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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 4007/2022 del 26-04-2022

... infatti, i segni distintivi diversi dal marchio registrato ai sensi dell'art. 2, comma 4 del D. Lgs. n. 30 del 2005 consentono al titolare di esercitare un diritto esclusivo di utilizzazione, nonché di invalidare, al ricorrere di date condizioni, il marchio registrato successivamente da terzi, nel caso sia uguale o simile, in relazione al grado di notorietà. Pertanto, il c.d. preuso (marchio di fatto) richiede la sussistenza del connotato della notorietà diffusa. Infatti, “il preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale comporta tanto il diritto all'uso esclusivo del segno distintivo da parte del preutente, quanto l'invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare (fatta salva la convalidazione di cui all'art. 48 del R.D. n. 929 (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE di NAPOLI Sezione specializzata in materia di impresa Il Tribunale di Napoli, III Sezione Civile - ### in materia di impresa, nelle persone dei seguenti magistrati: dott. ### rel.  dott. ### dott. ### nella causa civile iscritta al n. 982 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi dell'anno 2019, avente ad oggetto: illecito utilizzo di marchio, illecito concorrenziale ed altro secondo il ### della proprietà industriale, pendente T R A L'### in sigla D.A.S. N.C.B., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa giusta procura in calce all'atto di citazione dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliat ###### al ### n. 56 PARTE ATTRICE CONTRO ### in qualità di direttore artistico e legale rappresentante protempore del ### nonché in proprio quale titolare di marchio registrato e oggetto di contestazione, residente ###c. 
PARTE CONVENUTA CONTUMACE ### anche denominato ### in sigla ### in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, con sede in ### alla via delle ### n. 345/b PARTE CONVENUTA CONTUMACE
Conclusioni: come in atti. 
Rimessa in decisione in data 17 marzo 2022 senza la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per avervi la parte attrice rinunciato MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione regolarmente notificato, l'odierna parta attrice, ### o in sigla D.A.S. 
N.C.B., conveniva in giudizio innanzi al Tribunale Civile di #### in ### di ### il #### anche denominato ### e il sig. ### in qualità di legale rappresentante pro-tempore della suddetta, per ivi sentir così provvedere: “1) accertare e dichiarare negli atti posti in essere dagli odierni convenuti la violazione del nome e dell'identità della parte attrice D.A.S. N.C.B., nonché la configurazione di una fattispecie di illegittimo ed indebito sfruttamento ed utilizzo del marchio “### - NCB”, anche nella sua veste grafica, e tanto anche nel caso di adozione e/o comunque di denominazioni similari recanti sigle aggiuntive, ai sensi e per gli effetti della normativa a tutela del diritto al nome, identità e preuso dei segni per i motivi esplicitati in diritto; 2) accertare e dichiarare negli atti posti in essere dai convenuti e del conseguente sviamento di clientela dell'attrice la configurazione di una fattispecie di concorrenza sleale “confusoria”, nonché violazione dei doveri di correttezza professionale, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 2598 comma 1, n. 1 e 3 c.c., nei termini e per le ragioni esposte in narrativa;3) accertare e dichiarare la nullità del marchio così come registrato dalla parte convenuta, disponendone opportuna pubblicità presso l'Ufficio Italiano Marchi e ### 4) in via subordinata, accertare e dichiarare la nullità parziale del marchio contestato limitatamente alla sigla “### BALLET” ed all'acronimo “NCB”, ordinandone la immediata modifica dal marchio ufficiale registrato, con conseguente pubblicità presso l' U.I.M.B.; 5) in via ulteriormente gradata e subordinata, nella denegata ipotesi di mancato annullamento del marchio contestato, accertare e dichiarare la notorietà nazionale della denominazione e dei segni distintivi della D.A.S. N.C.B., ed il suo diritto di continuare a fruirne su scala nazionale; 6) definitivamente inibire ai soggetti convenuti, ai sensi dell'art. 124 cpi, ovvero - alternativamente - dell'art. 2599 cod. civ., qualsiasi comportamento e/o condotta consistente nell'utilizzo e riproduzione di servizi ed eventuali prodotti a marchio “### - N.C.B.” o, comunque, similmente denominati e/o contraddistinti, o che costituiscano illecita appropriazione dei segni e/o pregi appartenenti alla parte attrice; 7) definitivamente inibire ex art. 124 cpi, ovvero alternativamente ex art.  2599 c.c. ai soggetti convenuti la prosecuzione di iniziative e/o rapporti (anche commerciali, se intrapresi) con chiunque aventi ad oggetto, tra l'altro, servizi e/o prodotti contraddistinti con il suddetto marchio o, comunque, similmente denominati; 8) definitivamente ordinare ai suddetti convenuti il ritiro immediato - a proprie cure e spese - dalla pubblicità e dall'eventuale commercio, anche su internet ed in particolare dai siti di cui i convenuti risultano essere titolari, di tutti i servizi e/o prodotti recanti il marchio contestato o, comunque, similmente denominati; 9) in caso di accoglimento della domanda, fissare una congrua penale (non inferiore ad € 500,00), per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata o per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento; 10) condannare i convenuti - in solido tra loro e/o ciascuna in base ai rispettivi titoli di responsabilità - al risarcimento di tutti i danni subiti (danno emergente, danno da lucro cessante, danno morale) dalla società attrice nella misura di € 25.000,00, ovvero in quell'altra misura, anche maggiore o minore, che sarà ritenuta equa in corso di causa, ove occorra anche a seguito di espletanda c.t.u.  tecnico contabile; 11) ordinare, ai sensi dell'art. 126 c.p.i., ovvero alternativamente ai sensi del combinato disposto degli artt. 2599 e 2600 cod. civ., la pubblicazione della sentenza, per intero o per estratto, su tre quotidiani a tiratura nazionale, a spese dei convenuti; 12) condannare i convenuti, in solido tra loro, al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio in favore del procuratore antistatario”. 
Instaurato regolarmente il contraddittorio, all'udienza del 10 settembre 2019 le parti convenute venivano dichiarate contumaci. 
Orbene all'udienza del 17 marzo 2022 la parte attrice, precisava le conclusioni e chiedeva assegnarsi la causa in decisione rinunciando ai termini di cui all'art. 190 c.p.c.   Alla luce della ricostruzione dei fatti operata dalla parte attrice e sulla base della documentazione prodotta nel giudizio e considerata anche la contumacia delle parti convenuti, il Collegio ritiene che la domanda attorea è fondata e deve essere accolta nei limiti e per i motivi di seguito riportati.   Giova premettere che la parte attrice ha dichiarato di essere titolare del marchio di fatto “### BALLET” in sigla “D.A.S. N.C.B.” a partire dal 7 marzo 2008, come risulta dal verbale modificativo dello statuto dell'associazione ### 72923/18606 redatto dal notaio ### (doc. n. 2 atto di citazione). 
Anteriormente alla suindicata data, la predetta associazione era denominata “### School”, come si attesta dall'atto costitutivo ### n. 67677 Racc. n. 4934 redatto in data 17 novembre 1993 dal notaio ### (doc. n. 1 atto di citazione). 
Sennonchè a partire dal novembre 2017, la scuola di danza “### Academy”, sita in ### ha aggiunto al proprio nome il marchio e il relativo segno distintivo “### Ballet” siglato “N.B.C.” con evidenti somiglianze dal punto di vista non solo letterale, ma anche grafico (doc.  n. 5 atto introduttivo).   Ne seguiva che in data 5 gennaio 2018, la parte attrice notificava ritualmente ai convenuti lettera di diffida e messa in mora, per mezzo della quale contestava e diffidava l'uso improprio del nome “### Ballet” e del relativo acronimo “N.C.B.”, rimasta senza risposta (docc. nn. 7 e 8 atto di citazione).   A seguito della suindicata intimazione, in data 8 gennaio 2018 i convenuti presentavano domanda di registrazione del marchio “#### in sigla N.C.B.”, successivamente accolta in data 22 ottobre 2018 con effetti retroattivi alla data del deposito ai sensi dell'art. 15, comma 2 del D. 
Lgs. n. 30 del 2005 (docc. nn. 9 e 10 atto introduttivo).   Come sopra detto le parti convenute sono rimaste contumaci, pertanto nessuna eccezione è stata opposta ai fatti dedotti e allegati a fondamento della domanda.   Nel merito, giova precisare che pacificamente il nostro ordinamento esclude che la contumacia possa equivalere a una fictia confessio; né alla contumacia può applicarsi il principio della non contestazione sancito dall'art. 115 c.p.c. in base al criterio di interpretazione letterale della disposizione riguardante la sola “parte costituita” ex art. 12 delle preleggi. Ne discende che “l'esclusione dei fatti non contestati dal thema probandum non può ravvisarsi in caso di contumacia del convenuto, in quanto la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, non essendovi un onere in tal senso argomentabile dal sistema” ( Civ., Sez. III, n. 14623/2009).   Ne consegue che, ai fini della soluzione della presente controversia, in base ai principi stabiliti dagli artt. 2697 c.c. e 121 del D. Lgs. n. 30 del 2005, l'onere di provare la nullità del titolo di proprietà industriale incombe in ogni caso sulla parte che impugna il titolo e, a giudizio del Collegio, tale onere è risultato ampiamente soddisfatto dalla parte attrice.   Di contro, l'onere della prova contraria consistente nella validità del titolo di proprietà industriale grava sulle parti convenute, che, tuttavia, essendo rimaste contumaci, non hanno allegato alcun fatto estintivo della pretesa azionata in giudizio dall'associazione D.A.S. N.C.B.   E valga il vero. 
A fondamento della propria domanda, l'odierna attrice dimostra la titolarità del marchio di fatto o del cd. preuso “D.A.S. N.C.B.” riconducibile al nome e all'identità della propria associazione avente il carattere della notorietà nazionale e sovranazionale nell'ambito del mondo della danza. Ciò emerge dalla copiosa documentazione attestante la continuità dei rapporti di lavoro intercorsi con enti di fama internazionale, quali la ### of ### di ### e il ### di ### (docc. nn. 1, 2, 3, 4, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36 atto di citazione). 
Il carattere della notorietà non meramente locale del marchio di fatto “### Ballet”, di cui è titolare la parte attrice dal 2008, costituisce la condizione ostativa alla registrazione del marchio da parte dei convenuti, stante il difetto di novità ai sensi dell'art. 12 del D.lgs. n. 30 del 2005 relativamente alla sigla “N.C.B.” aggiunta alla denominazione “### Tersicore” a far data dall'8 gennaio 2018. 
Alla tutela del marchio di fatto offerta dalla legislazione complementare ex artt. 1 e 2, comma 4 del D. Lgs. n. 30 del 2005, si affianca la disciplina generale codicistica dettata dagli artt. 2569, comma 2, 2571, 2598 comma 1 n.1 e n.3, 2599, 2600 c.c., secondo cui il preuso non solo consente l'utilizzo esclusivo del marchio di fatto da parte del titolare, nonostante la successiva registrazione dello stesso da parte di altri, ma anche la nullità del marchio posteriormente registrato da altri e la conseguente inibitoria dell'attività di concorrenza sleale. 
Sul punto, la giurisprudenza di legittimità afferma che al marchio non registrato deve comunque riconoscersi diritto di cittadinanza nel sistema delle privative industriali, considerato che la mera situazione di fatto può attribuire al suo titolare un diritto esclusivo di proprietà industriale. In questa prospettiva, infatti, i segni distintivi diversi dal marchio registrato ai sensi dell'art. 2, comma 4 del D. Lgs. n. 30 del 2005 consentono al titolare di esercitare un diritto esclusivo di utilizzazione, nonché di invalidare, al ricorrere di date condizioni, il marchio registrato successivamente da terzi, nel caso sia uguale o simile, in relazione al grado di notorietà. Pertanto, il c.d. preuso (marchio di fatto) richiede la sussistenza del connotato della notorietà diffusa. Infatti, “il preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale comporta tanto il diritto all'uso esclusivo del segno distintivo da parte del preutente, quanto l'invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare (fatta salva la convalidazione di cui all'art. 48 del R.D. n. 929 del 1942) il carattere della novità, che costituisce condizione per ottenerne validamente la registrazione” (ex multis Cass. Civ., I, 20 maggio 2016, n. 10519, Cass. Civ., Sez. I, 2 novembre 2015, n. 22350). 
Ne consegue che la domanda attorea è fondata relativamente alla denunciata violazione del nome e dell'identità dell'associazione D.A.S. N.C.B., quale marchio di fatto attivo a partire dal 2008, da parte dei convenuti. 
Risulta, altresì, fondata la domanda relativa alla qualificazione della condotta dei convenuti come una fattispecie di concorrenza sleale sia “confusoria”, sia non conforme ai principi di correttezza professionale ex art.  2598, comma 1, nn. 1 e 3 c.c. con riguardo all'illegittimo utilizzo del marchio “### - NCB” anche nella sua veste grafica. 
In particolare, è dimostrato che l'utilizzo dell'acronimo “N.B.C.” da parte dell'associazione ### preesistesse da almeno dieci anni dalla data di richiesta di registrazione del marchio “### Ballet”, espletata da parte dei convenuti. 
Si sottolinea che la richiesta di registrazione del suddetto marchio “### o N.B.C.” da parte dei convenuti sia stata depositata in data 8 gennaio 2018, a seguito della notifica della diffida e messa in mora datata 5 gennaio 2018 da parte dell'associazione attrice, la quale è rimasta senza risposta. 
Sussiste, quindi, un atto di concorrenza sleale compiuto dal ### idoneo sia a produrre confusione con il preesistente marchio non registrato “### o D.A.S. 
N.C.B.” ex art. 2598, comma 1, n.1 c.c.; idoneo sia, in difformità ai principi di correttezza professionale, a danneggiare l'associazione attrice ex art. 2598, comma 1, n. 3 c.c. a causa della carenza del requisito della novità ex art. 12 del D. 
Lgs. n. 30 del 2005. 
Dal punto di vista grafico, infatti, i loghi della D.A.S. N.C.B. e del ### N.C.B. sono pressoché identici, come si desume dagli acronimi riportati in maiuscolo con font quasi sovrapponibili e dal disegno stilizzato di una danzatrice al lato dei rispettivi loghi. 
La giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che “l'apprezzamento del giudice di merito sulla confodibilità fra segni distintivi similari deve essere compiuto non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica (in tal senso, Cass. Civ. 6 aprile 2018, n. 8577; Cass. Civ. 28 gennaio 2010, 1906; Cass. Civ. 7 marzo 2008, n. 6193). Come ribadito di recente, tale accertamento va condotto con riguardo all'insieme degli elementi salienti grafici e visivi, mediante una valutazione di impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va condotta in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti, dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo dell'altro (cfr. quanto evidenziato in motivazione da Cass. 17 ottobre 2018, n. 26001, attraverso il richiamo a Cass. 28 febbraio 2006, n. 4405). 
Il principio è conforme all'insegnamento della giurisprudenza della Corte di giustizia, secondo cui il rischio di confusione tra marchi deve essere oggetto di valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie: valutazione che deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull'impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (Corte giust. CE 11 novembre 1997, C-251/95, ### 22 e 23; Corte giust. CE 22 giugno 1999, C-342/97, ### 25, la quale precisa, al punto 26, che, il consumatore medio di una data categoria di prodotti, per quanto sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull'immagine non perfetta che ne ha mantenuto nella memoria) (Cass. Civ. ordinanza 12 maggio 2021, n. 12566). 
Dal raffronto globale dei marchi suindicati, per mezzo dell'accostamento dei vari elementi grafici, cromatici, lessicali e figurativi degli stessi, emerge una sovrapponibilità dei marchi tale da ingenerare confusione nel pubblico destinatario del medesimo servizio offerto dalle due scuole di danza. 
Passando all'esame delle altre domande relative all'accertamento e alla declaratoria della nullità totale o, in via subordinata parziale, del marchio “### Ballet” così come registrato dai convenuti con relativa pubblicità presso l'### italiano ### e ### la domanda trova fondamento stante il connotato della notorietà diffusa del cd. preuso o marchio di fatto “### in sigla D.A.S. 
N.C.B.”. 
Da quanto innanzi esposto consegue la dichiarazione della nullità parziale del marchio registrato “### Ballet” nella parte in cui reca il preuso avente notorietà diffusa “### Ballet” ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 25, comma 1, lett. a) e b) e 27 del D. Lgs. 30 del 2005. 
Più precisamente, il marchio “### Ballet” risulta nullo nella parte “### Ballet” per mancanza della capacità distintiva, di cui agli artt. 25 comma 1, lett. a) e 7 del D. Lgs. n. 30 del 2005. 
La notorietà sovranazionale del marchio di fatto “D.A.S. N.C.B.”, inoltre, costituisce un impedimento ai fini della registrazione, la quale, laddove effettuata, viene sanzionata con la nullità ai sensi dell'art. 25 comma 1 lett. a) del D. Lgs.  30 del 2005, ad opera del rinvio espresso all'art. 12 del D. Lgs. n. 30 del 2005.  ###. 25 comma 1, lett. b) del D. Lgs. n. 30 del 2005 richiama, altresì, tra le ipotesi di nullità del marchio la contrarietà dello stesso al disposto degli artt. 14, comma 1 e 19 comma 2 del D. Lgs. n. 30 del 2005. 
Nel caso di specie, il marchio “### o N.C.B.” si pone in contrasto con entrambe le suindicate disposizioni. 
In particolare, l'art. 14 comma 1, lett. a), b) e c) del D. Lgs. 30 del 2005 vieta la registrazione del marchio nelle ipotesi in cui abbia ad oggetto un segno contrario alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume; un segno idoneo a ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi; un segno il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto d'autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi.  ###. 19 comma 2 del D. Lgs. n. 30 del 2005 dispone che non può ottenere una registrazione di un marchio di impresa chi abbia fatto domanda in mala fede. 
La condotta sopra descritta tenuta dai convenuti dimostra la violazione di entrambe le predette disposizioni, a cui l'ordinamento corrisponde la sanzione della nullità ex art. 25 comma 1, lett. b) del D. Lgs. n. 30 del 2005. 
Con riguardo alla capacità confusoria del marchio successivamente registrato da parte dei convenuti senza tener conto del connotato di notorietà non meramente locale della titolarità del preuso da parte dell'attrice ci si riporta alle motivazioni sopraindicate.   Relativamente al disposto dell'art. 19, comma 2 del D. Lgs. n. 30 del 2005, la mala fede, sottesa alla domanda di registrazione del marchio “### o N.C.B.”, si evince dalla circostanza temporale in base alla quale il deposito della domanda di registrazione è avvenuto tre giorni dopo la notifica della lettera di diffida e messa in mora inviata da parte attrice e rimasta senza risposta.   Dalla declaratoria di nullità parziale del marchio “### Ballet” discende l'ordine di immediata modifica del marchio ufficiale registrato, con conseguente pubblicità presso l'### e ### e su tutti i siti internet e su tutte le pagine social, di cui risultano titolari i convenuti.  ### della violazione del diritto di utilizzo esclusivo del preuso “### o N.C.B.”, di cui è titolare l'associazione attrice, determina l'applicazione dell'inibitoria dell'utilizzo, della riproduzione o della prosecuzione delle attività in essere contraddistinte con il marchio “### Ballet” da parte dei convenuti ex art. 124 comma 1 del D. Lgs. n. 30 del 2005. 
È conseguentemente fissata ai sensi dell'art. 124, comma 2 del D. Lgs.  30 del 2005 una penale pari alla somma di € 50,00 dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata e per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento. 
Deriva dall'accoglimento delle domande fin qui proposte che il Collegio venga chiamato all'analisi delle ulteriori domande attoree. 
Quanto alla prima il Collegio ritiene destituita di fondamento la domanda di risarcimento di tutti i danni (danno emergente, danno da lucro cessante, danno morale) subiti dall'associazione attrice nella misura di € 25.000,00, ovvero in quell'altra misura, anche maggiore o minore, che sarà ritenuta equa in corso di causa, in quanto manca la prova del danno conseguenza ai sensi dell'art. 125 del D. Lgs. n. 30 del 2005.   La suindicata disposizione rinvia agli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c. in ordine ai criteri di liquidazione del danno conseguenza. 
Nel caso di specie, tuttavia, non è stata fornita alcuna prova con riguardo non al danno evento, coincidente con la violazione della tutela del preuso o marchio di fatto di titolarità dell'attrice, ma al danno conseguenza derivante in via diretta e immediata dal cd. danno evento.   Nessun elemento probatorio allegato attesta né la perdita subita, né il mancato guadagno, in termini di sviamento della clientela a danno dell'attrice e in favore dei convenuti. 
La soluzione della questione sollevata con riferimento a tale ultima domanda implica una ricognizione sulle interpretazioni che nel tempo si sono succedute in ordine all'inammissibilità del risarcimento del danno non patrimoniale cd. in re ipsa. 
Il danno non patrimoniale subito in conseguenza di una lesione di un diritto fondamentale, quale è nel caso di specie il diritto al nome di parte attrice, non può ritenersi sussistente in re ipsa, atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno risarcibile con la lesione del diritto e a configurare un vero e proprio danno punitivo, attualmente ammesso nel nostro ordinamento alle sole condizioni di tipicità, prevedibilità e proporzionalità descritte dalla sentenza del 5 luglio 2017 n. 16601, pronunciata dalla Cassazione Civile a ### in data (ex multis Cass. Civ. del 18 luglio 2019, n. 19434; Cass. Civ. 29 gennaio 2018, 2056; Cass. Civ. 9 novembre 2018, n. 28742; Cass. Civ. Sez. Un. 11 novembre 2008, nn. 26972- 26975). 
Va invece ordinata alle parti convenute, ai sensi dell'art. 126 del D. Lgs.  30 del 2005, la pubblicazione della presente sentenza, per estratto, su tre quotidiani a tiratura nazionale, con spese a loro carico. Esso sono così individuati: La Repubblica - ### il ### di ### e ### del ### - ### Ritiene il Collegio, infine, che le spese e le competenze del presente giudizio vadano senza dubbio a carico dei convenuti in solido tra loro, in favore del procuratore dichiaratosi antistatario, in considerazione della natura della controversia e dell'esito della stessa, che ha visto la soccombenza degli stessi. 
Esse sono liquidate come in dispositivo.  P. Q. M.  Il Tribunale di #### - ### in materia di impresa, definitivamente pronunciando sulla controversia come sopra proposta tra le parti, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: i accoglie la domanda proposta dalla parte attrice associazione ### o D.A.S. o N.C.B. in ordine alla denunciata violazione del nome e dell'identità dell'associazione D.A.S. 
N.C.B., quale marchio di fatto attivo a partire dal 2008, da parte dei convenuti.  i Dichiara fondata la domanda relativa alla qualificazione della condotta dei convenuti come una fattispecie di concorrenza sleale sia confusoria, sia difforme ai principi di correttezza professionale ex art. 2598, comma 1, nn.  1 e 3 c.c. a causa dell'illegittimo utilizzo del marchio “#### - NCB”.  i Dichiara la nullità parziale del marchio “### Ballet” nella parte “### Ballet” con ordine di immediata modifica del marchio ufficiale registrato e conseguente pubblicità presso l'### e ### e su tutti i siti internet e su tutte le pagine social, di cui risultano titolari i convenuti.  i Dispone l'inibitoria dell'utilizzo, della riproduzione o della prosecuzione delle attività in essere contraddistinte con il marchio “### Ballet” da parte dei convenuti.  i Fissa una penale pari alla somma di € 50,00 dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata e per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento.  i Rigetta la domanda di risarcimento del danno.  i Ordina ai convenuti la pubblicazione della sentenza per estratto, su tre quotidiani a tiratura nazionale, con spese a loro carico. Esso sono così individuati: La Repubblica - ### il ### di ### e ### del ### - ### i Condanna in solido i convenuti alle spese del presente giudizio in favore del procuratore dichiaratosi antistatario che liquida in ### 700,00 per spese vive ed ### 5.000,00 per onorario, accessori come per legge. 
Così deciso in ### lì 20 aprile 2022.  ### relatore dott. ### 

