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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 31753/2025 del 04-12-2025

... diritto a percep ire l'indennità per la perdit a dell'avviamento, la quale presuppone per l'appunto l'inadempimento del conduttore. Censura ulteriormente svolta, questa, con il motivo successivo. 5.- Con il quinto motivo, infatti, si prospetta violazione degli articoli 1362, 1363, 1366 c.c., nonché dell'art. 34 legge n. 392/78. La tesi è sempre la medesima. Poiché il contratto di sublocazione viene meno non già a causa della sua risoluz ione per inadempimen to, ma a causa del suo collegamento con quello dichiarato risolto, ne deriva che non può il conduttore essere privato della indennità di avviamento. In particolare, ‹‹il venir mento del diritto alla perdita dell'avviamento commerciale avrebbe potuto essere sancito esclusi vamente nell'ipotesi di inadempimento della società ### s.r.l. al pagamento dei canoni di locazione, secondo la disciplina di cui all'art. 34 del la legge 27 lugli o 1878, n. 392, circostanza ne lla specie inoppugnabilmente esclusa›› (pag. 14 del ricorso). 6. Questi tre mo tivi, come eme rge chiaramente, vertono sulla medesima questione e vanno dunque trattati insieme. Essi sono infondati. Intanto essi sono ammissibili, in astratto, poiché (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 7507/2023 R.G. proposto da: ### rappresentata e difesa dell'avvocato #### (###) -ricorrente contro ### rappresentata e difesa dall'avvocato ### (###) 2 di 8 -controricorrente avverso la SENTENZA della CORTE ### di CATANIA 81/2023 depositata il ###. 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/10/2025 dal #### società ### s.p.a. ha intimato a ### s.r.l. sfratto per morosità di un immobile da quest'ultima condotto in sublocazione, convenendola in giudizio per la convalida d ello sfratt o; contestualmente ha esposto di intrattenere con la convenuta anche un contratto di franchising, stipu lato nel marzo 2016, e che tra questo negozio e quello di sublocazione sussisteva un collegamento funzionale, come previsto dall'art. 2 del secondo contratto, nel senso che il venir meno del primo avrebbe travolto anche la sublocazione. 
Ha dedotto, altresì, che la convenuta si era resa inadempiente al contratto di franchising ed ha chiesto la risoluzione del contratto di sublocazione per inadempimento della conduttrice. 
Il Tribunale di Catania ha escluso la morosità ed ha ritenuto che la risoluzione della locazione presupponesse la previa risoluzione del franchising. 
Invece la Corte di appello ha accolto la tesi della ### s.p.a. ed ha pronunciato la risoluzione del contratto di franchis ing con conseguente risoluzione di quello di locazione.   Avverso tale decisione propone ricorso la ### s.r.l.  con cinque motivi di ricorso, ulteriormente illustrati con memoria.  ### s.p.a. resiste con controricorso e deposita memoria illustrativa.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1.- Con il primo motivo si prospetta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione degli articoli 99 e 112 cod.  proc. civ. 3 di 8 La tesi è la seguente. 
La Corte di Appello ha dichiarato risolto il franchising in assenza di una domanda apposita, sul presupposto che, una volta chiusa la fase sommaria dello sfratto, ed iniziata la causa di merito, la ricorrente poteva cambiare la causa petendi. 
Sostiene la ricorrente che tuttavia ### s.p.a. non ha mai formulato la domanda di risoluzione del contratto di franchising.  2.- Questo motivo è ulteriormente specificato nel secon do, che prospetta violazione dell'art. 345 c.p.c. 
Sostiene la ricorrent e che, anche ad ammettere che la do manda possa essere mut ata ad inizio della c ausa ordinaria, dunque una volta chiusa la fase sommaria della convalida, comunque ciò non è accaduto, avendo la ### spa, solo in appello, ma mai in primo grado, chiesto la risoluzione del franchising (p. 7 del ricorso). 
Questi due m otivi sono connessi e possono esaminarsi insieme. 
Essi sono infondati. 
Come eccepito dalla controricorrente, la Corte di Appello non ha pron unciato la risoluzione del franchising (a causa de lla cui risoluzione poi è venuta meno la sublocazione), ma ha accertato l'avvenuta risoluzio ne di diritto di quel cont ratto: ‹‹stante l'inadempimento della ### s.r.l. in ordine alla restituzione delle somme pagate dai clienti finali, il mancato rispetto del piano di rientro concordato e la messa in mora inviata dal factor, la ### spa con comunicazione dell'1 giugno 2017 ha dichiarato di volersi avvalere della condizione risolutiva espressa prevista dall'art. 22.2 del contratto di franchising›› (p. 6).   Il che significa che non era necessaria una apposita domanda, in quanto l'avvenuta risoluzione del franchising (per esercizio del diritto potestativo) era un presupposto logico della risoluzione del collegato contratto di sublocazione. Ed andav a semplicemente accertata. 4 di 8 E comu nque, come dimostra la controricorre nte, la qu estione dell'avvenuta risoluzione di diritto del contratto di franchising era stata introdo tta tempestivamente. La controricorrente (p. 18 del controricorso) riporta infatti il passo della memoria di costituzione ad inizio della causa di merito in cui si legge, tra l'altro, che << infatti, il contratto è stato pacificamente riso lto pe r inadempiment o ed inoltre non sussiste alcun avviamento proprio della ### S.r.l. la quale al contrario pro prio in v irtù dell'accordo di franchising ha sfruttato l'enorme avviamento della ### S.p.A.>>, dopo avere premesso (p. 17) che la risoluzione del franchising comportava il venir meno della sublocazione.   Dunque, il giu dice investito della risoluzione de lla sublocazione, o come vedremo meglio, della cessazione degli effetti di quest'ultima, aveva solo da accertare che il collegato contratto di franchising si era riso lto di diritto, non d oveva pronunciarne la risoluzione. E quell'accertamento egli ha potuto fare per via della domanda comunque introdotta, come si è visto, dalla ### spa. 
La senten za impugnata non incor re, dunque, nei vizi denu nciati, dovendosi, peraltro, tenere conto che nel pro cedimento per convalida di sfratto, l'opposizione dell'intimato ai sensi dell'art. 665 c.p.c. determina la conclus ione del procedimento a carattere sommario e l'instaurazione di un nuovo e autonomo procedimento con rit o ordinario, nel quale le parti possono esercitare tu tte le facoltà connesse alle rispettive po sizioni, ivi compresa, per il locatore, la possibilità di porre a fondamento della domanda una causa petendi diversa da quella originariamente formulata e, per il conduttore, la possibilità di dedurre nuove eccezioni e di spiegare domanda riconvenzionale (Cass., sez . 3, 23/06/2021 , n. 17955; Cass., sez. 3, 28/02/2023, n. 5955).  3.- Il terzo motivo prospetta violazione degli articoli 1453, 1362, 1363, 1366 La censura è la seguente. 5 di 8 Sostiene la ricorrente che il fatto che i contratti fossero collegati non comporta che, risolto uno per inadempimento, dovesse dirsi risolto anche l'altro, sempre, a sua volta, per inadempimento. 
Sostiene la ricorrente: ‹‹si vuole in altri termini evidenziare che il collegamento negoziale incide solo sul piano della permanenza del vincolo, secondo il principio simul stabunt, simul cadent, ma non su quello, diverso, della valid ità od efficacia dei si ngoli contratti, seppure avvinti teleologicamente›› (pag. 10 del ricorso). 
Ed ancora più precisamente: ‹‹ove venga accertata e dichiarata la risoluzione del rapporto collegato, il contratto non interessato dalla causa di risoluzione cessa di produrre effetti solo mediatamente, ma di certo non può dirsi risolto per inadempimento anch'esso… ›› (pag.  10 del ricorso). 
Aggiunge la ricorrente che la conclusi one cui è giunta la Corte territoriale sarebbe anche contraria alle intenzioni dei contraenti, i quali, all'art. 2 del contratto di sublocazione, avevano concordato il collegamento funzionale dei contratti di affiliazione e sublocazione, esclusivamente nel senso che il venir meno del primo avrebbe determinato la sola cessazione degli effe tti de l secondo, non risultando, invece, dal medesimo contratto che l'inadempimento agli obblighi nascenti dal franchisin g potesse comportare una causa autonoma di risoluzione di diritto della sublocazione. 
Da questa premessa trae la seguente conseguenza: ‹‹ne consegue che l'accertame nto degli obblighi nascenti dal fran chising andava espletato con un separato giudizio, nel contraddittorio tra le parti…; solo all'esito di una eventuale pronuncia di inadempimento, la ### s.p.a. avrebbe potuto agire per chiedere la cessazione degli effetti (ma non l a risoluzione pe r inadempim ento) del contratto di sublocazione›› (pag. 11 del ricorso). 
Una seconda conseguenza è tratta dal motivo successivo.  4.- Con il quarto motivo, infatti, si prospetta violazione dell'art. 34 della legge n. 392 del 1978. 6 di 8 ### la ricorrente il fatto che il contratto collegato non si debba dire risolto a sua volta per inadempimento, in quanto è solo privato dei suoi effetti, ha una ulteriore conseguenza, e cioè che non poteva negarsi il diritto a percep ire l'indennità per la perdit a dell'avviamento, la quale presuppone per l'appunto l'inadempimento del conduttore. 
Censura ulteriormente svolta, questa, con il motivo successivo.  5.- Con il quinto motivo, infatti, si prospetta violazione degli articoli 1362, 1363, 1366 c.c., nonché dell'art. 34 legge n. 392/78. 
La tesi è sempre la medesima. 
Poiché il contratto di sublocazione viene meno non già a causa della sua risoluz ione per inadempimen to, ma a causa del suo collegamento con quello dichiarato risolto, ne deriva che non può il conduttore essere privato della indennità di avviamento. 
In particolare, ‹‹il venir mento del diritto alla perdita dell'avviamento commerciale avrebbe potuto essere sancito esclusi vamente nell'ipotesi di inadempimento della società ### s.r.l. al pagamento dei canoni di locazione, secondo la disciplina di cui all'art.  34 del la legge 27 lugli o 1878, n. 392, circostanza ne lla specie inoppugnabilmente esclusa›› (pag. 14 del ricorso).  6. Questi tre mo tivi, come eme rge chiaramente, vertono sulla medesima questione e vanno dunque trattati insieme. 
Essi sono infondati. 
Intanto essi sono ammissibili, in astratto, poiché contengono una sufficiente censura dei criteri erme neutici, censu ra, cioè, non generica, ma riferita a specifici canoni di interpretazione. 
Tuttavia, la p remessa su cui si fondano è suggestiv a: in caso di contratti collegati, se uno dei due viene risolto per inadempimento, l'altro viene meno per effetto del collegamento con quello risolto; non viene meno perché a sua volta è risolto per inadempimento. Dati due contratti collegati, può accadere che la parte sia inadempiente in uno dei due, ma non nell'altro; può darsi che non abbia adempiuto 7 di 8 alle prescrizioni del franchising, ma che però abbia adempiuto a quelle della locazione. Se dunque il franchising è risolto per inadempimento, la locazione viene meno per via del collegamento con il franchising, non già perché, a sua volta, anche la locazione è inadempiuta.   Sul piano concettuale questa tesi non è errata, ma non porta alle conseguenze volute dalla società ricorrente. 
Infatti, la circostanza che il contratto collegato subisca solo gli effetti della risoluzione de ll'altro, non toglie che le ragioni di quella risoluzione rilevino comunque. 
Ossia, dire che il contratto collegato non è risolto per inadempimento, ma è solo privato di effetti, significa mettere in luce il piano degli effetti, ma non quello causale. 
Sul piano causale il collegamento neg oziale costituisce un'unica operazione negoziale, pur nella autonomia dei singoli cont ratti collegati, tanto che davanti all'inadempimento in uno d ei due contratti, la parte inadempiente può fare eccezione di inadempimento nell'altro contratto (Cass., n. 21070/2024). 
E dunque, se uno dei due contratti è risolto per inadempimento, questo stesso inadempime nto giustif ica la privazione degli effetti dell'altro: l'inadempimento è causa di risoluzione dell 'intera operazione negoziale. 
Diversamente, il conduttore trarrebbe va ntaggio dal suo inadempimento nel diverso contratto di franchising: ove il conduttore potesse avere l'indennità per la perdita dell'avviamento, pur avendo dato causa, med iante l'inadempimento del collegato contratto di franchising, al venire meno della locazione, si tradirebbe lo scopo del collegamento e si riconoscerebbe al conduttore - rectius alla parte inadempiente - un beneficio che invece presuppone che costui non abbia dato causa alla risoluzione. 
Più precisame nte, ciò che impedisce di riconoscere al con duttore l'indennità per la perdita dell'avviamento è l'inad empimento del 8 di 8 contratto collegato e dunque della intera operazione, non già l'effetto di tale inadempimento: l'effetto può anche operare, in relazione alla locazione, come mera perdita di effetti finali, ma ciò non toglie che quella perdita di effe tti finali abbia cau sa pur sempre nell'inadempimento del contratto collegato, ed in ult ima istanza, della intera operazione negoziale.   Il ricorso va pertanto rigett ato e le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.  P.Q.M.  La Corte rigetta il ricorso. 
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore de lla controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in ### 8.500,00 per compensi, oltre alle spese forfett arie nell a misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in ### 200,00, ed agli accessori di legge. 
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. 
Così deciso in ### il 10 ottobre 2025.  ### 

Giudice/firmatari: Condello Pasqualina Anna Piera, Cricenti Giuseppe

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Tribunale di Grosseto, Sentenza n. 607/2025 del 16-07-2025

