testo integrale
### il Tribunale Ordinario di Novara in funzione di giudice del lavoro, nella persona del dott. ### ha pronunciato la seguente ### nella causa di primo grado iscritta al n. r.g. 386/2021 promossa da: ### (c.f. ###), elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ### che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso introduttivo; - ricorrente contro ### (c.f. ###), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ### ### che la rappresenta e difende, giusta procura in calce alla memoria difensiva; - convenuta e contro ### (c.f. ###), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso gli uffici dell'### in ### C.so della ### n. 8, rappresentato e difeso dall'Avv. ###, giusta procura generale in atti; - terzo chiamato #### individuale per giusta causa - retribuzione i ### delle parti, come sopra costituiti, così #### In relazione al capo A del presente ricorso ### e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per violazione della procedura di cui all'art. 5, comma 2 dell'### H del ### per i ### di ### degli ### di Diritto Pubblico e dei ### di ### (cfr. paragrafo 2 del presente ricorso); ### e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. AIES n. 376/ris del 17 Novembre 2020, per violazione dell'art. 4 del ### del ### dell'### (cfr. paragrafo 3 del presente ricorso); ### e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. AIES n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per violazione dell'art. 1, comma primo del ### per i ### di ### degli ### di Diritto Pubblico e dei ### di ### e dell'art. 7 della Legge 300/1970 (cfr. paragrafo 4 del presente ricorso); ### e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. AIES n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per violazione dell'art. 7 dello Statuto dei ### - indeterminatezza delle contestazioni di cui alla “comunicazione di avvio e contestuale sospensione del procedimento disciplinare” (prot. AIES 58/RISdel 1° Febbraio 2013); ### e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. AIES n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per tardività delle contestazioni stesse rispetto ai termini prescritti dal 3° comma dell'art. 1 -all. H del ### per i ### di ### degli ### di Diritto Pubblico e dei ### di ### In ogni caso accertare e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. AIES n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per totale insussistenza, in capo alla dott.ssa ### dei presupposti alla base delle contestazioni disciplinari relative alle iniziative pubbliche denominate ###, ###, ### e ### - paragrafo II del provvedimento di licenziamento di cui al provvedimento ### n. 376/ris del 17 Novembre 2020; ### altresì e dichiarare la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. ### n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per improcedibilità e/o insussistenza delle contestazioni relative alla materia attinente alla redazione dei bilanci (cfr. par. IV del provvedimento di licenziamento di cui al prot. 376/RIS del 17 Novembre 2020) ### e dichiarare, comunque, la nullità e/o l'annullabilità e/o l'inefficacia e/o l'inesistenza del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### con atto di cui al prot. ### n. 376/ris del 17 Novembre 2020 per mancanza di specificità e, comunque, per insussistenza delle contestazioni relative alla iniziativa pubblica ### (cfr. par. V del provvedimento di licenziamento di cui al prot. 376/RIS del 17 Novembre 2020) e, per l'effetto anche di uno solo dei motivi di impugnazione sopra richiamati ### conseguentemente, l'### in persona del ### pro tempore (####), corrente in #### n. 7, all'immediato reintegro della dott.ssa ### con la qualifica di Dirigente del ###; in relazione al ### B del presente ricorso: accertare e dichiarare che la ### a partire dalla adozione del “provvedimento di sospensione obbligatoria dal servizio, ai sensi dell'art. 7 dell'### H del CCNL”, di cui al prot. ### 518/ris del 12 Ottobre 2012, ha omesso di versare alla dott.ssa ### ogni voce retributiva e previdenziale connessa al rapporto di lavoro in essere con la odierna ricorrente; accertare e dichiarare che la dott.ssa ### a partire dal mese di Ottobre del 2012, ha maturato il diritto di percepire - ### (voce, questa, comprensiva di minimo tabellare, scatti di anzianità o aumenti periodici, indennità di funzione, festività, indennità speciale); - Ferie arretrate e non godute, al momento della adozione del provvedimento di sospensione (12 Ottobre 2012); - Indennità sostituiva per ferie non godute, dall'adozione del provvedimento di sospensione ad oggi; accertare e dichiarare che la dott.ssa ### ha maturato il diritto di percepire il rimborso delle spese di difesa (spese legali e dei consulenti tecnici) sostenute nell'ambito del procedimento penale conclusosi, in ### con la sentenza del 30 Ottobre 2019, n. 1392 del Tribunale di ### e nella fase di appello innanzi alla Corte d'Appello di Torino, per complessivi €. 123.085,72; accertare e dichiarare che la dott.ssa ### in conseguenza della illegittima sospensione della retribuzione disposta dall'### non ha potuto usufruire totalmente dei crediti di imposta di cui la odierna ricorrente avrebbe beneficiato (in caso di corretta corresponsione delle retribuzioni da parte del datore di lavoro) per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, per le spese di arredo di immobili ristrutturati, per le spese di interventi finalizzati al risparmio energetico, tutte riportate nelle dichiarazioni dei redditi per gli anni 2013, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, 2019e 2020, ritualmente prodotte in giudizio; condannare, conseguentemente, l'### in persona del ### pro tempore (####), corrente in #### n. 7, alla corresponsione, a beneficio della dott.ssa ### delle seguenti somme: - €. 1.483.910,12 a titolo di retribuzioni non versate a partire dal mese di Ottobre del 2012 ad oggi (voce, questa, comprensiva di minimo tabellare, scatti di anzianità o aumenti periodici, indennità di funzione, festività, indennità speciale); - €. 15.452,63 Ferie arretrate e non godute, al momento della adozione del provvedimento di sospensione (12 Ottobre 2012); - €. 145.975,87 a titolo di ### sostitutiva ferie non godute dal 2012 al Giugno 2021; - €. 123.085,72 a titolo di rimborso delle spese legali e di consulenza tecnica sostenute nell'ambito del procedimento penale conclusosi, in ### con la sentenza del 30 Ottobre 2019, n. 1392 del Tribunale di ### e nella fase di appello innanzi alla Corte d'Appello di Torino; - €. 107.397,00 a titolo di danno emergente, in relazione alla mancata possibilità, per la dott.ssa ### di usufruire dei crediti di imposta di cui la odierna ricorrente avrebbe beneficiato (in caso di corretta corresponsione delle retribuzioni da parte del datore di lavoro) per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, per le spese di arredo di immobili ristrutturati, per le spese di interventi finalizzati al risparmio energetico, tutte riportate nelle dichiarazioni dei redditi per gli anni 2013, 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020, ritualmente prodotte in giudizio - Complessivamente: €. 1.875.821,34 Oltre alle retribuzioni dal provvedimento che disporrà il reintegro, fino all'effettivo reintegro e ad interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo, nonché ad ogni contributo previdenziale ### ed ### con riferimento ai singoli anni di maturazione, e relative integrazioni al ### di ### maturato ed al ### di ### in via subordinata: condannare l'### in persona del ### pro tempore (####), corrente in #### n. 7, alla corresponsione, a beneficio della dott.ssa ### dell'indennità di mancato preavviso, di cui all'art. 61 del ### pari a 10 mensilità, e, quindi, della somma di €. 127.545,00, commisurata alla ultima retribuzione globale di fatto sull'anno completo 2020 (10 mesi su 14), o nella diversa misura, maggiore o minore, che il Giudice riterrà, e relative integrazioni al ### di ### maturato ed al ### di ### In relazione al capo C del presente ricorso In ogni caso, ed indipendentemente dall'annullamento del provvedimento di licenziamento disposto nei confronti della dott.ssa ### accertare e dichiarare che la dott.ssa ### in relazione agli anni 2007, 2008, 2009 e 2010, aveva percepito dall'### a titolo di compensi per l'espletamento di lavoro straordinario e per compiti superiori alle funzioni di competenza (riconosciuti al ### ed impiegatizio in forza di ### del Consiglio di ### dell'### 23/12/1968, n. 8, successivamente integrata con ### del Consiglio d'amministrazione 20/12/1990 n. 24/G) l'importo di €. 178.334,00; accertare e dichiarare che l'importo di cui al punto superiore veniva versato, per richiesta della dott.ssa ### sulla polizza assicurativa n. 5211/P, sottoscritta dall'### con ### S.p.a. - ### S.p.a. e denominata “convenzione collettiva di capitalizzazione”, accertare e dichiarare che l'### ometteva di versare alla dott.ssa ### le somme che la ### S.p.A. -### / ### S.p.a. aveva liquidato in relazione alla polizza assicurativa n. 5211/P denominata “convenzione collettiva di capitalizzazione”, pari a non meno di €. 178.334,00 e, comunque, per l'importo che dovrà essere accertato in corso di causa; accertare e dichiarare che la dott.ssa ### ha maturato, a titolo di compensi per l'espletamento di lavoro straordinario e per compiti superiori alle funzioni di competenza, per l'intero anno 2011 e per 9 mesi dell'anno 2012 (fino al 4 Ottobre 2012, data dell'esecuzione del provvedimento degli arresti domiciliari) l'importo di €. 88.489,00; condannare l'### in persona del ### pro tempore (####), corrente in #### n. 7, alla corresponsione, a beneficio della dott.ssa ### delle seguenti somme: in via principale: importo non inferiore ad €. 178.334,00 per lavoro straordinario e compiti superiori alle funzioni di competenza per gli anni 2007, 2008, 2009 e 2010, e da accertare in corso di causa, per come liquidati dalla ### S.p.a. (ora ### S.p.a.) all'### in forza della polizza n. 5211/P, denominata “convenzione collettiva di capitalizzazione”, oltre ad interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo, decorrenti dalla liquidazione della polizza; in via subordinata: importo di €. 178.334,00 per lavoro straordinario e compiti superiori alle funzioni di competenza per gli anni 2007, 2008, 2009 e 2010, e da accertare in corso di causa, oltre ad interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo; in ogni caso, e in aggiunta agli importi di cui ai punti precedenti: €. 88.489,00 per l'espletamento di lavoro straordinario e per compiti superiori alle funzioni di competenza, per l'intero anno 2011 e per 9 mesi dell'anno 2012 (fino al 4 Ottobre 2012, data dell'esecuzione del provvedimento degli arresti domiciliari), oltre ad interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo.
In ogni caso per le somme che il Giudice del ### riterrà dovute a favore della ricorrente con liquidazione degli interessi ex art.1284 IV comma c.c. e rivalutazione dal dovuto al saldo.
Con vittoria di spese e onorari di causa, comprensivi del rimborso forfetario ex art.2 D.M. n.55/2014 ed oneri di legge, I.V.A. e C.P.A.e contributo unificato come di legge. ### (di seguito ###: In via preliminare, di rito, - disporsi per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva la riunione della presente causa con la causa ### 649/2021 Giudice Dr. ### Ud. 31 maggio 2022 In via preliminare, di merito, - accertarsi l'intervenuta prescrizione quinquennale (ovvero, in subordine, decennale) in relazione a tutti i titoli ex adverso azionati rispetto ai quali non sia intervenuto idoneo atto interruttivo; In ogni caso, nel merito, rigettarsi il ricorso e tutte le domande in esso avanzate in quanto del tutto infondate, in fatto ed in diritto.
In subordine, nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento anche solo parziale delle avversarie domande, disporsi la compensazione degli importi ritenuti dovuti con le maggior somme che verranno eventualmente accertate e liquidate in favore di ### nell'ambito del procedimento RG 649/2021 Giudice Dr. ### Ud. 31 maggio 2022, di cui si chiede la riunione ### Piaccia al Tribunale Ill.mo adito giudicare sulle domande proposte da #### e, per il caso che ne sussistano i presupposti, dichiarare con sentenza l'entità della base retributiva a carico di ### con riserva dell'### di determinare l'esatto ammontare dei contributi previdenziali e dei relativi oneri accessori secondo il regime vigente in materia previdenziale.
Spese come per legge.
FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato in data ###, ### ricorreva al Tribunale di ### in funzione di giudice del lavoro, per sentire accogliere le sopra indicate conclusioni.
La ricorrente premetteva di agire in opposizione al licenziamento per giusta causa intimatole il ### (doc. 1 ric.) e dalla stessa tempestivamente impugnato. Il provvedimento espulsivo si era fondato sulle risultanze di un complesso procedimento penale.
In particolare, riferiva che il ###, le era stata applicata la misura degli arresti domiciliari (doc. 6 ric.) e conseguentemente, ### il ###, aveva disposto la sospensione obbligatoria dal servizio (doc. 7 ric.). In seguito alla cessazione della misura, il ###, la ricorrente aveva ricevuto notificazione dell'ordinanza presidenziale recante la sospensione facoltativa dal servizio e dalla retribuzione, ai sensi dell'art. 8 all. H ### (doc. 8 ric.). Il ###, la convenuta, richiamando integralmente il contenuto dell'ordinanza cautelare, aveva notificato alla ricorrente il provvedimento di avvio e contestuale sospensione del procedimento disciplinare (doc. 9 ric.), in attesa dell'esito di quello penale.
