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Tribunale di Campobasso, Sentenza n. 765/2022 del 21-12-2022

... ### ortodontista presso il medesimo studio, un primo apparecchio ortodontico, che il paziente portava per circa 10 mesi, poi sostituito, nel gennaio del 2014, con altro apparecchio, che veniva utilizzato dal bambino sino al novembre del 2014; - Nel corso della terapia i genitori notavano che il morso profondo non sembrava essere migliorato e che, anzi, vi era stato un peggioramento della complessiva situazione, perché si riscontrava un disallineamento dei denti incisivi superiori rispetto a quelli inferiori e la mandibola appariva deviata verso sinistra; - Riferita tale circostanza, il dott. ### li rassicurava sulla validità ed efficacia del trattamento; - Nel febbraio del 2015 gli attori, non riscontrando i miglioramenti previsti, né per quanto riguardava il morso profondo né, tantomeno, per il disallineamento degli incisivi e per la deviazione mandibolare, sottoponevano il minore alla valutazione di altro dentista, dott. ### che, dopo averlo visitato e dopo aver fatto riscontri diagnostici, rilevava una “deviazione della mandibola e una asimmetria del cavo orale”, proponendo così una terapia ortodontica per la correzione; - Gli attori riferivano quanto rilevato dal nuovo (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di CAMPOBASSO Unica CIVILE Il Tribunale, nella persona del ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 2213/2018, trattenuta in decisione all'udienza di trattazione scritta del 22.09.2022 con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. (60+20), promossa da: ### (C.F. ###) e ### (C.F.  ###), con il patrocinio dell'avv. ### (C.F.  ###), elettivamente domiciliati presso lo studio del difensore in ###. 
Sauro n. 6, 86100 Campobasso.  ATTORI contro ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv.  ### (C.F. ###), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in ###. Nobile n. 39, 86100 Campobasso; ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### (C.F. ###) elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. #### in #### a ### CONVENUTO e ####. COOP. (P.I. ###) con il patrocinio degli avv.ti #### (C.F. ###) e D'#### (###) elettivamente domiciliata presso lo studio dei difensori in ###. Colapinto n. 23, ####. 
CONVENUTA e ### da ### Le parti hanno concluso come da verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni svolta con trattazione scritta.  RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., ### e ### nella qualità di genitori esercenti la responsabilità sul minore ### convenivano in giudizio #### e la ### di ### quest'ultima in qualità di compagnia assicurativa del ### chiedendo al Tribunale adito di accertare la responsabilità medico-professionale dei citati convenuti e, per l'effetto, di condannarli al risarcimento del danno biologico, morale, estetico, da perdita di chance, nonché al ristoro dei pregiudizi economici subiti dal minore ### a causa del loro operato, danni da liquidarsi in complessivi euro 67.531,25 o nella diversa somma ritenuta di giustizia. 
A sostegno della domanda, gli attori esponevano quanto segue: - Nel maggio del 2012 i genitori del minore ### all'epoca dei fatti di anni 9, si rivolgevano all'odontoiatra dott. ### avendo riscontrato nel minore una cattiva occlusione che si manifestava con i denti superiori avanzati rispetto a quelli inferiori; - Il dott. ### in seguito alla prima visita, prescriveva un'ortopanoramica dentaria ed una “tele cranio” in proiezione, che veniva effettuata nel maggio del 2012 presso uno studio radiologico del capoluogo molisano; - Alla fine del 2012, il dott. ### visitati il paziente e visionati gli esami prescritti, giungeva alla diagnosi di “malocclusione dentale, morso profondo di II classe di Angle” e prescriveva la terapia ritenuta necessaria, indicandone i relativi costi (€ 3.500,00); - Precisavano gli attori che nel preventivo iniziale del dott. ### era indicato in anni tre il periodo massimo per la soluzione del problema; - All'inizio del 2013, ad ### veniva installato presso lo studio del dott. ### con la collaborazione del dott. ### ortodontista presso il medesimo studio, un primo apparecchio ortodontico, che il paziente portava per circa 10 mesi, poi sostituito, nel gennaio del 2014, con altro apparecchio, che veniva utilizzato dal bambino sino al novembre del 2014; - Nel corso della terapia i genitori notavano che il morso profondo non sembrava essere migliorato e che, anzi, vi era stato un peggioramento della complessiva situazione, perché si riscontrava un disallineamento dei denti incisivi superiori rispetto a quelli inferiori e la mandibola appariva deviata verso sinistra; - Riferita tale circostanza, il dott. ### li rassicurava sulla validità ed efficacia del trattamento; - Nel febbraio del 2015 gli attori, non riscontrando i miglioramenti previsti, né per quanto riguardava il morso profondo né, tantomeno, per il disallineamento degli incisivi e per la deviazione mandibolare, sottoponevano il minore alla valutazione di altro dentista, dott. ### che, dopo averlo visitato e dopo aver fatto riscontri diagnostici, rilevava una “deviazione della mandibola e una asimmetria del cavo orale”, proponendo così una terapia ortodontica per la correzione; - Gli attori riferivano quanto rilevato dal nuovo odontoiatra al dott. ### il quale, unitamente al dott. ### procedeva all'applicazione di un nuovo apparato ortodontico, consistente in “stelline” integrate da fili elastici da applicare solo sul lato sinistro e dal molare superiore al molare inferiore; nell'occasione, il dott. ### raassicurava, altresì, i genitori che il problema si sarebbe corretto in massimo sei/otto mesi; - In mancanza di miglioramenti, notando nel minore anche una asimmetria del palato, nel maggio del 2016 i ricorrenti interrompevano la terapia e sottoponevano ### alla visita dell'equipe medica del ### di #### e ### dell'### degli ### G. ### di ### che, dopo un attento studio cefalometrico, rilevava trattarsi di “un caso di I ### scheletrica tendente alla terza associata a morso profondo; II classe canina destra e sinistra e I classe molare dx e sn in soggetto brachifacciale normodivergente, in dentizione permanente”; veniva anche indicato che “il paziente presentava basculamento del mascellare superiore in basso a sinistra, lateroderivazione mandibolare a sinistra. La previsione di crescita mandibolare è in anterotazione mandibolare”; - Presso l'unità clinica di ortodonzia e ### di ### si prevedeva l'applicazione di una sistematica multibraket superiore ed inferiore in associazione, al momento opportuno, di un dispositivo mobile “tipo PCF per favorire l'apertura del morso”, con preventivo di euro 5.500,00 per la correzione del morso profondo; veniva anche indicato che “il basculamento mascellare non era risolvibile ortodonticamente e la risoluzione della latero derivazione della mandibola non predicibile a causa dell'età del paziente e della presenza del basculamento mascellare”. 
I ricorrenti sottoponevano, pertanto, la vicenda in esame al vaglio di proprio medico legale di fiducia, il quale individuava, in capo ai dottori resistenti, profili di responsabilità, di negligenza ed imprudenza, avendo operato una diagnosi iniziale non accurata e non adeguata, nonché praticato un'errata terapia ortodontica, con conseguente mancata soluzione del problema, cagionando addirittura un aggravamento della situazione dell'apparato dentale. 
Inoltre, i ricorrenti -a seguito della lettura della cartella clinica rilasciatagli dal dott. ### in cui era indicata anche una leggera asimmetria mandibolaresostenevano che non era mai stato previsto uno specifico trattamento per tale patologia e che non erano mai stati informati al riguardo. 
Ciò premesso, i ricorrenti in data ### depositavano, innanzi a questo Tribunale, ricorso per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.p.c.. 
In occasione di tale procedimento, iscritto al n. 407/2018 R.G., venivano nominati quali C.T.U.  un medico legale ed un medico specializzato in odontoiatria. 
Considerato che i termini per il deposito della relazione peritale scadevano il 26 febbraio 2019, quindi oltre il termine perentorio di sei mesi per la conclusione del procedimento di ### i ricorrenti introducevano il presente ricorso ex art. 702 bis c.p.c., dando seguito a quanto disciplinato dall'art. 8 della L. n. 24/2017. 
Alla luce di quanto dedotto, chiedevano l'accertamento della responsabilità professionale del dott. ### e del dott. ### e la condanna degli stessi al risarcimento dei danni subiti dal minore (a titolo di danno biologico, morale, estetico e patrimoniale). 
Si costituiva in giudizio ### chiedendo l'autorizzazione alla chiamata in causa della propria compagnia assicurativa, ### di ### per essere dalla stessa manlevato, e del dott. ### per essere manlevato anche da costui in caso di condanna e di omessa manleva da parte della compagnia assicurativa; nel merito, chiedeva il rigetto del ricorso e deduceva che non erano ravvisabili a suo carico profili di responsabilità professionale, per le seguenti ragioni: - i genitori di ### a fronte della terapia indicata dallo specialista, dott. ### della durata di anni tre, interrompevano bruscamente le cure, affidandosi ad altri professionisti. Pertanto, non era dato sapere quale sarebbe stato l'esito dei trattamenti, se la terapia inizialmente prescritta fosse stata portata a compimento; - i presunti omessi controlli diagnostici non avevano impedito di rilevare la patologia da cui era affetto il bambino, ossia il morso profondo e la deviazione mandibolare; - il basculamento del mascellare, così come affermato dal CTU nominato in sede ###era stato causato dalla terapia impostata dai medici resistenti, in quanto rientrante tra le anomalie di sviluppo sul piano trasversale. 
Si costituiva in giudizio il dott. ### chiedendo, parimenti, il rigetto del ricorso, ed argomentando che, viste le risultanze della consulenza disposta in sede ###poteva ipotizzarsi alcuna responsabilità a suo carico in relazione alle asserite conseguenze derivate al paziente in dipendenza delle prestazioni professionali rese in occasione del trattamento ortodontico.  ### di ### nel costituirsi in giudizio, eccepiva l'inammissibilità della propria chiamata in causa in via diretta, considerato che ancora non erano stati emanati i decreti attuativi e che non poteva conseguentemente trovare applicazione l'art. 12 della L.  24/2017, norma che permetteva al danneggiato di agire direttamente contro la compagna di assicurativa della struttura sanitaria o del medico; eccepiva, altresì, l'improcedibilità del giudizio, in quanto, proponendo il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. prima della data fissata per il deposito della relazione di ctu, non risultavano rispettati i termini di cui all'art. 8 della L.  24/2017. 
Inoltre, deduceva che la polizza assicurativa sottoscritta dal dott. ### non poteva operare nel caso di specie, in quanto la stessa non garantiva il pagamento del compenso relativo alle prestazioni professionali che avevano dato luogo al sinistro, né tanto meno includeva la manleva per il costo necessario alla ripetizione delle cure di cui alla patologia o l'operato dei collaboratori e prevedeva in ogni caso che, limitatamente alla responsabilità verso terzi, nel caso in cui fosse coinvolta la chirurgia implantologica, rimanesse a carico dell'assicurato una franchigia del 10%. 
Chiedeva quindi dichiararsi l'inammissibilità della chiamata diretta da parte del danneggiato della compagnia di assicurazione, l'improcedibilità della domanda per mancato rispetto dei termini di cui all'art. 8 L. n. 24/2017 e, nel merito, di dichiarare l'assenza di responsabilità del dott. ### _____ La causa è stata istruita con l'acquisizione della documentazione depositata dalle parti e della relazione di consulenza espletata nell'ambito del giudizio di accertamento tecnico preventivo n. R.G. 407/2018. 
In corso di causa veniva disposto il mutamento del rito, richiedendo le difese delle parti una istruttoria non sommaria.  _____ 1. Sull'improcedibilità del giudizio di merito. 
Va preliminarmente rigettata, perché infondata, l'eccezione sollevata dalla ### di ### circa l'improcedibilità del giudizio per mancata osservanza dei termini del procedimento prescritti dall'art. 8 della L. n. 24/2017. 
Invero, il citato articolo, al comma 3, prevede che “Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all'articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile”. 
Ciò posto, è indubbio che i ricorrenti abbiano rispettato la tempistica indicata dalla norma, considerato che il termine di novanta giorni può decorrere non solo dal deposito della relazione, come sostenuto dalla compagnia assicurativa, ma anche dalla scadenza del termine perentorio di sei mesi entro il quale deve concludersi il procedimento di ### Pertanto, atteso che, nel caso in esame, il ricorso ex art. 669 bis c.p.c. è stato depositato il ###, considerato che il procedimento doveva concludersi entro il termine del 16.08.2018 (pur non volendo computare il periodo feriale) e che la parte interessata a promuovere il procedimento ex art. 702 bis c.p.c. avrebbe dovuto depositare il relativo ricorso entro novanta giorni dalla scadenza del termine perentorio di sei mesi, la proposizione del presente ricorso in data ### risulta tempestiva. 
In definitiva, considerato che il ### era il termine fissato per il deposito della relazione di consulenza (che andava quindi a scadere oltre il termine fissato per la conclusione del procedimento), i ricorrenti hanno correttamente promosso il giudizio ex art. 702 bis (in data ###) entro il termine di novanta giorni dalla scadenza del termine perentorio.  2. Sull'inammissibilità della chiamata in causa in via diretta della compagnia assicurativa. 
La società ### di ### ha chiesto l'estromissione in quanto i ricorrenti avevano agito direttamente nei suoi confronti, senza esserne legittimati. 
Tuttavia, la società risulta chiamata in causa anche dal proprio assicurato, dott. ### per cui non può essere estromessa. 
Sul punto appare opportuno chiarire che la legge 24 del 08 marzo 2017 (c.d. legge GelliBianco) ha introdotto l'azione diretta del paziente-danneggiato contro la compagnia assicurativa della struttura ospedaliera e/o del medico.  ###. 12, comma 1, della suddetta legge, infatti, prevede che “Il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente entro i limiti delle somme per le quali è stato stipulato il contratto di assicurazione, nei confronti dell'impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private … e all'esercente la professione sanitaria.” Si tratta però di una disposizione che non poteva trovare concreta applicazione; infatti, la legge ### ha differito tale possibilità di azione diretta solo a seguito dell'emanazione dell'apposito decreto del Ministero per lo sviluppo economico con il quale verranno determinati i requisiti minimi dei contratti assicurativi che le strutture ospedaliere ed i medici avranno l'obbligo di stipulare. 
La giurisprudenza di merito ha tentato di sopperire a tale mancanza ammettendo la possibilità di agire direttamente nei confronti delle compagnie assicurative della struttura e del professionista sanitario, limitatamente al procedimento per accertamento tecnico preventivo (### Verona, sez. III, ordinanza 10/05/2018). 
Ciò in considerazione del fatto che, per garantire la tipica funzione conciliativa del procedimento, è necessario che partecipino al medesimo anche le compagnie assicuratrici interessate, nonché del fatto che tale necessaria partecipazione risulta anche dalla stessa lettera della legge ### secondo cui le assicurazioni sono parti del suddetto procedimento ed, anzi, sulle medesime grava anche l'obbligo di formulare una proposta conciliativa. 
Si ritiene che tale orientamento, seppur condiviso da questo giudice, non possa trovare accoglimento nel caso in esame, il quale attiene alla diversa e successiva fase di merito. 
Nonostante ciò, come accennato, la compagnia assicurativa non può essere estromessa dal presente giudizio in quanto è stata correttamente e legittimamente chiamata in causa anche dal dott. ### nella qualità di assicurato.  3. Principi di diritto applicati. 