causa n. 982/2019 R.G. - Giudice/firmatari: De Rose Patrizia, Graziano Nicola

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Tribunale di Torino, Sentenza n. 3686/2024 del 26-06-2024

... o del ### domanda di registrazione del marchio «### - il marchio è oggi registrato con n. ###2707, per la classe 1; - il 28 agosto 2020, il ### ha intimato con raccomandata al ### che gli fosse retribuito l'uso del marchio e del dominio «### - il 27 gennaio 2021, ### S.a.s. ha concesso in affitto a ### l'azienda, comprensiva del marchio «### ed è poi entrata in liquidazione per mancata ricostituzione della pluralità di soci; - lo stesso 27 gennaio 2021, il ### ha depositato presso l'### nuova domanda di registrazione del medesimo marchio «### registrato con n. ###1546 questa volta per la classe 41; - il 9 agosto 2021, lo stesso, tramite il suo legale, ha diffidato ### dal continuare ad utilizzare il marchio; - ### ha acquistato nel tempo notorietà anche fuori dall'ambito locale, (leggi tutto)...

N. 7239/2022 R.G.  REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO Tribunale delle ### in composizione collegiale, in persona di: - dott.ssa ### - dott. ### - dott. ### rel.  sentito il giudice relatore nella camera di consiglio del 7.6.2024, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel procedimento indicato in epigrafe, promosso da: ### S.r.l.s., con sede ###, P.IVA e C.F.: ###, rappresentata e difesa dagli Avv.ti #### ed ### contro ### nato a ### il 12 gennaio 1979 e residente in ####, via ### 36, c.f. ###, rappresentato e difeso dall'Avv.  ### e dall'Avv. ### e ### s.a.s. in Liquidazione, corrente in ####, c.f. ###, rappresentata e difesa dall'avv. ### OGGETTO: marchio non registrato, registrazione da parte di terzi, assenza di novità, malafede, nullità #### “Nel merito, in via principale: - accertare l'utilizzo da parte della ### in liquidazione (già ### di ### & C. S.n.c.) del marchio di fatto “### News” fin dal 2009 e per l'effetto dichiarare la titolarità esclusiva della ### in liquidazione del marchio “### News”; - accertare e dichiarare la nullità delle registrazioni di marchio nn. ###2707 e ###1546 per deposito in malafede ex artt. 19 e 25 CPI; - accertare e dichiarare la nullità delle registrazioni di marchio nn. ###2707 e ###1546 per difetto di novità ex artt. 12 e 25 CPI; - condannare il convenuto ### ex art. 96 c.p.c. al risarcimento dei danni da “lite temeraria” da liquidarsi in via equitativa. 
Inoltre, quanto alle richieste di controparte: - rigettare l'intera domanda riconvenzionale di parte convenuta in quanto palesemente infondata; - dichiarare inammissibili le prove testimoniali richieste da controparte, nonché ritenere irrilevanti al fine del decidere i capitoli di prova dedotti da controparte. 
In ogni caso: Il tutto con vittoria di spese, diritti e onorari, oltre accessori di legge, così come previsto dal D.M.  55/2014”.  ### “Voglia l'###mo Tribunale adito, respinte le avversarie istanze, eccezioni e domande; domanda riconvenzionale ✓ nei confronti dell'attrice e della terza chiamata, accertare e dichiarare la nullità/invalidità/inefficacia del contratto di affitto d'azienda tra ### s.a.s. in liquidazione e ### s.r.l.s. e, per l'effetto, accertare e dichiarare il difetto di legittimazione attiva in capo all'attrice per le ragioni esposte in comparsa; ✓ accertare e dichiarare, in ogni caso, l'improcedibilità dell'azione da parte di ### s.r.l.s. per sussistenza di clausola compromissoria che devolve all'arbitro la/e controversia/e; ✓ accertare e dichiarare l'inammissibilità dell'azione e delle domande tutte fatte valere da ### s.r.l.s. per omessa domanda di accertamento del presupposto invocato, per le ragioni esposte in comparsa di costituzione, in via preliminare; ✓ accertare e dichiarare, in ogni caso, il difetto di legittimazione passiva in capo al sig. ### rispetto alle domande dell'attrice; ✓ accertare e dichiarare, in ogni caso, nei confronti di ### in liquidazione, l'inammissibilità della domanda di condanna come genericamente svolta, da respingersi integralmente per omessa domanda riconvenzionale anche in relazione all'omessa domanda di accertamento del presupposto fondante la stessa richiesta di condanna; ✓ accertare e dichiarare, in ogni caso, l'improcedibilità della domanda di condanna della terza chiamata ### in liquidazione per sussistenza di clausola compromissoria che devolve all'arbitro la/e controversia/e; In ogni caso, nel merito: ✓ rigettare integralmente le domande avversarie di ### s.r.l.s. e di ### in liquidazione, in quanto destituite di fondamento in fatto e in diritto per le ragioni sopra esposte, e per l'effetto, assolvere parte convenuta sig. ### da qualsiasi pretesa avversaria.  ✓ in via subordinata, per la denegata ipotesi di condanna, per le ragioni esposte in giudizio, dichiarare la terza chiamata ### s.a.s. in liquidazione a garantire il convenuto sig. ### da ogni sfavorevole effetto e da qualsiasi pretesa, anche e se del caso accertando e dichiarando la compensazione del credito eventualmente accertato in favore di ### - ancorché manchi la domanda di accertamento dello stesso - con il credito certo ed esigibile spettante al sig. ### in virtù della liquidazione della quota societaria mai versata in suo favore. 
In ogni caso: con il favore delle spese processuali”.  ### “Nel merito - ### le pretese formulate dal convenuto sig. ### in quanto infondate in fatto ed in diritto.  - Condannare il sig. ### a versare alla procedura quanto indebitamente prelevato per un importo pari a € 5.675,99, con riserva di avanzare pretesa per ulteriori importi accertandi nel corso del presente giudizio o in altra sede ###vittoria di spese, oneri e accessori di legge”.  MOTIVI DELLA DECISIONE 1) ### la prospettazione dei fatti rappresentata in atto di citazione: - ### di ### & C. S.n.c., costituita il 22 dicembre 2009 da ### ha pubblicato sin dalla nascita il periodico on line di cronaca locale «### testata registrata presso il Tribunale di ### - il 2 febbraio 2018, ### è diventato socio della società, che in seguito, il 10 luglio 2019, è stata trasformata in ### di ### & C. S.a.s., con il ### come socio accomandante e il ### come socio accomandatario; - il 28 luglio 2020, il ### con dichiarazione unilaterale, è receduto dalla società e, contestualmente, ha depositato presso l'### a proprio nome, e senza il consenso di quest'ultima o del ### domanda di registrazione del marchio «### - il marchio è oggi registrato con n. ###2707, per la classe 1; - il 28 agosto 2020, il ### ha intimato con raccomandata al ### che gli fosse retribuito l'uso del marchio e del dominio «### - il 27 gennaio 2021, ### S.a.s. ha concesso in affitto a ### l'azienda, comprensiva del marchio «### ed è poi entrata in liquidazione per mancata ricostituzione della pluralità di soci; - lo stesso 27 gennaio 2021, il ### ha depositato presso l'### nuova domanda di registrazione del medesimo marchio «### registrato con n. ###1546 questa volta per la classe 41; - il 9 agosto 2021, lo stesso, tramite il suo legale, ha diffidato ### dal continuare ad utilizzare il marchio; - ### ha acquistato nel tempo notorietà anche fuori dall'ambito locale, come confermato dal fatto che solo una piccola parte degli utenti ha accesso da ### mentre tutti gli altri hanno accesso da altre zone di ### (principalmente ######### Napoli, #### e ### e anche dall'estero; - il numero di accessi è cospicuo (circa 300.000 nel 2017 e nel 2018, più di mezzo milione nel 2019, nel 675.588 nel 2020, in leggera flessione negli anni successivi).  2) Su queste basi, l'attrice chiede accertarsi la nullità delle due registrazioni del marchio effettuate dal ### sia per la mancanza di novità dello stesso, sia perché la domanda di registrazione è stata fatta in malafede.  3) ### senza contestare la ricostruzione in fatto, eccepisce: - il difetto di legittimazione attiva della parte attrice, causa la nullità del contratto di affitto d'azienda tra ### e ### perché stipulato dall'amministratore provvisorio della prima in assenza dei poteri necessari; - l'improcedibilità della causa per effetto della clausola compromissoria presente nello ### di ### - il proprio difetto di legittimazione passiva in ragione del fatto che il marchio è stato registrato prima del contratto di affitto d'azienda, e che quindi con esso ### ha disposto di qualcosa di non suo; - l'inammissibilità della domanda di nullità delle registrazioni in assenza della domanda di accertamento della titolarità del marchio in capo a ### suo presupposto necessario. 
In aggiunta, in fatto, sostiene di aver ideato lui stesso il marchio registrato, e contesta di aver agito in malafede, non solo per questo ma anche perché il marchio ### non avrebbe alcun valore. 
Questo perché, posto che lo stesso ### che si è sempre rifiutato di liquidargli la sua quota della società sostenendo appunto che essa non abbia alcun valore, allora non può avere alcun valore neanche il marchio, che rappresenta una voce dell'attivo. 
Per queste ragioni, propone domanda riconvenzionale di accertamento della nullità del contratto di affitto d'azienda, e chiede la chiamata in causa di ### sia proponendo nei suoi confronti domanda di manleva sia ai fini della estensione nei suoi confronti della suddetta domanda riconvenzionale.  4) Autorizzata la chiamata del terzo, ### si è costituita contestando la domanda di nullità del contratto di affitto di ramo d'azienda, anche perché esso in ogni caso è stato ratificato dall'attuale liquidatore della società, nominato dal ### del Tribunale di ### e chiedendo a sua volta, in via riconvenzionale, la condanna del ### alla restituzione della somma di € 6.200, che sarebbe stata da lui prelevata senza alcuna giustificazione dal conto della società.  5) Concessi i termini ex art. 183 c.p.c., in prima memoria il ### ha eccepito l'improcedibilità della domanda di ### per effetto della già citata clausola compromissoria contenuta nei patti sociali. 
Alla scadenza del termini, non sono state ammesse le richieste di prova orale formulate dalle parti, perché vertenti su circostanze documentali o non pertinenti (in particolare quelle formulate dal ### ai capi da 3 a 9, che mirano all'accertamento del ruolo aziendale di ### all'interno di ### ai capi da 10 a 12, che hanno ad oggetto il recesso di ### da ### e al capo 13 che attiene alla circostanza che l'attività di ### stia ancora proseguendo con ###. 
La causa è stata ritenuta matura per la decisione e rinviata per la precisazione delle conclusioni al 27.2.2024, quando è stata rimessa al Collegio con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.  6) La domanda riconvenzionale e le eccezioni preliminari sollevate dal convenuto ### sono tutte inammissibili e/o infondate. 
In particolare, affrontandole nel medesimo ordine con cui sono state riportate al punto 3): - in ordine alla domanda di accertamento della nullità del contratto di affitto di azienda, in quanto stipulato dall'amministratore provvisorio ed essendo questi privo del potere di compiere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, è sufficiente osservare che al più la sanzione conseguente all'incapacità di contrarre sarebbe l'annullamento del contratto, ai sensi dell'art.  1454 c.c., vizio il cui accertamento può essere chiesto solo dalla parte, e quindi da ### il cui liquidatore ha invece dichiarato di aver ratificato il contratto stesso e di darvi volontariamente esecuzione; - non ha pregio la tesi per cui il contratto di affitto di azienda sia incompatibile con la messa in liquidazione della società, essendo anzi l'affitto uno strumento normale di gestione dell'azienda nelle fasi che preludono alla sua cessione; - la clausola compromissoria presente nello ### riguarda i soci e ha ad oggetto le controversie relative a rapporti sociali, e quindi non è opponibile all'affittuaria dell'azienda ed in ogni caso non riguarda le domande dedotte in questo giudizio; - la legittimazione passiva del ### deriva direttamente dall'essere egli il titolare delle registrazioni di marchio di cui si chiede l'annullamento; - è errata la tesi dell'inammissibilità della domanda di annullamento dei marchi, per non essere essa associata alla domanda di accertamento della titolarità degli stessi in capo all'attrice, in quanto la domanda di nullità della registrazione contiene già implicitamente l'accertamento della titolarità del diritto anteriore in capo alla parte attrice; - in ogni caso, con la prima memoria 183 c.p.c., ### legittimata ex art. 122 co. 2 CPI in qualità di avente causa di ### ha precisato la domanda esplicitando anche l'istanza di accertamento della titolarità del marchio.  7) Allo stesso modo, sono del tutto irrilevanti le deduzioni del ### sul fatto di non aver ricevuto la liquidazione della sua quota, e sul presunto collegamento tra valore della stessa e valore del marchio. 
Si tratta evidentemente di questioni che non incidono in alcun modo sulla decisione della controversia, non avendo attinenza con i rapporti giuridici dedotti in giudizio.  8) Nel merito, la domanda principale è fondata. 
Come già ricordato, parte attrice deduce la nullità del marchio sia per assenza di novità, sia per la malafede del richiedente. 
Al riguardo, è noto che a norma dell'art. 12 co. 1 lett. a) CPI costituisce presupposto di validità della registrazione che il marchio non sia identico o simile ad un segno già usato da altri come segno distintivo di prodotti o servizi identici o affini, purché il preuso non sia caratterizzato da notorietà meramente locale. Invece, se la notorietà ha varcato i confini locali, “il preuso di un marchio di fatto comporta, tanto il diritto all'uso esclusivo del segno distintivo da parte del preutente, quanto l'invalidità del marchio successivamente registrato ad opera di terzi, venendo in tal caso a mancare il carattere della novità, che costituisce condizione per ottenerne validamente la registrazione. Di conseguenza, il preuso di un marchio di fatto, ai sensi degli artt. 12 e 28 del d.lgs. n. 30 del 2005 (cd. 
Codice della proprietà industriale) comporta che il preutente, avendo il diritto all'uso esclusivo del segno, ha il potere di avvalersene, che è distinto da ogni successiva registrazione corrispondente alla denominazione da lui usata, ben potendo, pertanto, ottenere la dichiarazione di nullità di tale registrazione, anche per decettività, in rapporto ai segni confliggenti (Cass., 01/02/2018, n. 2499; Cass., 02/11/2015, n. 22350)” (cfr. Cass. Sez. 1 - , Ordinanza n. 14925 del 31/05/2019). 
Inoltre, riguardo alla previsione dell'art. 19 CPI, la “mala fede” è tradizionalmente ravvisata nel contegno di chi chiede la registrazione consapevole dell'esistenza di un diritto altrui, e allo scopo appunto di pregiudicarne il legittimo esercizio.  9) Dati questi presupposti nella fattispecie sussistono entrambi i motivi di nullità, seppure limitatamente alla seconda domanda di registrazione, relativa alla classe 41 (che comprende le attività culturali), essendo la prima attinente invece alla classe 1 (prodotti chimici destinati all'industria), non interferente con quella dell'editoria. 
Infatti, per quanto attiene l'assenza di novità: - è pacifica l'identità del marchio figurativo registrato dal ### descritto come una lettera C rappresentata “come una freccia curva a due punte, la lettera C e la parola ### sono scritte in colore grigio scuro, la parola ### è scritta in grigio chiaro”, con il segno distintivo utilizzato sul sito internet di ### - il preuso del marchio in esame come segno distintivo del sito internet del giornale non è contestato dal ### e comunque è anche documentato dalle stampe di pagine web che riportano articoli di stampa risalenti al 2010 e al 2013 e già recano il marchio stesso (cfr. doc.  15 di parte attrice); - è documentata anche la notorietà non solo locale dello stesso, considerate le centinaia di migliaia di accessi al sito effettuati negli anni dal 2017 al 2020 da parte di utenti non solo appartenenti al territorio di ### ma sparsi sul territorio nazionale, ed in parte anche estero (cfr. docc. 9,10,11 di parte attrice). 
Per quanto attiene la malafede, essa è evidente, se si considera che il convenuto ha presentato la prima domanda di registrazione del marchio pochi giorni dopo aver comunicato il recesso dalla società, e la seconda appena qualche mese dopo. E questo nonostante lo stesso marchio fosse pacificamente usato dalla società per contraddistinguere le pagine del proprio giornale on line. In questo modo, si appalesa il tentativo, da parte sua, di appropriarsi del marchio per sfruttarlo a proprio vantaggio tentando di ottenere da ### una qualche contropartita per il suo utilizzo, circostanza confermata dalle richieste rivolte in tale senso alla controparte. 
La difesa del convenuto, su questi punti, si limita all'allegazione di avere ideato lui stesso il marchio nell'esercizio della sua attività di grafico, e di averlo poi utilizzato nell'attività di editoria svolta tramite ### circostanze su cui ha articolato anche dei capitoli di prova, per la verità generici posto che neppure specificano quando e su incarico di chi avrebbe disegnato il marchio. 
La circostanza ad ogni modo è irrilevante, posto che l'art. 12 CPI tutela l'utilizzatore del marchio, purché legittimo, e quindi il fatto che, per ipotesi, egli l'abbia disegnato su incarico della società non gli darebbe il diritto di registrarlo, essendo invece pacifico che il marchio è stato utilizzato da ### come suo segno distintivo. 
Altrettanto irrilevante è la circostanza che egli abbia avuto un qualche ruolo nella compagine sociale, non solo perché egli è entrato a farne parte solo nel 2018, molto dopo il consolidamento del preuso del marchio, ma soprattutto perché esso in ogni caso è un diritto immateriale di proprietà della società, soggetto giuridico distinto dalle persone fisiche dei soci.  10) Per quanto sin qui osservato, deve essere accolta la domanda di accertamento della titolarità del marchio in capo a ### s.a.s., e di nullità del marchio registrato, come anticipato, limitatamente al marchio registrato con n. ###1546 per la classe 41. 
Invece, la prima registrazione è legittima, essendo relativa a un settore produttivo del tutto estraneo all'attività editoriale svolta da ### 11) La domanda di garanzia proposta dal ### nei confronti di ### oltre a non trovare fondamento in alcun obbligo della società chiamata in causa, è comunque assorbita, non subendo il convenuto alcuna condanna al pagamento di somme.  12) La domanda di condanna formulata da ### invece, non appartiene alla competenza di questo ### per effetto dell'art. 18 dell'atto di modifica dei patti sociali (doc. 3 di parte convenuta), che devolve alla competenza arbitrale controversie come quella in esame. 
Infatti, la formulazione della regola pattizia, nella parte in cui stabilisce che tutte le controversie di questo tipo “dovranno essere risolte da un arbitro…” pare correttamente interpretabile nel senso di stabilire l'esclusività del foro convenzionale.  13) Tenuto conto del fatto che il rigetto della domanda per la registrazione del marchio relativo alla classe 1 non incide sull'economia complessiva del giudizio, il convenuto è integralmente soccombente su tutte le domande formulate da ### e dovrà rifonderle le spese di lite. 
Esse sono liquidate come da dispositivo, sulla base dei parametri previsti per le controversie di valore indeterminato di media complessità, applicati in misura prossima al medio per le fasi di studio, introduzione e decisione, e al minimo per la fase di trattazione, non essendovi stata alcuna attività istruttoria. 
Invece, non può essere accolta la domanda ex art. 96 c.p.c. formulata da ### non essendovi elementi per ritenere che il ### abbia resistito con dolo o colpa grave. 
Analogamente, il ### deve essere ritenuto integralmente soccombente anche verso la terza chiamata, essendo infondate entrambe le domande formulate nei suoi confronti, e non incidendo la domanda riconvenzionale di ### nell'economia del giudizio, non avendo essa richiesto lo svolgimento di alcuna attività. 
I criteri di liquidazione sono i medesimi illustrati per le parti principali.  P.Q.M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando, respinta ogni altra e contraria domanda, istanza ed eccezione: - accerta la titolarità del marchio di fatto “### News” in capo a ### s.a.s. in liquidazione; - dichiara la nullità della registrazione del marchio ### n. ###1546 per la classe 41; - respinge la domanda riconvenzionale formulata da ### per l'accertamento della nullità del contratto di affitto di azione tra ### s.a.s. e ### s.r.l.s.; - respinge tutte le domande formulate da ### verso ### s.a.s.; - dichiara l'incompetenza di questo Tribunale rispetto alla domanda riconvenzionale formulata da ### s.r.l.s. verso ### per essere la competenza devoluta ad arbitro; - condanna ### al pagamento in favore di ### s.r.l.s. delle spese di lite, che si liquidano in € 9.000, oltre ### cpa e rimborso forfettario nella misura del 15%; - condanna ### al pagamento in favore di ### s.r.l.s. delle spese di lite, che si liquidano in € 9.000, oltre ### cpa e rimborso forfettario nella misura del 15%.  ### 21.6.2024 ### rel.  ### 

