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CORTE ### DI SALERNO II SEZIONE CIVILE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte d'Appello di Salerno, riunita in ### di Consiglio nelle persone dei ### Magistrati: 1. dott. ### 2. dott.ssa ### 3. dott. ### rel./est. ha pronunciato la seguente: SENTENZA nella causa iscritta al n. 1031/2024 del ruolo generale degli affari contenziosi civili TRA ### nata a ### il 13 maggio 1971 ed ivi residente ###, cod. fisc. ###, rappresentata e difesa, in virtù di mandato in calce all'atto di citazione in riassunzione di cui all'art. 392 c.p.c., dall'avv. ### presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata elettivamente domicilia; attrice in riassunzione E “### S.P.A.”, con sede ###### al viale A.
Spinelli, n. 30, cod. fisc. e p. iva ###, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura generale alle liti autenticata dal notaio ### da ### con atto del 19 ottobre 2007, rep. n. 151215 - racc. ###, dall'avv. ### presso lo studio del quale elettivamente domicilia in ### alla via G. da Ravenna, n. 1; convenuta in riassunzione ###: ###. 392 ###. C.P.C. - RESPONSABILITA' ### E #### per l'attrice in riassunzione (come da atto di citazione in riassunzione) - “in conformità al dettato dell'ordinanza n. 23683/2023 della Suprema Corte di Cassazione … riformare la sentenza 1792/2017 del Tribunale Civile di ### e, conseguentemente, accertare e dichiarare che la dott.ssa ### ha subito prelievi fraudolenti per € 5.725,06 e che questi dipendono dalla negligenza della convenuta e, per l'effetto, condannare ### … al risarcimento dei danni patiti dall'attrice, pari alla suindicata somma; il tutto oltre rivalutazione ed interessi sulla sorte rivalutata dal dì del fatto (4.12.2008, data del primo prelievo fraudolento) all'effettivo soddisfo. Con vittoria di spese e competenze di lite, maggiorate degli accessori di legge, di tutti i gradi di giudizio, ivi compreso quello di legittimità ed il presente giudizio di rinvio ed espressa richiesta di distrazione in favore del sottoscritto procuratore per dichiarato anticipo”; per la convenuta in riassunzione (come da comparsa di costituzione e risposta) - “### l'###ma Corte d'Appello di ### rigettare l'appello proposto da ### e per l'effetto confermare la sentenza n. 1792/2017 resa dal Tribunale di ### = ### l'###ma Corte d'Appello di ### qualora ritenga che il correntista, pur senza fornire alcuna prova del ‘fatto truffaldino', al fine di domandare il risarcimento del danno, può anche solo limitarsi a dichiarare come non proprie talune operazioni di prelievo, spettando alla banca l'onere di provare di aver adottato soluzioni idonee a prevenire l'uso fraudolento dei sistemi elettronici di pagamento (benché anche solo affermato dal correntista), in ogni caso, rigettare la domanda attorea, ricorrendo nella fattispecie in esame una colpa grave del correntista, per aver comunicato alla banca solo dopo un tempo oltremodo lungo l'uso non autorizzato degli strumenti di pagamento. = Con condanna dell'appellante al pagamento delle competenze e spese di lite, oltre spese generali, IVA e ### di tutti i gradi di giudizio e del presente grado”. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con sentenza n. 1792/2017, il Tribunale di ### definitivamente pronunciando nel giudizio promosso da ### nei confronti della “### del ### s.p.a.” con atto di citazione notificato il 2 dicembre 2020, così provvedeva: 1) rigettava la domanda proposta dalla ### per sentir condannare la “### del ### s.p.a.” al pagamento della somma di euro 5.725,06 a titolo di risarcimento dei danni subiti a causa della mancata adozione, da parte dell'istituto di credito, di misure idonee ad evitare che ignoti prelevassero in maniera fraudolenta tale importo dal conto corrente 5939/6501, oltre rivalutazione monetaria ed interessi al tasso legale dal verificarsi dell'illecito al soddisfo; 2) condannava la ### alla refusione delle spese processuali.
Con sentenza n. 893/2020, questa Corte rigettava l'appello proposto dalla ### condannandola alla refusione delle spese processuali.