Considerato che i ricorrenti hanno proposto un'azione contrattuale nei confronti dell'odontoiatra dott. ### e dell'ortodontista dott. ### appare opportuno ricordare gli orientamenti della S.C. in materia di responsabilità medica, di onere probatorio, di verifica della sussistenza del nesso causale tra operato del medico ed evento lesivo, cui questo giudice si atterrà nella decisione del presente procedimento: “In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale del medico, laddove quest'ultima assuma i connotati di una responsabilità contrattuale, ai fini del riparto dell'onere probatorio, l'attore, vale a dire il paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del rapporto contrattuale e l'insorgenza, o l'aggravamento, della patologia, allegando l'inadempimento del debitore astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato. Di contro, grava a carico del convenuto debitore l'onere di dimostrare l'assenza di un inadempimento ovvero che, pur esistendo, quest'ultimo non è eziologicamente rilevante” (Cassazione civile sez. III, 26/02/2020, n.5128). 
In tema di responsabilità sanitaria, il paziente è tenuto a provare, anche attraverso presunzioni, il nesso di causalità materiale tra condotta del medico in violazione delle regole di diligenza ed evento dannoso, consistente nella lesione della salute (ovvero nell'aggravamento della situazione patologica o nell'insorgenza di una nuova malattia), non essendo sufficiente la semplice allegazione dell'inadempimento del professionista; è, invece, onere della controparte, ove il detto paziente abbia dimostrato tale nesso di causalità materiale, provare o di avere agito con la diligenza richiesta o che il suo inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile (### 6 - 3, Ordinanza n. 26907 del 26/11/2020, Rv.  659901 - 01); (Cass. Sentenza n. 24073 del 13/10/2017); Ancora: “La responsabilità per attività medico chirurgica deve essere ricondotta al paradigma di cui all'articolo 1218. Deriva da quanto precede, pertanto, che il paziente creditore (e, per esso i suoi congiunti, in caso di malpractice medica che abbia comportato il decesso del primo) ha il mero onere di provare il contratto (o il contatto sociale) intercorso con la struttura e/o con il sanitario, nonché quello soltanto di allegare il relativo inadempimento o inesatto adempimento, e cioè la difformità della prestazione ricevuta rispetto al modello normalmente realizzato da una condotta improntata alla dovuta diligenza, non essendo invece tenuto a provare la colpa del medico e/o della struttura sanitaria, nonché la relativa gravità. Nei giudizi risarcitori, in particolare, si delinea un duplice ciclo causale, l'uno relativo all'evento dannoso, a monte, l'altro relativo all'impossibilità di adempiere, a valle. Il primo, quello relativo all'evento dannoso, deve essere provato dal creditore/danneggiato, il secondo, relativo alla possibilità di adempiere, deve essere provato dal debitore/danneggiante. Mentre il creditore deve provare il nesso di causalità fra l'insorgenza (o l'aggravamento) della patologia e la condotta del sanitario (fatto costitutivo del diritto), il debitore deve provare che una causa imprevedibile e inevitabile ha reso impossibile la prestazione (fatto estintivo del diritto).” (Cassazione civile sez. III, 29/01/2018, n.2061); “Posto che nei giudizi risarcitori da responsabilità sanitaria si delinea un duplice ciclo causale, relativo l'uno all'evento dannoso, l'altro all'impossibilità di adempiere, la prova della causalità materiale tra l'insorgenza (o l'aggravamento) della patologia, ovvero la morte, e la condotta del sanitario grava sull'attore, ma deve essere effettuata alla stregua della regola della "preponderanza dell'evidenza", dove confluiscono: a) quella del "più probabile che non", secondo la quale non è dato ipotizzare che ogni enunciato sia vero o falso, sì che la scelta del giudice ricadrà su quello che in base alle prove ha un grado di conferma logica superiore, e b) quella della "prevalenza relativa" della probabilità , la quale rileva nel caso di multifattorialità nella produzione di un evento dannoso, ovvero quando all'ipotesi formulata dall'attore in ordine all'eziologia dell'evento possano affiancarsene altre e tutte abbiano trovato un riscontro probatorio, sì che il giudice sceglierà come "vero" l'enunciato che ha ricevuto il grado relativamente maggiore di conferma sulla base delle prove disponibili (nella specie, è stata cassata la decisione del merito di rigetto della domanda sul presupposto dell'assenza di elementi atti a stabilire con certezza un rapporto di causa-effetto tra la toracocentesi e la comparsa dell'emotorace in capo al paziente deceduto)”. (Cassazione civile sez. III 06 luglio 2020 n. 13872); In definitiva, quanto agli oneri probatori gravanti sulle parti, può sintetizzarsi che il creditore deve allegare l'inadempimento (e cioè la negligenza del sanitario) e provare sia l'evento dannoso (e le conseguenze che ne sono derivate; c.d. causalità giuridica) sia il nesso causale tra condotta del sanitario nella sua materialità (e cioè a prescindere dalla negligenza) ed evento dannoso; una volta che il creditore ### abbia soddisfatto detti oneri, è successivo onere del debitore (sanitario o struttura) provare o di avere esattamente adempiuto o che l'inadempimento sia dipeso da causa a lui non imputabile, e cioè o di avere svolto l'attività professionale con la diligenza richiesta (tenendo presente che, ai sensi dell'art.  2236 cc "se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa grave"), oppure che sia intervenuta una causa esterna, imprevedibile o inevitabile (che abbia reso impossibile il rispetto delle leges artis). 
Di conseguenza, se resta ignota la causa dell'evento dannoso (e cioè se il creditore non riesce a provare, neanche attraverso presunzioni, che l'evento dannoso -l'aggravamento della patologia preesistente o l'insorgenza di una nuova patologiasia in nesso causale con la condotta del sanitario), le conseguenze sfavorevoli ai fini del giudizio ricadono sul creditore medesimo, che ne aveva il relativo onere; se, invece, resta ignota la causa di impossibilità sopravvenuta della diligenza professionale (ovvero, come detto, resta indimostrata l'imprevedibilità o l'inevitabilità di tale causa di impossibilità), le conseguenze sfavorevoli ricadono sul debitore. 
Si osserva quindi che, mentre nella materia penalistica il nesso causale sussiste allorquando il comportamento omesso e che avrebbe dovuto essere tenuto, laddove fosse stato effettivamente tenuto, avrebbe, alla stregua del cosiddetto giudizio controfattuale, impedito l'evento con certezza o con un grado di probabilità prossimo alla certezza (cfr. sentenza “Franzese”), invece, nell'ambito civilistico, secondo i principi indicati anche nelle massime sopra citate, si registra un orientamento della Cassazione -mutuato dalla sezione lavoro, inizialmente trasposto solo a livello di terza sezione in tema di responsabilità medica, poi convalidato anche dalle ### che abbandona l'impostazione della sentenza ### ed amplia sensibilmente l'area della configurabilità del nesso causale in materia omissiva, riproponendo la categoria delle “serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno”. 
In particolare, la Suprema Corte differenzia la causalità civile da quella penale nel senso che nella prima, diversamente che nella seconda, vige il principio del ‘più probabile che non', mentre nel processo penale opera la regola della prova ‘oltre il ragionevole dubbio', stante la diversità dei valori in gioco nei due tipi di processi, che giustifica una differenza negli standard probatori ed il diverso livello di incertezza da assumersi come ragionevolmente accettabile (cfr. Cassazione civile sez. III 14 marzo 2022 n. 8114 ; Cassazione civile sez. VI 31 dicembre 2021 n. 42104; Cassazione civile sez. III 29 settembre 2021 n. 26304).  4. Valutazioni sulla sussistenza di profili di colpa in capo ai sanitari e sulla sussistenza del nesso causale. 
Alla luce delle contestazioni mosse dalle parti sulla relazione di ctu svolta nell'ambito del giudizio di ATP n. R.G. 407/2018, è opportuno premettere che, a parere di questo giudice, i tecnici nominati hanno assolto all'incarico ricevuto con adeguata diligenza e competenza tecnica, rispondendo in modo soddisfacente ai quesiti, esprimendo valutazioni che questo giudice fa proprie per la completezza e la logicità del percorso argomentativo reso, basato su un completo ed esaustivo studio del materiale documentale in atti. 
Non sussistono quindi i presupposti per espletare una ulteriore ctu, né risulta indispensabile effettuare un supplemento o una integrazione della consulenza già resa. 
Ciò posto, in base al complessivo esame della documentazione medica, nonché tenuto conto delle valutazioni rese dai ctu, la domanda può essere accolta, seppur nei limiti quantitativi di seguito indicati. 
Quanto alla storia clinica del paziente, come indicato dai ctu nella propria relazione medicolegale, risulta che il minore ### (di anni 9 all'epoca dei fatti), all'inizio delle cure presso lo studio del dott. ### ove operava quale ortodontista il dott. ### ossia alla fine dell'anno 2012, venne sottoposto ad ortopanoramica ed esame telecranio in proiezione latero -laterale; in particolare, all'esito dell'esame “telecranio” si diagnosticava una “### delle basi mascellari, II classe di ### con morso profondo, retrusione mandibolare, leggera asimmetria mandibolare con lieve sdoppiamento margine inferiore della mandibola”;. 
Veniva quindi stabilita una terapia funzionale di circa 3 anni con apparecchi mobili ed eventuale terapia fissa; il minore veniva seguito con appuntamenti a cadenza mensile per effettuare controlli, attivazione dell'apparecchio mobile e igiene. 
Dal 3.09.2015 il bambino iniziava ad applicare elastici di separazione che venivano sostituiti in data ### con altri di diversa misura. 
In data ### venivano applicate delle bande che in data ### erano rimosse a seguito dell'interruzione della terapia (“Sbandaggio”) per volontà dei genitori del minore. 
In data ###, il paziente effettuava un esame TAC cone beam presso l'### degli ### di ### con il seguente referto: “Non granulomi apicali. Ottavi inclusi. Ipertrofia dei turbinati nasali con scoliosi destro convessa del setto. Normopneumatizzate le cavità mascellari”. 
In data ###, i genitori consultavano professionisti dell'### degli studi di ### nel referto del prof. D'### il paziente veniva definito di I classe scheletrica tedente alla III associata a morso profondo; veniva rilevato che, oltre al morso profondo, il paziente presentava basculamento del mascellare superiore in basso a sinistra e laterodeviazione mandibolare a sinistra; nel referto si aggiungeva che il basculamento del mascellare non era risolvibile ortodonticamente e che la risoluzione della laterodeviazione della mandibola non era predicibile a causa dell'età del paziente e della presenza del basculamento del mascellare. 
Ciò posto, i ctu hanno in primo luogo chiarito, in termini generali, che il corretto iter diagnostico necessario per impostare una corretta terapia ortodontica consiste in: 1. Prima visita; 2. Impronte in alginato e una registrazione interocclusale in occlusione centrica; 3. Esami radiografici: ortopanoramica e teleradiografia del cranio in proiezione latero-laterale e postero-anteriore. In particolare, quest'ultima è considerato l'esame radiografico elettivo per la diagnosi delle asimmetrie facciali.  4. Fotografie del viso ed endorali: le fotografie ortodontiche standard includono due riprese frontali del volto, una con le labbra a riposo e l'altra, mentre il paziente sta sorridendo. Uno scatto del volto è anche eseguito. Infine, si eseguono cinque viste endorali: occlusale dell'arcata superiore e inferiore, due laterali e una in occlusione. 
Tanto premesso, i ctu rilevavano che il trattamento posto in essere nel caso in esame “non era suffragato dal corretto iter diagnostico necessario per impostare una corretta terapia ortodontica”. 
Invero, era stata effettuata dai professionisti resistenti la teleradiografia latero-laterale, ma non quella postero-anteriore - che è l'esame radiografico elettivo per la diagnosi delle asimmetrie facciali (anche perché consente di effettuare una adeguata analisi cefalometrica)- esame che, nel caso di specie, era necessario eseguire per valutare se vi fosse il basculamento del mascellare. Mancava, altresì, l'esecuzione della cefalometria. Pertanto, i ctu deducevano l'inesattezza della terapia seguita a tali esami diagnostici e la conseguente inadeguatezza degli interventi praticati. 
I ctu hanno comunque chiarito che non è possibile affermare che il basculamento del mascellare sia stato causato o aggravato dalla terapia impostata dal dott. ### in quanto essa rientra tra le anomalie di sviluppo sul piano trasversale. 
Hanno pure precisato che il basculamento, successivamente diagnosticato presso la struttura sanitaria di ### non è stato comunque causato dalle placche di ### che i medici resistenti avevano applicato al minore (in quanto si tratta di apparecchi rimovibili che non potevano determinare tale problematica). 
In definitiva, i ctu hanno concluso rilevando che gli interventi praticati dai convenuti siano stati inadeguati / inesatti per la risoluzione della patologia del paziente e hanno quindi ritenuto che vi sia stato un ritardo diagnostico e terapeutico. 
I ctu hanno tuttavia aggiunto che tale ritardo diagnostico, e la conseguente errata terapia impostata, non ha causato postumi permanenti (intesi come danno biologico), quanto piuttosto ha determinato in capo al minore una inabilità temporanea parziale di gg. 90 al 75%, di gg. 130 al 50% e di gg. 130 al 25%, dovuta proprio al ritardo diagnostico e terapeutico. 
In definitiva, atteso quanto riscontrato dai ctu, devono riconoscersi profili di colpa in capo al dott. ### e al dott. ### in quanto, omettendo di eseguire tutti gli esami necessari e prescritti dalle ### formulavano una diagnosi verosimilmente errata e comunque non congrua rispetto alla patologia del minore ### quest'ultimo è stato pertanto sottoposto per circa tre anni ad un trattamento inutile/inadeguato, subendo così delle lesioni temporanee alla salute a causa del ritardo diagnostico e terapeutico. 
Si stima opportuno ricordare, sul profilo degli omessi controlli necessari per formulare una giusta e corretta diagnosi, una recente pronuncia della Suprema Corte, la quale chiarisce che “### dell'attività medica impone a chi la pratica la massima prudenza, perizia e diligenza nello svolgimento degli atti medici che essa comporta e, pertanto, in primo luogo nella effettuazione della diagnosi e nella individuazione della terapia, anche chirurgica, che si rende necessaria: quando più alternative sono possibili, il medico deve improntare le proprie scelte alla massima prudenza, per evitare di mettere a rischio la salute e la vita del paziente. 
Cosicché, l'errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca a inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga a un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi. Il medico, infatti, deve valutare se occorra compiere gli approfondimenti diagnostici necessari, per stabilire quale sia l'effettiva patologia che affligge il paziente e adattare le terapie a queste plurime possibilità.” (Cassazione penale sez. IV, 12/11/2020, n.12968). 
Risulta, infine, che la condotta colposa sin qui descritta possa essere addebitata ad entrambi i convenuti, secondo il criterio presuntivo dell'art. 2055 c.c. il quale dispone che “Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno”. 
Peraltro, lo stesso ### nel proprio atto di costituzione afferma che “il dott. ### invero, ha prestato la propria opera professionale, unitamente al dott. UNGARI”. 
Analogamente, quest'ultimo nella denuncia di sinistro a firma del medesimo, indirizzata alla propria assicurazione ### affermava che nei confronti di ### l'opera professionale era stata da lui prestata unitamente al dott. ### (cfr. all. 4 della comparsa di costituzione del dott. ###. 
Inoltre, emerge pacificamente: che il dott. ### abbia prestato la sua opera presso lo studio del ### quale specialista in ortodonzia; che abbia impostato la terapia ortodontica sul minore; che ad aver prescritto gli accertamenti iniziali fu direttamente il dott.  ### che esclusivamente nei confronti del ### venivano emessi i bonifici di pagamento da parte dei genitori del minore; che entrambi i professionisti, che avevano in cura il minore, contribuivano alla impostazione e alla esecuzione dei trattamenti (cfr. scheda controlli, doc. 6, schede inizio trattamento, doc. 5). 
In virtù di quanto sopra esposto, si ritiene che entrambi debbano essere condannati, in via solidale, al risarcimento dei danni subiti da ### 5. Danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. 
