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Corte d'Appello di Milano, Sentenza n. 1179/2024 del 23-04-2024

... al fine di esercitare l'azione di manleva, nel merito, il rigetto delle domande formulate dall'attrice per infondatezza, e, in via riconvenzionale, la condanna al pagamento di un importo afferente ciascun mese di ritardo dalla data di scadenza del contratto (01/11/2019) sino all'effettiva restituzione quantificato in € 6.089,10 al mese. Nelle more del giudizio, ### introduceva un procedimento cautelare ai sensi degli artt. 700 e 669-bis e ss. c.p.c. al fine di ottenere la condanna di BNL all'immediato ritiro del bene oggetto di leasing a propria cura e spese, procedimento dichiarato estinto per intervenuta cessazione della materia del contendere (essendo stato riconsegnato il bene in data ###), con differimento della regolazione delle relative spese alla sentenza di merito. Rigettata (leggi tutto)...

R.G.N. 3555/2022 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE ### DI MILANO Sezione Terza Civile nelle persone dei seguenti magistrati: ha pronunciato la seguente: SENTENZA Nella causa iscritta al numero di ruolo sopra riportato, promossa in grado d'Appello con atto di citazione notificato il ### avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 4235/2022, pubblicata il ###, TRA PRO. ### S.R.L. (C.F. ###), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede ###### 2, 84090, ### con il patrocinio dell'Avv. ### (C.F.  ###), elettivamente domiciliat ###FERRANTE M. ### 21, 84125, ### presso lo ### dell'Avv. ### giusta delega in atti; -APPELLANTE CONTRO ### S.P.A. (C.F. ###), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede ###### 20124, ### con il patrocinio dell'Avv.  #### (C.F. ###), elettivamente domiciliata in VIA FREGUGLIA, 10, 20122, ### presso lo ### dell'Avv. ### giusta delega in atti; -APPELLATA
OGGETTO: appello avverso la sentenza del Tribunale di ### n. 4235/2022, pubblicata il ###, in materia di “Leasing”.  CONCLUSIONI: Dott.ssa ###ssa ### relatore ###ssa #### S.R.L.: “1) Accogliere il proposto gravame e, per l'effetto, in riforma dell'impugnata sentenza n. 4235/2022 -accertata preliminarmente la non conformità del bene concesso in leasing alla ### n.2006/42/CE, alla stregua della consulenza tecnica d'### allegata in attidichiarare la nullità del contratto di locazione finanziaria n. ### intercorso in data ### con l'allora ### S.p.A., ora ### S.p.A., per illiceità dell'oggetto della fornitura, condannando, conseguenzialmente, essa ### appellata, in persona del legale rappresentante p.t., alla restituzione dei canoni locativi interamente versati dalla ###metal ### S.r.l. ed ammontanti complessivamente ad € 451.478,70; il tutto gravato di interessi legali dalle singole scadenze all'effettivo soddisfo; 2) Dichiarare inammissibile, improponibile e/o comunque rigettare il proposto appello incidentale perché palesemente infondato, oltre che pretestuoso e speculativo, non sussistendo alcun credito in favore dell'appellata per l'asserita tardiva restituzione del bene, per tutti i motivi già ampiamente rappresentati in prime cure; 3) Condannare, altresì, essa appellata, a norma dell'art. 8, comma 4-bis del D.lgs. 28/2010, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma corrispondente al contributo unificato dovuto per entrambi i gradi di giudizio per aver, essa ### S.p.A., omesso di partecipare al procedimento di mediazione senza giustificato motivo; 4) Condannare, infine, ### S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento delle spese e competenze del doppio grado di giudizio, ivi comprese quelle della fase cautelare, nonché alla restituzione di tutte le somme corrisposte da ###metal ### S.r.l. in esecuzione della sentenza impugnata”.  ### S.P.A.: “Voglia l'###ma Corte, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione, così giudicare. 
Preliminarmente: Dichiarare inammissibile l'appello avversario, in quanto lo stesso non presenta una ragionevole probabilità di essere accolto, ai sensi dell'art. 348 bis, I comma, c.p.c. 
Nel merito: Respingere l'appello avversario, in quanto infondato in fatto ed in diritto. 
In via di gravame incidentale: Condannare l'appellante al pagamento, in favore dell'appellata, della somma di ### 79.158,30, ovvero del diverso importo che risulterà di legge o di giustizia, anche, ma solo occorrendo, previa liquidazione equitativa, ai sensi dell'art.  1226 c.c., oltre I.V.A., se applicabile alla fattispecie, ed oltre agli interessi di mora, al tasso convenzionale, ovvero, in subordine, al tasso di cui al combinato disposto degli artt. 17, D.L. 132/14, convertito nella L. 162/14, e 5, D. Lgs. 231/02, ovvero ancora, in ulteriore subordine, al tasso legale ordinario, da ogni singola scadenza mensile al saldo effettivo. 
In ogni caso e sempre, per quanto di ragione, in via di gravame incidentale: Condannare l'appellante all'integrale rifusione, in favore dell'appellata, delle spese e compensi di difesa relativi vuoi al procedimento cautelare definito in prime cure, vuoi al presente grado. 
In via istruttoria: Respingere tutte le istanze avversarie. 
Si ripropongono, solo per quanto occorresse, le istanze eventualmente svolte nel corso del giudizio e non espressamente rinunciate”.  MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE ### S.r.l. (in seguito, “Pro Metal”), quale utilizzatrice del contratto di locazione finanziaria n. ### del 22/09/2014 avente ad oggetto una “vasca di verniciatura”, con atto di citazione notificato il ###, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di ### S.p.a. (in seguito, “BNL”), quale avente causa di ### S.p.a., concedente del predetto contratto, al fine di chiedere, previo accertamento della non conformità del bene alla ### macchine n. 2006/CE, la declaratoria della “nullità” del contratto con conseguente condanna della convenuta alla restituzione dei canoni quantificati in € 451.478,70, oltre interessi dalle scadenze al soddisfo, e, per altro verso, la condanna al ritiro, a propria cura e spese, del macchinario, ivi incluso il pagamento di una penale ex art. 641-bis c.p.c. per ciascun giorno di ritardo quantificata in via equitativa, nonché la condanna al versamento del contributo unificato per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione. 
Si costituiva regolarmente in giudizio ### chiedendo, in via preliminare, l'autorizzazione alla chiamata della terza fornitrice ### S.r.l. al fine di esercitare l'azione di manleva, nel merito, il rigetto delle domande formulate dall'attrice per infondatezza, e, in via riconvenzionale, la condanna al pagamento di un importo afferente ciascun mese di ritardo dalla data di scadenza del contratto (01/11/2019) sino all'effettiva restituzione quantificato in € 6.089,10 al mese. 
Nelle more del giudizio, ### introduceva un procedimento cautelare ai sensi degli artt. 700 e 669-bis e ss. c.p.c. al fine di ottenere la condanna di BNL all'immediato ritiro del bene oggetto di leasing a propria cura e spese, procedimento dichiarato estinto per intervenuta cessazione della materia del contendere (essendo stato riconsegnato il bene in data ###), con differimento della regolazione delle relative spese alla sentenza di merito. 
Rigettata l'istanza di autorizzazione alla chiamata del terzo fornitore e istruita la causa sulla base della sola documentazione in atti, il Tribunale di ### decideva il giudizio di merito con l'impugnata sentenza, con la quale, qualificata l'azione attorea quale domanda di declaratoria di nullità contrattuale per “l'allegata illiceità dell'oggetto attesa la contrarietà a norme imperative”, ne rilevava l'infondatezza sulla scorta delle seguenti considerazioni: - il bene era stato consegnato in data ### come indicato nel relativo verbale sottoscritto dal fornitore e dall'utilizzatrice, recante la dichiarazione -resa all'esito del collaudo completodella piena conformità del bene alla normativa infortunistica, antinquinamento ed alla normativa CE; - la clausola 6) delle condizioni generali -approvata con duplice approvazione sia in calce al testo negoziale che nell'apposita postilla di chiusuraprevedeva l'esclusione della responsabilità della concedente per vizi palesi ed occulti, originari e sopravvenuti del bene ivi inclusi i difetti di funzionamento, la mancanza di qualità ed idoneità del bene stesso, e, per altro verso, l'estensione all'utilizzatrice di tutte le garanzie spettanti nei confronti del fornitore quale proprietaria del bene, così abilitando l'utilizzatrice a rivolgersi direttamente al fornitore per farle valere; - emerse delle criticità nel corso di verifiche di conformità agli standards internazionali, tali da rendere il bene -in tesiinutilizzabile come da comunicazione in data ### inoltrata dall'attrice alla convenuta, ### aveva avviato dinanzi al Tribunale di ### un procedimento di accertamento tecnico preventivo , cui aveva fatto seguito -in conseguenza degli esiti della CTU e della successiva integrazioneil successivo giudizio di merito contro il fornitore, volto ad ottenere la condanna di quest'ultimo al risarcimento dei danni per l'inutilizzabilità del bene quantificati nell'importo corrispondente ai canoni di leasing versati; nel corso di tale giudizio, in particolare, ### aveva formulato un'ulteriore domanda volta a far accertare la nullità contrattuale allegando le medesime censure oggetto del presente giudizio; - la domanda attorea non era conforme all'orientamento della Suprema Corte, in base al quale: “in tema di locazione finanziaria, qualora l'utilizzatore prescelga, oltre al bene, anche il fornitore e ove sia stabilito che il "fornitore" consegnerà il bene direttamente all'utilizzatore, l'operazione si svolge nel senso per cui il rapporto in cui l'acquisto, ad opera del concedente, va effettuato per conto dell'utilizzatore, con la previsione - quale elemento naturale del negozio - dell'esonero del primo da ogni responsabilità in ordine alle condizioni del bene acquistato per l'utilizzatore, essendo quest'ultimo a prendere contatto e a stabilire le condizioni di acquisto del concedente, il quale non assume -pertantoneppure indirettamente l'obbligo della consegna, ne' garantisce che il bene sia immune da vizi e che presenti le qualità promesse, ne' rimane tenuto alla garanzia per evizione” (Cass. n. 6412/1998); - pertanto, secondo il primo Giudice, “l'assunto attoreo (…) risulta contrastare con le evidenziate pattuizioni in quanto riversa sulla società finanziatrice, sul rilievo del collegamento funzionale tra i contratti, le conseguenze negative della scelta del prodotto e del fornitore, sia pure emerse successivamente alla consegna, interamente riferibili alla società attrice”, cosicché “l'allegata assolta accertata inutilizzabilità del bene per l'intera durata del contratto non rende priva di giustificazione causale, come preteso, il pagamento dei canoni locativi, operando sul diverso piano del contratto di fornitura alle cui vicende eventuali le parti hanno espressamente reso impermeabile il contratto di finanziamento come precisato dal combinato disposto delle clausole 6) 12) e 13)”. 
Inoltre, il Tribunale rigettava anche la domanda riconvenzionale formulata da BNL volta a conseguire il ristoro in via equitativa di un importo relativo alla ritardata riconsegna del bene, in quanto “la documentazione prodotta in sede cautelare riscontra l'esistenza di plurime ed obiettive difficoltà connesse alla definizione delle modalità di ritiro nonché un'intensa interlocuzione tra le parti per la definizione delle relative tempistiche”, cosicché, in un'ottica di buona fede nell'adempimento delle obbligazioni restitutorie, nessuna responsabilità per il ritardo nella riconsegna del bene era attribuibile all'utilizzatrice. 
Tenuto conto della limitata valenza della domanda riconvenzionale nella delibazione complessiva delle reciproche istanze, il primo Giudice condannava ### al rimborso delle spese di lite del giudizio di merito, mentre, per quanto riguarda la fase cautelare, compensava integralmente tra le parti le relative spese.  **** 
Avverso detta sentenza ### ha proposto appello con atto di citazione notificato il ### chiedendone, sulla base dei due motivi enucleati, la riforma, con accoglimento delle conclusioni come in epigrafe precisate. 
Si è regolarmente costituita in giudizio ### eccependo, in via preliminare, l'inammissibilità dell'appello ex art. 348-bis c.p.c., e chiedendone nel merito il rigetto per infondatezza, con conseguente conferma dell'impugnata sentenza. Ha proposto, altresì, appello incidentale, chiedendo, da un lato, di condannare l'appellante al pagamento della somma di € 79.158,30, ovvero del diverso importo di legge o di giustizia, oltre interessi di mora, al tasso convenzionale, ovvero, in subordine, al tasso di cui al combinato disposto degli artt. 17 del D.L. n. 132/2014 (convertito nella L.  162/2014) e 5 del D.lgs. n. 231/2002, ovvero ancora, in ulteriore subordine, al tasso legale ordinario, da ogni singola scadenza mensile al saldo effettivo; per altro verso, di condannare l'appellante all'integrale rifusione delle spese e compensi di difesa relativi al procedimento cautelare definito in prime cure e al presente grado. 
Sulle conclusioni precisate per via telematica ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c., la causa è stata decisa in camera di consiglio dopo la scadenza dei termini di legge per il deposito di conclusionali e repliche.  ### preliminare sollevata da BNL di inammissibilità ex art. 348-bis c.p.c. dell'appello principale non merita accoglimento, atteso che, in base ad un giudizio prognostico altamente probabilistico e ad una valutazione sommaria, l'appello principale non è apparso alla Corte “a prima vista” infondato alla luce dell'oggetto della causa sottoposta al suo vaglio, giustificativa di un approfondito esame di merito. 
Con il primo motivo d'appello principale, l'appellante censura la “violazione e falsa applicazione dell'art. 41 cost. e degli artt. 1322, 1346, 1418 c.c. nonché, degli artt. 4, 6, 12 e 13 del contratto di leasing finanziario”.  ### la prospettazione d'appello, il Tribunale avrebbe erroneamente basato la decisione su presupposti di diritto e richiami giurisprudenziali irrilevanti ed afferenti una fattispecie giuridica diversa (ovvero, la risoluzione del contratto per vizi e/o mancanza di qualità del bene) rispetto a quella sottoposta al suo esame (la nullità del contratto per illiceità dell'oggetto). 
In particolare, l'esclusione di responsabilità in capo alla concedente di cui all'art. 6, e quindi la ritenuta impermeabilità del contratto di finanziamento rispetto alle vicende afferenti la fornitura del bene, sarebbe riferita alla sola e diversa fattispecie riguardante eventuali vizi e/o mancanza di qualità del bene medesimo, non all'ipotesi di illiceità dell'oggetto del contratto di leasing per contrarietà a norme imperative e/o di ordine pubblico. 
Inoltre, “il regime di segregazione degli effetti giuridici tra il contratto di vendita e quello di leasing” -in tesi, erroneamente affermato dal primo Giudicerisulterebbe “documentalmente smentito alla stregua dell'art. 4) del contratto, nella misura in cui detta clausola negoziale legittima la sola concedente (e non l'utilizzatrice) ad esperire l'azione di risoluzione contrattuale nei confronti del fornitore, valorizzando in tal guisa il vincolo di interdipendenza e collegamento causale esistente tra la vendita e la locazione finanziaria ad essa strumentale” (cfr. atto appello pag. 09). 
In ogni caso, la clausola 6) di esclusione di responsabilità in capo alla concedente sarebbe nulla ex art. 1229 c.c., concernendo, in tesi, la controversia in materia di nullità contrattuale per illiceità dell'oggetto, “ossia, una circostanza che per la sua gravità esula dalla disponibilità negoziale delle parti e che, se accertata (come nel caso di specie), travolge ex tunc l'intera operazione economicocommerciale (incluso il contratto di leasing) perché realizzata dalle parti mediante un congegno contrattuale invalido e, pertanto, irrimediabilmente inefficace”(pag. 10 appello). 