causa n. 7239/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Demontis Stefano, Vitro' Silvia

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 11760/2023 del 22-12-2023

... di declaratoria di nullità del marchio “### Academy” e comunque respingere le domande tutte proposte dall'attrice, in quanto infondate, assolvendone nel miglior modo il convenuto; - nel merito, accertare e dichiarare la nullità del marchio #### di titolarità di ### di ### S.p.A; OSSERVA ### deduce che: - di essere titolare fin dal 1985 del marchio ### con marchio nazionale e dal 1999 con marchio comunitario, marchio utilizzato per la promozione dell'industria alimentare italiana nel settore fieristico anche internazionale; - in ### il marchio è registrato per le classi 16,18,25,28,29,30,35,41,42,43; - la società convenuta aveva depositato un marchio nominativo in parte identico, ### in data 10 ottobre 2016, per una identica classe, la 41, tra quelle oggetto di registrazione; (leggi tutto)...

N. 29686/2022 R.Gen.Aff.Cont. 
N. ###/2018 Reg.Gen.Aff.Cont.  REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI III SEZIONE CIVILE Sezione specializzata in materia di impresa Il Tribunale di Napoli, in composizione collegiale, così composto: Dott. ##### est.  ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 29686/2022 R.Gen.Aff.Cont., trattenuta in decisione con i termini di cui all'art. 190 c.p.c., tra ### S.p.A. C.F. e P.IVA ###, con sede in 43126 Baganzola - #### delle ### 393°, rapp.ta e difesa dall'avv.  ### e ### - ATTORE - contro ### s.r.l. in liquidazione, C.F. e P. IVA ### in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede ###5 Salerno, via ### n. 10 Piano 4 Int. 8 - CONVENUTA - r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 2 Oggetto: azione art. 22 CPI Conclusioni: Per l'attore: 1) accertare e dichiarare che il marchio “### ACADEMY” figurativo depositato da ### s.r.l. in data 18 ottobre 2016 registrato in data 4 gennaio 2018 con il n. ###1236 per la classe merceologica n. 41, non possiede i requisiti di legge per una valida registrazione in quanto anticipato nella componente più distintiva e significativa dai marchi dell'attrice che importano notorietà e dichiararne, quindi, la nullità per mancanza dei requisiti e/o presupposti di legge ai sensi degli artt. 12, 14, 19, 20, 25 CPI e/o con la miglior formula 2) dichiarare che il marchio “### ACADEMY” figurativo depositato da ### s.r.l. in data 18 ottobre 2016 registrato in data 4 gennaio 2018 con il n. ###1236 per la classe merceologica n. 41, di cui in atti costituisce contraffazione di tutti i marchi “CIBUS” di ### di ### a cominciare in particolare da quello depositato in data 7 giugno 1985 registrato in data 20 ottobre 1986 con il ### e rinnovato da ultimo in data 25 febbraio 2015 registrato in data 26 giugno 2015 con il n. ###; 3) inibire a ### s.r.l. l'uso del marchio “### ACADEMY” di cui sopra; r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 3 4) accertare e dichiarare che il marchio “### ACADEMY” di ### s.r.l. di cui in atti viola i diritti anteriori dell'attrice sui citati marchi e su tutti i suoi segni distintivi; 5) inibire l'uso e/o la registrazione come elemento costitutivo di marchio, denominazione sociale, ditta, insegna o nome a dominio o a qualsiasi altro titolo del segno ### 6) ordinare la pubblicazione, a cura della attrice ed a spese della convenuta, dell'intestazione e del dispositivo della sentenza che accolga la domanda attorea, in caratteri doppi del normale e con i nomi delle parti in grassetto, per una volta, su un quarto di pagina de “### 24 ore” o “### di Parma” e, per una volta, su un'intera pagina di un periodico di settore; 7) fissare una somma per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento che accolga la domanda di parte attrice; 8) fissare una somma dovuta dalla convenuta all'attrice per ogni violazione od inosservanza constatata successivamente al deposito della sentenza che accolga la domanda attorea; 9) ordinare a ### s.r.l. di ritirare l'eventuale materiale pubblicitario in circolazione riportante la scritta “### ACADEMY”; 10) condannare la convenuta a risarcire a parte attrice i danni conseguenti il suo comportamento di cui in atti in via equitativa. 
Per il convenuto: r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 4 - in via preliminare, accertare la cessata materie del contendere in relazione alla richiesta di declaratoria di nullità del marchio “### Academy” e comunque respingere le domande tutte proposte dall'attrice, in quanto infondate, assolvendone nel miglior modo il convenuto; - nel merito, accertare e dichiarare la nullità del marchio #### di titolarità di ### di ### S.p.A; OSSERVA ### deduce che: - di essere titolare fin dal 1985 del marchio ### con marchio nazionale e dal 1999 con marchio comunitario, marchio utilizzato per la promozione dell'industria alimentare italiana nel settore fieristico anche internazionale; - in ### il marchio è registrato per le classi 16,18,25,28,29,30,35,41,42,43; - la società convenuta aveva depositato un marchio nominativo in parte identico, ### in data 10 ottobre 2016, per una identica classe, la 41, tra quelle oggetto di registrazione; - di aver scritto alla convenuta contestando il deposito e diffidando a fare uso del marchio nel 2019, intimando il ritiro del marchio registrato, ma di aver avuto un riscontro solo nel 2022, quando la ### s.r.l. si dichiarava disponibile a concludere una licenza di marchio; r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 5 - era evidente pertanto la contraffazione tra i due marchio con la legittimità dell'azione promossa. 
Il convenuto si costituiva solo con comparsa conclusionale del 03.11.2023, deducendo: - che l'attrice inviava il 1 agosto 2022 una missiva alla convenuta domandando l'eliminazione della parola ### dal marchio ### - che ### s.r.l. rispondeva, in data ###, all. 1, di essere pronta ad una soluzione bonaria con un accordo di cessione del marchio ### per euro 2.000,00; - che questa comunicazione non aveva seguito, risultando invece che in data ### parte attrice notificasse l'atto di citazione a ### s.r.l.; - che allora ### s.r.l. si dichiarava disponibile a rinunciare al proprio marchio registrato in cambio della mancata iscrizione a ruolo della causa da parte di ### di ### - che rimanendo fedele alle trattative ### s.r.l. in data 31 marzo rinunciava al marchio presso l'### - che era pertanto cessata la materia del contendere. 
Parte attrice in replica alla comparsa di costituzione della società, costituitasi tardivamente, contestava le modalità e le tempistiche dei tentativi di conciliazione, versava in atti alcuni documenti scambiati tra le parti relativi ai tentativi di conciliazione.  r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 6 Nel merito Il collegio osserva che per effetto della rinuncia al marchio depositata dalla ### s.r.l. e accettata dall'ente preposto è cessata la materia del contendere circa l'esistenza della contraffazione ragione per cui per questa parte delle domande si dovrà provvedere solo ai fini della verifica della soccombenza virtuale per l'attribuzione delle spese legali. 
Con riferimento alla domanda risarcitoria, connessa alla domanda per la tutela del diritto di privativa, si deve osservare che l'attrice non ha osservato i principi di cui all'art. 2697 c.c. in tema di allegazione, limitandosi a chiedere in maniera stringata la liquidazione equitativa del danno senza allegare alcuna forma di fattispecie pregiudizievole, se non una pagina web tratta da un socialnetwork, dalla quale non è dato di comprendere l'effettivo ambito di applicazione del marchio e la sua durata nel tempo. Per questa parte la domanda deve intendersi rigettata. 
Ai fini della soccombenza virtuale non vi è dubbio che l'azione introdotta da ### di ### sia un legittimo uso del diritto attributo dall'art. 20 CPI al titolare di un marchio registrato e che la registrazione del marchio ### marchio complesso, si sovrapponga in parte al marchio ### peraltro in una stessa classe di registrazione, ragione per cui ai fini della soccombenza virtuale si deve affermare la fondatezza della domanda.  r.g. 29686/2022 ###create r.g.a.c. 29686/2022 Pag. 7 Per la quantificazione delle spese in sede di liquidazione si terrà conto, con compensazione del 25%, della soccombenza reale della parte attrice per la domanda risarcitoria, che sarà già decurtata in dispositivo.  P.Q.M.  Il tribunale, come in epigrafe composto, definitivamente pronunciando nel giudizio r.g.a.c. 29686/2022 tra le parti come innanzi individuate, rappresentate e difese, ogni diversa domanda ed eccezione respinta: 1) dichiara cessata la materia del contendere per le domande attoree da 1 a 9; 2) rigetta la domanda attorea n.10); 3) condanna parte convenuta al pagamento dei compensi di causa che qui si liquidano in euro 4450,00 oltre spese vive. 
In Napoli, 19.12.2023 

Il giudice
est. Il presidente #####


causa n. 29686/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Fucito Mario, Graziano Nicola, Ultimo Antonietta

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Corte d'Appello di Catania, Sentenza n. 813/2024 del 15-05-2024