Quanto ai danni cagionati dalla condotta colposa dei medici, appare opportuno precisare che il danno estetico ed alla vita di relazione esprime una formula meramente descrittiva del più generale danno alla salute, inteso quale lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica della persona esplicante un'incidenza negativa sulla sua quotidianità e sui profili dinamico-relazionali della sua vita, ossia in tutti gli ambiti in cui si svolge la sua personalità. 
La compromissione della sfera dinamico-relazionale è intrinseca al danno biologico, quindi, non è risarcibile oltre il valore corrispondente all'invalidità accertata in sede medico-legale, che ingloba le ripercussioni comuni sofferte dalle persone in casi consimili. 
Lo stesso vale per il risarcimento del danno morale, il quale è già compreso nel danno biologico, salvo il caso in cui danneggiato dimostri un ulteriore e diverso aspetto del danno, ossia la sofferenza interiore che dipenda, ad esempio, da come il danneggiato percepisce la lesione nella relazione intimistica con sé stesso, dalle circostanze in cui si è manifestato l'illecito, dalla gravità della condotta dell'agente, a tal fine avvalendosi di ogni mezzo di prova. 
Tale ulteriore prova non è stata fornita dai ricorrenti; pertanto, si ritiene liquidabile il danno biologico (cioè la lesione della salute) comprensivo del danno morale (cioè la sofferenza interiore) del danno dinamico-relazionale (altrimenti definibile esistenziale, e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane, risarcibile nel caso in cui l'illecito abbia violato diritti fondamentali della persona) e del danno estetico. 
Quanto detto trova conferma nella giurisprudenza di legittimità la quale ha più volte chiarito che: “Il danno non patrimoniale da lesione della salute costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento attraverso l'attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici. Ne consegue che è inammissibile, perché costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione alla vittima di lesioni personali, ove derivanti da reato, del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva, il quale costituisce necessariamente una componente del primo (posto che qualsiasi lesione della salute implica necessariamente una sofferenza fisica o psichica), come pure la liquidazione del danno biologico separatamente da quello c.d.  estetico, da quello alla vita di relazione e da quello cosiddetto esistenziale.” ( Sez. U, Sent. n. 26972/2008). 
Non può nemmeno essere riconosciuto il risarcimento del danno da perdita di chance, in quanto per il riconoscimento del medesimo è necessario che venga dimostrato che il soggetto leso aveva al momento della realizzazione della lesione una probabilità superiore al 50% di raggiungere il risultato sperato; nella valutazione del nesso di causalità tra fatto illecito e danno da perdita di chance, la giurisprudenza segue il criterio della probabilità, ritenendo necessario che venga fornita la prova, in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, della realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e precluso dalla condotta illecita di cui il danno risarcibile deve essere immediata e diretta conseguenza (tra le altre Cassazione 8 novembre 2011 n. 23240). 
Ebbene, nel caso in esame nulla di tutto ciò è stato dedotto o provato dagli attori, che si sono limitati a richiedere il risarcimento di tale voce di danno. 
Tanto chiarito, secondo le indicazioni fornite dai ctu, atteso l'accertato ritardo diagnostico e la inadeguata terapia praticata, sono residuati, in capo al minore ### postumi temporanei caratterizzati da un'inabilità temporanea parziale al 75% di giorni 90, una invalidità temporanea parziale al 50% di giorni 130, una invalidità parziale al 25% di giorni 130.  ###à temporanea deve essere liquidata in via equitativa ed al valore attuale, alla luce della sentenza della Cass. n. 12408/2011, secondo le tabelle previste dal ### di Milano: di € 74,25 per ogni giorno di i.t.relativa al 75%= 74,25 x 90 = 6.682,50 euro; di € 49,50 per ogni giorno di i.t.relativa al 50%= 49,50 x 130 = 6.435,00 euro; di € 24,75 per ogni giorno di i.t.relativa al 25%= 24,75 x 130 = 3.217,50 euro e così, in totale, euro 16.335,00. 
Con particolare riferimento alla "personalizzazione" del danno non patrimoniale, richiesta dai ricorrenti, deve richiamarsi l'orientamento della Suprema Corte secondo cui "In tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato negli uffici giudiziari di merito (nella specie, le tabelle milanesi) può essere incrementata dal giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, solo in presenza di conseguenze anomale o del tutto peculiari (tempestivamente allegate e provate dal danneggiato), mentre le conseguenze ordinariamente derivanti da pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età non giustificano alcuna personalizzazione in aumento” (Cassazione civile , sez. III , 28/03/2022 , n. 9878). 
Ebbene, i ricorrenti non hanno dato alcuna prova delle sofferenze maggiori subite dal minore tali da poter giustificare una personalizzazione del danno. Quest'ultima non può nemmeno presumersi nel caso in esame, atteso che non è stato accertato un danno permanente alla salute; peraltro, gli stessi ctu hanno riferito che, a seguito delle cure a cui è stato successivamente sottoposto il minore, il suo quadro clinico doveva ritenersi pressoché definitivamente stabilizzato. 
Agli importi sopra indicati bisogna aggiungere le spese sostenute dai ricorrenti, ritenute congrue dai ctu, di euro 2.009,81 per le terapie effettuate presso lo studio del dott. ### e rilevabili dalle fatture n. 36,199,278 del 2013, 195 del 2014, 84 del 2016 (cfr. all. 2 dell'ricorso introduttivo ex art. 669 bis c.p.c.). 
Vanno anche riconosciuti gli esborsi sostenuti per la CTU espletata nel giudizio di ATP 407/2018 (euro 3.763,64). 
Difatti, recente giurisprudenza ha affermato che “l'ATP preventiva di cui al novellato art. 696 bis c.p.c., per quanto in parte "giurisdizionalizzata", è pur sempre finalizzata al componimento della lite e, non potendosi intendere come una fase giudiziale, non dà nemmeno luogo a un'autonoma liquidazione delle spese processuali da parte del giudice che l'ha disposta rientrando esse nel complesso delle spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite” (Cass. civile Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 26573 del 22/10/2018). 
Per ciò che attiene alle spese relative alle terapie effettuate presse l'### degli studi G.D'### condividendo quanto esposto dai ctu, si ritiene che tali esborsi non siano da ricondurre causalmente all'errato trattamento diagnostico riabilitativo, in quanto le placche di ### non hanno potuto determinare o aggravare il basculamento del mascellare; pertanto, tali spese mediche sarebbero state comunque sostenute dai ricorrenti. 
Conclusivamente, va riconosciuto a titolo di danni l'importo di euro 22.108,45, somma già rivalutata all'attualità.  6. Sulla domanda di manleva da parte della compagnia assicurativa. 
Come sopra già accennato, il dott. ### chiamava in causa la propria compagnia di assicurazione, ### di ### al fine di essere manlevato da quest'ultima da ogni pregiudizio economico. 
Tale domanda deve trovare accoglimento. 
Invero, non è condivisibile quanto asserito dalla compagnia in ordine al fatto che la polizza non garantirebbe il costo necessario alla ripetizione delle cure, in quanto l'art. 22 lettera K non prevede tale esclusione. 
Inoltre, non opera nemmeno l'art. 24 della polizza, poiché l'attività del medico non è consistita in un'operazione chirurgica di implantologia, ma nella installazione di apparecchi mobili per il trattamento ortodontico e nelle connesse attività. 
Pertanto, la compagnia assicurativa va condannata a manlevare il dott. ### dagli esborsi da costui sopportati per effetto della presente pronuncia.  7. Sulla domanda di manleva da parte del dott. ### Il dott. ### chiamava in causa anche il dott. ### al fine di essere manlevato da costui da ogni pregiudizio economico subito, ove non manlevato dalla propria compagnia assicurativa. Avendo trovato accoglimento la domanda di manleva spiegata contro la compagnia assicurativa, la subordinata in esame non deve essere vagliata.  8. Spese processuali. 
Le spese di lite seguono la soccombenza dei convenuti e si liquidano in dispositivo.  P.Q.M.  ### di CAMPOBASSO, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione o deduzione disattesa, così provvede: 1)Accertata la responsabilità professionale di ### e ### in relazione alle cure/terapie prestate a ### condanna i predetti dott.ri ### ed ### al pagamento, in via solidale, in favore di ### e #### quali genitori esercenti la responsabilità genitoriale su ### della somma di euro 22.108,45, oltre successivi interessi; 2)### ed ### al pagamento in via solidale, in favore di ### e ### quali genitori già esercenti la responsabilità genitoriale su ### delle spese processuali, che liquida in euro 5.500,00 oltre ### CPA e rimborso spese forfettarie al 15%, da distrarre in favore del procuratore antistatario; 3) Dichiara la compagnia assicurativa ### di ### tenuta a manlevare ### da quanto dovuto in favore di parte attrice per effetto della presente sentenza; 4) ### la compagnia assicurativa ### di ### al pagamento delle spese processuali in favore di ### spese che liquida in euro 3.000,00, oltre iva, cpa come per legge e rimborso forfettario del 15%. 
Campobasso, 21 dicembre 2022.  ### 

causa n. 2213/2018 R.G. - Giudice/firmatari: Previati Barbara

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Tribunale di Novara, Sentenza n. 339/2022 del 09-06-2022

... anni all'epoca dei fatti), e a seguire un intervento ortodontico fisso bimascellare per migliorare il disallineamento dentale; di aver pagato anticipatamente l'importo totale delle cure; che l'espansore fu posizionato e cementato il 9 ottobre 2012, con prescrizione del numero di attivazioni - ossia dei giri di vite dell'apparecchio - da effettuarsi settimanalmente mediante l'apposita chiavetta in uso al paziente, poi ridotti in seguito a controllo; che, a causa dei fastidi subiti dalla terapia, l'attore annullò il controllo ambulatoriale fissato per il ### e si rivolse per una visita ortodontica al #### già direttore della ### di ### in chirurgia ### - ### dell'### di ### il quale in data 12 dicembre 2012 predispose una relazione ritenendo inadeguato il trattamento ortodontico in atto, poiché “potenzialmente lesivo delle strutture dento - parodontali con alta incidenza di recidiva ortodontica”; che l'attore sospese allora definitivamente il trattamento, rivolgendosi per un ulteriore controllo al Dott. Luini, specialista in ortodonzia, il quale, in data 3 gennaio 2013, valutata la documentazione iniziale (anamnesi, modelli studio, ortopantomografia e teleradiografia), indicò che la (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ### civile Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 1566/2018 promossa da: ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### SALVADOR, elettivamente domiciliat ####### 26 ATTORE contro ### (C.F. ###) #### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv.  ### elettivamente domiciliat ####### 39 CONVENUTO e contro ### (###### L'### (C.F. ###), in persona del ### del ### per l'### dott.ssa ### con il patrocinio dell'avv. ### elettivamente domiciliat ###atti ### Oggetto: responsabilità professionale ### Le parti hanno concluso come da verbale dell'udienza del 9.11.2021 *** 
Motivi in fatto e in diritto della decisione Con atto di citazione depositato telematicamente in data ###, ### ha convenuto in giudizio ### e ### al fine di veder accertare la responsabilità della prima per avere abusivamente esercitato la professione di avvocato, percependo indebitamente la somma complessiva di € 2.779,30 per il procedimento instaurato dinanzi al Tribunale di Novara e ivi rubricato al n. r.g. 1241/2017, con conseguente condanna alla restituzione delle suddette somme; nonché al fine di veder accertare la responsabilità del secondo per l'inadempimento o l'inesatto adempimento colpevole in relazione al medesimo procedimento e, conseguentemente, dichiarato nullo e/o risolto il contratto di mandato professionale e comunque non dovuto ex art 1460 cc il compenso professionale, al fine di ottenerne la condanna al risarcimento di tutti i danni da esso attore patiti, quantificati nella misura di € 48.000,00 o nella diversa, maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, oltre interessi legali dal dovuto al saldo, con rivalutazione monetaria a decorrere dalla data dell'intervento chirurgico. 
La convenuta ### nonostante la regolare notifica dell'atto di citazione, non si è costituita e ne è stata dichiarata la contumacia all'udienza dell'8.10.2019.  ### si è costituito, resistendo integralmente alla domanda attorea, di cui, in via di principalità, ha chiesto il rigetto. In via subordinata, il convenuto ha domandato, previo accertamento dell'esercizio abusivo della professione da parte della ### il rigetto della domanda proposta nei propri confronti, con conseguente condanna della convenuta ### al risarcimento degli eventuali danni patiti dal ### nonché, in via ulteriormente subordinata, previo accertamento del concorso della ### nella causazione dell'esito sfavorevole del giudizio de quo, la condannata in solido della ### al risarcimento dovuto in favore dell'attore. 
Il convenuto ha altresì chiamato in giudizio ### (#### con cui ebbe a stipulare polizza di assicurazione dei rischi derivanti dall'attività professionale, proponendo nei confronti del terzo domanda subordinata di manleva per quanto eventualmente tenuto a pagare all'attore a titolo risarcitorio, in relazione all'esito del giudizio. 
Si è costituita la compagnia assicuratrice, contestando l'operatività della polizza; eccependo la decadenza dell'assicurato dal diritto all'indennizzo nonché i limiti all'indennizzo derivanti dal contratto; in ogni caso, infine, proponendo difese sostanzialmente adesive a quelle del proprio assistito. ### ha dunque concluso chiedendo il rigetto delle domande proposte nei propri confronti, in via principale per inoperatività della polizza o per decadenza dell'assicurato e in via subordinata per il rigetto delle domande proposte dall'attore; in via di ulteriore subordine, il contenimento della domanda di manleva entro i soli danni dall'avv. ### direttamente cagionati e comunque entro i limiti derivanti dalle eccezioni contrattuali proposte dalla terza chiamata. 
Esperita, senza esito, la negoziazione assistita, non introdotta dalla parte attrice anteriormente alla notifica della citazione, e depositate le memorie di cui all'art. 183, co. 6 c.p.c., è stata disposta CTU medico legale al fine di valutare la sussistenza del danno biologico vantato dall'attore in relazione al trattamento ortodontico cui fu sottoposto nel 2012 presso l'### di ### oggetto del procedimento n. 1241/2017. 
All'esito, forniti dai CTU i chiarimenti richiesti, all'udienza del 9.11.2021 la parte attrice ha dato atto di rinunciare alle domande nei confronti della convenuta ### avendo raggiunto con la stessa un accordo conciliativo, precisando per il resto le conclusioni come da punti 2, 3 e 4 delle conclusioni formulate nell'atto di citazione (per mero errore materiale, evidente dal complessivo tenore della verbalizzazione, la parte attrice è stata indicata come “parte convenuta Aliprandi”). Il convenuto ### e la terza chiamata hanno a propria volta precisato le conclusioni rispettivamente come da comparsa di costituzione e da foglio depositato telematicamente in data ### e la causa è stata trattenuta in decisione con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.  ***  1. 
Preliminarmente, va precisato che l'avvenuta precisazione delle conclusioni, all'udienza del 9.11.2021, da parte dell'avv. ### medesimo, presente quale sostituto processuale del proprio difensore, non vizia l'attività compiuta. 
A norma dell'art. 86 c.p.c., infatti, la parte processuale che ha la qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore può stare in giudizio senza l'assistenza di un altro avvocato. 
Deve ritenersi, allora, a maggior ragione, che non sussistano ragioni ostative a che la parte, laddove ne abbia la qualità, possa svolgere attività in sostituzione del proprio difensore. 
E' poi appena il caso di richiamare che, anche nell'ipotesi in cui il convenuto non fosse stato validamente rappresentato all'udienza suddetta, non vi sarebbero conseguenze sul piano processuale. Per consolidato principio, la mancata precisazione delle conclusioni non significa rinuncia alle domande, bensì conferma delle conclusioni già in precedenza formulate, operando una presunzione per la quale il giudice deve esaminare le conclusioni del primo atto della parte o di quelle successivamente modificate od integrate, le quali deve ritenersi siano rimaste ferme nella intenzione della parte (cfr. in tal senso: Cass., 5018/2014).  2. 
