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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Nola, ### nella persona del Giudice Unico, dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 3059 del Ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2012, avente ad oggetto “nullità ex artt. 1418,1343,1344 e 2744 cod.civ. se/o in subordine revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. ”, riservata per la decisione all'udienza del 10.02.2022, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c., e vertente TRA ### S.A.S.### E ### ( 55/2009), elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ### dalla quale è rappresentato e difeso, in virtù di provvedimento di autorizzazione del giudice delegato del 29.03.2012 e di procura a margine dell'atto di citazione #### S.P.A., nuova denominazione assunta dalla ### spa, rappresentata e difesa, giusta procura generale alle liti in autentica per notar ### dell'08/02/2011, rep.552441, racc.82775, da avv. ### con studio in Napoli al ### I n.22 ed elettivamente domiciliata presso la filiale ### di ### alla #### nella qualità di socio unico e legale rappresentante della società ### S.p.a. (### s.r.l.). CONCLUSIONI: Le parti hanno concluso come da verbale dell'udienza del 10.02.2022 FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato il fallimento in epigrafe indicato conveniva in giudizio la ### s.p.a. rassegnando le seguenti conclusioni: “in via principale, -previo accertamento e declaratoria della simulazione relativa per interposizione fittizia…..dichiarare la nullità ex artt. 1418,1343,1344 e 2744 cod.civ. del contratto ### di vendita con leasing di ritorno, a ministero del ### in ### in ### stipulato in data ### (trascritto in data ### -rep.n. 230286, racc.n.14762) di cui in narrativa, con ogni conseguente statuizione in ordine alla restituzione del cespite;- per quanto esposto al capo 1.2), dichiarare la nullità ex artt.1418,1343,1344 e 2744 cod.civ. del contratto di vendita e leasing, con conseguente statuizione in ordine alla restituzione dell'immobile; in via alternativa e/o subordinata -dichiarare, ai sensi e per gli effetti degli artt.66 L.F. e 2901 cod.civ., l'inefficacia nei confronti del ### degli atti innanzi compiutamente indicati, vendita e leasing, con ogni conseguente statuizione, disponendo, in ogni caso, la trascrizione dell'emananda sentenza con esonero di responsabilità per il competente ### dei ###; -condannare parte convenuta all'integrale rifusione delle spese e compensi di lite”.
A tal fine esponeva: 1) che con atto pubblico per ### del 04.06.2007, la ### S.r.l., in persona dell'### unico e legale rapp.te p.t., sig. ### vendeva alla S.p.a. ### , per il prezzo dichiarato di € 350.000,00, oltre ### pari ad € 70.000,00, un immobile sito in ###,alla via ### n.59 e precisamente: “locale ad uso commerciale suddiviso in tre vani, ubicato al piano terra,… della consistenza catastale di metri 103 … riportato nel ### al foglio 13, p.lla 601, via ### piano T, cat C/1, cl.5, mq 103, R.C.E. 3.484,28; 2) che le parti contraenti davano atto che l'immobile costituiva oggetto di locazione finanziaria tra la ### s.p.a. - quale società acquirentee la ### s.r.l. in persona del legale rappresentante ### - quale parte utilizzatrice; 3) che più precisamente le parti pattuivano che “ la parte acquirente, come sopra rappresentata, acquista l'immobile al solo scopo di concederlo in locazione finanziaria alla parte utilizzatrice che ha trattato e definito direttamente con la parte venditrice prezzo e condizioni della vendita, onde utilizzarlo ad uso commerciale…” e che nell'atto in questione interviene anche il sig. ### quale conduttore del medesimo immobile oggetto di vendita “… per rinunciare al diritto di prelazione…” per cui “ la consegna dell'immobile viene effettuata, pertanto, direttamente alla parte utilizzatrice che con il presente atto ne dà conferma”; 4) che con sentenza depositata in data ###, il Tribunale di ### dichiarava il fallimento della ### S.a.s di ### & C.( già ### S.r.l.) e dei soci illimitatamente responsabili, ### e ### Tanto premesso, sul presupposto che l'operazione posta in essere tra le parti integrasse una simulazione relativa soggettiva del contratto per interposizione fittizia della ### s.r.l., ora ### s.r.l. ### alla ### s.r.l. , la quale ultima sarebbe stata l'effettiva utilizzatrice e titolare del diritto di opzione per il riacquisto dell'immobile alla cessazione del contratto di leasing, allegava quali indici sintomatici dell'interposizione fittizia i seguenti elementi: 1) il rapporto di coniugio tra il fallito ### e Del Giudice Autilia, socia della società utilizzatrice ### s.r.l.; 2) la partecipazione di Del Giudice Autilia ad entrambe le società, quale socia della ### dal 09.06.2006 al 13.11.2006 e titolare di quote della ### s.r.l. per circa il 95% del capitale sociale alla data del 13.12.2006; 3) l'identità dell'oggetto sociale delle due società; 4) dalla prestazione di fideiussioni da parte di Del Giudice Autilia in favore delle banche per prestiti concessi alla società fallita; 5) l'immutato uso degli immobili nonché dall'effettivo uso degli stessi da parte della ### s.r.l., come risultava dalle visure camerali in atti. In particolare, parte attrice, sull'assunto di una solo fittizia trilateralità, deduceva che le parti non avessero inteso stipulare due contratti, di vendita e leasing, ma un solo contratto atipico e complesso, di vendita con leasing di ritorno anomali, finalizzato a dissimulare un mutuo garantito da un trasferimento di proprietà , ossia da un patto commissorio immediatamente traslativo, finalizzato ad aggirare il divieto di patto commissorio ex art. 2744 c.c. in quanto tale nullo ex artt. 1418 comma 2, 1343 e 1344 c.c.., i cui elementi sintomatici erano da individuare: 1) nella condizione di debolezza economica e nello stato di grave difficoltà economica in cui all'epoca della stipula degli atti versava la società venditrice che presentava una esposizione debitoria di oltre euro 8.000.000.; 2) nell'evidente sproporzione tra il prezzo di acquisto e di vendita, da valutarsi anche in relazione al valore di mercato dell'immobile.
