REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI LECCE PRIMA SEZIONE CIVILE in persona della dr.ssa ### quale giudice monocratico, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al N 5675 del R.G. dell'anno 2020, trattenuta in decisione nell'udienza 15.2.2024 e vertente TRA ### rappresentata e difesa dagli avv.ti ### e ### E ### E ### rappresentati e difesi dagli avv.ti ### e ### in persona del l.r. p.t. rappresentata e difesa dall'avv. ### CON LA CHIAMATA IN CAUSA DI D'### rappresentato e difeso dall'avv. ### Oggetto: risarcimento danni da infiltrazioni ### delle parti: come da verbale di udienza del 15.2.2024 MOTIVI DELLA DECISIONE ### ha esposto di essere proprietaria dell'immobile sito in #### n. 13, sottoposto rispetto al terrazzo di proprietà dei convenuti. ### ha lamentato di aver subito danni da infiltrazioni per effetto del difetto di manutenzione della terrazza dei coniugi ### e ha precisato di aver introdotto un primo ricorso per ATP del 02.09.2013, a seguito del quale i resistenti hanno compiuto lavori a mezzo della ditta FS di #### ha poi lamentato che alcuni anni dopo si sono verificati nuovi fenomeni infiltrativi, a seguito dei quali ha introdotto nuovo ricorso per ATP del 13.03.2019, avendo quali controparti i proprietari e la ditta esecutrice dei lavori.
Nel corso del procedimento è stata chiesta ed ottenuta l'autorizzazione alla chiamata in causa di ### D'### indicato come direttore dei lavori.
Espletata la CTU e non essendo stato raggiunto un accordo, la ### ha introdotto il giudizio di merito contro i proprietari ### e contro la ditta esecutrice FS di ### chiedendo la condanna di costoro al risarcimento dei danni patiti.
I convenuti ### si sono costituiti con propria comparsa, negando di avere qualsivoglia responsabilità e ritenendo che i danni siano stati determinati dall'inerzia dell'attrice e/o dalla cattiva esecuzione dell'opera da parte della ditta FS.
I convenuti hanno dunque chiesto il rigetto della domanda o, in subordine, la condanna dell'altra convenuta a manlevarli, in caso di condanna. I convenuti hanno altresì formulato domanda riconvenzionale di risarcimento del danno nei confronti della ditta FS di ### FS di ### si è costituita con propria comparsa, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e la decadenza e la prescrizione dell'avversa pretesa e chiedendo nel merito il rigetto delle richieste degli avversari.
Su richiesta della ### è stato chiamato in causa ### D'### indicato quale responsabile dei danni in qualità di direttore dei lavori.
Il terzo chiamato si è costituito con propria memoria, negando di aver svolto la funzione di direttore dei lavori ed eccependo decadenza e prescrizione dell'azione introdotta contro di sé.
La causa è stata istruita con interrogatorio formale e prove testimoniali.
All'esito, la causa è stata trattenuta in decisione, con concessione del termine massimo di legge per conclusionali e repliche. ***
Come esposto in premessa, ### è proprietaria dell'immobile sito in ### in via ### n. 13, censito nel ### del comune di ### al foglio 27, p.lla 143 sub 8. Sulla parte sovrastante l'immobile di proprietà della parte attrice è ubicato un terrazzo su cui insiste il vano cucina dell'appartamento di proprietà di ### e ### censito nel ### del Comune di ### al foglio 27, part. 143 sub. 10. ### ha dedotto che presso la propria abitazione si sono manifestate evidenti macchie dovute ad infiltrazioni d'acqua provenienti dall'immobile sovrastante e ha precisato di aver comunicato ai convenuti la portata dei danni subiti, senza che questi si siano attivati al fine di evitare l'aggravamento degli stessi o l'insorgerne di nuovi. ### ha quindi introdotto giudizio per ATP ex art. 696 c.p.c. in data ###.
Nel periodo intercorrente tra la notifica del ricorso e l'instaurazione del giudizio, i convenuti hanno affidato alla ditta FS di ### l'esecuzione dei lavori di ripristino e riparazione del lastricato solare sovrastante l'abitazione delle ### Instaurato il contraddittorio in sede di ### veniva nomato quale CTU il geom.
Raho, il quale depositava perizia datata 6.12.2013, in cui dava atto di aver constatato la modifica dello stato dei luoghi ad opera dei coniugi ### i quali avevano demolito il vano precario e avevano proceduto al completo rifacimento della pavimentazione al piano terrazzo. Il CTU ha affermato che le infiltrazioni trovavano la loro causa nella “trascurata manutenzione degli scarichi di acqua piovana allocati sul terrazzo di copertura dell'unità in questione. In effetti, per incuria della parte resistente nella pulizia periodica del terrazzo, si formava deposito di terra e quant'altro, che facilitava il trattenimento del deflusso libero dell'acqua piovana. Pertanto, il ristagno agevolava l'infiltrazione attraverso i giunti della pavimentazione.” Tali conclusioni venivano dedotte dal ### Raho sulla base della documentazione fotografica e della relazione del ### Rampino, consulente tecnico di parte attrice, essendo oggettivamente impedito un accertamento diretto delle cause in considerazione delle già avvenute modifiche dello stato dei luoghi.