Pertanto, chiede, in riforma dell'impugnata sentenza, di dichiarare la nullità del contratto di leasing per contrarietà del bene compravenduto alle norme imperative e di ordine pubblico settoriali ex artt.  1346 e 1418 Con il secondo motivo d'appello principale, rubricato “sulla nullità derivata del contratto di leasing per illiceità del bene oggetto della fornitura collegata”, ### censura la sentenza nella parte in cui “pur ritenendo “accertata (l')inutilizzabilità del bene per l'intera durata del contratto” -e, dunque, provata la nullità della fornitura per il illiceità dell'oggetto alla stregua di quanto divisato dal CTU (…)- affermava sorprendentemente che siffatta invalidità contrattuale “non rende priva di giustificazione causale, come preteso, il pagamento dei canoni locativi operando sul diverso piano del contratto di fornitura (…)”.  ### la prospettazione dell'appellante, a fronte dell'accertata non conformità del bene oggetto della fornitura, e, dunque, a fronte della conseguenziale nullità del relativo contratto di vendita per illiceità dell'oggetto, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare anche la nullità “derivata” del contratto di leasing collegato alla fornitura illecita. Invero -sempre secondo la tesi di ###, il contratto di leasing sarebbe un “contratto collegato (con collegamento negoziale tra locazione finanziaria e compravendita) nel quale la fornitura viene negoziata dalla società di leasing allo scopo, noto al fornitore che ha trattato direttamente con l'utilizzatore, di soddisfare l'interesse del futuro beneficiario ad acquisire la disponibilità del bene”. 
Invece, quanto al rilievo del primo Giudice relativo alle azioni esercitate da ### nei confronti del fornitore, l'appellante evidenzia che la domanda del presente giudizio si fonderebbe su un titolo giuridico del tutto differente rispetto alla domanda di risarcimento danni per responsabilità extracontrattuale introdotta dinanzi al Tribunale di ### in quanto “il Tribunale di ### è stato adito promuovendo un'azione di risarcimento danni riguardante i pregiudizi patrimoniali da fermo produttivo subiti dalla odierna appellante quale conseguenza della accertata inutilizzabilità del bene fornito da ### S.r.l.”, mentre “il presente gravame trae invece origine da una autonoma domanda di nullità del contratto di locazione finanziaria (con conseguenziale richiesta di ripetizione dei canoni versati), per l'accertata illiceità dell'oggetto -stante la non conformità del bene concesso in leasing alla ### n.2006/42/CEcircostanza invocata, invece, solo incidenter tantum (sotto forma di eccezione di nullità del collegato contratto di fornitura), nell'ambito del giudizio instaurato dinanzi al Tribunale campano per responsabilità extracontrattuale della ### fornitrice”. 
I due motivi d'appello principale possono essere congiuntamente esaminati in quanto devolvono al Collegio la valutazione sulla sussistenza o meno della nullità del contratto di leasing e sulle conseguenze -sempre in termini di nullità- sul medesimo contratto derivanti da un'eventuale declaratoria di nullità del differente contratto di fornitura. 
Occorre premettere che sono pacifiche e documentali le seguenti circostanze: - ### aveva sottoscritto, quale utilizzatrice, il contratto di locazione finanziaria n. ### in data ###, avente ad oggetto una “vasca di verniciatura”, con ### S.p.a., concedente del predetto contratto, nonché dante causa di ### - ### aveva scelto il fornitore, con il quale aveva concordato il tipo e le caratteristiche del bene, nonché il prezzo e le modalità di consegna (cfr. clausola n. 3 condizioni generali); - dall'esame del verbale di consegna in atti, sottoscritto dal fornitore e dall'utilizzatrice, risulta che il bene era stato consegnato in data ### direttamente all'utilizzatrice e che quest'ultima aveva dichiarato, all'esito del completo collaudo, che il bene era pienamente conforme alla normativa infortunistica, antinquinamento ed alla normativa CE; - con la clausola 6) delle condizioni generali -approvata con duplice approvazione sia in calce al testo negoziale che nell'apposita postilla di chiusurale parti avevano previsto l'esclusione della responsabilità della concedente per vizi palesi ed occulti, originari e sopravvenuti del bene ivi inclusi i difetti di funzionamento, la mancanza di qualità ed idoneità del bene stesso, e, per altro verso, l'estensione all'utilizzatrice di tutte le garanzie spettanti nei confronti del fornitore quale proprietaria del bene, così abilitando l'attrice a rivolgersi direttamente al fornitore per farle valere. 
Tanto premesso, l'appellante, con i rilievi esposti nelle pagg. 3-4 dell'atto di appello, evidenzia che solo successivamente alla consegna del bene sarebbero emerse delle criticità “in termini di rischi ambientali e sicurezza sui luoghi di lavoro”, tali da rendere il bene inutilizzabile come rappresentato all'allora concedente ### S.p.a. in data ###, e, che, pertanto, aveva convenuto in giudizio la fornitrice ### S.r.l. dinanzi al Tribunale di ### al fine di chiedere la condanna di quest'ultima al risarcimento dei danni per l'inutilizzabilità del bene quantificati nell'importo corrispondente ai canoni versati, instaurando, altresì, nelle more del giudizio, un procedimento di accertamento tecnico preventivo, all'esito del quale, sarebbe stata accertata la non conformità del bene alla ### n. 2006/42, e, quindi, la sua inutilizzabilità (in tesi, confermata anche nel giudizio di merito all'esito dell'incarico peritale “integrativo” conferito al medesimo CTU della fase cautelare). 
BNL replica che tali asserite statuizioni giudiziali di accertamento non sarebbero ad essa opponibili, non avendo partecipato ai relativi giudizi. 
Inoltre, sostiene che la dedotta difformità, così come l'altrettanta presunta “inutilizzabilità” dell'impianto di cui sopra, non sarebbe stata provata dall'appellante, non risultando in atti alcun accertamento giudiziale definitivo e non avendo dedotto e prodotto la parte alcun elemento probatorio idoneo a tal fine. 
Sul punto, i dedotti accertamenti giudiziali circa la mancata conformità del bene alla direttiva macchine non solo sono inopponibili all'appellata per la mancata partecipazione di BNL ai relativi giudizi, ma ### non ha prodotto in questo giudizio elementi probatori da cui evincere la mancata asserita conformità del bene, essendosi limitata a produrre solo uno stralcio della richiamata CTU (svolta - si ripetenel separato giudizio instaurato con la sola fornitrice), da cui, peraltro, si desume che la denunciata difformità era facilmente emendabile con una spesa di qualche migliaia di euro. 
Pertanto, la richiesta incidentale di accertamento della non conformità del bene concesso in leasing alla ### n. 2006/42/CE -preliminare alla richiesta declaratoria di nullità del contratto di leasing (cfr. conclusioni ###- è del tutto preclusa nel presente giudizio, in mancanza di atti, documenti o strumenti su cui effettuare il chiesto accertamento. 
Non essendoci quindi prova alcuna circa l'asserita non conformità del bene comprato alla ### europea ### in mancanza di prova della presunta nullità dell'oggetto compravenduto, nessun effetto “derivato” può scaturire sul contratto di leasing, che è, comunque, un contratto separato e distinto dal contratto di vendita, pur intercorrendo tra essi un collegamento negoziale funzionale, individuabile nel perseguimento di una causa concreta unitaria, ravvisata nell'interesse dell'utilizzatrice ad ottenere il godimento del bene, a fronte dell'interesse della concedente di ricevere il valore della compravendita più gli interessi per l'operazione finanziaria. 
Per tutto quanto esposto, la dedotta difformità del bene concesso in leasing (alla cui individuazione e scelta, si ricorda, il concedente non ha minimamente partecipato) è rimasta priva di riscontro probatorio, con conseguente infondatezza della domanda di declaratoria di nullità del contratto di leasing per l'illiceità dell'oggetto o per nullità “derivata”, e della correlata domanda di condanna alla restituzione dei canoni locativi versati. 
In ogni caso, anche a voler ritenere provata una non meglio specificata difformità del macchinario oggetto del leasing, essa non sarebbe sufficiente per poter sostenere la nullità del contratto di leasing per contrarietà a norme imperative, in quanto non tutte le norme in materia antiinfortunistica e ambientale sono imperative e non tutte le difformità dalla legge comportano la nullità del contratto a motivo della tipizzazione ex lege dei casi di nullità. 
Diversamente ragionando, a fronte dell'incontestata ricezione del bene da parte dell'utilizzatrice e dell'intervenuto adempimento da parte della società di intermediazione all'obbligo assunto di acquistare il bene al fine di garantirne la disponibilità all'utilizzatrice (che - tra l'altrolo ha tenuto per tutta la durata del contratto), la caducazione del contratto di leasing a motivo della meramente dedotta nullità dell'oggetto del contratto si tradurrebbe in un'ingiustificata violazione degli accordi assunti tra utilizzatore e lessor, cui questo ha dato regolare esecuzione, a seguito della consegna e dell'intervenuto benestare della utilizzatrice dopo il collaudo, facendo legittimo affidamento sulla legittimità e regolarità dell'acquisto effettuato. A ben vedere, la concedente si vedrebbe esposta al rischio finanziario di aver anticipato l'intero costo dell'acquisto del bene, senza più ricevere la controprestazione stabilita consistente nella restituzione del valore della compravendita più gli interessi per l'operazione finanziaria. 
Pertanto, i difetti o le carenze segnalate da ### possono qualificarsi come non meglio specificate carenze delle qualità promesse del bene, ma non tali da comportare la dedotta nullità del contratto rendendo inoperanti le clausole pattuite tra le parti di inopponibilità dei vizi del bene alla lessor che, tra l'altro, pur informata del vizio riscontrato nel bene, non è stata posta nelle condizioni di valutare la gravità dell'inadempimento attribuito alla fornitrice, per avviare l'eventuale giudizio di risoluzione del contratto di compravendita. 
I vizi del bene devono ricadere quindi sull'utilizzatrice, non solo perché è di fatto colei che ha scelto il bene, a cui favore tutta l'operazione economica è svolta, ma anche perché la legge e gli accordi negoziali -così come correttamente richiamati dal primo Giudicele hanno traslato tutti i diritti di agire direttamente nei confronti del fornitore per far valere le azioni a tutela del compratore (con la sola eccezione dell'azione di risoluzione), riconoscendole, peraltro, anche la possibilità di agire extra contrattualmente per ottenere quanto pagato per il leasing (cfr. Cass. SS.UU. n. 19785/2015), come d'altronde fatto dalla ### Per quanto riguarda, infine, la reiterata domanda di condanna di BNL al pagamento alla sanzione prevista per la mancata partecipazione al procedimento di mediazione ai sensi dell'art. 8, c. 4-bis del D.lgs. n. 28/2010, non si ravvisa un'utilità concreta, giuridicamente apprezzabile, che l'appellante possa ottenere con l'accoglimento di tale domanda (sul punto, cfr. Cass. 12/01/2022, n. 692; ex plurimis Cass. n. 28307 del 11/12/2020; Cass. n. 13395 del 29/05/2018). 
Con l'appello incidentale, l'appellata censura la sentenza nella parte in cui ha rigettato la domanda riconvenzionale volta a conseguire il ristoro in via equitativa di un importo relativo alla ritardata riconsegna del bene. 
A tal proposito, BNL richiama l'art. 17 delle condizioni generali -in base alle quale le parti avevano previsto che, in caso di ritardo nella restituzione, la concedente avrebbe potuto chiedere all'utilizzatrice il pagamento di una penale pari all'ammontare di un canone per ogni periodo o frazione di esso previsto dal contrattoevidenziando -a confutazione della relativa motivazione di rigetto del Tribunaleche “non si trattava e non si tratta, quindi, di esprimere una valutazione circa la maggiore o minore “difficoltà” dell'adempimento dovuto, né di decidere discrezionalmente se ed in quale misura l'omissione vada sanzionata, bensì di far rispettare una pattuizione esplicita, mai derogata convenzionalmente dagli stipulanti e, come tale, pienamente vincolante per questi ultimi”. 
Pertanto, considerato il tempo intercorso tra la scadenza del leasing (01/11/2019) ed il giorno di riconsegna del bene (07/12/2020), chiede la condanna al pagamento della somma di € 79.158,30 (l'ammontare periodico del precedente canone di leasing pari a € 6.089,10 -cfr. doc. 1, pag. 1- per 13 mensilità compiute), oltre ### se dovuta per legge, ed interessi moratori.  ### chiede, altresì, la parziale riforma del capo concernente la liquidazione delle spese del procedimento d'urgenza, tenuto conto che il primo Giudice dopo aver differito la corrispondente relativa regolazione alla pronuncia di merito, operava una “compensazione” intrinsecamente arbitraria, in violazione degli artt. 91, I comma, e 92, I e II comma, c.p.c.”. 
Sul punto, a prescindere da qualsiasi questione di inammissibilità della domanda in via incidentale qui riproposta e già oggetto di separato giudizio tra le parti, dall'esame dei documenti prodotti da parte appellante emerge, da un lato, che a fronte della comunicazione di ### di non voler riscattare il bene con richiesta a BNL di provvedere al relativo ritiro, la concedente in data ### rispondeva: “le confermiamo altresì che il ritiro avverrà senza aggravio di costi per ### S.r.l., preso atto della volontà di quest'ultima di non riscattare il bene” (cfr. doc. 19 appellante), così facendo sorgere il legittimo affidamento circa il ritiro del bene da parte della ### dall'altro canto, come correttamente sottolineato dal primo Giudice, la documentazione prodotta dall'odierno appellante in sede cautelare dà prova delle plurime richieste inviate dalla stessa ### alla BNL e alla terza società da quest'ultima indicata quale destinataria del macchinario (### S.r.l.), di aver indicazione su tempi e modalità della restituzione del bene. 
Pertanto, l'esame della documentazione in atti non consente di attribuire all'appellante alcuna responsabilità, quantomeno univoca e unilaterale, in merito al ritardo nella riconsegna del bene, con conseguente rigetto della domanda riconvenzionale di ### Sulla base delle sue esposte considerazioni, e quindi avuto riguardo all'esistenza di plurime ed obiettive difficoltà connesse alla definizione delle modalità di ritiro del bene nonché all'intensa interlocuzione tra le parti per la definizione delle relative tempistiche, risulta del tutto condivisibile la decisione del primo giudice di compensare integralmente tra le parti le spese del procedimento d'urgenza, con conseguente rigetto della richiesta di parziale riforma del capo dell'impugnata sentenza concernente la liquidazione delle spese di tale procedimento.  ### sentenza merita quindi conferma, ritenendo infondate le doglianze mosse ed inidonee a confutarne l'esaustiva e condivisa motivazione. 
Le spese del presente grado devono essere poste integralmente a carico della ### appellante in applicazione del criterio della soccombenza. Va infatti considerato, come correttamente evidenziato dal primo giudice con motivazione non contestata, che la domanda riconvenzionale di BNL ha una limitata valenza rispetto alla domanda di ### di declaratoria della nullità del contratto di leasing, fondamentale oggetto del giudizio. Pertanto, la sostanziale prevalente soccombenza dell'appellante non può che comportare la sua condanna all'integrale rifusione delle spese di lite del presente grado di giudizio, che si liquidano come in dispositivo, avuto riguardo ai criteri indicati dal D.M. n. 147/2022, con riferimento al valore della causa (€ 451.478,70), e, attesa la media difficoltà delle questioni trattate, con l'applicazione dei valori medi, come da nota spese depositata da ### Si dà atto, ai sensi dell'art. 13, c. 1-quater, D.P.R. n. 115/2022, della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico di parte appellante, dell'ulteriore importo pari al contributo unificato versato.  P.Q.M.  La Corte d'Appello di ### definitivamente pronunciando sull'appello proposto da ##### S.R.L. avverso la sentenza del Tribunale di ### n. 4235/2022, pubblicata il ###, così provvede: 1. rigetta l'appello; 2. condanna l'appellante al rimborso in favore della parte appellata delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi € 14.239,00, di cui € 4.389,00 per la fase di studio della controversia, € 2.552,00 per la fase introduttiva, ed € 7.298,00 per la fase decisionale, oltre 15% per spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge; 3. dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell'appellante dell'ulteriore importo corrispondente al contributo unificato ex DPR n. 115/2002, art. 1 c. 1-quater, comma inserito dall'art. 1, c. 17, L. n. 228/2012. 
Così deciso, in ### il #### estensore ###ssa ###ssa ### 

