diversi profili di nullità e inefficacia del credito.  ### del primo giudice, in particolare, non sarebbe condivisibile né in via di principio e di diritto né in punto di fatto sul presupposto che il debitore avrebbe in ogni caso il legittimo diritto di sollevare l'eccezione di prescrizione presuntiva e, contestualmente, proporre delle difese di merito, come ad esempio contestare l'esistenza del debito, la sua entità ovvero la sua esigibilità, con l'unico limite rappresentato dal fatto che le ulteriori difese non devono porsi in contraddizione con la presunzione di pagamento implicitamente svolta con l'eccezione di prescrizione presuntiva, posto che l'art. 2956 c.c. stabilisce che se il debitore invoca la prescrizione presuntiva non può ammettere di non aver pagato. pag. 9/20 Viceversa, dalla lettura dell'originario atto di opposizione al decreto ingiuntivo emergerebbe come i motivi sollevati nel corpo dell'atto non contenevano alcuna forma di riconoscimento del debito, non potendosi far derivare tale effetto dalla eccezione preliminare in rito relativa alla nullità della domanda, così come dalla eccezione di litispendenza o da quella sulla infondatezza della domanda per carenza di prova dell'incarico ricevuto e dell'attività espletata, né tantomeno dall'eccezione d'inadempimento per l'omesso rendiconto e meno che mai dall'eccezione relativa alla responsabilità pro quota degli eredi in luogo di quella solidale. 
Inoltre, nella fattispecie in esame l'eccezione di prescrizione presuntiva sarebbe ancor più da ritenere legittima sulla base del fatto che gli odierni appellanti, che l'avevano sollevata, non erano le parti originarie del rapporto bensì gli eredi del de cuius, ### che avrebbe assunto la presunta obbligazione. 
Infine, ad ulteriore conferma della fondatezza dell'eccezione vi sarebbe anche l'assenza di specifiche contestazioni sul punto da parte dell'odierno appellato, sia nel merito che sul piano istruttorio, da cui deriverebbe l'applicabilità del disposto di cui all'art. 115 c.p.c.  2.2 Nullità della sentenza per omessa pronuncia sul motivo della resa del conto in favore degli eredi del de cuius - rilevanza ai fini del decidere. 
Con il secondo motivo viene denunciata la circostanza per cui il primo giudice, a fronte di una specifica e rilevante contestazione sollevata dagli opponenti, i quali avevano eccepito l'inadempimento della prestazione a causa della omessa redazione del rendiconto da parte del professionista, la cui mancanza rendeva incerta, illiquida ed inesigibile la pretesa creditoria, non avrebbe emesso alcuna statuizione, non evincibile neppure per implicito, ravvisandosi dunque una evidente ipotesi di nullità della sentenza che, ritenuta la fondatezza dell'eccezione, dovrebbe essere riformata su tale punto.  ### gli appellanti la fondatezza della eccezione deriverebbe dal fatto che l'obbligo del rendiconto che, in generale, è un onere che rientra tra i doveri primari di informazione previsti inderogabilmente a carico del professionista al fine di giustificare e legittimare la sua pretesa creditoria, a maggior ragione avrebbe dovuto essere pag. 10/20 rispettato nella fattispecie in esame tenuto conto del fatto che il professionista aveva inteso agire direttamente nei confronti degli eredi dell'originario cliente-debitore, i quali, con tutta evidenza, non potevano avere alcuna contezza né dell'incarico ricevuto da parte del de cuius né tantomeno della particolare attività espletata in forza del presunto incarico, per cui avevano il legittimo e inderogabile diritto di essere preventivamente informati dell'attività svolta dal professionista che, dunque, era assolutamente onerato dell'obbligo di giustificare e dettagliare le ragioni del suo credito, specificando l'attività espletata, le spese sostenute e le decisioni assunte nel corso dell'esecuzione del mandato, onde consentire agli eredi dell'originario committente di verificare in concreto le sue pretese e vagliarne la fondatezza, anche per finalità deflattive. 
Ciò in quanto l'obbligo del rendiconto andrebbe ottemperato in tutti i casi in cui da un dato rapporto di natura sostanziale deriva il dovere, legale o negoziale, di una delle parti di far conoscere il risultato della propria attività, specialmente se, come nel caso in esame, influisce nella sfera patrimoniale di terzi estranei al rapporto originario. 
In sostanza, la mancanza del rendiconto costituirebbe non solo una causa di inefficacia del credito, ma anche un vero e proprio inadempimento dal quale deriverebbe un'inversione dell'onere della prova a favore del mandante-cliente e dei suoi eredi ed a carico del mandatario - professionista che, a fronte della spiegata eccezione di inadempimento, avrebbe dovuto fornire la prova del suo credito, evenienza che invece non sarebbe avvenuta, vista la totale assenza di idonea documentazione giustificativa. 
A tale riguardo, gli appellanti hanno contestato l'affermazione del primo giudice il quale, del tutto erroneamente, avrebbe ritenuto la scrittura privata del 22.10.2016 sottoscritta dal de cuius, ### come un atto costituente a tutti gli effetti una confessione stragiudiziale sul presupposto che, pur in difetto di una espressa indicazione precisa del quantum, conterrebbe delle dichiarazioni riferibili al de cuius riproducenti lo schema tipico della confessione stragiudiziale.  ### gli appellanti tale affermazione sarebbe derivata da una errata e non condivisibile valutazione della citata scrittura privata, sia in punto di diritto che in pag. 11/20 relazione al contenuto stesso della scrittura privata. In primo luogo, perché la dichiarazione contenuta nella scrittura privata del 22.10.2026, a prescindere dalla sua autenticità, difetterebbe in senso assoluto del primario requisito della chiarezza e specificità, sul rilievo che presenterebbe dati per nulla precisi e del tutto generici, senza riferimenti a fatti specifici e determinati e risultando in generale ambigua ed incerta, sia nei presupposti che negli effetti. Dalla lettura della scrittura, infatti, risulterebbe che il credito rivendicato dall'odierno appellato sarebbe derivato da una cosiddetta attività di “due diligence” di cui, però, non vi sarebbe alcuna traccia, né tra gli allegati a supporto dell'istanza di vidimazione della parcella inoltrata all'Ordine né tantomeno nella documentazione prodotta nel giudizio in esame; inoltre, per quanto attiene la determinazione del compenso, si era optato per un rinvio ad un criterio differente dal compenso professionale, posto che le parti avevano deciso di fare riferimento alle “tariffe” applicabili alle intermediazioni immobiliari in vigore sul mercato; ma in tale caso, l'appellato avrebbe dovuto fornire la prova della sua fattiva collaborazione nell'operazione di vendita e allegare i criteri utilizzati per calcolare la provvigione dovuta in materia di intermediazione immobiliare. 
In definitiva, ciò che emerge in modo evidente dal contenuto della scrittura privata sarebbe l'assoluta incertezza e la totale assenza di specificità della dichiarazione, il cui contenuto letterale non ne consentirebbe la sua configurabilità quale confessione stragiudiziale, posto che la dichiarazione contraria al proprio interesse, per esplicare i suoi effetti, dovrebbe indicare con chiarezza sia l'an che il quantum, ma soprattutto dovrebbe essere univoca e non soggetta ad interpretazioni.  2.3 Istanza di riunione. 
Infine, hanno rappresentato che una delle attuali parti appellanti, ### la quale aveva proposto querela di falso avverso scrittura privata del 22 ottobre 2016, contestando l'autenticità della sottoscrizione da parte del de cuius, aveva provveduto ad impugnare sempre davanti alla Corte di appello di L'### la sentenza che aveva rigettato la querela di falso. Rilevato che il relativo procedimento, iscritto al n. 701/2024 di R.G., con udienza fissata al 14/01/2025, sarebbe da ritenere connesso alla presente pag. 12/20 causa, se non addirittura con carattere di pregiudizialità, gli appellanti hanno richiesto in via preliminare che la presente controversia fosse trattata, previa riunione dei procedimenti, dinanzi allo stesso Collegio.  3. Si è costituito in grado di appello ### contestando l'atto di gravame e chiedendone il rigetto perché infondato in fatto e in diritto, con la conferma della sentenza impugnata e vittoria di spese di lite.  4. Motivi della decisione.  4.1 In via preliminare, in relazione all'istanza di riunione tra il presente procedimento e quello iscritto al n. 701/2024, avente ad oggetto l'appello avverso la sentenza di primo grado che ha rigettato la querela di falso proposta in relazione alla scrittura privata del 22 ottobre 2016, questa Corte ribadisce il rigetto della istanza di riunione per mancanza dei relativi presupposti di legge, disponendo la prosecuzione del presente giudizio. 
Ed invero, aderendosi al principio espresso dalla Corte di legittimità (Cass. 13376/2023), deve ritenersi che “La proposizione, in via principale e in pendenza dell'appello, di una querela di falso avente ad oggetto un documento prodotto in primo grado non consente la sospensione del gravame, prevista dall'art. 355 c.p.c. nella sola ipotesi di querela di falso proposta in via incidentale; pertanto, se per primo si conclude l'appello, con decisione fondata sull'assunta autenticità di un documento in seguito dichiarato apocrifo nel separato giudizio di falso, la pronuncia sull'impugnazione può essere rimossa col mezzo della revocazione ex art. 395, n. 2, c.p.c., per avere il giudice provveduto in base a prove successivamente rivelatesi false; se per primo si conclude il giudizio di falso, il relativo giudicato può essere invocato nel giudizio d'appello ex art. 2909 c.c., senza che vi ostino le preclusioni proprie del giudizio di appello, irrilevanti rispetto ai fatti sopravvenuti”. 
Nel caso di specie tale principio assume maggior forza in presenza già di una pronuncia di primo grado che ha rigettato la proposta querela di falso.  4.2 Nel merito, l'appello è infondato. pag. 13/20 4.3 La censura sollevata con il primo motivo di gravame deve essere disattesa in quanto non appare ravvisabile il vizio rappresentato dagli appellanti, nel senso che il primo giudice ha correttamente applicato le regole, di diritto ed interpretative, relative alla prescrizione presuntiva del credito. 
In linea generale, la prescrizione presuntiva è disciplinata e prevista dall'art. 2956 c.c. e rappresenta un istituto di natura particolare ed eccezionale in forza del quale, per alcune tipologie di crediti, fra i quali quello oggetto di lite, ovvero il compenso vantato dal professionista, al decorrere di un dato periodo di tempo si ritiene in via di presunzione che il corrispettivo dovuto per la prestazione sia stato pagato dal debitore in favore del professionista. 
In particolare, l'art. 2956, n. 2, c.c. stabilisce un termine di tre anni per la prescrizione del diritto del professionista ad ottenere il compenso per l'attività esercitata e, a differenza della prescrizione ordinaria che comporta l'estinzione del diritto, quella presuntiva si fonda esclusivamente sulla presunzione che, decorso il termine previsto, tale tipologia di credito, unitamente ad altri specificati nello stesso articolo, sia stato onorato dal debitore mediante il pagamento, sul presupposto che nella norma detti crediti per la loro natura vengono pagati in breve tempo rispetto alla esecuzione della prestazione. 
Peraltro, la condizione necessaria ed ineludibile affinché tale presunzione possa validamente ed efficacemente operare risiede nel fatto che il debitore non sollevi ulteriori contestazioni sul credito tali da metterne in dubbio l'esistenza o anche la congruità della somma richiesta. Tale è il principio che è stato ribadito dalla Suprema Corte con una recente pronuncia con la quale, in una fattispecie analoga a quella oggetto di lite in cui si trattava, appunto, di un credito vantato da un avvocato nei confronti di un cliente, ha affermato che la prescrizione presuntiva non può essere invocata ed applicata nel caso in cui il debitore solleva delle contestazioni in ordine alla esistenza stessa del credito o del rapporto sotteso, poiché tali ulteriori eccezioni sono da ritenere del tutto incompatibili con l'istituto della prescrizione presuntiva che presuppone, in via pag. 14/20 esclusiva, l'avvenuto pagamento del credito che, quindi, è da ritenere per sua natura esistente (Cass. Civ. Ord. n. 27709/2025). 
Pertanto, il debitore che nega l'esistenza del credito oggetto della domanda o del rapporto negoziale da cui sarebbe derivato oppure contesta l'esistenza o la prova dell'incarico conferito, le attività che sono state effettuate dal professionista oppure eccepisce che il credito non è mai sorto o che l'importo non è congruo, implicitamente ammette che l'obbligazione non è stata estinta, con la conseguenza che in tale ipotesi l'eccezione di prescrizione presuntiva deve essere disattesa, risultando del tutto incompatibile con la difesa espletata in concreto (Cass. Civ. 2977/2016). 
E l'ammissione implicita di non aver estinto il debito da parte del debitore che, come detto, comporta il rigetto dell'eccezione di prescrizione presuntiva, può legittimamente risultare anche dalla contestazione da parte del debitore circa l'entità o la congruità della somma richiesta (Cass. Civ. 12771/2012).  ### difesa da ritenere non incompatibile con l'eccezione di prescrizione presuntiva, quindi, deve essere ravvisata esclusivamente nell'affermazione da parte del debitore di aver pagato e di volersi, pertanto, avvalere della prescrizione presuntiva. Mentre, le eventuali ed ulteriori deduzioni in ordine all'insussistenza per motivi vari dell'obbligazione di pagamento sono da ritenere inconciliabili con la proposizione della relativa eccezione, valendo come ammissione della mancata estinzione di essa, determinandone il rigetto (Cass. Civ. 26986/2013). 
Delineato il quadro normativo e la relativa interpretazione giurisprudenziale, cui questa Corte intende aderire, condividendone i presupposti e i contenuti, nella fattispecie in esame dalla lettura e dall'esame degli atti di causa emerge come gli attuali opponenti, oltre all'eccezione di prescrizione presuntiva, abbiano sollevato ulteriori eccezioni inerenti al credito in esame, avendone contestato la stessa esistenza attraverso la negazione dell'incarico e del rapporto sottostante, le effettive prestazioni asseritamente svolte dal professionista, la esigibilità del credito, la congruità delle somma richieste e la carenza di documentazione giustificativa delle ragioni del credito. pag. 15/20 Infatti, nell'atto di opposizione al decreto ingiuntivo gli odierni appellanti, oltre alla prescrizione presuntiva del credito ex art. 2956 c.c., hanno eccepito la nullità del decreto ingiuntivo e della domanda per il difetto della causa petendi, in quanto sarebbe stato emesso in assenza di idonea documentazione giustificativa, la litispendenza o la continenza delle cause con la violazione del principio del ne bis in idem. Tali eccezioni, attenendo ad aspetti formali e procedurali estranei al merito della vicenda, non possono essere considerate ostative alla ammissibilità della eccezione di prescrizione presuntiva, non potendosi ravvisare alcuna ipotesi di incompatibilità in quanto di per sé non implicano alcuna ammissione implicita di non aver estinto il debito. 
Nell'opposizione, tuttavia, gli attuali appellanti hanno anche eccepito al punto n. 4 l'infondatezza della domanda e l'insussistenza del credito, con la conseguente negazione del rapporto sotteso alla pretesa creditoria per la rilevata assenza di specifica prova documentale a supporto delle ragioni creditorie, non potendo avere alcuna efficacia probatoria neppure il visto di congruità apposto sulla parcella dall'Ordine di appartenenza, rilevato che viene emesso esclusivamente sulla base delle dichiarazioni rilasciate dall'odierno appellato, anche in tale caso, tra l'altro, senza allegare alcuna prova documentale. 
Hanno inoltre contestato la sussistenza delle singole voci poste a fondamento della richiesta di liquidazione, ovvero la redazione della consulenza tecnica, la redazione del progetto della bonifica ambientale e la esecuzione della cosiddetta “due diligence tecnica legale amministrativa”, ravvisando la totale carenza di prove concrete circa la loro esecuzione. 
Risulta evidente come attraverso dette eccezioni gli attuali appellanti abbiano provveduto a disconoscere in via assoluta il credito preteso dall'odierno appellato, contestando in radice “l'esistenza dell'incarico e l'espletamento di qualsiasi attività da parte del Foglia”, asserendo che l'attuale appellato “non ha diritto ad alcuna somma a titolo di compenso”. 
Tale difesa, ponendo in discussione l'esistenza del credito e dello stesso rapporto sotteso invocato a suo fondamento, attraverso la negazione delle ragioni giustificative pag. 16/20 della pretesa creditoria a causa della rilevata e dedotta mancanza della prova dell'incarico affidato all'attuale appellato e delle effettive attività svolte in forza del presunto incarico, in applicazione dei principi regolatori della materia sopra richiamati, normativi e giurisprudenziali, per natura e sostanza appare del tutto inconciliabile ed incompatibile con l'istituto della prescrizione presuntiva che, invece, presuppone l'avvenuto pagamento del credito. 