Inoltre, la nullità dei contratti di vendita e di leasing per violazione del divieto di patto commissorio, secondo la prospettazione attorea appariva ravvisabile anche rispetto a più negozi collegati: in particolare, prospettando l'operazione posta in essere tra le tre parti mediante due diversi contratti di vendita e di leasing e non dunque quale sale and lease back, tali contratti erano da ritenersi funzionalmente collegati , connessi e interdipendenti e posti in essere con l'intento primario, ulteriore e non simulato, di costituire una vendita a scopo di garanzia, con conseguente nullità dell'intero rapporto collegato.
In via alternativa e/o subordinata deduceva la revocabilità dell'atto di compravendita ex artt. 66 e 2901 c.c. in quanto preordinato al conseguimento di finalità fraudolente a danni dei creditori, avendo con l'atto di trasferimento la società fallita reso più incerto e difficile il soddisfacimento dei creditori e vanificando ogni possibilità di aggredire il patrimonio della società fallita desumibile dai seguenti indici sintomatici: 1) al momento della vendita del cespite la fallita presentava una esposizione debitoria verso di istituti bancari per oltre euro 5.000.000, verso i fornitori per oltre euro 2.000.000,000 e una esposizione complessiva ammessa al passivo per oltre euro 8.000.000; 2) la precedenza dei debiti indicati rispetto all'atto di compravendita dimostravano la dolosa preordinazione dell'atto; 3) la scientia damni sarebbe desumibile da indici presuntivi quali la sproporzione del prezzo, anche in relazione al valore di mercato del cespite; 4) la destinazione di euro 157.330,47 su richiesta di parte venditrice alla ### di ### per l'estinzione del residuo debito di mutuo, con conseguente cancellazione dell'ipoteca a garanzia del mutuo di euro 200.000,00 concesso alla ### in data ###; 4) la società fallita, mediante altra società di leasing, aveva venduto quasi contestualmente in data ###8 altri due immobili con conseguente leasing in favore della società s.r.l. ### s..rl. di cui era socio ### e Del Giudice Autilia; 6) la consapevolezza in capo al terzo acquirente di ledere le ragioni dei creditori derivanti dalle qualifiche professionali del terzo.
Si è costituita in giudizio la ### depositando comparsa di risposta, impugnando e contestando l'avversa domanda, nonché la documentazione prodotta, in quanto inammissibile, improcedibile ed improponibile, oltre che totalmente infondata in fatto ed in diritto, eccependo, in via preliminare l'incompetenza territoriale del Tribunale di ### essendo competente il Tribunale di Milano in qualità di foro esclusivo eletto, ex art. 26 del contratto di leasing, dai contraenti per qualsiasi controversia relativa al contratto stesso, nonché la nullità dell'atto introduttivo per omessa esposizione dei fatti di causa.
Ha, altresì, impugnato la documentazione depositata da controparte, in quanto non analiticamente fascicolata e prodotta in violazione degli artt. 74 e 87 delle disposizioni di attuazione cpc., nonché in quanto depositata in copia fotostatica non conforme all'originale e, dunque, in violazione degli artt. 2712 e 2719 cc., con particolare riguardo ai documenti n. 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8 così come indicati da controparte ed, infine, l'inammissibilità della domanda, per mancanza in atti del provvedimento di nomina.
Nel merito, ha invece sostenuto l'infondatezza delle avverse domande in quanto aventi ad oggetto la generica impugnativa del contratto di compravendita per notar ### in ### in ### stipulato il ###, essendo la società totalmente estranea a qualsivoglia accordo, nonché per mancata specificazione del sé l'impugnativa del detto contratto ricomprendesse anche il collaterale e connesso contratto di leasing finanziario: deduceva, altresì, l'assenza di violazione della disciplina di cui all'.art. 2744 c.c. . sia perché nessun leasing era stato stipulato, inoltre, sfruttando la condizione di debolezza economica o assunti stati di grave crisi del soggetto poi fallito, sia per assenza dell'asserita sproporzione tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita.
Deduceva, altresì, l'infondatezza della domanda revocatoria proposta per insussistenza dei presupposti, mentre in relazione alla qualità di operatore qualificato deduceva che l'#### società appartenente al ### non aveva alcuna possibilità di accedere ai dati della ### per ovvi motivi di privacy.
Infine, in relazione alla domanda di restituzione del bene segnalava che in data ### il contratto di locazione finanziaria era stato ceduto alla società ### La causa, rinviata per oltre 6 anni per consentire la corretta instaurazione del contraddittorio nei confronti del convenuto amministratore unico della ### s.r.l. (### s.r.l. unipersonale ) sig. ### veniva successivamente interrotto il giudizio per intervenuto fallimento di tale ultima società.
Dopo molteplici mutamenti del giudice assegnatario del procedimento, con ordinanza del 10.01.2020 il Tribunale in diversa composizione, verificata la corretta instaurazione del contradditorio, concedeva i termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c..
Rinviata ulteriormente la causa in ragione della sospensione dei termini processuali civili conseguente all'emergenza epidemiologica dal ###19, la causa, istruita con l'acquisizione di documenti e l'espletamento di prova testimoniale, all'udienza del 10.02.2022 veniva riservata per la decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c..
In via preliminare, va dichiarata la contumacia di ### nella qualità di socio unico e legale rappresentante della società ### S.p.a. (### s.r.l.).
Sempre in via preliminare, va ricordata la funzione unicamente illustrativa della comparsa conclusionale, che non può contenere domande ed eccezioni nuove che comportino un ampliamento del tema di indagine: pertanto, non saranno presi in considerazione gli ampliamenti del tema decisionale, ove articolati nelle memorie conclusive ad opera delle parti.
