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Corte di Cassazione, Sentenza n. 20727/2025 del 22-07-2025

... l'esecuzi one di un intervento di ristrutturazione edilizia che prevedeva l'ampliamento e la sopraelevazione di un piano della costruzione e approvato, in data 11/7/ 2007, una variante sostanziale per un ulteriore ampliamento e l'ottenimento di cinque unità immobiliari e che la società, negli anni 2006-2008, aveva eseguito l'intervento di demolizione e ricostruzione con ampliamento e sopraelevazione del preesist ente fabbricato i n contrasto, fin dal progetto, con l'art. 873 cod. civ. e con l'art. 9 D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, e chiedendo che la convenuta venisse condannata all'arretramento fino alla distanza legale, oltre al risarcimento dei danni. Costituitasi in giudizio, la G.M. ### s.r.l. contestò le pretese attoree e, deducendo che anche i ### avevano realizzato, oltre trent'anni prima, alcune opere illecite sul proprio fabbricato, chiese, in via riconvenzionale, la condanna dei predetti 3 di 20 alla riduzione in pristino, oltre al risarcimento dei danni anche per lite temeraria. Si costituì in giudizio anche ### , chiamata in causa dalla convenuta in qualità di comproprietaria del bene oggetto della domanda riconvenzionale, chi edendo il rigetto della stessa, proponendo, in (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. ###/2020 R.G. proposto da G.M. ### S.R.L., rappresentata e difesa dag li avvocati ### e ### ed elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### - ricorrente - contro ### e ### rappresentati e difesi dagli avv.ti ### anni ### e ### i ### ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo, in ### piazza ### n. 27; -controricorrenti per la cassazione della sentenza n. 1563/2019 resa dalla Corte di appello di Genova il ###, pub blicata il 20/ 11/2019 e notificata il ###; udita la relazione della ca usa svolta alla pubblica udienza del 29/5/2025 dalla dott.ssa ### Oggetto: Distanze 2 di 20 lette le concl usioni del ### procuratore generale ### che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le memorie depositate da entrambe le parti; sentiti i difensori presenti. 
Fatti di causa 1. Con atto di citazione notificato il ###, ### quale comproprietario, unitamente alla moglie ### di una villetta con circostante giardino, sita in ### di ### via ### n. 40, convenne in giudizio la società G.M. ### s.r.l., deducendo che originariamente insisteva sul terreno confinante una piccola costruzione unifamiliare costituita da un solo piano fuori terr a distante mt. 1,55 dal confine e mt. 2,80 dalla villetta, che il Comune di ### a, in data ###, aveva rilasciato alla dante causa della società un permesso di costruire per l'esecuzi one di un intervento di ristrutturazione edilizia che prevedeva l'ampliamento e la sopraelevazione di un piano della costruzione e approvato, in data 11/7/ 2007, una variante sostanziale per un ulteriore ampliamento e l'ottenimento di cinque unità immobiliari e che la società, negli anni 2006-2008, aveva eseguito l'intervento di demolizione e ricostruzione con ampliamento e sopraelevazione del preesist ente fabbricato i n contrasto, fin dal progetto, con l'art. 873 cod. civ. e con l'art. 9 D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, e chiedendo che la convenuta venisse condannata all'arretramento fino alla distanza legale, oltre al risarcimento dei danni. 
Costituitasi in giudizio, la G.M. ### s.r.l. contestò le pretese attoree e, deducendo che anche i ### avevano realizzato, oltre trent'anni prima, alcune opere illecite sul proprio fabbricato, chiese, in via riconvenzionale, la condanna dei predetti 3 di 20 alla riduzione in pristino, oltre al risarcimento dei danni anche per lite temeraria. 
Si costituì in giudizio anche ### , chiamata in causa dalla convenuta in qualità di comproprietaria del bene oggetto della domanda riconvenzionale, chi edendo il rigetto della stessa, proponendo, in via riconvenzionale, domanda di accertamento dell'intervenuto acquisto per usucapione del diritto a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella legale e associandosi alle domande di riduzion e in pristino e di condanna per i danni, avanzate dal coniuge. 
Con sentenza n. 30/16 del 13/1/2016, il Tribunale dichiarò che il fabbricato realizzato dalla società violava le norme sulle distanze legali e, essendosi in presenza di una nuova costruzione e non di una fattispecie di ristrutturazione edili zia, condannò la società all'arretramento della costruzione a distanza di mt. 5 dal confine con il fondo di proprietà attorea, nonché al risarcimento dei danni. 
Il giudizio di gravame, instaurato dalla G.M. ### s.r.l. con atto d'appello notificato il ###, si concluse, nella resistenza di ### ancarlo e ### con la sentenza 1563/2019, pubblicata il ### 19, con la qual e la Corte d'Appello di Genova rigettò l'appello, cond annando le parti all e spese di lite. 
Per quanto qui interessa, i giudici di merito, dopo avere richiamato gli arres ti di questa Corte in merito alla di stinzione tra ristrutturazione, ricostruzione e nuova costruzione, ritennero che lo strumento urbanistico vigente consentisse il manteniment o delle preesistenti distanze dai confini in misura inferiore ai mt. 5,00 in ipotesi diverse dalla totale demolizione dell'edificio preesistente e dalla sua so stituzione con un nuovo organismo edilizio; che nel nuovo edificio non fosse residuato, per sag oma, dimensi oni e superficie, alcun elemento di quello precedente; che la distanza di 4 di 20 mt. 5 dai confini prevista per le nu ove costruzioni dovesse considerarsi cogente in tutte le ipotesi in cui fosse stata accertata la re alizzazione di una nuova cost ruzione, os sia in caso di ampliamento, e che questa disposizione va lesse anche per il manufatto in esame, autorizzato ai sensi dell'art. 9, lett. d), delle N.T.A. quale Ru3 ampliamento, siccome eccedente i limiti stabiliti per gli interventi di manutenzione e ristrutturazione descritti nelle lett. a), b) e c) del medesimo art. 9. 
I giudici di merito osservarono, inoltre, che la costruzione si poneva in contrasto con le disposizioni civilistiche e con l'art. 9 del d.m.  1444 del 1968, posto che le costruzioni si fronteggiavano tra loro per almeno un metro (oltre al portico per mt. 3,85) e che non era possibile sostituire la riduzione in pristino con il risarcimento per equivalente, come richiesto, non potendo applicarsi l'art. 2058 cod.   2. Avverso la suddetta sentenza la G.M. ### s.r.l. propone ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. ### e ### hanno resistito con controricorso. 
Motivi della decisione 1. Vanno preliminarmente rigettate le eccezioni di inammissibilità, sollevate dai controricorrenti in ragione della genericità del ricorso e del la conformità del la sentenza ai principi affermati da questa Corte. 
Quanto al primo punto, si osserva che il req uisito dell'autosufficienza, corollario del requisito di specificità dei motivi, deve essere interpre tato in maniera elastica (Cass., Sez. 1, 2/5/2023, n. 1 1325), in conformità all'evoluzione della giurisprudenza di questa Corte - oggi recepita dal nuovo testo dell'art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022 - e alla luce dei principi stabiliti nella sentenza C.E.D.U. del 28 ottobre 2021 (### e altri c. ###, che 5 di 20 lo ha ritenuto compatibile con il principio di cui all'art. 6, par. 1, della C.E.D.U., a condizione che, in os sequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa (Cass., Sez. 1, 19/4/2022, n. 1248 1); tra l'altro , esso non pu ò tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documen ti posti a fondamento del ricorso, ove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all'interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass., Sez. 1, 7/11/2023, n. ###; vedi Cass. Sez. U, 18/3/2022, n. 8950). 
Nella specie, il ricorso è articolato in modo tale da far comprendere adeguatamente in che modo si siano svolte le fasi di merito e quali questioni siano state prospettate in quelle sedi, sicché l'eccezione non può che essere rigettata. 
I rilievi sollevati con la seconda eccezione saranno, invece, chiariti in sede di esame del la seconda censura, dovend o i principi d i questa Corte, cui fanno riferimento i cont roricorrenti , esser e riesaminati alla luce delle modifiche legislativ e medio tempore intervenute.  2.1 Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione di legge (art. 102 cod. proc. civ.) e la n ullità della sentenza o del procedimento, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod.  proc. civ., per essere stata la sentenza inutiliter data, al pari di quella di primo grado, in quanto entrambe emesse a contraddittorio non integro, non essendo stato evocato in giudizio l'istituto bancario #### e ### il quale, in quanto creditore ipotecario in seguito a iscrizione del 2008 per la somma di un milione di euro, and ava considerato litisconsorte necessario.  2.2 Il primo motivo è inammissibile. 6 di 20 Nella sentenza impu gnata non vi è, infatti, alcun richiamo alla questione riguardante il prospettato difetto di integrità del contraddittorio, che non risulta né descritta nella parte relativa allo svolgimento del processo, né trattata nella parte rig uardante la decisione, con la conseguenza che, implican do ess a un accertamento di fatto, la rico rrente, nel propor la in sede di legittimità, avrebbe dovuto, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non so lo all egare l'avvenuta deduzione della stessa dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, onde consentire a questa Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. 6-5, 13/12/2019, n. ###; Cass., Sez. 6-1, 13/6/2018, 15430), non essendo consentit a la prospettazione di nuove questioni di di ritto o co ntestazioni che modifichino il thema decidendum e impl ichino indagini e accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, anche ov e si tratti di qu estioni rilevabili d'ufficio (Cass., Sez. 2, 15/3/2022, n. 12877; Cass., 2, 06/06/2018, n. 14477). 
Né la questione deve essere soll evata d'uff icio in questa sede, posto ch e ### questa Corte ha già avuto modo di affermar e, l'azione diretta al rispetto delle distanze legali, volta a conseguire la demolizione o l'arretramento dell'opera, è modellata sullo schema dell'actio negatoria servitutis, ess endo rivolta non già all'accertamento del diritto di proprietà dell'attore , bensì a respingere l'imposizione di limitazion i a carico della proprietà, suscettibili di dar lu ogo a servitù, sicché è esperibil e esclusivamente nei confronti del proprietario con finante in considerazione del carattere reale dell'azione medesima (Cass., Sez. 6 -2, 16/2/2022, n. 5 078; Cass., Sez. 2, 12/12/ 2016, n. 7 di 20 25342; Cass., Sez. 2, 24.3.2015 , n. 5899; Cass., Sez. 2, 01/03/2001, n. 2998) oppure di chi si affermi proprietario della porzione immobiliare oggetto dell'azione pur non avendone il possesso, in quanto fin alizzata a rimuovere una situazione che comporti una manomissione del godimento del fondo stesso, o di chi vant i un preteso diritto configurabi le come ius in re aliena, (Cass., Sez. 2, 23/01/2009 , n. 1778). 
Nell'actio negatoria servitutis, in fatti, volta a senti r dichiarare l'inesistenza di un diritto di servitù sul fondo dell'attore (Cass., 2, 29/3/1999, n. 2982), la legittimazione attiva e passiva compete a co loro che sono titolari delle p osizioni giuridiche domi nicali, rispettivamente svantaggiate o avvantaggiate dalla servitù (Cass., Sez. 2, 17/03/2016, n. 5321; Cass., Sez. 2, 18/12/2014, 26769), senza che possa ad ess e equiparar si la posizione del creditore ipotecario, la cui tutela, in caso di diritti reali limi tati altrui, è apprestata dall'art. 2812 cod. civ., che gli consente di “far subastare il bene come libero”. 
Non ril evano neppure i principi affermati dalle ### e di questa Corte con la sentenza n. 1238 del 23/1/2015, come invece suggerito nella censura, in quanto attinenti alla diversa situazione in cui la reintegrazione o la manutenzione del possesso richiedano, per il ripristino dello stato dei luoghi, la demolizione di un'opera in proprietà o possesso di più persone, e in cui sono litisconsorti necessari il comproprietario o compossessore non autore dello spoglio, ossia soggetti che vantano per l'appunto un di ritto dominicale o una situazione di fatto ad esso riconduci bile, e non certo il creditore ipotecario, il quale non può vantare alcun potere immediato sulla cosa, contrariamen te a quanto sancito dall'art.  1140 cod. civ., non essendo ipotizz abile un possesso del bene corrispondente al diritto reale di garanzia (i n questi termini d i recente anche Corte Cost. 3/10/2024, n. 160). 8 di 20 3. Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 9 e 10 Norme tecni che di attuazione del ### stico del Comune di ### in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito erroneamente affermato che l'intervento realizzato aveva superato, in volume e altezza, i limiti assentiti col titolo abilitativo, posto ch e, in luogo di un ampli amento in linea orizzontal e, era stata real izzata una palazzin a di tre pia ni, senza, invece, considerare che l'ultimo piano era costituito da un sottotetto non abitabile, che lo strumento edilizio consentiva per gli edifici ###, come quello di specie, una sopraelevazione fino all'altezza massima di mt. 7,5, come quella realizzata nel caso in esame, che l'edificio costruito era conforme ai titoli edili zi acquisiti e costituiva una ristrutturazione urbanistica, come affermato dal dirigente del settore urbanistico del Comune, e non una nuova c ostruzione e che, in ragione di ciò, la società aveva diritto a mantenerlo all a distanza preesistente, come di fatto avvenuto.  4. Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione di legge e l'errata interpretazione delle norme regolamentari (art. 9 N.T.A. del ### edilizio) del Comune di ### in materia di distanze, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito affermato che fosse stata integrata la violazione delle distanze sancita dall'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, senza co nsiderare che l' edificio realizzato non poteva considerarsi come nuova c ostruzione, ma come ristrutturazione edilizia, per la quale erano consent ite mo difiche di sagome e incrementi di volume, che l'art. 9 del le N.T.A. del ### edilizio comunale prevedeva il rispetto della distanza di mt. 5 dal confine per le sol e nuov e costruzioni e per gli interventi av enti dimensioni eccedenti i limiti previsti per quelli di manutenzione e di ristrutturazione ordinaria descritti nelle lett. a), b), c), che per gli 9 di 20 interventi in ampliamento del tipo Ru3, come quello in esame, era possibile il man tenimento della distanza preesistente, la cui violazione soltanto avrebbe imposto il rispetto della distanza di mt.  5 dal confine, e che la nuova struttura er a stata real izzata per adeguarla alla normativa antisismica.  5.1 Il secondo e terzo motivo, da esami nare congiuntamente in quanto afferenti alla nozione di nuova costruzi one e di ristrutturazione ai fini dell'individuazione della disciplina applicabile in tema di distanze, sono fondati.  5.2 Occorre innanzitutto respingere i rilievi di inammissibilità delle censure, so llevati dai controricorrenti e fondati sulla mancata impugnazione, da parte della ricorrente, del la qu alificazione del fabbricato in termini di nuo va co struzione operata dal giudice di primo grado, con conseguente giudicato formatosi sul punto, e sulla natura meritale delle censure. 
Questa Corte ha, infatti, già avuto modo di affermare che l'ambito di operatività del giudicato, in virtù del principio secondo il quale esso copre il dedotto e il deducibi le, è correlato all'oggetto del processo e colpisce, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, incidendo, da un punto di vista sostanziale, non solt anto sull'esistenza del diritto azionato, ma anche sull'inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modi ficativi, ancorché non dedotti, senza estendersi a fatti ad ess o succes sivi e a quelli comportant i un mutamento del petitum e d ella causa peten di, fer mo restando il requisito dell'identità delle persone (Cass., Sez. 1, 9/11/2022, ###). 
La preclusione per effetto di giudica to sostanzi ale può scaturire , invero, solo da una statuizione che abbia at tribuito o negato "il bene del la vita" preteso e non anche da un a pronuncia che non contenga statuizioni al riguardo, pu r se essa risolva questioni giuridiche strumentali rispetto all'attribuzione del bene controverso, 10 di 20 non ess endo suscettibili di passar e in giudicato qu ei capi della pronuncia che, sebbene non impugnati, sono strettamente collegati da ra pporto pregiudiziale o conseguenziale (C ass., Sez. 1, 17/1/2022, n. 1252), atteso che il giudicato interno si forma solo su di un capo a utonomo di sentenza che, restando del tu tto indipendente, risolva una questione avente una propria individualità e autonomia, la quale non può dirsi sussistente allorché consista in una mera argomentazione, ossia nella semplice esposizione di un'astratta tesi gi uridica, pur se funzionale a risolvere questioni strumentali rispetto all'attribuzione del bene controverso. In quest'ultimo caso, infatti, l' impugnazione della pronunzia di merito coi nvolge necessariament e anche il ragionamento giuridico - esatto o errato che sia - che la sostiene, lasciando libero il giudice dell'impugnazi one di confer mare la decisione anche sul la base di una diversa motivazione in di ritto (Cass., Sez. 1, 30/6/2022, n. 20951; Cass., Sez. 3, 05/09/2005, 17767; Cass., Sez. 1, 28/10/2005, n. 21092; Cass., Sez. 2, 03/07/2003, n. 10527; Cass., Sez. 3, 23/01/2002, n. 738; Cass., Sez. 3, 17/05/2001, n. 6757; Cass., Sez. 3, 02/10/1997, n. 9628). 
In particolare, ai fini della selezione delle questioni, di fatto o di diritto, suscettibili di devoluzione e, quindi, di giudicato interno se non censurate in app ello, la locuzione giurisprudenziale "minima unità suscettibile di acquisire la sta bilità del giudicato interno" individua la sequenza logica costitu ita dal fatto, dalla norma e dall'effetto giuridico, ossia la statuizione che affermi l'esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giurid ico, con la conseguenza che, sebbene ciascun elemento di detta sequenza possa essere oggetto di singolo motivo di appello, nondimeno l'impugnazione motivata anche in ordine ad uno solo di essi riapre la cognizione sull'intera statuizione (fra le 11 di 20 tante Cass., Sez. 3, 19/10/2022, n. 3072 8; Cass., Sez. 6-L, 12/8/2018, n. 24783, non massimata). 
Orbene, risulta dalla sentenza impugnata che la società ebbe a contestare, con l'atto di appello, la re putata illegittimi tà dell'intervento edilizio realizzato anche con riguardo alla violazione delle distanze e l'affermazione, contenuta nella sentenza di primo grado, dell'applicabilità del limite di distanza di mt. 5 dai confini a tutte le “nuove costruzioni”, benché ne dovessero restare esclusi gli interventi di ristrutturazione urbanistica con parziale o totale demolizione e ampliamento. 
Dal tenore delle censure appare allora evidente come la ricorrente abbia inteso rimettere in discussione anche la quali ficazione dell'intervento edilizio operata dai giudici di merito, dal la quale sarebbe derivata una diversa disciplina in tema di distanze, senza che possa dirsi di carattere meritale la dedotta falsa applicazione della norma in tema.  5.3 Venendo al merito, si osserva innanzitutto che, nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto che l'intervento edilizio realizzato dalla società fo sse stato autorizzato ai sensi del l'art. 9, lett. d), delle N.T.A. del Comune di ### quale (ru3) am pliamento, sostenendo che anche in tale cas o fosse cog ente il rispetto del limite di distanza di mt. 5 dal confine, atteso che la disposizione di chiusura imponeva il rispetto della di stanza minima per ogni intervento che realizzasse un manufatto dalle dimensioni eccedenti i limiti stabiliti per gli interventi di manutenzione e ristrutturazione descritti alle lett. a), b) e c) della medesima norma.  5.4 Or bene, partendo dal principio iura novit curia, o perante in materia di distanze, in virtù del quale spetta al giudice e quin di anche a questa Corte di legittimità acquisire conoscenza d'ufficio, quando la violazione sia dedotta dalla parte, delle prescrizioni che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con rig uardo ai 12 di 20 confini, in quanto integrative del codice civile (art. 873 cod. civ.) e valenza, pertanto, di no rme giuridiche (anche se di natu ra secondaria) (cfr. Cass., Sez. 2, 5/2/2020, n. 2661; Cass., Sez. 2, 02/12/2014, n. 2 5501; Cass., Sez. 2, 15/06/2010, n. 14446), occorre evidenziare che la nozione di ristrutturazione urbanistica ha subito importanti cambiamenti in seguito alla modifica della lett. d) dell'art. 3, T.U. dell'Edilizia intervenuta con l'art. 10, comma 1, lett.  b), del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv., con modif., dalla legge 11 settembre 2020 , n. 120, dettato "al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a caric o dei cittadini e delle imp rese, nonch é di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edil izio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarboni zzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo di suolo", oltreché con il d.l. 1 marzo 2022, n. 17, conv., con modif., dalla legge 27 aprile 2022, n. 34 - che ha posto come eccezione gli edifici situati in aree tutelate ai sensi dell'art. 142 del medesimo codice - e con il d.l. 17 maggio 2022, n. 50, conv., con modif., dalla legge 15 luglio 2022, n. 91 - che ha sostituito il richiamo all'art. 142 con l'indicazione degli artt.  136, comma 1, lett. c) e d), e 142 -, in quanto, in virtù di essa, la ricostruzione non riguarda più i soli interventi di “demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le so le innovazioni necess arie per l'adeguamento alla normativa anti sismica”, ma contempla anche i casi in cui l'intervento sia avvenuto con modifica di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento all a normativa antisismi ca, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico e altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla leg islazione vigente o dagli 13 di 20 strumenti urbanistici comunali, con incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana.  ### os servato dalla ### 3, penale, di questa Corte, con la sentenza n. 1669 del 18/1/2023 , il riportato ampli amento dell'ambito di operatività della nozione attuale di ristrutturazione, quand'anche riguardante manufatti crollati o demoliti e soggetti poi a "rip ristino", non ha fatto venir meno la ratio qualificante del suddetto intervento edilizio, ossia quella del recupero del fabbricato preesistente, con la conseguenza che esso non può fare a meno di una certa continuità con l'edificato pregresso, come affermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza (T.A.R. ###. H n. 660 del 2 maggio 2022; T.A.R. #### II, 16 febbraio 2022, n. 183; Consiglio di Stato, ### II, 6 marzo 2020 n. 1641), nonché, analogamente, da questa Suprema Corte (Cass., Sez. 3 - n. 23010 del 10/01/2020 Rv. 28033 8-01), lad dove ha precisato, ancorché rispetto a un quadro normativo non inclusivo ancora del citato d. l. del luglio 2020 n. 76, che l' art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001 , che gli "i nterventi di ristrutturazione edilizia" non prescindono, né potrebbero, dalla necessità che venga conservato l'immobile preesisten te, del quale deve essere comunque garantito il recuper o, e che l'interpre tazione della definizione di intervento di ristrutturazione edili zia deve essere aderente (e non tradire) la finalità di conservazione del patrimonio edilizio esistente, che lo contraddistingue rispetto all'intervento di "nuova costruzione" di cui alla successiva lettera e), senza prestarsi all'elusione degli standard urbanistici vigenti al momento della riedificazione e appli cabili in caso di nuova costruzione, come confermato dallo stesso ar t. 10, integrati vo dell'art. 3 comma 1 lett. d) del d.P.R. n. 380 del 2001, laddove premette che le novelle introdotte rispondono "al fine di semplifica re e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle 14 di 20 imprese, nonché d i assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di p rocessi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficie ntamento energetico, messa in sicurezza sismica e cont enimento del consumo di suolo". 
Proprio c on specifico riguardo agli interventi di demolizione e ricostruzione, la suddetta disposizione va correlata, per quanto qui interessa, al comma 1-ter dell'art. 2-bis, del medesimo d.P.R.  380 del 2001, aggiunto dall'art. 5, comma 1, legge n. 55 del 2019 poi così sostituito dall'art. 10, comma 1, lett. a), legge n. 120 del 2020, il quale stabilisce che “In ogni caso di intervento che preveda la demoli zione e ricostruzione di edifici, anche qu alora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell'area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini , la rico struzione è comunque consentita nell'osservanza delle distanze legittimamente prees istenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l'intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il sup eramento dell'altezza massima dell'edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti”. 
Con circolare, a firma congiunta del Ministero delle ### e ### e della ### del 2 dicembre 2020, sono stati forniti alcuni chiarimenti interpretativi sulle modi fiche al T.U.  edilizia in materia di distanze in caso di interventi di demolizione e ricostruzione di edifici già esistenti e sulla definizione degli interventi di ristrutturazione edilizia, precisandosi, innanzitutto, che «###ambito degli interventi di ristruttu razione edil izia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici e sistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipolog iche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per 15 di 20 l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energet ico», che «l'intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dall a legislazione vigente o dagli strumenti urban istici comunali, incrementi di volumetria anche per promuover e interventi di rigenerazione urban a» e che «costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibil e accertarne la preesistente consistenza». 
Si è poi chiarito che «la modifica di cui sub a) amplia l'area degli interventi ricadenti nella nozione di ristruttu razione edilizia, individuando i parametri la cui modifica - a differ enza di quanto previsto dall a previgente disciplin a - non risulta rilevante ai fini della qualificazione di un intervento di demolizione e ricostruzione come ristruttura zione edilizia, piuttosto che come nuova costruzione», e che sono possibili ora «incrementi di volumetria non solo per l'adeguamento alla normativa antisismica, ma anche per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di im pianti tecnologici e per l'efficientamento energeti co», salv o che si tratti di edifici vinco lati ovvero ricadent i in zona A o assimilate, o per previsioni legislative e degli strumenti urbanistici che co ntemplino siffatti incrementi per finalità di “rigenerazione urbana”. 
Si è infine chiarito che «le previsioni contenute nel comma 1-ter dell'articolo 2-bis del testo unico vanno lette nel contesto della disposizione in questione, che è specificamente intesa a disciplinare i cas i in cui siano og getto di demolizione e rico struzione edifici preesistenti che risultino “legittimamente” ubicati rispetto ad altri immobili in posizione tale da non rispettare specifiche norme in materia di distanze (ivi co mprese quelle co ntenute nel d.m. n. 16 di 20 1444/1968), di guisa che non ne sarebbe consentita l'edificazione ex novo», sicché la ricostruzione è possibile col mantenimento delle distanze preesistenti «se non è possibile la modifica dell'originaria area di sedime e pur ché l'edificio ori ginario fosse stato “legittimamente” realizzato» (i ntendendosi con ciò realizzato alla stregua di un ti tolo edilizio), che «la previsi one è testualmente riferita ad “ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici”, e quindi indipendentemente dall'ascrivibilità degli in terventi alla categoria della ristruttura zione edilizia o a quella della nu ova costruzione» e che «in questi casi son o consentiti gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciut i per l'intervento, anche fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell 'edificio demolito, purché sia sempre rispettata la distanza preesistente», intendendosi con tale previsione «non ogni incremento volumetrico, ma solo quelli aventi carattere di “incentivo”, ad esempio perché attribuiti in forza di norme di “piano casa” ovvero aventi natura premiale per in terventi di riqualificazione». 
In so stanza, in virtù del la ratio della lett. d) dell'art. 3, T.U.  dell'Edilizia, così come modificata dall'art. 10, comma 1, lett. b), del d.l. 16 luglio 2020, n. 7 6, conv., con modif., dalla leg ge 11 settembre 2020 , n. 120, data d all'esigenza di recuperare il patrimonio edilizio preesistente, il ripristino di edifici eventualmente crollati o demoliti e la loro ricostruzione, quando ne sia accertabile la prees istente consistenza e non sia possibile modificare l'originaria area di sedime, può avvenire nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, ossia quelle rig uardanti un edificio realizzato sulla base di un titolo edilizio, anche quando siano stati realizzati ampliamenti fuor i sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, purché questi avvengano nell'ambito di incrementi volumetrici aventi carattere di 17 di 20 incentivo (ad es. piano casa) o natura premiale (come in caso di adeguamento alla normativa antisismi ca, applicazione del la normativa sul l'accessibilità, installazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico) o il fine di promuovere interventi di rigenerazione urbana, salvo che si tratti di edifici vincolati ovvero ricadenti in zona A o assimilate. 
Ebbene, posto che sia le norme tecni che di attuazione dei pi ani regolatori generali, sia i regolamenti edilizi comunali hanno valenza integrativa dell'art. 873 cod. civ. e natura regolamentare o di atti amministrativi generali e che sono, pertanto, subordinati solamente alle norme di rango prim ario in esecuzi one delle quali sono stati emanati (Cass., Sez. 2, 2/2/2002, n. 3241; Cass., Sez. 2, 23/7/2009, n. 1733 8), deve ritenersi che qu este debbano adeguarsi anche alle novità normative sopra ri portate, alle quali deve essere volta anche l'ermeneusi delle stesse. 
Ciò comporta che i giudici di merito, partendo dal dato pacifico che le di stanze dal confine e dal le costruzioni so no rimaste invariate (rispettivamente mt. 1,55 e mt. 2,80) e che il manufatto in siste sullo stesso sedime e tenendo conto del tipo di intervento edilizio realizzato, sono tenuti ad accertare non solo se l'edificio sia stato posto in essere alla distanza stabilita dal N.T.A. del ### edilizio del Comune di ### sia se l' aumento di volume del nuovo manufatto rientri nell'ambito di quegl i incentivi che consentono comunque la sua ubicazione nel luogo in cui preesisteva l'immobi le demolito alla stregua delle nuove disposizioni di cui si è dato conto, onde calcolare il rispetto delle distanze nei termini sopra precisati. 
Deriva da quanto detto la fondatezza delle censure.  6. Con il quarto motivo di ricorso, si lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., 18 di 20 per av ere i giudici di merito trascurato il fatto che l'edificio dei ### fosse affetto da numerosi abusi edilizi e violazioni delle distanze e che, pur avendo i predetti maturato il periodo utile per usucapi re, come accertato in prim o grado, sarebbe stato aberrante e contra legem condannare all'arretramento co lui che avesse effettuato un intervento edilizio nel rispetto della normativa, a favore di chi quelle regole aveva invece violato. Ad avviso della ricorrente, l' arretramento era stato ordinato perché il proprio edificio fronteggiav a per un metro lineare la veranda -cucina dei convenuti, abusiva e non sanabile, che non avrebbe nepp ure dovuto esistere e che avrebbe dovuto essere demolita.  7. Con il qu into motivo di ricorso, si lamenta, in fine, «l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La sostituzione della condanna al ripristino con il risarcimento del danno, abuso del diritto e mancato esercizio del diritt o secondo buona fed e», in relazione all 'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito respinto la domand a formulata dall'app ellante circa l a sostituzione della riduzione in pristino con il risarcimento del danno per equivalente, senza tener conto della situazione di grave irregolarità urbanistica e di grave violazione della normativa in materia di distanze in cui versava l'immobile dei convenuti, come accertata dal c.t.u. 
Ad av viso della ricorrente, coloro che av evano invocato la tutela ripristinatoria avevano costruito in spregi o al vincolo di inedificabilità sussistente nel proprio terreno, i n assenza di ti tolo abilitativo e in violazione delle distanze che ora pretendevano violate dalla controparte, situazione questa che la Corte d'Appello avrebbe dovuto valutare, onde acc ertare il sacrificio imposto alla società e la sproporzione di esso con l'interesse delle controparti a ottenere l'arre tramento, costituente in sé abuso del diritto e comportamento contrario a buona fede e correttezza. 19 di 20 8. Il quarto e quinto motivo sono entrambi inammissibili. 
Infatti, nell'ipotesi di c.d. «doppia confor me», prevista dal l'art.  348-ter, qu into comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell'art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 , n. 134, ai giudizi d'appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richi esta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012 ), il ricorrente in cassazione - per evitare l'inammissibilità del motivo di cui all'art. 360, primo comma, n. 5 , cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall'art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pub blicate d al giorno 11 settembre 2012) - deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di prim o grado e del la sentenza di rigetto dell'app ello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (per tutte, Cass., 3, 28/2/2023, n. 5947; Cass., Sez. 3, 20/9/2023, n. 26934;Cass., sez. L., 06/08/2019, n. 20994; Cass., Sez. 5, 11/05/2018, 11439; Cass., sez. 1, 22/12/2016 , n. 26774; Cass., Sez. 5, 18/12/2014, n. 2686 0), onere che non vie ne meno in caso di successione nel diritto cont roverso tra primo e secondo grado, giacché il sopravvenu to mutamento del soggetto titolare della posizione sostanziale dedotta in giudizio non implic a necessariamente la diversità tra le ragioni di fatto alla base della sentenza di primo grado e quelle della conferma in grado di appello (Cass., Sez. 3, 20/9/2023, n. 26934, cit.). 
Pertanto, non avendo la ricorrente ottemperato a tale incombente, deve dichiararsi l'inammissibilità delle censure.  9. In conclusi one, dichiarata la fondatezza del secondo e terzo motivo, l'inammissibilità del primo, quarto e quinto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d'Appello di Genova che, in diversa composizione, dovrà statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità. 20 di 20 P.Q.M.  La Corte accogli e il secondo e terzo motivo di ricor so, cassa la sentenza im pugnata e rinvia alla Corte d'Ap pello di ### in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. 
Così deciso in ### il ###.   