... “1. I diritti del titolare del marchio d'impresa registrato consistono nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attività economica: a) un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato; omissis 2. Nei casi menzionati al comma 1 il titolare del marchio può in particolare vietare ai terzi …. omissis …. di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini … omissis …; di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso”. Una volta correttamente escluso che l'immissione in commercio al di fuori dello ### esaurisca le facoltà attribuite dalla legge al titolare del marchio comunitario (v. art. 5 (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA ### Riunita in camera di consiglio e composta dai sigg.: Dott. ###ssa #### rel./est.  ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 1615/2015 promossa da: ### S.P.A. GIÀ ### S.R.L. (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### (###), dell'avv.  ### e dell'avv. ### (###); elettivamente domiciliata in ### 5 MILANO, presso lo studio dell'avv.  ### contro ### & ### S.R.L. (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### e dell'avv. #### (###) ### 9 95126 CATANIA; elettivamente domiciliato in VIA G. ### 9 CATANIA presso il difensore avv. ### APPELLATA - ### CONCLUSIONI All'udienza del 29.11.2023 le parti precisavano le conclusioni come da verbale in atti e l'appellante chiedeva, ai sensi dell'art. 352, comma 2, c.p.c., che la causa venisse discussa oralmente dinanzi al collegio. 
Il collegio assegnava i termini ex art. 190 c.p.c. 
Entro la scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica l'appellante depositava istanza di discussione orale della causa. 
Con provvedimento del 5.2.2024 la Corte fissava l'udienza del 20.3.2024 per la discussione orale della causa. 
Alla detta udienza le parti discutevano oralmente la causa e la Corte la tratteneva in decisione.  ************************************************  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con sentenza n. 4737/15, pubblicata in data ###, il Tribunale di Catania, sezione specializzata in materia di impresa, in parziale accoglimento delle domande proposte da ### s.r.l. (oggi ### S.p.A. ma nel prosieguo, per comodità, sempre ### s.r.l.) nei confronti di ### & ### s.r.l., statuiva come segue: “• DICHIARA che la ### e service s.r.l. ha violato i diritti di privativa industriale della ### s.r.l. per aver commercializzato in ### lenti a contatto recanti i marchi #### e ### provenienti da siti produttivi extraeuropei in mancanza di consenso all'immissione delle stesse nello spazio economico europeo da parte di essa ### s.r.l.; • DICHIARA che la ### e service s.r.l. ha violato i diritti di privativa industriale della ### s.r.l. per aver commercializzato in ### lenti a contatto recanti i marchi #### e ### provenienti da siti produttivi extraeuropei in mancanza di consenso all'immissione delle stesse nello spazio economico europeo da parte di essa ### s.r.l.; • INIBISCE alla ### e service s.r.l. di commercializzare in ### lenti a contatto recanti i marchi #### e ### provenienti da siti produttivi extraeuropei in mancanza di consenso all'immissione delle stesse nello spazio economico europeo da parte di essa ### s.r.l.; • FISSA in euro 500,00 la sanzione per ogni violazione della superiore inibitoria; • ORDINA il ritiro dal mercato delle lenti a marchio ### immessevi dalla ### e service s.r.l. in violazione dei diritti della ### con previsione di una penale pari ad almeno 5.000 Euro per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione di detto ordine; • ORDINA la distruzione delle lenti a marchio ### immesse sul mercato da ### e/o detenute dalla stessa in violazione dei diritti dell'attrice, a cura di ### ed a spese della convenuta; • ORDINA la pubblicazione del dispositivo, a cura di ### e spese della convenuta, su tre quotidiani e tre riviste di settore, su due numeri anche non consecutivi ed in dimensioni doppie rispetto al normale; • RIGETTA la domanda di risarcimento del danno; • CONDANNA la ### e service s.r.l. alla refusione delle spese di lite in favore della ### s.r.l. che liquida in euro 22.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e c.p.a. come per legge; • PONE definitivamente a carico della ### s.r.l. le spese di ctu”. 
In particolare, il primo giudice riteneva che: a) il sequestro operato dalla G.d.F. in data ### (da cui è scaturito il procedimento penale, per i reati di cui agli artt. 517 ter e 517 c.p., conclusosi con l'assoluzione del legale rappresentate di ### & ### s.r.l. con sentenza del Tribunale di Roma in data ### in atti, del tutto irrilevante, contrariamente all'assunto dell'appellata, ai fini del presente giudizio, atteso che la decisione risulta fondata, in punto di diritto, sulla interpretazione dell'art. 517 ter c.p. secondo cui detta norma punisce - a differenza dell'art. 127, comma 1, c.p.i., ormai abrogato dall'art. 15 L. 23 luglio 2009, n. 99 , il quale invece si attagliava al caso in esame - “non già chi importa in violazione del titolo, bensì chi introduce nel territorio dello Stato i beni di cui al primo comma, e cioè oggetti o altri beni realizzati usurpando un titolo di proprietà industriale o in violazione dello stesso”; v. p. 5 della sentenza penale) e b) l'estratto conto delle forniture di lenti a contatto effettuate da #### Ltd. acquisito dalla G.d.F. in occasione dell'accesso eseguito presso i locali di ### & ### s.r.l. in data ###, fornissero la “prova incontrovertibile della provenienza extracomunitaria di partite di lenti a contatto commercializzate dalla convenuta” e “del fatto che la convenuta solesse acquistare da società con sede tailandese le lenti poi commercializzate in Italia”, risultando quindi “documentale la circostanza che parte convenuta abbia importato - precedentemente al ridetto sequestro del settembre 2010 - nel mercato europeo lenti provenienti da paese extracomunitario” (v. pp. 4 e 5 della sentenza). 
Per il periodo di tempo successivo al già citato sequestro del 23.9.2010 (avente ad oggetto una partita di ben 116.460 lenti contatto provenienti dalla ### e destinate alla convenuta a cui erano state vendute dalla società tailandese #### Ltd.) il Tribunale riteneva che: “l'affermazione di parte convenuta secondo cui le lenti acquistate dai grossisti europei proverrebbero dal sito produttivo tedesco (cfr. pag.4 comparsa di costituzione) risulta documentalmente smentita dalle fotografie delle scatole oggetto di sequestro presso la sede della convenuta da cui risulta che queste erano state prodotte negli USA (cfr. doc.17 fasc. parte attrice)” (dovendosi subito per chiarezza osservare come in questo passaggio si faccia riferimento alla merce sequestrata in data ###, presso il magazzino della convenuta in esecuzione del decreto di sequestro emesso inaudita altera parte, in data ###, dal Tribunale delle ### di ### adito dall'attrice in sede cautelare nell'ambito del procedimento a cui farà seguito il giudizio di merito all'esito del quale verrà emessa la sentenza oggi appellata). 
Indi, premesso che la convenuta si era difesa assumendo che la merce sequestrata presso il suo magazzino in data ### fosse stata da lei acquistata presso due fornitori di europei e, segnatamente, la ### con sede ###sede a ### da ciò solo discendendo, a suo avviso, la prova dell'esaurimento del marchio comunitario di cui ### era titolare, il Tribunale esponeva le ragioni secondo cui sarebbe stato onere della ### & ### s.r.l. dimostrare che le lenti a contatto per cui è causa fossero state commercializzate all'interno dello ### con il consenso del titolare, escludendo che detto regime probatorio potesse valere solo nei rapporti diretti tra importatore dal mercato extra SEE e titolare del marchio, riguardando piuttosto qualsiasi operatore avesse acquistato i prodotti marchiati e quindi anche chi (come in ipotesi la convenuta) li avesse acquistati a sua volta dall'importatore europeo. 
Una volta affermato tale principio il Tribunale rilevava come: “### specie, parte convenuta non ha fornito elementi atti a provare l'avvenuto consenso da parte dell'attrice all'immissione sul mercato SEE dei prodotti acquistati dai rivenditori europei ulteriori rispetto alla circostanza di averli acquistati -appuntoda rivenditori europei. Tale dato, tuttavia, come detto non appare sufficiente per superare l'onere di provare la sussistenza di un consenso del titolare del marchio, con conseguente sussistenza della violazione del diritto tutelato in capo all'attrice” (v. p. 8 della sentenza). 
Sulla base di dette ragioni il Tribunale dichiarava che: “la ### e service s.r.l. ha violato i diritti di privativa industriale della ### s.r.l. per aver commercializzato in ### lenti a contatto recanti i marchi ##### e ### provenienti da siti produttivi extraeuropei in mancanza di consenso all'immissione delle stesse nello spazio economico europeo da parte di essa ### s.r.l.”. 
Oltre a chiedere l'accertamento della violazione dei suoi diritti di privativa industriale ### s.r.l. aveva anche chiesto di condannare la convenuta al risarcimento dei danni subiti secondo quanto previsto dall'art. 125 c.p.i, inclusi i danni all'immagine, e di condannarla al pagamento dell'utile conseguito mediante la vendita di lenti a marchio ### in violazione dei diritti dell'attrice dal maggio 2006 alla data della sentenza. 
Il Tribunale rigettava la domanda di risarcimento del danno e non si pronunciava su quella di retroversione degli utili. 
In particolare, premesso che l'attrice aveva chiesto il risarcimento del danno da lucro cessante in misura pari all'utile conseguito dalla controparte sì come risultante dalla differenza tra il costo di acquisto delle lenti ed il prezzo di vendita, il primo giudice riteneva che tale criterio di quantificazione avrebbe potuto essere applicato in caso di vendita di beni con marchio contraffatto e non già nel caso a mani in cui le lenti a contatto, pur provenendo da fuori lo ### risultassero, “originali”, ossia prodotte da stabilimenti della ### ubicati in altre parti del mondo. 
Quanto al danno all'immagine, infine, il Tribunale ne escludeva la sussistenza perché: “a fronte della puntuale contestazione mossa da parte convenuta nella propria comparsa di costituzione in ordine all'assenza di specifica allegazione e prova con riferimento ai danni asseritamente cagionati agli utilizzatori delle lenti a contatto da lenti commercializzate da essa convenuta, parte attrice non ha tempestivamente dedotto nella propria memoria ex art.183 co.6 n.1 c.p.c. elementi atti a sostenere la propria tesi secondo cui i fatti oggetto del presente giudizio le avrebbero cagionato un danno all'immagine. Nessuna prova è stata invece chiesta in ordine all'effettivo verificarsi di episodi di danni a persone cagionati dalle lenti a contatto commercializzate da parte convenuta” (v. p. 13 della sentenza). 
Avverso la detta sentenza ### S.p.A. (già ### s.r.l.), proponeva appello con cui, in estrema sintesi, si doleva dell'omessa pronuncia sulla domanda di retroversione degli utili e del rigetto della sua domanda di risarcimento dei danni. 
Si costituiva in giudizio ### & ### s.r.l. la quale, oltre a chiedere il rigetto dell'appello, proponeva appello incidentale volto ad ottenere la riforma della sentenza impugnata: “escludendo che ### & ### S.r.l. abbia violato i diritti di privativa industriale di ### S.r.l., oggi ### S.p.A. nei fatti in lite, eliminando altresì le sanzioni accessorie conseguenti di cui ai punti 2, 3, 4, 5 e 6 del dispositivo della sentenza”. 
Rigettata, con ordinanza del 5.5.2016, la richiesta di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza appellata, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 30.1.2019. 
Alla detta udienza veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini ex art.  190 c.p.c., previa nomina di nuovo consigliere relatore atteso che l'originario assegnatario era stato trasferito ad altro ufficio.  ### chiedeva di procedere con discussione orale di talché la Corte fissava l'udienza del 3.7.2019. 
Alla detta udienza, stante l'imminente trasferimento del relatore ad altro ufficio, la discussione veniva differita all'udienza del 30.10.2019. 
Alla detta udienza la causa veniva trattenuta in decisione, previa nomina di nuovo consigliere relatore atteso che l'originario assegnatario era stato trasferito ad altro ufficio. 
Veniva tuttavia rimessa sul ruolo con ordinanza del 27.4.2020 in quanto trattenuta in decisione da un collegio diverso rispetto a quello dinanzi a cui le parti avevano precisato le conclusioni. 
All'udienza del 9.9.2020 le parti precisavano nuovamente le conclusioni.  ### chiedeva di procedersi alla discussione orale della causa e la Corte fissava l'udienza del 27.1.2021. 
Alla detta udienza la causa veniva trattenuta in decisione. 
Con ordinanza del 21.7.2021 la causa veniva rimessa sul ruolo in quanto il collegio riteneva di richiamare il CTU già nominato in primo grado e fissava nuova udienza di precisazione delle conclusioni per il ###. 
Dopo una serie di interlocuzioni tra le parti rese necessarie dalla circostanza che l'appellata, nelle more di questo grado di giudizio, si era disfatta delle sue scritture contabili anteriori all'anno 2011, e successivamente ad un chiarimento fornito dalla Corte, la CTU veniva depositata in data ###, dopo che anche il terzo consigliere relatore era stato trasferito ad altro ufficio. 
Alla prima udienza utile successiva, celebratasi in data ###, la causa veniva trattenuta in decisione con la nomina di un nuovo consigliere relatore.  ### chiedeva anche in questo caso che la causa venisse discussa oralmente e la Corte, dopo lo scambio degli scritti difensivi conclusivi, fissava a tal uopo l'udienza del 30.3.2024 in cui, dopo la discussione, tratteneva la causa in decisione.  MOTIVI DELLA DECISIONE Per primo va esaminato l'appello incidentale proposto da ### & ### s.r.l. 
Ha sostenuto l'appellante incidentale che la sentenza di primo grado, nella parte in cui ha accertato la violazione dei diritti di privativa della ### sarebbe errata per i seguenti motivi: a) “le lenti a contatto oggetto del presente giudizio sono state acquistate da società con sede nel territorio ### regolarmente fatturate e prodotte e/o distribuite direttamente in ### dalla stessa ### per documentale ammissione della medesima, come del resto la quasi totalità degli acquisti effettuati dalla GTS (detratta la quota di operazioni conteggiata dal consulente tecnico di parte nel giudizio di prime cure). I prodotti in lite risultano acquistati essenzialmente presso la ### B.V., società con sede ad ### e presso la ###, con sede a ### come si evince dalle fatture di acquisto, le cui copie sono state depositate nel fascicolo del procedimento cautelare, acquisito agli atti, e oggi nuovamente prodotte negli atti della presente controversia. Le presunte attività del c.d. mercato parallelo (che come si dirà avanti non costituiscono però violazione del diritto di esaurimento) si riducono pertanto ad operazioni del tutto sporadiche e marginali, così come indicato nelle osservazioni del CTP alla bozza di CTU” (v. pp. 40 e 41 della comparsa di costituzione con appello incidentale); b) secondo quanto riferito dall'amministratore delegato di ### s.r.l. ### alla G.d.F. in occasione dell'accesso effettuato presso i locali dell'appellante incidentale in data ###, le lenti a contatto acquistate presso ### provenivano da un canale ufficiale, con la conseguenza che la prova del consenso di ### alla commercializzazione delle stesse all'interno dello SEE doveva ritenersi essere stata acquisita; c) ha errato il Tribunale a non limitare, ai soli rapporti tra importatore nello SEE e titolare del marchio apposto sulle merci prodotte all'esterno dello ### la sussistenza dell'onere del primo di dimostrare il consenso del secondo alla commercializzazione delle stesse all'interno dello ### atteso che analogo onere non può gravare su chi acquista da fornitore avente sede all'interno dello ### È opportuno distinguere tre gruppi di lenti a contatto tutte recanti il marchio registrato ### 1) le lenti a contatto sequestrate dalla G.d.F. in data ###, provenienti dalla ### e vendute a ### & ### s.r.l. da #### Ltd.; 2) le lenti a contatto sequestrate presso i locali della ### & ### s.r.l. in data ### in esecuzione del sequestro concesso dal Tribunale di ### acquistate dall'appellante incidentale presso ### con sede ###sede ###### dell'8.3.2011 emessa dalla prima, e nn. 
AEC/EURO/10-11/0759 del 30.11.2010, AEC/EURO/10-11/0885 del 14.1.2011, AEC/EURO/10-11/1099 del 25.2.2011 emesse dalla seconda (prodotte dall'appellante incidentale fin dal giudizio cautelare); 3) le lenti a contatto a marchio ### comprate e vendute da ### & ### s.r.l. tra il 2006 ed il 2012 per un importo complessivo di acquisti del valore di € 4.545.074,77 e di vendite per € 4.917.014,42, ed un utile, pari alla differenza tra valore di acquisto e di vendita, di € 371.939,65. 
I primi due gruppi di lenti a contatto hanno costituito oggetto della valutazione del primo giudice sulla base della quale è stata accertata la violazione dei diritti di privativa del titolare del marchio. 
Il terzo gruppo rileva essenzialmente ai fini delle domande di retroversione degli utili e di risarcimento dei danni spiegate dall'attrice su cui il Tribunale non si è pronunciato (retroversione degli utili), ovvero si è pronunciato rigettandole (risarcimento dei danni). 
Come detto il Tribunale ha accertato che l'appellante incidentale “ha violato i diritti di privativa industriale della ### s.r.l. per aver commercializzato in ### lenti a contatto recanti i marchi #### e ### provenienti da siti produttivi extraeuropei in mancanza di consenso all'immissione delle stesse nello spazio economico europeo da parte di essa ### s.r.l.” e gliene ha inibito la commercializzazione. 
