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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ### civile Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 1566/2018 promossa da: ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### SALVADOR, elettivamente domiciliat ####### 26 ATTORE contro ### (C.F. ###) #### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### elettivamente domiciliat ####### 39 CONVENUTO e contro ### (###### L'### (C.F. ###), in persona del ### del ### per l'### dott.ssa ### con il patrocinio dell'avv. ### elettivamente domiciliat ###atti ### Oggetto: responsabilità professionale ### Le parti hanno concluso come da verbale dell'udienza del 9.11.2021 ***
Motivi in fatto e in diritto della decisione Con atto di citazione depositato telematicamente in data ###, ### ha convenuto in giudizio ### e ### al fine di veder accertare la responsabilità della prima per avere abusivamente esercitato la professione di avvocato, percependo indebitamente la somma complessiva di € 2.779,30 per il procedimento instaurato dinanzi al Tribunale di Novara e ivi rubricato al n. r.g. 1241/2017, con conseguente condanna alla restituzione delle suddette somme; nonché al fine di veder accertare la responsabilità del secondo per l'inadempimento o l'inesatto adempimento colpevole in relazione al medesimo procedimento e, conseguentemente, dichiarato nullo e/o risolto il contratto di mandato professionale e comunque non dovuto ex art 1460 cc il compenso professionale, al fine di ottenerne la condanna al risarcimento di tutti i danni da esso attore patiti, quantificati nella misura di € 48.000,00 o nella diversa, maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, oltre interessi legali dal dovuto al saldo, con rivalutazione monetaria a decorrere dalla data dell'intervento chirurgico.
La convenuta ### nonostante la regolare notifica dell'atto di citazione, non si è costituita e ne è stata dichiarata la contumacia all'udienza dell'8.10.2019. ### si è costituito, resistendo integralmente alla domanda attorea, di cui, in via di principalità, ha chiesto il rigetto. In via subordinata, il convenuto ha domandato, previo accertamento dell'esercizio abusivo della professione da parte della ### il rigetto della domanda proposta nei propri confronti, con conseguente condanna della convenuta ### al risarcimento degli eventuali danni patiti dal ### nonché, in via ulteriormente subordinata, previo accertamento del concorso della ### nella causazione dell'esito sfavorevole del giudizio de quo, la condannata in solido della ### al risarcimento dovuto in favore dell'attore.
Il convenuto ha altresì chiamato in giudizio ### (#### con cui ebbe a stipulare polizza di assicurazione dei rischi derivanti dall'attività professionale, proponendo nei confronti del terzo domanda subordinata di manleva per quanto eventualmente tenuto a pagare all'attore a titolo risarcitorio, in relazione all'esito del giudizio.
Si è costituita la compagnia assicuratrice, contestando l'operatività della polizza; eccependo la decadenza dell'assicurato dal diritto all'indennizzo nonché i limiti all'indennizzo derivanti dal contratto; in ogni caso, infine, proponendo difese sostanzialmente adesive a quelle del proprio assistito. ### ha dunque concluso chiedendo il rigetto delle domande proposte nei propri confronti, in via principale per inoperatività della polizza o per decadenza dell'assicurato e in via subordinata per il rigetto delle domande proposte dall'attore; in via di ulteriore subordine, il contenimento della domanda di manleva entro i soli danni dall'avv. ### direttamente cagionati e comunque entro i limiti derivanti dalle eccezioni contrattuali proposte dalla terza chiamata.
Esperita, senza esito, la negoziazione assistita, non introdotta dalla parte attrice anteriormente alla notifica della citazione, e depositate le memorie di cui all'art. 183, co. 6 c.p.c., è stata disposta CTU medico legale al fine di valutare la sussistenza del danno biologico vantato dall'attore in relazione al trattamento ortodontico cui fu sottoposto nel 2012 presso l'### di ### oggetto del procedimento n. 1241/2017.
All'esito, forniti dai CTU i chiarimenti richiesti, all'udienza del 9.11.2021 la parte attrice ha dato atto di rinunciare alle domande nei confronti della convenuta ### avendo raggiunto con la stessa un accordo conciliativo, precisando per il resto le conclusioni come da punti 2, 3 e 4 delle conclusioni formulate nell'atto di citazione (per mero errore materiale, evidente dal complessivo tenore della verbalizzazione, la parte attrice è stata indicata come “parte convenuta Aliprandi”). Il convenuto ### e la terza chiamata hanno a propria volta precisato le conclusioni rispettivamente come da comparsa di costituzione e da foglio depositato telematicamente in data ### e la causa è stata trattenuta in decisione con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. *** 1.
Preliminarmente, va precisato che l'avvenuta precisazione delle conclusioni, all'udienza del 9.11.2021, da parte dell'avv. ### medesimo, presente quale sostituto processuale del proprio difensore, non vizia l'attività compiuta.
A norma dell'art. 86 c.p.c., infatti, la parte processuale che ha la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore può stare in giudizio senza l'assistenza di un altro avvocato.
Deve ritenersi, allora, a maggior ragione, che non sussistano ragioni ostative a che la parte, laddove ne abbia la qualità, possa svolgere attività in sostituzione del proprio difensore.
E' poi appena il caso di richiamare che, anche nell'ipotesi in cui il convenuto non fosse stato validamente rappresentato all'udienza suddetta, non vi sarebbero conseguenze sul piano processuale. Per consolidato principio, la mancata precisazione delle conclusioni non significa rinuncia alle domande, bensì conferma delle conclusioni già in precedenza formulate, operando una presunzione per la quale il giudice deve esaminare le conclusioni del primo atto della parte o di quelle successivamente modificate od integrate, le quali deve ritenersi siano rimaste ferme nella intenzione della parte (cfr. in tal senso: Cass., 5018/2014). 2.
Stante l'avvenuta rinuncia da parte dell'attore alla domanda proposta nei confronti della convenuta ### vanno decise in questa sede unicamente le residue domande attoree, proposte nei confronti dell'avv. #### chiede in primo luogo che, accertato il colpevole inadempimento dell'### alle obbligazioni assunte quale difensore in relazione al giudizio n. r.g. 1241/2017 Trib. ### il contratto con lo stesso stipulato sia dichiarato nullo e/o risolto e comunque che sia dichiarato non dovuto al professionista alcun compenso; in secondo luogo che lo stesso sia condannato al risarcimento dei danni da esso attore subiti in conseguenza del suddetto inadempimento.
La prima domanda in parte è infondata, non essendo il grave inadempimento causa di invalidità del contratto e non potendo un contratto ad esecuzione continuata, quale quello avente ad oggetto un incarico difensivo, risolversi quando lo stesso sia ormai esaurito (art. 1458 c.c., a mente del quale la risoluzione ha effetto retroattivo, salvo il caso di contratti a esecuzione continuata o periodica, per i quali l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite); per la residua parte, quanto all'accertamento che alcun compenso spetta all'avv. ### per l'attività svolta, essa è inammissibile per difetto di interesse ad agire, non essendo stato allegato, né comunque emergendo dagli atti, che il professionista abbia mai preteso o pretenda il pagamento di somme quale corrispettivo dell'attività svolta nel procedimento in questione, neppure in via stragiudiziale e anteriormente all'instaurazione del presente giudizio. 3.
La domanda risarcitoria è invece fondata nei termini e per le ragioni che di seguito si espongono. 3.1.
E' principio pacifico che l'obbligazione assunta da un avvocato nei confronti del proprio cliente, nell'ambito del contratto di prestazione d'opera professionale con lo stesso stipulato, abbia natura di obbligazione di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, si impegna ad espletare la propria attività, volta a porre in essere tutte le condizioni tecnicamente necessarie a consentire al cliente la realizzazione dello scopo perseguito, ma non si impegna con la propria opera professionale al conseguimento del risultato sperato (cfr. in tal senso Cass., n. 7309/2017; n. 11906/2016). ### del professionista, pertanto, non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile cui mira il cliente, ma soltanto dalla violazione del dovere di diligenza adeguato alla natura dell'attività esercitata. Il grado di diligenza richiesto all'avvocato è quello medio inerente alla natura dell'attività prestata (cfr. l'art. 1176, co. 2 c.c. secondo cui “nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata"). Solo ove la prestazione professionale da eseguire in concreto involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, la responsabilità del professionista è attenuata, configurandosi, secondo l'espresso disposto dell'art. 2236 c.c., unicamente ove ricorra il dolo o la colpa grave, con conseguente esclusione nell'ipotesi in cui nella sua condotta si riscontrino soltanto gli estremi della colpa lieve (v. Cass. n. 8470/1995; n. 2954/2016).