Sempre in via preliminare, va rigettata l'eccezione di incompetenza per territorio ex art. 28 c.p.c. per essere competente il Tribunale di Milano, come previsto dall'art. 26 del contratto di locazione finanziaria stipulato tra la ### s.p.a. e la ### s.r.l., in quanto è noto che “l'accordo con il quale le parti di un contratto abbiano stabilito una deroga convenzionale alla competenza territoriale non opera nei confronti di chi sia rimasto estraneo all'accordo, a nulla rilevando la sussistenza di un'ipotesi di litisconsorzio necessario, poichè per il terzo la clausola di deroga è "res inter alios act” (Cass., n. 2445/2013, Cass., n. 21875/2004): pertanto, essendo la clausola inserita nel contratto di locazione finanziaria al quale parte attrice è rimasta estranea, la deroga alla competenza non risulta opponibile.
Ancora in via preliminare, va rigettata l'eccezione di nullità dell'atto introduttivo del giudizio, atteso che quest'ultimo contiene tutti gli elementi rilevanti ai sensi degli art. 163 e 164 c.p.c. ponendo così parte convenuta nella condizione di formulare in modo immediato ed esauriente le proprie difese; pertanto, non può dirsi violato il diritto di difesa della controparte, senza dubbio posta in gradocome concretamente ha fattodi esplicare tutte le proprie difese nel merito.
Ancora in via preliminare, con riguardo al disconoscimento della conformità delle copie depositate agli originali dei documenti, va osservato che come è noto, ai fini del disconoscimento della copia fotostatica ai sensi dell'art. 2719 c.c., la copia stessa si ha per riconosciuta se la controparte non la disconosca, in modo formale, ai sensi degli artt. 214 e 215 c.p.c. (applicabili in difetto di previsione di un distinto regime del disconoscimento ex art. 2719 c.c.) nella prima udienza o risposta successive alla sua produzione (Cass.Civ., Sez. I, 16 febbraio 2007, n. 3695). Inoltre, l'onere, stabilito dall'art. 2719 c.c., di disconoscere “espressamente” la copia fotografica (o fotostatica) di una scrittura, con riguardo sia alla conformità della copia al suo originale che alla sottoscrizione o al contenuto della scrittura stessa, implica che il disconoscimento sia fatto in modo formale e specifico, con una dichiarazione che contenga una non equivoca negazione della genuinità della copia. Pertanto, la relativa eccezione non può essere formulata in maniera solo generica, ma deve contenere specifico riferimento al documento ed al profilo di esso che venga contestato (Cass.Civ., Sez. Trib., 19 agosto 2004, n. 16232). Ed ancora, il disconoscimento della conformità di una copia fotografica o fotostatica all'originale di una scrittura, di cui all'art. 2719 c.c., non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata, previsto dall'art. 215, comma 1, n. 2) c.p.c.; mentre quest'ultimo, infatti, in mancanza di richiesta di verificazione, preclude l'utilizzabilità della scrittura, la contestazione ai sensi dell'art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità all'originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass.Civ., Sez. II, 27 marzo 2007, n. 7522).
Nel caso di specie, parte convenuta, pur avendo specificamente indicato i documenti oggetto di disconoscimento, si è limitata ad una generica contestazione di non conformità all'originale, senza alcuno specifico riferimento al profilo che dei medesimi viene contestato.
Infine, con riguardo all'eccezione relativa al difetto di potere rappresentativo, la curatela attrice ha provveduto sin dall'introduzione del presente giudizio a depositare il provvedimento di autorizzazione all'azione emesso dal giudice delegato e di nomina del relativo legale: come è noto, il mandato al difensore del fallimento costituisce una fattispecie complessa di procura alle liti costituita da tre atti quali l'autorizzazione a stare in giudizio, la nomina del difensore e il rilascio della procura al difensore da parte del curatore; rispetto a tale fattispecie complessa, la mancanza di autorizzazione del giudice delegato (comunque presente in atti) attiene alla legitimatio ad processum, ossia all'efficacia dell'attività processuale nell'esclusivo interesse del fallimento procedente e non alla validità della costituzione del fallimento stesso, la quale mancanza, peraltro, può essere sanata, con efficacia retroattiva anche nel corso del giudizio.
Tanto premesso, passando alla disamina del merito della controversia, appare necessario ai fini della decisione della lite, l'esame dei principi di diritto applicabili al caso di specie, con particolare riguardo agli istituti del sale anda lease back, della vendita a scopo di garanzia, del collegamento negoziale e del divieto di patto commissorio. ### i principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione con riferimento al contratto di “sale and lease back” (cfr. Cass., n.13305 / 2018 e in tal senso cfr., da ultima, 4664/2021 ) “ lo schema contrattuale del "sale and lease back" è, in linea di massima ed almeno in astratto, valido, in quanto contratto d'impresa socialmente tipico, ferma la necessità di verificare, caso per caso, l'assenza di elementi patologici, sintomatici di un contratto di finanziamento assistito da una vendita in funzione di garanzia, volto ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto di patto commissorio e, pertanto, sanzionabile, per illiceità della causa, con la nullità, ex art. 1344 c.c., in relazione all'art. 1418, comma 2, c.c.”.
In particolare il cd. sale and lease back è uno “ schema negoziale socialmente tipico, che si attua attraverso il collegamento tra un contratto di vendita di un bene di natura strumentale da parte di un'impresa (o di un lavoratore autonomo) ad una società di finanziamento che lo concede contestualmente in leasing all'alienante, il quale a sua volta corrisponde un canone per il relativo utilizzo, con facoltà di riacquistarne la proprietà alla scadenza del contratto, esercitando un diritto di opzione ad un prezzo predeterminato “(Cass. 9/3/2011, n. 5583).