... 40.471,78 dovuta a titolo di canoni di un contratto di locazione commerciale risalente al 2002 e non pagati dalla ditta individuale della sig.ra ### dal 2015 al mese di marzo 2023, oltre a quelli da scadere fino al rilascio e agli interessi dalle singole scadenze al saldo. Impugnato detto titolo giudiziale, l'### preliminarmente eccepiva sia il proprio difetto di legittimazione riguardo alla domanda ingiunzionale avente a oggetto i canoni maturati antecedentemente al 19.9.2017, momento in cui la sua ditta sarebbe subentrata nel contratto a un'associazione di cui ella figurava quale legale rappresentante, sia l'inesigibilità dei crediti maturati dal 1°.9.2021, essendo la struttura inservibile per mancanza d'acqua nei bagni; in via riconvenzionale, chiedeva poi accertarsi l'illegittimità del recesso esercitato dai locatori e, per l'effetto, condannarli a pagarle l'indennità da perdita di avviamento commerciale ex art. 34 della L. 392/1978, mentre in subordine chiedeva di poter chiamare in causa l'### l'### di ### alla quale il ### aveva concesso in affitto l'azienda esercitata nell'immobile locato, affinché la stessa fosse condannata a versare direttamente ai locatori i canoni maturati dopo (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di GROSSETO Contenzioso CIVILE Il Tribunale, nella persona del ### ha pronunciato la seguente SENTENZA (ex art. 429 c.p.c.) nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 915/2023 promossa da: ### (C.F.: ###), elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### che la rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura allegata al ricorso; RICORRENTE - OPPONENTE contro: ### (C.F.: ###) e ### (C.F.: ###), elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### che li rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta; RESISTENTI - ### CONCLUSIONI: come da verbale d'udienza del 16.7.2025.  #### Oggetto del contendere è l'opposizione proposta da ### avverso il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 177/23 (RG: 296/2023) emesso dal Tribunale di ### ex art. 664 c.p.c., all'esito dell'udienza di convalida di sfratto per morosità celebrata l'8.3.2023, in favore di ### e ### per la somma di € 40.471,78 dovuta a titolo di canoni di un contratto di locazione commerciale risalente al 2002 e non pagati dalla ditta individuale della sig.ra ### dal 2015 al mese di marzo 2023, oltre a quelli da scadere fino al rilascio e agli interessi dalle singole scadenze al saldo. 
Impugnato detto titolo giudiziale, l'### preliminarmente eccepiva sia il proprio difetto di legittimazione riguardo alla domanda ingiunzionale avente a oggetto i canoni maturati antecedentemente al 19.9.2017, momento in cui la sua ditta sarebbe subentrata nel contratto a un'associazione di cui ella figurava quale legale rappresentante, sia l'inesigibilità dei crediti maturati dal 1°.9.2021, essendo la struttura inservibile per mancanza d'acqua nei bagni; in via riconvenzionale, chiedeva poi accertarsi l'illegittimità del recesso esercitato dai locatori e, per l'effetto, condannarli a pagarle l'indennità da perdita di avviamento commerciale ex art. 34 della L. 392/1978, mentre in subordine chiedeva di poter chiamare in causa l'### l'### di ### alla quale il ### aveva concesso in affitto l'azienda esercitata nell'immobile locato, affinché la stessa fosse condannata a versare direttamente ai locatori i canoni maturati dopo tale data. 
Si costituivano in giudizio i fratelli ### eccependo in via pregiudiziale l'inammissibilità delle avverse domande ed eccezioni, in quanto precluse dal giudicato formatosi in relazione all'ordinanza di convalida di sfratto per morosità pronunciata in assenza della conduttrice, e nel merito chiedevano il rigetto integrale dell'opposizione e delle istanze ivi formulate, poiché infondate in fatto e in diritto. 
All'esito dell'udienza cartolare del 28.6.2023, il ### respingeva l'istanza dell'opponente di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo ex art.  649 c.p.c. e quella di chiamata in causa del terzo, invitando le parti a esperire il procedimento di mediazione obbligatoria ex art. 5 del D.Lgs. 28/2010. 
Fallito il tentativo di risoluzione stragiudiziale della lite, la causa veniva istruita con l'assunzione della prova testimoniale ammessa e decisa all'udienza del 16.7.2025, a seguito del deposito di note conclusive.  *****  1. I fatti di causa. 
Dalla documentazione versata in atti, risulta che in data ### i sigg. ### e ### concessero in locazione commerciale all'### di cui ### era legale rappresentante, l'immobile sito in ### via ### n. 13/15/17/19, per la durata di anni sei rinnovabile di ulteriori sei anni alla scadenza, e che nel settembre 2014 subentrò nella posizione di conduttrice l'impresa individuale intestata a ### (all.ti 7 e 8 del ricorso). 
Emerge poi che nel mese di gennaio 2023 i locatori intimarono alla sig.ra ### titolare dell'impresa individuale ### lo sfratto per morosità denunciando l'omesso pagamento di canoni scaduti e non pagati dall'anno 2015, e che il Tribunale di ### a fronte della mancata comparizione della conduttrice, convalidò lo sfratto ex art. 663 c.p.c., ordinando il rilascio del bene e ingiungendo contestualmente alla conduttrice, ai sensi dell'art. 664 c.p.c., il pagamento dei canoni scaduti fino al mese di marzo 2023 ###, oltre a quelli da scadere (€ 1.453,15 al mese) sino al rilascio e agli interessi dalle singole scadenze al saldo, oltre alle spese processuali (all.ti 2-4). 
Notificato il titolo giudiziale, l'opponente ha sollevato varie eccezioni, chiedendo peraltro in via riconvenzionale la condanna avversaria al pagamento dell'indennità da perdita dell'avviamento commerciale ex art. 34 della L. 392/1978.  2. ###à dell'opposizione e delle domande riconvenzionali. 
Né l'opposizione né le domande riconvenzionali qui azionate dall'### sono suscettibili di accoglimento, trattandosi di pretese fondate su circostanze che la medesima avrebbe potuto e dovuto far valere nel procedimento sommario di convalida di sfratto nel quale ritenne di non costituirsi e che si concluse con l'ordinanza di convalida, l'ordine di restituzione dell'immobile locato e l'ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti e da scadere fino al rilascio. 
In conformità all'attuale orientamento giurisprudenziale, infatti, deve ritenersi che il giudicato formatosi in relazione all'ordinanza di convalida, qualora unitamente a detta ordinanza sia stato emesso, come nel caso in esame, anche il decreto ingiuntivo per i canoni di locazione, copra, oltre che ogni questione concernente l'esistenza, la validità e la risoluzione del contratto e ogni questione relativa al possesso di fatto della cosa locata, anche i fatti impeditivi o estintivi degli obblighi contrattuali anteriori all'ordinanza di convalida, che, pertanto, si sarebbero dovuti far valere nel corso del relativo procedimento con l'opposizione alla convalida dello sfratto. 
Nel dettaglio, va anzitutto rammentato come l'ordinanza di convalida di sfratto sia un provvedimento giurisdizionale irrevocabile che ha valore di cosa giudicata sostanziale per la risoluzione del contratto di locazione e per la condanna al rilascio (cfr. ex ceteris n. 19695/2008), ovvero sull'esistenza del contratto di locazione e sulla qualità di parti di intimante ed intimato (cfr. Cass. n. 10270/1994).  ###. 658 c.p.c. pone in facoltà della parte locatrice di richiedere, oltre alla convalida dello sfratto per morosità, l'ingiunzione per il pagamento dei canoni di locazione, la quale può essere emanata unicamente a seguito della convalida dello sfratto, cioè del provvedimento - che ne forma presupposto - con cui viene definito il procedimento sommario, che sancisce sostanzialmente la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore all'obbligazione di pagamento del canone. 
La previsione di cui all'art. 658 c.p.c. non è ripetuta nell'art. 665 c.p.c., e l'art. 664 c.p.c.  riserva al solo caso previsto dall'art. 658 c.p.c. l'emissione del decreto ingiuntivo, precisando inoltre al terzo comma che l'eventuale opposizione al decreto ingiuntivo non toglie efficacia all'avvenuta risoluzione del contratto, conseguenza per l'appunto dipendente dall'intervenuta convalida. 
Assume, quindi, rilievo il rapporto e l'incidenza reciproca tra i due provvedimenti, autonomi e indipendenti, come tali autonomamente impugnabili, costituiti dall'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità e il possibile decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni scaduti, e l'incidenza dell'eventuale giudicato di uno dei provvedimenti sull'altro. 
Sono numerose le pronunce secondo cui l'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha efficacia di cosa giudicata sostanziale con preclusione di ogni questione in merito alla risoluzione del contratto e al possesso di fatto della cosa locata, ma non preclude, tuttavia, nell'autonomia dei rispettivi e correlativi diritti, né al locatore di instaurare separato giudizio per il pagamento dei canoni, né al conduttore di chiedere in giudizio l'accertamento dell'obbligo del pagamento, e di eccepire e contrastare, nell'indagine sui rapporti di dare e di avere in relazione ai canoni, la misura di questi ( ex plurimis Cass. n. 12994/2013). 
Ciò non accade, tuttavia, nell'ipotesi in cui allo sfratto per morosità si sia accompagnata contestualmente l'ingiunzione di pagamento per i canoni, nel quale caso il giudicato avrebbe coperto anche i fatti impeditivi/estintivi del relativo obbligo. 
È quanto affermato da recenti pronunce della Suprema Corte, secondo cui “l'ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha efficacia di cosa giudicata sostanziale su ogni questione in merito alla risoluzione del contratto e al possesso di fatto della cosa locata, ma non preclude, nell'autonomia dei rispettivi e correlativi diritti, né al locatore di instaurare separato giudizio per il pagamento dei canoni, né al conduttore di chiedere in giudizio l'accertamento dell'obbligo del pagamento e di eccepire e contrastare, nell'indagine sui rapporti di dare e di avere in relazione ai canoni, la misura di questi, tranne il caso in cui allo sfratto per morosità si sia accompagnata contestualmente l'ingiunzione di pagamento per i canoni, risultando, in tale ipotesi, coperti dal giudicato anche i fatti impeditivi/estintivi del relativo obbligo” (cfr. Cass. n. 17049/2017 e Cass. 8116/2020). 
Anche la giurisprudenza di merito si pone nel solco percorso dalla quella nomofilattica, facendo derivare dalla mancata costituzione dell'intimato e quindi la non contestazione delle questioni di fatto e di diritto avanzate dall'intimante nell'ambito del giudizio di convalida, l'inevitabilmente passaggio in giudicato dell'ordinanza di convalida e del contestuale decreto ingiuntivo eventualmente emesso, con conseguente preclusione di ogni questione legata all'esistenza del contratto di locazione, alle cause della sua risoluzione, nonché al credito sino a quel momento maturato dal locatore (cfr. Trib. Roma nn. 8673/2020, 18587/2023 e 1235/2024; ### Lanciano n. 293/2022; ### Napoli 830/2022; ### Mantova n. 484/2023; Corte d'### nn. 2946/2021 e 2779/2023). 
Difatti, sia la domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento del conduttore, che è implicita nell'intimazione di sfratto per morosità, sia la domanda di adempimento contrattuale (art. 1453 c.c.), che è insita nella richiesta di emissione del decreto ingiuntivo (ex art. 664 ovvero ex art. 633 c.p.c.), precludono di rimettere in discussione, in qualsiasi altro giudizio tra le medesime parti, sia la validità del titolo contrattuale dedotto a fondamento della domanda (art. 2909 c.c.), sia fatti (dedotto e deducibile) che avrebbero potuto paralizzare la richiesta di adempimento. 
Va dunque condiviso l'orientamento che tende ad attribuire l'efficacia più ampia al giudicato sulla convalida, anche argomentando a contrario dalla previsione dell'art. 669 c.p.c.: se invero il legislatore ha ritenuto di prevedere in questa norma che, ove il decreto ingiuntivo per i canoni non venga richiesto cumulativamente con la domanda di convalida di sfratto per morosità, l'accoglimento di quest'ultima lascia impregiudicata ogni questione sui canoni stessi, può concretamente sostenersi che nell'ipotesi contraria, di richiesta congiunta delle due domande, debba operare la normale regola espressa dalla giurisprudenza con la nota formula per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, con l'allargamento dei limiti oggettivi del giudicato, allargamento che non priva di utilità un'eventuale opposizione al decreto ingiuntivo, la quale permane laddove si impugni nei modi consentiti l'ordinanza di convalida, mentre se non ricorrono le condizioni che consentono tale impugnazione (rammentando che la ragione fondante dell'intimazione di sfratto per morosità resta solo e sempre il mancato pagamento dei canoni, cioè l'inottemperanza del conduttore alla sua obbligazione principale) è difficile immaginare che l'intimato possa spendere altrove ragioni per contestare la debenza della somma ingiunta. 
Né tale considerazione, implica lo svilimento del rimedio dell'opposizione al decreto ingiuntivo, in quanto potrà farsi sempre valere la sussistenza di fatti estintivi e modificativi sopravvenuti all'emissione dell'ordinanza di convalida di sfratto per morosità. 
Nel caso di specie, contestualmente alla convalida dello sfratto per morosità fu richiesta dal locatore ed emessa dal giudice ingiunzione di pagamento dei canoni scaduti e da scadere fino al rilascio. 
Non risulta alcuna iniziativa assunta dall'odierna opponente avverso l'ordinanza di convalida di sfratto, e quindi avverso i motivi posti a fondamento della riconosciuta risoluzione contrattuale per inadempimento, risultando pertanto coperti da giudicato tutti i fatti impeditivi ed estintivi eccepiti dall'odierna opponente in relazione alla dedotta infondatezza del credito, trattandosi di questioni - quali attinenti al difetto di titolarità del debito accumulato prima di settembre 2017, all'inesigibilità del credito avversario con decorrenza dal settembre 2021 per assunte criticità del fondo e al diritto del conduttore di vedersi pagare l'indennità da perdita dell'avviamento commerciale (quest'ultima peraltro esclusa in ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore ex art. 34 della L. 392/1978) - che andavano valutati nella medesima sede: il giudizio di sfratto appunto. 
Alla luce di tali considerazioni, l'opposizione e le domande riconvenzionali ivi formulate vanno respinte e il decreto ingiuntivo dev'essere confermato.  3. Le spese processuali. 
Le spese di lite, comprensive della mediazione, seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo secondo i criteri di cui al D.M. 55/2014, applicando i valori minimi per la fase istruttoria e decisionale, vista l'esiguità dell'attività espletata.  P.Q.M.  ### definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita anche formulata in via istruttoria, così dispone: 1) rigetta l'opposizione e, per l'effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 177/23 (RG: 296/2023) emesso dal ### di ### in data ###; 2) rigetta la domanda riconvenzionale formulata dall'opponente; 3) condanna l'opponente a rifondere a parte opposta le spese di lite, che liquida in € 5.261,00 per compensi, oltre ### CPA e spese generali (15%) come per legge.  ### 16 luglio 2025

causa n. 915/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Venditti Mario

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Corte d'Appello di Firenze, Sentenza n. 2040/2025 del 27-11-2025

