REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA ### Riunita in camera di consiglio e composta dai sigg.: Dott. ###ssa #### rel./est. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 1615/2015 promossa da: ### S.P.A. GIÀ ### S.R.L. (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### (###), dell'avv. ### e dell'avv. ### (###); elettivamente domiciliata in ### 5 MILANO, presso lo studio dell'avv. ### contro ### & ### S.R.L. (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### e dell'avv. #### (###) ### 9 95126 CATANIA; elettivamente domiciliato in VIA G. ### 9 CATANIA presso il difensore avv. ### APPELLATA - ### CONCLUSIONI All'udienza del 29.11.2023 le parti precisavano le conclusioni come da verbale in atti e l'appellante chiedeva, ai sensi dell'art. 352, comma 2, c.p.c., che la causa venisse discussa oralmente dinanzi al collegio.
Il collegio assegnava i termini ex art. 190 c.p.c.
Entro la scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica l'appellante depositava istanza di discussione orale della causa.
Con provvedimento del 5.2.2024 la Corte fissava l'udienza del 20.3.2024 per la discussione orale della causa.
Alla detta udienza le parti discutevano oralmente la causa e la Corte la tratteneva in decisione. ************************************************ SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con sentenza n. 4737/15, pubblicata in data ###, il Tribunale di Catania, sezione specializzata in materia di impresa, in parziale accoglimento delle domande proposte da ### s.r.l. (oggi ### S.p.A. ma nel prosieguo, per comodità, sempre ### s.r.l.) nei confronti di ### & ### s.r.l., statuiva come segue: “• DICHIARA che la ### e service s.r.l. ha violato i diritti di privativa industriale della ### s.r.l. per aver commercializzato in ### lenti a contatto recanti i marchi #### e ### provenienti da siti produttivi extraeuropei in mancanza di consenso all'immissione delle stesse nello spazio economico europeo da parte di essa ### s.r.l.; • DICHIARA che la ### e service s.r.l. ha violato i diritti di privativa industriale della ### s.r.l. per aver commercializzato in ### lenti a contatto recanti i marchi #### e ### provenienti da siti produttivi extraeuropei in mancanza di consenso all'immissione delle stesse nello spazio economico europeo da parte di essa ### s.r.l.; • INIBISCE alla ### e service s.r.l. di commercializzare in ### lenti a contatto recanti i marchi #### e ### provenienti da siti produttivi extraeuropei in mancanza di consenso all'immissione delle stesse nello spazio economico europeo da parte di essa ### s.r.l.; • FISSA in euro 500,00 la sanzione per ogni violazione della superiore inibitoria; • ORDINA il ritiro dal mercato delle lenti a marchio ### immessevi dalla ### e service s.r.l. in violazione dei diritti della ### con previsione di una penale pari ad almeno 5.000 Euro per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione di detto ordine; • ORDINA la distruzione delle lenti a marchio ### immesse sul mercato da ### e/o detenute dalla stessa in violazione dei diritti dell'attrice, a cura di ### ed a spese della convenuta; • ORDINA la pubblicazione del dispositivo, a cura di ### e spese della convenuta, su tre quotidiani e tre riviste di settore, su due numeri anche non consecutivi ed in dimensioni doppie rispetto al normale; • RIGETTA la domanda di risarcimento del danno; • CONDANNA la ### e service s.r.l. alla refusione delle spese di lite in favore della ### s.r.l. che liquida in euro 22.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e c.p.a. come per legge; • PONE definitivamente a carico della ### s.r.l. le spese di ctu”.
In particolare, il primo giudice riteneva che: a) il sequestro operato dalla G.d.F. in data ### (da cui è scaturito il procedimento penale, per i reati di cui agli artt. 517 ter e 517 c.p., conclusosi con l'assoluzione del legale rappresentate di ### & ### s.r.l. con sentenza del Tribunale di Roma in data ### in atti, del tutto irrilevante, contrariamente all'assunto dell'appellata, ai fini del presente giudizio, atteso che la decisione risulta fondata, in punto di diritto, sulla interpretazione dell'art. 517 ter c.p. secondo cui detta norma punisce - a differenza dell'art. 127, comma 1, c.p.i., ormai abrogato dall'art. 15 L. 23 luglio 2009, n. 99 , il quale invece si attagliava al caso in esame - “non già chi importa in violazione del titolo, bensì chi introduce nel territorio dello Stato i beni di cui al primo comma, e cioè oggetti o altri beni realizzati usurpando un titolo di proprietà industriale o in violazione dello stesso”; v. p. 5 della sentenza penale) e b) l'estratto conto delle forniture di lenti a contatto effettuate da #### Ltd. acquisito dalla G.d.F. in occasione dell'accesso eseguito presso i locali di ### & ### s.r.l. in data ###, fornissero la “prova incontrovertibile della provenienza extracomunitaria di partite di lenti a contatto commercializzate dalla convenuta” e “del fatto che la convenuta solesse acquistare da società con sede tailandese le lenti poi commercializzate in Italia”, risultando quindi “documentale la circostanza che parte convenuta abbia importato - precedentemente al ridetto sequestro del settembre 2010 - nel mercato europeo lenti provenienti da paese extracomunitario” (v. pp. 4 e 5 della sentenza).
Per il periodo di tempo successivo al già citato sequestro del 23.9.2010 (avente ad oggetto una partita di ben 116.460 lenti contatto provenienti dalla ### e destinate alla convenuta a cui erano state vendute dalla società tailandese #### Ltd.) il Tribunale riteneva che: “l'affermazione di parte convenuta secondo cui le lenti acquistate dai grossisti europei proverrebbero dal sito produttivo tedesco (cfr. pag.4 comparsa di costituzione) risulta documentalmente smentita dalle fotografie delle scatole oggetto di sequestro presso la sede della convenuta da cui risulta che queste erano state prodotte negli USA (cfr. doc.17 fasc. parte attrice)” (dovendosi subito per chiarezza osservare come in questo passaggio si faccia riferimento alla merce sequestrata in data ###, presso il magazzino della convenuta in esecuzione del decreto di sequestro emesso inaudita altera parte, in data ###, dal Tribunale delle ### di ### adito dall'attrice in sede cautelare nell'ambito del procedimento a cui farà seguito il giudizio di merito all'esito del quale verrà emessa la sentenza oggi appellata).