Da tali premesse consegue che l'affermazione della responsabilità professionale dell'avvocato implica l'indagine, positivamente svolta sulla scorta degli elementi di prova che il cliente ha l'onere di fornire, circa il sicuro e chiaro fondamento dell'azione che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata e, in definitiva, la certezza morale che gli effetti di una diversa sua attività sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente medesimo (Cass., 16846/2005).
La responsabilità dell'avvocato non può dunque affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente e, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone (Cass., n. 1984/2016; 2638/2013).
In definitiva, l'avvocato è responsabile nei confronti del proprio cliente, ai sensi degli artt. 2236 e 1176 c.c., in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge e, in genere, nei casi in cui, per negligenza o imperizia, compromette il buon esito del giudizio (Cass., 11906/2016), sulla base di una valutazione prognostica alternativa ipotetica positiva circa il probabile esito favorevole che l'azione giudiziale avrebbe avuto qualora l'attività difensiva omessa fosse stata effettivamente posta in essere o là dove la condotta scorretta fosse stata evitata.
Ne consegue, in tema di ripartizione degli oneri probatori, che sul cliente che sostiene di aver subito un danno per l'inesatto adempimento del mandato professionale del suo avvocato, grava l'onere di provare: a) l'avvenuto conferimento del mandato difensivo; b) la difettosa o inadeguata prestazione professionale; c) l'esistenza del danno; d) il nesso di causalità tra la difettosa o inadeguata prestazione professionale e il danno (cfr. Cass., n. 12354/2009; 9238/2007; n. 16846/2005), da accertarsi con giudizio controfattuale alla stregua del criterio del "più probabile che non", onde appurare se, qualora il legale non avesse commesso errori, il giudizio avrebbe avuto un esito diverso e la parte avrebbe potuto conseguire il risultato voluto (Cass., n. 3566/2021). Solo ove il cliente attore abbia assolto al suddetto onere, compete al convenuto dare prova, a norma dell'art. 1218 c.c., che l'inadempimento o l'inesatto adempimento “è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. 3.2.
Nel caso oggetto di causa, dalla documentazione presente in atti risultano provati i seguenti fatti.
In data ### si svolse l'incontro per la mediazione in una lite avviata dall'odierno attore, assistito dall'### nei confronti dell'### “Maggiore della Carità” di ### per una ipotesi di responsabilità medica e sanitaria relativa a cure odontostomatologiche prestate fra il 2012 e il 2013, incontro che si concluse senza esito per la mancata partecipazione dell'### In data ### la ### inviò all'attore una e-mail in cui spiegava le fasi e i presumibili tempi della procedura giudiziale da introdursi contro l'### inviando notula, intestata allo “### Pirovano”, per compensi professionali per € 2430, oltre spese per CU e marca da bollo.
Nella stessa data l'attore dichiarò l'intenzione di procedere in via giudiziale, chiedendo conferma dei costi complessivi per € 6.200, comprensivi degli incarichi al medico legale.
Con successivi bonifici l'attore corrispose alla ### l'importo complessivo a titolo di acconto di € 1100,00. Il ###, inoltre, il ### pagò tramite ### contributo unificato e marca, pari in totale a € 286, inviando alla ### la prova del pagamento.
In data ### la ### inviò al ### procura alle liti in favore della ### medesima, unitamente a tale avv. ### avente studio in ### segnalando che si trattava della procura corretta e che nulla sarebbe cambiato sotto il profilo del compenso.
In data ### l'attore versò alla ### a mezzo bonifico ulteriore acconto per € 200.
E' documentato che la causa sia stata invece introdotta con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., datato 13.4.2017, a firma dell'avv. ### sulla base di procura alle liti allo stesso conferita in data ###, autenticata dal difensore, sottoscritta da quest'ultimo telematicamente il ###.
Risulta, inoltre, dagli atti di quel giudizio, che l'udienza di comparizione delle parti fu fissata dal GOT dott. ### assegnatario della causa, per il successivo 6.10.2017; che, con nota del 14.7.2017, la parte ricorrente depositò i documenti indicati nel ricorso introduttivo; che alla suddetta udienza del 6.10.2017 la resistente ### come già in comparsa di costituzione, eccepì la decadenza della controparte dalla produzione documentale, eseguita non contestualmente alla iscrizione a ruolo; che parte attrice il ###, nel termine assegnato dal giudice, depositò nota in merito a tale eccezione, rilevando come solo il doc. 8 (la relazione medico legale di parte a firma del dott. ### fosse stato depositato tardivamente, siccome inizialmente non accettato per le dimensioni della busta, sostenendo che ciò non pregiudicasse la corretta costituzione attorea, essendo provata la responsabilità della struttura ospedaliera sulla base degli altri documenti tempestivamente prodotti, provvedendo altresì al deposito della relazione del dott. ### in allegato alla suddetta memoria; che, infine, il procedimento fu deciso con ordinanza pronunciata dal GOT dott. ### in data ###, con cui il giudice dichiarò inammissibili tutte le produzioni documentali di parte ricorrente (in quanto, mentre il ricorso era stato depositato e iscritto a ruolo in data 13 aprile 2017, i documenti in esso indicati erano stati in parte depositati il successivo 14 luglio 2017 e, quanto al doc. n. 8, in data ###: dunque, non contestualmente alla iscrizione a ruolo del ricorso, come sostenuto dal ricorrente, ma successivamente al decreto di fissazione di udienza da parte del giudicante e l'ultimo addirittura successivamente alla costituzione della resistente) e respinse di conseguenza, in quanto non provata, la domanda, condannando il ricorrente a rifondere alla resistente le spese di giudizio, liquidate in € 2.700,00 oltre rimborso spese generali 15%, c.p.a. e i.v.a.
Quanto ai rapporti intercorsi fra la ### e l'### è documentato dallo scambio di comunicazioni intercorso fra gli stessi che il ### la ### contattò l'avv. ### con cui aveva avuto modo di collaborare precedentemente, segnalandogli di avere necessità di depositare un ricorso ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c. contro l'### di ### di non voler comparire come difensore del ricorrente, allegando ragioni di incompatibilità, e di avere già ottenuto l'assenso del cliente al conferimento della nomina per l'avv. ### medesimo. Alla mail la ### allegò il ricorso in formato word, comunicando che avrebbe inviato il pdf dell'atto e i documenti per provvedere al deposito. Lo stesso giorno l'avv. ### ricevette dalla ### sempre via mail, la delega, recante sottoscrizione “### Barra”; nonché, successivamente, il ricorso in formato pdf e 3 documenti, con il consiglio, per evitare che la busta fosse troppo pesante, di depositare unitamente al ricorso e alla procura solo uno, massimo due documenti, per poi provvedervi una volta ottenuto il numero di RG.
Sempre lo stesso giorno, comunque, la ### inviò all'avv. ### gli ulteriori otto documenti citati in ricorso, oltre alla ricevuta di pagamento del contributo unificato.
Il ### l'avv. ### inviò alla ### il numero di RG del procedimento e la designazione del giudice, ottenendone ringraziamento “per l'aggiornamento”.
Il ### la ### fornì indicazioni all'avv. ### circa il calcolo del termine entro cui procedere alla notifica del ricorso a controparte, tenendo conto della necessità di rispettare la previsione in ordine ai termini difensivi a quest'ultima spettanti, e circa le modalità con cui riteneva opportuno procedere. Inoltre, facendo riferimento al fatto che il limite di capacità massima della busta all'atto del deposito non avesse permesso al difensore di depositare tutti i documenti, circostanza evidentemente precedentemente protestata dall'### (ma nella documentazione in atti non compare documentazione al riguardo), la ### diede indicazioni su come procedere, a quel punto, al deposito telematico. Il ### l'avv. ### rispose che avrebbe provato a depositare i documenti.
Il ### la ### inviò la memoria da depositare entro il termine assegnato dal giudice all'udienza del precedente 6 ottobre, invitando l'### al deposito in giornata; nello stesso giorno inviò una ulteriore versione della nota.