Al fine di verificare se una specifica operazione di 'sale and lease back' sia in concreto diretta ad aggirare, o meno, il disposto dell'art. 2744 cod. civ. (e quindi nulla, ex art. 1344 e 1418, 2° comma, c.c.), la giurisprudenza di legittimità ha affermato che "gli elementi ordinariamente sintomatici della frode alla legge sono essenzialmente tre, così individuati: 1) la presenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria ### e l'impresa venditrice utilizzatrice, preesistente o contestuale alla vendita; 2) le difficoltà economiche dell'impresa venditrice, legittimanti il sospetto di un approfittamento della sua condizione di debolezza; 3) la sproporzione tra il valore del bene trasferito e il corrispettivo versato dall'acquirente, che confermi la validità di tale sospetto" (cfr. Cass. 5438/2006; Cass. 25552/2008; Cass. 21402/2017, cit.; Cass. 18327/2018; e, da ultima, Cass. 4664/2021); secondo l'orientamento dominante espresso dalla stessa Corte di legittimità, peraltro, 'è soltanto il 'concorso' di tali elementi sintomatici che vale a fondare ragionevolmente la presunzione che il lease back, contratto d'impresa per sé lecito, sia stato in concreto impiegato per eludere il divieto di patto commissorio e sia pertanto nullo perché in frode alla legge" (v., da ultima, Cass. 4664/2021 e in precedenza Cass. 16646/2017 secondo cui “essendo diretto ad impedire al creditore l'esercizio di una coazione morale sul debitore spinto alla ricerca di un mutuo (o alla richiesta di una dilazione nel caso di patto commissorio ab intervallo) da ristrettezze finanziarie, e a precludere, quindi, al predetto creditore la possibilità di fare proprio il bene attraverso un meccanismo che lo sottrarrebbe alla regola della par condicio creditorum, tale divieto deve ritenersi violato ogniqualvolta lo scopo di garanzia costituisca non già mero motivo del contratto ma assurga a causa concreta della vendita con patto di riscatto o di retrovendita”(v.
Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26973; Cass., 27/7/2006, n. 17145; Cass., 8/5/2006, n. 10490; Cass., 14/11/2005, n. 22932; Cass., 26/10/2005, n. 20816; Cass., 21/10/2005, n. 20398) a meno che, in base a dati sintomatici ed obiettivi quali la presenza di una situazione credito-debitoria preesistente o contestuale alla vendita o la sproporzione tra entità del prezzo e valore del bene alienato e, in altri termini, delle reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto (costituenti invero accertamento di fatto: v. Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 19/7/1997, n. 6663; Cass., 26/6/2001, n. 8742; Cass., 22/3/2007, n. 6969), non risulti che nel quadro del rapporto diretto ad assicurare una liquidità all'impresa alienante, l'alienazione risulti strumentalmente piegata al rafforzamento della posizione del creditore-finanziatore, che in tal modo tenta di acquisire l'eccedenza del valore, abusando della debolezza del debitore (v. Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 7/5/1998, n. 4612; Cass., 29/3/2006, n. 7296).
Va, peraltro, precisato che nel sale and lease back, manca la trilateralità propria del leasing finanziario (sicché in tal senso andrebbe rivisto l'incipit della massima estratta dalla sentenza 6663/1997 della Suprema Corte secondo la quale "poiché il contratto di sale & lease back è trilaterale .... per l'ipotizzabilità del patto commissorio è necessario dedurre l'interposizione fittizia dell'utilizzatrice": la motivazione della sentenza stessa chiarisce, difatti, la natura evidentemente bilaterale della fattispecie, e l'erroneità della proposizione inizialmente predicata in tema di trilateralità del sale & lease back), perché due soltanto sono, e possono essere, i soggetti dell'operazione, ovvero della "relazione bilaterale".
Trilateralità esclusa, dunque, in quanto l'utilizzatore assume il duplice ruolo (divenendo parte di due distinti anche se connessi contratti), del fornitore/venditore e dell'utilizzatore vero e proprio.
Entrambe le convenzioni negoziali divisate dalle parti (di vendita e di leasing) si realizzano, dunque, tra gli stessi soggetti e la vicenda contrattuale, al pari di qualunque altra fattispecie di collegamento negoziale, viola la suddetta ratio del patto commissorio sol che (e tutte le volte che) il debitore, allo scopo di garantire al creditore l'adempimento dell'obbligazione, trasferisca a garanzia del creditore un proprio bene, riservandosi la possibilità di riottenerne la proprietà all'esito dell'adempimento dell'obbligazione, senza però riservarsi alcuna facoltà, in caso di inadempimento, di recuperare l'eventuale eccedenza di valore del bene rispetto all'ammontare del credito, con un adattamento funzionale dello scopo di garanzia incompatibile con la struttura e con la ratio del contratto di compravendita, mentre l'esistenza di una concreta causa negoziale di scambio (che può riguardare, o meno, tanto il lease & sale back quanto lo stesso lo stesso leasing finanziario) esclude in radice la configurabilità del patto vietato.
Peraltro, gli elementi in precedenza indicati, la cui ricorrenza induce a ritenere realizzato una operazione negoziale in violazione del divieto di patto commissorio, risultano i medesimi anche nell'ipotesi di collegamento negoziale.
Infatti, in presenza di contratto di compravendita e successivo contratto di leasing, l'innegabile distinzione soggettiva tra venditore (la società poi fallita) ed utilizzatore in leasing del bene e la non identificabilità dell'alienante con l'utilizzatore non comporta la conseguente impossibilità, sul piano ontologico, di ravvisare, nell'operazione, la sussistenza di un contratto di leasing elusivo del divieto di cui all'art. 2744 c.c., e ciò per l'evidente ragione secondo cui qualsiasi struttura contrattuale (e, dunque, anche un asserito leasing finanziario "puro") è astrattamente idonea, in sede di adattamento funzionale (specie se tale adattamento sia frutto di un più articolato procedimento di collegamento negoziale), a violare il divieto di patto commissorio.
Affinché, però, tale astratta idoneità si tramuti in avvenuta concreta violazione, nella fattispecie de qua, di detto divieto, è necessario accertare se ricorrano, o non, quegli elementi patologici sintomatici dell'esistenza, benché mascherata da un fenomeno, in sé lecito, di collegamento negoziale, di un contratto di finanziamento assistito da una vendita in funzione di garanzia, volto cioè ad aggirare, con intento fraudolento, il divieto di patto commissorio previsto dall'art. 2744 c.c., e pertanto sanzionabile, per illiceità della causa, con la nullità, ai sensi del cit. art. 1344, in relazione all'art. 1418, secondo comma, c.c..
Soltanto il loro concorso vale, cioè, a fondare ragionevolmente la presunzione che una fattispecie di collegamento negoziale, di per sé lecita, sia stata in concreta impiegato per eludere il divieto di patto commissorio e sia pertanto nulla perché in frode alla legge.