causa n. 3555/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Federici Maria Grazia, Panella Eva, Ciriaco Isabella

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 6646/2024 del 01-07-2024

... S.p.a., in relazione alla domanda di manleva, vanno compensate, tenuto conto della tipologia della domanda e del nesso di pregiudizialità della stessa rispetto a quella principale che ha reso superflua ogni statuizione nel merito, mancando il presupposto logico giuridico costituito dalla fondatezza ed accoglimento della domanda attorea. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa istanza ed eccezione, così provvede: a) Rigetta la domanda proposta dall'attrice; b) ### l'attrice al pagamento, in favore della parte convenuta, delle spese di lite che si liquidano nella somma di € 9.872,10 per compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre IVA e ### come per legge, con distrazione delle stesse, ai sensi (leggi tutto)...

N. 14581/2021 TRIBUNALE DI NAPOLI X SEZIONE CIVILE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale, in persona del Giudice monocratico dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 14581/2021 R.G.A.C., avente ad oggetto controversia in materia di risarcimento del danno ex art. 2051 c.c. e vertente TRA ### (C.F. ###) rappresentata e difesa dall'avv. ### ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in Napoli, alla via ### n. 14, che la rappresenta e difende in virtù di procura in atti ### E ### (C.F. ###), n.q. di titolare del ### con sede in Napoli alla Via G. Capuozzo n°5, rapp.ta e difesa, giusta procura in atti dall'avv. ### ed elett.te dom.to presso lo studio di quest'ultimo sito in Napoli alla ### 19 CONVENUTA
E ### S.P.A., (P.I. ###), già denominata ### s.p.a., quale incorporante di ### assicurazioni S.p.A., Compagnia di ### di ### S.p.A. e ### S.p.A., giusta atto di fusione per notar ### di ### rep. 53712, racc. ###, con sede in ### alla via ### 45, in persona del suo legale rapp.te protempore, in forza di procura speciale per notar ### del - 2 - 25\06\2021, rep. 95247\11284, rapp.ta e difesa dall'avv. ### presso il cui studio in Napoli, alla via ### d'### 33, elettivamente domicilia giusta procura in atti TERZA CHIAMATA IN CAUSA CONCLUSIONI: come in atti da intendersi qui ripetute e trascritte. 
FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato, l'attrice in epigrafe conveniva in giudizio ### nella qualità di titolare del ### per sentir accogliere le seguenti conclusioni: “a) ### n.q., esclusiva responsabile dell'incidente de-scritto in atto; b) ### lo stessa al risarcimento dei danni alla persona, patrimoniali e non, patiti dalla ###ra ### nella misura di € 72.779,23 oltre interessi e rivalutazione o nella diversa somma che dovesse risultare all'esito della quantificazione in sede di istruttoria tecnica; c) ### parte convenuta alla rifusione delle spese e competenze del giudizio, da maggiorarsi col rimborso ex art. 2 DM 55/2014, con la maggiorazione del 30% per gli atti che saranno depositati in modalità telematica con applicazione delle tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione e la fruizione con particolare riferimento alla navigazione all'interno dei documenti informatici.” ###, a fondamento della sua pretesa risarcitoria, esponeva che il giorno 05.12.2014, alle ore 22.30 circa, ella, dovendo prelevare la propria autovettura (una ####), parcheggiata all'interno del “### vi accedeva a piedi attraverso il varco posto all'altezza del civico 266 di ### a Napoli, percorrendo il passaggio pedonale formato da una rampa pendente coperta da una sorta di tappeto di “moquette”. 
Tuttavia, nel percorrere tale tragitto, scarsamente illuminato ella inciampava sul predetto tappeto, che risultava scivoloso, rovinato, mancante di alcuni pezzi, sollevato in alcuni tratti nonché approssimativamente assicurato al suolo con alcune staffette metalliche malamente avvitate, perdendo a causa di ciò l'equilibrio e cadendo in terra. A causa dell'infortunio subito, l'attrice veniva trasportata, a cura dei propri parenti, che erano con lei al momento dell'incidente, presso il ### dell'A.O.R.N. “A. Cardarelli” dove i medici di turno, con cartella di P.S. n. 2014/88051 del 06.12.2014 ore 00.14, le diagnosticavano una “### trimalleolare chiusa” alla caviglia destra (cfr. referto 2014/88051, ore 00,14 del 6/12/2014).  - 3 - Si costituiva la ### contestando l'avverso dedotto in giudizio dall'attrice e chiedendo, per tale ragione, il rigetto della domanda in quanto infondata. La convenuta chiedeva ed otteneva, altresì, l'autorizzazione alla chiamata in causa della compagnia di assicurazione ### S.p.a., per essere dalla stessa manlevata da quanto sarebbe stata eventualmente condannata a pagare all'attrice. 
Si costituiva, pertanto, la predetta compagnia di assicurazione che, oltre ad eccepire la nullità dell'atto di citazione per indeterminatezza dell'oggetto, la prescrizione del diritto alla copertura assicurativa nonché la maturata decadenza dal diritto all'indennizzo nei riguardi della propria assicurata, contestava la pretesa risarcitoria dell'attrice in quanto infondata. 
Concessi i termini di cui all'art. 183 co 6 c.p.c., escussi i testi indotti da parte attrice, nonché raccolto l'interrogatorio formale deferito alla convenuta, il Giudice, ritenuta, la causa matura per la decisione, assegnava la causa a sentenza, concedendo alle parti i termini di cui all'art 190 c.p.c., una volta preso atto delle conclusioni rassegnate dalle stesse con note scritte, all'udienza di precisazione delle conclusioni del 07/03/2024, sostituita con la trattazione scritta ex art 127 ter c.p.c. 
Così riassunti i termini della controversia, occorre affermare che la domanda è infondata e, per tale ragione, non può essere accolta. 
Disattesa l'eccezione della compagnia di assicurazione in ordine alla genericità dell'oggetto dell'atto di citazione, in quanto lo stesso appare chiaro e puntuale sia con riferimento alla causa petendi ed al petitum, si ritiene che appare dirimente ai fini della definizione della controversia il rilievo secondo cui l'attrice non sia riuscita a dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi della sua pretesa risarcitoria. E' noto che, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, la fattispecie di cui all'art.  2051 c.c. integra un'ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente, per l'applicazione della stessa, la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo, risultando, di contro, irrilevante accertare se il custode sia stato o meno diligente nell'esercizio della vigilanza sulla cosa. A tale riguardo, infatti, si osserva che il custode negligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente se la cosa ha provocato danni a terzi (cfr., tra le prime, 20.5.1998, n. 5031; v. anche Cass. n. 5808/2019; Cass. n. ###/2017).  - 4 - Ora, nell'ottica accreditata della ricorrenza di una responsabilità oggettiva, si comprende il motivo per cui la norma in parola non richieda che tra il soggetto e la res ricorra una relazione custodiale qualificata, essendo sufficiente pure un semplice rapporto materiale con essa, discostandosi così dall'art 2053 c.c. ove la responsabilità per danni da rovina di edificio può essere predicata solo nei confronti del proprietario del manufatto, o al più, come altri affermano, nei confronti di colui che è titolare di un diritto reale di godimento sul bene, ma non certamente di natura personale di godimento. 
La ratio della responsabilità in commento si rinviene nel fatto che solo colui che ha in custodia la res è in grado di intervenire tempestivamente ed efficacemente per scongiurare che il processo distruttivo insorto dalla cosa possa cagionare danni a terzi, attribuendo al custode il ruolo di una sorta di garante de facto dell'altrui incolumità. 
Dalla accertata natura oggettiva della responsabilità in commento discende che, affinché essa possa configurarsi in concreto, è richiesta unicamente la sussistenza del nesso di causalità diretto tra la cosa in custodia e il danno arrecato (principio, da ultimo, chiarito da Cass. n. 4161/2019). Sul piano processuale, l'onere della prova, ai sensi dell'art 2697 c.c., risulta così ripartito: grava sul danneggiato l'onere di fornire la prova dell'evento dannoso e del nesso eziologico tra la res e il danno subito, ovvero che “l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa” (cfr., Cass. n. 7963/2012), senza dover dimostrare l'elemento soggettivo del dolo o della colpa; mentre il custode, per sottrarsi dalla responsabilità, deve provare che l'evento lesivo è stato prodotto a seguito del verificarsi del caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell'evento, riconducibile ad un elemento esterno, idoneo ad interrompere il nesso causale (Cass. n. 5910/2011; Cass. n. 858/2008; Cass. n. 8005/2010). 
Tanto precisato, occorre, poi, puntualizzare che: la dimostrazione del nesso causale è particolarmente rilevante nel caso in cui il danno non sia l'effetto di un dinamismo interno della cosa, ma ad esso si unisca l'agire umano ed in particolare quello del danneggiato, essendo la cosa di per sé statica ed inerte. 
Sotto tale profilo, infatti, emerge la necessità “di ulteriori accertamenti, quali la maggiore o minore facilità di evitare l'ostacolo, il grado di attenzione richiesto allo scopo, ed ogni altra circostanza idonea a stabilire se effettivamente la cosa avesse una potenzialità dannosa intrinseca, tale da giustificare l'oggettiva responsabilità del custode. Trattasi di presupposti per - 5 - l'operatività dell'art. 2051 c.c. che debbono essere dimostrati dal danneggiato, al fine di poter affermare che il danno è conseguenza causale della situazione dei luoghi” (cfr., in questo senso, Cass. n. 8005/2010). In simili ipotesi, dunque, il danneggiato dovrà dimostrare, oltre alla sussistenza del nesso causale tra la cosa e il danno, che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del danno (v., da ultimo, Cass. n. 11023/2018; n. 11526/2017). 
È chiaro, perciò, che solo una volta provate tali circostanze, il custode, per escludere la sua responsabilità, avrà l'onere di provare il caso fortuito, ossia l'esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale (in tal senso, Cass., Sez. III, 29/1/2016, n.1677). La nozione di fortuito di cui all'art. 2051 c.c., che libera il custode dalla sua responsabilità, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, deve intendersi in senso ampio, come comprensivo anche del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato, laddove l'evento di danno sia da ascrivere esclusivamente alla condotta di quest'ultimo, la quale abbia interrotto il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno (cfr. Cass. n. 21727/2012; Cass. n. 9009/2015; Cass. n. 27724/2018). 
La responsabilità in questione si incentra, infatti, sulla relazione qualificata tra la res e il custode, che può definirsi tale in quanto esercita un potere effettivo sulla cosa, tale da controllarla, ovvero ne ha la disponibilità giuridica e materiale, che comporta il potere-dovere di intervento su di essa (cfr. Cass. 22839/2017). 
Così sinteticamente esposte le principali problematiche sottese alla norma in commento, è opportuno evidenziare che, dall'istruttoria espletata, non sono emersi elementi in forza dei quali è possibile affermare con certezza, anche solo nell'ottica del “più probabile che non”, che la caduta dell'attrice sia avvenuta con le modalità descritte nell'atto introduttivo.  ### ha affermato, infatti, che il sinistro si sarebbe verificato a causa del fatto che, percorrendo la rampa di accesso al garage della convenuta scarsamente illuminata e coperta da un tappeto/ “moquette”, diffusamente usurato, ella sarebbe inciampata su quest'ultima, perdendo l'equilibrio e cadendo in terra (v. pag. 1 atto di citazione). 
Invero, in relazione alla prova del fattore causale all'origine della caduta dell'attrice, vale a dire l'inciampo sulla malandata “moquette” a copertura - 6 - della rampa di accesso al garage, le testimonianze raccolte sono apparse inidonee a chiarire l'esatta dinamica del sinistro in quanto nessuno dei due testi escussi è stato in grado di descrivere le modalità con cui è avvenuto il sinistro. La teste, ### ha affermato, infatti, che “### davanti alla rampa del garage mentre stavo chiacchierando con la signora ### ho sentito un urlo provenire dalla rampa” e che “### mi sono avvicinata a mia madre ho potuto constatare che lei aveva un piede fratturato tanto mi consta in quanto lo stesso era opposto rispetto alla gamba” e che “### precisare che non ho visto il momento esatto in cui mia madre cadeva a terra e quindi non sono in grado di riferire sulle modalità della caduta posso presumere che la stessa sia inciampata ma non saprei dire come”; ne consegue che la teste non è stata in grado di confermare la circostanza secondo cui l'attrice, nel percorrere la rampa di accesso al garage, camminava sulla moquette ivi posta, descritta come usurata e ritenuta all'origine e causa della caduta. Parimenti, la teste, ### ha dichiarato che: “### cena, ci siamo avviate verso il garage, la signora ### ci precedeva per andare a prendere la macchina, giunte davanti alla rampa abbiamo sentito un urlo ma non abbiamo visto cadere la signora ### (…) e che ”Non saprei dire se al momento del sinistro la signora ### stesse camminando sulla parte in cemento della rampa o sul tappeto. ### è stata soccorsa era in terra al limite della parte in cemento e quella ricoperta da moquette”.. Sulla base di quanto appena riportato, è possibile concludere che è revocabile in dubbio che l'attrice sia caduta a causa della “moquette”, descritta come usurata. Inoltre, in sede di interrogatorio formale della convenuta, alla domanda “### che, nell'occasione, l'attrice inciampava sul tappeto di moquette che ricopriva la rampa, perdendo a causa di ciò l'equilibrio e cadendo in terra”, quest'ultima rispondeva: “No, non è vero”, non producendosi, dunque, in merito alla circostanza dedotta nel capo, quell'effetto confessorio tipico e proprio del richiamato mezzo istruttorio. 
Si deve, poi, ancora osservare che il compendio fotografico versato in atti da parte attrice raffigurante lo stato dei luoghi, e riconosciuto anche dalla teste, ### consente di far emergere un'altra circostanza: sulla rampa di accesso, e precisamente sul lato opposto a quello ove è avvenuto l'infortunio, è presente un corrimano segnalato da strisce gialle verticali dipinte sul muro, evidentemente installato per consentire la discesa in sicurezza di chi percorre a piedi tale tratto. Pertanto, la condotta dell'attrice, che, al momento dell'infortunio, percorreva, invece, il lato della rampa opposto e privo di tale strumento di sicurezza, è indubbiamente connotata da una marcata negligenza, - 7 - rilevante sotto il profilo dell'art 1227 co 2 c.c. Né, del resto, la ### ha dedotto, e tantomeno provato, che il percorso da lei prescelto fosse obbligato, di tal ché non avrebbe potuto scegliere quello che, all'evidenza, appariva più sicuro, o ancora, che la scarsa illuminazione, questione su cui ci si soffermerà infra, le avesse impedito di avvedersi della presenza del suddetto corrimano. 
Quanto alla questione della scarsa l'illuminazione del luogo del sinistro dedotta dall'attrice, fattore, questo, che, secondo quest'ultima, avrebbe contribuito al verificarsi dell'evento dannoso, si ritiene che le testimonianze rese sul punto non siano convincenti, ed in particolar modo, le dichiarazioni dei testi escussi sono connotate da un certo grado di inverosimiglianza. Anche ammesso che la rampa non fosse illuminata e che l'unica fonte di luce provenisse dalla strada, circostanze, queste, invero dubbie, appare poco credibile che il garage fosse completamente buio, e che in tale condizione si trovasse persino la zona delle casse installate per il pagamento, in ogni caso la circostanza che la rampa fosse priva di una sia pur minima illuminazione che non consentisse all'attrice di avere percezione dello stato dei luoghi, avrebbe dovuto indurre la stessa a procedere con la massima cuatela ed ad avvalersi dell'utilizzo nel procedere del corrimano di cui innanzi. 
Alla luce del compendio istruttorio sopra analizzato, dunque, non può sostenersi che il sinistro occorso all'attrice sia causalmente imputabile alla convenuta, posto che non è stata dimostrata la ricorrenza del presupposto basilare della fattispecie disciplinata dall'art. 2051 c.c. ossia la derivazione eziologica diretta tra la cosa (tappeto/moquette) e l'evento (la caduta), con la conseguente esclusione della responsabilità risarcitoria invocata. 
La domanda proposta va, pertanto, rigettata. 
Il rigetto della domanda attorea assorbe la domanda di garanzia propria avanzata dalla convenuta ### nei confronti della compagnia di assicurazione ### S.p.a. presupponendo quest'ultima, sotto il profilo logico-giuridico, la fondatezza nel merito della domanda risarcitoria dell'attrice ed il suo accoglimento. 
Le spese di lite tra l'attrice e la convenuta ### seguono la soccombenza, applicandosi i parametri medi ridotti del 30% in assenza di questioni di fatto e di diritto, previsti dal D.M. 55/2014, come aggiornato dal D.M. 147/22, per lo scaglione di valore corrispondente, tenuto conto delle fasi effettivamente svolte e della natura delle questioni trattate. Tali spese sono distratte a favore all'avv.to ### dichiaratosi distrattario ai - 8 - sensi dell'art 93 co 1 c.p.c. Per converso, le spese di lite tra la convenuta ### e la ### S.p.a., in relazione alla domanda di manleva, vanno compensate, tenuto conto della tipologia della domanda e del nesso di pregiudizialità della stessa rispetto a quella principale che ha reso superflua ogni statuizione nel merito, mancando il presupposto logico giuridico costituito dalla fondatezza ed accoglimento della domanda attorea.  P.Q.M.  Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa istanza ed eccezione, così provvede: a) Rigetta la domanda proposta dall'attrice; b) ### l'attrice al pagamento, in favore della parte convenuta, delle spese di lite che si liquidano nella somma di € 9.872,10 per compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre IVA e ### come per legge, con distrazione delle stesse, ai sensi dell'art 93 co 1 c.p.c., in favore dell'avv.to ### dichiaratosi distrattario; c) compensa le spese di lite tra la parte convenuta e la compagnia di assicurazione ### S.p.a. 
Così deciso in Napoli, il ### 

IL GIUDICE
Dott.ssa ###


causa n. 14581/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Anna Maria Pezzullo, Bonelli Maria Rosaria

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Tribunale di Grosseto, Sentenza n. 28/2021 del 15-01-2021

... compagnia assicurativa a i fini della manleva. Si costituiva quest'ultima, opponendo all' i limiti di operatività della polizza e insistendo nel rigetto della domanda di garanzia. Con la memoria n. 1) ex art. 183, co. 6 c.p.c., l'attore estendeva la domanda risarcitoria all'ulteriore somma di € 1.220,00 corrisposta dopo l'introduzione del giudizio all' che aveva provveduto allo smontaggio del motore e alla custodia dell'autovettura in attesa dell'intervento da concordare. Tentata invano la conciliazione tra le parti mediante proposta giudiziale formulata ex art. 185-bis c.p.c., la causa veniva istruita mediante CTU e trattenuta in decisione dal mutato ### all'udienza del 20.10.2020 con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e (leggi tutto)...