Con ordinanza n. 23683/2024, la Corte di ### 1) rigettava il primo motivo di ricorso, con il quale la ### eccepiva l'incostituzionalità degli artt. 62-72 decreto legge n. 69/2013 per contrasto con l'art. 106, comma 2, ### e, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza impugnata a norma dell'art. 158 c.p.c., giacché resa da un collegio di cui era componente, come relatore ed estensore, un giudice onorario; 2) accoglieva i motivi di ricorso dal secondo all'ottavo, con i quali la ### aveva rispettivamente lamentato: - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza di secondo grado per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., per avere la Corte d'Appello, dapprima, affermato che un fatto, quale il possesso delle carte di debito e credito clonate, era pacifico, non ammettendo la prova articolata sul punto, e, di seguito, rigettato la domanda sul presupposto che lo stesso fatto non era stato dimostrato; - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della la nullità della sentenza di secondo grado per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., per avere la Corte d'Appello, dapprima, omesso di provvedere sulle istanze istruttorie reiterate in sede di gravame e, di seguito, rigettato la domanda per carenza di prova; - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 115, 116 e 163 c.p.c., per avere la Corte d'Appello erroneamente ritenuto contestato dalla “### del ### s.p.a.” il possesso, da parte dell'attrice, degli strumenti elettronici di pagamento quando si trovava all'estero nel corso del periodo natalizio; - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza di secondo grado per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., per avere la Corte d'Appello introdotto un'apodittica differenziazione tra l'uso fraudolento e la clonazione delle carte di debito e di credito appartenenti all'attrice; - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., per avere la Corte d'Appello impropriamente inferito dalla circostanza che alcuni prelievi erano avvenuti in ### prima del viaggio all'estero dell'attrice che gli stessi sarebbero stati compiuti dai suoi familiari in possesso del codice pin; - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza di secondo grado per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., per avere la Corte d'Appello rigettato la domanda di risarcimento dei numerosi prelievi non autorizzati dalla carta di debito (anche da quella rilasciata dall'istituto bancario successivamente al blocco della prima) e da quella di credito sul presupposto che alcuni di essi erano stati effettuati mentre l'attrice era in ### senza considerare che anch'essi erano illeciti e che la circostanza che altre operazioni fraudolente erano state eseguite mentre costei era all'estero era stata rimarcata solo per corroborarne l'abusività; - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2697 e 1218 cod. civ., per avere la Corte d'Appello illegittimamente invertito l'onere della prova, gravando l'attrice della dimostrazione dell'avvenuta clonazione delle carte di debito e di credito e della non riconducibilità alla stessa delle operazioni contestate; 3) dichiarava assorbiti il nono, il decimo e l'undicesimo motivo di ricorso, con il quali la ### aveva rispettivamente denunciato: - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., l'omesso esame di due fatti decisivi al fine di dimostrare l'inadeguatezza dei sistemi informatici della “### del ### s.p.a.” e la sua negligenza, vale a dire l'esecuzione di prelievi non autorizzati dalla nuova carta di debito rilasciata dall'istituto di credito a seguito del blocco della prima e l'avvenuto risarcimento di ulteriori ventitré operazioni illecite poste in essere dopo la sentenza di primo grado; - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 60 direttiva n. 2007/64/CE, 113 c.p.c. e 1 preleggi al codice civile, per avere la Corte d'Appello rilevato che l'attrice aveva invocato l'applicabilità della normativa europea sugli strumenti elettronici di pagamento soltanto in sede di gravame, senza considerare il principio iura novit cura; - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione dell'art. 60 direttiva 2007/64/CE, in relazione all'art. 288 T.F.U.E., per avere la Corte d'Appello ritenuto inapplicabile la normativa europea, giacché recepita dallo Stato italiano soltanto con il d.lgs. n. 11/2010 e, dunque, in epoca successiva ai fatti in contestazione, avvenuti tra i mesi di dicembre 2008 e settembre 2009; 4) cassava la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, rinviando la causa alla Corte d'Appello di ### in diversa composizione, per un nuovo esame della vicenda e la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Con atto di citazione in riassunzione notificato il 2 ottobre 2024, la ### introduceva il giudizio di rinvio onde ottenere, sulla base del decisum della Corte di ### la condanna della “### del ### s.p.a.” al risarcimento dei danni patiti nella misura di euro 5.725,06, pari all'entità dei prelievi fraudolenti eseguiti dal suo conto corrente, oltre rivalutazione monetaria ed interessi al tasso legale dal verificarsi dell'illecito al soddisfo, nonché al pagamento delle spese dell'intero giudizio. ### in giudizio con comparsa di risposta depositata il 27 dicembre 2024, la “### del ### s.p.a.” contestava la fondatezza della domanda spiegata dalla ### per non avere l'attrice dimostrato il compimento delle operazioni fraudolente sui propri strumenti di pagamento elettronico e, in ogni caso, per essere incorsa in colpa grave nel comunicare con notevole ritardo alla convenuta gli asseriti prelievi illeciti.