Tanto premesso, si deve dare atto che la domanda proposta da parte attrice con riferimento alla nullità del contratto di compravendita e di leasing per contrasto con il divieto del patto commissorio ( tanto in termini di sale and lease back con interposizione fittizia di persona, tanto in termini di collegamento negoziale) è infondata e, pertanto, va rigettata.
Va, anzitutto, osservato che, come dedotto e documentato da parte attrice, con atto di compravendita stipulato in data ### la società fallita ebbe a vendere ### s.p.a.ad (ora ### ) un locale ad uso commerciale sito in ### e che detto immobile venne concesso in locazione finanziaria dalla ### alla società ### s.r.l. con il contratto di locazione finanziaria n. ### stipulato per un corrispettivo globale di € 357.168,00 oltre IVA per un totale di euro 420.000,00 per 180 mesi a canone mensile di euro 2.485,74 oltre iva.
Parte attrice facendo presente che i negozi giuridici stipulati in data hanno natura simulatamente trilaterale, atteso che tali negozi sono stati in realtà stipulati tra due soli centri di interesse ovvero la società ### da un lato, e la società fallita dall'altro, in quanto quest'ultima restava l'effettiva utilizzatrice dell'immobile e titolare del relativo diritto di opzione, desumeva la prova della fittizietà dell'interposizione da indici quali 1) il rapporto di coniugio tra il fallito ### e Del Giudice Autilia, socia della società utilizzatrice ### s.r.l.; 2) la partecipazione di Del Giudice Autilia ad entrambe le società, quale socia della ### dal 09.06.2006 al 13.11.2006 e titolare di quote della ### s.r.l. per circa iil 95% del capitale sociale alla data del 13.12.2006; 3) l'identità dell'oggetto sociale delle due società; 4) dalla prestazione di fideiussioni da parte di Del Giudice Autilia in favore delle banche per prestiti concessi alla società fallita; 5) l'immutato uso degli immobili nonché dall'effettivo uso degli stessi da parte della ### s.r.l., come risultava dalle visure camerali in atti.
Tuttavia, pur volendo ritenere provata l'interposizione fittizia di persona, facendo applicazione dei principi in precedenza espressi, si ritiene che non ricorra nel caso di specie una ipotesi di violazione del divieto del patto commissorio.
In primo luogo, parte attrice, ravvisa un indizio sintomatico della nullità dei contratti in esame nella esistenza di una preesistente situazione debitoria in capo alla società fallita nei confronti del gruppo ### di cui fa parte la ### esposizione emergente dalle domande di ammissione al passivo depositate in atti , precisando, altresì (cfr. atto di citazione pag. 8) che una parte del prezzo di acquisto su richiesta di parte venditrice veniva versata alla ### di ### per l'estinzione del residuo mutuo.
Nella specie, però, manca la dimostrazione della preesistenza, rispetto alla compravendita di cui al rogito del 2007, di una situazione di credito e debito tra la ### s.p.a. (oggi ### s.p.a.), società finanziaria (acquirente e poi concedente in leasing), e la ### s.a.s.., impresa venditrice, e/o la ### s.r.l., utilizzatrice in leasing, né sono documentati diversi ed ulteriori rapporti tra tali soggetti anteriori, essendo a tal fine irrilevanti i debiti che la società fallita aveva nei confronti dell'istituto di credito ### soggetto evidentemente diverso dalla ### Non possono certamente utilizzarsi, al fine di poter ritenere come esistente una situazione di credito e debito tra la società finanziaria ### e l'impresa venditrice e/o utilizzatrice contestuale alla vendita ed al leasing del 2007, le obbligazioni rispettivamente nascenti da questi ultimi, dovendo invece, ragionevolmente, il suddetto requisito riferirsi ad eventuali situazione di credito e debito diverse da quelle nascenti dalla operazione negoziale posta in essere, pur se contestuali ad essa, non ravvisandosi, altrimenti, lo scopo di garanzia (magari in frode alla legge), che quest'ultima dovrebbe assicurare.
Quanto poi all'asserita sproporzione tra il valore di mercato dell'immobile trasferito ed il corrispettivo versato dall'acquirente, le argomentazioni della ### appaiono assolutamente generiche. Ed invero, dalla sola perizia di parte allegata alla produzione di parte attrice (cfr. all. 16 in calce alla relazione del curatore) il tecnico individuato dalla curatela individua il valore di mercato dell'immobile per cui è causa nei valori massimi riportato dall'OMI (euro 3.840 mq *103*1,2) per un totale di circa euro 470.000,00 quale prezzo di partenza fino ad euro 500.000,00, senza, tuttavia, nulla specificare con riferimento ad immobili con analoghe caratteristiche in zona ed ai loro pretesi valori di mercato dell'epoca, se non escludendosi la precisazione, senza ulteriore supporto che “ all'epoca il mercato immobiliare era in forte crescita e tali tipologie di immobili erano molto appetibili”; al contrario, proprio sulla base dei valori indicati nella perizia indicata, emerge, al contrario, la congruità del prezzo, considerando i valori medi che dimostra la rispondenza ai valori di mercato del corrispettivo versato, non potendosi pretendere di rimetterne la dimostrazione del contrario ad c.t.u., che, però, notoriamente, non può sopperire alle carenze istruttorie dovute all'inadempimento al proprio onere probatorio da parte di ciascuno dei soggetti in lite.
Né tanto meno, ai fini della verifica della lamentata sproporzione, rileva la circostanza che parte del ricavato della vendita fosse stato utilizzato per estinguere debiti preesistenti , in quanto da ciò non può inferirsi che sia stato pagato un minor prezzo, posto che la somma così utilizzata risulta, comunque, entrata nel patrimonio del venditore/utilizzatore, traducendosi in una diminuzione delle sue passività.
