testo integrale
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VELLETRI ### Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa ### ha pronunciato la presente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 7251/2019 r.g.a.c., trattenuta in decisione all'udienza del 21.03.2024, con l'assegnazione di termini ex art. 190 c.p.c. (ratione temporis applicabile), di giorni sessanta per il deposito di comparse conclusionali e successivi giorni venti per memorie di replica, vertente tra ### (C.F. ###), rappresentata e difesa dall'avv. ### ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in ### via ### n. 63, come in atti; attrice e ### (C.F. ###), ### (C.F. ###), entrambi rappresentati e difesi dall'avv. ### ed elettivamente domiciliati presso il suo studio, sito in ### viale ### n. 12, come in atti; convenuti ### risoluzione contrattuale.
Conclusioni delle parti: come da verbale di udienza del 21.03.2024 (per l'attrice: conclusioni come da memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c.; per i convenuti: conclusioni come da loro memoria congiunta depositata ai sensi dell'art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c. ).
Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione regolarmente notificato al ### in data ### e in data ### al #### ha adito questo Tribunale, chiedendo: “A) in via principale: accertato il grave inadempimento dei ###ri ### e ### quali promissari acquirenti dell'immobile sito in ####, via dei ### 37, int. 1 per i motivi tutti espressi in narrativa, per l'effetto: 1) dichiarare legittimo il recesso della sig.ra ### dalla scrittura privata/contratto preliminare con gli stessi sottoscritto in data ### e 2) condannare gli odierni convenuti alla restituzione in favore dell'odierna attrice del doppio della caparra dalla stessa a loro versata sino ad oggi e pari ad € 94.000,00 (novantaquattromila/00) e della maggior somma che maturerà alla data del rilascio dell'immobile, che sarà calcolata nel proseguo del giudizio; B) sempre in via principale: condannare, altresì, i sigg.ri ### alla restituzione in favore della ###ra ### dei seguenti importi: € 550,00 versato a titolo di polizza fideiussoria; € 244,00 corrispondente al 50% delle spese di registrazione del contratto preliminare ed € 813,74 quale rimborso delle spese tutte di mediazione; C) con vittoria di spese e competenze di procedimento, oltre al rimborso spese generali, Iva e Cpa come per legge”. A fondamento di tali domande, l'attrice ha sostenuto, in sintesi: - di avere sottoscritto, in data ###, un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto l'immobile di proprietà dei ### situato ad ### viale dei ### n. 37, int. 1, catastalmente distinto al foglio 26, part. 180, sub. 11, cat. A/7; nell'ambito di tale contratto, è stato manifestato da essa istante l'intendimento di acquistare il bene e di procedere alla stipula del rogito notarile entro e non oltre il termine di quattro anni, con il versamento del relativo prezzo mediante il pagamento di una somma mensile di € 1.200,00, da considerarsi quale caparra confirmatoria, e del saldo residuo al momento del contratto definitivo; - che, in pari data, i ### hanno richiesto, peraltro, ad essa attrice di sottoscrivere anche un'ulteriore scrittura recante l'impegno a versare ulteriori somme da imputare in conto prezzo, scrittura però non registrata e in virtù della quale la ### ha versato, comunque, ai convenuti un importo aggiuntivo di € 5.000,000, da considerare anch'esso quale caparra confirmatoria, oltre alla somma dai lei corrisposta mensilmente di € 1.200,00/mese; - che, nonostante il suo regolare adempimento e il pagamento delle somme dovute, per un importo di € 19.200,00 complessivi, i ### hanno, però, improvvisamente inviato alla ### in data ###, una missiva con la quale le hanno richiesto il rilascio della polizza fideiussoria prevista dall'art. 9 del contratto preliminare, e ciò sebbene fossero già trascorsi, a quella data, quasi due anni dalla stipula del preliminare stesso; a tale missiva essa attrice ha replicato, in ogni caso, affermando che avrebbe provveduto a consegnare la polizza richiesta e a tanto ha provveduto, in effetti, “di lì a poco”, ciò nondimeno ricevendo, poi, il successivo 26.10.2018, un'istanza di mediazione proveniente dagli odierni convenuti, con la quale gli stessi hanno invocato la risoluzione del preliminare per il suo asserito inadempimento, sostenendo infondatamente che la polizza da lei consegnata non fosse idonea e non indicando, oltretutto, le ragioni per le quali la stessa dovesse ritenersi insufficiente, ovvero il perché detta polizza fosse da considerare, comunque, come una condizione indispensabile per il prosieguo del rapporto contrattuale, a fronte del rilevante arco temporale già trascorso dalla stipula del preliminare; - che, invece, nel corso della procedura di mediazione è emerso che l'immobile dei ### è viziato da abusi edilizi, così come rilevati in data ### dal tecnico incaricato da essa istante onde richiedere il mutuo per l'acquisto del bene, e tali abusi sono stati sottaciuti dai convenuti, non essendo stati indicati nel contratto, nel quale è stato riportato, piuttosto, che l'immobile fosse libero da pesi e immune da vizi; inoltre, per quanto i promittenti venditori si siano impegnati, in data ###, a incaricare un tecnico al fine di sanare le irregolarità dell'immobile, peraltro “a spese della Brahimi”, nessun incarico vi è stato poi da parte degli stessi, talché la ### si è vista costretta a presentare al Comune di ### e alla ### una richiesta di sopralluogo presso l'immobile e nel giugno 2019 il Comune ha confermato l'esistenza di abusi insanabili commessi dai proprietari per l'ampliamento della camera da letto, oltre che per una tettoia posta sul balcone del primo piano del villino e la costruzione di un locale tecnico nel giardino, con conseguente segnalazione di tali fatti anche alla competente ### della Repubblica; - che, allo stato, essa istante sta cercando di reperire un altro immobile da acquistare, con notevoli disagi, e continua a versare l'importo mensile di € 1.200,00, da considerare sempre quale caparra confirmatoria, avendo corrisposto, conseguentemente, ai ### alla data dell'atto di citazione, € 42.000,00 complessivi, oltre all'importo ulteriore di € 5.000,00 già sopra menzionato; - che avuto riguardo agli abusi suindicati non è più suo interesse, quindi, addivenire alla conclusione del contratto definitivo, bensì è sua intenzione recedere dal preliminare e richiedere il pagamento ai convenuti del doppio della caparra complessivamente versata, ad oggi per un ammontare pari a € 94.000,00, oltre agli ulteriori importi che matureranno sino al rilascio del bene, tenuto conto dell'inadempimento che è da ascrivere esclusivamente ai predetti per avere sottaciuto i suindicati abusi insanabili, in spregio all'obbligazione assunta di alienare un bene che fosse invece immune da vizi, ai sensi dell'art. 1490 c.c., applicandosi tale garanzia anche a un contratto come quello di cui si tratta, il quale, al di là di alcune parti in cui il sinallagma sembra essere squilibrato in favore della promissaria acquirente, senz'altro configura un preliminare di compravendita; è dunque evidente che i promittenti venditori, obbligandosi ad alienare un immobile esente da vizi, si siano resi inadempienti rispetto a quanto pattuito, mentre, tenuto conto del tempo trascorso dalla conclusione del preliminare e del regolare adempimento da parte di essa attrice, l'avversa contestazione in merito alla mancata consegna della polizza costituisce, in realtà, un mero pretesto impiegato dai ### in mala fede, per costringere la ### a sottoscrivere il rogito anticipatamente, ovvero per trattenere, in difetto, le somme da lei già corrisposte. Disposta alla prima udienza del 01.12.2020 la rinnovazione dell'originaria notifica dell'atto di citazione, si è poi tempestivamente costituito in giudizio, in data ###, il convenuto ### contestando le avverse deduzioni e domande e chiedendo, per parte sua: “- in via pregiudiziale: previa verifica della decadenza o meno di parte attrice ex art. 291 cpc dalla possibilità di integrare il contraddittorio nei confronti del #### accertare comunque l'improcedibilità della domanda attrice per il mancato esperimento del procedimento di mediazione, assegnando il termine di 15 giorni alla medesima per la presentazione della relativa domanda; - nel merito: respingere ogni domanda proposta dall'attrice nei confronti di ### perché infondata in fatto e in diritto; - in via riconvenzionale: accertare e dichiarare la risoluzione del contratto sottoscritto in data ### per grave inadempimento della ###ra ### per non aver provveduto alla consegna della polizza fideiussoria con le caratteristiche e nel termine stabilito dall'art. 9 del contratto, e per l'effetto condannare la stessa al pagamento della penale di cui all'art. 11 lett. A) per il ritardo di 499 giorni nel rilascio dell'immobile; - sempre in via riconvenzionale: accertare e dichiarare l'eventuale ed ulteriore inadempimento della ###ra ### con riguardo all'art. 10 del contratto ed il conseguente diritto del #### al ristoro di tutti i danni arrecati all'immobile di ### dei ### 37 ad ### ivi compresi quelli agli arredi interni ed esterni, per le piante essiccate e per quelle sottratte, per le spese condominiali non corrisposte all'### condominiale sino alla data del rilascio, danni e spese che saranno quantificati in corso di causa e, per l'effetto condannare la ###ra ### al pagamento di tutte somme che risulteranno dovute a tali titoli”, il tutto con il favore delle spese processuali e con la condanna dell'attrice ai sensi dell'art. 96 c.p.c., ricorrendone i presupposti. Ha esposto, sinteticamente, tale convenuto: - che la domanda attorea è anzitutto improcedibile per il mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, ex art. 5 d.lgs. n. 28/2010, tenuto conto che il contratto per cui si controverte è inquadrabile nella fattispecie dei “contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili”, di cui all'art. 23 D.L. n. 133/14, conv. in L. n. 164/14, e per taluni profili lo stesso è da ritenersi accomunato alla locazione immobiliare; - che, sempre in via preliminare, vi è poi che la ### ha violato l'art. 10 d.lgs. n. 28/10, dal momento che ha fatto valere in questa sede l'esistenza di asserite irregolarità edilizie dell'immobile compromesso in vendita indicando che si sarebbe trattato di informazioni e dichiarazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione avviato dai convenuti nei suoi confronti, informazioni e dichiarazioni da considerare, tuttavia, inutilizzabili, stante l'assenza di un consenso prestato dai ### secondo quanto previsto dall'art. 10 cit.; - che nel merito l'avversa domanda è, comunque, priva di fondamento, atteso che non è veritiero che i ### abbiano tenuto una condotta inadempiente, avendo invece ottemperato a tutte le obbligazioni poste a loro carico, mentre a rendersi inadempiente è stata proprio la parte attrice, non avendo la stessa consegnato, né nel termine stabilito nel preliminare, né successivamente, un'idonea fideiussione bancaria o assicurativa in favore dei promittenti venditori per l'importo di € 14.400,00, e ciò sebbene il rilascio di tale garanzia sia stato da loro domandato con “innumerevoli richieste orali e scritte, dapprima informali mediante messaggi sul telefono e poi formali”, quale, in particolare, la diffida prodotta dalla stessa ### del 30.04.2018, a cui ha fatto seguito soltanto l'invio da parte sua di una nota di tale “Fideunioncommercio”, e dunque non di una banca o società assicurativa e recante, al più, una mera delibera di un simile consorzio tra commercianti circa l'impegno a costituirsi garante sulla base di condizioni contrattuali di cui non è stata data, per di più, alcuna evidenza, oltre al fatto che la promissaria acquirente neppure svolte pacificamente un'attività commerciale, non potendo essere iscritta, pertanto, a un ente siffatto; l'inadempimento così perpetrato dalla ### è, poi, connotato da gravità, poiché quest'ultima ha dimostrato, in tal modo, di non avere credibilità presso il sistema bancario e assicurativo e, d'altra parte, la stessa non risulta avere presentato nemmeno una domanda di mutuo onde procurarsi il denaro necessario per l'acquisto, talché con la successiva missiva del 20.07.2018 la sua inadempienza è stata specificamente contestata, con