All'udienza del 02.10.2013, i convenuti offrivano banco judicis la somma di euro 3.777,62 a tacitazione dei danni subiti e la ### dopo un iniziale rifiuto, accettava l'offerta alla condizione che i danni non si sarebbero dovuti più verificare (cfr. doc. 5 att.).
Nell'ottobre 2018 la ### deduceva di aver notato macchie di umidità e muffa da infiltrazioni non solo nelle zone oggetto dei precedenti lavori realizzati dalla ditta FS di ### ma anche in altre zone dell'immobile e, in particolare, sulle pareti dei vani prospicenti via #### informava dunque i convenuti a mezzo di messaggi telefonici e invio di immagini (cfr doc. 6 att.) e con PEC datata 7.1.2019 chiedeva loro di risolvere il problema al più presto, al fine di evitare che le macchie di umidità si estendessero nel corso della stagione invernale.
Seguivano diversi contatti bonari tra l'attrice e i procuratori dei proprietari dell'immobile soprastante, i quali, tuttavia, non provvedevano alle riparazioni, pur riconoscendo “la presenza di gravi difetti dell'opera eseguita e la consistenza e rilevanza di vizi rilevanti per la funzionalità globale” (cfr. PEC di risposta del 12.1.2019) in relazione ai lavori eseguiti dalla ditta FS di ### In ragione di quanto sopra, la ### chiedeva la verifica dei danni dalla stessa subiti a seguito delle infiltrazioni, con nuovo ricorso del 13.3.2019 ex art. 696 e 696 bis c.p.c. (cfr doc. 8 e 9 att.).
Instaurato il giudizio, si costituivano ### e ### nonché la ditta FS di ### Quest'ultima chiedeva l'autorizzazione alla chiamata in causa del #### D'### in quanto, secondo la stessa, costui era il tecnico progettista e responsabile dell'esecuzione dei lavori sul lastricato solare.
In sede di ATP veniva nominato, quale ### l'#### il quale espletava le operazioni peritali a mezzo di ispezioni, rilievi e prove specifiche.
In particolare, il CTU provvedeva ad allagare il lastricato di proprietà dei convenuti (operazione avvenuta alla presenza anche del #### quale CTP della ditta ## di ### e dell'### Renna, quale CTP dei resistenti ####. Il CTU concludeva per l'esistenza dei danni lamentati e per la loro riconducibilità alla cattiva o omessa esecuzione di opere necessarie per evitare il loro verificarsi, stabilendo i rimedi per evitare il reiterarsi dei lamentati danni.
Sulla base delle conclusioni dei ### la ### ha agito in giudizio contro i proprietari confinanti e contro la ditta esecutrice dei lavori, al fine di conseguire il risarcimento del danno patito ai sensi degli artt. 2051 e 2043 c.c..
Al fine di consentire un esame completo delle questioni poste, occorre procedere in primo luogo all'accertamento dell'esistenza delle infiltrazioni lamentate da parte attrice e all'individuazione delle cause delle stesse.
La soluzione passa attraverso l'esame della CTU a firma dell'ing. ### M. ### nominato nel secondo giudizio di ### il quale ha accertato, all'interno dell'immobile di proprietà della ### la presenza di “estese macchie di umidità e distacco della pittura su tutta la volta, tranne che nella zona corrispondente al sovrastante vano cucina, di varie colorazioni, ad indicare che nel tempo si sono succedute varie infiltrazioni e che, come vedremo, continuano tuttora a verificarsi.
Segni di infiltrazioni sono visibili anche sulla parete contrapposta a quella di ingresso. Il muro alla sinistra di chi entra è stonacato dalla quota di imposta della volta in su così come anche priva di intonaco è la "unghia" corrispondente. Nell'altro vano, corrispondente al civ.15, si ritrovano, sull'altra faccia dello stesso muro, parte della parete e della volta stonacate; sulla volta VI sono ancora macchie di umidità, isolate, con distacco della pittura, sia sull' "unghia" prospiciente la strada che sulla "appesa". Anche il prospetto su strada è interessato da chiazze di umido in corrispondenza delle quali vi è stato il distacco dello strato di pittura”. Inoltre, riscontrata la presenza di fenomeni infiltrativi, il CTU ha provveduto ad eseguire varie misurazioni tramite un igrometro, rilevando l'umidità in diverse zone delle volte, sintomo di infiltrazioni recenti. Accertato che il fenomeno infiltrativo non era stato arginato né escluso per mezzo dei lavori effettuati dalla ditta FS di ### ed escluso, altresì, che la causa fosse da ricondurre a perdite delle tubazioni dell'impianto idrico e fognante, il C.T.U. ha ritenuto “opportuno procedere al parziale allagamento della terrazza per simulare gli effetti della pioggia e poter verificare in tal modo la tenuta idraulica della pavimentazione della terrazza.