Stante l'avvenuta rinuncia da parte dell'attore alla domanda proposta nei confronti della convenuta ### vanno decise in questa sede unicamente le residue domande attoree, proposte nei confronti dell'avv. #### chiede in primo luogo che, accertato il colpevole inadempimento dell'### alle obbligazioni assunte quale difensore in relazione al giudizio n. r.g. 1241/2017 Trib. ### il contratto con lo stesso stipulato sia dichiarato nullo e/o risolto e comunque che sia dichiarato non dovuto al professionista alcun compenso; in secondo luogo che lo stesso sia condannato al risarcimento dei danni da esso attore subiti in conseguenza del suddetto inadempimento. 
La prima domanda in parte è infondata, non essendo il grave inadempimento causa di invalidità del contratto e non potendo un contratto ad esecuzione continuata, quale quello avente ad oggetto un incarico difensivo, risolversi quando lo stesso sia ormai esaurito (art.  1458 c.c., a mente del quale la risoluzione ha effetto retroattivo, salvo il caso di contratti a esecuzione continuata o periodica, per i quali l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite); per la residua parte, quanto all'accertamento che alcun compenso spetta all'avv. ### per l'attività svolta, essa è inammissibile per difetto di interesse ad agire, non essendo stato allegato, né comunque emergendo dagli atti, che il professionista abbia mai preteso o pretenda il pagamento di somme quale corrispettivo dell'attività svolta nel procedimento in questione, neppure in via stragiudiziale e anteriormente all'instaurazione del presente giudizio.  3. 
La domanda risarcitoria è invece fondata nei termini e per le ragioni che di seguito si espongono.   3.1. 
E' principio pacifico che l'obbligazione assunta da un avvocato nei confronti del proprio cliente, nell'ambito del contratto di prestazione d'opera professionale con lo stesso stipulato, abbia natura di obbligazione di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, si impegna ad espletare la propria attività, volta a porre in essere tutte le condizioni tecnicamente necessarie a consentire al cliente la realizzazione dello scopo perseguito, ma non si impegna con la propria opera professionale al conseguimento del risultato sperato (cfr. in tal senso Cass., n. 7309/2017; n. 11906/2016).  ### del professionista, pertanto, non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile cui mira il cliente, ma soltanto dalla violazione del dovere di diligenza adeguato alla natura dell'attività esercitata. Il grado di diligenza richiesto all'avvocato è quello medio inerente alla natura dell'attività prestata (cfr. l'art. 1176, co. 2 c.c. secondo cui “nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata"). Solo ove la prestazione professionale da eseguire in concreto involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, la responsabilità del professionista è attenuata, configurandosi, secondo l'espresso disposto dell'art. 2236 c.c., unicamente ove ricorra il dolo o la colpa grave, con conseguente esclusione nell'ipotesi in cui nella sua condotta si riscontrino soltanto gli estremi della colpa lieve (v. Cass. n. 8470/1995; n. 2954/2016). 
Da tali premesse consegue che l'affermazione della responsabilità professionale dell'avvocato implica l'indagine, positivamente svolta sulla scorta degli elementi di prova che il cliente ha l'onere di fornire, circa il sicuro e chiaro fondamento dell'azione che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata e, in definitiva, la certezza morale che gli effetti di una diversa sua attività sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente medesimo (Cass., 16846/2005). 
La responsabilità dell'avvocato non può dunque affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente e, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone (Cass., n. 1984/2016; 2638/2013). 
In definitiva, l'avvocato è responsabile nei confronti del proprio cliente, ai sensi degli artt.  2236 e 1176 c.c., in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge e, in genere, nei casi in cui, per negligenza o imperizia, compromette il buon esito del giudizio (Cass., 11906/2016), sulla base di una valutazione prognostica alternativa ipotetica positiva circa il probabile esito favorevole che l'azione giudiziale avrebbe avuto qualora l'attività difensiva omessa fosse stata effettivamente posta in essere o là dove la condotta scorretta fosse stata evitata. 
Ne consegue, in tema di ripartizione degli oneri probatori, che sul cliente che sostiene di aver subito un danno per l'inesatto adempimento del mandato professionale del suo avvocato, grava l'onere di provare: a) l'avvenuto conferimento del mandato difensivo; b) la difettosa o inadeguata prestazione professionale; c) l'esistenza del danno; d) il nesso di causalità tra la difettosa o inadeguata prestazione professionale e il danno (cfr. Cass., n. 12354/2009; 9238/2007; n. 16846/2005), da accertarsi con giudizio controfattuale alla stregua del criterio del "più probabile che non", onde appurare se, qualora il legale non avesse commesso errori, il giudizio avrebbe avuto un esito diverso e la parte avrebbe potuto conseguire il risultato voluto (Cass., n. 3566/2021). Solo ove il cliente attore abbia assolto al suddetto onere, compete al convenuto dare prova, a norma dell'art. 1218 c.c., che l'inadempimento o l'inesatto adempimento “è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.  3.2. 
Nel caso oggetto di causa, dalla documentazione presente in atti risultano provati i seguenti fatti. 
In data ### si svolse l'incontro per la mediazione in una lite avviata dall'odierno attore, assistito dall'### nei confronti dell'### “Maggiore della Carità” di ### per una ipotesi di responsabilità medica e sanitaria relativa a cure odontostomatologiche prestate fra il 2012 e il 2013, incontro che si concluse senza esito per la mancata partecipazione dell'### In data ### la ### inviò all'attore una e-mail in cui spiegava le fasi e i presumibili tempi della procedura giudiziale da introdursi contro l'### inviando notula, intestata allo “### Pirovano”, per compensi professionali per € 2430, oltre spese per CU e marca da bollo. 
Nella stessa data l'attore dichiarò l'intenzione di procedere in via giudiziale, chiedendo conferma dei costi complessivi per € 6.200, comprensivi degli incarichi al medico legale. 
Con successivi bonifici l'attore corrispose alla ### l'importo complessivo a titolo di acconto di € 1100,00. Il ###, inoltre, il ### pagò tramite ### contributo unificato e marca, pari in totale a € 286, inviando alla ### la prova del pagamento. 
In data ### la ### inviò al ### procura alle liti in favore della ### medesima, unitamente a tale avv. ### avente studio in ### segnalando che si trattava della procura corretta e che nulla sarebbe cambiato sotto il profilo del compenso. 
In data ### l'attore versò alla ### a mezzo bonifico ulteriore acconto per € 200. 
E' documentato che la causa sia stata invece introdotta con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., datato 13.4.2017, a firma dell'avv. ### sulla base di procura alle liti allo stesso conferita in data ###, autenticata dal difensore, sottoscritta da quest'ultimo telematicamente il ###. 
Risulta, inoltre, dagli atti di quel giudizio, che l'udienza di comparizione delle parti fu fissata dal GOT dott. ### assegnatario della causa, per il successivo 6.10.2017; che, con nota del 14.7.2017, la parte ricorrente depositò i documenti indicati nel ricorso introduttivo; che alla suddetta udienza del 6.10.2017 la resistente ### come già in comparsa di costituzione, eccepì la decadenza della controparte dalla produzione documentale, eseguita non contestualmente alla iscrizione a ruolo; che parte attrice il ###, nel termine assegnato dal giudice, depositò nota in merito a tale eccezione, rilevando come solo il doc. 8 (la relazione medico legale di parte a firma del dott. ### fosse stato depositato tardivamente, siccome inizialmente non accettato per le dimensioni della busta, sostenendo che ciò non pregiudicasse la corretta costituzione attorea, essendo provata la responsabilità della struttura ospedaliera sulla base degli altri documenti tempestivamente prodotti, provvedendo altresì al deposito della relazione del dott. ### in allegato alla suddetta memoria; che, infine, il procedimento fu deciso con ordinanza pronunciata dal GOT dott. ### in data ###, con cui il giudice dichiarò inammissibili tutte le produzioni documentali di parte ricorrente (in quanto, mentre il ricorso era stato depositato e iscritto a ruolo in data 13 aprile 2017, i documenti in esso indicati erano stati in parte depositati il successivo 14 luglio 2017 e, quanto al doc. n. 8, in data ###: dunque, non contestualmente alla iscrizione a ruolo del ricorso, come sostenuto dal ricorrente, ma successivamente al decreto di fissazione di udienza da parte del giudicante e l'ultimo addirittura successivamente alla costituzione della resistente) e respinse di conseguenza, in quanto non provata, la domanda, condannando il ricorrente a rifondere alla resistente le spese di giudizio, liquidate in € 2.700,00 oltre rimborso spese generali 15%, c.p.a. e i.v.a. 
Quanto ai rapporti intercorsi fra la ### e l'### è documentato dallo scambio di comunicazioni intercorso fra gli stessi che il ### la ### contattò l'avv. ### con cui aveva avuto modo di collaborare precedentemente, segnalandogli di avere necessità di depositare un ricorso ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c. contro l'### di ### di non voler comparire come difensore del ricorrente, allegando ragioni di incompatibilità, e di avere già ottenuto l'assenso del cliente al conferimento della nomina per l'avv. ### medesimo. Alla mail la ### allegò il ricorso in formato word, comunicando che avrebbe inviato il pdf dell'atto e i documenti per provvedere al deposito. Lo stesso giorno l'avv.  ### ricevette dalla ### sempre via mail, la delega, recante sottoscrizione “### Barra”; nonché, successivamente, il ricorso in formato pdf e 3 documenti, con il consiglio, per evitare che la busta fosse troppo pesante, di depositare unitamente al ricorso e alla procura solo uno, massimo due documenti, per poi provvedervi una volta ottenuto il numero di RG. 
Sempre lo stesso giorno, comunque, la ### inviò all'avv. ### gli ulteriori otto documenti citati in ricorso, oltre alla ricevuta di pagamento del contributo unificato. 
Il ### l'avv. ### inviò alla ### il numero di RG del procedimento e la designazione del giudice, ottenendone ringraziamento “per l'aggiornamento”. 
Il ### la ### fornì indicazioni all'avv. ### circa il calcolo del termine entro cui procedere alla notifica del ricorso a controparte, tenendo conto della necessità di rispettare la previsione in ordine ai termini difensivi a quest'ultima spettanti, e circa le modalità con cui riteneva opportuno procedere. Inoltre, facendo riferimento al fatto che il limite di capacità massima della busta all'atto del deposito non avesse permesso al difensore di depositare tutti i documenti, circostanza evidentemente precedentemente protestata dall'### (ma nella documentazione in atti non compare documentazione al riguardo), la ### diede indicazioni su come procedere, a quel punto, al deposito telematico. Il ### l'avv. ### rispose che avrebbe provato a depositare i documenti. 
Il ### la ### inviò la memoria da depositare entro il termine assegnato dal giudice all'udienza del precedente 6 ottobre, invitando l'### al deposito in giornata; nello stesso giorno inviò una ulteriore versione della nota. 
Con mail del 24.11.2017 l'avv. ### inviò alla ### l'ordinanza di definizione del procedimento, provvedimento che l'odierno attore ricevette dalla ### unitamente al ricorso, con mail del 1.2.2018. 
Dalle notizie fornite dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di ### a mezzo PEC del 19.2.2018, è risultato che ### già iscritta all'### suddetto dal 28.4.2005 come praticante, dal 25.1.2007 come praticate abilitata al patrocinio e dal 29.1.2013 come praticante semplice, per scadenza del periodo massimo di patrocinio, si vide dapprima rifiutare in data ### l'iscrizione come avvocato - chiesta sulla base dell'avvenuto superamento dell'esame per il riconoscimento del titolo di “abogado” - per la mancanza del requisito di cui alla lettera h dell'art. 17, l. n. 247/2012 e fu successivamente radiata dal registro dei praticanti con delibera del 7.11.2014 (provvedimento confermato dal CNF il ###). 
All'epoca dell'introduzione del giudizio contro l'### di ### dunque, la ### - praticante priva di patrocinio sino al 29.7.2016 e da tale data radiata anche dal registro dei praticanti semplici - non aveva alcun titolo di abilitazione allo svolgimento di attività riservata agli avvocati.  3.3. 
Così ricostruiti i rapporti fra le parti e le vicende del giudizio n. 1241/2017 Trib. ### va in primo luogo rilevato che è documentato il conferimento da parte del ### all'avv.  ### di procura alle liti, sulla base della quale il giudizio suddetto venne introdotto.  ### ha negato di essere stato informato che sarebbe stato rappresentato in giudizio dall'avv. ### e di aver mai conferito incarichi allo stesso, disconoscendo la riconducibilità alla propria mano della sottoscrizione apposta in calce alla procura ad litem versata nel giudizio suddetto.  ### nella risposta al legale dell'attore contenuta nella pec del 15.2.2018, ha asserito che invece il ### ne sarebbe stato informato e avrebbe acconsentito alla nomina, purché la ### si impegnasse alla sua difesa sostanziale. ###. ### ha prodotto in giudizio le comunicazioni mail con cui la ### gli trasmise la procura sottoscritta, allegando ragioni di incompatibilità ad assumere l'incarico e asserendo che il cliente fosse d'accordo a rilasciare la delega all'avv. ### Ora, essendo stata la procura alle liti rilasciata all'avv. ### da quest'ultimo autenticata, sarebbe stato necessario al ### volendo contestare l'autografia della propria sottoscrizione, proporre querela di falso (Cass., n. 28004/2021; n. 4094/2019; 19785/2018), ragione per la quale non si è ammessa la consulenza tecnica d'ufficio, chiesta dall'attore, volta a indagare l'autenticità della sottoscrizione. In mancanza, considerato il valore fidefacente dell'autentica, rimane fermo - contro l'attore, che addebita in primo luogo all'avv. ### di non aver diligentemente verificato la provenienza della sottoscrizione in sede di autentica - il conferimento al legale della procura ad litem e, dunque, dell'incarico della propria difesa e rappresentanza processuale nel giudizio. 
Quanto al fondamento dell'azione risarcitoria proposta dal ### contro l'avv. ### per il cattivo esito del giudizio, pur dovendosi attribuire valore alla circostanza che il primo abbia riconosciuto, contro di sé, di non avere conferito alcun incarico al secondo - e dunque la mancanza di accordo contrattuale stipulato fra gli stessi -, ritiene il Tribunale che ciò non faccia venir meno la responsabilità professionale, e dunque contrattuale, del legale, per i comportamenti colpevoli che abbiano causato danno al cliente. 
In tema di attività professionale svolta dagli avvocati, vanno tenuti distinti il conferimento della procura ad litem, che costituisce un negozio unilaterale soggetto a forma scritta, con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, e il contratto di patrocinio, che costituisce un negozio bilaterale, non soggetto a vincoli di forma, con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema del mandato e del contratto d'opera, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte (cfr. Cass., n. 8863/2021). 
La falsità della sottoscrizione della procura alle liti - falsità che, sino a vittorioso esperimento di querela di falso, non può essere affermata - porrebbe in ipotesi il problema della validità dell'attività processuale compiuta nei confronti dell'apparente rappresentato, essendo il negozio relativo a forma vincolata, questione tuttavia estranea al presente giudizio. 
La responsabilità del difensore nei confronti del cliente è azionata, invece, nell'ambito del contratto di patrocinio, riconducibile allo schema del mandato e del contratto d'opera. 
Ebbene, se pure il ### come lo stesso asserisce, in effetti non avesse autorizzato l'assunzione della difesa da parte dell'avv. ### sottoscrivendo a distanza il relativo mandato, dovrebbe ritenersi, sulla base della documentazione in atti, proveniente dallo stesso ### che il contratto di patrocinio si sia concluso fra il ### e la ### e che sia stata quest'ultima a sostituire a sé l'avv. ### nell'esecuzione dell'incarico, senza renderne conto al cliente. Dovrebbe allora applicarsi - se non in via diretta, quantomeno in via analogica - il disposto dell'art. 1717 c.c., secondo cui il mandatario che, senza autorizzazione, sostituisce altri a sé stesso nell'esecuzione del mandato risponde dell'operato della persona sostituita, ma il mandante ha azione diretta contro quest'ultima. 