conseguente obbligo della medesima a provvedere al rilascio nei successivi 45 giorni e al pagamento della penale giornaliera di € 200,00 prevista nel contratto preliminare in ragione del ritardo nella restituzione del bene, poi intervenuta soltanto in data ###, per complessivi € 99.800,00; - che per quanto concerne, invece, gli abusi edilizi che, a dire dell'attrice, sarebbero stati da lei conosciuti a seguito di verifiche svolte da un “fantomatico perito”, gli stessi, ove ritenuti rilevanti in questa sede, pur a fronte dell'eccezione di inutilizzabilità ex art. 10 cit., hanno comunque interessato, in realtà, irregolarità di entità minima, afferendo a un piccolo vano tecnico insistente sul giardino e a una tettoia posta sul balcone del primo piano, poi sanati da parte dei convenuti, oltre che a un piccolo ampliamento di una stanza posta al piano terra per circa 2 mq., che è stato eliminato, ripristinando la regolarità dell'immobile; si tratta dunque di circostanze che in alcun modo giustificano la pretesa attorea di liberarsi dal vincolo contrattuale assunto, derivando tale pretesa, piuttosto, da un mero ripensamento della ### rispetto all'acquisto alle condizioni concordate, donde l'irripetibilità di quanto da lei versato in virtù del contratto sottoscritto, tenuto conto di quanto previsto al riguardo dall'art. 5 di tale contratto; - che, inoltre, sempre la ### ha violato l'obbligo di conservare l'immobile concessole in godimento, considerato che prima del rilascio ha asportato delle piante cycas presenti presso lo stesso ed ha poi restituito il bene in condizioni “pessime”, “…rompendo alcuni arredi e pavimenti, asportando un termoconvettore, asportando altre piante (altra cycas e un mandarino), lasciando il giardino completamente devastato dallo stato di incuria (con molte piante seccate), pieno di rifiuti e materiali abbandonati”, comportamento che determina, ai termini del preliminare, la sua risoluzione automatica; l'attrice va dunque condannata anche al risarcimento dei danni arrecati all'immobile, comprensivi delle spese per l'asporto dei rifiuti e l'invio a discarica, per un ammontare “…che il convenuto si riserva di quantificare in corso di causa”; - che, infine, la ### ha omesso di versare alcune rate condominiali relative al periodo in cui ha goduto del bene, rate anch'esse dovute, pertanto, dalla medesima, unitamente al rimborso delle spese per la procedura di mediazione avviata dai ### A seguito della rimessione in termini concessa all'udienza del 27.04.21, è stata poi rinnovata dalla ### anche la notificazione della citazione nei confronti del convenuto ### e in data ### anche quest'ultimo si è costituito in giudizio, contestando le deduzioni e le richieste attoree ed aderendo e facendo proprie le conclusioni già rassegnate dal fratello ### di cui ha ripetuto, sostanzialmente, ogni allegazione, eccezione ed istanza. Radicatosi il contraddittorio, sono stati poi concessi i termini ex art. 183 co. 6 c.p.c., come richiesti, e nel primo degli stessi è stata depositata una memoria da parte della ### nella quale quest'ultima, oltre a richiamare le proprie deduzioni e richieste e a contestare le avverse deduzioni e conclusioni, ha soggiunto, inter alia, che l'abbattimento delle opere edilizie abusive ha comportato “l'eliminazione di una stanza, camera da letto, con conseguente impossibilità per l'attrice di destinarla a camera da letto, come inizialmente prospettata dalla parte venditrice”, oltre alla rimozione di una tettoia al primo piano, donde la configurabilità di una cd. vendita di aliud pro alio e la legittimità del suo recesso dal preliminare, con pagamento del doppio della caparra confirmatoria versata, ex art. 1385 c.c. Ha evidenziato, poi, che il suo asserito inadempimento contrattuale è, di contro, inesistente, non essendo sufficiente, del resto, “…non “ritenere valida” una polizza per chiedere la risoluzione”, senza che tale invalidità sia stata fatta oggetto di una valutazione giudiziale, ed avendo comunque essa istante provveduto regolarmente alla corresponsione degli importi pattuiti in favore dei ### senza che, invece, la mancata consegna della polizza fideiussoria sia stata prevista in contratto quale condizione essenziale e/o risolutiva; inoltre, quanto alle somme da lei versate, le stesse sono state concordate quale caparra confirmatoria, non già come canoni locativi, contrariamente a quanto preteso dai convenuti, e così risultano infondate e non provate anche le loro doglianze in ordine ai danni che sarebbero stati arrecati all'immobile, né è veritiero che vi sia stata una richiesta dei medesimi di restituzione del bene, avendole i ### domandato, piuttosto, soltanto di potervi accedere per effettuare i lavori, come da missiva del dicembre 2019, con la conseguente necessaria loro condanna anche ai sensi dell'art. 96 c.p.c., in ragione dell'inveridicità di quanto da loro allegato. Ed altresì, per quanto concerne la comparsa depositata dal ### la ### ne ha ribadito l'inammissibilità, già lamentata anche all'udienza del 12.10.2021, in ragione della tardività della sua costituzione, insistendo, infine, nell'ambito di tale sua prima memoria, nelle conclusioni già rassegnate nell'atto introduttivo, salva la modifica del quantum da lei richiesto in pagamento, per € 98.800,00, alla luce degli ulteriori importi versati ai convenuti sino alla data del 31.01.2020. Anche i convenuti hanno depositato, inoltre, una memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c., contestando le avverse eccezioni e sostenendo, quanto all'inammissibilità per tardività delle domande svolte dal ### che si tratta di questione non rilevante con riferimento alla richiesta relativa alla risoluzione del contratto, comunque già proposta tempestivamente dal ### e così, analogamente, per le domande relative al pagamento della penale e al risarcimento dei danni, trattandosi di pretese comunque esercitate da uno dei comproprietari del bene anche a tutela dell'altro condividente, alle quali il ### si è limitato, così, soltanto a prestare adesione. Le conclusioni sono state, infine, rassegnate dai convenuti, in tale memoria, reiterando quelle già articolate nella comparsa di risposta del ### come sopra già richiamate. La causa è stata successivamente istruita con i documenti depositati dalle parti e con la parziale ammissione e assunzione delle prove orali richieste, mentre sono state disattese le loro ulteriori istanze istruttorie, come da ordinanze in atti, che qui si confermano. Quindi, sottoposta ai contendenti una proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c. e tenuto conto del rifiuto manifestato alla stessa dall'attrice, la causa è stata, infine, rinviata per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 21.03.2024, ove il fascicolo è stato trattenuto in decisione sulle conclusioni rassegnate (così come già riportate in epigrafe) e con l'assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. (ratione temporis applicabile), come richiesti. Decorsi tali termini e visti gli scritti conclusivi presentati, il giudizio viene pertanto deciso come segue. Preliminarmente, per ragioni di ordine logico giuridico, deve anzitutto richiamarsi e confermarsi quanto già rilevato con il provvedimento reso in data ###, con il quale è stata disattesa l'eccezione sollevata dai convenuti in ordine al mancato esperimento da parte dell'attrice della procedura di mediazione di cui all'art. 5 d.lgs. n. 28/2010. Al riguardo, occorre infatti osservare che le controversie per le quali è previsto l'obbligatorio esperimento del tentativo di mediazione, ai sensi dell'art. 5 cit. (nel testo ratione temporis rilevante nel presente caso), sono oggetto di un'elencazione da ritenere di natura tassativa, trattandosi di una condizione di procedibilità che, in quanto tale, limita l'esercizio del diritto di agire in giudizio, costituzionalmente tutelato dall'art. 24 Cost., in particolar modo tenendo conto dell'indubbia gravità delle conseguenze che derivano dall'eventuale mancato espletamento di tale incombente, in virtù di quanto previsto dalla disposizione sopra citata (cfr. sul punto, di recente, Cass. civ. ###/2022, e già, tra le altre, nella giurisprudenza di merito, ### Catania n. 2665/2020). Vertendosi, dunque, in presenza di una previsione normativa a carattere eccezionale, la stessa non può, di certo, formare oggetto di un'interpretazione di tipo estensivo e tantomeno è praticabile una sua applicazione in via analogica, mentre è di tutta evidenza che a una simile applicazione si perverrebbe, nel presente caso, aderendo alla prospettazione dei convenuti, fondata sull'assunto che il contratto oggetto dell'odierna controversia possa ricondursi, a loro dire, al cd. rent to buy - quale fattispecie recentemente tipizzata anche dal legislatore e tuttavia non ricompresa, ciò nondimeno, nel novero di quelle per le quali è stato previsto l'obbligatorio esperimento della mediazione ex art. 5 cit. - ovvero che tale contratto presenti, comunque, in ragione del suo contenuto e della causa che ad esso è sottesa, taluni elementi riconducibili al tipo della locazione, atteggiandosi così - più propriamente - non già quale rent to buy, ma come un negozio misto atipico, ove al contratto preliminare di compravendita accede la previsione dell'anticipata consegna dell'immobile compromesso in vendita in favore della promissaria acquirente, verso il pagamento da parte sua di un corrispettivo mensile per la relativa occupazione. ### d'improcedibilità sollevata dai ### va, quindi, senz'altro disattesa. Sempre in via preliminare, si impone, poi, la disamina dell'eccezione svolta dalla ### in merito alla tardività della costituzione in giudizio del convenuto ### eccezione che si presenta, di per sé stessa, senz'altro fondata, sebbene poi il suo accoglimento non conduca, nel presente caso, alle conclusioni che l'attrice pretenderebbe di ritrarne. Ed invero, relativamente alla tardività di tale costituzione, osserva il giudicante che la stessa sembra risultare persino pacifica, derivando, di certo, dall'avvenuto deposito della comparsa di risposta effettuato dal ### in data ###, allorquando era già spirato il termine di venti giorni prima dell'udienza del 12.10.21, di cui all'art. 166 c.p.c. (nel testo anteriore alla recente modifica di cui al d.lgs. n. 149/22), scaduto, in particolare, in data ###, includendo nel computo il dies ad quem ed escludendo, invece, il dies a quo (si v. nella giurisprudenza di legittimità, tra le altre, Cass. civ. n. 2953/2010). Tenuto conto di quanto previsto dagli artt. 166 e 167 c.p.c., è però evidente, in primo luogo, che tale tardività potrebbe assumere rilevanza, in linea di principio, soltanto con riferimento ad eventuali eccezioni cd. in senso stretto (che nella specie non risulta siano state proposte dal ### e/o a domande riconvenzionali ivi spiegate dal convenuto, mentre la stessa non vale a rendere “inammissibile” la sua comparsa di costituzione in quanto tale - così come sembrerebbe aver opinato, invece, la ### all'udienza del 12.10.21 e nella sua prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. - e/o le deduzioni ed eccezioni cd. in senso lato formulate in detta comparsa da parte del medesimo. Per quanto concerne, poi, la domanda avente ad oggetto la declaratoria dell'avvenuta risoluzione del contratto, per la quale il ### ha dichiarato di voler aderire a quanto già dedotto e richiesto dal ### è evidente che la sua tempestiva proposizione ad opera di quest'ultimo investa, inevitabilmente, l'intero rapporto negoziale e tutte le parti tra le quali lo stesso è stato instaurato, nella specie identificate, dal lato del “promittente venditore”, da entrambi i convenuti, nella loro qualità di comproprietari del bene indiviso, donde un suo eventuale accoglimento spiegherebbe, comunque, i suoi effetti anche nella sfera giuridica dell'altro condividente/promittente venditore, a nulla rilevando che il ### non sia costituito tempestivamente in giudizio, onde proporre anch'egli tale domanda in via riconvenzionale. Non diverse considerazioni devono operarsi, inoltre, relativamente alle domande proposte dal ### ed alle quali il secondo dei due convenuti ha dichiarato di prestare adesione, afferenti il pagamento della penale prevista dall'art. 11 del contratto preliminare e il risarcimento dei danni che sarebbero stati arrecati dalla ### al bene di proprietà comune. Così come è stato prospettato dai convenuti