Giudice/firmatari: Orilia Lorenzo, Pirari Valeria

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Corte di Cassazione, Sentenza n. 20807/2025 del 23-07-2025

... chiesero che venis se dichiarata la le gittimità delle opere edilizie eseguite, previa disapplicazione dei provvedimenti amministrativi adottati dal Comune di ### ila, e proposero domanda riconvenzional e onde ottenere la con danna d ell'attore all'eliminazione delle lesioni provocate al muro di loro proprietà e al risarcimento dei danni per quelle già esistenti, domanda questa che non reiterarono, però, in 3 di 23 sede di precisazione delle co nclusioni rassegn ate all'udienza del 28/2/2013. Con sentenza n. 302/2013, depositata il ###, il Tribunale di L'### accertò il confine tra le proprietà, aderendo alle indicazioni e determi nazioni della c.t.u. Magrì, respinse tutte le ulteriori domande di parte attrice, so stenendo che fosse irrileva nte la minima variazione del tetto realizzata dai convenuti; che la grotta rivendicata dall'attore e il cosiddetto scannafo sso fossero d i proprietà dei convenuti; che ricadesse nella proprietà dei medesimi lo sporto di gronda del tetto, il muro ### e il manufatto edificato in aderenza o rmai crollato in seguito al sisma; che i ferri che fuoriuscivano dal corpo di fabbrica C ormai cr ollato fossero temporanei; che le aperture esistenti sul p (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. ###/2019 R.G. proposto da ###, rappresentato e difeso dall'avv.  ### ed elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### - ricorrente - contro ### E, rappresentato e difeso dall'avv.  ### ed eletti vamente domicil iato in ### via ### D'### n. 300, presso lo studio dell'avv. ### -controricorrente ### -intimata per la cassazione della sentenza n. 1541/2019 resa dalla Corte di appello di L'### pubblicata il ### 9 e notificata il ###; Oggetto: Confini e distanze 2 di 23 udita la relazione della ca usa svolta alla pubblica udienza del 29/5/2025 dalla dott.ssa ### lette le concl usioni del ### procuratore generale ### che ha chiesto che il ricor so venisse dichiar ato inammissibile o rigettato; lette le memorie depositate da entrambe le parti; sentiti i difensori presenti. 
Fatti di causa 1. ### premesso di essere proprietario di più fondi con sovrastante fabbricato, siti in Comune di L'### identificato nel ### al foglio 101, particelle 1752 e 1406, convenne in giudizio ### e ### perché venisse accertato l'esatto confine tra il proprio immobile e il fabbricato di loro proprietà, id entificato nel ### al fogl io 101, particella 1753, perché, in esito, venisse disposto l'arre tramento a distanza di legge, con parzial e demolizione, della nuova costruzi one da essi realizzata, perché venisse pronunciata la condanna dei predetti al rilascio della grotta so tterranea di sua esclusiva proprietà e, in subordine, al ripristino dello stato ante operam del fabbricato anche al fin e di assicurarne la staticità, oltre al risarcimento dei danni materiali. 
Costituitisi in giudizio, ### e ### aderirono alla domanda formulata ex art. 950 cod. civ., chiesero che venis se dichiarata la le gittimità delle opere edilizie eseguite, previa disapplicazione dei provvedimenti amministrativi adottati dal Comune di ### ila, e proposero domanda riconvenzional e onde ottenere la con danna d ell'attore all'eliminazione delle lesioni provocate al muro di loro proprietà e al risarcimento dei danni per quelle già esistenti, domanda questa che non reiterarono, però, in 3 di 23 sede di precisazione delle co nclusioni rassegn ate all'udienza del 28/2/2013. 
Con sentenza n. 302/2013, depositata il ###, il Tribunale di L'### accertò il confine tra le proprietà, aderendo alle indicazioni e determi nazioni della c.t.u. Magrì, respinse tutte le ulteriori domande di parte attrice, so stenendo che fosse irrileva nte la minima variazione del tetto realizzata dai convenuti; che la grotta rivendicata dall'attore e il cosiddetto scannafo sso fossero d i proprietà dei convenuti; che ricadesse nella proprietà dei medesimi lo sporto di gronda del tetto, il muro ### e il manufatto edificato in aderenza o rmai crollato in seguito al sisma; che i ferri che fuoriuscivano dal corpo di fabbrica C ormai cr ollato fossero temporanei; che le aperture esistenti sul p rospetto, non più esistenti, fossero luci. 
Il gi udizio di gravame, instaurato da ### rdi, si concluse, nella resistenza di ### e di ### sta ### con la sentenza n. 1541/2019, pubblicata il ###, con la quale la Corte d'Appello di L'### rigettò l'appello, ponendo a base della decisione gli accertamenti compiuti dal c.t.u. nominato per primo, ### piuttosto che i chiarimenti offerti, col decesso del predetto, dal secondo c.t.u. ###, stabilendo la linea di confine tra le due proprietà, alla stregua della domanda proposta, reputata estesa all'intero confine e non limitata a una sua parte, e delle risultanze catastali, e ritenendo che la grotta, lo scannafosso e il #### ricadessero nella proprietà degli appellanti; che non fosse provata l'usucapione della zona confi niaria eccepita dall'appellante; che la sopraelevazione non superasse i li miti di tolleranza dettati dagli standard urbanistici; che il piccolo fabbricato in aderenza al mu ro ### fosse crollato in seguito al sisma, con conseguente venir meno dell'interesse a una pronuncia sul punto; e che le apertu re sullo stesso collocate costituis sero luci e fossero 4 di 23 provviste di inferriate, con conseguente irrilevanza della realizzazione di un solaio di calpestio interno.  2. Avve rso la suddetta sentenza ### propone ricorso per cassa zione affidato a dieci motivi. ### resiste con cont roricorso, mentre ### è rimasta intimata. 
Entrambe le parti hanno depositato memorie. 
Motivi della decisione 1.1 Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111 Cost., 132, secondo comma, punto 4, cod. proc. civ., 950 e 873 cod. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e la motiva zione apparente, non adeguata e congrua, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., perché, co n riferimento alla domanda di accertamento dei confini e all'errata estensione del la stessa, valutata in primo grado come afferente a tutti i confini tra i fondi e non, invece, ai soli muri ### e ###, i gi udici di merito aveva no affermato che l'appellante aveva denu nciato l'usurpazione di una porzione del proprio fondo, perpetrato dai convenuti, non soltanto con riguardo all e due limi tate porzioni di muro , ma anche all'ampliamento dello sporto di gronda e della grotta sotterranea al fabbricato principale di loro proprietà, insistendo per l'arretramento sia del fabbricato principale, sia di quello realizzato ex novo nella corte posteriore. Il ricorrente ha, sul pu nto, ribadito che l'actio finium regundorum era stata da lui chiesta solo con riferimento ai muri ### e ### (ossia la piccola porzione di muro di m t. 1,6 di contenimento a ridosso della via Pu bblica e di quello di contenimento che divideva il suo giardi no dal cortile delle controparti), e che diverse erano, invece, le domande riguardanti sia la rivendicazione della grotta sconosciuta fino al 2003, sia la rimozione della porzione del nuovo sporto di gronda realizzato dalla 5 di 23 controparte, sia l'arretramento del nu ovo fabbricato, sia la demolizione delle porzioni re alizzate ad altezza mag giore, tant'è che, se così non fosse stato, non si sarebbe compreso il senso della domanda riconvenzionale avanzata dalla controparte onde ottenere l'accertamento dei confini in re lazione a tutto il fondo. Inoltre, i giudici non avevano motivat o sulla tipologia di azione esercitata, essendosi limitati ad affermare che la domanda aveva fin alità recuperatoria con riferimento alla grotta e allo sporto di gronda, così da rendere una motivazione apparente.  1.2 Il primo moti vo presenta profil i di inammissibilità e di infondatezza. 
La censura, infatti, già resa difettosa dalla commistione tra vizi di violazione di legge e critiche motivazi onali, in sé in compati bili, posto che i primi suppongono accertati gli elem enti del fatto in relazione ai quali si dev e decidere della violazione o fal sa applicazione della norma, e i secondi, che quegli elementi di fatto intendono precisamente rimettere in di scussione, comportano un giudizio sulla ricostruzione del fatto giuri dicamente rilevante e sussistente solo qualora il percorso argomenta tivo adottato nella sentenza di merito presenti lacune e in coerenze tali da impedire l'individuazione del criterio logico posto a fondamento della decisione (Cass., Sez. 1, 23/10/2018, n. 26874; Cass., Sez. 3, 7/5/2007, n. 10295, Rv. 596657-01), non chiarisce quali parti della sentenza si siano poste in contrasto con i richiamati artt. 950 e 873 cod.  In tal modo, la doglianza si pone in contrasto col principio secondo cui, a mente del n. 4 del primo comma dell'art. 366 cod. proc. civ., il ricorrente che denunci il vizio di cui all'art. 360, primo comma, 3), co d. proc. civ., deve ind icare, a pena d'inamm issibilità, le norme di legge (o event ualmente il princip io di diritto) di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto 6 di 23 precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugn ata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare - con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni - la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in co ntrasto con essa (in tal senso, Cass., Sez. U., 28/10/2020, n. 23745; Cass. Sez. 6 - 1, 24/02/2020, n. 4905), né consentendosi altrimenti ad essa di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione in assenza di indicazioni su quali siano state le modalità e sotto quale profilo essa sia stata realizzata (Cass., Sez. 3, 28/10/2002, n. 15177; Cass., Sez. 2, 26/01/2004, n. 1317; Cass., Sez. 6 - 5, 15/01/2015, n. 635; Cass. Sez. 3, 11/7/2014, n. 15882, Cass. 3, 2/4/2014, n. 7692).  1.3 La censura è infin e infondata nell a parte in cui lamenta la motivazione apparente. 
La riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve, infatti, essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneuti ci dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzi onale" del sindacato di legit timità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tra muta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purc hé il vizio ris ulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l' aspetto materiale e graf ico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile", 7 di 23 esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (tra le varie, ### U, Sentenza n. 8053 de l 07/04/2014 Rv. 629830). Scendend o più nel dettaglio sul l'analisi del vizio di motivazione apparente, la costante giurispru denza di legittimità ritiene che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché reca nte argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convi ncimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. da ulti mo, Cass., Sez. U, 30/1/2023, n. 2767; vedi anche, tra le tante, ### U, Sentenza 22232 del 03/11/2016 Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016; ### 6 - 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022 Rv. 664061; Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019 Rv. 654145) Nella specie, i giudici di merito hanno esaustivamente chiarito le ragioni per le quali hanno ritenuto che l'actio finium regundorum esercitata dal ricorrente riguardasse tutti i confini e non solo la porzione re lativa ai muri ### e ###, sostenendo che il predetto aveva altresì denunci ato l'usurpazione della porzione d el proprio fondo interessata dall'ampliamento dello sporto di gronda e della grotta sott erranea al fabbricato principale degli appellati, opere delle quali aveva chiesto la riduzione in pristino e il ril ascio, insistendo per l'arretramento sia del fabbricato prin cipale, sia di quello realizzato ex novo , con la conseguenza che l'eff etto recuperatorio doveva co nsiderarsi conseguente all'azione di regolamento di confini. 
E' allora evidente che la doglianza intende rappresentare un vizio di interpretazione della domanda a cui la sentenza avrebbe messo capo, cos ì confliggendo con il principio, più volte a ffermato da questa Corte, secondo cui l' interpretazione della domanda è 8 di 23 operazione riservata al giudice del merito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, è censurabile in sede di legittimità solo quando ne risulti alterato il senso letterale o il contenuto sostanziale dell'atto, in relazione alle finalità che la parte intende perseguire (Cass., Sez. III,, 22/09/2023, n. 27181; Sez. III , 20/10/2005, n. 20 322; Cass., Sez. III, 12/05/2003, 7198) o, come si è più diffusamente argomentato, «a) ove ridondi in un vizi o di nullit à processuale, n el qual caso è la difformità dell'attività del giudice dal paradigma del la norma processua le violata che deve esser e dedotto co me vizio di legittimit à ex art.  360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.; b) qualora comporti un vizio del ra gionamento logico decisorio, eventualità in cui, se l'inesatta rilevazione del contenuto della domanda determina un vizio attinente alla individuazione del petitum, potrà aversi una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che dovrà essere prospettato come vizio di nullità processuale ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.; c) quando si traduca in un errore che coinvolge la "qualificazione giuridica" dei fatti allegati nell'atto introduttivo, ovvero l'omessa rilevazione di un "fatto allegato e non contestato da ritenere decisivo", ipotesi nella quale la censura va proposta, rispettivamente, in relazione al vizio di error in judicando, in base all'art. 360, comma primo, n. 3, cod.  proc. civ., o al vizio di error facti, nei limiti consentiti dall'art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ.» (Cass., Sez. 3, 10/06/2020, 11103; Cass., Sez. 1, 7/2/2024, n. 3454). 
Nessuna di tali violazioni è però ravvisabile nella specie, posto che la valutazione dell'intero confine tra le due proprietà era funzionale all'accertamento, pure richi esto, della porzione immobiliar e interessata dall'ampliamen to dello sporto di gronda e della proprietà del la grotta sotterra nea al fabbric ato principale degli 9 di 23 appellati, che richiedeva, giust'appunto, la verifi ca dell'esatta delimitazione delle due proprietà.  2.1 Con il sec ondo motivo di ricorso, si lamenta il travisamento della prova in merito a fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., e la motiva zione apparente, non adeguata e congrua, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito respinto la doglianza afferente all'erroneo ricorso agli accertamenti compiuti dal c.t.u.  ### in luogo di quelli del c.t.u. ###, operato dal giudice di primo grado, sostenend o che questo avesse argoment ato sulle ragioni di tale preferenza. Il ricorrente ha, sul punto, obiettato che il giudice di primo grado non aveva affatto motivato sulle ragioni della sua preferenza per gli accertamenti compiuti dal primo c.t.u., essendosi limitato a co ntestare il metodo di determi nazione del confine adoperato dal secondo c.t.u.; che quest'ultimo aveva svolto una nuova perizia, senza limitarsi a re ndere meri chiar imenti, e aveva accertato la sussistenza di una di fformità tra le misure catastali, poste a base della decisione, e la situazione reale, invece trascurata nonostante le altre evidenze documentali; che dunque la motivazione resa era s olo apparente, stante la mancata comparazione tra le due relazioni, e che la decisione era stata assunta con travisamento della prova.  2.2 Il secondo motivo, anch'esso reso difettoso dalla commistione tra vizi di violazione di legge e cr itiche motivazionali, è inammissibile con riferimento alla doglianza rapportata all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.. 
Al riguardo, occorre premettere che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l'adesione acritica da parte del giudice alle conclusi oni peritali di una delle consul enze tecniche d'ufficio, espletate in tempi diversi e pervenute a conclusioni difformi, senza 10 di 23 farsi carico di un'analisi comparativa, o la motivazione sostanziatasi nella uniformazione del giudice a una sola delle due perizie, integra un vizio della sentenza che può essere fatto valere, nel giudizio di cassazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc.  civ., riso lvendosi l'omessa considerazione dell' altra relazione peritale nell'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le pa rti, salvo che le conclusioni recepite siano, da sole, idonee a palesa re le ragioni della scelta compiuta dal giudice (Cass., Sez. 3, 26/05/2021, 26/5/2021, n. 14599; Cass., Sez. L, 25/10/2022, n. ###) Tale principio non può trovare però applicazione nella specie. 
Infatti, nell'ipotesi di c.d. «doppia confor me», prevista dal l'art.  348-ter, qu into comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell'art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 , n. 134, ai giudizi d'appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richi esta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012 ), il ricorrente in cassazione - per evitare l'inammissibilità del motivo di cui all'art. 360, primo comma, n. 5 , cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall'art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pub blicate d al giorno 11 settembre 2012) - deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di prim o grado e del la sentenza di rigetto dell'app ello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (per tutte, Cass., 3, 28/2/2023, n. 5947; Cass., Sez. 3, 20/9/2023, n. 26934;Cass., sez. L., 06/08/2019, n. 20994; Cass., Sez. 5, 11/05/2018, 11439; Cass., sez. 1, 22/12/2016 , n. 26774; Cass., Sez. 5, 18/12/2014, n. 26860). 
A tal proposito è stato anche da tempo chiarito che il presupposto di applicabilità della norma risiede nella cd. “doppia conforme” in facto, la quale ricorre, come chiarito da Cass., Sez. 6-2, 9/3/2022, 11 di 23 n. 7724, «non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in rel azione ai fatti princip ali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice». 
Nella specie, il ricorr ente non ha affatto c hiarito il percorso motivazionale seguito dal giudice di primo grado e la sua difformità rispetto a quello della Corte d'Appello, ciò che rende la censura inammissibile. 
Il moti vo è, peraltro, pu re in fondato con specifico riguardo alla dedotta doglianza di apparenza della motivazione. 
Fermi restando i principi affermati da questa Corte sul tema, come riportati nel precedente punto 1.3, si osserva che i giudici di merito hanno ampiamente e diffusamente dato conto delle ragioni per le quali, previa lettura delle relative relazioni tecniche, hanno ritenuto maggiormente attendibile la c.t.u. ### rispetto a quella ### dedicando a tale aspetto diverse pagine, nelle quali hanno evidenziato la parzialit à dell' accertamento compiuto da quest'ultimo, non avendo potuto f are sopralluogh i a causa del sisma, il grave errore di metodo da questi c ommesso per avere comparato le misurazioni compiute dal tecnico dei convenuti, che aveva redatto il progetto di ristrutturazione del fabbricato, e quelle effettuate dal prim o c.t.u. ### benché le prime non richiamassero le quote dell'immobile rispetto alla sede stradale, la fallacia dei calcoli eseguiti e l'incongruenza delle misurazioni, specificando, con dovizia di particolari, le ragioni anche tecniche di tali assunti. 
Alla stregua di quanto detto deve escludersi, dunque, la fondatezza della censura. 12 di 23 3.1 Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione di legge e, in particolare, degli artt. 887, 950 cod. civ., in relazione all'art.  360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; il travisamento dei fatti di causa e l'omesso esame di fatti decisivi per i l giudizio che sono stati oggetto di di scussione tra le parti , in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.; la motivazione apparente, non adeguata e congrua, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere i gi udici di merito confermato i rilievi critici alla c.t.u. ### già evidenziati dal giudice di primo grado, e avere indicato il confine sulla base della mappa catastale, senza sottoporre a critica le risultanze della c.t.u. Macrì, valutare la stessa incertezza da questi manifestata nell'indicazione del confine e l' assenza di una riproduzione del lo stato dei luogh i in scala.  ### il ricorren te, la Corte d'### o non aveva tenuto conto dello stato dei luoghi, né considerato che nessun errore di metodo era stato effettuato dal secondo c.t.u., che nessuna incertezza sul confine sussisteva, essendo questo segnato dal muro del fabbricato dei convenuti allineato con il muro ### di separazione tra la corte posteriore del fabbricato d ei convenuti e il giardi no dell'attore esistente da tempo immemorabile, e che il confine risultava anche dai documenti in atti, sicché l'iter logico seguito dalla sentenza era privo di logica e inconsistente.  3.2 La terza censura è anch'essa, co me l e precedenti, res a difettosa dall'inam missibile commistione tra vizi di violazione di legge e crit iche moti vazionali, dalla mancata specificazione del rapporto tra contenuto precettivo del le norme e affermazioni in diritto riportate nella sentenza in violazione dell'art. 366, n. 4, cod.  proc. civ., e dal l'asse nza di deduzioni circa la diversità tra l'iter argomentativo della sentenza di primo grado e quella d'appello, necessario in caso di c.d. doppia conforme. 13 di 23 Quanto al difetto di motivazione, vann o richiamati i medesimi principi enunciati nel precedente punto 1.3, per poi evidenziare l'insussistenza del dedotto vizio di motivazione apparente. 