In ultima analisi, il legale che abbia assunto il patrocinio in giudizio del soggetto apparentemente rappresentato, risponde in ogni caso nei confronti di quest'ultimo - anche ove abbia agito all'insaputa del cliente e salve, in tal caso, ulteriori e diverse azioni da quest'ultimo intraprese per far valere, se del caso, la falsità della sottoscrizione - degli errori eventualmente commessi nell'esercizio dell'attività processuale allo stesso demandata, tanto o in virtù di un obbligo contrattualmente assunto o in virtù di un'obbligazione assunta ex lege, in applicazione analogica dell'art. 1717 ultimo comma 3.4. 
Ciò posto, l'attore addebita al legale il mancato deposito, unitamente al ricorso, di tutti gli allegati posti a sostegno dello stesso, omissione da cui è derivato il rigetto della domanda proposta; la scelta di introdurre il giudizio con il rito sommario, anziché con quello ordinario; infine, di non avere portato il cliente immediatamente a conoscenza del provvedimento di rigetto dell'azione, pregiudicando la possibilità di proporre appello avverso l'ordinanza. 
La scelta del rito non pare, nel caso di specie, imputabile a negligenza o imperizia del legale, né in sé può dirsi causa di danni per il cliente. E' in questione, infatti, unicamente la mancata produzione di documenti, di per sé compatibile con il rito; ove, poi, il giudice avesse valutato i documenti prodotti, avrebbe verosimilmente disposto la consulenza tecnica d'ufficio necessaria alla decisione sulla domanda attorea, ciò o nello stesso rito sommario o previo mutamento del rito a norma dell'art. 702 ter, co. 3 c.p.c. 
E' invece un dato di fatto, come si evince dalla lettura dell'ordinanza di definizione del proc.  n. 1241/2017, che il rigetto della domanda sia dipeso dalla mancata allegazione al ricorso, all'atto dell'iscrizione a ruolo, dei documenti ivi indicati, sul presupposto che il ricorrente fosse incorso in decadenza e che la successiva produzione non fosse perciò ammissibile. 
Risulta altresì dalla documentazione in atti che il ### abbia ricevuto (dalla ### comunicazione dell'ordinanza di rigetto solo il ###, quando i termini per l'appello, da proporsi entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento a norma dell'art. 702 quater c.p.c. co. 1, erano ormai decorsi (non è nota la data della comunicazione, tuttavia certamente anteriore al 24.11.2017, data in cui l'avv. ### avendola evidentemente ricevuta, ne trasmise notizia, unitamente al provvedimento medesimo, alla ###. 
Nella valutazione della condotta del difensore deve tenersi conto del principio, sancito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, poiché l'art. 702-bis c.p.c., ai commi 1 e 4, non prevede alcuna specifica sanzione processuale, né in relazione al mancato rispetto del requisito di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti di cui il ricorrente e il resistente intendano, rispettivamente, avvalersi, né in relazione alla mancata allegazione di detti documenti al ricorso o alla comparsa di risposta, è ammissibile la produzione documentale eseguita, nell'ambito del procedimento sommario disciplinato dagli artt. 702-bis e ss., successivamente al deposito del primo atto difensivo e fino alla pronuncia dell'ordinanza di cui all' art. 702-ter c.p.c. Trattasi, peraltro, di principio solo di recente affermato in modo espresso dalla Corte di Cassazione (Cass., n. 46/2021), peraltro in una sola occasione, preceduta unicamente da Cass., n. 4485/2014, secondo cui la scelta del giudice di merito di esercitare o meno, nell'ambito del rito sommario di cognizione, gli ampi poteri d'iniziativa istruttoria concessigli dall'art. 702 ter c.p.c. esprime una valutazione discrezionale, insindacabile in sede di legittimità se sorretta da una motivazione esente da vizi di logica giuridica, restando nel contempo “esclusa la sola possibilità di decidere la controversia mediante l'applicazione dell'art. 2697 c.c., quale regola di giudizio, nel senso che il giudice non può dare per esistenti fonti di prova decisive e nel contempo astenersi dal disporne l'acquisizione d'ufficio”: affermazione che implica il sostanziale potere-dovere di supplire da parte del giudice, in tale rito, a eventuali carenze delle parti nell'offerta di prove, laddove le stesse siano certamente esistenti e certamente rilevanti, come nel caso di specie. 
Alla luce di quanto sopra osservato, si ritiene che, comunque si intenda ricostruire la disciplina codicistica relativa al rito sommario di cui all'art. 702 bis c.p.c., sia ravvisabile una negligenza da parte dell'avv. ### nella conduzione della difesa del ### o, secondo la tesi seguita dal giudice del procedimento in questione, deve in effetti individuarsi una decadenza in capo al ricorrente che non alleghi al ricorso tutta la documentazione che intenda offrire a sostegno della propria domanda; o, secondo il diverso principio espresso nelle pronunce su richiamate, la successiva produzione, avvenuta anteriormente alla pronuncia dell'ordinanza di definizione del procedimento, si sarebbe dovuta ritenere ammissibile, ma, in tal caso, costituisce mancanza del difensore in primo luogo non aver fatto valere detto orientamento dinanzi al giudice del procedimento, nel termine dallo stesso assegnato con l'ordinanza del 6.10.2017, e in secondo luogo, soprattutto, non avere consentito al cliente, mediante tempestiva comunicazione dell'ordinanza, l'impugnazione della stessa al fine di ottenerne la riforma della stessa. 
Entrambe le omissioni, costituenti inadempimento dell'obbligo di esecuzione del mandato difensivo con la diligenza richiesta al professionista, sono altresì colpevolmente imputabili all'avv. ### che non può invocare, quale scusante, la natura dei rapporti intercorsi con la ### E' allegazione dello stesso attore di avere sempre intrattenuto i rapporti con la sola ### convinto, in buona fede, che ella fosse un avvocato, tramite sessioni in studio e telefoniche e corrispondenza via mail. 
Sulla base di tali elementi e considerato il tenore delle comunicazioni inviate dalla ### all'attore, da un canto, e all'avv. ### d'altro canto, sia anteriormente all'instaurazione della causa per responsabilità medica, sia in pendenza della stessa, sia dopo il rigetto della domanda ivi proposta, può ritenersi in effetti dimostrato che sia stata la stessa a “gestire” la pratica e il cliente, mantenendo i contatti con il ### predisponendo gli atti, poi inviati all'avv. ### per il deposito, fornendo consigli e istruzioni sul modo di procedere. 
Ciò non toglie, tuttavia, che sia stato il solo avv. ### ad assumere il patrocinio del ### in giudizio e la correlativa responsabilità. Sarebbe stato obbligo del patrocinatore, dunque, curare l'esatto adempimento di tutte le attività difensive necessarie alla buona difesa - in primis il deposito degli allegati al ricorso, peraltro tempestivamente inviatigli allo scopo - e assicurarsi altresì che il cliente ricevesse le informazioni, circa l'andamento processuale, necessarie alla tutela della propria posizione - in particolare, la comunicazione del rigetto, pretendendo di ottenere allo scopo i recapiti del cliente o, quantomeno, l'evidenza dell'avvenuta comunicazione allo stesso da parte della ### Dello svolgimento delle attività processuali e della esatta informazione del loro andamento e del loro esito nei confronti del cliente, infatti, non può che rispondere colui che nel giudizio abbia assunto il ruolo di difensore, non essendovi possibilità di distinguere, al riguardo, fra “forma” e “sostanza”. 
Nella già di per sé anomala situazione venutasi a creare, ossia l'assunzione dell'incarico difensivo da parte di un cliente mai conosciuto, con il quale l'interlocuzione fu mediata completamente da soggetto terzo, sia pure in allora ritenuta essere una collega, la responsabilità dell'avv. ### direttamente derivante dalla consapevole accettazione del mandato di patrocinatore, non è dunque esclusa dal fatto che sia stata la ### a intrattenere i rapporti con il cliente e a confezionare gli atti, essendo individuabili mancanze colpevoli direttamente ascrivibili a colui che aveva assunto l'incarico di patrocinio in giudizio. 
Ancora nel presente giudizio il convenuto ha sostenuto che al momento del deposito dell'atto introduttivo del giudizio, essendo i documenti da allegare particolarmente pesanti, l'Avv.  ### riusciva a trasmetterne solo una parte, non meglio identificata, ma l'assunto risulta smentito da quanto rilevato in fatto in tale ordinanza. La circostanza, poi, che subito dopo l'avv. ### abbia contattato la ### spiegandole il problema, ricevendone assicurazione dalla stessa che avrebbe provveduto al deposito dei documenti mancanti alla cancelleria del Tribunale di ### in modalità cartacea, è rimasta sfornita di prova e, comunque, contrasta sia con la comunicazione degli estremi della causa alla ### documentalmente avvenuta solo il ### - e non a stretto giro, per consentire l'immediato deposito - sia con la mancata presentazione di istanza di autorizzazione al deposito cartaceo. 
Solo nel luglio 2017 nelle conversazioni via e-mail intercorse fra la ### e l'### emerse una difficoltà di quest'ultimo con il deposito telematico, a causa del peso dei documenti (cfr. docc. 11 e 12 del convenuto): né, per le ragioni anzidette, può avere alcuna efficacia “esimente” la circostanza che la stessa ### parrebbe non avere apprezzato le conseguenze del tardivo deposito, fornendogli indicazioni per provvedere a quel punto e occupandosi di predisporre le memorie depositate in causa sul punto.  ###. ### in definitiva, è tenuto a rispondere della negligente difesa in giudizio dell'odierno attore, da lui patrocinato, venendo in questioni errori e mancanze direttamente imputabili allo stesso, costituenti inadempimento colpevole delle obbligazioni sullo stesso gravanti nei confronti del patrocinato.  3.5. 
Si tratta ora di stabilire se, in conseguenza del suddetto inadempimento, l'attore abbia subito i danni dallo stesso vantati. 
La causa n. 1241/2016 Trib. ### venne introdotta al fine di veder accertare la responsabilità dell'### della ### di ### per il trattamento ortodontico subito dall'attore nell'anno 2012, dal paziente ritenuto inadeguato e fonte di lesioni. 
In particolare, nel ricorso introduttivo del suddetto giudizio l'attore esponeva di essersi rivolto alla ### di ### e ### dell'### “### della Carità” di ### per risolvere un difetto estetico funzionale di mala occlusione dell'apparato dentale; di aver ricevuto diagnosi di bruxismo, con prescrizione della necessità di effettuare una terapia di espansione rapida del palato per ovviare a tale difetto, senza spiegazione dei rischi e delle possibilità di insuccesso di detta terapia, data l'età adulta del soggetto su cui sarebbe stata eseguita (l'attore aveva 41 anni all'epoca dei fatti), e a seguire un intervento ortodontico fisso bimascellare per migliorare il disallineamento dentale; di aver pagato anticipatamente l'importo totale delle cure; che l'espansore fu posizionato e cementato il 9 ottobre 2012, con prescrizione del numero di attivazioni - ossia dei giri di vite dell'apparecchio - da effettuarsi settimanalmente mediante l'apposita chiavetta in uso al paziente, poi ridotti in seguito a controllo; che, a causa dei fastidi subiti dalla terapia, l'attore annullò il controllo ambulatoriale fissato per il ### e si rivolse per una visita ortodontica al #### già direttore della ### di ### in chirurgia ### - ### dell'### di ### il quale in data 12 dicembre 2012 predispose una relazione ritenendo inadeguato il trattamento ortodontico in atto, poiché “potenzialmente lesivo delle strutture dento - parodontali con alta incidenza di recidiva ortodontica”; che l'attore sospese allora definitivamente il trattamento, rivolgendosi per un ulteriore controllo al Dott. Luini, specialista in ortodonzia, il quale, in data 3 gennaio 2013, valutata la documentazione iniziale (anamnesi, modelli studio, ortopantomografia e teleradiografia), indicò che la scelta terapeutica dell'espansore rapido del palato e la successiva terapia ortodontica fissa bimascellare era totalmente inadeguata; di essersi, infine, rivolto allo #### di ### il quale indicò la via di un intervento combinato ortodontico - chirurgico per risolvere almeno parzialmente i danni cagionati dall'espansore del palato. 
A fronte di tali fatti, il ricorrente chiedeva nel proc. n. 1241/2017 il pagamento di € 3.159,28 a titolo di danno biologico temporaneo, di € 1.475,16 a titolo di danno biologico permanente (2 %), di € 1.750,18 a titolo di danno morale, di € 20.000,00 per spese future per i trattamenti di ortodonzia pre - chirurgica e post - chirurgica nonché per l'intervento di chirurgia maxillo - facciale, nonché di € 2.867,82 a titolo di refusione delle spese già corrisposte all'### Con la comparsa di costituzione nel procedimento suddetto, l'### confermava che, per il problema di malocclusione lamentato dal paziente, si era concordato con il paziente un piano di trattamento composto da una prima fase, volta all'espansione lenta del palato (con disgiuntore palatino di tipo ###, e una seconda e successiva fase di terapia ortodontica fissa bimascellare - multi brackets, volta a migliorare il disallineamento dentale, e che in effetti il disgiuntore era stato applicato il ###. La convenuta contestava, tuttavia, l'erroneità della scelta del trattamento ortodontico, asserendo che esso avrebbe consentito il miglioramento dell'imperfezione estetica lamentata dal paziente, se questi non lo avesse volontariamente interrotto sin dalla sua prima fase, destinata per sua natura a determinare una nuova occlusione instabile, prima di passare al trattamento multibrackets, che avrebbe portato un oggettivo e definitivo miglioramento. 
Sosteneva, poi, l'### che comunque l'apparecchio installato non aveva procurato alcun inestetismo più grave di quello che si mirava ad eliminare o ad attenuare, né tantomeno aveva determinato un danno funzionale permanente, né aveva reso necessaria alcuna cura chirurgica supplementare. Quanto al trattamento composto (terapia ortodontica e terapia chirurgica), prospettato dal professor ### e riproposto dal dottor ### l'### evidenziava trattarsi di una alternativa alla terapia intrapresa e poi interrotta, che sin dall'inizio si sarebbe potuta adottare e che comunque rimaneva adottabile, senza aggravio, per la risoluzione del danno estetico originale. Sia pure evidenziando la mancanza, agli atti, della relazione medico legale di parte, la convenuta contestava, poi, la debenza e il quantum delle singole voci risarcitorie esposte dal ricorrente. 
Nel presente giudizio è stata svolta consulenza tecnica d'ufficio, sulla base della sola documentazione che, essendo certamente a mani del difensore all'atto del deposito del ricorso ed essendo stata in esso puntualmente indicata a sostegno degli assunti ivi contenuti, il legale avrebbe dovuto contestualmente depositare. 
Non sono valutabili, invece, ulteriori documenti, prodotti solo in questo giudizio, essendo la consulenza volta non ad accertare tout court l'eventuale responsabilità dell'### e i danni subiti dal ### bensì, in via prognostica e controfattuale, quale sarebbe stato l'esito del proc. n. 1241/2017, se i documenti indicati nel ricorso fossero stati tempestivamente allegati allo stesso e fossero stati pertanto ritenuti dal giudice utilizzabili. 
Non viene in considerazione, invece, non avendo l'odierno attore nulla contestato al riguardo, l'eventuale erronea valutazione di completezza della documentazione suddetta a sostegno di tutte le domande proposte dal ### nel precedente giudizio: senza contare che sarebbe stato necessario per l'attore dimostrare di avere tempestivamente rimesso al difensore anche ulteriore documentazione, e che sia addebitabile a quest'ultimo la scelta di non avvalersene. 