Con riferimento alla importazione diretta, da parte di essa appellante incidentale, di lenti a contatto coperte dal marchio protetto ### provenienti dalla ### e con riferimento alle quali non è stato nemmeno astrattamente paventato che la titolare del marchio abbia prestato, anche tacitamente, il suo consenso all'immissione nello #### & ### s.r.l. non ha spiegato impugnazione alcuna. 
Si tratta di una porzione di fatti che il primo giudice ha correttamente ritenuto con certezza dimostrati (atteso che le lenti a contatto sequestrate dalla G.d.F. in data ###, provenienti dalla ### e vendute da #### Ltd., erano dirette a ### & ### s.r.l., e considerato che in occasione dell'accesso eseguito dalla G.d.F. presso i locali dell'appellante incidentale in data ### gli operanti hanno acquisito un estratto conto da cui risulta che essa aveva istaurato da anni consolidati rapporti commerciali con la #### Ltd. da cui si riforniva) e che da soli impongono l'accoglimento delle domande attoree con la declaratoria della violazione dei diritti di privativa attribuiti al titolare del marchio e l'adozione della inibitoria e delle statuizioni accessorie. 
Come detto, con l'appello incidentale ### & ### s.r.l. ha chiesto di riformare la sentenza appellata escludendo che essa “abbia violato i diritti di privativa industriale di ### S.r.l., oggi ### S.p.A. nei fatti in lite, eliminando altresì le sanzioni accessorie conseguenti di cui ai punti 2, 3, 4, 5 e 6 del dispositivo della sentenza”. 
Non avendo minimamente confutato di essersi resa responsabile della importazione nello ### (e segnatamente in ### di lenti a contatto prodotte al di fuori di esso ed acquistate da rivenditore tailandese, l'accoglimento dell'appello incidentale è, all'evidenza, con riferimento a questa porzione di fatti, in radice da escludere. 
Il Tribunale ha poi ritenuto violati i diritti di privativa dell'attrice anche in forza della commercializzazione, da parte dell'appellante incidentale, delle lenti a contatto a marchio ### sequestrate in data ### in esecuzione del decreto di sequestro adottato ante causam presso i suoi locali. 
Si tratta delle lenti a contatto comprate da ### & ### s.r.l. presso la ### di ### e la ### di ### di cui l'appellante incidentale ha prodotto in giudizio le fatture di acquisto. 
Rispetto alle lenti a contatto in questione innanzitutto il primo giudice ha osservato che l'allegazione di ### & ### s.r.l. secondo cui le stesse sarebbero state prodotte in ### è documentalmente smentita dalle fotografie in atti delle confezioni sequestrate da cui si evince che le stesse sono state prodotte negli ### d'### Indi, sulla base delle norme e della giurisprudenza comunitaria ed interna citata, il primo giudice ha ritenuto che la prova del consenso del titolare del marchio all'introduzione di queste lenti a contatto (comprate da rivenditori con base all'interno dello SEE ma provenienti da fuori di esso), avrebbe dovuto essere fornita da ### & ### s.r.l., e concludeva nel senso che detta prova mancava. 
Orbene, i sopra sintetizzati motivi posti a fondamento dell'appello incidentale, fatta eccezione per quello, in diritto, con cui si insiste nella tesi secondo cui l'onere di dimostrare l'esistenza del consenso alla commercializzazione all'interno dello SEE di prodotti marchiati prodotti al suo esterno non graverebbe su chi li acquista dal rivenditore avente base nello ### in parte fanno leva su una allegazione che è stata smentita in sentenza e che viene tale e quale ripresa dalle difese di primo grado senza che l'assunto del Tribunale venga nemmeno considerato, oltre che confutato, in parte mirano a dimostrare che sussisterebbe la prova del consenso, da parte di ### alla commercializzazione nello SEE delle lenti a contatto acquistate presso ### Ltd. 
Con riferimento al primo profilo, come sopra ricordato, l'appellante incidentale ha insistito nel sostenere che “le lenti a contatto oggetto del presente giudizio sono state acquistate da società con sede nel territorio ### regolarmente fatturate e prodotte e/o distribuite direttamente in ### dalla stessa ### per documentale ammissione della medesima”. 
Dovendosi ritenere che l'affermazione de qua sia rivolta alle lenti sequestrate in data ### (le uniche per cui, con riferimento a quanto appresso si dirà, può almeno astrattamente affermarsi che sussista una qualche forma di ammissione da parte dell'appellante principale), è stato già evidenziato come le confezioni di esse rechino l'indicazione che il sito di produzione è ubicato negli ### d'### non è vero quindi che esse sono state “prodotte e/o distribuite direttamente in ### dalla stessa ### Vision”. 
Quanto alla “documentale ammissione” proveniente dalla ### con detta frase, probabilmente, ### & ### s.r.l. fa riferimento a quanto riportato nel verbale redatto dalla G.d.F. in data ### in occasione dell'accesso eseguito presso i locali della predetta (dopo meno di un mese dal sequestro eseguito a ### della merce proveniente dalla ###. 
In detta occasione gli operanti della G.d.F. rinvenivano lenti a contatto ### che non sequestravano sulla base delle indicazioni fornite loro da ### all'epoca amministratore delegato di ### s.r.l. 
In particolare si legge nel detto verbale: “la parte ha posto in visione, e fornito copia, della fattura nr. AEC/EURO/10-11/0523 del 29.9.2010, che si acquisisce in copia, emessa dalla “### LTD”, con sede in ### relativa ad una spedizione di nr. 6.376 colli ### - ###, per un valore di €. 53.575,20. A seguito di tale esibizione lo scrivente M.C. D'### ha provveduto a contattare, alle ore 11.15 circa, il ### Giummoleo della “### Srl” […] il quale riferiva che la merce presente in magazzino e descritta nella fattura proviene da un canale ufficiale e non è riferibile a quanto ricercato dagli operanti”. 
Orbene, tralasciando completamente di considerare che, come del resto si evince dalla circostanza che i militari ebbero ad acquisire l'estratto conto dei rapporti intrattenuti dall'appellante incidentale con la società ##### Ltd., l'accesso eseguito dalla G.d.F. in data ### era verosimilmente finalizzato ad acquisire ulteriori prove dell'importazione, diretta, delle lenti a contatto dall'estero, scoperta con il sequestro eseguito il ###, va ricordato che secondo Corte di Giustizia UE, sez. V, 1 luglio 1999, n. 173: “###. 7, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/### sul ravvicinamento delle legislazioni degli ### membri in materia di marchi d'impresa, come modificata dall'accordo sullo ### economico europeo 2 maggio 1992, deve essere interpretato nel senso che: - l'esaurimento dei diritti conferiti dal marchio ha luogo solamente se i prodotti sono stati messi in commercio nella ### (nel ### dopo l'entrata in vigore dell'accordo ###; tale disposizione non attribuisce agli ### membri la possibilità di stabilire nel proprio ordinamento nazionale l'esaurimento dei diritti conferiti dal marchio per prodotti messi in commercio in paesi terzi; - per aversi consenso ai sensi dell'art. 7, n. 1, di tale direttiva, lo stesso deve essere dato per ogni esemplare del prodotto per il quale l'esaurimento è invocato” (v. anche, più di recente, Corte di Giustizia UE, sez. IV, 3 giugno 2010, n. 127 e Corte di Giustizia UE grande sezione, 12 luglio 2011, n. 324 e, nella giurisprudenza interna, Cass., sez. I, 15 ottobre 2014, n. 21847; Trib. ### 18 gennaio 2013, in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013, 1, 852, secondo cui: “Il consenso del titolare del marchio all'importazione di prodotti da lui messi in commercio al di fuori dello ### non riguarda il prodotto nella sua generica individuazione, ma attiene a ciascun esemplare del prodotto per il quale l'esaurimento è invocato”, ed anche ### Milano, 11 giugno 2013, in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013, 1, 1035). 
Se questo è vero, considerato che ### si è riferito alle lenti a contatto acquistate da ### & ### s.r.l. presso ### di cui alla fattura nr. AEC/EURO/10-11/0523 del 29.9.2010, all'evidenza il consenso ravvisabile nella posizione espressa dal predetto non può valere per le lenti a contatto sequestrate in data ### acquistate, sempre presso ###, ma giusta le fatture del tutto diverse sopra citate. 
Ciò posto, evidenziato come il motivo di gravame non afferisca in alcun modo alle lenti a contatto acquistate presso la ### di ### (anch'esse sequestrate in data ### presso i locali dell'appellante incidentale), non resta che confermare come, anche alla luce del contenuto del verbale del 21.10.2010 (e considerata la inammissibilità della produzione effettuata soltanto in questo grado di giudizio della fattura n.5286413465 di acquisto di merce ### da parte di ###), non sia stata acquisita prova del consenso al commercio all'interno dello SEE con riferimento alle partite di lenti a contatto sequestrate in data ### ed acquistate presso ###, sembrando appena il caso di aggiungere come nemmeno possa porsi questione di buona fede dell'appellante incidentale, in ipotesi ingenerata dal mancato sequestro della merce da parte della G.d.F. in occasione dell'accesso del 21.10.2010 atteso che, trattandosi di operatore commerciale con ingente volume di affari, il grado di diligenza richiesto dalla sua professionalità le imponeva la verifica dell'esistenza del consenso del titolare del marchio con riferimento a tutte le partite, di apprezzabile consistenza economica tra l'altro, acquistate.  ### motivo di appello incidentale ripropone la tesi, già sottoposta al primo giudice, secondo cui l'onere di dimostrare l'esistenza del consenso ai fini dell'esaurimento del marchio graverebbe soltanto sull'importatore extra SEE e non già sull'operatore che abbia acquistato la merce da colui che a sua volta la abbia introdotta nel detto ### A tal fine l'appellante incidentale ha evidenziato che la sentenza della Corte di Giustizia UE del 16 luglio 1998 in causa C-355/96, c.d. Silhouette, riguardava un caso di importazione extraeuropea così come la sentenza della Corte di Giustizia del 20 novembre 2001 nelle cause riunite C- 414/99 e C-416/99, c.d. Davidoff, ed ha aggiunto che “### l'importatore, il quale ha diretti rapporti con il titolare del marchio, può fornire la, eventuale, prova del consenso, soprattutto in quanto altrimenti apparirebbe estremamente difficile, se non addirittura impossibile, per l'acquirente dall'importatore fornire la prova di tale consenso, ben potendo essere quest'ultimo tacito, come comunemente ammesso dalla dottrina e dalla giurisprudenza, anche della Corte di Giustizia” (v. pp. 48-49 della comparsa di costituzione con appello incidentale). 
Ritiene la Corte che non sussistano ragioni per discostarsi da quanto ritenuto, sul punto, dal ### Invero innanzitutto, sì come evidenziato dal primo giudice, la giurisprudenza comunitaria richiamata dall'appellante incidentale si riferisce non soltanto all'importatore, bensì, in generale, all'operatore commerciale. 
Quanto all'argomento secondo cui solo l'importatore, in forza dei rapporti diretti intrattenuti con il titolare del marchio, sarebbe in grado di fornire la prova del suo consenso all'immissione nello ### e ciò tanto più in caso di consenso tacito, è appena il caso di osservare come in primo luogo non necessariamente l'importatore extra SEE debba avere rapporti diretti con il titolare del marchio, ben potendo il predetto acquistare da soggetto economico diverso dal produttore e che a sua volta abbia acquistato dal titolare del marchio, di talché l'argomento secondo cui solo chi commercia con il titolare del marchio potrebbe fornire la prova del suo consenso all'immissione nello SEE è fallace e non depone affatto per la limitazione dell'onere della prova a carico dell'importatore, atteso che costui, al pari dell'acquirente da rivenditore avente sede nello ### potrebbe benissimo non avere avuto alcun rapporto con il titolare del marchio. 
Quanto alla prova del consenso tacito, premesso che nella giurisprudenza, anche comunitaria, la forma primaria di consenso è quella espressa, mentre la possibilità che lo stesso sia desunto in via tacita, seppur ammessa, è circoscritta da una serie di cautele (v. 
Corte di Giustizia del 20 novembre 2001 nelle cause riunite C- 414/99 e C-416/99, c.d. 
Davidoff, in cui la Corte si preoccupa di indicare una serie di fattispecie da cui il consenso tacito - pure in linea generale ammesso - non potrebbe comunque essere desunto quali: 1) la mancata comunicazione, da parte del titolare del marchio, a tutti gli acquirenti successivi dei prodotti immessi in commercio al di fuori dello ### economico europeo, della sua opposizione a una messa in commercio all'interno dello ### 2) la mancata indicazione, sui prodotti, di un divieto di messa in commercio all'interno dello ### 3) la circostanza che il titolare del marchio abbia ceduto la proprietà dei prodotti contrassegnati con il marchio senza imporre restrizioni contrattuali e che, in base alla legge applicabile al contratto, il diritto di proprietà ceduto comprenda, in mancanza di siffatte restrizioni, un diritto illimitato di rivendita o, quanto meno, un diritto di vendere successivamente i prodotti all'interno dello ###, anche in questo caso non sussiste alcun motivo per differenziare la posizione dell'importatore extra SEE dal soggetto che abbia operato l'acquisto della merce coperta da marchio presso un rivenditore interno, considerato che, secondo la giurisprudenza comunitaria (v. Corte giustizia UE sez. I, 15 ottobre 2009, n.324) e nazionale: “Il consenso del titolare di un marchio a una messa in commercio all'interno dello SEE di prodotti, contrassegnati con questo marchio, che siano stati precedentemente messi in commercio al di fuori dello spazio economico europeo dal titolare medesimo o con il suo consenso, può essere tacito, quando è desumibile da elementi e circostanze anteriori, concomitanti o posteriori all'immissione in commercio al di fuori del SEE le quali, valutate dal giudice nazionale, esprimano con certezza una rinuncia del titolare al proprio diritto di opporsi a un'immissione in commercio all'interno dello SEE” (così, le altre, ### Bologna, 2 febbraio 2016, n. 246, in Giur.  annotata dir. ind. 2016, 1, 590), e che non sussistono ragioni per ritenere che soltanto l'importatore possa disporre degli elementi utili, in via di fatto, per dimostrare l'esistenza del consenso tacito. 
In definitiva, quindi, da un canto non si appalesano condivisibili le ragioni in forza delle quali, secondo l'appellante incidentale, non spetterebbe ad essa l'onere di fornire la prova del consenso di ### alla commercializzazione, intra ### delle lenti a contatto prodotte all'esterno dello ### mentre dall'altro va confermato il giudizio espresso sul punto dal ### (senza omettere di considerare che, successivamente alla sentenza appellata, si sono espressi in conformità con essa ### 2 febbraio 2016, n. 246, in Giur. annotata dir. ind. 2016, 1, 590; ### 19 aprile 2018, in www.giurisprudenzadelleimprese.it; ### Milano, 17 gennaio 2019, in ### annotata dir. ind. 2019, 1, 523, secondo cui: “Il consenso del titolare del marchio all'importazione sul territorio dell'### europea di prodotti messi legittimamente in commercio per la prima volta al di fuori di tale territorio, deve essere provato con certezza e non può essere presunto. In assenza della prova di tale consenso, è onere di chi invochi l'esaurimento del diritto di marchio in relazione ai prodotti da lui rivenduti sul territorio dell'### provare non solo il fatto di aver acquistato i prodotti da rivenditori operanti all'interno del sistema comunitario, ma anche che detti fornitori abbiano a loro volta acquistato i beni nello spazio SEE o dal titolare del marchio o da un soggetto a ciò abilitato dal titolare”). 
In definitiva, quindi, sotto ogni profilo l'appello incidentale deve essere rigettato. 
Venendo all'esame dell'appello principale ritiene invece la Corte che lo stesso vada accolto nei termini appresso specificati. 
Va premesso che i motivi di appello spiegati da ### s.r.l. possono essere, come di seguito, sintetizzati. 
Innanzitutto il ### ha del tutto omesso di pronunciarsi sulla domanda di retroversione degli utili, proposta in via alternativa a quella avente ad oggetto il risarcimento dei danni ed in via subordinata, rispetto a quest'ultima, solo in caso di eccedenza del mancato guadagno dell'attrice rispetto agli utili conseguiti dalla convenuta. 
Dipoi l'appellante ha sottoposto ad ampia critica il ragionamento del primo giudice secondo cui, siccome le lenti a contatto commercializzate da ### & ### s.r.l. erano originali e non già contraffatte, sebbene provenienti dal mercato parallelo extra ### non sarebbe stato configurabile un danno da mancato guadagno in capo ad essa attrice, la quale, sembra di capire, in ogni caso sarebbe stata il soggetto che le ha immesse in commercio. 
A fronte di ciò l'appellante deduceva che la mancata qualificazione, in termini di contraffazione del marchio, della condotta realizzata dalla convenuta, fosse errata e comunque presentasse valenza meramente nominalistica atteso che, sulla base di quanto chiarito in giurisprudenza ove pure la qualificazione in termini di contraffazione era diffusa, il profilo dirimente della questione riguardava la sussistenza, o meno, della violazione della privativa che lo stesso giudice da un canto aveva ritenuto, salvo a negarne, contraddittoriamente, la rilevanza ai fini risarcitori, mentre invece, in perfetta coerenza con l'accertamento della violazione, avrebbe dovuto trarre la conclusione che, nel caso a mani, proprio perché le lenti erano “originali” ed i clienti finali europei le avevano acquistate attingendo dal mercato parallelo, grazie all'intermediazione della convenuta, tutti gli utili da quest'ultima acquisiti, erano stati sottratti ad essa attrice. 