In definitiva, ritiene questo Tribunale che non sia predicabile, - in assenza di riscontri certila sussistenza delle necessarie anomalie rispetto all'ipotesi tipo di per sé non illecita - con riguardo all'intera operazione negoziale, anche in termini di collegamento negoziale; benchè indubbiamente i due contratti appaiono, collegati nel senso in precedenza declinato, non si può ragionevolmente desumere che l'unico loro scopo sia stato quello di garanzia di (peraltro insussistenti) debiti della venditrice, verso l'acquirente, preesistenti e/o contestuali a detta operazione, in assenza della prova sia dell'esistenza di una situazione di debito del venditore nei confronti dell'acquirente, preesistente o coeva alla vendita - difettando, quindi, nella specie, proprio tale presupposto, necessario perchè l'operazione incorra nel divieto del patto commissorio -, sia della sproporzione tra entità del prezzo e valore del bene alienato e, più in generale, tra le reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto.
Va, a questo punto , valutata la domanda proposta in via subordinata di revocatoria ex art. 2901 Il rimedio contemplato dall'art. 2901 c.c. ha la funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore, quante volte la consistenza di tale patrimonio, per effetto di uno o più atti di disposizione posti in essere dal debitore medesimo, si sia ridotta in maniera tale da pregiudicare le concrete possibilità di agevole soddisfacimento del credito. Pertanto, proprio in ragione della funzione "meramente conservativa" dell'azione revocatoria, l'utile esperimento del rimedio di cui all'art. 2901 c.c. non travolge né rende invalido l'atto di disposizione posto in essere dal debitore, ma, semplicemente, determina l'inefficacia dello stesso in favore del solo creditore che abbia agito in revocatoria, sì da consentire a quest'ultimo di soddisfare le proprie ragioni di credito sottoponendo ad esecuzione forzata il bene oggetto dell'atto revocato (cfr. civ., sez. III, 15 febbraio 2011, n. 3676; Cass. civ., sez. II, 14 giugno 2007, n. 13972).
Va precisato, peraltro, che l'azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito e non anche la sua concreta esigibilità. Con particolare riguardo a tale elemento, la giurisprudenza ha affermato che il curatore del fallimento che esperisca l'azione revocatoria ordinaria è tenuto a provare, a meno che non venga ipotizzata una dolosa preordinazione dell'atto dispositivo, che i crediti dei creditori ammessi o di alcuni dei creditori ammessi al passivo erano già sorti al momento del compimento dell'atto che si assume pregiudizievole. Tali crediti determinano, poi, gli ulteriori oneri probatori in ordine, da un lato, alla loro consistenza e, dall'altro, in ordine alla consistenza quantitativa e qualitativa del patrimonio del debitore dopo il compimento dell'atto che si assume pregiudizievole. Infatti, soltanto l'acquisizione di tali dati consente di verificare in concreto, attraverso il loro raffronto, se l'atto abbia effettivamente pregiudicato le ragioni dei creditori (Cass. 4 settembre 2009, n. 19234; Cass. 31 ottobre 2008, n. 26331; Cass. 12 settembre 1998, n. 9092). Invero, la legittimazione del curatore del fallimento e la possibilità che dei risultati dell'azione vengano a beneficiare anche i creditori successivi al compimento dell'atto pregiudizievole (Cass. 9 aprile 1975, n. 1294) non mutano le condizioni dell'azione quali sono definite dall'art. 2901 cod. civ., che, salvo il caso della dolosa preordinazione, richiede, tra le altre, l'anteriorità del credito pregiudicato rispetto all'atto pregiudizievole.
Non è peraltro richiesta, a fondamento dell'azione revocatoria, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso (a questo proposito, la sostituzione di un immobile con il denaro derivante dalla compravendita comporta di per sé una rilevante modifica qualitativa della garanzia patrimoniale, in considerazione della maggiore facilità di cessione del denaro, in tal senso v. da ultimo Cass. civ., sez. III, 9 febbraio 2012, n. 1896).
Tale rilevanza quantitativa e qualitativa dell'atto di disposizione deve essere provata dal creditore che agisce in revocatoria, mentre è onere del debitore, per sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (cfr. civ., sez. III, 29 marzo 2007, n. 7767; Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2007, n. 7507; Cass. civ., III, 4 luglio 2006, n. 15265).
Agli effetti di tale azione, deve ritenersi lesivo del credito anteriore anche l'atto oneroso che sia collegato con uno o più atti successivi, in modo da risultare tutti convergenti, per il breve periodo di tempo in cui sono stati compiuti o per altre circostanze, al medesimo risultato lesivo (cfr. Cass. civ., sez. III, 9 febbraio 2012, n. 1896; Cass. civ., sez. II, 25 maggio 2008, n. 13404).
Peraltro, il momento storico in cui deve essere verificata la sussistenza dell'eventus damni, inteso come pregiudizio alle ragioni del creditore, tale da determinare l'insufficienza dei beni del debitore ad offrire la necessaria garanzia patrimoniale, è quello in cui viene compiuto l'atto di disposizione dedotto in giudizio ed in cui può apprezzarsi se il patrimonio residuo del debitore sia tale da soddisfare le ragioni del creditore, restando, invece, assolutamente irrilevanti, al fine anzidetto, le successive vicende patrimoniali del debitore, non collegate direttamente all'atto di disposizione ( Cass. civ., sez. III, 14 novembre 2011, n. 23743).
Inoltre, allorché, l'atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, l'unica condizione per l'esercizio della stessa è che il debitore fosse a conoscenza del pregiudizio delle ragioni del creditore e, trattandosi di atto a titolo oneroso, che di esso fosse consapevole il terzo nel momento di compimento dell'atto oggetto di revocatoria, senza che assumano rilievo eventuali comportamenti successivi da parte del terzo (cfr. Cass. civ., sez. III, 9 febbraio 2012, n. 1896).
Perché sussista il requisito dell' anteriorità del credito rispetto all'atto impugnato è sufficiente l'insorgere della posizione debitoria in capo al debitore, indipendentemente dalla circostanza che il debito sia certo e determinato nel suo ammontare o che sia scaduto ed esigibile (cfr. Cass. civ., III, 18 agosto 2011, n. 17365; Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2006, n. 1413; Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 2005, n. 2748; Cass. civ., sez. III, 17 ottobre 2001, n. 12678).