Indi, premesso che la convenuta si era difesa assumendo che la merce sequestrata presso il suo magazzino in data ### fosse stata da lei acquistata presso due fornitori di europei e, segnatamente, la ### con sede ###sede a ### da ciò solo discendendo, a suo avviso, la prova dell'esaurimento del marchio comunitario di cui ### era titolare, il Tribunale esponeva le ragioni secondo cui sarebbe stato onere della ### & ### s.r.l. dimostrare che le lenti a contatto per cui è causa fossero state commercializzate all'interno dello ### con il consenso del titolare, escludendo che detto regime probatorio potesse valere solo nei rapporti diretti tra importatore dal mercato extra SEE e titolare del marchio, riguardando piuttosto qualsiasi operatore avesse acquistato i prodotti marchiati e quindi anche chi (come in ipotesi la convenuta) li avesse acquistati a sua volta dall'importatore europeo.
Una volta affermato tale principio il Tribunale rilevava come: “### specie, parte convenuta non ha fornito elementi atti a provare l'avvenuto consenso da parte dell'attrice all'immissione sul mercato SEE dei prodotti acquistati dai rivenditori europei ulteriori rispetto alla circostanza di averli acquistati -appuntoda rivenditori europei. Tale dato, tuttavia, come detto non appare sufficiente per superare l'onere di provare la sussistenza di un consenso del titolare del marchio, con conseguente sussistenza della violazione del diritto tutelato in capo all'attrice” (v. p. 8 della sentenza).
Sulla base di dette ragioni il Tribunale dichiarava che: “la ### e service s.r.l. ha violato i diritti di privativa industriale della ### s.r.l. per aver commercializzato in ### lenti a contatto recanti i marchi ##### e ### provenienti da siti produttivi extraeuropei in mancanza di consenso all'immissione delle stesse nello spazio economico europeo da parte di essa ### s.r.l.”.
Oltre a chiedere l'accertamento della violazione dei suoi diritti di privativa industriale ### s.r.l. aveva anche chiesto di condannare la convenuta al risarcimento dei danni subiti secondo quanto previsto dall'art. 125 c.p.i, inclusi i danni all'immagine, e di condannarla al pagamento dell'utile conseguito mediante la vendita di lenti a marchio ### in violazione dei diritti dell'attrice dal maggio 2006 alla data della sentenza.
Il Tribunale rigettava la domanda di risarcimento del danno e non si pronunciava su quella di retroversione degli utili.
In particolare, premesso che l'attrice aveva chiesto il risarcimento del danno da lucro cessante in misura pari all'utile conseguito dalla controparte sì come risultante dalla differenza tra il costo di acquisto delle lenti ed il prezzo di vendita, il primo giudice riteneva che tale criterio di quantificazione avrebbe potuto essere applicato in caso di vendita di beni con marchio contraffatto e non già nel caso a mani in cui le lenti a contatto, pur provenendo da fuori lo ### risultassero, “originali”, ossia prodotte da stabilimenti della ### ubicati in altre parti del mondo.
Quanto al danno all'immagine, infine, il Tribunale ne escludeva la sussistenza perché: “a fronte della puntuale contestazione mossa da parte convenuta nella propria comparsa di costituzione in ordine all'assenza di specifica allegazione e prova con riferimento ai danni asseritamente cagionati agli utilizzatori delle lenti a contatto da lenti commercializzate da essa convenuta, parte attrice non ha tempestivamente dedotto nella propria memoria ex art.183 co.6 n.1 c.p.c. elementi atti a sostenere la propria tesi secondo cui i fatti oggetto del presente giudizio le avrebbero cagionato un danno all'immagine. Nessuna prova è stata invece chiesta in ordine all'effettivo verificarsi di episodi di danni a persone cagionati dalle lenti a contatto commercializzate da parte convenuta” (v. p. 13 della sentenza).
Avverso la detta sentenza ### S.p.A. (già ### s.r.l.), proponeva appello con cui, in estrema sintesi, si doleva dell'omessa pronuncia sulla domanda di retroversione degli utili e del rigetto della sua domanda di risarcimento dei danni.
Si costituiva in giudizio ### & ### s.r.l. la quale, oltre a chiedere il rigetto dell'appello, proponeva appello incidentale volto ad ottenere la riforma della sentenza impugnata: “escludendo che ### & ### S.r.l. abbia violato i diritti di privativa industriale di ### S.r.l., oggi ### S.p.A. nei fatti in lite, eliminando altresì le sanzioni accessorie conseguenti di cui ai punti 2, 3, 4, 5 e 6 del dispositivo della sentenza”.
Rigettata, con ordinanza del 5.5.2016, la richiesta di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza appellata, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 30.1.2019.
Alla detta udienza veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c., previa nomina di nuovo consigliere relatore atteso che l'originario assegnatario era stato trasferito ad altro ufficio. ### chiedeva di procedere con discussione orale di talché la Corte fissava l'udienza del 3.7.2019.
Alla detta udienza, stante l'imminente trasferimento del relatore ad altro ufficio, la discussione veniva differita all'udienza del 30.10.2019.
Alla detta udienza la causa veniva trattenuta in decisione, previa nomina di nuovo consigliere relatore atteso che l'originario assegnatario era stato trasferito ad altro ufficio.
Veniva tuttavia rimessa sul ruolo con ordinanza del 27.4.2020 in quanto trattenuta in decisione da un collegio diverso rispetto a quello dinanzi a cui le parti avevano precisato le conclusioni.
All'udienza del 9.9.2020 le parti precisavano nuovamente le conclusioni. ### chiedeva di procedersi alla discussione orale della causa e la Corte fissava l'udienza del 27.1.2021.
Alla detta udienza la causa veniva trattenuta in decisione.
Con ordinanza del 21.7.2021 la causa veniva rimessa sul ruolo in quanto il collegio riteneva di richiamare il CTU già nominato in primo grado e fissava nuova udienza di precisazione delle conclusioni per il ###.
Dopo una serie di interlocuzioni tra le parti rese necessarie dalla circostanza che l'appellata, nelle more di questo grado di giudizio, si era disfatta delle sue scritture contabili anteriori all'anno 2011, e successivamente ad un chiarimento fornito dalla Corte, la CTU veniva depositata in data ###, dopo che anche il terzo consigliere relatore era stato trasferito ad altro ufficio.
Alla prima udienza utile successiva, celebratasi in data ###, la causa veniva trattenuta in decisione con la nomina di un nuovo consigliere relatore. ### chiedeva anche in questo caso che la causa venisse discussa oralmente e la Corte, dopo lo scambio degli scritti difensivi conclusivi, fissava a tal uopo l'udienza del 30.3.2024 in cui, dopo la discussione, tratteneva la causa in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Per primo va esaminato l'appello incidentale proposto da ### & ### s.r.l.