La causa, nella quale non veniva svolta attività istruttoria, perveniva, per la precisazione delle conclusioni, all'udienza del 5 giugno 2025, poi sostituita, a norma dell'art. 127 ter c.p.c., mediante il deposito delle note scritte.
Indi, previo decorso dei termini di giorni sessanta per il deposito delle comparse conclusionali e di successivi giorni venti per il deposito delle memorie di replica, concessi alle parti a norma degli artt. 190, comma 1, e 352, comma 1, c.p.c. con ordinanza resa il 3 luglio 2025 e comunicata il 10 luglio 2025, la causa veniva trattenuta in decisione.
In via preliminare, occorre osservare che il giudizio di rinvio conseguente alla cassazione della sentenza impugnata per motivi di merito (il cosiddetto giudizio di rinvio “proprio”) non costituisce la prosecuzione della pregressa fase di merito che ha preceduto il giudizio di legittimità e non è destinato a confermare o riformare la sentenza di primo grado, ma integra una nuova ed autonoma fase dell'originario processo, che, pur essendo assoggettata, per ragioni di rito, alle norme riguardanti il corrispondente procedimento disposto dalla sentenza rescindente, ha natura rescissoria ed è destinata a concludersi con una pronuncia che, senza sostituirsi ad alcuna precedente sentenza, riformandola o modificandola, statuisce direttamente sulle domande proposte dalle parti, come si desume dal disposto dell'art. 393 c.p.c., ai sensi del quale, nell'ipotesi di mancata, tempestiva riassunzione del giudizio, non si produce il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, ma la sua inefficacia (cfr., ex plurimis, Cass. 23 settembre 2002, n. 13833; 28 gennaio 2005, n. 1824; Cass. ord. 20 aprile 2017, n. 10009; Cass. ord. 31 maggio 2021, n. 15143), con la precisazione che, poiché la decisione di annullamento incide soltanto sulle parti della decisione di merito cui si estende e, quindi, soltanto sulle parti cassate, i capi di una pronuncia non cassati non sono travolti dall'estinzione del processo ed acquistano autorità di giudicato (cfr. Cass. 31 agosto 2018, n. 21469).
I limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto o per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia o per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ai sensi dell'art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l'accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, mentre, nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme restando le preclusioni e le decadenze già verificatesi; nella terza, infine, la sua potestas iudicandi, oltre ad estrinsecarsi nell'applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione ex novo dei fatti già acquisiti nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e delle decadenze pregresse, sia consentita sulla base delle direttive fornite dalla decisione di legittimità (cfr., ex plurimis; Cass. 7 agosto 2014, 17790; Cass. 24 ottobre 2019, n. 27337; Cass. 14 gennaio 2020, n. 448).
In particolare, nel caso di annullamento per vizio di motivazione, la sentenza rescindente, nell'indicare i punti specifici della sua carenza o contraddittorietà, non limita il potere del giudice del rinvio all'esame soltanto di quelli individuati, da considerarsi come isolati dal restante materiale probatorio, ma gli riserva tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito in relazione ai poteri di indagine e di valutazione della prova nell'ambito dello specifico capo annullato.
In quest'ultima ipotesi, poi, il giudice di rinvio, nel rinnovare il giudizio, è tenuto a motivare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente od implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato ritenuti illogici ed eliminando, a seconda dei casi, le contraddizioni e i difetti argomentativi riscontrati (cfr., ex plurimis, Cass. 14 giugno 2006, n. 13719; Cass. 29 maggio 2014, n. 12102; Cass. ord. 2 febbraio 2018, n. 2652).