... anche “### Car”), assumendo d'avere ricevuto in locazione commerciale dalla ### s.a.s. di ### (d'ora in avanti “Darien”), con contratto del 2.11.2016, un impianto di distribuzione carburanti sito in ### loc. ### a ### e che le varie problematiche dovute all'obsolescenza delle strutture ivi installate e ad apparati non a norma l'avessero costretta a recedere dal contratto, con cessazione anche delle attività secondarie esercitate in loco (officina riparazioni auto e noleggio biciclette), conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di ### la suddetta s.a.s., chiedendo, sulla scorta anche delle risultanze dell'a.t.p. promosso nell'anno 2018, di accertare l'inadempimento della locatrice e, per l'effetto, di condannarla a risarcirle tutti i danni subiti, individuati nei canoni e nella cauzione versati, nelle spese sostenute per impianti e attrezzature, nel mancato guadagno e/o nella perdita dell'indennità di avviamento, per la somma complessiva di € 183.970,00, oltre interessi. 2. Si costituiva in giudizio la ### deducendo anzitutto che il contratto di locazione riguardasse la sola porzione del fondo destinata ad officina e al suo bagno pertinenziale (come da piantina allegata e (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI FIRENZE Sezione Terza Civile LOCAZIONI La Corte di Appello di Firenze, in persona dei #### ha pronunciato all'udienza del 19/11/2025 mediante lettura del dispositivo ex art. 437 co. 1^ c.p.c., la seguente SENTENZA nella causa civile di ### iscritta al n. r.g. 2485/2023 promossa da: PRIN. CAR. ### S.N.C. (C.F. ###), in persona del legale rappresentante pro tempore ### rappresentata e difesa dall'Avv. #### nei confronti di ### S.A.S. ### (c.f. ###), in persona del legale rappresentante pro tempore ### rappresentata e difesa dall'Avv. #### avverso la sentenza n. 981/2023 emessa dal Tribunale di Grosseto e pubblicata il #### data 19/11/2025 la causa veniva posta in decisione sulle seguenti conclusioni: Per la parte appellante: “Voglia la Corte di Appello, in totale riforma della sentenza impugnata, accertare e dichiarare l'inadempimento al contratto di locazione de quo per fatto e colpa esclusivi del locatore ### s.a.s. 
Per l'effetto condannare il locatore al risarcimento dei danni descritti in premessa con condanna al pagamento in favore dell'attore della somma di € 183.970, salvo diversa somma che dovesse risultare di giustizia in corso di causa (occorrendo anche con valutazione in via equitativa), con interessi di legge dal giorno del dovuto al saldo effettivo. 
Con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi di giudizio e della fase di mediazione e di ATP (da distrarre in favore del sottoscritto procuratore antistatario) e con condanna della ### al pagamento integrale delle spese di CTU”. 
Per la parte appellata: “chiede che la Corte d'Appello di Firenze, ###, premessa ogni più opportuna declaratoria del caso e disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa - previa, se ritenuta, ammissione dell'ordine di esibizione nei confronti della ###car ### s.n.c.: 1) dei registri di carico e scarico carburanti degli anni 2016-2017-2018; 2) delle scritture contabili degli anni 2016-2017-2018 - voglia rigettare l'appello avversario siccome infondato e non provato; con vittoria di spese e compensi, oltre rimborso forfettario 15%, C.P.A. ed I.V.A.  come per legge, del grado di appello” ### E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione notificato il #### s.n.c. (di seguito anche “### Car”), assumendo d'avere ricevuto in locazione commerciale dalla ### s.a.s. di ### (d'ora in avanti “Darien”), con contratto del 2.11.2016, un impianto di distribuzione carburanti sito in ### loc. ### a ### e che le varie problematiche dovute all'obsolescenza delle strutture ivi installate e ad apparati non a norma l'avessero costretta a recedere dal contratto, con cessazione anche delle attività secondarie esercitate in loco (officina riparazioni auto e noleggio biciclette), conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di ### la suddetta s.a.s., chiedendo, sulla scorta anche delle risultanze dell'a.t.p. promosso nell'anno 2018, di accertare l'inadempimento della locatrice e, per l'effetto, di condannarla a risarcirle tutti i danni subiti, individuati nei canoni e nella cauzione versati, nelle spese sostenute per impianti e attrezzature, nel mancato guadagno e/o nella perdita dell'indennità di avviamento, per la somma complessiva di € 183.970,00, oltre interessi.  2. Si costituiva in giudizio la ### deducendo anzitutto che il contratto di locazione riguardasse la sola porzione del fondo destinata ad officina e al suo bagno pertinenziale (come da piantina allegata e sottoscritta dalle parti, a migliore precisazione dell'oggetto delle intese negoziali), giacché la restante parte, comprendente l'impianto di erogazione carburanti, era stata viceversa già concessa a ### in semplice comodato, in virtù di contratto registrato il ###. Da tale premessa faceva discendere la radicale infondatezza delle doglianze avversarie, data l'inapplicabilità al caso specifico della disciplina in materia di obblighi a carico del locatore, contestandole comunque anche nel merito; chiedeva inoltre, in via riconvenzionale, la condanna dell'attrice a pagarle i canoni insoluti del contratto di locazione, pari ad € 5.250,00 oltre ### e a risarcirle i pregiudizi arrecati al fondo per inadempimento agli obblighi di custodia, conservazione e manutenzione, stimati nell'ulteriore somma di € 5.000,00 oltre ### 3. Il Tribunale, mutato il rito ex art. 426 c.p.c. e concessi alle parti i termini per il deposito di documenti e memorie integrative, istruiva la causa con acquisizione del fascicolo dell'a.t.p., assunzione di prove orali ed espletamento di ### Indi pronunciava sentenza, n. 981/2023 del 22/11/2023, così disponendo: “1) rigetta le domande della ricorrente; 2) rigetta le domande risarcitorie della resistente; 3) condanna la ricorrente a corrispondere alla resistente la somma di € 5.250,00+IVA, per i titoli e con gli interessi indicati in parte motiva; 4) condanna la ricorrente a rifondere alla resistente le spese di lite, che liquida in € 6.400,00 per compensi, oltre ### CPA e spese generali (15%) sul compenso; 5) compensa integralmente le spese di CTU”. 
Essenzialmente il primo giudice, alla luce di una serie di elementi istruttori, recepiva la tesi di parte convenuta sulla vigenza, nei rapporti inter partes, di due contratti diversi e paralleli, l'uno, di comodato, riguardante l'impianto di distribuzione di prodotti petroliferi (costituito da piazzale, locali ricovero gestore, servizio igienico e locali deposito prodotti e attrezzature), l'altro, di locazione, avente a oggetto la porzione del fabbricato insistente sul piazzale adibita a officina e a bagno pertinenziale, respingendo l'opposta tesi di parte attrice, svolta nel corso del processo, secondo cui il contratto di locazione aveva novato quello di comodato, vista l'intenzione delle parti di variarne la causa (da comodato a locazione) e l'oggetto (estendendolo a porzioni prima escluse). In base a ciò il Tribunale rilevava come non sussistessero margini di accoglimento della domanda attorea (“né per quanto concerne la domanda restitutoria dei canoni di locazione e del deposito cauzionale, afferenti al diverso contratto di locazione dell'officina e del rispettivo servizio igienico, né per quanto riguarda l'istanza risarcitoria delle spese affrontate per impianti e attrezzature necessari all'attività iniziata e del lucro cessante da esercizio interrotta in anticipo, giacché, appunto, neppure astrattamente conseguenziali ad assunti inadempimenti della locatrice”), posto che tutte le problematiche lamentate dalla ### non involgevano l'officina e il servizio igienico oggetto della locazione, bensì la restante parte dell'immobile oggetto del contratto di comodato, la cui disciplina codicistica non prevedeva, a carico del comodante, obblighi simili a quelli previsti dall'art. 1575 c.c. per il locatore (“Val quanto dire che il comodante consegna al comodatario la cosa nello stato in cui si trova, buono o cattivo che sia, e non è in alcun modo tenuto a far sì che la cosa consegnata sia idonea all'uso cui il comodatario intende destinarla, giacché, al contrario, detto uso è contemplato dalla norma quale limite imposto al godimento del comodatario e non quale parametro cui rapportare l'idoneità della cosa”). Quanto alle pretese coltivate in via riconvenzionale dalla convenuta, reputava il Tribunale che fosse da accogliere quella relativa al pagamento dei canoni lasciati insoluti fino al rilascio del bene, in quanto basata sul titolo contrattuale e considerata l'assenza di prove dell'adempimento della prestazione, e da respingere, invece, quella relativa al ristoro di danni, per mancanza di opportuni riscontri. Considerato l'esito complessivo della lite, infine, poneva a carico dell'attrice le spese processuali, anche delle fasi di a.t.p. e di mediazione, secondo il criterio del “decisum”, mentre compensava integralmente le spese delle consulenze tecniche d'ufficio.  4. Avverso la suddetta pronuncia ha proposto appello ### chiedendone la riforma, con accoglimento delle conclusioni già rassegnate in primo grado.  ### l'appellante, il Tribunale, nell'aderire alla tesi di parte convenuta sulla questione dei contratti stipulati tra le parti, avrebbe travisato il contenuto dei contratti ed altresì dato ingresso, sul punto, ad una prova testimoniale inammissibile (ovvero quella col teste ### le cui dichiarazioni, comunque, sempre secondo l'appellante, non sarebbero credibili), di cui l'attrice aveva eccepito la nullità subito dopo l'assunzione, in quanto avente ad oggetto patti contrari al contenuto di un documento, in violazione dell'art. 2722 c.c.; infatti detta prova era diretta a dimostrare intese (relative alla limitazione della locazione al locale officina ed al relativo bagno, per essere il resto oggetto di comodato) in contrasto con quanto risultante dal testo del contratto di locazione prodotto dalla ### (riferito, negli identificativi catastali, all'intero piazzale della convenuta e a tutto ciò che vi era sopra edificato, ivi compreso l'impianto di distribuzione carburanti), non potendo valere a giustificare l'ammissione della prova il documento contrattuale prodotto dalla convenuta (disconosciuto in prima udienza dall'attrice quanto alla conformità all'originale) consistente nelle sole prime due pagine del contratto e da una planimetria in nessun modo richiamata nello stesso, “verosimilmente”, invece, allegata a quello di comodato. Nemmeno l'altro elemento documentale preso in considerazione dal Tribunale (lettera di recesso dal comodato inviata dalla ### avrebbe potuto giustificare le conclusioni raggiunte in sentenza. Infine, il Tribunale avrebbe comunque errato nel ritenere ancora vigente il contratto di comodato, sebbene in quest'ultimo si prevedesse l'automatica risoluzione del contratto nel caso del venir meno di autorizzazioni, permessi, licenze ed altri atti necessari per l'installazione e la gestione del punto di vendita; nella fattispecie, il comodato, se non novato dalla locazione conclusa il ###, si era comunque risolto in data ###, allorquando “era scaduto il termine della SCIA” presentata dalla ### e così “per l'effetto, essendo stato risolto per novazione (o per inadempimento ad una condizione fondamentale, con risoluzione automatica) il contratto di comodato, non poteva che rimanere il solo contratto di locazione”.  ### ha poi reiterato le allegazioni e gli argomenti difensivi svolti in primo grado in ordine alle varie criticità a proprio dire riscontrabili sull'immobile oggetto di “locazione”, in particolar modo riferite all'aspetto della sicurezza antincendio (decadenza della ### e mancata acquisizione del ### di ### obsolescenza del lettore della carte di pagamento; mancanza dell'estintore carrellato; irregolare funzionamento delle pompe di erogazione carburante; irregolarità dei pozzetti di chiusura dei serbatoi interrati; allocazione del pozzo di attingimento dell'acqua per l'impianto antincendio su fondo di proprietà di terzi, con conseguente interruzione dell'alimentazione; contaminazione della cisterna di raccolta dell'acqua con idrocarburi; demolizione di un muro di contenimento dell'impianto ###, reiterando, allo stesso modo, i calcoli e le considerazioni sui danni asseritamente subiti a causa della necessità di interrompere le attività condotte sul fondo. 
Infine, richiamati, ancora una volta, gli argomenti spesi in primo grado circa l'inadempimento del locatore che avrebbe reso legittimo e conforme a buona fede non pagare ulteriormente i canoni, ha indicato come ingiusta ed illegittima la sentenza impugnata nella parte relativa alla condanna della ### al pagamento dei canoni non versati alla ### essendo “viceversa lecita e fondata la richiesta di restituzione dei canoni pagati al locatore”.  5. Radicatosi il contraddittorio ### si è costituita nel giudizio di appello contestando la fondatezza del gravame e chiedendone il rigetto, ripetendo, a sua volta, tutte le difese già svolte nel corso del giudizio di primo grado.  6. La causa è stata decisa (mediante emissione del dispositivo) in data ###, sulle conclusioni delle parti, precisate come in epigrafe trascritte, a seguito di discussione orale in presenza.  ***  7. Il gravame è ammissibile nei limiti dell'unica critica specificamente espressa e compiutamente argomentata rispetto al contenuto della sentenza impugnata, ovvero quella che si sviluppa da pag. 9 a pag. 13 dell'atto di appello, riferita al c.d. “###”, ossia alla parte della sentenza (intitolata “I contratti intercorsi inter partes”) nella quale il Tribunale, affidandosi ad una serie di prove, ha qualificato i rapporti tra le parti come oggetto di due separati contratti, di comodato e locazione, stipulati l'uno di seguito all'altro con differente oggetto, escludendo la novazione del primo con il secondo, in particolare ritenendo che l'impianto di distribuzione carburanti, sul quale si concentravano, in particolare, le lamentele della ### costituisse oggetto del contratto di comodato e non di quello di locazione invocato a sostegno della domanda. 
Per il resto, infatti, l'appello si risolve nella reiterazione di deduzioni di fatto e di diritto svolte in primo grado in ordine agli altri profili controversi (evidentemente assorbiti dalla soluzione data dal Tribunale alla preliminare questione dibattuta). 
Benché in tali limiti ammissibile, l'appello è tuttavia infondato.  7. Il giudizio del Tribunale sul contenuto dei rapporti contrattuali intercorsi tra le parti e sulla loro vigenza risulta ben supportato dagli elementi, documentali e testimoniali, messi in evidenza nella decisione. 
Da questo punto di vista, e per rispondere alla prima obiezione sollevata dall'appellante, va osservato come la prova testimoniale sui capitoli n. 2 e 4 della memoria istruttoria di parte convenuta in primo grado (“2) << ### che con contratto di locazione commerciale del 02.11.2016 registrato il ### che le si mostra (doc. 2-2.1) la ### s.a.s. concedeva alla #### s.n.c. l'immobile in esso descritto limitatamente al locale officina ed al suo bagno pertinenziale come evidenziato nella porzione contornata in giallo nella planimetria allegata al contratto? >>; 4) << ### che la porzione dell'immobile destinata ad officina ed il suo bagno pertinenziale era oggetto della locazione e la restante parte dell'impianto di erogazione carburanti era oggetto del contratto di comodato? >>”) fosse senz'altro ammissibile.  7.1 In primis, infatti, va ricordato che “l'inammissibilità della prova testimoniale, ai sensi degli artt. 2722 e 2723 cod. civ., derivando non da ragioni di ordine pubblico processuale, quanto dall'esigenza di tutelare interessi di natura privata, non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita dalla parte interessata, prima dell'ammissione del mezzo istruttorio; qualora, peraltro, nonostante l'eccezione d'inammissibilità, la prova sia stata egualmente espletata, è onere della parte interessata eccepirne la nullità, nella prima istanza o difesa successiva all'atto, o alla notizia di esso, ai sensi dell'art. 157, secondo comma, cod. proc. civ., l'una eccezione, quella d'inammissibilità, non dovendo essere confusa con l'altra, quella di nullità, né potendo ad essa sovrapporsi, perché la prima eccezione opera "ex ante", per impedire un atto invalido, mentre la seconda agisce "ex post", per evitare che i suoi effetti si consolidino” (Cass. 21443/2013). 
Nel caso di specie l'inammissibilità dei capitoli di prova per contrasto con l'art. 2722 c.c. (a mente del quale “la prova per testimoni non è ammessa se ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, per i quali si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contemporanea”) non è stata tempestivamente eccepita dall'appellante prima dell'ammissione del mezzo istruttorio e, dunque, non avrebbe potuto essere rilevata d'ufficio dal giudice. ### all'udienza del 5.5.2021, immediatamente precedente all'ordinanza ### di ammissione, come risulta dal relativo verbale, il difensore di ### oltre ad opporsi all'escussione dei testi ### e ### indicati dalla controparte su altre circostanze, si limitò ad eccepire l'inammissibilità del capitolo 1 della memoria avversaria per asserita contrarietà al divieto di cui all'art. 2721 c.c. (“1) << ### che con contratto di comodato gratuito registrato il ### che le si mostra (doc. 1) la ### s.a.s. concedeva alla #### s.n.c. l'impianto di distribuzione dei prodotti petroliferi costituito da piazzale, locali ricovero gestore, servizio igienico e locali deposito prodotti ed attrezzature per l'attività petrolifera, con esclusione del locale officina e del suo bagno pertinenziale? >>”), pur avendo peraltro la stessa attrice ammesso che il contratto di comodato non comprendeva il locale officina; non anche fu eccepita l'inammissibilità dei capitoli 2 e 4 per ragioni di contrasto con l'art. 2722 c.c.. Tale eccezione l'attrice sollevò, in modo specifico, solo con la successiva istanza di revoca dell'ordinanza di ammissione della prova, e dunque ormai tardivamente. Per tali ragioni deve ritenersi sostanzialmente inefficace l'eccezione di nullità della testimonianza resa dal teste ### sui suddetti capitoli, sollevata dalla difesa di ### al termine della deposizione, dal momento che la prova in questione, in mancanza di rituale e tempestiva eccezione della parte interessata, era stata validamente ammessa.  7.2 Ove anche, per ipotesi, si volesse prescindere da quanto sopra, dovrebbe comunque osservarsi che l'ammissione trovava giustificazione nell'esistenza di un principio di prova scritta (anzi più di uno), ai sensi dell'art. 2724 c.c. (secondo cui “la prova per testimoni è ammessa in ogni caso: 1) quando vi è un principio di prova per iscritto: questo è costituito da qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda o dal suo rappresentante, che faccia apparire verosimile il fatto allegato”). 
Sebbene infatti sia vero che il contratto di locazione sottoscritto dalle parti, datato 2.11.2016, rechi nel testo il riferimento all'unità immobiliare sita in ### censita nel ### al foglio 139, part. 2673, sub 1 (estremi questi che individuano, in base alla planimetria catastale allegata agli atti di causa, l'intera area del piazzale su cui insistono i vari locali ed impianti della ### ed ivi si legga che “i locali di cui al presente contratto sono destinati ad uso esclusivo di distributore di carburante, noleggio senza conducente, commercio al dettaglio di autoveicoli con divieto di mutazione di destinazione”, non può trascurarsi di considerare che all'originale cartaceo del documento, depositato dalla convenuta presso la cancelleria del Tribunale di ### ed ivi custodito in cassaforte, come da autorizzazione del giudice del 15.4.2021, trasmesso a questa Corte e di cui si è dunque presa diretta visione, risulta acclusa una piantina sottoscritta dalle parti con contornata in giallo una singola porzione del complesso, costituita dal locale officina e dal relativo servizio igienico. La produzione in oggetto, ad opera della convenuta, è avvenuta appunto allo scopo di dimostrare che, a dispetto di quanto riportato nel testo del contratto, l'intenzione delle parti fosse quella di assoggettare a locazione solo il locale officina ed il bagno pertinenziale, continuando gli altri beni ad essere concessi in godimento alla ### sulla base del precedente contratto di comodato concluso tra le parti, registrato il ###, parimenti allegato dalla convenuta e di cui l'attrice non aveva fatto inizialmente menzione, avente ad oggetto - così si legge nelle premesse - il “### di ### carburanti…costituito da piazzale per il rifornimento, da locali per il ricovero del gestore, servizio igienico, locali per il deposito di prodotti e attrezzature per la lubrificazione, compreso diritto di accesso ai locali per l'attività petrolifera (individuati con tratteggio di colore rosso sulla planimetria allegata, che, sottoscritta dalle parti, forma parte integrante del presente accordo) nonché dagli impianti, attrezzature ed accessori meglio specificati al successivo ### 2”. 
In ordine a tale documento, ossia alla piantina sottoscritta dallo stesso legale rappresentante della ### (la cui firma non è stata, invero, disconosciuta), con evidenziati in giallo i contorni del locale officina e del relativo bagno, l'attrice non ha fornito una chiara ed esauriente spiegazione, per aiutare a comprendere quale potesse essere, in ipotesi, il diverso significato negoziale della sua formazione. La stessa dapprima ha disconosciuto, in prima udienza, ex art. 2719 c.c., la conformità all'originale della copia telematica del contratto di locazione prodotta dalla convenuta all'atto della sua costituzione in giudizio, comprendente solo le prime due pagine del contratto e la piantina in discussione; a tale disconoscimento ha fatto però poi seguito la produzione, come detto, dell'originale cartaceo del documento, che risulta completo di tutte le pagine del contratto oltre che della piantina, spillata subito dopo l'ultima pagina e prima della ricevuta di avvenuta registrazione del contratto (nella quale tra l'altro si legge: “è presente un file allegato”, verosimilmente la piantina); in merito a tale originale cartaceo depositato nessun rilievo è stato sollevato dalla ### Nella memoria integrativa depositata in primo grado, l'attrice, nell'opporre la propria tesi secondo cui le parti, dopo la stipula del comodato, avrebbero voluto con il contratto di locazione variare “sia l'oggetto (perché la locazione comprende oltre alla distribuzione carburanti anche i locali officina e piazzale, con estensione dell'attività aziendale anche al noleggio e vendita di autoveicoli) sia la causa del contratto (da comodato a locazione)” (pag.  2), ha omesso di prendere posizione in modo specifico sul significato della piantina e sul contesto in cui la stessa veniva redatta, limitandosi ad accennare, in modo sibillino, al fatto che “verosimilmente” (pag. 3) “quanto prodotto ex adverso è l'allegato al contratto di comodato”, passaggio questo riprodotto anche nell'atto di appello (a pag. 11). Ora, di fronte ad un documento recante la firma del proprio legale rappresentante, la società attrice non avrebbe potuto limitarsi ad additare ciò che “verosimilmente” era accaduto, ma avrebbe dovuto fornire una precisa spiegazione del fatto. Inoltre, la tesi che la piantina fosse allegata non al contratto di locazione ma a quello di comodato è priva di senso: l'attrice afferma (anche in questo caso con argomentazione ripetuta nell'atto di appello) che “mentre nel comodato solo una parte dell'immobile veniva ceduto (e quindi era necessario identificarlo graficamente per distinguerlo dal resto) con la locazione l'intero immobile di proprietà della ### sas viene ceduto ed allora non vi è più necessità di distinguere una porzione rispetto ad un'altra, tanto che nel contratto vi è la semplice identificazione catastale”; ma dimentica che la parte identificata graficamente nella piantina non è quella cui si riferisce il contratto di comodato, il quale, come pacifico tra le parti, non comprendeva il locale officina. Non senza pretermettere l'altra notazione del Tribunale, secondo cui nel contratto di comodato, ai fini dell'individuazione dei locali per l'attività petrolifera, si faceva rimando ad una “planimetria allegata” con tratteggio di colore rosso e non giallo (pur assente negli atti di causa). 
Alla luce di quanto sopra, la piantina prodotta dalla ### ben rappresentava ### un principio di prova per iscritto atto a legittimare l'ammissione della prova testimoniale sui capitoli indicati. Essendo peraltro la piantina, almeno all'apparenza, parte del contratto originale, la prova in argomento avrebbe anche potuto ritenersi di mera chiarificazione dell'oggetto del contratto.  8. Al suddetto elemento documentale, poi, se ne aggiungono altri, giustamente valorizzati dal Tribunale, che analogamente forniscono significativa parvenza alla ricostruzione di parte convenuta (andando a costituire, così, ulteriori principi di prova per iscritto ai fini di cui all'art. 2724 c.c.). 
Su tutti il contenuto della lettera datata 6.3.2018 inviata da ### nella quale è la stessa società attrice a riferirsi a due contratti parallelamente vigenti tra le parti, richiamando il recesso esercitato da quello di comodato in data ### e manifestando, con la missiva, la volontà di risolvere anche quello di locazione: “la nostra società in data 04 settembre 2017, come risulta dalla relativa pec, ha effettuato regolare recesso dal contratto di comodato d'uso gratuito dell'impianto di distribuzione carburanti di ### proprietà…con questa comunicazione lo scrivente è costretto a dichiarare l'avvenuta risoluzione del contratto di locazione commerciale sottoscritto in data 02 novembre 2016, in quanto, contrariamente a quanto dichiarato al punto 1) del suddetto contratto, l'immobile locato non è idoneo all'attività di commercio e riparazione di automobili, commercio al dettaglio di accessori auto, biciclette, gas per uso domestico in bombole e noleggio bici senza conducente” (si noti al riguardo - e non può essere un caso - la mancanza di qualunque accenno all'attività di distribuzione carburanti, perché evidentemente oggetto dell'altro contratto già disdettato).  “Ed infatti il Comune di ### esprimeva in data 19 gennaio 2017, parere di fattibilità relativamente allo svolgimento dell'attività di vendita e riparazione autoveicoli nel locale locato solo al soggetto gestore dell'impianto di distribuzione carburanti. Pertanto avendo la nostra società cessato l'attività di distribuzione carburanti, per legge non siamo più autorizzati a svolgere attività di commercio auto e quant'altro ...”. 
In proposito non può condividersi l'assunto dell'appellante secondo cui “tale elemento non significa, come ritiene il Tribunale, che l'appellante ritenesse in vigore il contratto di comodato; significa semplicemente che ha inviato una nota superflua in quanto tale contratto era già stato risolto consensualmente. Del resto, come ha notato anche il Giudice di prime cure, le parti non sono soggetti giurisperiti ed hanno redatto gli atti con un'opinabile tecnica redazionale; le stesse quindi possono aver scritto delle osservazioni non corrispondenti alla realtà giuridica”. La lettera, invero, è esplicita nel richiamare due contratti, funzionali all'esercizio di diverse attività (la distribuzione carburanti per il comodato; le altre attività collaterali per la locazione) e su un aspetto del genere è difficile ipotizzare che vi sia stato equivoco. 
Si giustifica, perciò, anche l'osservazione del Tribunale secondo cui “se davvero le parti, a novembre 2016, avessero inteso novare il rapporto sorto cinque mesi addietro - sostituendo il contratto di comodato con la locazione commerciale -, si priverebbe d'ogni senso il “recesso” dal comodato da parte di ### di settembre 2017”.  9. Vi è, ancora, l'ulteriore elemento dato dalla rettifica del contratto di comodato avvenuta il ### (ben oltre la stipula della locazione, che, secondo l'appellante, avrebbe novato il primo contratto) con l'apposizione sul testo dattiloscritto di alcune correzioni a penna da parte da ### legale rappresentante di ### in particolare rispetto all'elenco delle attrezzature petrolifere. La circostanza risulta dal documento n. 68 della stessa produzione attorea ed anche a tale riguardo coglie nel segno il rilievo del Tribunale, secondo cui “tale documento attesta inequivocabilmente la vigenza del comodato a quella data, e non si comprende il motivo di una correzione sul testo di tale documento” - evidentemente accettata dalla ### che altrimenti avrebbe preteso altre modalità di rettifica - “quando lo stesso, secondo la tesi di ### sarebbe stato sostituito dalla locazione alcuni mesi prima”. 
Circa il fatto che quello contenuto nel contratto di comodato fosse l'unico elenco delle attrezzature, si deve osservare che tale aspetto avvalora ancora di più l'ipotesi che solo il contratto in questione regolasse, anche nei suoi aspetti di dettaglio, la concessione in utilizzo dell'impianto di distribuzione (peraltro esso comprendeva una più ampia e complessa disciplina dei rapporti commerciali, facendo riferimento anche ad un collegato contratto di fornitura con una terza società petrolifera e ad un patto di esclusiva quanto all'approvvigionamento e alla rivendita dei prodotti petroliferi), laddove quello di locazione veniva redatto secondo uno schema ben più standardizzato e certamente meno confacente alla cessione in uso di un impianto del genere. Non senza pretermettere che lo stesso ammontare del canone di locazione (appena € 350,00 mensili) appare indicativo della sua riferibilità solo ad una limitata porzione del complesso immobiliare, laddove lo stesso risulterebbe, ictu oculi, oltremodo esiguo rispetto all'intero impianto di distribuzione e a tutti i locali collegati.  10. A questi elementi, di ordine documentale, va ad aggiungersi la testimonianza di ### consulente fiscale “di entrambe le parti”, secondo quanto dichiarato, e perciò soggetto equidistante dagli interessi in gioco, il quale ha riferito di avere personalmente redatto il contratto di locazione e che questo era da intendersi effettivamente limitato al locale officina ed al bagno pertinenziale (“si è vero avevo redatto personalmente il contratto. Il contratto per l'officina è stato fatto a parte e successivamente rispetto al contratto di comodato dell'impianto di carburante in quanto l'officina non era pronta perché su di essa dovevano essere fatti dei lavori. La particella che individuava l'immobile era unica quindi essendoci stati due contratti fatti in date successive quando è stato fatto il secondo visto che era un'unica particella ho individuato evidenziando in giallo la parte interessata dell'officina nella planimetria allegata al contratto. Le parti hanno sottoscritto oltre al contratto anche la planimetria per fargli rendere conto della situazione…le parti erano a conoscenza della circostanza”). 
A poco rileva rimarcare l'improprietà della scelta compiuta dal consulente di indicare nel testo del contratto gli estremi catastali dell'intera particella: è a questo punto più che mai evidente che siano state seguite tecniche redazionali assai poco ortodosse ma il tema centrale resta quello dell'individuazione dell'effettivo contenuto della volontà negoziale delle parti. 
Dall'insieme di tutti gli elementi sopra esaminati siffatto contenuto è ricostruibile nel senso indicato dall'appellata, tale per cui l'impianto di distribuzione restò oggetto solo di un contratto di comodato e non fece parte di una locazione, con tutto ciò che ne consegue in termini di disciplina del rapporto ed obblighi a carico del soggetto concedente (non estesi alla garanzia dell'idoneità dei beni all'uso previsto o indicato in contratto).  11. Non sarà poi superfluo ricordare le clausole presenti in entrambi i contratti indicative dall'accettazione, da parte dell'appellante, dello stato dei beni consegnati. Nel contratto di comodato ### dichiarava di ricevere i beni “in perfette condizioni di funzionamento” (art.  12). In quello di locazione dichiarava di avere “visitato i locali e di averli trovati in buon stato di manutenzione, idonei all'uso convenuto, così come lo sono gli impianti, salvo prova contraria da fornirsi entro 60 giorni dalla consegna” (art. 9).  12. Mette conto ancora evidenziare il carattere inconferente delle ulteriori notazioni dell'appellante. Il fatto che l'art. 9 del contratto di locazione parli di locali “idonei all'uso convenuto, così come lo sono gli impianti” non significa affatto che gli “impianti” menzionati fossero quelli di erogazione dei carburanti; né in relazione a ciò vale osservare che “il locale officina era vuoto in quanto gli “impianti” sono stati acquistati dalla prin. Car. (v. fatture doc. 50” (pag. 13 atto di appello), poiché ben potrebbe l'articolo in commento fare semplicemente riferimento agli impianti di tipo comune (elettrici ed idrici), laddove le fatture prodotte dall'attrice si riferiscono ad apparecchiature e beni più specifici, evidentemente funzionali alle attività da svolgere all'interno del locale. Infine, la tesi per cui il contratto di comodato, in virtù di quanto previsto all'art. 3.6, avrebbe perso automaticamente efficacia in data ###, con lo “scadere” della ### presentata dalla ### a seguito della modifica dell'impianto di distribuzione di carburanti (quest'ultimo aspetto è oggetto di separata discussione tra le parti) non consentirebbe comunque di ritenere efficace il contratto di locazione rispetto a porzioni non comprese nel suo oggetto (peraltro la questione della validità della ### è emersa solo in corso di procedimento di a.t.p. e non pare affatto avere pregiudicato la prosecuzione del rapporto di comodato tra le parti, quantomeno fino alla comunicazione di recesso richiamata nella missiva del 6.3.2018).  13. Per tutte le esposte ragioni e considerata l'assenza di ulteriori, autonomi, motivi di censura alle decisioni assunte, in via consequenziale, dal Tribunale nella sentenza impugnata (che peraltro si legano in maniera assolutamente logica e coerente con quanto statuito sulla questione preliminare della qualificazione dei contratti inter partes), l'appello deve essere respinto.  14. In applicazione del principio di soccombenza, le spese del presente grado di giudizio vanno poste a carico dell'appellante. 
La liquidazione si opera in base al D.M. 55/2014, come modificato dal D.M. 147/2022, § 12, secondo i parametri medi (eccezion fatta per le fasi 3 e 4, per le quali si giustifica il dimezzamento del parametro medio per la modesta attività di trattazione e discussione). 
Il valore della causa deve intendersi compreso nello scaglione da € 52.001 ad € 260.000. 
Pertanto: € 2.977,00 fase 1, € 1.911,00 fase 2, € 2.163,00 fase 3 ed € 2.552,00 fase 4, in tutto € 9.603,00, oltre accessori di legge. 
Ricorrono infine nei confronti dell'appellante le condizioni per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater d.P.R. 115/2002.  P.Q.M.  La Corte d'Appello di Firenze, sezione terza civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, anche istruttoria, disattesa, così provvede: 1. rigetta l'appello; 2. condanna l'appellante a rimborsare all'appellata le spese processuali del presente grado, che liquida in € 9.603,00 per compensi professionali di avvocato, oltre al 15% sui compensi per rimborso forfettario di spese generali, nonché oltre cap e iva secondo legge; 3. dà atto che ricorrono nei confronti dell'appellante le condizioni per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell'art. 13 co. 1 quater d.P.R. 115/2002.
Firenze, camera di consiglio del 19/11/2025 ### estensore ### divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell'ambito strettamente processuale, è condizionata all'eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy ex D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.