I giudici di merito non si sono limitati, infatti, a chiarire i motivi per i quali avevano ritenuto inaffidabile la seconda c.t.u. (pp. 6 e 7), ma si sono alt resì dilung ati nella disamina della prima relazione dell'#### (pp. 8), evidenziando come questi avesse accertato lo stato dei lu oghi, rilevand o una distanza tra fabbricati di m t.  21,78 verso la strada pubblica e di mt. 21.83 su confine del muro ### e una di scrasia con i distacchi catastali, che ha superato analizzando le fattezze del muro ###, quale naturale prosecuzione, per fattura e materiali, del muro di proprietà degli appellati; avesse valorizzato la presenza di una preesisten te apertura, murata, avente presumibile funzione di accesso allo s cannafosso, ora accessibile dalla proprietà del ricorrente; avesse calcolato l e dimensioni di quest'ultimo, equiparando il dato catastale a quello di verifica in loco, e il confine, ivi compreso lo scannafosso. 
In ragione di ciò, la motivazione non può dirsi né insussistente, né apparente, mentre la censura, p er come articola ta, esula certamente dal perimetro di intervento d i questa Corte di legittimità. 
Come affermato dalle ### di questa Corte con la sentenza n. 5792 del 05/03/2024, il travisamento del contenut o oggettivo della prova - che ricor re in caso di sv ista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifi ca logi ca del la rico nducibilità dell'informazione probatoria al fatto probatorio - trova il suo istituzionale rimedio nell'impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall'art. 395, n. 4, cod. proc. civ., mentre - se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata 14 di 23 da una delle parti - il vizio va fatto valere ai sensi dell'art. 360, 4, o n. 5, cod. proc. civ., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale. 
Essendo stato evidenziato nella censura un fatto sostanziale, è a quest'ultima fattispecie che occorre fare riferim ento, con la conseguenza che vale, anche in questo caso, la regola della c.d.  doppia conforme, non rispettata nella censura. 
Peraltro, la doglianza va a incidere sulla valutazione del materiale probatorio, che co stituisce espress ione della discrezionalità valutativa del giudice di merito ed è perciò estranea ai comp iti istituzionali di questa Corte.  4.1 Con il quar to motivo di ricorso, si lament a la violazione e/o falsa app licazione degli artt. 111 Co st., 132, secondo comm a, punto 4, cod. proc. civ., 950 e 873 cod. civ., in relazione all'art.  360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; la motivazione apparente, non adeguata e congrua, in relazione all'art. 360, primo comma, 4, co d. proc. civ.; l'omesso esa me di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere i giudici affermato che fossero di proprietà dei convenuti lo scannafosso, il relativo muro di contenimento, lo sporto di gronda, la grotta interrata e i muri ### e ###, rendendo sul punto una motivazione apparente e travisando gli atti e i documenti di causa tra cui la planimetria catastale allegata al co ndono del 1986, gli elab orati dell'ing. Perfetto, gli atti di provenienza delle parti, la situazione di fatto dei lu oghi e le stesse mappe catastali. Ad avviso del ricorrente, i giudici non avevano considerato, quanto allo sporto di gronda, che il prolungamento dello stesso aveva violato le distanze dal confine; quanto al muro ###, che questo non era accessibile dal lato interno del giardino dei convenuti, che vi erano differenze di misure rispetto al co nfine catas tale e che nel progetto dei 15 di 23 convenuti era stato indicato come “altra proprietà”; quanto al muro ###, che questo separava palesemente il giardino del ricorrente dalla corte posteriore dei convenuti su cui era stato realizzato un cordolo sporgente verso la proprietà del ricorrente e demolito da questi ultimi, sicché esso avrebbe dovuto essere considerato o di proprietà del ricorrente o di comune proprietà; quanto alla grotta, infine, che la relativa profondità non coincideva con l'intercapedine e il muro, né con il confine catastale.  4.2 La quarta censura è anch'essa, come l e precedenti, resa difettosa dall'inam missibile commistione tra vizi di violazione di legge e crit iche motivazionali, dalla mancata specificazione del rapporto tra contenuto precettivo del le norme e affermazioni in diritto riportate nella sentenza in violazione dell'art. 366, n. 4, cod.  proc. civ., e dal l'asse nza di deduzioni circa la diversità tra l'iter argomentativo della sentenza di primo grado e quella d'appello, necessario in caso di c.d. doppia conforme, ivi compreso il profilo afferente al dedotto travisamento di un fatto sostanziale. 
Essa è peraltro infond ata nella parte in cui lamenta il difetto di motivazione, giacché, fermi restando i principi in materia di motivazione apparente riportati nel precedente punto 1.3, i giudici di merito hanno adeguatamente motivato sulle ragioni per le quali hanno ritenuto che il muro ###, lo scannafosso e la grotta fossero di proprietà dei convenuti, so stenendo che la questione era stata affrontata dal giudice di primo grado soltanto in via incidentale e funzionale all'accertamento dei confini, senza concorrere alla formazione del giudi cato, che, con moti vazione condivisa, detti manufatti insistevano sulla proprietà degli appellati e che, quanto alla grotta, la cavi tà, che non aveva subi to alcuna modifica in ampliamento, ricadeva all'interno di detta proprietà con uno scarto lieve di cm. 17, che trovava gi ustificazione nell'elevato grado di 16 di 23 approssimazione delle misure effettuate proprio con riferimento al suo posizionamento.  5.1 Con il qu into motivo di ricorso, si lament a la violazione e/o falsa app licazione degli artt. 111 Co st., 132, secondo comm a, punto 4, cod. proc. civ., 950 e 873 cod. civ., in relazione all'art.  360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; la motivazione apparente, non adeguata e congrua, in relazione all'art. 360, primo comma, 4, co d. proc. civ., perché i giudici di merito av evano accolto il motivo proposto davanti ad essi, afferente al vizio di ultrapetizione commesso dal Tribunale, che aveva spostato in avanti il confine catastale di mt. 1.10 v erso il fon do del ricorrente, senza riconoscere l'accoglimento sul punto. I giudici, inoltre, non avevano motivato sulle ragioni del ricorso al confine catastale, benché il confine fosse chia ro alla stregua dei documenti e dello stato dei luoghi, né avevano c onsiderato che l'acc ertamento della li nea di confine aveva riguardato la sola parte afferente ai muri ### e ###.  5.2 La quinta censura, che presenta i medesimi profili di inammissibilità delle precedenti, sia quanto alla commistione tra vizi di violazi one di legge e difetto di motiva zione, sia quanto al principio della c.d. dopp ia conforme, sia con riferimento alla mancata indicazion e delle questioni afferenti alla violazione delle norme sopra richiamate in relazione ai contenuti della sentenza, cui si agg iunge una non del tutto perspicua spiegazioni delle ra gioni della doglianza, è parimenti infond ata con riguardo al difetto di motivazione. 
I giudici hanno, infatti, chiarito le ragioni per le quali hanno fatto ricorso al criterio residual e delle mappe catastali per l'individuazione del confine, sostenendo che a tali conclusioni conducevano tutti i dati a disposizione del c.t.u., dalla verifica dello stato dei luoghi alla complessità della ste ssa rispetto ai dati catastali, stanti le diverse accertate dimensioni del fabbricato degli 17 di 23 appellati, e che il giudice poteva ricorrere ad esso non solo in caso di assenza e obiettiva di altri elementi, ma anche di loro inidoneità. 
In tal modo, la Corte d'### si è conformata ai principi affermati da questa Corte, secondo i quali, in tema di regolamento di confini, il ricorso al sistema di accertamento sussidiario costi tuito dalle mappe catastali è co nsentito al giudice non soltanto in caso di mancanza assoluta e obiettiva di altri elementi, ma anche nell'ipotesi in cui questi (per la loro consistenza, o per ragioni attinenti alla loro attend ibilità) risultino, seco ndo l'incensurabi le apprezzamento svolto in sede di merito, comunque inidonei alla determinazione certa del confine (Cass., Sez. 2, 6/6/2017, 14020), con la conseguenza che la parte che event ualmente si dolga del ricorso, da parte del giudicante, a tale mezzo sussidiario di prova ha l'onere di indicare gli specifici elementi alla cui stregua andrebbe, invece, difformemente accertata la linea di co nfine controversa (Cass., Sez. 2, 30/12/2009, n. 28103; Cass., Sez. 2, 11/07/2002 , n. 10121). 
Tali elementi sono stati individuati dal ricorrente nella presenza del muro perimetrale, sul quale però i giudici di merito han no espressamente ritenuto di non fondare il proprio convincimento in ragione della equivocità del complesso degl i elementi in suo possesso.  6.1 Con il sesto motivo di ricorso, si lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito rigettato l'eccezione di usucapione di tutta l'area interposta tra i fabbricati di rispetti va proprie tà, ivi compresi lo scannafosso e la grotta, sostenendo che non ne fosse stata fornita la prov a, senza considerare che nei propri scritti difensivi il ricorrente av eva dedotto di essersi occupato della puli zia dello scannafosso da tempo immemorabile e che questa porzion e 18 di 23 immobiliare era stata usata per appoggiarvi vari oggetti al coperto, così come fatto col muro ad ess o perpendicolare, cir costanze queste non contestate dalla controparte.  6.2 Il sesto motivo è inammissibile, dovendo trovare applicazione il principio della c.d. doppia conforme di cui al precedente punto 2.2 e non avendo il ricorrente indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse.  7.1 Con il settimo motivo di ricorso, si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 873 cod. civ. e 55, 56, 57 delle ### di ### del ### di L'### nonché la moti vazione apparente del la sentenza, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito riten uto irrilevante l' accertata sopraelevazione del fabbricato dei convenuti, siccome ricompresa nella percentuale di tolleranza prevista dalle norme urbanistiche, senza considerare le due sentenze penal i di condann a passate in gi udicato, che documentavano l'aumento di altezza del fabbricato nella misura di cm. 50, nonché le osservazioni compiute dal c.t.u. ### e le foto e i l prospetto, che evidenziav ano una sopraelevazion e all'imposta e al colmo non compatibile con le misure riportate dal primo c.t.u.. Il ricorrente ha poi evi denziato che non esisteva il rilevato errore di metodo del c.t.u. ### posto che anche il c.t.u. Macrì si era servito del progetto dell'ing. Perfetto; che nella zona A, dove in sistevano i fabbricati, non er a possibile il superamento del volume e della superficie utile preesistente; che l'altezza in esubero realizzata era superiore alla c.d. tolleranza del 2%; e che l' avvenuta esecuzi one dei lavori in assenza di titoli abilitativi incideva sui parametri urbanistici, peraltro non rilevanti nei rapporti privatistici.  7.2 Il settimo motivo è fondato. 19 di 23 In base al comm a 2-ter dell'abrogato art. 34 D.P.R. n. 380 del 2001, rubricato “### eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire”, «ai fin i dell'applicazione del presente articolo, non si ha parziale diff ormit à del titolo abi litativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola un ità im mobiliare il 2 per cento delle misure progettuali», norma che è stata sostanzialmente riprodotta dall'art. 34 -bis, co mma 1, dello stesso d.P. R., riguardante le “tolleranze costruttive”, il quale attualmente prevede che «il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo». 
Dal lor o chiaro tenore l etterale e dalla stessa collocazione sistematica si ricava che le citate disposizioni attengono al profilo della confor mità dell'opera alla normativa edili zia vigente, ai fini dell'eventuale applicazione delle sanzioni previste dalla legge, e sono pertanto destinate a trovare applicazione esclusivamente nei rapporti fra il privato costruttore e la pubblic a amministrazione, non anche in quelli fr a soggetti privati (in questi termin i, Cass., Sez. 2, 31/10/2023, n. ###; Cass., Sez. 2, 10/8/2023, n. 24469, entrambe non massimate). 
Alla stregua di tali principi, deve allora affermarsi l'erroneità della sentenza im pugnata, nella parte in cui ritiene corretta l'affermazione del giudice di primo grado nella parte in cui aveva considerato irrilevante l'accertata sopraelevazione del fabbricato dei convenu ti siccome ricompresa nella percentuale di toll eranza prevista dal le norme urbanistiche, con co nseguente fondatezza della censura.  8.1 Con l'ottavo motivo di ricorso, si lamenta la violazione o falsa applicazione dell'art. 901 cod. civ., in relazione all'art. 360, primo 20 di 23 comma, n. 3, cod. proc. civ., e la motiva zione apparente, non adeguata e congrua, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la Corte d'### rigettato la domanda conseguente alla demolizione e ricostruzione dei solai del fabbricato delle contro parti, con la realizzazione di uno nu ovo al pian o sottotetto sul quale erano poste le due vecchie luci, trasformate in luci irregolari, sostenendo che le stesse non risultassero apribili per la presenza di inferriate e protette da vetri opachi. Ad avviso del ricorrente, i giudici avevano violato l'art. 901 cod. civ. in quanto non avevano considerato la situazione ante e post intervento delle luci e gli ulteriori requisiti di regolarità previsti dalla norma (altezza dal pavimento/suolo delle luci, dovuta all'abbassamento della quota dei solai, e grata non rilevata).  8.2 ### motivo è fondato. 
I gi udici di merito hanno respi nto la doglianza con la quale l'appellante aveva lamentato che le aperture in sistenti sul prospetto del fabb ricato degli appella ti prospiciente il suo fondo avessero perso le caratteristiche di luci, permettendo la possibilità di affacci o sul fondo confinante, sostenend o che le finestre in questione non risultassero apribili, essendo dotate di inferriate fisse e protette da vetri opachi, e che detti accorgi menti fossero sufficienti a impedire l'inspectio e la prospectio in alienum, in quanto consentivano di configurarle come luci, con la conseguenza che, in ragione delle loro caratteristiche, sarebbe stata irrilevante la realizzazione di un solaio di calpestio interno. 
Tali considerazioni non si confrontano con il disposto di cui all'art.  901 cod. civ., secondo cui «le luci che si aprono sul fondo del vicino devono: 1) esser e mu nite di un'inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati; 2) avere il lato inferiore a un'altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o dal 21 di 23 suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria, se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri se sono ai piani superiori; 3) av ere il lato inferiore a un'altezza non mi nore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello infer iore al su olo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare l'altezza stessa». 
Al riguardo, questa Corte ha avuto modo di affermare che se è vero che ai sensi dell' art. 902 cod. civ. il vicino può chiedere solo l a regolarizzazione della luce, ma non la sua chiusura, rimanendo irrilevante l'intenzione del suo autore o la finalità dal medesimo perseguita, va tuttavia escluso che il giudice possa affermare il diritto di mantenere le luci tutte le volte in cui il loro adeguamento al di sposto dell'art. 901 co d. civ. si riveli in concreto inidoneo a soddisfare l'esigenza di attingere aria e luce, trattandosi di azione intesa a far valere un diritto reale, la cui tutela impone la rimozione del fatto lesivo (Cass., Sez. 2, 9/5/2023, n. 12306; Cass., Sez. 2, 5/1/2011, n. 233).  ### sul fondo del vicino, quando abbia le caratteristiche della luce anche se non conforme alle prescrizioni dell'art. 901 cod. civ., come nella specie, deve essere re sa confo rme, in caso di irregolarità ai sensi dell'art. 902, secondo comma, cod. civ., a tali prescrizioni, anche mediante la sopraelevazione all'altezza minima interna, finalizzata ad impedire l'esercizio della veduta (Cass., 2, 10/1/2013, n. 512; Cass., Sez. 2, 23/07/1983, n. 5081). 
A questi principi non si sono dunque attenuti i giudici di merito, con conseguente fondatezza della censura.  9.1 Con il nono motivo di ricorso, si lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., e la moti vazione apparente, non adeguata e c ongrua, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici 22 di 23 di merito affe rmato di non doversi pronunciare sul manufatto insistente sulla corte della part. 1753 in quanto crollato in seguito al sisma del 2009, senza considerare che il manufatto era invece tuttora esistente, che nessuno dei c.t.u. aveva parlato di crollo, che la man cata indicazione del manufatto nella planimetria del c.t.u.  ### era dovuta verosimilmente al fatto che l'area non fosse visibile post sisma a causa dell'inagibilità del fabbricato e che, pertanto, sarebbe stata necessaria una pronuncia sulla violazione delle distanze legali.  9.2 Il nono moti vo è inammissi bile con riguardo al rifer imento all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc . civ., in ragione del principio della c.d. doppia conforme, nei termini precisati nel precedente punto 2.2, non avendo il ricorrente indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse. 
Quanto al difetto di motivazione, richiamati i principi affermati sul punto nel precedente punto 1.3, la censura è infondata, avendo i giudici di merito affermato il difett o di interesse dell'appellante dovuto al crollo del man ufatto in seguito al sisma che aveva interessato la città. 
La doglianza si risolve, in sostanza, in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincim ento del giudice, tesa all'ottenimento di una nu ova pron uncia di fatto, cer tamente estranea alla natura e ai fini del giudizio di cassazione (Cass., U., 25/10/2013, n. 24148).  10.1 Con il deci mo motivo di ricorso, si lamenta, infine, la violazione degli artt. 91 cod. proc. civ. e 13, comma 1-bis e quater, d.P.R. n. 115 del 2002, per avere i giudici di merito posto a carico del ricorrente le spese del giudizio nella loro integralità e disposto il raddoppio del contributo unificato, senza consid erare che, con 23 di 23 riguardo ai confi ni, av evano dato ragione all'appellante, allorché, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice di primo grado, che aveva calcolato la distanza dalla proprietà dei convenuti partendo dal parametro est erno dello scann afosso verso la proprietà del ricorrente, aveva effettuato il calcolo partendo dai muri del corpi C e ### della parti cella 1753, co n la conseguenza che avrebb ero dovuto compensare, almeno in parte, le spese di lite.  10.2 Il decimo motivo resta assorbito dall'accoglimento dell'ottavo.  11. In conclusi one, dichiarata la fondatezza del settim o e dell'ottavo motivo, l'infondatezza del primo, secondo, terzo, quarto, quinto e nono, l'in ammissibilit à del ses to e l'assorbimento del decimo, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d'### di L'### che, in diversa composizione, dovrà statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità.  P.Q.M.  La Corte accogli e il settimo e l'ottavo motivo di ricorso, dichiara l'inammissibilità del sesto e l'assorbimento del decimo, rigetta i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'### di L'### in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. 
Così deciso in ### il ###.   