Ancora. La consapevolezza dell'evento dannoso da parte del terzo contraente, prevista quale condizione dell'azione dall'art. 2901, comma 1 n. 2, prima ipotesi, c.c., consiste nella conoscenza generica del pregiudizio che l'atto di disposizione posto in essere dal debitore, diminuendo la garanzia patrimoniale, può arrecare alle ragioni dei creditori (cfr. Cass. civ., sez. II, 18 gennaio 2007, n. 1068; Cass. civ., sez. I, 27 gennaio 2006,, n. 1759), non essendo necessario ai fini della ricorrenza del fattore della scientia damni anche la conoscenza specifica del debito facente carico all'alienante, e delle sue caratteristiche (cfr. Cass. civ., sez. II, 23 marzo 2004, n. 5741; Cass. civ., sez. II, 1 giugno 2000 n. 7262).
La relativa prova può essere data anche a mezzo presunzioni (cfr. Cass. civ., sez. III, 15 febbraio 2011, n. 3676; Cass. civ., sez. II, 13 maggio 2008, n. 13404; Cass. civ., sez. III, 22 agosto 2007, 17867) e si può ricavare da una serie di elementi quali le modalità di pagamento (ad. es. la previsione di una lunga dilazione senza corresponsione degli interessi) o la mancanza, nell'atto di vendita, delle necessarie visure ipotecarie e catastali (cfr. Cass. civ., sez. III, 18 ottobre 2011, 21503; Cass. civ., sez. II, 17 agosto 2011, n. 17327; Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 2008, n. 24757).
Inoltre, secondo l'orientamento consolidato della S.C., nel caso di vendita contestuale in favore di un terzo di una pluralità di beni del debitore, ovvero di vendita dell'unico bene immobile di proprietà del debitore, l'esistenza e la consapevolezza del debitore e del terzo acquirente del pregiudizio patrimoniale che tali atti recano alle ragioni del creditore, ai fini dell'esercizio da parte di questi dell'azione pauliana, possono ad ritenersi "in re ipsa" (cfr. Cass. civ., sez. II, 27 marzo 2007, n. 7507; Cass. civ., sez. I, 18 maggio 2005, n. 10430; Cass. civ., sez. III, 21 giugno 1999, 6248; Cass. civ., sez. I, 8 luglio 1998, n. 6676; Cass. civ., sez. III, 10 aprile 1997, n. 3113).
Quando, invece, l'atto di disposizione sia anteriore al sorgere del credito la condizione per l'esercizio dell'azione stessa è, ex art. 2901, comma 1, n. 2, oltre al consilium fraudis del debitore, la participatio fraudis del terzo acquirente, cioè la conoscenza da parte di questi della dolosa preordinazione dell'alienazione ad opera del disponente rispetto al credito futuro. Anche in tal caso è possibile la prova per presunzioni trattandosi di elemento psicologico (cfr. Cass. civ., sez. I, 9 maggio 2008, n. 11577; Cass. civ., sez. I, 21 settembre 2001, n. 11916), massimamente se fondate sulla qualità delle parti del negozio fraudolento e sulla sua tempistica rispetto alla pretesa del creditore (cfr. Cass. civ. sez. III, 10 ottobre 2008, n. 25016).
Sono di regola considerati elementi sintomatici l'acquisto contestuale di una pluralità di beni da parte di un unico soggetto, il pagamento di un prezzo inferiore a quello di mercato, i rapporti di parentela o amicizia tra le parti, l'aver addotto nel contesto negoziale un pagamento già avvenuto, la mancanza, nell'atto di vendita, delle necessarie visure ipotecarie e catastali (cfr. in argomento civ., sez. III, 18 ottobre 2011, n. 21503).
Risulta peraltro pacifico in giurisprudenza che, perchè possa essere accolta la domanda revocatoria, non è necessario che sussista un danno concreto e effettivo, sufficiente essendo che esista un pericolo di danno riconducibile alla modificazione del patrimonio del debitore (cfr. Cass. civ., III, 17 luglio 2007, n. 15880; Cass. civ., sez. III, 29 luglio 2004, n. 14489; Cass. civ., sez. III, 1 giugno 2000, n. 7262).
Orbene, venendo all'esame della domanda proposta, è noto che il curatore che intenda promuovere l'azione revocatoria ordinaria, per dimostrare la sussistenza dell'eventus damni ha l'onere di provare tre circostanze: ### la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito; ### la preesistenza delle ragioni creditorie rispetto al compimento dell'atto pregiudizievole; ### il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto. Solo se dalla valutazione complessiva e rigorosa di tutti e tre questi elementi dovesse emergere che per effetto dell'atto pregiudizievole sia divenuta oggettivamente più difficoltosa l'esazione del credito, in misura che ecceda la normale e fisiologica esposizione di un imprenditore verso i propri creditori, potrà ritenersi dimostrata la sussistenza dell'eventus damni"(Cass., 26331/2008).
Ora, secondo la prospettazione attorea, la compravendita per cui è causa, sarebbe senz'altro revocabile, ex artt. 66 l. fall. e 2901 c.c., sussistendone tutti gli elementi, e cioè: a) quanto meno la consapevolezza dell'acquirente che l'atto avrebbe arrecato pregiudizio ai creditori dell'alienante; b) il danno per questi ultimi, atteso che il bene che ne costituiva l'oggetto costituiva con il suo trasferimento ha reso più incerto e difficile il soddisfacimento dei creditori, vanificando ogni possibilità di aggredire con esito positivo il patrimonio della società fallita, per cui l'avvenuta sua disposizione aveva reso sostanzialmente impossibile, o comunque molto più difficoltoso, il legittimo soddisfacimento delle pregresse ragioni di credito della massa.
Orbene, si ritiene che non sia stata raggiunta la prova necessaria ai fini della revocabilità dell'atto.
Ed invero, parte attrice ha prodotto tempestivamente gli stati passivi approvati dal Giudice delegato al ### dai quali, tuttavia, non è dato evincere quali fossero i crediti, ammessi al passivo, con causali anteriori al 04.06.2007, e quindi l'entità dell'esposizione debitoria della società fallita, riconosciuta in sede di ammissione al passivo, esistente al momento in cui è stata posta in essere la contestata operazione negoziale.