sin dalla loro prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c., vi è infatti da considerare che il singolo comproprietario del bene comune è in realtà legittimato ad agire per la tutela del bene nella sua interezza, senza che sia necessario il coinvolgimento in giudizio anche degli altri condividenti, sussistendo il diritto di ciascuno dei contitolari di compiere, anche nell'interesse degli altri, atti di straordinaria amministrazione, ivi inclusa la proposizione di domande giudiziali, in forza del principio della cd. rappresentanza reciproca fondata sulla comunione di interessi. Su tale scorta, è stato quindi evidenziato anche dalla giurisprudenza di legittimità che il singolo comproprietario ben può agire giudizialmente a tutela della cosa comune anche al fine di ottenere il ristoro del danno che miri a compensare i pregiudizi arrecati all'esercizio delle facoltà dominicali sul bene indiviso, atteso che pure in tal caso l'iniziativa assunta dal singolo condividente si presume posta in essere anche nell'interesse degli altri contitolari (cfr. Cass. civ. n. 29506/2019). Tenuto conto di tali rilievi, è dunque evidente, con riferimento al presente caso e alla domanda qui proposta, in via riconvenzionale, volta al ristoro dei danni derivati dai danneggiamenti materiali arrecati all'immobile e alle spese per il suo ripristino, che la stessa debba essere, comunque, interamente scrutinata nel merito, poiché esercitata legittimamente dal del ### con la sua comparsa tempestivamente depositata, nella sua pacifica qualità di comproprietario del bene, a ciò non ostando la tardiva costituzione del di lui fratello e contitolare del bene stesso, così come evidenziato dai ### sin dalla memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c. Inoltre, per quel che attiene la pretesa avente ad oggetto il pagamento dell'anzidetta penale relativa ai danni da ritardata restituzione del villino compromesso in vendita, osserva il decidente che non appare revocabile in dubbio che il credito in parola si sia atteggiato, nel presente caso, quale obbligazione di natura solidale, tali dovendosi considerare, in linea generale, i diritti di credito che traggano origine da una medesima fonte ed abbiano il medesimo oggetto, quali sono, in particolare, quelli derivanti in capo ai comproprietari dal contratto da loro stipulato per la vendita del bene indiviso, ovvero quelli che originano da un negozio che abbia ad oggetto la locazione della cosa comune, da cui deriva il diritto di ciascuno di richiedere al debitore l'adempimento dell'intera obbligazione e la conseguente liberazione di quest'ultimo, per effetto del pagamento effettuato in favore di uno dei contitolari stipulanti, anche nei confronti degli altri, “salva la ripartizione, nei rapporti interni, della somma pagata” (cfr. al riguardo, già Cass. civ. 10648/2010, sia pure relativa a fattispecie afferente l'obbligazione di pagamento del prezzo dovuto ai comproprietari del bene compravenduto, ma con affermazione di principio che è suscettibile di estensione anche a un preliminare di compravendita, quale quello che qui viene in rilievo, e ad obbligazioni di rilevanza accessoria, come quella relativa, in specie, alla penale prevista dai contraenti per l'ipotesi del ritardato adempimento del compratore, ex art. 1382 c.c.; si v. inoltre, con riferimento alla locazione del bene indiviso, tra le altre, Cass. civ. n. 18069/2019, ove pure è stato evidenziato che, nel caso in cui la parte locatrice sia costituita da più locatori, ciascuno di essi è tenuto, dal lato passivo, alla medesima prestazione e così, dal lato attivo, ognuno degli stessi può agire per l'adempimento delle obbligazioni della controparte, applicandosi in proposito la disciplina della solidarietà di cui all'art. 1292 c.c.). Ciò chiarito, dunque, in rito, e venendo al merito delle domande proposte, rispettivamente, dall'attrice e dal convenuto ### osserva il decidente che è documentato, innanzi tutto, che in data ### sia stato stipulato tra la ### da un lato, e i fratelli ### e ### dall'altro lato, un contratto con il quale gli stessi si sono impegnati, reciprocamente, ad acquistare e ad alienare la proprietà dell'immobile situato ad ### in viale dei ### n. 37, consistente in un villino indipendente sviluppato su due piani fuori terra (piano terra e primo), oltre all'annessa corte esclusiva, adibita a giardino, verso il pagamento di un prezzo complessivo di € 250.000,00 (cfr. doc. 1 fasc. attoreo, recante copia della scrittura in parola, ove si legge, all'art. 2, che “i sig.ri ### e ### si obbligano a trasferire il bene immobile descritto in premessa… alla sig.ra ### che si impegna ad acquistare quanto sopra descritto versando il corrispettivo di € 250.000”). ### quanto concordato inter partes, la stipula del contratto definitivo di compravendita sarebbe dovuta avvenire “entro e non oltre il termine di anni 4 ### dalla data di sottoscrizione della presente scrittura” (e dunque entro il ###), salva l'eventualità di una proroga “…una volta soltanto, e comunque per non più di mesi 12…”, e ciò, in particolare, tenendo conto dell'intendimento e delle esigenze manifestati in tal senso dalla ### di cui gli stipulanti hanno dato espressamente atto nelle premesse della loro scrittura e che i promittenti venditori hanno dichiarato di voler accettare (cfr. doc. cit.). In pendenza di tale termine, i contraenti hanno poi previsto, però, al contempo, che “…a far data dal 1/01/2017 la sig.ra ### sarà immessa nel possesso del bene immobile che costituisce oggetto della vendita” e che “Per tale ragione, le parti prevedono espressamente che a far data dalla immissione in possesso, e comunque entro il giorno 15 di ogni mese, la sig.ra ### verserà ai sig.ri ### e ### la somma di euro 1200,00… fino alla stipula del rogito”, somma che è stata qualificata in tale scrittura “quale caparra confirmatoria per l'anticipata immissione nel possesso del bene” e di cui i contendenti hanno specificamente pattuito, in quella sede, anche la futura regolamentazione per l'ipotesi in cui non fossero addivenuti, per qualsiasi causa non riconducibile a fatto o colpa di ciascuno (ivi inclusa la mancata erogazione del finanziamento con il quale la promissaria acquirente avrebbe potuto reperire, come da contratto, la provvista necessaria al pagamento del prezzo d'acquisto), alla conclusione del rogito di compravendita, concordando che, in tale evenienza, “l'integrale importo versato mensilmente resterà nella disponibilità dei sig.ri ### e ### e non sarà ripetibile”, mentre a fronte della stipula del rogito notarile l'ammontare versato, a quella data, sarebbe stato imputato “a titolo di acconto sul prezzo” limitatamente all'80% del relativo importo, il residuo 20% venendo, invece, comunque trattenuto dai promittenti venditori “a titolo di fondo perduto” (art. 5). Sempre in virtù dell'anticipata immissione nel godimento del bene, è stato previsto, inoltre, nella scrittura in parola - per quel che qui più rileva - che la ### a far data dall'occupazione dell'immobile, avrebbe dovuto provvedere alla voltura delle utenze in essere per acqua, luce e gas (art. 7), che sarebbero stati a suo carico la custodia del bene e la manutenzione ordinaria e straordinaria (art. 10) e che a garanzia delle obbligazioni assunte con il contratto o - più esattamente - “a garanzia del pagamento di n. 1 anno di indennità di occupazione” la stessa avrebbe dovuto rilasciare, entro il termine di 90 giorni dalla sottoscrizione, una “idonea fidejussione bancaria e/o assicurativa in favore dei sig.ri Mangialaio”, per il corrispondente importo di € 14.400,00, con l'obbligo di rinnovare successivamente tale garanzia, di anno in anno, fino alla stipula del rogito (art. 9), in uno all'ulteriore previsione che, in ipotesi di scioglimento del contratto, l'attrice sarebbe stata, d'altro canto, tenuta a versare per l'eventuale ritardata restituzione del villino dopo il trascorrere di 45 giorni una penale giornaliera quantificata in € 200,00 (art. 11). Ed ancora, come è pacifico e documentato in atti, è stata anche sottoscritta, in pari data, tra l'attrice e il ### un'ulteriore scrittura, con la quale è stato previsto, ad integrazione di quanto già concordato con quella sopra richiamata, che la promissaria acquirente avrebbe versato “ulteriori quote economiche nell'arco dell'anno solare”, quote che, in tal caso, non sono state, tuttavia, individuate né nell'ammontare, né nella data della relativa debenza e che, diversamente dalle mensilità di cui al contratto suindicato, sarebbero state considerate interamente come acconto prezzo e decurtate, quindi, al momento del rogito, dal corrispettivo d'acquisto, “senza nessuna detrazione” (cfr. doc. 3 fasc. attoreo). Così delineate le pattuizioni intervenute tra le parti, può sin da ora osservarsi, dunque, che è indubbio che con le stesse gli odierni contendenti abbiano inteso stipulare un negozio inquadrabile in un preliminare di compravendita, per quanto sia stata prevista con esso anche una concessione in godimento dell'immobile in favore della promissaria acquirente in pendenza del termine per la stipula del definitivo. Dal tenore della scrittura anzidetta emerge, infatti, in maniera chiara e inequivoca, l'impegno assunto da entrambe le parti ad addivenire alla stipula della futura compravendita del bene, né l'esistenza di un simile impegno bilaterale è stato, del resto, mai seriamente contestato dai convenuti, rivelandosi così senz'altro improprio il richiamo da loro operato (sia pure in funzione dell'eccezione già sopra esaminata, di improcedibilità delle domande attoree) alla fattispecie del cd. rent to buy, di cui difetta, evidentemente, nel presente caso, il necessario elemento dell'opzione attribuita al locatario di determinarsi, liberamente, all'acquisto dell'immobile al momento della scadenza del termine concordato (stipula a cui quest'ultimo non è in alcun modo tenuto nel cd. rent to buy, diversamente dal negozio oggetto dell'odierna disamina). Al contempo, è stato previsto, però, espressamente - a dispetto di quanto opinato dall'attrice - il versamento di somme mensili rivolte, anzitutto, a remunerare il godimento del bene accordatole medio tempore dai due comproprietari, salva un'imputazione parziale delle mensilità già corrisposte a tale fine al prezzo d'acquisto, allorquando i contraenti fossero addivenuti alla compravendita concordata, chiaro risultando, del resto, in tal senso anche il confronto con quanto pattuito - altrettanto testualmente - nella loro ulteriore scrittura sottoscritta in pari data, afferente le altre somme che sarebbero state versate dalla ### in pendenza del termine per la compravendita, queste ultime da imputare, si è detto, interamente al corrispettivo d'acquisto (cfr. ancora doc. cit.). Ciò detto in merito alla natura e al contenuto del contratto di cui trattasi, si è già anticipato, poi, che l'attrice ha allegato, sin dall'atto introduttivo, di avere provveduto regolarmente al versamento degli importi tempo per tempo dovuti in ragione € 1.200,00/mese, a fronte della fruizione da lei pacificamente conseguita dell'immobile compromesso in vendita, unitamente a un pagamento ulteriore di € 5.000,00, in virtù della seconda delle scritture sopra indicate, e tali circostanze sono rimaste, a ben vedere, del tutto incontestate, in linea di fatto, da parte dei ### (oltre ad essere state comunque suffragate mediante il deposito a cura della ### delle relative distinte di pagamento: cfr. doc. 20 fasc. attoreo), e così, parimenti, è risultato incontroverso che la promissaria acquirente abbia proseguito nel versamento delle mensilità pattuite anche dopo l'iscrizione al ruolo del giudizio, sino a quando l'immobile non è stato da lei rilasciato, in data ### (cfr. doc. 7, allegato alla memoria istruttoria attorea, e doc. 4 fasc. convenuti). Quel che è stato, invece, oggetto delle rispettive contestazioni dei contendenti è che la ### si sarebbe resa inadempiente, a dire dei convenuti, all'obbligo da lei assunto di provvedere al rilascio della fideiussione bancaria o assicurativa da stipulare - come si è anticipato - a garanzia del pagamento di un importo corrispondente a un'annualità per l'occupazione del villino, inadempimento in virtù del quale è documentato che i ### abbiano inviato, in particolare, una diffida ad adempiere ai sensi dell'art. 1454 c.c., con missiva del 30.04.2018, e che è stato contestato, per converso, da