Giudice/firmatari: Orilia Lorenzo, Pirari Valeria

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Tribunale di Termini Imerese, Sentenza n. 20/2016 del 13-01-2016

... del ### e di avere, pertanto, commesso in appalto le opere all'### in nome e per conto di quest'ultimo. Con riferimento alla posizione del ### va evidenziato che sebbene dal contratto stipulato in data ### (all. n. 2 prod. opponente ### risulti che il ### ebbe a dare in appalto allo ### l'esecuzione delle opere edili analiticamente elencate nel me### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile desimo contratto, tuttavia lo stesso ### in occasione dell'interrogatorio formale reso all'udienza del 3/11/2004 ha esplicitamente ammesso quanto segue: «D.R. “Confermo di aver conferito l'incarico di eseguire i lavori in questione soltanto al geometra SPERANDEO” D.R. “ Preciso meglio di aver incaricato il geometra ### non in qualità di titolare di una ditta edile ma come tecnico e in particolare l'ho incaricato di individuare una ditta che avrebbe dovuto eseguire i lavori e di dirigere i lavori stessi”». Le dichiarazioni confessorie rese dal ### contraddicono radicalmente le allegazioni contenute nell'atto di opposizione, e denunciano la chiara consapevolezza da parte del medesimo del fatto che lo ### avrebbe dovuto procedere, per la esecuzione delle opere (leggi tutto)...

testo integrale

Tribunale di ### sez. civile TRIBUNALE DI TERMINI IMERESE VERBALE DI UDIENZA CON SENTENZA CONTESTUALE EX ART. 281 ###.P.C. 
Il giorno 13/01/2016, innanzi al Giudice dott. ### viene chiamata la causa R.G. n. 181 dell'anno 2013 promossa da ### (avv. ### ) ### (avv. ### ) CONTRO ### (avv. ### ) Si da atto che sono presenti l'avv. ### per ### l'avv. ### in sostituzione dell'avv. ### per ### l'avv. ### per ### I procuratori delle parti discutono la causa oralmente e si riportano alle conclusioni dei rispettivi atti introduttivi e alle memorie autorizzate depositate in atti ###. ### conclude come in atto di citazione in opposizione e comparsa di costituzione e ribadisce come, contrariamente a quanto assunto nella narrativa del ricorso per ingiunzione di pagamento opposto, il geom. Sperandeo non risulti passivamente legittimato rispetto alla pretesa creditoria azionata in sede monitoria dall'### per le ragioni di cui alla narrativa dell'atto di citazione suddetto (con particolare riguardo al tenore, anche letterale, del contratto di appalto ed alla conoscenza, da parte dell'### dei rapporti intercorrenti tra lo ### ed il ### - parte sostanziale e reale commitRegistrato il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile tente dell'opera, nonchè sottoscrittore del preventivo di cui al doc. n° 2 della produzione a corredo del ricorso per ingiunzione - come altresì comprovato dalla intervenuta ricezione ed incasso dell'assegno di € 5.000,00 e finanche desumibile dal tenore delle missive di sollecito). Le superiori circostanze, del resto, sono state confermate all'udienza del 03.11.2014 dall'### in sede di interrogatorio formale, il cui carattere confessorio in ordine alla effettiva titolarità del rapporto sostanziale appare certamente idoneo a fondare la revoca dell'opposto decreto; del resto, anche il ### in seno all'interrogatorio formale reso alla medesima udienza, ha confermato di avere incaricato il geom. ### “di individuare una ditta che avrebbe dovuto eseguire i lavori e di dirigere i lavori stessi”. 
In via gradata nel ribadire l'irrilevanza probatoria della fattura posta a fondamento del ricorso in monitorio si rinvia alle puntuali contestazioni di cui al punto 2) dell'atto di opposizione, dovendosi ridurre, nella non temuta ipotesi di mancato accoglimento della superiore eccezione, il credito dell'opposto a non più di € 4.796,19 (da porre, comunque, a carico del ###. 
Rispetto alle domande spiegate dal ### nell'atto di citazione per chiamata in causa si ribadiscono le contestazioni di cui alla responsiva circa la ricostruzione dei rapporti intercorsi tra le parti, rimarcando come questi non potessero assumere i connotati dell'appalto (svolgendo il deducente l'attività di geometra), bensì del conferimento dell'incarico di direzione e risoluzione delle problematiche di carattere tecnico (per come evincibile anche dalla scrittura del 30.10.2004, sottoscritta anche dal ### - il quale, in tal modo, chiaramente ebbe ad esplicitare e, comunque, a ratificare, di essere a conoscenza dell'attività di commissione dell'esecuzione delle opere alla ditta ###
Registrato il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile go), come comprovato, del resto, dall'emissione di assegno bancario di € 5.000,00 intestato all'### nonché dal rilievo per cui, dal confronto tra il contratto di appalto stipulato dal geom. ### n.q. ed il preventivo di spesa sottoscritto tra questi ed il ### la differenza ammontasse ad € 2.500,00 vale a dire al corrispettivo per le competenze tecniche. Si rinvia, in proposito, al contenuto dell'interrogatorio reso dal ### confessori sul punto. 
Ribadisce, quindi, la sussistenza del rapporto di mandato tra il ### ed lo ### con conseguente rigetto della domanda di garanzia azionata e l'opposizione all'accoglimento delle ulteriori domande spiegate, per le ragioni di fatto e di diritto di cui alla responsiva. 
Fa, infine, rilevare l'assoluta inattendibilità della deposizione della teste ### il cui interesse fattuale nella causa è stato dalla stessa chiaramente dichiarato e la cui credibilità risulta chiaramente inficiata, oltre che dalle considerazioni espresse, dalle contraddizioni intrinseche della deposizione; del pari si rappresenta l'inattendibilità della deposizione dei testi ### e ### la cui presenza alla rammentata telefonata (oltre che le modalità di svolgimento della stessa) non sono state neppure rammentate dalla predetta ####. ### contesta quanto oggi dedotto dall'avv. ### ed insiste nel proprio IL GIUDICE ISTRUTTORE decide la causa come da separata sentenza ex art. 281-sexies c.p.c., della quale viene data lettura alla presenza delle parti. 
Il presente provvedimento viene redatto su documento informatico e sottoscritto con firma digitale dal Giudice dr. ### in ### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile conformità alle prescrizioni del combinato disposto dell'art. 4 del D.L. 29/12/2009, n. 193, conv. con modifiche dalla L. 22/2/2010, n. 24, e del decreto legislativo 7/3/2005, n. 82, e succ. mod. e nel rispetto delle regole tecniche sancite dal decreto del ministro della Giustizia 21/2/2011, n. 44.  ### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI TERMINI IMERESE in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. ### all'udienza del 13/01/2016 ha pronunciato, dandone lettura in udienza ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., la seguente SENTENZA nei procedimenti riuniti iscritti al n. 181 dell'anno 2013 e al n. 207 dell'anno 2013 del ### degli ### civili contenziosi vertenti TRA ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### con elezione di domicilio in ### N.5 90018 ###, presso il medesimo difensore parte opponente ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### con elezione di domicilio in ### N.11 ###, presso il medesimo difensore parte opponente #### (C.F. ###1), con il patrocinio dell'avv.  ### con elezione di domicilio in C.### E ###
GHERITA 20 ###, presso il medesimo difensore parte opposta #### contratti d'opera ### all'udienza odierna le parti concludeva### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile no come da verbale in pari data, riportandosi ai rispettivi atti difensivi, ai quali si rinvia.  MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO ED IN DIRITTO Con atto di citazione notificato in data #### ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 507/2012 emesso da questo tribunale in data ### con il quale gli è stato ingiunto in solido con ### il pagamento in favore di ### della complessiva somma di € 14.113,59 oltre accessori. A sostegno dell'opposizione proposta ha evidenziato: i che il credito azionato traeva origine da un contratto stipulato da AR### con ### in data ### e avente ad oggetto l'esecuzione di alcune opere edili in un immobile di proprietà di esso opponente; i che lo ### aveva stipulato detto contratto assumendo di intervenire quale incaricato da esso opponente; i di aver conferito in appalto al geometra ### con contratto del 20 giugno 2004 l'esecuzione dei lavori di sistemazione esterna del lotto di terreno e di definizione del fabbricato sito in ### contrada ### a fronte di un corrispettivo complessivo di € 28.500 comprensivo di assistenza tecnica e direzione dei lavori stabilendo le relative modalità di pagamento; i di non aver conferito alcun mandato al predetto geom. SPERANDEO di stipulare contratti nel proprio nome e di aver provveduto a pagare tutte le somme dovute in esecuzione del contratto del 20/6/2004 unicamente allo #### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile i di essere estraneo a qualsiasi rapporto commerciale tra lo ###
DEO e l'### come comprovato dal fatto che quest'ultimo aveva sempre emesso le relative fatture commerciali a nome del primo; Ha chiesto, pertanto, che venisse revocato il decreto ingiuntivo oggetto di opposizione, e che venisse accertata l'insussistenza del credito azionato dall'opposto ### In via subordinata, ha chiesto che #### venisse condannato a garantirlo da qualsiasi somma e- ventualmente versata in favore dell'### con conseguente riconoscimento del diritto di regresso e che il medesimo venisse anche condannato al risarcimento del danno. 
Con separato atto di citazione notificato in data ##### ha proposto opposizione al medesimo decreto ingiuntivo e- videnziando: i di essere privo di legittimazione passiva rispetto al credito vantato dall'opposto, il quale sorgeva da un contratto di appalto intercorrente esclusivamente tra ### e ### e di essere intervenuto nella stipula di tale atto unicamente quale rappresentante incaricato dal committente ### senza assumere pertanto alcuna obbligazione in proprio; i che il credito azionato dall'### a titolo di saldo delle somme dovute per l'esecuzione dell'appalto doveva ritenersi in ogni caso insussistente giacché le opere non risultavano essere state accettate dal committente e l'appaltatore quest'ultimo non aveva provato di aver proceduto effettivamente all'esecuzione di tutte le opere oggetto del contratto, con specifico riguardo a quelle indicate al punto 22 della ### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile fattura n. 12/2004 per un totale di € 3694,00 e dal momento che il medesimo aver ricevuto a titolo di acconto la complessiva somma di € 15.500 mentre risultava aver conteggiato a tale titolo somme inferiori; i che ai sensi dell'articolo 5 del contratto di appalto l'opposto #### avrebbe dovuto corrispondere in favore di esso opponente una somma pari al 5% dell'importo dei lavori quale onorario per l'assistenza e la contabilità, somma da detrarre dalla cifra dovuta in virtù dello stato di avanzamento dei lavori e che poiché secondo quanto indicato dallo stesso opposto il totale dei lavori al netto di Iva sarebbe ammontato a euro 29.194,17 esso opponente sarebbe risultato creditore della complessiva somma di euro 1530, somma detratta, come convenuto, da quella corrisposta per conto del ### unitamente all'ulteriore cifra di euro 1224,00 dovuta dall'### allo ### per l'assistenza da quest'ultimo prestata al primo in relazione ad una pratica di sanatoria edilizia. 
Ha chiesto, pertanto, che venisse revocato il decreto ingiuntivo opposto e che venisse dichiarata la propria carenza di legittimazione passiva in relazione al credito azionato ovvero, in via subordinata, che venisse accertata l'insussistenza del medesimo credito. 
In entrambi i giudizi, successivamente riuniti, si è costituito #### evidenziando: - di aver ricevuto incarico con contratto stipulato in data ### da ### qualificatosi come incaricato di #### di eseguire alcune opere edili di completamento di un fabbricato sito in ### c.da ### elencate in apposito preventivo per un ### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile complessivo importo di € 27.971 oltre oneri fiscali; - che i lavori commessi in appalto erano stati ultimati e consegnati a regola d'arte e di aver ricevuto nel corso della loro esecuzione soltanto la somma di € 13.000; - di avere pertanto chiesto il pagamento del saldo sia al proprietario dell'immobile che al diretto contraente; - che in data #### aveva consegnato un assegno di € 5000 con scadenza al 31/12/2004 sottoscritto da #### e che in virtù del positivo incasso di tale assegno esso convenuto era rimasto creditore della somma di € 14.113,59, azionata con il decreto ingiuntivo opposto; - che entrambi i soggetti ingiunti avevano rispettivamente contestato la propria legittimazione passiva e che l'ingiunto ### aveva altresì contestato l'esecuzione di tutte le opere commesse in appalto, la loro mancata formale accettazione ed il loro mancato collaudo; - di aver proceduto al termine dei lavori a consegnare le chiavi dell'immobile trasmettendo con lettera del 4/11/2004 un analitico elenco delle opere realizzate recante la specificazione della quantità e della qualità e del correlato corrispettivo; - che gli opponenti avevano ricevuto l'opera senza espressamente contestare l'elenco dei lavori loro trasmesso e che tale comportamento concludente doveva ritenersi integrare una accettazione dell'opera; - che l'eccezione di compensazione sollevata dall'opponente #### era priva di fondamento, non avendo concordato alcuna corresponsione di somme per la contabilità e la direzione dei lavori e non ### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile avendo affidato al medesimo professionista alcun incarico per l'esecuzione di pratiche in sanatoria, pratiche per altro mai eseguiti; - che l'opponente ### non aveva mai proceduto né a dirigere i lavori né a tenere la relativa contabilità e che, pertanto, la relativa pattuizione contrattuale, ove esistente, non aveva avuto comunque esecuzione; - di non essere in possesso solo di una copia non sottoscritta del contratto di appalto, e che l'unica copia sottoscritta era rimasta in possesso dell'opponente ### Ha concluso, pertanto, invocando il rigetto delle opposizioni proposte e la conferma del decreto ingiuntivo opposto. 
Si impone, in via preliminare, l'esame delle eccezioni di carenza di legittimazione passiva sollevate da entrambi gli opponenti. 
A fronte della tesi prospettata dall'opponente ### il quale afferma di aver commesso in appalto l'esecuzione dei lavori al solo ### con contratto del 20/6/2004 e di essere, pertanto, del tutto estraneo all'ulteriore contratto stipulato da quest'ultimo con #### in data ###, si contrappone la tesi dello ### il quale, a sua volta, ha evidenziato di aver agito unicamente in nome e per conto del ### e di avere, pertanto, commesso in appalto le opere all'### in nome e per conto di quest'ultimo. 
Con riferimento alla posizione del ### va evidenziato che sebbene dal contratto stipulato in data ### (all. n. 2 prod. opponente ### risulti che il ### ebbe a dare in appalto allo ### l'esecuzione delle opere edili analiticamente elencate nel me### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile desimo contratto, tuttavia lo stesso ### in occasione dell'interrogatorio formale reso all'udienza del 3/11/2004 ha esplicitamente ammesso quanto segue: «D.R. “Confermo di aver conferito l'incarico di eseguire i lavori in questione soltanto al geometra SPERANDEO” D.R. “ Preciso meglio di aver incaricato il geometra ### non in qualità di titolare di una ditta edile ma come tecnico e in particolare l'ho incaricato di individuare una ditta che avrebbe dovuto eseguire i lavori e di dirigere i lavori stessi”». 
Le dichiarazioni confessorie rese dal ### contraddicono radicalmente le allegazioni contenute nell'atto di opposizione, e denunciano la chiara consapevolezza da parte del medesimo del fatto che lo ### avrebbe dovuto procedere, per la esecuzione delle opere commesse in appalto, alla scelta di una ditta che avrebbe materialmente eseguito le opere. 
Alla luce della chiara indicazione della natura del contratto stipulato tra il ### e lo ### deve ritenersi, dunque, che se, per un verso, il ### con la stipula del contratto del 20/6/2004 ha affidato in appalto l'esecuzione delle opere allo ### per altro verso le parti erano consapevoli del fatto che quest'ultimo, per l'esecuzione delle medesime opere avrebbe dovuto ricorrere ad un subappalto. 
In proposito va condiviso l'orientamento della Corte di Cassazione che, in fattispecie analoga alla presente ha affermato che «in tema di appalto, la consapevolezza, o anche il consenso, sia antecedente, sia successivo, espresso dal committente all'e- secuzione, in tutto o in parte, delle opere in subappalto, valgono soltanto a rendere legittimo, ex art. 1656 cod. civ., il ricorso dell'appaltatore a tale modalità di esecuzione della propria prestazione e non anche ad instaurare alcun diretto rapporto tra committente e subappaltatore. Ne consegue che, in difetto di diversi accordi, il subappaltatore risponde della relativa esecuzione nei confronti del solo appaltatore e, correlativamente, solo verso quest'ultimo, e ### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile non anche nei confronti del committente, può rivolgersi ai fini dell'adempimento delle obbligazioni, segnatamente di quelle di pagamento derivanti dal subcontratto in questione. A tale principio non si sottrae l'esperimento dell'azione per il pagamento dell'indennizzo spettante all'appaltatore in caso di recesso del committente, di cui all'art. 1671 cod. civ., rivestendo anche quest'ultima natura contrattuale» (così Cass. Cass. Sez. 2, Sentenza 16917 del 02/08/2011). 
Alla luce di ciò deve, quindi, ritenersi che, anche tenendo conto della spendita del nome del committente effettuata dallo ### nella stipula del contratto con l'### avvenuta il successivo 20/8/2004, tale contratto integrasse un sub-appalto rispetto al contratto di appalto principale precedentemente stipulato dallo stesso ### con il ### Ad identiche considerazioni dovrebbe pervenirsi anche laddove si ritenesse di dover inquadrare la fattispecie nell'ambito della disciplina del mandato, giacché, in assenza del conferimento di una procura da parte del ### allo ### si verterebbe comunque nell'ipotesi del mandato senza rappresentanza di cui all'art. 1705 cod. civ. a mente del quale «il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato.» Le considerazioni sin qui svolte inducono, pertanto, a ritenere fondata l'eccezione di carenza di legittimazione passiva proposta nell'interesse di DI ### e, conseguentemente, infondata l'analoga eccezione proposta dalla difesa di ### Per quanto attiene, poi, l'effettiva esecuzione delle opere commesse in appalto, alla luce delle contestazioni al riguardo mosse dalla difesa dello #### è stata svolta un'apposita consulenza tecnica d'ufficio, affidata al ### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile consulente arch. ### i cui esiti sono riepilogati nell'elaborato peritale depositato telematicamente in data ###, che non ha formato oggetto di specifiche contestazioni delle parti costituite. 
Il predetto consulente ha proceduto a verificare l'effettiva realizzazione, presso l'immobile di proprietà di ### sito in ### c.da ### delle opere oggetto del preventivo di spese intestato alla ditta individuale ### e del contratto di appalto del 20/8/2004 prodotti dalla difesa del convenuto ### e a stimare il conseguente corrispettivo dovuto, formulando due ipotesi di calcolo, la prima delle quali basata sui prezzi specificati nei documenti di cui sopra (preventivo e contratto di appalto) e la seconda delle quali basata sui valori correntemente applicati nel mercato locale per lavorazioni della medesima natura. 
All'esito della verifica compiuta sui luoghi e del correlato conteggio il consulente tecnico dell'ufficio ha concluso che entrambi i conteggi compiuti dal C.T.U. e sviluppati negli allegati n. 1 e n. 2 della relazione del 20/10/2014, forniscono un importo finale dei lavori pressoché coincidente con quello ricavato dalla contabilità tenuta dall'### e trasferita nella fattura n. 12 del 30/11/2004, posta alla base del ricorso monitorio. 
Da ciò si evince l'infondatezza delle difese svolte dallo ### circa l'effettiva sussistenza dei presupposti per il pagamento del corrispettivo dovuto in virtù dell'esecuzione del contratto di subappalto stipulato in data ###. 
Nessun elemento di prova è stato, poi, fornito al fine di accertare l'effettiva ricezione da parte dell'### di pagamenti in contanti ulteriori rispetto a quelli contabilizzati.  ### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile #### ha, poi, eccepito la parziale compensazione del credito vantato dall'opposto ### con il proprio contrapposto credito derivante dalla previsione contrattuale di cui all'art.  5 del contratto di sub-appalto stipulato in data ###, a mente del quale allo ### doveva essere riconosciuto un compenso pari al 5% del complessivo importo del contratto a titolo di corrispettivo per l'attività professionale di direzione dei lavori e di tenuta della contabilità. 
A fronte di tale eccezione la difesa dell'### ha contestato che lo ### non avrebbe mai effettivamente posto in essere le attività di direzione dei lavori e di tenuta della contabilità, di tal che nessuna somma sarebbe dovuta al riguardo.  ###à istruttoria svolta nell'ambito del presente giudizio non consente di ritenere accertato che ### abbia effettivamente curato la direzione dei lavori e la tenuta della contabilità dei lavori di ristrutturazione oggetto di causa. Non risulta, infatti, prodotto alcun documento né addotta alcuna prova orale idonea a dimostrare l'attività svolta dallo ###
DEO nell'adempimento dei predetti compiti. 
Al contrario, con riguardo alla tenuta della contabilità, risulta documentalmente comprovato che è stata la stessa impresa sub-appaltatrice a redigere il relativo computo trasmettendolo sia al proprietario dell'immobile che all'appaltatore ### con lettera del 4/11/2004 (cf. all. 3 prod. opponente ###. 
Al riguardo va evidenziato che l'eccezione di compensazione sollevata con riferimento ai corrispettivi conseguenti alla prestazione di un'attività professionale integra un'azione di adempimento e pone a carico del soggetto che ### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile solleva tale eccezione l'onere di provare di aver effettivamente svolto le prestazioni professionali dalle quali deriverebbe il suo diritto al compenso. 
Non può trovare, analogamente, accoglimento l'eccezione di compensazione sollevata dalla difesa dello ### con riferimento al contrapposto credito derivante da un non meglio specificato contratto di prestazione d'opera professionale avente ad oggetto una pratica di sanatoria edilizia svolta nell'interesse dell'### con riferimento ad un immobile non meglio specificato di sua proprietà. 
Tale eccezione si caratterizza, innanzitutto, per l'estrema genericità ed è rimasta, in ogni caso, del tutto sfornita di supporto probatorio, non avendo la difesa dello ### fornito alcun elemento di prova per attestare l'esistenza anche di tale ultimo contrapposto credito. 
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte l'opposizione proposta dall'opponente ### va accolta, mentre va rigettata l'opposizione proposta dall'opponente ### Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in favore dell'opponente ### e a carico dell'opposto #### nella seguente misura: Fase di studio della controversia € 875,00 Fase introduttiva del giudizio € 740,00 Fase istruttoria e/o di trattazione € 1.600,00 Fase decisionale € 1.620,00 Spese generali ( 15% sul compenso totale ) € 725,25 Spese esenti ex art. 15 DPR 633/72 € 111,00 TOTALE € 5.671,25 ### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile oltre oneri fiscali e contributivi nella misura legalmente dovuta. 
Vanno poste, invece, a carico dell'opponente ### le spese processuali sostenute dall'opposto ### che si liquidano nella seguente misura: Fase di studio della controversia € 875,00 Fase introduttiva del giudizio € 740,00 Fase istruttoria e/o di trattazione € 1.600,00 Fase decisionale € 1.620,00 Spese generali ( 15% sul compenso totale ) € 725,25 TOTALE € 5.560,25 oltre oneri fiscali e contributivi nella misura legalmente dovuta. 
Va disposta, inoltre, la restituzione in favore dell'opponente #### e dell'opposto ### delle somme anticipate a titolo di spese per la consulenza tecnica d'ufficio espletata in corso di causa.  P.Q.M.  Il Tribunale, uditi i procuratori delle parti costituite; ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa; definitivamente pronunciando: i in accoglimento dell'opposizione proposta da ### revoca il decreto ingiuntivo n. 507/2012 emesso da questo tribunale in data ### limitatamente alla parte in cui ingiunge al medesimo il pagamento della somma di € 14.113,59 oltre accessori in favore di #### i rigetta l'opposizione proposta avverso il medesimo decreto ingiuntivo e lo conferma nella parte in cui ingiunge a ### il pagamento della somma di € 14.113,59 oltre accessori e spese di lite in favore ### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00 Tribunale di ### sez. civile di ### e lo dichiara, in parte qua, definitivamente esecutivo; i condanna ### al pagamento delle spese processuali in favore di ### che liquida nella misura di € 5.671,25 oltre oneri fiscali e contributivi nella misura legalmente dovuta; i condanna ### al pagamento delle spese processuali in favore di ### che liquida nella misura di € 5.560,25 oltre oneri fiscali e contributivi nella misura legalmente dovuta; i pone definitivamente a carico di ### le spese della consulenza tecnica d'ufficio, e lo condanna al rimborso in favore delle altre parti del giudizio delle somme a tale titolo versate. 
Così deciso in ### all'udienza del 13/01/2016 . 
Il presente provvedimento viene redatto su documento informatico e sottoscritto con firma digitale dal Giudice dr. ### in conformità alle prescrizioni del combinato disposto dell'art. 4 del D.L. 29/12/2009, n. 193, conv. con modifiche dalla L. 22/2/2010, n. 24, e del decreto legislativo 7/3/2005, n. 82, e succ. mod. e nel rispetto delle regole tecniche sancite dal decreto del ministro della Giustizia 21/2/2011, n. 44.  ### il: 09/05/2017 n.877/2017 importo 227,00

causa n. 181/2013 R.G. - Giudice/firmatari: Piraino Angelo, Caro' Giuliano

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Tribunale di Teramo, Sentenza n. 948/2025 del 22-07-2025