Pertanto, i limiti e l'oggetto del giudizio di rinvio sono fissati esclusivamente dalla sentenza di cassazione, la quale non può essere stigmatizzata o elusa dal giudice del rinvio, neppure in caso di violazione di norme di diritto sostanziale o processuale, fatta salva soltanto l'ipotesi dell'inesistenza giuridica della pronuncia, o di constatato errore del principio di diritto affermato, la cui correttezza non è sindacabile neanche alla stregua di arresti giurisprudenziali espressi dalla Corte di legittimità in epoca precedente, coeva o successiva alla sua emanazione, così come, nel caso di annullamento della sentenza per vizi di motivazione, il giudice del rinvio non può compiere un nuovo e diverso accertamento dei fatti che siano stati accertati definitivamente e sui quali è stata fondata la pronuncia di annullamento (cfr., ex plurimis, Cass. 8 novembre 2005, n. 21664; Cass. 6 marzo 2012, n. 3458; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27343).
Proprio in ragione della struttura “chiusa” tipica del giudizio di rinvio, vale a dire della cristallizzazione delle posizioni delle parti nei termini in cui erano rimaste definite nelle precedenti fasi processuali fino al giudizio di cassazione e, più precisamente, fino all'ultimo momento utile nel quale le stesse potevano subire eventuali specificazioni (nei limiti e nelle forme previste per il giudizio di legittimità, come quelle stabilite dall'art. 372 c.p.c.), il giudice del rinvio può considerare fatti nuovi incidenti sulle ragioni delle parti, senza violare il divieto di esaminare punti non prospettati o prospettabili fino a quel momento, soltanto a condizione che si tratti di fatti dei quali, per essersi successivamente verificati, non era stata possibile l'allegazione, con l'eccezione che la nuova attività assertiva ed istruttoria non sia giustificata proprio dalle statuizioni rese dalla Corte di ### in sede di rinvio (cfr., ex ceteris, Cass. 30 ottobre 2003, n. 16294; Cass. 8 giugno 2005, n. 11962; Cass. 11 maggio 2018, n. 11411).
Nessun limite valutativo sussiste, invece, per le questioni costituenti oggetto dei motivi di ricorso per cassazione espressamente dichiarati assorbiti, atteso che le stesse devono ritenersi, per definizione, non decise e, quindi, possono essere riproposte del tutto impregiudicate all'esame del giudice del rinvio (cfr., ex ceteris, Cass. 11 dicembre 1990, n. 11767; Cass. 12 settembre 2011, n. 18677; Cass. 30 novembre 2017, n. 28751).
Nella fattispecie de qua agitur, con l'ordinanza n. 23683/2023, la Corte di ### nell'accogliere ricorso spiegato dalla ### in relazione ai suddetti motivi, osservava, da un lato, che “la motivazione adottata dalla corte distrettuale per respingere, sui corrispondenti punti, l'impugnazione dell'odierna ricorrente si rivela affatto apodittica e, come tale, assolutamente non in linea con il ‘minimo costituzionale' …”, giacché la Corte d'Appello, “dopo aver affermato che la circostanza del possesso delle carte da parte della ### non poteva considerarsi provata …, né pacifica …, ha basato, poi, la propria decisione su una affermazione (‘poiché dal timbro apposto al suo passaporto emergeva la data di ingresso nel ### straniero (### dal 30/12/2006, non può che desumersi che i prelievi furono in massima parte eseguiti in un momento anteriore alla partenza per l'estero della ### con elevato grado di probabilità da familiari a conoscenza del pin') del tutto apodittica: in altri termini, non è assolutamente spiegato perché dal fatto che le operazioni di prelievo sarebbero avvenute mentre la ricorrente era in ### doveva ricavarsi che le stesse erano da attribuirsi a suoi familiari, peraltro anche a conoscenza del pin”, e che “l'assunto della corte territoriale secondo cui non era stata fornita, dalla ### la dimostrazione di avere mantenuto sempre il possesso delle carte stride con la mancata ammissione della prova testimoniale sulla relativa circostanza come articolata dall'attrice fin dal primo grado …” e, dall'altro, che “nemmeno sono stati osservati … i principi dettati da questa Corte in tema di onere della prova in controversie come quella odierna”, evidenziando, al riguardo, che “la responsabilità della banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, con particolare verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il controllo dell'utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi”, ha natura contrattuale, e quindi, “va esclusa se ricorre una situazione di colpa grave dell'utente configurabile, ad esempio, nel caso di protratta attesa prima di comunicare l'uso non autorizzato dello strumento di pagamento ma il riparto degli oneri probatori posto a carico delle parti segue il regime della responsabilità contrattuale”, con la conseguenza che, “mentre il cliente è tenuto soltanto a provare la fonte del proprio diritto ed il termine di scadenza, il debitore, cioè la banca, deve provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa, sicché non può omettere la verifica dell'adozione delle misure atte a garantire la sicurezza del servizio.