Con mail del 24.11.2017 l'avv. ### inviò alla ### l'ordinanza di definizione del procedimento, provvedimento che l'odierno attore ricevette dalla ### unitamente al ricorso, con mail del 1.2.2018.
Dalle notizie fornite dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di ### a mezzo PEC del 19.2.2018, è risultato che ### già iscritta all'### suddetto dal 28.4.2005 come praticante, dal 25.1.2007 come praticate abilitata al patrocinio e dal 29.1.2013 come praticante semplice, per scadenza del periodo massimo di patrocinio, si vide dapprima rifiutare in data ### l'iscrizione come avvocato - chiesta sulla base dell'avvenuto superamento dell'esame per il riconoscimento del titolo di “abogado” - per la mancanza del requisito di cui alla lettera h dell'art. 17, l. n. 247/2012 e fu successivamente radiata dal registro dei praticanti con delibera del 7.11.2014 (provvedimento confermato dal CNF il ###).
All'epoca dell'introduzione del giudizio contro l'### di ### dunque, la ### - praticante priva di patrocinio sino al 29.7.2016 e da tale data radiata anche dal registro dei praticanti semplici - non aveva alcun titolo di abilitazione allo svolgimento di attività riservata agli avvocati. 3.3.
Così ricostruiti i rapporti fra le parti e le vicende del giudizio n. 1241/2017 Trib. ### va in primo luogo rilevato che è documentato il conferimento da parte del ### all'avv. ### di procura alle liti, sulla base della quale il giudizio suddetto venne introdotto. ### ha negato di essere stato informato che sarebbe stato rappresentato in giudizio dall'avv. ### e di aver mai conferito incarichi allo stesso, disconoscendo la riconducibilità alla propria mano della sottoscrizione apposta in calce alla procura ad litem versata nel giudizio suddetto. ### nella risposta al legale dell'attore contenuta nella pec del 15.2.2018, ha asserito che invece il ### ne sarebbe stato informato e avrebbe acconsentito alla nomina, purché la ### si impegnasse alla sua difesa sostanziale. ###. ### ha prodotto in giudizio le comunicazioni mail con cui la ### gli trasmise la procura sottoscritta, allegando ragioni di incompatibilità ad assumere l'incarico e asserendo che il cliente fosse d'accordo a rilasciare la delega all'avv. ### Ora, essendo stata la procura alle liti rilasciata all'avv. ### da quest'ultimo autenticata, sarebbe stato necessario al ### volendo contestare l'autografia della propria sottoscrizione, proporre querela di falso (Cass., n. 28004/2021; n. 4094/2019; 19785/2018), ragione per la quale non si è ammessa la consulenza tecnica d'ufficio, chiesta dall'attore, volta a indagare l'autenticità della sottoscrizione. In mancanza, considerato il valore fidefacente dell'autentica, rimane fermo - contro l'attore, che addebita in primo luogo all'avv. ### di non aver diligentemente verificato la provenienza della sottoscrizione in sede di autentica - il conferimento al legale della procura ad litem e, dunque, dell'incarico della propria difesa e rappresentanza processuale nel giudizio.
Quanto al fondamento dell'azione risarcitoria proposta dal ### contro l'avv. ### per il cattivo esito del giudizio, pur dovendosi attribuire valore alla circostanza che il primo abbia riconosciuto, contro di sé, di non avere conferito alcun incarico al secondo - e dunque la mancanza di accordo contrattuale stipulato fra gli stessi -, ritiene il Tribunale che ciò non faccia venir meno la responsabilità professionale, e dunque contrattuale, del legale, per i comportamenti colpevoli che abbiano causato danno al cliente.
In tema di attività professionale svolta dagli avvocati, vanno tenuti distinti il conferimento della procura ad litem, che costituisce un negozio unilaterale soggetto a forma scritta, con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, e il contratto di patrocinio, che costituisce un negozio bilaterale, non soggetto a vincoli di forma, con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema del mandato e del contratto d'opera, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte (cfr. Cass., n. 8863/2021).
La falsità della sottoscrizione della procura alle liti - falsità che, sino a vittorioso esperimento di querela di falso, non può essere affermata - porrebbe in ipotesi il problema della validità dell'attività processuale compiuta nei confronti dell'apparente rappresentato, essendo il negozio relativo a forma vincolata, questione tuttavia estranea al presente giudizio.
La responsabilità del difensore nei confronti del cliente è azionata, invece, nell'ambito del contratto di patrocinio, riconducibile allo schema del mandato e del contratto d'opera.
Ebbene, se pure il ### come lo stesso asserisce, in effetti non avesse autorizzato l'assunzione della difesa da parte dell'avv. ### sottoscrivendo a distanza il relativo mandato, dovrebbe ritenersi, sulla base della documentazione in atti, proveniente dallo stesso ### che il contratto di patrocinio si sia concluso fra il ### e la ### e che sia stata quest'ultima a sostituire a sé l'avv. ### nell'esecuzione dell'incarico, senza renderne conto al cliente. Dovrebbe allora applicarsi - se non in via diretta, quantomeno in via analogica - il disposto dell'art. 1717 c.c., secondo cui il mandatario che, senza autorizzazione, sostituisce altri a sé stesso nell'esecuzione del mandato risponde dell'operato della persona sostituita, ma il mandante ha azione diretta contro quest'ultima.
In ultima analisi, il legale che abbia assunto il patrocinio in giudizio del soggetto apparentemente rappresentato, risponde in ogni caso nei confronti di quest'ultimo - anche ove abbia agito all'insaputa del cliente e salve, in tal caso, ulteriori e diverse azioni da quest'ultimo intraprese per far valere, se del caso, la falsità della sottoscrizione - degli errori eventualmente commessi nell'esercizio dell'attività processuale allo stesso demandata, tanto o in virtù di un obbligo contrattualmente assunto o in virtù di un'obbligazione assunta ex lege, in applicazione analogica dell'art. 1717 ultimo comma 3.4.
Ciò posto, l'attore addebita al legale il mancato deposito, unitamente al ricorso, di tutti gli allegati posti a sostegno dello stesso, omissione da cui è derivato il rigetto della domanda proposta; la scelta di introdurre il giudizio con il rito sommario, anziché con quello ordinario; infine, di non avere portato il cliente immediatamente a conoscenza del provvedimento di rigetto dell'azione, pregiudicando la possibilità di proporre appello avverso l'ordinanza.
La scelta del rito non pare, nel caso di specie, imputabile a negligenza o imperizia del legale, né in sé può dirsi causa di danni per il cliente. E' in questione, infatti, unicamente la mancata produzione di documenti, di per sé compatibile con il rito; ove, poi, il giudice avesse valutato i documenti prodotti, avrebbe verosimilmente disposto la consulenza tecnica d'ufficio necessaria alla decisione sulla domanda attorea, ciò o nello stesso rito sommario o previo mutamento del rito a norma dell'art. 702 ter, co. 3 c.p.c.
E' invece un dato di fatto, come si evince dalla lettura dell'ordinanza di definizione del proc. n. 1241/2017, che il rigetto della domanda sia dipeso dalla mancata allegazione al ricorso, all'atto dell'iscrizione a ruolo, dei documenti ivi indicati, sul presupposto che il ricorrente fosse incorso in decadenza e che la successiva produzione non fosse perciò ammissibile.
Risulta altresì dalla documentazione in atti che il ### abbia ricevuto (dalla ### comunicazione dell'ordinanza di rigetto solo il ###, quando i termini per l'appello, da proporsi entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento a norma dell'art. 702 quater c.p.c. co. 1, erano ormai decorsi (non è nota la data della comunicazione, tuttavia certamente anteriore al 24.11.2017, data in cui l'avv. ### avendola evidentemente ricevuta, ne trasmise notizia, unitamente al provvedimento medesimo, alla ###.