... dell'edificio degli attori a seguito dell'intervento edilizio; esborso di € 8.157,54 relativo alla indennità danno-servitù; esborso di € 42.805,52 relativo al valore delle opere da realizzare per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi; deprezzamento dell'immobile di parte convenuta a seguito delle opere di riduzione in pristino per € 84.000,00. Quanto al primo importo, si evidenzia che il Tribunale ha escluso la risarcibilità della perdita di valore dell'edificio degli attori in caso di permanenza delle opere abusive, avendo disposto la riduzione in pristino. Quanto agli importi di € 8.157,54 e € 42.805,52, gli stessi sono stati riconosciuti come dovuti dai convenuti agli attori, pertanto rispetto ad essi, deve essere accolta la domanda di manleva del convenuto ### Quanto all'importo di € 84.000,00, la corresponsione dello stesso deve essere riconosciuta in favore del convenuto, in considerazione della differenza tra il valore di mercato dell'immobile di proprietà ### a seguito dell'intervento edilizio e il valore di mercato del fabbricato a seguito delle opere di riduzione in pristino della porzione realizzata in violazione alle norme urbanistico-edilizie. Non (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ### ordinaria civile Il Tribunale di Teramo, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa ### letto l'art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1580 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2018 e promossa: da #### E ### in qualità di eredi di ### rappresentati e difesi dagli avv.ti ### e ### elettivamente domiciliat ###e via Indipendenza n.17, presso gli studi dei difensori, giusta procura allegata all'atto di citazione attori contro ### e ### rappresentati e difesi dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###, presso il difensore, giusta procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta convenuto e contro ### contumace convenuto e contro ### rappresentato e difeso dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###, presso il difensore, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta terzo chiamato nonché contro ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###(angolo ### della ###, presso il difensore, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta terzo chiamato ### altre controversie di diritto amministrativo ### per parte attrice: “### l'###mo Tribunale adito ### 1. Accertare e dichiarare l'intervento di “sopraelevazione ed ampliamento” assentito nei titoli edilizi rilasciati come nuova costruzione disapplicandosi, sul punto, la previsione derogativa di detta distanza contenuta nell'art. 2.3.3 delle NTA del ### 2. accertare e dichiarare, in ogni caso, che l'intervento edilizio realizzato dai sigg.ri ### e ### non rientra tra gli interventi di «ristrutturazione edilizia» ex art.3, comma 1, lettera d) D.P.R. 380/2001 e s.m.i. ma che lo stesso intervento deve annoverarsi nella categoria dell'intervento edilizio di «nuova costruzione», e sicché, il fabbricato descritto deve ritenersi realizzato in violazione della distanza minima assoluta di mt. 5 dal confine con la proprietà del sig. ### e di mt. 10 dal fabbricato del sig. ### di cui al DM 1444/68; 3. Disapplicare in via incidentale, ai sensi dell'art. 5 L. 2248/1865 all. E il permesso di costruire n. 37/2011 ed il permesso di costruire in variante n. 27/2012 perché in violazione delle distanze imposte dal DM 1444/68 e delle norme locali in materia di distanze tra confini; 4. Accertare e dichiarare la violazione delle norme urbanistiche ed edilizie in premessa indicate, con particolare riferimento alla distanza dai confini e dai fabbricati per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia e per il mancato rispetto dell'art. 2.3.3 c. 9 delle NTA di PRG che non prevedono la possibilità di sopraelevare di due piani edifici monopiano in deroga né ammettono un fabbricato alto 9,40 mt, oltre gli 8,50 mt consentita dalle norme tecniche; 5. 
Accertare e dichiarare che l'edificazione dei sigg.ri ### e ### e ### è avvenuta, con riferimento al permesso n. 27/2012, in difformità alla normativa antisismica, in difetto dell'attestato di avvenuto deposito da parte del ###, così come prescritto dalla normativa di settore richiamata; 6. Condannare i sigg.ri #### e ### rispettivamente nella qualità di usufruttuari e nudo demolizione dell'intervento realizzato e disporre ex art. 872 c.c. la riduzione in pristino della distanza di metri 5 dal confine e di metri 10 dal fabbricato di proprietà del sig. ### di tutte le opere eseguite dai convenuti, o, quantomeno di tutta la parte eseguita in sopraelevazione ed ampliamento; 7. Condannare i sigg.ri ### e ### ex art. 872 al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali consistenti da un lato, nell'occlusione della visuale, della privazione di luce e di aria con pregiudizi sotto l'aspetto della salubrità; dall'altro, nella riduzione del rapporto tra il pregio e il godimento della propria abitazione che il mercato riconosce ed il deprezzamento commerciale dell'intero immobile di proprietà ### conseguenti alla mancata osservanza delle altre norme urbanistico edilizie in tema di allineamento degli edifici e di distanza; 8. Condannare i sigg.ri ### e ### disapplicando gli atti illegittimi, al pagamento delle spese e competenze del giudizio. Si chiede altresì l'accoglimento delle conclusioni come precisate ed integrate in sede di memorie e scritti difensivi e verbali d'udienza oggi integralmente richiamati”; per parte convenuta ### “La difesa della signora ### nel richiamare il contenuto dei propri scritti difensivi, precisa le conclusioni chiedendo che la domanda venga dichiarata inammissibile, ovvero respinta; e che in relazione all'art. 92 c.p.c., l'attore venga condannato alla rifusione delle spese di lite e dei compensi di avvocato. Salvezze illimitate”; per parte convenuta ### “La difesa del signor ### nel richiamare il contenuto dei propri scritti difensivi, dichiara che non intende rinunciare a nessuna eccezione, difesa o domanda quivi proposta e precisa le conclusioni come segue. 1. ### l'###mo Tribunale adito respingere le domande di parte attrice siccome inammissibili ovvero infondate. 2. In subordine, nel caso di accoglimento totale o parziale delle domande di parte attrice, accertare e dichiarare che le violazioni contestate da parte attrice sono imputabili a responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale del geom.  ### condannandolo pertanto a tenere indenne il deducente sig.  ### da tutte le conseguenze pregiudizievoli prodotte dall'accoglimento delle domande di parte attrice. In particolare, e non esclusivamente, condannare il geom.  ### al risarcimento del danno per la perdita del valore venale dell'immobile che dovrà essere demolito (deprezzamento del bene) nella misura di € 110,000,00 o somma diversa, maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi compensativi come per legge. 3. Condannare il geom. ### al pagamento delle spese di demolizione e di tutti gli oneri conseguenti nella misura non inferiore ad € 31.712,77, e dunque nella misura superiore che sarà di giustizia. 4. Condannare il geom. ### al risarcimento per mancato godimento dell'immobile nella misura di € 3.340,00 o somma diversa, maggiore che sarà ritenuta di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi come per legge. 4. Condannare parte attrice, ovvero in alternativa il geom. ### alla rifusione delle spese legali. Salvezze illimitate”; per il terzo chiamato ### “Nel contestare nuovamente tutto quanto ex adverso fin qui dedotto e/o prodotto si insiste per l'accoglimento di tutte le richieste istruttorie di cui alle memorie del sottoscritto procuratore ex art. 183 cpc, VI comma, del 22.6.2021 (la seconda) e del 13.7.2021(la terza), nonché si precisano le conclusioni così come rassegnate nella comparsa di costituzione e risposta datata 18.1.2019 ed integrate con la prima memoria del 18.5.2021 ex art. 183 cpc, VI comma, depositata dopo la costituzione in giudizio della terza chiamata in causa ### spa: “### all'###mo Tribunale adito , per le motivazioni espresse in narrativa, ### tutte le domande avversarie, comprese quelle ex adverso spiegate dalla terza chiamata in causa ### spa, in quanto infondate in fatto ed in diritto per le motivazioni sopra meglio esposte. Con vittoria di spese e competenze di causa, oltre rimborso forfetario, oneri fiscali e previdenziali come per legge. ###, ### denegata ipotesi di accoglimento delle domande avversarie, anche in maniera parziale per i fatti dal 2011 al 2013, dichiarare la terza ### spa obbligata a manlevare e tenere indenne il geom. #### e, per l'effetto, condannarla al pagamento di tutte le somme che fossero eventualmente dovute dall'assicurato in favore delle controparti e non solo. Nello specifico si chiede che venga riconosciuto il diritto dell'assicurato geom. ### nei confronti della propria compagnia assicurativa ### spa, al rimborso: delle spese di lite, sostenute per la chiamata in causa, delle spese di resistenza, per contrastare l'iniziativa del terzo, e delle spese di soccombenza, che eventualmente sia stato condannato a pagare al terzo vittorioso (Corte di Cassazione, ### civile, ordinanza n. 4275/2024)”; per il terzo chiamato ### s.p.a.: “La difesa della ###ni ### ribadisce tutto quanto dedotto, eccepito e richiesto nella comparsa di costituzione e risposta, nelle successive memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c., ritualmente e tempestivamente depositate e nei verbali di causa, insistendo per l'integrale accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate. Torna nuovamente ad impugnare e contestare, per quanto di ragione, la perizia definitiva e l'elaborato integrativo depositati dal nominato CTU arch. G. Marini, salva ogni ulteriore confutazione in sede di scritti difensivi finali. Conferma, comunque, la tardività e l'inammissibilità della doglianza relativa alla violazione dell'art. 9, commi 2 e 3 del D.M. n. 1444/1968, sollevata per la prima volta dalla difesa degli attori con la seconda memoria istruttoria; sul punto, ribadisce di non accettare il contraddittorio, trattandosi di una vera e propria mutatio libelli ed eccepisce l'inutilizzabilità, in parte qua, dell'elaborato peritale. Ribadisce tutte le eccezioni sollevate circa l'operatività della polizza, i limiti di copertura e la prescrizione del diritto dell'assicurato ad essere tenuto indenne delle conseguenze pregiudizievoli eventualmente derivanti dal presente giudizio. 
Si riporta a tutto quanto dedotto, eccepito e richiesto nelle memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. per quanto attiene alle ulteriori richieste istruttorie, anche formulate dalle controparti e sulle quali l'###mo Sig. Giudice non si è pronunciato. Precisa le conclusioni: in via istruttoria, associandosi per quanto di ragione e per quanto compatibile con la posizione della ### alle richieste istruttorie formulate dalla difesa dell'assicurato geom. R. ### opponendosi alle richieste avverse per le motivazioni tutte già illustrate nelle memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. ed insistendo (nella denegata ipotesi di ammissione) nella richiesta di abilitazione alla prova contraria, diretta e indiretta, con gli stessi testi ex adverso indicati e con i testi indicati dal geom. R. ### nel merito riportandosi alle conclusioni tutte rassegnate nella comparsa di risposta e ribadite nelle successive memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. che qui si abbiano per integralmente riportate e trascritte. Conclude altresì per l'integrale rigetto di ogni avversa conclusione e di ogni domanda e/o eccezione comunque formulata contro ###ni ### Con vittoria di spese e competenze di lite, rimborso forfettario del 15%, IVA e CPA come per legge. Impugna e contesta ogni avversa deduzione, eccezione e richiesta, anche formulata attraverso le note di trattazione scritta, dichiarando espressamente di non accettare il contraddittorio su eventuali domande e/o eccezioni nuove e/o modificate comunque proposte dalle controparti. Salvezze illimitate”.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data ###, ### conveniva in giudizio, avanti l'intestato Tribunale, #### e ### per ivi sentire: 1) accertare e dichiarare l'intervento di “sopraelevazione ed ampliamento” assentito nei titoli edilizi meglio descritti in atti come nuova costruzione, disapplicandosi, sul punto, la previsione derogativa di detta distanza contenuta nell'art.  2.3.3 delle NTA del ### 2) accertare e dichiarare che l'intervento edilizio realizzato dai convenuti non rientrava tra gli interventi di “ristrutturazione edilizia” ex art.3, comma 1, lettera d) D.P.R. 380/2001 e s.m.i. ma nella categoria dell'intervento edilizio di “nuova costruzione”, sicché, il fabbricato doveva ritenersi realizzato in violazione della distanza minima assoluta di mt. 5 dal confine con la proprietà dell'attore e di mt. 10 dal fabbricato dell'attore di cui al DM 1444/68; 3) disapplicare in via incidentale, ai sensi dell'art. 5 L.  2248/1865 all. E il permesso di costruire n. 37/2011 ed il permesso di costruire in variante n. 27/2012 perché in violazione delle distanze imposte dal DM 1444/68 e delle norme locali in materia di distanze tra confini; 4) accertare e dichiarare la violazione delle norme urbanistiche ed edilizie indicate, con particolare riferimento alla distanza dai confini e dai fabbricati per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia e per il mancato rispetto dell'art. 2.3.3 c. 9 delle NTA di PRG che non prevedevano la possibilità di sopraelevare di due piani edifici monopiano in deroga né ammettevano un fabbricato alto 9,40 mt, oltre gli 8,50 mt consentita dalle norme tecniche; 5) accertare e dichiarare che l'edificazione dei dei convenuti era avvenuta, con riferimento al permesso n. 27/2012, in difformità alla normativa antisismica, in difetto dell'attestato di avvenuto deposito da parte del ###, così come prescritto dalla normativa di settore richiamata; 6) condannare i #### e ### rispettivamente nella qualità di usufruttuari e nudo proprietario, alla demolizione dell'intervento realizzato e disporre ex art. 872 c.c. la riduzione in pristino della distanza di metri 5 dal confine e di metri 10 dal fabbricato di proprietà dell'attore di tutte le opere eseguite dai convenuti, o, quantomeno di tutta la parte eseguita in sopraelevazione ed ampliamento; 7) condannare i convenuti, ai sensi dell'art.  art. 872 c.c. al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali consistenti, da un lato, nell'occlusione della visuale, della privazione di luce e di aria con pregiudizi sotto l'aspetto della salubrità e, dall'altro, nella riduzione del rapporto tra il pregio e il godimento della propria abitazione che il mercato riconosce ed il deprezzamento commerciale dell'intero immobile di proprietà ### conseguenti alla mancata osservanza delle altre norme urbanistico edilizie in tema di allineamento degli edifici e di distanza; 8) condannare i convenuti al pagamento delle spese del giudizio. 
A fondamento della domanda parte attrice allegava in sintesi e per quanto di interesse: - che l'attore era proprietario del fabbricato ad uso abitazione sito in ### via ### n. 5, confinante con il fabbricato di proprietà ### sito in via ### n. 7; - che, con permesso edilizio n. 37/2011, il Comune di ### autorizzava ### in qualità di comproprietario, alla sopraelevazione del fabbricato; - che l'intervento, qualificato come “ristrutturazione, ampliamento e sopraelevazione” del fabbricato preesistente monopiano e assentito sulla base dell'art. 2.3.3. comma 9 delle N.T.A. del PRG vigente, non era conforme, anche alla luce della relazione istruttoria redatta dal tecnico comunale incaricato, alle prescrizioni in materia di distanze di cui al D.M. 1444/1968 né alle disposizioni concernenti l'altezza massima degli edifici; - che, con permesso di costruire in variante n. 27/2012, il Comune di ### autorizzava i convenuti alla realizzazione, sullo stesso fabbricato, di una ulteriore sopraelevazione al piano secondo oltre i 250 mq di superficie edificabile in base alle previsioni di cui all'art. 2.3.3. comma 9 delle NTA con ampliamento e modifica delle distanze dal fabbricato vicino; - che anche tale intervento edilizio in variante era in contrasto con la normativa edilizia, urbanistica ed antisismica.   Si costituiva in giudizio ### la quale chiedeva l'estromissione dal giudizio, in quanto la sua qualità di usufruttuaria escludeva la legittimazione passiva rispetto all'azione esercitata dall'attore nel giudizio in esame.   Si costituiva in giudizio ### il quale, previa richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa del terzo ### e di declaratoria di inammissibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione ex art. 5 d.lgs. 28/2010, chiedeva il rigetto delle domanda attoree e, in via subordinata, di accertare e dichiarare che le violazioni contestate dall'attore erano imputabili a responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale del geom. ### con condanna di quest'ultimo a tenere indenne il ### da tutte le conseguenze pregiudizievoli prodotte dall'accoglimento delle domande di parte attrice. 
In particolare, parte convenuta esponeva in sintesi: - che il fabbricato interessato dall'intervento edilizio era stato edificato prima dell'entrata in vigore del D.M. 1444/1968 e sia il permesso di costruire n. 37/2011 che il permesso di costruire in variante n. 27/2012, emessi, rispettivamente, sulla scorta dei pareri favorevoli della ### in data 2 agosto 2011 e del Dirigente in data 18 febbraio 2013, erano conformi alla normativa urbanistica vigente all'epoca in cui tali titoli erano stati rilasciati; - che l'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A., nel testo ancora vigente nel 2011 e nel 2012, consentiva di sopraelevare edifici preesistenti nel rispetto delle distanze prescritte dal codice civile; - che l'adozione della variante al ### avvenuta nel 2007, con la quale l'art. 2.3.3 comma 9 N.T.A. era stato modificato imponendo il rispetto delle distanze di cui all'art. 9 D.M.  1444/1968, non aveva comportato la modifica immediata della stessa N.T.A., in quanto tale effetto si era prodotto soltanto nel 2013, a seguito dell'approvazione della variante, intervenuta successivamente al rilascio dei titoli abilitativi; - che, in ogni caso, l'attore aveva affidato incarico libero-professionale al geom. ### al quale andava ascritta la responsabilità per il danno eventualmente subito dal committente per irregolarità del prodotto edilizio per violazione delle distanze tra costruzioni previste dall'art. 9 del D.M. 1444 del 1968.   Nessuno si costituiva per ### il quale veniva dichiarato contumace.   Autorizzata la chiamata in causa del terzo, si costituiva in giudizio ### il quale, previa richiesta di autorizzazione a chiamare in causa il terzo ### s.p.a., chiedeva il rigetto delle domande avversarie e, in via subordinata, anche in caso di accoglimento parziale per i fatti dal 2011 al 2013, dichiarare il terzo ### s.p.a. obbligato a manlevare e tenere indenne il professionista e, per l'effetto, condannarlo al pagamento delle somme eventualmente dovute dall'assicurato in favore delle controparti.   Il terzo chiamato ### allegava in sintesi: - che, in data ###, a seguito dell'incarico ricevuto nel 2010 da ### (all'epoca comproprietario e attualmente usufruttuario), ### (all'epoca comproprietaria e attualmente usufruttuaria) e D'### (all'epoca usufruttuaria e attualmente deceduta), otteneva dal Comune di ### il permesso di costruire 37/2011 al fine di poter sopraelevare l'edificio monopiano (costruito prima del 1970) sito in #### n. 7, attraverso un primo piano adibito ad abitazione; - che, nel 2010, ### nel presente giudizio proprietario-convenuto e all'epoca solamente figlio dei due comproprietari (### e ###, incaricava il geom. ### di sopraelevare l'immobile suddetto, impartendogli dettagliatamente le indicazioni da seguire per soddisfare le proprie esigenze ed inviandogli disegni eseguiti a mano personalmente per illustrargli quello che doveva essere il risultato finale; - che, in data ###, il geom. ### otteneva il permesso di costruire in variante 27/2012, al fine di realizzare anche un secondo piano, costituito in parte dalla copertura inclinata del primo piano e in parte da una terrazza; - che il professionista portava subito tutti i committenti a conoscenza dei vincoli imposti dalla normativa nazionale in ordine alle distanze legali tra edifici, contrastanti con quelli previsti dalla normativa comunale, tant'è che tra le varie ipotesi progettuali nel 2010 presentava loro anche quella che contemplava la non sopraelevazione dell'intera sagoma dell'edificio esistente, con l'arretramento del nuovo fronte rispetto alla proprietà ### - che i ### e, in particolare, proprio l'odierno proprietario-convenuto, chiedevano espressamente al geometra di rendere esecutiva l'ipotesi progettuale che prevedeva la sopraelevazione dell'intera sagoma dell'edificio preesistente e di ottenere dal Comune di ### i necessari permessi di costruire; - che, terminato il secondo piano, a novembre 2013 i ### ricevevano una raccomandata da parte del legale dell'attore, a mezzo della quale veniva loro contestato il mancato rispetto delle norme sulle distanze legali tra le rispettive costruzioni, nonché di quelle relative all'altezza dell'elevazione; - che l'odierno convenuto-committente ordinava al geom. ### di procedere ugualmente con i lavori (finiture interne di tutte le opere già realizzate) che venivano ultimati nel 2016; - che il professionista aveva fedelmente adempiuto a tutti gli incarichi e a tutte le disposizioni impartitegli dai committenti; - che, anche nel caso in cui il professionista non avesse informato i committenti sui rischi connessi alla costruzione, i convenuti erano venuti a conoscenza delle problematiche derivanti dalla sopraelevazione sin dal 2013 e, tuttavia, non contestavano nulla né revocavano l'incarico al professionista; - che il convenuto era decaduto dalla richiesta di risarcimento ai sensi dell'art. 1669 c.c. né era ammissibile, per carenza dei presupposti, la richiesta di condanna ex art. 2043 c.c.; - che l'attore era da ritenersi corresponsabile dell'aggravamento dei danni, avendo atteso il termine dei lavori per intraprendere l'iniziativa giudiziale.   Autorizzata la chiamata in causa della compagnia assicurativa, si costituiva in giudizio ### s.p.a., la quale chiedeva il rigetto della domanda di manleva proposta dall'### e il rigetto della domanda attorea, con conseguente rigetto della domanda di garanzia e, in sintesi, deduceva: - che la polizza per la responsabilità professionale del geometra prevedeva una copertura limitata alle sole sanzioni inflitte ai clienti, nell'ipotesi di errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità, non rientrando l'errata progettazione, nella specie contestata, tra i rischi assicurati; - che il diritto del convenuto ad essere tenuto indenne dalle conseguenze pregiudizievoli eventualmente derivanti dal presente giudizio doveva ritenersi prescritto, non avendo il professionista ottemperato agli obblighi contrattualmente previsti in caso di sinistro, con particolare riferimento alla tempestività della denuncia, avvenuta solo successivamente alla notifica dell'atto di citazione, nonostante la pregressa diffida inviata dal dall'attore ai convenuti; - che il geom. ### era stato dolosamente o colposamente inadempiente anche all'obbligo cd. di salvataggio, imposto dall'art. 1914 c.c. e dalle condizioni generali di assicurazione, di fare quanto possibile per evitare o diminuire il danno una volta verificatosi il sinistro, avendo l'assicurato omesso di comunicare la prima contestazione effettuata dal committente, impedendo alla ###ni s.p.a. di gestire la lite e di tentare una composizione bonaria della controversia; - che la garanzia avrebbe potuto essere ### considerata operante soltanto nei limiti del massimale contrattualmente previsto (€. 3.000.000,00) e nei limiti concordati e riportati in polizza, anche con riferimento ad ogni singolo sinistro ed ai rischi assicurati; - che, quanto al merito della controversia, il ### non aveva chiaramente indicato il profilo di responsabilità addebitato al geom. ### - che la compagnia assicurativa si associava all'eccezione di prescrizione dell'azione di cui all'art. 1669 c.c. ed evidenziava l'insussistenza dei presupposti di cui all'art. 2043 c.c., non essendo stato dimostrato il nesso causale tra l'attività del professionista ed il danno lamentato, atteso che i due permessi di costruire rilasciati dal Comune di ### erano comunque conformi alla normativa urbanistica vigente all'epoca del rilascio; - che la circostanza che l'attore, dopo la prima diffida, abbia atteso l'ultimazione dei lavori ed un ulteriore lasso di tempo di cinque anni prima di avviare l'azione giudiziaria, doveva essere valutata come fatto colposo del creditore ex art. 1227 c.c.; - che, in ogni caso, la pretesa creditoria del ### era infondata anche nel quantum. 
All'udienza del 19.11.2019 si costituivano #### e ### in qualità di eredi dell'attore ### nelle more deceduto. 
La causa, espletato con esito negativo il procedimento di mediazione, istruita mediante c.t.u., giungeva all'udienza del 4.3.2025, celebrata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., avanti la scrivente magistrato, cui medio tempore era stato assegnato il presente fascicolo, e, all'esito del deposito di note scritte di precisazione delle conclusioni, veniva trattenuta in decisione previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.  *** 