Ha sostenuto l'appellante incidentale che la sentenza di primo grado, nella parte in cui ha accertato la violazione dei diritti di privativa della ### sarebbe errata per i seguenti motivi: a) “le lenti a contatto oggetto del presente giudizio sono state acquistate da società con sede nel territorio ### regolarmente fatturate e prodotte e/o distribuite direttamente in ### dalla stessa ### per documentale ammissione della medesima, come del resto la quasi totalità degli acquisti effettuati dalla GTS (detratta la quota di operazioni conteggiata dal consulente tecnico di parte nel giudizio di prime cure). I prodotti in lite risultano acquistati essenzialmente presso la ### B.V., società con sede ad ### e presso la ###, con sede a ### come si evince dalle fatture di acquisto, le cui copie sono state depositate nel fascicolo del procedimento cautelare, acquisito agli atti, e oggi nuovamente prodotte negli atti della presente controversia. Le presunte attività del c.d. mercato parallelo (che come si dirà avanti non costituiscono però violazione del diritto di esaurimento) si riducono pertanto ad operazioni del tutto sporadiche e marginali, così come indicato nelle osservazioni del CTP alla bozza di CTU” (v. pp. 40 e 41 della comparsa di costituzione con appello incidentale); b) secondo quanto riferito dall'amministratore delegato di ### s.r.l. ### alla G.d.F. in occasione dell'accesso effettuato presso i locali dell'appellante incidentale in data ###, le lenti a contatto acquistate presso ### provenivano da un canale ufficiale, con la conseguenza che la prova del consenso di ### alla commercializzazione delle stesse all'interno dello SEE doveva ritenersi essere stata acquisita; c) ha errato il Tribunale a non limitare, ai soli rapporti tra importatore nello SEE e titolare del marchio apposto sulle merci prodotte all'esterno dello ### la sussistenza dell'onere del primo di dimostrare il consenso del secondo alla commercializzazione delle stesse all'interno dello ### atteso che analogo onere non può gravare su chi acquista da fornitore avente sede all'interno dello ### È opportuno distinguere tre gruppi di lenti a contatto tutte recanti il marchio registrato ### 1) le lenti a contatto sequestrate dalla G.d.F. in data ###, provenienti dalla ### e vendute a ### & ### s.r.l. da #### Ltd.; 2) le lenti a contatto sequestrate presso i locali della ### & ### s.r.l. in data ### in esecuzione del sequestro concesso dal Tribunale di ### acquistate dall'appellante incidentale presso ### con sede ###sede ###### dell'8.3.2011 emessa dalla prima, e nn.
AEC/EURO/10-11/0759 del 30.11.2010, AEC/EURO/10-11/0885 del 14.1.2011, AEC/EURO/10-11/1099 del 25.2.2011 emesse dalla seconda (prodotte dall'appellante incidentale fin dal giudizio cautelare); 3) le lenti a contatto a marchio ### comprate e vendute da ### & ### s.r.l. tra il 2006 ed il 2012 per un importo complessivo di acquisti del valore di € 4.545.074,77 e di vendite per € 4.917.014,42, ed un utile, pari alla differenza tra valore di acquisto e di vendita, di € 371.939,65.
I primi due gruppi di lenti a contatto hanno costituito oggetto della valutazione del primo giudice sulla base della quale è stata accertata la violazione dei diritti di privativa del titolare del marchio.
Il terzo gruppo rileva essenzialmente ai fini delle domande di retroversione degli utili e di risarcimento dei danni spiegate dall'attrice su cui il Tribunale non si è pronunciato (retroversione degli utili), ovvero si è pronunciato rigettandole (risarcimento dei danni).
Come detto il Tribunale ha accertato che l'appellante incidentale “ha violato i diritti di privativa industriale della ### s.r.l. per aver commercializzato in ### lenti a contatto recanti i marchi #### e ### provenienti da siti produttivi extraeuropei in mancanza di consenso all'immissione delle stesse nello spazio economico europeo da parte di essa ### s.r.l.” e gliene ha inibito la commercializzazione.
Con riferimento alla importazione diretta, da parte di essa appellante incidentale, di lenti a contatto coperte dal marchio protetto ### provenienti dalla ### e con riferimento alle quali non è stato nemmeno astrattamente paventato che la titolare del marchio abbia prestato, anche tacitamente, il suo consenso all'immissione nello #### & ### s.r.l. non ha spiegato impugnazione alcuna.
Si tratta di una porzione di fatti che il primo giudice ha correttamente ritenuto con certezza dimostrati (atteso che le lenti a contatto sequestrate dalla G.d.F. in data ###, provenienti dalla ### e vendute da #### Ltd., erano dirette a ### & ### s.r.l., e considerato che in occasione dell'accesso eseguito dalla G.d.F. presso i locali dell'appellante incidentale in data ### gli operanti hanno acquisito un estratto conto da cui risulta che essa aveva istaurato da anni consolidati rapporti commerciali con la #### Ltd. da cui si riforniva) e che da soli impongono l'accoglimento delle domande attoree con la declaratoria della violazione dei diritti di privativa attribuiti al titolare del marchio e l'adozione della inibitoria e delle statuizioni accessorie.
Come detto, con l'appello incidentale ### & ### s.r.l. ha chiesto di riformare la sentenza appellata escludendo che essa “abbia violato i diritti di privativa industriale di ### S.r.l., oggi ### S.p.A. nei fatti in lite, eliminando altresì le sanzioni accessorie conseguenti di cui ai punti 2, 3, 4, 5 e 6 del dispositivo della sentenza”.
Non avendo minimamente confutato di essersi resa responsabile della importazione nello ### (e segnatamente in ### di lenti a contatto prodotte al di fuori di esso ed acquistate da rivenditore tailandese, l'accoglimento dell'appello incidentale è, all'evidenza, con riferimento a questa porzione di fatti, in radice da escludere.
Il Tribunale ha poi ritenuto violati i diritti di privativa dell'attrice anche in forza della commercializzazione, da parte dell'appellante incidentale, delle lenti a contatto a marchio ### sequestrate in data ### in esecuzione del decreto di sequestro adottato ante causam presso i suoi locali.
Si tratta delle lenti a contatto comprate da ### & ### s.r.l. presso la ### di ### e la ### di ### di cui l'appellante incidentale ha prodotto in giudizio le fatture di acquisto.