parte dell'attrice, si sia effettivamente verificata o abbia, comunque, assunto la gravità prospettata dai promittenti venditori, tale da giustificare la loro pretesa di considerare risolto il vincolo contrattuale. Dal canto suo, la promissaria acquirente ha sostenuto, invece, che sarebbero stati i ### a rendersi inadempienti rispetto agli obblighi assunti, essendo emerso, nel procedimento di mediazione avviato dagli stessi a seguito dell'anzidetta missiva dell'aprile 2018, che il bene oggetto del preliminare fosse, in realtà, viziato da abusi edilizi insanabili, tali da legittimare - secondo quanto prospettato dalla ### nel suo atto introduttivo - l'operatività della garanzia per vizi di cui all'art. 1490 c.c., ovvero da far configurare - come poi opinato dalla stessa nella sua prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. - una fattispecie di cd. aliud pro alio, giustificando, in quanto tali, la sua pretesa allo scioglimento del rapporto in virtù del recesso manifestato con la sua domanda giudiziale ed il conseguente pagamento del doppio della caparra versata, ai sensi dell'art. 1385 Con riferimento a tale pretesa attorea volta a sentire dichiarato lo scioglimento del preliminare del 01.12.2016, in ragione del recesso esercitato dalla ### per l'inadempimento che sarebbe stato perpetrato ai suoi danni dai promittenti venditori, ritiene però il giudicante che la stessa si sia rivelata infondata e non possa, pertanto, trovare accoglimento, in virtù delle ragioni che subito si diranno. Non diversamente, è inoltre da disattendere, ad avviso del decidente, la domanda proposta in via riconvenzionale dal ### per la declaratoria della risoluzione contrattuale a fronte del suddetto inadempimento ascrivibile alla ### per la mancata consegna della polizza fideiussoria, tenuto conto delle considerazioni che seguono. Ed invero, in punto di diritto, è d'uopo anzitutto rammentare che, in tema di compravendita immobiliare, nel caso in cui l'acquirente lamenti l'inadempimento dell'alienante per essere risultato il bene consegnato affetto da difformità edilizie, è possibile configurare una responsabilità di quest'ultimo da ricondurre, in linea generale, alla disciplina di cui all'art. 1489 c.c., mentre non trova, in realtà, applicazione la cd. garanzia per vizi, di cui agli artt. 1490 e ss. Come è stato evidenziato, infatti, anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità, un “vizio” in senso proprio, suscettibile di rilevare ai sensi degli artt. 1490 e ss. cit., presupporrebbe che la cosa presenti una o più anomalie di tipo strutturale, mentre l'esistenza di pretesi abusi dell'immobile attiene a una condizione di irregolarità dello stesso sotto il profilo giuridico, che vale ad assoggettarlo al potere repressivo della P.A. (in termini di demolizione del manufatto o di pagamento di una sanzione pecuniaria), giustificando così l'operatività dell'art. 1489 c.c., dettato in tema di “oneri” (o di diritti altrui) gravanti sul bene e che ne diminuiscano il libero godimento e/o il valore e la commerciabilità (si v. tra le molte, Cass. civ. n. 11218/ 1991, Cass. civ. 4786/2007 e, da ultimo, Cass. civ. n. 27559/2023, che ha evidenziato, appunto, che “in ipotesi di compravendita di costruzione realizzata in difformità della licenza edilizia, non è ravvisabile un vizio della cosa, non vertendosi in tema di anomalie strutturali del bene, ma trova applicazione l'art. 1489 c.c., in materia di oneri e diritti altrui gravanti sulla cosa medesima”). Alla riconduzione dell'irregolarità edilizia dell'immobile alla disciplina dell'art. 1489 c.c. - da ritenere senz'altro applicabile, del resto, anche ove si sia in presenza di un preliminare di compravendita: cfr. tra le altre, Cass. civ. n. 5336/2019, nonché Cass. civ. n. 19812/2004 - consegue, così, che al fine di esercitare i rimedi contemplati da tale disposizione, di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo e/o di risarcimento dei danni, l'interessato debba specificamente allegare e dimostrare, in primo luogo, la lamentata condizione di abusivismo del bene, costituendo quest'ultima, evidentemente, il presupposto stesso dell'operatività di tali rimedi, ed inoltre, alla luce di quanto previsto dall'art. 1489 cit., è comunque da escludere che la stessa possa essere invocata nel caso in cui risulti accertato che gli abusi fossero già noti all'acquirente al momento della stipula o siano stati, comunque, “apparenti”, se non addirittura “dichiarati nel contratto” (cfr. da ultimo, anche Cass. civ. n. 17148/2024). Non solo, ma con specifico riferimento al rimedio della risoluzione del contratto è stato da tempo precisato, altresì, che quest'ultima non consegue affatto, in maniera automatica, all'accertamento dell'esistenza dell'onere insistente sul bene, dal momento che l'art. 1489 cit. rinvia, a sua volta, a tal proposito, al dettato dell'art. 1480 c.c., alla stregua del quale la parte può far valere la risoluzione del rapporto negoziale soltanto “quando deve ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; altrimenti può solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno”. Di guisa che, ove risulti eventualmente acclarato che l'immobile sia gravato da un onere che ne limiti apprezzabilmente il godimento o ne diminuisca il valore e tale onere non sia stato conosciuto o immediatamente conoscibile da parte dell'acquirente, ciò non implica, nondimeno, che vada senz'altro affermata la fondatezza di una sua pretesa risolutoria, regolamentando gli artt. 1489 e 1480 cit. l'apprezzamento che deve essere operato, al riguardo, della gravità di tale specifica inadempienza e “dovendosi stabilire, ai sensi dell'art. 1480 cod. civ., secondo le circostanze, che il compratore non avrebbe acquistato la cosa gravata dall'onere” (cfr. tra le più recenti, Cass. civ. n. 5336/19 cit.; si v. inoltre, Cass. civ. n. 11218/ 91 cit., e già Cass. civ. n. 2890/1984). Per quel che attiene, poi, l'ipotesi della cd. consegna di aliud pro alio - come detto prospettata dalla ### con la sua memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c. e, da ultimo, richiamata anche nei suoi scritti conclusivi - osserva il decidente che la stessa può configurarsi, in via generale, soltanto nel caso in cui “il bene consegnato sia completamente eterogeneo rispetto a quello pattuito, per natura, individualità, consistenza e destinazione, cosicché, appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere allo scopo economico-sociale della res promessa e, quindi, a fornire l'utilità presagita” (cfr. da ultimo, Cass. civ. n. 13214/2024). Il presupposto per il riconoscimento di una simile fattispecie - estranea anch'essa alla sfera applicativa degli artt. 1490 e ss. cit. - è infatti individuato, tradizionalmente, nell'esistenza di una condizione del bene - non importa, in tal caso, se in virtù di un'anomalia strutturale dello stesso o per la sua particolare situazione giuridica - che sia tale da farlo ascrivere a un genere del tutto diverso da quello proprio della cosa promessa o che, comunque, ne pregiudichi totalmente l'idoneità ad assolvere alla sua funzione naturale o a quella che sia stata ritenuta essenziale dai contraenti, ciò solo giustificando senz'altro, in ragione della gravità di tale inadempienza, l'operatività del rimedio generale della risoluzione del contratto per inadempimento, sottratto alle limitazioni che sarebbero, invece, previste dalla speciale disciplina dettata in materia di compravendita dagli artt. 1470 e ss. c.c. (cfr. ancora Cass. civ. n. 13214/24 cit., nonché già, tra le altre, Cass. civ. n. 23547/2017, Cass. civ. n. 10665/2020). Ed ancora, tenuto conto che, nel caso che occupa, si verte in presenza di una risoluzione per inadempimento invocata da parte attrice tramite lo strumento di cui all'art. 1385 c.c., è opportuno evidenziare che i rilievi sin qui operati valgano, tal quali, anche rispetto all'esercizio del recesso previsto da tale disposizione, atteso che - come è stato chiarito già da tempo, anche sul punto, dal giudice di legittimità - il recesso di cui all'art. 1385 cit. “…costituisce null'altro che uno speciale strumento di risoluzione negoziale per giusta causa, alla quale lo accomunano tanto i presupposti (l'inadempimento della controparte) quanto le conseguenze (la caducazione ex tunc degli effetti del contratto)” (cfr. per tutte, già Cass. civ. S.U. n. 553/2009). Affinché possa darsi luogo a un legittimo esercizio di tale diritto ai termini di cui all'art. 1385 cit. è necessario, pertanto, in linea generale, che sussista un inadempimento imputabile all'altra parte suscettibile di essere qualificato come di “non scarsa importanza”, ai sensi dell'art. 1455 c.c., ed analogamente, non sembra revocabile in dubbio che, nel caso in cui il rimedio in parola venga azionato in virtù dell'asserita consegna di un “aliud pro alio” o sull'assunto di un onere insistente sul bene per la presenza di irregolarità edilizie, debbano ricorrere, del pari, i medesimi presupposti ai quali sarebbe condizionata anche un'azione di risoluzione giudiziale, condividendone, appunto, il recesso la medesima funzione e distinguendosene soltanto in virtù della possibilità che lo stesso attribuisce alla parte di svincolarsi unilateralmente dal rapporto, senza la necessità di una previa pronuncia giudiziale (si v. al riguardo, tra le più recenti, Cass. civ. 23605/2023, ove è stato affermato, su tale scorta, con specifico riferimento all'ipotesi della consegna di aliud pro alio, che non assume, per l'appunto, rilevanza la circostanza che un simile inadempimento sia invocato con il recesso di cui all'art. 1385 c.c., invece che con un'azione di risoluzione ex art. 1453 c.c., posto che in difetto dei presupposti necessari per la configurabilità dell'ipotesi in parola comunque non può darsi luogo a uno scioglimento del contratto per inadempimento, sia esso invocato con il recesso o la risoluzione giudiziale; cfr. inoltre, con riferimento alla previsione di cui all'art. 1489 c.c. e all'applicabilità della stessa anche in ipotesi di recesso ex art. 1385 cit., Cass. civ. n. 17148/24 cit.). Ora, tanto premesso in diritto, osserva il decidente, in fatto, che è risultato, in effetti, documentato che l'immobile di cui discute si sia rivelato affetto da talune difformità rispetto al relativo titolo edilizio, per come emergenti, in particolare, dal sopralluogo effettuato in data ### dal Corpo di ### e dal successivo verbale d'accertamento prot. ###/2019 del 03.10.2019, emesso a carico dei ### successivamente all'esposto che - è pacifico - è stato presentato dalla stessa attrice, seguito, poi, dall'adozione da parte del Comune dell'ordinanza n. ### di demolizione degli abusi rilevati, n. prot. 53406 del 19.10.2019 (cfr. doc. 1, 2, 4, in allegato alla memoria attorea ex art. 183 co. 6 n. 2 c.p.c.). A dispetto di quanto opinato dalla ### anche nell'ambito dei suoi scritti conclusivi, emerge, però, da tale documentazione che le difformità di cui si tratta abbiano riguardato, in verità, soltanto l'avvenuta realizzazione di un ampliamento in corrispondenza del piano terra del villino, operato tramite la chiusura in muratura di una porzione della veranda prospicente il fabbricato, per appena 3,50 mq. di estensione complessiva, oltre a un ampliamento di tale veranda e all'installazione di una tettoia sul balcone del primo piano (quest'ultima di soli 3,00 mq. complessivi) e di un locale tecnico posto in giardino, chiusura - quella suindicata, relativa alla porzione antistante il villino, al piano terra, ed interessante uno dei vani interni a quest'ultimo - che è stata, inoltre, ritenuta dal Comune come non sanabile - e che è stata pertanto rimossa, poi, pacificamente, dai convenuti a seguito dell'ordinanza anzidetta - non già per una (non meglio specificata) “rilevanza” dell'abuso perpetrato (quale quella che è stata genericamente invocata, da ultimo, dall'attrice nella sua comparsa conclusiva), ma per l'ubicazione del fabbricato in “zona “### satura” dove “non sono consentiti ampliamenti”… ma solamente demolizione e ricostruzione totale dell'immobile”, secondo quanto risultante, a ben vedere, persino dalla stessa documentazione depositata dalla ### in allegato al suo atto introduttivo (cfr. ancora doc. 2 cit., nonché doc. 19 fasc. attoreo e doc. 19, 20 fasc. convenuti). Con riferimento alle restanti difformità riscontrate nel villino, inerenti le coperture esterne e il locale tecnico già sopra