causa n. 2485/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Masetti Paolo, Carlo Breggia

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 8807/2025 del 06-10-2025

... la domanda relativa al pagamento dell'indennità di avviamento. Il rapporto di locazione si è concluso in forza della disdetta comunicata dal locatore alla conduttrice, anche se per intervenuto successivo accordo fra gli stessi l'immobile è stato poi rilasciato anticipatamente. È, altresì, pacifico che l'immobile è stato destinato dalla conduttrice ad attività commerciale avente contatto diretto con il pubblico, come, del resto, espressamente previsto nel contratto di locazione, laddove (punto 6) è stabilito che “il locale si concede per uso commercio” e che “il conduttore dichiara che l'immobile verrà utilizzato per attività con contatti diretti con il pubblico”. Sussistono quindi i requisiti richiesti dal combinato disposto degli artt. 34 e 35 della legge 392/78. E' pacifico che “in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, il conduttore che, in seguito alla cessazione del rapporto, chieda il pagamento dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale non ha l'onere di provare che l'immobile era utilizzato per il contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, se questa circostanza derivi dalla stessa (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli, nona sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del dott.  ### all'udienza del 06/10/2025 , ai sensi dell'art. 429 c.p.c., mediante lettura del dispositivo e della contestuale motivazione, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 6083/2023 del R.G.A.C., pendente TRA ### srls, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. ####; Ricorrente E #### e ### quali eredi di ### rappresentati e difesi dall'avv. ####; ### rassegnate in atti.  RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato il ###, ### srls - premesso di aver condotto in locazione, per uso commerciale con apertura al pubblico, l'immobile, costituito da unico locale vano terraneo, sito in ### alla via ### 91, riportato nel relativo ### al foglio 4, particella 410, sub 10, in forza di contratto di locazione registrato il 15 maggio 2014 stipulato con il proprietario, avv. ### e che, avendo il locatore intimato disdetta alla pattuita scadenza dei secondi sei anni, ha rilasciato l'immobile in data ###, prima ancora della scadenza, ottenendo la rinuncia del locatore al pagamento degli arretrati dei fitti non pagati, ma con la previsione di corresponsione da parte del conduttore di quanto eventualmente dovuto per le utenze al servizio del negozio, tra cui la ### - ha convenuto in giudizio il proprietario perché, avendo sempre versato, sin dal giugno 2014 e fino a dicembre 2021, un importo maggiore di quello stabilito in contratto, a titolo di canone locatizio, rispetto a quanto pattuito (850,00 euro al mese in più, oltre gli 850,00 pattuiti; ad eccezione del periodo dal settembre 2020 al novembre 2021, durante il quale ha versato maggiorazione di 500,00 euro al mese), per il complessivo importo di euro 73.800, per ottenere la ripetizione di tali somme, previa declaratoria di loro indebito per l'assenza di legittima causa di ritenzione, stante la nullità ex art. 79 l. 392/78 delle differenze dei canoni rispetto a quanto convenuto con il contratto di locazione registrato. Ha dedotto, altresì, di aver diritto all'indennità di avviamento, ex art. 34 l. 392/1978, pari a 18 mensilità dell'ultimo canone corrisposto, di euro 850 + euro 850, dovendosi intendere risolto il contratto di locazione per iniziativa del locatore che ne ha intimato disdetta alla scadenza contrattuale. 
Ha rappresentato anche di non essere tenuto al pagamento dei consumi idrici intimatogli da ### spa per il periodo successivo al rilascio del locale. Ha concluso, chiedendo la condanna di ### al pagamento della somma di euro 73.800,00 oltre interessi legali dalle singole dazioni al soddisfo, oltre che la condanna al pagamento della somma di euro 30.600,00, ovvero della minore somma di euro 15.300,00, a titolo di indennità di avviamento ex art. 34 l. 392/1978, previa declaratoria di intervenuta risoluzione contrattuale per iniziativa del locatore, oltre interessi legali dalla data di rilascio dell'immobile ovvero, in via gradata, dalla costituzione in mora. Ha chiesto, altresì, di accertare e dichiarare che essa esponente è tenuta a corrispondere a titolo di consumi idrici il corrispettivo dovuto per quanto dichiarato dalla lettura del contatore effettuata in data ###. 
Si è costituito ### non opponendosi al riconoscimento di quanto richiesto dalla ricorrente circa il pagamento dei consumi idrici successivi al rilascio dell'immobile. Ha chiesto, per il resto, il rigetto dell'avversa domanda, del tutto sfornita di prova, non riconoscendo alcun potere al soggetto che avrebbe incassato le somme ed evidenziando che “rispetto alla cifra bonificata dalla parte conduttrice, in effetti mancava sempre una differenza di euro 50,00. Difatti dagli estratti conto del l 'esponente (cfr. doc. n. 1 ), emerge che lo stesso ha ricevuto bonifici per euro 850,00 a fronte di un canone concordato di euro 900,00 a partire dal giugno 2015: la differenza di euro 50,00 veniva effettivamente corrisposta in contanti. Difatti l 'Avv. ### non ha mai richiesto quelle somme, che gli erano state pagate”. Ha contestato, inoltre, il credito per indennità di avviamento, essendo stato rilasciato l'immobile anticipatamente per esclusiva scelta della conduttrice. 
La causa è stata istruita documentalmente e con l'escussione del teste, ### mentre la ricorrente è stata dichiarata decaduta dalla possibilità di sentire il teste ### cui non è stata notificata per l'udienza fissata per il suo esame l'intimazione a testimoniare. 
In via preliminare, va affermata la procedibilità della domanda avendo la parte onerata esperito il tentativo di mediazione ai sensi dell'art. 5 d.lgs 28/2010 (come novellato dal D.L. n°69/2013, conv.  in legge n°98/2013), come documentato in atti (verbale negativo del 22/9/2022).
Ancora preliminarmente, si deve chiarire che la domanda principale con la quale il conduttore agisce per la ripetizione di somme che assume di aver versato in misura superiore al canone contrattualmente pattuito è pacificamente qualificata dalla giurisprudenza come un'azione di ripetizione di indebito oggettivo, della quale contiene tutti i presupposti, trattandosi di pagamenti di maggiori somme non dovute e quindi privi di causa, ed a nulla rilevando il titolo ### in base al quale furono eseguiti (cfr. Cass. SS.UU. 11666/2007). 
Tali domande, come detto, sono pacificamente da qualificarsi come azioni di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., con applicazione della relativa disciplina anche sul piano dell'onere probatorio richiesto all'attore che, dunque, è tenuto, secondo la disciplina generale dell'art. 2697 c.c., a fornire la prova del pagamento (della dazione di denaro), nonché a provare l'inesistenza della "causa debendi", in quanto anch'essa elemento costitutivo (unitamente all'avvenuto pagamento e al collegamento causale) della domanda di indebito oggettivo (art. 2033 cod. civ.) (Cass. 5896/2006). 
Invero, proposta domanda di ripetizione di indebito, l'attore ha l'onere di provare l'inesistenza di una giusta causa delle attribuzioni patrimoniali compiute in favore del convenuto, ma solo con riferimento ai rapporti specifici tra essi intercorsi e dedotti in giudizio, costituendo una prova diabolica esigere dall'attore la dimostrazione dell'inesistenza di ogni e qualsivoglia causa di dazione tra "solvens" e "accipiens" (cfr. Cass. 14428/2021). 
Tanto chiarito, la domanda di ripetizione di indebito formulata dalla ricorrente si è rivelata infondata, per difetto di prova. 
In primo luogo, le ricevute di pagamento depositate dalla ricorrente recano quasi tutte la sottoscrizione di un soggetto terzo, tale ### che risulta essere stata segretaria del locatore solo fino al 2018 e ad essa il ricorrente, che pure ne ha chiesto l'escussione come testimone, non ha notificato la relativa intimazione per l'udienza fissata per il suo esame. Non si è potuto avere, quindi, un riscontro su quanto affermato nell'atto introduttivo e soprattutto sulla circostanza dell'entità dei presunti pagamenti ricevuti. Va detto, infatti, che tutte le ricevute di pagamento recano la dicitura “differenza fitto del mese di … per la locazione del negozio Gloves”, ma non indicano la somma effettivamente riscossa. ### riscontro avrebbe dovuto essere fornito dalle dichiarazioni del teste ### Ebbene, il teste ha dichiarato : “### a conoscenza della locazione dell'immobile di via ### a ### inizialmente il contratto di locazione, stipulato nel 2014, era con la ### srl. Il contratto prevedeva un canone di 850,00 mensili, invece, vi era una parte in nero che dovevo dare ogni mese equivalente ad ulteriori 850,00 euro. ###, quindi, era 850,00 euro a mezzo bonifico e altri 850,00 euro in contanti. ### è la mia ex moglie. 
Io mi sono occupato personalmente di questi pagamenti in contanti che avvenivano presso lo studio dell'avvocato che era nell'immobile adiacente. Ogni inizio mese portavo i soldi in contanti e questo dal 2014 a fino al 2021. Mi veniva rilasciata una ricevuta anche per questa ulteriore somma. I soldi li davo a volte all'avvocato ### e a volte alla sua segretaria. La ricevuta veniva firmata dall'avvocato quando era presente, mentre negli altri casi la segretaria credo apponesse la sua firma. 
ADR la segretaria si chiamava ### Amabile”. 
Ma queste dichiarazioni sono da considerarsi poco attendibili. Il teste ha precisato, infatti, di essere “dipendente part time della ### srls da circa 3-4 anni. Prima di essere dipendente parttime prima ero socio unico della società, ciò fino al 2017. …..ADR ho firmato tutti i contratti compreso quello di subentro. All'epoca del subentro ero io l'unico socio della ### Così come sono stato io a firmare le scritture di riduzione fatte in epoca Covid”. 
Va detto che, non essendo più amministratore unico e legale rappresentante della ricorrente, il ### non è incapace a testimoniare, come ormai pacificamente chiarito in giurisprudenza. Resta, però, da valutare l'attendibilità delle sue dichiarazioni, che è rimessa alla valutazione del giudice. Ebbene, tale attendibilità è minata, da un lato, dal fatto che in base a quanto dallo stesso dichiarato, il ### è rimasto sostanzialmente il titolare dell'attività gestita dalla società, occupandosi dei pagamenti e anche della sottoscrizione degli accordi successivi (siglati in epoca ### con la proprietà per ottenere una riduzione del canone. Dall'altro lato, va evidenziato che il teste sui presunti pagamenti ha reso dichiarazioni poco circostanziate e senza riferimenti utili per comprendere l'entità delle presunte somme versate, in modo da porre rimedio alla estrema genericità delle quietanze, che non riportano la cifra riscossa. Ciò in presenza anche della eccezione del locatore, secondo cui il contratto prevedeva che dal secondo anno in poi il canone mensile era di euro 900,00, mentre i bonifici sono sempre stati solo di euro 850,00. Il locatore, cioè, ha eccepito che se pure una parte della somma veniva incassata in contanti, si trattava dei 50,00 euro in più previsti in contratto e non pagati. 
Si tratta, con tutta evidenzia, di una deposizione testimoniale che non ha quel carattere di precisione e specificazione necessario soprattutto quando occorre dare la prova di un fatto, quale il pagamento, per il quale la prova orale deve essere particolarmente rigorosa e connotata da un quid pluris in grado di farla ritenere attendibile, a fronte della mancanza di qualsivoglia prova documentale dell'entità del pagamento. 
Si è rivelata, invece, fondata la domanda relativa al pagamento dell'indennità di avviamento. 
Il rapporto di locazione si è concluso in forza della disdetta comunicata dal locatore alla conduttrice, anche se per intervenuto successivo accordo fra gli stessi l'immobile è stato poi rilasciato anticipatamente. È, altresì, pacifico che l'immobile è stato destinato dalla conduttrice ad attività commerciale avente contatto diretto con il pubblico, come, del resto, espressamente previsto nel contratto di locazione, laddove (punto 6) è stabilito che “il locale si concede per uso commercio” e che “il conduttore dichiara che l'immobile verrà utilizzato per attività con contatti diretti con il pubblico”. Sussistono quindi i requisiti richiesti dal combinato disposto degli artt. 34 e 35 della legge 392/78. 
E' pacifico che “in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, il conduttore che, in seguito alla cessazione del rapporto, chieda il pagamento dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale non ha l'onere di provare che l'immobile era utilizzato per il contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, se questa circostanza derivi dalla stessa destinazione contrattuale dell'immobile, gravando sul locatore, che eccepisce la diversa destinazione effettiva, l'onere di provare tale fatto impeditivo della suddetta pretesa, ai sensi dell'art.  2697, comma 2, c.c.” (così Cass. 29303/23). Nulla sul punto ha, invece, né eccepito, né provato il locatore. ### dell'indennità di avviamento è fissato dall'art. 34 suddetto in diciotto mensilità del canone alla data di cessazione del rapporto locativo. Il locatore deve essere condannato, quindi, a pagare la somma di euro 16.200,00 (900,00 x 18), oltre interessi legali dalla data della costituzione in mora, identificabile con quella della notifica dell'atto introduttivo del presente giudizio (22/3/2023), fino al soddisfo.  ### domanda, di declaratoria di accertamento dell'obbligo della ricorrente di pagare le bollette per il consumo idrico, non è accoglibile in questa sede in quanto, per avere una qualche efficacia, avrebbe dovuto essere formulata anche nei confronti dell'ente erogatore del servizio idrico, mentre nel rapporto interno fra conduttore e locatore sin dalla costituzione in giudizio il conduttore ha riconosciuto legittima la pretesa di ### srls circa il proprio obbligo di pagamento solo fino alla data del rilascio. 
Le spese seguono la soccombenza della parte resistente e si liquidano come in dispositivo, con compensazione per la metà in ragione del parziale accoglimento e del rigetto della domanda principale.  P.Q.M.  Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, sulla domanda proposta da ### srls nei confronti di #### e ### quali eredi di ### così provvede: 1) rigetta la domanda di ripetizione di indebito; 2) accoglie la domanda di pagamento dell'indennità di avviamento e, per l'effetto, condanna i resistenti, nella spiegata qualità, a pagare la somma di euro 16.200,00, oltre interessi legali dalla data della costituzione in mora (22/3/2023) fino al soddisfo; 3) condanna la parte resistente a pagare le spese di lite in favore di ### srls, liquidandole in euro 780,00 per spese ed euro 3.600,00 per compensi, oltre ### CPA e rimborso forfetario nella misura del 15 % del compenso, somma così già compensata per la metà. 
Così deciso in Napoli il ###. 
Il giudice dott.

causa n. 6083/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Ardituro Enrico

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Corte d'Appello di Napoli, Sentenza n. 1566/2025 del 28-03-2025

... proprie funzioni riconoscendo l'indennità di perdita di avviamento commerciale prevista dall'art. 34 della L. 392/1978, che non era stata ritualmente richiesta dalla parte ricorrente. Ed invero, quest'ultima, con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, richiedeva la somma di € 50.000,00 a titolo di risarcimento di “svariati danni (diminuzione degli introiti e conseguente obbligata chiusura del laboratorio a partire dal 13/05/2013)”. ### nella memoria del secondo termine dell'art. 183, comma 6, c.p.c. - che, come noto, è un termine fissato per l'indicazione dei mezzi di prova e le produzioni documentali -, parte ricorrente articolava la richiesta dell'indennità di perdita di avviamento commerciale (“Ai danni così identificati va aggiunto anche quello derivante dalla perdita di avviamento commerciale, cosi come disposto dall'art. 34 della L. 392/1978, che consegue in automatico alla cessazione del contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo, sempre che la disdetta non sia proveniente dal conduttore”), senza reiterare detta richiesta né all'udienza di precisazione delle conclusioni, né negli scritti difensivi di cui all'art. 190 c.p.c.. Il riconoscimento (leggi tutto)...