Rispetto alle lenti a contatto in questione innanzitutto il primo giudice ha osservato che l'allegazione di ### & ### s.r.l. secondo cui le stesse sarebbero state prodotte in ### è documentalmente smentita dalle fotografie in atti delle confezioni sequestrate da cui si evince che le stesse sono state prodotte negli ### d'### Indi, sulla base delle norme e della giurisprudenza comunitaria ed interna citata, il primo giudice ha ritenuto che la prova del consenso del titolare del marchio all'introduzione di queste lenti a contatto (comprate da rivenditori con base all'interno dello SEE ma provenienti da fuori di esso), avrebbe dovuto essere fornita da ### & ### s.r.l., e concludeva nel senso che detta prova mancava.
Orbene, i sopra sintetizzati motivi posti a fondamento dell'appello incidentale, fatta eccezione per quello, in diritto, con cui si insiste nella tesi secondo cui l'onere di dimostrare l'esistenza del consenso alla commercializzazione all'interno dello SEE di prodotti marchiati prodotti al suo esterno non graverebbe su chi li acquista dal rivenditore avente base nello ### in parte fanno leva su una allegazione che è stata smentita in sentenza e che viene tale e quale ripresa dalle difese di primo grado senza che l'assunto del Tribunale venga nemmeno considerato, oltre che confutato, in parte mirano a dimostrare che sussisterebbe la prova del consenso, da parte di ### alla commercializzazione nello SEE delle lenti a contatto acquistate presso ### Ltd.
Con riferimento al primo profilo, come sopra ricordato, l'appellante incidentale ha insistito nel sostenere che “le lenti a contatto oggetto del presente giudizio sono state acquistate da società con sede nel territorio ### regolarmente fatturate e prodotte e/o distribuite direttamente in ### dalla stessa ### per documentale ammissione della medesima”.
Dovendosi ritenere che l'affermazione de qua sia rivolta alle lenti sequestrate in data ### (le uniche per cui, con riferimento a quanto appresso si dirà, può almeno astrattamente affermarsi che sussista una qualche forma di ammissione da parte dell'appellante principale), è stato già evidenziato come le confezioni di esse rechino l'indicazione che il sito di produzione è ubicato negli ### d'### non è vero quindi che esse sono state “prodotte e/o distribuite direttamente in ### dalla stessa ### Vision”.
Quanto alla “documentale ammissione” proveniente dalla ### con detta frase, probabilmente, ### & ### s.r.l. fa riferimento a quanto riportato nel verbale redatto dalla G.d.F. in data ### in occasione dell'accesso eseguito presso i locali della predetta (dopo meno di un mese dal sequestro eseguito a ### della merce proveniente dalla ###.
In detta occasione gli operanti della G.d.F. rinvenivano lenti a contatto ### che non sequestravano sulla base delle indicazioni fornite loro da ### all'epoca amministratore delegato di ### s.r.l.
In particolare si legge nel detto verbale: “la parte ha posto in visione, e fornito copia, della fattura nr. AEC/EURO/10-11/0523 del 29.9.2010, che si acquisisce in copia, emessa dalla “### LTD”, con sede in ### relativa ad una spedizione di nr. 6.376 colli ### - ###, per un valore di €. 53.575,20. A seguito di tale esibizione lo scrivente M.C. D'### ha provveduto a contattare, alle ore 11.15 circa, il ### Giummoleo della “### Srl” […] il quale riferiva che la merce presente in magazzino e descritta nella fattura proviene da un canale ufficiale e non è riferibile a quanto ricercato dagli operanti”.
Orbene, tralasciando completamente di considerare che, come del resto si evince dalla circostanza che i militari ebbero ad acquisire l'estratto conto dei rapporti intrattenuti dall'appellante incidentale con la società ##### Ltd., l'accesso eseguito dalla G.d.F. in data ### era verosimilmente finalizzato ad acquisire ulteriori prove dell'importazione, diretta, delle lenti a contatto dall'estero, scoperta con il sequestro eseguito il ###, va ricordato che secondo Corte di Giustizia UE, sez. V, 1 luglio 1999, n. 173: “###. 7, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/### sul ravvicinamento delle legislazioni degli ### membri in materia di marchi d'impresa, come modificata dall'accordo sullo ### economico europeo 2 maggio 1992, deve essere interpretato nel senso che: - l'esaurimento dei diritti conferiti dal marchio ha luogo solamente se i prodotti sono stati messi in commercio nella ### (nel ### dopo l'entrata in vigore dell'accordo ###; tale disposizione non attribuisce agli ### membri la possibilità di stabilire nel proprio ordinamento nazionale l'esaurimento dei diritti conferiti dal marchio per prodotti messi in commercio in paesi terzi; - per aversi consenso ai sensi dell'art. 7, n. 1, di tale direttiva, lo stesso deve essere dato per ogni esemplare del prodotto per il quale l'esaurimento è invocato” (v. anche, più di recente, Corte di Giustizia UE, sez. IV, 3 giugno 2010, n. 127 e Corte di Giustizia UE grande sezione, 12 luglio 2011, n. 324 e, nella giurisprudenza interna, Cass., sez. I, 15 ottobre 2014, n. 21847; Trib. ### 18 gennaio 2013, in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013, 1, 852, secondo cui: “Il consenso del titolare del marchio all'importazione di prodotti da lui messi in commercio al di fuori dello ### non riguarda il prodotto nella sua generica individuazione, ma attiene a ciascun esemplare del prodotto per il quale l'esaurimento è invocato”, ed anche ### Milano, 11 giugno 2013, in Giurisprudenza annotata di diritto industriale 2013, 1, 1035).
Se questo è vero, considerato che ### si è riferito alle lenti a contatto acquistate da ### & ### s.r.l. presso ### di cui alla fattura nr. AEC/EURO/10-11/0523 del 29.9.2010, all'evidenza il consenso ravvisabile nella posizione espressa dal predetto non può valere per le lenti a contatto sequestrate in data ### acquistate, sempre presso ###, ma giusta le fatture del tutto diverse sopra citate.