In data ###, a seguito dell'emissione del decreto che disponeva il giudizio (doc. 4 ric.), ### aveva inviato alla ricorrente una nuova comunicazione di avvio e contestuale sospensione del procedimento disciplinare, integrativa della precedente, con espresso riferimento ai capi d'imputazione A, D, E, F, G, H, I, J, M, N, O, P, Q, EE e QQ (doc. 10 ric.).
Con sentenza 30.10.2019-28.1.2020 (doc. 5 ric.), il Tribunale di ### aveva assolto la ricorrente dai reati ascritti ai capi A, B, M, N, U, V, X, Y, EE, GG, MM, NN, OO e PP perché il fatto non sussiste, da quelli ascritti ai capi Q, BB, DD e HH perché il fatto non costituisce reato e aveva dichiarato non doversi procedere in ordine ai capi D, E, F, G, H, I, J, L, O, P, R, S, T, FF, II, LL, QQ e RR, per intervenuta prescrizione.
Depositata la motivazione della sentenza penale, il ###, ### aveva comunicato alla ricorrente, richiamando le precedenti contestazioni, la prosecuzione del procedimento disciplinare, con particolare riferimento ai fatti di cui ai capi di imputazione D, E, F, G, H, I, J, L, O, P, Q e QQ e la sua sospensione, in attesa del passaggio in giudicato della sentenza. Quest'ultima era stata, poi, impugnata dalla ### generale presso la Corte d'appello di Torino, il ###, limitatamente ai capi A e Q.
Il ###, ### aveva notificato alla ricorrente il provvedimento di riavvio del procedimento disciplinare, ai sensi dell'art. 10, secondo comma, all. H ### (doc. 13 ric.), nel quale aveva integrato e specificato le contestazioni, in riferimento a: - iniziative ###, ###, ###, ###, in relazione alla falsificazione delle rendicontazioni delle ore lavorate (capi D, E, F, G, H, I); - iniziativa ### (capi O e P), contestazione poi abbandonata; - bilanci ### dal 2005 al 2011 (capo QQ); - iniziativa ### (capi J-L). Il ###, per mezzo del proprio ### la ricorrente aveva reso le proprie giustificazioni (doc. 14 ric.). Il ###, in seguito all'esperimento del procedimento di cui all'art. 5, comma 2, all. H ### la ricorrente era stata licenziata per giusta causa. Agiva, in questa sede, per sentir accertare l'illegittimità del recesso datoriale, per ragioni formali e sostanziali. Lamentava, in primo luogo, la violazione dell'art. 5, comma 2, all. H ### in relazione ai vizi procedurali che avrebbero inficiato i lavori della ### prevista dalla citata clausola contrattuale, consistenti, in particolare, nella convocazione a opera di ### e non del presidente, dello svolgimento dei lavori presso la sede ###la partecipazione del segretario di ### la ### inoltre, si era limitata a un esame formale degli atti del procedimento disciplinare, senza entrare nel merito dello stesso. Riteneva che la nullità dei lavori della ### predetta avesse inficiato l'intero svolgimento del successivo procedimento disciplinare. In secondo luogo, riteneva la nullità del licenziamento in quanto la ### per il personale aveva dato mandato Presidente e al direttore generale di ### di procedere al recesso, in supposto contrasto con l'art. 39 dello statuto di ### (docc. 18- 19 ric.) e del ### V, art. 4, del regolamento di funzionamento dell'Ente (doc. 20 ric.), che riservava al c.d.a. i provvedimenti disciplinari nei confronti del personale di ruolo, tra cui rientrava la ricorrente (docc. 21-22 ric.). A suo avviso, infatti, essa, con il riconoscimento dello status “di ruolo”, aveva acquisito il diritto alla stabilità ex art. 81 ### Argomentava, quindi, che il suo licenziamento era illegittimo, in quanto non deliberato dal c.d.a. In terzo luogo, deduceva la nullità del licenziamento per violazione dell'art. 1 ### e dell'art. 7 St. lav., per mancata adozione di un codice disciplinare da parte di ### e comunque per la sua omessa affissione. Lamentava, in quarto luogo, l'indeterminatezza delle contestazioni di cui alla nota del 1.2.2013, integrata, da ultimo con provvedimento del 12.6.2020. Riteneva che l'avvio del procedimento disciplinare fosse stato integrato esclusivamente dalla prima nota del 2013, contenente la contestazione e che essa fosse nulla per la sua assoluta genericità, tale da impedire una compiuta difesa della lavoratrice. Qualunque successiva integrazione avrebbe costituito un'inammissibile modificazione della prima contestazione, che espressamente eccepiva. Denunciava, in quinto luogo, la tardività della comunicazione di avvio del procedimento disciplinare del 1.1.2013, per violazione del termine di 30 giorni di cui all'art. 1, terzo comma, all. H ### pur essendo ### a conoscenza degli addebiti fin dall'ordinanza applicativa degli arresti domiciliari dell'ottobre 2012 e di quella del 12.6.2020, posto che le motivazioni della sentenza penale erano state depositate il ###. Nel merito, contestava la fondatezza degli addebiti, che precisava essere stati direttamente tratti dai capi di imputazione, riportati nel decreto che disponeva il giudizio, affermando la propria totale estraneità alle condotte contestate. Quanto alle rendicontazioni delle ore lavorate dal personale nelle iniziative ###, ###, ### e ###, evidenziava che la contestazione si era limitata a riprodurre i capiti di imputazione da D a I, nonostante l'assenza di accertamento di responsabilità della ricorrente in sede penale. Allegava l'inattendibilità delle registrazioni nel sistema informatico di ### (###, l'assenza di danno per gli enti finanziatori, l'estraneità della suddetta attività di rendicontazione dai compiti della dirigente (essendo la stessa in carico al ### operativo bonifica e procedure), tanto che la stessa non aveva mai sottoscritto le dichiarazioni trasmesse agli enti finanziatori, né l'ufficio da lei diretto aveva ricevuto i documenti contenenti le suddette rendicontazioni, non facendo gli stessi parte della contabilità. Di fatto, sosteneva che la registrazione delle ore lavorate era rimessa alla buona volontà dei singoli e che i prospetti estratti dal sistema informatico di ### erano incompleti, citando gli esiti dell'istruttoria svolta in sede penale e della consulenza di parte ivi prodotta (doc. 27 ric.), che aveva evidenziato la mancata registrazione delle ore lavorate da fondamentali figure professionali. In ogni caso, deduceva che non vi fosse alcun obbligo legale, né ordine datoriale, per i dipendenti di registrare le ore lavorate per le singole iniziative e che ### fosse soltanto tenuta a indicare il costo del personale forfettariamente, ovvero attraverso valutazioni di massima. La rendicontazione analitica era stata inviata, su iniziativa altrui, per mera finalità di trasparenza e le correzioni alle risultanze del sistema ### erano state rese necessarie dall'incompletezza delle registrazioni. Negava di aver minacciato di licenziamento ### non avendone il potere.
Riteneva, peraltro, che le dichiarazioni rese da quest'ultimo fossero imprecise, oltre che non riferibili ad alcuna irregolarità contabile consumata, trattandosi di richieste di anticipazioni per spese da sostenere e non saldo di iniziative da chiudere. Per altro verso, sottolineava che le rendicontazioni erano state inviate al MEF con nota protocollata il ### e inviata il ###, mentre la ricorrente era rientrata al lavoro il ###, dopo tre mesi di assenza per malattia (doc. 29 ric.). Negava la propria responsabilità sul sistema ### la cui creazione era stata appaltata a una società terza e in generale sulla contabilizzazione delle ore dedicate alle iniziative pubbliche, la quale era affidata al ### operativo bonifica e procedure, incaricato di fornire i dati per la predisposizione dei bilanci della gestione speciale bonifica. Contestava altresì l'accusa per cui con le suddette rendicontazioni si sarebbe realizzato un raggiro in danno del ### in quanto fondata sull'assunto (a suo dire indimostrato) per cui le spese realmente sostenute da ### sarebbero state inferiori a quelle dichiarate. Eccepiva, quindi, l'improcedibilità della contestazione relativa alla redazione dei bilanci degli anni 2009-2011 (irregolarità nella gestione dei residui attivi e passivi) poiché, a seguito della contestazione dell'addebito con nota datata 8.8.2014 (doc. 32 ric.), ella aveva domandato l'esibizione di documentazione a propria difesa con nota datata 4.9.2014 (doc. 33 ric.) e l'istanza era stata rigettata (doc. 35 ric.). La stessa, con nota datata 10.9.2014, unitamente alle giustificazioni, aveva richiesto l'audizione personale (doc. 34 ric.), istanza ribadita il ### (doc. 36 ric.). ### non aveva fornito più alcuna risposta. Dal che ella desumeva l'avvenuto abbandono del procedimento disciplinare relativo a tali presunte condotte e sosteneva l'inammissibilità della riproposizione delle medesime contestazioni, a distanza di sei anni. Sul punto, poi, rilevava che ### si era limitata a riproporre il contenuto del capo di imputazione QQ, in relazione al quale non vi era stato alcun accertamento di responsabilità in sede penale. La lettera di licenziamento aveva, poi, risposto apoditticamente alle giustificazioni, sostenendo che ogni contestazione avrebbe dovuto essere svolta in sede ###di procedimento disciplinare. Nel merito, osservava che, sebbene fosse stata lei a predisporre le bozze dei rendiconti consuntivi contestati, a eccezione di quello relativo alla ### speciale bonifica, la loro approvazione era avvenuta a opera dell'### dei delegati, previa sottoposizione a revisione contabile. Quanto alle condotte contestate, rinviava alla relazione tecnica del CT della difesa dott. ### (doc. 37 ric.), a confutazione della tesi del consulente del PM. Sosteneva che quest'ultimo aveva indebitamente applicato i principi contabili relativi alle società commerciali, che non aveva considerato che tali documenti non erano bilanci, ma rendiconti e che agli stessi non avrebbero dovuto applicarsi le regole previste dal codice civile e dai principi contabili. Reclamava la correttezza dell'applicazione del principio di prudenza, nella redazione dei bilanci, anche in considerazione della natura dell'attività svolta da ### che richiedeva la capacità finanziaria per far fronte a eventi improvvisi. Evidenziava, comunque, di non aver mai realizzato riserve occulte, né posto in essere ammanchi o distrazioni di fondi consortili e che i rendiconti successivi alla sospensione dal lavoro della ricorrente erano stati redatti secondo con gli stessi criteri, da parte di altri soggetti. Contestava la tesi per cui ella avrebbe creato riserve occulte, dissimulando gli utili di esercizio, richiamando i pareri dei ### e ### resi nel processo penale (docc. 39-40 ric.). I consulenti avevano rappresentato la necessità di creare accantonamenti per far fronte alle necessità di manutenzione delle opere, attingendo alle eccedenze della gestione ordinaria e rilevato che, comunque, i residui non erano stati occultati, ma risultavano nella cassa esposta a bilancio. Richiamava l'opinione del ### in relazione alle contestazioni relative a spese inesistenti o maggiorate e quella del ### sulle iscrizioni a bilancio di investimenti e partecipazioni. Negava, poi, la fondatezza del presunto movente di occultare le condizioni floride del ### agli associati e agli enti finanziatori. In ogni caso, sottolineava che la competenza per l'approvazione della bozza di bilancio era del consiglio di amministrazione, ai sensi dello statuto di ### Lamentava il difetto di specificità della contestazione concernente l'iniziativa ### e la sua indebita integrazione nel provvedimento di licenziamento. Nel merito, evidenziava trattarsi della trasposizione in sede disciplinare dei capi d'imputazione J e L, in relazione a cui deduceva la propria totale estraneità, trattandosi, ancora una volta, di rendicontazioni di ore lavorate, trasmesse alla ### Richiamava la deposizione del teste ### nel processo penale (doc. 43 ric.). In conseguenza dell'illegittimità del licenziamento, chiedeva il riconoscimento di euro 1.483.910,12 a titolo di retribuzioni non corrisposte nel periodo di sospensione, come da conteggio, che produceva sub doc. 44, comprendente il minimo tabellare, gli scatti di anzianità, l'indennità di funzione, le festività, l'indennità speciale (doc. 49 ric.), che qualificava come superminimo, poiché erogato in via fissa e continuativa. Domandava, inoltre, la corresponsione della somma di euro 15.452,63 a titolo di indennità per ferie arretrate nel periodo lavorato e di euro 145.945,87 per ferie non godute nel periodo di sospensione (dal 2012 al giugno 2021). In relazione a tali voci retributive, domandava altresì il pagamento delle differenze contributive. Richiamando il disposto dell'art. 36 ### dirigenti consorzi di bonifica, chiedeva il rimborso delle spese sostenute per difendersi nel processo penale, come da fatture che produceva, per un totale di euro 123.085,72. Chiedeva il risarcimento del danno che asseriva esserle derivato dalla mancata fruizione delle detrazioni fiscali per il recupero del patrimonio edilizio, che quantificava in euro 107.397 (docc. 67-68 ric.). ### agiva per ottenere la corresponsione degli importi corrisposti al personale dirigente per compiti superiori e per l'espletamento di straordinari. Richiamava il combinato disposto delle delibere del c.d.a di ### 23.12.1968, n. 8, 20.12.1990, 24/G e del provvedimento n. 1 del 9.2.1996 della commissione del personale (docc. 69- 70-55). Precisava che, di anno in anno, il direttore generale proponeva al presidente di ### la modalità di quantificazione dei suddetti compensi (docc. 71-72 ric., riferiti agli anni 2007 e 2008) e quest'ultimo la approvava. Essa era, di fatto, rimasta analoga di anno in anno (docc. 73-74 ric.). Su richiesta degli interessati, tali emolumenti erano stati versati sulla polizza RAS n. 5211/P (doc. 75 ric.), intestata ad ### ma a favore dei dirigenti. La ricorrente si era avvalsa di tale facoltà e aveva ottenuto varie liquidazioni, possibili ogni cinque anni (docc. 76-77-78 ric.). Per gli anni dal 2007 al 2010, alla ricorrente era stato erogato l'importo di euro 178.334 per il titolo summenzionato, versati sulla polizza ### unitamente alle somme per il 2011 e il 2012. Domandava, quindi, la corresponsione dell'importo riveniente dalla polizza, riscattato da ### Si costituiva ### con memoria difensiva depositata il ###.