Ritiene la Corte che l'appello sia fondato. 
Preliminarmente è opportuno chiarire le conseguenze dell'accertamento della violazione dei diritti di privativa industriale che il ### con il primo capo della sua sentenza, ha pronunciato. 
Si è sopra più volte ricordato che il primo giudice, all'esito dell'esatto ragionamento - che ha ampiamente resistito all'appello incidentale spiegato da ### & ### s.r.l. - secondo cui è risultato provato che detta convenuta ha importato direttamente lenti a contatto dalla ### contraddistinte dal marchio registrato in ### da ### ed ha anche commercializzato lenti a contatto, sempre di provenienza extra SEE a marchio ### introdotte in ### da terzi operatori commerciali da cui le ha acquistate, senza che detto marchio si fosse esaurito in difetto di prova del consenso del titolare all'ingresso nel ### ha dichiarato che: “che la ### e service s.r.l. ha violato i diritti di privativa industriale della ### s.r.l. per aver commercializzato in ### lenti a contatto recanti i marchi ##### e ### provenienti da siti produttivi extraeuropei in mancanza di consenso all'immissione delle stesse nello spazio economico europeo da parte di essa ### s.r.l.”. 
Ai sensi dell'art. 20 del c.p.i., rubricato “### conferiti dalla registrazione” (sostanzialmente ripetitivo di quanto previsto dalla prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE sul ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri in materia di marchi d'impresa e successive modificazioni): “1. I diritti del titolare del marchio d'impresa registrato consistono nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio. 
Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attività economica: a) un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato; omissis 2. Nei casi menzionati al comma 1 il titolare del marchio può in particolare vietare ai terzi …. omissis …. di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini … omissis …; di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso”. 
Una volta correttamente escluso che l'immissione in commercio al di fuori dello ### esaurisca le facoltà attribuite dalla legge al titolare del marchio comunitario (v. art. 5 del c.p.i. rubricato: “Esaurimento”, secondo cui: “Le facoltà esclusive attribuite dal presente codice al titolare di un diritto di proprietà industriale si esauriscono una volta che i prodotti protetti da un diritto di proprietà industriale siano stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso nel territorio dello Stato o nel territorio di uno Stato membro della ### europea o dello ### economico europeo”, pacificamente inteso a partire da Corte di Giustizia CE, 16 luglio 1998, ### nel senso sopra indicato e fatto proprio anche dal primo giudice), non resta che attribuire alla violazione dei diritti di privativa accertati dal ### il significato proprio delle parole e le conseguenze, anche risarcitorie, di legge. 
In altri termini, una volta accertato che ### & ### s.r.l. non poteva mettere in commercio nello SEE le lenti a contatto da essa importate o comunque acquistate, prodotte fuori dallo SEE con marchio ### ivi autorizzato, costituendo ciò violazione dei diritti di privativa spettanti, all'interno dello ### all'attrice, in dipendenza della registrazione comunitaria del marchio non essendo rilevante l'autorizzazione al commercio extra SEE (c.d. esaurimento internazionale) ai fini dell'esaurimento del marchio comunitario, non è dato ravvisare alcuna differenza, se non di tipo meramente nominalistico, con l'ipotesi di contraffazione del marchio (integrante anch'essa violazione dei diritti di privativa), ai fini del risarcimento del danno, atteso che, nell'un caso come nell'altro, il titolare del marchio ha diritto al suo esclusivo e la violazione della privativa fa insorgere il diritto al risarcimento del danno (ed alla retroversione degli utili) che ne sono derivati (sembrando piuttosto opportuno osservare, ad ulteriore riprova dell'errore commesso dal primo giudice nell'evocazione della figura della contraffazione in contrapposizione all'accertamento della violazione della privativa da esso stesso ritenuta come, correttamente, ### di Venezia, 18 febbraio 2011, in ### annotata di diritto industriale 2013, 1, 138, abbia chiarito che: “Il principio dell'esaurimento del marchio ex art. 5 c.p.i. non opera nei casi in cui sono in discussione marchi contraffatti e non originali”). 
Tanto premesso, ricordato che: “In tema di diritti di privativa industriale, il titolare del marchio oggetto di contraffazione può chiedere, in luogo del risarcimento del danno da lucro cessante, la restituzione (cd. “retroversione”) degli utili realizzati dall'autore della violazione, ai sensi dell'art. 125 del codice della proprietà industriale, senza che sia necessario allegare e provare che il convenuto abbia agito con colpa o dolo, ed anche nel caso in cui tali utili superino quelli che il titolare avrebbe potuto conseguire qualora la contraffazione non vi fosse stata, trattandosi di un rimedio diverso da quello puramente risarcitorio, improntato ad una funzione, oltre che compensativa anche dissuasiva e deterrente, volta a prevenire la pianificazione di attività contraffattive da parte di operatori economici più efficienti per capacità imprenditoriale del titolare del diritto di proprietà industriale” (così da ultimo Cass., sez. I, 18 luglio 2023, n. 20800, anche per dare atto della irrilevanza della asserita buona fede professata dall'appellata), nel caso a mani è stata acquisita la prova degli utili ricavati dalla convenuta in dipendenza della violazione dei diritti di privativa spettanti all'appellante. 
Va premesso che, in primo grado, è stata disposta CTU finalizzata ad accertare, previa esibizione da parte della convenuta delle sue scritture contabili, il fatturato complessivo dalla stessa realizzato, a partire dal 2006, attraverso la vendita di prodotti ### e gli utili conseguiti. 
Con relazione del 7.5.2013 il CTU accertava in € 4.917.014,42 il complesso delle vendite di prodotti ### della convenuta, in € 4.545.074,77 il complesso degli acquisti, ed in € 371.939,65 l'utile conseguito. 
Con la comparsa di costituzione in appello ### & ### s.r.l. ha sostenuto che la CTU eseguita in primo grado fosse inutile, e ciò perché nella stessa non veniva fatta alcuna distinzione tra le lenti a contatto da lei acquistate sul c.d. mercato parallelo e quelle provenienti da canali ufficiali. 
Con ordinanza adottata da questa Corte in data ###, veniva disposto il richiamo del CTU “onde accertare, col metodo proposto dal medesimo ctu nell'istanza del 17.10.2013, quale fatturato abbia realizzato la società appellata, con la vendita nello spazio economico europeo di prodotti ### acquistati dalla stessa nel mercato extraeuropeo” e calcolare il relativo utile. 
Con nota depositata in data ### il CTU rappresentava che la ### & ### S.r.l. aveva comunicato che la documentazione fiscale/scritture contabili, già consegnata nel giudizio di primo grado, non era più disponibile negli archivi della società, ad eccezione delle annualità 2011 e 2012, non avendo la stessa ritenuto di conservarla per il tempo eccedente il decennio giusta quanto previsto dall'art. 2220 Con relazione depositata in data ### il CTU riferiva che, limitatamente al periodo in relazione al quale l'appellata aveva esibito le scritture e documenti contabili (2011 e 2012), aveva accertato che la predetta non aveva acquistato prodotti ### presso fornitori extra europei (atteso che la fattura di acquisto di € 80.811,44 emessa da #### n. 166 del 6.5.2010, andava imputata all'esercizio 2010). 
Ritiene la Corte che la domanda di retroversione degli utili proposta dall'appellante, in relazione alla quale il ### ha omesso di pronunciarsi, sia, nei termini appresso specificati, fondata. 
Invero, premesso che, come già ritenuto nella sentenza appellata sulla base dell'estratto conto degli acquisti effettuati presso la #### rinvenuto dalla G.d.F. in occasione dell'accesso presso i locali dell'appellata in data ### e del sequestro delle lenti a contatto, sempre acquistate presso la ####, eseguito dalla G.d.F. in data ###, è stato accertato che ### & ### s.r.l. “solesse acquistare da società con sede tailandese le lenti poi commercializzate in Italia”, nelle osservazioni alla CTU proposte dal CTP dell'appellata, risulta chiaramente individuato il valore degli acquisti di prodotti a marchio ### effettuati fuori dallo ### tra il 2006 ed il 2012, in complessivi € 1.467.436,58. 
Rispetto a questi acquisti (con ogni probabilità da individuare in quelli effettuati presso il fornitore tailandese sì come risulta dall'unica fattura in atti - la n. 166 del 6.5.2010 effettivamente emessa dallo stesso -), che costituiscono importazioni dirette da fuori lo ### la violazione della privativa dell'appellante è, sostanzialmente, confessata, da ### & ### s.r.l., non essendo stata nemmeno sollevata questione, rispetto a queste partite di merce, in punto di esistenza del consenso da parte del titolare del marchio.  ### stessa ### poi, il tecnico dell'appellata individuava il valore delle vendite, in ### dei prodotti acquistati al di fuori dello SEE in € 667.956,77 e, previa indicazione nel 7% del ricarico medio praticato da ### & ### s.r.l., calcolava l'utile da essa conseguito in € 43.698,10, tenendo conto solo delle vendite effettuate in ### Ritiene la Corte che non sussistano ragioni per limitare il calcolo degli utili alle sole vendite effettuate nel mercato italiano delle merci acquistate extra ### dovendosi tenere conto anche delle vendite effettuate da ### & ### s.r.l.  all'estero.  ### restando quindi il dato indicato dalla stessa appellata secondo cui il valore delle lenti a contatto ### dalla stessa acquistate fuori dallo SEE ammonta ad € 1.467.436,58, ritiene la Corte che l'utile derivante dalla vendita delle stesse possa essere calcolato utilizzando la percentuale di ricarico individuata dal CTU sulla base di tutte le vendite effettuate dall'appellata ed applicandola al solo valore degli acquisti extra ### Come detto il CTU ha calcolato l'utile complessivo conseguito dall'appellata dalla compravendita di prodotti ### tra il 2006 ed il 2012 in € 371.939,65 che, considerato il valore complessivo degli acquisti di € 4.545.074,77 e delle vendite di € 4.917.014,42, implica un ricarico dell'8,19%. 
Applicando tale percentuale di ricarico ai soli acquisti extra SEE effettuati da ### & ### s..r.l., viene a determinarsi l'utile conseguito dalla stessa in € 120.183,05, il quale costituisce il valore al cui pagamento la predetta va condannata, sembrando appena il caso di osservare come l'impossibilità di accertare l'utile derivante dalla vendita delle singole partite di lenti a contatto importate da fuori lo SEE sia unicamente riconducibile all'omessa conservazione, da parte dell'appellata, delle scritture contabili del periodo per cui è causa, condotta questa che, sebbene astrattamente consentita dall'art. 2220 c.c., si appalesa ingiustificata - stante appunto la pendenza del presente giudizio - in quanto all'evidenza strumentale ad impedire qualsivoglia approfondimento, e da cui il giudice può trarre argomenti di prova (giusta quanto disposto dall'art. 121, comma 2, c.p.i., secondo cui: “### una parte abbia fornito seri indizi della fondatezza delle proprie domande ed abbia individuato documenti, elementi o informazioni detenuti dalla controparte che confermino tali indizi, essa può ottenere che il giudice ne disponga l'esibizione oppure che richieda le informazioni alla controparte. Può ottenere altresì che il giudice ordini alla controparte di fornire gli elementi per l'identificazione dei soggetti implicati nella produzione e distribuzione dei prodotti o dei servizi che costituiscono violazione dei diritti di proprietà industriale”, e comma 4, secondo cui: “Il giudice desume argomenti di prova dalle risposte che le parti danno e di rifiuto ingiustificato di ottemperare agli ordini”), e ciò senza dimenticare che, secondo condivisibile arresto giurisprudenziale: “###à di disgregare i dati relativi ai prodotti in contraffazione da quelli estranei al giudizio contenuti nelle fatture esibite in giudizio dal contraffattore su ordine del giudice è circostanza le cui ricadute probatorie negative non possono che gravare sul contraffattore stesso, onerato di provare il fatto parzialmente estintivo della parziale afferenza di tali dati a prodotti estranei alla lite” (v. ### Milano, 11 giugno 2013, in ### annotata di diritto industriale 2013, 1, 1035). 
Trattandosi di debito di valore (v. ### Torino, 18 maggio 2018, in ### annotata dir.  ind. 2018, 1, 807, secondo cui: “### di restituire al titolare del marchio l'utile derivante dalla violazione dà luogo, in capo all'autore di tale violazione, ad un debito di valore” ed anche ### Milano, 3 febbraio 2015, in www.giurisprudenzadelleimprese.it), visto che la retroversione degli utili non è oggetto di una prestazione che “nasca” in denaro, ma pur sempre sorge per effetto della violazione di un dovere primario, consistente nel dovere di astenersi dall'utilizzare gli altrui diritti di proprietà industriale senza il consenso del titolare, la somma in questione va rivalutata di anno in anno fino alla data della presente sentenza e su di essa vanno anche riconosciuti gli interessi legali sulla somma di anno in anno rivalutata. 
Non è inutile infine evidenziare come la domanda dell'appellante, volta ad ottenere la retroversione di tutti gli utili derivanti dalla compravendita di lenti ### negli anni 2006/2012 nei termini accertati dal CTU in € 371.939,65, non possa essere accolta in mancanza di prova che le merci ulteriori rispetto a quelle indicate nella sopra citata CTP siano state prodotte fuori dallo SEE (ed eventualmente acquistate da importatore terzo che le abbia rivendute dall'appellata), atteso che soltanto in questo caso verrebbe in rilievo il profilo del consenso del titolare del marchio all'immissione in commercio nello SEE la cui prova, come detto, graverebbe sull'appellata (a condizione però che, sì come è avvenuto per le lenti a contatto rinvenute presso i suoi locali in esecuzione del sequestro del 14.3.2011, vi sia prova, a monte, che le stesse provengano da fuori lo ###. 
La domanda volta ad ottenere il risarcimento dei danni da lucro cessante (o mancato guadagno), proposta dall'appellante nella misura in cui gli stessi risultassero superiori agli utili conseguiti da ### & ### s.r.l., deve invece essere rigettata, non essendo stata acquisita prova alcuna di detta eccedenza. 
Analogamente ritiene il collegio di statuire sulla domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno all'immagine, su cui anche in sede di appello ### s.r.l.  ha insistito, condividendo appieno le ragioni esposte dal primo giudice a sostegno del suo rigetto atteso che, incontestata la mancanza di prova di danni cagionati alle persone che hanno acquistato le lenti commercializzate dalla convenuta, proprio la provenienza di esse dall'importazione parallela induce ad escludere che il loro acquisto possa avere incrinato la fiducia dei consumatori nel marchio, considerato che gli stessi, con ogni probabilità, erano all'oscuro della loro provenienza e, forse, anche indifferenti ad essa (v. ### Milano, 11 giugno 2013, cit., secondo cui: “In caso di importazioni parallele extracomunitarie, non può essere liquidato al titolare del marchio il danno all'immagine, ove i prodotti illecitamente introdotti nel territorio dello Stato non presentino alcuna caratteristica o qualità deteriore rispetto ai prodotti lecitamente commercializzati”). 
In considerazione dell'accoglimento dell'appello principale (mediante cui è stata anche impugnata la regolazione delle spese di lite operata dal primo giudice in considerazione del rigetto delle domande risarcitorie ed anche il capo di sentenza con cui sono state poste su di essa le spese di ### e dell'esito complessivo della controversia che ha visto vittoriosa l'attrice non soltanto con riferimento all'accertamento della violazione dei suoi diritti di privativa industriale già riconosciuto in primo grado, ma anche con riferimento alla domanda di retroversione degli utili, le spese di lite dei due gradi di giudizio vanno poste a carico dell'appellata soccombente e liquidate come in dispositivo (considerata la causa come di valore indeterminabile di particolare importanze, su cui v. 
Cass., sez. III, 17 ottobre 2019, n. 26299).  P.Q.M.  La Corte di Appello, definitivamente decidendo nella causa n. 1615/2015 R.G. avente ad oggetto l'appello principale proposto dalla ### S.p.A. (già ### s.r.l.) e l'appello incidentale proposto da ### & ### s.r.l.  avverso la sentenza del ### di ### sezione specializzata in materia di impresa, n. 4737/15, pubblicata in data ###: accoglie in parte l'appello principale e rigetta l'appello incidentale e, per l'effetto: condanna ### & ### s.r.l. al pagamento della somma di € 120.183,05, oltre rivalutazione ed interessi come in motivazione, in favore dell'appellante principale, a titolo di retroversione degli utili; rigetta le domande risarcitorie proposte dall'appellante principale; condanna ### & ### s.r.l. al pagamento delle spese di lite che liquida, con riferimento a ciascun grado di giudizio, in € 25.000,00, oltre spese generali, IVA e ### pone le spese della CTU disposta in primo ed in secondo grado, sì come separatamente liquidate, a carico di ### & ### s.r.l.; conferma nel resto la sentenza appellata. 
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all'art.13 comma 1 quater del D.P.R. 30.5.2002 n.115 per il versamento, da parte dell'appellante incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione stessa. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### specializzata in materia di impresa, in data 2 maggio 2024 ### est. ### A. ### G. ### 