Ciò posto, evidenziato come il motivo di gravame non afferisca in alcun modo alle lenti a contatto acquistate presso la ### di ### (anch'esse sequestrate in data ### presso i locali dell'appellante incidentale), non resta che confermare come, anche alla luce del contenuto del verbale del 21.10.2010 (e considerata la inammissibilità della produzione effettuata soltanto in questo grado di giudizio della fattura n.5286413465 di acquisto di merce ### da parte di ###), non sia stata acquisita prova del consenso al commercio all'interno dello SEE con riferimento alle partite di lenti a contatto sequestrate in data ### ed acquistate presso ###, sembrando appena il caso di aggiungere come nemmeno possa porsi questione di buona fede dell'appellante incidentale, in ipotesi ingenerata dal mancato sequestro della merce da parte della G.d.F. in occasione dell'accesso del 21.10.2010 atteso che, trattandosi di operatore commerciale con ingente volume di affari, il grado di diligenza richiesto dalla sua professionalità le imponeva la verifica dell'esistenza del consenso del titolare del marchio con riferimento a tutte le partite, di apprezzabile consistenza economica tra l'altro, acquistate. ### motivo di appello incidentale ripropone la tesi, già sottoposta al primo giudice, secondo cui l'onere di dimostrare l'esistenza del consenso ai fini dell'esaurimento del marchio graverebbe soltanto sull'importatore extra SEE e non già sull'operatore che abbia acquistato la merce da colui che a sua volta la abbia introdotta nel detto ### A tal fine l'appellante incidentale ha evidenziato che la sentenza della Corte di Giustizia UE del 16 luglio 1998 in causa C-355/96, c.d. Silhouette, riguardava un caso di importazione extraeuropea così come la sentenza della Corte di Giustizia del 20 novembre 2001 nelle cause riunite C- 414/99 e C-416/99, c.d. Davidoff, ed ha aggiunto che “### l'importatore, il quale ha diretti rapporti con il titolare del marchio, può fornire la, eventuale, prova del consenso, soprattutto in quanto altrimenti apparirebbe estremamente difficile, se non addirittura impossibile, per l'acquirente dall'importatore fornire la prova di tale consenso, ben potendo essere quest'ultimo tacito, come comunemente ammesso dalla dottrina e dalla giurisprudenza, anche della Corte di Giustizia” (v. pp. 48-49 della comparsa di costituzione con appello incidentale).
Ritiene la Corte che non sussistano ragioni per discostarsi da quanto ritenuto, sul punto, dal ### Invero innanzitutto, sì come evidenziato dal primo giudice, la giurisprudenza comunitaria richiamata dall'appellante incidentale si riferisce non soltanto all'importatore, bensì, in generale, all'operatore commerciale.
Quanto all'argomento secondo cui solo l'importatore, in forza dei rapporti diretti intrattenuti con il titolare del marchio, sarebbe in grado di fornire la prova del suo consenso all'immissione nello ### e ciò tanto più in caso di consenso tacito, è appena il caso di osservare come in primo luogo non necessariamente l'importatore extra SEE debba avere rapporti diretti con il titolare del marchio, ben potendo il predetto acquistare da soggetto economico diverso dal produttore e che a sua volta abbia acquistato dal titolare del marchio, di talché l'argomento secondo cui solo chi commercia con il titolare del marchio potrebbe fornire la prova del suo consenso all'immissione nello SEE è fallace e non depone affatto per la limitazione dell'onere della prova a carico dell'importatore, atteso che costui, al pari dell'acquirente da rivenditore avente sede nello ### potrebbe benissimo non avere avuto alcun rapporto con il titolare del marchio.
Quanto alla prova del consenso tacito, premesso che nella giurisprudenza, anche comunitaria, la forma primaria di consenso è quella espressa, mentre la possibilità che lo stesso sia desunto in via tacita, seppur ammessa, è circoscritta da una serie di cautele (v.
Corte di Giustizia del 20 novembre 2001 nelle cause riunite C- 414/99 e C-416/99, c.d.
Davidoff, in cui la Corte si preoccupa di indicare una serie di fattispecie da cui il consenso tacito - pure in linea generale ammesso - non potrebbe comunque essere desunto quali: 1) la mancata comunicazione, da parte del titolare del marchio, a tutti gli acquirenti successivi dei prodotti immessi in commercio al di fuori dello ### economico europeo, della sua opposizione a una messa in commercio all'interno dello ### 2) la mancata indicazione, sui prodotti, di un divieto di messa in commercio all'interno dello ### 3) la circostanza che il titolare del marchio abbia ceduto la proprietà dei prodotti contrassegnati con il marchio senza imporre restrizioni contrattuali e che, in base alla legge applicabile al contratto, il diritto di proprietà ceduto comprenda, in mancanza di siffatte restrizioni, un diritto illimitato di rivendita o, quanto meno, un diritto di vendere successivamente i prodotti all'interno dello ###, anche in questo caso non sussiste alcun motivo per differenziare la posizione dell'importatore extra SEE dal soggetto che abbia operato l'acquisto della merce coperta da marchio presso un rivenditore interno, considerato che, secondo la giurisprudenza comunitaria (v. Corte giustizia UE sez. I, 15 ottobre 2009, n.324) e nazionale: “Il consenso del titolare di un marchio a una messa in commercio all'interno dello SEE di prodotti, contrassegnati con questo marchio, che siano stati precedentemente messi in commercio al di fuori dello spazio economico europeo dal titolare medesimo o con il suo consenso, può essere tacito, quando è desumibile da elementi e circostanze anteriori, concomitanti o posteriori all'immissione in commercio al di fuori del SEE le quali, valutate dal giudice nazionale, esprimano con certezza una rinuncia del titolare al proprio diritto di opporsi a un'immissione in commercio all'interno dello SEE” (così, le altre, ### Bologna, 2 febbraio 2016, n. 246, in Giur. annotata dir. ind. 2016, 1, 590), e che non sussistono ragioni per ritenere che soltanto l'importatore possa disporre degli elementi utili, in via di fatto, per dimostrare l'esistenza del consenso tacito.
In definitiva, quindi, da un canto non si appalesano condivisibili le ragioni in forza delle quali, secondo l'appellante incidentale, non spetterebbe ad essa l'onere di fornire la prova del consenso di ### alla commercializzazione, intra ### delle lenti a contatto prodotte all'esterno dello ### mentre dall'altro va confermato il giudizio espresso sul punto dal ### (senza omettere di considerare che, successivamente alla sentenza appellata, si sono espressi in conformità con essa ### 2 febbraio 2016, n. 246, in Giur. annotata dir. ind. 2016, 1, 590; ### 19 aprile 2018, in www.giurisprudenzadelleimprese.it; ### Milano, 17 gennaio 2019, in ### annotata dir. ind. 2019, 1, 523, secondo cui: “Il consenso del titolare del marchio all'importazione sul territorio dell'### europea di prodotti messi legittimamente in commercio per la prima volta al di fuori di tale territorio, deve essere provato con certezza e non può essere presunto. In assenza della prova di tale consenso, è onere di chi invochi l'esaurimento del diritto di marchio in relazione ai prodotti da lui rivenduti sul territorio dell'### provare non solo il fatto di aver acquistato i prodotti da rivenditori operanti all'interno del sistema comunitario, ma anche che detti fornitori abbiano a loro volta acquistato i beni nello spazio SEE o dal titolare del marchio o da un soggetto a ciò abilitato dal titolare”).