Questa corte osserva inoltre che nella fattispecie in esame non possono ravvisarsi i presupposti per l'applicabilità del disposto di cui all'art. 115 c.p.c. in materia di non contestazione, in quanto attraverso la produzione della scrittura privata del 22.10.2016, contenente l'ammissione del credito vantato dal professionista da parte del de cuius, con l'indicazione della sua fonte, l'attuale appellato nei fatti ha disconosciuto l'eccezione di prescrizione presuntiva, prendendo posizione avverso la stessa eccezione, deducendo con tale scrittura il mancato pagamento del suo compenso in forza di un intervenuto accordo fra le parti a seguito del quale il de cuius aveva ammesso l'esistenza del credito altrui impegnandosi al relativo pagamento, il che esclude almeno in astratto ogni fondamento alla teoria degli appellanti circa l'inutile decorso del triennio dal quale presumere l'avvenuto pagamento del credito, che rappresenta il presupposto e la condizione essenziale per l'applicabilità dell'istituto della prescrizione presuntiva. 
Per tali motivi, l'eccezione di prescrizione presuntiva va rigettata e il motivo di gravame deve essere disatteso.  4.4 Anche il secondo motivo appare infondato e deve essere rigettato. 
Sotto tale aspetto, in via preliminare occorre verificare ed analizzare la sostanza ed il contenuto della più volte citata scrittura privata del 22.10.2016, onde accertare se ed in quale misura possa essere considerata, come asserito dal primo giudice, quale confessione stragiudiziale con effetti sfavorevoli per il soggetto che l'aveva rilasciata, ### ovvero il de cuius e, quindi, estensibile nei confronti degli eredi, attuali appellanti. Ciò in quanto, l'accertato valore di confessione giudiziale alla scrittura determina delle evidenti conseguenze in ordine all'esistenza del credito e delle sue ragioni giustificative, tali da escludere alla radice ogni rilevanza in ordine alla pag. 17/20 eccezione sollevata dagli attuali appellanti di omessa redazione da parte dell'appellato della rendicontazione della sua attività, quale forma di inadempimento e di inefficacia e inesigibilità del credito. 
Dalla lettura del documento emerge che si trattava di un atto complesso redatto nell'ambito di un più generale rapporto esistente fra i due soggetti, nel quale erano individuabili due distinte posizioni esistenti tra le medesime parti, #### e ### i quali vantavano crediti reciproci fra di loro: da un lato il credito dell'#### derivante da un incarico ricevuto da ### per l'esecuzione della cosiddetta “due diligenze” tecnica e amministrativa riferita al capannone industriale sito in #### 2, successivamente ceduto alla ### nel corso della quale l'appellato aveva seguito sia la parte tecnicoamministrativa, sia la contrattazione per la vendita e sia l'alienazione definitiva avvenuta con atto notarile, con la specificazione che la prestazione non era stata ancora pagata per un accordo intervenuto fra le stesse parti circa la posticipazione dell'incasso effettivo; dall'altro, il credito vantato da ### in forza di un prestito concesso all'#### per la somma di €. 20.000,00. 
La causa del credito vantato dall'odierno appellato, come specificato e riconosciuto dal de cuius nella citata scrittura privata, corrisponde esattamente al titolo cui si fondava la domanda avanzata in sede monitoria nella quale l'appellato deduceva di aver ricevuto dal ### un incarico professionale per effettuare la cosiddetta “due diligenze” tecnica e amministrativa in relazione al capannone industriale sito in ### alla ### n. 2, ceduto in compravendita alla società ### S.p.a.. La stessa causa era stata rappresentata anche nella proposta di parcella sottoposta al parere di congruita dell'### di appartenenza con i relativi parametri per la determinazione del compenso. 
La dichiarazione contenuta nella citata scrittura e riferibile a ### secondo questa Corte deve essere ritenuta a tutti gli effetti una confessione stragiudiziale, della quale ricorrono tutti i presupposti, i requisiti ed i contenuti essenziali, sia dal punto soggettivo che oggettivo. In effetti, appare determinata circa la causa e l'origine del credito, con l'indicazione specifica delle attività effettuate dal professionista e poste a pag. 18/20 base della pretesa creditoria, contiene l'affermazione circa la persistenza attuale dell'obbligazione di pagamento, non ancora onorata, e il motivo per cui il pagamento non era stato ancora eseguito, ed inoltre indica sia le condizioni che il tempo in cui doveva avvenire il pagamento effettivo, ovvero al momento della liquidazione della ### nonché i criteri per la determinazione e liquidazione del compenso che doveva essere quantificato mediante l'applicazione delle tariffe vigenti per le intermediazioni immobiliari in vigore sul mercato, tariffe e valori di riferimento che sono stati riportati nella proposta di parcella sottoposta al vaglio di congruità dell'Ordine di appartenenza. 
Una volta attribuito alla scrittura privata il valore di confessione stragiudiziale, ritenuto che ai sensi dell'art. 2735 c.c. quest'ultima ha la stessa efficacia della confessione giudiziale, quindi, con valore di prova legale vincolante e non sottoposta alla libera valutazione del giudice di merito, nonché di piena prova contro colui che l'ha rilasciata, in diritto ne deriva che deve essere considerata come accertata ed ammessa la circostanza relativa all'esistenza ed alla persistenza del credito in favore dell'odierno appellato che, quindi, all'evidenza non era stato pagato alla data della citata scrittura privata (22.10.2016). 
Si deve ritenere, pertanto, che l'appellato ha assolto l'onere della prova incombente a suo carico posto che, a fronte dell'eccezione di inadempimento formulata dagli odierni appellanti per carenza della rendicontazione sulla effettiva attività espletata, attraverso la produzione della citata scrittura contenente la dichiarazione con valore confessorio l'odierno appellato ha fornito la prova idonea a sostenere la sua pretesa, avendo giustificato l'esistenza e le causali del suo credito, sulla base dell'esecuzione delle attività indicate nella scrittura le quali corrispondono alle ragioni poste a sostegno del decreto ingiuntivo e indicate nella proposta di parcella vidimata. 
In relazione al quantum, non appare condivisibile l'assunto del primo giudice che rileva la congruità del compenso afferente alla prestazione professionale della cosiddetta “due diligence” dalla assenza di contestazione, su tale particolare aspetto, da parte degli attuali appellanti in quanto che, secondo un principio sancito dalla Suprema Corte in una recente pronuncia, la negazione della validità del mandato o comunque la negazione pag. 19/20 dell'attività espletata, che rappresenta il principale fatto costitutivo del diritto al compenso, significa negare e contestare alla radice l'esistenza stessa del diritto (an debeatur), per cui tale contestazione “radicale” ha carattere assorbente e tale da rendere superflua qualsiasi specifica contestazione sull'ammontare ###, posto che negare l'esistenza di un debito nella sua essenza equivale, implicitamente, a negare anche ogni possibile importo (Cass. Civ. Ord. n. 11262/2024). 
Peraltro, data per ammessa l'attività espletata dall'odierno appellato in riferimento alla prestazione professionale di due diligence, tecnico - amministrativa, riferita al capannone industriale sito in ### svolta attraverso la cura della parte tecnica delle concessioni con le eventuali varianti, la conduzione della contrattazione per la vendita e la mediazione per la successiva alienazione definitiva avvenuta in data ###, così come specificate nella scrittura del 22.10.2016, rilevato altresì che la determinazione del compenso elaborata nella proposta di parcella poi vidimata con il visto da parte dell'ordine di appartenenza appare condotta e quantificata sulla base ed in conformità dei criteri indicati nella scrittura privata del 22.10.2016, che risultano compatibili con la natura dell'attività prestata, il calcolo appare congruo e consono alla prestazione, ragione per cui secondo questa Corte deve essere confermato l'importo come quantificato nella parcella, non rilevandosi evidenze tali da porre in dubbio la sua determinazione.  5. Pertanto e conclusivamente, alla luce delle motivazioni riportate nelle premesse, l'appello proposto deve essere rigettato.  6. Alla luce del rigetto del proposto gravame le spese di lite del presente grado devono essere poste a totale carico degli appellanti, in solido fra di loro, secondo la liquidazione fatta nel dispositivo, con esclusione della fase istruttoria non svolta in tale grado.  7. Nel caso in esame trova inoltre applicazione la norma di cui all'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30/5/2002, n. 115, che prevede l'obbligo del versamento da parte chi ha proposto un'impugnazione dichiarata inammissibile o improcedibile o rigettata integralmente di versare una ulteriore somma pari al contributo unificato dovuto per la pag. 20/20 stessa impugnazione (vedi Cass. S.U. n. 14594/2016, Cass. n. 18523/2014), in quanto l'appello è stato integralmente rigettato.  P.Q.M.  definitivamente pronunciando sull'appello proposto da #### e ### avverso la sentenza n. 368/2024 del Tribunale di Pescara, pubblicata il ###, nei confronti di ### così provvede: 1) rigetta l'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata; 2) condanna gli appellanti, ##### in solido fra loro, al pagamento in favore dell'appellato, ### delle spese di lite del presente grado di giudizio liquidate €. 3.966,00 (essendo il valore della causa compreso nello scaglione compreso tra €. 5.201,00 e €. 26.000,00) per compensi, oltre rimborso spese generali 15%, I.v.a. se dovuta e C.p.a. come per legge; 3) dichiara gli appellanti, in solido fra loro, tenuti al versamento di una ulteriore somma pari al contributo unificato dovuto per la proposta impugnazione. 
Così deciso nella camera di consiglio del 25 novembre 2025 ### est.

causa n. 837/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Coccoli Francesca, Barbara Del Bono

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Corte di Cassazione, Sentenza n. 27352/2024 del 22-10-2024

... pertanto, che si possa lamentare come in attesa tanto l'estinzione d el giudizio quanto l'event uale prescrizione del diritto in esso fatto valere. Né il rischio connesso a tale scelta della parte converte, per l'incidenza che assume a livello di dirit to sostanziale, quello ch e è un onere processuale in una sorta di ob bligo per e vitare di beneficiare la controp arte (come argomenta la ricorrente nella propria memoria). Finché è possibile 23 di 38 ponderare i pro e i contro di un'opzione puramente strategica, non v'è a livello logico-giuridico alcun agere necesse, una cosa essendo l'agire necessitato, altra l'agire necessario. Nella specie, la parte odierna ricorrente mostra di aver optato in allora per la prima delle suddett e possibilità, per cui non le è consentito dolersene ora. 1.6.2. - Anche l'affermazione di parte ricorrente secondo cui non sarebbe stat o possibile evitare l a prescrizione mediante la tempestiva riproposizione della med esima domanda, perché ciò avrebbe esposto la parte attrice all'eccezione di litispendenza, non appare condivisibile. Infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte gli istituti della litispendenza e della continenza, operando (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. ###/2021 R.G. proposto da: ### elettivamente domiciliata in ### TARVISIO 2, presso lo studio dell'avvocato ### (###) rappresentata e difesa dagli avvocati ### (###), ### (###) -ricorrente contro ###'###### E ### domiciliat ####### presso la ### della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato ### 2 di 38 (###) -controricorrenti nonché contro ### domiciliat ####### presso la ### della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati #### (###), ### (###) -controricorrente nonché contro ### -intimato avverso la SENTENZA di CORTE D'### n. 223/2021 depositata il ###. 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal #### termin i che seguono, l'an tefatto processuale. Le sa nella quota di legittima a lei spettan te, ### figl ia d i ### di ### deceduto il ###, con citazione notificata il ### ag iva in riduz ione ex art. 553 e ss.  innanzi al Tribunale di Messina. Oggetto, sia le disposizioni testamentarie del padre, che aveva no minato suo u nico erede il figlio ### e disposto legati solo in favore del nipote ### e 3 di 38 della figlia ### , sia le donazioni che in vita lo stesso de cuius aveva effettuato in favore del figlio ### e del nipote ### In limine, il G .I., rite nendo invalida la no tifica dell'atto introduttivo a ### con ordinanza d el 5 .2.1996 ne disponeva la rinnovazione. ### M arullo dappr ima non vi provvedeva, a causa del decesso del prop rio d ifensore; quindi, rimessa in termini dal G.I., effettuava il prescritto adempimento il ###. ### inizialmente era dichiarato contumace; di poi, in seguito all'interruzione e alla riassunzione del processo per la morte di un'altra parte, il ### si costituiva in giudizio ed eccepiva l'estinzione del processo stesso per l'omessa notifica della citazione entro l'orig inario termine concesso con l'ordinan za del 5.2.1996. Con sentenza n. 315 del 23.1.2003 il Tribunale rigettava detta eccezione e, nel merito, accoglieva in parte la domanda. 
Impugnata in via principale dai convenuti e in via incidentale dall'attrice, tale pronuncia era annullata con sentenza n. 327 del 29.5.2012 della Corte d'appello di Messin a, la quale riten eva, invece, fondata l'eccezione e dichiarava l'estinzione del giudizio. 
A seguit o di ciò, ### nel 201 3 instaurava un nuovo giudizio, av ente identico oggetto , nel quale la convenuta ### eccepiva la p rescrizione del diritto di lei alla reintegrazione della quota di legittima.  ### ale di ### rigettava la domanda, ritenendo prescritto il diritto azionato . Analo gamente, la Corte d'app ello respingeva il gravame proposto da ### ina ### con sentenza n. 223 de l 13.5.202 1, pronunciata nei confronti delle ridette parti e di ### quale erede di ### di ### La Corte peloritana, in particolare, richiamato il disposto degli artt. 2943, primo comma, e 2945, secondo e terzo comma, c.c., 4 di 38 osservava che, venuto meno, in esito alla declaratoria di estinzione del processo, l'effetto permanente dell'interruzione della prescrizione, l'atto intro duttivo del g iudizio conservava solo l'efficacia interruttiva istantanea, sicché dalla relativa data di notifica decorreva un nuovo termine prescrizionale ordinario, ormai spirato alla data in cui era stat o notificato l'a tto in trodutt ivo del nuovo giudizio. 
Rilevava, ancora, che la te si dell'appellante - secondo cui la pronuncia di estinzione del primo g iudizio ad opera della Corte d'appello non aveva, per come decisa, privato l'originario atto di citazione dell'effet to sospensivo della prescrizione, vuoi per gli ulteriori atti interrut tivi successivamen te compiuti, vuoi per l'interposizione della sentenza di merito di primo grado favorevole alla parte attrice - non era condivisib ile. Per un verso, tali considerazioni non erano giudicat e idonee a sup erare il chiaro disposto normativo degli art icoli innanzi citati; per l'al tro verso, quello azionato era un diritto potestativo, la cui prescriz ione, a differenza di quanto avviene per i diritti di credito, poteva essere interrotta soltanto mediante la proposizione d'una domanda giudiziale. 
Infine, la Corte territoriale riteneva manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 2943 e 2945 c.c., prospettata dall'appellante in relazione ai parametri di cui agli artt. 3 e 24 Cost. In ordine a quest'ultimo, il ritardo nell o svolgimento dell e attività processuali era ascrivibile soltanto alla parte, con riguardo sia ai tempi d'avvio dell'originario giudizio di primo grado, sia a quelli d'instau razione del n uovo processo, introdotto oltre un anno dopo la pronuncia della sentenza d'appello, dichiarativa dell'estin zione. Quanto, poi, al differente regime giuridico de ll'interruzione della prescrizione dei diritti di 5 di 38 credito rispetto a qu elli potestativi, la ragio ne risiedeva nel fatto che mentre per i primi l'obbligazione grava sul debitore già prima dell'avvio dell'azione, non altrettanto può affermarsi per i secondi, in relazione ai quali l'obbligo corrispondente sorge solo per effetto dell'iniziativa giudiziale del titolare del diritto. 
Avverso detta sentenza ### propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. 
Vi resist ono con rispettivi controricorsi ### M arullo di ### da un lato, e ### D'### e lo stesso #### na e ### d i ### dall'altro, quali eredi di ### di #### è rimasto intimato. 
Respinta l'istanza del difensore della ricorrente di assegnazione alle ### unite, il ricorso è stato chiamato alla pubblica udienza del 24.9.2024. 
Le parti e il P.G. hanno depositato memoria.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. - Il primo m otivo la menta la violazione o errat a interpretazione dell'art. 2945, secondo e terzo comma, c.c. in relazione al n. 3 dell'art. 360 c.p.c., e prospetta, in subordine, la questione di legittimità costituziona le di tale norma, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost. 