Argomentava, innanzitutto, circa la natura obbligatoria, ma non vincolante, del parere della commissione di cui all'art. 5, comma 2, lett. h ### confrontando le clausole applicabili nel caso di specie con quelle previste per dirigenti pubblici di altri settori. Evidenziava trattarsi di rapporto di impiego privato, in relazione a cui non avrebbe potuto spogliarsi il datore di lavoro del potere di recesso, previsto dall'art. 2119 c.c. Negava, in ogni caso, la sussistenza dei vizi procedimentali, lamentati dalla ricorrente, rilevando che la convocazione era stata inviata da ### su iniziativa del presidente della commissione e che la riunione si era tenuta presso la sede di ### stante l'indisponibilità delle strutture regionali per ragioni sanitarie connesse all'emergenza pandemica. Osservava, poi, che la norma contrattuale nulla imponeva, circa il contenuto del parere.
Quanto all'eccezione relativa al soggetto che aveva irrogato il licenziamento, evidenziava l'antinomia sussistente tra l'art. 39 dello statuto ### che attribuiva tale competenza alla commissione del personale, su proposta del direttore generale e l'art. 4 del capo IV del regolamento ### che riservava al consiglio di amministrazione i provvedimenti disciplinari, riguardanti il personale di ruolo. Riteneva che lo statuto dovesse necessariamente prevalere sul regolamento, adottato con delibera consiliare.
Per altro verso, riteneva che la delibera del c.d.a (doc. A conv.) che aveva conferito mandato al ### per resistere nel presente giudizio, costituisse ratifica del licenziamento stesso.
Quanto alla mancata affissione del codice disciplinare, osservava che le violazioni contestate riguardavano la violazione di norme penali, sì da rendere superflua tale forma di pubblicità.
Replicava all'eccezione di indeterminatezza della contestazione disciplinare richiamando le clausole di cui agli artt. 9 e 10 ### che, a suo dire, imponevano la sospensione del procedimento disciplinare, fino a conclusione di quello penale e legavano inscindibilmente le sorti del primo a quelle del secondo, imponendo la coincidenza della contestazione disciplinare con i fatti accertati in sede penale.
Pertanto, la comunicazione di avvio e sospensione del procedimento disciplinare del 1.2.2013 non conteneva il dettaglio dei fatti contestati, in quanto gli elementi ricavabili dall'ordinanza cautelare erano ancora insufficienti e solo con la contestazione del giugno 2020 la ricorrente era stata chiamata a rendere le proprie giustificazioni.
Anche l'immutabilità avrebbe dovuto valutarsi soltanto tra la contestazione definitiva del 2020 e il provvedimento di licenziamento e non già in relazione a quelle precedenti.
Quanto alla tempestività, rilevava che il procedimento era stato tempestivamente aperto e sospeso, che non vi era stata alcuna violazione del diritto di difesa della ricorrente, la quale aveva potuto difendersi nel processo penale, che il termine di 30 giorni di cui all'art. 1, comma 3, all. H ### decorreva dalla completa conoscenza del fatto, non predicabile in seguito alla sola ordinanza cautelare e che nemmeno sussisteva la tardività in seguito al passaggio in giudicato della sentenza, che la dirigente non aveva notificato al consorzio, così impedendo il decorso del termine decadenziale.
Contestava la domanda attorea di pagamento delle retribuzioni relative al periodo di sospensione, sostenendo che esse non erano dovute, stante la mancata offerta di prestazione lavorativa. In ogni caso, riteneva che le tutele conseguibili, trattandosi di rapporto di lavoro dirigenziale, fossero soltanto quelle previste dal ### di riferimento.
Rammentava che quest'ultimo (all. H) prevedeva il diritto alle retribuzioni nel periodo di sospensione, soltanto in caso di assoluzione con formula piena o mancata riattivazione del procedimento disciplinare entro 30 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza penale.
Quanto ai conteggi della retribuzione, deduceva: - che nel 2013 la ricorrente avesse percepito, non avendone diritto, l'importo di euro 28.945,20 a titolo di assegno alimentare; - che l'indennità speciale (euro 885.866,35) non costituisse un superminimo e pertanto non fosse dovuta, essendo subordinata allo svolgimento di compiti superiori e di lavoro straordinario; - che l'indennità sostitutiva delle ferie non fosse dovuta, stante la mancata prestazione lavorativa nel periodo di sospensione. Evidenziava il carattere eventuale del compenso per lavoro straordinario e compiti superiori e comunque ne negava la spettanza, non essendo stati assegnati alla ricorrente compiti superiori alle proprie funzioni. Confermava l'avvenuto versamento del suddetto compenso, per gli anni dal 2007 al 2010, nella polizza ### su richiesta della ricorrente, precisando che aveva, poi, provveduto a modificare l'indicazione del beneficiario nella stessa ### sicché la ricorrente non avrebbe avuto diritto ad alcun importo. Per gli anni 2011-2012, contestava l'assenza di prove dello svolgimento di compiti superiori alle funzioni di competenza. Negava la debenza del rimborso delle spese legali, richiamando l'art. 36 ### e ritenendo che fosse stato accertato il dolo o la colpa grave. Eccepiva, comunque, che il rimborso avrebbe potuto essere attribuito nei soli limiti delle tariffe medie. Contestava l'avversaria domanda, osservando che era stato chiesto il rimborso di tutte le spese indistintamente, che non vi era il parere di congruità degli organismi professionali e che non era noto il criterio di quantificazione. Contestava altresì la domanda di danno fiscale, affermando la legittimità della sospensione, negando la riferibilità del presunto danno al fatto di ### ex art. 1223 e la sussistenza della prova del diritto di credito e della sua quantificazione. Argomentava, quindi, sulla natura dirigenziale del rapporto di lavoro con la ricorrente e la particolare rilevanza del vincolo fiduciario, rammentando le mansioni della dirigente, ai sensi dell'art. 11 del capo V del regolamento ### Nel merito del licenziamento, riteneva che la fondatezza degli addebiti, ciascuno dei quali sufficiente a fondare il recesso, fosse stata accertata, con efficacia di giudicato, in sede ###particolare, quanto alle rendicontazioni delle iniziative ###, ###, ### e ###, la sentenza penale, ad avviso della convenuta, aveva accertato che la ricorrente aveva concorso con altri dipendenti a fornire sistematicamente, agli enti finanziatori, rendicontazioni false circa le ore di lavoro del personale ### impiegato nell'esecuzione delle opere. Sul punto, riteneva, innanzitutto, che la ricorrente, in quanto responsabile dei sistemi informatici e del bilancio dell'associazione, aveva partecipato alla redazione dei consuntivi, che il periodo a cui si riferivano le rendicontazioni false andava dal 2005 al 2011 e che in ogni caso, la ricorrente aveva partecipato a mantenere in essere la prassi di inviare agli enti rendicontazioni false. Citava quanto dichiarato dai testi ### e ### nell'udienza penale del 17.5.2019, nonché le intercettazioni eseguite nel corso delle indagini (doc. 28 conv.), allegando un ruolo attivo della dirigente nella condotta in questione, tanto da minacciare di licenziamento un dipendente, nel caso in cui le avesse rivelate. Nel dettaglio, il fatto era consistito nella comunicazione di ore in numero superiore a quello risultante dal sistema informatico ### Tanto era stato accertato, grazie all'esame di documentazione extracontabile, reperita dalla ### di finanza, in occasione della perquisizione della sede di ### come riferito dal teste ### nel processo penale. Citava, quindi, ampi stralci della sentenza penale, relativamente all'alterazione delle rendicontazioni e alla consapevolezza degli imputati. Produceva, quindi, i verbali delle dichiarazioni rese, da vari soggetti, alla PG (docc. 35-65 conv.). Allegava che la falsità aveva comportato il blocco dei rimborsi, da parte degli enti finanziatori. Quanto alla contestazione relativa ai bilanci ### dal 2005 al 2011, richiamava le conclusioni del CT della ### (doc. 98 conv.), secondo il quale essi erano stati redatti in spregio ai principi contabili e si erano caratterizzati per gravi irregolarità, consistenti, in particolare, nella creazione di riserve occulte, impiegate in acquisizioni di partecipazioni commerciali e finanziamenti alle società partecipate. Tali irregolarità, ad avviso del CT, “sarebbero emerse facilmente dal controllo della contabilità e delle poste più importanti dei bilanci”, caratterizzati da “evidenti anomalie e macroscopiche incongruenze”. Quanto alla contestazione relativa all'iniziativa ### richiamava, ancora, la testimonianza di ### in sede penale (doc. 26 ric.). Riteneva, pertanto, che la creazione di rendicontazioni false, la redazione di un bilancio con gravi irregolarità e la minaccia di licenziamento nei confronti di un dipendente che aveva osservato l'esistenza di irregolarità, costituissero giusta causa di licenziamento. In ogni caso, evidenziava trattarsi di rapporto di lavoro dirigenziale, caratterizzato da licenziabilità ad nutum. Fallito il tentativo di conciliazione, stante la domanda di regolarizzazione contributiva, veniva disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti dell'### e ordinata alla convenuta l'esibizione dei provvedimenti del Presidente e/o del ### generale, di autorizzazione all'erogazione dei compensi per compiti superiori e lavoro straordinario (che ### dichiarava di non aver reperito), negli anni dal 2007 al 2011 e della liquidazione della polizza RAS 5211/P, con specificazione degli importi relativi all'attività lavorativa di ### (che veniva esibita) Per il resto, si dava atto della presenza in atti del copioso materiale istruttorio derivante dal processo penale, tale da rendere superflua l'ulteriore escussione di testi. Si costituiva l'### con memoria difensiva depositata il ###. L'### svolgeva osservazioni circa la prescrizione dei contributi previdenziali, ai sensi dell'art. 3, l. n. 335/1995 e sul calcolo della retribuzione imponibile, rimettendosi al Tribunale sulla fondatezza delle domande attoree e riservandosi di determinare, in caso di accoglimento, i contributi dovuti in via amministrativa. Stante la complessità e molteplicità degli argomenti delle parti, la discussione veniva svolta in varie udienze, fissate secondo apposito calendario e all'esito, la causa veniva decisa, non definitivamente, mediante lettura del dispositivo della presente sentenza. *** 1. Premessa: criteri di valutazione della legittimità del licenziamento. Il ricorso è fondato e va accolto nei limiti che seguono. Deve essere innanzitutto trattata la questione della legittimità del licenziamento, dalla cui decisione dipende l'esito di quasi tutte le restanti domande. Prima di esaminare i singoli motivi di recesso e contestazione dello stesso, è necessario svolgere una premessa circa la normativa applicabile nel caso di specie, al fine di individuare il criterio di valutazione della legittimità del licenziamento e le tutele applicabili. È pacifico e documentalmente dimostrato che la ricorrente fu assunta dalla convenuta, come funzionaria, dal 1.10.1993 (doc. 45 ric.), promossa dirigente dal 1.10.1995 (doc. 47 ric.) e al momento del licenziamento (provvedimento del 17.11.2020, con decorrenza dal 1.2.2013, doc. 1 ric.) aveva qualifica di dirigente e mansioni di responsabile amministrativo-contabile di ### La natura dirigenziale del rapporto di lavoro, al momento della sua cessazione, non è stata oggetto di controversia. Trattasi, peraltro, di un rapporto soggetto a disciplina assai peculiare, prevista dal ### per i dirigenti dei consorzi di bonifica (doc. 2 ric.), la cui applicabilità risulta parimenti pacifica, sulla base di quanto riferito dalle parti e dall'intero compendio documentale in atti. Sul punto, deve essere richiamata la recente sentenza della Corte d'appello di Torino n. 130/2023 (r.g. n. 1/2023), resa in un caso riguardante altro dirigente dello stesso consorzio, con applicazione del medesimo ### Il Tribunale condivide tale precedente e intende conformarsi ad esso, nel decidere la presente causa. Ricostruendo i limiti contrattuali al recesso datoriale, la Corte ha osservato che “La sicura appartenenza alla categoria dirigenziale di per sé escluderebbe la possibilità del repechage in quanto incompatibile con la posizione dirigenziale assistita dal regime di libera recedibilità del datore di lavoro come costantemente ritenuto dal giudice di legittimità (cass. 2895/23; 21748/10).