In definitiva, quindi, sotto ogni profilo l'appello incidentale deve essere rigettato.
Venendo all'esame dell'appello principale ritiene invece la Corte che lo stesso vada accolto nei termini appresso specificati.
Va premesso che i motivi di appello spiegati da ### s.r.l. possono essere, come di seguito, sintetizzati.
Innanzitutto il ### ha del tutto omesso di pronunciarsi sulla domanda di retroversione degli utili, proposta in via alternativa a quella avente ad oggetto il risarcimento dei danni ed in via subordinata, rispetto a quest'ultima, solo in caso di eccedenza del mancato guadagno dell'attrice rispetto agli utili conseguiti dalla convenuta.
Dipoi l'appellante ha sottoposto ad ampia critica il ragionamento del primo giudice secondo cui, siccome le lenti a contatto commercializzate da ### & ### s.r.l. erano originali e non già contraffatte, sebbene provenienti dal mercato parallelo extra ### non sarebbe stato configurabile un danno da mancato guadagno in capo ad essa attrice, la quale, sembra di capire, in ogni caso sarebbe stata il soggetto che le ha immesse in commercio.
A fronte di ciò l'appellante deduceva che la mancata qualificazione, in termini di contraffazione del marchio, della condotta realizzata dalla convenuta, fosse errata e comunque presentasse valenza meramente nominalistica atteso che, sulla base di quanto chiarito in giurisprudenza ove pure la qualificazione in termini di contraffazione era diffusa, il profilo dirimente della questione riguardava la sussistenza, o meno, della violazione della privativa che lo stesso giudice da un canto aveva ritenuto, salvo a negarne, contraddittoriamente, la rilevanza ai fini risarcitori, mentre invece, in perfetta coerenza con l'accertamento della violazione, avrebbe dovuto trarre la conclusione che, nel caso a mani, proprio perché le lenti erano “originali” ed i clienti finali europei le avevano acquistate attingendo dal mercato parallelo, grazie all'intermediazione della convenuta, tutti gli utili da quest'ultima acquisiti, erano stati sottratti ad essa attrice.
Ritiene la Corte che l'appello sia fondato.
Preliminarmente è opportuno chiarire le conseguenze dell'accertamento della violazione dei diritti di privativa industriale che il ### con il primo capo della sua sentenza, ha pronunciato.
Si è sopra più volte ricordato che il primo giudice, all'esito dell'esatto ragionamento - che ha ampiamente resistito all'appello incidentale spiegato da ### & ### s.r.l. - secondo cui è risultato provato che detta convenuta ha importato direttamente lenti a contatto dalla ### contraddistinte dal marchio registrato in ### da ### ed ha anche commercializzato lenti a contatto, sempre di provenienza extra SEE a marchio ### introdotte in ### da terzi operatori commerciali da cui le ha acquistate, senza che detto marchio si fosse esaurito in difetto di prova del consenso del titolare all'ingresso nel ### ha dichiarato che: “che la ### e service s.r.l. ha violato i diritti di privativa industriale della ### s.r.l. per aver commercializzato in ### lenti a contatto recanti i marchi ##### e ### provenienti da siti produttivi extraeuropei in mancanza di consenso all'immissione delle stesse nello spazio economico europeo da parte di essa ### s.r.l.”.
Ai sensi dell'art. 20 del c.p.i., rubricato “### conferiti dalla registrazione” (sostanzialmente ripetitivo di quanto previsto dalla prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE sul ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri in materia di marchi d'impresa e successive modificazioni): “1. I diritti del titolare del marchio d'impresa registrato consistono nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio.
Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attività economica: a) un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato; omissis 2. Nei casi menzionati al comma 1 il titolare del marchio può in particolare vietare ai terzi …. omissis …. di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini … omissis …; di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso”.
Una volta correttamente escluso che l'immissione in commercio al di fuori dello ### esaurisca le facoltà attribuite dalla legge al titolare del marchio comunitario (v. art. 5 del c.p.i. rubricato: “Esaurimento”, secondo cui: “Le facoltà esclusive attribuite dal presente codice al titolare di un diritto di proprietà industriale si esauriscono una volta che i prodotti protetti da un diritto di proprietà industriale siano stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso nel territorio dello Stato o nel territorio di uno Stato membro della ### europea o dello ### economico europeo”, pacificamente inteso a partire da Corte di Giustizia CE, 16 luglio 1998, ### nel senso sopra indicato e fatto proprio anche dal primo giudice), non resta che attribuire alla violazione dei diritti di privativa accertati dal ### il significato proprio delle parole e le conseguenze, anche risarcitorie, di legge.
In altri termini, una volta accertato che ### & ### s.r.l. non poteva mettere in commercio nello SEE le lenti a contatto da essa importate o comunque acquistate, prodotte fuori dallo SEE con marchio ### ivi autorizzato, costituendo ciò violazione dei diritti di privativa spettanti, all'interno dello ### all'attrice, in dipendenza della registrazione comunitaria del marchio non essendo rilevante l'autorizzazione al commercio extra SEE (c.d. esaurimento internazionale) ai fini dell'esaurimento del marchio comunitario, non è dato ravvisare alcuna differenza, se non di tipo meramente nominalistico, con l'ipotesi di contraffazione del marchio (integrante anch'essa violazione dei diritti di privativa), ai fini del risarcimento del danno, atteso che, nell'un caso come nell'altro, il titolare del marchio ha diritto al suo esclusivo e la violazione della privativa fa insorgere il diritto al risarcimento del danno (ed alla retroversione degli utili) che ne sono derivati (sembrando piuttosto opportuno osservare, ad ulteriore riprova dell'errore commesso dal primo giudice nell'evocazione della figura della contraffazione in contrapposizione all'accertamento della violazione della privativa da esso stesso ritenuta come, correttamente, ### di Venezia, 18 febbraio 2011, in ### annotata di diritto industriale 2013, 1, 138, abbia chiarito che: “Il principio dell'esaurimento del marchio ex art. 5 c.p.i. non opera nei casi in cui sono in discussione marchi contraffatti e non originali”).