 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di GROSSETO Contenzioso CIVILE Il Tribunale, nella persona del ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 1015/2017, avente a oggetto “vendita automobile” vertente tra (C.F.: , e lettivamente d omiciliato in ### Via della ### n. 3, presso lo studio dell'avv. ### che lo rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura in calce all'atto di citazione; ATTORE contro: (P.IVA: , in persona del legale r.p.t., elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### che lo rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta; CONVENUTA e (P.IVA: ), in persona del legale r.p.t., elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### e rappresentata e difesa dall'avv. ### in virtù di procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta; ### CONCLUSIONI: le parti hanno concluso come da verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni del 20.10.2020. ##### P. ### P. ### MOTIVI DI FATTO E ### Con atto di citazione ritualmente notificato, ha evocato in giudizio la concessionaria esponendo al Tribunale che: • in data ### acquistò presso la convenuta un'autovettura usata ### immatricolata nel 2013 e con 65.000 Km percorsi, al prezzo complessivo di € 6.950,00 incluso il passaggio di proprietà; • trascorse appena due settimane, dové sostituire la batteria del veicolo ed effettuare un cambio dell'olio motore, e ciò nonostante la settimana successiva riscontrò nuovamente un anomalo consumo dell'olio; • accertata la necessità di sostituire l'intero blocco motore, si rivolse alla in qualità di mandataria per la gestione della garanzia convenzionale rilasciata sul veicolo dall' ma questa rifiutò l'intervento, imputando l'anomalia alla progressiva e normale usura del componente, proponendogli la fornitura di un nuovo motore “semicompleto” a garanzia semestrale e al prezzo complessivo di € 1.159,00. 
Stante l'indifferenza mostrata dalla concessionaria v erso i problemi riscontrati sul veicolo nonché la perdita di fiducia sulla qualità del prodotto acquistato, il chiedeva dichiararsi la risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 130 del D.Lgs. 206/2005 e, per l'effetto, condannarsi l' a restituirgli l'importo di € 6.950,00 e a risarcirgli i danni patiti in conseguenza della forzata impossibilità a utilizzare la vettura, in misura non superiore ad € 1.000,00. In via subordinata, l'attore chiedeva la condanna dell' a riparare integralmente e correttamente il veicolo acquistato. Il tutto col favore delle spese di lite. 
Si costituiva la convenuta, chiedendo il rigetto delle domande avverse, poiché infondate in fatto e in diritto. 
Nel dettaglio, l' negava l'operatività della garanzia invocata dall'attore, sia perché il consumo d'olio rientrava nella normale usura del mezzo sia perché l'acquirente intervenne direttamente e incautamente sullo stesso, anziché rivolgersi ai tecnici convenzionati, come prescrittogli. 
Eccepiva, altresì, il difetto di residualità della tutela attivata dal che pretese esclusivamente la risoluzione del contratto senza aver mai esperito i rimedi primari di legge, ovvero la richiesta di riparazione del bene. ### La convenuta, infine, oltre ad eccepire in via precauzionale la decadenza dell'acquirente ex art. 1495 c.c., chiedeva di poter chiamare in causa la compagnia assicurativa a i fini della manleva. 
Si costituiva quest'ultima, opponendo all' i limiti di operatività della polizza e insistendo nel rigetto della domanda di garanzia. 
Con la memoria n. 1) ex art. 183, co. 6 c.p.c., l'attore estendeva la domanda risarcitoria all'ulteriore somma di € 1.220,00 corrisposta dopo l'introduzione del giudizio all' che aveva provveduto allo smontaggio del motore e alla custodia dell'autovettura in attesa dell'intervento da concordare. 
Tentata invano la conciliazione tra le parti mediante proposta giudiziale formulata ex art.  185-bis c.p.c., la causa veniva istruita mediante CTU e trattenuta in decisione dal mutato ### all'udienza del 20.10.2020 con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.  ***** 
Tanto premesso in fatto, devono preliminarmente dichiararsi inammissibili le istanze istruttorie reiterate dalla convenuta, in quanto irrilevanti e superflue ai fini del decidere (Cass. n. 14611/05), atteso che l'istruttoria espletata ha consentito di ritenere parzialmente fondata la domanda attorea per le ragioni che seguono. 
È documentato e incontestato che il sig. acquistò dall'odierna convenuta, il ###, l'autovettura usata ### tg: ### immatricolata nel 2013 e con 65.000 Km percorsi, al prezzo di € 6.500,00 oltre ad € 450,00 per il passaggio di proprietà (all.ti 1 della comparsa di risposta e 2 della citazione).  ### ha riferito che appena due settimane dopo l'acquisto dové sostituire la batteria del veicolo a sue spese, ed effettuare un cambio olio, visto il livello bassissimo di quest'ultimo riscontrato sulla vettura. 
Ha poi aggiunto che, trascorsa un'ulteriore settimana, mentre percorreva il tratto stradale ### per recarsi al lavoro, riscontrò nuovamente un anomalo consumo dell'olio motore, poi denunciato il ###, ottenendo un primo intervento dalla convenzionata (all.ti 1 e 2 alla seconda memoria istruttoria della convenuta). In data ###, infine, lamentò un'altra anomalia (all. 6 della terza chiamata). ### Rispetto a entrambi gli interventi di cui sopra, la società mandataria per la gestione della garanzia convenzionale rilasciata sul veicolo dall oppose l'operatività della garanzia, proponendo nel caso la fornitura di un motore “semicompleto” a garanzia semestrale e al prezzo complessivo di € 1.159,00, poi ridotto a € 793,00 (all.ti 5 e 7-9 della terza chiamata).  ### ha chiesto in via principale la declaratoria di risoluzione del contratto in virtù della disciplina consumeristica, allegando la mancata disponibilità della concessionaria venditrice a riparargli il veicolo in tempo congruo e lamentando la perdita di fiducia nelle qualità del mezzo. 
Giova osservare come la disciplina della vendita dei beni di consumo applicabile è il ### del ### introdotto dal D.Lgs. 206/2005, disciplina che trova applicazione anche riguardo la vendita dei beni di consumo usati, occorrendo tener conto però del tempo di pregresso utilizzo e limitatamente ai difetti non derivanti dall'uso normale della cosa, considerato che il venditore ha l'obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita e risponde per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene, con l'obbligo di provvedere al ripristino, senza spese per il consumatore, della conformità del bene stesso. 
Dal combinato disposto degli artt. 129 e ss. del summenzionato codice si desume una responsabilità del venditore nei riguardi del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene allorché tale difetto si palesi entro il termine di due anni dalla predetta consegna. 
Si presume, salvo prova contraria, che se i difetti di conformità si manifestino entro i sei mesi dalla consegna del bene, questi preesistessero già a tale data, salvo che il difetto sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto (art. 132). Si tratta di presunzione iuris tantum, superabile attraverso una prova contraria, finalizzata ad agevolare la posizione del consumatore: ne deriva che ove il difetto si manifesti esteriormente entro tale termine, il consumatore gode di un'agevolazione probatoria, dovendo semplicemente allegare la sussistenza del vizio e gravando conseguentemente sulla controparte l'onere di provare la conformità del bene consegnato rispetto al contratto di vendita. Superato il suddetto termine, trova nuovamente applicazione la disciplina generale posta in materia di onere della prova posta dall'art. 2697 c.c.: ciò implica che il consumatore che agisce in giudizio sia tenuto a fornire la prova che il difetto fosse presente ab origine nel bene, poiché il vizio ben potrebbe qualificarsi come ### sopravvenuto e dipendere conseguentemente da cause del tutto indipendenti dalla non conformità del prodotto. Grava, quindi, sul consumatore il solo onere di denunciare il difetto di conformità, che è da considerarsi assolto nel momento in cui egli comunichi tempestivamente al venditore l'esistenza del difetto di conformità, non occorrendo che venga altresì fornita la prova di tale difetto, né che venga indicata la causa precisa di tale difetto (cfr. Cass. n. 13148/2020). 
Il difetto di conformità del bene consente al consumatore di esperire i vari rimedi contemplati all'art. 130 del ### del ### i quali sono graduati, per volontà dello stesso legislatore, secondo un ordine ben preciso: costui potrà in primo luogo proporre al proprio dante causa la riparazione ovvero la sostituzione del bene, senza spese in entrambi i casi (e sempre che non arrechino notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore l'ha acquistato), e solo in secondo luogo nonché alle condizioni contemplate dal comma 7, potrà richiedere una congrua riduzione del prezzo oppure la risoluzione del contratto. In particolare, la scelta di richiedere la congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, è subordinata alla ricorrenza di una delle seguenti situazioni: a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro un termine congruo; c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore. 
Alla luce di tali considerazioni, è dunque evidente che i due rimedi concessi (riparazione e sostituzione del bene, riduzione del prezzo o risoluzione del contratto), si rivelino alternativi e che i secondi presuppongano l'inutile esperimento dei primi. Può, infatti, ricorrersi ai secondi (riduzione o risoluzione) unicamente laddove sussistano i presupposti sopra evidenziati. 
Esaminando il caso di specie, la convenuta ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità della risoluzione per non avere l'acquirente richiesto prima la riparazione del bene.  ### non si ritiene fondata. 
La convenuta appare trincerarsi dietro circostanze prettamente formali, legate al fatto che la controparte non avesse richiesto - nelle due raccomandate precedenti al giudizio (all.ti 4 e 5 della citazione) - la riparazione del veicolo, ma non ha specificamente contestato dall' che la prima richiesta quantomeno verbale del fu ### proprio quella di vedersi riparata la vettura, senza sostenere alcuna spesa, e che soltanto a fronte del diniego della compagnia (presso la quale fu indirizzato per richiedere assistenza ed eventuale copertura assicurativa) decise di sciogliersi dal vincolo negoziale per evitare di sostenere un importo piuttosto elevato per ripristinare il veicolo. 
Si consideri che, infatti, al di là della proposta della di fornire un nuovo motore “semicompleto” a garanzia semestrale e al prezzo complessivo di € 1.159,00, poi ridotto a € 793,00, è la stessa che allega un coevo preventivo della convenzionata per un costo di ripristino di € 3.240,00 (Iva compresa) a fronte della somma versata all'acquisto di € 6.500,00 (cfr. all. 3 alla seconda memoria istruttoria).  ### non può ignorarsi il contegno assunto dalla convenuta, che non ha mai dato positivo riscontro alle missive del off rendogli ad esempio la riparazione gratuita del veicolo, bensì ha solo ostacolato la risoluzione bonaria della vicenda de qua, dapprima negando la ricorrenza di un difetto di conformità nel veicolo (richiamando principi in tema di ripartizione dell'onus probandi contrari alla disciplina consumeristica) oppure pretendendo di essere manlevata dalla compagnia assicurativa, e in seguito rifiutando l'offerta giudiziale di corrispondere all'acquirente un importo alquanto modesto oltre a un contributo per le spese processuali. 
Corollario dell'ostruzionismo mantenuto dalla concessionaria rispetto alla celere riparazione gratuita dell'autovettura acquistata dal per l'incontestata necessità di recarsi anche al lavoro, è la legittimità della domanda risolutoria avanzata in questa sede dall'attore. 
Ebbene, quanto all'eziologia del consumo eccessivo di olio motore, occorre prendere in considerazione le risultanze emergenti dalla relazione di consulenza tecnica d'ufficio espletata in corso di causa. Tali risultanze appaiono infatti meritevoli di essere recepite nel contesto della presente statuizione, in quanto immuni da vizi logici e di metodo, oltre che frutto di un congruamente ed ampiamente motivato iter espositivo. 
Il consulente, avendo premesso che al momento del sopralluogo il propulsore della macchina si presentava completamente smontato con i componenti posizionati all'interno dell'abitacolo - circostanza frutto del disassemblaggio operato dall' per verificare nel 2017 gli interventi necessari -, ha ricondotto il consumo anomalo del lubrificante a diversi fattori alternativi, quali l'ovalizzazione del cilindro, la perdita di funzionalità delle fasce elastiche e l'inadeguatezza dei gommini e degli steli delle valvole, ### ovvero alla combinazione di più anomalie tra quelle riscontrate (pagg. 29 e ss.  dell'elaborato). 
Ha poi escluso sia la compatibilità dello stato dell'usura con i chilometri rilevati e l'ordinario utilizzo del mezzo sia una responsabilità dell'attore rispetto all'evento lamentato (come un maldestro rabbocco di olio eseguito in un primo momento) concludendo che per ripristinare l'efficienza del veicolo sarà necessario affrontare una spesa complessiva di € 3.032,92, e che a fronte di tali lavori il valore dell'automobile si aggirerà introno al prezzo corrisposto dal nel 2016, oscillante tra € 5.500,00 ed € 6.500,00. 
La convenuta ha censurato la credibilità delle conclusioni rassegnate dal consulente, denunziando come l'attore avesse lasciato l'autovettura con il motore smontato presso l'autofficina da febbraio a settembre 2017, per poi trasferirla nel parcheggio condominiale della propria abitazione, accessibile a terzi e soggetto a eventi meteorici ed escursioni termiche che avrebbero pregiudicato la conservazione delle sue parti. 
A ben vedere, tuttavia, il preventivo offerto dal CTU coincide in sostanza con quello (già citato) dell' redatto nel mese di febbraio 2017, e quindi ciò che è avvenuto in seguito non sembra aver influenzato in alcun modo i risultati degli accertamenti tecnici effettuati dal perito nominato d'ufficio. 
Ritenuto pertanto che, alla luce delle risultanze peritali, l'anomalia della macchina denunciata dal non appare ascrivile alla normale usura della stessa, integrando piuttosto un significativo vizio di conformità del bene acquistato esistente al momento della vendita, sussistono i presupposti per disporre la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore. 
Ai sensi dell'art. 1458 c.c., pertanto, l'dovrà restituire al il prezzo a suo tempo incamerato (€ 6.950,00) oltre agli interessi legali dalla data del pagamento al saldo, avendo diritto alla riconsegna dell'auto, che, peraltro, in questa sede ###difetto di domanda. 
Va invece respinta la domanda risarcitoria formulata in citazione nell'importo non superiore di € 1.000,00 per i disagi patiti a causa dell'impossibilità di utilizzare il bene per un periodo prolungato. 
Difatti, il lamentato danno da fermo tecnico - consistente nel pregiudizio di natura patrimoniale subito dal proprietario del veicolo in riparazione e derivante dall'impossibilità di utilizzare il mezzo durante il periodo di sosta forzata - deve essere allegato e ### dimostrato, e la prova del danno non può consistere nella dimostrazione della mera indisponibilità del veicolo, ma occorre dimostrare la spesa sostenuta per procurarsi un mezzo sostitutivo ovvero la perdita subita per avere dovuto rinunciare ai proventi ricavati dall'uso del mezzo (cfr. Cass. n. 9348/2019). 
Posto che, nel caso di specie, nulla è stato provato dall'attore, e che la liquidazione equitativa non può sopperire al difetto di prova del danno, giacché essa presuppone che il pregiudizio del quale si reclama il risarcimento sia stato accertato nella sua consistenza ontologica, ne consegue il rigetto della domanda. 
Va, infine, dichiarata inammissibile la domanda risarcitoria avanzata dall'attore con la memoria istruttoria n. 1) ex art. 183, co. 6 c.p.c., diretta a ottenere il rimborso delle somme versate all' per lo smontaggio del motore e per la sosta della vettura presso l'autofficina, per complessivi € 1.220,00 (all. 6 dell'attore). 
Come anche osservato dalla Suprema Corte “proposta una domanda di risarcimento del danno "A", fondata sul fatto costitutivo "B", mutare l'uno o l'altro di tali elementi significa ampliare non già l'oggetto del pronuntiare ma l'oggetto del cognoscere richiesto al giudice: e dunque tale mutamento è inammissibile, perché costituirebbe un mutamento della domanda originariamente proposta (cfr. ex multis Cass n. 10045/1996). 
Tale principio può essere derogato qualora l'attore: a) riduca in corso di causa l'entità della somma inizialmente richiesta a titolo di risarcimento (cfr. Cass. n. 3621/1980); b) deduca che il danno originariamente dedotto in giudizio si sia incrementato in corso di causa, ferma restando la natura di esso e l'identità del fatto generatore (cfr. Cass. 10045/1996); c) senza mutare il fatto generatore della propria pretesa (l'inadempimento o l'illecito ascritto al convenuto), deduca che in corso di causa, dopo il maturare delle preclusioni, si siano verificati danni ulteriori, anche di natura diversa da quelli descritti con l'atto introduttivo, che dunque gli fu impossibile prospettare ab initio (cfr. Cass. 3160/1980), e chieda di essere rimesso in termini ex art. 153 c.p.c. per formulare la relativa domanda (cfr. Cass. n. 25631/2018). 
Nella fattispecie, ricorre l'ipotesi sub c), atteso che il - sulla base del medesimo fatto generatore della pretesa (l'inadempimento del venditore) -, ha dedotto nuovi danni maturati in corso di causa, diversi da quelli descritti nell'atto introduttivo (danno da c.d. fermo tecnico) e non ha mai chiesto la rimessione in termini ex art. 153 c.p.c. per formulare la relativa domanda, talché la stessa deve ritenersi tardiva e ### inammissibile, anche a fronte della mancata accettazione del contradditorio manifestata tempestivamente dalla convenuta nella prima difesa utile. 
Giungendo, infine, alla domanda di manleva proposta dall' nei confronti della mandataria per la gestione della garanzia convenzionale rilasciata sul veicolo, la stessa va disattesa. 
Dal combinato disposto di cui agli artt. 1 e 9 delle condizioni generali del ### oggetto della ### prestata dalla si ricava pacificamente l'esclusione della copertura per i guasti o anomalie dovute alla normale usura del veicolo, in relazione al suo pregresso utilizzo e allo stato d'uso al momento della vendita (all. 3 della terza chiamata). 
Atteso che, come anticipato, l'anomalia riscontrata nel veicolo è da ritenersi esistente al momento della vendita, la non era tenuta ad alcuna garanzia, e anche qui non può non segnalarsi l'atteggiamento approssimativo mantenuto dall' Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i parametri di cui al DM 55/2014, applicando i criteri minimi nel rapporto convenuta-terza chiamata stante l'insussistenza di complesse questioni di fatto e diritto. 
Le spese della ### liquidate in atti, vengono invece poste definitivamente a carico della parte convenuta.  P.Q.M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita anche formulata in via istruttoria, così dispone: 1) accoglie la domanda attorea nei limiti di parte motiva e, per l'effetto, dichiara risolto il contratto di vendita dell'autovettura ### tg: ### stipulato il ### tra e 2) condanna l' a restituire a la somma di € 6.950,00, oltre agli interessi legali dalla data del pagamento al saldo; 3) rigetta la domanda risarcitoria di parte attrice; 4) rigetta la domanda di nei confronti di ; 5) condanna l' a rifondere a le spese processuali, che liquida in € 264,00 per esborsi ed € 4.835,00 per compensi, oltre ### CPA e spese generali (15%); 6) condanna l' a rifondere alla le spese processuali, che liquida in € 2.738,00 per compensi, oltre ### CPA e spese generali (15%); ### 7) pone le spese della ### liquidate in atti, definitivamente a carico di parte convenuta.  ### 13.1.2021 ### Venditti

causa n. 1015/2017 R.G. - Giudice/firmatari: Mario Venditti

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Tribunale di Grosseto, Sentenza n. 892/2019 del 12-11-2019