Né a tal fine soccorrono le domande di insinuazione al passivo, depositate, nonostante la tardiva allegazione delle medesime, dal fallimento con la terza memoria istruttoria ex art. 183 comma 6 c.p.c., in quanto non appare certa la formazione della pur consistente debitoria della società fallita in data anteriore al 04.06.2007.
Inoltre, dalle visure ipotecarie prodotte da parte attrice, relative sia alla società fallita che al socio accomandatario, si evince che entrambi fossero alla data del 08.07.2009 (successiva al fallimento) titolari di terreni e consistenze immobiliari, di cui, tuttavia, non è conoscibile il valore. ### quanto precede, se, allora, è incontrovertibile che l'avvenuta alienazione del cespite immobiliare ha comportato una variazione, in negativo, del patrimonio della fallita, è parimenti innegabile che, attesa l'impossibilità di valutare l'importo dei crediti ammessi esistenti all'epoca della suddetta operazione - non è dato appurare se tale operazione (che comunque aveva portato nelle casse sociali il relativo corrispettivo,) abbia potuto essere stata certamente foriera di una reale maggiore difficoltà od incertezza nella esazione coattiva dei crediti: circostanza, quest'ultima, idonea a far ritenere insussistente l'eventus damni.
Va poi osservato che "allorché l'atto dispositivo pregiudizievole delle ragioni del creditore sia successivo al sorgere del credito (come accaduto nell'ipotesi in esame, chiarendosi all'uopo che il requisito dell'anteriorità del credito rispetto all'atto impugnato in revocatoria deve essere riscontrato in base al momento in cui il credito stesso insorga e non a quello del suo accertamento giudiziale. Cfr. Cass. Civ. n. 8013/96), l'azione pauliana richiede solo che il debitore conoscesse il pregiudizio e, trattandosi di atto a titolo oneroso, che di esso fosse consapevole il terzo" (cfr. Civ. n. 7452/2000, 8581/96), sottolineandosi, inoltre, che "la prova dell'atteggiamento soggettivo del debitore e del terzo - nella specie: scientia damni - ben può essere fornita tramite presunzioni" (cfr. ex multis, Cass. Civ. nn. 7452/2000, 1054/99, 6272/97, nonché, in senso sostanzialmente conforme, Cass. Civ. nn. 15257/2004, 13330/2004).
In virtù dei suesposti principi, e quando pure si volesse ritenere sussistente la consapevolezza della società fallita di arrecare pregiudizio ai suoi creditori, deve rilevarsi che, invece, nulla autorizza un'analoga conclusione relativamente all'atteggiamento soggettivo della società (### s.p.a., oggi ### s.p.a.) acquirente di quel cespite. In particolare, quanto alla consapevolezza dell'evento dannoso da parte del terzo, la Suprema Corte ha avuto più volte occasione di rilevare che è sufficiente la conoscenza generica del pregiudizio, che può esser provata anche con presunzioni (cfr. Cass. 27.3.2007, n. 7507; Cass. 18.5.2005, n. 10430).
È noto, poi, che l'esistenza di una presunzione sulla quale sia possibile fondare la decisione di una causa può validamente desumersi in presenza di una pluralità di elementi di valutazione gravi, precisi e concordanti, nei quali il requisito della gravità è ravvisabile per il grado di convincimento che ciascuno di essi è idoneo a produrre ed, a tal fine, è necessario che l'esistenza del fatto ignoto sia allegato e dimostrato come dotato di ragionevole certezza, se pure probabilistica; il requisito della precisione impone che i fatti noti, dai quali muove il ragionamento probabilistico, e l'iter logico nel ragionamento stesso seguito non siano vaghi ma ben determinati nella loro realtà storica; infine, il requisito, unificante, della concordanza richiede che il fatto ignoto sia desunto, salvo l'eccezionale caso d'un singolo elemento di gravità e precisione tali da essere di per se solo esaustivamente ed incontrovertibilmente significativo, da una pluralità di fatti noti, gravi e precisi univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza (cfr. Cass. 24.2.2004, n. 3646, in motivazione).
Muovendo, allora, dai riportati principi, si ritiene che in assenza di qualsivoglia congruente dimostrazione della effettiva situazione economica, finanziaria e patrimoniale della società poi fallita al 04.07.2007 ( e a tal fine non soccorre il bilancio della società fallita dell'anno 2007) , è agevole osservare l'impossibilità di ritenere raggiunta la prova circa la concreta conoscenza da parte della ### s.p.a. delle condizioni economiche della società alienante.
Ne deriva, quindi, logicamente che nemmeno può ragionevolmente ipotizzarsi che la ### s.p.a. fosse a conoscenza della reale situazione economica della venditrice, e quindi possa essere stata consapevole di avere, con la conclusione del contratto in esame, pregiudicato la possibilità di eventuali creditori di quest'ultima (a lei peraltro ignoti).
Pertanto, anche la domanda subordinata ex art. 2901 c.c. va rigettata.
Ogni altra domanda resta assorbita.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo secondo i parametri del DM 55/2014 applicabile.
Nulla per le spese nei confronti di ###. stante la sua contumacia PQM Il Tribunale di ### in persona del Giudice unico, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza od eccezione disattesa, così provvede: 1) dichiara la contumacia di ### nella qualità di socio unico e legale rappresentante della società ### S.p.a. (### s.r.l.); 2) rigetta le domande proposte; 3) condanna il fallimento attore al pagamento in favore della ### s.p.a. delle spese del presente procedimento che liquida in euro 8.000,00 per compensi professionali oltre rimborso spese generali al 15%, iva e cpa come per legge; 4) nulla per le spese nei confronti di ### nella qualità di socio unico e legale rappresentante della società ### S.p.a. (### s.r.l.). ### 15.07.2022 IL GIUDICE
Dott.ssa ###
causa n. 3059/2012 R.G. - Giudice/firmatari: Paduano Rosa, De Pasquale Carmela Rita