Occorre tuttavia esaminare la disciplina contrattuale invocata dal reclamante e prevista dall'art. 57 lett i) ccnl. La norma contrattuale elenca le cause di risoluzione del rapporto di lavoro dirigenziale e, alla lettera i), include “il recesso del ### dal rapporto a tempo indeterminato nei limiti e con le modalità stabiliti dalla legge 15 luglio 1966, n. 604.” Ritiene il collegio di dover condividere l'opzione interpretativa suggerita dal reclamante: nel richiamare la legge 604/66 le parti collettive hanno infatti chiaramente inteso assoggettare il recesso datoriale all'impianto normativo della legge 604/66 nel suo insieme tant'è vero che il richiamo testuale alla legge è operato sia con riferimento ai limiti (termine incompatibile con la libera recedibilità del rapporto) sia con riferimento alle modalità.
In caso di dubbi interpretativi è necessario applicare ai sensi dell'art. 1367 c.c. il criterio della conservazione del negozio giuridico: l'interpretazione proposta dalla reclamata, tesa a valorizzare l'impedimento legale previsto dall'art. 10 legge 604/66, comporterebbe la sostanziale abrogazione della clausola contenuta nella lettera i) che resterebbe priva di significato ed effetti. ### interpretazione consentita, aderente al tenore letterale della clausola contrattuale, è quindi quella di attribuire alla clausola stessa l'effetto di assoggettare il recesso ai limiti stabiliti dalla legge 604/66 con conseguente applicabilità alla fattispecie dell'obbligo di repechage quale secondo elemento costitutivo della legittimità del recesso datoriale”. Nella stessa sentenza, conseguentemente, la Corte ha attribuito al dirigente, ritenendone illegittimo il licenziamento, le tutele di cui all'art. 8, l. 604/1966. Tali conclusioni comportano che, salva la ricorrenza di un'ipotesi di nullità radicale del licenziamento, in nessun caso può accogliersi la domanda di reintegrazione nel posto di lavoro ma che, per contro, la legittimità del recesso va valutata alla stregua della suddetta normativa e non di quella ordinariamente applicabile ai dirigenti. 2. Le contestazioni formali. Esclusione della nullità del licenziamento. Ciò premesso, non ritiene il Tribunale di poter condividere le contestazioni di natura formale, sollevate dalla ricorrente, fatto salvo quanto si dirà più avanti, sulla tardività della contestazione disciplinare relativa ai bilanci. Iniziando da quella potenzialmente più grave, ovverosia la sottoscrizione della lettera di licenziamento da parte di soggetto non legittimato, anche a voler seguire la tesi di parte ricorrente, secondo cui lo ### di ### e il regolamento di funzionamento dell'Ente, comporterebbero che l'atto di recesso sia deliberato, a pena di nullità, dal consiglio di amministrazione, non vi è dubbio che quest'ultimo abbia inteso ratificare e fare proprio il licenziamento. Si legge, infatti, nella delibera con cui è stato conferito il mandato al ### della convenuta (doc. A conv.) che è “pertanto interesse dell'Ente ottenere in sede giudiziaria la conferma dei provvedimenti disciplinari di licenziamento”, espressione che univocamente denota il consenso del Consiglio rispetto alla determinazione presidenziale di recesso (doc. 1 ric.). In relazione alla presunta carenza di potere rappresentativo in capo al soggetto che sottoscrisse la lettera di licenziamento, possono, quindi, richiamarsi le argomentazioni già spese da questo Tribunale nella sentenza n. 129/2022, per cui “si ritiene peraltro assorbente la considerazione che, in applicazione analogica alla rappresentanza organica del principio stabilito dall'art. 1399 c.c. per la rappresentanza volontaria ( Cass., n. 2681/1993), nonché dell'applicabilità del suddetto art. 1399 c.c. anche ai negozi unilaterali, come il licenziamento, in virtù dell'art. 1324 c.c., che, facendo salve diverse disposizioni, estende a tali atti le norme, in quanto compatibili, regolanti i contratti (cfr. Cass. n. 1250/1985; n. 11733/1997; n. 28514/2008), il licenziamento deve intendersi ratificato dalla società, quantomeno, tramite la memoria di costituzione depositata nel presente giudizio, così soddisfacendo per la ratifica il requisito di pari forma rispetto all'atto da ratificare previsto dall'art. 1399 c.c.”. La correttezza di tale percorso argomentativo ha trovato, peraltro, ampi riscontri motivazionali, anche di recente, nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., sez. lav., 4.7.2019, n. 17999, cui si rinvia anche ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c.). Si deve, in proposito, ancora rammentare che non è affatto contestata la riferibilità dell'atto di recesso alla datrice di lavoro, quanto, piuttosto, la sua sottoscrizione a opera di un soggetto che si asserisce privo del relativo potere. 3. Ulteriori contestazioni formali. Assorbimento. Le restanti eccezioni di tipo procedimentale si incentrano su presunte violazioni dell'allegato H al ### (doc. 2 ric.), il quale regola il procedimento disciplinare. Esse, pertanto, non sono nemmeno astrattamente idonee a determinare la radicale nullità del recesso, ma concretano denunce di vizi formali dello stesso, suscettibili, ove fondati, di dare luogo alla declaratoria della sua illegittimità. Nessuna delle norme asseritamente violate è, infatti, sanzionata con la nullità assoluta, né tale gravissima sanzione può essere ricavata in via interpretativa. Le restanti doglianze, suscettibili di riverberarsi sulla regolarità formale del procedimento, restano assorbite dalle conclusioni relative al merito del recesso, che di seguito si esporranno. La disciplina applicabile, infatti, comporta l'unitarietà delle forme di tutela per i casi di illegittimità formale e sostanziale.
Le questioni relative all' immediatezza e immutabilità della contestazione, saranno, nella sede opportuna, esaminate nei limiti in cui esse rilevano, ai fini della legittimità della sospensione cautelare. 4. Le questioni sul merito del licenziamento. Sintesi. Nel merito, le ragioni poste alla base del licenziamento vanno, innanzitutto, individuate nella comunicazione di riavvio del procedimento disciplinare datata 12.6.2020, sub doc. 13 ric. Essa richiama le precedenti comunicazioni del 1.2.2013 e dell'8.7.2016, la prima delle quali inviata al momento dell'inizio della sospensione facoltativa dal servizio e la seconda al momento della pronuncia del decreto che disponeva il giudizio. La nota del 12.6.2020 riprende le accuse penali, rispetto alle quali era stata dichiarata la prescrizione del reato. Esse vengono suddivise in tre gruppi: - il primo riguarda le iniziative pubbliche ###, ###, ### e ### e in particolare la condotta consistita nella “redazione e comunicazione dolosa, all'Ente pubblico committente e finanziatore delle opere, di rendicontazione delle ore di lavoro effettuate dal personale ### in misura eccedente al vero”, in relazione ai capi D, E, F, G, H, I del decreto che disponeva il giudizio, compiuta altresì mediante minaccia di licenziamento al dipendente ### nel caso in cui avesse rivelato le irregolarità che si stavano (in thesi) compiendo; - la predisposizione e trasmissione, al ### di una falsa perizia di variante (capi O e P nel processo penale), contestazione poi abbandonata, in quanto relativa ad altro soggetto (doc. 1 ric.); - il terzo gruppo riguarda presunte irregolarità nei rendiconti di ### nel periodo 2005-2011 (capo QQ nel processo penale), mediante contabilizzazione di spese inesistenti o maggiorate o mancata contabilizzazione di proventi, - il quarto gruppo concerne sempre ipotesi di invio agli enti finanziatori (in particolare, la ### di rendiconti falsi delle ore lavorate, in relazione all'iniziativa pubblica ### (capi J e L nel processo penale). A tale comunicazione fecero seguito le giustificazioni della ricorrente (doc. 14 ric.) e quindi l'attivazione del procedimento che portò all'irrogazione del licenziamento qui impugnato, con nota datata 17.11.2020 (doc. 1 ric.). In quest'ultima, respinte le eccezioni formali, ### affermò che i fatti contestati erano, ormai, stati accertati con efficacia di giudicato in sede penale ed erano, quindi, incontrovertibili e che dalle statuizioni della sentenza emergeva una chiara responsabilità della ricorrente. 5. Efficacia di accertamento della sentenza penale nel presente giudizio. Occorre ribadire che il licenziamento si fonda esclusivamente sulle accuse in relazione a cui è stata dichiarata la prescrizione del reato. Ciò rende necessario esaminare l'efficacia di giudicato dell'accertamento penale in questa sede. Deve farsi applicazione del principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per cui “in tema di giudicato, la disposizione di cui all'art. 652 c.p.p., così come quelle degli artt. 651, 653 e 654 dello stesso codice costituisce un'eccezione al principio dell'autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile e non è, pertanto, applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti. Ne consegue che soltanto la sentenza penale irrevocabile di assoluzione (per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima), pronunciata in seguito a dibattimento, ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre le sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non hanno alcuna efficacia extra-penale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente; ne consegue, altresì, che, nel caso da ultimo indicato, il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione (Cass. Sez. L, Sentenza n. 21299 del 09/10/2014; ### U, Sentenza n. 1768 del 26/01/2011)” (Cass., sez. II, 12.6.2024, 16422; nello stesso senso, tra le molte, oltre a quelle citate, v. Cass., sez. III, 12.4.2017, n. 9358). Le parti hanno versato nel presente fascicolo, oltre al provvedimento conclusivo, l'intero compendio istruttorio raccolto nel processo penale, tanto da rendere superfluo dare ingresso a un'istruttoria, che si sarebbe sostanziata in una duplicazione di quella già svolta in altra sede ###entrambe le parti. Queste ultime, d'altro canto, nulla hanno obiettato all'utilizzo, in questa sede, del materiale probatorio raccolto nel processo penale, come, d'altro canto, consentito dalla giurisprudenza di legittimità (v., oltre ai precedenti appena citati, Cass, sez. III, 6.5.2016, n. 9242; Id., 19.7.2018, 19203, Cass., sez. II, 4.7.2019, n. 18025). La stessa sentenza penale (doc. 5 ric., pp. 13 ss.), svolge un'accurata ricostruzione dei rapporti tra prescrizione e assoluzione, a cui deve, in questa sede, farsi rinvio: mette conto evidenziare che il Tribunale penale avverte, richiamando precedenti della S.C., che avrebbe pronunciato sentenza di assoluzione, in presenza di reati prescritti, nei soli casi di assoluta evidenza o dell'assenza di prove della colpevolezza, o di una prova positiva dell'innocenza, emergenti in maniera del tutto incontestabile e con esclusione di ogni caso di contraddittorietà o insufficienza della prova, anche in considerazione dell'elevato tecnicismo della materia. Ciò comporta che non possa ritenersi valido l'assunto, che pare aver fondato l'agire di ### per cui in presenza di una pronuncia di prescrizione, debba senz'altro ritenersi integrata la giusta causa di licenziamento. In altre parole, questo Giudice, pur potendo e dovendo tener conto delle prove assunte in sede penale, è chiamato a un'autonoma valutazione della sussistenza e della rilevanza giuridica del fatto, ai fini che qui interessano. 