Parte ricorrente articola, a sostegno, le seguenti considerazioni: a) l'art. 2945 c.c. cont rappone il caso in cui il processo si conclude col passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio (secondo com ma) a quello in cui il processo si estingue (terzo comma), di regola con un'ordinanza che non dà lu ogo a giudicato, sicché nel primo, e no n anche nel secondo caso, si conserva l'effetto sospensivo della prescrizione; pertanto, allorché il giudice d'appello, andando in contrario avviso rispetto al giudice di 6 di 38 prime cure, dichiara l'estinzione che questi ha negato, emana una sentenza che definisce il giudizio ed annulla la precedente sentenza di merito, la quale, però, corretta o errata che sia, «interpone un diaframma che non consente d i far retroagire gli effetti dell'estinzione al momento iniziale del processo in primo grad o proprio perché essa n on è inesi stente o assolutamente nulla: è semplicemente viziata (…). Di conseguenza, la corretta interpretazione dei due commi dell'art. 2945 c.c. comporta che l'estinzione di cui tratta il 3° comma è que lla che è d ichiarata all'interno del grado di giudiz io nel quale si è verificat o l'evento estintivo» (così, a pag. 6 del ricorso); b) tale lettura dell'art. 2945 c.c. - sostiene parte ricorrente - è l'unica possibile in relazione ai principi costituzionali, che vie tano che il processo vada in contro a morti “m isteriose”; si cita, al riguardo, il caso analogo di Corte cost. n. 139 del 1967, la quale stabilì che la mancat a riassunzione del processo int errotto non poteva essere imputata a lla parte non a conoscenz a dell'evento; nel caso di specie, l'odierna ricorrente - prosegue il motivo - aveva confidato nel provvedim ento di rim essione in termini e nella successiva sentenza di primo grado, che aveva deciso la causa nel merito, per cui la pend enza del pr ocesso non era più nella disponibilità della parte, cui - di riflesso - non è ascrivibile una conseguenza che essa non sarebbe stata in grado di evitare; c) ancor prima di valut are la corretta portata dei com mi secondo e terzo de ll'art. 2 945 c.c. occorre doman darsi quale sia l'estinzione che determina il venir meno dell'effetto sospensivo (sicché questa Corte su prema dovrebbe rimeditare il proprio orientamento alla luce di un'accresciuta sensibili tà di princip i e valori costituzionali). Premesso che l'attuale formulazione dell'art.  2945 c.c. ha posit ivizzato un indirizzo giurisprudenziale mutuato, 7 di 38 vigente il c.c. del 1865, da un'autorevole dottrina, parte ricorrente sostiene che a partire dagli anni '70 del secolo scorso si è affermata l'interpretazione che collega il venir meno d ell'effetto sosp ensivo della prescrizione al comportamento dell'attore, il quale non coltivi il processo. In tale nuova prospettiva sono possibili solo due letture dell'art. 2945, terzo comma, c.c., nel senso, cioè, che la perdita dell'effetto sospensivo può essere conseguenza ### d'una volontà di abbandono del processo espressa (art. 306 c.p.c.) o presunta (art.  307 c.p.c.); o ### d'una sanzione inflit ta in base al princip io di autoresponsabilità della parte, la quale non curi che il processo si chiuda con una pronuncia merito. Ipotesi, quest'ultima, ammissibile solo a patto di ricollegare tale sanzione al grado di giudizio nel cui ambito si è verificato l'effetto interruttivo, poiché - diversamente e come nel caso in esame - si applicherebbe una sanzione alla parte che abbia p restato affidamento sull'ordinanza del giudice che l'abbia rimessa in termin i. ### in disparte, p rosegue il motivo, è dubbia l'esistenza di un automatismo in materia, tale da produrre il venir m eno dell'effetto perman ente dell'interruzione allorché il processo si estingua per l'una o per l'altra ragione. E, a conforto, richiama la sentenza n. 4630/97 di questa Corte, lì dove si afferma che il second o ed il terzo comma dell'art. 2 945 c.c. pre sumono l'abbandono del diritto, che a s ua volta non può presumersi per tutto il tempo necessario per concludere il processo con sentenza passata in giudica to. Da t anto si ricaverebbe la necessità di differenziare l'ipotesi in cui la volontà di abbandono è espressa da quella in cui questa è soltanto presunta. Da tanto si ricaverebbe la necessità di differenziare l'ipotesi in cui la volontà di abbandono è espressa da quella in cui essa è soltanto presunta. In particolare, attraverso l'art. 184-bis c.p.c., vigente all'epo ca del giudizio presupposto in punto di rimessione in termini della parte incorsa in 8 di 38 decadenza per causa ad essa non imputabile, «###a legge del tempo (…) prevedeva che la pronuncia di estinzione non fosse automatica, ma subo rdinata, qualora ne fosse stata fatta richiesta , ad una valutazione del giudice, per la quale l'inattività avrebbe comportato l'estinzione salvo che non ci fosse stato un provvedimen to di rimessione in termini (che la parte aveva il diritto o la possibilità di richiedere). Nel momen to stesso in cui il giudice ha rit enuto possibile la rimessione, ha per ciò stesso escluso la volontà di abbandono o di dismissione del di ritto e ha creato i presupposti perché il processo proseguisse per la trattazione e per la decisione del merito con atti processuali validi ed efficaci» (così, a pagg. 9-10 del ricorso). Esclusa, pertanto, la volontà di abbandono, la perdita del benefi cio della sospensione si può assumere solo quale sanzione processuale, la quale, tuttavia, deve esser e imputabile alla parte; ma tale non è stata nel concreto ritenuta dal giudice di primo grado, cosicché il processo è proseguito complessivamente per altri quindici anni; d) in s ubordine, per l'eventualità che la propugnata interpretazione dell'art. 2945 c.p.c. non sia condivisa dalla Corte, parte ricorre nte reitera la questione di illegit timità costituzionale del secondo e del terzo comma di tale norma, in una con l'art. 307 c.p.c., in relazione agli artt. 24 (sul dirit to di agire a tut ela dei diritti e degli interessi) e 111 (sull'obbligo dei giudici di realizzare il “giusto” processo) ###, già proposta in app ello. A sostegno deduce che dopo il provvedimen to di rimessione in termini la situazione processuale venut asi a creare sarebbe stata senza uscita: non sarebbe stat a possibile né u na rinuncia agli at ti, cui anche una sola dell e parti avrebb e p otuto opporsi, né una riproposizione della medesim a domanda, il che l'avre bbe esposta all'eccezione di litispendenza. 9 di 38 1.1. - Il motivo non può essere accolto, per le considerazioni che seguono e che non riguardano il rapporto sostan ziale tra la ricorrente e il controricorrente ### di ### janni. Nei confronti di quest'ult imo va rile vato il giudicato favorevole sulla prescrizione, essendo incontroverso che la successione ereditaria di cui si discute si è aperta il ### e che la citazione introduttiva del giudizio presupposto è stata notificata alla predetta parte solo il ###.  1.2. - Dispone l'art. 2945, c.c., per la parte che qui interessa: “Per effe tto dell'interruzione s'in izia un nuovo periodo di prescrizione” (primo comma). “Se l'interr uzione è avvenuta mediante uno degli atti indicati dai primi due commi dell'art. 2943 c.c., la prescrizi one no n corre fino al momento in cui p assa in giudicato la senten za che definisce il gi udizio” ( secondo comma).  “Se il processo si estingue, rimane fermo l'effetto interruttivo e il nuovo periodo di p rescrizione co mincia dall a data dell'atto interruttivo” (terzo comma). 
È ver o che il secon do e il te rzo comma d i detto articolo si giustappongono tra loro in un rapporto di regola ad eccezione (su cui v. meglio infra, par. 1.4.3.). 
Ed è vero, altresì, che l'espressione “sentenza che definisce il giudizio”, contenuta nel secondo comma dell'art. 2945 c.c., deve essere interpretata nel senso che tale effetto si ricollega a qualunque sentenza, che sia di rito o di merito (ma su questione diversa dall'esistenza del diritto in ordine al quale sia stata eccepita la prescriz ione: il giudicato di rigetto, in fatti, attribuisce all'altra parte l'exceptio rei iudicatae; que llo di accoglimento, invece, determina il sorgere dell'actio iudicati, ai sensi dell'art. 2953 c.c.). 
Si tratta di una concl usione del tutto pacifica, ormai, sia in dottrina che nella giurisprudenza di questa Corte, la quale afferma 10 di 38 che il princi pio fissato dall'art. 2945 c.c. - secondo il quale l'interruzione della prescrizione per effetto di domanda giudiziale si protrae fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio - trova deroga solo nel caso di estinzione del processo, e pertanto resta applicabile anche nell'ipotesi in cui detta sentenza non decida nel merito, ma definisca eventuali questioni processuali di carattere pregiudiziale; ne consegue che deve riconoscersi alla domanda giudiziale l'effetto interruttivo protratt o di cui all'art.  2945, secondo comma, c.c . anche nell'ipotesi in cui il giudizio si concluda con una sente nza che dichiari l'impro ponibilità della domanda (v. nn. 24808/05, 1608/00, 4630/97 e 1329/91; in senso conforme e di recente, cfr. anche la pronuncia n. 6322/22).  1.3. - Meno condivisibile - come sost iene, invece, p arte ricorrente - che l'applicabilità del secondo, piuttosto che del terzo comma dell'art. 2945 c.c., dipenda da una variabile, quale la forma del provved imento - ordinanza o sentenza - che dichiara l'estinzione del processo, nel senso che la sentenza di estinzione rientrerebbe de plano nel secondo comma dell'articolo citato , mentre solo l'ordinanza di estinzione renderebbe applicabile il terzo comma. 
Una siffatta conclusione è esclusa tanto dalla dottrina unanime, quanto dalla giurisprude nza di questa Co rte, secondo cui per il combinato disposto degli artt. 2943 e 2945 c.c. l'est inzione del processo (sia dichia rata con ordinanza, sia pronunciata con sentenza) elimina l'effet to permanente dell'interruzio ne della prescrizione provocato da ll'atto introduttivo del giudizio fermo restando l'effetto interruttivo istantaneo della prescrizione prodotto dalla domanda giudiziale come atto di costituzione in mora, con la conseguenza che il rinnovat o periodo p rescrizionale comin cia a decorrere dalla data della notificazione del detto atto introduttivo 11 di 38 (così, la sentenza n. 5707/87; conformi, nn. 21201/17, 8720/10, 10700/98, 11318/96 e 1146/65). 
Può chiosarsi che la novella (operata dalla legg e n. 5 81/50) dell'art. 308, cpv. c.p.c. - in virtù del quale contro l'ordinanza di estinzione pronunciata dal giudice istruttore è ammesso reclamo al collegio, che deci de con sentenza - scaturì dalla nec essità di sottoporre ad un più intenso controllo (di tipo, appunto, collegiale) un provved imento monocratico, denso di effetti potenz ialmente pregiudizievoli per la parte attrice, che il testo originario del codice di rito consentiva sì di reclamare, ma allo stesso giudice che l'aveva emesso. Del resto, che tale modifica non abbia minimamente inciso sul terz o comma dell'art. 2945 c.c., la cui portata applicativa permane invariata quale che sia la forma del provvedimento di estinzione, risulta evidente sol che si consideri che, diversamente opinando, la permanenza dell'effe tto in terruttivo sarebbe rimessa alla mera volontà della parte interessata a consegu irla, la quale, nelle cause soggette a decision e collegiale, null'altro avrebbe da fare se non provocare mediante il reclamo la sentenza del collegio. 
Non senza dire che, sussunta per coerenza sotto il paradigma del secondo comma dell'art. 2945 c.c. anche l'ordinanza di estinzione emessa dal giudice monocratico, per il suo carattere sostanziale di sentenza (tanto da essere impugnabile con gli ordinari mezzi previsti per quest'ult ima: cfr. nn. 18499/21, 23997/19 e 7614/117), la tesi qui non condivisa prod urrebbe per singolare eterogenesi dei fini un'interpretatio abrogans del terzo comma dell'art. 2945 c.c., che non avrebbe più alcuno spazio applicativo.  1.4. - La circost anza che, come nella specie, l'estinzione sia stata pronunciata in appello, con annullamento della decisione di merito di primo grado, non muta le conclusioni raggiunte. E ciò per due ragioni. 12 di 38 1.4.1. - La prima è che la sente nza d'app ello, salvo dichiari inammissibile o improcedibile il gravame , sostituis ce o annulla, secondo i casi, quella defi nitiva di primo g rado, facendone venir meno, al netto del l'eventuale giudicato interno, ogni stabilità di effetti. Questa Corte ha già chiarito, invero, che in base all'art. 310, secondo comma, c.p.c. è solo la sentenza non definitiva di primo grado a resi stere all'estinzione del giudizio verif icatasi successivamente ad essa, di talché il termine di prescrizione rimane interrott o e l'interruzione conserva il proprio effe tto permanente dalla proposizione della domanda fino al passaggio in giudicato della sentenza non definitiva (cfr. n. 20308/18; in senso analogo, v. n. 10760/99 , second o cui le senten ze che, ai sensi dell'art. 310 c.p.c., no n vengono travolte dalla pronuncia di estinzione del giudizio sono soltanto le senten ze non definitive, oltre che quel le sulla compet enza, pronunziate prima che si perfezionasse la fattispecie e stintiva; cfr. anche la sentenza 2712/98, in base alla quale la dispo sizione det tata dal secondo comma dell'art. 2945 c.c., inteso a non far correre la prescrizione nel tempo richiesto per la realizzazione de l diritto in via giurisdizionale, non può trovare applicazione q uando lo stesso creditore, dopo avere propo sto in giudizio una de terminata domanda, la abbandoni, così impeden do che intervenga, sulla domanda stessa, la senten za definitiva da cui possa iniziare il nuovo periodo di prescrizione previsto dalla legge, senza che possa rilevare che il giu dizio prosegua e giunga a definizione relativamente ad altre e diverse pretese avanzate contestualmente a quella abbandonata; idem, n. 1377/82). 
Nella specie, la narrativa del ricorso non riferisce di sentenze non definitive emesse nel primo giudizio. 13 di 38 1.4.2. - La seconda ragione è che, vigente il c.c. del 1865 (il quale stabiliva all' art. 2128 che «Si ha per non in terrotta la prescrizione: Se la citazione o intimazione è nulla per incompetenza dell'uffiziale giudiziario che l'ha eseguita, o per difetto di forma; Se l'attore recede dalla doman da; Se la domanda è peren ta; Se la domanda è rigettata»), si era post o il pro blema se l'eff etto interruttivo si protraesse fino alla formazione della cosa giudicata o valesse per ogni singolo grado del processo. 
Sotto l'influsso di un'au torevole opinione di dott rina, la giurisprudenza di legittimità risolse tale questione, in prevalenza e non senza incertez ze, ne l senso che durante lo svolgimento del giudizio chiuso poi con sentenza di rigetto ancora impugnabile, il corso della prescrizione rimaneva sospeso, per cui dalla sentenza di rigetto della domanda si iniziava u n nuovo periodo non integrale ma complementare, da aggiungersi a quello che ancora mancava al momento della citazione per il comp imento della p rescrizione incominciata (v. Cass. 6 aprile 1929, n. 1072 e Cass. 19 dicembre 1930, n. 3636). Con l'ulteriore precisazione che il decorso ex novo della prescrizione si doveva ammettere solo in relazione a sentenze che definivano il giudizio col riconoscimento del diritto dedotto, il quale pertanto, ess endo mantenuto fermo fino alla pubblicazione della sentenza per l'effetto interruttivo della domanda, continuava ad essere regolato dalla prescrizione inerente al diritto riconosciuto, fino a che, de corso il termine d'impug nativa della sente nza, alla prescrizione del rapporto sostanziale originario si sostituiva quella inerente al giudicato (cfr. Cass. 27 luglio 1937, n. 2805; conforme, Cass. 3 g ennaio 1 941, s.n.). Si affermò, infine, che «quando intervenga sentenza di assoluzione, di rigetto, rinuncia all'azione e perenzione la legge nega alla citazione originaria l'efficacia di aver interrotto la prescrizione: il temp o prescriz ionale già trascorso 14 di 38 riacquista il suo vigore e rimane soltanto l'effetto sospensivo della domanda giudiziale d urante il tempo occorso per lo svolgimento della lite» (così, Cass. 29 luglio 1940, n. 2647; nello stesso senso, Cass. 18 agosto 1949, n. 2356 e Cass. 28 febbraio 1951, n. 594, che applicarono le norme del c.c. previgente). Dunque, interrotta la prescrizione dell'azione, l'eff etto interruttivo permaneva, finché durava l'attività, ex offi cio, del giudice , cessava con la pubblicazione della sentenza defi nitiva di accoglimento d i primo grado e si riproduceva al lo stesso m odo con la proposi zione dell'appello e del ricorso per cassazione (v. Cass. 10 febbraio 1942, n. 395).  1.4.3. - ### civile del 1942 da un lato ha fatto tesoro di quest'ultimo indirizzo quanto alla sterilizzazione della prescrizione pendente il processo, e la giurisprud enza di questa Corte ha progressivamente esteso tale effetto neutralizzante a tutti i processi definiti con sentenze assolutorie dalla domanda, anche per sole ragion i di rito; dall'a ltro, pe rò, il ### vigent e ha deliberatamente innovato rispetto al precedente, come si ricava dal par. 1204 della ### del ### Vi si legge che, preso atto dei problemi interpretativi cui aveva dato origine l'art. 2128 del c.c. del 1865, «###l terzo comma dell'art. 2945 prevede il caso che il processo si estingua, e anche in questo caso - con notevole divario dal codi ce del 1865 che negava e fficacia interrut tiva alla domanda se il processo si fosse est into per p erenzione (…) - conserva effi cacia interruttiva all'att o con cui il giudizio è stato iniziato e alla domanda che nel corso del giudizio è stata proposta, arrestando però l'effetto i nterruttivo all a data dell'atto o della domanda. Non sarebbe stato coerente privare d'efficacia interruttiva la domanda giudiziale per essersi il processo estinto e, 15 di 38 in pari tem po, at tribuire efficacia interrutti va ad ogni atto di costituzione in mora non seguito da alcun processo». 