testo integrale

 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Napoli - VI sezione civile − riunita in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati: Dr.ssa ### d'### - Presidente rel. 
Dr. ### - #### - ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1869 del ### degli affari contenziosi dell'anno 2019, avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n. 2758/2019 pronunciata in data 14 marzo 2019 dal Tribunale di Napoli, vertente TRA ### (###), rappresentato e difeso giusta procura in atti dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliat ###Napoli alla ### n. 61 appellante principale E ### (###), titolare della ditta individuale NAPOLISUMISURA (###), con sede ###, rappresentata e difesa giusta procura in atti dagli Avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliat ###Napoli alla ### n. 42 appellata principale e appellante incidentale #### (###), rappresentato e difeso giusta procura in atti dagli Avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in ### del #### alla Via del ### n. 107 appellato principale e appellato incidentale E ### (###), rappresentata e difesa giusta procura in atti dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliat ###Napoli alla ### n. 86 appellata principale ###. ### n. 61 (###), in persona dell'### pro-tempore, ### s.r.l. (P. 
IVA ###), in persona dell'### della stessa dott. ### rappresentato e difeso giusta delibera dell'### dei ### del 4.7.2019 e procura in atti dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliat ###Napoli alla ### n. 61 appellato E ### (###), in persona dell'### pro-tempore ### rappresentata e difesa giusta procura in atti dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliat ###Napoli alla ### n. 82 appellata ### I procuratori delle ### hanno concluso come da atti, verbali di causa e note di trattazione scritta da intendersi integralmente trascritti.  RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 447-bis c.p.c., depositato in data 27 novembre 2013, ### premesso di essere conduttrice di un immobile sito in Napoli alla ### n. 61, piano I, interno 2, in virtù di contratto di locazione ad uso “laboratorio di sartoria” stipulato con ### in data ### e registrato presso l'### delle ### di Napoli il ### al numero di protocollo 16822/3, conveniva in giudizio ### innanzi al Tribunale di Napoli al fine di sentir “accertare e dichiarare il grave inadempimento contrattuale del locatore #### e per l'effetto risolvere il contratto; per l'effetto, condannare altresì il locatore al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi a seguito del sinistro verificatosi, che si quantificano in una somma contenuta in € 50.000,00 e saranno meglio specificati in corso di causa; condannare il locatore alla restituzione degli importi sborsati dalla ricorrente a titolo di migliorie apportate all'immobile oggetto della locazione pari ad € 21.364,99, oltre interessi e rivalutazione monetaria; condannare il locatore alla restituzione dei depositi cauzionali, ovvero € 5.000,00 con rivalutazione ISTAT”, con condanna alle spese di lite. 
A sostegno delle proprie ragioni ### assumeva che, previo accordo con ### aveva effettuato a proprie spese lavori di ristrutturazione e ammodernamento all'immobile locato tali da garantire un'adeguata immagine commerciale del suo atelier per una spesa di € 21.364,99. Nel richiedere le somme di € 1.313,00 per i danni alla merce, di € 33.603,50 per i danni riportati nell'immobile locato e di € 7.139,00 per ulteriori esborsi, evidenziava che in data 13 maggio 2013 nell'immobile locato si erano verificate copiose infiltrazioni d'acqua dal solaio di copertura che, in base al rapporto di intervento dei ### del ### del 13.5.2013, erano risultate provenire dall'immobile sovrastante indiviso di proprietà ### ospitante il centro salute e benessere “### Angela” e dovute alla rottura di un tubo o valvola di carico di una macchina per la depurazione dell'acqua e avevano causato danni alla controsoffittatura e alla pitturazione delle pareti divisorie, oltre ad altri danni da verificare e quantificare.  ### deduceva, inoltre, che, in data ###, nell'immobile locato si era verificato il crollo del controsoffitto in cartongesso, anch'esso dovuto, in base a quanto accertato dai vigili del fuoco in sede di sopralluogo, alle copiose perdite idriche verificatesi nei giorni precedenti e tale da comportare, in via precauzionale, la inagibilità del laboratorio sartoriale nelle more dell'esecuzione di opportune verifiche al solaio sovrastante. Riferiva di aver informato dell'accaduto il proprietario ### mediante telefonata, telegramma del 17.5.2013 e raccomandata del 31.5.2013 e aggiungeva che, in data 1°.7.2013, il Comune di Napoli, dopo aver effettuato un sopralluogo nell'immobile, aveva diffidato dal praticare i locali e aveva invitato il locatore a effettuare i lavori di messa in sicurezza dell'immobile. La ricorrente affermava, infine, che, a seguito delle dette diffide, stante la mancata attivazione del proprietario nel ripristino dei locali, aveva sospeso il pagamento del canone di locazione relativo al mese di luglio attivandosi per la ricerca di un altro luogo in cui trasferire l'attività sartoriale. 
Si costituiva in giudizio, in data 13 gennaio 2015, ### che formulava, preliminarmente, istanza di chiamata in causa di ### di ### e del ### di ### n. 61 ed eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva evidenziando che, in base all'art. 1585, comma 2, e all'art. 13 del contratto di locazione, era da escludersi “la supposizione di “omniresponsabilità” del locatore” in caso di danni o molestie di fatto arrecati al conduttore da terzi. Sottolineava che, in data 13 maggio 2014, aveva proposto innanzi al Tribunale di Napoli un giudizio di accertamento tecnico preventivo ex artt. 669 e 669 bis c.p.c. (iscritto al n. R.G. 12284/2014), all'epoca ancora pendente, per l'accertamento della responsabilità per le infiltrazioni, la determinazione dei danni e della loro entità, a cui avevano partecipato, oltre ad ### anche #### il ### di ### n. 61 e, quali terzi chiamati, #### e ### Nel merito ### contestava integralmente la domanda avversaria e, al contempo, deduceva che la mancata percezione, da parte di ### dei canoni di locazione da luglio 2013 ad aprile 2014, quantificati in complessivi € 25.000,00, e degli oneri condominiali nella somma di € 2.610,78 rappresentava un danno da lucro cessante dalla stessa risarcibile. Evidenziava, inoltre, che la mancata restituzione dell'immobile da luglio 2013 ad aprile 2014 costituiva un danno emergente risarcibile sempre da ### nella somma di € 25.000,00, pari all'indice di mercato per dieci mensilità, posto che, se l'immobile fosse tornato “nella disponibilità del proprietario sarebbe stato immediatamente riattato e concesso in locazione”. 
Aggiungeva che la causazione del danno da infiltrazioni e l'omesso ripristino dei luoghi da parte dei proprietari e del conduttore dell'immobile sovrastante costituiva un danno emergente risarcibile da parte di #### e del ### nella complessiva somma di € 110.073,71, quale importo comprensivo di € 50.000,00 per mancata percezione dei canoni dal giorno del sinistro fino all'attualità, € 10.073,71, quale somma ingiunta con decreto ingiuntivo n. 4529/2014 dal Tribunale di Napoli per il mancato pagamento degli oneri condominiali, ed € 50.000,00 per danni arrecati alle strutture dell'immobile. Lamentava, infine, nei confronti della ricorrente e dei chiamati in causa un danno non patrimoniale quantificabile in una somma non inferiore a € 90.000,00.  ### concludeva insistendo per il rigetto della domanda avversaria per assoluta infondatezza in fatto e in diritto e, in via riconvenzionale, chiedeva: “previo accertamento della responsabilità dell'esclusiva o prevalente o concorrente responsabilità della parte in causa ###ra ### e dei terzi chiamati in causa, nella causazione del sinistro per cui è causa, condannare in via solidale la ricorrente ###ra ### la ###ra ### il dott. ### ed il ### n. 61, tutti al risarcimento dei danni per come qualificati e quantificati in narrativa, ognuno per quanto di ragione e/o a quanto risulterà di giustizia in seguito dell'istruttoria, in caso di mutamento del rito, oltre interessi dal dì del sinistro all'effettivo soddisfo, al resistente #### Rosario”. 
Invitate le ### a riferire in ordine all'esito del giudizio RG 12284/2014 per accertamento tecnico preventivo, ### depositava copia della consulenza tecnica d'ufficio ivi espletata unitamente al computo metrico. 
Con ordinanza del 2 aprile 2016, veniva autorizzata la chiamata in causa di #### e del ### di via ### n. 61 - Napoli. 
Quindi, si costituiva in giudizio, in data 30 settembre 2016, il ### eccependo, preliminarmente, il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo, in subordine, di essere autorizzato a chiamare in causa la ### S.p.A., giusta ### n. 100312081, al fine di essere dalla stessa manlevata da qualsivoglia onere e/o obbligazione conseguente. ### nel merito, contestava i fatti posti a fondamento delle avverse domande e concludeva chiedendo il loro rigetto. 
Si costituiva in giudizio ### eccependo, preliminarmente, il proprio difetto di legittimazione passiva e contestando, nel merito, integralmente le domande avversarie. Nel chiedere il rigetto di ogni domanda risarcitoria avanzata nei suoi confronti, evidenziava che la custodia dell'immobile da cui erano provenute, secondo il rapporto dei ### del ### e la consulenza tecnica d'ufficio espletata disposta nel giudizio di accertamento tecnico preventivo innanzi al Tribunale di Napoli, le infiltrazioni era stata affidata, per legge e per contratto, “esclusivamente al conduttore, dott. ### che aveva sulla predetta tubazione un immediato e continuativo potere fisico di controllo precluso alla locatrice”. 
Si costituiva in giudizio ### chiedendo, preliminarmente, che fosse ordinata la sospensione del giudizio in considerazione della contemporanea pendenza di un giudizio penale, diretto all'accertamento della falsità del contenuto della ### d'### dei ### del ### n. 10957/1 del 13.5.2013, e contestando, nel merito, integralmente le domande avversarie. Concludeva chiedendo il loro rigetto per assoluta infondatezza in fatto e in diritto. 
Autorizzata, con ordinanza del 23 dicembre 2016, la chiamata in garanzia della ### S.p.A., quest'ultima si costituiva in giudizio eccependo, preliminarmente, il proprio difetto di legittimazione passiva e contestando, nel merito, integralmente le domande avversarie. Concludeva chiedendo il loro rigetto e, in subordine, il contenimento delle domande nei limiti di quanto provato e dell'indennizzo previsto nella polizza con applicazione delle relative franchigie. 
Disposto, in data 19 giugno 2017, il mutamento del rito da speciale ad ordinario, concessi i termini ex art. 183, co. 6, c.p.c., escussi i testimoni indicati da parte ricorrente, ovvero ### e ### e fatte precisare le conclusioni con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c., il Tribunale di Napoli si pronunciava in data 14 marzo 2019 con la sentenza 2758/2019 con cui, preliminarmente, rilevato che dal verbale dei ### del ### del 13.5.2013 e dalle risultanze del procedimento per accertamento tecnico preventivo era emerso che le cause del fenomeno infiltrativo non provenivano dalle parti comuni dell'edificio, ma “dalla zona a cavallo delle proprietà ### ed ### situata al piano sovrastante” ed erano ascrivibili alla rottura “di tubazioni di un macchinario addolcitore d'acqua” situato nell'appartamento condotto in locazione da ### e, richiamato l'art. 8 del contratto di locazione ### dichiarava l'estromissione dal giudizio del ### di ### n. 61, della ### s.p.a. e di ### Il Tribunale, in ordine alle domande proposte, così disponeva: “B) accoglie parzialmente la domanda della ricorrente e, per l'effetto, dichiara risolto il contratto di locazione de quo; C) condanna ### al pagamento in favore di #### di euro 28.875,33 oltre interessi, come innanzi menzionato; D) condanna ### al pagamento in favore di ### di euro 14.437,67 oltre interessi, come specificato in parte motiva; E) in accoglimento della domanda di ### al pagamento dei canoni ed oneri condominiali come innanzi specificato, condanna ### al pagamento in suo favore di euro 26.733,71 oltre interessi, come innanzi specificato; F) condanna ### al pagamento in favore di ### di euro 74.837,07 oltre interessi, come specificato in parte motiva; G) dichiara compensate le spese di giudizio nella misura di 2/3, ponendo il restante terzo a carico di ### e, per l'effetto, condanna #### al pagamento in favore di ### di euro 265,00 per spese ed euro 4.000,00 per onorari, oltre I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15% come per legge, con attribuzione ai procuratori dichiaratisi antistatari”. 
Con la stessa pronuncia il Tribunale, previo richiamo agli artt. 11 e 12 del contratto di locazione intervenuto tra ### e ### rigettava la domanda volta alla restituzione delle somme sostenute dalla conduttrice a titolo di migliorie apportate all'immobile. 
In particolare, il Tribunale, riconosciuta la responsabilità per la causazione del fenomeno infiltrativo in capo a ### e ritenuto sussistente in capo a ### in qualità di proprietario dell'immobile danneggiato, l'obbligo di “agire giudizialmente in modo tempestivo per ottenere il risarcimento del danno e conseguire il ripristino dei locali in tempi ragionevoli, limitando tutti i costi”, stabiliva che la condanna risarcitoria doveva ripartirsi nei loro confronti, rispettivamente, nella misura di 1/3 e 2/3 e quantificarsi nella complessiva somma di € 46.313,00, quale importo determinato dal danno procurato ai capi di abbigliamento e scarpe presenti nella sartoria (€ 1.313,00) e dall'indennità di avviamento commerciale ex legge 392/2018 (€ 45.000,00), dalla quale andava detratto l'importo di € 3.000,00, a sua volta derivante dalla complessiva somma di € 8.000,00 equitativamente determinata a titolo di aggravamento del danno per effetto della condotta della conduttrice a cui andava sottratto l'importo di € 5.000,00 a titolo di depositi cauzionali. Il Tribunale, inoltre, nel riconoscere la sussistenza dell'obbligo in capo alla conduttrice di pagare gli oneri condominiali e i canoni di locazione da luglio 2013 ad aprile 2014, riduceva in via equitativa il valore di questi ultimi di 1/3 a causa del parziale godimento dell'appartamento nel detto periodo e condannava ### al pagamento in favore di ### dei 2/3 (pari a € 45.000,00) dell'importo relativo ai canoni da costui non percepiti e decorrenti da maggio 2014 fino alla data della pronuncia (pari complessivamente a € 135.000,00), oltre al pagamento degli oneri condominiali e dei danni causati all'immobile quantificati nel procedimento per accertamento tecnico preventivo in € 12.300,00, per un totale complessivo di € 74.837,07. 
Avverso detta sentenza proponeva appello ### con atto di citazione notificato in data 8 aprile 2019, articolando tre motivi di gravame, oltre istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza, invocandone l'integrale riforma, con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio. 
In particolare, l'appellante deduceva: 1) violazione e/o falsa applicazione dell'art.  183, comma ### c.p.c., a causa della mancata ammissione della prova testimoniale articolata con le note istruttorie del 30.10.2017 e diretta ad accertare la corretta individuazione dell'origine delle infiltrazioni e le relative responsabilità; 2) violazione dell'art. 112 c.p.c. poiché il Tribunale aveva riconosciuto all'attrice voci di danno ulteriori a quelle validamente richieste, come l'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale; 3) travisamento/erronea interpretazione dei fatti di causa con riferimento all'inagibilità dell'immobile danneggiato e all'omesso pronto intervento dell'appellante. 
Si costituiva in giudizio, in data 17 luglio 2019, il ### sito in Napoli alla ###. ### n. 61 che, avvertendo, “nella qualità di amministratore di tutti i condomini”, la necessità di acclarare con certezza le cause generatrici dell'evento dannoso e le relative responsabilità, aderiva alle istanze istruttorie formulate dall'appellante, ### alle difese spiegate, alle conclusioni rassegnate, oltre che all'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza. Chiedeva, in caso di revoca della pronuncia di estromissione e di accertamento della responsabilità nei suoi confronti, di condannare la ### S.p.A. proponendo, a tal riguardo, domanda di garanzia. 
Si costituiva in giudizio, in data 19 luglio 2019, ### con comparsa di risposta contenente appello incidentale con la quale, eccepita preliminarmente l'inammissibilità del gravame principale e contestato, nel merito, l'avverso dedotto per manifesta infondatezza, impugnava la sentenza in via incidentale denunciando: 1) il mancato riconoscimento delle migliorie apportate all'immobile; 2) la condanna al pagamento degli oneri condominiali; 3) le riscontrate manomissioni che avevano comportato un aggravamento dei danni pregressi nel periodo in cui l'immobile era in sua custodia; 4) il mancato riconoscimento dell'ulteriore profilo di danno relativo alle spese da lei sostenute per la stipula di un nuovo contratto di locazione; 5) che il giudice di prime cure non aveva disposto la condanna delle spese del procedimento di accertamento tecnico preventivo e aveva, al contempo, compensato parzialmente le spese del giudizio di merito. 
Si costituiva in giudizio, in data 20 luglio 2019, ### contestando l'appello principale “per la parte in cui ha censurato il capo A del dispositivo” e ritenendo invece fondato “per la parte in cui ha censurato i capi B-C-D-E-F del dispositivo, laddove il G.O.P.  erroneamente non ha rilevato il concorso dell'attrice ### e del convenuto ### nella produzione e/o nell'aggravamento dei danni da ciascuno lamentati ed ha liquidato il quantum di tali danni in misura eccessiva”. Concludeva chiedendo il rigetto dell'appello principale con riferimento alla censura sul capo A della sentenza impugnata e, in via subordinata, in caso di accoglimento anche parziale dell'appello principale e di dichiarata responsabilità e/o corresponsabilità nella produzione dei danni lamentati da ### e da ### riproponeva le eccezioni e deduzioni svolte nel giudizio di primo grado, ai sensi dell'art. 346 c.p.c. e anche ai sensi dell'art.  343 c.p.c., come appello incidentale condizionato, e dirette a sentir “- dichiarare la corresponsabilità della sig.ra ### e del sig. ### nella produzione dei danni da ciascuno lamentati; per l'effetto - quantificare in € 1.313,00 ### il solo danno emergente a favore della sig.ra ### da porre a carico del soggetto e/o dei soggetti dichiarati responsabili dell'evento infiltrativo, rigettando ogni ulteriore richiesta anche per lucro cessante e/o perdita dell'avviamento commerciale; - quantificare in € 10.079,86 oltre i.v.a. il danno emergente a favore del sig. ### da porre a carico del soggetto e/o dei soggetti dichiarati responsabili dell'evento infiltrativo, rigettando ogni ulteriore richiesta per danno emergente; - quantificare in € 5.000,00 (€ 2.500,00 x 2) il danno da mancato lucro a favore del sig. ### da porre a carico del soggetto e/o dei soggetti dichiarati responsabili dell'evento infiltrativo, rigettando ogni ulteriore richiesta per lucro cessante”, con vittoria di spese e competenze del giudizio. 
Si costituiva in giudizio, in data 10 settembre 2019, ### contestando nel merito la fondatezza dell'appello principale, di quello incidentale e di quello incidentale condizionato insistendo per il loro rigetto. 
Si costituiva in giudizio, in data 13 settembre 2019, la ### S.p.A.  eccependo preliminarmente l'inammissibilità del gravame principale e contestando, nel merito, l'avverso dedotto per manifesta infondatezza. Concludeva chiedendo il suo rigetto e, in caso di parziale conferma della sentenza impugnata, la conferma della “pronuncia di estromissione della soc. ###ni non sussistendo alcuna responsabilità a carico del ### in Napoli alla ### n. 61”. 
Acquisito il fascicolo telematico del primo grado di giudizio e concessa la sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza impugnata, all'esito dell'udienza del 12 dicembre 2024, trattata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., posto che per cessazione dal servizio del consigliere relatore Dr. ### giusto decreto del ### della Giustizia del 12.10.2023, comunicato in data ###, il relativo ruolo era scoperto e trattandosi di una causa di risalente iscrizione a ruolo, rientrante nell'obiettivo di smaltimento del ### premessa la sostituzione del precedente relatore, dr.ssa ### con la nomina in sua vece della dr.ssa ### d'### sul cui ruolo, invece, non vi erano per quella data cause da riservare in decisione della stessa annualità, sulle rinnovate conclusioni rese dalle ### la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all'art.190 c.p.c.. 