6. Sui motivi di licenziamento inerenti le rendicontazioni e la minaccia di licenziamento. Il primo e l'ultimo gruppo di circostanze contestate e poste alla base del licenziamento riguarda l'invio agli enti finanziatori di rendicontazioni delle ore lavorate superiori a quelle reali, al fine di conseguire maggiori finanziamenti, in relazione alle iniziative pubbliche ###, ###, ### e ###. I capi di imputazione contestano reati di falso ideologico e truffa. In relazione a queste accuse, il Tribunale penale ha espressamente rilevato la sussistenza di una contraddittorietà o insufficienza della prova del fatto materiale contestato (doc. 5 ric., p. 51), tale da imporre la pronuncia di improcedibilità e non di assoluzione. ### si fonda, come si legge nella motivazione della sentenza penale (pp. 36- 37) sulla rilevata discrasia tra le ore registrate dai dipendenti nel sistema informatico ### quelle presenti nei registri extracontabili rinvenuti presso la sede di ### durante le indagini e quelle rendicontate agli ### finanziatori. È rimasta del tutto incontroversa tra le parti la grave inattendibilità dei dati contenuti nel sistema ### riscontrata anche in sede penale (p. 19 sentenza: “Altrettanto chiaramente è emerso, poi, dalle risultanze istruttorie, che i dati numerici indicati nel sistema informatico ‘### riportavano le ore di lavoro svolte dal personale dell'associazione in misura inferiore rispetto a quelle effettivamente espletate, rivelandosi, peraltro, sovente inverosimili”). Le attività di indagine, che hanno condotto alla formulazione dell'accusa sopra riassunta, sono state riferite dal teste ### luogotenente della ### di finanza, nell'udienza penale del 12.4.2019 (stenografico sub doc. 28 ric., in part. v. pp. 40 ss.). Il teste, in sintesi, ha riferito di aver scoperto che le ore inserite nel sistema ### in cui i dipendenti avrebbero dovuto registrare il tempo impiegato per le attività riconducibili alle singole iniziative, erano state artificiosamente incrementate, in sede di trasmissione dei rendiconti agli enti finanziatori. Tale conclusione era stata raggiunta sulla base del confronto con altro tabulato, sequestrato presso la sede di ### privo di intestazione e indicazione dell'autore (ciò che si evince dal confronto delle risposte date nel corso dell'esame diretto e del controesame), che avrebbe, invece, riportato le ore reali, dato, poi, utilizzato per la predisposizione dei bilanci del ### Alcuni dipendenti erano, quindi, stati sentiti a s.i.t. In tal modo, gli inquirenti avevano ricostruito le ore che, a loro avviso, sarebbero state reali. Nella stessa deposizione, in sede di controesame (pp. 55 ss.), è, tuttavia, emerso che anche la ricostruzione delle “ore reali” presentava delle gravi aporie, quali l'assenza del tempo di lavoro dei dirigenti ### e ### il sottodimensionamento delle ore di altri dipendenti direttamente coinvolti nei progetti (per es. Platini, pp. 60 ss.) e che il teste non è stato in grado di riferire dove abbia trovato o come sia altrimenti venuto in possesso del documento recante la contabilizzazione delle ore in thesi realmente spese dai singoli dipendenti. Né risulta accertato o accertabile chi ne sia stato l'autore. Il teste ### ha, inoltre, riferito che della raccolta dei tabulati delle ore e del suo inserimento nel sistema informatico si occupava ### impiegato amministrativo. Quest'ultimo è stato sentito nella stessa udienza (doc. 28 ric., pp. 93 ss.) e ha riferito che talvolta le ore presenti nel sistema ### venivano incrementate “perché qualcuno compilava direttamente al sistema, qualcun altro non compilava al sistema e quindi c'erano delle ore da inserire e mi indicavano: c'è da inserire una serie di ore, per questo motivo... E quindi venivano inserite”. Il teste ha, quindi, riferito che i dirigenti non registravano le ore, insieme ad altri dipendenti, sicché periodicamente le registrazioni venivano integrate, fino a raggiungere l'importo prestabilito per i costi del personale. Su domanda delle ### degli imputati, egli ha precisato che “interi uffici” e “parecchi colleghi” non registravano le proprie ore di lavoro. La contestazione disciplinare cita altresì ampi stralci della testimonianza di ### altro dipendente di ### (stenografico sub doc. 31 ric., pp. 63 ss.), il quale, interrogato sull'iniziativa ###, ha riferito della redazione di un “libricino” delle ore lavorate dal personale, le quali venivano, poi, incrementate per raggiungere il massimo rimborso possibile, in relazione alla voce “spese generali”, su disposizione di ### dirigente di ### In relazione alle iniziative ###, ### e ###, ### ha riferito della presenza di residui, già erogati in seguito a richieste di rimborso superiori alle spese effettivamente sostenute, ma di non ricordare come il problema fosse, poi, stato risolto. Egli ha, quindi, dichiarato che gli incrementi delle ore erano stati disposti da ### e ### perché una parte di personale non segnava le ore effettivamente lavorate per le singole iniziative. Ha, inoltre, aggiunto che la circostanza doveva restare riservata e che ### gli aveva detto che “se usciva una parola di questa parte sarei stato licenziato”. Quanto alla questione dell'imputazione dei residui al bilancio della gestione ordinaria, al fine di renderli incontrollabili, il teste ha precisato che “era un'ipotesi che era stata prospettata per risolvere questo tipo di... Questo aspetto”.
Inoltre, ha dichiarato di essere stato rimproverato per aver inoltrato alla ### un prospetto delle ore della “precedente rendicontazione”, da cui avrebbe potuto desumersi il modus operandi dei dirigenti di ### poiché da uno dei due prospetti trasmessi risultavano ore di lavoro per il valore di 27.000 e non 95.000 euro, il cui rimborso era, invece, stato domandato. In sede di controesame, però (pp. 72 ss.) lo stesso teste ha riconosciuto l'inattendibilità delle ore su cui si era fondata la succitata “precedente rendicontazione”, da cui non risultavano le ore lavorate da molti dirigenti e dipendenti di ### che, invece, secondo il teste stesso, non potevano non aver prestato la propria opera nell'ambito dell'iniziativa. Tale quadro probatorio non consente di ritenere assolto l'onere, gravante, in questa sede, sul datore di lavoro, di dimostrare che “### Dirigente del ### (…) ha sistematicamente fornito agli enti finanziatori ed appaltanti le opere, rendicontazioni non veritiere ed errate con riferimento alle ore di lavoro svolte dal personale ### impiegato nell'esecuzione delle opere” (lettera di licenziamento sub doc. 1 ric., pp. 5-6). In realtà, né dagli atti del processo penale, né dalle difese datoriali in questa sede, emerge quali fossero le rendicontazioni veritiere e corrette, che la ricorrente avrebbe contribuito ad alterare. Ciò che emerge dalla lettura degli atti del processo penale è che il ### all'epoca dei fatti, non si fosse dotato di un sistema di registrazione esatta e puntuale delle ore lavorate dai dipendenti su questo o quel progetto. La mancata adozione di un simile sistema è, tuttavia, un fatto materiale diverso da quello posto a fondamento del licenziamento, ovverosia la falsificazione dolosa delle rendicontazioni.
Né risulta adeguatamente allegato e provato che la ricorrente avrebbe dovuto adoperarsi per realizzare un meccanismo di precisa registrazione delle ore lavorate, addebito che non le è stato neppure contestato. Incontroversa è rimasta, poi, la circostanza (accertata anche nella sentenza penale, ancorché ritenuta irrilevante dal Collegio ai fini penalistici - p. 48), ribadita dalla ### di parte ricorrente e non contestata dalla convenuta, per cui i provvedimenti di finanziamento non imponessero affatto la rendicontazione analitica delle ore lavorate. A fronte di tali elementi, non pare atto a integrare la giusta causa di recesso, il fatto che i dirigenti di ### tra cui la ricorrente, abbiano trasmesso rendicontazioni basate sulla stima delle ore necessarie all'attuazione di un progetto, approvata in sede di finanziamento dello stesso, anziché sulle ore concretamente spese dai singoli dipendenti, le quali, in assenza di precisi riscontri probatori, avrebbero potuto essere inferiori o anche superiori a quelle preventivate. Non può, invece, ritenersi totalmente escluso il rilievo disciplinare della condotta, riferita dall'### consistita nella minaccia di licenziamento rivoltagli. Sul punto si conviene con la ### di parte convenuta, che l'assenza di potere di licenziare in capo alla ricorrente non esclude che il ruolo apicale della stessa potesse incutere un timore non indifferente su un dipendente di grado inferiore, a cui venisse prospettata la cessazione del rapporto di lavoro.
Trattasi, tuttavia, di condotta che avrebbe potuto giustificare la sospensione dal servizio ai sensi dell'art. 4, n. 1, lett. c dell'all. H al ### per “contegno scorretto verso (...) i dipendenti” ma, in sé considerata, non legittima il licenziamento per giusta causa.
Occorre, quindi, fare applicazione del principio, derivante da consolidata giurisprudenza di legittimità, per cui “il giudice chiamato a verificare l'esistenza della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo di licenziamento incontra solo il limite che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione, vale a dire alla condotta contestata al lavoratore, (oltre Cass. 27004 del 2018 e Cass. n. 14321 del 2017, citate, anche Cass. n. 6165 del 2016 e 19053 del 2005)” (Cass., sez. lav., 27.3.2020, n. 7567, in motivazione). 7. Sui motivi di licenziamento relativi ai bilanci ### 2005-2011. Come già rammentato sopra, il licenziamento della ricorrente è stato altresì giustificato, sulla base dei fatti oggetto del capo d'accusa QQ del processo penale, qualificati in termini di falso in atto pubblico. Nella lettera di licenziamento (doc. 1 ric., p. 7) si legge che “###ambito del processo penale, con riferimento alla redazione dei bilanci ### nel periodo 2005-2011, il Tribunale di ### in forza anche delle risultanze ottenute dalla perizia svolta dal perito del P.M. dott. ### ha evidenziato più di un elemento idoneo a ritenere che la redazione dei bilanci nel periodo di interesse veniva eseguita, in violazione di ogni più elementare principio contabile”. ### conclusioni della relazione del CT della ### dott. ### (doc. 98 conv., pp. 169-170) si legge che “i bilanci dell'A.I.E.S. e la sottostante contabilità, con specifico riferimento alla “### ordinaria” (che presenta i volumi più rilevanti), risultano caratterizzati da irregolarità diffuse, reiterate e sistematiche, tali da determinare profonde ed inaccettabili distorsioni nella rappresentazione dei fatti gestionali e delle condizioni economiche e finanziarie dell'ente” e che “Si segnala che le fattispecie di inveridicità riscontrate sarebbero emerse facilmente dal controllo della contabilità e delle poste più importanti dei bilanci, i quali - proprio a causa delle irregolarità sottostanti - manifestavano evidenti anomalie e macroscopiche incongruenze; non risulta che i revisori dei conti abbiano mai sollevato alcun rilievo, fino al bilancio 2011 compreso”. Parte ricorrente ha contestato i rilievi tecnico-contabili del consulente, facendo, a sua volta, rinvio alle consulenze eseguite su incarico degli imputati (docc. 37 e 39 ric.), i quali hanno, per contro, ritenuto che la contabilità fosse regolare e i controlli effettuati fossero adeguati. Il Tribunale penale (pp. 114-115 sentenza penale, doc. 5 ric.), preso atto dell'intervenuta prescrizione dei reati e dei dubbi sull'innocenza degli imputati, sollevati dalla succitata perizia del P.M., non ha ritenuto di doversi addentrare nella valutazione della correttezza, o meno, dei criteri seguiti per la compilazione dei rendiconti. Ai fini che in questa sede rilevano, dirimente, appare, tuttavia, la circostanza per cui tutti i ### hanno riconosciuto l'assoluta evidenza delle tecniche contabili adoperate nella predisposizione dei rendiconti, tale da escludere che i presunti artifici potessero sfuggire a un professionista. Tanto denota che le scelte tecniche in materia contabile non fossero un'iniziativa personale della ricorrente, ma un'opzione condivisa dai massimi organi della datrice di lavoro. Occorre, in proposito, rammentare che l'art. 39, lett. B-e dello ### di ### vigente all'epoca dei fatti (doc. 18 ric.) stabiliva che il consiglio di amministrazione “predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo su proposta del Presidente del ### e del ### Generale” e che lo stesso organo aveva potestà regolamentare sull'“applicazione dello ### l'organizzazione esecutiva e la gestione generale del Consorzio”. ### del consiglio di amministrazione e la nomina dei revisori dei conti spettavano, in base all'art. 34, all'assemblea dei delegati, massimo organo di ### competente per l'approvazione dei bilanci. A fronte di un sistema così congegnato, non può che concludersi che amministratori e revisori avevano la responsabilità ultima per la predisposizione dei bilanci e che le scelte fondamentali in materia contabile dei dirigenti non potevano compiersi senza l'espresso consenso di tali organi. ### l'impostazione accusatoria, i dirigenti, tra cui la ricorrente, avrebbero impostato l'intera contabilità, nei suoi aspetti più importanti ed evidenti (quali la registrazione dei costi e delle entrate) seguendo principi erronei e in definitiva, irregolari.