Sin da Cass. 23 lugli o 1942, s. n., si è aff ermato, infatti, che l'art. 2945, 2° comma, del vigente codice civile , per il quale la prescrizione rimane sospesa dal la domanda giud iziale fino al momento in cui passa in giudicat o la sente nza che definisce il giudizio, innova al principio sancito dagli art. 2125 e 2128 c.c. del 1865, per il quale il tempo decorso prima della domanda giudiziale si cumu la, ai fini della prescrizione, con q uello su ccessivo alla pubblicazione della sentenza ancora impugnabile che rige tta la domanda. 
Pertanto, risulta implicitam ente, ma non pe r questo meno chiaramente, confermato e valorizzato il nesso che intercede tra interruzione della prescrizione e lit ispendenza e, di riflesso, confermato che l'effetto interruttivo si protrae fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, senza distinguere tra pronuncia in rito e decisione nel merito, con l'unica eccezione, appunto, che il processo si estingua. 
Ne è buon testimone il dibattito seguìto, in dottrina, all'entrata in vigore dell'art. 2945 c.c., che si incentrò non già sul tema della possibilità di sussumere anche la pronuncia di estinzione all'interno del secondo comma di detta norma, e quiparandola, ci oè, alle sentenze che definiscono il giudizio (e ciò non foss'altro che per la circostanza, sopra richiamata, che il ### di procedura civile nella sua formu lazione primigenia non prevedeva un'estinzione dichiarata con sentenza), ma sulla tesi opposta, volta semmai ad attrarre all'interno del terzo comma dell'art. 2945 c.c. le definizioni del processo in rito. 
Il superamento di quest'ultima ipotesi è un dato acquisito nella dottrina più recente e ne lla giurisprud enza costante di q uesta 16 di 38 Corte, che nelle sue p roposizioni fondamentali in materia si p uò così ricap itolare: ### in b ase all'art. 2 945, t erzo comma, c.c., in caso di estin zione del p rocesso, il nuovo periodo di prescrizione relativo al diritto ded otto in causa inizia a decorrere dall'a tto introduttivo del giudizio, cioè da lla domanda giu diziale (nn.  21201/17, 8720/10, 11318/96, 5707/87 e 1146/65) e non dag li atti processuali suc cessivi (v. nn. 2417/9 9, 10480/92, 3035/79, 1323/76, 1736/75, 1051/75) , essendo, altresì, irrilevante che la domanda sia stata dilige ntemen te coltivata fino all'estinzione ( 10700/98); ### il principio fissato dall'art. 2945 c.c. - secondo il quale l'interruzione d ella prescrizione per effetto di domand a giudiziale si protrae fino al passaggio in giudicato d ella sentenza che definisce il giudizio - è applicabile anche nell'ipotesi in cui detta sentenza non decida nel merito ma d efinisca eventuali quest ioni processuali di carattere p regiudiziale, ma trova però deroga ne l caso di estin zione del processo. Pertanto, in caso m ancata tempestiva riassunzione della causa a seguit o di declinatoria di competenza territoriale e conseguen te estinzione del processo si applica il disposto dell'art. 2945 c.c., terzo comma, in for za del quale rimane fermo l'effetto interruttivo della notificazione dell'atto di citazione, ma il nuovo periodo di prescrizione decorre dalla data dell'atto interruttivo (così, la n. 9337/04; sull'irrilevanza, ai fini della permanenza dell'effetto interruttivo della prescrizione, ex art.  2943, secondo comma, c.c. , del tipo di pron uncia defin itiva del giudizio, poiché non solo le decisioni nel merito, ma anche quelle su questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito sono suscettibili di passare in giudicato in senso formale , cfr. anche le nn.  24808/05, 15075/01, 1608/00, 14243/99, 4630/97, 3666/96 e 1329/91); pertanto, ### tutte le sentenze definitive, siano esse di merito, di rito o su questioni (pregiudiziali o preliminari) di merito, 17 di 38 una volta passat e in gi udicato conservano l'effet to perman ente dell'interruzione della prescrizione effettuata mediante la domanda giudiziale, salvo le sentenze che dichiarano l'estinzione del giudizio (come invariab ilmente ripetono tutte le pronunce da ultimo richiamate: v. anche nn. 22238/07, 8367/96, 7664/95, 5085/87, 7023/83 e 4120/82); e, infine, ### i si ngoli at ti processuali compiuti nel corso de l processo non esplicano alcuna efficac ia al fine di interr ompere la prescrizione, a meno che essi non presentino i requisiti prop ri de lla costituzione in mora (v. nn.  12983/18, 7076/16, 14517/07, 825/06, 11016/03 e 13669/99 , tutte germinate da S.U. n. 4108/81; v. anche, in precedenza, la 3035/79).  ### degli altri atti p rocessuali, che pur di mostrino l'interesse alla decision e, ad interr ompere nuovamente ed autonomamente la prescrizione già interrotta dalla do manda giudiziale, trova confer ma anche in una re cente pronuncia delle S.U. di questa Corte (n. 17619/22), con la quale si è affermato che la pen denza di un giudizio incidentale di costi tuzionalità n on produce alcun effett o interruttivo della prescrizione del diritto dedotto nel giudizio a quo; pertanto, ove quest'ultimo sia dichiarato estinto o perento, il termine di prescrizione decorre dall'atto introduttivo di tale giudizio, non avendo efficacia interruttiva né la proposizione o la definizione d el giu dizio incid entale di costituzionalità, attesa la sua autonomia strutturale e funzionale, né l'istanza di fissazione dell'udienza per la prosecuzione del processo, trattandosi di atto endoprocessuale non avente le caratteristiche di messa in mora. 
In conclusi one, sul punto, l'idea che l'arrest o del t ermine prescrizionale vada apprezz ato grado per grado e secondo il contenuto della sentenza, e che, in definitiv a, l'estinzione cui ha 18 di 38 riguardo l'art. 2945, terz o comma, c.c. sia solo quella ch e è dichiarata all'interno della fase di giudizio nel quale si è verificato l'evento estintivo, non è né nuova né compatibile con l'evoluzione consapevole che la discip lina positiva e la g iurisprudenza hanno avuto al riguardo.  1.5. - Quanto fin qui considerato sullo stato della dottrina e del diritto vivente in te ma di prescrizione estin tiva resiste al la possibilità, prospettata da parte ricorren te, che se ne possa operare una rivisitazione critica. Basata, nel caso di specie, sull'affidamento incolpevole della parte odierna ricorrente, generato dapprima dalla rimessione in termini, ex art. 184-bis c.p.c. in allora vigente, per rinnovare la notifica della citazione, e poi dal rigetto, in primo grado, dell'eccezione di estinzione del processo.  1.5.1. - In senso contrario, infatti, va osservato che l'art. 2945, terzo comma, c.c. non pone una presunzione né assoluta né relativa di abbandono della l ite o del diritto fattovi valere . La circostanza che vi si accenn i nella mot ivazione dell a senten za 4630/97, citata nel motivo, non a utorizza a trarre conclusioni impegnative sotto nessun segno, ove si consideri che una cosa è il fondamento ultimo dell'istitu to della prescrizione (o meglio, una delle sue consuete ma non esaustive letture), altra è l'esegesi della disposizione in esame, che non ne risulta in alcun modo ipotecata. 
Ed infat ti, se fosse plausibile individu are in tale no rma una presunzione assoluta o relativ a di abbandono del d iritto, la riproposizione della domanda sarebbe preclusa, nel primo caso, ovvero subordinata alla prova contraria, nel secondo; il che ovviamente non è.  1.5.2. - Del pari destituita di fondamento è l'ipotesi che il terzo comma dell'art. 2945 c.c. abbia un substrato sanzionatorio, per cui 19 di 38 il giudice dovrebbe escluderne l'applicabilità nel caso di estinzione incolpevole del giudizio. 
Una cosa, infatti, è la sanctio legis posta a presidio di un onere, altra è la sanzione per una condotta vietata e, dunque, illecita, che non ha nulla a che veder e con le vicende interrutt ivo-estintive. 
Pertanto, è sufficiente osservare che il t itolare, come è libero di esercitare o meno il suo diritto, così può anche legitti mamente scegliere di far estinguere il processo incoato per accertarlo. Allo stesso modo, l'incolpevole decadenza da un potere processuale è motivo di rimessione in termini, non di elisione della disciplina altrimenti applicabile. Poich é tutto ciò non pare revocab ile in dubbio, ed atteso che le ordinanze, comu nque motivate, no n possono mai pregiudicare la decisione della causa (art. 177, primo comma, c.p.c.), né a maggior ragione produrre ex se affidamento (su cui v. meglio infra, i par. da 1.6. a 1.6.2.), la rimessione in termini esaurisce i suoi effetti all'interno del corretto esercizio dei poteri ordinatori del giudice, senza proiettarsi oltre. 
Ne resta immune l'int erpretazione delle norme che reg olano l'interruzione permanente della p rescrizione, la quale, come s'è detto innanzi (v. par. 1.4.3.), dipende dalla litispendenza, per cui ove questa venga meno ne cade la giustificazione logico-giuridica.  1.6. - ### sull'esattezza dei provvedimenti del giudice di prim o grado introduce una qu estione ulteriore che, in realtà, costituisce il nucleo del motivo. 
Benché non evocato in m aniera espressa, è il principio di apparenza e la sua possibil e esten sione ci ò su cui mostra di convergere il senso ultimo delle argomentazioni di parte ricorrente. 
Elaborato nella mat eria delle impugnazioni, detto principio assolve la funzione di evitare che il rischio dell'errore compiuto dal 20 di 38 giudice a q uo nel qualificare la domanda ricada sulla parte impugnante, su cui grava l'onere di esperire il mezzo corretto. 
Cambiando ciò che v'è da cambiare, ne lla fattispecie l'interrogativo è se la pronuncia di primo grado possa ge nerar e nella parte interessata analogo affidamento e riparo dagli effetti di cui al t erzo comma dell'art. 2945 c.c., ove all'esi to delle fasi ulteriori passi in giudicato quell'estinzione del processo che il primo giudice aveva, invece, escluso. Impossibili - si sostiene - i rimedi preventivi della rinuncia agli atti o dell a riproposizione della medesima domanda, la parte si vedrebbe costretta a percorrere l'intero iter processuale , assumendo l'alea che la declaratoria di estinzione del giudizio intervenga a prescrizione ormai maturata.  1.6.1. - La risposta a tale quesito non può che essere negativa. 
In un caso speculare a quello in oggetto questa Corte h a affermato che le sentenze le quali, ai sensi dell'art. 310 c.p.c., non vengono travolte dalla pronuncia di estinzione del giudizio sono soltanto le sentenze no n d efinitive (oltre che qu elle sulla competenza) pronunziate prima che si perfezionasse la fattispecie estintiva. Tra queste non rientra pertanto la sentenza di appello, successivamente cassata, con la quale sia stata riformata la sentenza di estinzio ne pron unciata in primo grado. Ne consegue che qualora l'estinzione del processo sia affermata in primo grado, negata in grado di appello, e confermata nel giudizio di cassazione, la senten za di appello non h a alcuna efficacia interruttiva dell a prescrizione, la quale ricomincia a decorrere dalla data de lla notifica dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, ai sensi dell'art. 2945, comma terzo, c.c. (n. 10760/99; in senso conforme, v. n. 7040/86). 
Detto precedente, sebbene incentrato su altro (l'inidoneità della sentenza definitiva d 'appello a resistere all'estinzione), mostra di 21 di 38 non supporre neppure la possibilità che, in punto di prescrizione del diritto, il provvedimento cassato possa conservare effetti residui.  ### a parte, sono proprio le argomentazioni di sostegno dedotte nel motivo a disvelarne l'infondatezza. 
Contrariamente a quanto vi si assume, il ris chio che, protraendosi il processo nel tempo e nei vari gradi, l'eccezione di estinzione per un evento precedentemente verificatosi sia accolta e l'estinzione del processo pass i in giudicat o quando il te rmine di prescrizione del diritto è ormai scadu to (così da vanificare il pur prodottosi effetto interruttivo istantaneo derivante dalla n otifica della domanda giudiziale), è agevolmente prevenibile mediante la rinuncia agli atti del giudizio, ai sensi dell'art. 306 c.p.c. 
Ad essa no n è d'ostacolo l'atteggiamento difensiv o dell'altra parte. Infatti, la giurisprudenza costante di questa Corte afferma che l'accettazione della parte costituita è richiesta solo se questa abbia un interesse alla prosecuzione del processo, che a sua volta consiste nella possibilità di conseguire un'utilità maggiore di quella che le derivere bbe dall'estinzione (v. nn. 23620/17, 9066/02, 8387/99, 1168/95 e 4917/79 ). In difetto d'un tale intere sse, il giudice dichiara l'estinzione an che se la parte convenuta vi si opponga. 
Detto altrimenti, l'accettazione è richiesta dall'art. 306, p rimo comma, c.p.c. in quanto il convenu to ha il po tere, derivante dal principio di bilateralità dell'azione, di provocare l'accertamento negativo del diritto fatto va lere dall'atto re (similmente a q uanto avviene nelle ipotesi omologhe, previste dagli artt. 181, secondo e terzo comma, e 290 c.p.c.), ovv ero di o ttenere una pro nuncia sull'eventuale domanda riconvenzionale che ab bia proposto. È necessario, pertanto, che egli si sia difeso e intenda continuare a 22 di 38 difendersi nel merito, e non su questioni di rito (salvo esse stesse siano suscettive d'un giudicato spendibile in altro giudizio). 
Ne deriva che ove la rinuncia agli atti segua all'insorgere della questione di estinzione de l processo, il convenuto non ha un interesse tutelabile a che un tale esito sia dichiarato ai sensi dell'art. 307 piuttosto che in virtù dell'art. 306 c.p.c. Nell'un caso come n ell'altro, infatti, l'estinzione conduce alla medesima e invariabile conseguenza di elim inare l'effetto permanent e dell'interruzione della prescrizione previsto dall'art. 2945, secondo comma, c.c., senza incidere sull'effetto interruttivo istantaneo, che rimane fermo alla data della domand a, come previsto dal terzo comma del medesimo articolo. 
Spetta alla parte attrice , dunque, sciogliere l'alternativa valutandone costi e benefici: coltivare fino alla decisione di merito il giudizio di cui la parte av versa o il giudice abbiano , rispettivamente, eccepito o rilevato d'ufficio (ex art. 30 7, ultimo comma, c.p.c. nuovo testo) l'estinzione, rischiando che l'eventuale declaratoria passi in giudica to a prescrizione o rmai maturata ; ovvero rinunciare agli at ti e riproporre la d omanda entro la scadenza del termine di prescrizione, iniziato n uovamente a decorrere dall'atto introduttivo del primo giudizio. 
Tale alternativa d eriva dal sistema processuale e, di riflesso, opera indipende ntemente dalla consapevolezza che la parte ne abbia. Resta escluso in radice, pertanto, che si possa lamentare come in attesa tanto l'estinzione d el giudizio quanto l'event uale prescrizione del diritto in esso fatto valere. Né il rischio connesso a tale scelta della parte converte, per l'incidenza che assume a livello di dirit to sostanziale, quello ch e è un onere processuale in una sorta di ob bligo per e vitare di beneficiare la controp arte (come argomenta la ricorrente nella propria memoria). Finché è possibile 23 di 38 ponderare i pro e i contro di un'opzione puramente strategica, non v'è a livello logico-giuridico alcun agere necesse, una cosa essendo l'agire necessitato, altra l'agire necessario. 
Nella specie, la parte odierna ricorrente mostra di aver optato in allora per la prima delle suddett e possibilità, per cui non le è consentito dolersene ora.  1.6.2. - Anche l'affermazione di parte ricorrente secondo cui non sarebbe stat o possibile evitare l a prescrizione mediante la tempestiva riproposizione della med esima domanda, perché ciò avrebbe esposto la parte attrice all'eccezione di litispendenza, non appare condivisibile. 
Infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte gli istituti della litispendenza e della continenza, operando soltanto tra cause pen denti dinanzi a uffici giudiziari diversi, non sono applicabili se le cause identiche o connesse pen dano dinanz i al medesimo ufficio giudiziario, anche se in gradi diversi, di talché, non essendo l'omessa riunione motivo di invalidità, sarà opponibile il giud icato prima intervenuto, ovv ero, qualora non de dotto o rilevato, opererà la regola della prevalenza del successi vo, salvo l'utilizzo dell'art. 337, comma 2, c.p.c. (così e per tutte, la recente ordinanza n. 10183/23). Non solo, ma sempre secondo i precedenti di que sta Corte, deve escludersi che , in app licazione di un parallelismo con l'istituto della litis pendenza, la regola disciplinatrice del quale è nel senso che il processo iniziat o per secondo deve essere de finito in rit o e non deve e ssere trattato, nell'ipotesi in cui abbiano luogo av anti all o stesso g iudice due procedimenti identici, il giudic e debba trattare il processo considerando soltanto il primo g iudizio, di modo che se e sso presenta un probl ema in rito c he impedisce la trattazione de l merito, quest'ultima resti preclusa anche sul secondo. Infatti, ciò, 24 di 38 oltre ad essere in contrasto con la stessa previsione della riunione obbligatoria dei procedimenti identici pendenti avanti al medesimo giudice, sarebbe anche in manifesto contrasto con quanto accade allorquando un giudizio venga defini to con pronun cia di rito e venga successivamente proposto un nuovo identico giudizio, la cui proposizione non è impedita d alla pronuncia in rito su l primo giudizio. Il parallelismo con l' istituto della litispendenza può soltanto suggerire che , in relazione a riti processuali imp erniati sulle preclusion i, la verificazione di una preclusione (di rito o di merito) nel primo processo determini l'effetto di impedire che nel secondo processo la precl usione possa esser e superata (così, 5894/06; conformi, le successive nn. 567 /15, 24529/18 e 20248/23). 
Nel caso di specie, n on si e rano verificate nel giudizio presupposto preclusioni di rito o di merito aventi carattere impediente, tali cioè da qualificare come elusiva la riproposizione della domanda, ma solo una causa estintiva del processo.  2. - Col second o mezzo è denunciata la violazione degli artt.  2934 e 2943 c.c., in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., e sempre in subordine è reiterata la q uestione d'il legittimità costituzionale di dette norme, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 ### ., ove interpretate come applicabili anche ai diritti potestativi. 
Sostiene detta parte che la necessità di proporre la domanda giudiziale per inter rompere la p rescrizione dei diritti potestativi, assimilati ai (pur imprescrittibili, ma usucapibili) diritti reali, debba essere ###considerata da questa Corte. In difetto di d isposizioni espresse, sarebbe maggiormente plausibile la loro assimilazione ai diritti di credito (la cui prescrizione è interrotta dalla costituzione in mora: art. 121 9 c.c.) piuttosto che ai d iritti reali, att eso che, a differenza di questi ultimi, i diritti di credito e quelli potestativi sono 25 di 38 inseriti in un rapporto preesistente, che la sentenza del giudice non costituisce ma accerta. Non vi sarebbe ragione, pertanto, per non ammettere che la costituzione in mo ra possa valere ad interrompere la prescrizione anche dei diritti potestativi, che al pari di quelli di credito sono soggetti a prescrizione. Nella specie, atteso che l'esito estintivo del processo non può per ciò solo travolgere tutti gli atti compiuti dalle parti, sarebbero comunque isolabili nel giudizio presupposto almeno tre atti che, esprimendo l'inequivoca volontà di far valere il diritto azionato, varrebbero ad interrompere la prescrizione e si estenderebbero, arg. ex art. 1308 c.c., a tutti i litisconsorti necessari (l'atto originario di citazione del 27.7.1994, quello di integrazione del contradditt orio notificato il 4.8.1 999 a ### di ### e la co mparsa di costituzione in appello nel 2004, con la quale l'odierna ricorrente chiese il rigetto dell'impugnazione).  2.1. - Il motivo è infondato. 
Gli argomenti ivi svolti non paiono sufficienti a giustificare una revisione dell'indirizzo di questa Corte, la quale ha già avuto modo di affermare che l'azione di riduzione del legittimario è di natura personale (in quanto dirett a a rivendicare non lo specifico bene posseduto dal beneficiario dell'atto di liberalità, bensì a far valere sul valore di detto ben e le prop rie ragioni successorie dopo l'accertamento della sua qualità), ma non obbligatoria (in quanto non diretta ad ottenere l'adempimento di un'obbligazione a cui sia connaturale l'istituto della messa in mora). Ne consegue che alla prescrizione dell'azion e che tutela il diritto del legittim ario non è applicabile l'art. 2943, ultimo comma, c.c., che è idoneo ad interrompere la prescrizione solo di diritti obbligatori (n. 7259/96, confermata poi dalla n. 11809/97). 26 di 38 Tale orientamen to s'inserisce nel più ampio contesto teorico secondo cui gli atti interru ttivi della prescrizione riconducibili al la previsione dell'art. 2943, comma 4, c.c., consistono in atti recettizi, con i quali il titolare del diritto manifesta al soggetto passivo la sua volontà non equivoca, intesa alla realizzazione del diritto ste sso. 
Essi, pertanto, possono produrre tale effetto limitatamente ai diritti ai quali corrisponde nel soggetto passivo un obbligo di prestazione e non anche per i diritt i potestativi, ai quali fa riscont ro u na situazione di mera soggezione, e la cui vitalità non può essere attestata mediante una dichiarazione stragiudiziale, di per sé improduttiva di effetti (cfr. nn. 11 59/18, 25861/10 e 25468/ 10; analogamente, n. 6974/17 in materia di rescissione; n. 26543/22 in tem a d'azione revocatoria ordinaria; n. 8417/1 6 sulla prescrizione dell'azione volta alla risoluzione di un contratto preliminare avente ad oggetto la promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo; nn. 121/16, 11020/00 e n. 1965/92, applicative del medesimo principio all'azione di annu llamento per incapacità naturale, ai sensi dell'art. 428 c.c.; n. 6099/93 in ordine al diritto di accettare l'eredità; n. 575/85, in tema di diritto alla retrocessione di ben e espropriato; n. 40 2/84, sempre con riguardo all'azione revocatoria ordinaria). 
E an che quando, i n ambito contrattuale e nella speci e della vendita, si è posta una problematica consimile e si è registrato un contrasto di giurisprudenza in ordine alla prescrizione delle azioni edilizie (art. 1495, ultimo comma, c.c.), la relativa composizione, avvenuta a favore de lla p ossibilità d'interr omperne il termine mediante un atto stragiudiziale, h a percorso tut t'altra strada. Ed invero, è stato affermato che «in effetti, non si verte propriamente nell'ipotesi di esercitare un singolo specifico potere ma di far valere il “diritto alla garanzia” derivante dal contratto, rispetto al quale, 27 di 38 perciò, non si fra ppongono ostacoli de cisivi ch e impediscono l'applicabilità della disciplina generale del la prescrizione (e che, invece, in un'ottica sistematica, appare con esso compatibile), ivi compresa quella in materia di interruzione e sospensione» (così, in motivazione, S.U. n. 18672/19). 
Così come, in altro e ancor più diverso contesto, il Consiglio di Stato, in ### plenaria (sentenza n. 24/20), nell'affermare che il termine decennale previsto dall'art. 114, primo comma, del c.p.a.  in ogni caso può essere interrotto anche con un atto stragiudiziale volto a conseguire q uant o spetta in base al giudicato, non ha motivato sulla natura potest ativa o meno del diritto derivante dall'actio iudicati, ma ha argomentato la soluzione con riguardo al principio di buon and amento dell'azione amministrativa e ai contatti, di per sé consentiti dal sistema e, in particolare, dall'art.  11 della legge n. 241 del 1990, tra l'### e il privato a favore del quale si è formato il giudicato. Il massimo consesso della giurisdizione amministrativa ha ritenuto, così, «del tutto fisiologico che nel cor so del tempo i l vincit ore del giudi zio di cognizione solleciti l'### ad eseguire il giudicato, prospettando se del caso soluzio ni che possa no essere concordate, prima di proporre il giudizio d'o ttemperanza ( anche in un'ottica deflattiva del contenzioso)». 
Detti precede nti non appaiono, pertan to, idonei a i ncrinare l'orientamento innanzi richiamato di questa Corte. A differenza della fattispecie (e in disparte, in ordine al citato precedente del C.d.S., la ricaduta sul tema della prescrizione di cui all'art. 2953 c.c.), nell'un caso come nell'altro assume rilievo immedia to un rapporto obbligatorio, che o preesiste alla lite (id est la vendita e le connesse azioni di garanzia) o deriva d al giudic ato (come 28 di 38 nell'ipotesi dell'obbligo d'ottempe ranza previsto dall'art. 112 c.p.a.).  2.2. - ### premesso, e passando alle argomentazioni svolte nel motivo, è dubbio, in primo luogo, che i diritti di credito e i diritti potestativi abbiano base comune in un rapporto giuridico “preesistente”. O meglio, è dubbio, p er l'i ntrinseca equivocità dell'affermazione, che basti registrare la generica preesistenza, in entrambi i casi, di situazioni giuridiche esprimibili attraverso coppie relazionali (credito/debit o, potestà/soggezione), per equiparare l'una situazione all'altra ed innestarvi la catena sillogist ica che parte ricorrente propone. 
In disp arte che non manca in dottrina chi ravvisa il rapporto giuridico anche nella relazione che intercede tra il diritto assoluto (imprescrittibile, ma usucapibile) e il generale dovere di astensione dei consociati - il che ste mpera ulterio rmente la valenza del richiamo, fino a deprivarlo d'ogni significanza -, il punto è un altro. 
Nell'ambito dei diritti di credito, il rapporto (ob bligatorio) preesiste di necessità agli atti che ne costituiscono l'esercizio. Un credito si può eserci tare o m eno, ma è certo che il rapporto obbligatorio sorge con esso e diviene im mediatamente vi tale. 
Infatti, il debitore può: ad empiere anche se non richiestone ; costituire in mora il creditore (artt. 1206 e ss. c.c.); ottenere la propria liberazione contro la volontà del creditore (art. 1210 c.c.); e, infine, agire per l'accertamento negativo dell'esistenza stessa del credito. Speculare e di maggior contenuto la posizion e del creditore, che del pari può agire per il mero accertamento positivo del suo diritto, purché la lesione insita nello stato d'incertezza non abbia natura puramente eventuale e si ricolleghi ad una posizione giuridica già sorta in capo all'interessato (giurisprudenza pacifica di questa Corte: cfr. ex multis nn. 10441/04, 8210/99 e 2622/95; ciò 29 di 38 in qua nto anche la tutela meramen te dichiarativa deve esi tare nell'affermazione o nella negazione di un diritto, non di un fatto, ancorché questo, in una con altri fatti storici o normativi, possa dar luogo ad effetti favorevoli all'attore: v. nn. 10039/02, 3905/03 e 17788/03). 
Non altrettanto può predicarsi per i diritti potestativi, rispetto al cui esercizio è preesistente solo il potere e la relativa soggezione. 
Che la correlaz ione tra l'uno e l'altra dia luog o anch'e ssa ad un rapporto giuridico è, dunque, affermazione che può concedersi più o meno esatta a misura dell'accezione lata o ristretta che di tale concetto si intenda accogliere. Ma questa pur generica correlazione non vale ad accorciare la distanza tra il diritto di credito e il diritto potestativo, poiché una cosa è un rapporto giuridico in senso lato, altra è il rapporto giuridico obbligatorio, che ha un creditore e un debitore e risponde alla logica dell'agere necesse. Per contro, come del resto am mette la stessa parte ricorrente (v. pagg. 11-12 memoria ex art. 378 c.p.c.), di fronte a un diritto potestativo la parte assog gettatavi può non contestarlo solo ponendo in essere un'attività prettamente negoz iale e in accordo con il titolare del potere. 
Pertanto, attribuita natura po testativa (in un'accezione ovviamente ampia del termine) al dirit to del legittimario alla reintegrazione della sua quota d i legittima mediante un'app osita azione costitutiva (su tale natura cfr. l'ordinanza n. 4709/20), va osservato che il solo pot ere d'agire in giudizio n on determina, finché non è esercitato, alcuna modifica dell'assetto di interessi tra il tit olare e chi ne subisce l'attivi tà. Ove esercitato, e sso non fa sorgere in via immedia ta alcun a obblig azione e, di riflesso, è incompatibile con la nozione di mora debendi o credendi e con la relativa costituzione. 30 di 38 In secondo luogo, e anche senza procedere per qualificazioni, va osserva to che la tecnica di prod uzione degli e ffetti g iuridici è appannaggio esclusivo del legislatore, il quale la maneggia attraverso varie opzioni p ossibili, colle gando l'effetto ora ad un fatto, ora ad un atto volontario, ora alla domanda giudiziale seguita da una pronuncia costitutiva del giudice. A tale discrezionalità, che solo la lettera del dato normativo è idonea a palesare, l'interprete non può sostitu irsi né sovrapporsi. E poiché, nello speci fico, la riduzione è “domandata” (dai legittimari, loro eredi o aventi causa: art. 557, primo comma, c.c.) e non già realizzata con dichiarazione unilaterale di volontà, la soluzione è a rima obbligata ed esclude la possibilità di equiparare il diritto alla riduz ione ad un diritto di credito. 
In terzo luogo, infine, costituzione in mora e domanda giudiziale non possono porsi su llo stesso pia no, poiché l'effetto interr uttivo nel primo caso è istant aneo ment re nel seco ndo è permanente. 
Quest'ultima ipotesi non è per nulla assimilabile alle fattispecie di sospensione previste dag li artt. 2941-2942 c.c., ma fo rma un tutt'uno inscindibile con la pro posizione della domanda. La prescrizione non corr e finché pende il processo, ma riprende soltanto dopo la se ntenza che lo definis ce (art. 2 945, secondo comma, c.c., conclusione, questa, ch e pure era apparsa chiara allorché, in passato, si trattava di interpretare il corrispondente e non altrettanto perspicuo art. 2128 c.c. del 1865). Se ne ricava che non è la dom anda in sé, ma è la litispendenza ad arrestare la prescrizione, in base al principio che la durata del processo non può mai risolversi a danno della parte che ha ragione. 
Dunque, e concludendo al rigu ardo, deve affermarsi che l'impossibilità d'interrompere mediant e un atto stragiudiziale la prescrizione del diritto disciplinato dagli artt. 553 e ss. c.c. deriva 31 di 38 tanto dall'inesisten za d'un rapporto obbligatorio sottostante, quanto dalla scelta legislat iva di far dipendere tale diritto dall'esercizio di un'apposita azione cost itutiva, quanto, ancora, dalla non assimilabilità strutturale e funzionale tra la costituzione in mora e la proposizione della domanda giudiziale.  2.3. - Nella propria mem oria parte ricorrente sv iluppa, all'interno della medesima censura, un'ulteriore considerazione, in base alla quale la “domanda” d'appello (nell a specie , incidenta le nell'ambito del giudizio presupposto) rientrerebbe nella previsione del secondo comma dell'art. 2943 c.c., che assegna pari idoneità interruttiva della prescrizione alla domanda proposta nel corso di un giudizio.  2.3.1. - Anche tale assunto non può essere condiviso. 
Ne esclude la fondatezza una pronuncia di questa Corte resa a S.U. (n. 410 8/81, ripresa poi, limitatamente all'ipotesi di notificazione della sentenza di primo grado, dalla n. 12983/18). 