... dovrà gravare in ultimo sulla (previa manleva di tutte le società coinvolte nella vicenda), decurtando l'importo di € 193,10 riferibile al periodo pregresso rispetto al montaggio del motore difettoso. Parimenti corretta appare la richiesta economica indicata in ordine all'assicurazione, ammontante a € 1.112,74, già decurtati gli importi corrispondenti alle mensilità godute (cfr. doc. 23). Tale spesa, dovrà gravare in ultimo sulla (previa manleva di tutte le società coinvolte nella vicenda), decurtando l'importo di € 412,74 riferibile al periodo pregresso rispetto al montaggio del motore difettoso. Per contro, l'attrice non ha diritto a vedersi corrispondere la somma di € 3.000,00 quale svalutazione del valore commerciale del mezzo intervenuta tra il dicembre 2011 ### (momento (leggi tutto)...

 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di GROSSETO Contenzioso CIVILE Il Tribunale, nella persona del ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 1936/13, avente a oggetto “appalto” vertente tra (C.F. e P. IVA: , in persona del legale r.p.t., elettivamente domiciliat ###/a, presso lo studio dell'avv. ### e rappresentata e difesa in giudizio dagli avv.ti ### e ### in virtù di procura a margine dell'atto di citazione; ATTRICE contro: (C.F. e P.IVA: ), in persona del legale r.p.t., elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### che la rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura a margine alla comparsa di costituzione e risposta; CONVENUTA e (C.F.: , in persona del legale r.p.t., elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### che la rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; nonché (P.IVA: , in persona del legale r.p.t., ### P. ### P. ### P. ### P. ### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv.  ### che la rappresenta e difende in giudizio anche disgiuntamente con l'avv.  ### in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta; ### con sede in #### 222 #### - CONTUMACE CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni del 5.9.2019.  MOTIVI DI FATTO E ### Con atto di citazione ritualmente notificato, la conveniva in giudizio la società , esponendo al Tribunale che: i nel mese di agosto 2010 conferì l'incarico alla convenuta di riparare il motore del veicolo ### coinvolto in un sinistro stradale; i la provvide a quanto richiesto addebitando interventi per un totale di € 6.999,56; i ciò nonostante si manifestarono da subito plurimi guasti e difetti all'autovettura (grippaggio del motore; presenza di olio nel circuito di raffreddamento; eccessivo consumo di olio) che imposero alla proprietà di riconsegnare ripetutamente il veicolo alla società ai fini di rimediarvi; i in data ### (a distanza di circa 40gg. dall'ultima riconsegna), apprese dalla che l a Soc ietà - subappaltatrice della , ignota all'attrice - non era disposta a ripristinare il motore del ### se non ad esito di un accertamento congiunto; i in data ### la , la e la (subappaltatrice della anch'essa ignota alla eseguirono un accertamento tecnico evidenziando che la responsabilità per i difetti verificatisi era ricollegabile esclusivamente alla proprietaria del mezzo; i restituita l'autovettura, la società attrice propose ricorso per accertamento tecnico preventivo al fine di verificare le condizioni del veicolo, e il CTU accertò che la causa del ### danno fosse la rottura della vite di fissaggio della ruota dentata più piccola al relativo albero, non imputabile a un incongruo utilizzo del motore, ma riconducibile a un difetto di costruzione (della vite) e/o da un difetto di serraggio della vite stessa in fase di assemblaggio del motore. 
Tanto premesso, l'attrice chiedeva dichiararsi la risoluzione del contratto di appalto intercorrente con la e, per l'effetto, condannarla alla restituzione della somma pagata per l'intervento sterile (€ 6.999,56), oltre che al risarcimento del danno subito, consistente nelle somme necessarie per riparare il veicolo (€ 13.683,38), nelle ristoro del pregiudizio da fermo tecnico (€ 5.488,44) e dall'impossibilità di utilizzo del bene (€ 28.710,00), nonché alle spese versate nella procedura precontenziosa (€ 2.425,39). Il tutto oltre interessi, rivalutazione monetaria e col favore delle spese di giudizio. 
Si costituiva la , asserendo di essere una mera intermediaria tra e la società (esecutrice dell'assemblaggio del motore), il cui coinvolgimento era stato concordato con la proprietà a fronte della complessità della problematica riscontrata, sicché era la (che la convenuta chiedeva di essere autorizzata a chiamare in giudizio ai fini della manleva) a doversi ritenere eventuale responsabile dei danni lamentati. 
Deducendo che sull'autovettura vi fossero guasti addebitabili esclusivamente alla parte attrice, riconducibili a un utilizzo anomalo del mezzo, la contestava la quantificazione del danno invocato dalla controparte, sia perché il pregiudizio da fermo tecnico e da inutilizzo fossero da ricondursi alla condotta della proprietaria -che rifiutò il ritiro dell'autovettura nel mese di dicembre 2011 nonché di partecipare agli incontri diretti a trovare una soluzione amichevole - sia perché la procedura di accertamento tecnico preventivo si era svolta in difetto del presupposto dell'urgenza. 
Autorizzata la chiamata in causa della questa si costituiva associandosi sostanzialmente alle difese della convenuta e negando la propria responsabilità in quanto le criticità indicate dal CTU in sede di accertamento tecnico erano associabili a parti interne del nuovo motore, quindi non imputabili alla la quale si era occupata soltanto dell'assemblaggio, mentre la venditrice era la società (che chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa). 
Autorizzata la chiamata in causa della questa si costituiva eccependo in primo luogo il fatto di non aver potuto presentare osservazioni nella ### procedura di accertamento preventivo poiché ricevette la bozza del CTU dopo la scadenza del termine previsto per le osservazioni stesse; lamentava l'incoerenza e l'erroneità delle conclusioni del ### contestando altresì la pretesa risarcitoria avanzata dall'attrice, in ragione anche del fatto le si era limitata a fornire il motore assemblato nell'aprile 2012, rimanendo pertanto estranea a tutta la vicenda pregressa tra le parti. 
Asserendo di aver acquistato il motore a sua volta dalla la chiedeva di essere autorizzata a citare in manleva tale società olandese. 
Autorizzata la chiamata in causa della questa non si costituiva e veniva dichiarata contumace all'udienza del 20.10.2015. 
Con ordinanza riservata del 22.10.2015 il giudicante disattendeva l'istanza preliminare formulata ex art. 278 c.p.c. dall'attrice, assegnando i termini di cui all'art. 183, co. 6 c.p.c.. 
Fallito il tentativo di conciliazione della lite promosso dal giudice istruttore con provvedimento del 4.2.2016, la causa veniva istruita documentalmente e mediante i chiarimenti offerti dal ### per essere definitivamente trattenuta in decisione dal mutato ### all'udienza del 5.9.2019, con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.  per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.  ***** 
Preliminarmente deve ritenersi superata la necessità di provvedere sull'istanza attorea formulata ex art. 278 c.p.c. nell'atto introduttivo, stante la presente statuizione conclusiva del giudizio. 
Quanto al merito, la domanda è fondata nei limiti che seguono. 
Risulta pacifico che nel mese di agosto 2010 l'attrice consegnò alla l'autovettura incidentata ### affinché l'officina eseguisse gli interventi necessari al ripristino delle funzionalità del mezzo, così da consentirne la marcia in sicurezza. 
La restituzione avvenne nel mese di ottobre, previo saldo della spesa pari a € 6.999,56, integralmente onorata dalla società (cfr. docc. 2, 3 e 4 di parte attrice). 
Indiscusso è altresì il fatto che l'autovettura cominciò quasi nell'immediato a presentare talune disfunzioni, legate al grippaggio del motore, al versamento di olio nel circuito di raffreddamento e all'eccessivo consumo di olio, tanto che il mezzo venne ripetutamente riconsegnato all'officina nei mesi di marzo (con sostituzione del motore), maggio e ### settembre 2011, nonché da ultimo nel mese di gennaio 2012, a seguito dell'ultimo problema emerso il precedente mese di dicembre. 
Nel febbraio 2012 l'attrice venne informata dalla della necessità di eseguire un sopralluogo congiunto presso la sede della società per identificare le reali cause dei guasti (cfr. doc. 2 di parte convenuta : a tale incontro, a cui parteciparono rappresentanti della e delle società e - rispettivamente assemblatrice e fornitrice del motore sostituito - la cliente si rifiutò di presenziare e, dopo aver contestato le conclusioni trasfuse nel verbale redatto dalle parti, che le imputavano la responsabilità per un utilizzo improprio del mezzo, pretese la riconsegna dell'autovettura che avvenne a fine aprile 2012 (cfr. doc. 13 di parte attrice). 
Quanto alla richiesta risarcitoria avanzata dall'attrice, tutte le società hanno scaricato la colpa su quest'ultima, colpevole di aver utilizzato impropriamente il veicolo dopo le varie restituzioni e di essersi rifiutata di sostituire la turbina originale come le era stato suggerito. Ogni convenuta ha poi ricondotto i guasti riscontrati all'attività dell'altra: la ha sostenuto si trattasse di problemi legati all'assemblaggio del motore, di competenza della quest'ultima ha denunciato criticità afferenti al motore stesso, fornito della ; questa, infine ha dedotto di averlo acquistato da una società olandese rimasta contumace nell'odierno giudizio. 
Ebbene, va premesso che l'asserzione della , secondo cui l'attrice fosse perfettamente a conoscenza che i lavori vennero materialmente affidati alla O.M.C., e che addirittura la rimessione dell'incarico sarebbe avvenuta con il suo consenso, è priva di pregio. 
Anzitutto la circostanza de qua appare sconfessata dall'assenza di qualsivoglia documentazione in atti, dove per converso si rinviene la raccomandata del 15.2.2012 dalla quale emerge che soltanto a seguito dell'invito a presenziare all'imminente sopralluogo di fine febbraio la società abbia preso cognizione di ciò (cfr. doc. 6 allegato dalla convenuta . 
In secondo luogo, anche l'eventuale contezza in capo all'attrice del fatto che l'assemblatore fosse un soggetto terzo, non escluderebbe la responsabilità della nei confronti della cliente, perché era all'officina che quest'ultima si rivolse per la riparazione del mezzo, tanto da averle appunto corrisposto integralmente il compenso per i lavori eseguiti. Pertanto il subappalto alla assumerebbe semmai rilevanza nei rapporti interni con la convenuta, ma non sarebbe opponibile all'attrice. ### Ciò detto, per comprendere la reale portata dei guasti riportati all'autovettura e le cause dei difetti riscontrandi, è stata disposta una CTU in sede di accertamento tecnico preventivo, successivamente integrata nell'attuale procedura. 
Va subito evidenziato che alcun pregio assumono le eccezioni sollevate dalla convenuta e sull'inammissibilità del giudizio ex art. 696 c.p.c. per difetto di urgenza e, rispettivamente, per nullità della perizia per tardiva consegna della bozza al consulente di parte che non sarebbe stato in grado di formulare tempestivamente osservazioni. 
Quanto alla prima circostanza (inammissibilità della procedura ex art. 696 c.p.c. per carenza di periculum) il giudicante della fase cautelare ha inteso salvaguardare il diritto della ricorrente a conseguire la prova di quanto lamentato a fronte del rischio concreto di modifica della stessa nelle sue qualità essenziali, stante l'urgenza della proprietaria di ripristinare lo stato dell'autovettura praticamente in disuso da oltre un anno. 
In merito alla seconda, viceversa, l'asserita nullità della perizia resterebbe comunque superata dall'integrazione fornita nell'odierno giudizio, ove si è garantita la piena esplicazione del contraddittorio tra le parti. 
Venendo quindi al merito dell'accertamento peritale, si osserva che il ### previo esame del veicolo, ha indicato quale causa esclusiva del fermo definitivo del veicolo la rottura della vite di fissaggio della ruota dentata più piccola al relativo albero, già accertata nell'ispezione congiunta del 28.02.2012 alla quale non partecipò la società attrice. 
Benché il consulente non ha potuto acclarare l'effettiva causa della predetta rottura (accidentale, per difetto di costruzione, per errata coppia di serraggi, ecc.), posto che la vite non era più disponibile, ha aggiunto - e qui appare dirimente - che ciò fosse dovuto a un difetto del motore fornito dalla , dato che né la né la società d ovettero accedere al carter della distribuzione per le operazioni di sostituzione del motore (cfr. pagg 4 e 5 della perizia). Ha difatti escluso che il problema potesse essere stato generato o agevolato dallo stato d'uso della turbina o da un utilizzo anomalo o incongruo del motore (cfr. pagg. 6 e 7); concludeva pertanto nell'indicare quale rimedio la sostituzione del motore dalla ### di ### per il prezzo di € 12.183,38 (IVA inclusa).  ### perizia d'ufficio costituisce, a parere di questo Tribunale, uno strumento sufficiente per trarre argomentazioni idonee a supportare le circostanze fatte valere dalla ### parte attrice e, quindi, a dimostrare che le relative domande formulate nel presente giudizio sono fondate. 
E, infatti, se è vero che la consulenza tecnica non costituisce in linea di massima mezzo di prova, bensì strumento di valutazione della prova acquisita è, altrettanto vero, che essa può assurgere al rango di fonte oggettiva di prova dei fatti accertati dal consulente e riferiti nella sua relazione quando si risolve nell'accertamento di circostanze rilevabili unicamente con l'ausilio di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche (cfr. Cass. 1020/06, Cass. n. 10916/00 e Cass. n. 4520/98): nel caso di specie il tipo di accertamenti demandanti al tecnico si risolvono in valutazioni e ricostruzioni tecniche che non possono essere rimesse, per la loro necessaria e specifica preparazione e qualificazione, alle nozioni che il comune giudice può avere anche alla luce della esaustiva indicazione dei criteri utilizzati dal tecnico per la redazione dell'elaborato. 
Stando così le cose il contenuto e le conclusioni della CTU sono integralmente condivise e richiamate dal Tribunale atteso che quando il giudice aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, - come avvenuto nel caso di specie - esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento, sicché non è necessario soffermarsi anche sulle contrarie allegazioni dei consulenti tecnici di parte che, seppur non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le conclusioni tratte (cfr. Cass. n. 281/09; vds anche Cass. n. 19475/05 e Cass. 5229/11); non colgono, poi, nel segno le critiche rivolte all'elaborato a vario titolo dai difensori le quali, peraltro, appaiono orientate a sostenere una tesi di parte più che a evidenziare profili negativi discordanza da dati fattuali - anche, si ribadisce, all'esito delle repliche formulate dal CTU alle osservazioni dei periti di partee dovendo rilevarsi che le note critiche redatte dal difensore della parte sono irrilevanti perché redatte non da un organo tecnico in grado di muovere censure con crisma di attendibilità (cfr. Cass. 8297/05). 
Esclusa pertanto ogni forma di responsabilità in capo all'attrice nella sopravvenuta inutilizzabilità del mezzo affidato nell'agosto 2010 all'officina , v a dichiarata la responsabilità di quest'ultima per inadempimento dell'incarico che le era stato assegnato, ovvero quello di rimettere in pristino il motore dell'autoveicolo congegnatole. ### I lavori dalla stessa commissionati alla nell'autunno 2010 non portarono difatti ai risultati sperati, tanto che dopo pochi mesi l'auto venne riportata in officina per guasti al motore sul quale le convenuta aveva prestato l'opera. Questo comportò la necessità/scelta di sostituire il motore nell'aprile 2011, occasionando l'insorgere di tutte le problematiche fino al completo inutilizzo dell'autovettura nel mese di dicembre.  ### grave imputabile all'officina, conforta pertanto la fondatezza della domanda risolutoria avanzata dall'attrice, quantomeno ai sensi dell'art. 1453 c.c.. 
Come è noto, il venir meno del sinallagma contrattuale e, dunque, delle reciproche attribuzioni, impone che venga ristabilito lo status quo ante: le parti devono quindi restituirsi le prestazioni ricevute, ricorrendo un'ipotesi di indebito oggettivo. 
Nel caso di specie, tuttavia, la parte attrice non può restituire la prestazione ricevuta, giacché il compenso all'officina venne pagato per dei lavori che sono risultati vani e a seguito dei quali i tecnici decisero di sostituire il motore che presentò a sua volta dei difetti. 
Di conseguenza è priva di rilievo la richiesta attorea di vedersi restituita la somma versata alla per i lavori eseguiti nell'autunno 2010 (€ 6.999,56), mentre l'officina sarà tenuta corrispondere alla l'importo necessario per acquistare un nuovo motore (€ 12.183,38) di modo da recuperare le funzionalità del mezzo che la convenuta sin dall'origine si era impegnata a garantire. 
Peraltro sarebbe comunque escluso un indebito arricchimento dell'attrice, giacché l'età e la percorrenza dell'auto rimarrebbero inalterate per un potenziale acquirente, a prescindere dal montaggio di un motore originale completamente nuovo. 
Per l'importo di cui sopra l'officina potrà essere manlevata dalla alla quale si affidò per eseguire i lavori e che decise successivamente di sostituire il motore difettoso ordinandone uno revisionato dalla Il fatto che il motore installato nell'aprile 2011 si sia poi rivelato difettoso, fa sì che la stessa potrà essere manlevata dalla società , ma esclusivamente per la somma di € 4.563,00 (IVA inclusa), ovvero quella pagata per l'acquisto del motore revisionato; giammai difatti la terza fornitrice potrebbe essere condannata a pagare il prezzo per l'acquisto di un nuovo motore ### - come suggerito dal CTU -, posto che ciò la esporrebbe a una pretesa risarcitoria eziologicamente esorbitante dalla propria responsabilità. ### Peraltro la società potrà essere manlevata dalla società che le fornì il motore succitato (cfr. doc. 5 allegato alla comparsa della ).  ### ha inoltre diritto al rimborso della somma di € 1.500,00 (IVA inclusa) accertata dal CTU per effettuare tutte quelle riparazioni, manutenzioni e revisioni minori dovute al lungo tempo di fermo auto trascorso (cfr. pag. 5 della perizia). 
Tale spesa, riconducibile ai difetto del motore revisionato, dovrà gravare in ultimo sulla (pr evia manleva di tutte le società coinvolte nella vicenda). 
Per ciò che riguarda i danni da fermo tecnico, invece, si osserva quanto segue. 
La dal mese di agosto 2010 ha goduto del proprio veicolo per pochi mesi, nonostante abbia dovuto accollarsi le spese necessarie ed accessorie al possesso di un auto, tra cui la tassa di proprietà e l'assicurazione (quest'ultima per il periodo in cui è stata attiva). 
Quanto alla prima, appare corretta la richiesta economica avanzata dall'attrice nel vedersi restituire la somma corrisposta per bolli auto scaduti, e non goduti, per il periodo di inutilizzabilità del mezzo (cfr. doc. 24 allegato alla citazione), escluse le mensilità in cui ha avuto l'effettiva disponibilità dell'auto (ovvero giugno-luglio-novembre-dicembre 2010 e gennaio-febbraio 2011), ed escluso altresì il bollo riferito all'anno 2013-2014, atteso che la perizia del tecnico in sede di ATP fu depositata proprio a maggio (data di pagamento della tassa), sicché l'attrice avrebbe di lì in poi potuto ripristinare il mezzo per usufruirne. 
Ciò consente di scomputare la somma di € 410,20 dall'importo originariamente indicato in € 1.375,70, ottenendo così il totale di € 965,50. 
Tale spesa, dovrà gravare in ultimo sulla (previa manleva di tutte le società coinvolte nella vicenda), decurtando l'importo di € 193,10 riferibile al periodo pregresso rispetto al montaggio del motore difettoso. 
Parimenti corretta appare la richiesta economica indicata in ordine all'assicurazione, ammontante a € 1.112,74, già decurtati gli importi corrispondenti alle mensilità godute (cfr. doc. 23). 
Tale spesa, dovrà gravare in ultimo sulla (previa manleva di tutte le società coinvolte nella vicenda), decurtando l'importo di € 412,74 riferibile al periodo pregresso rispetto al montaggio del motore difettoso. 
Per contro, l'attrice non ha diritto a vedersi corrispondere la somma di € 3.000,00 quale svalutazione del valore commerciale del mezzo intervenuta tra il dicembre 2011 ### (momento dell'ultimo guasto) al maggio 2013 (epoca della perizia), giacché da un lato non è stata allegata l'intenzione della proprietà di alienare il mezzo, dall'altro appare pienamente satisfattivo dell'interesse della società percepire l'importo finalizzato a sostituire il motore e riparare tutti quelle piccole deficienze scaturite dal prolungato fermo del veicolo. 
Va disattesa, infine, la domanda di risarcimento dei danni lamentati dall'attrice per l'inutilizzabilità prolungata dell'autovettura, quantificati nell'importo di € 28.100,00 (o da quantificarsi in via equitativa), attesa l'assenza di prova sull'effettiva lesione del suo patrimonio. 
Difatti la società non ha allegato le situazioni fattuali dimostrative dell'esistenza del danno conseguenza, essendosi invero limitata a dedurre che l'autovettura fosse destinata all'esercizio dell'impresa per motivi di rappresentanza e per il servizio di consegna biancheria. 
Si possono nutrire seri dubbi, in effetti, sulla concreta centralità del veicolo all'interno della dinamica aziendale, in ragione della circostanza che l'autovettura in contestazione è rimasta inutilizzata per oltre due anni senza che l'impresa abbia mai deciso di noleggiare un'auto sostitutiva per assolvere a quegli impegni a cui era destinata la prima. 
In merito alle spese processuali si osserva quanto segue. 
Quelle della presente fase seguono la soccombenza e si liquidano secondo i criteri di cui al DM 55/14, con compensazione nella misura di ½ in ragione del parziale accoglimento della domanda attorea. 
I convenuti e i terzi chiamati, pertanto, sono obbligati in solido a pagare alla controparte la residua somma di ½ delle spese processuali; mentre tra loro le spese possono compensarsi integralmente ex art. 92 c.p.c., in ragione delle soccombenze reciproche e dell'atteggiamento mantenuto nel corso del giudizio, tendente più ad addossare responsabilità sull'attrice (o tra loro) che ad aprirsi verso una conciliazione suggerita. 
Medesima considerazione, infine, può compiersi circa le spese dell'### ove l'attrice vanterà però il diritto al ristoro integrale, non assumendo rilevo il fatto che la stessa si sia rifiutata di partecipare al sopralluogo congiunto del febbraio 2012, in quanto del tutto estranea rispetto a un rapporto che riguardava esclusivamente l'appaltatrice, la subappaltatrice e la fornitrice del motore che causò i difetti successivi all'aprile 2011. 
Le spese di ### come liquidate in atti, vengono poste definitivamente a carico della della ### , , della e della in solido tra loro, con diritto dell'attrice a ottenere la restituzione di quanto già versato, oltre interesse dal pagamento fino al saldo effettivo.  P.Q.M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita anche formulata in via istruttoria, così dispone: 1) accoglie la domanda attorea nei limiti di parte motiva e, per l'effetto, dichiara risolto il contratto stipulato tra la e la per inadempimento della convenuta; 2) condanna la a pagare alla la somma complessiva di € 15.661.62, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; 3) condanna la , a manlevare la per la somma complessiva di € 15.661.62, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; 4) condanna la a manlevare la per la somma complessiva di € 7.535,40, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; 5) condanna la a manlevare la per la somma complessiva di € 7.535,40, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; 6) rigetta le altre domande; 7) compensa tra l'attrice e le altre parti le spese processuali del presente giudizio nella misura di ½ ai sensi dell'art. 92 c.p.c.; 8) condanna la la , , la e la in solido tra loro, a rifondere alla le spese della procedura ex art. 696 c.p.c. e la residua quota di ½ delle spese della presente fase, che si liquidano nella somma complessiva di € 400,00 per esborsi ed € 6.537,00 per compensi, oltre ### CPA e spese generali (15%) come per legge; 9) compensa integralmente tra la convenuta e le terze chiamate le spese processuali della procedura ex art. 696 c.p.c. e del presente giudizio ai sensi dell'art. 92 c.p.c.; 10) pone le spese delle CTU definitivamente a carico della ### DI della , della e della tenute in solido e in pari misura, e condannandole a rifondere all'attrice le somme da questa anticipate, oltre interessi legali dal pagamento al saldo.  ### 10.11.2019 #### 