Corretta, o meno, sia quest'ultima affermazione, dal punto di vista tecnico, vi è che la dirigente, per molti anni, ha operato non già con la tolleranza, ma con l'espresso consenso dei massimi organi della datrice di lavoro, i cui indirizzi ha attuato, sicché, a prescindere da ogni valutazione della condotta dal punto di vista penale (che non compete a questo Giudice), non può certamente affermarsi una responsabilità della medesima per inadempimento contrattuale. Sotto altro profilo, di natura formale, anche a voler ritenere una responsabilità della ricorrente, se le irregolarità erano evidenti a chiunque, come sostenuto dal CT della ### il cui parere è stato fatto proprio da parte convenuta, esse avrebbero dovuto essere contestate e sanzionate ben prima dell'apertura di un procedimento penale, avvenuta anni dopo il loro compimento. 8. Tutela per il licenziamento illegittimo. Riprendendo, ora, il discorso relativo alla tutela applicabile, a fronte della declaratoria di illegittimità del licenziamento, per le ragioni già esposte, deve farsi applicazione dell'art. 8, l. n. 604/1966, che così dispone: “Quando risulti accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il datore di lavoro è tenuto a riassumere il prestatore di lavoro entro il termine di tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandogli un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti. La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro”. Come già rilevato, al momento del licenziamento (che, per le ragioni che si esporranno, va individuato nel 12.6.2020) la ricorrente aveva oltre venti anni di anzianità, sicché l'indennità va commisurata tra le 2,5 e le 14 mensilità, essendo parimenti pacifico il superamento del limite dimensionale, da parte della datrice di lavoro. Al fine della commisurazione, deve tenersi conto delle dimensioni tutt'affatto trascurabili della datrice di lavoro e della lunga anzianità di servizio, che al momento della sospensione stava già per raggiungere la soglia dei venti anni, ma anche del fatto che il licenziamento, pur infondato, non può dirsi del tutto pretestuoso: esso è giunto all'esito di una vicenda penale di notevole complessità e anche in questa sede è stata riconosciuta la rilevanza disciplinare di una delle condotte tenute dalla ricorrente, pur inidonea a giustificare il recesso per giusta causa. Ciò, pur imponendo di discostarsi, in misura rilevante, dal minimo edittale, impedisce di raggiungere il massimo: ritiene il Tribunale di doversi attestare su una misura, di poco superiore alla metà del massimo, pari a otto mensilità. A norma dell'art. 61 ### l'assenza di giusta causa determina altresì la spettanza dell'indennità di mancato preavviso, nel numero di mensilità di cui alla domanda subordinata ###. 9. Sulla sospensione cautelare. Occorre, quindi, affrontare la questione relativa alla legittimità della sospensione cautelare e del diritto al pagamento delle retribuzioni maturate nel periodo di sospensione. Come concordemente riferito dalle parti, la ricorrente è stata sottoposta a sospensione cautelare obbligatoria, in quanto agli arresti domiciliari, con provvedimento del 10.12.2012, dalla stessa ricevuto il ### (doc. 7 ric.). Esso ha il suo fondamento nell'art. 7, all. H ### A seguito della revoca della misura cautelare penale, con decorrenza dal 1.1.2013, la stessa è stata sottoposta a sospensione facoltativa (doc. 8 ric.) a norma degli artt. 8-9 all. H ### il primo dei quali prevede che “### nelle ipotesi di cui all'art. 5, può sospendere il dirigente, con conseguente sospensione della retribuzione, anche prima che sia esaurito od iniziato il procedimento ivi previsto” e il secondo che “### per il fatto addebitato al dirigente sia stata iniziata azione penale, il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al termine di quello penale e se già iniziato, deve essere sospeso, salve le sospensioni cautelari di cui agli articoli precedenti”. Il Tribunale (peraltro, in linea con la posizione delle parti, che non hanno sollevato obiezioni circa l'avvenuta sospensione in pendenza di indagini preliminari), ritiene di dare all'espressione “azione penale” un significato più ampio di quello contenuto nel codice di procedura penale e comprensivo di tutto il procedimento penale e non soltanto del processo in senso tecnico. Tale appare, infatti, l'unica esegesi in linea con la ratio della previsione contrattuale, che è quella di imporre al datore di lavoro, ove gli accertamenti siano in corso presso l'### giudiziaria, di attendere il loro esito, prima di adottare provvedimenti disciplinari. Ciò posto, come risulta anche dalla giurisprudenza di legittimità di cui si darà conto nel prosieguo, le due sospensioni hanno natura e funzione diverse, sicché non può condividersi il tentativo della ricorrente di accomunarle: la prima, infatti, è un provvedimento necessitato dalla materiale e giuridica impossibilità di lavorare, conseguente allo stato custodiale. La seconda costituisce, invece, un atto discrezionale del datore di lavoro, volto a impedire che la presenza sul lavoro del dipendente sospettato di gravi fatti possa recare turbamento all'attività consortile. Ne consegue che non risulta, in primo luogo, violato il termine di trenta giorni di cui all'art. 8, secondo comma, all. H ### (“nella seconda ipotesi, la sospensione perde ogni effetto con conseguente diritto del dirigente alla riammissione in servizio ed alla corresponsione degli emolumenti non percepiti, se la contestazione scritta non viene effettuata entro 30 giorni dalla data di notifica del provvedimento di sospensione”), dal momento che la prima e provvisoria contestazione disciplinare risulta essere stata spedita il ### (doc. 9 ric.) e la ricorrente ha dichiarato (p. 4 ricorso) di aver ricevuto notificazione del provvedimento di sospensione facoltativa il ###.
Va, poi esclusa, anche ai fini della legittimità della sospensione cautelare, la violazione del termine di cui all'art. 10, secondo, terzo e quarto comma, dell'all. H cit.
Essi così dispongono: “### il procedimento penale si concluda con sentenza di proscioglimento o di assoluzione, passata in giudicato, per motivi diversi da quelli indicati nel comma precedente, il procedimento disciplinare può essere iniziato o proseguito entro un mese dalla data in cui il dirigente abbia notificato al ### la sentenza anzidetta, con la conseguenza che la sospensione cautelare dal servizio, eventualmente già disposta, rimane ferma, salva diversa determinazione del ### La notifica della sentenza di cui al precedente comma deve essere effettuata dal dirigente entro un mese dalla data di pubblicazione della sentenza stessa. Scaduto infruttuosamente il termine di cui al 2° comma del presente articolo, l'azione disciplinare si estingue e la sospensione dal servizio eventualmente già disposta, perde ogni effetto, con conseguente applicazione del disposto del 2° comma dell'art. 8”. Ora, la clausola riguarda i casi di assoluzione con formula diversa da “il fatto non sussiste” o “l'imputato non lo ha commesso” e consente la riattivazione del procedimento disciplinare, sospeso ai sensi del precedente art. 9. Per altro verso, essa stabilisce termini volti a porre rapidamente fine allo stato di incertezza giuridica sull'esito del procedimento, una volta che in esso possa tenersi conto delle conclusioni raggiunte in sede penale. La disposizione evidentemente presuppone che il ### sia rimasto estraneo al processo penale, sì da non avere giuridica conoscenza dell'esito dello stesso, tanto è vero che si impone al dirigente di effettuare la notificazione, che comporta la decorrenza del termine per la prosecuzione del procedimento disciplinare. Non può, per contro, essere condivisa la tesi di ### per cui la disposizione lascerebbe nelle mani del dirigente incolpato la scelta se far decorrere, o meno, i termini per la conclusione del procedimento: diversamente, non avrebbe alcun senso prevedere un obbligo (e non una mera facoltà) per lo stesso di effettuare la notificazione. Appurato, quindi, che la disposizione mira ad assicurare al ### la tempestiva conoscenza della decisione del giudice penale, va rammentato che nel caso di specie, l'ente ebbe a partecipare al processo quale imputato di responsabilità amministrativa da reato ex d. lgs. n. 231/2001, sicché esso ha ricevuto le comunicazioni dei provvedimenti giudiziari, al pari della ricorrente. Purtuttavia, la decorrenza del termine richiede altresì che la sentenza sia passata in giudicato e nel caso di specie, il termine per l'impugnazione della sentenza penale (depositata al novantesimo giorno dalla lettura del dispositivo, il ###), previsto dall'art. 585, comma 1, lett c) c.p.p. è stato prorogato ai sensi dell'art. 83, d.l. n. 18/2020 e dell'art. 36, d.l. n. 23/2020, in ragione dell'emergenza pandemica, sicché è scaduto il ###. La riattivazione del procedimento, con la contestazione del 12.6.2020 (doc. 13 ric.) è, quindi, intervenuta a meno di un mese dal passaggio in giudicato della sentenza. Fatte queste considerazioni sulla regolarità formale della sospensione, occorre rammentare il principio da lungo tempo consolidato nella giurisprudenza della S.C., per cui “la sospensione cautelare del lavoratore dal servizio, anche se non prevista dalla specifica disciplina legale o contrattuale del rapporto, può essere disposta dal datore di lavoro nell'esercizio del suo potere organizzativo e direttivo, per assicurare lo svolgimento ordinato ed efficiente dell'attività aziendale.
Il datore di lavoro, cioè, in presenza di ragioni, come la pendenza di un procedimento disciplinare o penale a carico del lavoratore, che determinino condizioni di incertezza circa l'esatta osservanza, da parte del dipendente, degli obblighi che gli incombono per effetto del suo rapporto di collaborazione e circa l'esistenza di comportamenti incompatibili con le regole della medesima, sì da risultare suscettibili di sanzioni, può unilateralmente rinunciare alla prestazione lavorativa per il tempo necessario all'esaurimento dei detti procedimenti, scilicet al venir meno di quelle ragioni di dubbio costituenti fattore di turbamento dell'armonia e dell'efficienza dell'apparato organizzativo nel quale la prestazione stessa è destinata a svolgersi. (…) La sola differenza ravvisabile fra l'ipotesi in cui l'istituto della sospensione cautelare sia previsto e consentito dalla disciplina legale o contrattuale del rapporto e l'ipotesi in cui tale sospensione, nel ricorso delle suddette condizioni, venga unilateralmente disposta dal datore di lavoro, sta in ciò che, nella prima, l'effetto sospensivo investe anche l'obbligazione retributiva gravante sullo stesso datore, mentre, nella seconda, questa permane inalterata (in questo senso, cfr., Cass., sez. un., 26 marzo 1982, n. 1885; nonché Cass. 25 marzo 1996, n. 2517; Id. 17 luglio 1990 n. 7303; Id. 24 febbraio 1990 n. 1410; Id. 24 marzo 1988 n. 2563; Id. 13 maggio 1987 n. 4432; Id. 10 dicembre 1986 n. 7350)” (Cass., sez. un. 3.6.1997, n. 4955). Obbligazione retributiva, la quale rimane sospesa e la cui sorte può determinarsi soltanto in esito al procedimento al procedimento disciplinare, che segue quello penale.