Ora, lo svolgimento della CTU ha consentito di accertare che la documentazione menzionata nel ricorso ex art. 702 bis c.p.c., quand'anche tempestivamente prodotta in giudizio e valutata dal giudice, sarebbe risultata carente e idonea solo in parte a sostenere la prova dei danni vantati dall'allora ricorrente. 
Tolta, infatti, la cartella clinica, cui peraltro non sono allegati tutti gli esami specialistici in essa menzionati, nel proc. n. 1241/2017 il ricorrente depositò unicamente relazioni mediche di parte (quella del dott. ### e quella del dott. ### nonché uno “studio ### dr. 
Giorgi” che nel presente giudizio non è stato prodotto). In tali varie relazioni è fatto riferimento a radiografie ed esami, i cui referti non furono allegati al ricorso ex art. 702 bis c.p.c. (e neppure sono stati prodotti nel presente giudizio).  ###, chiamato, dunque, a compiere una valutazione sulla base degli stessi documenti che avrebbe valutato il CTU del proc. n. 1241/17, se la consulenza fosse stata ammessa, ha evidenziato che non sussiste evidenza di quale sia stata la situazione della bocca dell'attore prima, durante e dopo il trattamento denunciato, se non per quanto risulta dalla cartella clinica dell'### nonché dalle relazioni di visita del dott. ### e del dott.  ### su menzionate. 
Su tali basi, il CTU ha potuto valutare come totalmente errata la scelta circa il trattamento adottato dai sanitari dell'### novarese per risolvere la malocclusione, dal momento che l'uso della vite di ### è indicato solo in giovane età, quando la sutura palatina non si è ancora saldata, mentre il ### aveva all'epoca superato i quarant'anni, età in cui la sutura mediana è saldamente formata e non può essere aperta tramite la vite. Tale risultato si sarebbe potuto ottenere solo con un intervento chirurgico maxillo-facciale.  ### ha poi esposto che l'effetto di questa vite, non potendo aprire la sutura mediana, si scarica tutto sulla dentatura cui si appoggia, provocando una vestibolarizzazione della dentatura e ha rilevato come nella specie - stando alle relazioni suddette - tale vestibolarizzazione si fosse appunto verificata, determinando un open-bite sia anteriore che laterale con un'occlusione gravemente alterata e, a quanto si legge nelle relazioni ### e ### con un contatto limitato ai denti 2.6 e 3.7 (laterali sinistri), con conseguente sovraccarico e con molta probabilità alterazione dell'articolazione delle ### All'epoca della visita, poi, la dentatura aveva subito - come d'altra parte preventivato dal dott. ### - una recidiva verso la situazione originaria, pur non potendo il CTU affermare, non conoscendola puntualmente, se la stessa si fosse completamente ripristinata. 
Ciò posto, il CTU ha ritenuto di avere elementi sufficienti per concludere che la terapia messa in atto sia stata concettualmente errata e che con altissima probabilità abbia provocato i danni descritti nelle relazioni ### e ### mentre ha ritenuto di non avere elementi per valutare l'entità del danno biologico subito, se non un verosimile periodo di inabilità temporanea al 50% (alterata capacità masticatoria, e di conseguenza nutrizionale) di giorni circa 70 (dal 09/10/2012 al 18/12/2012), ossia il periodo in cui il ### portò l'apparecchio applicato nell'### Seguì, poi, secondo il consulente dell'ufficio, un periodo in cui la recidiva riportò i denti circa nella posizione di partenza, con graduale recupero della capacità masticatoria. ### ha ritenuto di poter quantificare l'inabilità temporanea, per tale fase, al 20 %, ma di non avere elementi per quantificarne la durata. 
Inoltre ha il CTU ha escluso di avere elementi per stabilire se l'attore abbia subito un danno permanente (essendo pacifica la regressione verso lo stato iniziale, ma non potendosi stabilire se vi sia stato un peggioramento della originaria malocclusione) né se la terapia di cui necessita ad oggi il signor ### (ossia l'intervento di cui al preventivo del dott. ### unitamente a trattamento ortodontico) sia quella di cui egli già necessitava in partenza o se abbia profili di maggiore complessità e aggravio sul paziente, in relazione a un non valutabile esito peggiorativo dell'errato intervento subito. 
Le suddette conclusioni appaiono congruamente motivate sulla base della documentazione in atti e si ritengono pertanto pienamente condivisibili. 
Da un canto, è sì vero, come sottolineato dal CTP dr. ### (per parte convenuta), che non esistono agli atti elementi oggettivi attestanti la situazione successiva al trattamento (foto, referti di esami) ma solo relazioni mediche di professionisti cui il ### ritenne di rivolgersi per una consulenza. ### ha però chiarito, in primo luogo, come le relazioni ### e ### siano sostanzialmente sovrapponibili, il che induce a tenerne una certa considerazione; in secondo luogo, e soprattutto, come le conseguenze pregiudizievoli in esse descritte siano esattamente quelle attese, in esito all'erroneo trattamento prescelto, applicato ad un adulto, tanto da consentirgli di affermare che quanto riferito dai due professionisti corrisponda allo stato ortodontico del ### all'epoca delle visite da parte degli stessi, con una probabilità vicina alla certezza. 
Ugualmente, la stima dell'inabilità temporanea al 50 % è stata motivatamente sostenuta dal CTU che, quanto alla durata, si è riferito a un dato pacifico (il periodo in cui l'apparecchio rimase installato) e, quanto all'incidenza percentuale dei disturbi accertati sulla validità, ha tenuto conto sia dell'aspetto di sofferenza fisica sia dell'incidenza funzionale sulla normale nutrizione.  ### canto, non si vede come il CTU avrebbe potuto stimare, sulla base di mere relazioni di parte, l'esistenza di un danno biologico permanente (peraltro quantificato nell'esigua misura del 2%), come pretenderebbe l'attore.  ### ha particolarmente insistito sulla valenza probatoria della cartella clinica, che il CTU ha esaminato e che, però, al più attesta le condizioni del paziente al momento in cui lo stesso si rivolse all'### Quanto alle condizioni successive, la relazione del dott. ### - anche a voler valorizzare il fatto che trattasi di relazione indirizzata al medico curante e a volerla considerare, dunque, più una certificazione che un parere medico legale, predisposto a fini di causa - risale al gennaio 2013, quando il trattamento era stato appena interrotto ed era appena iniziata la fase di recidiva verso la situazione originaria, sicché le condizioni del ### erano ancora ampiamente in evoluzione. Per il periodo successivo l'attore non ha in alcun modo attestato l'evoluzione della bocca, al fine non solo di accertare eventuali peggioramenti, ma anche la sussistenza di nesso causale con il trattamento posto in essere, che ha avuto la durata di pochi mesi e di cui è pacifica la non stabilità degli esiti. 
Quanto all'ulteriore periodo di invalidità temporanea, parte attrice intenderebbe valorizzare il proprio doc. n. 12 - ossia il preventivo ### datato luglio 2014, per l'intervento maxillofacciale, da eseguirsi privatamente da tale medico - al fine di datare lo studio del dr. ### citato dal dr. ### nella propria relazione medico-legale. 
Per completezza si è chiesto al CTU di fornire, in alternativa, risposta al quesito relativo utilizzando detto documento. Meglio rivalutata la questione, tuttavia, deve confermarsi che dovrà farsi riferimento al parere espresso dal CTU senza tenerne conto. 
Al riguardo è necessario precisare quanto segue. 
Nel proprio parere, il consulente di parte dott. ### riportò quanto relazionato, in precedenza, in data non precisata, dal dr. ### che, sulla base di “un'attenta analisi di ortopantomografia, teleradiografia del cranio latero-laterale, modelli e foto”, espresse una diagnosi, una proposta di trattamento e una prognosi, tutte riportate dal dr. ### unitamente al preventivo per il trattamento prechirurgico e chirurgico. 
La documentazione esaminata dal dr. ### e da quest'ultimo riportata nella relazione non è stata, tuttavia, prodotta nel presente giudizio, né tantomeno sono stati prodotti i plurimi esami e modelli che il dr. ### riferisce di avere studiato, avendo parte attrice versato in atti, quale documentazione proveniente dal dr. ### unicamente, appunto, il preventivo di cui al doc. 12. Ebbene, il punto non è, allora, la datazione della relazione ### bensì, a monte, che non può essere utilizzata una relazione (di parte) non prodotta, ma solo citata nel parere medico-legale utilizzato dall'attore a sostegno delle proprie tesi. 
La verosimile ulteriore riduzione della funzione masticatoria, dal 3.1.2013 fino a totale ripristino dello status quo ante, non è dunque databile. Il preventivo dell'intervento chirurgico, al riguardo, di per sé nulla dice, trattandosi dell'intervento necessario per correggere il difetto malocclusivo sin dall'origine esistente, e non le instabili conseguenze dell'errato trattamento terapeutico attuato. 
Su tale ultimo punto, il giudizio del ### già espresso nella prima relazione, è stato nettamente ribadito, in sede di chiarimenti, nel senso che la prospettazione dell'alternativa chirurgica in sé non si è resa necessaria in conseguenza del fallimento della originaria, inadatta terapia, trattandosi dell'opzione, sin dall'inizio percorribile e sin dall'origine da preferirsi in ragione dell'età del paziente. 
Sulla base di tutto quanto osservato, si ritiene che, con alta probabilità, nel giudizio 1241/2017, se i documenti fossero stati valutati e di conseguenza si fosse dato luogo alla CTU medico legale, l'attore avrebbe avuto il riconoscimento del diritto alla restituzione del costo del trattamento, risultato del tutto inutile alla risoluzione della malocclusione, nonché del diritto al risarcimento del danno biologico temporaneo, nei termini su riconosciuti. 
Quanto al primo punto, l'odierno attore non ha prodotto nel presente giudizio le fatture attestanti i pagamenti. Esse, tuttavia, rientrano fra i documenti che l'avv. ### visionò (e poi, tardivamente, produsse in giudizio). Soprattutto, si rileva che sul punto nessuna contestazione venne sollevata dall'### alle allegazioni avversarie, così che, anche in assenza della relativa documentazione, in caso di affermata responsabilità detta voce di danno sarebbe stata riconosciuta per l'importo indicato, pari a € 1.674,62. 
Quanto al secondo aspetto, in applicazione delle tabelle di cui all'art. 139 codice assicurazioni (secondo valori del 2017), sarebbe stata riconosciuta all'attore la somma di € 1640,80, oltre rivalutazione e interessi sulla somma via via annualmente rivalutata (fino al dicembre 2017, ipotizzando per tale momento la conclusione del giudizio), e dunque il complessivo importo di € 1.710,60 (di cui € 69,80 a titolo di interessi). 
Non si ritiene che l'attore avrebbe potuto ottenere, invece, la condanna della convenuta al risarcimento del danno biologico permanente, indimostrato, nè del danno morale rivendicato, non avendo allegato, a sostegno della particolare sofferenza legata alla propria vicenda sanitaria, alcun elemento specifico, ulteriore rispetto a quelli legati all'inabilità temporanea riconosciuta, né il ristoro delle spese per il futuro trattamento ortodonticochirurgico, non essendovi prova dell'assunto attoreo per cui esso sarebbe necessario per porre rimedio alle conseguenze dell'erroneo trattamento. 
Il convenuto avv. ### in conclusione, è responsabile di aver pregiudicato, per colpevole errore professionale, la concreta possibilità dell'attore di ottenere, sia pure nei suddetti ridotti termini, una pronuncia favorevole e va condannato a rifondere in pari misura all'attore la perdita subita, pari a € 3.385,20, oltre ### rivalutazione e interessi legali sulla somma via via rivalutata dal dicembre 2017 al saldo.  ### ha altresì diritto a essere ristorato delle spese legali che, in considerazione dell'esito del giudizio, è stato condannato a pagare alla controparte, vittoriosa, nel proc. n. 1241/2017: anche la vittoria in termini ridotti, infatti, avrebbe impedito la propria condanna alla refusione delle spese di lite dell'### ospedaliera, in applicazione del principio per cui la soccombenza reciproca può al più essere condannata ai fini della compensazione delle spese di lite. ### ha documentato di aver ricevuto, a tale titolo, atto di precetto da parte dell'### per un totale di € 4152,38, somma che il convenuto va condannato a rifondere all'attore. 
Non può invece essere riconosciuto il diritto dell'attore al risarcimento del danno non patrimoniale dallo stesso vantato per la violazione del diritto assoluto di difesa, di cui all'art 24 della ### quale diritto inviolabile della persona. 
Ai fini del rigetto risulta assorbente di ogni altra questione che l'attore non abbia fornito idonea allegazione, né tantomeno prova, dello specifico pregiudizio subito in conseguenza della violazione lamentata.  ### consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, “il danno non patrimoniale da lesione di diritti fondamentali, quale tipico danno-conseguenza, non coincide con la lesione dell'interesse (ovvero non è in re ipsa) e, pertanto, deve essere allegato e provato da chi richiede il relativo risarcimento, anche se, trattandosi di un pregiudizio proiettato nel futuro, è consentito il ricorso a valutazioni prognostiche ed a presunzioni sulla base di elementi obiettivi che è onere del danneggiato fornire” (Cass., n. 907/2018; cfr. anche Cass., n. 20463/2016). Questo orientamento giurisprudenziale, d'altra parte, conferma quello già affermato dalle ### della Corte di Cassazione, laddove hanno ritenuto “da respingere…l'affermazione che nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe in re ipsa, perché la tesi snatura la funzione del risarcimento che verrebbe concesso non in conseguenza dell'effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo” (Cass., SS.UU., n. 26972/2008). 
Ora, parte attrice ha particolarmente evidenziato la frustrazione e il dispiacere dell'attore, nell'apprendere di non essere stato correttamente difeso in un giudizio riguardante un diritto fondamentale riconosciuto dalla ### quale il diritto alla salute, nonché gli ulteriori patimenti connessi alla necessità di instaurare un ulteriore giudizio per ottenere infine ragione delle proprie pretese. Trattasi, tuttavia, delle conseguenze ordinariamente derivanti dalla violazione da parte del difensore del proprio mandato difensivo e dall'esistenza del rimedio giudiziale all'inadempimento, dato dall'azione risarcitoria. Ove si tenesse conto di tali aspetti, si giungerebbe alla liquidazione sostanzialmente automatica di un generico pregiudizio soggettivo, derivante ipso iure dall'inadempimento del difensore e dalla necessità per il cliente di ottenerne ragione in un ulteriore procedimento, ciò in ogni vicenda di responsabilità professionale riguardante l'avvocato (non potendosi ritenere che il diritto alla difesa sia meno inviolabile là dove riguardi ambiti diversi, quali i diritti reali o vicende squisitamente patrimoniali). E' peraltro ormai acquisito, ad esempio in materia medica, in caso di accertata lesione del diritto non meno inviolabile all'integrità psico-fisica, il principio per cui il pregiudizio intimo, al pari di quello relazionale, ottiene riconoscimento laddove sia data prova dello specifico prodursi di conseguente non già comprese nel risarcimento del danno biologico). 
Quanto, poi, alla perdita della possibilità di definire la controversia con la corresponsione della somma economica di € 10.000,00, offerta dall'### in fase stragiudiziale a titolo conciliativo, essa non è certo addebitabile al difensore. La scelta se addivenire o meno a conciliazione della lite, infatti, è propria del cliente, salva allegazione, nella specie mancante, di specifici elementi che la rendano addebitabile, nel caso concreto, al difensore (per erronea informazione dell'assistito, per sovrastima delle possibilità di successo dell'azione giudiziale o altro ancora). 