richiamati, è rimasto, poi, del tutto incontroverso - in difetto di specifiche allegazioni in senso contrario, mai operate dall'attrice nei suoi scritti difensivi - ed è risultato, comunque, sufficientemente comprovato, che le stesse siano state, invece, sanate dai convenuti successivamente alla riacquisizione della disponibilità materiale dell'immobile, essendosi gli stessi muniti di titolo sia per la copertura al piano terra del fabbricato, sia per il locale tecnico posto sulla corte esclusiva, ed essendo stata rimossa, per il resto, la sola tettoia posta sulla terrazza del primo piano, anch'essa, peraltro, di assai ridotta consistenza, giacché avente un'estensione pari, come detto, ad appena 3 mq. (cfr. ancora doc. 19, 20, 21, 22 fasc. convenuti) Tenuto conto di tali risultanze, si presenta, così, senz'altro smentito l'assunto attoreo secondo cui gli abusi avrebbero determinato - così come da lei sbrigativamente opinato - l'“abbattimento di una consistente cubatura interna”, con la “eliminazione di una stanza” al piano terra, oltre all'eliminazione della tettoia in legno posta al piano superiore, quale doglianza che, per la verità, risulta contraddetta persino dalle perizie di parte versate in atti dalla stessa ### (nelle quali è stata riportata, infatti, relativamente al piano terra del villino, soltanto l'esistenza di un mero ampliamento di uno dei suoi vani, sia pure per un'estensione, ivi indicata, asseritamente maggiore rispetto a quella effettivamente riscontrata alla luce degli accertamenti operati dall'amministrazione locale; cfr. doc. 3, allegato alla memoria istruttoria attorea), e tantomeno può ravvisarsi un “aliud pro alio”, emergendo dagli elementi sin qui richiamati che l'irregolarità del fabbricato sia rimasta confinata, in realtà, a una difformità obiettivamente assai esigua, come è quella consistita nell'ampliamento di un solo vano tra quelli ivi presenti, per appena 3 mq. circa, in rapporto alla complessiva consistenza del villino (di due piani fuori terra e di oltre 100 mq. di superficie, oltre all'annessa corte esclusiva), o quella afferente la tettoia in legno al primo piano, anche quest'ultima di entità alquanto modesta ed invero trascurata, non a caso, financo nelle stesse prospettazioni attoree, avuto riguardo a quanto solo è stato lamentato dalla ### nei termini per le cd. preclusioni assertive (si v. atto di citazione, nonché prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c.). In altre parole, considerando la natura e l'assai lieve entità delle difformità di cui si tratta, è evidente, ad avviso del giudicante, che le stesse non abbiano inciso, nel presente caso, sull'idoneità dell'immobile compromesso in vendita a soddisfare la funzione abitativa sua propria, né è stato specificamente allegato e dimostrato (o richiesto di dimostrare) da parte dell'attrice (anche tenuto conto del carattere valutativo e generico o dell'inconferenza, per come articolati, dei capitoli di prova testimoniale richiesti dalla stessa nella sua memoria istruttoria) alcunché di concreto e specifico in diverso senso, essendosi la medesima limitata al riguardo, in definitiva, soltanto a un astratto richiamo di pronunce giurisprudenziali relative ad ipotesi affatto diverse da quella che occupa (quale è, in particolare, il precedente di cui a Cass. civ. n. 10297/2017, ripetutamente richiamato dalla ### afferente a fattispecie nella quale veniva lamentata, piuttosto, innanzi al giudice di legittimità, la nullità del preliminare di vendita di un immobile abusivamente sopraelevato, o il precedente menzionato nella sua comparsa conclusiva, di cui a Cass. civ. n. 8749/2024, relativo a un preliminare avente ad oggetto un appartamento realizzato, in quel caso, in aree urbanisticamente destinate a palestre e piscine e connotato da violazioni tali da incidere sulle necessarie condizioni di igiene, salubrità e sicurezza, con la sua conseguente inidoneità a soddisfare la pattuita destinazione abitativa, condizioni che, nel caso oggetto dell'odierno contenzioso, non risulta invece, né è stato comunque lamentato, mancassero per il villino compromesso in vendita, pacificamente abitato e goduto, oltretutto, per anni, dalla promissaria acquirente secondo la funzione sua propria), e che, comunque, nulla dicono - come è ovvio - rispetto alla fattispecie oggetto della presente causa e all'effettiva e concreta gravità, quantitativa e qualitativa, e alla conseguente incidenza sul sinallagma, da allegare e provare a cura dell'attrice, dell'inadempimento da lei lamentato ai fini dell'invocato recesso dal contratto del 01.12.2016. Né, a tal proposito, potrebbe darsi rilevanza, d'altro canto, all'asserita “incommerciabilità” dell'immobile, prospettata dalla ### nei suoi scritti difensivi in relazione alle difformità presenti nello stesso, o a una pretesa impossibilità per la medesima, in ragione di tali abusi, di conseguire il finanziamento previsto per reperire la provvista necessaria al suo acquisto, quale opinata anche nell'ambito della sua perizia di parte, peraltro senza che sia stata mai specificamente allegata, prima ancora che dimostrata, l'effettiva avvenuta presentazione, da parte della promissaria acquirente, di una richiesta volta all'ottenimento di un simile finanziamento, di certo dovendosi escludere che possa rilevare, sul punto, il solo contenuto della suddetta perizia (in ragione della sua natura di mera allegazione di parte) e rivelandosi, in tal senso, l'assunto in parola meramente apodittico e congetturale. Al contrario, come è stato precisato anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità, l'esistenza di difformità del bene rispetto al relativo titolo edilizio non determina, in realtà, un'incommerciabilità del bene stesso, tenuto conto che non è dato configurare, in tal caso, una nullità del contratto per illiceità o impossibilità dell'oggetto e l'invalidità che è specificamente prevista, al riguardo, per i contratti di compravendita - o per gli altri negozi inter vivos ad effetti reali, richiamati dall'art. 46 d.P.R. 380/2001 - concerne la sola ipotesi in cui il contratto abbia ad oggetto un immobile del tutto sprovvisto del necessario titolo autorizzativo, mentre “in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato”, potendo tale difformità ridondare, semmai, sul piano dell'adempimento ed assumere rilevanza - come si è già anticipato - se e nei limiti in cui siano ravvisabili i presupposti della tutela di cui all'art. 1489 c.c. (cfr. ancora, tra le altre, Cass. civ. n. 17148/2024). Non diverse considerazioni devono essere, inoltre, operate, nel caso che occupa, proprio avendo riguardo a tale ultima disposizione e al rimedio della risoluzione contrattuale che è contemplato dalla stessa, e ciò, tenuto conto che - anche prescindendo dal richiamo impropriamente operato dalla ### alla diversa disciplina della garanzia per vizi - alcunché di concreto e specifico è stato offerto, anche a tali fini, da parte dell'onerata, onde far concludere per l'essenzialità dell'esigua porzione del villino che è risultata oggetto dell'abusivo ampliamento, in rapporto all'economia complessiva del rapporto e alla realizzazione dell'assetto di interessi con esso concordato, di là dalla pretesa e indimostrata “eliminazione di una stanza” che sarebbe derivata dalla demolizione di tale abuso, dovendosi escludere - come si è detto - che la sola esistenza, in sé, di una difformità edilizia valga a far pervenire, automaticamente, a una risoluzione negoziale e dovendosi, di contro, dimostrare da parte dell'interessato che il contratto non sarebbe stato da lui verosimilmente concluso ove avesse avuto conoscenza dell'effettiva condizione del bene. Con riferimento all'odierna fattispecie, avuto riguardo alla natura ed assai modesta entità dell'ampliamento realizzato all'interno di una delle stanze del piano terra del fabbricato, è peraltro da ritenere - quantomeno in assenza di alcun congruo elemento offerto in diverso senso - che il bene, ancorché lievemente difforme dal relativo titolo edilizio, si sia presentato, comunque, del tutto idoneo a soddisfare le finalità sottese al contratto del 01.12.16, e analogamente è a dirsi, a fortiori, con riferimento all'abuso afferente la tettoia già sopra menzionata, donde la conseguente esclusione dei presupposti per una risoluzione del contratto ai termini di cui agli artt. 1489 e 1480 c.c. . E che le suddette difformità non abbiano assunto, nella specie, una rilevanza tale da legittimare una pretesa risolutoria quale quella invocata dalla ### con il suo recesso ex art. 1385 c.c. risulta avvalorato, d'altra parte, anche dal contegno da lei concretamente tenuto, non potendosi effettivamente trascurare, sul punto, neppure la peculiare tempistica con la quale la medesima avrebbe appreso, a suo dire, degli abusi dell'immobile, a fronte di indagini commissionate, singolarmente, a un proprio tecnico soltanto nel dicembre 2018, successivamente ai contrasti insorti con i promittenti venditori per il mancato rilascio della polizza e alle missive inviatele da questi ultimi al riguardo sin dall'aprile 2018 (cfr. doc. 4, 5, 7 fasc. attoreo, e doc. 1, 2, 3, allegati alla costituzione del ###, per di più a fronte della documentata disponibilità, già da tempo ottenuta dalla prima, della piantina catastale recante il differente stato del bene originariamente assentito (si v. comunicazione del 20.03.2018, sub doc. 14 fasc. convenuti), e in assenza, comunque, di alcuna effettiva iniziativa da lei assunta per l'ottenimento di un finanziamento per il suo acquisto (iniziativa di cui, infatti, nulla è stato specificamente allegato, né provato, da parte dell'attrice, risultando al contrario dalle sue stesse produzioni che l'accertamento in ordine alle irregolarità sia stato, piuttosto, effettuato dal suo tecnico al di fuori di qualsivoglia istruttoria relativa all'ottenimento di un mutuo; cfr. doc. 15, allegato all'atto di citazione). Ed inoltre, è risultato pacifico che, anche a seguito dell'asserita avvenuta scoperta delle difformità, l'attrice abbia continuato ad occupare e a godere del cespite, manifestando la propria volontà di acquistarlo pur a fronte dei lamentati abusi, tenuto conto di quanto emerge, a tal proposito, proprio dalla documentazione depositata dalla predetta, afferente il procedimento di mediazione avviato dai convenuti nell'ottobre 2018 per i contrasti e le missive già sopra menzionati ed al contegno da lei assunto in quella sede ###la conseguente inoperatività, in parte qua, dell'eccezione d'inutilizzabilità spiegata dai ### ai sensi dell'art. 10 d.lgs. n. 28/2010, trattandosi, per l'appunto, del comportamento e delle dichiarazioni operate in quel procedimento dalla stessa ### che tale documentazione ha versato in atti), ove la medesima ha, in realtà, lungamente coltivato il proprio intendimento di proseguire nel rapporto contrattuale nonostante gli abusi dai lei asseritamente appresi a seguito del sopralluogo effettuato dal suo tecnico già dal dicembre 2018, financo assumendo, su di sé, l'impegno di anticipare le spese per la relativa regolarizzazione, da decurtare poi dal prezzo dovuto per l'acquisto dell'immobile (cfr. doc. 