La domanda di parte attrice è solo parzialmente fondata e deve essere accolta per le ragioni e nei limiti di seguito esposti. 
In primo luogo, deve essere respinta la domanda di riduzione in pristino formulata da parte attrice nei confronti di ### e ### in quanto, rivestendo tali convenuti la qualità di meri usufruttuari, devono ritenersi privi di legittimazione passiva. La giurisprudenza, infatti, è costante nell'affermare che in tema di riduzione in pristino di opere illegittime per violazione delle distanze legali, la domanda di arretramento della costruzione, anche se realizzata dall'usufruttuario dell'immobile, deve essere proposta nei soli confronti del nudo proprietario, atteso che l'eventuale sentenza di accoglimento sarebbe inutiliter data (cfr. Cassazione civile sez. II, 21/02/2019, n.5147); in tale contesto, il titolare del diritto reale su cosa altrui riveste la qualità di parte interventrice in via adesiva ai sensi dell'art. 105 comma 2 c.p.c., quindi di soggetto titolare non di un interesse ad agire in senso tecnico, ma solo dell'interesse ad ottenere un esito favorevole per la parte adiuvata (cfr. Cass. 5900/2010; Cass. 8008/2011). 
È invece ammissibile la domanda di risarcimento proposta nei confronti dell'usufruttario quando abbia materialmente realizzato le opere illegittime. 
Si osserva che l'art. 872 c.c. concede al proprietario del fondo vicino, che per effetto della violazione delle distanze abbia riportato danni, l'azione risarcitoria aquiliana di natura obbligatoria che si cumula con quella ripristinatoria di natura reale; mentre quest'ultima deve essere proposta necessariamente nei confronti del proprietario della costruzione illegittima, anche se materialmente realizzata da altri, l'azione risarcitoria può, invece, essere esercitata anche nei soli confronti dell'autore materiale della costruzione, non configurandosi un'ipotesi disciplinata dall'art. 102 c.p.c. (cfr. Cass. 5545/2005; 5850/1999; Cass. 5520/1998). 
Tanto precisato, mette conto rilevare che nel presente procedimento è stata espletata c.t.u. (le cui conclusioni sono fatte proprie da questo Giudice, in quanto risultanti da un'attenta ed analitica disamina degli elementi di fatto posti a disposizione ed ispirate a criteri valutativi corretti non solo dal punto di vista logico, ma altresì conformi ai principi scientifici che presiedono la materia in esame), che ha appurato la presenza di un fabbricato in ### via ### n.7, che sviluppa su due piani fuori terra, oltre al piano sottotetto, costituiti da appartamenti ad uso residenziale di cui uno ricavato al piano terra, due al piano primo e uno al piano secondo ###. La scala di accesso ai piani primo e secondo, realizzata in ampliamento al fabbricato preesistente (che era esteso al solo piano terra) è posizionata sull'angolo sud-est. 
Il c.t.u. ha evidenziato che: 1. il fabbricato in questione, all'origine consistente in un edificio monopiano ad uso abitativo, costruito in data antecedente al 1 settembre 1967, è stato interessato da alcune opere realizzate in assenza di titolo abilitativo riguardanti difformità alle facciate dell'impianto principale, realizzazione di un piccolo fondaco di mq. 2,04 (anno 1966) adiacente al fabbricato principale (anno 1973) e ampliamento del fondaco esistente di mq. 8,03 (anno 1973), il tutto legittimato con ### in ### n. 941 del 16/05/1992; 2. in data ### il Comune di ### rilasciava permesso di costruire 37/2011, relativo al progetto, qualificato come “### ampliamento e sopraelevazione di un fabbricato residenziale monopiano”, di sopraelevazione di un piano dell'intera sagoma dell'edificio preesistente per la realizzazione di un piano ad uso abitativo, realizzazione di un piccolo piano interrato ubicato nell'area di sedime del nuovo corpo scala, ampliamento con realizzazione di un corpo scala indipendente fuori sagoma e antistante portico per l'accesso al piano primo e al piano copertura, realizzazione di un lastrico solare, in parte coperto e in parte lasciato a terrazzo praticabile con accesso diretto e indipendente dal nuovo vano scala laterale; 3. il Progetto veniva assentito su parere della ### nella seduta del 02.08.2011, sulla base dell'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. del P.R.G. vigente all'epoca, nonostante le criticità rilevate nel parere istruttorio del 29.07.2011 dal tecnico incaricato, #### con la supervisione del ### del #### (il parere evidenziava che l'intervento, pur essendo conforme alla normativa del P.R.G. vigente, non era conforme alla normativa sovraordinata in materia di distanze D.M. 1444/68 e che, in base al disposto dell'art. 2.3.3, comma 9, l'altezza massima era fissata in 8,50 ml, mentre il progetto prevedeva la realizzazione di un corpo scala indipendente e fuori sagoma, che andava a servire anche il lastrico solare, con un'altezza complessiva di ml 9,74, condizione la cui legittimità, in caso di approvazione da parte della ### edilizia, avrebbe dovuto essere dimostrata con dichiarazioni e grafici); 4. con richiesta in data ###, al Prot. n. 11227, veniva presentata una variante al ### di ### al fine di sopraelevare ulteriormente di un piano (piano secondo) il fabbricato, oltre i 250 Mq. di superficie edificabile previsti dal comma 9 dell'art. 2.3.3 delle N.T.A (precisamente le opere oggetto di variante consistevano nella mancata demolizione del ripostiglio esterno al piano terra, variazione da una a due unità abitative al piano primo, soprelevazione del piano copertura/terrazza, mancata realizzazione del piano interrato, leggera modifica della sagoma e delle distanze dai confini, realizzazione di locali ad uso abitazione civile al piano primo e secondo, in sostituzione dei portici); 5. tale progetto di variante veniva autorizzato dal Comune con ### di ### n. ###/2012 del 01/03/2013, con le seguenti prescrizioni: le aperture poste sulla parete sud del vano scala siano cieche, ai sensi dell'art. 1.6.4 comma 4 delle N.T.A.  vigenti; sia prevista la realizzazione di n.4 posti auto nell'area di pertinenza, aventi dimensioni in pianta pari a 5,00 x 2,50. 
Alla relazione di consulenza sono state allegate rappresentazioni planimetriche relative alla situazione preesistente alla costruzione dell'immobile oggetto di causa, caratterizzata dalla presenza di un fabbricato residenziale monopiano, e a quella attuale, dalle quali emerge come l'intervento in questione abbia determinato una sopraelevazione dell'edificio e variazioni volumetriche.  ### edilizio di cui trattasi, alla luce delle sopra richiamate risultanze, deve, quindi, essere qualificato come “nuova costruzione”, comportando l'aumento della volumetria e della superficie di ingombro rispetto all'immobile preesistente (cfr. c.t.u. pag.  20, laddove l'ausiliario afferma che “### edilizio messo in opera sul fabbricato ad uso abitativo sito in ### 7 di ### qualificato come “ristrutturazione, ampliamento e sopraelevazione”, in realtà ha riguardato un notevole ampliamento della superficie, determinando un incremento della volumetria del fabbricato e quindi, come tale, costituisce a tutti gli effetti una “nuova costruzione”, anche per la disciplina delle distanze”). 
In proposito, occorre richiamare l'orientamento della giurisprudenza ai sensi del quale “la sopraelevazione, anche se di ridotte dimensioni, comporta sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti, e, quindi, anche per la disciplina delle distanze, come nuova costruzione” (cfr. Cass. civ., Sez. III, Sent. n. 15732 del 15.6.2018; conforme, Cass. civ., sez. III, sent. n. 21059 dell'1.10.2009), nonché l'orientamento secondo cui “nelle opere edilizie, la semplice ristrutturazione si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano (e, all'esito degli stessi, rimangano inalterate) le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre è ravvisabile la ricostruzione allorché dell'edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria, né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di nuova costruzione, da considerare tale, ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui come previste dagli strumenti urbanistici locali, nel suo complesso, ove lo strumento urbanistico rechi una norma espressa con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni, ovvero, ove una siffatta norma non esista, solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell'edificio originario” (cfr.  SS.UU. ord. n. 21578 del 19 ottobre 2011, la quale richiama espressamente Cass. sent.  9637/06 e Cass. sent. n. 19287/09). A tale ultimo riguardo, si evidenzia come la giurisprudenza sia approdata a individuare una “ricostruzione” nell'ipotesi in cui il manufatto sia contenuto nei limiti preesistenti di altezza, volumetria, sagoma dell'edificio e una “nuova costruzione” nell'ipotesi in cui un edificio o le parti e/o le sopraelevazioni di esso siano costruiti per la prima volta (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 settembre 2017 n. 4337; Consiglio di Stato sez. IV, 16/10/2020, n.6282). ### specie, il manufatto è stato costruito senza il rispetto dell'altezza e della volumetria preesistente, pertanto esso rappresenta un novum che non consente di qualificare l'opera realizzata da parte convenuta in termini di ristrutturazione edilizia. 
Ciò considerato, deve valutarsi se l'opera sia rispettosa della normativa in materia di distanze. 
In particolare, per i fini che qui interessano, va richiamato l'art. 9 D.M. 1444/1968, il quale prevede: al comma 1 che: “Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: 1) ### A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale; 2) ### edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti; 3) ### C) : è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.”; al comma 2 che “Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di: ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7; ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15; ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15; al comma 3 che “### le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”. 
Va osservato, in punto di diritto, che l'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 stabilisce che i ### nell'approvazione degli strumenti urbanistici, devono rispettare i limiti di distanza tra i fabbricati ivi stabiliti, in attuazione dell'art. 41 quinquies della legge 1150/1942, introdotto dall'art. 17 della legge n. 765/1967.
Nel caso in esame, le previsioni di cui all'art. 2.3.3 comma 9 della N.T.A. del P.R.G. approvato con delibera del ### n. 101 del 07/10/1997 e ss. mm.  ii., in vigore dal 06.02.1998 (“È consentita, nei limiti della superficie occupata al piano terra, con esclusione delle superfetazioni e delle costruzioni posticce, ed in deroga all'indice di utilizzazione fondiaria, alle distanze tra edifici ed alle distanze dai limiti di proprietà e di zona e dalla viabilità, la sopraelevazione di un piano di tutti gli edifici monopiano ed il completamento di edifici solo parzialmente sopraelevati al primo piano nel rispetto, comunque, dei seguenti parametri: -altezza delle costruzioni: H ≤ 8.50 m; - superficie edificabile della costruzione dopo la sopraelevazione: Se ≤ 250 mq; -superficie a parcheggio riferita all'intero edificio secondo quanto previsto dall'art.18 legge 6 agosto1967, n.765, così come modificato dal comma 2 dell'art. 2 della Legge 122/1989; - distanze dagli edifici e dai confini non inferiori a quelli previsti dal ### civile. Le aperture di vedute dirette sono consentite solo nelle pareti di sopraelevazione aventi distanza non inferiore a m 6.00 da pareti di edifici antistanti. Per distanze inferiori le pareti debbono essere cieche”), richiamate dalle stesse parti, contengono evidentemente elementi derogatori rispetto a quanto indicato nell'art. 9 D.M. 1444/1968.  ###. 2.3.3 comma 9 è stato successivamente modificato alla luce della N.T.A. 
Variante del P.R.G., adottata con deliberazione del ### n.99, in data ###, approvata con deliberazione del ### n. 7 in data ###, pubblicata sul B.U.R.A. ordinario n. 10 del 13/03/2013 (“### restando tutto quanto riportato nell'art. 2.3.3 comma 9 delle precedenti N.T.A., le modifiche apportate a tale comma, sono le seguenti: -distanze dagli edifici nel rispetto dell'art. 1.6.4 ≥ mt 10 o comunque nel rispetto dell'art. 9 del D.M. 1444/1968; -distanze dai confini come da art.  1.6.5”), proprio in merito alle disposizioni sulle distanze dagli edifici. 
In merito alla posizione nella gerarchia delle fonti del D.M. 1444/1968, la giurisprudenza ha ripetutamente precisato che le disposizioni di tale decreto assumono il grado di fonte primaria, pertanto le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserimento automatico (per tutte si veda Cass. SS.UU. sent. n. 14953 del 7 luglio 2011). Dalle considerazioni svolte segue che ogni strumento di pianificazione in contrasto con i limiti minimi stabiliti dal D.M. n. 1444/1968
è illegittimo, essendo consentita solo la fissazione di distanze superiori (cfr. C.d.S., Sez. V, 26 ottobre 2006, n. 6399). La particolare valenza della normativa in esame deriva dalle sue finalità di tutela di interessi generali in materia urbanistica; si tratta, infatti, di disciplina tesa ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, pertanto non è eludibile in funzione della natura giuridica dell'intercapedine (T.A.R. 
Lombardia - #### I, 16 ottobre 2009, n. 1742). 
In riferimento all'efficacia della norma, essa non è immediatamente precettiva nei rapporti privati (cfr. Cass. Civ., SS.UU, I luglio 1997, n. 5889; Cass. Civ., 4 dicembre 1998, n. 12292; Cass. Civ., 29 luglio 2004, n. 14363), tuttavia la non immediata operatività nei rapporti tra i privati risulta derogata nel caso in cui lo strumento urbanistico presenta una lacuna normativa, con conseguente applicazione dell'art. 9 D.M. 1444/1968 quale norma integrativa dell'art. 873 c.c. (cfr. C.d.S., Sez. V, 23 maggio 2000, n. 2983; Civ., SS.UU., 22 dicembre 1994, n. 9871) e nel caso in cui il piano disponga una distanza inferiore a quella del decreto ministeriale, con “l'obbligo, per il giudice di merito, non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente la disposizione del ricordato art. 9, divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata” (cfr.  Civ., 19 novembre 2004, n. 21899). 
La disposizione contenuta nella citata norma ha, quindi, carattere inderogabile, poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza. Tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell'interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal codice civile. 
Non è poi inutile ricordare il prevalente orientamento della Suprema Corte secondo cui “l'ipotesi derogatoria contemplata del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9, u.c., che consente ai comuni di prescrivere distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale ove le costruzioni siano incluse nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione ("### ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche"), riguarda soltanto le distanze tra costruzioni insistenti su fondi che siano inclusi tutti in un medesimo piano particolareggiato o per costruzioni entrambe facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata (così Cass. Sez. U, n. 1486 del 18/02/1997, ribadita ad es. recentemente da questa ### con le nn. 23681 del 21/11/2016 e 9915 del 19/04/2017). Ove le costruzioni non siano comprese nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione, la disciplina sulle relative distanze non è, quindi, recata del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art.  9, u.c., bensì dal comma 1 dello stesso art. 9 ("Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: (...)"), quale disposizione di immediata ed inderogabile efficacia precettiva (Cass. n. 12424 del 20/05/2010). Come più generalmente affermato da Corte Cost. 23 gennaio 2013, n. 6, del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, u.c., costituisce espressione di una "sintesi normativa", consentendo che siano fissate distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, pur provvista di "efficacia precettiva e inderogabile", solo nei limiti ivi indicati, ovvero a condizione che le deroghe all'ordinamento civile delle distanze tra edifici siano "inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio"” (cfr. Cassazione civile sez. II, 07/11/2017 n.26354). In questi termini si è espressa anche Cassazione civile sez. II, 28/12/2020, n.29644, la quale ha affermato che “la deroga, contemplata al D.M. 4 aprile 1968 n. 1444, art. 9, u.c., che consente ai ### di prescrivere distanze tra costruzioni inferiori a quelle previste dalla normativa statale, riguarda esclusivamente le distanze su fondi che siano inclusi in un medesimo piano particolareggiato o per costruzioni facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata”. 
Alla luce delle considerazioni svolte sopra, è possibile tornare all'esame del caso di specie, nel quale deve essere disapplicata la norma contenuta nelle N.T.A. del PRG del Comune, nella parte contrastante con la norma di rango legislativo contenuta nel D.M.  1444/1968; pertanto, dovendosi disapplicare in parte qua la norma regolamentare, al momento della presentazione dei principali titoli abilitativi (### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 e ### di ### n.###/2012 del 1/03/2013), le distanze da rispettare nella realizzazione di nuovi fabbricati erano quelle indicate nel D.M. 1444/1968, ossia, nel caso di specie, metri 10 dall'edificio antistante e metri 5 dal confine con la proprietà ### Nell'elaborato peritale, il c.t.u. accertava che effettivamente la sopraelevazione insieme all'ampliamento e a tutte le altre opere erano stati realizzati in violazione delle distanze sopra indicate. 
Dalle planimetrie allegate alla c.t.u. (cfr. pagg. 25 e 26 dell'elaborato peritale) emerge chiaramente che l'intervento è stato realizzato ad una distanza dal fabbricato di parte attrice di m. 5,50 (in media) e dal confine ad una distanza di 1,63 (in media).  ### ha, altresì, precisato che per quanto concerne il balcone sul fronte nord-est del fabbricato, al piano primo, considerato che “per le sue caratteristiche va ad estendere ed ampliare la parte concretamente utilizzabile per l'uso abitativo dell'appartamento, si ritiene sia stata generata una servitù di veduta a carico del fondo della proprietà di parte attrice, essendo stato realizzato ad una distanza di m. 6,72 dal fabbricato di proprietà confinante a fronte dei m. 10, in violazione, quindi, del rispetto delle prescrizioni in materia di distanze legali alle quali andava assoggettata la sua progettazione”. 
In riferimento all'altezza massima dell'edificio, all'epoca del primo titolo abilitativo, l'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. disponeva un'altezza inferiore a 8.50 m, mentre le nuove N.T.A. della variante dello strumento urbanistico contenevano una suddivisione della #### (### e completamento del tessuto urbano esistente) in sottozone, distinguendo una serie di parametri come appresso indicati: altezze massime e indici di utilizzazione fondiaria: sottozona ###a Iuf 0,40 mq/mq, h ≤ 8.50 m; sottozona ###b Iuf 0,55 mq/mq, h ≤ 8.50 m; sottozona ###c Iuf 0,70 mq/mq, h ≤ 10,50 m; sottozona ###d Iuf 0,95 mq/mq, h ≤ 14,00 m. 
Il sopracitato articolo della normativa locale, in epoca sia anteriore che successiva all'approvazione della variante, stabiliva, in deroga all'indice di utilizzazione fondiaria, alle distanze tra edifici ed alle distanze dai limiti di proprietà e di zona e dalla viabilità, la possibilità di “sopraelevazione di un piano di tutti gli edifici monopiano ed il completamento di edifici solo parzialmente sopraelevati al primo piano, con superficie edificabile della costruzione dopo la sopraelevazione ≤ di 250 mq”. 
Si osserva che il ### di ### in variante (P.d.C. n. ###/2012 del 01/03/2013), richiesto al fine di sopraelevare ulteriormente di un piano (piano secondo) il fabbricato per realizzare dei locali ad uso abitativo oltre i 250 mq di superficie edificabile previsti dal comma 9, veniva rilasciato in data ###, quindi successivamente all'approvazione del nuovo ### avvenuta in data ###, ma prima della pubblicazione sul B.U.R.A. in data ###. 
Ebbene, nonostante l'inclusione del fabbricato oggetto di causa nella sottozona ###c di cui al nuovo art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. (con conseguente possibilità di realizzare un'altezza massima delle costruzioni pari a 10,50 m), deve ritenersi applicabile per entrambi i titoli abilitativi principali (### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 e ### di ### n. ###/2012 del 1/03/2013) la previsione di un'altezza pari a 8.50 m, atteso che lo strumento urbanistico non risultava ancora efficace al momento del rilascio del secondo titolo edilizio.  ### specie, non assume rilievo l'eventuale applicazione delle misure di salvaguardia, atteso che le stesse hanno come destinataria la ### pertanto non possono essere invocate dai confinanti per la regolamentazione dei rapporti di vicinato né, in particolare, per la disciplina delle distanze tra le costruzioni, potendo tali rapporti essere regolati oltre che dal codice civile, solo da uno strumento urbanistico definitivamente deliberato, approvato e reso esecutivo; solo quest'ultimo è suscettibile di integrare gli estremi delle c.d. norme di relazione, regolanti i rapporti privatistici e quindi invocabili, quale fonte di diritti soggettivi, davanti all'autorità giudiziaria ordinaria. 
In merito al contestato omesso deposito al ### della variante al ### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 prima di dare inizio all'esecuzione dei lavori, il c.t.u.  ha rilevato l'adempimento dell'obbligo previsto dalla normativa antisismica (artt. 2,3,4 e 9 L.R. 138/1996 e art. 4 L. 1086/1971) solo a lavori già effettuati (in data ###, al Prot.  n. 217120) e, in data ###, al Prot. n. 81122, è stato rilasciato il relativo attestato di avvenuto deposito. 
Ad avviso del c.t.u. “tale mancanza, che all'epoca avrebbe potuto generare la sospensione dei lavori, può essere ora considerata un mero inadempimento amministrativo, tanto che, a seguire è stato presentato anche il certificato di collaudo statico in data ### al ### n. 126869, autorizzato in data ### al ### 136673, così da portare a compimento tutto l'iter procedurale inerente l'assetto strutturale dell'edificio”.
In considerazione di quanto esposto, alla luce delle conclusioni del c.t.u., secondo cui “la proprietà degli eredi del #### a seguito dell'intervento edilizio sul fabbricato ad uso abitativo dei #### e ### riguardante la sopraelevazione di due piani ex novo, l'ampliamento con modifica di sagoma e aumento volumetrico rilevanti, realizzato in violazione della normativa urbanistica ed edilizia in tema di distanze legali come argomentato, ha subito pregiudizio sotto il profilo della prospicienza, della luminosità, della visuale, del soleggiamento e del pieno godimento”, il fabbricato realizzato dal convenuto ### antistante l'edificio di proprietà degli attori, deve essere arretrato, mediante demolizione, fino alla struttura portante (maschio murario) retrostante. 
Tale arretramento deve essere effettuato fino alla distanza dall'edificio prospiciente di metri m. 9,89, in considerazione della posizione del maschio murario (muro portante) sul quale arretrare la struttura e della circostanza che tale distanza, come rilevato dal c.t.u., seppure inferiore di cm 11 ai 10 metri di distanza minima prevista dalla ### può essere contenuta nel limite del 2% di tolleranza costruttiva di cui all'art. 34 bis del D.P.R.  380/2001. 
Non coglie nel segno la considerazione di parte convenuta ### diretta a contestare l'applicabilità del D.M. 1444/1968 in ragione delle novità introdotte dal D.L.  32/2019, c.d. “decreto sblocca cantieri” (convertito dalla ### n. 55/2019) e dal D.L.  76/2020 (convertito dalla ### 11 settembre 2020, n. 120). 
In punto di diritto, si rileva che il citato intervento normativo, ha operato una serie di modifiche agli standard urbanistici fissati dal D.M. n. 1444/1968. 
Le variazioni al D.M. n. 1444/1968 sono in concreto intervenute mediante le modifiche apportate dal D.L. n. 32/2019 e dal D.L. 76/2020 all'art. 2 bis del T.U. edilizia (introdotto a sua volta dal D.L. n. 69/2013), cioè con riferimento a quelle disposizioni che consentivano a regioni e province autonome di adottare disposizioni derogatorie sulle distanze legali. 
In sostanza, il D.L. n. 32/2019 ha aggiunto i seguenti commi al citato art. 2 bis: “1- bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. 1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest'ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo”. 
Il comma 1ter è stato poi così sostituito dall'art. 10, comma 1, lettera a), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76: In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell'area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. 
Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l'intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A di cui al decreto del ### per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell'ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela” A tale quadro si aggiunge anche la norma di cui all'art. 5, comma 1, lett. b) bis del menzionato D.L. n. 32 del 2019, secondo cui “le disposizioni di cui all'articolo 9, commi secondo e terzo, del decreto del ### dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui al primo comma, numero 3), dello stesso articolo 9” (ovvero alle zone C). 