Nella parte mo tiva vi si aff erma (in maniera del tutto convincente) che «una corretta interpretazione del l'art. 2943, comma 2, vuole che per tale (cioè, domanda proposta nel corso di un giudizio: n.d.r.) si intenda pur sempre un atto contenente una domanda giudiziale, cioè l'intento di far valere un diritto in giudizio anche se non si trat ti di atto i ntrodut tivo del giudizio, i n quanto trova questo, già instaurato, quali le domande riconvenzionali, gli atti di intervento o di chiamata in causa o in garanzia, la domanda di ammissi one al passivo fallimentare, la costit uzione di parte civile. Deve, insomma, trattasi di domanda che, innestandosi in un processo già pendente, sia grado di produrre la pendenza di una nuova e ulteriore lite in ordine al diritto con essa fatto valere; e ciò in quanto il richiamo dell'art. 2945, comma 2, comporta che (la: n.d.r.) non decorrenza della prescrizione, da quest 'ultima norma 32 di 38 prevista, dipenda da un a situazione di litispend enza (…). Tale collegamento, chiaramente postulato dal vigente codice, della interruzione e sospensione della prescrizione con la li tispendenza come si tuazione che perdura fino al passaggio in giudicat o della sentenza, elimina una serie di problemi verificatesi sotto il vigore del vecchio codic e, a seguito dell'indi rizzo giurisprudenziale secondo cui l'interruzione durava per il singolo grado di giudizio, cosicché, se era il convenuto soccom bente a proporre ap pello, riusciva ben d ifficile spiegare come la prescrizione rimanesse nuovamente interrotta da un atto non proveniente dal titolare del diritto. Viceversa, quello d i gravame è un atto d i mero impulso processuale, che vale soltanto a far progredire in una ulteriore fase un processo già pendente, e d'altra parte il riferire ad esso l'effetto interruttivo della prescrizione ricollegato alla “domanda proposta nel corso del giudizio” in presenza della già avvenuta interruzione operata dall'atto introduttivo, significherebbe attribuire ad esso un nuovo effetto già ricollegantesi al primo. Trattasi, in altre parole, della stessa, iniziale, domanda, nella quale si insiste, non di “altra” domanda, come invece vuole l'art. 2943, comma 2, cosicché non si può attribuire un nuovo e autonomo effetto ad un atto di per sé meramente reiterativo del primo, che non fa valere alcuna pretesa, e non può perciò inquadrarsi nella categoria degli atti indicati dai commi 1 e 2 , caratte rizzati, sia gli uni che gli altri dal fatto di essere introduttivi di una domanda giudiziale».  (Detta sentenza prosegue, subito dopo, col precisare che, non di meno, l'appello può costituire atto interruttivo della prescrizione a norma non del secondo, bensì dell'ultimo comma dell'art. 2943 c.c., ove abbia i requisiti di un atto di costituzione in mora, cioè di un'intimazione rivolta per iscritto al debitore. Ma ciò non rileva, nel caso in esame - a differenza della fattispecie oggetto della appena 33 di 38 citata pronuncia d elle S.U., riguardante un credi to da lavoro -, poiché s'è già escluso, pe r le ragioni innanzi svol te, che l'interruzione della prescrizione di un diritto potestativo possa avvenire mediante un atto di costituzione in mora. Con il che resta esclusa, altresì, la rilevanza del richiamo, operato nella memoria di parte ricorrente, alle sentenze nn. 14148/20 e 696/02, entrambe aventi ad oggetto un diritto di credito).  3. - La diversità di disciplina tra l'una e l'altra categoria di diritti non comporta - e si p assa, così, ad esaminare la questione di legittimità costituzionale, trasversale ad entrambi i motivi di ricorso - un'irragionevole disparità di trattamento o un vulnus al principio della difesa e d el giusto processo, in viola zione, rispettivam ente, degli artt. 3, 24 e 111 ### In primo lu ogo, la questione appare di dubbia rilevanza n ella fattispecie, ove si consideri che, come premesso in parte narrativa (e come si ricava da pag. 4 del ricorso), l'estinzione del processo presupposto fu eccepita il ###, allorché ### si costituì in giudizio. Se ne deduce che in allora era ancor a ben possibile rinunciare agli atti del giudizio e/o instaurare una nuova causa avente identico contenuto, così da interrompere nuovamente la prescriz ione che, prendend o data dal 28. 6.1994, giorno della notifica della citazione introduttiva di quel primo giudizio, non si era ancora verificata.  3.1. - Ma la prospettata questione di legittimità costituzionale è anche manifestamente infondata. 
La giurisp rudenza costituzionale ha chiarito che «la garanzi a costituzionale della difesa opera attribuendo l a piena tutela processuale delle situazioni giuridiche soggettive nei termini e nelle configurazioni che a queste derivano dalle norme del di ritto sostanziale; quella garanzia trova quindi confini nel contenuto del 34 di 38 diritto al quale è strumentale e si modella sui concreti lineamenti che questo riceve dall'ordinamento (…) Se è vero infatti che alla estinzione del diritto consegue normalmente l'impossibilita di farlo valere, tanto in via di azione che in via di eccezione, ciò si verifica perché la prescrizione opera sul terreno sostanziale del diritto, non su quello della sua protezione processuale (...). In ogni caso (…) allorquando sia fissato un termine per il compimento di un atto, la cui omissione importi un pregiudizio per una situazione soggettiva giuridicamente tutelata, nella garanzia d i cui all'art. 24 della ### è ricompresa la conoscibilità del momento iniziale di decorrenza del termine stesso (cfr. sentt. n. 159 del 1971; n. 255 del 1974; n. 14 de l 1977)» (così, in motivazione, Co rte cost.  732/88, ripresa, poi, dalla sentenza n. 5694/99).  3.2. - Anche questa Corte ha già avuto modo di affermare che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2945 c.c. sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 ###, con rigu ardo alla dis tinta discip lina prevista rispettivamente nei commi second o e terzo sul presup posto ch e il legislatore, nel confezionare il terzo comma (seco ndo cui “se il processo si estingue, rimane fermo l'effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia a decorrere dalla data dell'atto interruttivo”), si sarebb e espresso in termini re troattivi, allorché ha ritenu to, dichiarando inefficace l'attività giurisdizionale svolta nel processo, di conside rare solamente il periodo interruttivo dalla data dell a notifica dell'atto introd uttivo del giudizio, ponend o, così, immotivatamente, nel nulla assoluto l'attività giudiziale compiuta, spesso assai lun ga, e conferen do quindi effetto interr uttivo unicamente al citato atto introduttivo. Infatti, non sussiste alcuna violazione del precetto dell'art. 3 ### atteso che la situazione è totalmente diversa a seconda che il giudizio si sia concluso con una 35 di 38 pronunzia passata in giudicato e, quindi, con un acce rtamento rilevante ex art. 2909 c. c., o, piut tosto, con una declaratoria di estinzione; invero, nel p rimo caso, ciò che rileva n on è l'attivit à giudiziale e istruttoria svoltasi nel corso del giudizio (che, in ipotesi, potrebbe anche mancare), ma la presenza di una pro nunzia passata in giudicato che fa certamente difetto nella seconda ipotesi e tale circostanza è certamente sufficiente ex se a giustificare un diverso trattamento, dal punto di vista giuridico, delle ipotesi rispettivamente disciplinate al comma secondo (in cui l'interruzione della prescrizione ha e ffetti permanenti ) e al comma terzo del citato art. 2945 c.c. (nel cui caso la prescrizione opera con effetti istantanei). Va esclusa, inoltre, l'assunta violazione del diritto alla difesa di cui all'art. 24 ###, rilevandosi, al riguardo, che il codice di rito, proprio con riguardo all'estinzione del processo per mancata prosecuzione o riassunzione, p revede una serie di cautele che escludono che il giudizio possa “e stinguersi” sen za la consapevolezza delle parti in causa (o, almeno, dei lor o procuratori), dovendosi, d'altro canto, escludere che, alla stregua delle ragioni preceden temente evidenzia te, emerga una contraddizione fra le disposizioni previste dal l'art. 310, primo comma, c.p.c. e dallo stesso art. 2945, comma terzo, c.c. (così, la sentenza n. 825/06 ; in senso conforme si era in precedenza pronunciata anche la n. 3035/79). 
Va aggiunto che il credito, a differenza del diritto potestativo, necessita di cooperazione, e ove questa non si realizzi soccorrono gli strumen ti normativi per estinguere l'obb ligazione, così da impedire che il rapporto si p rotragga nel t empo i n maniera indefinita per effetto di ciclici atti interruttivi. 
Per contro, lo stato di soggezione cui cor risponde il diritto potestativo sarebbe procrastinabile tendenzialmente sine die, ove 36 di 38 l'interruzione della prescrizione potesse operare ### secondo la tecnica della costituzione in mora, richiamata d all'ultimo comma dell'art. 2943 c.c. Di fronte a periodiche interruzioni stragiudiziali effettuate con semplice diffida, la persona assog gettatavi no n avrebbe strumenti di tu tela per far cessare la situazione d'incertezza sulla stabilità del suo acquisto. 
Non casualme nte, proprio l'esercizio dei diritti potestat ivi è spesso sottoposto a termini di decadenza oltre che di prescrizione (si pensi, ad esempio, all'art. 2113 c.c., all'art. 8, legge n. 590/65 sul riscatto agrario, agli artt. 38 e 39 legge n. 392/78 in tema di locazione non abitativa, ecc.), o a strumenti processuali sollecitatori (v. l'actio interrogatoria, ex artt. 481 c.c. e 749 c.p.c., e gli altri casi cui p rovvede, semp re in mat eria ereditaria, quest'ultima norma, l'art. 1331, cpv. c.c. sul diritto di opzione, gli artt. 285 e 326 c.p.c. sulla notifica della sentenza per decorrenza del termine breve d'impugnazione, ecc.). 
Dunque, sarebbe irragionevole, semmai, equiparare la disciplina della prescrizione del diritto potestativo a quella del diritto di credito, ben diversi essendo ne i presupposti e le ricadute applicative. 
Né può ritenersi compatibile col diritto d'azione e con i principi del giusto processo una lettura degli artt . 2943, 2945 , terzo comma, c.c., 307 e 310 c.p.c. che in caso di estinzione del giudizio ne azzeri la durata ai fini della prescrizione solo quando l'inattività sia sintomo inequivocabile di disinteresse della parte a far valere il proprio diritto, con possibilità di fornire la relat iva prova (come parte ricorre nte argomenta a pag. 6 della p ropria memoria). La prescrizione non può tollerare, per sua stessa natura e per sua stessa funzione, gli incerti connaturati ad un'indagine giudiziale sull'intentio partis. Una p rescrizione assog getta alla possi bilità 37 di 38 d'una prova sull'interesse o il disinteresse della parte negherebbe sé stessa, poiché rimuoverebbe proprio quegli aspetti di certezza cui spe cificamente mira l'istituto. Il contrario non può postula rsi, senza un'intima contraddizione, come valido nel caso dell'art. 2945, terzo comma, c.c. e non anche in altre sit uazioni consimili (ad esempio nel caso di trattative o di gene riche richiest e di adempimento), sicché l'effetto sarebbe quello d i sostituire alla isonomia del termine il giud izio volatile su lle cause del suo infruttuoso decorso.  3.3. - Resta, ben vero, l'ip otesi che l'evento estintivo del processo si verifichi non in limin e litis, e in generale quando è ancora possibile riproporre la domanda, ma allorché è decorso un tempo superiore al decenn io dall'interruzione (come potrebb e avvenire, ad es., i n sede di giudizio di rinvi o: cfr. nn . 5570 /10, 5104/06 e 986/93, le quali ribadisco no l'applicabilità del terzo comma dell'art. 2945 c.c. anche all'estinzione del processo, ai sensi dell'art. 393 c.p.c., per mancata riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio). 
Si trat ta, però, ### d'un rischio congenito al processo, ### largamente prevedibile e prevenibil e, ### frutto d'una scelta di politica legislativa dotata di razionalità intrinseca e, come tale, non sindacabile, in base agli innanzi richiamat i orientament i della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia, e che - soprattutto - ### non mette conto indagare ulteriormente sotto il profilo della legit timità costituzionale per la sua manifesta irrilevanza, essendo il caso di specie, per quanto osservato supra al par. 3., ben diverso.  4. - Il ricorso è, dunque, respinto.  5. - Ai sensi d ell'art. 9 2, secondo comma, c.p.c. - quale risultante dalla sentenza addit iva n. 77/18 della Corte cost. - le 38 di 38 spese del pre sente giudizio d i cassazione sono integralmente compensate, attesa la buona fede della parte ricorrente.  6. - Sussistono i presupposti processuali, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 22 8/12, per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contri buto unificato pari a q uel lo per il ricorso, a norma d el comma 1-bis dello stesso art. 1 3, se dovuto.  P. Q. M.  La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese. 
Sussistono i presupposti processuali, ai sensi de ll'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 22 8/12, per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a que llo per il ricorso, a norma d el comma 1-bis dello stesso art. 1 3, se dovuto. 
Così deciso in ### nella came ra di consig lio della seconda 

Giudice/firmatari: Manna Felice, Manna Felice

M
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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 5240/2025 del 28-02-2025

... a carico del ### l'onere di fornire la prova dell'estinzione del giudizio, la sentenza impugnata ha infatti richiamato correttamente il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, poiché la proposizione della domanda giudiziale produce l'interruzione della prescrizione con effetto permanente fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, fatta eccezione, ai sensi dell'art. 2945, ultimo comma, cod. civ., per il caso in cui il giudizio si sia estinto, la parte che oppone l'interruzione della prescrizione con effetti permanenti è tenuta soltanto a dimostrare l'esistenza del giudizio dal quale la stessa dipende, mentre grava sulla controparte l'onere di eccepire e dimostrare l'intervenuta estinzione di quel giudizio, che ha fatto venir meno il predetto effetto (cfr. Cass., Sez. III, 29/11/ 6 1991, n. 12879). Benvero, ai sensi dell'art. 307, ultimo comma, cod. proc. civ., l'estinzione del processo opera di diritto, ma dev'essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa: essa, tuttavia, può essere accertata anche incidentalmente in un diverso giudizio, non solo al fine di ottenere il rigetto di un'eccezione di (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 15036/2018 R.G. proposto da ###, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'Avv. ###à, con domicilio in ### piazza ### presso la ### civile della Corte di cassazione; - ricorrente - contro ### S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t. ### rappresentato e difeso dall'Avv. ### con domicilio eletto in ### via G. Faravelli, n. 22, presso lo studio dell'Avv. ### - controricorrente - avverso la sentenza della Corte d'appello di Messina n. 115/18, depositata il 12 febbraio 2018. 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre 2024 dal #### 1. ### S.p.a., proprietaria di un fondo sito in ### di ### alla contrada ### sul quale insistevano alcuni capannoni industriali, un edificio adibito ad uffici, una cabina elettrica e un pozzo, convenne in giudizio il ### (###, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni cagionati nel corso dell'esecuzione dei lavori di costruzione del lotto 23-ter, secondo stralcio, dell'autostrada ### nel tratto ### di ### di ### Premesso che l'esecuzione dei lavori era sta ta affidata alla ### ade S.p.a., la quale aveva realizzato due gallerie ipogee ad una profondità di 30- 40 m., l'attrice riferì che nel corso dei lavori di scavo e perforazione si erano verificati gravi danni alle strutture di sua proprietà e la portata del pozzo si era esaurita. Precisato inoltre di aver agito per il risarcimento dei danni nei confronti dell'appaltatrice, sostenne che, a seguito della dichiarazione di fallimento della stessa, il Tribunale di Patti aveva declinato la propria competenza a favore del Tribunale di ### dinanzi al quale essa attrice aveva riassunto il giudizio, per poi desistere dall'azione, a causa dell'incapienza del fallimento. 
Si costituì il ### ed eccepì la prescrizione del diritto azionato, negando l'esistenza e l'efficacia interruttiva del giudizio nei confronti dell'### e contestando la propria legittimazione passiva e la fondatezza della domanda. 
Nel corso del giudizio, fu disposta la chiamata in causa del curatore del fallimento dell'### 1.1. Con sentenza del 9 novembre 2010, il Tribunale di Patti, ### distaccata di ### di ### dichiarò inammissibile la domanda proposta nei confronti del curatore ed accolse la domanda proposta nei confronti del ### condann andolo al risarcimento dei danni, nella misura di ### 180.300,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi.  2. ### proposta dal CAS è stata rigettata dalla Corte d'appello di ### che con sentenza del 12 febbraio 2018 ha accolto l'appello incidentale proposto dalla ### condannando il CAS al pagamento dell'ulteriore somma di ### 17.450,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi. 3 A fondamento della decisione, la Corte ha confermato il rigetto dell'eccezione di prescrizione sollevata dal ### rilevando che le parti avevano concordemente ammesso che l'attrice aveva proposto una domanda giudiziale nei confronti dell'### poi fallita, e ritenendo pertanto che spettasse al ### il quale aveva eccepito il carattere istantaneo dell'effetto interruttivo del predetto giudizio, l'onere di provare l'avvenuta estinzione dello stesso, rimasta indimostrata. 
Ha osservato inoltre che il Giudice di primo grado aveva correttamente ricostruito la vicenda, ricollegando la responsabilità del ### in solido con l'impresa appaltatrice, alla scelta della zona in cui era stata realizzata la galleria e della relativa quota, alla carenza di opportune indagini geologiche prodromiche alla fase progettuale ed alla mancata adozione di accorgimenti idonei a limitare gli effetti delle vibrazioni, che avevano arrecato danni alle strutture di proprietà dell'attrice. 