causa n. 1615/2015 R.G. - Giudice/firmatari: Ferreri Giuseppe, Caruso Antonio

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Corte d'Appello di Torino, Sentenza n. 1322/2021 del 02-12-2021

... che, essendo stato il marchio registrato il ### ed il marchio n. registrato in data ###, i periodi cui fare riferimento per individuare l'utilizzo del marchio (e, quindi, valutare l'eventuale decadenza), considerato che il segno distintivo dev'essere utilizzato, appunto, entro cinque anni dalla registrazione, erano, rispettivamente, quello dal 2.6.15 al 24.10.17 (data della notifica dell'atto di citazione) nonché quello dal 21.12.15 al 24.10.17. Spiegava il tribunale che nella fattispecie in esame trovava ancora applicazione l'art.121, 1°c., CPI nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.G.s.vo n.15/2019 (in forza delle quali ora è previsto che “in ogni caso in cui sia domandata o eccepita la decadenza per non uso, il titolare fornisce la prova dell'uso del marchio”) che (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA In Nome del Popolo Italiano CORTE ### DI TORINO - Sezione Quinta Civile - Sezione specializzata in materia di impresa riunita in ### di Consiglio nelle persone dei ### dott.ssa ### dott.ssa ### dott. ### relatore ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A nella causa civile iscritta al n. 1037/2020 R.G. promossa da: numero d'ordine , numero di iscrizione nel registro del commercio , so cietà c ostituita s econdo la leg ge d ella Rep ubblica ### in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ### presso gli avv.ti N. Alberti e F. Fontana del foro di ### che la rappresentano e difendono per procura in atti, con rituale indicazione dell'indirizzo PEC ### c o n t r o residente in ### elettivamente domiciliato in ### presso lo studio dell'Avv. F. Canu del foro di ### che lo rappresenta e difende per procura in atti, con rituale indicazione dell'indirizzo ###### accertamento decadenza per non uso dei marchi #### Richiamate le istanze istruttorie; in riforma della sentenza n.2216/2020 del Tribunale di #### specializzata in materia di imprese, dichiarare i seguenti marchi di titolarità del sig.  7 , , e ; 7 , , 25 e 28; decaduti per non uso ex art. 24 c.p.i. in tutte le ### in via subordinata dichiarare i sopracitati marchi decaduti parzialmente ex art. 27 c.p.i.; con il favore di spese di entrambi i gradi del giudizio e la restituzione all'appellante delle spese legali inerenti al precedente grado, oltre agli interessi legali dal pagamento al saldo, nell'eventualità che le stesse fossero già state corrisposte.  ### Dichiarare inammissibile, ex art. 342 c.p.c., l'appello proposto da nel merito, respingere l'appello avverso la sentenza con conferma della stessa; in via subordinata, nel solo caso in cui, in accoglimento del primo motivo di appello, la Corte ritenesse ammissibile la produzione del doc. n.30 avversario, concedere un termine per le controdeduzioni anche documentali; ammettere la produzione della documentazione sopravvenuta all'udienza di comparizione del 14/04/2021 inerente la decisione emessa della ### d'### in data ###, procedimento No ###; con vittoria di spese e compensi di lite del presente giudizio, oltre rimborso forfettario spese generali in misura del 15%, oltre IVA e CPA.  MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE La azienda produttrice dei nuovi motoveicoli , con atto di citazione ritualmente notificato, impugna la sentenza del tribunale di ### sezione specializzata in materia di imprese, n.2216/20 del 7.7.2020 con la quale è stata respinta la ### sua domanda di merito avente ad oggetto l'accertamento della decadenza per non uso di due marchi figurativi d'impresa nazionali registrati da nelle classi merceologiche n.7 (macchine-motori), n.12 ###, n.25 (articoli di abbigliamento) nonchè n.28 ### e, precisamente, di quello n.1301743 depositato in data ### e registrato il ### e di quello n.1394185 depositato il ### e registrato il ### contenenti, rispettivamente, nella parte inferiore e nella parte superiore la parola “ . 
Il tribunale di ### ha ritenuto che la (società svizzera) che produce la nuova versione del motociclo non abbia fondatamente proposto la domanda di decadenza dei due suddetti marchi nazionali registrati “ di titolarità del sig.  né ai sensi dell'art.24, D.Lg.svo n.30/05 (per non uso totale dei segni distintivi) , nè ai sensi dell'art.27 (per non uso riguardante una sola parte delle classi merceologiche dei prodotti) che prevedono come, a pena di decadenza, il marchio debba formare oggetto di uso effettivo per i prodotti per i quali è stato registrato entro cinque anni dalla registrazione e che tale uso non debba essere sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo che il mancato utilizzo non sia giustificato da un motivo legittimo. 
Assumeva il tribunale da una parte (pur tenuto conto che l'onere della prova del non uso gravava su parte attrice) che l'uso effettivo vi era concretamente stato e, dall'altra, che il periodo di eventuale mancato uso (per uno dei due marchi) era dovuto a giustificato motivo legittimo, ex art.24, 1°c., offerto dalla presenza di un precedente procedimento giurisdizionale di nullità avente ad oggetto uno dei due marchi proposto da soggetto terzo ( , dante causa di parte attrice-appellante). 
Piu' in particolare, il primo giudice evidenziava che, essendo stato il marchio registrato il ### ed il marchio n. registrato in data ###, i periodi cui fare riferimento per individuare l'utilizzo del marchio (e, quindi, valutare l'eventuale decadenza), considerato che il segno distintivo dev'essere utilizzato, appunto, entro cinque anni dalla registrazione, erano, rispettivamente, quello dal 2.6.15 al 24.10.17 (data della notifica dell'atto di citazione) nonché quello dal 21.12.15 al 24.10.17. Spiegava il tribunale che nella fattispecie in esame trovava ancora applicazione l'art.121, 1°c., CPI nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.G.s.vo n.15/2019 (in forza delle quali ora è previsto che “in ogni caso in cui sia domandata o eccepita la decadenza per non uso, il titolare fornisce la prova dell'uso del marchio”) che statuiva come “l'onere di provare...la decadenza del titolo di proprietà industriale incombe in ogni caso a chi impugna il titolo… la prova della ##### decadenza del marchio per non uso puo' essere fornita con qualsiasi mezzo comprese le presunzioni semplici”. 
Detto questo il giudice di prime cure rilevava che il marchio n. (in relazione a tutte le classi in questione) era stato oggetto di una causa (al fine della declaratoria di nullità del medesimo) iscritta dinanzi al tribunale di ### dalla società (che avrebbe poi ceduto i propri marchi alla con atto introduttivo notificato in data ### al sig. e definita con sentenza della Corte di Cassazione del 4.9.17. Considerato che la contestazione in giudizio sulla legittimità dell'uso del segno (quale derivante da una domanda di nullità) rappresentava quel giustificato motivo legittimo del mancato uso che impediva il decorso del termine quinquennale di decadenza, ne derivava che, appunto, alcuna decadenza risultava occorsa in relazione al marchio suddetto. 
In relazione al marchio n. ed in riferimento alle classi di prodotti 7 (macchine-motori) e 12 ### il tribunale rilevava che dall'agosto 2012 al 22.4.13 sicuramente l'utilizzo vi era stato (come emergeva dalle prodotte autorizzazioni alle omologazioni dei mezzi) con la conseguenza che il quinquennio di non uso (nel periodo 22.4.13 - 24.10.17) non era trascorso.  ### di entrambi i segni distintivi, inoltre, si era verificato nei settori dell'abbigliamento (classe 25) e dei giochi/sport (classe 28) tramite, rispettivamente, le società licenziatarie dei marchi , con sede ###nessuno dei suddetti settori si era verificato un mancato utilizzo per un periodo di cinque anni, giacchè fino, rispettivamente, al dicembre ed al febbraio dell'anno 2013 vi era prova documentale dell'utilizzazione del segno. 
Spiegava, inoltre, il tribunale che in relazione ad entrambi i marchi e a tutte e quattro le suddette classi di prodotti risultava documentalmente l'utilizzo tramite società licenziatarie. 
In particolare, per le classi 7 e 12 la , con sede a ####, di cui il sig.   è a mministratore u nico, a veva p rodotto e p resentato s ul mercato, quale licenziataria, diversi modelli di autoveicoli e motocicli (questi ultimi venduti alla clientela anche tramite concessionarie quali la e la sui quali erano stati apposti i marchi contestati; i listini prezzi dei veicoli erano a disposizione del pubblico anche sui siti web di riviste specializzate; i motocicli erano pubblicizzati sul web, erano stati presentati anche ad un'esposizione internazionale (### di Napoli) nell'anno 2014 (con relativa vendita di quattro esemplari al concessionario) e (come comprovano i documenti prodotti a campione) risultavano immatricolati e muniti di certificazione di ### conformità CE; autoveicoli elettrici recanti il marchio , prodotti e venduti dalla alla espositore su licenza concessa da erano stati presentati al ### di Napoli nel maggio 2017; erano state immesse sul mercato anche biciclette elettriche esposte alla ### di ### nel maggio 2016; i motocicli venivano venduti anche sul mercato spagnolo; aveva provato di aver fornito numerosissimi accessori e pezzi di ricambio a marchio a favore della suddetta s.r.l. 
Spiegava il tribunale che parte convenuta aveva fornito prova dell'utilizzo del segno distintivo, sempre per le classi di prodotti 7 e 12, ed anche per gli anni 2015 - 2017, tramite la produzione di brochure tecniche di ben sette modelli di motocicli; le omologazioni europee dei motoveicoli, le conseguenti omologazioni italiane ed i certificati progressivi di conformità CE emessi dal costruttore con i numeri di identificazione dei veicoli necessari per l'immatricolazione in ### aveva anche prodotto tre libretti di circolazione di motocicli ### immatricolati tra il 2016 ed il 2017 nonché 19 fatture di vendita dei motoveicoli emesse dal concessionario di Napoli verso i clienti dall'anno 2016 fino al maggio del 2018. 
In relazione alle classi n. 25 e 28 aveva dimostrato di utilizzare (come detto, senza interruzioni temporali di cinque anni consecutivi) i marchi contestati nel settore dell'abbigliamento, tramite società licenziatarie tra cui la , la quale aveva venduto articoli di abbigliamento e gadget alla società e nel settore giocattoli tramite la società che aveva fornito alla suddetta s.r.l.   n on so lo sta mpi i n sil icone p er m odellini g iocattolo, ma anche almeno 1.000 modellini recanti il marchio In considerazione di tutto quanto suddetto il tribunale rigettava le domande della parte attrice. 
Propone appello la ribadendo che l'uso del marchio non era intervenuto e che la presenza di una causa giudiziale non costituiva giustificato motivo di non uso del segno distintivo. 
Specificamente, con il primo motivo d'appello contesta che emerga prova dalle produzioni documentali di controparte dell'effettività dell'utilizzo dei marchi oggetto del giudizio, tanto piu' che ritiene ammissibile (al contrario di quanto statuito dal tribunale in primo grado) la produzione della relazione tecnica allegata in comparsa conclusionale quale prova contraria ai documenti prodotti da a seguito dell'ordine di esibizione emesso dal giudice di primo grado ex art.210 c.p.c. (una parte dei quali esulanti dall'ordine di ### esibizione e, come tali, non utilizzabili in causa). Né parte appellante era tenuta (come sostenuto dal giudice di primo grado) a disconoscere, ex art.2712 c.c., le riproduzioni fotografiche (di fiere commerciali ove sarebbero stati esposti motoveicoli a marchio di fatti ad essa ignoti (foto non riportanti le date degli eventi). 
Con il secondo motivo d'appello nega che la pendenza di un giudizio di invalidità del marchio possa essere qualificata quale legittimo motivo di non uso del marchio medesimo. 
Con il terzo motivo parte appellante lamenta che, in ogni caso, anche volendo ammettere l'esistenza di una prova dell'uso del marchio nel settore “veicoli” certamente tale prova risulterebbe del tutto assente per le classi “abbigliamento” e “giocattoli” ove una sola fattura per ciascun settore risulta prodotta; fatture non riguardanti i periodi di riferimento indicati dal tribunale, una riferita a prodotti omaggio (il che non costituisce uso effettivo del marchio) ed emesse nei riguardi di aziende riferibili al sig. e, quindi, non attestanti “uso pubblico” del segno. 
In ogni caso, le quattro classi di settore sotto le quali i marchi sono stati registrati riguardano categorie ampie e distinte in sottocategorie per una parte delle quali certamente alcun effettivo utilizzo è stato comprovato (ad es., per la classe 7 relativamente alle “incubatrici per uova”) e, di conseguenza, per tale parti dei prodotti la decadenza dev'essere dichiarata. 
Con il quarto motivo d'appello la si duole che le prove orali dedotte non siano state ammesse nonostante la probatio diabolica del mancato uso del marchio incomba su di lei e le istanze istruttorie fossero dirette all'assunzione di testimonianze di esperti del settore in grado di riferire sull'utilizzo del marchio Si costituisce in giudizio chiedendo, pregiudizialmente, la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione ex art.342 c.p.c. e, comunque, nel merito, il rigetto dell'appello aderendo in toto alle motivazione della sentenza di primo grado, rilevando che l'onere della prova incomba sulla controparte e che, nonostante questo, la dimostrazione dell'utilizzo dei marchi sia stata fornita. In ogni caso, l'appellato aveva dedotto in primo grado prove orali riguardo all'utilizzo dei marchi. Rileva che la produzione della relazione avversaria sub doc. 30 fosse inammissibile in comparsa conclusionale anche perché la richiesta relativa, svolta all'udienza del 16.1.19, non era stata riproposta in sede di precisazione delle conclusioni. Sottolinea che i documenti comprovanti l'utilizzo dei marchi non erano stati né contestati ex art.115 c.p.c. né disconosciuti ex art.2712 c.c. entro i termini ritualmente previsti, ma lo erano stati solo (del tutto tardivamente) in comparsa conclusionale. Aderiva, comunque, in toto, alle motivazioni della sentenza di primo grado. #### dev'essere respinto. 
In via pregiudiziale si deve rilevare che non sussistono i presupposti per la declaratoria di inammissibilità dell'appello ex art.342 c.p.c. vista la sufficiente specificità dei motivi e delle censure che connotano l'impugnazione. 
E' opportuno premettere che le vicende riguardanti la allegata richiesta di registrazione, da parte della di marchi comunitari omonimi, oggetto di opposizione ### dinanzi alla relativa ### da parte di (causa registrazione anteriore dei marchi nazionali), non rilevano nel presente giudizio vertente sulla decadenza dei marchi per mancato uso. 
Non è oggetto di appello incidentale, d'altra parte, l'affermata (dal giudice di primo grado) titolarità, ex art.122, 1°c., CPI, in capo alla di un interesse giuridicamente tutelabile che la legittimi a rilevare la decadenza per non uso del marchio del sig.   cosicchè la questione riguardante la mancata registrazione dei marchi comunitari in capo alla e la sua eventuale influenza sulla legittimità all'azione di decadenza non rileva nel presente procedimento.  ### attrice - appellante propone domanda infondata nel merito perché non adempie all'onere della prova del non uso del marchio su di lei gravante ex art.121, 1°c., CPI nella versione antecedente alla riforma normativa del 2019, che prevedeva espressamente che “l'onere di provare la nullità o la decadenza del titolo di proprietà industriale incombe in ogni caso a chi impugna il titolo”. La circostanza che l'ultima parte del primo comma dell'articolo in questione specificasse che “la prova della decadenza del marchio per non uso puo' essere fornita con qualsiasi mezzo comprese le presunzioni semplici”, comporta una mera agevolazione dell'onere della prova che dev'essere in ogni caso fornita dalla parte che allega la decadenza (Cass. 1977 n.4434) e non un'inversione dell'onere medesimo. 
La decadenza del marchio per non uso va provata (anche invia indiretta e presuntiva) da chi ne afferma la verificazione ed è impedita da un utilizzo effettivo, anche discontinuo o locale, ad opera anche di soggetti terzi non in contrasto con la volontà del titolare (Cass.2017 n.7970).  ### che agisce per la declaratoria di decadenza di un marchio brevettato deve provare il non uso del marchio nell'intero territorio nazionale; tale onere probatorio puo' essere assolto anche in via indiretta e presuntiva purchè con circostanze significative e concordanti idonee ad evidenziare tale non uso e dev'essere inteso nel senso che, accertate particolari ### circostanze connesse alla vita del marchio, il mancato uso di questo possa essere desunto anche in via di presunzione (#### 23.12.2020 in Iusexplorer.it). 
Ne discende che la mancata prova dell'utilizzazione (o la prova di un uso limitato) da parte del titolare della privativa non è, ex se, una prova ### indiretta del non uso (#### 26.4.1982, GADI, 82, 448), tanto piu' che nell'uso effettivo del marchio viene ricompreso anche quello svolto in funzione pubblicitaria di veicolazione del segno (### Venezia, 22.3.2008, in Foro It. 2009, , 4, I, 1249). 
La dottrina e la giurisprudenza hanno provveduto ad individuare elementi e parametri da cui è possibile far derivare le presunzioni di non uso del marchio, quali l'assenza dei prodotti marchiati dai listini pubblicati dalle associazioni di categoria (#### 3.9.2007 in Pluris), l'assenza dei prodotti marchiati dai cataloghi dell'impresa titolare della privativa, e simili. 
Alcun elemento probatorio presuntivo nel senso suindicato è stato pero', dedotto da parte attrice - appellante e, anzi, è la documentazione prodotta da parte appellata ad offrire elementi di prova dell'utilizzo del segno. 
Le istanze istruttorie per testi avanzate da parte attrice - appellante (e già respinte) in primo grado, infatti, sono del tutto inidonee allo scopo. Il primo teste indicato, titolare di un'officina specializzata sita nel paese di ### in provincia di ### e presidente del “### club d'Italia” dovrebbe deporre sulla circostanza che alcun cliente gli ha mai chiesto di riparare la nuova tipologia di motorini ### marchiati dal convenuto nonché sul fatto che in occasione dei raduni del club non vi fossero stand commercializzanti prodotti di nuova generazione a marchio circostanze del tutto irrilevanti ai fini di provare che sul territorio nazionale tali motoveicoli non circolino. Il secondo teste, che risiede in ### (e non in ) responsabile della società della sede ###della sede italiana) dovrebbe confermare che, in forza di sue ricerche (non meglio identificate e la cui verosimiglianza non vi è modo di appurare) in non sarebbero stati immessi sul mercato nuovi motoveicoli marchiati “Innocenti”. 
Prima di analizzare gli elementi di prova allegati dal sig. è necessario premettere (come giustamente sottolineato dal giudice di primo grado) che il marchio n. è stato oggetto di un'azione di nullità promossa in data ### dalla (che in seguito avrebbe ceduto i propri marchi alla conclusasi con sentenza della Corte di Cassazione in data ### (che ha integralmente respinto la domanda). ### CP_ ### CP_ #### rappresenta un motivo legittimo che puo' giustificare il non uso quinquennale del segno, ai sensi dell'art.24, 1°c., CPI (ed impedire, quindi, la decadenza), come unanimemente sostiene la giurisprudenza italiana di merito, l'ostacolo (che non deve necessariamente rendere l'uso del marchio impossibile, ma puo' risolversi in un elemento che ne renda irragionevole l'uso) individuato dalla contestazione giudiziale sulla legittimità dell'uso del segno, in quanto trattasi di evento non ricompreso nel normale rischio d'impresa, sia per il pericolo di vanificazione di qualsiasi investimento ed esborso effettuato nel caso di soccombenza sia per la possibile esposizione alle richieste di risarcimento del danno in caso di utilizzo (### Bologna, 13.6.2011, in Giur. annotata di dir. ind., 2012, 1, 284; ### Bologna 28.8.2008, in Gadi, 2008, 1150; #### 22.5.2003, in Gadi, 2004, 479). 
Né la giurisprudenza comunitaria (a prescindere dalla circostanza che ai marchi nazionali oggetto del giudizio si applica la normativa interna e non direttamente il corrispondente ### n.207/2009 sul marchio dell'### sostiene tesi contraria, giacchè la Corte di Giustizia UE si limita a sottolineare il carattere eccezionale dell'esclusione della decadenza in presenza di un motivo legittimo di non uso perché non ogni ostacolo, benchè minimo ed indipendente dalla volontà del titolare del marchio, è sufficiente a giustificarne il mancato uso, cosicchè spetta al giudice nazionale investito della causa valutare in concreto l'esigibilità del cambio di strategia imprenditoriale idonea a superare l'ostacolo all'uso del marchio (Corte Giustizia UE 14.6.2007 n.246). 