Ne consegue che, essendo la possibilità della sottrazione dei codici al correntista attraverso tecniche fraudolente una eventualità rientrante nel rischio d'impresa, la banca per liberarsi dalla propria responsabilità, deve dimostrare la sopravvenienza di eventi che si collochino al di là dello sforzo diligente richiesto al debitore”.
Pertanto, questa Corte, quale giudice del rinvio, è tenuta ad accertare, sulla base del dictum della ### se la domanda proposta dalla ### risulti fondata alla luce dei principi del riparto dell'onere della prova in tema di responsabilità contrattuale dell'istituto di credito cui sia imputata la mancata predisposizione di misure idonee a precludere l'illecita utilizzazione, da parte di terzi, degli strumenti elettronici di pagamento.
Ciò posto, la domanda risarcitoria spiegata dalla ### nei confronti della “### del ### s.p.a.” è fondata e va accolta.
Ed invero, in tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l'adempimento deve soltanto dimostrare la fonte, negoziale o legale, del suo diritto ed il relativo termine di scadenza nonché limitarsi alla mera deduzione dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere di comprovare il fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile quando il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione contrattuale o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento prevista dall'art. 1460 cod. civ., risultando, in tale ipotesi, invertiti i ruoli delle parti, giacché il debitore potrà limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento e il creditore agente sarà tenuto a dimostrare il proprio adempimento o la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione.
Parimenti, quando sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2001, 13533; Cass. 15 luglio 2011, n. 15659; Cass. 20 gennaio 2015, n. 826; Cass. ord. 21 maggio 2019, n. 13685; Cass. ord. 16 novembre 2020, n. 25872).
Tale principio generale trova una sua specifica applicazione in tema di utilizzazione di strumenti elettronici di pagamento, nel senso che l'istituto bancario nei cui confronti il cliente abbia proposto una domanda per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa di prelievi illecitamente eseguiti da terzi deve dimostrare, al fine di escludere la propria responsabilità contrattuale, di aver adottato tutte le misure idonee a garantire la sicurezza del servizio da eventuali manomissioni.
Ed infatti, la possibilità della sottrazione al correntista dei codici dei propri strumenti elettronici di pagamento mediante tecniche fraudolente o, comunque, del loro illecito impiego da parte di terzi rientra nell'area del rischio di impresa, destinato ad essere fronteggiato attraverso la predisposizione di cautele che consentano di verificare, prima di eseguire l'operazione, se la stessa sia effettivamente attribuibile al cliente, la cui colpa grave soltanto elide la responsabilità dell'istituto di credito (cfr. ex ceteris, Cass. 5 luglio 2019, n. 18045 Cass. ord. 26 novembre 2020, n. 26916; Cass. 12 febbraio 2024, n. 3780).
Nella fattispecie de qua agitur, mentre la ### ha dimostrato la fonte negoziale del diritto azionato in giudizio mediante la produzione della carta di debito “topcash” n. 18456715, della carta di credito “topcard” n. ###96948 e degli estratti del correlato conto corrente n. 5939/6501, riproducenti i prelievi contestati, oltre che la propria diligenza, consistita nell'essersi attivata, tra il 26 e il 27 gennaio 2009, non appena avvedutasi delle prime operazioni sospette, compiute tra il 4 dicembre 2008 e il 5 gennaio 2009, per ottenere dall'istituto bancario il rilascio di un codice di blocco del bancomat e per sporgere denuncia-querela presso il ### di ### “### di Roma”, nella quale dichiarava di averne sempre mantenuto il possesso, senza mai cederlo a terzi, nell'avere presentato, in data 24 maggio 2009, sempre presso tale ### di ### una nuova denuncia-querela, dopo aver rilevato l'effettuazione, il 13 e il 19 maggio 2009, di altri due riscossioni non autorizzate mediante il nuovo bancomat, emesso in suo favore con il n. 18955093 a seguito del blocco del precedente, e nell'avere segnalato all'intermediario, con missiva del 26 ottobre 2009, le ulteriori sottrazioni di somme di denaro subite fino al 13 settembre 2009 mediante l'illecita utilizzazione, da parte di ignoti, anche della carta di credito, deducendone l'inadempimento in rapporto al principio sancito dall'art. 1176, comma 2, cod. civ., la “### del ### s.p.a.”, sebbene ne fosse onerata ai sensi degli 2697, comma 2, cod. civ. e 115 c.p.c., non ha in alcun comprovato, quale fatto impeditivo dell'avversa pretesa creditoria, il regolare assolvimento delle proprie obbligazioni e, segnatamente, di aver apprestato tutti i controlli e le soluzioni tecniche diretti a prevenire l'utilizzazione fraudolenta degli strumenti elettronici di pagamento della cliente e ad accertare che le singole movimentazioni contestate fossero effettivamente riconducibili alla sua volontà, né, tanto meno, la colpa grave in cui costei sarebbe incorsa nella loro conservazione e gestione o nel comunicare con eccessivo ritardo le riscontrate anomalie.