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, allegati all'atto di citazione, nonché doc. 15, 16, recanti, rispettivamente, copia della relazione redatta dal perito attoreo nel gennaio 2019, successivamente al sopralluogo da lui effettuato nell'immobile nel dicembre 2018, e successiva richiesta dell'aprile 2019, presentata dalla ### al Comune di ### di conferma degli abusi rilevati dal predetto). Il che, come è evidente, contribuisce ulteriormente a smentire il generico assunto attoreo in ordine all'avvenuta consegna di un “aliud pro alio”, o che le suddette difformità siano state realmente idonee a compromettere la realizzabilità della causa del contratto e l'interesse della ### alla sua conclusione, agli effetti di cui agli artt. 1489 e 1480 c.c., essendo stato tale interesse persino confermato espressamente da quest'ultima a fronte degli anzidetti abusi, salva soltanto una riduzione del corrispettivo dovuto per l'acquisto del bene in ragione delle spese che si sarebbero rese necessarie per ovviare agli stessi. Ed infine, anche trascurando l'inutilizzabilità che, come detto, è stata eccepita dai ### ai sensi dell'art. 10 d.lgs. n. 28/10, per le dichiarazioni rese dai medesimi nel corso del procedimento di mediazione, deve escludersi che possa assumere rilevanza, ai fini della legittimità della pretesa attorea di risolvere il preliminare per il loro inadempimento, l'assunto che questi ultimi avrebbero, se non altro, mancato di attivarsi per porre rimedio agli abusi, essendo rimaste le deduzioni svolte dall'attrice sul punto del tutto generiche e trovando anch'esse, per la verità, congrua smentita nelle emergenze istruttorie acquisite, da cui risulta che i ### si siano, al contrario, attivati in tal senso quando la ### era ancora, pacificamente, nel godimento del villino, tanto da averle anche richiesto, a seguito dell'accertamento del 03.10.2019 e dell'ordinanza del Comune del 19.10.2019, di potervi accedere per provvedere ai lavori ed avendo, poi, concretamente posto in essere questi ultimi successivamente al rilascio ad opera della prima, allorquando era ancora pendente, peraltro, il termine previsto per la stipula del definitivo (cfr. doc. 4, 5, 6, in allegato alla memoria istruttoria attorea, nonché doc. 19 e ss. fasc. convenuti). In virtù dei rilievi che precedono, la domanda della ### volta a sentire dichiarato lo scioglimento contrattuale, in virtù del suo recesso, per l'inadempimento perpetrato dai promittenti venditori, deve essere, dunque, conclusivamente disattesa. Del pari da respingere è, poi, anche la contrapposta domanda proposta dal ### in via riconvenzionale, avente ad oggetto la risoluzione del contratto del 01.12.2016 per l'inadempimento della promissaria acquirente. Ed invero, anzitutto, occorre premettere che, sebbene tale convenuto non abbia richiamato espressamente il dettato dell'art. 1454 c.c., è del tutto evidente che la pretesa risolutoria da lui esercitata vada sussunta, comunque, entro tale disposizione, desumendosi dal tenore della sua comparsa di risposta e dalle richieste ivi avanzate che lo stesso abbia ancorato la sua domanda di risoluzione alla diffida ad adempiere indirizzata da lui e dal fratello ### sin dal 30.04.2018, alla ### al fine di intimarle l'adempimento dell'obbligo di consegnare la fideiussione prevista dall'art. 9 del contratto di cui si tratta. Rileva, infatti, in tal senso, l'espresso riferimento che è stato operato dal convenuto, sin dalla sua costituzione in giudizio, alla suddetta diffida - già versata in atti dall'attrice, in allegato al suo atto di citazione - e alla successiva missiva del 23.07.2018, con la quale i promittenti venditori hanno poi contestato alla promissaria acquirente di avere omesso di adempiere a quanto pattuito anche a seguito della loro diffida, comunicandole quindi la risoluzione e chiedendole, conseguentemente, il rilascio dell'immobile, da effettuare nei successivi 45 giorni ex art. 11 del preliminare (cfr. doc. 4 fasc. attoreo, nonché doc. 2, allegato alla comparsa del ###. Inoltre, depone per la qualificazione di cui si è detto anche la circostanza che il convenuto abbia ancorato, non a caso, la sua ulteriore pretesa volta all'ottenimento della penale di cui all'art. 11 del contratto alla mancata restituzione del bene, da lui computata a far tempo dal decorso del suddetto termine di 45 giorni decorrenti dal ricevimento (per compiuta giacenza) della missiva del luglio 2018, emergendo anche qui in maniera chiara e inequivoca la sua pretesa di far risalire alla diffida lo scioglimento del vincolo negoziale, asseritamente legittimato dall'omessa consegna, ad opera della ### di un'idonea polizza, in conformità con quanto tra loro pattuito. Posta, dunque, tale qualificazione giuridica della domanda di risoluzione proposta dal ### è d'uopo rammentare, poi, in punto di diritto, che la risoluzione di cui all'art. 1454 c.c. non si sottrae comunque, neppure essa, ai presupposti ai quali è subordinato di volta in volta l'utile esperimento dell'azione di risoluzione giudiziale, distinguendosi da quest'ultima soltanto per la sua natura di cd. risoluzione di diritto, funzionale a consentire al contraente che abbia patito l'inadempimento dell'altra parte di sciogliersi unilateralmente dal vincolo negoziale, senza la necessità di una previa pronuncia giudiziale di carattere costitutivo, nel caso in cui il medesimo conservi ancora un interesse ad ottenere dalla controparte la prestazione dovutagli ed intenda intimarle, pertanto, in via ultimativa, l'esatta esecuzione di quest'ultima, risolvendosi il contratto automaticamente per l'eventualità in cui tale prestazione non venga, poi, eseguita esattamente dall'obbligato neppure nel termine ultimo assegnatogli a tale fine ai sensi dell'art. 1454 cit. Non diversamente da quanto già evidenziato con riferimento al recesso di cui all'art. 1385 c.c., anche la cd. risoluzione su diffida non elimina, pertanto, la necessità che ricorra, nel singolo caso concreto, un inadempimento imputabile all'altra parte, sotto il profilo soggettivo, e che quest'ultimo si presenti, altresì, di gravità tale da giustificare lo scioglimento del rapporto, alla stregua della valutazione che, in via generale, è prevista come detto dall'art. 1455 c.c., dovendo l'interessato pur sempre prospettare, conseguentemente, sotto il profilo oggettivo, che vi sia stata un'inadempienza di “non scarsa importanza”, avuto riguardo alla situazione verificatasi alla scadenza del termine assegnato con la diffida, in rapporto all'entità obiettiva di tale inadempienza e al suo interesse a un esatto e puntuale adempimento, nel quadro dell'economia generale del rapporto contrattuale (cfr. tra le altre, Cass. civ. n. 7463/2020). Inoltre, se la gravità dell'inadempimento e la sua idoneità a legittimare la pretesa del contraente che lo abbia subìto a risolvere il vincolo negoziale può risultare agevolmente riscontrabile ove si tratti in un'inadempienza di natura definitiva ed afferente le obbligazioni principali, di contro, nel caso in cui la stessa concerna prestazioni meramente accessorie, incombe sul predetto un onere allegatorio e probatorio ben più gravoso, dovendo emergere ancor di più le concrete ragioni per le quali una simile inadempienza avrebbe determinato un'irrimediabile alterazione del sinallagma e legittimato la perdita del suo interesse alla prosecuzione del rapporto, pur a fronte della regolare esecuzione di quest'ultimo con riferimento alle sue prestazioni essenziali (cfr. tra le altre, Cass. civ. n. 16084/2007). Ebbene, ciò detto, si è anticipato, con riferimento all'odierna fattispecie, che i ### abbiano lamentato, sin dalla loro diffida ad adempiere del 30.04.18, l'omessa consegna della fideiussione che la promissaria acquirente avrebbe dovuto procurare loro presso una banca o un'impresa assicurativa, a garanzia del pagamento di un importo di € 14.400,00, corrispondente a un'annualità delle somme da versare per l'occupazione dell'immobile, e a fronte di quanto allegato al riguardo dalla ### è risultato, in effetti, incontroverso che tale polizza non sia stata dai lei consegnata nel termine contrattualmente previsto di 90 giorni e sino al ricevimento dell'anzidetta diffida. A dispetto di quanto opinato dall'attrice nei suoi scritti difensivi, inoltre, non può ritenersi dimostrato che tale obbligazione sia stata da lei ottemperata, se non altro, successivamente a tale diffida, dal momento che è pacifico che la stessa si sia limitata, a tale fine, a trasmettere ai ### nel giugno 2018, soltanto un documento a suo dire proveniente dalla ### da cui non risulta, però, neppure una qualche sottoscrizione riferibile a tale ente e che sarebbe stato rilasciato alla medesima quale “socia” , nonostante che la stessa non svolga alcuna attività commerciale, secondo quanto lamentato dai convenuti sin dalla loro comparsa di risposta e in alcun modo contestato dall'attrice in corso di causa, con la conseguente inidoneità di tale documento a dar prova, da sé solo, dell'effettivo avvenuto rilascio, ad opera del suddetto ente consortile, della garanzia di cui si tratta (cfr. doc. 6, allegato all'atto di citazione, nonché doc. 1, in allegato alla comparsa di costituzione del ###. Dal documento in parola - così come fondatamente lamentato, ancora, dai ### - non emergono, poi, le condizioni negoziali alla stregua delle quali il suddetto consorzio avrebbe rilasciato l'asserita garanzia, recando lo stesso, a ben vedere, soltanto l'indicazione di una mera “dichiarazione di impegno a costituirsi garante del socio”, donde la sua inidoneità, anche per tale via, a dimostrare l'avvenuta assunzione da parte di alcuno di una garanzia immediatamente azionabile dai convenuti, atta ad assicurargli il pagamento della somma concordata nel preliminare, e così, ulteriormente, alcuna allegazione, né prova, è stata offerta dalla ### anche rispetto alla contestazione circa la qualità dell'ente che si sarebbe impegnato a rilasciare la polizza di cui si tratta, in rapporto alla previsione del contratto del 01.12.16 della necessaria consegna di una fideiussione di natura bancaria o assicurativa (cfr. ancora doc. cit.). Se è acclarato, quindi, in virtù di tanto, che la promissaria acquirente non abbia adempiuto l'obbligazione afferente la consegna della polizza fideiussoria, occorre però osservare, al contempo, che un simile inadempimento non risulta affatto avere assunto una gravità tale da giustificare una pretesa risolutoria quale quella invocata dal ### con il richiamo alla diffida del 30.04.18 e alla missiva del 23.07.2018, ove tale inadempienza è stata contestata a carico dell'attrice ed è stato, dunque, comunicato che il contratto avrebbe dovuto intendersi risolto, con la conseguente richiesta rivolta alla stessa a provvedere alla liberazione del villino (si v. ancora doc. 4 cit. fasc. attoreo, nonché doc. 12, 13 fasc. convenuti). Ed infatti, in primo luogo, non può non rilevarsi che la prestazione in parola, di natura indubbiamente accessoria nel complessivo assetto del contratto del 01.12.16, sia rimasta del tutto inattuata dalle parti per un rilevante intervallo temporale, tenuto conto del lungo periodo trascorso dalla scadenza del termine pattuito per la consegna della polizza (90 giorni dopo la sottoscrizione del preliminare), e ciò, senza che siano stati specificamente allegati, a ben guardare, o siano stati comunque dimostrati, iniziative e solleciti concretamente intrapresi dai promittenti venditori onde ottenerne il rilascio, prima della loro diffida dell'aprile 2018, atteso che alcunché emerge sul punto anche dalla corrispondenza scambiata inter partes, da cui si evincono soltanto solleciti di pagamento per fatture relative alle utenze, nonché richieste rivolte dai ### al compagno dell'attrice, ### onde ottenere ulteriori versamenti in anticipo sul corrispettivo d'acquisto, quali previsti nella scrittura già sopra menzionata, conclusa a latere del preliminare sempre il ### (cfr. doc. 14 fasc. convenuti). Risulta dunque smentito, in tal senso, il generico assunto dei convenuti secondo cui la mancata consegna della polizza sarebbe stata più volte lamentata e che la stessa si sarebbe, pertanto, presentata “grave”, essendo tale gravità indubbiamente contraddetta dal contegno concretamente assunto dai medesimi nel lungo intervallo trascorso dalla stipula del 01.12.16, mentre alcuna rilevanza può annettersi, ad avviso del giudicante, all'ulteriore doglianza dei ### circa l'omesso pagamento degli acconti aggiuntivi dovutigli dalla promissaria acquirente in virtù dell'anzidetta scrittura a latere, quale prospettazione introdotta, invero, tardivamente, soltanto nell'ambito della loro memoria autorizzata del 21.02.2024, e tuttavia relativa - come è evidente - a un'asserita inadempienza che è diversa e ulteriore rispetto a quella da loro lamentata in comparsa di costituzione e nella prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c., ove le sole deduzioni operate dai convenuti hanno riguardo, per l'appunto, unicamente il mancato rilascio della fideiussione. E d'altra parte, in aggiunta al rilievo appena operato, non può non osservarsi che il versamento, ad opera della ### di ulteriori quote da imputare ad acconto prezzo neppure sia stato fatto oggetto, nell'ambito della scrittura suindicata, di una specifica previsione recante anche gli importi di tali ulteriori pagamenti, oltre che i termini entro i quali questi sarebbero divenuti esigibili, essendosi tale scritto atteggiato, in definitiva, soltanto quale mera manifestazione di un generico intendimento delle parti acché venissero operati versamenti aggiuntivi a titolo di acconto sul prezzo, rimessi a una libera determinazione della promissaria