Tappato l'imbocco del pluviale è stata riversata acqua fino a raggiungere l'altezza del battiscopa posto al piede del muro d'attico; per via della pendenza del pavimento l'acqua ha ricoperto la terrazza solo per la metà rivolta verso strada. A quel punto, da un punto della muratura di prospetto, ad una trentina di centimetri al di sotto dell'attuale piano della pavimentazione, ha cominciato a fuoriuscire un rivolo d'acqua. Da fotografie del prospetto precedenti l'esecuzione dei lavori eseguiti sul terrazzo, si è visto che quel punto corrispondeva allo sbocco di un vecchio pluviale, ora chiuso, che confluiva in quello ancora esistente. Rimosso il "tappo" di malta si è evidenziata l'esistenza di un foro che attraversava per intero la parete fino ad arrivare al materiale di riempimento della volta. La fuoriuscita di acqua è proseguita anche in fase di svuotamento della terrazza, dopo aver tolto l'ostruzione dal pluviale.
Nessuna conseguenza è stata riscontrata, immediatamente, all'interno del locale, sicuramente perché l'acqua, prima di fuoriuscire, viene assorbita dal materiale di riempimento, che si comporta come una spugna, espandendosi al suo interno. Solo in un secondo momento vengono interessati i conci murari della volta, che si bagnano venendo a contatto con il materiale umido. ### della prova ha permesso di stabilire, senza dubbio alcuno, che le cause delle infiltrazioni sono dovute alla mancata tenuta della impermeabilizzazione del terrazzo. Le cause possono essere molteplici: una cattiva messa in opera, inadeguatezza e/o qualità dei materiali utilizzati, mancata o errata esecuzione di dettagli costruttivi necessari alla perfetta riuscita dell'intervento, ma, in ogni caso, l'esito è che l'impermeabilizzazione non è efficace. Rimuovendo i battiscopa si è visto, ad esempio, che lungo i bordi della pavimentazione mancano le "bandelle", elementi che le schede tecniche dei prodotti indicano come indispensabili per l'ottenimento della impermeabilizzazione, mentre al piede degli scalini non vi era proprio traccia di risvolto del manto impermeabilizzante.
Inutile pertanto, a mio parere, procedere ad ulteriori prove o saggi per individuare con precisione la causa o il punto dal quale avviene l'infiltrazione; individuarne uno non escluderebbe la possibilità che ve ne siano atri. Inoltre, in questa sede non è certo possibile pensare di procedere, come è nella prassi di casi analoghi, per tentativi successivi di eliminazione delle cause”.
La perizia ha consentito di accertare non solo l'esistenza delle infiltrazioni, ma anche la riconducibilità delle stesse alla cattiva esecuzione delle opere di impermeabilizzazione e/o all'impiego di materiale non idoneo.
È, dunque, accertato che le infiltrazioni relative all'immobile di proprietà della ### siano da ricondurre alla mancata tenuta della impermeabilizzazione del terrazzo di proprietà dei coniugi ### e ### convenuti in giudizio quali custodi dell'immobile.
La fattispecie in esame è regolata dall'art. 2051 c.c., a mente del quale “### è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Ne deriva che il danneggiato che agisce per il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell'omessa o insufficiente manutenzione della cosa invocando la responsabilità del custode è tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto. Tale prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia e può essere data anche con presunzioni.
In punto di ripartizione dell'onere della prova, giova ricordare che “La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 cod. civ. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, e funzione della norma è, d'altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta. Ne consegue che tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito (da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato), fattore che attiene non già ad un comportamento del custode (che è irrilevante) bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità. ### che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l'onere di provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale” (Cass. civ. n. 4279 del 19.2.2008).
In ogni caso, il comportamento del danneggiato è idoneo ad interrompere il nesso causale e, dunque, ad escludere la responsabilità del custode: “Il principio secondo cui, ricorrendo la fattispecie della responsabilità da cosa in custodia, il comportamento colposo del danneggiato può - in base ad un ordine crescente di gravità - o atteggiarsi a concorso causale colposo (valutabile ai sensi dell'art. 1227, primo comma, cod. civ.), ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno e, con esso, la responsabilità del custode (integrando gli estremi del caso fortuito rilevante a norma dell'art. 2051 cod. civ.), deve a maggiore ragione valere ove si inquadri la fattispecie del danno da insidia stradale nella previsione di cui all'art. 2043 cod. (In applicazione di tale principio, la S.C., confermando la sentenza impugnata, ha ritenuto che il comportamento del soggetto danneggiato - transitato a piedi in una strada talmente dissestata da obbligare i pedoni a procedere in fila indiana - avrebbe dovuto essere improntato ad un onere di massima prudenza in quanto la situazione di pericolo di caduta era altamente prevedibile, ritenendo, pertanto, che l'evento lesivo in concreto verificatasi, conseguente all'inciampo in un tombino malfermo e mobile, fosse da ricondurre alla esclusiva responsabilità del soggetto danneggiato)” (Cass. civ., sez. 3, Sentenza n. 999 del 20/01/2014).
Nel caso di specie, come evidenziato, è stato accertato - anche a mezzo di esperimenti e rilievi empirici - che le infiltrazioni manifestatesi nell'immobile della ### dipendono dalla cattiva esecuzione dell'opera di impermeabilizzazione del terrazzo.