causa n. 1936/2013 R.G. - Giudice/firmatari: Mario Venditti

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Tribunale di Lecce, Sentenza n. 2089/2024 del 07-06-2024

... favore dell'attrice o, in subordine, la manleva in proprio favore. ### di ### ha tuttavia eccepito la decadenza e la prescrizione dell'azione, ritenendo che la denuncia sia avvenuta molti anni dopo la manifestazione dei vizi e invocando i termini propri della prestazione d'opera. In punto di diritto si ricorda che “In tema di garanzia per difformità e vizi nell'appalto, l'accettazione dell'opera segna il discrimine ai fini della distribuzione dell'onere della prova, nel senso che, fino a quando l'opera non sia stata espressamente o tacitamente accettata, al committente è sufficiente la mera allegazione dell'esistenza dei vizi, gravando sull'appaltatore l'onere di provare di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte, mentre, una volta che l'opera sia stata (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI LECCE PRIMA SEZIONE CIVILE in persona della dr.ssa ### quale giudice monocratico, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al N 5675 del R.G. dell'anno 2020, trattenuta in decisione nell'udienza 15.2.2024 e vertente TRA ### rappresentata e difesa dagli avv.ti ### e ### E ### E ### rappresentati e difesi dagli avv.ti ### e ### in persona del l.r. p.t.  rappresentata e difesa dall'avv. ### CON LA CHIAMATA IN CAUSA DI D'### rappresentato e difeso dall'avv. ### Oggetto: risarcimento danni da infiltrazioni ### delle parti: come da verbale di udienza del 15.2.2024 MOTIVI DELLA DECISIONE ### ha esposto di essere proprietaria dell'immobile sito in #### n. 13, sottoposto rispetto al terrazzo di proprietà dei convenuti.  ### ha lamentato di aver subito danni da infiltrazioni per effetto del difetto di manutenzione della terrazza dei coniugi ### e ha precisato di aver introdotto un primo ricorso per ATP del 02.09.2013, a seguito del quale i resistenti hanno compiuto lavori a mezzo della ditta FS di #### ha poi lamentato che alcuni anni dopo si sono verificati nuovi fenomeni infiltrativi, a seguito dei quali ha introdotto nuovo ricorso per ATP del 13.03.2019, avendo quali controparti i proprietari e la ditta esecutrice dei lavori. 
Nel corso del procedimento è stata chiesta ed ottenuta l'autorizzazione alla chiamata in causa di ### D'### indicato come direttore dei lavori. 
Espletata la CTU e non essendo stato raggiunto un accordo, la ### ha introdotto il giudizio di merito contro i proprietari ### e contro la ditta esecutrice FS di ### chiedendo la condanna di costoro al risarcimento dei danni patiti. 
I convenuti ### si sono costituiti con propria comparsa, negando di avere qualsivoglia responsabilità e ritenendo che i danni siano stati determinati dall'inerzia dell'attrice e/o dalla cattiva esecuzione dell'opera da parte della ditta FS. 
I convenuti hanno dunque chiesto il rigetto della domanda o, in subordine, la condanna dell'altra convenuta a manlevarli, in caso di condanna. I convenuti hanno altresì formulato domanda riconvenzionale di risarcimento del danno nei confronti della ditta FS di ### FS di ### si è costituita con propria comparsa, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e la decadenza e la prescrizione dell'avversa pretesa e chiedendo nel merito il rigetto delle richieste degli avversari. 
Su richiesta della ### è stato chiamato in causa ### D'### indicato quale responsabile dei danni in qualità di direttore dei lavori. 
Il terzo chiamato si è costituito con propria memoria, negando di aver svolto la funzione di direttore dei lavori ed eccependo decadenza e prescrizione dell'azione introdotta contro di sé. 
La causa è stata istruita con interrogatorio formale e prove testimoniali. 
All'esito, la causa è stata trattenuta in decisione, con concessione del termine massimo di legge per conclusionali e repliche.  *** 
Come esposto in premessa, ### è proprietaria dell'immobile sito in ### in via ### n. 13, censito nel ### del comune di ### al foglio 27, p.lla 143 sub 8. Sulla parte sovrastante l'immobile di proprietà della parte attrice è ubicato un terrazzo su cui insiste il vano cucina dell'appartamento di proprietà di ### e ### censito nel ### del Comune di ### al foglio 27, part. 143 sub. 10.  ### ha dedotto che presso la propria abitazione si sono manifestate evidenti macchie dovute ad infiltrazioni d'acqua provenienti dall'immobile sovrastante e ha precisato di aver comunicato ai convenuti la portata dei danni subiti, senza che questi si siano attivati al fine di evitare l'aggravamento degli stessi o l'insorgerne di nuovi.  ### ha quindi introdotto giudizio per ATP ex art. 696 c.p.c. in data ###. 
Nel periodo intercorrente tra la notifica del ricorso e l'instaurazione del giudizio, i convenuti hanno affidato alla ditta FS di ### l'esecuzione dei lavori di ripristino e riparazione del lastricato solare sovrastante l'abitazione delle ### Instaurato il contraddittorio in sede di ### veniva nomato quale CTU il geom. 
Raho, il quale depositava perizia datata 6.12.2013, in cui dava atto di aver constatato la modifica dello stato dei luoghi ad opera dei coniugi ### i quali avevano demolito il vano precario e avevano proceduto al completo rifacimento della pavimentazione al piano terrazzo. Il CTU ha affermato che le infiltrazioni trovavano la loro causa nella “trascurata manutenzione degli scarichi di acqua piovana allocati sul terrazzo di copertura dell'unità in questione. In effetti, per incuria della parte resistente nella pulizia periodica del terrazzo, si formava deposito di terra e quant'altro, che facilitava il trattenimento del deflusso libero dell'acqua piovana. Pertanto, il ristagno agevolava l'infiltrazione attraverso i giunti della pavimentazione.” Tali conclusioni venivano dedotte dal ### Raho sulla base della documentazione fotografica e della relazione del ### Rampino, consulente tecnico di parte attrice, essendo oggettivamente impedito un accertamento diretto delle cause in considerazione delle già avvenute modifiche dello stato dei luoghi. 
All'udienza del 02.10.2013, i convenuti offrivano banco judicis la somma di euro 3.777,62 a tacitazione dei danni subiti e la ### dopo un iniziale rifiuto, accettava l'offerta alla condizione che i danni non si sarebbero dovuti più verificare (cfr. doc. 5 att.). 
Nell'ottobre 2018 la ### deduceva di aver notato macchie di umidità e muffa da infiltrazioni non solo nelle zone oggetto dei precedenti lavori realizzati dalla ditta FS di ### ma anche in altre zone dell'immobile e, in particolare, sulle pareti dei vani prospicenti via #### informava dunque i convenuti a mezzo di messaggi telefonici e invio di immagini (cfr doc. 6 att.) e con PEC datata 7.1.2019 chiedeva loro di risolvere il problema al più presto, al fine di evitare che le macchie di umidità si estendessero nel corso della stagione invernale. 
Seguivano diversi contatti bonari tra l'attrice e i procuratori dei proprietari dell'immobile soprastante, i quali, tuttavia, non provvedevano alle riparazioni, pur riconoscendo “la presenza di gravi difetti dell'opera eseguita e la consistenza e rilevanza di vizi rilevanti per la funzionalità globale” (cfr. PEC di risposta del 12.1.2019) in relazione ai lavori eseguiti dalla ditta FS di ### In ragione di quanto sopra, la ### chiedeva la verifica dei danni dalla stessa subiti a seguito delle infiltrazioni, con nuovo ricorso del 13.3.2019 ex art. 696 e 696 bis c.p.c. (cfr doc. 8 e 9 att.). 
Instaurato il giudizio, si costituivano ### e ### nonché la ditta FS di ### Quest'ultima chiedeva l'autorizzazione alla chiamata in causa del #### D'### in quanto, secondo la stessa, costui era il tecnico progettista e responsabile dell'esecuzione dei lavori sul lastricato solare. 
In sede di ATP veniva nominato, quale ### l'#### il quale espletava le operazioni peritali a mezzo di ispezioni, rilievi e prove specifiche. 
In particolare, il CTU provvedeva ad allagare il lastricato di proprietà dei convenuti (operazione avvenuta alla presenza anche del #### quale CTP della ditta ## di ### e dell'### Renna, quale CTP dei resistenti ####. Il CTU concludeva per l'esistenza dei danni lamentati e per la loro riconducibilità alla cattiva o omessa esecuzione di opere necessarie per evitare il loro verificarsi, stabilendo i rimedi per evitare il reiterarsi dei lamentati danni. 
Sulla base delle conclusioni dei ### la ### ha agito in giudizio contro i proprietari confinanti e contro la ditta esecutrice dei lavori, al fine di conseguire il risarcimento del danno patito ai sensi degli artt. 2051 e 2043 c.c.. 
Al fine di consentire un esame completo delle questioni poste, occorre procedere in primo luogo all'accertamento dell'esistenza delle infiltrazioni lamentate da parte attrice e all'individuazione delle cause delle stesse. 
La soluzione passa attraverso l'esame della CTU a firma dell'ing. ### M.  ### nominato nel secondo giudizio di ### il quale ha accertato, all'interno dell'immobile di proprietà della ### la presenza di “estese macchie di umidità e distacco della pittura su tutta la volta, tranne che nella zona corrispondente al sovrastante vano cucina, di varie colorazioni, ad indicare che nel tempo si sono succedute varie infiltrazioni e che, come vedremo, continuano tuttora a verificarsi. 
Segni di infiltrazioni sono visibili anche sulla parete contrapposta a quella di ingresso. Il muro alla sinistra di chi entra è stonacato dalla quota di imposta della volta in su così come anche priva di intonaco è la "unghia" corrispondente. Nell'altro vano, corrispondente al civ.15, si ritrovano, sull'altra faccia dello stesso muro, parte della parete e della volta stonacate; sulla volta VI sono ancora macchie di umidità, isolate, con distacco della pittura, sia sull' "unghia" prospiciente la strada che sulla "appesa". Anche il prospetto su strada è interessato da chiazze di umido in corrispondenza delle quali vi è stato il distacco dello strato di pittura”. Inoltre, riscontrata la presenza di fenomeni infiltrativi, il CTU ha provveduto ad eseguire varie misurazioni tramite un igrometro, rilevando l'umidità in diverse zone delle volte, sintomo di infiltrazioni recenti. Accertato che il fenomeno infiltrativo non era stato arginato né escluso per mezzo dei lavori effettuati dalla ditta FS di ### ed escluso, altresì, che la causa fosse da ricondurre a perdite delle tubazioni dell'impianto idrico e fognante, il C.T.U. ha ritenuto “opportuno procedere al parziale allagamento della terrazza per simulare gli effetti della pioggia e poter verificare in tal modo la tenuta idraulica della pavimentazione della terrazza. 
Tappato l'imbocco del pluviale è stata riversata acqua fino a raggiungere l'altezza del battiscopa posto al piede del muro d'attico; per via della pendenza del pavimento l'acqua ha ricoperto la terrazza solo per la metà rivolta verso strada. A quel punto, da un punto della muratura di prospetto, ad una trentina di centimetri al di sotto dell'attuale piano della pavimentazione, ha cominciato a fuoriuscire un rivolo d'acqua. Da fotografie del prospetto precedenti l'esecuzione dei lavori eseguiti sul terrazzo, si è visto che quel punto corrispondeva allo sbocco di un vecchio pluviale, ora chiuso, che confluiva in quello ancora esistente. Rimosso il "tappo" di malta si è evidenziata l'esistenza di un foro che attraversava per intero la parete fino ad arrivare al materiale di riempimento della volta. La fuoriuscita di acqua è proseguita anche in fase di svuotamento della terrazza, dopo aver tolto l'ostruzione dal pluviale. 
Nessuna conseguenza è stata riscontrata, immediatamente, all'interno del locale, sicuramente perché l'acqua, prima di fuoriuscire, viene assorbita dal materiale di riempimento, che si comporta come una spugna, espandendosi al suo interno. Solo in un secondo momento vengono interessati i conci murari della volta, che si bagnano venendo a contatto con il materiale umido. ### della prova ha permesso di stabilire, senza dubbio alcuno, che le cause delle infiltrazioni sono dovute alla mancata tenuta della impermeabilizzazione del terrazzo. Le cause possono essere molteplici: una cattiva messa in opera, inadeguatezza e/o qualità dei materiali utilizzati, mancata o errata esecuzione di dettagli costruttivi necessari alla perfetta riuscita dell'intervento, ma, in ogni caso, l'esito è che l'impermeabilizzazione non è efficace. Rimuovendo i battiscopa si è visto, ad esempio, che lungo i bordi della pavimentazione mancano le "bandelle", elementi che le schede tecniche dei prodotti indicano come indispensabili per l'ottenimento della impermeabilizzazione, mentre al piede degli scalini non vi era proprio traccia di risvolto del manto impermeabilizzante. 
Inutile pertanto, a mio parere, procedere ad ulteriori prove o saggi per individuare con precisione la causa o il punto dal quale avviene l'infiltrazione; individuarne uno non escluderebbe la possibilità che ve ne siano atri. Inoltre, in questa sede non è certo possibile pensare di procedere, come è nella prassi di casi analoghi, per tentativi successivi di eliminazione delle cause”. 
La perizia ha consentito di accertare non solo l'esistenza delle infiltrazioni, ma anche la riconducibilità delle stesse alla cattiva esecuzione delle opere di impermeabilizzazione e/o all'impiego di materiale non idoneo. 
È, dunque, accertato che le infiltrazioni relative all'immobile di proprietà della ### siano da ricondurre alla mancata tenuta della impermeabilizzazione del terrazzo di proprietà dei coniugi ### e ### convenuti in giudizio quali custodi dell'immobile. 
La fattispecie in esame è regolata dall'art. 2051 c.c., a mente del quale “### è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. 
Ne deriva che il danneggiato che agisce per il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell'omessa o insufficiente manutenzione della cosa invocando la responsabilità del custode è tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto. Tale prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia e può essere data anche con presunzioni. 