acquirente quanto a tempi e ad ammontare, o dovendosi se non altro escludere, anche qui, che una simile prestazione abbia assunto una rilevanza essenziale nell'economia generale del rapporto, tanto da essere stata prevista, non a caso, con una mera pattuizione a latere, del contenuto assai generico di cui si è appena dato conto. In secondo luogo, si è già osservato, poi, come sia rimasto incontestato che la promissaria acquirente abbia provveduto, invece, all'esatto adempimento dei pagamenti dovuti mensilmente della somma di € 1.200,00, prevista in contratto a suo carico a fronte dell'anticipata immissione nel godimento del bene, il che - come è evidente - vale a contraddire la generica doglianza dei ### in merito a una “scarsa solvibilità” dell'attrice, avendo quest'ultima sempre provveduto, per l'appunto, ai versamenti pattuiti a tale titolo, nell'ampio periodo trascorso sin dalla conclusione del contratto del 01.12.2016, oltre che all'ulteriore pagamento di € 5.000,00, da imputare integralmente ad anticipo del prezzo secondo la scrittura a latere di cui si è detto. Né, in virtù di tanto, potrebbe darsi, del resto, rilevanza all'ulteriore obiezione secondo cui il mancato rilascio della polizza avrebbe, comunque, dimostrato l'incapacità della ### di ottenere anche un finanziamento presso istituti di credito, avuto riguardo, per un verso, alla finalità di tale polizza (volta a garantire il pagamento delle indennità per l'occupazione dell'immobile) e, per altro verso, all'entità del termine ancora pendente, alla data della diffida e della successiva comunicazione del luglio 2018, per la stipula del contratto definitivo e il saldo del corrispettivo d'acquisto, in vista del quale l'attrice avrebbe poi dovuto procurarsi, se del caso, un simile finanziamento. Inoltre, a tale ultimo proposito, si è già osservato che il contratto abbia “bilanciato” la disponibilità manifestata dai promittenti venditori rispetto alle esigenze della promissaria acquirente di differire il termine per la conclusione del rogito e di ottenere, ciò nondimeno, l'anticipata immissione nel godimento del bene, mediante la previsione, oltre che del pagamento ad opera della stessa delle anzidette mensilità, anche dell'irripetibilità di tali pagamenti per l'eventualità in cui il contratto definitivo non fosse risultato stipulabile per circostanze non imputabili alle parti, ivi incluso il mancato ottenimento del suddetto finanziamento, presidiando, poi, l'interesse dei convenuti a fronte dell'anticipata occupazione del loro immobile financo con la pattuizione di una penale per il suo eventuale ritardato rilascio. Di guisa che, tenuto conto di tutti i rilievi che precedono, è evidente che la mancata consegna della polizza fideiussoria, sulla quale - soltanto - è stata fondata la pretesa risolutiva ex art. 1454 c.c., non sia valsa, in effetti, a legittimare una simile risoluzione, non ravvisandosi affatto la gravità di tale inadempimento, imposta a tal uopo dall'art. 1455 Ed infine e per concludere sulla domanda riconvenzionale di risoluzione proposta dal ### neppure può darsi seguito a quanto da lui sostenuto in merito ai danneggiamenti che sarebbero stati arrecati al bene dalla ### anteriormente al suo rilascio, danneggiamenti che, a suo dire, avrebbero integrato una violazione dell'obbligo di custodia gravante sulla stessa e che legittimerebbero, anch'essi, lo scioglimento del vincolo negoziale. Al riguardo, non sembra infatti che possa prescindersi dal rilievo che un simile inadempimento neppure è stato specificamente indicato a fondamento della pretesa risolutoria azionata da tale convenuto, basata, a ben guardare, unicamente sulla mancata consegna della polizza e sull'inottemperanza alla diffida ad adempiere inviata al riguardo alla ### nell'aprile 2018. Inoltre, come si dirà meglio nel prosieguo in relazione alla domanda risarcitoria proposta dal ### è rimasto, in realtà, privo di sufficiente dimostrazione in quali termini il bene sia risultato danneggiato in occasione della sua restituzione, il che vale, dunque, a far escludere, anche per tale via, che ricorra comunque un inadempimento dell'attrice idoneo a giustificare lo scioglimento negoziale ai termini dell'art. 1455 cit. Considerato quanto suesposto, neppure la domanda di risoluzione proposta dal ### può, pertanto, trovare accoglimento. Posta l'acclarata infondatezza delle pretese risolutorie esercitate dalle parti per gli inadempimenti rispettivamente addebitati dall'una all'altra, vi è ora da richiamare, peraltro, il principio ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “### i contraenti richiedano reciprocamente la risoluzione del contratto, ciascuno attribuendo all'altro la condotta inadempiente, il giudice deve comunque dichiarare la risoluzione del contratto, atteso che le due contrapposte manifestazioni di volontà, pur estranee ad un mutuo consenso negoziale risolutorio, in considerazione delle premesse contrastanti, sono tuttavia dirette all'identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale” ( tra le più recenti, Cass. civ. n. 19569/2021). Come è stato evidenziato, infatti, a fronte delle reciproche domande dei contraenti volte a sentire pronunciata la risoluzione del rapporto per colpa della controparte, il giudice, escluso che l'una o l'altra domanda possano trovare accoglimento, non può che dare atto, comunque, dell'impossibilità dell'esecuzione del contratto, avuto riguardo alla scelta manifestata dagli stessi nel senso dello scioglimento del vincolo negoziale, scelta che, in quanto manifestata da entrambe le parti, preclude, del resto, una successiva loro contraria manifestazione di volontà nel senso del prosieguo del rapporto, avuto riguardo al principio sancito dall'art. 1453 co. 2 c.c. (cfr. ancora Cass. civ. n. 19569/21 cit., nonché già Cass. civ. n. 10389/2005, e Cass. civ. n. 19706/2020). Con riferimento al presente caso, tenuto conto delle rispettive pretese esercitate dai contendenti, nel senso dello scioglimento del contratto del 01.12.16, in virtù del recesso invocato dalla ### ovvero della risoluzione che sarebbe derivata, per colpa di quest'ultima, dalla diffida ad adempiere fatta valere con la sua domanda dal ### alla quale anche il ### ha preteso di aderire, consegue, quindi, in conformità con il principio appena richiamato, che tale contratto vada comunque dichiarato risolto, dovendosi inevitabilmente prendere atto che nessuno dei contraenti abbia inteso ottenerne l'esecuzione. Relativamente alle residue domande delle parti volte ad ottenere, quanto alla ### la restituzione di tutto quanto da lei già versato sino al rilascio del 30.01.2020 e il pagamento di un corrispondente ammontare ai sensi dell'art. 1385 c.c. e, quanto al ### il versamento della penale contrattuale per la ritardata restituzione dell'immobile, le stesse devono essere, inoltre, apprezzate alla luce di quanto sin qui evidenziato in ordine alle rispettive pretese risolutorie delle parti, oltre che tenendo conto del principio appena richiamato, derivando comunque dalla risoluzione, come è ben noto, l'operatività degli effetti restitutori di cui all'art. 1458 c.c. ( ancora Cass. civ. n. 19569/21 cit.). Ebbene, per quanto attiene la richiesta attorea volta ad ottenere il doppio della caparra di cui all'art. 1385 cit., deve escludersi che competa alla ### un simile pagamento, presupponendo la debenza del doppio della caparra confirmatoria versata che ricorrano, nel singolo caso concreto, i presupposti per il legittimo esercizio del diritto di recesso ad opera del contraente in virtù dell'inadempimento perpetrato dalla sua controparte. Con riferimento, poi, alla più limitata restituzione del quantum corrisposto dall'attrice sino al rilascio del villino, osserva il giudicante che, per quanto la sua domanda senz'altro ricomprenda anche tale restituzione, sul rilievo che - come è stato evidenziato, anche qui, dal giudice di legittimità - “il meno… non può che essere contenuto nel più che si era domandato” (cfr. per tutte, Cass. civ. n. 21262/2020), tuttavia è da escludere che la stessa le sia dovuta con riferimento ai pagamenti effettuati in virtù del contratto del 01.12.16 a titolo di mensilità per l'anticipata occupazione e il godimento del villino, stante che, a tal proposito, le parti risultano avere specificamente regolato la sorte che tali pagamenti avrebbero avuto nell'eventualità in cui non fosse stato poi concluso il rogito, prevedendo, come detto, che “l'integrale importo versato mensilmente resterà nella disponibilità dei sig.ri ### e ### e non sarà ripetibile” (si v. ancora doc. 1, allegato all'atto di citazione). Né, relativamente a tale clausola, è stato dedotto, del resto, alcunché di specifico dall'attrice, pur a fronte del puntuale richiamo della stessa operato dai convenuti sin dalla loro comparsa di costituzione in aderenza a quanto previsto nel contratto tra loro stipulato, al di là dell'obiezione sollevata dalla ### secondo cui le mensilità via via corrisposte dovessero intendersi, in virtù di tale contratto, quale “caparra confirmatoria per l'anticipata immissione nel possesso del bene”, che però non toglie, a tacer d'altro, l'espressa pattuizione in ordine alla loro imputazione a corrispettivo per tale godimento in ipotesi di mancata stipula del definitivo, o di quella relativa all'ammontare dell'imposta di registro e all'indicazione dei versamenti a cui i ### avrebbero dovuto procedere, allora, a dire dell'attrice, nella loro dichiarazione annuale dei redditi, trattandosi di deduzione priva di rilevanza ai fini che interessano. Considerata la clausola suindicata, per di più coerente con gli effetti restitutori che sarebbero comunque derivati, si è detto, dallo scioglimento del rapporto ai sensi dell'art. 1458 (comprensivi, nel caso in cui il promissario acquirente sia stato anticipatamente immesso nella disponibilità dell'immobile in pendenza del termine per la stipula del definitivo, non solo della restituzione del bene stesso, ma anche della corresponsione dei frutti di tale anticipato godimento, quali effetti che si verificano indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempimento: si v. ancora, al riguardo, Cass. civ. n. 19569/21 cit. e, tra le altre, anche Cass. civ. n. ###/2022), non è dovuta, dunque, alla ### la restituzione delle mensilità versate ai ### sino alla restituzione del villino, da lei già effettuata il ###, mentre deve riconoscersi, per converso, il diritto della stessa alla ripetizione della residua somma di € 5.000,00, trattandosi, in questo caso, di un pagamento ulteriore, pacificamente ricevuto dai convenuti, a mero titolo d'acconto sul prezzo d'acquisto e che a quest'ultimo avrebbe dovuto essere interamente imputato al momento della conclusione del definitivo in virtù di quanto previsto nella scrittura integrativa già richiamata, del 01.12.16 (si v. ancora doc. 3 cit., allegato all'atto di citazione). I ### vanno dunque condannati, in solido, alla restituzione in favore dell'attrice dell'importo appena indicato, di € 5.000,00, con esclusione, di contro, delle suddette ulteriori somme richieste in pagamento dalla stessa, nonché di quelle da lei pretese relative alle spese di registrazione del contratto e a quelle che sarebbero state sostenute per la polizza fideiussoria, trattandosi in quest'ultimo caso di esborsi che non possono essere imputati a una responsabilità dei primi per la mancata stipula del definitivo, alla luce di quanto sopra evidenziato in ordine all'ingiustificato recesso esercitato dalla ### dal preliminare del 01.12.16. Sono invece dovute all'attrice le spese che ha documentato le siano state richieste in pagamento per la procedura di mediazione avviata dai convenuti, di € 813,74, dal momento che tale procedimento è stato occasionato dall'infondata pretesa di questi ultimi avente ad oggetto la risoluzione del contratto prodottasi in virtù della loro diffida ad adempiere dell'aprile 2018 ( doc. 7, 14, allegati all'atto di citazione). In relazione alle ulteriori domande riconvenzionali del ### ritiene poi il decidente che vada integralmente respinta quella relativa al pagamento della penale contrattuale, deponendo in tal senso sia l'infondatezza della pretesa risolutiva fondata dal convenuto sull'inadempimento ascritto all'attrice con la diffida ex art. 1454 c.c. - con la conseguente inesistenza di un suo diritto al rilascio del bene quale quello fatto valere a far tempo dalla scadenza del termine