Rimessa sul ruolo la causa per l'udienza del 20.3.2025 stante il mancato deposito da parte di ### del fascicolo di parte del primo grado del giudizio, giusta ordinanza pronunciata in data ###, e verificato l'adempimento da parte della ### di ### di detto incombente, la Corte riservava nuovamente la causa in decisione senza concessione dei termini, come concordemente richiesto da tutte le ### Va preliminarmente dichiarata l'ammissibilità dell'appello principale stante la tempestività della notifica dell'atto di citazione (8 aprile 2019) rispetto alla pubblicazione della sentenza di primo grado (14 marzo 2019), la sua procedibilità essendo avvenuta la costituzione nei dieci giorni successivi (16 aprile 2019), nonché l'ammissibilità dell'appello incidentale formulato nel termine di cui all'art. 343 c.p.c.  da ### Sempre in via preliminare va dichiarata l'ammissibilità dell'appello principale precisando, anche alla luce dell'eccezione di ### e della ### S.p.A., che i motivi di censura soddisfano i requisiti di specificità richiesti dall'art. 342 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis alla presente controversia, essendo stati individuati i passi della motivazione della sentenza gravata sottoposti a critica, la diversa ricostruzione dei fatti prospettata dall'appellante e tenuto, altresì, conto della compiuta difesa predisposta dalla parte avversaria, in tal modo evidenziando di aver compreso le ragioni delle doglianze. 
Dette conclusioni sono conformi a quanto anche recentemente affermato dalle ### della Suprema Corte che con ordinanza n. ### del 13/12/2022 e con sentenza n. 27199 del 2017 hanno affermato il principio di diritto secondo il quale “l'art. 342, nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, va interpretato nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata”. 
Ancora in via preliminare va evidenziata l'inammissibilità per difetto di interesse delle difese formulate dal ### nella propria comparsa di risposta e, in particolare, della richiesta formulata nella dichiarata “qualità di amministratore di tutti i condomini […] ed in ragione della necessità di acclarare con certezza le cause generatrici dell'evento dannoso e le relative responsabilità” e relativa all'ammissione della prova testimoniale articolata da ### nel corso del giudizio di primo grado, tenuto conto che la sentenza impugnata, sul presupposto che le infiltrazioni d'acqua non provenivano dalle parti comuni dell'edificio, ha escluso ogni responsabilità per danni nei suoi confronti estromettendolo dal giudizio. Infatti, solo nell'ipotesi di sua soccombenza e, in particolare, nell'eventualità del riconoscimento di una sua responsabilità esclusiva o concorrente nella causazione del sinistro, il ### avrebbe avuto interesse all'impugnazione rispetto all'omessa pronuncia sulle istanze istruttorie, mentre nella specie avrebbe avuto, al contrario, soltanto l'interesse a riproporre le difese articolate nel giudizio di primo grado (difetto di legittimazione passiva e domanda di manleva).  ### all'impugnazione - inteso quale manifestazione del generale principio dell'interesse ad agire - presuppone, infatti, la soccombenza e, quindi, la concreta utilità derivante dalla rimozione della pronuncia censurata, non essendo sufficiente l'esistenza di un mero interesse astratto a una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata e che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte. Ne consegue, per un verso, che deve ritenersi normalmente escluso l'interesse della parte integralmente vittoriosa a impugnare una sentenza al solo fine di ottenere una modificazione della motivazione, ove non sussista la possibilità, per la parte stessa, di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile; per altro verso, che l'interesse all'impugnazione va ritenuto sussistente qualora la pronuncia contenga una statuizione contraria all'interesse della parte medesima suscettibile di formare il giudicato (Cass. Sez. U, Sentenza n. 12637 del 19/05/2008; Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 3991 del 18/02/2020 e Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. 23054 del 23/08/2024).  ### principale ### considerato in via preliminare, si ritiene l'appello principale fondato per quanto di ragione. 
Con il primo motivo ### denuncia l'omessa pronuncia, da parte del giudice di prime cure, circa le istanze istruttorie articolate con le memorie ex art. 183, comma 6, secondo termine, c.p.c. e afferenti “a fatti essenziali della reale e corretta individuazione dell'origine delle infiltrazioni”. Censura così quella parte della sentenza in cui il Tribunale, nell'attribuire la responsabilità per la causazione del fenomeno infiltrativo in suo capo, non ha compiuto un pieno accertamento dei fatti di causa, basandosi esclusivamente sulle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio all'esito della procedura per accertamento tecnico preventivo svoltasi innanzi al Tribunale di Napoli recante n. R.G. 12284/2014. Di quest'ultima contesta la sussistenza di errori e l'illogicità delle deduzioni, derivanti dalla circostanza che nelle determinazioni poste a suo fondamento abbia ricoperto un ruolo determinante la ### d'### dei ### del ### n. 10957/1 del 13.5.2013, a sua volta, ritenuta dall'appellante incongrua e imprecisa, oltre che falsa nella parte in cui si legge “a detta del prop. del ### si era rotto un tubo o valvola di carico di una macchina per la depurazione dell'acqua” e tale da averlo spinto a sporgere denuncia-querela presso la ### della Repubblica. ### ritiene inoltre non condivisibile la deduzione con cui il c.t.u., “pur avendo correttamente individuato la zona interessata dall'accumulo d'acqua e, di conseguenza, dai fenomeni infiltrativi”, ha escluso “che l'acqua vi fosse giunta dal vicino bagno (ossia dalla conduttura idrica effettivamente danneggiata)” e lamenta che l'erroneità di detta deduzione era stata evidenziata dal proprio c.t.p., ing. ### e non opportunamente riscontrata. 
Tale doglianza non appare condivisibile. 
Va evidenziato, in primo luogo, come dall'atto di appello emerga l'ammissione della rottura di una tubatura all'interno dell'immobile condotto in locazione, causativa dei danni all'immobile sottostante. Invero, a pagina 14 dell'atto di appello si legge: “le infiltrazioni de quo venivano generate dalla rottura di una tubazione che era a monte del contatore idrico ubicato nell'appartamento condotto in locazione dal dott. ### (di proprietà della sig.ra ###. Tale guasto causava l'allagamento dell'intero appartamento, in particolare della sala d'ingresso adibita a sala d'attesa e reception dello studio medico, la quale veniva invasa da ingente quantità d'acqua che veniva sversata con forte pressione. Inevitabilmente, suddetto ingente allagamento causava abbondanti infiltrazioni d'acqua nell'appartamento sottostante, illo tempore di proprietà del sig.  ### e condotto in locazione dalla sig.ra ### Palmina”. Orbene, tenuto conto di queste circostanze, si reputa incontestata la verificazione del fenomeno infiltrativo promanante dall'immobile condotto in locazione da ### mentre, ad essere controverso è l'addebito della totale responsabilità in suo capo “quale conduttore e custode dell'immobile sovrapposto a quello danneggiato, avendo l'ing. 
Schifano ### individuato l'origine delle infiltrazioni de quo nel guasto di un tubo di carico di un fantomatico macchinario per la depurazione dell'acqua” (cfr. pag. 15 dell'appello) piuttosto che in capo al ### (per essere stato causato l'allagamento dalla rottura di una tubazione che era a monte del contatore idrico ubicato nell'appartamento condotto in locazione) ovvero della proprietaria ### ( capi 3, 4 e 5 delle conclusioni rassegnate nell'atto di appello). 
La Corte ritiene che l'accertamento condotto dal giudice di prime cure nella sentenza impugnata sulla responsabilità di ### nella causazione del sinistro sia da condividere e non appaia scalfito dalle ragioni poste a fondamento del dedotto motivo. Infatti, il Tribunale ha ritualmente acquisito nel giudizio di merito la relazione conclusiva dell'accertamento tecnico preventivo invitando ### che nelle proprie difese vi aveva fatto cenno, al deposito della documentazione e, nel raffronto con le altre risultanze acquisite e dirette a provare i danni subiti nell'appartamento condotto in locazione da ### ha ritenuto di poter trarre dalla stessa elementi a fondamento del suo convincimento in ordine alla responsabilità di ### Merita di essere osservato, in proposito, che la relazione conclusiva dell'accertamento tecnico preventivo espletato ante causam - o, come nel caso di specie, a giudizio già iniziato - è un documento che può essere validamente prodotto nel successivo giudizio di merito e sottoposto al contraddittorio ed è liberamente valutabile dal giudice, che può trarne elementi di prova, perfino quando ad esso partecipino soggetti che non sono stati presenti nel procedimento di accertamento preventivo. 
Nell'ipotesi in esame in cui al procedimento per accertamento tecnico preventivo vi ha partecipato ### è ben possibile trarre dalla relazione redatta dal consulente e ritualmente depositata nel giudizio di merito la prova del "fatto storico" principale, rilevato dal consulente (cfr. Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. ### del 28/12/2024). 
Va detto, a tal riguardo, che il c.t.u. nella relazione tecnica ha ritenuto, sulla base dell'osservazione dei luoghi, degli intradossi dei solai dell'appartamento di ### e degli aloni e macchie ivi presenti (“1) che sul ballatoio del vano scala in corrispondenza dell'ingresso della proprietà ### sono visibili sul soffitto e su parte della parete destra aloni tipici dovuti a fenomeni infiltrativi […] 2) che ispezionando gli intradossi dei solai del soffitto di proprietà ### ambiente per ambiente, la zona interessata dai fenomeni infiltrativi comprende lo spogliatoio, la sala esposizione e parte della sala tessuti fino alla parete - porta in vetro; 3) che misurando le pendenze del pavimento del bagno in prossimità del tratto di tubo orizzontale sostituito (proprietà ###, è emerso che in caso di copiose perdite di acqua, la stessa tenderebbe ad andare verso il fronte di proprietà ### prospiciente via ### 4) Che dalla misurazione delle pendenze del pavimento in proprietà ### è emerso che in caso di perdita in prossimità della zona a cavallo delle proprietà ### ed ### l'acqua si accumulerebbe nella zona individuata in ### 5”), che i fenomeni infiltrativi non erano causati dalla “parte di tubazione sostituita secondo quanto riportato nella produzione di parte Dott. Eccellente”, appartenente “strutturalmente alla tubatura orizzontale di pertinenza della proprietà ### ed è ubicata a monte del contatore”, ma, erano da ricondursi “ad infiltrazioni d'acqua provenienti dalla zona a cavallo delle proprietà ### - ### situata al II piano” (cfr. pagine da 9 a 13 della relazione peritale). 
Appare evidente, in primo luogo, come nell'argomentazione sviluppata dal c.t.u. la ### d'### dei ### del ### redatta il ###, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante principale, non abbia assunto “un importante valore probatorio dei fatti di causa” (cfr. pag. 15 dell'atto di appello), risultando la stessa menzionata soltanto nell'esposizione dei motivi di fatto che hanno comportato il ricorso alla consulenza tecnica (cfr. pag. 4 della relazione) e nella descrizione dello stato dei luoghi, il cui riferimento sarebbe in quest'ultimo caso idoneo ad attestare la presenza all'epoca dei fatti, non riscontrata dal consulente in sede ###macchinario di depurazione dell'acqua ubicato nell'immobile condotto in locazione da ### (cfr. pag. 10 della relazione). Invero, secondo l'analisi del consulente, la dinamica del fenomeno infiltrativo è piuttosto collegata all'accumulo di acqua nella zona che “è con opportuna tolleranza in corrispondenza della zona di accumulo di acqua su indicata” (ossia della “zona a cavallo delle proprietà ### - Cirillo”) e ciò è stato ricavato “da uno scrupoloso rilievo visivo degli intradossi dei solai dell'appartamento di Mastrosimone” sui quali erano ancora “presenti aloni e macchie tipiche dei fenomeni infiltrativi” (cfr. pag. 11). Ne consegue che neppure la “fantomatica macchina” di depurazione dell'acqua, diversamente da quanto riferito dall'appellante principale (cfr. pag. 17 dell'appello), ha ricoperto nella detta relazione il ruolo di fattore causale del fenomeno infiltrativo, ma piuttosto il suo riferimento presenta inevitabilmente carattere descrittivo e ricostruttivo della vicenda occorsa. Ciò si evince dal contesto espositivo della relazione che, in risposta al quesito formulato dal giudice relativo alla descrizione dei luoghi corredato da schizzi planimetrici e rilievi fotografici, contiene un riferimento conclusivo alla riferita macchina evidenziando che: “la macchina dalla quale presumibilmente sarebbe avvenuta la perdita di acqua, secondo quanto dichiarato a verbale di I accesso dalla ###ra ### conduttrice dell'immobile di ### sarebbe stata collocata nell'ambiente di proprietà ### indicato in planimetria con il numero 1 (### 2); in fase di sopralluogo in tale stanza è visibile solo un punto di adduzione dell'acqua con uno scarico annesso ma non il macchinario (vedi foto sottostante). Di tale macchinario si fa comunque menzione anche nella scheda di intervento dei ### del ### del 13.05.2013 in occasione del loro primo intervento” (pag. 10 della relazione). Il detto macchinario non viene più menzionato nello sviluppo della narrazione dove vengono più accuratamente descritte le cause del fenomeno infiltrativo partendo dall'osservazione di elementi di carattere tecnico, quali i segni visibili delle macchie e aloni sul soffitto e sulla parete, gli intradossi dei solai e le pendenze del pavimento (pagine da 10 a 13). Dunque, il riferimento al macchinario, oltre che per le accennate finalità descrittive, potrebbe essere, al più, concepito nell'ottica di ipotetica compatibilità delle infiltrazioni con la sua installazione in loco nel tempo della causazione del sinistro e, dunque, di eventuale antecedente causale dell'avvenuto accumulo dell'acqua nella zona individuata, sebbene il consulente, non avendo riscontrato l'effettiva presenza del macchinario in fase di sopralluogo, abbia opportunamente ritenuto di escludere anche questa ipotesi limitandosi all'osservazione della zona di accumulo dell'acqua. Ed infatti, a pagina 21 della relazione, in riscontro alle osservazioni presentate dall'Avv. ### il consulente ha scritto: “tecnicamente non è possibile indicare con precisione il punto di origine delle infiltrazioni ma solo la zona dalla quale è provenuta la copiosa quantità d'acqua grazie alla misurazione delle pendenze e dell'osservazione degli intradossi dei controsoffitti. 
Tutto questo perché negli ambienti limitrofi alla proprietà ### e facenti parte dell'immobile di proprietà ### non esiste alcun elemento incontrovertibile rilevato in fase di sopralluogo che possa consentirmi di affermare che il complesso di adduzione e scarico di acqua ben noto, sia il punto dal quale è provenuta la perdita”. 
Già questi rilievi appaiono dirimenti ad affermare che il contenuto della scheda d'intervento redatta dai ### del ### non abbia incisivamente determinato le valutazioni del consulente tecnico, ma risulta opportuno aggiungere, in proposito, che anche le contestazioni sollevate dall'appellante principale circa la sua falsità appaiono inconferenti e pretestuose. Le stesse (riferita proprietà dell'immobile soprastante in capo a ### e dedotta presenza della “macchina” come causativa delle infiltrazioni dell'immobile sottostante) appaiono, in primo luogo, non pertinenti e non “dialoganti” con le risultanze tecniche che, come visto, nell'accertamento della dinamica del sinistro, giungono alla valorizzazione di altri elementi tecnici, e in secondo luogo, appaiono perlopiù riferibili a circostanze valutative che necessitano di specifica prova non essendo ricoperte dall'efficacia “di piena prova” del verbale che le contiene. Dalla lettura della relazione di intervento si apprende infatti che, in seguito a telefonata ricevuta in data ### alle ore 10:41 dalla sartoria di ### e relativa a presunte infiltrazioni provenienti dal tetto e dal solaio che avevano interessato l'esercizio commerciale, il personale operante, alle ore 10:52, si era recato sul posto constatando al suo arrivo che “la situazione risultava la seguente: copiosi infiltrazioni d'acqua solaio di copertura al 1° piano dell'esercizio commerciale sopra esposto”, che “da verifica effettuata si evince che tali infiltrazioni provengono dal piano sovrastante (2° piano), di prop. ### e ### di ### Angela”, che i danni riportati riguardavano “controsoffittatura e pitturazione pareti divisorie per tutta l'area dell'esercizio commerciale, impianto elettrico da verificare in quanto usciva acqua dalle luci poste nella controsoffittatura altri danni da verificare e quantizzare in quanto la pavimentazione era in parquet e poi essendo una sartoria vi erano capi di abbigliamento e scarpe di cui parte di essi bagnati” e che, quanto alla causa del sinistro, “a detta del prop. del Centro benessere si era rotto un tubo o valvola di carico di una macchina per la depurazione dell'acqua”. 
Merita di essere osservato, in proposito, che ai sensi dell'art. 2700 c.c. l'efficacia fidefacente del processo verbale dei ### del ### (cfr. Cass. Sez. 2, 17/11/2017, 27314) è circoscritta ai fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale e non si estende ai giudizi valutativi o alla menzione di circostanze che consistano in apprezzamenti personali né a fatti anteriori rispetto al momento della verbalizzazione. Come più volte affermato dalla Suprema Corte, in relazione ai rapporti di polizia, le attestazioni contenute nel verbale di accertamento delle infrazioni al codice della strada fanno piena prova, fino a querela di falso, con riguardo all'avvenuto accadimento dei fatti e delle dichiarazioni ricevute alla presenza del pubblico ufficiale, non estendendosi la fede privilegiata all'intrinseca veridicità del contenuto delle informazioni in tal modo apprese (cfr. Cass. Sez. 6, 21/10/2022, n. ### che ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva ritenuto assistito da fede privilegiata l'indirizzo di una persona coinvolta in un incidente stradale, indicato nel relativo verbale, nonostante la notizia dello stesso fosse stata tratta dalle dichiarazioni della persona medesima, o comunque dalla consultazione di documenti in possesso dell'autorità). ### per quanto riguarda le circostanze di fatto che il pubblico ufficiale segnali di avere accertato nel corso dell'indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, il verbale, per la sua natura di atto pubblico, ha pur sempre un'attendibilità intrinseca che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria ( Sez. 3, Ordinanza n. 10376 del 17/04/2024 che, in applicazione del principio, ha rigettato il motivo di ricorso con cui si censurava la sentenza impugnata per avere disatteso il valore di "piena prova" delle misurazioni effettuate dalla polizia stradale, intervenuta nell'immediatezza sul luogo di un sinistro, e riportate nel verbale). 
E la descritta efficacia probatoria del verbale dei ### de ### non può ritenersi infirmata dalla denuncia-querela proposta da ### dei quali sviluppi non si è dato conto. 
Ciò precisato, per completezza, va aggiunto che, stando al tenore delle difese dell'appellante principale fin nel primo grado del giudizio, questi non disconosce la presenza del macchinario nel proprio appartamento, anzi ne riferisce la remota presenza, e l'”uso molto tempo addietro, prima dell'anno 2013, quando il riferito vano era adibito a studio dentistico” (cfr. atto di appello e comparsa di costituzione del primo grado del giudizio), sebbene poi non offra delle più precise indicazioni temporali attestanti il mutamento dello stato dei luoghi e l'aspetto accertato dal c.t.u.. 
Con riferimento alle ulteriori contestazioni avanzate dall'appellante principale alla consulenza tecnica con il dedotto motivo, si rileva come l'individuazione della specifica zona di accumulo dell'acqua sia rimasta incontrastata (“il C.T.U., pur avendo correttamente individuato la zona interessata dall'accumulo d'acqua e, di conseguenza, dai fenomeni infiltrativi”), mentre i profili di contrasto riguardino il fatto che è stato escluso “che l'acqua vi fosse giunta dal vicino bagno (ossia dalla conduttura idrica effettivamente danneggiata), ritenendo che vi fosse giunta dal predetto vano, ove ipoteticamente era ubicata la fantomatica macchina” osservando, al contrario, come “trattandosi di grandissimi quantitativi d'acqua, lo studio delle ### pendenze del pavimento è del tutto ininfluente, poiché risulta di comune deducibilità che l'acqua può dirigersi in tutte le direzioni se sversata su di una superficie ### piana” (cfr. pag. 18 dell'appello). Va evidenziato, in proposito, che la riferita confutazione era stata già avanzata dall'#### consulente tecnico di ### e, in riscontro alle sue osservazioni, il c.t.u. ha specificato: “per quanto le pendenze dei calpestii del centro estetico abbiano valori “poco rilevanti”, l'acqua scende secondo la direzione dettata dalla pendenza stessa dei pavimenti; inoltre si precisa che i solai latero cementizi sono costruiti battendo le quote in modo tale da renderli perfettamente piani; fanno chiara eccezione i solai delle coperture a falda” e opportunamente evidenziato che “al di sotto del bagno dove è presente il contatore, al piano sottostante c'è un mezzanino che in caso di copiosa perdita proveniente da una tubazione in pressione, sarebbe stato il luogo potenzialmente più suscettibile di infiltrazione in quanto essendo il bagno sovrastante un ambiente piccolo e confinato, la stagnazione di acqua nel suddetto sarebbe stata massima; ebbene l'intradosso del solaio di copertura di tale mezzanino non presenta la benché minima traccia di infiltrazione d'acqua così come gli altri intradossi adiacenti” (pag. 19). 