In particolare, la “### del ### s.p.a.” non ha dimostrato di aver allestito, a tutela della cliente, un servizio di “sms alert” collegato alla sua utenza telefonica e, quindi, di averle inoltrato, in relazione ai prelievi avvenuti mediante le carte di debito e di credito di cui trattasi e, soprattutto, a quelli denunciati come illeciti, specifiche richieste finalizzate ad ottenere la conferma del proposito di eseguire la singola operazione che stava per essere compiuta o, comunque, similari o alternativi meccanismi di protezione degli strumenti elettronici di pagamento da indebite manipolazioni esterne, né, comunque, ha depositato in giudizio documentazione attestante la conformità del proprio circuito telematico alla normativa tecnica di settore applicabile ratione temporis e la conseguente idoneità dei propri sistemi di sicurezza.
Parimenti, la “### del ### s.p.a.” non ha in alcun modo comprovato che la ### omise di segnalarle, con la dovuta tempestività, il compimento delle operazioni illecite e, quindi, l'uso non autorizzato delle proprie carte di debito e di credito, avendolo comunicato solo dopo un lungo lasso temporale dalla loro esecuzione.
Di contro, come innanzi evidenziato, la ### chiedeva alla “### del ### s.p.a.” il rilascio di un codice di blocco della carta bancomat n. 18456715 il 26 gennaio 2009, vale a dire a distanza di un mese e ventidue giorni dal primo prelievo indebito (risalente al 4 dicembre 2008) e di ventuno giorni dall'ultimo (verificatosi il 5 gennaio 2009), dei quali aveva appreso l'esistenza soltanto in data 25 gennaio 2009 mediante l'esame dell'estratto del proprio conto corrente al 31 dicembre 2008, sicché si adoperava per segnalare ed impedire l'esecuzione di altre operazioni fraudolente in un margine temporale senz'altro ragionevole, non potendo esigersi dall'utente di strumenti elettronici di pagamento, che ha il diritto di confidare nella piena funzionalità dei sistemi di sicurezza di cui dispone ogni istituto di credito, l'onere di effettuare la quotidiana e sistematica verifica delle regolarità delle proprie transazioni.
Inoltre, la ### dopo aver accertato, sulla base degli estratti conto dei mesi di settembre ed ottobre 2009, di aver subito ulteriori prelievi fraudolenti anche mediante la carta di credito n. ###96948, con missiva del 26 ottobre 2009, comunicava celermente l'accaduto alla “### del ### s.p.a.” - ### chiedendo la restituzione delle somme sottrattele, con la conseguenza che non le è ascrivibile alcuna condotta colposa che, ai sensi dell'art. 1227, comma 2, cod. civ., possa recidere il nesso di causalità tra l'inadempimento in cui è incorso l'istituto di credito nel garantire la protezione degli strumenti elettronici di pagamento dell'utente da indebite ingerenze di terzi e i danni per i quali è stata proposta la domanda risarcitoria.
In definitiva, la ### ha dimostrato il fatto costitutivo dell'azionata pretesa risarcitoria e la derivazione eziologica dei pregiudizi patiti dall'inadempimento dell'istituto di credito, prospettandolo come mancata adozione di efficienti sistemi di controllo e sicurezza tali da precludere le molteplici operazioni depauperative illecitamente compiute da ignoti mediante le sue carte di pagamento telematico, mentre la “### del ### s.p.a.” non ha comprovato l'assolvimento della predetta obbligazione, né l'imputabilità alla cliente di un comportamento negligente che ne possa aver escluso la responsabilità nella causazione dei danni controversi.