Nella valutazione della condotta del difensore deve tenersi conto del principio, sancito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, poiché l'art. 702-bis c.p.c., ai commi 1 e 4, non prevede alcuna specifica sanzione processuale, né in relazione al mancato rispetto del requisito di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti di cui il ricorrente e il resistente intendano, rispettivamente, avvalersi, né in relazione alla mancata allegazione di detti documenti al ricorso o alla comparsa di risposta, è ammissibile la produzione documentale eseguita, nell'ambito del procedimento sommario disciplinato dagli artt. 702-bis e ss., successivamente al deposito del primo atto difensivo e fino alla pronuncia dell'ordinanza di cui all' art. 702-ter c.p.c. Trattasi, peraltro, di principio solo di recente affermato in modo espresso dalla Corte di Cassazione (Cass., n. 46/2021), peraltro in una sola occasione, preceduta unicamente da Cass., n. 4485/2014, secondo cui la scelta del giudice di merito di esercitare o meno, nell'ambito del rito sommario di cognizione, gli ampi poteri d'iniziativa istruttoria concessigli dall'art. 702 ter c.p.c. esprime una valutazione discrezionale, insindacabile in sede di legittimità se sorretta da una motivazione esente da vizi di logica giuridica, restando nel contempo “esclusa la sola possibilità di decidere la controversia mediante l'applicazione dell'art. 2697 c.c., quale regola di giudizio, nel senso che il giudice non può dare per esistenti fonti di prova decisive e nel contempo astenersi dal disporne l'acquisizione d'ufficio”: affermazione che implica il sostanziale potere-dovere di supplire da parte del giudice, in tale rito, a eventuali carenze delle parti nell'offerta di prove, laddove le stesse siano certamente esistenti e certamente rilevanti, come nel caso di specie.
Alla luce di quanto sopra osservato, si ritiene che, comunque si intenda ricostruire la disciplina codicistica relativa al rito sommario di cui all'art. 702 bis c.p.c., sia ravvisabile una negligenza da parte dell'avv. ### nella conduzione della difesa del ### o, secondo la tesi seguita dal giudice del procedimento in questione, deve in effetti individuarsi una decadenza in capo al ricorrente che non alleghi al ricorso tutta la documentazione che intenda offrire a sostegno della propria domanda; o, secondo il diverso principio espresso nelle pronunce su richiamate, la successiva produzione, avvenuta anteriormente alla pronuncia dell'ordinanza di definizione del procedimento, si sarebbe dovuta ritenere ammissibile, ma, in tal caso, costituisce mancanza del difensore in primo luogo non aver fatto valere detto orientamento dinanzi al giudice del procedimento, nel termine dallo stesso assegnato con l'ordinanza del 6.10.2017, e in secondo luogo, soprattutto, non avere consentito al cliente, mediante tempestiva comunicazione dell'ordinanza, l'impugnazione della stessa al fine di ottenerne la riforma della stessa.
Entrambe le omissioni, costituenti inadempimento dell'obbligo di esecuzione del mandato difensivo con la diligenza richiesta al professionista, sono altresì colpevolmente imputabili all'avv. ### che non può invocare, quale scusante, la natura dei rapporti intercorsi con la ### E' allegazione dello stesso attore di avere sempre intrattenuto i rapporti con la sola ### convinto, in buona fede, che ella fosse un avvocato, tramite sessioni in studio e telefoniche e corrispondenza via mail.
Sulla base di tali elementi e considerato il tenore delle comunicazioni inviate dalla ### all'attore, da un canto, e all'avv. ### d'altro canto, sia anteriormente all'instaurazione della causa per responsabilità medica, sia in pendenza della stessa, sia dopo il rigetto della domanda ivi proposta, può ritenersi in effetti dimostrato che sia stata la stessa a “gestire” la pratica e il cliente, mantenendo i contatti con il ### predisponendo gli atti, poi inviati all'avv. ### per il deposito, fornendo consigli e istruzioni sul modo di procedere.
Ciò non toglie, tuttavia, che sia stato il solo avv. ### ad assumere il patrocinio del ### in giudizio e la correlativa responsabilità. Sarebbe stato obbligo del patrocinatore, dunque, curare l'esatto adempimento di tutte le attività difensive necessarie alla buona difesa - in primis il deposito degli allegati al ricorso, peraltro tempestivamente inviatigli allo scopo - e assicurarsi altresì che il cliente ricevesse le informazioni, circa l'andamento processuale, necessarie alla tutela della propria posizione - in particolare, la comunicazione del rigetto, pretendendo di ottenere allo scopo i recapiti del cliente o, quantomeno, l'evidenza dell'avvenuta comunicazione allo stesso da parte della ### Dello svolgimento delle attività processuali e della esatta informazione del loro andamento e del loro esito nei confronti del cliente, infatti, non può che rispondere colui che nel giudizio abbia assunto il ruolo di difensore, non essendovi possibilità di distinguere, al riguardo, fra “forma” e “sostanza”.
Nella già di per sé anomala situazione venutasi a creare, ossia l'assunzione dell'incarico difensivo da parte di un cliente mai conosciuto, con il quale l'interlocuzione fu mediata completamente da soggetto terzo, sia pure in allora ritenuta essere una collega, la responsabilità dell'avv. ### direttamente derivante dalla consapevole accettazione del mandato di patrocinatore, non è dunque esclusa dal fatto che sia stata la ### a intrattenere i rapporti con il cliente e a confezionare gli atti, essendo individuabili mancanze colpevoli direttamente ascrivibili a colui che aveva assunto l'incarico di patrocinio in giudizio.
Ancora nel presente giudizio il convenuto ha sostenuto che al momento del deposito dell'atto introduttivo del giudizio, essendo i documenti da allegare particolarmente pesanti, l'Avv. ### riusciva a trasmetterne solo una parte, non meglio identificata, ma l'assunto risulta smentito da quanto rilevato in fatto in tale ordinanza. La circostanza, poi, che subito dopo l'avv. ### abbia contattato la ### spiegandole il problema, ricevendone assicurazione dalla stessa che avrebbe provveduto al deposito dei documenti mancanti alla cancelleria del Tribunale di ### in modalità cartacea, è rimasta sfornita di prova e, comunque, contrasta sia con la comunicazione degli estremi della causa alla ### documentalmente avvenuta solo il ### - e non a stretto giro, per consentire l'immediato deposito - sia con la mancata presentazione di istanza di autorizzazione al deposito cartaceo.
Solo nel luglio 2017 nelle conversazioni via e-mail intercorse fra la ### e l'### emerse una difficoltà di quest'ultimo con il deposito telematico, a causa del peso dei documenti (cfr. docc. 11 e 12 del convenuto): né, per le ragioni anzidette, può avere alcuna efficacia “esimente” la circostanza che la stessa ### parrebbe non avere apprezzato le conseguenze del tardivo deposito, fornendogli indicazioni per provvedere a quel punto e occupandosi di predisporre le memorie depositate in causa sul punto. ###. ### in definitiva, è tenuto a rispondere della negligente difesa in giudizio dell'odierno attore, da lui patrocinato, venendo in questioni errori e mancanze direttamente imputabili allo stesso, costituenti inadempimento colpevole delle obbligazioni sullo stesso gravanti nei confronti del patrocinato. 3.5.
Si tratta ora di stabilire se, in conseguenza del suddetto inadempimento, l'attore abbia subito i danni dallo stesso vantati.
La causa n. 1241/2016 Trib. ### venne introdotta al fine di veder accertare la responsabilità dell'### della ### di ### per il trattamento ortodontico subito dall'attore nell'anno 2012, dal paziente ritenuto inadeguato e fonte di lesioni.