In punto di ripartizione dell'onere della prova, giova ricordare che “La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 cod. civ. ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, e funzione della norma è, d'altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta. Ne consegue che tale tipo di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito (da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato), fattore che attiene non già ad un comportamento del custode (che è irrilevante) bensì al profilo causale dell'evento, riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità. ### che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l'onere di provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua responsabilità, deve provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale” (Cass. civ. n. 4279 del 19.2.2008). 
In ogni caso, il comportamento del danneggiato è idoneo ad interrompere il nesso causale e, dunque, ad escludere la responsabilità del custode: “Il principio secondo cui, ricorrendo la fattispecie della responsabilità da cosa in custodia, il comportamento colposo del danneggiato può - in base ad un ordine crescente di gravità - o atteggiarsi a concorso causale colposo (valutabile ai sensi dell'art. 1227, primo comma, cod. civ.), ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno e, con esso, la responsabilità del custode (integrando gli estremi del caso fortuito rilevante a norma dell'art. 2051 cod. civ.), deve a maggiore ragione valere ove si inquadri la fattispecie del danno da insidia stradale nella previsione di cui all'art. 2043 cod.  (In applicazione di tale principio, la S.C., confermando la sentenza impugnata, ha ritenuto che il comportamento del soggetto danneggiato - transitato a piedi in una strada talmente dissestata da obbligare i pedoni a procedere in fila indiana - avrebbe dovuto essere improntato ad un onere di massima prudenza in quanto la situazione di pericolo di caduta era altamente prevedibile, ritenendo, pertanto, che l'evento lesivo in concreto verificatasi, conseguente all'inciampo in un tombino malfermo e mobile, fosse da ricondurre alla esclusiva responsabilità del soggetto danneggiato)” (Cass. civ., sez. 3, Sentenza n. 999 del 20/01/2014). 
Nel caso di specie, come evidenziato, è stato accertato - anche a mezzo di esperimenti e rilievi empirici - che le infiltrazioni manifestatesi nell'immobile della ### dipendono dalla cattiva esecuzione dell'opera di impermeabilizzazione del terrazzo. 
I convenuti hanno ritenuto che la manifestazione di nuovi fenomeni infiltrativi sia stata determinata dalla condotta colposa dell'attrice, che avrebbe omesso di eseguire gli interventi di ripristino dopo il primo giudizio di ### così cagionando i danni oggetto di causa. 
La prova testimoniale ha tuttavia dimostrato che la ### provvide tempestivamente alla riparazione del bene, con intervento immediato, mentre la CTU ha confermato che le infiltrazioni si sono ripresentate con costanza nel corso del tempo, in ragione del difetto di impermeabilizzazione della terrazza. 
Non rileva dunque, ai fini dell'interruzione del nesso causale, il comportamento della ### la quale, a seguito del primo episodio infiltrativo, ha provveduto ad eseguire i lavori di manutenzione necessari. 
Sul punto, il teste ### in sede di esame testimoniale nell'udienza del 8.11.2023, ha confermato di aver eseguito, su richiesta della attrice, “lavori di manutenzione, che comprendevano il lavaggio con cloro dei muri, la carteggiatura, la stuccatura, l'applicazione di isolante a tre mani di pittura antialga e antibatterica, la ridipintura del prospetto con pittura al quarzo”, collocando temporalmente l'esecuzione dei lavori in un periodo successivo al manifestarsi delle prime macchie di umidità e antecedente al secondo episodio, accertato con la CTU del 9.11.2019. 
Le medesime circostanze venivano confermate, con esame testimoniale del 8.11.2023, da ### conduttore dell'immobile di proprietà della ### all'epoca dei fatti, il quale attestava l'esecuzione dei lavori da parte di ### nell'estate 2014. 
Pertanto, accertato l'evento dannoso e il suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, risulta provata la responsabilità dei coniugi ### - ### ex art. 2051 I convenuti, nella comparsa di risposta, hanno indicato quale esclusiva la responsabilità della ditta FS di ### chiedendone la condanna al risarcimento del danno in favore dell'attrice o, in subordine, la manleva in proprio favore.  ### di ### ha tuttavia eccepito la decadenza e la prescrizione dell'azione, ritenendo che la denuncia sia avvenuta molti anni dopo la manifestazione dei vizi e invocando i termini propri della prestazione d'opera. 
In punto di diritto si ricorda che “In tema di garanzia per difformità e vizi nell'appalto, l'accettazione dell'opera segna il discrimine ai fini della distribuzione dell'onere della prova, nel senso che, fino a quando l'opera non sia stata espressamente o tacitamente accettata, al committente è sufficiente la mera allegazione dell'esistenza dei vizi, gravando sull'appaltatore l'onere di provare di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte, mentre, una volta che l'opera sia stata positivamente verificata, anche per facta concludentia, spetta al committente, che l'ha accettata e che ne ha la disponibilità fisica e giuridica, dimostrare l'esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate, giacché l'art.  1667 cod. civ. indica nel medesimo committente la parte gravata dall'onere della prova di tempestiva denuncia dei vizi ed essendo questo risultato ermeneutico in sintonia col principio della vicinanza al fatto oggetto di prova” (Cass. civ., sez. 2, Sentenza n. 19146 del 09/08/2013). 
Con la precisazione che “In tema di appalto, qualora l'opera appaltata sia affetta da vizi occulti o non conoscibili, perché non apparenti all'esterno, il termine di prescrizione dell'azione di garanzia, ai sensi dell'art. 1667, terzo comma, cod. civ., decorre dalla scoperta dei vizi, la quale è da ritenersi acquisita dal giorno in cui il committente abbia avuto conoscenza degli stessi, essendo onere dell'appaltatore, se mai, dimostrare che il committente ne fosse a conoscenza in data anteriore.” ( civ., Sez. 3, Sentenza n. 18402 del 19/08/2009). 
La giurisprudenza ha altresì chiarito che, nel caso in cui i vizi siano occulti o non facilmente conoscibili, il dies a quo va individuato nella data in cui si è avuta la scoperta, anche a mezzo di CTU (ex multis, ### 2 - , Ordinanza n. 13707 del 18/05/2023). 
Con la precisazione che “Nel giudizio promosso dal committente nei confronti dell'appaltatore con azione di garanzia, ai sensi degli artt. 1667 e 1668 cod. civ., qualora venga disposta consulenza tecnica di ufficio al fine di accertare difformità o vizi occulti dell'opera, il committente, in relazione ai difetti riscontrati da tale consulenza, non è tenuto alla denuncia contemplata, a pena di decadenza, dall'art.  1667, secondo comma, cod. civ., atteso che la controparte già conosce o é in grado di conoscere l'esito dell'indagine peritale” (Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 1585 del 28/01/2015). 
Nel caso di specie, il termine di prescrizione dell'azione di garanzia deve ritenersi decorrente dalla relazione del CTU del 9.11.2019. Solo a seguito dell'accertamento peritale e delle indagini specifiche compiute in tale sede, infatti, è stato possibile verificare che la causa del danno è da ricondurre al difetto nell'esecuzione delle opere di impermeabilizzazione della terrazza, che sono state compiute in modo errato e/o con materiali inadeguati. 
La CTU ha anche accertato che i danni oggetto di causa sono nuovi e differenti rispetto a quelli del 2013, essendosi formati in conseguenza dell'errore nell'esecuzione dell'opera. 
Poiché la scoperta dei vizi e delle cause è avvenuta nel corso di un giudizio di ATP in cui la ditta esecutrice è stata convenuta e ha svolto le proprie difese, nessuna prescrizione o decadenza possono dirsi maturate. E ciò indipendentemente dal richiamo alle norme sul contratto di appalto o a quelle sul contratto d'opera, essendo stata la denuncia contestuale alla scoperta. 
Tanto premesso, nel caso di specie, da un lato, risulta provata da parte del committente l'esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose, dall'altro lato, l'appaltatore non ha dedotto elementi sufficienti a dimostrare di avere adoperato la diligenza e la perizia tecnica dovute, né ha individuato un fatto specifico, a lui non imputabile, che abbia causato il difetto (cfr. Cass. civ. n. 7267/2023).  ###, come già evidenziato, il CTU ha individuato le cause delle infiltrazioni nella mancata tenuta della impermeabilizzazione del terrazzo per una cattiva messa in opera, inadeguatezza e/o qualità dei materiali utilizzati, mancata o errata esecuzione di dettagli costruttivi necessari alla perfetta riuscita dell'intervento. 
Basti pensare alla mancanza delle bandelle, accertata a seguito della rimozione del battiscopa: si tratta di elementi che “le schede tecniche dei prodotti indicano come indispensabili per l'ottenimento della impermeabilizzazione”, a cui il CTU aggiunge che “al piede degli scalini non vi era proprio traccia di risvolto del manto impermeabilizzante”, concludendo che “per risolvere il problema in maniera definitiva sarà necessario rimuovere l'attuale pavimentazione e procedere alla corretta impermeabilizzazione della terrazza”. Infine, il CTU ha ritenuto che “la responsabilità sul fatto che le opere non sono state risolutive dei problemi lamentati dalla sig.ra ### ricada unicamente sull'impresa esecutrice, la FS di ### Spalluto”. 
In ragione di quanto fin qui esposto, è accertata e dichiarata la responsabilità della ### di ### Tale responsabilità sussiste indipendentemente dalla qualificazione del rapporto quale contratto di appalto o d'opera, in quanto è stato accertato che la convenuta non eseguì la prestazione secondo la diligenza esigibile, rendendosi inadempiente alle proprie obbligazioni. 
Neppure è fondata l'argomentazione secondo cui l'oggetto del contratto non sarebbe stata l'impermeabilizzazione del terrazzo: come più volte precisato, il CTU ha riconosciuto che la ditta non rispettò neppure le istruzioni di posa dei materiali impiegati, con ciò operando in maniera errata proprio sull'oggetto del contratto come invocato. 
Va ora verificato se la ditta sia chiamata a rispondere solo nei confronti del proprio committente o possa essere condannata anche al risarcimento diretto in favore dell'attrice. Occorre inoltre accertare se la responsabilità dell'esecutore dell'opera escluda quella del committente. 
Sul punto si riporta la motivazione della Cass. Civile, Ord. Sez. 2, Num. 27989 Anno 2022, che, pur essendo adottata in tema di ### ha fissato principi applicabili al caso di specie: “Le odierne ricorrenti, avevano chiesto che venisse riconosciuta la responsabilità del condominio ex art. 2051 c.c. per i danni, provenienti da infiltrazioni d'acqua dal lastrico solare, subiti dal loro appartamento e la Corte d'appello aveva rigettato la domanda escludendo la culpa in eligendo o in vigilando facendo propria la decisione di prime in forza della quale "non essendo il condominio soggetto autonomo rispetto ai condomini i quali hanno collettivamente scelto l'impresa appaltatrice adottando un delibera condominiale". Veniva, infatti, affermato che " il ### quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, non può essere considerato alla stregua di soggetto estraneo ed autonomo rispetto al condominio inteso come pluralità di condomini i quali, nel caso concreto, con delibera assembleare inoppugnata, hanno concesso l'appalto per l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria mediante scelta di un ditta di imprenditoria edile che hanno ovviamente ritenuto idonea allo scopo". Da tale premessa la Corte d'appello faceva discendere la necessità che la domanda venisse formulata nei confronti della ditta appaltatrice e non del condominio "non essendoci dubbio che in tema di appalto, è di regola l'appaltatore che risponde dei danni provocati a terzi;....posto che l'impresa è stata scelta dall'assemblea condominiale con apposita deliberazione e che dunque non può configurarsi in alcun modo la responsabilità del condominio per assoluta inidoneità dell'impresa esecutrice dei lavori".  7.2. Le conclusioni cui è pervenuto il giudice di seconde cure sono erronee in quanto in contrasto con i principi affermati da questa Corte ed in particolare da quanto statuito da Cass. n. 11671 del 2018 (### Cass. 11671/2011 si vedano inoltre anche Cass n. 25251/2008; Cass. n. 6435/2009; Cass. n. 7553/2021 sul tema della responsabilità del condominio per danni in esecuzione di appalto). In tema di appalto, infatti, se è vero che l'autonomia dell'appaltatore comporta che, di regola, egli deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall'esecuzione dell'opera, potendo configurarsi una corresponsabilità del committente soltanto in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex art. 2043 c.c., ovvero nell'ipotesi di riferibilità dell'evento al committente stesso per culpa in eligendo (per essere stata affidata l'opera ad un'impresa assolutamente inidonea) ovvero quando l'appaltatore, in base a patti contrattuali, sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente, agendo quale nudus minister dello stesso (Cass., n. 1234 del 2016), cionondimeno il committente può essere chiamato a rispondere dei danni derivanti dalla condizione della cosa di sua proprietà: a) laddove, per sopravvenute circostanze di cui sia venuto a conoscenza - come, ad es., nel caso di abbandono del cantiere o di sospensione dei lavori da parte dell'appaltatore - sorga a carico del medesimo il dovere di apprestare quelle precauzioni che il proprietario della cosa deve adottare per evitare che dal bene ne derivino pregiudizi a terzi" (Cass., 14443/2010, in motivazione); b) "ove l'appalto non implichi il totale trasferimento all'appaltatore del potere di fatto sull'immobile nel quale deve essere eseguita l'opera appaltata, non viene meno per il committente e detentore del bene il dovere di custodia e di vigilanza e, con esso, la conseguente responsabilità ex art. 2051 cod.  civ. che, essendo di natura oggettiva, sorge in ragione della sola sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha determinato l'evento lesivo" (Cass., n. 15734 del 2011). A tale ultimo riguardo ed in aggiunta a quanto in precedenza esposto, deve comunque evidenziarsi che, già in linea astratta, il lastrico svolge, indipendentemente dal regime proprietario ovvero da una sua fruizione diretta, una ineludibile funzione primaria di copertura e protezione delle sottostanti strutture (arg. da Cass., n. 19779 /2017 e da S. U., n. 9449/2016): sicché, quantomeno sotto tale profilo ed indipendentemente dall'avvenuta "consegna" - quale area di cantiere - all'appaltatore, per l'esecuzione di lavori volti alla relativa manutenzione o ristrutturazione, "il lastrico deve considerarsi nella persistente disponibilità del condominio, con conseguente permanenza, in capo a quest'ultimo, delle obbligazioni connesse alla sua custodia e delle connesse responsabilità per il relativo inadempimento" (arg. da Cass., n. 15734/2011, cit.). Il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è quindi obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, sicché risponde ex art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini (sul punto da ultimo Cass. n. 7044 del 2020)”. 