Pertanto, in accoglimento della domanda proposta dalla ### con atto di citazione notificato il 2 dicembre 2010, la “### del ### s.p.a.” deve essere condannata, a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali subiti dall'utente a causa dell'inadempimento delle proprie obbligazioni, al pagamento della somma di euro 5.726,06 (di cui euro 500,00 per il prelievo eseguito mediante bancomat presso l'### 18 il 4 dicembre 2008, euro 500,00 per il prelievo eseguito mediante bancomat presso l'### 33 il 5 dicembre 2008, euro 500,00 per i due prelievi di euro 250,00 ciascuno eseguiti mediante bancomat presso l'### 18 il 15 dicembre 2008, euro 500,00 per il prelievo eseguito mediante bancomat presso l'### 33 il 16 dicembre 2008, euro 250,00 per il prelievo eseguito mediante bancomat presso l'### 4 il 23 dicembre 2018, 500,00 per il prelievo eseguito mediante bancomat presso l'### 18 il 30 dicembre 2008, euro 599,46 per il pagamento eseguito tramite POS il 30 dicembre 2008, euro 210,00 per il prelievo eseguito mediante bancomat il 2 gennaio 2009 ed euro 100,00 per i due prelievi di euro 50,00 ciascuno eseguiti mediante bancomat il 5 gennaio 2009, euro 250,00, oltre commissioni di euro 7,50, per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso l'### di ### il 15 novembre 2008, euro 200,00, oltre commissioni di euro 8,00, per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso l'ATM “### Withdrawal” il 20 novembre 2008, euro 250,00, oltre commissioni di euro 7,50, per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso l'### di ### il 14 gennaio 2009, euro 250,00, oltre commissioni di euro 7,50, per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso l'### di ### il 14 gennaio 2009, euro 200,00, oltre commissioni di euro 8,00, per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso l'### di ### il 18 gennaio 2009, euro 120,00, oltre commissioni di euro 4,80, per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso l'ATM di via ### il 14 marzo 2009, euro 90,00, oltre commissioni di euro 3,60, per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso l'### di ### il 18 marzo 2009, euro 210,00, oltre commissioni di euro 6,30, per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso l'### di ### il 9 maggio 2009, euro 50,00, oltre commissioni di euro 2,58, per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso l'### di ### il 17 maggio 2009; euro 50,00, oltre commissioni di euro 2,58, per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso il ### di ### il 18 maggio 2009, euro 120,00 per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso l'### di ### il 10 settembre 2009, euro 60,00, oltre commissioni di euro 7,30, per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso l'### di ### il 12 settembre 2009 ed euro 50,00 per il prelievo eseguito mediante carta di credito presso l'### di ### il 13 settembre 2009), oltre rivalutazione monetaria ed interessi al tasso di cui all'art. 1284, comma 1, cod. civ., da calcolarsi sull'importo di ciascuna operazione illecita dalla data della sua esecuzione a quella della pubblicazione della presente sentenza (cfr., ex plurimis, Cass. 20 aprile 2020, n. 7948; 19 gennaio 2022, n. 1627; Cass. ord. 6 settembre 2022, n. 26202), momento dal quale decorreranno, sul montante così determinato, gli ulteriori interessi al tasso di cui all'art. 1284, comma 1, cod. civ. fino all'effettivo soddisfo (cfr., ex ceteris, Cass. 6 novembre 1996, n. 9648; Cass. 11 marzo 2004, n. 4983; cfr. Cass. 14 aprile 2011, n. 8507).
Quanto alla regolamentazione delle spese di lite, nell'ipotesi di cassazione della sentenza, il giudice del rinvio, cui la causa sia stata rimessa anche per provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, deve attenersi al principio della soccombenza applicato all'esito globale del processo piuttosto che ai suoi diversi gradi e alla loro conclusione, sicché non deve liquidarle con riferimento a ciascuna fase del giudizio, ma, in relazione al suo epilogo, può legittimamente compensarle, in tutto o in parte, o, addirittura, condannare la parte vittoriosa nel giudizio di cassazione - e, tuttavia, complessivamente soccombente - al loro rimborso in favore della controparte (cfr., ex plurimis, Cass. 12 settembre 2014, 19345; Cass. 9 ottobre 2015, n. 20289; Cass. ord. 8 novembre 2022, n. ###).