In particolare, nel ricorso introduttivo del suddetto giudizio l'attore esponeva di essersi rivolto alla ### di ### e ### dell'### “### della Carità” di ### per risolvere un difetto estetico funzionale di mala occlusione dell'apparato dentale; di aver ricevuto diagnosi di bruxismo, con prescrizione della necessità di effettuare una terapia di espansione rapida del palato per ovviare a tale difetto, senza spiegazione dei rischi e delle possibilità di insuccesso di detta terapia, data l'età adulta del soggetto su cui sarebbe stata eseguita (l'attore aveva 41 anni all'epoca dei fatti), e a seguire un intervento ortodontico fisso bimascellare per migliorare il disallineamento dentale; di aver pagato anticipatamente l'importo totale delle cure; che l'espansore fu posizionato e cementato il 9 ottobre 2012, con prescrizione del numero di attivazioni - ossia dei giri di vite dell'apparecchio - da effettuarsi settimanalmente mediante l'apposita chiavetta in uso al paziente, poi ridotti in seguito a controllo; che, a causa dei fastidi subiti dalla terapia, l'attore annullò il controllo ambulatoriale fissato per il ### e si rivolse per una visita ortodontica al #### già direttore della ### di ### in chirurgia ### - ### dell'### di ### il quale in data 12 dicembre 2012 predispose una relazione ritenendo inadeguato il trattamento ortodontico in atto, poiché “potenzialmente lesivo delle strutture dento - parodontali con alta incidenza di recidiva ortodontica”; che l'attore sospese allora definitivamente il trattamento, rivolgendosi per un ulteriore controllo al Dott. Luini, specialista in ortodonzia, il quale, in data 3 gennaio 2013, valutata la documentazione iniziale (anamnesi, modelli studio, ortopantomografia e teleradiografia), indicò che la scelta terapeutica dell'espansore rapido del palato e la successiva terapia ortodontica fissa bimascellare era totalmente inadeguata; di essersi, infine, rivolto allo #### di ### il quale indicò la via di un intervento combinato ortodontico - chirurgico per risolvere almeno parzialmente i danni cagionati dall'espansore del palato.
A fronte di tali fatti, il ricorrente chiedeva nel proc. n. 1241/2017 il pagamento di € 3.159,28 a titolo di danno biologico temporaneo, di € 1.475,16 a titolo di danno biologico permanente (2 %), di € 1.750,18 a titolo di danno morale, di € 20.000,00 per spese future per i trattamenti di ortodonzia pre - chirurgica e post - chirurgica nonché per l'intervento di chirurgia maxillo - facciale, nonché di € 2.867,82 a titolo di refusione delle spese già corrisposte all'### Con la comparsa di costituzione nel procedimento suddetto, l'### confermava che, per il problema di malocclusione lamentato dal paziente, si era concordato con il paziente un piano di trattamento composto da una prima fase, volta all'espansione lenta del palato (con disgiuntore palatino di tipo ###, e una seconda e successiva fase di terapia ortodontica fissa bimascellare - multi brackets, volta a migliorare il disallineamento dentale, e che in effetti il disgiuntore era stato applicato il ###. La convenuta contestava, tuttavia, l'erroneità della scelta del trattamento ortodontico, asserendo che esso avrebbe consentito il miglioramento dell'imperfezione estetica lamentata dal paziente, se questi non lo avesse volontariamente interrotto sin dalla sua prima fase, destinata per sua natura a determinare una nuova occlusione instabile, prima di passare al trattamento multibrackets, che avrebbe portato un oggettivo e definitivo miglioramento.
Sosteneva, poi, l'### che comunque l'apparecchio installato non aveva procurato alcun inestetismo più grave di quello che si mirava ad eliminare o ad attenuare, né tantomeno aveva determinato un danno funzionale permanente, né aveva reso necessaria alcuna cura chirurgica supplementare. Quanto al trattamento composto (terapia ortodontica e terapia chirurgica), prospettato dal professor ### e riproposto dal dottor ### l'### evidenziava trattarsi di una alternativa alla terapia intrapresa e poi interrotta, che sin dall'inizio si sarebbe potuta adottare e che comunque rimaneva adottabile, senza aggravio, per la risoluzione del danno estetico originale. Sia pure evidenziando la mancanza, agli atti, della relazione medico legale di parte, la convenuta contestava, poi, la debenza e il quantum delle singole voci risarcitorie esposte dal ricorrente.
Nel presente giudizio è stata svolta consulenza tecnica d'ufficio, sulla base della sola documentazione che, essendo certamente a mani del difensore all'atto del deposito del ricorso ed essendo stata in esso puntualmente indicata a sostegno degli assunti ivi contenuti, il legale avrebbe dovuto contestualmente depositare.
Non sono valutabili, invece, ulteriori documenti, prodotti solo in questo giudizio, essendo la consulenza volta non ad accertare tout court l'eventuale responsabilità dell'### e i danni subiti dal ### bensì, in via prognostica e controfattuale, quale sarebbe stato l'esito del proc. n. 1241/2017, se i documenti indicati nel ricorso fossero stati tempestivamente allegati allo stesso e fossero stati pertanto ritenuti dal giudice utilizzabili.
Non viene in considerazione, invece, non avendo l'odierno attore nulla contestato al riguardo, l'eventuale erronea valutazione di completezza della documentazione suddetta a sostegno di tutte le domande proposte dal ### nel precedente giudizio: senza contare che sarebbe stato necessario per l'attore dimostrare di avere tempestivamente rimesso al difensore anche ulteriore documentazione, e che sia addebitabile a quest'ultimo la scelta di non avvalersene.
Ora, lo svolgimento della CTU ha consentito di accertare che la documentazione menzionata nel ricorso ex art. 702 bis c.p.c., quand'anche tempestivamente prodotta in giudizio e valutata dal giudice, sarebbe risultata carente e idonea solo in parte a sostenere la prova dei danni vantati dall'allora ricorrente.
Tolta, infatti, la cartella clinica, cui peraltro non sono allegati tutti gli esami specialistici in essa menzionati, nel proc. n. 1241/2017 il ricorrente depositò unicamente relazioni mediche di parte (quella del dott. ### e quella del dott. ### nonché uno “studio ### dr.
Giorgi” che nel presente giudizio non è stato prodotto). In tali varie relazioni è fatto riferimento a radiografie ed esami, i cui referti non furono allegati al ricorso ex art. 702 bis c.p.c. (e neppure sono stati prodotti nel presente giudizio). ###, chiamato, dunque, a compiere una valutazione sulla base degli stessi documenti che avrebbe valutato il CTU del proc. n. 1241/17, se la consulenza fosse stata ammessa, ha evidenziato che non sussiste evidenza di quale sia stata la situazione della bocca dell'attore prima, durante e dopo il trattamento denunciato, se non per quanto risulta dalla cartella clinica dell'### nonché dalle relazioni di visita del dott. ### e del dott. ### su menzionate.
Su tali basi, il CTU ha potuto valutare come totalmente errata la scelta circa il trattamento adottato dai sanitari dell'### novarese per risolvere la malocclusione, dal momento che l'uso della vite di ### è indicato solo in giovane età, quando la sutura palatina non si è ancora saldata, mentre il ### aveva all'epoca superato i quarant'anni, età in cui la sutura mediana è saldamente formata e non può essere aperta tramite la vite. Tale risultato si sarebbe potuto ottenere solo con un intervento chirurgico maxillo-facciale. ### ha poi esposto che l'effetto di questa vite, non potendo aprire la sutura mediana, si scarica tutto sulla dentatura cui si appoggia, provocando una vestibolarizzazione della dentatura e ha rilevato come nella specie - stando alle relazioni suddette - tale vestibolarizzazione si fosse appunto verificata, determinando un open-bite sia anteriore che laterale con un'occlusione gravemente alterata e, a quanto si legge nelle relazioni ### e ### con un contatto limitato ai denti 2.6 e 3.7 (laterali sinistri), con conseguente sovraccarico e con molta probabilità alterazione dell'articolazione delle ### All'epoca della visita, poi, la dentatura aveva subito - come d'altra parte preventivato dal dott. ### - una recidiva verso la situazione originaria, pur non potendo il CTU affermare, non conoscendola puntualmente, se la stessa si fosse completamente ripristinata.
Ciò posto, il CTU ha ritenuto di avere elementi sufficienti per concludere che la terapia messa in atto sia stata concettualmente errata e che con altissima probabilità abbia provocato i danni descritti nelle relazioni ### e ### mentre ha ritenuto di non avere elementi per valutare l'entità del danno biologico subito, se non un verosimile periodo di inabilità temporanea al 50% (alterata capacità masticatoria, e di conseguenza nutrizionale) di giorni circa 70 (dal 09/10/2012 al 18/12/2012), ossia il periodo in cui il ### portò l'apparecchio applicato nell'### Seguì, poi, secondo il consulente dell'ufficio, un periodo in cui la recidiva riportò i denti circa nella posizione di partenza, con graduale recupero della capacità masticatoria. ### ha ritenuto di poter quantificare l'inabilità temporanea, per tale fase, al 20 %, ma di non avere elementi per quantificarne la durata.