Infatti, “una volta conclusosi il procedimento disciplinare con esito sfavorevole al dipendente e con l'adozione della sanzione del licenziamento, la sospensione cautelare dal servizio si tramuta, ad ogni effetto, in definitiva interruzione del rapporto che legittima il recesso del datore di lavoro retroattivamente, con perdita "ex tunc" del diritto alle retribuzioni fin dal momento della disposta misura cautelare (vedi cass. sent. n. 2517 del 1996)” (Cass., sez. lav., 23.1.1998, n. 624). Per contro, “la riconoscibilità del diritto alle retribuzioni non corrisposte nel relativo periodo è condizionata alla conclusione di tale procedimento in senso favorevole al lavoratore, venendo definitivamente meno, con essa, la possibilità di realizzazione dell'evento risolutivo del rapporto di lavoro, in vista del quale la sospensione era stata disposta (### 27 ottobre 1995 n. 11175, Cass. 22 marzo 1996 n. 2517, 11 aprile 1996 n. 3370, 25 marzo 1997 n. 2633, 26 marzo 1998 n. 3209)” (Cass., sez. lav., 15.11.1999, n. 12631). Tali principi sono stati, anche in tempi assai recenti, ribaditi dalla S.C., nella sentenza della sezione lavoro del 10.1.2024, n. 1058, della cui motivazione è utile riportare un ampio brano: “la sanzione nei confronti del lavoratore, dopo il proscioglimento in sede penale, può scaturire solo all'esito del procedimento disciplinare, che non è vincolato al rispetto di un giudicato penale che non esclude né l'esistenza del fatto, né che l'impiegato l'abbia commesso. Tuttavia, qualora la sanzione disciplinare sia meno afflittiva rispetto alla sospensione cautelare (come nel caso di specie, in cui è stata applicata la sanzione della sospensione per soli 15 giorni), oppure quando al processo penale non segua alcuna sanzione disciplinare, il periodo di sospensione cautelare non ha più giustificazione (in tutto o nella parte eccedente la sanzione inflitta) e con esso anche il dimezzamento della retribuzione che alla sospensione cautelare è abbinato.
Tale principio vale sicuramente per la sospensione facoltativa, ovverosia con riguardo ai periodi in cui la prestazione del lavoratore non viene eseguita per una scelta discrezionale in tal senso del datore di lavoro. Ma, anche con riferimento alla sospensione obbligatoria, vale quanto considerato dalla Corte costituzionale, che ha ritenuto infondato il dubbio di illegittimità costituzionale dell'obbligatorietà della misura sospensiva (come prevista dalle leggi n. 55 del 1990 e n. 97 del 2001), proprio evidenziando che non si tratta di una sanzione, ma di una misura cautelare, per la quale l'esigenza di proporzionalità si misura soltanto rispetto al pregiudizio che può subire l'interesse pubblico per la permanenza in servizio dell'impiegato nonostante la pendenza dell'accusa penale (Corte cost. nn. 145/2002, 206/1999, 184/1994). Con il corollario che, una volta definito il processo penale, spetta al procedimento disciplinare stabilire la sanzione da applicare al lavoratore e verificare se e in che misura la sospensione cautelare risulti coerente con la sanzione applicata e sia, quindi, da questa assorbita. "In sostanza, la natura cautelare della misura della sospensione comporta la sua provvisorietà e rivedibilità, nel senso che solo al termine e secondo l'esito del procedimento disciplinare si potrà stabilire se la sospensione preventiva applicata resti giustificata ovvero debba venire caducata a tutti gli effetti" (Cass. n. 4411/2021, cit.). 5.1.2. La regola soffre eccezione solo per la sospensione resa obbligatoria dalla custodia cautelare in carcere, perché in quel caso "la perdita della retribuzione si riconnette ad un provvedimento necessitato dallo stato restrittivo della libertà personale del dipendente" (ancora Cass. n. 4411/2021, cit.; conf. Cass. nn. 24117/2022, 9095/2020, ###/2018, 20708/2018, 10137/2018, 20321/2016)”. Tali principi, mutatis mutandis, vanno applicati al caso di specie, in cui il licenziamento irrogato all'esito del procedimento disciplinare viene ritenuto illegittimo dal Tribunale, poiché avrebbe dovuto essere irrogata alla ricorrente una sanzione più lieve (come, invece, nel caso da ultimo esaminato dalla S.C., ha fatto direttamente il datore di lavoro). E ciò a prescindere dal fatto che la normativa applicabile rimetta al datore di lavoro e non al lavoratore la scelta tra la riassunzione e il pagamento dell'indennità risarcitoria, atteso che la sanzione applicabile per l'illegittimità del licenziamento non influisce sulla natura, comunque, antigiuridica dell'atto. ### canto, diversamente opinando, si giungerebbe ad affermare che il datore di lavoro che abbia legittimamente applicato una sanzione conservativa è obbligato pagare le retribuzioni arretrate, mentre quello che abbia proceduto a un licenziamento illegittimo ne andrebbe esente. Per altro verso, va esclusa qualsiasi conseguenza reintegratoria del diritto alla retribuzione nel periodo di sospensione cautelare conseguente agli arresti domiciliari, stante l'equiparazione di cui all'art. 284, quinto comma, c.p.p. alla custodia in carcere. 10. Quantificazione della retribuzione spettante per il periodo di sospensione.
Appurato il diritto alla retribuzione maturata nel periodo di sospensione cautelare facoltativa, devono, quindi, essere stabiliti i criteri per la sua quantificazione. Stante il rilievo dell'importo, la complessità del conteggio e l'accoglimento di alcune eccezioni di parte convenuta, che impediscono di recepire senz'altro il conteggio di cui al ricorso, è necessario rimettere la liquidazione al prosieguo del giudizio, pronunciando sentenza solo parzialmente definitiva. Al fine di determinare i criteri giuridici di quantificazione della retribuzione, vanno, quindi, affrontate le pretese della ricorrente e le eccezioni della convenuta. In primo luogo, parte convenuta ha allegato di aver erogato, nell'anno 2013, l'importo di euro 28.945,20, a titolo di assegno alimentare non dovuto. La ricorrente non ha mai contestato tale circostanza, né ha allegato la sussistenza dei presupposti di tale erogazione (che l'art. 11 all. H ### identifica nel diritto alla percezione degli assegni familiari). Stante la non contestazione della percezione e la mancata prova del diritto, va accolta l'eccezione della convenuta, volta alla compensazione di tale importo con quanto riconosciuto in questa sede. ### fondata è l'istanza di ### tesa a escludere dalle retribuzioni arretrate l'indennità speciale, la quale, per le ragioni che si esporranno nel prossimo paragrafo, costituisce un elemento avente natura variabile ed eventuale, dipendendo dai risultati economici del ### e da una decisione discrezionale del suo presidente, su proposta del direttore generale. Orbene, nel presente caso nulla è stato dedotto dalle parti circa tali risultati, durante gli anni di sospensione, né sulla sussistenza di tale determinazione, o di elementi altamente probabilistici che portino a concludere che, ove la ricorrente fosse stata mantenuta in servizio, essa sarebbe stata deliberata. Non vi è, pertanto, alcun elemento sulla cui base il Tribunale possa ritenere dovuto tale emolumento, né quantificarne l'ammontare.
Per contro, va respinta la tesi per cui durante il periodo di sospensione non sarebbe spettata l'indennità per ferie e permessi maturati e non goduti. In proposito, occorre rammentare che la giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Tribunale, ha affermato che l'illegittima estromissione del lavoratore dal posto di lavoro comporta il “diritto all'indennità sostitutiva delle ferie, delle festività e dei permessi, maturati e non goduti nell'arco temporale tra il licenziamento e la reintegrazione, poiché, pur in assenza di lavoro effettivo, tale situazione deve essere equiparata - secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza 25 giugno 2020 (cause riunite C- 762/18 e C-37/19) - a quella della sopravvenuta inabilità al lavoro per malattia, trattandosi in entrambi i casi di impossibilità di esecuzione della prestazione per cause imprevedibili e indipendenti dalla volontà del lavoratore” (Cass., sez. lav., 8.3.2021, 6319).
Non ignora il Tribunale che tale principio è stato enunciato nel caso di reintegrazione del lavoratore a seguito di licenziamento dichiarato illegittimo dal giudice, ma l'analogo fondamento normativo impone di farne applicazione anche nel caso di specie, in cui il periodo non lavorato è dipeso dall'estromissione non definitiva, ma temporanea dal posto di lavoro. 11. Quantificazione della retribuzione di riferimento. Non computabilità della cd. indennità speciale. La quantificazione della retribuzione di riferimento è necessaria per determinare il concreto valore dell'indennità risarcitoria e di quella di mancato preavviso, nonché della retribuzione relativa al periodo di sospensione cautelare. La ricorrente include nel computo della propria retribuzione il minimo tabellare, gli scatti di anzianità, l'indennità di funzione, il compenso per le festività e l'indennità speciale. Quest'ultima le era stata riconosciuta al momento della promozione a dirigente di quarta classe (doc. 49 ric.), con rinvio al provvedimento presidenziale del 9.2.1996 (doc. 55 ric.), il quale, a sua volta, rinviava alle delibere del c.d.a. n. 8 del 1968 (doc. 69 ric.) e n. 24/G del 1990 (doc. 70 ric.). La ricorrente ha allegato di aver sempre percepito l'emolumento, fino alla sospensione, producendo i cedolini paga (doc. 56 ric.). La convenuta ha contestato la natura di superminimo della suddetta indennità, poiché, a suo avviso, essa avrebbe avuto carattere eventuale e dipendente dall'espletamento di lavoro straordinario e compiti superiori alle funzioni di appartenenza, in concreto non svolti dalla ricorrente. Sul punto, le delibere di cui ai docc. 69 e 70 ric., che costituiscono la base giuridica dell'erogazione, recano: - la prima “che per il personale dirigente e con mansioni direttive, tenuto conto che, per le caratteristiche delle relative prestazioni, non può configurarsi una valutazione oraria dei maggiori lavori e compiti svolti, venga demandato al Presidente ###corso e su proposta del ### il compito di determinare annualmente gli eventuali compensi da corrispondere a titolo di indennità e gratifica per l'espletamento di lavoro straordinario e di compiti superiori alle funzioni di competenza, ed altresì di rimborso delle piccole spese di missioni non documentabili; l'entità globale di tali compensi dovrà comunque essere commisurata all'effettiva attività di bonifica svolta nell'anno”; - la seconda che “a partire dall'esercizio 1990-91 l'entità globale dei compensi di cui alla delibera 23/12/1968 n. 8 punto a) a favore dei ### e dei ### viene dal Presidente percentualmente commisurata all'ammontare dei seguenti importi annuali di consuntivo (...)” (seguono le voci di bilancio poste alla base della commisurazione. In conformità, la stessa ricorrente ha prodotto (docc. 71-72 ric.) le proposte del direttore generale, relative gli anni 2008 e 2009, che individuano in concreto le percentuali da attribuire ai singoli dirigenti. Si tratta, all'evidenza, di un elemento di retribuzione variabile, la cui entità dipende dai risultati economici dell'esercizio e da una scelta discrezionale del presidente, su proposta del direttore generale, relativamente alla quota da assegnare ai singoli. Non può, quindi, predicarsene la natura di superminimo individuale: essa diviene dovuta ed esigibile solo all'esito del procedimento di liquidazione e la sua entità non è determinabile a priori. Il carattere di retribuzione ordinaria della suddetta indennità è, peraltro, escluso dalla disposizione dell'art. 23 ### che prevede che “la retribuzione mensile, pagabile in via posticipata, è costituita dallo stipendio, dall'indennità di funzione e dagli aumenti periodici (...) Per ogni anno solare di servizio spettano al ### di area quattordici mensilità di retribuzione (...)”. Occorre, quindi, evidenziare che l'indennità di funzione è un emolumento diverso rispetto all'indennità speciale e solo la prima trova una compiuta disciplina nel ### applicabile. 12. Decorrenza del licenziamento. La concreta quantificazione della retribuzione globale di fatto da prendere in esame per la determinazione delle indennità e la liquidazione delle retribuzioni maturate durante la sospensione presuppone altresì la risoluzione della questione relativa alla decorrenza degli effetti del licenziamento. La comunicazione del 17.11.2020 (doc. 1 ric.) vorrebbe far retroagire gli effetti del licenziamento al 1.2.2013, in asserita applicazione dell'art. 1, comma 41, l. 92/2012 e in considerazione della disposta sospensione cautelare. Tale impostazione non può essere condivisa per le seguenti ragioni. Si è già detto della natura non disciplinare, ma cautelare della sospensione, sicché i due aspetti - cautelare e disciplinare - vanno tenuti distinti. Ciò, nonostante ### il ### abbia previsto l'obbligo di contestazione degli addebiti in caso di sospensione, ma, contestualmente, anche l'attesa della conclusione del procedimento penale per poter formulare il giudizio disciplinare. ### interpretazione che consenta di superare la contraddizione contenuta nel ### è quella di ritenere che, in caso di pendenza del procedimento penale, la contestazione conseguente alla sospensione facoltativa ha carattere meramente provvisorio e mira essenzialmente a consentire al lavoratore di conoscere le ragioni per cui è stato sospeso e viene sottoposto a procedimento disciplinare (se per gli stessi fatti di quello penale, o per altri).