I convenuti hanno ritenuto che la manifestazione di nuovi fenomeni infiltrativi sia stata determinata dalla condotta colposa dell'attrice, che avrebbe omesso di eseguire gli interventi di ripristino dopo il primo giudizio di ### così cagionando i danni oggetto di causa.
La prova testimoniale ha tuttavia dimostrato che la ### provvide tempestivamente alla riparazione del bene, con intervento immediato, mentre la CTU ha confermato che le infiltrazioni si sono ripresentate con costanza nel corso del tempo, in ragione del difetto di impermeabilizzazione della terrazza.
Non rileva dunque, ai fini dell'interruzione del nesso causale, il comportamento della ### la quale, a seguito del primo episodio infiltrativo, ha provveduto ad eseguire i lavori di manutenzione necessari.
Sul punto, il teste ### in sede di esame testimoniale nell'udienza del 8.11.2023, ha confermato di aver eseguito, su richiesta della attrice, “lavori di manutenzione, che comprendevano il lavaggio con cloro dei muri, la carteggiatura, la stuccatura, l'applicazione di isolante a tre mani di pittura antialga e antibatterica, la ridipintura del prospetto con pittura al quarzo”, collocando temporalmente l'esecuzione dei lavori in un periodo successivo al manifestarsi delle prime macchie di umidità e antecedente al secondo episodio, accertato con la CTU del 9.11.2019.
Le medesime circostanze venivano confermate, con esame testimoniale del 8.11.2023, da ### conduttore dell'immobile di proprietà della ### all'epoca dei fatti, il quale attestava l'esecuzione dei lavori da parte di ### nell'estate 2014.
Pertanto, accertato l'evento dannoso e il suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, risulta provata la responsabilità dei coniugi ### - ### ex art. 2051 I convenuti, nella comparsa di risposta, hanno indicato quale esclusiva la responsabilità della ditta FS di ### chiedendone la condanna al risarcimento del danno in favore dell'attrice o, in subordine, la manleva in proprio favore. ### di ### ha tuttavia eccepito la decadenza e la prescrizione dell'azione, ritenendo che la denuncia sia avvenuta molti anni dopo la manifestazione dei vizi e invocando i termini propri della prestazione d'opera.
In punto di diritto si ricorda che “In tema di garanzia per difformità e vizi nell'appalto, l'accettazione dell'opera segna il discrimine ai fini della distribuzione dell'onere della prova, nel senso che, fino a quando l'opera non sia stata espressamente o tacitamente accettata, al committente è sufficiente la mera allegazione dell'esistenza dei vizi, gravando sull'appaltatore l'onere di provare di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte, mentre, una volta che l'opera sia stata positivamente verificata, anche per facta concludentia, spetta al committente, che l'ha accettata e che ne ha la disponibilità fisica e giuridica, dimostrare l'esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate, giacché l'art. 1667 cod. civ. indica nel medesimo committente la parte gravata dall'onere della prova di tempestiva denuncia dei vizi ed essendo questo risultato ermeneutico in sintonia col principio della vicinanza al fatto oggetto di prova” (Cass. civ., sez. 2, Sentenza n. 19146 del 09/08/2013).
Con la precisazione che “In tema di appalto, qualora l'opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all'esterno, il termine di prescrizione dell'azione di garanzia, ai sensi dell'art. 1667, terzo comma, cod. civ., decorre dalla scoperta dei vizi, la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, essendo onere dell'appaltatore, se mai, dimostrare che il committente ne fosse a conoscenza in data anteriore.” ( civ., Sez. 3, Sentenza n. 18402 del 19/08/2009).
La giurisprudenza ha altresì chiarito che, nel caso in cui i vizi siano occulti o non facilmente conoscibili, il dies a quo va individuato nella data in cui si è avuta la scoperta, anche a mezzo di CTU (ex multis, ### 2 - , Ordinanza n. 13707 del 18/05/2023).
Con la precisazione che “Nel giudizio promosso dal committente nei confronti dell'appaltatore con azione di garanzia, ai sensi degli artt. 1667 e 1668 cod. civ., qualora venga disposta consulenza tecnica di ufficio al fine di accertare difformità o vizi occulti dell'opera, il committente, in relazione ai difetti riscontrati da tale consulenza, non è tenuto alla denuncia contemplata, a pena di decadenza, dall'art. 1667, secondo comma, cod. civ., atteso che la controparte già conosce o é in grado di conoscere l'esito dell'indagine peritale” (Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 1585 del 28/01/2015).
Nel caso di specie, il termine di prescrizione dell'azione di garanzia deve ritenersi decorrente dalla relazione del CTU del 9.11.2019. Solo a seguito dell'accertamento peritale e delle indagini specifiche compiute in tale sede, infatti, è stato possibile verificare che la causa del danno è da ricondurre al difetto nell'esecuzione delle opere di impermeabilizzazione della terrazza, che sono state compiute in modo errato e/o con materiali inadeguati.
La CTU ha anche accertato che i danni oggetto di causa sono nuovi e differenti rispetto a quelli del 2013, essendosi formati in conseguenza dell'errore nell'esecuzione dell'opera.