Orbene, si rileva come l'assunto tecnico non appaia scalfito da argomentazioni, efficaci e specifiche, e tali da suffragare l'ipotesi di perdita dell'acqua dal vicino bagno, in zona corrispondente alla riparazione asseritamente effettuata. 
Questi rilievi, unitamente alla mancanza di un adeguato riscontro probatorio, soprattutto tecnico, circa la tipologia di riparazione effettuata ovvero la diversa inclinazione delle superfici pavimentali, consentono di ritenere non sufficientemente dimostrata la diversa dinamica del fenomeno infiltrativo, come prospettata dall'appellante principale. Vanno confermate, quindi, le risultanze a cui è pervenuto il c.t.u., vieppiù, in considerazione che ulteriori raffronti tecnici non sono desumibili neppure dagli altri documenti versati in atti. 
In particolare, nella denuncia cautelativa per risarcimento danni trasmessa da ### in data 7 giugno 2013, all'### si deduce genericamente la presenza di perdite d'acqua e l'effettuazione di due interventi da lui commissionati a tubature asseritamente di pertinenza dell'ABC (“In data 13 maggio u.s. il mio assistito si accorgeva del verificarsi di abbondanti perdite d'acqua che hanno allagato il suddetto appartamento, le quali erano conseguenti alla rottura di tubazioni di ### pertinenza e proprietà site nello stesso. Inoltre, suddette perdite d'acqua, infiltrandosi, hanno arrecato ingenti danni all'appartamento sito al piano inferiore, contraddistinto dal n. di interno 2, di proprietà del sig. ### e condotto in locazione dalla “NAPOLIMISURA” di ### In considerazione della situazione d'urgenza e di pericolo creatasi il dott. ### ha provveduto, a proprie spese, a far eseguire n. 2 interventi di riparazione del guasto, il primo eseguito nella stessa mattinata del 13 maggio u.s., il secondo eseguito in data 25 maggio u.s.”). 
In relazione alla riferita pertinenza, va comunque sottolineato il rilievo contenuto nella consulenza tecnica e non opportunamente censurato, secondo cui il tratto di tubazione assunto come sostituito, ubicato in proprietà ### e ritenuto causa delle dette infiltrazioni, “appartiene strutturalmente alla tubatura orizzontale che si dirama dalla montante condominiale e quindi di pertinenza della proprietà ### giusto art. 1117 del ### civile comma 3 e quindi non assoggettata alla custodia del condominio convenuto; è collocata a valle del punto di consegna (indicato dal CTP dell'ABC mediante stralcio di planimetria della rete di adduzione principale di competenza dell'ente annesso al verbale di II accesso) intendendo per punto di consegna quanto riportato nell'### 18 del regolamento per il servizio di distribuzione dell'acqua potabile dell'ABC ex ### pertanto il tratto di tubazione in oggetto non è assoggettato alla custodia dell'ABC”. 
Rilievi insufficienti appaiono desumibili dalla perizia tecnica asseverata, redatta dal geometra ### D'### e allegata in riscontro alla richiesta di integrazione documentale avanzata dal Comune di ### nel procedimento di revoca in autotutela della diffida del 5.7.2013, posto che la stessa sembra attestare, come evidenziato nella relazione del consulente tecnico d'ufficio (cfr. pag. 19), soltanto il cessato pericolo di infiltrazioni d'acqua. In essa si legge infatti: “In data ###, giorno in cui si sono verificate le perdite idriche, il Dott. ### provvedeva immediatamente a far eseguire due interventi di riparazione del guasto, attraverso la sostituzione della tubatura, tale da eliminare la causa delle perdite idriche delle relative infiltrazioni […] è definitivamente cessato il pericolo di infiltrazioni d'acqua, le quali, per l'appunto, non si sono più verificate successivamente all'intervento risolutivo delle stesse”. 
È parimenti inidoneo ad incidere il rilievo tecnico l'assunto formulato dall'appellante principale, secondo cui “l'### Schifano riferiva in ordine ai danni arrecati al locale sottostante il bagno della proprietà ### ma ometteva qualsivoglia deduzione comparativa circa gli ipotetici danni arrecati al vano sottostante al luogo ove doveva, a suo parere, essere ubicata la fantomatica “macchina” (in realtà tale vano non subiva alcun danno, poiché nessun sversamento d'acqua è avvenuto in quel luogo!)” (pag. 20 dell'appello). Invero, la conclamata “deduzione comparativa”, seppur non contenuta esplicitamente in sede di replica alle osservazioni formulate dall'#### appare desumibile dalle precedenti pagine della relazione peritale e, in particolare, alle pagine 16 e 17, dove viene offerta un'elencazione degli ambienti danneggiati (spogliatoio, sala esposizione, sala tessuti) e degli specifici danni registrati. A ciò va aggiunto che risulta altresì evincibile un raffronto grafico tra le dette zone danneggiate e il luogo interessato dalle infiltrazioni: nella figura 6 di pagina 13 è infatti delimitata, con un riquadro scuro, la zona interessata dalle infiltrazioni che, in base al raffronto con la figura 7 di pagina 15 corrisponde agli ambienti che in sede di sopralluogo mostravano segni evidenti dell'avvenuto verificarsi del fenomeno infiltrativo (spogliatoio, sala esposizione, sala tessuti). 
Anche l'ulteriore contestazione secondo cui “il C.T.U. arrogandosi addirittura il compito di effettuare deduzioni giuridiche e non solo tecniche, riportandosi deliberatamente alle osservazioni del difensore della sig.ra ### emetteva la propria “sentenza”, riferendo che “la custodia dell'immobile di proprietà ### per legge e per contratto, è affidata esclusivamente al conduttore, dott. ### per cui gli interventi di ordinaria manutenzione sono di competenza del conduttore stesso” (cfr. pag. 20 dell'appello), appare priva di rilievo atteso che il consulente, in base al mandato ricevuto, si è limitato a riprodurre una previsione contenuta nel contratto di locazione tra ### ed ### (cfr. art. 8), come attestato dalla presenza delle virgolette, senza sfociare in valutazioni di stampo giuridico. 
Ritiene la Corte che, in definitiva, non siano stati offerti elementi utili a inficiare di correttezza la consulenza tecnica espletata e sufficienti a consentire una ricostruzione dell'eziologia del fenomeno infiltrativo e, quindi, un addebito di responsabilità diversi da quelli accertati dal giudice di prime cure. 
Di poi, accertato il nesso causale tra il danno lamentato dall'attore e la res in custodia, quanto all'individuazione del soggetto titolare del potere di custodia (nonché, quindi, responsabile del danno cagionato dalla cosa, ai sensi dell'art.2051 c.c.), deve farsi applicazione del principio, reiteratamente affermato dalla Suprema Corte con orientamento consolidato, secondo il quale, quando i danni sono originati da un bene immobile condotto in locazione, sussiste la responsabilità del proprietario ove detti danni siano derivati da vizio strutturale del bene, che investa le mura o gli impianti ivi conglobati, di cui conserva la custodia anche dopo la locazione; al contrario, il conduttore, il quale si presume essere stato immesso in queste condizioni nella disponibilità della res locata, risponde dei pregiudizi provocati a terzi dagli accessori e dalle altre parti dell'immobile, che sono acquisiti alla sua disponibilità ( 27/10/2015, n. 21788; Cass. 09/06/2016, n. 11815; Cass. 04/11//2019, n.28228; 26/11/2019, n. ###). 
Nel caso di specie, avuto riguardo alla circostanza di fatto che, pur nella ipotesi prospettata dall'appellante principale, il danno sarebbe stato originato dall'impianto idraulico (la cui funzionalità è necessaria ai fini dell'utilizzo dell'immobile locato), va rilevato che esso costituisce, infatti, parte dell'immobile senz'altro acquisito alla disponibilità del conduttore, il quale aveva dunque assunto in esclusiva la veste di custode della res dannosa. 
Invero, in base al predetto principio, il conduttore è sempre responsabile del danno causato da infiltrazioni d'acqua a seguito della rottura di un tubo esterno all'impianto idrico e sostituibile senza necessità di intervento implicante demolizioni (cfr.  Sez. 3, Sentenza n. 21788 del 27/10/2015) per cui, anche sotto il cennato profilo, e per le ragioni innanzi esposte per quanto accertato dal c.t.u. deve ritenersi sussistente la responsabilità di ### Ciò precisato, con riferimento alla prova orale per la cui ammissione insiste l'appellante principale, si rileva come i capitoli contenuti nella richiesta istruttoria riportino fatti incontestati o già accertati, perché documentati mediante raccomandate e atti scritti, ovvero esprimano contenuti tecnico-valutativi ovvero generici, irrilevanti e superflui alla luce delle risultanze processuali. In particolare, risulta che le circostanze di fatto contenute nei capitoli di prova 1) e 2) sono incontestate, quelle prospettate nei capitoli di prova 3) e 4) presentano carattere tecnico-valutativo, il cui accertamento è demandato alla consulenza d'ufficio con funzione "percipiente", in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, la causa del lamentato allagamento, quelle contenute nel capitolo 5) sono in parte provate documentalmente (cfr. raccomandata trasmessa all'ABC il ###), quelle relative ai capitoli 6) e 7) risultano contenute nella documentazione versata in atti (cfr. allegato 19 fascicolo di parte appellante, nonché la cospicua documentazione contenuta nel fascicolo di ###, i capitoli di prova 8) e 10) vertono su circostanze negative e in un contesto temporale imprecisato e contraddette da quanto sostenuto dallo stesso ### fin nel primo grado del giudizio (“lo stesso era in uso molto tempo addietro, prima dell'anno 2013, quando il riferito vano era adibito a studio dentistico”), mentre il capitolo di prova 9) appare generico in quanto privo di riferimenti spaziotemporali (epoca molto antecedente). 
Con il secondo motivo l'appellante principale lamenta che la sentenza impugnata reca “una profonda ed evidente contraddizione tra quanto richiesto dalla parte ricorrente e quanto determinato nel relativo dispositivo”, evidenziando a tal riguardo che, a fronte della statuizione contenuta nelle conclusioni del ricorso proposto da ### in cui si faceva riferimento “al risarcimento dei danni subiti e subendi a seguito del sinistro verificatosi, che si quantificano in una somma contenuta in € 50.000,00”, non seguiva, in seguito al mutamento del rito, alcuna precisazione della specifica tipologia dei danni subiti nel termine di legge previsto, ossia con la prima memoria dell'art. 183, comma 6, c.p.c., ma la stessa veniva effettuata nella seconda memoria, dove parte ricorrente formulava anche richiesta di indennità per la perdita dell'avviamento commerciale ex art. 34 della legge n. 392/1978. Aggiunge che la riferita richiesta, oltre ad essere tardiva, non è stata reiterata nella comparsa conclusionale depositata nel giudizio di primo grado ed è stata “nel merito erroneamente applicata”, posto che la ricorrente, ### nulla ha “dichiarato e dimostrato in relazione ad un'eventuale perdita di clientela”, avendo, al contrario, “dichiarato candidamente di aver regolarmente proseguito la propria attività in altri locali e con la collaborazione di terzi per la commissione dei propri prodotti” (cfr. pagg. 31 e 32 dell'atto di appello). 
Il motivo merita accoglimento. 
Occorre precisare, in proposito, che il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato può ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell'azione ("petitum" e "causa petendi"), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell'ambito della domanda o delle richieste delle parti (cfr. Cass. n. 22595 del 26/10/2009). A tal riguardo, occorre aggiungere che, a fronte di una domanda di risarcimento del danno, in corso di causa è possibile specificare il fatto dannoso ovvero modificare la domanda e, dunque, uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa ("petitum" e "causa petendi"), purché la domanda così modificata risulti comunque inerente alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e siano rispettate le preclusioni processuali previste dall'art. 183 c.p.c.. Ne consegue che detta modificazione, qualora avvenga dopo la scadenza del primo termine ex art. 183, comma 6, c.p.c., risulta inammissibile (cfr. Cass. 21/11/2017, n. 27566; 22/12/2023, n. ###). 
Orbene, si rileva come, nella specie, il giudice di prime cure abbia esorbitato dalle proprie funzioni riconoscendo l'indennità di perdita di avviamento commerciale prevista dall'art. 34 della L. 392/1978, che non era stata ritualmente richiesta dalla parte ricorrente. Ed invero, quest'ultima, con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, richiedeva la somma di € 50.000,00 a titolo di risarcimento di “svariati danni (diminuzione degli introiti e conseguente obbligata chiusura del laboratorio a partire dal 13/05/2013)”.  ### nella memoria del secondo termine dell'art. 183, comma 6, c.p.c. - che, come noto, è un termine fissato per l'indicazione dei mezzi di prova e le produzioni documentali -, parte ricorrente articolava la richiesta dell'indennità di perdita di avviamento commerciale (“Ai danni così identificati va aggiunto anche quello derivante dalla perdita di avviamento commerciale, cosi come disposto dall'art. 34 della L. 392/1978, che consegue in automatico alla cessazione del contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo, sempre che la disdetta non sia proveniente dal conduttore”), senza reiterare detta richiesta né all'udienza di precisazione delle conclusioni, né negli scritti difensivi di cui all'art. 190 c.p.c.. 
Il riconoscimento della detta indennità si reputa, quindi, inammissibile, oltre che erroneamente applicata dal giudice di prime cure per mancata individuazione dei presupposti che la giustificano (l'obbligo di corrispondere l'indennità di avviamento, ai sensi dell'art. 69 legge 27 luglio 1978 n. 392, grava, infatti, unicamente sul locatore e ne presuppone un anticipato recesso dal relativo contratto), con la conseguenza che il capo della sentenza che accorda la sua corresponsione va riformato. 
Con il terzo motivo l'appellante principale lamenta come il giudice di prime cure avrebbe travisato ed erroneamente interpretato i fatti di causa ritenendo che l'immobile condotto in locazione dalla ricorrente fosse assolutamente inagibile, tanto da costringerla a non goderne neppure in modo parziale e a dismettere la propria attività. Evidenzia come l'abnormità della deduzione impugnata emerga dalla circostanza che, “benché non fosse proprietario e/o titolare delle tubazioni il cui guasto era all'origine delle infiltrazioni d'acqua”, ha prontamente provveduto alla riparazione, mediante i due interventi effettuati il 13 ed il 25 maggio 2013 e, dunque, anche in anticipo rispetto all'atto di diffida del Comune di ### notificatogli il ###, di cui ha chiesto la revoca in autotutela. Aggiunge che l'episodio infiltrativo era stato aggravato dal comportamento della stessa ricorrente che “non si era adoperata per contenere i danni al controsoffitto […], aveva causato l'imbarcamento del parquet […] si era procurata un azzardato ordine di sgombero per un inesistente pericolo di dissesto del solaio intermedio” e non aveva consentito “un sopralluogo tecnico nell'appartamento danneggiato a chicchessia”. Censura così quella parte di sentenza in cui “A) si condannano il dott. ### ed il sig. ### (in misura proporzionale di 2/3 ed 1/3) alla corresponsione, in favore della sig.ra ### alla corresponsione della somma di € 45.000,00 a titolo di indennità per la perdita dell'avviamento commerciale ex art. 34 L. 392/1978 (di cui la ricorrente non aveva mai validamente fatto domanda!); B) si condanna il dott. ### alla corresponsione, in favore del sig.  ### della somma di € 45.000,00 (pari ad 1/3 di € 135.000,00), pari ad 1/3 dei canoni di locazione “decorrenti da maggio 2014 ad oggi”, oltre all'ulteriore importo di € 17.537,07 per presunti oneri condominiali, oltre alla somma di € 12.300,00 a titolo di risarcimento dei danni causati all'immobile in questione (come da quantificazione del C.T.U.)” (pagine 42 e 43 dell'atto di appello). Specifica, in proposito, che l'irragionevolezza della condanna risarcitoria si riflette altresì nella circostanza che è stata applicata, nei suoi confronti, una condanna al pagamento per danno da lucro cessante, oltre che per gli oneri condominiali “da maggio 2014 ad oggi”, ossia dal periodo successivo al riottenimento dell'immobile in capo al proprietario fino alla data di pubblicazione della sentenza. Con il medesimo motivo precisa, infine, che i detti importi non sono dovuti anche in considerazione del sopravvenuto difetto di legittimazione passiva in capo a ### per effetto dell'avvenuta vendita dell'immobile de quo nelle more del giudizio di primo grado, ossia in data ###, come risultante dalla visura catastale versata in atti. 
Anche questo motivo merita accoglimento. 
Merita di essere precisato, in primo luogo, che il diritto al risarcimento dei danni cagionati ad un bene non costituisce un accessorio del diritto di proprietà, ma è un diritto di credito, distinto e autonomo rispetto al diritto reale. Il suo esercizio spetta, quindi, al titolare del diritto di proprietà sul bene al momento dell'evento dannoso, non seguendo le vicende di trasferimento del bene, salvo che non sia convenuto un patto contrario (cfr. Cass. Sez. ### 16 febbraio 2016, n. 2951), ovvero a colui che ha subito il pregiudizio e, dunque, chi era il titolare della proprietà del bene al momento del sinistro che lo ha danneggiato ### precisato, occorre rilevare che la condanna al pagamento delle somme, di cui alla parte di sentenza impugnata, disposta in capo a ### nei riguardi di ### appare ingiustificata, in minima parte per insussistenza dei presupposti su cui si fonda e, in altra parte, per la riscontrata carenza di legittimazione ad agire in capo al richiedente. In particolare, con riferimento al primo aspetto, occorre specificare che nel giudizio di primo grado ### richiedeva la complessiva somma di € 110.073,71, comprensiva dei danni arrecati alla struttura dell'immobile, della mancata percezione dei redditi locatizi e del mancato pagamento degli oneri condominiali, a titolo di danno emergente asseritamente subito dalla causazione delle infiltrazioni e dall'omesso ripristino dei luoghi da parte del proprietario e del conduttore dell'immobile sovrastante, evidenziando “l'omessa restituzione dell'immobile da luglio 2013 ad aprile 2014 che, se nella disponibilità del proprietario sarebbe stato immediatamente riattato e concesso in locazione” (cfr. comparsa di costituzione con domanda riconvenzionale). 
Orbene, in proposito, occorre osservare come ### a fronte della deduzione di ### di pronta eliminazione della causa delle infiltrazioni mediante due interventi di riparazione effettuati nell'immobile sovrastante, in data 13 e 25 maggio 2013, che avrebbero determinato la cessazione dello stato di pericolo e la richiesta di revoca in autotutela dell'atto di diffida del Comune di ### non abbia effettuato alcun tipo di contestazione eccependo, ad esempio, l'insussistenza dell'intervento praticato ovvero l'inadeguatezza di quello effettuato, né abbia indicato se le dette infiltrazioni erano ancora in atto al momento del recupero del bene locato. 
Occorre valutare, dunque, queste considerazioni unitamente alla circostanza secondo cui egli stesso abbia riferito una causa che potrebbe assumersi come interruttiva del nesso di causalità tra il fatto dannoso cagionato dal conduttore e/o proprietario dell'immobile sovrastante e l'evento di danno, riconducibile alla condotta tenuta da #### infatti, a pagina 3 della comparsa di costituzione di primo grado, riferiva che ### aveva mostrato “scarsa propensione ad osservare le norme che disciplinano il contratto di locazione”, avendo impedito “al locatore ogni possibile intervento diretto all'immediato recupero della situazione determinatasi a seguito delle infiltrazioni; rifiutandosi, in particolare, di consegnare le chiavi dell'immobile al locatore per la constatazione dell'evento, dei reali danni provocati e per quanto, nell'immediato, si sarebbe potuto fare per riattare l'immobile”. 
Così come la ### S.p.A. eccepiva che l'attrice “non ha mai permesso l'ispezione dell'immobile impedendo di fatto la valutazione e la quantificazione dei lamentati danni” (cfr. comparsa di costituzione di detta assicurazione). 
La prescritta circostanza di aggravamento della situazione di fatto dell'immobile è stata riferita anche dal c.t.u. nel corso del procedimento per accertamento tecnico preventivo che, a pag. 18 della relazione, ha specificato che gli interventi necessari per l'eliminazione dei danni “non consentono il ripristino delle condizioni di normale fruizione dell'immobile in quanto si ribadisce che oltre ai danni da infiltrazione, l'immobile di ### presenta manomissioni compiute da terzi”. Al contempo, il c.t.u. ha rilevato che dagli intradossi dei solai “non sussistono lesioni o qualsivoglia segni evidenti che possano far pensare a problemi strutturali degli stessi e che richiedono interventi straordinari”, qualificando, al contrario, gli interventi di ripristino (rimozione di parte del parquet a listoni e della controsoffittatura danneggiata, rasatura dei controsoffitti e successiva rasatura, scartavetratura delle pareti e verifica dell'impianto elettrico) come “ordinari” (cfr. pagine 15 e 18 della relazione). 
Questi rilievi non sono stati espressamente contestati da ### per il tramite del proprio consulente, #### (cfr. pag. 20 della consulenza di parte), né sono state allegate significative circostanze tali da far presumere che lo stato dei luoghi era talmente deteriorato da aver impedito a ### di provvedere alla stipula di un successivo contratto di locazione, una volta ottenuta la disponibilità del proprio immobile, come chiaramente affermato nella comparsa di costituzione in giudizio. 