di 45 giorni dal ricevimento della successiva comunicazione del luglio 2018 - sia la già avvenuta restituzione dell'immobile effettuata dalla ### in data ###, anteriormente al deposito da parte del primo della sua comparsa di costituzione in questa sede. Per quanto tale restituzione derivi, senz'altro, dalla presa d'atto dello scioglimento del rapporto in conseguenza della volontà manifestata in tal senso da entrambe le parti contraenti, è infatti evidente che la stessa fosse già intervenuta allorché i convenuti si sono costituiti in giudizio e hanno rappresentato la loro volontà nel senso di tale scioglimento, il che vale a far escludere, conseguentemente, che possa comunque ravvisarsi un ritardo dell'attrice nella restituzione del villino, mentre resta assorbita, per l'effetto, ogni ulteriore questione anche in ordine all'eccessività della penale di cui si tratta, fatta oggetto della rilevazione ufficiosa in corso di causa onde assicurare ai contendenti l'esercizio del contraddittorio anche sul punto. Infine, restano da scrutinare le domande proposte dal ### per il risarcimento dei danni per i danneggiamenti che sarebbero stati, a suo dire, arrecati dalla ### all'immobile, in uno al rimborso da lui preteso per le spese condominiali e per quelle esborsate per il procedimento di mediazione già sopra menzionato, domande che, peraltro, devono essere anch'esse disattese. Ed invero, in primo luogo, deve evidenziarsi che dall'istruttoria espletata siano residuati seri dubbi in ordine alle condizioni nelle quali il bene è stato rilasciato da parte dell'attrice, tenuto conto che alcuna specifica contestazione è stata elevata al riguardo dai convenuti in sede di restituzione dell'immobile (si v. infatti doc. 4, allegato alla comparsa di risposta di ### recante copia dell'attestazione di restituzione di tutte le chiavi, da cui non risulta alcuna contestazione sollevata dai due comproprietari, bensì soltanto una “riserva” a formulare, se del caso, successivamente eventuali doglianze, mentre è inconferente l'ulteriore doc. 6, depositato sempre con tale comparsa, relativo a dichiarazioni provenienti dallo stesso convenuto, essendo state, di contro, le firme poste in calce a tale scritto da terzi testualmente rivolte soltanto ad attestare la loro presenza insieme al primo, presso lo stabile, alla data del rilascio). Le dichiarazioni assunte dal teste ### il solo risultato presente proprio in occasione di rilascio (si v. infatti dichiarazioni dell'ulteriore teste ### verbale ud. 14.09.2023), sono valse, poi, soltanto a confermare il generale stato di disordine nel quale è risultato versare l'immobile a quella data, quale risultante dalle fotografie versate in atti dai convenuti, e dalle stesse emerge, per la verità, in maniera chiara, soltanto la presenza di oggettistica di vario genere lasciata abbandonata all'interno di alcuni vani e l'esistenza di fogliame e di taluni rifiuti per lo più accatastati nella corte del villino (cfr. dich. teste ### verbale ud. 25.05.2023, nonché doc. 9, 10, 11 fasc. convenuti), fogliame e rifiuti vari per i quali il convenuto ha richiesto, in questa sede, il ristoro per costi di asporto e di invio a discarica senza offrire, tuttavia, alcuna specifica allegazione (prima ancora che alcuna prova) in ordine alla loro specifica natura ed ammontare, considerata la sola “riserva” rinvenibile al riguardo nei suoi scritti depositati nei termini per le cd. preclusioni assertive. Del tutto insufficiente a fondare la pretesa risarcitoria di cui si tratta è, inoltre, la sola ulteriore circostanza riferita dal teste ### relativamente all'avvenuta rimozione, ad opera del compagno della #### di una delle piante cycas presenti nel giardino (l'unica sulla quale il testimone ha saputo riferire, non essendo stata confermata, invece, né dal ### né dagli altri testimoni escussi, l'asportazione di ulteriori piante ivi esistenti anteriormente al rilascio), non avendo, comunque, i convenuti fornito alcun congruo e conducente riscontro in ordine al concreto stato nel quale tale pianta versava prima dell'instaurazione del rapporto per cui è causa e alla sua conseguente plausibile vita residua (rispetto alla quale è obiettivamente insufficiente, d'altro canto, il solo fatto che il teste abbia ricordato che si trattasse di pianta “rigogliosa”, oltretutto alla luce della riferita esistenza in loco anche di altre piante di analoga specie e dell'incertezza dei ricordi conservati dal medesimo in merito alle vicende di cui si discute, stante il mancato riconoscimento da parte sua del difensore della ### presente in aula in occasione della sua escussione, quale soggetto che aveva pacificamente presenziato, anch'egli, al rilascio), né in merito al suo reale valore economico, di cui nulla è stato allegato (prima ancora che dimostrato) da parte del ### (o del ### in comparsa di risposta o nella successiva memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c. (si v. ancora verbale ud. 25.05.23 cit.). Ed ancora, non diverse considerazioni valgono con riferimento al più generale stato del giardino e alla condizione nella quale sarebbero stati rinvenuti i vani interni del villino (ove i ### hanno lamentato, fin troppo genericamente, stando alla suddetta comparsa e alla successiva loro prima memoria ex art. 183 co. 6 cit., soltanto non meglio precisate “rotture” di “alcuni arredi e pavimenti”, oltre ai rifiuti e all'oggettivista di vario genere di cui si è già detto), anche tenuto conto che è senz'altro da escludere che possano rilevare, ai presenti fini, meri ammaloramenti riconducibili alla normale usura, quali sono le macchie rinvenute su muri o pavimenti a seguito dello spostamento della mobilia ivi precedentemente allocata o il deterioramento di modeste porzioni di una parete o del pavimento di uno dei vani del fabbricato, non eccedendo gli stessi - se non altro in difetto di specifiche e conducenti allegazioni in diverso senso - l'ordinario utilizzo della cosa concesso all'occupante (arg. art. 1590 c.c.). Né può annettersi, in effetti, alcuna rilevanza, sotto ulteriore profilo, alla luce di quanto solo è stato prospettato dagli onerati entro i termini per le preclusioni assertive, al distinto pregiudizio che sarebbe stato da loro patito per il minor prezzo conseguito dalla vendita dell'immobile al terzo ### considerato che tale pregiudizio non risulta essere stato allegato dagli stessi nelle loro comparse di risposta, del 06.04.21 e del 24.09.21, o nella prima memoria del 04.04.22, per quanto tale vendita fosse, oltretutto, già intervenuta a quella data (cfr. infatti doc. 15.1 fasc. convenuti, recante copia del relativo contratto di compravendita del 18.01.2021). Di guisa che, tenuto conto dei soli pregiudizi tempestivamente lamentati dagli onerati in termini di danneggiamenti materialmente arrecati al bene e di spese per la sua sistemazione, ne deriva la sicura inconferenza, in via assorbente, delle dichiarazioni rese dal teste ### inerenti il suddetto diverso pregiudizio, e così, analogamente, anche dello scritto già firmato dalla stessa in pendenza (ed in funzione) del presente giudizio, versato in atti dai ### in allegato alla loro memoria ex art. 183 co. 6 n. 2 c.p.c. (cfr. doc. 16 fasc. convenuti). Ed infine, avuto riguardo a quanto sin qui evidenziato, non può accedersi, nella specie, a una liquidazione del danno in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., quale quella invocata dai convenuti nei loro scritti conclusivi, considerato che una simile liquidazione non può ovviare, come noto, al mancato assolvimento degli oneri di allegazione e di prova che incombono sull'interessato ai sensi dell'art. 2697 c.c. (cfr. per tutte, Cass. civ. n. 15478/2014), e tantomeno potrebbe rilevare al riguardo - lo si precisa - la penale contrattualmente pattuita, oltretutto funzionale a forfettizzare un pregiudizio ben diverso, quale è quello per l'eventuale ritardato rilascio del bene. La domanda risarcitoria del ### va, pertanto, conclusivamente disattesa. Del pari da respingere è, inoltre, come si è anticipato, la pretesa di tale convenuto volta al rimborso delle spese condominiali e quella avente ad oggetto gli esborsi per la mediazione. Con riferimento alla seconda di tali ulteriori pretese, osserva infatti il decidente che, sebbene si tratti di richiesta avanzata sin dalla sua comparsa di risposta (cfr. pag. 7 di tale comparsa), tuttavia, alcun rimborso può riconoscersi al predetto per spese afferenti un procedimento che è stato avviato in virtù di una pretesa - quella relativa all'asserita avvenuta risoluzione per l'inottemperanza dell'attrice alla diffida ex art. 1454 c.c. - rivelatasi non fondata all'esito del presente giudizio, trattandosi di un esborso che non può ritenersi, in tal senso, determinato, neppure esso, dal comportamento tenuto dalla promissaria acquirente. Con riferimento, invece, alle spese condominiali, è dirimente evidenziare che - così come lamentato da parte attrice - alcun obbligo risulta previsto al riguardo, a carico della ### nel contratto del 01.12.16, e ciò, pur a fronte della regolamentazione ivi concordata per altre spese correlate all'immobile, quali quelle di manutenzione o quelle afferenti le utenze poste a servizio dello stesso. Considerata tale regolamentazione e la significativa non menzione di somme dovute dalla promissaria acquirente anche a titolo di “quote condominiali”, ne consegue, dunque, che è da escludere che queste ultime possano ritenersi dovute dall'attrice, mentre è inconferente il solo richiamo operato al riguardo dai ### alle comunicazioni scambiate con il soggetto che sarebbe stato, a loro dire, incaricato dell'amministrazione condominiale, recanti il “convincimento” di quest'ultimo che il ### fosse proprietario dell'unità indicata come “F/4” e che sarebbe stato sollecitato, quindi, da tale amministratore, al pagamento di oneri condominiali (cfr. doc. 1, allegato alla comparsa di costituzione del ###. Nemmeno la domanda volta al rimborso di tali spese può trovare, dunque, accoglimento. Tenuto conto dell'esito complessivo del giudizio, che ha condotto a disattendere entrambe le pretese risolutorie esercitate dai contendenti in virtù dell'inadempimento da ascrivere alla rispettiva controparte, in uno al riconoscimento del diritto della ### alla restituzione della sola somma di € 5.000,00 e al rigetto, per converso, delle ulteriori domande rispettivamente proposte dalle parti, le spese processuali devono essere, infine, integralmente compensate tra le stesse, ravvisandosi nella specie un'ipotesi riconducibile a quella della soccombenza reciproca, prevista dall'art. 92 c.p.c. Sempre in virtù dell'esito del giudizio, non sussistono, inoltre, i presupposti per una condanna dei convenuti o dell'attrice per cd. responsabilità processuale aggravata, quale quella fatta valere, reciprocamente, dai contendenti, necessitando la stessa, in via assorbente, dell'integrale soccombenza della rispettiva controparte, ex art. 96 c.p.c., nella specie non ricorrente. P.Q.M. ### di Velletri, definitivamente pronunciando sulla causa civile indicata in epigrafe, ogni ulteriore e diversa istanza, eccezione e deduzione assorbita o disattesa, così provvede: - Rigetta le domande proposte da ### di recesso dal contratto del 01.12.2016 e di condanna dei convenuti ### e ### al pagamento del doppio della caparra confirmatoria versata, ai sensi dell'art. 1385 c.c.; - Rigetta le domande riconvenzionali proposte dal ### volte alla declaratoria della risoluzione del contratto del 01.12.2016 per l'inadempimento di ### al risarcimento dei danni da parte della stessa e al rimborso delle spese condominiali e per il procedimento di mediazione; - Dichiara la risoluzione del contratto concluso tra ### da un lato, e ### e ### dall'altro lato, in data ###, in virtù della volontà manifestata da tutte le parti di scioglimento del rapporto negoziale; - ### e ### in solido tra loro, alla restituzione in favore di ### della somma di € 5.000,00, nonché al rimborso di € 813,74 per le spese del procedimento di mediazione da loro avviato anteriormente al presente giudizio; - Rigetta ogni ulteriore richiesta di pagamento proposta da ### - Compensa integralmente tra le parti le spese processuali; - Rigetta le rispettive domande proposte dalle parti ai sensi dell'art. 96 c.p.c.
Così deciso in ### in data ###. Il Giudice
dott.ssa ###
causa n. 7251/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Nardi Federica