Poiché la scoperta dei vizi e delle cause è avvenuta nel corso di un giudizio di ATP in cui la ditta esecutrice è stata convenuta e ha svolto le proprie difese, nessuna prescrizione o decadenza possono dirsi maturate. E ciò indipendentemente dal richiamo alle norme sul contratto di appalto o a quelle sul contratto d'opera, essendo stata la denuncia contestuale alla scoperta.
Tanto premesso, nel caso di specie, da un lato, risulta provata da parte del committente l'esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose, dall'altro lato, l'appaltatore non ha dedotto elementi sufficienti a dimostrare di avere adoperato la diligenza e la perizia tecnica dovute, né ha individuato un fatto specifico, a lui non imputabile, che abbia causato il difetto (cfr. Cass. civ. n. 7267/2023). ###, come già evidenziato, il CTU ha individuato le cause delle infiltrazioni nella mancata tenuta della impermeabilizzazione del terrazzo per una cattiva messa in opera, inadeguatezza e/o qualità dei materiali utilizzati, mancata o errata esecuzione di dettagli costruttivi necessari alla perfetta riuscita dell'intervento.
Basti pensare alla mancanza delle bandelle, accertata a seguito della rimozione del battiscopa: si tratta di elementi che “le schede tecniche dei prodotti indicano come indispensabili per l'ottenimento della impermeabilizzazione”, a cui il CTU aggiunge che “al piede degli scalini non vi era proprio traccia di risvolto del manto impermeabilizzante”, concludendo che “per risolvere il problema in maniera definitiva sarà necessario rimuovere l'attuale pavimentazione e procedere alla corretta impermeabilizzazione della terrazza”. Infine, il CTU ha ritenuto che “la responsabilità sul fatto che le opere non sono state risolutive dei problemi lamentati dalla sig.ra ### ricada unicamente sull'impresa esecutrice, la FS di ### Spalluto”.
In ragione di quanto fin qui esposto, è accertata e dichiarata la responsabilità della ### di ### Tale responsabilità sussiste indipendentemente dalla qualificazione del rapporto quale contratto di appalto o d'opera, in quanto è stato accertato che la convenuta non eseguì la prestazione secondo la diligenza esigibile, rendendosi inadempiente alle proprie obbligazioni.
Neppure è fondata l'argomentazione secondo cui l'oggetto del contratto non sarebbe stata l'impermeabilizzazione del terrazzo: come più volte precisato, il CTU ha riconosciuto che la ditta non rispettò neppure le istruzioni di posa dei materiali impiegati, con ciò operando in maniera errata proprio sull'oggetto del contratto come invocato.
Va ora verificato se la ditta sia chiamata a rispondere solo nei confronti del proprio committente o possa essere condannata anche al risarcimento diretto in favore dell'attrice. Occorre inoltre accertare se la responsabilità dell'esecutore dell'opera escluda quella del committente.
Sul punto si riporta la motivazione della Cass. Civile, Ord. Sez. 2, Num. 27989 Anno 2022, che, pur essendo adottata in tema di ### ha fissato principi applicabili al caso di specie: “Le odierne ricorrenti, avevano chiesto che venisse riconosciuta la responsabilità del condominio ex art. 2051 c.c. per i danni, provenienti da infiltrazioni d'acqua dal lastrico solare, subiti dal loro appartamento e la Corte d'appello aveva rigettato la domanda escludendo la culpa in eligendo o in vigilando facendo propria la decisione di prime in forza della quale "non essendo il condominio soggetto autonomo rispetto ai condomini i quali hanno collettivamente scelto l'impresa appaltatrice adottando un delibera condominiale". Veniva, infatti, affermato che " il ### quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, non può essere considerato alla stregua di soggetto estraneo ed autonomo rispetto al condominio inteso come pluralità di condomini i quali, nel caso concreto, con delibera assembleare inoppugnata, hanno concesso l'appalto per l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria mediante scelta di un ditta di imprenditoria edile che hanno ovviamente ritenuto idonea allo scopo". Da tale premessa la Corte d'appello faceva discendere la necessità che la domanda venisse formulata nei confronti della ditta appaltatrice e non del condominio "non essendoci dubbio che in tema di appalto, è di regola l'appaltatore che risponde dei danni provocati a terzi;....posto che l'impresa è stata scelta dall'assemblea condominiale con apposita deliberazione e che dunque non può configurarsi in alcun modo la responsabilità del condominio per assoluta inidoneità dell'impresa esecutrice dei lavori". 