Inoltre ha il CTU ha escluso di avere elementi per stabilire se l'attore abbia subito un danno permanente (essendo pacifica la regressione verso lo stato iniziale, ma non potendosi stabilire se vi sia stato un peggioramento della originaria malocclusione) né se la terapia di cui necessita ad oggi il signor ### (ossia l'intervento di cui al preventivo del dott. ### unitamente a trattamento ortodontico) sia quella di cui egli già necessitava in partenza o se abbia profili di maggiore complessità e aggravio sul paziente, in relazione a un non valutabile esito peggiorativo dell'errato intervento subito.
Le suddette conclusioni appaiono congruamente motivate sulla base della documentazione in atti e si ritengono pertanto pienamente condivisibili.
Da un canto, è sì vero, come sottolineato dal CTP dr. ### (per parte convenuta), che non esistono agli atti elementi oggettivi attestanti la situazione successiva al trattamento (foto, referti di esami) ma solo relazioni mediche di professionisti cui il ### ritenne di rivolgersi per una consulenza. ### ha però chiarito, in primo luogo, come le relazioni ### e ### siano sostanzialmente sovrapponibili, il che induce a tenerne una certa considerazione; in secondo luogo, e soprattutto, come le conseguenze pregiudizievoli in esse descritte siano esattamente quelle attese, in esito all'erroneo trattamento prescelto, applicato ad un adulto, tanto da consentirgli di affermare che quanto riferito dai due professionisti corrisponda allo stato ortodontico del ### all'epoca delle visite da parte degli stessi, con una probabilità vicina alla certezza.
Ugualmente, la stima dell'inabilità temporanea al 50 % è stata motivatamente sostenuta dal CTU che, quanto alla durata, si è riferito a un dato pacifico (il periodo in cui l'apparecchio rimase installato) e, quanto all'incidenza percentuale dei disturbi accertati sulla validità, ha tenuto conto sia dell'aspetto di sofferenza fisica sia dell'incidenza funzionale sulla normale nutrizione. ### canto, non si vede come il CTU avrebbe potuto stimare, sulla base di mere relazioni di parte, l'esistenza di un danno biologico permanente (peraltro quantificato nell'esigua misura del 2%), come pretenderebbe l'attore. ### ha particolarmente insistito sulla valenza probatoria della cartella clinica, che il CTU ha esaminato e che, però, al più attesta le condizioni del paziente al momento in cui lo stesso si rivolse all'### Quanto alle condizioni successive, la relazione del dott. ### - anche a voler valorizzare il fatto che trattasi di relazione indirizzata al medico curante e a volerla considerare, dunque, più una certificazione che un parere medico legale, predisposto a fini di causa - risale al gennaio 2013, quando il trattamento era stato appena interrotto ed era appena iniziata la fase di recidiva verso la situazione originaria, sicché le condizioni del ### erano ancora ampiamente in evoluzione. Per il periodo successivo l'attore non ha in alcun modo attestato l'evoluzione della bocca, al fine non solo di accertare eventuali peggioramenti, ma anche la sussistenza di nesso causale con il trattamento posto in essere, che ha avuto la durata di pochi mesi e di cui è pacifica la non stabilità degli esiti.
Quanto all'ulteriore periodo di invalidità temporanea, parte attrice intenderebbe valorizzare il proprio doc. n. 12 - ossia il preventivo ### datato luglio 2014, per l'intervento maxillofacciale, da eseguirsi privatamente da tale medico - al fine di datare lo studio del dr. ### citato dal dr. ### nella propria relazione medico-legale.
Per completezza si è chiesto al CTU di fornire, in alternativa, risposta al quesito relativo utilizzando detto documento. Meglio rivalutata la questione, tuttavia, deve confermarsi che dovrà farsi riferimento al parere espresso dal CTU senza tenerne conto.
Al riguardo è necessario precisare quanto segue.
Nel proprio parere, il consulente di parte dott. ### riportò quanto relazionato, in precedenza, in data non precisata, dal dr. ### che, sulla base di “un'attenta analisi di ortopantomografia, teleradiografia del cranio latero-laterale, modelli e foto”, espresse una diagnosi, una proposta di trattamento e una prognosi, tutte riportate dal dr. ### unitamente al preventivo per il trattamento prechirurgico e chirurgico.
La documentazione esaminata dal dr. ### e da quest'ultimo riportata nella relazione non è stata, tuttavia, prodotta nel presente giudizio, né tantomeno sono stati prodotti i plurimi esami e modelli che il dr. ### riferisce di avere studiato, avendo parte attrice versato in atti, quale documentazione proveniente dal dr. ### unicamente, appunto, il preventivo di cui al doc. 12. Ebbene, il punto non è, allora, la datazione della relazione ### bensì, a monte, che non può essere utilizzata una relazione (di parte) non prodotta, ma solo citata nel parere medico-legale utilizzato dall'attore a sostegno delle proprie tesi.
La verosimile ulteriore riduzione della funzione masticatoria, dal 3.1.2013 fino a totale ripristino dello status quo ante, non è dunque databile. Il preventivo dell'intervento chirurgico, al riguardo, di per sé nulla dice, trattandosi dell'intervento necessario per correggere il difetto malocclusivo sin dall'origine esistente, e non le instabili conseguenze dell'errato trattamento terapeutico attuato.
Su tale ultimo punto, il giudizio del ### già espresso nella prima relazione, è stato nettamente ribadito, in sede di chiarimenti, nel senso che la prospettazione dell'alternativa chirurgica in sé non si è resa necessaria in conseguenza del fallimento della originaria, inadatta terapia, trattandosi dell'opzione, sin dall'inizio percorribile e sin dall'origine da preferirsi in ragione dell'età del paziente.
Sulla base di tutto quanto osservato, si ritiene che, con alta probabilità, nel giudizio 1241/2017, se i documenti fossero stati valutati e di conseguenza si fosse dato luogo alla CTU medico legale, l'attore avrebbe avuto il riconoscimento del diritto alla restituzione del costo del trattamento, risultato del tutto inutile alla risoluzione della malocclusione, nonché del diritto al risarcimento del danno biologico temporaneo, nei termini su riconosciuti.
Quanto al primo punto, l'odierno attore non ha prodotto nel presente giudizio le fatture attestanti i pagamenti. Esse, tuttavia, rientrano fra i documenti che l'avv. ### visionò (e poi, tardivamente, produsse in giudizio). Soprattutto, si rileva che sul punto nessuna contestazione venne sollevata dall'### alle allegazioni avversarie, così che, anche in assenza della relativa documentazione, in caso di affermata responsabilità detta voce di danno sarebbe stata riconosciuta per l'importo indicato, pari a € 1.674,62.
Quanto al secondo aspetto, in applicazione delle tabelle di cui all'art. 139 codice assicurazioni (secondo valori del 2017), sarebbe stata riconosciuta all'attore la somma di € 1640,80, oltre rivalutazione e interessi sulla somma via via annualmente rivalutata (fino al dicembre 2017, ipotizzando per tale momento la conclusione del giudizio), e dunque il complessivo importo di € 1.710,60 (di cui € 69,80 a titolo di interessi).
Non si ritiene che l'attore avrebbe potuto ottenere, invece, la condanna della convenuta al risarcimento del danno biologico permanente, indimostrato, nè del danno morale rivendicato, non avendo allegato, a sostegno della particolare sofferenza legata alla propria vicenda sanitaria, alcun elemento specifico, ulteriore rispetto a quelli legati all'inabilità temporanea riconosciuta, né il ristoro delle spese per il futuro trattamento ortodonticochirurgico, non essendovi prova dell'assunto attoreo per cui esso sarebbe necessario per porre rimedio alle conseguenze dell'erroneo trattamento.
Il convenuto avv. ### in conclusione, è responsabile di aver pregiudicato, per colpevole errore professionale, la concreta possibilità dell'attore di ottenere, sia pure nei suddetti ridotti termini, una pronuncia favorevole e va condannato a rifondere in pari misura all'attore la perdita subita, pari a € 3.385,20, oltre ### rivalutazione e interessi legali sulla somma via via rivalutata dal dicembre 2017 al saldo. ### ha altresì diritto a essere ristorato delle spese legali che, in considerazione dell'esito del giudizio, è stato condannato a pagare alla controparte, vittoriosa, nel proc. n. 1241/2017: anche la vittoria in termini ridotti, infatti, avrebbe impedito la propria condanna alla refusione delle spese di lite dell'### ospedaliera, in applicazione del principio per cui la soccombenza reciproca può al più essere condannata ai fini della compensazione delle spese di lite. ### ha documentato di aver ricevuto, a tale titolo, atto di precetto da parte dell'### per un totale di € 4152,38, somma che il convenuto va condannato a rifondere all'attore.