In tale prospettiva, le spese dell'intero giudizio, in applicazione del principio della soccombenza, sancito dall'art. 91, comma 1, cod. civ., devono gravare sulla “### del ### s.p.a.” e si liquidano, come da dispositivo, sulla base dello scaglione tabellare relativo alle controversie di valore compreso tra euro 5.201,00 ed euro 26.000,00, alle quali è riconducibile quella in esame, in ragione dell'entità dei danni risarcibili, ed in rapporto all'attività difensiva espletata dalla ### per il primo grado, in euro 4.401,00, di cui euro 201,00 per esborsi ed euro 4.200,00 per compenso (euro 900,00 per la fase di studio, euro 700,00 per la fase introduttiva, euro 1.200,00 per la fase istruttoria ed euro 1.400,00 per la fase decisionale), per il secondo grado, in euro 3.982,50, di cui euro 382,50 per esborsi ed euro 3.600,00 per compenso (euro 1.100,00 per la fase di studio, euro 900,00 per la fase introduttiva ed euro 1.600,00 per la fase decisionale), per il grado di legittimità, in euro 2.970,00 per compenso, di cui euro 1.200,00 per la fase di studio, euro 1.100,00 per la fase introduttiva ed euro 670,00 per la fase decisionale, e, per la fase del rinvio, in euro 3.082,50, di cui euro 382,50 per esborsi ed euro 2.700,00 per compenso (euro 900,00 per la fase di studio, euro 800,00 per la fase introduttiva ed euro 1.000,00 per la fase decisionale), oltre rimborso forfettario del 15%, Cap ed Iva sull'imponibile, a norma degli artt. 2 e segg. D.M. n. 55/2014 nonché dei punti 2, 12 e 13 dell'allegata tabella, con refusione in favore dell'avv. ### quale suo procuratore distrattario, ex art. 93, comma 1, c.p.c.. P.Q.M. La Corte d'Appello di ### quale giudice del rinvio, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da ### con atto di citazione notificato il 2 dicembre 2010, così provvede: 1. accoglie la domanda e, per l'effetto, condanna la “### del ### s.p.a.” al pagamento, in favore di ### della somma di euro 5.726,06, oltre rivalutazione monetaria ed interessi al tasso di cui all'art. 1284, comma 1, cod. civ., da calcolarsi sull'importo di ciascun prelievo illecito dalla data della sua esecuzione alla pubblicazione della presente sentenza, momento dal quale decorreranno, sul montante così determinato, gli ulteriori interessi al tasso di cui all'art. 1284, comma 1, cod. civ. fino all'effettivo soddisfo; 2. condanna la “### del ### s.p.a.” alla refusione, in favore dell'avv. ### quale procuratore distrattario di ### ex art. 93, comma 1, c.p.c., delle spese dell'intero giudizio, che si liquidano, per il primo grado, in euro 4.401,00, di cui euro 201,00 per esborsi ed euro 4.200,00 per compenso difensivo (euro 900,00 per la fase di studio, euro 700,00 per la fase introduttiva, euro 1.200,00 per la fase istruttoria ed euro 1.400,00 per la fase decisionale), per il secondo grado, in euro 3.982,50, di cui euro 382,50 per esborsi ed euro 3.600,00 per compenso difensivo (euro 1.100,00 per la fase di studio, euro 900,00 per la fase introduttiva ed euro 1.600,00 per la fase decisionale), per il grado di legittimità, in euro 2.970,00 per compenso difensivo, di cui euro 1.200,00 per la fase di studio, euro 1.100,00 per la fase introduttiva ed euro 670,00 per la fase decisionale, e, per la fase del rinvio, in euro 3.082,50, di cui euro 382,50 per esborsi ed euro 2.700,00 per compenso difensivo (euro 900,00 per la fase di studio, euro 800,00 per la fase introduttiva ed euro 1.000,00 per la fase decisionale), oltre rimborso forfettario del 15%, Cap ed Iva sull'imponibile, a norma degli artt. 2 e segg. D.M. n. 55/2014 e dei punti 2, 12 e 13 dell'allegata tabella.
Così deciso in ### nella ### di Consiglio del 17 dicembre 2025. ### estensore ### dott. ### dott.
causa n. 1031/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Alessandro Brancaccio, Vito Colucci