Cio' vale tantopiu' nel caso oggetto del presente giudizio ove a fronte di un marchio registrato in data ###, l'atto di citazione avente ad oggetto la declaratoria di nullità del medesimo venne notificato a già in data ### e, cioè, nei mesi immediatamente successivi, circostanza che poteva sicuramente suggerire una prudenziale strategia imprenditoriale attendista onde evitare rischi e costi legati ad investimenti che sarebbero potuti essere pregiudicati dall'esito del giudizio, tanto piu' che tra le parti in causa si sono sviluppati (e sono in corso) una pluralità di contenziosi di natura giurisdizionale. 
Considerata, di conseguenza, la legittimità dell'eventuale non uso del marchio, ne discende che, alla data del 24.10.17 (data della notifica dell'atto di citazione introduttivo del presente giudizio), alcuna decadenza quinquennale poteva, in ogni caso, essersi verificata per il marchio n.1301743 in relazione a tutte e quattro le classi merceologiche in questione. ### Venendo, ora, ad analizzare gli elementi di prova allegati dinanzi al tribunale dal sig.  a nche a seguito dell'istanza ex art.210 c.p.c. avanzata dalla stessa parte appellante, è bene chiarire alcune questioni pregiudiziali. 
Innanzi tutto la relazione tecnica prodotta (sub doc. n.30) da parte attrice solo in comparsa conclusionale di primo grado deve considerarsi tardiva ed inammissibile. ### appellante sostiene che la stessa rappresenterebbe una prova contraria alle prove acquisite tramite l'ordine di esibizione emesso (su sua stessa richiesta) ex art.210 c.p.c. dal giudice e, quindi, non potrebbe essere preclusa. Non è cosi'. 
In primis, all'udienza del 16.1.19 parte attrice chiedeva al giudice di poter produrre tale relazione tecnica, ma la causa veniva rinviata all'udienza del 6.3.19 ove parte attrice reiterava l'istanza, controparte si opponeva ed il giudice rimetteva alla decisione del collegio le ### istanze delle parti rinviando per la precisazione delle conclusioni all'udienza dell'8.1.20 ove parte attrice precisava specificamente tanto le conclusioni istruttorie (richiamando quelle delle memorie ex art.183, 6°c., n.2 e n.3 c.p.c.) che quelle di merito, ignorando la precedente richiesta di produzione della relazione tecnica. ### istruttoria, quindi, sulla quale il giudice non aveva provveduto e che non è stata riproposta in sede di conclusioni definitive, deve ritenersi rinunciata (Cass.2017 n.19352; Cass.2011 n.9410) non ravvisandosi agli atti palesi elementi di mera omissione materiale (Cass.2004 n.9465). 
In ogni caso, all'esito dell'ordine di esibizione ex art.210 c.p.c. emesso dal giudice su istanza della stessa parte attrice, la stessa non ha diritto ad alcun termine per la deduzione di prova contraria che è preclusa dalla scadenza dei termini perentori ex art.183, 6°c., c.p.c., e non ricorrendo, nella fattispecie, il caso di cui all'art.183, 8°c., c.p.c., considerato che la deduzione di termini ulteriori per mezzi di prova è prevista solo nel caso il giudice disponga mezzi di prova d'ufficio, fattispecie estranea all'esibizione documentale ex art.210 c.p.c. 
Al contrario, tutti i documenti prodotti da parte convenuta all'esito dell'ordine di esibizione devono ritenersi (disattendendo l'eccezione di parte appellante) ammissibili, anche quelli (doc. n.70, 72, 74) relativi a libretti di circolazione, ad un contratto ed a fotografie. Non rileva che, a detta di parte s.a. l'ordine ex art.210 c.p.c. avesse ad oggetto solo “fatture”, giacchè il medesimo riguardava piu' latamente “documentazione contabile” e, inoltre, era stato emesso espressamente “al fine di conoscere se vi sia stato o meno un uso del marchio da parte convenuta in forma giuridicamente rilevante” e, appunto, i documenti versati soddisfano proprio il fine espresso dall'ordine di esibizione e, quindi, rientrano nel suo oggetto (perlomeno implicitamente). ### Sempre in via pregiudiziale bisogna ribadire (con il giudice di primo grado) che la maggior parte dei documenti (anche fotografici) prodotti, non sono stati fatti oggetto, in primo grado, di rituali e tempestive contestazioni, giacchè sono stati contestati o disconosciuti ex art.2712 c.c. (quasi tutti) solamente con la comparsa conclusionale, atto con il quale alcuna contestazione è piu' ammessa ex art.115 e 183, 6°c., c.p.c. 
Il documento n.18 di parte convenuta in primo grado (presentazione del al ### di Napoli nel 2017), nonostante sia stato prodotto con la comparsa di risposta, è stato disconosciuto tardivamente ex art.2712 c.c. solo in seconda memoria ex art.183, 6°c., c.p.c., esauritasi la fase delle allegazioni di merito, mentre tale disconoscimento sarebbe dovuto intervenire tempestivamente nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla relativa produzione (Cass.2010 n.9526). 
I documenti n.23 e 24, riferiti alla vendita di articoli delle classi 25 ### e 28 ###, prodotti con la comparsa di risposta, sono stati disconosciuti solamente con la terza memoria ex art.183, 6°c., c.p.c., di nuovo tardivamente. Le fatture dei documenti n.60 e 62 e la documentazione di trasporto di cui al doc. n.61, pur disconosciuti tempestivamente in primo grado, ma valorizzati ugualmente dal tribunale di ### quali prove liberamente apprezzabili dal giudice ex art.2712 c.c., in sede di appello sono stati contestati solamente (pag.9 e 11 dell'atto introduttivo di secondo grado) sotto l'aspetto della ### mancanza di valore probatorio del loro contenuto (e, di conseguenza, sono certamente valutabili dal giudice d'appello dal punto di vista istruttorio). 
Né assume rilievo determinante, in relazione al materiale fotografico prodotto sub doc.  n.15, 17 e 18 (riferito all'esposizione ### del 2014, alla ### di ### del 2016 ed alla manifestazione di Napoli del 2017), la mancanza del dato temporale sulla riproduzione che escluderebbe l'obbligo del disconoscimento ex art.2712 c.c. (Cass.2017 n.28665) giacchè, almeno, vi è, comunque, l'onere di contestazione dei fatti che con la produzione fotografica si intendono provare (arg. ex Cass.2009 n.8682). 
Rileva, appunto, sottolineare che la parte ha il preciso onere di contestare specificamente, ex art.115, 1°c., c.p.c., i fatti posti dalla controparte a fondamento delle proprie pretese. 
Ora, con la prima memoria ex art.183, 6°c., c.p.c., a fronte di tutte le svariate e specifiche allegazioni di parte convenuta effettuate con la comparsa di risposta relative all'effettivo utilizzo dei marchi parte attrice (ora appellante) si è limitata (pag.3) a contestare “sin d'ora l'idoneità delle allegazioni di controparte a dimostrare l'uso effettivo dei marchi [...] ### di titolarità del sig. nelle diverse classi di registrazione, il tutto come si avrà modo di meglio precisare…”. 
Tale contestazione non solo non è specifica (è del tutto generica), ma non rappresenta neppure una negazione dell'esistenza degli utilizzi allegati poiché si limita a contestarne l'idoneità comprovare l'uso effettivo del marchio ai fini decadenziali. 
I fatti costitutivi del diritto di controparte, del resto, devono essere tempestivamente contestati in primo grado, ex art.115 e 183, 6°c., n.1 c.p.c., in forza del principio di preclusione, entro la fase di trattazione e non certo in comparsa conclusionale, con la conseguenza che in grado di appello non è ammessa la contestazione del fatto che debba aversi per non contestato nel giudizio di primo grado (Cass.2013 n.26859) e, come tale, debba ritenersi sussistente in forza ### dell'onere di contestazione ed espunto dall'ambito degli accertamenti richiesti, con effetti vincolanti per il giudice (Cass.2018 n.5655; Cass.2016 n.12517). 
Per tali motivi non rileva, ai fini della mancata tempestiva contestazione o disconoscimento (come, invece, vorrebbe l'appellante) che i fatti allegati dal convenuto fossero, a detta della s.a. a lei sconosciuti, tanto piu' che nel caso oggetto del presente giudizio l'onere della prova grava sull'appellante che, a maggior ragione, avrebbe dovuto, in ogni caso, prendere posizione sulla documentazione allegata dal convenuto che contrastava con i fatti costitutivi della sua domanda comprovabili, appunto, in via indiretta, tramite valutazione delle circostanze allegate da controparte e connesse con la vita del marchio. 
Venendo al merito della questione e rinviato a quanto detto supra in relazione alla mancata decadenza del marchio n. in forza del giustificato motivo del non uso causa il procedimento giudiziario intercorso, rileva sottolineare che la documentazione prodotta dal convenuto - appellato (e, come detto, integralmente utilizzabile ai fini istruttori) rappresenta una serie di elementi probatori che non consentono di considerare adempiuto l'onere della prova di parte appellante circa l'effettivo non uso dei marchi oggetto del presente giudizio. 
In relazione alle classi 7 (macchine e motori) e 12 ### produce (sub doc.  n.8 e 9) la documentazione del Ministero delle ### e ### (in alcun modo contestata), riferita ad entrambi i marchi (fatto non contestato espressamente ex art.115 c.p.c.) relativa all'assegnazione dei codici di immatricolazione per quattordici motoveicoli ### ne l periodo dall'ottobre 2012 al giugno 2013 che comprova, per presunzioni, l'immissione sul mercato dei veicoli (appunto, a tale scopo immatricolati).   Il documento n.7 (composto anche di fotografie) comprova la produzione e la presentazione al pubblico sia fisicamente (a ### in ) che tramite materiale pubblicitario via internet del quadriciclo ### a marchio n.### ed il documento n.18 mostra fotograficamente la presentazione del ### all'indicato ### di Napoli del maggio 2017. 
I documenti n.12 e 14 riportano, tramite screenshot sul web, specifici cataloghi dei veicoli e listini prezzi della in data ### (in continuità con l'utilizzo precedente ed entro il quinquennio) e la presenza dei marchi sui listini pubblicati rappresenta proprio una presunzione di utilizzo del marchio (Corte d'Appello di ### 3.9.2007 in Pluris) che, del resto, come spiega la piu' autorevole dottrina unitamente alla giurisprudenza, puo' desumersi anche attraverso l'uso del marchio nella pubblicità (### Bologna, 13.6.2011, in Gadi, 12, 284; cosi' anche ### di primo grado ### 25.3.2009 T - 191/07, che ha ritenuto soddisfatto l'onere di utilizzazione tramite la presentazione di brochures pubblicitarie e di alcune decine di fatture) . 
Né rileva (come vorrebbe parte appellante) che tali ultimi documenti abbiano una data posteriore all'inizio del giudizio di primo grado giacchè per la valutazione della serietà dell'uso del marchio possono essere presi in considerazione persino documenti di data posteriore al decorso del quinquennio per l'accurata valutazione di quanto (come suvvisto) avvenuto in precedenza (Corte di Giustizia UE 27.1.2004 C-259/02). 
Il documento n.15 allega (tramite fotografie) la presenza di motocicli a marchio n. all'esposizione ### dell'ano 2014 e relativamente alla quale (doc. n.60) è stata emessa nell'anno successivo fattura per quattro scooter al concessionario i Napoli. 
Per cinque motoveicoli a marchio prodotti dal licenziatario risultano emessi i certificati di conformità CE al fine dell'immatricolazione negli anni 2012, 2013 e 2104 (doc. 16 A - F) .  ### di ### nel maggio del 2016 sono stati espositi motocicli e biciclette elettriche (doc. n.16 munito di foto).  ### di Napoli nel maggio 2017 sono stati esposti autoveicoli-quadricicli elettrici a marchio n.1301743 come emerge dalla documentazione fotografica (doc. n.18) e dal contratto di locazione del relativo stand sottoscritto dal licenziatario (doc. ### n.72); otto di tali quadricicli sono stati venduti in data ### alla società organizzatrice del ### (### s.r.l.) come emerge dalla relativa fattura (doc.  n.73). 
Ulteriori elementi di prova valutabili a favore dell'effettivo utilizzo del marchio sono dati dalla produzione della documentazione di trasporto emessa nell'anno 2014 dalla per la fornitura di alcune migliaia di pezzi di ricambio per veicoli a marchio al concessionario (doc. n.61). 
Per quanto attiene specificamente l'utilizzo del marchio durante gli anni 2013 - 2017 h a p rodotto le brochure tecniche di sette modelli ### di motociclo corredate dalle relative omologazioni europee, dall'assegnazione del codice di omologazione italiano, dai certificati di conformità CE. 
Rilevante, ai fini del presente giudizio, appare, all'esito dell'ordine di esibizione ex art.210 c.p.c., la produzione di tre libretti di circolazione di motocicli ### degli anni 2016 e 2017 (doc. n.70) nonché di diciannove fatture di vendita emesse verso clienti dal concessionario con sede in Napoli, per gli anni 2016, 2017 e 2018 (doc. n.71). 
E' opportuno considerare che gli organi giurisdizionali europei hanno reputato che ricorra un uso effettivo del marchio (idoneo ad evitare la decadenza) allorchè questo assolva alla sua funzione essenziale che è quella di garantire l'identità di origine del prodotto per il quale è stato registrato al fine di trovare uno sbocco sul mercato ad esclusione dei soli utilizzi simbolici tesi unicamente a conservare i diritti conferiti dal marchio (Corte di Giustizia UE 15.1.2009, C-495/97). A tal fine è necessario che il marchio venga utilizzato pubblicamente verso l'esterno, ma non è necessario che l'uso avvenga nei confronti dei consumatori, essendo sufficiente che abbia luogo nei riguardi di intermediari commerciali (### di primo grado UE, 21.11.2014, T - 524/13). 
In relazione all'entità dell'impiego, poi, la giurisprudenza europea ha ritenuto sufficiente e consono ad uso serio ed effettivo del marchio l'emissione di venti fatture per un limitato novero di prodotti ( ### di primo grado UE 24.10.2014 , T - 543/12). 
Se ne puo' concludere che in relazione alle classi di prodotti n. 7 e n.12 parte appellante non ha fornito la dimostrazione, su di lei incombente, del mancato uso dei marchi per il quinquennio normativamente previsto al fine della declaratoria di decadenza. 
Per quanto attiene all'utilizzo dei marchi nelle classi 25 (“abbigliamento”) e 28 (“giocattoli”) parte appellata ha prodotto ritualmente in primo grado, rispettivamente, una fattura di ### vendita del 5.12.13 (doc. n.23 e 62) emessa dalla propria licenziataria nei riguardi della avente ad oggetto 6.500 articoli promozionali (camicie, felpe, polo, borse e penne) tutte a logo “ (riferibili ad entrambi i marchi come da sentenza di primo grado non oggetto di appello sul punto) per un ammontare di euro 12.200,00 ed una fattura del 28.2.13 (doc.n.24) emessa dalla (sua licenziataria) alla medesima s.r.l. per un ammontare di euro 20.793,66 avente ad oggetto uno stampo in silicone per modellini nonché 1.000 modellini in resina “ . 
Dalle date di tali fatture sino all'instaurazione del giudizio i cinque anni che sanciscono la decadenza dall'utilizzo del marchio non risultano trascorsi. ### parte, l'onere di utilizzazione non è diretto a valutare il successo commerciale né a riservare la tutela dei marchi solamente a loro sfruttamenti commerciali rilevanti sotto il profilo quantitativo (### di primo grado UE, 25.5.2009, T-191/07). 
Né rileva che la fattura di vendita della classe 25 (“abbigliamento”) riguardi la cessione di articoli promozionali giacchè, innanzi tutto, soddisfa l'onere di utilizzazione anche l'apposizione del marchio su prodotti destinati ad essere distribuiti quali omaggi pubblicitari se sia finalizzato a favorire la penetrazione sul mercato di altri prodotti della stessa impresa (### di primo grado UE 9.9.2011, T-289/09, in quel caso, dello stesso genere merceologico con marchio diverso), anche di genere diverso, ma con lo stesso marchio. Sempre tenuto conto che la funzione pubblicitaria è di per sé già rappresentativa dell'utilizzo del marchio (### Venezia, 22.3.2008, in Foro It. 2009, , 4, I, 1249). 
In secondo luogo nel caso oggetto del presente giudizio non è intervenuta una distribuzione ai consumatori quale omaggio pubblicitario, ma una vendita con relativo corrispettivo pecuniario a favore di un intermediario commerciale che, come detto supra, rappresenta un uso conforme all'utilizzo effettivo del marchio. 
Inammissibile, infine, risulta anche il motivo di appello fondato sulla circostanza che il giudice non avrebbe valutato, ai sensi dell'art.27 CPI (che prevede che se i motivi di decadenza di un marchio sussistono soltanto per una parte dei prodotti per i quali è registrato, la decadenza riguarda solo questa parte di prodotti), che le categorie dei prodotti registrati sono distinguibili in sottocategorie per i cui singoli prodotti di appartenenza dev'essere dichiarata la decadenza in caso di non uso.  7 nei documenti depositati da non vi sarebbe alcuna indicazione che i marchi sarebbero stati usati (ad ### es.) per le sottoclassi macchine utensili, strumenti agricoli, incubatrici per uova; per la classe mancherebbero indicazioni circa gli apparecchi di locomozione aerei e nautici; per la classe difetterebbero prove circa l'uso per scarpe e pelletteria, mentre per la classe non vi sarebbero riscontri ### per le decorazioni degli alberi di ### Ora, a prescindere da ogni altra considerazione (a questo punto superflua), in atto di citazione di primo grado (pag. 3 e s.) la ha fondato espressamente la propria “legittimazione attiva” sull'interesse commerciale basato sulla sua attività di produttore e commerciante di “motocicli, altri veicoli e accessori ed oggettistica connessa…”. 
Ha invocato il principio di scindibilità dell'art.27 CPI soltanto al fine di differenziare espressamente e semplicemente (pag.5 dell'atto introduttivo, neretto dell'estensore) “il 7 e 12 dal settore “abbigliamento” di cui alla classe e dal settore dei “giocattoli/articoli per lo sport” di cui alla classe ”. 
Nella trattazione, poi, dei settori “automobilistico”, “abbigliamento” e “giocattoli/articoli per lo sport” alcun minimo accenno alla distinzione in sottoclassi ed al mancato uso dei marchi in tali (mai indicate e definite) sottoclassi emerge dall'atto introduttivo del processo. Né parte attrice ha mai allegato quale fatto costitutivo della sua domanda il mancato utilizzo del marchio relativamente ai singoli prodotti rispetto ai quali sarebbero a loro volta suddivise le quattro classi ma, al contrario, ha dedotto che il marchio registrato non veniva utilizzato in alcun modo per nessuna delle quattro distinte classi (distinzione rappresentante l'unico motivo di riferimento all'art.27 CPI), ciascuna considerata in modo del tutto unitario. Mai, del resto, prima dell'atto di citazione di appello, la ha mai fatto menzione all'esistenza delle suddette sottoclassi. 
Non per nulla, in primo grado, la sua espressa richiesta di esibizione ai sensi dell'art.210 c.p.c. ha avuto ad oggetto documentazione riguardante “motorini, quadricicli, abbigliamento e giocattoli” ed in tali limiti è stata, appunto, disposta dal giudice.  ### sul punto, di conseguenza, è inammissibile, sempre considerando, in ogni caso, che a maggior ragione sarebbe risultata necessaria l'indicazione nell'atto introduttivo del giudizio (anche in relazione all'onere della prova gravante sull'attrice), ai fini dell'instaurazione del contraddittorio sul punto, di quali prodotti appartenenti a quali sottoclassi si invocasse il mancato uso effettivo, considerato che, ex art.27 CPI, non puo' essere pronunciata la decadenza per non uso di un marchio in relazione a prodotti affini a quelli per i quali è stato effettivamente utilizzato (### Bologna, 6.11.2012, in GADI, 13, 742). ** **** ### La decadenza parziale per non uso, infatti, puo' riferirsi solo a prodotti del tutto diversi da quelli per i quali il marchio è stato utilizzato, principio valido in particolar modo per il genere di abbigliamento (#### 19.11.2012, in GADI; 12, 1184).  ###, di conseguenza, dev'essere respinto. 
Le spese della fase seguono la soccombenza di parte appellante nei riguardi di parte appellata, liquidate come in dispositivo, secondo i valori delle tabelle di cui al d.m. n. 55/14, art.5, 6°c., per una causa di valore indeterminato che, tenuto conto dell'oggetto e della complessità della controversia, deve reputarsi di valore tabellare pari ad euro 260.000,00. 
Sussistono i presupposti per il versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13, co. 1-quater, D.P.R. n. 115/02 a carico dell'appellante.  P.Q.M.  La Corte d'Appello di #### specializzata in materia di imprese, ogni altra istanza, eccezione e deduzione respinta, così definitivamente pronunciando; respinge l'appello proposto dalla in persona del legale rappresentante, nei confronti di avverso la sentenza n.2216/2020 emessa in data ### dal ### di ### sezione specializzata in materia di imprese che, per l'effetto, conferma integralmente; condanna la parte appellante a rimborsare alla controparte le spese del presente grado del processo, che liquida in euro 9.515,00 per compensi, oltre rimborso forfettario 15%, oltre C.P.A. e I.V.A. come per legge; per effetto della presente decisione, sussistono i presupposti per il versamento dell'ulteriore contributo unificato a carico di parte appellante. 
Così deciso in ### nella ### di Consiglio del 10.11.2021 dalla ### della Corte d'Appello.   ### dott.ssa ### estensore dott. #### 

causa n. 1037/2020 R.G. - Giudice/firmatari: N.D.

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