7.2. Le conclusioni cui è pervenuto il giudice di seconde cure sono erronee in quanto in contrasto con i principi affermati da questa Corte ed in particolare da quanto statuito da Cass. n. 11671 del 2018 (### Cass. 11671/2011 si vedano inoltre anche Cass n. 25251/2008; Cass. n. 6435/2009; Cass. n. 7553/2021 sul tema della responsabilità del condominio per danni in esecuzione di appalto). In tema di appalto, infatti, se è vero che l'autonomia dell'appaltatore comporta che, di regola, egli deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall'esecuzione dell'opera, potendo configurarsi una corresponsabilità del committente soltanto in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex art. 2043 c.c., ovvero nell'ipotesi di riferibilità dell'evento al committente stesso per culpa in eligendo (per essere stata affidata l'opera ad un'impresa assolutamente inidonea) ovvero quando l'appaltatore, in base a patti contrattuali, sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente, agendo quale nudus minister dello stesso (Cass., n. 1234 del 2016), cionondimeno il committente può essere chiamato a rispondere dei danni derivanti dalla condizione della cosa di sua proprietà: a) laddove, per sopravvenute circostanze di cui sia venuto a conoscenza - come, ad es., nel caso di abbandono del cantiere o di sospensione dei lavori da parte dell'appaltatore - sorga a carico del medesimo il dovere di apprestare quelle precauzioni che il proprietario della cosa deve adottare per evitare che dal bene ne derivino pregiudizi a terzi" (Cass., 14443/2010, in motivazione); b) "ove l'appalto non implichi il totale trasferimento all'appaltatore del potere di fatto sull'immobile nel quale deve essere eseguita l'opera appaltata, non viene meno per il committente e detentore del bene il dovere di custodia e di vigilanza e, con esso, la conseguente responsabilità ex art. 2051 cod. civ. che, essendo di natura oggettiva, sorge in ragione della sola sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha determinato l'evento lesivo" (Cass., n. 15734 del 2011). A tale ultimo riguardo ed in aggiunta a quanto in precedenza esposto, deve comunque evidenziarsi che, già in linea astratta, il lastrico svolge, indipendentemente dal regime proprietario ovvero da una sua fruizione diretta, una ineludibile funzione primaria di copertura e protezione delle sottostanti strutture (arg. da Cass., n. 19779 /2017 e da S. U., n. 9449/2016): sicché, quantomeno sotto tale profilo ed indipendentemente dall'avvenuta "consegna" - quale area di cantiere - all'appaltatore, per l'esecuzione di lavori volti alla relativa manutenzione o ristrutturazione, "il lastrico deve considerarsi nella persistente disponibilità del condominio, con conseguente permanenza, in capo a quest'ultimo, delle obbligazioni connesse alla sua custodia e delle connesse responsabilità per il relativo inadempimento" (arg. da Cass., n. 15734/2011, cit.). Il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è quindi obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, sicché risponde ex art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini (sul punto da ultimo Cass. n. 7044 del 2020)”.
La motivazione, pur resa con riferimento al ### è evidentemente applicabile anche al caso di specie, in quanto permane la funzione dei proprietari della terrazza quali custodi del bene medesimo.
In ragione di quanto sopra, sussiste la responsabilità di entrambi i convenuti nei confronti dell'attrice, con responsabilità di tipo solidale.
Quanto alla domanda di manleva che il committente ha presentato nei confronti della ditta esecutrice dell'opera, si ricorda che il committente può rivalersi nei confronti dell'appaltatore per le somme erogate a terzi a titolo di risarcimento dei danni prodotti dall'esecuzione dell'opera appaltata con l'azione di rivalsa, soggetta all'ordinario termine di prescrizione, e non al regime di decadenza e prescrizione breve di cui all'art. 1667 c.c., atteso che in tale ipotesi non viene azionata la speciale garanzia di cui agli artt. 1667 e 1668 c.c., bensì una ordinaria azione di risarcimento danni da inadempimento contrattuale o da illecito extracontrattuale (cfr. Cass. civ. n. 16830/2018).
Nel caso di specie, come già evidenziato, il danno è stato determinato da un inadempimento dell'esecutore dell'opera alle obbligazioni sullo stesso incombenti, secondo la diligenza esigibile per la professionalità richiesta. La ditta è pertanto tenuta a manlevare i custodi di quanto questi siano condannati a versare all'attrice in forza del presente provvedimento.
Sempre nell'esame dei rapporti tra parte attrice e convenuti, va ora esaminata la domanda proposta ai sensi dell'art. 1126 c.c.. In comparsa di costituzione e risposta tale domanda è stata presentata dalla ditta FS di ### la quale ha richiamato la giurisprudenza che ritiene che il proprietario del vano sottostante al lastrico solare sia tenuto a sostenere pro-quota le spese di manutenzione.
Tale domanda è stata proposta, pur tempestivamente, da parte che a tanto non è legittimata, poiché la richiesta di contribuzione si potrebbe avere solo da parte dei proprietari del lastrico solare che abbiano sostenuto le spese di manutenzione.
Questi ultimi, peraltro, hanno introdotto la domanda ex art. 1126 c.c. solo con la memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c., dunque tardivamente.
La domanda è dunque inammissibile per entrambi i convenuti.
Infine, si ricorda che la ditta FS ha chiamato in causa il geom. ### D'### indicato quale progettista e direttore dei lavori, invocandone la responsabilità. I convenuti ### hanno poi esteso la domanda nei confronti del progettista, sulla base delle medesime considerazioni.
In corso di causa, tuttavia, non è emerso alcun profilo di responsabilità del terzo chiamato.