Diversamente, ove si volesse ritenere che il licenziamento si fonda sulla contestazione del 2013, esso si scontrerebbe irrimediabilmente con i principi di immediatezza e immutabilità, il che, in caso di sospensione cautelare, per pendenza di procedimento penale è già stato escluso dalla giurisprudenza di legittimità (v. per tutte Cass., sez. lav., 23.1.1998, n. 624 cit., che si richiama ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c.).
Per altro verso, si deve osservare che, nel caso di specie, la contestazione su cui si è fondato il licenziamento è soltanto quella del 12.6.2020 (doc. 13 ric.), successiva alla conclusione del processo penale di primo grado. E allora, la retroazione degli effetti del licenziamento all'inizio del procedimento disciplinare, prevista dal comma 41 cit., non può che intendersi riferita a quella contestazione.
Alla data del 12.6.2020 deve, quindi, intendersi cessato il rapporto di lavoro della ricorrente e a tale data va commisurata la retribuzione globale di fatto. 13. Sui compensi speciali e i proventi della polizza assicurativa. È fondata la domanda di pagamento dei compensi speciali in concreto attribuiti alla ricorrente, secondo i criteri analizzati al punto 11. Le parti hanno concordemente riferito che era facoltà dei dirigenti chiedere che i compensi fossero convogliati su una polizza di assicurazione sulla vita (v. doc. 78 ric.), grazie a una convenzione in essere tra il ### e l'assicuratore ### (già ### (doc. 75 ric.), consentendo, in tal modo, di conseguire vantaggi fiscali, oltre alla plusvalenza derivante dal contratto assicurativo, avente una chiara finalità di investimento. La prima parte della domanda qui in esame riguarda i compensi relativi agli anni dal 2008 al 2010, avendo la stessa ricorrente dichiarato di aver riscosso i proventi delle polizze riguardanti gli anni precedenti. È pacifico tra le parti (cfr. p. 79 ricorso e p. 18 memoria) che, per tali anni, ### erogò la somma di euro 178.334 e su richiesta della ricorrente, essa fu versata all'assicuratore, nei termini sopra riassunti. La ricorrente chiede, quindi, che ### sia condannata a pagarle i proventi del riscatto della polizza, che il ### ha, invece, trattenuto, ritenendo di averne diritto ai sensi degli artt. 1920 e 1921 c.c. Tale importo ammonta a euro 222.094,88 riscossi il ### da ### come risulta dalla scheda contabile esibita il ### (doc. 504 conv.), in cui esso è appostato come “ripresa saldi polizza allianz lazzarini”. Con dichiarazione scritta inviata ad ### il ### (doc. B conv.), il Presidente di ### chiese all'assicuratore di modificare la convenzione assicurativa, “in modo che il ### risulti sempre il ### e che le richieste di rimborso possano provenire solo dal ### stesso”. La giurisprudenza di legittimità ha rammentato che il contratto di assicurazione sulla vita a favore del terzo si inquadra nel generale istituto del contratto a favore del terzo (art. 1413 c.c.), il quale dà vita a due distinti rapporti: quello tra il contraente e l'assicuratore e quello tra il primo e il soggetto a favore del quale il contratto è stipulato, evidenziandone l'autonomia (v. tra le molte Cass., sez. III, 15.4.2021, n. 9948). Se ne è ricavato che la causa del contratto assicurativo si distingue da quella del rapporto sottostante, che può avere natura di liberalità, di investimento, di previdenza.
Conseguentemente, il beneficiario può opporre all'assicuratore soltanto le eccezioni derivanti dal contratto di assicurazione, ma non quelle proprie del rapporto con il contraente. In questa sede ###si discute di pretese rivolte nei confronti dell'assicuratore, ma la ricorrente fa valere il rapporto sottostante, cioè quello di lavoro, invocando il proprio diritto a ricevere la retribuzione. ### canto, da lungo tempo si è affermata la validità del contratto con cui taluno si impegni a concludere un contratto di assicurazione e a pagarne i premi (v. Cass., 24.2.1955, n. 566), come è avvenuto nel caso di specie. Ed è evidente che la pattuizione per cui ### avrebbe concluso il contratto di assicurazione per conto della dirigente, con denaro di quest'ultima, non prevedeva, nella sua causa, l'arricchimento del ### con attribuzione della facoltà di incamerare i proventi della polizza a proprio piacimento, ma, per contro, era stipulato (quale benefit ulteriore del rapporto di lavoro) nel solo interesse della lavoratrice. ### ha, quindi, pieno diritto di pretendere, oggi, l'adempimento non già del contratto assicurativo, i cui effetti si sono, ormai, esauriti, ma del negozio con il ### Di ciò, d'altro canto, pare essere perfettamente consapevole ### stessa, la quale non ha confuso i proventi delle polizze stipulate per conto dei singoli dirigenti nel proprio patrimonio (v. ancora il doc. 504 esibito cit.), ma, correttamente, li ha appostati con precisa indicazione del soggetto a cui essi erano riferibili.
Per quanto riguarda gli anni successivi e precedenti alla sospensione (2011 e 2012), la ricorrente ha prodotto la relativa richiesta di pagamento (doc. 57 ric.) e la risposta di ### che ha riconosciuto la debenza di detto importo (doc. 58 ric.). La convenuta non ha ottemperato agli ordini di esibizione impartiti dal Tribunale circa le delibere autorizzative del pagamento dei compensi in parola, affermando di non aver reperito tale documentazione (nota depositata il ###). In considerazione di tale circostanza e in assenza di contestazione specifica del conteggio effettuato in ricorso (euro 50.562 per il 2011 ed euro 37.921 per il 2012), esso va recepito. Spettano, quindi, per tale secondo periodo, euro 88.483. 14. Sul rimborso delle spese legali. Sul punto, la ricorrente invoca l'applicazione dell'art. 36 del ### applicabile, il quale dispone che “Nel caso di sottoposizione a procedimento giudiziario, sia civile, sia penale, di un dirigente per fatti connessi alle funzioni a lui affidate, le spese legali relative alla difesa del dirigente sono anticipate dal ### sempreché non sussista conflitto di interessi.
La sentenza passata in giudicato che affermi la responsabilità del dirigente per dolo o colpa grave comporta il diritto del ### al recupero delle spese legali anticipate nei limiti delle tariffe professionali medie”.
Su tale base, nel ricorso viene richiesta la somma di euro 123.085,72, il cui conteggio viene contestato in quanto non si attiene alle tariffe professionali medie, non è provvisto del parere di congruità e in quanto ### ritiene di dover eventualmente rimborsare le sole spese connesse ai capi per cui vi è stata assoluzione con formula piena. Non è, invece, contestata l'effettività delle spese suddette, peraltro documentalmente dimostrata (docc. 63-64 ric.).
Prima di analizzare tali difese, occorre premettere che la lettera della clausola contrattuale, in prima battuta, impone il rimborso di tutte le spese (non vi è, nel primo comma, il limite di cui al secondo, relativo alle tariffe medie), senza prevedere alcun potere di riduzione in base alla “congruità”. Avrebbe, per conto, potuto escludersi la rifusione di spese prive di diretto collegamento con la difesa in sede ###consta, né ### ha dedotto, che vi siano istanze di rimborso così caratterizzate. ### eccezione è il caso di “conflitto di interesse”, palesemente insussistente nel caso di specie, sol che si pensi che ### coimputato per responsabilità ex d. lgs. 231/2001, aveva interesse al proscioglimento della ricorrente, da cui sarebbe dipesa automaticamente l'esclusione della responsabilità amministrativa, come di fatto è avvenuto (v. sentenza penale sub doc. 5 ric., p. 116).
In esito al procedimento penale, poi, il ### prevede una facoltà di recupero parziale (“nei limiti delle tariffe professionali medie”), nel caso in cui la sentenza penale passata in giudicato “affermi la responsabilità del dirigente per dolo o colpa grave” e cioè, per aver commesso un reato doloso o colposo, con l'ulteriore limite, in questo caso, del grado grave della colpa.
La clausola in parola non lascia spazio all'interpretazione autonoma, resasi necessaria per valutare la legittimità del licenziamento, richiedendo espressamente l'affermazione di penale responsabilità del dirigente. Non resta che constatare che, nel caso di specie, come già più volte rammentato, non vi è stata alcuna affermazione di responsabilità penale nella sentenza e che la declaratoria di improcedibilità per prescrizione non è equiparabile, né punto, né poco, a una simile statuizione.
Tali considerazioni superano le contestazioni di ### non essendo affatto richiesto un parere di congruità e non essendo nemmeno stata specificamente contestata la congruità di questa o quella spesa, nonostante l'analitica elencazione nel doc. 63 ric., richiamato nell'atto introduttivo. Né potrebbe escludersi il diritto a ottenere il rimborso di spese relative ai capi di imputazione per cui è stata dichiarata la prescrizione, in mancanza della richiesta affermazione di responsabilità penale.
Va, invece, ritenuta inammissibile la domanda, svolta nel corso del giudizio (nota del 16.7.2024), di rimborso di spese ulteriori a quelle dedotte nel ricorso introduttivo, non avendo la ### attorea domandato, né ottenuto, l'autorizzazione alla modifica della domanda ex art. 420, primo comma, c.p.c., pur a fronte di un'iniziale pretesa, formulata in modo specifico e analitico. 15. ###. Il pagamento del ### dovuto a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, non è stato oggetto di domanda espressa nelle conclusioni del ricorso, sicché il Tribunale deve esimersi dalla quantificazione e dalla pronuncia di condanna in dispositivo. 16. Conclusioni. Invito al contraddittorio. Prosecuzione del processo. Il giudizio deve proseguire per la liquidazione dell'indennità risarcitoria, di quella sostitutiva del preavviso e dell'importo delle retribuzioni non corrisposte nel periodo di sospensione cautelare. Sulle somme attribuite a titolo retributivo, a norma dell'art. 429 c.p.c., spettano gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, dalle singole scadenze al saldo effettivo. I restanti importi vanno maggiorati dei soli interessi legali, mancando l'allegazione e la prova di un danno ulteriore per il ritardo. Ai fini della decisione sulle domande relative al cd. danno fiscale e alla regolarizzazione contributiva, che parimenti si riservano al prosieguo del giudizio, appare opportuno invitare le parti al contraddittorio sulla questione della debenza, o meno, di contributi previdenziali sulle somme corrisposte a titolo di retribuzione arretrata, anche in considerazione del loro trattamento fiscale (tassazione ordinaria o tassazione separata). Tale questione appare, infatti, rilevante ai fini della decisione sulle suddette domande e non è stata, fino a ora, oggetto del contraddittorio processuale.
La liquidazione delle spese resta riservate alla pronuncia definitiva.
La complessità della controversia impone l'indicazione del termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione. P. Q. M. Il Tribunale Ordinario di ### in funzione di giudice del lavoro, non definitivamente pronunciando, ogni contraria e ulteriore istanza, domanda ed eccezione disattesa, così provvede: 1) in parziale accoglimento del ricorso, dichiara l'illegittimità del licenziamento intimato da ### a ### con nota del 17.11.2020 e condanna ### a riassumere ### entro tre giorni o, in mancanza, a risarcire il danno versandole un'indennità di importo pari a otto mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre all'indennità di mancato preavviso nell'importo pari a dieci mensilità di retribuzione e oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data del licenziamento al saldo effettivo; 2) condanna ### a corrispondere ### le retribuzioni relative al periodo di sospensione, da liquidarsi nel prosieguo del giudizio secondo i criteri di cui in motivazione, previa detrazione dell'importo di euro 28.945,20, percepito a titolo di assegno alimentare e oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze mensili al saldo effettivo; 3) dispone la prosecuzione del giudizio, come da separata ordinanza, per la liquidazione delle somme di cui ai punti precedenti e la decisione sulla domanda relativa alle mancate detrazioni fiscali e su quella di regolarizzazione contributiva; 4) condanna ### alla rifusione delle spese legali sostenute da ### nel procedimento penale, liquidate in euro 123.085,72, oltre interessi legali dalle date dei singoli pagamenti ai professionisti al saldo da parte della convenuta; 5) condanna ### a corrispondere a ### i seguenti importi: - euro 222.094,88 a titolo di restituzione del saldo della polizza assicurativa contratta con i proventi delle retribuzioni spettanti alla ricorrente, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla riscossione della stessa (1.3.2014) al saldo effettivo; - euro 88.483 a titolo di indennità speciale maturata negli anni 2011 e 2012, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria da ciascuna scadenza annuale al saldo effettivo; 6) spese al definitivo; 7) indica in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione.
Così deciso il ###.
Il giudice Dott.
causa n. 386/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Molinaro Gabriele, Fotia Antonia