Tanto premesso, ricordato che: “In tema di diritti di privativa industriale, il titolare del marchio oggetto di contraffazione può chiedere, in luogo del risarcimento del danno da lucro cessante, la restituzione (cd. “retroversione”) degli utili realizzati dall'autore della violazione, ai sensi dell'art. 125 del codice della proprietà industriale, senza che sia necessario allegare e provare che il convenuto abbia agito con colpa o dolo, ed anche nel caso in cui tali utili superino quelli che il titolare avrebbe potuto conseguire qualora la contraffazione non vi fosse stata, trattandosi di un rimedio diverso da quello puramente risarcitorio, improntato ad una funzione, oltre che compensativa anche dissuasiva e deterrente, volta a prevenire la pianificazione di attività contraffattive da parte di operatori economici più efficienti per capacità imprenditoriale del titolare del diritto di proprietà industriale” (così da ultimo Cass., sez. I, 18 luglio 2023, n. 20800, anche per dare atto della irrilevanza della asserita buona fede professata dall'appellata), nel caso a mani è stata acquisita la prova degli utili ricavati dalla convenuta in dipendenza della violazione dei diritti di privativa spettanti all'appellante.
Va premesso che, in primo grado, è stata disposta CTU finalizzata ad accertare, previa esibizione da parte della convenuta delle sue scritture contabili, il fatturato complessivo dalla stessa realizzato, a partire dal 2006, attraverso la vendita di prodotti ### e gli utili conseguiti.
Con relazione del 7.5.2013 il CTU accertava in € 4.917.014,42 il complesso delle vendite di prodotti ### della convenuta, in € 4.545.074,77 il complesso degli acquisti, ed in € 371.939,65 l'utile conseguito.
Con la comparsa di costituzione in appello ### & ### s.r.l. ha sostenuto che la CTU eseguita in primo grado fosse inutile, e ciò perché nella stessa non veniva fatta alcuna distinzione tra le lenti a contatto da lei acquistate sul c.d. mercato parallelo e quelle provenienti da canali ufficiali.
Con ordinanza adottata da questa Corte in data ###, veniva disposto il richiamo del CTU “onde accertare, col metodo proposto dal medesimo ctu nell'istanza del 17.10.2013, quale fatturato abbia realizzato la società appellata, con la vendita nello spazio economico europeo di prodotti ### acquistati dalla stessa nel mercato extraeuropeo” e calcolare il relativo utile.
Con nota depositata in data ### il CTU rappresentava che la ### & ### S.r.l. aveva comunicato che la documentazione fiscale/scritture contabili, già consegnata nel giudizio di primo grado, non era più disponibile negli archivi della società, ad eccezione delle annualità 2011 e 2012, non avendo la stessa ritenuto di conservarla per il tempo eccedente il decennio giusta quanto previsto dall'art. 2220 Con relazione depositata in data ### il CTU riferiva che, limitatamente al periodo in relazione al quale l'appellata aveva esibito le scritture e documenti contabili (2011 e 2012), aveva accertato che la predetta non aveva acquistato prodotti ### presso fornitori extra europei (atteso che la fattura di acquisto di € 80.811,44 emessa da #### n. 166 del 6.5.2010, andava imputata all'esercizio 2010).
Ritiene la Corte che la domanda di retroversione degli utili proposta dall'appellante, in relazione alla quale il ### ha omesso di pronunciarsi, sia, nei termini appresso specificati, fondata.
Invero, premesso che, come già ritenuto nella sentenza appellata sulla base dell'estratto conto degli acquisti effettuati presso la #### rinvenuto dalla G.d.F. in occasione dell'accesso presso i locali dell'appellata in data ### e del sequestro delle lenti a contatto, sempre acquistate presso la ####, eseguito dalla G.d.F. in data ###, è stato accertato che ### & ### s.r.l. “solesse acquistare da società con sede tailandese le lenti poi commercializzate in Italia”, nelle osservazioni alla CTU proposte dal CTP dell'appellata, risulta chiaramente individuato il valore degli acquisti di prodotti a marchio ### effettuati fuori dallo ### tra il 2006 ed il 2012, in complessivi € 1.467.436,58.
Rispetto a questi acquisti (con ogni probabilità da individuare in quelli effettuati presso il fornitore tailandese sì come risulta dall'unica fattura in atti - la n. 166 del 6.5.2010 effettivamente emessa dallo stesso -), che costituiscono importazioni dirette da fuori lo ### la violazione della privativa dell'appellante è, sostanzialmente, confessata, da ### & ### s.r.l., non essendo stata nemmeno sollevata questione, rispetto a queste partite di merce, in punto di esistenza del consenso da parte del titolare del marchio. ### stessa ### poi, il tecnico dell'appellata individuava il valore delle vendite, in ### dei prodotti acquistati al di fuori dello SEE in € 667.956,77 e, previa indicazione nel 7% del ricarico medio praticato da ### & ### s.r.l., calcolava l'utile da essa conseguito in € 43.698,10, tenendo conto solo delle vendite effettuate in ### Ritiene la Corte che non sussistano ragioni per limitare il calcolo degli utili alle sole vendite effettuate nel mercato italiano delle merci acquistate extra ### dovendosi tenere conto anche delle vendite effettuate da ### & ### s.r.l. all'estero. ### restando quindi il dato indicato dalla stessa appellata secondo cui il valore delle lenti a contatto ### dalla stessa acquistate fuori dallo SEE ammonta ad € 1.467.436,58, ritiene la Corte che l'utile derivante dalla vendita delle stesse possa essere calcolato utilizzando la percentuale di ricarico individuata dal CTU sulla base di tutte le vendite effettuate dall'appellata ed applicandola al solo valore degli acquisti extra ### Come detto il CTU ha calcolato l'utile complessivo conseguito dall'appellata dalla compravendita di prodotti ### tra il 2006 ed il 2012 in € 371.939,65 che, considerato il valore complessivo degli acquisti di € 4.545.074,77 e delle vendite di € 4.917.014,42, implica un ricarico dell'8,19%.