Da quanto sopra delineato deriva che con le modifiche apportate all'art. 2 bis del T.U. edilizia la demolizione e la ricostruzione di un fabbricato sono consentite nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché siano effettuate assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo. In caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai ### nell'ambito degli strumenti urbanistici. 
In primo luogo, l'applicabilità della disciplina in esame al caso di specie involge la problematica della retroattività delle leggi di “interpretazione autentica”. 
Occorre precisare, infatti, che la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che al legislatore non è preclusa la possibilità di emanare norme retroattive, sia innovative che di interpretazione autentica, purché tale scelta normativa sia giustificata sul piano della ragionevolezza, attraverso un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, potenzialmente lesi dall'efficacia a ritroso della norma adottata. 
Tra tali valori - costituenti limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi - sono ricompresi il principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti, quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (cfr. Corte Costituzionale, 12/04/2017, n.73; Corte Costituzionale, n.170; Corte Costituzionale, 05/04/2012, n.78). 
In secondo luogo, si rileva che l'intervento edilizio oggetto del presente giudizio, da un lato, costituisce nuova costruzione, non essendo dimostrata la coincidenza del volume dell'opera costruita da parte convenuta rispetto all'immobile preesistente, e, dall'altro, ricade in zona “B”, rientrando pertanto nell'ambito applicativo dell'art. 9 comma 1 n. 2) del D.M. 1444/1968 - non oggetto di interpretazione “autentica” da parte del D.L. n. 32/2019 - il quale per i “nuovi edifici” ricadenti in zone diverse dalla zona A continua a prescrivere “in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”. 
Le disposizioni citate non risultano, quindi, operanti nel caso di specie. 
Nell'atto introduttivo parte attrice chiedeva altresì la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti. 
Riguardo alla tutela risarcitoria nella materia in esame, si è specificato che il danno si identifica nella violazione stessa, determinando quest'ultima un asservimento di fatto del fondo del vicino, al quale, pertanto, compete il risarcimento senza la necessità di una specifica attività probatoria (cfr. Cass. II, n. 10600/1999). La violazione delle norme edilizie, infatti, integra sempre un fatto potenzialmente dannoso ai fini della condanna generica al risarcimento, salvo l'accertamento in sede di giudizio di liquidazione della concreta esistenza del danno e dell'entità dello stesso (cfr. Cass. II, n. 2162/1987); del resto, il danno che il proprietario subisce deve ritenersi in re ipsa, essendo l'effetto, certo e indiscutibile, dell'abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo e, quindi, della limitazione del relativo godimento che si traduce in una diminuzione temporanea del valore della proprietà (cfr. Cass. II, n. 21501/2018). 
In siffatti casi sussiste, peraltro, una obiettiva e palese difficoltà di quantificazione economica del pregiudizio subito, con conseguente legittimo ricorso al criterio di liquidazione equitativa ex art. 1226 Devesi evidenziare che il c.t.u. ha quantificato il valore delle opere da realizzare per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi mediante redazione di un computo metrico estimativo, eseguito in base al prezzario delle opere edili anno 2022 della ### allegato all'elaborato peritale (allegato 8) in € 34.182,40, di cui € 32.867,69 per l'importo dei lavori da computo metrico estimativo e € 1.314,71 per costi della sicurezza (D.Lgs 81/08 e s.m.i.), cui devono aggiungersi le spese tecniche, l'I.V.A. e la ### di previdenza e assistenza liberi professionisti (progettazione, direzione lavori e coordinamento della sicurezza) per complessivi € 42.805,12.  ###, inoltre, ha constatato che l'intervento realizzato dal convenuto comportava una diminuzione del valore dell'immobile di proprietà di parte attrice, comprensivo della porzione di terreno che aveva subito la limitazione di godimento (corte di pertinenza), dovuta alla riduzione di alcuni parametri, quali la prospicienza, luminosità, visuale e soleggiamento. 
Ai fini del calcolo dell'indennità spettante agli attori a carico di tali violazioni, il c.t.u.  ha applicato il criterio del “valore complementare”, cioè quantificando l'importo dovuto in base alla differenza tra il valore di mercato nella situazione ante e post servitù; da tale operazione è stato ricavato il valore del canone di locazione del bene immobile a seguito della costituzione di servitù, tenuto conto delle reali conseguenze negative derivanti al fabbricato servente dall'intervento edilizio realizzato (applicazione di un indice di riduzione delle singole caratteristiche in funzione della situazione riscontrata in relazione a ubicazione, prospicienza, orientamento, quota, livello delle finiture, luminosità, visuale, soleggiamento), nonché della superficie commerciale del fabbricato di proprietà di parte attrice con i relativi accessori e pertinenze e dei valori OMI per un importo di € 8.157,54. 
Sempre in relazione alla domanda risarcitoria, il c.t.u. ha provveduto a stimare la perdita di valore dell'edificio degli attori per effetto della permanenza delle opere in violazione delle norme richiamate, sulla scorta del quesito assegnato dal precedente G.I. 
Osserva il Tribunale che la demolizione delle opere realizzate in violazione delle distanze, limitatamente alla porzione illegittima, è idonea a restituire l'originario valore di mercato all'immobile di parte attrice, il quale pertanto non subirà irrimediabilmente le conseguenze della riduzione dello spazio né la permanenza delle opere illegittime. 
Ritenuto, quindi, che il danno deve essere considerato in re ipsa, in assenza di criteri specifici e considerata l'idoneità della demolizione a restituire l'originario valore commerciale al fabbricato degli attori, questo giudicante ritiene di dover liquidare in via equitativa la somma di € 50.962,66 (derivante dalla sommatoria tra le spese per la riduzione in pristino e la riduzione di valore del bene per effetto della limitazione della facoltà di godimento); tale somma, liquidata in moneta attuale, deve ritenersi già comprensiva di interessi compensativi e rivalutazione (cfr. in tema di liquidazione equitativa del danno e unicità della somma comprensiva di capitale, interessi e rivalutazione monetaria ### 3, Ordinanza n. 20889 del 22/08/2018, ### 3, Sentenza n. 9515 del 20/04/2007), con la conseguenza che su di essa sono soltanto dovuti gli interessi corrispettivi (al tasso legale tempo per tempo in vigore) dalla data della presente sentenza al soddisfo. 
Venendo all'esame della domanda di manleva formulata da parte convenuta ### nei confronti del terzo ### la stessa è fondata nei limiti ed alla luce delle considerazioni che seguono.  ### i principi costantemente elaborati dalla ### l'architetto, l'ingegnere o il geometra, nell'espletamento dell'attività professionale (consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile), è debitore di un risultato. Difatti, il professionista, alla luce di tale orientamento, è tenuto ad una prestazione di un progetto concretamente utilizzabile anche dal punto di vista tecnico e giuridico; ne consegue che l'irrealizzabilità dell'opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, darà luogo ad inadempimento dell'incarico (cfr. Cass., Sez. II, 18 gennaio 2017 n. 1214; Cass. 19 luglio 2016 n. 14759). 
Sulla scorta di tale interpretazione, rientra nella prestazione dovuta dal tecnico incaricato della redazione di un progetto edilizio, in quanto attività strumentalmente preordinata alla concreta attuazione dell'opera, l'obbligo di assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica e di individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da garantire la preventiva soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dei lavori richiesti dal committente (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8014 del 21/05/2012). 
Da quanto sopra segue che se dall'edificazione di una costruzione in violazione delle norme sulle distanze legali sia derivato l'obbligo del committente della riduzione in pristino, sussiste il diritto di rivalsa del committente nei confronti del progettista direttore dei lavori; ciò, per esempio, quando l'irregolare ubicazione della costruzione sia conforme al progetto e non sia stata impedita dal professionista medesimo in sede di esecuzione dei lavori, in quanto il fatto illecito, consistente nella realizzazione di un edificio in violazione delle distanze legali rispetto al fondo del vicino, è legato da un nesso causale con il comportamento del professionista che ha predisposto il progetto e diretto i lavori ( Cass., Sez. II, 30 gennaio 2003 n. 1513). 
Peraltro, è stato precisato che “né la responsabilità del professionista viene meno e può riconoscersi il suo diritto ad ottenere il corrispettivo ove la progettazione di una costruzione o di una ristrutturazione in contrasto con la normativa urbanistica sia oggetto di un accordo tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, spettando tale verifica al medesimo professionista, in forza della sua specifica competenza tecnica, e senza che perciò possa rilevare, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto” (cfr. ### civile sez. II, 21/03/2023, n.8058). 
Ancora, recentemente, proprio con specifico riferimento alle questioni relative alle distanze tra costruzioni previste dall'art. 9 del D.M. 1444/1968, anche in caso di contrasto tra la normativa locale e quella nazionale, in fattispecie analoga alla presente, si è affermato che “il professionista autore di un progetto edilizio per l'edificazione di una costruzione che si riveli in violazione delle distanze legali è responsabile dei danni conseguentemente patiti dai committenti, essendo questi ultimi eziologicamente correlati al suo inadempimento (nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso, ai sensi dell'art. 2236 c.c., la responsabilità di un architetto per l'avvenuta progettazione di un edificio in violazione dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, sul presupposto che rientrasse nel sapere specialistico del professionista avvedersi del contrasto della normativa urbanistica locale - cui si era uniformato - con quella sovraordinata nazionale)” (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 14527 del 25/05/2023).  ### specie, non è contestato che il citato professionista è stato incaricato della progettazione delle opere oggetto del permesso di costruire n. 37/2011 e del permesso di costruire in variante n. 27/2012 né è contestato che i progetti redatti avevano avuto l'approvazione degli organi amministrativi, sebbene con alcune criticità rilevate dalla stessa pubblica amministrazione. 
Come evidenziato dal c.t.u., il progetto autorizzato dal Comune di ### con ### di ### n.37/2011, rilasciato in data ###, veniva assentito su parere della ### nella seduta del 02.08.2011, in quanto conforme all'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. del P.R.G. vigente all'epoca, nonostante, nel parere istruttorio del 29.07.2011 venivano riscontrate la non conformità dell'intervento alla normativa in materia di distanze di cui al D.M. 1444/1968 e la violazione dei limiti di altezza di cui al citato art.  2.3.3, comma 9 (fissati in 8,50 ml), in quanto il progetto prevedeva la realizzazione di un corpo scala indipendente e fuori sagoma, con un'altezza complessiva di ml 9,74, “condizione la cui legittimità, in caso di approvazione da parte della ### edilizia, andava dimostrata con dichiarazioni e grafici”. 
Quanto al progetto di variante, lo stesso veniva autorizzato dal Comune con ### di ### n. ###/2012 del 01.03.2013, con le seguenti prescrizioni: “le aperture poste sulla parete sud del vano scala siano cieche, ai sensi dell'art. 1.6.4 comma 4 delle N.T.A.  vigenti; sia prevista la realizzazione di n.4 posti auto nell'area di pertinenza, aventi dimensioni in pianta pari a 5,00 x 2,50”. 
In considerazione di tali rilevi e in applicazione dei sopra enunciati principi in punto di responsabilità del progettista, non è possibile qualificare in termini di colpa lieve l'errore commesso dal professionista nel predisporre il progetto di realizzazione della costruzione in difformità dalle norme urbanistiche ed edilizie vigenti, dovendo egli ritenersi tenuto, nei confronti del committente, alla elaborazione di un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico. Rientra, infatti, nel sapere specialistico del tecnico anche l'obbligo di avvedersi dell'eventuale contrasto della normativa urbanistica locale con quella sovraordinata nazionale. 
Il terzo chiamato ### deve, quindi, ritenersi responsabile dei danni subiti dal committente, atteso che la costruzione realizzata deve essere parzialmente demolita a causa delle indicate difformità. 
Non merita di essere condivisa l'eccezione del terzo chiamato ### relativa alla decadenza del convenuto dall'azione risarcitoria, in quanto è noto che il termine di un anno dalla scoperta dei vizi decorre dall'apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della gravità dei difetti e della loro causa da parte del committente. È evidente che tale conoscenza, nella specie, deve essere riferita alla notifica dell'atto di citazione per la riduzione in pristino, non potendo il convenuto acquisire sicura conoscenza dei vizi e delle cause dei difetti sulla scorta di mere diffide stragiudiziali. 
Neppure coglie nel segno l'allegazione del citato terzo in merito alla corretta esecuzione del suo incarico e alla sua funzione di mero “esecutore” della volontà dei committenti. 
Si osserva, infatti, che, da un lato, è rimasta indimostrata l'affermazione secondo cui il professionista avrebbe reso edotti i committenti delle problematiche esistenti e dei contrasti tra la normativa nazionale e quella regolamentare adottata dal Comune di ### in merito alle distanze legali tra edifici, non essendo sufficienti a tal fine i progetti versati in atti dal professionista, in cui vengono proposte diverse ipotesi di realizzazione dell'opera, anche senza sopraelevazione della porzione di edificio in ragione del mancato rispetto della distanza di m 6, come previsto dall'art. 1.6.4 N.T.A.; dall'altro, il fax del 10.5.2010 inviato dal ### (doc. 5 allegato alla comparsa di costituzione e risposta del terzo chiamato ### contiene la mera richiesta, corredata da un sommario schizzo, di elaborazione di un progetto di sopraelevazione con l'aggiunta di un corpo scala rispetto al fabbricato preesistente, con espresso incarico al professionista di realizzare materialmente il progetto e di ottenere i titoli abilitativi. Del resto, come sopra precisato, è irrilevante ai fini dell'esclusione della responsabilità del professionista l'accettazione del committente della eventuale realizzazione in violazione delle distanze legali. 
Deve essere, altresì, disattesa la deduzione del terzo ### in relazione alla corresponsabilità degli attori sull'aggravamento dei danni, per avere il ### atteso cinque anni dal momento in cui aveva investito il proprio legale di occuparsi della questione in oggetto prima di intraprendere il presente giudizio. Dalla documentazione in atti, infatti, non risulta alcun comportamento inerte di parte attrice, che si è attivata in via stragiudiziale sin dal novembre 2013 al fine di ottenere il rispetto della normativa sulle distanze legali (doc. 7 atto di citazione). 
Venendo all'esame delle specifiche poste risarcitorie richieste dal convenuto ### quest'ultimo ha formulato domanda di manleva in relazione alle seguenti conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'accoglimento delle domande di parte attrice: esborso di € 30.977,10 relativo alla perdita di valore dell'edificio degli attori a seguito dell'intervento edilizio; esborso di € 8.157,54 relativo alla indennità danno-servitù; esborso di € 42.805,52 relativo al valore delle opere da realizzare per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi; deprezzamento dell'immobile di parte convenuta a seguito delle opere di riduzione in pristino per € 84.000,00. 
Quanto al primo importo, si evidenzia che il Tribunale ha escluso la risarcibilità della perdita di valore dell'edificio degli attori in caso di permanenza delle opere abusive, avendo disposto la riduzione in pristino. 
Quanto agli importi di € 8.157,54 e € 42.805,52, gli stessi sono stati riconosciuti come dovuti dai convenuti agli attori, pertanto rispetto ad essi, deve essere accolta la domanda di manleva del convenuto ### Quanto all'importo di € 84.000,00, la corresponsione dello stesso deve essere riconosciuta in favore del convenuto, in considerazione della differenza tra il valore di mercato dell'immobile di proprietà ### a seguito dell'intervento edilizio e il valore di mercato del fabbricato a seguito delle opere di riduzione in pristino della porzione realizzata in violazione alle norme urbanistico-edilizie. 
Non merita, invece accoglimento la richiesta del convenuto di condanna del professionista al pagamento degli oneri attinenti allo svuotamento dell'unità immobiliare ed al pregiudizio derivante dalla forzata indisponibilità del bene (stimato dal c.t.u. in € 2.200,00), in quanto formulata in termini generici e sfornita di riscontro probatorio, non avendo il ### dimostrato l'attuale, futura o ipotetica privazione del godimento dell'immobile. 
Ritiene, inoltre, il Tribunale che, in considerazione del fatto che l'esecuzione dell'intervento edilizio ad una distanza non rispettosa quantomeno delle N.T.A. è risultata nota al convenuto ### (sulla base della citata documentazione versata in atti) e che la pubblica amministrazione ha comunque assentito i progetti, nonostante le problematiche riscontrate dallo stesso ufficio tecnico, la responsabilità del professionista deve essere ridotta in misura pari al 50%. 
Il terzo chiamato ### quindi, deve essere chiamato a tenere indenne a tenere indenne e manlevare il convenuto ### di quanto andrà a pagare in dipendenza delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dal parziale accoglimento delle pretese attoree per il complessivo importo di € 67.481,53, oltre interessi dalla domanda al soddisfo. 
Passando alla domanda di manleva formulata da parte del geom. ### nei confronti di ### s.p.a., la stessa è fondata e merita accoglimento. 
La compagnia assicurativa ha eccepito l'inoperatività della polizza, in quanto la copertura assicurativa era limitata alle sole sanzioni inflitte ai clienti nell'ipotesi di errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità, mentre erano esclusi i sinistri derivanti dalla mancata rispondenza delle opere all'uso ed alle necessità cui sono destinate e quelli relativi a sanzione conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (art. 7.3 delle Condizioni generali) e le perdite patrimoniali derivanti da errata progettazione (condizione particolare n. 714). 
Invero, il contratto di assicurazione stipulato tra il geom. ### e ### s.p.a. stabilisce, all'art. 7.1 lett. a) delle ### che l'assicurazione si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge a titolo di risarcimento, in conseguenza di danni corporali e danni materiali cagionati a terzi per i fatti verificatisi in relazione all'attività professionale di geometra, libero professionista, progettista e/o direttore dei lavori o collaudatore delle opere ivi indicate, tra cui rientrano le costruzioni civili. ###. 7.2 contiene un elenco di attività comprese in garanzia, tra cui, per quanto di interesse, l'attività di consulenza in genere (lett.a) e i danni corporali e materiali conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (lett.i).  ###. 7.3 menziona tra i rischi esclusi quelli: derivanti dalla mancata rispondenza delle opere all'uso ed alla necessità cui sono destinate, pur essendo compresi i danni corporali e i danni materiali che derivano dagli stessi effetti pregiudizievoli delle opere stesse (lettera j); relativi a sanzioni in genere conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (lettera l); derivanti da responsabilità volontariamente assunte dall'### e non direttamente derivantigli dalla legge (lettera o). 
Orbene, contrariamente agli assunti di ### s.p.a., a fronte della menzione espressa, tra i sinistri ricompresi nell'ambito della copertura assicurativa, dei danni derivanti dall'errata interpretazione dei vincoli urbanistici, al fine di ritenere esclusi dai rischi coperti i danni derivanti dall'inadempimento oggetto di esame - collegato proprio ad un errata interpretazione dei vincoli urbanistici - occorrerebbe una previsione contrattuale esplicita. Simile pattuizione, tuttavia, non è presente nel contratto di assicurazione, non essendo ravvisabile né nella lett. j né nella lett. o delle CGA richiamate. 
Una disposizione contrattuale esplicita di esclusione si riscontra, invece, nella lett. l delle CGAcon riferimento alle sanzioni applicate in conseguenza dell'errata interpretazione della normativa urbanistica, sicché devono ritenersi non coperti dall'assicurazione i danni relativi alle eventuali sanzioni applicate dal Comune. 
Si rileva, inoltre, che l'assicurato ha sottoscritto la ### - ### di ### del ### completa di tutte le estensioni possibili (714, 715, 718, 719 e 722). 
Va, altresì, rigettata l'eccezione di prescrizione sollevata da ### s.p.a., atteso che la denuncia del sinistro da parte dell'assicurato deve ritenersi tempestiva, emergendo per tabulas l'apertura del sinistro in data ###, quindi in epoca di poco successiva alla notifica dell'atto di chiamata in causa nel presente giudizio in data ### (doc. 1 memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. ###. Peraltro, come rilevato dallo stesso ### la diffida del procuratore degli attori in data ### risulta inviata esclusivamente ai convenuti e non al professionista.  ### va, dunque, condannata a manlevare il geom.  ### di quanto egli è tenuto a pagare al convenuto in ragione della presente sentenza. 
Venendo al governo delle spese di lite, nei rapporti tra attori e convenuti, il parziale accoglimento della domanda attorea giustifica la compensazione delle stesse nella misura di 1/3, mentre i restanti 2/3 vengono posti a carico dei convenuti in ragione della soccombenza principale e si liquidano come in dispositivo, in applicazione del D.M.  55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabile-complessità media e tenuto conto che la difesa ha riguardato più parti aventi la medesima posizione processuale (cfr. ### civile sez. III, 17/04/2024, n.10367). 
Nei rapporti tra convenuto ### e terzo chiamato ### il parziale accoglimento della domanda del primo giustifica la compensazione delle spese di lite nella misura di 1/3, mentre i restanti 2/3 vengono posti a carico del secondo in ragione della soccombenza principale e si liquidano come in dispositivo, in applicazione del D.M.  55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabile-complessità media. 
Nei rapporti fra ### e ### s.p.a. le spese di lite e di mediazione seguono la soccombenza e si liquidano a carico di ### s.p.a. come in dispositivo in applicazione del D.M. 55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabilecomplessità media. 
Le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto, vengono poste a carico di tutte le parti in solido, essendo stata la consulenza disposta ed espletata nell'interesse di tutte le parti.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando nella causa civile n. r.g. 1580/2018, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: - dichiara l'illegittimità della costruzione realizzata dal convenuto, limitatamente a quanto indicato nella parte motiva; - ordina al convenuto ### la demolizione, a propria cura e spese, mediante arretramento dell'immobile di sua proprietà fino al rispetto della distanza dall'edificio prospiciente di metri m. 9,89; - rigetta la domanda di riduzione in pristino nei confronti di ### e ### - condanna i convenuti ##### in solido tra loro, al pagamento in favore degli attori della somma di € 50.962,66, a titolo di risarcimento dei danni, oltre interessi dalla data della presente sentenza al soddisfo; - condanna il terzo chiamato ### al pagamento, in favore del convenuto ### della somma di € 67.481,53, a titolo di risarcimento dei danni, oltre interessi dalla data della presente sentenza al soddisfo; - condanna il terzo chiamato ### s.p.a a tenere indenne e manlevare l'assicurato ### di quanto andrà a pagare in dipendenza della presente sentenza, nei limiti della franchigia indicata in polizza; - compensa le spese di lite tra gli attori e i convenuti nella misura di 1/3; - condanna i convenuti a corrispondere a parte attrice, a titolo di rimborso di 2/3 delle spese di giudizio, la somma di € 11.584,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge; - compensa le spese di lite tra ### e ### nella misura di 1/3; - condanna il terzo chiamato ### a corrispondere al convenuto ### a titolo di rimborso di 2/3 delle spese di giudizio, la somma di € 7.240,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge; - condanna il terzo chiamato ### s.p.a a corrispondere ad ### a titolo di rimborso delle spese di giudizio, la somma di € 10.860,00 per compenso professionale, oltre € 653,30 per esborsi, rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge ed oltre spese di mediazione per € 1.512,00; - pone definitivamente le spese di c.t.u. a carico di tutte le parti in solido tra loro. 
Così deciso in ### il ### 