La motivazione, pur resa con riferimento al ### è evidentemente applicabile anche al caso di specie, in quanto permane la funzione dei proprietari della terrazza quali custodi del bene medesimo. 
In ragione di quanto sopra, sussiste la responsabilità di entrambi i convenuti nei confronti dell'attrice, con responsabilità di tipo solidale. 
Quanto alla domanda di manleva che il committente ha presentato nei confronti della ditta esecutrice dell'opera, si ricorda che il committente può rivalersi nei confronti dell'appaltatore per le somme erogate a terzi a titolo di risarcimento dei danni prodotti dall'esecuzione dell'opera appaltata con l'azione di rivalsa, soggetta all'ordinario termine di prescrizione, e non al regime di decadenza e prescrizione breve di cui all'art. 1667 c.c., atteso che in tale ipotesi non viene azionata la speciale garanzia di cui agli artt. 1667 e 1668 c.c., bensì una ordinaria azione di risarcimento danni da inadempimento contrattuale o da illecito extracontrattuale (cfr. Cass. civ. n. 16830/2018). 
Nel caso di specie, come già evidenziato, il danno è stato determinato da un inadempimento dell'esecutore dell'opera alle obbligazioni sullo stesso incombenti, secondo la diligenza esigibile per la professionalità richiesta. La ditta è pertanto tenuta a manlevare i custodi di quanto questi siano condannati a versare all'attrice in forza del presente provvedimento. 
Sempre nell'esame dei rapporti tra parte attrice e convenuti, va ora esaminata la domanda proposta ai sensi dell'art. 1126 c.c.. In comparsa di costituzione e risposta tale domanda è stata presentata dalla ditta FS di ### la quale ha richiamato la giurisprudenza che ritiene che il proprietario del vano sottostante al lastrico solare sia tenuto a sostenere pro-quota le spese di manutenzione. 
Tale domanda è stata proposta, pur tempestivamente, da parte che a tanto non è legittimata, poiché la richiesta di contribuzione si potrebbe avere solo da parte dei proprietari del lastrico solare che abbiano sostenuto le spese di manutenzione. 
Questi ultimi, peraltro, hanno introdotto la domanda ex art. 1126 c.c. solo con la memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c., dunque tardivamente. 
La domanda è dunque inammissibile per entrambi i convenuti. 
Infine, si ricorda che la ditta FS ha chiamato in causa il geom. ### D'### indicato quale progettista e direttore dei lavori, invocandone la responsabilità. I convenuti ### hanno poi esteso la domanda nei confronti del progettista, sulla base delle medesime considerazioni. 
In corso di causa, tuttavia, non è emerso alcun profilo di responsabilità del terzo chiamato. 
In primo luogo, infatti, il ### dopo aver accertato che le opere eseguite non sono state risolutive, è giunto alla conclusione che la responsabilità debba ricadere sull'impresa esecutrice FS di ### e non anche sul geom. ### D'### Il CTU, infatti, ha rilevato che “per l'esecuzione di tali opere, rientranti all'epoca tra le attività di edilizia libera, venne presentata al comune di ### dalla sig.ra ### in data ###, comunicazione di inizio lavori ai sensi dell'art. 6 comma 2 del DPR 380/01 per: smontaggio pavimentazione esistente, rimozione e smaltimento macerie, impermeabilizzazione tramite mapelastic con rete fibrorinforzata, bande e giunti di dilatazione, creazione massetto alleggerito, posa in opera pavimentazione e chiusura fughe opere di pavimentazione e spazi esterni. Alla CILA era allegata relazione asseverativa a firma del geom. ### D'### in qualità di tecnico progettista delle opere. Non risultano agli atti lettere di incarico come direttore dei lavori né, per la tipologia delle opere da eseguire, ne è richiesta per legge, per quel che io sappia, la nomina”. Alle medesime conclusioni il CTU giunge anche a seguito delle osservazioni effettuate dai difensori dei coniugi ### e del geom. ### a favore dell'impresa "FS" di ### Sul punto, si precisa che “l'appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli, è obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bontà del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, può andare esente da responsabilità soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale "nudus minister", per le insistenze del committente ed a rischio di quest'ultimo. Pertanto, in mancanza di tale prova, l'appaltatore è tenuto, a titolo di responsabilità contrattuale, derivante dalla sua obbligazione di risultato, all'intera garanzia per le imperfezioni o i vizi dell'opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, né l'efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori” (Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 8016 del 21/05/2012). 
Nel caso di specie, nessun errore riconducibile al progetto è stato provato o allegato (la contestazione è rimasta generica e pretestuosa), mentre è emerso che è stata la ditta a eseguire i lavori in modo superficiale ed errato. 
Non è poi stato provato che il geom. D'### abbia svolto anche la funzione di ### dei ### I testimoni hanno infatti confermato unicamente che l'ing. D'### era presente nel cantiere, ma non hanno mai reso deposizioni che attestino che egli si trovava sui luoghi quale direttore dei lavori, come tale incaricato da alcuno. 
Il teste ### piastrellista della ditta FS di ### si è occupato dei lavori e ha aggiunto di non aver mai visto che il D'### abbia effettuato una verifica in merito alla “tenuta della terrazza” (cfr. esame testimoniale in udienza del 5.7.2023). 
Dunque, accertata l'irrilevanza causale dell'opera del progettista nella causazione dei vizi esecutivi lamentati e dichiarata non provata la funzione di direttore dei lavori del terzo chiamato, si rigetta la domanda proposta nei confronti dello stesso. 
Chiarito quanto sopra in punto di responsabilità, si esaminano le richieste di danno. 
Sulla entità dei lavori da effettuare ai fini della riparazione del danno e sulle modalità in cui i medesi devono essere eseguiti, risulta chiara la CTU del 9.11.2019: “per risolvere il problema in maniera definitiva sarà necessario rimuovere l'attuale pavimentazione e procedere alla corretta impermeabilizzazione dell'intera terrazza. 
Per ciò che riguarda i danni subiti dal locale della sig.ra ### si dovrà procedere, nei due vani interessati dalle infiltrazioni, a rimuovere le parti di intonaco ammalorato, da sostituire con nuovo intonaco e quindi tinteggiare. Analogo intervento dovrà essere eseguito sulla facciata prospettante la strada. ### per l'esecuzione di tali interventi ammonta approssimativamente a €.3.500.00 oltre IVA.” Il danno è dunque riconosciuto in tale importo. 
Il danno così liquidato va sottoposto a rivalutazione monetaria, dalla data della stima del CTU a quella odierna, e maggiorato di interessi legali sulla somma devalutata alla data dell'evento e poi di anno in anno rivalutata, dall'evento alla data odierna; la somma ad oggi rivalutata va maggiorata di soli interessi legali, dalla data odierna al soddisfo. 
Parte attrice ha poi chiesto il risarcimento del danno ulteriore nella somma di € 3.000,00, ricondotta ai danni rivenienti dalle ulteriori macchie di muffa ed umidità manifestatesi sul muro prospicente via R. ### in conseguenza del ritardo nell'esecuzione dei lavori di corretta impermeabilizzazione del lastrico solare. 
I convenuti hanno prontamente eccepito, fin dalla comparsa di costituzione e risposta, la genericità della domanda e il difetto di prova sul punto e l'attrice non ha in alcun modo colmato la lacuna probatoria. 
La domanda è infatti rimasta generica e indeterminata. 
Va inoltre evidenziato che la domanda è del tutto incompatibile con le valutazioni compiute dal ### che ha accertato tutti i danni patiti per effetto delle infiltrazioni oggetto di causa. 
La domanda è dunque rigettata in parte qua. 
Parte attrice ha infine chiesto la refusione delle spese sostenute nel giudizio di ### Tale domanda va accolta, in quanto le spese sono state necessarie all'accertamento delle cause e delle responsabilità ai fini della definizione del giudizio. Le spese, documentate per € 2.213,84, vanno maggiorate di interessi legali dall'esborso al soddisfo. 
I convenuti ### hanno chiesto la condanna dell'altra convenuta al risarcimento del danno, identificato nelle spese da sostenere per il rifacimento della pavimentazione esistente della terrazza scoperta di pertinenza della propria abitazione. I convenuti hanno anche prodotto perizia di parte ai fini della quantificazione delle spese. 
Nella prima memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c., tuttavia, la ditta FS ha dedotto: “la ditta Fs di ### al solo fine di venire incontro alle necessità dell'attore ### ha operato i lavori al fine di impermeabilizzare il solaio risolvendo in tal modo le problematiche per cui vi è causa”. La circostanza è stata anche confermata dall'attrice, in sede ###sede ###la precisazione che, ad alcuni anni di distanza dall'intervento, nessun nuovo problema si è manifestato. 
Dal momento che la ditta ha risarcito il danno in forma specifica, provvedendo all'esecuzione delle opere, nulla spetta ai convenuti a titolo di risarcimento del danno. 
Del resto, nonostante l'esecuzione dei lavori sia stata menzionata nel corso del giudizio in varie occasioni, i convenuti hanno omesso di prendere posizione sul punto.  ###. 115 c.p.c., invocato dai coniugi ### è dunque da imputare non alla condotta della controparte (che ha invece dichiarato di aver riparato il danno), ma a quella degli stessi attori in riconvenzionale. 
Non è neppure corretta l'affermazione secondo cui la scrivente avrebbe ritenuto la domanda provata in forma documentale. 
Il capitolo di prova richiesto era infatti il seguente: “vero che ho redatto il computo metrico datato 05.06.2020 allegato al fascicolo ### - ### afferente lavori di rifacimento della pavimentazione esistente sulla terrazza scoperta di pertinenza della civile abitazione posta in ### a piano primo alla via ### 17 che la signoria vostra mi offre in visione e che confermo in ogni sua parte”. Ad essere documentale era dunque il computo metrico di parte e non la prova del danno. 
La domanda è pertanto rigettata. 
Quanto alle spese di lite, deve richiamarsi la proposta giudiziale del 15.06.2022, che coincide con l'esito della lite. All'udienza del 13.07.2022 la sola attrice ha aderito alla proposta. 
In ragione di quanto sopra, le spese di lite - anche di ATP - di parte attrice sono poste a carico dei convenuti, per il principio di causalità e soccombenza. Le spese di lite dei coniugi ### sono compensate con la ditta FS, tenendo conto dei seguenti elementi: la ditta ha eseguito i lavori in corso di causa, dopo la notifica della citazione; la domanda riconvenzionale di parte convenuta è stata rigettata per l'avvenuta esecuzione dei lavori, tuttavia successiva alla proposizione della domanda; nessuno dei convenuti ha aderito alla proposta conciliativa del giudice, con la conseguenza che l'appesantimento istruttorio, necessitato dal loro rifiuto, va posto a carico di entrambe le parti (non avendo portato ad alcun risultato diverso dalla proposta conciliativa); le parti sono rimaste reciprocamente soccombenti sotto diversi profili. 
Le spese dell'ing. D'### per il giudizio di ### sono poste a carico della ditta ### che ha chiamato in causa il progettista - rispetto al quale non la legava alcun contratto - rimanendo poi soccombente sotto gli imputati profili di responsabilità. Le spese del giudizio di merito devono porsi a carico di entrambi i convenuti, in quanto anche i convenuti ### hanno esteso la domanda al terzo chiamato, nonostante le chiare conclusioni del CTU in tal senso; tuttavia, si considera l'opposizione del terzo chiamato alla conciliazione e la sua soccombenza rispetto a infondate eccezioni preliminari, che non avrebbe avuto legittimazione a proporre; le spese di merito sono dunque compensate in misura del 50%.  P.Q.M.  Il Tribunale di Lecce - Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa N 5675/2020 R.G., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa: a) Rigetta le eccezioni preliminari di ### di ### b) Rigetta le eccezioni preliminari di D'### c) Accertata e dichiarata la responsabilità dei convenuti nella determinazione del danno patito da parte attrice, li condanna in solido al risarcimento del danno in favore di ### liquidato in € 3.500,00 oltre IVA se dovuta oltre alle spese di CTU sostenute nel giudizio di ### pari ad € 2.213,84, il tutto oltre accessori come in parte motiva; d) ### i convenuti in solido alla refusione delle spese di lite in favore di parte attrice, liquidate in € 264,00 per spese ed € 5.077,00 per compenso, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge per il giudizio di merito e in € 2.337,00 per compenso, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge, per il giudizio di ### e) ### di ### a tenere indenne e manlevare ### e ### di quanto gli stessi sono stati condannati a pagare in favore di parte attrice in virtù della presente sentenza; f) Compensa interamente le spese di lite tra i convenuti; g) ### di ### alla refusione delle spese di lite del giudizio di ATP in favore dell'ing. ### D'### liquidate in € 2.337,00 per compenso, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore dell'avv. ### che ha reso la dichiarazione di rito; h) Compensa le spese del giudizio di merito al 50% tra il terzo chiamato in causa e le restanti parti processuali; i) ### i convenuti in solido alla refusione del restante 50% delle spese di lite del merito in favore del terzo chiamato in causa, liquidate in € 2.538,50 per compenso, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore dell'avv. ### che ha reso la dichiarazione di rito. 
Lecce, 06.06.2024 

Il giudice
Dott.ssa ###


causa n. 5675/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Mele Viviana

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