In primo luogo, infatti, il ### dopo aver accertato che le opere eseguite non sono state risolutive, è giunto alla conclusione che la responsabilità debba ricadere sull'impresa esecutrice FS di ### e non anche sul geom. ### D'### Il CTU, infatti, ha rilevato che “per l'esecuzione di tali opere, rientranti all'epoca tra le attività di edilizia libera, venne presentata al comune di ### dalla sig.ra ### in data ###, comunicazione di inizio lavori ai sensi dell'art. 6 comma 2 del DPR 380/01 per: smontaggio pavimentazione esistente, rimozione e smaltimento macerie, impermeabilizzazione tramite mapelastic con rete fibrorinforzata, bande e giunti di dilatazione, creazione massetto alleggerito, posa in opera pavimentazione e chiusura fughe opere di pavimentazione e spazi esterni. Alla CILA era allegata relazione asseverativa a firma del geom. ### D'### in qualità di tecnico progettista delle opere. Non risultano agli atti lettere di incarico come direttore dei lavori né, per la tipologia delle opere da eseguire, ne è richiesta per legge, per quel che io sappia, la nomina”. Alle medesime conclusioni il CTU giunge anche a seguito delle osservazioni effettuate dai difensori dei coniugi ### e del geom. ### a favore dell'impresa "FS" di ### Sul punto, si precisa che “l'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale "nudus minister", per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l'appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori” (Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 8016 del 21/05/2012).
Nel caso di specie, nessun errore riconducibile al progetto è stato provato o allegato (la contestazione è rimasta generica e pretestuosa), mentre è emerso che è stata la ditta a eseguire i lavori in modo superficiale ed errato.
Non è poi stato provato che il geom. D'### abbia svolto anche la funzione di ### dei ### I testimoni hanno infatti confermato unicamente che l'ing. D'### era presente nel cantiere, ma non hanno mai reso deposizioni che attestino che egli si trovava sui luoghi quale direttore dei lavori, come tale incaricato da alcuno.
Il teste ### piastrellista della ditta FS di ### si è occupato dei lavori e ha aggiunto di non aver mai visto che il D'### abbia effettuato una verifica in merito alla “tenuta della terrazza” (cfr. esame testimoniale in udienza del 5.7.2023).
Dunque, accertata l'irrilevanza causale dell'opera del progettista nella causazione dei vizi esecutivi lamentati e dichiarata non provata la funzione di direttore dei lavori del terzo chiamato, si rigetta la domanda proposta nei confronti dello stesso.
Chiarito quanto sopra in punto di responsabilità, si esaminano le richieste di danno.
Sulla entità dei lavori da effettuare ai fini della riparazione del danno e sulle modalità in cui i medesi devono essere eseguiti, risulta chiara la CTU del 9.11.2019: “per risolvere il problema in maniera definitiva sarà necessario rimuovere l'attuale pavimentazione e procedere alla corretta impermeabilizzazione dell'intera terrazza.
Per ciò che riguarda i danni subiti dal locale della sig.ra ### si dovrà procedere, nei due vani interessati dalle infiltrazioni, a rimuovere le parti di intonaco ammalorato, da sostituire con nuovo intonaco e quindi tinteggiare. Analogo intervento dovrà essere eseguito sulla facciata prospettante la strada. ### per l'esecuzione di tali interventi ammonta approssimativamente a €.3.500.00 oltre IVA.” Il danno è dunque riconosciuto in tale importo.
Il danno così liquidato va sottoposto a rivalutazione monetaria, dalla data della stima del CTU a quella odierna, e maggiorato di interessi legali sulla somma devalutata alla data dell'evento e poi di anno in anno rivalutata, dall'evento alla data odierna; la somma ad oggi rivalutata va maggiorata di soli interessi legali, dalla data odierna al soddisfo.
Parte attrice ha poi chiesto il risarcimento del danno ulteriore nella somma di € 3.000,00, ricondotta ai danni rivenienti dalle ulteriori macchie di muffa ed umidità manifestatesi sul muro prospicente via R. ### in conseguenza del ritardo nell'esecuzione dei lavori di corretta impermeabilizzazione del lastrico solare.
I convenuti hanno prontamente eccepito, fin dalla comparsa di costituzione e risposta, la genericità della domanda e il difetto di prova sul punto e l'attrice non ha in alcun modo colmato la lacuna probatoria.
La domanda è infatti rimasta generica e indeterminata.
Va inoltre evidenziato che la domanda è del tutto incompatibile con le valutazioni compiute dal ### che ha accertato tutti i danni patiti per effetto delle infiltrazioni oggetto di causa.
La domanda è dunque rigettata in parte qua.
Parte attrice ha infine chiesto la refusione delle spese sostenute nel giudizio di ### Tale domanda va accolta, in quanto le spese sono state necessarie all'accertamento delle cause e delle responsabilità ai fini della definizione del giudizio. Le spese, documentate per € 2.213,84, vanno maggiorate di interessi legali dall'esborso al soddisfo.
I convenuti ### hanno chiesto la condanna dell'altra convenuta al risarcimento del danno, identificato nelle spese da sostenere per il rifacimento della pavimentazione esistente della terrazza scoperta di pertinenza della propria abitazione. I convenuti hanno anche prodotto perizia di parte ai fini della quantificazione delle spese.