Applicando tale percentuale di ricarico ai soli acquisti extra SEE effettuati da ### & ### s..r.l., viene a determinarsi l'utile conseguito dalla stessa in € 120.183,05, il quale costituisce il valore al cui pagamento la predetta va condannata, sembrando appena il caso di osservare come l'impossibilità di accertare l'utile derivante dalla vendita delle singole partite di lenti a contatto importate da fuori lo SEE sia unicamente riconducibile all'omessa conservazione, da parte dell'appellata, delle scritture contabili del periodo per cui è causa, condotta questa che, sebbene astrattamente consentita dall'art. 2220 c.c., si appalesa ingiustificata - stante appunto la pendenza del presente giudizio - in quanto all'evidenza strumentale ad impedire qualsivoglia approfondimento, e da cui il giudice può trarre argomenti di prova (giusta quanto disposto dall'art. 121, comma 2, c.p.i., secondo cui: “### una parte abbia fornito seri indizi della fondatezza delle proprie domande ed abbia individuato documenti, elementi o informazioni detenuti dalla controparte che confermino tali indizi, essa può ottenere che il giudice ne disponga l'esibizione oppure che richieda le informazioni alla controparte. Può ottenere altresì che il giudice ordini alla controparte di fornire gli elementi per l'identificazione dei soggetti implicati nella produzione e distribuzione dei prodotti o dei servizi che costituiscono violazione dei diritti di proprietà industriale”, e comma 4, secondo cui: “Il giudice desume argomenti di prova dalle risposte che le parti danno e di rifiuto ingiustificato di ottemperare agli ordini”), e ciò senza dimenticare che, secondo condivisibile arresto giurisprudenziale: “###à di disgregare i dati relativi ai prodotti in contraffazione da quelli estranei al giudizio contenuti nelle fatture esibite in giudizio dal contraffattore su ordine del giudice è circostanza le cui ricadute probatorie negative non possono che gravare sul contraffattore stesso, onerato di provare il fatto parzialmente estintivo della parziale afferenza di tali dati a prodotti estranei alla lite” (v. ### Milano, 11 giugno 2013, in ### annotata di diritto industriale 2013, 1, 1035).
Trattandosi di debito di valore (v. ### Torino, 18 maggio 2018, in ### annotata dir. ind. 2018, 1, 807, secondo cui: “### di restituire al titolare del marchio l'utile derivante dalla violazione dà luogo, in capo all'autore di tale violazione, ad un debito di valore” ed anche ### Milano, 3 febbraio 2015, in www.giurisprudenzadelleimprese.it), visto che la retroversione degli utili non è oggetto di una prestazione che “nasca” in denaro, ma pur sempre sorge per effetto della violazione di un dovere primario, consistente nel dovere di astenersi dall'utilizzare gli altrui diritti di proprietà industriale senza il consenso del titolare, la somma in questione va rivalutata di anno in anno fino alla data della presente sentenza e su di essa vanno anche riconosciuti gli interessi legali sulla somma di anno in anno rivalutata.
Non è inutile infine evidenziare come la domanda dell'appellante, volta ad ottenere la retroversione di tutti gli utili derivanti dalla compravendita di lenti ### negli anni 2006/2012 nei termini accertati dal CTU in € 371.939,65, non possa essere accolta in mancanza di prova che le merci ulteriori rispetto a quelle indicate nella sopra citata CTP siano state prodotte fuori dallo SEE (ed eventualmente acquistate da importatore terzo che le abbia rivendute dall'appellata), atteso che soltanto in questo caso verrebbe in rilievo il profilo del consenso del titolare del marchio all'immissione in commercio nello SEE la cui prova, come detto, graverebbe sull'appellata (a condizione però che, sì come è avvenuto per le lenti a contatto rinvenute presso i suoi locali in esecuzione del sequestro del 14.3.2011, vi sia prova, a monte, che le stesse provengano da fuori lo ###.
La domanda volta ad ottenere il risarcimento dei danni da lucro cessante (o mancato guadagno), proposta dall'appellante nella misura in cui gli stessi risultassero superiori agli utili conseguiti da ### & ### s.r.l., deve invece essere rigettata, non essendo stata acquisita prova alcuna di detta eccedenza.
Analogamente ritiene il collegio di statuire sulla domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno all'immagine, su cui anche in sede di appello ### s.r.l. ha insistito, condividendo appieno le ragioni esposte dal primo giudice a sostegno del suo rigetto atteso che, incontestata la mancanza di prova di danni cagionati alle persone che hanno acquistato le lenti commercializzate dalla convenuta, proprio la provenienza di esse dall'importazione parallela induce ad escludere che il loro acquisto possa avere incrinato la fiducia dei consumatori nel marchio, considerato che gli stessi, con ogni probabilità, erano all'oscuro della loro provenienza e, forse, anche indifferenti ad essa (v. ### Milano, 11 giugno 2013, cit., secondo cui: “In caso di importazioni parallele extracomunitarie, non può essere liquidato al titolare del marchio il danno all'immagine, ove i prodotti illecitamente introdotti nel territorio dello Stato non presentino alcuna caratteristica o qualità deteriore rispetto ai prodotti lecitamente commercializzati”).
In considerazione dell'accoglimento dell'appello principale (mediante cui è stata anche impugnata la regolazione delle spese di lite operata dal primo giudice in considerazione del rigetto delle domande risarcitorie ed anche il capo di sentenza con cui sono state poste su di essa le spese di ### e dell'esito complessivo della controversia che ha visto vittoriosa l'attrice non soltanto con riferimento all'accertamento della violazione dei suoi diritti di privativa industriale già riconosciuto in primo grado, ma anche con riferimento alla domanda di retroversione degli utili, le spese di lite dei due gradi di giudizio vanno poste a carico dell'appellata soccombente e liquidate come in dispositivo (considerata la causa come di valore indeterminabile di particolare importanze, su cui v.
Cass., sez. III, 17 ottobre 2019, n. 26299). P.Q.M. La Corte di Appello, definitivamente decidendo nella causa n. 1615/2015 R.G. avente ad oggetto l'appello principale proposto dalla ### S.p.A. (già ### s.r.l.) e l'appello incidentale proposto da ### & ### s.r.l. avverso la sentenza del ### di ### sezione specializzata in materia di impresa, n. 4737/15, pubblicata in data ###: accoglie in parte l'appello principale e rigetta l'appello incidentale e, per l'effetto: condanna ### & ### s.r.l. al pagamento della somma di € 120.183,05, oltre rivalutazione ed interessi come in motivazione, in favore dell'appellante principale, a titolo di retroversione degli utili; rigetta le domande risarcitorie proposte dall'appellante principale; condanna ### & ### s.r.l. al pagamento delle spese di lite che liquida, con riferimento a ciascun grado di giudizio, in € 25.000,00, oltre spese generali, IVA e ### pone le spese della CTU disposta in primo ed in secondo grado, sì come separatamente liquidate, a carico di ### & ### s.r.l.; conferma nel resto la sentenza appellata.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all'art.13 comma 1 quater del D.P.R. 30.5.2002 n.115 per il versamento, da parte dell'appellante incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione stessa.
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### specializzata in materia di impresa, in data 2 maggio 2024 ### est. ### A. ### G. ###
causa n. 1615/2015 R.G. - Giudice/firmatari: Ferreri Giuseppe, Caruso Antonio