Queste argomentazioni, seppur valevoli per il periodo immediatamente successivo al recupero del bene locato (maggio 2014 come riconosciuto in sentenza), si coniugano, dunque, con l'ulteriore profilo di carenza di legittimazione ad agire in capo al richiedente per il periodo dal 29.6.2015 fino al giorno di pubblicazione della sentenza, dovuta all'intervenuta vendita dell'immobile, come documentato con la visura storico-catastale depositata in atti da ### (cfr. allegato 23) e giammai contestata. 
Merita di essere specificato, in proposito, che consolidato e univoco è l'orientamento giurisprudenziale secondo cui le contestazioni sulla legittimazione ad agire, attiva o passiva, così come sulla titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, e, di conseguenza, il difetto di legittimazione così come la carenza di titolarità del rapporto, ancorché non oggetto di contestazione dall'altra parte, sono rilevabili di ufficio se risultanti dagli atti di causa (cfr. in tal senso Cass. Sez. U, Sentenza n. 2951 del 16/02/2016). 
In ragione di quanto esposto e in accoglimento del secondo e del terzo motivo dell'appello principale, la parte della sentenza impugnata, confluita nei i capi C) ed F) del dispositivo, va interamente riformata nel senso di respingere qualsivoglia domanda avanzata nei suoi confronti da parte di ### a titolo di indennità di avviamento commerciale che di ### a titolo di canoni di locazione e oneri condominiali “da maggio 2014 ad oggi” a nulla rilevando che la suddetta sentenza di condanna sia passata in giudicato nei confronti degli altri coobbligati non impugnanti. 
In particolare, la richiesta di riforma della condanna avuto riguardo all'indennità di avviamento commerciale calcolata dal giudice di prime cure in complessivi € 45.000,00, da porre per 2/3 a carico di ### per € 30.000,00, travolge l'intero importo riconosciuto a suo carico in favore di ### per € 28.875,33 (così ridotto in ragione dell'aggravamento del danno provocato dall'attrice) così come l'intero importo riconosciuto in favore di ### per complessivi € 74.837,07, pari ai 2/3 di € 135.000,00 a titolo di canoni di locazione da maggio 2014 alla pronuncia e di € 17.537,00 a titolo di oneri condominiali, mentre, rimane la condanna al pagamento della somma di € 12.300,00 a titolo di danni causati all'immobile e così quantificati nell'ambito del procedimento per accertamento tecnico preventivo.  ### incidentale Con il primo motivo ### lamenta il mancato riconoscimento degli importi a titolo delle migliorie apportate nell'immobile condotto in locazione, nonché l'omessa valutazione delle prove orali e documentali dalle quali si evincerebbe l'effettuazione dei detti lavori. 
Il motivo appare infondato per le motivazioni che seguono e la domanda è stata correttamente respinta dal Tribunale. 
Come più volte affermato dalla Suprema Corte, nel contratto di locazione, il diritto del conduttore alla indennità per i miglioramenti della cosa locata presuppone, ai sensi dell'art. 1592 c.c., che le relative opere siano state eseguite con il consenso del locatore, e tale consenso, importando cognizione dell'entità, anche economica, e della convenienza delle opere, non può essere implicito, né può desumersi da atti di tolleranza, ma deve concretarsi in una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà, anche tacita, mediante fatti concludenti, dai quali possa desumersi l'esplicita approvazione delle innovazioni. ### la mera consapevolezza (o la mancata opposizione) del locatore riguardo alle stesse non legittima il conduttore alla richiesta dell'indennizzo (cfr. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 4532 del 15/02/2019; Sez. 3, Ordinanza n. 15317 del 06/06/2019). 
Questo indirizzo appare valevole al capo di specie vieppiù in considerazione di specifiche disposizioni che disciplinano il contratto di locazione stipulato da ### e ### Gli articoli 11 e 12, infatti, rispettivamente prevedono che “ogni altra innovazione non potrà essere fatta dal conduttore, senza il preventivo consenso scritto del proprietario” e che “il conduttore non potrà apportare modifiche, aggiunte o innovazioni senza la preventiva autorizzazione scritta del locatore e comunque eventuali interventi resteranno a beneficio dell'immobile senza che nulla sia dovuto al conduttore al termine della locazione neanche a titolo di rimborso spese”. 
Vigendo nel sistema contrattuale la libertà della forma, al di fuori dei casi tassativi di forma legale, i contraenti sono liberi di eleggere una forma a requisito di validità di un determinato atto, com'è avvenuto nella fattispecie in esame; il tenore della norma dell'art. 1352 c.c. si manifesta univoco, poi, nel ricollegare all'adozione di una forma convenzionale la «presunzione» che la relativa previsione sia stata «voluta per la validità del contratto» (cfr. Cass., 12 marzo 2018, n. 5890; Cass., 30 novembre 2017, 288116) così che non rileva l'assenza di un'espressa e specifica previsione di «nullità convenzionale». 
E' noto, poi, che la forma convenzionale ex art. 1352 c.c. ben può riguardare anche i negozi unilaterali, in ragione, se non altro, del disposto dell'art. 1324 c.c. (cfr. Cass., 9 luglio 2019, n. 18414). 
La giurisprudenza della Suprema Corte ha, quindi, chiarito che “laddove la clausola che programma la forma di successivi atti o contratti sia da qualificare elemento essenziale del contratto assoggettato all'obbligo di forma, essa non potrà essere modificata con un accordo concluso verbis tantum o per fatti concludenti” (Cass., 14 giugno 2019, n. 16106) e che, in presenza di una prescrizione di forma convenzionale, non è nemmeno sufficiente il ricorso a “forme equivalenti” (Cass., 18 aprile 2019, 10845). 
In definitiva, premesso che grava sul conduttore che chieda l'indennità ex art. 1592 c.c. per i miglioramenti apportati alla cosa locata, l'onere di provare il consenso del locatore alla loro esecuzione, trattandosi di fatto costitutivo del preteso diritto ( Sez. 2 - , Sentenza n. 14 del 03/01/2017), l'indicata chiara ricostruzione della volontà delle parti espressa nel contratto di locazione con la previsione all'art.12 del consenso scritto per qualsiasi aggiunta o innovazione apportata all'immobile locato esclude la possibilità di dare rilievo al consenso verbale che dovrebbe desumersi dalla prova testimoniale espletata, secondo quanto prospettato con il motivo di appello in esame che va, pertanto, respinto. 
Con il secondo motivo ### deduce l'erroneità della condanna al pagamento della somma di € 10.073,71 a titolo di oneri condominiali da corrispondere sulla base di un decreto ingiuntivo emesso nei confronti di ### di cui contesta la mancanza di una prova certa delle somme e della loro specifica riferibilità alle quote ordinarie ovvero straordinarie. 
Occorre, in proposito, menzionare l'art. 16 del contratto di locazione, rubricato “oneri, accessori e forniture”, che prevede che “oltre al canone, il conduttore è tenuto a versare, a partire dal mese di dicembre 2012, gli oneri condominiali ordinari mensili che, secondo il dettato di legge, sono a suo carico” e considerare che il giudice di prime cha riconosciuto a tal titolo, a carico di ### la somma di € 10.073,71 verosimilmente sulla scorta del decreto ingiuntivo, del precetto e del successivo pignoramento, emessi e attivati da parte del ### nei confronti di ### e posti da quest'ultimo a fondamento della relativa domanda (cfr., in atti, comparsa di costituzione e documenti depositati a corredo della stessa). 
Il motivo appare fondato alla luce della giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di locazione di immobili urbani, qualora il conduttore, convenuto in giudizio per il mancato pagamento di oneri condominiali, contesti che il locatore abbia effettivamente sopportato le spese di cui chiede il rimborso o ne abbia effettuato una corretta ripartizione, incombe al locatore stesso, ai sensi dell'art. 2697 c.c., dare la prova dei fatti costitutivi del proprio diritto, i quali non si esauriscono nell'aver indirizzato la richiesta prevista dall'art. 9 della legge n. 392 del 1978, necessaria per la costituzione in mora del conduttore e per la decorrenza del bimestre ai fini della risoluzione, ma comprendono anche l'esistenza, l'ammontare e i criteri di ripartizione del rimborso richiesto (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20348 del 28/09/2010); quindi, in tali casi, il locatore adempie il proprio onere probatorio producendo i rendiconti dell'amministratore approvati dai condomini, mentre spetta al conduttore l'onere di sollevare specifiche contestazioni in ordine alle varie partite conteggiate, prendendo a tale scopo visione dei documenti giustificativi oppure ottenendone l'esibizione a norma dell'art. 210 c.p.c. (cfr. Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 29329 del 13/11/2019). 
Ebbene, alcuna prova è stata offerta dal locatore secondo i principi elaborati dalla Suprema Corte posto che il ricorso per decreto ingiuntivo depositato in giudizio fa riferimento, per la gran parte, ad oneri di carattere straordinario onde l'impossibilità di ripeterli dalla conduttrice, mentre, non vi è prova della quota, eventualmente pretesa a titolo di oneri condominiali ordinari, non essendo corredato dai documenti giustificativi, pur indicati in calce al ricorso. 
Con il terzo motivo ### censura la sentenza di primo grado nella parte in cui è stata riconosciuta in suo capo, quale custode dell'immobile locato, la responsabilità per i danni da manomissione compiuti da terzi e, per l'effetto, è stata condannata al pagamento del relativo aggravamento. 
Ritiene la Corte che la valutazione operata dal giudice di prime cure a questo proposito sia da condividere e non appaia scalfita dalle ragioni poste a fondamento del dedotto motivo. Infatti, il Tribunale ha ben richiamato la relazione tecnica resa all'esito del procedimento per accertamento tecnico preventivo, da cui si ricava, fin dalle prime pagine, che “lo stato dei luoghi dell'immobile ### non corrisponde a quello che si sarebbe dovuto riscontrare dopo la constatazione da parte dei ### del ### del fenomeno infiltrativo del 13.05.2013 e del crollo di parte del controsoffitto del 16.05.2013 […] è infatti evidente che i luoghi sono stati manomessi al fine di recuperare parti di impianto elettrico quali faretti, quadro elettrico e quant'altro recuperabile” (cfr. pag. 8). Poco oltre, viene detto che proprio la presenza dei detti danni di manomissione impedisce l'integrale “ripristino delle condizioni di normale fruizione dell'immobile” (cfr. pag. 18). 
Questi rilievi non appaiono espressamente contestati da ### che, al contrario, nella seconda memoria dell'art. 183, comma 6, c.p.c. riferiva in proposito che “aveva da poco realizzato dei lavori nell'immobile e che i faretti e l'impianto stereo erano di sua proprietà, pertanto devono essere considerate come addizioni che possono essere separate dalla cosa senza che vi si arrechi alcun nocumento. E' ragionevole che la proprietaria di queste addizioni, le ha rimosse per installarle in altro luogo adibito a sartoria, visto che è stata costretta a lasciare il locale dove avrebbe dovuto svolgere la propria attività lavorativa”. 
Né emerge, dal tenore delle proprie difese, che ella si sia prontamente attivata per contenere il danno impedendo anche al proprietario, ### di ispezionare l'immobile locato al fine di constatare l'effettiva consistenza dei danni, come desumibile dalla raccomandata del 25 settembre 2013 versata nel proprio fascicolo (cfr. allegato n. 4) (“il mio assistito sebbene più volte ha comunicato oralmente di voler ispezionare l'immobile, anche interessando l'Avv.  ### […] in data 11 c.m. si recava, dopo averne annunciato la presenza per quella data e per le prime ore pomeridiane, presso l'immobile di sua proprietà e, alla presenza di un tecnico di sua fiducia, ha constatato che alcuno si è presentato per consentire l'accesso all'immobile”). 
Così come non sembra potersi desumere alcun argomento dalla circostanza in base alla quale nel verbale di consegna del 3.4.2014 “è espressamente indicato che: l'immobile risulta essere gravemente danneggiato a causa di infiltrazioni d'acqua e che il sig.  ### con la consegna del bene, sollevava “la sig.ra ### da ogni responsabilità nei confronti dei terzi derivanti dall'uso o dalla conservazione del bene locato, atteso che nessuno era intervenuto a mettere in sicurezza l'immobile de quo”” e posto che il primo accesso, presso l'immobile danneggiato, come si evince dall'elaborato peritale dell'### Schifani, è stato effettuato in data ### dal momento che il danneggiamento descritto dal c.t.u. è appunto rappresentato da quanto ### dichiara di aver lei stessa posto in essere. Invero, con la memoria di replica ex art.190 c.p.c. l'appellante incidentale ha espressamente dedotto che: “gli oggetti in questione erano stati rimossi dalla stessa appellata e che tale rimozione era giustificata dal fatto che erano beni di sua proprietà e che parte del materiale avrebbe dovuto essere utilizzato nella nuova sartoria, oltre al fatto che appariva pericoloso lasciare tali oggetti nel luogo in questione in quanto avrebbero potuto ulteriormente rovinarsi o, in caso di altre perdite, provocare un corto circuito nell'impianto elettrico atteso che gli stessi risultavano completamente immersi nell'acqua”. 
La tesi non è condivisibile posto che in tema di locazione, gli incrementi del bene locato, in applicazione del principio generale dell'accessione, divengono di proprietà del locatore, proprietario della cosa locata, pur con le specifiche modalità dettate dall'art. 1593 c.c., rimanendo, tuttavia, in facoltà delle parti di prevedere apposita clausola derogatrice volta ad escludere che il bene immobilizzato nel suolo sia ritenuto dal proprietario di quest'ultimo (cfr. Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 2501 del 04/02/2013). E nella fattispecie in esame, oltre la previsione di legge, soccorre anche quanto, conformemente ad essa, hanno previsto le parti con la clausola negoziale n.12 del seguente tenore: “il conduttore non potrà apportare modifiche, aggiunte o innovazioni senza la preventiva autorizzazione scritta del locatore e comunque eventuali interventi resteranno a beneficio dell'immobile senza che nulla sia dovuto al conduttore al termine della locazione neanche a titolo di rimborso spese” per cui correttamente non risulta efficacemente contestato dall'appellante incidentale quanto ritenuto dal giudice di prime cure in merito all'attribuzione in capo alla conduttrice della “asportazione di complementi dell'impianto elettrico e di condizionamento e filodiffusione vale a dire aggravamento dei danni rispetto al verbale di contestazione dei ### del fenomeno infiltrativo del 13.05.2013 e del crollo di parte del controsoffitto del 16.05.2013, manomissione che ha comportato un aggravamento dei danni pregressi”. 
Appare inoltre opportuno, in proposito, richiamare anche l'orientamento a tenore del quale “### di non aggravare il danno, imposto dall'art. 1227, comma secondo, cod.  a carico del danneggiato, impone a quest'ultimo di attivarsi per scegliere la condotta maggiormente idonea a contemperare il proprio interesse con quello del debitore alla limitazione del danno e deve ritenersi violato nel caso in cui il danneggiato trascuri di adottare tale condotta, pur potendolo fare senza sacrificio” (Cass. Sez. 2, 5/4/2011, n. 7771 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10686 del 22/7/2002 in tema di danni da infiltrazioni d'acqua provenienti da una terrazza al garage sottostante che ha ritenuto che in tale ipotesi, ai fini della liquidazione del danno, deve tenersi conto del grado del contributo delle rispettive condotte colpose del danneggiante e del danneggiato alla causazione dell'evento). 
Con il quarto motivo ### lamenta l'omessa pronuncia da parte del giudice di prime cure circa l'ulteriore profilo di danno relativo alla stipula di un nuovo contratto di locazione. 
Il motivo appare infondato posto che la richiesta di siffatta voce di danno non è stata ritualmente formulata dalla parte ricorrente. Ed invero, quest'ultima, nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, nel richiedere la somma di € 50.000,00 a titolo di risarcimento dei “danni subiti e subendi”, deduceva a fondamento del proprio assunto che il fenomeno infiltrativo aveva danneggiato la merce nonché impedito il regolare svolgimento dell'attività di sartoria nell'immobile, provvedendo a specificare le singole voci di danno tardivamente solo nella memoria del secondo termine dell'art. 183, comma 6, c.p.c., come già argomentato con la disamina del secondo motivo dell'appello principale.  ### motivo con cui l'appellante incidentale si duole che le spese occorse per il procedimento di accertamento tecnico preventivo non siano state poste a carico dei convenuti o, meglio, a carico dell'odierno appellante principale in quanto soccombente, verrà esaminato con la regolamentazione delle spese di lite. 
Regolamentazione delle spese di giudizio ### riforma della sentenza impugnata deve, infatti, conseguire l'applicazione del principio consolidato secondo cui il potere del giudice d'appello di procedere d'ufficio a un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte (come nel caso di specie) della sentenza impugnata, in quanto il relativo onere deve essere attribuito e ripartito in relazione all'esito complessivo della lite, laddove, in caso di conferma della decisione impugnata la decisione sulle spese può essere dal giudice del gravame modificata soltanto se il relativo capo della decisione abbia costituito oggetto di specifico motivo d'impugnazione. Tuttavia, anche in ragione dell'operare del c.d. effetto espansivo interno di cui all'art. 336, comma 1, c.p.c., l'accoglimento parziale del gravame della parte vittoriosa in cui favore il giudice di primo grado abbia emesso condanna alla rifusione delle spese di lite non comporta, in difetto di impugnazione sul punto, la caducazione di tale condanna, sicché la preclusione nascente dal giudicato impedisce al giudice dell'impugnazione di modificare la pronuncia sulle spese della precedente fase di merito, qualora egli abbia valutato la complessiva situazione sostanziale in senso più favorevole alla parte vittoriosa in primo grado (cfr. Cass. Sez. 3 - , Ordinanza n. ### del 19/12/2024 e Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 27606 del 29/10/2019). 
Occorre poi specificare che le spese dell'accertamento tecnico preventivo a fini di composizione della lite ex art. 696 bis c.p.c. devono essere poste a carico della parte richiedente, e saranno prese in considerazione nel successivo giudizio di merito, ove l'accertamento tecnico sarà acquisito, come spese giudiziali, da porre, salva l'ipotesi di compensazione, a carico del soccombente (cfr. Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 29850 del 27/10/2023). 
A ciò va poi richiamato il principio affermato dalle ### della Suprema Corte (### U - , Sentenza n. ### del 31/10/2022) secondo cui “in tema di spese processuali, l'accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un'unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall'art. 92, secondo comma, cod. proc.  civ.”, e, tenuto conto del parziale accoglimento delle domande uniche avanzate nel primo grado del giudizio, seppure articolate in più capi; pertanto, deve ritenersi che le spese legali siano state correttamente regolamentate nel primo grado del giudizio, mentre le spese occorse per il procedimento per accertamento tecnico preventivo (in quanto sostanzialmente finalizzato alla determinazione delle causa delle lamentate infiltrazioni) dovranno essere poste a carico di ### in considerazione dell'attribuzione al medesimo della relativa responsabilità. 
Le spese del presente grado, invece, tenuto conto del parziale accoglimento dell'appello principale e di quello incidentale e dell'equivoca impostazione difensiva del ### devono compensarsi tra tutte le ### PQM La Corte di Appello di ### - ### sezione civile - definitivamente pronunciando sull'appello proposto da ### nonché sull'appello incidentale proposto da ### quale titolare della ditta individuale ### avverso la sentenza n. 2758/2019 pronunciata in data 14 marzo 2019 dal Tribunale di ### così provvede: a) accoglie l'appello principale per quanto di ragione e, per l'effetto in parziale riforma della sentenza impugnata, rigetta la domanda di risarcimento dei danni avanzata nei confronti di ### da parte di ### e condanna ### al pagamento di € 12.297,40 in favore di ### in luogo della somma di € 74.837,07, oltre accessori come riconosciuti; b) accoglie l'appello incidentale per quanto di ragione e, per l'effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata condanna ### al pagamento in favore di ### della somma di € 16.660,00 in luogo di € 26.733,71, oltre interessi come riconosciuti; c) pone le spese occorse per il procedimento di accertamento tecnico preventivo a carico di ### d) compensa tra tutte le ### le spese del grado. 
Così deciso in ### nella ### di Consiglio del 24 marzo 2025.  ### est.   dr.ssa ### d'### 

causa n. 1869/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Rosa Maria Teresa, D' Amore Assunta

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