Il Giudice
dott.ssa ### (atto sottoscritto digitalmente)


causa n. 1580/2018 R.G. - Giudice/firmatari: Silvia Fanesi

M
5

Corte d'Appello di Napoli, Sentenza n. 6323/2025 del 09-12-2025

... provata l'esistenza dei vizi e delle difformità nelle opere edili eseguite dall'impresa convenuta, la ### in virtù delle testimonianze raccolte nel corso del giudizio che confermavano in modo preciso e circostanziato la presenza dei difetti lamentati. Emergeva, infatti, dalle dichiarazioni dei testi che i problemi, come le infiltrazioni d'acqua, erano già presenti nel settembre/ottobre 2009 e dunque nell'immediatezza della risoluzione del contratto di appalto con la ditta originaria qui convenuta, e che l'intervento delle altre ditte successive era stato proprio finalizzato alla eliminazione dei predetti vizi. Le dichiarazioni testimoniali, inoltre, trovavano conferma nella consulenza tecnica di parte, redatta dall'architetto ### e nella documentazione fotografica allegata; e, per la quantificazione del danno, il giudice condivideva le risultanze della predetta perizia, sul punto non specificamente contestata dalle controparti. Il Tribunale di Nola accertava e dichiarava, altresì, la responsabilità del direttore dei lavori, avendo quest'ultimo omesso di vigilare adeguatamente, di impartire le opportune disposizioni e di segnalare le problematiche, rendendosi quest'ultimo inadempiente al (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI NONA SEZIONE CIVILE composta dai seguenti magistrati: Dott. ####ssa ### relatore riunita in camera di consiglio, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile in grado di appello, iscritta al n. 4739 del ruolo generale contenzioso dell'anno 2019, avente ad oggetto “contratti ed obbligazioni varie - contratto d'opera”, avverso la sentenza del Tribunale di Nola n. 1849/2019, pubblicata l'11/09/2019, causa posta in decisione all'esito dell'udienza di precisazione delle conclusioni del 30.9.2025, e pendente: TRA ### (c.f. n. ###), in proprio ed in qualità di titolare della ditta individuale ### (p. iva n. ###), rappresentata e difesa dall'avv. ### (C.F.  ###), giusta procura a margine dell'atto di appello, ed elettivamente domiciliata in ### d'####, alla ### 34, presso lo studio del predetto difensore, avente indirizzo P.E.C. ### e n. fax ###; #### (C.F. n. ###), rappresentata e difesa dall'avv. ### (###), in virtù di mandato a margine dell'atto di citazione in primo grado, ed elettivamente domiciliata in #### alla ### 21 c/o lo studio del predetto difensore la quale chiede di ricevere le comunicazioni e notifiche relative al presente procedimento all'indirizzo P.E.C. ### o n. fax ###; ###' ####: come da comparse conclusionali e repliche.  ### atto di citazione notificato in data ###, ### citava dinanzi al Tribunale di Nola, la ditta ### di ### nonché il progettista e direttore dei lavori, ing. ### chiedendo di: “in via principale, accertare i vizi e le difformità indicati in premessa, circa le opere di riqualificazione ed ampliamento in verticale dell'immobile sito in ### D'### via ### delle ### 64, eseguite dalla ditta ### di ### con sede in via ### 34, ### D'### in persona dell'omonima titolare ### condannare quest'ultima in via solidale con il progettista e direttore dei lavori, ing. ### residente ###### in ### dal momento che le difformità ed i vizi dell'opera possono considerarsi conseguenza dei loro concorrenti inadempimenti, ancorchè relativi a contratti differenti, al pagamento della complessiva somma di € 24.257,50 oltre interessi e successive, quale importo occorso alla parte attrice per l'eliminazione dei difetti riscontrati e per il ripristino delle opere e/o in via gradata ciascuno dei convenuti in via personale nella misura dell'inadempimento dei rispettivi obblighi, nella misura che sarà precisata e determinata in corso di causa anche a seguito di ### che fin d'ora chiede disporsi; condannare altresì i convenuti al pagamento in via equitativa per il mancato utilizzo dell'immobile, nella misura ritenuta opportuna secondo il prudente apprezzamento dell'###mo giudice adito”, con vittoria di spese. 
Rappresentava che: - con contratto di appalto del 1.9.2008, ### commissionava alla impresa ### di ### i lavori di riqualificazione e ampliamento di un immobile ubicato a ### d'####, da svolgersi tra il ### ed il ###, per un importo di €120.000,00 e con contratto del 5.5.2008 incaricava della progettazione e direzione dei lavori l'ingegnere ### - i lavori procedevano a rilento, aggravati anche da varanti necessarie per incongruenze progettuali, producendo danni alle proprietà limitrofe, in particolare quella di ### danni che la ditta si dichiarava disponibile a ripristinare, senza poi, effettivamente occuparsene; - le opere erano imperfette e presentavano vizi e difformità, oltre che eseguite in grade ritardo; - la committente si determinava a richiedere la risoluzione contrattuale, e si addiveniva ad una risoluzione consensuale con contratto del 30.7.2009, con la quale l'impresa accettava lo scioglimento del vincolo contrattuale, si impegnava alla eliminazione dei vizi e difformità, espressamente elencate nell'atto, in contraddittorio con la DL (elenco indicato in citazione), e la committente si impegnava a versare in due tranche di € 8.000,00 e € 7.000,00 il saldo dovuto, per arrivare al compenso complessivo, incluse le rate già versate, di € 84.744,00; - successivamente alla risoluzione consensuale emergevano ulteriori vizi: la mancata modifica della destinazione d'uso del deposito al piano terra in tavernetta, accertata dall'UTC di ####, con le conseguenze civili e penali, ed inoltre, a causa di forti piogge, si manifestavano abbondanti infiltrazioni; - nell'ottobre 2009, quindi, la ### incaricava un perito di parte, ing. Sivari, di valutare lo stato dell'immobile (questi riscontrava la non corretta esecuzione delle opere, con necessità di ulteriori opere per eliminare i vizi, per € 24.257,50 a cui si dava seguito) e commissionava ad altra ditta anche le opere di impermeabilizzazione, non potendo usufruire dell'immobile ed essendo ospitata dai figli; - in data ###, il D.L. ing. ### rassegnava le dimissioni; - con raccomandate del 29 e 30 gennaio 2010 la committente contestava anche gli ulteriori inadempimenti, mentre la ditta respingeva gli addebiti. 
Alla luce dei fatti esposti, venivano proposte le domande indicate. 
Entrambi i convenuti si costituivano in giudizio eccependo l'infondatezza della domanda giudiziale.  ### asseriva che le cause dei vizi riscontrati dalla committente, e oggetto del presente giudizio, fossero da imputare ai lavori eseguiti successivamente alla risoluzione convenzionale, da parte di altre imprese e artigiani successivamente incaricati, e comunque dovute a varianti ed incongruenze progettuali non imputabili alla ditta originaria, la quale aveva effettuato tutte le lavorazioni indicate nell'atto risolutivo volte al completamento ed eliminazione dei vizi ivi indicati, ricevendone, infatti, il corrispettivo a saldo. 
Proponeva domanda riconvenzionale nei confronti di parte attrice volta ad ottenere i danni derivanti dalla risoluzione anticipata del contratto, e dunque all'organizzazione di uomini e mezzi rimasti inutilizzate per i lavori non compiuti, nonché per la rinuncia ad altri concomitanti incarchi, quantificati equitativamente in € 25.000,00 o nella diversa somma stimata dal giudice.  #### eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva non avendo alcuna responsabilità nella produzione dei danni lamentati da parte attrice. 
Nel corso del giudizio veniva espletata attività istruttoria, con esame dei testi di parte attrice ### e ### che avevano lavorato nel cantiere dopo l'impresa ### (cfr. udienza 31.5.2012) e un teste per la ditta convenuta, ### marito della ### e direttore tecnico della ditta (udienza 8.7.2014). Successivamente la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni. 
Con sentenza n. 1894/2019 pubblicata in data ### il Tribunale di Nola così si pronunciava: “### la domanda per i motivi di cui in parte motiva, e per l'effetto condanna la ditta ### di ### e ### in solido tra loro, al pagamento di € 24.257,50, all'attualità, oltre interessi al tasso legale, inizialmente calcolati sul suddetto importo devalutato secondo gli indici ### 31.8.2009, e quindi anno per anno e a partire dal 31.8.2009 fino al momento della presente decisione sulla somma di volta in volta risultante dalla rivalutazione secondo gli indici ### nonché ulteriori interessi legali, sulla somma di € 24.257,50, dal momento della presente decisione al saldo; ### la domanda di ristoro dei danni derivante dal mancato godimento del bene immobile; ### la domanda riconvenzionale; ### i convenuti, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in € 195,00 per spese ed € 4.835,00 per compensi, oltre ### CPA e rimborso forfettario spese generali (15%) come per legge”. 
Il Tribunale di Nola riteneva provata l'esistenza dei vizi e delle difformità nelle opere edili eseguite dall'impresa convenuta, la ### in virtù delle testimonianze raccolte nel corso del giudizio che confermavano in modo preciso e circostanziato la presenza dei difetti lamentati. Emergeva, infatti, dalle dichiarazioni dei testi che i problemi, come le infiltrazioni d'acqua, erano già presenti nel settembre/ottobre 2009 e dunque nell'immediatezza della risoluzione del contratto di appalto con la ditta originaria qui convenuta, e che l'intervento delle altre ditte successive era stato proprio finalizzato alla eliminazione dei predetti vizi. 
Le dichiarazioni testimoniali, inoltre, trovavano conferma nella consulenza tecnica di parte, redatta dall'architetto ### e nella documentazione fotografica allegata; e, per la quantificazione del danno, il giudice condivideva le risultanze della predetta perizia, sul punto non specificamente contestata dalle controparti. 
Il Tribunale di Nola accertava e dichiarava, altresì, la responsabilità del direttore dei lavori, avendo quest'ultimo omesso di vigilare adeguatamente, di impartire le opportune disposizioni e di segnalare le problematiche, rendendosi quest'ultimo inadempiente al suo incarico professionale. 
Ritenuta la concorrente responsabiltà dei convenuti, questi venivano condannati in solido tra loro per l'intero danno, quantificato come detto in € 24.257,50, dal momento che le azioni o le omissioni di ciascuno avevano contribuito a causare l'evento dannoso. 
Il Giudice rigettava inoltre la domanda di danni ulteriori, proposta da parte attrice, con rifermento alla non utilizzabilità dell'immobile, nonché la domanda riconvenzionale della ditta, relativa al danno subito in conseguenza della predisposizione di uomini e mezzi per l'intero lavoro, in parte non sfruttati per la cessazione anticipata dell'appalto, nonché la rinuncia ad altri incarichi fruttuosi, in quanto entrambe sfornite di prova specifica del verificarsi del danno; peraltro con particolare riferimento alla riconvenzionale, con la scrittura del luglio 2009, la ditta aveva risolto convenzionalmente il rapporto, risultando dunque di non potersi dolere delle conseguenze di tale cessazione. 
Con atto di citazione innanzi a questa Corte, ritualmente notificato alle controparti in data ###, ### in proprio e in qualità di titolare della ditta individuale ### di ### proponeva appello avverso la anzidetta sentenza, chiedendo: “A) In via preliminare, sospendere la provvisoria efficacia esecutiva della sentenza appellata; B) ### la domanda attorea perché del tutto infondata, pretestuosa e temeraria; C) ### la spiegata domanda riconvenzionale e, per l'effetto, condannare ### al pagamento in favore della ### di ### in persona dell'omonimo titolare, della somma di €uro 25.000,00 ovvero della diversa somma, da quantificarsi anche in via equitativa ex art. 1226 c.c., ovvero a seguito di espletamenti di CTU tecnica, ove ritenuta necessaria ex art. 345 c.p.c., a titolo di risarcimento dei danni patiti a causa dell'anticipata risoluzione del contratti di appalto stipulato in data ###; ### di spese, diritti ed onorari di causa con attribuzione al sottoscritto procuratore per anticipo fattone”. 
In sostanza, parte appellante propone i seguenti motivi di appello: con il primo lamenta l'aver accertato l'esistenza dei vizi senza un compendio probatorio adeguato, in particolare senza lo svolgimento di una CTU imparziale e senza tenere in conto l'intervento di altri artigiani dopo la risoluzione convenzionale, con imputabiltà ai predetti dei vizi medesimi. 
Con il secondo motivo, si doleva del mancato accoglimento della domanda riconvenzionale di risarcimento, quantificata equitativamente in € 25.000,00, relativa all'organizzazione di uomini e mezzi, rimasta poi inutilizzata, nonché alla rinuncia ad altri incarichi, visti gli impegni assunti con la ### Con comparsa depositata il ### si costituiva ### la quale eccepiva l'inammissibilità ex art. 342 c.p.c. dell'avverso gravame, contestandone, altresì, l'infondatezza in fatto ed in diritto, insistendo per il rigetto dell'istanza di sospensione nonché della proposta domanda riconvenzionale.  ### non si costituiva nel presente grado di giudizio, benchè ritualmente evocato e va dichiarato contumace. 
Inizialmente assegnata alla ### sezione civile della presente Corte, acquisito il fascicolo di primo grado ancora integralmente cartaceo, all'esito dell'udienza di comparizione e trattazione, il collegio accoglieva l'istanza di sospensione dell'esecutività della sentenza appellata, ravvisando nel caso di specie sia il fumus boni iuris, sia il periculum in mora. 
Il giudizio veniva rinviato per la precisazione delle conclusioni, successivamente differite, e, a seguito di scardinamento, perveniva alla presente sezione e assegnata alla relatrice ###ssa ### In data ###, le parti rassegnavano le conclusioni e la causa veniva assegnata a sentenza con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. di giorni 30 per le comparse conclusionali (depositate solo dalla parte appellata) e successivi 20 giorni per le repliche, depositate solo dall'appellante.  MOTIVI DELLA DECISIONE Va, preliminarmente, dichiarata la contumacia di ### il quale, nonostante la regolare notifica dell'atto di appello, in data ###, all'indirizzo P.E.C. del procuratore costituito nel primo grado, avv.  ### non si costituiva nel presente grado di giudizio. 
Sempre in via preliminare va disattesa l'eccezione di inammissibilità dell'appello articolata da parte appellata ai sensi dell'art. 342 c.p.c., rispondendo l'articolazione dell'atto di appello al requisito di specificità richiesto dalla norma. Difatti, premesso l'insegnamento della Suprema Corte secondo cui l'art.  342 c.p.c. non impone l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, né la trascrizione totale o parziale della sentenza appellata (Cass. Sez. Un. n. 27199/2017, nonché Cass. n. 13535/2018), rileva questo Collegio come l'appellante non abbia omesso di indicare le ragioni per cui ritiene debba essere modificata la ricostruzione operata dal giudice di primo grado, sottoponendo a una critica sufficientemente specifica le argomentazioni a sostegno della decisione impugnata, ciò anche previa trascrizione del passaggio non condiviso e mediante l'esposizione dei motivi di dissenso che, alla stregua dei principi in materia di onere probatorio applicabili al caso di specie e delle risultanze documentali specificamente richiamate, imporrebbero una diversa decisione. 
Nel merito, i due motivi sono infondati. 
Col primo motivo di appello parte appellante contesta la decisione del Tribunale di Nola di accogliere la domanda di risarcimento per vizi costruttivi, basandosi esclusivamente sulle dichiarazioni di parte attrice e dei testimoni da essa intimati, nonostante non venisse predisposta alcuna consulenza tecnica d'ufficio volta ad accertare l'effettiva esistenza dei vizi lamentati da parte committente ed il loro valore economico.  ### parte appellante, ### dopo aver risolto anticipatamente il contratto, affidava il completamento dei lavori ad altre ditte, alterando irrimediabilmente lo stato dei luoghi e rendendo impossibile una verifica oggettiva delle presunte mancanze, le quali ben potevano essere imputabili alle successive maestranze subentrate nei lavori, così come non era stata vagliate la imputabilità dei vizi contestati alle incongruenze progettuali e dunque alla D.L.. 
A sostegno di ciò rilevava come al momento della risoluzione consensuale del contratto avvenuta in data ###, la committente aveva saldato tutti i lavori eseguiti fino a quel momento, senza sollevare contestazioni sui vizi, in contraddizione con la successiva richiesta di risarcimento danni. 
Ulteriore contestazione riguardava la quantificazione del danno riconosciuta dal Tribunale il quale si basava esclusivamente sulla perizia di parte dell'architetto ### senza considerare che tale valutazione era stata contestata dalla ### La censura non è meritevole di accoglimento. 
Il mancato espletamento della CTU nel corso del primo grado, è risultata una scelta necessitata dal fatto che le opere venivano completate e modificate per eliminare i vizi prima dell'inizio del giudizio (e che neanche veniva espletato un ###, ma ciò non esclude la adeguatezza delle prove fornite, anche alla luce del contenuto delle contestazioni avversarie. 
Va premesso che questa Corte recepisce l'orientamento espresso dalla Corte di legittimità, secondo cui la perizia stragiudiziale, ritualmente depositata dalla parte nel processo, assume un mero valore di elemento indiziario, soggetto a doverosa valutazione da parte del giudice e le cui conclusioni non possono formare oggetto di applicazione del principio di non contestazione (Cass. 5362/2025, Cass. 5667/2025, ###/2022, Cass. ###/2018). 
Nella specie, tuttavia, il Tribunale ha valorizzato le testimonianze assunte da ### e ### come probanti i fatti riportati anche nella perizia di parte dell'ing. ### depositata sin dalla costituzione, giurata, e completa di allegato fotografico, in ordine ai vizi, ed ha valutato sulla scorta di tali elementi, fornita la prova dell'esistenza di concorrenti inadempimenti dell'appaltatore e del progettista e direttore dei lavori, le cui azioni ed omissioni concorrevano alla produzione del danno. 
La motivazione può essere condivisa. 
È documentalmente provato e mai contestato che il contratto di appalto con la ditta ### veniva stipulato il ### (cfr. contratto in forma scritta ed allegato computo metrico, all. 2 e 3 della produzione della committenza) e parimenti vi era la comunicazione al Comune di ### D'### della nomina del progettista e DL, mai contestata dall'ing. ### costituito nel primo grado. 
Il contratto non veniva completamente eseguito in quanto era consensualmente risolto il ###, lasciando in parte incomplete le opere, tanto che il compenso veniva correlativamente ridotto da € 120.000,00 preventivato, a poco più di € 80.000,00, e nell'atto risolutivo, la committente si impegnava al versamento del saldo. Nel medesimo atto, l'appaltatore si impegnava alla eliminazione di alcune difformità espressamente elencate, ed al rilascio del cantiere il ###. 
Ad ottobre 2009, dunque dopo neanche due mesi dallo scioglimento del precedente contratto, subentravano nel cantiere, per la prosecuzione delle opere assentite, altre ditte, tra cui quelle aventi come legali rappresentanti i testi ### e ### i quali, incaricati della impermeabilizzazione del terrazzo di copertura (cfr. comunicazone del 23.10.2009 al Comune di ###, venivano altresì incaricati della eliminazione di ulteriori vizi rilevati alle parziali opere realizzate dalla ditta della ### ed al loro completamento, insieme ad altre maestranze. Ciò è avvalorato dalla comunicazione al Comune di ### D'### del subentro delle altre ditte e dalle dichiarazioni testimoniali. 
Detti soggetti, sentiti come testi, confermavano l'esistenza dei vizi espressamente rilevati, nell'ottobre 2009, come anche descritti dal tecnico di parte, ing. ### il quale, per quanto risulta non era legato alle ditte successivamente incaricate. 
In particolare, sin dalla citazione, la ### evidenziava i vizi emarginati dal consulente di parte: per l'impianto idraulico: l'errato posizionamento delle tubazioni nel solaio, sotto il massetto, in quanto la loro posizione rendeva il massetto più alto delle soglie dei balconi e dei controtelai delle porte, l'errato posizionamento del pozzetto di ispezione del bagno del piano interrato al di sotto del piatto doccia, la mancata collocazione sottotraccia della colonna fecale, la quale impediva la collocazione della vasca da bagno come da progetto, la mancata collocazione della chiave di arresto generale; l'errato diametro della canna fumaria, da sostituire; l'inesatta realizzazione degli intonaci interni ed esterni fuori piombo; l'errato posizionamento degli scuri di ferro. 
Ciò detto, dalla testimonianza di ### emergeva che la sua ditta aveva eseguito, nel settembre - ottobre 2009 (nel verbale è indicato 2010, ma è evidente errore materiale, posta la comunicazione sopra indicata all'### e le dichiarazioni dell'altro teste, nonché l'elaborato tecnico di parte), interventi di demolizione di pareti e solai e il ripristino di intonaci esterni ed interni, che il teste ricorda di aver dovuto “riprendere” per circa il 60 - 70 % delle superfici lavorate.  ### riferiva di aver spostato il piatto doccia e le tubazioni e di aver riposizionato i sanitari del bagno, come da progetto, essendo stati posti in modo diverso, ed installato la chiave di arresto mancante. 
Lo stesso ricordava di aver visto altri operai, non appartenenti alla sua ditta, sostituire la canna fumaria e lavorare agli infissi per regolare la corretta apertura degli stessi, nonché ripristinare massetti, pareti ed intonaci. 
Nella perizia giurata dell'ing. ### il quale dichiara di essersi recato ad effettuare il sopralluogo nell'immobile in data ###, sebbene proceda al giuramento della perizia completa solo in data ###, il tecnico descrive i danni così come sopra elencati, e rispettivamente e specificamente confermati dalle ditte edili subentrate successivamente alla ditta convenuta. Risultano, inoltre, allegate 6 fotografie, mai contestate in ordine al riferimento a luoghi ed alla datazione, le quali mostrano un'opera generalmente ancora incompiuta, “al rustico”, e in particolare la seconda foto, mostra la problematica del pozzetto concomitante con il piatto doccia, e la sesta, mostra il problema delle tubazioni idriche sottoposte al massetto ma da adeguare (la foto infatti mostra il massetto parzialmente demolito nelle fasce contenenti il passaggio dei tubi e il riposizionamento delle tubature in corso). 
A fronte di questo dettagliato quadro istruttorio, la ditta convenuta sin dalla costituzione, si limitava ad eccepire genericamente le incongruenze progettuali, e a paventare la possibilità che in esito alla risoluzione convenzionale del contratto di appalto nel luglio 2009, siano stati incaricati per il completamento delle opere e del lavoro svariati artigiani a cui siano attribuibili i difetti, nonché a stigmatizzare che con la risoluzione anticipata, la ### richiedeva solo la eliminazione dei vizi ivi espressamente elencati. 
Le difese non appaiono convincenti e dunque la motivazione del primo giudice va confermata.  ### di risoluzione consensuale anticipata, non solo non contiene alcuna espressa accettazione delle opere, ma solo la rendicontazione dei lavori eseguiti, fino alla data dello scioglimento, sia, per altro verso contiene una parziale indicazione di alcuni vizi, che la ditta si impegnava a risolvere dopo la sua sottoscrizione ed entro il giorno 8.8.2009, in cui si impegnava a rilasciare il cantiere. 
Peraltro, va evidenziato come la non completezza dei lavori, sicuramente non consentiva di apprezzarne compiutamente la realizzazione a norma, anche per la mancata vigilanza da parte del DL qui convenuto, sia per il suo contributo causale negli errori di progettazione, sia per l'omessa vigilanza. 
Dunque non può essere dedotto da tale atto, un'accettazione esplicita né implicita delle opere parzialmente eseguite. Né per altro verso, sono state sollevate censure sulla tempestività del rilievo dei vizi, i quali, come detto, proprio per la parziale esecuzione non erano ancora verosimilmente rilevabili.  ### canto appare corretto desumere dalle dichiarazioni testimoniali molto dettagliate e precise, rese dalle ditte che riscontrati i vizi, indicati dal tecnico di parte, si occupavano della rimozione degli stessi, l'esistenza dell'inadempimento e dunque il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno prodotto ai sensi dell'art. 1668 comma 1 c.c.. 
Deve, inoltre, ritenersi che per lo stato incompleto delle opere così come rammostrate nelle fotografie, risalenti all'ottobre 2009, e per il breve lasso temporale tra la risoluzione convenzionale (30.7.2009) ed il rilievo dei vizi (ottobre 2009, secondo testimonianze ed accesso consulente), non appare verosimile l'attribuibilità ad una terza ditta, anche tenuto conto della circostanza che non vi è prova certa della data successiva alla risoluzione in cui la ditta della ### rilasciava il cantiere dopo l'eliminazione dei vizi ivi elencati (ipotizzata per il giorno 8.8.2009 nell'atto risolutivo). 
Anche in merito al quantum, peraltro i convenuti, di cui qui, la ditta appaltatrice è appellante, a fronte di un computo metrico quantificativo dei costi per il ripristino, contenente voci dettagliate, non ne contesta né l'an, e dunque la non necessarietà delle opere di ripristino - poiché a ben vedere, la ditta convenuta non ha mai negato l'esistenza di tali vizi, ma solo messo in dubbio la loro attribuibilità - né la quantificazione specifica, sia nelle misure che negli importi unitari. 
Ritiene, quindi, la Corte che sia possibile condividere la valutazione del compendio istruttorio eseguita dal Tribunale e confermare pienamente la sentenza appellata. 
Così come parimenti appare corretto il rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento danni avanzata dalla ditta di ### in quanto sin dal piano deduttivo la domanda volta a risarcire il danno indicato come “organizzare uomini e mezzi e materiali, poi inutilizzati” nonché “rinunciare ad altri incarichi lavorativi”, appare del tutto generica e non circostanziata, limitandosi ad elencare le opere previste nell'originario contratto e non eseguite (senza evidenziare eventuali costi sopportati in anticipo in relazione a queste lavorazioni) e il teste, coniuge della ### ha risposto ai capi di domanda con una semplice conferma. Ma soprattutto, condividendo l'inciso del Tribunale, avendo proceduto alla risoluzione consensuale tra le parti del contratto di appalto, non vi è il presupposto della condotta illecita produttiva dei danni, indicati genericamente. 
Per le ragioni sopra esposte, la sentenza del Tribunale di Nola merita di essere integralmente confermata, in quanto basata su una corretta e logica valutazione delle risultanze processuali. 
In definitiva, l'appello va rigettato e la sentenza, dunque, va confermata. 
Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue, sulla base dei parametri introdotti dal D.M. 55/2014, come modificati dal D.M. n. 147/2022, negli importi minimi previsti per lo scaglione di riferimento (da € 5.201,00 a 26.000,00), in considerazione delle questioni giuridiche affrontate e dell'attività difensiva concretamente svolta. 
Sussistono, infine, i presupposti per l'applicazione dell'art. 13 comma 1quater T.U. n. 115/2002.  P.Q.M.  La Corte di Appello di Napoli, ### civile, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da ### in proprio e n.q. di titolare della ditta individuale ### di ### avverso la sentenza del Tribunale di Nola n. 1849/2019, pubblicata l'11/09/2019, nei confronti di ### e ### ogni ulteriore istanza rigettata e disattesa, così provvede: 1) ### l'appello e per l'effetto conferma la sentenza impugnata; 2) ### parte appellante al pagamento in favore di ### delle spese di lite del presente grado di appello, che liquida in € 3.000,00 per compensi, oltre IVA e ### se dovute, oltre rimborso forfettario come per legge nella misura del 15% dei compensi; 3) Dà atto che, per effetto dell'odierna decisione, sussistono i presupposti di cui all'art. 13 comma 1 quater DPR n. 115/02, per il versamento da parte dell'appellante di un ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto. 
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 2.12.2025.  ### estensore ### dott.ssa ### dott. ### 

causa n. 4739/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Scotti D'Abbusco Emilia, Celentano Nicoletta, Forgillo Eugenio

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