Ha poi disatteso le censure mosse alla c.t.u. espletata nel corso del giudizio di primo grado, rilevando che le operazioni, volte ad accertare fatti riscontrabili solo mediante l'uso di cogniz ioni o strumenta zioni tecniche, si erano svolte nel contraddittorio delle parti, ritenendo sufficiente, ai fini del recepimento delle conclusioni rassegnate dal c.t.u., la valutazione di attendibilità compiuta dal Tribunale, e reputando tardiva, in quanto non proposta nell'udienza o nella memoria immediatamente successiva al deposito della relazione, l'eccezione di nullità sollevata in relazione all'allegazione di documenti nuovi. 
La Corte ha invece accolto le censure mosse dall'appellata alla liquidazione dei danni, osservando che la sentenza impugnata aveva assunto come riferimento la sola voce indicata dal c.t.u. per la messa in opera di micropali, un cordolo di collegamento, lo scavo e l'armatura, senza giustificare l'esclusione di altre voci, pur analiticamente indicate.  3. Avverso la predetta sentenza il CAS ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, illustrati anche con memoria. ### ha resistito con controricorso, anch'esso illustrato con memoria.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Preliminarmente, va disattesa l'eccezione d'inammissibilità del controricorso, sollevata dalla difesa del ### per inosservanza del termine di cui all'art. 370, primo comma, cod. proc. civ., essendo stato l'atto ritualmente notificato e depositato entro il predetto termine, decorrente dal ventesimo giorno successivo alla notifica del ricorso, richiesta il 30 aprile 2018 e pervenuta al difensore della controricorrente il 7 maggio 2018.  2. Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell'art. 2697 cod. civ., osservando che, nel ritenere pacifica la pendenza del giudizio promosso nei confronti dell'### ai fini del rigetto dell'eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento, la Corte territoriale non ha considerato che tale circostanza, oltre ad aver costituito oggetto di discussione tra le parti, era stata ritenuta non provata dalla sentenza di primo grado, rimasta incensurata sul punto. Precisato inoltre che nell'atto di appello era stato espressamente dedotto il mancato compimento di atti interruttivi della prescrizione, anche in ragione dell'intervenuto abbandono del predetto giudizio, afferma che, a fronte di tale deduzione, incombeva all'attrice l'onere di provare la perdurante esistenza del giudizio.  3. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ., nonché l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nell'esaminare il motivo di gravame concernente la prescrizione del diritto azionato, la Corte d'appello si è limitata ad affermare la responsabilità solidale dell'appaltatrice e di esso committente, ricollegandovi l'efficacia interruttiva permanente della domanda precedentemente proposta nei confronti dell'### senza pronunciare in ordine alle censure mosse alla sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva per un verso rilevato il passaggio in giudicato della dichiarazione d'incompetenza pronunciata in ordine alla predetta domanda, e per altro verso ritenuto non provata l'estinzione di quel giudizio.  4. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 116 cod. proc. civ. e degli artt. 1310 e 2055 cod. civ., osservando che, nell'accertare la responsabilità solidale dell'appaltatrice e di 5 esso committente, la sentenza impugnata ha attribuito alla relazione di c.t.u.  un significato opposto a quello risultante dalla lettura della stessa, avendo ricondotto i danni alla mancata adozione di accorgimenti idonei ad evitare le vibrazioni, anziché alla progettazione ed alla localizzazione delle opere, che avrebbero comportato la responsabilità esclusiva di esso ricorrente.  5. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione degli artt. 1655, 1662, 2043 e 2697 cod. civ., sostenendo che l'accertamento della responsabilità di esso committente, in solido con l'appaltatrice, si pone in contrasto con la regola generale, operante anche nel settore degli appalti pubblici, secondo cui l'autonomia riconosciuta all'appaltatore nello svolgimento della sua attività e nell'organizzazione dei mezzi necessari ne comporta la responsabilità esclusiva per i danni provocati nell'esecuzione del contratto. Premesso che tale responsabilità viene meno solo se l'evento dannoso sia stato cagionato nell'esecuzione del progetto o di direttive rigide e vincolanti impartite dal committente, afferma che nel caso di specie la mancata dimostrazione di tale limitazione dell'autonomia comportava la responsabilità esclusiva dell'appaltatrice, essendo stata accertata la conoscenza da parte della stessa delle criticità emerse nella fase progettuale.  6. Il primo motivo, riguardante il venir meno dell'effetto interruttivo permanente della prescrizione, in conseguenza dell'estinzione del giudizio precedentemente promosso dall'attrice nei confronti dell'appaltatrice dei lavori, responsabile in solido con il committente, è infondato. 
Nel porre a carico del ### l'onere di fornire la prova dell'estinzione del giudizio, la sentenza impugnata ha infatti richiamato correttamente il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, poiché la proposizione della domanda giudiziale produce l'interruzione della prescrizione con effetto permanente fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, fatta eccezione, ai sensi dell'art. 2945, ultimo comma, cod.  civ., per il caso in cui il giudizio si sia estinto, la parte che oppone l'interruzione della prescrizione con effetti permanenti è tenuta soltanto a dimostrare l'esistenza del giudizio dal quale la stessa dipende, mentre grava sulla controparte l'onere di eccepire e dimostrare l'intervenuta estinzione di quel giudizio, che ha fatto venir meno il predetto effetto (cfr. Cass., Sez. III, 29/11/ 6 1991, n. 12879). 
Benvero, ai sensi dell'art. 307, ultimo comma, cod. proc. civ., l'estinzione del processo opera di diritto, ma dev'essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa: essa, tuttavia, può essere accertata anche incidentalmente in un diverso giudizio, non solo al fine di ottenere il rigetto di un'eccezione di litispendenza, ma anche, come nella specie, al fine di escludere l'efficacia permanente dell'interruzione della prescrizione determinata dalla domanda giudiziale e di farne accertare l'efficacia istantanea, senza che sia necessaria la specifica proposizione dell'eccezione di estinzione (cfr. Cass., Sez. II, 11/05/2023, n. 12820; Cass., Sez. VI, 24/10/2017, n. 25196; Cass., Sez. I, 27/08/2004, n. 17121), risultando in tal caso sufficiente anche la sola eccezione di prescrizione (cfr. Cass., Sez. III, 18/01/2006, n. 825). ### di provare il fatto interruttivo della prescrizione, ritualmente introdotto nel processo, grava poi, conformemente alla regola generale di cui all'art. 2697 cod. civ., sulla parte che ha esercitato il diritto soggetto a prescrizione, a tal fine risultando sufficiente l'allegazione e la dimostrazione, ad opera della controparte, che il diritto è sorto e poteva essere fatto valere in un momento in relazione al quale, in mancanza del fatto interruttivo, avrebbe dovuto essere considerato estinto quando è stato azionato (cfr. Cass., Sez. III, 26/02/2021, n. 5413). 
Nel caso in esame, essendo pacifico che tra il completamento dei lavori commissionati dal CAS all'### dalla cui esecuzione erano derivati i danni lamentati dall'attrice, e l'instaurazione del presente giudizio era trascorso un lasso di tempo notevolmente superiore al termine quinquennale di prescrizione dell'azione risarcitoria, l'attrice aveva allegato, a sostegno della domanda, di aver precedentemente agito nei confronti dell'appaltatrice, responsabile in solido con il committente, facendo valere, ai sensi dell'art. 1310, secondo comma, cod. civ., l'interruzione permanente della prescrizione, derivante dalla pendenza del predetto giudizio (cfr. Cass., Sez. III, 15/06/2001, n. 8136; 28/03/1994, n. 2988; 21/06/1988, n. 4244); risultando pacifica tra le parti l'avvenuta proposizione della predetta domanda, ed avendo il ### sorzio allegato, a sostegno dell'eccezione di prescrizione, che l'efficacia interruttiva permanente della stessa era venuta meno a causa della sopravvenuta 7 estinzione del giudizio, gravava quindi sul ### come correttamente ritenuto dalla sentenza impugnata, l'onere di fornire la prova di tale circostanza, a seguito della quale soltanto il termine di prescrizione avrebbe potuto essere fatto decorrere dalla data di notificazione dell'atto di citazione nei confronti dell'### anziché dal passaggio in giudicato della relativa sentenza. Tale onere non poteva ritenersi adempiuto o modificato per effetto dell'allegazione, da parte dell'attrice, dell'intervenuto abbandono del precedente giudizio, giacché l'abbandono non equivale all'estinzione, ai fini della quale è necessaria la prova dei presupposti richiesti dall'art. 307 cod. proc.  civ., la cui sussistenza non è stata neppure dedotta specificamente, mentre ai fini dell'inversione dell'onere della prova di un fatto non è sufficiente la mera deduzione o l'offerta della prova dello stesso ad opera della parte non onerata, occorrendo invece un'inequivoca manifestazione di volontà della medesima di rinunciare ai benefici ed ai vantaggi, che le derivano dal principio di cui all'art. 2697 cod. civ., e di assoggettarsi alle conseguenze dell'eventuale fallimento della prova dedotta ed offerta (cfr. Cass., Sez. III, 7/07/2005, 14306; Cass., Sez. V, 10/12/2002, n. 17573; Cass., Sez. lav., 26/04/1988, n. 3167). 
Quanto poi alla violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., è appena il caso di ricordare che, ai fini della configurabilità della stessa, non assume rilievo la circostanza che il giudice abbia posto l'onere della prova a carico di una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, ma è necessario che abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui la legge gli riconosce poteri istruttori officiosi, oppure che, nel valutare una prova, non abbia operato secondo il suo prudente apprezzamento, ma abbia preteso di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (ad esempio, valore di prova legale), o viceversa, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento (cfr. Cass., Sez. Un., 30/09/2020, 20867; Cass., Sez. V, 15/10/2024, n. 26739; 9/06/2021, n. 16016). 8 7. È parimenti infondato il secondo motivo, riflettente l'omessa pronuncia o il vizio di motivazione in ordine alle censure riguardanti la contraddittorietà della sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva rigettato l'eccezione di prescrizione. 
La conferma di tale rigetto da parte della sentenza di appello deve ritenersi di per sé sufficiente ad escludere la configurabilità del vizio di cui all'art.  112 cod. proc. civ., ai fini del quale non è sufficiente che sia stato omesso o risulti insufficiente l'esame di alcune delle argomentazioni svolte dalle parti, ma è necessario che manchi completamente il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, ciò che accade allorquando il giudice non abbia deciso su alcuni capi della domanda, che siano autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte, ovvero quando abbia pronunciato soltanto nei confronti di alcune parti (cfr. Cass., Sez. III, 29/01/2021, n. 2151; Cass., Sez. VI, 3/03/2020, n. 5730; Cass., Sez. I, 13/10/2017, n. 24155). 
Quanto poi al vizio di cui all'art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., ravvisabile nel caso in cui l'esame della questione vi sia stato, ma la decisione appaia inficiata dalla totale pretermissione di un fatto storico o da mancanza assoluta di motivazione, da motivazione apparente, perplessa o incomprensibile o da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (cfr. Cass., V, 5/03/2021, n. 6150; Cass., Sez. lav., 18/06/2014, n. 13866; Cass., III, 17/07/2007, n. 15882), è sufficiente osservare che il passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa dell'incompetenza non poteva costituire in alcun modo un fatto decisivo ai fini dell'accertamento dell'intervenuta estinzione del precedente giudizio, non implicandola affatto, sotto il profilo logicogiuridico, ma comportando anzi l'inefficacia della sentenza, ai sensi dell'art.  310, secondo comma, cod. proc. civ., in quanto pronuncia del giudice di merito, e presupponendo invece la mancata impugnazione della stessa e la tempestiva riassunzione del giudizio dinanzi al Giudice dichiarato competente.  8. Sono altresì infondati il terzo ed il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto l'accertamento della responsabilità solidale del committente e dell'appaltatrice. 
Come si è detto in precedenza, in sede di legittimità la violazione dell'art.  116 cod. proc. civ. è deducibile soltanto ove si alleghi che, nel valutare una 9 prova, il giudice di merito le abbia attribuito un valore diverso da quello suo proprio, oppure, nel caso in cui la legge le attribuisca un particolare valore, l'abbia sottoposta al suo prudente apprezzamento; tale vizio non può essere invece fatto valere per censurare il convincimento che il giudice si è formato attraverso l'esame del materiale probatorio acquisito agli atti, la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova e il riconoscimento della prevalenza di alcuni elementi rispetto ad altri, non spettando a questa Corte il compito di riesaminare i fatti di causa, ma solo quello di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, nei limiti in cui le relative anomalie sono ancora deducibili come motivo di ricorso per cassazione, a seguito della riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. ad opera dell'art. 54, comma primo, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (cfr. Cass., Sez. I, 13/01/2020, 331; Cass., Sez. II, 29/10/2018, n. 27415; Cass., Sez. V, 4/08/2017, 19547). 
Nell'affermare la concorrente responsabilità del ### e dell'### de, la Corte territoriale ha d'altronde motivato compiutamente il convincimento raggiunto, richiamando l'opinione espressa dal c.t.u. nominato in primo grado, secondo cui la causa dei danni riportati dalle strutture di proprietà della ### era individuabile da un lato nell'errata scelta della zona in cui realizzare la galleria e della relativa quota, che, oltre a determinare il prosciugamento del pozzo irrig uo esistente nel fondo dell'attrice, con conseguente alterazione dell'equilibrio idrogeologico del terreno, aveva comportato il danneggiamento degli edifici soprastanti, e dall'altro nella mancata adozione, in sede di esecuzione, di accorgimenti tecnici idonei a limitare gli effetti delle vibrazioni sull'area circostante. Sulla base di tale ricostruzione dei fatti, idonea ad evidenziare l'inadempimento di obblighi specificamente gravanti su ciascuna delle parti del contratto d'appalto nel rispettivo ambito di operatività, la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che la responsabilità fosse addebitabile non solo all'impresa incaricata dei lavori, che nell'esecuzione degli stessi avrebbe dovuto adottare le cautele necessarie per evitare di arrecare danni ai terzi, ma anche al committente, cui spettava la predisposizione 10 del progetto dell'opera, ai sensi dell'art. 5 della legge 29 aprile 1985, n. 21 (applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame), avendo quest'ultimo omesso di procedere preventivamente alle necessarie indagini geologiche. 
Tale conclusione resiste alle critiche formulate dal ricorrente, ponendosi perfettamente in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di appalto, secondo cui, ove la realizzazione di un'opera arrechi a terzi danni provocati non già (o non solo) da una malaccorta esecuzione, bensì ### da un vizio del progetto fornito dal committente, è configurabile una concorrente responsabilità di quest'ultimo e dell'appaltatore, essendo il primo tenuto al risarcimento per aver ordinato l'esecuzione di un progetto malamente concepito, ed il secondo per aver omesso di rilevare i vizi del progetto e di denunciarli tempestivamente al committente, con la diligenza professionale di cui all' art. 1176, secondo comma, cod. civ. ( Cass., Sez. III, 26/06/2020, n. 12882). È pur vero, infatti, che nell'esecuzione dei lavori commissionatigli l'appaltatore opera in autonomia, con organizzazione dei mezzi necessari e gestione a proprio rischio, sicché è di regola esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi, restando la responsabilità del committente circoscritta all'ipotesi in cui l'opera sia stata affidata a un'impresa manifestamente inidonea (c.d. culpa in eligendo), oppure il committente si sia ingerito nell'esecuzione dei lavori con direttive rigide e inderogabili, tali da ridurre l'appaltatore al rango di nudus minister (cfr. Cass., III, 29/12/ 2023, n. ###; 20/09/2011, n. 19132; 23/04/2008, n. 10588). 
In particolare, l'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente, e, ove queste risultino palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo (cfr. Cass., Sez. II, 16/01/2020, n. 777; Cass., Sez. I, 9/10/2017, n. 23594). 
Nel controllo sulla validità tecnica del progetto rientra anche l'esame della relazione contenente i risultati delle indagini geologiche su cui si fondano la scelta dell'ubicazione e del tracciato dell'opera e la previsione dei metodi di 11 scavo, che ne costituisce parte integrante ai sensi del d.m. 11 marzo 1988, sicché permane in sede esecutiva l'obbligo dell'appaltatore di segnalare al committente le inesattezze delle informazioni risultanti da tale relazione, al fine di promuovere le modifiche progettuali necessarie per la buona riuscita dell'opera (cfr. Cass., Sez. I, 26/02/2020, n. 5144; 31/12/2013, n. 28812). 