Nella prima memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c., tuttavia, la ditta FS ha dedotto: “la ditta Fs di ### al solo fine di venire incontro alle necessità dell'attore ### ha operato i lavori al fine di impermeabilizzare il solaio risolvendo in tal modo le problematiche per cui vi è causa”. La circostanza è stata anche confermata dall'attrice, in sede ###sede ###la precisazione che, ad alcuni anni di distanza dall'intervento, nessun nuovo problema si è manifestato.
Dal momento che la ditta ha risarcito il danno in forma specifica, provvedendo all'esecuzione delle opere, nulla spetta ai convenuti a titolo di risarcimento del danno.
Del resto, nonostante l'esecuzione dei lavori sia stata menzionata nel corso del giudizio in varie occasioni, i convenuti hanno omesso di prendere posizione sul punto. ###. 115 c.p.c., invocato dai coniugi ### è dunque da imputare non alla condotta della controparte (che ha invece dichiarato di aver riparato il danno), ma a quella degli stessi attori in riconvenzionale.
Non è neppure corretta l'affermazione secondo cui la scrivente avrebbe ritenuto la domanda provata in forma documentale.
Il capitolo di prova richiesto era infatti il seguente: “vero che ho redatto il computo metrico datato 05.06.2020 allegato al fascicolo ### - ### afferente lavori di rifacimento della pavimentazione esistente sulla terrazza scoperta di pertinenza della civile abitazione posta in ### a piano primo alla via ### 17 che la signoria vostra mi offre in visione e che confermo in ogni sua parte”. Ad essere documentale era dunque il computo metrico di parte e non la prova del danno.
La domanda è pertanto rigettata.
Quanto alle spese di lite, deve richiamarsi la proposta giudiziale del 15.06.2022, che coincide con l'esito della lite. All'udienza del 13.07.2022 la sola attrice ha aderito alla proposta.
In ragione di quanto sopra, le spese di lite - anche di ATP - di parte attrice sono poste a carico dei convenuti, per il principio di causalità e soccombenza. Le spese di lite dei coniugi ### sono compensate con la ditta FS, tenendo conto dei seguenti elementi: la ditta ha eseguito i lavori in corso di causa, dopo la notifica della citazione; la domanda riconvenzionale di parte convenuta è stata rigettata per l'avvenuta esecuzione dei lavori, tuttavia successiva alla proposizione della domanda; nessuno dei convenuti ha aderito alla proposta conciliativa del giudice, con la conseguenza che l'appesantimento istruttorio, necessitato dal loro rifiuto, va posto a carico di entrambe le parti (non avendo portato ad alcun risultato diverso dalla proposta conciliativa); le parti sono rimaste reciprocamente soccombenti sotto diversi profili.
Le spese dell'ing. D'### per il giudizio di ### sono poste a carico della ditta ### che ha chiamato in causa il progettista - rispetto al quale non la legava alcun contratto - rimanendo poi soccombente sotto gli imputati profili di responsabilità. Le spese del giudizio di merito devono porsi a carico di entrambi i convenuti, in quanto anche i convenuti ### hanno esteso la domanda al terzo chiamato, nonostante le chiare conclusioni del CTU in tal senso; tuttavia, si considera l'opposizione del terzo chiamato alla conciliazione e la sua soccombenza rispetto a infondate eccezioni preliminari, che non avrebbe avuto legittimazione a proporre; le spese di merito sono dunque compensate in misura del 50%. P.Q.M. Il Tribunale di Lecce - Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa N 5675/2020 R.G., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa: a) Rigetta le eccezioni preliminari di ### di ### b) Rigetta le eccezioni preliminari di D'### c) Accertata e dichiarata la responsabilità dei convenuti nella determinazione del danno patito da parte attrice, li condanna in solido al risarcimento del danno in favore di ### liquidato in € 3.500,00 oltre IVA se dovuta oltre alle spese di CTU sostenute nel giudizio di ### pari ad € 2.213,84, il tutto oltre accessori come in parte motiva; d) ### i convenuti in solido alla refusione delle spese di lite in favore di parte attrice, liquidate in € 264,00 per spese ed € 5.077,00 per compenso, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge per il giudizio di merito e in € 2.337,00 per compenso, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge, per il giudizio di ### e) ### di ### a tenere indenne e manlevare ### e ### di quanto gli stessi sono stati condannati a pagare in favore di parte attrice in virtù della presente sentenza; f) Compensa interamente le spese di lite tra i convenuti; g) ### di ### alla refusione delle spese di lite del giudizio di ATP in favore dell'ing. ### D'### liquidate in € 2.337,00 per compenso, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore dell'avv. ### che ha reso la dichiarazione di rito; h) Compensa le spese del giudizio di merito al 50% tra il terzo chiamato in causa e le restanti parti processuali; i) ### i convenuti in solido alla refusione del restante 50% delle spese di lite del merito in favore del terzo chiamato in causa, liquidate in € 2.538,50 per compenso, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore dell'avv. ### che ha reso la dichiarazione di rito.
Lecce, 06.06.2024 Il giudice
Dott.ssa ###
causa n. 5675/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Mele Viviana