Non può invece essere riconosciuto il diritto dell'attore al risarcimento del danno non patrimoniale dallo stesso vantato per la violazione del diritto assoluto di difesa, di cui all'art 24 della ### quale diritto inviolabile della persona.
Ai fini del rigetto risulta assorbente di ogni altra questione che l'attore non abbia fornito idonea allegazione, né tantomeno prova, dello specifico pregiudizio subito in conseguenza della violazione lamentata. ### consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, “il danno non patrimoniale da lesione di diritti fondamentali, quale tipico danno-conseguenza, non coincide con la lesione dell'interesse (ovvero non è in re ipsa) e, pertanto, deve essere allegato e provato da chi richiede il relativo risarcimento, anche se, trattandosi di un pregiudizio proiettato nel futuro, è consentito il ricorso a valutazioni prognostiche ed a presunzioni sulla base di elementi obiettivi che è onere del danneggiato fornire” (Cass., n. 907/2018; cfr. anche Cass., n. 20463/2016). Questo orientamento giurisprudenziale, d'altra parte, conferma quello già affermato dalle ### della Corte di Cassazione, laddove hanno ritenuto “da respingere…l'affermazione che nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe in re ipsa, perché la tesi snatura la funzione del risarcimento che verrebbe concesso non in conseguenza dell'effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo” (Cass., SS.UU., n. 26972/2008).
Ora, parte attrice ha particolarmente evidenziato la frustrazione e il dispiacere dell'attore, nell'apprendere di non essere stato correttamente difeso in un giudizio riguardante un diritto fondamentale riconosciuto dalla ### quale il diritto alla salute, nonché gli ulteriori patimenti connessi alla necessità di instaurare un ulteriore giudizio per ottenere infine ragione delle proprie pretese. Trattasi, tuttavia, delle conseguenze ordinariamente derivanti dalla violazione da parte del difensore del proprio mandato difensivo e dall'esistenza del rimedio giudiziale all'inadempimento, dato dall'azione risarcitoria. Ove si tenesse conto di tali aspetti, si giungerebbe alla liquidazione sostanzialmente automatica di un generico pregiudizio soggettivo, derivante ipso iure dall'inadempimento del difensore e dalla necessità per il cliente di ottenerne ragione in un ulteriore procedimento, ciò in ogni vicenda di responsabilità professionale riguardante l'avvocato (non potendosi ritenere che il diritto alla difesa sia meno inviolabile là dove riguardi ambiti diversi, quali i diritti reali o vicende squisitamente patrimoniali). E' peraltro ormai acquisito, ad esempio in materia medica, in caso di accertata lesione del diritto non meno inviolabile all'integrità psico-fisica, il principio per cui il pregiudizio intimo, al pari di quello relazionale, ottiene riconoscimento laddove sia data prova dello specifico prodursi di conseguente non già comprese nel risarcimento del danno biologico).
Quanto, poi, alla perdita della possibilità di definire la controversia con la corresponsione della somma economica di € 10.000,00, offerta dall'### in fase stragiudiziale a titolo conciliativo, essa non è certo addebitabile al difensore. La scelta se addivenire o meno a conciliazione della lite, infatti, è propria del cliente, salva allegazione, nella specie mancante, di specifici elementi che la rendano addebitabile, nel caso concreto, al difensore (per erronea informazione dell'assistito, per sovrastima delle possibilità di successo dell'azione giudiziale o altro ancora).
In conclusione, accertato l'inadempimento del convenuto avv. ### al mandato difensivo assunto nel proc. n. 1241/2017, lo stesso va condannato a risarcire i danni causati al ### quantificati in € 3385,22 per perdita del provvedimento favorevole che, in tale misura, egli avrebbe con alta probabilità ottenuto in tale giudizio, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dal dicembre 2017 al saldo, nonché in € 4152,38, a titolo di rifusione delle spese legali che l'attore è stato condannato a pagare all'### Le domande proposte in via subordinata dal convenuto ### vanno dichiarate inammissibili, non potendo l'un convenuto, evidentemente privo di azione al riguardo, chiedere la condanna dell'altro convenuto in favore dell'attore, né in via esclusiva, né in via solidale. 4.
Quanto alla domanda proposta nei confronti del terzo assicuratore, l'avvenuta stipula da parte dell'avv. ### di polizza c.d. claims made n. TGY#### 16-H per la responsabilità civile professionale, avente decorrenza dall'16.05.2016 al 16.05.2017 e, a seguito di rinnovo, dal 16.05.2017 al 16.05.2018 non è in discussione, così come la documentata denuncia del sinistro da parte dell'assicurato alla ### in data ###, dunque in costanza di operatività del rinnovo.
La compagnia ha eccepito, invece, in primo luogo, l'insussistenza dell'obbligo di indennizzo, in relazione a quanto previsto dall'art. III, punto 9), in virtù del quale l'assicurazione non opera “per le richieste di risarcimento causate da, connesse o conseguenti (…) atto doloso posto in essere dall'assicurato”. ### non è fondata.
In primo luogo, infatti, fermo rimanendo che, per le ragioni su esposte, non vi è prova della falsità della sottoscrizione (che la terza chiamata neppure ha chiesto di provare, previa proposizione di querela di falso in danno del proprio assicurato), anche là dove, invece, essa fosse stata dimostrata, sarebbe ravvisabile in capo al difensore una grave negligenza per aver confidato nella provenienza della sottoscrizione, attestatagli dalla ### pur allora ritenuta una collega, senza pretendere una interlocuzione diretta con il ### ma non vi sarebbero elementi per ritenere addirittura integrato il dolo della falsa attestazione e, dunque, per ritenere che l'avv. ### abbia autenticato la sottoscrizione nella consapevolezza della sua falsità, o anche solo avendo elementi per ritenere che vi fosse il rischio concreto ed effettivo che essa non fosse autentica.
In ogni caso, è assorbente la considerazione che la responsabilità civile dell'avv. ### è stata in concreto affermata non in relazione alla superficiale accettazione del mandato, pur avvenuta con colpevole leggerezza, bensì in relazione ad altre condotte - il mancato, tempestivo deposito della documentazione necessaria a sostegno del ricorso, pur in possesso del difensore, nonché la mancata tempestiva comunicazione al cliente dell'ordinanza di rigetto - rispetto alle quali neppure è in questione la realizzazione dolosa.
E' altresì infondata l'eccezione di decadenza dell'assicurato dalla garanzia, in relazione all'obbligo previsto all'art. VI, lett. a), del testo di polizza (doc. 2, pag. 5), ai sensi del quale “l'assicurato - a pena di decadenza del diritto all'indennizzo ai sensi della presente polizza - deve dare agli assicuratori, tramite l'intermediario, comunicazione scritta entro e non oltre 30 giorni dalla data in cui è venuto a conoscenza di: i. qualsiasi richiesta di risarcimento a lui presentata; ii. qualsiasi intenzione formalizzata da un terzo di ritenerlo responsabile di un atto illecito; iii. qualsiasi circostanza di cui l'assicurato vengo a conoscenza, che possa ragionevolmente dare adito ad una richiesta di risarcimento”.
In particolare, secondo la terza chiamata, il termine di 30 giorni, previsto per dare notizia all'assicuratore del sinistro, decorrerebbero dalla comunicazione all'avv. ### dell'ordinanza del 20.11.2017, emessa dal Tribunale di ### poiché sin da tale momento, tenuto conto del tenore della decisione assunta dal Tribunale, il difensore avrebbe dovuto prefigurare la ragionevole possibilità di una richiesta risarcitoria, in effetti giunta.
La stessa ### assicuratrice ha peraltro richiamato il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui “in tema di assicurazione contro i danni, l'inosservanza, da parte dell'assicurato, dell'obbligo di dare avviso del sinistro, secondo le specifiche modalità previste da clausola di polizza, non può implicare, di per sé, la perdita della garanzia assicurativa, occorrendo a tal fine accertare se detta inosservanza abbia carattere doloso o colposo, dato che, nella seconda ipotesi, il diritto all'indennità non viene meno, ma si riduce in ragione del pregiudizio sofferto dall'assicuratore, ai sensi dell'art. 1915, comma 2, c.c.” (Cass., n. 24733/2007).