In conclusione, accertato l'inadempimento del convenuto avv. ### al mandato difensivo assunto nel proc. n. 1241/2017, lo stesso va condannato a risarcire i danni causati al ### quantificati in € 3385,22 per perdita del provvedimento favorevole che, in tale misura, egli avrebbe con alta probabilità ottenuto in tale giudizio, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dal dicembre 2017 al saldo, nonché in € 4152,38, a titolo di rifusione delle spese legali che l'attore è stato condannato a pagare all'### Le domande proposte in via subordinata dal convenuto ### vanno dichiarate inammissibili, non potendo l'un convenuto, evidentemente privo di azione al riguardo, chiedere la condanna dell'altro convenuto in favore dell'attore, né in via esclusiva, né in via solidale.  4. 
Quanto alla domanda proposta nei confronti del terzo assicuratore, l'avvenuta stipula da parte dell'avv. ### di polizza c.d. claims made n. TGY#### 16-H per la responsabilità civile professionale, avente decorrenza dall'16.05.2016 al 16.05.2017 e, a seguito di rinnovo, dal 16.05.2017 al 16.05.2018 non è in discussione, così come la documentata denuncia del sinistro da parte dell'assicurato alla ### in data ###, dunque in costanza di operatività del rinnovo. 
La compagnia ha eccepito, invece, in primo luogo, l'insussistenza dell'obbligo di indennizzo, in relazione a quanto previsto dall'art. III, punto 9), in virtù del quale l'assicurazione non opera “per le richieste di risarcimento causate da, connesse o conseguenti (…) atto doloso posto in essere dall'assicurato”.  ### non è fondata. 
In primo luogo, infatti, fermo rimanendo che, per le ragioni su esposte, non vi è prova della falsità della sottoscrizione (che la terza chiamata neppure ha chiesto di provare, previa proposizione di querela di falso in danno del proprio assicurato), anche là dove, invece, essa fosse stata dimostrata, sarebbe ravvisabile in capo al difensore una grave negligenza per aver confidato nella provenienza della sottoscrizione, attestatagli dalla ### pur allora ritenuta una collega, senza pretendere una interlocuzione diretta con il ### ma non vi sarebbero elementi per ritenere addirittura integrato il dolo della falsa attestazione e, dunque, per ritenere che l'avv. ### abbia autenticato la sottoscrizione nella consapevolezza della sua falsità, o anche solo avendo elementi per ritenere che vi fosse il rischio concreto ed effettivo che essa non fosse autentica. 
In ogni caso, è assorbente la considerazione che la responsabilità civile dell'avv. ### è stata in concreto affermata non in relazione alla superficiale accettazione del mandato, pur avvenuta con colpevole leggerezza, bensì in relazione ad altre condotte - il mancato, tempestivo deposito della documentazione necessaria a sostegno del ricorso, pur in possesso del difensore, nonché la mancata tempestiva comunicazione al cliente dell'ordinanza di rigetto - rispetto alle quali neppure è in questione la realizzazione dolosa. 
E' altresì infondata l'eccezione di decadenza dell'assicurato dalla garanzia, in relazione all'obbligo previsto all'art. VI, lett. a), del testo di polizza (doc. 2, pag. 5), ai sensi del quale “l'assicurato - a pena di decadenza del diritto all'indennizzo ai sensi della presente polizza - deve dare agli assicuratori, tramite l'intermediario, comunicazione scritta entro e non oltre 30 giorni dalla data in cui è venuto a conoscenza di: i. qualsiasi richiesta di risarcimento a lui presentata; ii. qualsiasi intenzione formalizzata da un terzo di ritenerlo responsabile di un atto illecito; iii. qualsiasi circostanza di cui l'assicurato vengo a conoscenza, che possa ragionevolmente dare adito ad una richiesta di risarcimento”. 
In particolare, secondo la terza chiamata, il termine di 30 giorni, previsto per dare notizia all'assicuratore del sinistro, decorrerebbero dalla comunicazione all'avv. ### dell'ordinanza del 20.11.2017, emessa dal Tribunale di ### poiché sin da tale momento, tenuto conto del tenore della decisione assunta dal Tribunale, il difensore avrebbe dovuto prefigurare la ragionevole possibilità di una richiesta risarcitoria, in effetti giunta. 
La stessa ### assicuratrice ha peraltro richiamato il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui “in tema di assicurazione contro i danni, l'inosservanza, da parte dell'assicurato, dell'obbligo di dare avviso del sinistro, secondo le specifiche modalità previste da clausola di polizza, non può implicare, di per sé, la perdita della garanzia assicurativa, occorrendo a tal fine accertare se detta inosservanza abbia carattere doloso o colposo, dato che, nella seconda ipotesi, il diritto all'indennità non viene meno, ma si riduce in ragione del pregiudizio sofferto dall'assicuratore, ai sensi dell'art. 1915, comma 2, c.c.” (Cass., n. 24733/2007). 
Ora, l'avv. ### ricevuta comunicazione dell'ordinanza da parte della ### del Tribunale, la inoltrò alla ### che era stata la propria interlocutrice sino a quel momento e che teneva i contatti con il cliente. Anche in questo caso, come si è sopra rilevato, fu una grave leggerezza da parte del difensore limitarsi a tale passaggio, senza pretendere dalla stessa certezza in ordine al fatto che il provvedimento fosse stato tempestivamente comunicato al cliente con l'avviso della facoltà di impugnarlo o senza provvedere egli stesso a tale incombente. Tuttavia, si ritiene che la mancata comunicazione alla ### non sia ascrivibile a volontà di occultare il fatto che si fossero verificate circostanze che avrebbero potuto dare adito ragionevolmente a una richiesta di indennizzo, ma alla complessiva mal gestione della situazione e alla sottostima delle conseguenze, per cui il difensore si rese conto del fatto che l'ordinanza era divenuta definitiva solo quando, in effetti, ricevette la richiesta risarcitoria, tempestivamente comunicata alla compagnia. 
In assenza di dolo e in assenza di prova circa un pregiudizio sofferto dall'assicuratore, in conseguenza del fatto che la comunicazione sia stata procrastinata al momento della richiesta risarcitoria (pregiudizio per vero neppure specificamente allegato, non essendo allo scopo sufficiente la tautologica affermazione circa l'“evidente” pregiudizio subito), l'eccezione va rigettata. 
Quanto alle ulteriori difese dell'assicuratore, il limite di massimale, nella specie, non viene in considerazione. Va invece considerata la pattuizione di una franchigia di € 1000 per ogni richiesta di risarcimento.  ### ha, poi, sollevato questione relativa alla ritenuta non debenza delle c.d. spese di resistenza, non avendo la terza chiamata autorizzato la nomina del legale prescelto dall'assicurato. La questione, tuttavia, non è pertinente, tenuto conto delle domande attoree, che non ha domandato di essere tenuto indenne di tali spese, limitandosi - anche nelle conclusioni precisate nella prima memoria istruttoria - a chiedere l'accertamento dell'obbligo della compagnia di manlevarlo “da ogni pretesa attorea” nonché la conseguente condanna della terza chiamata “a rifondere al sig. ### quanto il convenuto Avv.  ### sarà eventualmente tenuto a pagare all'attore”. Il convenuto ha dunque chiesto di essere manlevato di quanto dovuto, in forza del presente provvedimento, all'attore, ma non ha proposto domanda di ottenere altresì la refusione delle spese sostenute per la propria difesa. Il convenuto, d'altra parte, nulla ha replicato, sul punto, quanto ai rilievi opposti dalla compagnia assicuratrice. 
E' bene precisare, invece, che nella domanda di manleva, così come formulata, rientra la somma che il convenuto dovrà all'attore a titolo di spese di lite, come da regolamentazione che segue, e che la domanda è fondata anche in relazione a tale aspetto, trattandosi - a norma dell'art. II, lett K, punto ii delle condizioni di polizza - di “costi e spese sostenuti da un terzo che l'assicurato sia tenuto a rimborsare per effetto di un provvedimento giudiziale”, compresi nelle perdite coperte dal contratto assicurativo. 
Inoltre, avendolo l'assicurato richiesto (in tal senso deve essere intesa, infatti, la domanda di condanna dell'assicuratore a rifondere direttamente al ### quanto dovuto dall'avv.  ###, a norma dell'art. 1917, co. 2 c.c. la terza chiamata va condannata a pagare direttamente in favore dell'attore le suddette somme e voci, corrispondenti all'indennizzo dovuto.   ### (#### va in definitiva condannata, in accoglimento della domanda di manleva proposta dal convenuto ### a corrispondere direttamente in favore dell'attore quanto allo stesso dall'assicurato dovuto, in forza della presente sentenza, a titolo di risarcimento, dedotto lo scoperto di € 1000, nonché a titolo di spese legali.  5. 
Quanto alla regolamentazione delle spese legali, in applicazione del principio della soccombenza parte convenuta va condannata a rifondere le spese del presente giudizio, liquidate, sulla base del riconosciuto e non del domandato (art. 5 DM n. 55/2014), in € 875 per la fase di studio, € 740 per la fase introduttiva, € 1000 per la fase istruttoria ed € 1.200 per la fase decisionale (avendo la parte depositato la sola comparsa conclusionale) e così complessivamente in € 3815 per compensi, oltre spese generali forfettarie, cpa e iva come per legge e oltre rimborso del CU e della marca da bollo. Le spese vanno distratte a norma dell'art. 93 c.p.c. in favore del difensore, che lo ha richiesto, dichiarandosi antistatario. 
Nei rapporti fra il convenuto e la terza chiamata, quest'ultima, soccombente, è tenuta a corrispondere al chiamante le spese dallo stesso sostenute per la chiamata, liquidate in € 500 per la fase di studio, € 500 per la fase introduttiva ed € 810 per la fase decisionale (nulla per la fase istruttoria, non avendo l'istruzione della causa riguardato i rapporti fra l'### e la ### assicuratrice) e così complessivamente in € 1810 per compensi, oltre spese generali forfettarie, cpa e iva come per legge. 
Le spese della ### considerato che la stessa ha portato ad un accertamento del danno, vantato dall'attore, in misura nettamente inferiore a quanto dallo stesso rivendicato e, dunque, secondo la finalità sua propria, ha fornito elementi di conoscenza tecnica tramite lo svolgimento di una prestazione da ritenersi resa nell'interesse generale della giustizia e, correlativamente, di quello comune delle parti (Cass. 7 ottobre 2016, n. 20250, Cass. 13 maggio 2015, n. 9813; Cass. 19 ottobre 2009, n. 22122), vanno poste definitivamente a carico dell'attore e del convenuto in pari misura.  PQM il Tribunale di ### in composizione monocratica, ogni diversa istanza, eccezione o deduzione disattesa, definitivamente pronunciando nel proc. R.G. n. 1566/2018: 1) dichiara improseguibile, per intervenuta rinuncia, la domanda proposte dall'attore nei confronti di ### 2) rigetta la domanda attorea di risoluzione del contratto intercorso fra l'attore e l'Avv.  ### 3) dichiara inammissibile, per difetto di interesse ad agire, la domanda proposta dall'attore per l'accertamento della non debenza di compensi all'Avv. ### in relazione al suddetto contratto; 4) accertato il colpevole inadempimento del convenuto ### al mandato difensivo assunto nei confronti dell'attore nel procedimento per cui è causa, condanna ### a risarcire a ### i danni conseguenti, liquidati in € 3385,22, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dal dicembre 2017 al saldo, per perdita del provvedimento favorevole ottenibile nel suddetto giudizio, nonché in € 4152,38, a titolo di rifusione delle spese legali che l'attore è stato condannato a pagare in tale giudizio; 5) accerta che la terza chiamata è tenuta a tenere indenne ### di quanto quest'ultimo è tenuto a corrispondere all'attore in forza del presente provvedimento e, per l'effetto, condanna ### (##### per l'### a pagare direttamente a ### quanto dall'assicurato allo stesso dovuto, in forza della presente sentenza, a titolo di risarcimento e quale ristoro delle spese legali, dedotto lo scoperto di € 1000; 6) condanna ### a rifondere all'attore le spese del presente giudizio, liquidate in in € 3815 per compensi, oltre spese generali forfettarie, cpa e iva come per legge e oltre rimborso del CU e della marca da bollo, con distrazione in favore del difensore, dichiaratosi antistatario; 7) condanna ### (##### per l'### a rifondere al convenuto ### le spese della chiamata del terzo, liquidate in € 1810 per compensi, oltre spese generali forfettarie, cpa e iva come per legge; 8) pone le spese di CTU definitivamente a carico dell'attore e del convenuto ### in pari quota.  ### 8 giugno 2022 

Il Giudice
dott. ### n. 1566/2018


causa n. 1566/2018 R.G. - Giudice/firmatari: Vitale Fortuna, Boido Annalisa

M
1

Tribunale di Palermo, Sentenza n. 44/2022 del 07-01-2022

... distal jet monolaterale e il successivo montaggio di apparecchio ortodontico fisso, che avrebbe portato in breve tempo alla correzione della discrepanza occlusale e quindi anche alla correzione dell'alterata linea mediana; oppure mediante l'utilizzo di apparecchi invisibili tipo “invisalign®” Sebbene, dunque, a giudizio del collegio peritale, il convenuto non abbia omesso di effettuare alcuna indagine e/o approfondimento diagnostico, anche strumentale, ai fini di un corretto inquadramento diagnostico della patologia da cui era affetta parte attrice, sia dai calchi in r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### gesso pretrattamento che dalle indagini radiologiche non si evinceva alcuna patologia parodontale, per cui la metodica di intervento mediante l'applicazione di manufatti protesici per l'ipotetica correzione della malocclusione non risultava verosimilmente adeguata, in quanto la malocclusione si sarebbe dovuta correggere con l'applicazione di un distal jet monolaterale destro e conseguente “distalizzazione” degli elementi 14 e 15 e 13 e successiva correzione del gruppo frontale con conseguente posizionamento della linea mediana in prima classe di ### oppure mediante applicazione di (leggi tutto)...

testo integrale

### in persona del Giudice, dott. ssa ### ha pronunciato la seguente ### nella controversia iscritta al n. 6040 del registro generale affari civili dell'anno 2017 TRA ### nata a #### il ### (C.F. ###), rappresentata e difesa - per mandato in calce all'atto di citazione - dagli avv.ti ### (###) e ### (###) #### nato a #### il ### (C.F. ###), rappresentato e difeso dall'avv. ### (###) che lo rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di riposta ##### per l'### in persona del procuratore e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura depositata in copia nel fascicolo informativo, dall'avv. ### (###) ### avente ad oggetto: responsabilità professionale sanitaria RAGIONI DELLA DECISIONE r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### l'atto di citazione notificato il ###, ### ha convenuto in giudizio il dott. ### esponendo di essersi a lui rivolta nel corso dell'anno 2011 per la cura della frattura della parte del primo molare superiore di destra che le provocava dolore e di essere stata dal medesimo sottoposta, a causa dell'errata diagnosi di grave malattia parodontale associata a mala occlusione dentaria del tutto asintomatiche, ad un lungo trattamento protesico che, oltre a non procurarle alcun risultato clinico migliorativo, le aveva arrecato un peggioramento delle condizioni di salute con episodi di sanguinamento dai tessuti gengivali, cefalea, dolenzia diffusa ai muscoli del viso e del collo, problemi posturali, fastidiosi acufeni all'orecchio.   Lamentando che il predetto trattamento e l'applicazione delle protesi dentaria, peraltro non preceduti dall'acquisizione di un valido consenso informato, le avevano causato un danno anatomico, predisponendo i denti alla patologia cariosa, e l'instaurarsi della patologia gnatologica e della disfunzione masticatoria, ed invocando quindi la responsabilità professionale del convenuto ha chiesto che, previa risoluzione del contratto d'opera professionale, fosse condannato al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi patrimoniali e non patrimoniali sotto il profilo del danno biologico, alla vita di relazione, esistenziale e morale in tutte le accezioni intese, quantificati in € 52.000,00 e/o nella diversa somma che sarebbe stata accertata in corso di causa, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali come per legge, alla restituzione della somma di € 4.001,81 complessivamente pagata per le prestazioni rivelatesi errate, al rimborso di tutte le spese mediche sostenute in dipendenza dell'inadempimento di controparte, alla rifusione delle spese di lite.   Costituendosi tempestivamente, il dott. ### ha preliminarmente chiesto di estendere il contraddittorio al proprio assicuratore; nel merito ha contestato ogni addebito sostenendo che la correttezza della diagnosi era confermata dalla ortopantomografia del 20.5.2011 e dall'ulteriore esame clinico ### eseguito il ###; che il piano terapeutico (impianto di protesi fisse) consigliato ed illustrato all'attrice - la quale aveva scelto consapevolmente di sottoporvisi - era modulato sulla effettiva situazione della paziente ed era preferibile rispetto alla soluzione alternativa, consistente nella adozione di bite, che avrebbe comportato una spesa maggiore e un disagio vita natural durante; che la terapia provvisoria aveva portato ad una graduale remissione della sintomatologia accusata, suffragando la correttezza dell'opzione terapeutica prescelta, tanto che la paziente aveva consentito r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### l'applicazione delle protesi dentarie definitive a carico di premolari e molari superiori salvo poi decidere di sospendere improvvisamente la terapia, impedendo che il trattamento fosse portato a termine. 