Tutto ciò non esclude peraltro la possibilità di ravvisare una responsabilità concorrente del committente, ove lo stesso abbia provveduto alla predisposizione del progetto, direttamente o a mezzo di professionisti da lui nominati, giacché l'obbligo di diligenza posto a carico dell'appaltatore nell'esecuzione dell'opera non fa venire meno quello del committente di mettere a sua disposizione un progetto realizzabile ed esente da errori o difetti, in adempimento del dovere, su di esso gravante, di collaborare alla realizzazione a regola d'arte dell'opera commissionata (cfr. Cass., Sez. III, 12/04/2005, n. 7515; Cass., Sez. II, 12/04/2000, n. 4689; 26/07/1999, n. 8075). Tale dovere riveste un sign ificato par ticolarmente pregnante nell'am bito dell'appalto di opere pubbliche, in riferimento al quale è stato precisato che i poteri di autorizzazione, controllo ed ingerenza spettanti all'### in sede ###particolare il riconoscimento alla stessa della facoltà di disporre varianti e di sospendere i lavori, ove potenzialmente dannosi per i terzi, escludono ogni esenzione da responsabilità per l'ente committente ( Cass., Sez. I, 12/12/2016, n. 25408; Cass., Sez. VI, 27/01/2012, n. 1263).  9. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo, con attribuzione in favore del difensore della controricorrente, dichiaratosi anticipatario.  P.Q.M.  La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in ### 8.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in ### 200,00, ed agli accessori di legge, con distrazione in favore dell'Avv. ### antistatario. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, 12 inserito dall'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dal comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso in ### il ###  

Giudice/firmatari: Scotti Umberto Luigi Cesare Giuseppe, Mercolino Guido

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 4040/2025 del 24-04-2025

... al n. R.G. 1270/2021). La eccezione relativa alla litispendenza sollevata dalla convenuta ### colo ### sul presupposto della pendenza del giudizio di appello R.G. 1270/2021 innanzi al Tribunale di ### instaurato prima dell'odierno giudizio, dunque, è di preminente importanza nel caso di specie. Difatti, è noto che ai sensi dell'art. 39, comma 1 c.p.c., si verifica litispendenza patologica qualora vi sia pendenza di due o più azioni identiche esercitate dinanzi a due giudici diversi. Due azioni sono identiche allorché presentano medesimi soggetti, petitum e causa petendi. In merito la giurisprudenza ha chiarito che per “giudici diversi” debba intendersi “diversi uffici giudiziari”, per cui non sussiste litispendenza nel caso in cui cause identiche pendano davanti a diverse sezioni dello stesso Tribunale (cfr. Cass. 14 luglio 1967, n. 1762). Tale eventualità viene regolata dall'art. 39 c.p.c., secondo cui, dei due giudici aditi, quello successivamente adito, cioè adito in un momento cronologicamente posteriore, in qualunque stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiara la litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo. Dunque, l'istituto della (leggi tutto)...

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N. 12948/2022 R.G.A.C.  REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli, ###, nella persona del Giudice Unico, dott.ssa ### viste le note scritte depositate dalle parti, ha pronunciato la seguente SENTENZA ex art. 281 sexies c.p.c. 
Nella causa civile di I ### iscritta al n. R.G. 12948/2022 avente ad oggetto: mediazione. 
TRA ### (c.f. ###), nato il ### a Napoli, elett.te dom.to in Frattamaggiore ### al ### n. 15, presso lo studio dell'Avv. ### (c.f. ###) e dell'Avv. ### (c.f.  ###), che lo rappresentano e difendono congiuntamente e disgiuntamente in virtù di procura in calce all'atto introduttivo del giudizio #### nata a Napoli ### il ### (c.f. ###), elettivamente domiciliata in Napoli ### alla ### n° 32/A, presso lo studio dell'Avv. ### (c.f. ###), che la rappresenta e difende, in virtù di procura in atti ##### (c.f. ###), residente ###; ### (c.f. ###), residente in Casoria ### alla via ### n. 44; ### (c.f. ###) residente in Casoria ### alla via ### n. 7; ### (c.f. ###), residente in ### di Napoli ### alla via ### n. 60 Convenuti contumaci ### Con le note scritte depositate i difensori delle parti si richiamavano ai rispettivi scritti difensivi.  RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con l'atto introduttivo del presente giudizio ### evocava innanzi il Tribunale di #### vanni, #### e ### e chiedeva accogliere le seguenti conclusioni: “a) In via preliminare esperire il tentativo di conciliazione ai sensi dell'art. 320 comma 1 c.p.c.  b) Accertare e dichiarare che nessun rapporto di lavoro o collaborativo è mai sorto tra il #### e ### c) Dichiarare, per l'effetto, che la somma pretesa da ### con la fattura n. 2 del 09.04.2015 dell'importo di euro 1.776,32 oltre rivalutazione monetaria ed interessi nella misura di legge sulle somme rivalutate, non era dovuta dall'### e che il pagamento della stessa configurerebbe, pertanto, una ipotesi di arricchimento senza causa.  ###, essa convenuta, al pagamento in favore dell'istante ed a titolo di risarcimento danni ex art. 2059 cod. civ., della somma di €uro 26.000,00, o di quella diversa somma che l'On.le Sig. Giudice dovesse ritenere equa e satisfattiva con interessi legali e svalutazione monetaria: il tutto, da contenersi entro il limite di ### 26.000,00.” Parte attrice esponeva: - che veniva notificato al #### un decreto ingiuntivo su fattura per un presunto credito vantato dalla Dott.ssa ### niela per conteggi di lavoro effettuati ad alcuni clienti presentati dall'istante; - che non sussisteva tra l'istante e la convenuta alcun rapporto di collaborazione, in quanto l'### si era prestato “solo ed informalmente” a segnalare ai clienti lo studio della Dott.ssa ### sulla base di una sua conoscenza; - che, altresì, i clienti identificati dalla stessa ### affermavano “di essersi recati personalmente presso lo studio della stessa, provvedendo in modo puntuale al pagamento senza alcuna pretesa economica del #### che in tale accordo professionale era sempre rimasto escluso provvedendo solo ed esclusivamente al ritiro dei conteggi effettuati dalla ###”
Sulla base di tali premesse, l'attore formulava le conclusioni come sopra riportate. 
Si costituiva in giudizio, in data ###, la Dott.ssa ### niela, la quale impugnava integralmente l'atto di citazione e deduceva: - che con ### n° 391/2016 del 18.04.2016, emesso dal Giudice di ### di ### - Dott.ssa ### (R.G. n° 1632/16), la convenuta ingiungeva ad ### il pagamento della somma di € 1.776,32, oltre € 290,00 per spese, oltre IVA e ### - che con atto di citazione in opposizione a ### su menzionato, ### impugnava il provvedimento monitorio e nella causa di opposizione iscritta al n. R.G. n. 9858/2017 si costituiva ### - che il Giudice di ### di ### Dott.ssa ### definiva tale giudizio con Sentenza n° 1857/2020 del 31.07.2020, con la quale dichiarava nulla l'opposizione e confermava il ### n° 391/2016; - che in virtù della detta sentenza la ### intraprendeva l'esecuzione del D.I. n° 391/2016, ma vanamente, in quanto il debitore ### risultava nullatenente; - che il Sig. ### preso atto della conferma del D.I. n° 391/2016, proponeva appello avverso la sentenza n° 1857/2020 del 31.07.2020, innanzi al Tribunale Civile di ### (R.G.  1270/2021), tutt'ora pendente, con prossima udienza fissata al 20.02.2023 per le conclusioni; - che il Sig. ### nonostante la pendenza del gravame, proponeva ulteriore citazione innanzi al Tribunale di ### avente ad oggetto l'identica causa petendi e petitum dell'atto di citazione in opposizione e dell'atto di appello summenzionati; - che, conclusivamente, al fine di evitare una duplicazione di giudicati, eventualmente anche contrastanti tra loro, si chiedeva, previa declaratoria di inammissibilità, improcedibilità del presente atto di citazione, l'estinzione immediata dell'incardinato procedimento civile. 
Tanto premesso, la ### rassegnava le seguenti conclusioni: “A) accertare e dichiarare, in via preliminare, inammissibile ed improcedibile l'atto di citazione, avente ad oggetto l'identica causa petendi e petitum e dell'atto di citazione in opposizione a ### giuntivo e dell'atto di appello tutt'ora pendente; B) accogliere le eccezioni formulate in via preliminare e, per l'effetto, dichiarare l'estinzione immediata del presente giudizio; C) nel merito, rigettare la domanda attorea poiché infondata in fatto ed in diritto e comunque non provata per le motivazioni sopra esposte; D) con vittoria di spese oltre IVA e CPA come per legge, ed oltre spese generali ai sensi dell'art. 15 del D.M. 585/94, con distrazione in favore dell'Avv. ### anticipatario ex art. 93 c.p.c.”. 
All'udienza del 13.10.2022 il G.I. dichiarava la contumacia dei ###ri ### e ### e autorizzava parte attrice a rinotificare la citazione ai convenuti ### e ### mo nel rispetto dei termini di legge, rinviando la causa all'udienza del 24.04.2023. Con ordinanza in data ###, il G.I., rilevata la regolarità della notifica della citazione, dichiarava la contumacia dei convenuti ### e ### e assegnava alle parti i termini di cui all'art.183, comma 6, cpc.
All'esito degli stessi, il G.I. non ammetteva i mezzi di prova e fissava l'udienza di precisazione delle conclusioni; di poi, in data ###, rinviava la causa per la discussione ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. all'udienza del 24.04.2025, successivamente sostituita mediante il deposito di note scritte ex art.127 ter cpc. 
Tanto premesso, si osserva quanto segue. 
Va dichiarata l'inammissibilità delle domande proposte dall'### fondate sulla contestazione della fattura n.2/2015 e dirette ad ottenere la declaratoria che nulla è dovuto dal predetto alla convenuta in forza della detta fattura. 
Ebbene, dall'analisi dei documenti prodotti dalla ### emerge che il presente procedimento ha ad oggetto identica causa petendi e petitum dell'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo 391/2016, depositato in data ### (opposizione recante R.G.  9858/2017) e dell'atto di appello avverso la sentenza n. 1857/2020, emessa dal Giudice di ### di ### (procedimento di appello iscritto al n. R.G. 1270/2021). 
La eccezione relativa alla litispendenza sollevata dalla convenuta ### colo ### sul presupposto della pendenza del giudizio di appello R.G. 1270/2021 innanzi al Tribunale di ### instaurato prima dell'odierno giudizio, dunque, è di preminente importanza nel caso di specie. 
Difatti, è noto che ai sensi dell'art. 39, comma 1 c.p.c., si verifica litispendenza patologica qualora vi sia pendenza di due o più azioni identiche esercitate dinanzi a due giudici diversi. Due azioni sono identiche allorché presentano medesimi soggetti, petitum e causa petendi.
In merito la giurisprudenza ha chiarito che per “giudici diversi” debba intendersi “diversi uffici giudiziari”, per cui non sussiste litispendenza nel caso in cui cause identiche pendano davanti a diverse sezioni dello stesso Tribunale (cfr. Cass. 14 luglio 1967, n. 1762). 
Tale eventualità viene regolata dall'art. 39 c.p.c., secondo cui, dei due giudici aditi, quello successivamente adito, cioè adito in un momento cronologicamente posteriore, in qualunque stato e grado del processo, anche d'ufficio, dichiara la litispendenza e dispone la cancellazione della causa dal ruolo. 
Dunque, l'istituto della litispendenza tende proprio ad impedire il simultaneo esercizio della funzione giurisdizionale sulla stessa controversia da parte di più giudici diversi, al fine principale di evitare la possibilità di un contrasto fra giudicati. 
Al momento della instaurazione della presente causa (v.atto di citazione notificato a ### il ###) vi era, dunque, una situazione di litispendenza tra il presente giudizio e il procedimento di appello iscritto al n.1270/2021 R.G. , pendente innanzi al Tribunale di ### Nelle more, il procedimento di appello veniva definito con sentenza n.2853/2023, pubblicata il ###, con la quale veniva rigettato il gravame proposto da ### Non risulta, sulla base degli atti, che la detta sentenza sia stata impugnata con ricorso per cassazione. 
Deve, dunque, ritenersi integrata, nella fattispecie in esame, la violazione del “ne bis in idem”. 
Ed infatti, dalla documentazione depositata da parte opposta - atto di opposizione al decreto ingiuntivo n.391/2016, atto di appello avverso la sentenza n. 1857/2020 del Giudice di pace di ### sentenza del Tribunale di ### in grado di appello (sentenza n. 2853/2023) - si ricava, senza ombra di dubbio, che con l'opposizione al decreto ingiuntivo n. 391/16 e con il conseguente atto di gravame l'### proponeva le stesse domande che oggi formano oggetto del presente procedimento. Lo stesso, infatti, in quella sede (giudizio di opposizione a D.I. n. 391/16 e procedimento di appello n.1270/21 R.G.), come anche nella presente sede, contestava il credito fondato sulla fattura n.2 del 9-4-2015 di euro 1776,32, svolgendo, in entrambe le sedi, le medesime argomentazioni volte a dedurre che nulla fosse da lui dovuto a ### niela in forza della detta fattura. 
Dalla sentenza n.2853/23 del Tribunale di ### emessa in grado di appello, si ricava, poi, che anche con l'atto di impugnazione l'### proponeva domanda di risarcimento dei danni, sia pure quantificata nella minor somma di euro 5000,00, oltre a proporre tutte le altre domande oggetto anche del presente procedimento (v. pag 4 della sentenza di appello in cui si legge: “### tanto, citando l'appellata, come in epigrafe indicata, a comparire innanzi l'intestato Tribunale, quale giudice d'appello, all'udienza del 10.12.21, concludeva:- ### che nessun rapporto di lavoro o collaborativo è mai sorto tra il #### e #### Dichiarare, per l'effetto, che la somma pretesa dall'appellata ### con la fattura n. 2 del 09.04.2015 dell'importo di €uro 1.776,32 oltre rivalutazione monetaria ed interessi nella misura di legge sulle somme rivalutate, non era dovuta dall'appellante ### e che il pagamento della stessa configurerebbe, pertanto, una ipotesi di arricchimento senza causa. 
Condannare, essa convenuta, al pagamento in favore dell'appellante ed a titolo di risarcimento danni ex art. 2059 cod. civ., della somma di €uro 5.000,00 o di quella diversa somma che l'On.le Sig. Giudice dovesse ritenere equa e satisfattiva con ed interessi legali e svalutazione monetaria: il tutto, da contenersi entro il limite di €uro 5.200,00”). 
Sulla base di questi fatti deve essere dichiarata l'inammissibilità della domanda avanzata da parte attrice per violazione del principio del ne bis in idem.   Ed invero, come affermato dalla Corte di Cassazione, il principio del ne bis in idem preclude l'esercizio di una nuova azione sul medesimo oggetto tra le stesse parti, allorquando l'azione prima proposta sia stata definita con una decisione di merito. Sul punto, la Suprema Corte con la sentenza n. 26041 del 23/12/2010, ha affermato che il principio de quo corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, consistente “nell'eliminazione dell'incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione”. Tale garanzia di stabilità è “collegata all'attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata” (cfr. Cass. sentenza n. 8379 del 07/04/2009; in senso nomofilattico Cass. SS.UU, sentenza n. 13916 del 16/06/2006). 
Di qui deve essere dichiarata la violazione del principio del ne bis in idem, con conseguente inammissibilità della domanda attorea, perché vertente sugli stessi fatti e sulle stesse problematiche già oggetto del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo n.391/16 e del procedimento di appello definito con sentenza 2853/2023.  Relativamente alla domanda di condanna della convenuta al risarcimento danni ex art. 2059 c.c. nella misura di euro 26.000,00, si osserva che la detta istanza va rigettata, in quanto infondata. 
La domanda si appalesa del tutto generica, avendo l'attore fatto un semplice accenno alla stessa (solo in sede di conclusioni dell'atto di citazione), senza minimamente dedurre in che cosa sarebbero consistiti i danni. La richiesta risulta del tutto carente di una sia pur minima descrizione dei pregiudizi patiti e di cui l'attore chiede il ristoro, senza offrire, però, il benché minimo elemento utile ad una valutazione e quantificazione dei danni. 
La estrema lacunosità della domanda in punto di allegazione appare ostativa al suo esame. 
Né l'istante ha offerto elementi di prova a sostegno di ipotetici danni non patrimoniali, causalmente riconducibili ai fatti oggetto di causa. 
La domanda risarcitoria va, dunque, rigettata. 
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate d'ufficio come in dispositivo ex D.M. 55/2014, come aggiornato ex D.M.  n.147/022, determinando gli onorari nei valori minimi, stante la semplicità delle controversia, con distrazione in favore dell'Avv.  #### anticipatario ex art. 93 c.p.c.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico dott.ssa ### definitivamente pronunciando, così provvede: 1. dichiara inammissibili le domande proposte da ### ai punti b) e c) delle conclusioni dell'atto di citazione per viola zione del “ne bis in idem”; rigetta la domanda di risarcimento dei danni, proposta dall'### 2. condanna ### al pagamento, in favore di ### niela, delle spese di lite, liquidate in € 2540,00 per onorari, oltre rimborso forfettario spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge, con attribuzione al procuratore antistatario Avv. ### Così deciso in ### il ###.   Il Giudice Dott.ssa

causa n. 12948/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Stravino Luigia

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