Ora, l'avv. ### ricevuta comunicazione dell'ordinanza da parte della ### del Tribunale, la inoltrò alla ### che era stata la propria interlocutrice sino a quel momento e che teneva i contatti con il cliente. Anche in questo caso, come si è sopra rilevato, fu una grave leggerezza da parte del difensore limitarsi a tale passaggio, senza pretendere dalla stessa certezza in ordine al fatto che il provvedimento fosse stato tempestivamente comunicato al cliente con l'avviso della facoltà di impugnarlo o senza provvedere egli stesso a tale incombente. Tuttavia, si ritiene che la mancata comunicazione alla ### non sia ascrivibile a volontà di occultare il fatto che si fossero verificate circostanze che avrebbero potuto dare adito ragionevolmente a una richiesta di indennizzo, ma alla complessiva mal gestione della situazione e alla sottostima delle conseguenze, per cui il difensore si rese conto del fatto che l'ordinanza era divenuta definitiva solo quando, in effetti, ricevette la richiesta risarcitoria, tempestivamente comunicata alla compagnia.
In assenza di dolo e in assenza di prova circa un pregiudizio sofferto dall'assicuratore, in conseguenza del fatto che la comunicazione sia stata procrastinata al momento della richiesta risarcitoria (pregiudizio per vero neppure specificamente allegato, non essendo allo scopo sufficiente la tautologica affermazione circa l'“evidente” pregiudizio subito), l'eccezione va rigettata.
Quanto alle ulteriori difese dell'assicuratore, il limite di massimale, nella specie, non viene in considerazione. Va invece considerata la pattuizione di una franchigia di € 1000 per ogni richiesta di risarcimento. ### ha, poi, sollevato questione relativa alla ritenuta non debenza delle c.d. spese di resistenza, non avendo la terza chiamata autorizzato la nomina del legale prescelto dall'assicurato. La questione, tuttavia, non è pertinente, tenuto conto delle domande attoree, che non ha domandato di essere tenuto indenne di tali spese, limitandosi - anche nelle conclusioni precisate nella prima memoria istruttoria - a chiedere l'accertamento dell'obbligo della compagnia di manlevarlo “da ogni pretesa attorea” nonché la conseguente condanna della terza chiamata “a rifondere al sig. ### quanto il convenuto Avv. ### sarà eventualmente tenuto a pagare all'attore”. Il convenuto ha dunque chiesto di essere manlevato di quanto dovuto, in forza del presente provvedimento, all'attore, ma non ha proposto domanda di ottenere altresì la refusione delle spese sostenute per la propria difesa. Il convenuto, d'altra parte, nulla ha replicato, sul punto, quanto ai rilievi opposti dalla compagnia assicuratrice.
E' bene precisare, invece, che nella domanda di manleva, così come formulata, rientra la somma che il convenuto dovrà all'attore a titolo di spese di lite, come da regolamentazione che segue, e che la domanda è fondata anche in relazione a tale aspetto, trattandosi - a norma dell'art. II, lett K, punto ii delle condizioni di polizza - di “costi e spese sostenuti da un terzo che l'assicurato sia tenuto a rimborsare per effetto di un provvedimento giudiziale”, compresi nelle perdite coperte dal contratto assicurativo.
Inoltre, avendolo l'assicurato richiesto (in tal senso deve essere intesa, infatti, la domanda di condanna dell'assicuratore a rifondere direttamente al ### quanto dovuto dall'avv. ###, a norma dell'art. 1917, co. 2 c.c. la terza chiamata va condannata a pagare direttamente in favore dell'attore le suddette somme e voci, corrispondenti all'indennizzo dovuto. ### (#### va in definitiva condannata, in accoglimento della domanda di manleva proposta dal convenuto ### a corrispondere direttamente in favore dell'attore quanto allo stesso dall'assicurato dovuto, in forza della presente sentenza, a titolo di risarcimento, dedotto lo scoperto di € 1000, nonché a titolo di spese legali. 5.
Quanto alla regolamentazione delle spese legali, in applicazione del principio della soccombenza parte convenuta va condannata a rifondere le spese del presente giudizio, liquidate, sulla base del riconosciuto e non del domandato (art. 5 DM n. 55/2014), in € 875 per la fase di studio, € 740 per la fase introduttiva, € 1000 per la fase istruttoria ed € 1.200 per la fase decisionale (avendo la parte depositato la sola comparsa conclusionale) e così complessivamente in € 3815 per compensi, oltre spese generali forfettarie, cpa e iva come per legge e oltre rimborso del CU e della marca da bollo. Le spese vanno distratte a norma dell'art. 93 c.p.c. in favore del difensore, che lo ha richiesto, dichiarandosi antistatario.
Nei rapporti fra il convenuto e la terza chiamata, quest'ultima, soccombente, è tenuta a corrispondere al chiamante le spese dallo stesso sostenute per la chiamata, liquidate in € 500 per la fase di studio, € 500 per la fase introduttiva ed € 810 per la fase decisionale (nulla per la fase istruttoria, non avendo l'istruzione della causa riguardato i rapporti fra l'### e la ### assicuratrice) e così complessivamente in € 1810 per compensi, oltre spese generali forfettarie, cpa e iva come per legge.
Le spese della ### considerato che la stessa ha portato ad un accertamento del danno, vantato dall'attore, in misura nettamente inferiore a quanto dallo stesso rivendicato e, dunque, secondo la finalità sua propria, ha fornito elementi di conoscenza tecnica tramite lo svolgimento di una prestazione da ritenersi resa nell'interesse generale della giustizia e, correlativamente, di quello comune delle parti (Cass. 7 ottobre 2016, n. 20250, Cass. 13 maggio 2015, n. 9813; Cass. 19 ottobre 2009, n. 22122), vanno poste definitivamente a carico dell'attore e del convenuto in pari misura. PQM il Tribunale di ### in composizione monocratica, ogni diversa istanza, eccezione o deduzione disattesa, definitivamente pronunciando nel proc. R.G. n. 1566/2018: 1) dichiara improseguibile, per intervenuta rinuncia, la domanda proposte dall'attore nei confronti di ### 2) rigetta la domanda attorea di risoluzione del contratto intercorso fra l'attore e l'Avv. ### 3) dichiara inammissibile, per difetto di interesse ad agire, la domanda proposta dall'attore per l'accertamento della non debenza di compensi all'Avv. ### in relazione al suddetto contratto; 4) accertato il colpevole inadempimento del convenuto ### al mandato difensivo assunto nei confronti dell'attore nel procedimento per cui è causa, condanna ### a risarcire a ### i danni conseguenti, liquidati in € 3385,22, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dal dicembre 2017 al saldo, per perdita del provvedimento favorevole ottenibile nel suddetto giudizio, nonché in € 4152,38, a titolo di rifusione delle spese legali che l'attore è stato condannato a pagare in tale giudizio; 5) accerta che la terza chiamata è tenuta a tenere indenne ### di quanto quest'ultimo è tenuto a corrispondere all'attore in forza del presente provvedimento e, per l'effetto, condanna ### (##### per l'### a pagare direttamente a ### quanto dall'assicurato allo stesso dovuto, in forza della presente sentenza, a titolo di risarcimento e quale ristoro delle spese legali, dedotto lo scoperto di € 1000; 6) condanna ### a rifondere all'attore le spese del presente giudizio, liquidate in in € 3815 per compensi, oltre spese generali forfettarie, cpa e iva come per legge e oltre rimborso del CU e della marca da bollo, con distrazione in favore del difensore, dichiaratosi antistatario; 7) condanna ### (##### per l'### a rifondere al convenuto ### le spese della chiamata del terzo, liquidate in € 1810 per compensi, oltre spese generali forfettarie, cpa e iva come per legge; 8) pone le spese di CTU definitivamente a carico dell'attore e del convenuto ### in pari quota. ### 8 giugno 2022 Il Giudice
dott. ### n. 1566/2018
causa n. 1566/2018 R.G. - Giudice/firmatari: Vitale Fortuna, Boido Annalisa