Ha pertanto concluso per il rigetto delle domande attoree, in via subordinata per l'applicazione dell'art. 1227 c.c. con conseguente riduzione dell'obbligazione risarcitoria e, in caso di soccombenza, ha chiesto dichiararsi la società ### tenuta a garantirlo dagli effetti dell'eventuale condanna.   Regolarmente evocata si è costituita anche l'assicuratrice sostenendo la correttezza della prestazione professionale espletata dall'assicurato nei confronti dell'attrice, la quale lungi dall'essere esente da malattie odontoiatriche, era stata invece sottoposta nel tempo a numerose cure e presentava una condizione piuttosto preoccupante, deducendo che al convenuto non potesse farsi carico dei disturbi o degli esiti peggiorativi addebitabili alle altre strutture sanitarie che erano intervenute modificando il quadro clinico esitato ai trattamenti praticati dal dott. ### contestando l'assolvimento dell'onere probatorio gravante sull'attrice. Quanto alla garanzia invocata dall'assicurato, ne ha contestato l'operatività soltanto rispetto al preteso danno la lesione dell'autodeterminazione e alla restituzione dell'onorario pagato dalla paziente, ha invocato la franchigia e il massimale contrattuale e si è opposto al risarcimento di voci di danno frutto di indebite duplicazioni e comunque non provate. 
Rigettati i mezzi di prova orale articolati da parte attrice, la causa è stata istruita esclusivamente mediante le indagini medico - legali affidate ai dott.ri ### e ### che hanno esaurito il proprio incarico col deposito dell'elaborato il ###.  ***** 
La responsabilità del convenuto ###esposizione dei fatti di causa e delle difese del convenuto si deduce che è incontroversa la natura contrattuale del rapporto professionale intercorso tra le parti relativamente ai trattamenti odontoiatrici di cui l'attrice ha lamentato l'errata esecuzione, per cui, trattandosi di obbligazione di tipo professionale, lo standard di diligenza al quale il dott. ### avrebbe dovuto conformare il proprio operato e che costituisce il parametro di valutazione dell'esattezza della prestazione resa è quello delineato dal combinato disposto degli artt. 1176 II comma e 2236 c.c.: la diligenza richiesta in tal caso non è quella del buon padre di famiglia ma piuttosto quella del buon professionista, ossia la diligenza normalmente adeguata in relazione al tipo di attività e alle r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### relative modalità di esecuzione (cfr. Cass. 31 maggio 2006 n° 583), quella insita nella natura dell'ars che il medico esercita (Cass. 1.2.2011 n. 2334). 
Con un assai noto precedente la suprema Corte ha espressamente esteso alla prestazione del professionista sanitario i principi affermati con riguardo all'adempimento delle altre obbligazioni professionali, e in particolare al parametro della diligenza qualificata ai sensi dell'art.  1176 co. 2 c.c., (che costituisce aspetto del concetto unitario posto dall'art. 1174 c.c.; cfr. Cass., 28/5/2004, n. 10297; Cass., 22/12/1999, n.559), quale modello di condotta che si estrinseca (sia esso professionista o imprenditore) nell'adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili, in relazione alla natura dell'attività esercitata, volto all'adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell'interesse creditorio, nonché ad evitare possibili eventi dannosi (v. Cass., 31/5/2006, n. 12995). 
Il peculiare settore di competenza in cui rientra l'attività esercitata richiede infatti la specifica conoscenza ed applicazione delle cognizioni tecniche che sono tipiche dell'attività necessaria per l'esecuzione dell'attività professionale; per cui la limitazione di responsabilità professionale del medico ai casi di dolo o colpa grave ex art. 2236 c.c. si applica nelle sole ipotesi che presentano problemi tecnici di particolare difficoltà, trascendenti la preparazione media o non ancora sufficientemente studiati dalla scienza medica (Cass. 2042/05), di cui spetta al medico fornire la prova, in ogni caso attenendo esclusivamente all'imperizia e non anche all'imprudenza e alla negligenza (v. Cass. 9085/2006; Cass. 14448/2004; Cass. n. 5945/2000). 
Attesa la natura contrattuale della responsabilità del convenuto, il riparto dell'onere probatorio segue i criteri fissati in termini generali dalle ### della Suprema Corte con la sentenza 30 ottobre 2001, n. 13533, per cui il paziente che agisce in giudizio deducendo l'inesatto adempimento dell'obbligazione sanitaria deve provare il contratto e il nesso causale tra il peggioramento della propria condizione clinica (aggravamento di preesistenti patologie o insorgenza di nuove affezioni) e l'inadempimento qualificato del sanitario, restando a carico di quest'ultimo l'onere di provare l'esatto adempimento (ex multis, Cass. 18392/17; 21177/15). 
Con la conseguenza che la distinzione tra interventi di facile esecuzione e prestazioni implicanti la risoluzione di problemi tecnici di particolare complessità non rileva più quale criterio di distribuzione dell'onere della prova, ma va apprezzata per la valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa, restando in ogni caso a carico del sanitario allegare e provare che la prestazione era di particolare difficoltà ai fini dell'applicazione del più mite regime previsto r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### dall'art. 2236 c.c. e, nel caso di interventi routinari o di facile esecuzione, che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia può essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non ha avuto alcuna incidenza eziologica nella produzione del danno, ovvero che il risultato sperato è mancato per l'intervento di fattori eccezionali o di complicanze pur prevedibili ma non prevenibili con l'impiego della diligenza adeguata alla professione esercitata (Cass. civ. sez. un. 11 gennaio 2008, n. 577; Cass. civ. 26 febbraio 2013, n. 4792; Cass. civ. 21 luglio 2011, n. 1593; 12 dicembre 2013 n. 27875). 
Ai fini dell'assolvimento, da parte del medico (o della struttura sanitaria), della prova liberatoria di cui all'art. 1218 c.c., alla luce degli espressi principi - costituenti ormai un vero e proprio statuto della responsabilità del professionista - deve escludersi che una limitazione della misura dello sforzo diligente dovuto nell'adempimento dell'obbligazione, e della conseguente responsabilità per il caso di relativa mancanza o inesattezza, possa farsi discendere dalla qualificazione dell'obbligazione in termini di "obbligazione di mezzi".   Il professionista, ed il medico specialista in particolare, è infatti tenuto non già ad una prestazione professionale purchessia bensì impegnato ad una condotta specifica particolarmente qualificata, in ragione del proprio grado di abilità tecnicoscientifica nel settore di competenza, in vista del conseguimento di un determinato obiettivo dovuto, avuto riguardo al criterio di normalità (cfr. Cass. III, 13.4.2007 n. 8826; Cass., 19/5/2004, n.9471. Nel senso che il risultato positivo è una conseguenza "statisticamente fisiologica" della prestazione professionale diligente cfr. Cass., 28/5/2004, n. 10297; Cass., 16/2/2001, n. 2335; Cass., 19/5/1999, n. 4852). Sono infatti proprio la prestazione professionale qualificata dal grado di conoscenza ed abilità tecnica e la particolare organizzazione di uomini e mezzi della struttura sanitaria specializzata in cui la stessa viene espletata, ad ingenerare nel paziente l'affidamento idoneo ad indurlo a sottoporsi ad un particolare tipo di intervento sulla propria persona, che lo espone in ogni caso ad un più o meno alto grado di rischio per la propria incolumità, quando non addirittura sopravvivenza. Per il professionista (e conseguentemente per la struttura sanitaria) non vale dunque invocare, al fine di farne conseguire la propria irresponsabilità, la distinzione tra "obbligazione di mezzi" e "obbligazione di risultato", sostenendo che la propria attività è da ricomprendersi tra le prime, sì da non rispondere in caso di risultato non raggiunto, in quanto anche nelle cd. obbligazioni di mezzi lo sforzo diligente del debitore è in ogni caso rivolto al perseguimento del risultato dovuto.  r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ###' dunque vero che l'inadempimento del professionista alla propria obbligazione non può essere desunto, ipso facto, dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell'attività professionale (v.Cass., 9/11/2006, n. 23918). ### consegue infatti alla prestazione negligente, ovvero non improntata alla dovuta diligenza da parte del professionista (e/o della struttura sanitaria) ai sensi dellart. 1176 c.c., adeguata alla natura dell'attività esercitata e alle circostanze concrete del caso. 
E tuttavia, il mancato raggiungimento dell'obiettivo (guarigione, miglioramento estetico, attenuazione dei sintomi, etc..) sperato e possibile non è ininfluente sul piano probatorio: provati, infatti, dal paziente la sussistenza ed il contenuto del contratto professionale (o, se del caso, di spedalità), se la prestazione dell'attività sanitaria non consegue il risultato normalmente ottenibile in relazione alle circostanze concrete del caso, incombe invero al medico (a fortiori ove trattisi di intervento semplice o routinario) dare la prova che il risultato "anomalo" o insoddisfacente rispetto al convenuto esito dell'intervento o della cura, e quindi dello scostamento da una legge di regolarità causale fondata sull'esperienza, dipende da fatto a sè non imputabile, in quanto non ascrivibile alla condotta mantenuta in conformità alla diligenza dovuta, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto. 
Risultato "anomalo" che deve in realtà ravvisarsi non solo allorquando alla prestazione medica consegua l'aggravamento dello stato morboso o l'insorgenza di nuova patologia, ma anche quando l'esito risulti caratterizzato da inalterazione rispetto alla situazione che l'intervento medico-chirurgico ha appunto reso necessario. 
Lo stato di inalterazione si sostanzia nel mancato miglioramento (nel caso, estetico) costituente oggetto della prestazione cui il medicospecialista è tenuto, e che il paziente può legittimamente attendersi quale normale esito della diligente esecuzione della prestazione professionale. 
E' allora alla stregua degli esposti principi che va studiato e deciso il caso sottoposto all'attenzione del decidente, avendo l'attrice imputato al professionista convenuto la scelta e l'esecuzione di un piano terapeutico incongruo rispetto al suo stato di salute iniziale e rispetto alla patologia per la quale si era rivolta alle sue cure: a seguito dell'errata diagnosi di disordine cranio - mandibolare non sintomatico - formulata sulla base di evidenze cliniche non specificate e senza adeguati approfondimenti - il sanitario aveva proposto, quale unica soluzione, una terapia r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### odontoiatrica consistente in una riabilitazione protesica estesa all'arcata dentaria superiore per un totale di 8 elementi confezionati in metallo - ceramica, la cui imperita esecuzione aveva generato un peggioramento del quadro clinico originario. La condotta imperita ed imprudente del sanitario si sarebbe quindi avuta sia nella fase della diagnosi e della impostazione del piano terapeutico, che nella fase di esecuzione dello stesso. 
Avendo il convenuto ammesso di aver riscontrato, nella paziente, presenza di carie, parodontopatia, malocclusione e patologia bilaterale delle articolazioni temporo - mandibolari e di averle consigliato - quale opzione preferibile rispetto all'alternativa terapeutica - un trattamento nell'arcata superiore consistente nella protesizzazione di quattro elementi dentari nella parte laterale destra e di altrettanti elementi nella parte laterale sinistra, l'oggetto delle indagini medico - legali ha riguardato innanzitutto la verifica della conformità alle leges artis dello studio della situazione preesistente della paziente, della formulazione della diagnosi e della individuazione dei risultati da conseguire e della metodica di intervento più consona al raggiungimento degli obiettivi terapeutici prefissati, della correttezza o meno dell'esecuzione della terapia odontoiatrica finalizzata alla risoluzione della “malattia parodontale” diagnosticata mediante protesizzazione dei diversi elementi dentari dell' arcata superiore; della completezza del corredo informativo fornito alla paziente al momento dell'acquisizione del consenso al piano terapeutico. 
Ebbene, dopo aver premesso che, sulla scorta delle evidenze anamnestiche, documentali, strumentali, nonché dei rilievi oggettivi (calchi in gesso) e delle risultanze della visita odontoiatrica effettuata nel corso delle operazioni peritali, l'attrice prima di sottoporsi ai trattamenti per cui è causa era verosimilmente affetta da “### della linea mediana con alterazione della classe canina destra e scorretta classe molare destra e presenza di carie destruente del 6 superiore di destra (16), precedentemente trattato con otturazione in amalgama e terapia canalare incongrua, di otturazioni in amalgama del 24, 25, 26, 15 e 17, e altresì presenza di corone del 36 e del 46 trattate con terapie canalari incongrue”, e aver ricordato che obiettivo di ogni trattamento ortodontico convenzionale deve essere quello di raggiungere il corretto allineamento dentale, in cui i denti si trovano ad essere disposti in maniera regolare, senza affollamenti, e in una condizione di combaciamento in neutrocclusione (I classe) tra le due arcate dentali antagoniste, i ### hanno osservato che, all'epoca in cui la ### si rivolse al convenuto, non sussisteva una condizione parodontale tale da compromettere la stabilità degli elementi dentali superiori di destra e di sinistra e non era pertanto giustificato il piano terapeutico prospettato dal dott. ### alla paziente.  r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### il deficit della congruenza della linea mediana e quindi gli ipotizzati problemi occlusali non erano, ad avviso dei consulenti, di gravità tale da richiedere parte del trattamento effettuato dal dott. ### e cioè la monconizzazione di 4 elementi superiori di sinistra (24, 25, 26, 27) e dell'elemento 4 superiore di destra (14); era invece effettivamente necessaria la rizectomizzazione dell'elemento 16, in quanto fortemente compromesso da processo carioso e da frattura parziale coronale (già precedentemente trattato in maniera incongrua con terapia conservativa da altro specialista). 
Un corretto piano terapeutico avrebbe dovuto indurre, secondo le linee guida esistenti, sia di ortodonzia che di gnatologia, il corretto posizionamento dei molari in prima classe (come viene evidenziato nell'immagine in rosa sopra accostata al calco pre-trattamento), con conseguente lieve scivolamento anteroposteriore dei premolari e del canino superiore di destra, condizione questa che avrebbe creato il fisiologico spazio per lo spostamento del gruppo frontale superiore in senso distomesiale e il corretto allineamento della linea mediana. Questo non si è verificato, in quanto il dott. ### provvedeva a costruire manufatti protesici a destra paziente per ripristinare l'elemento dentario rizectomizzato, monconizzando gli elementi 14 (questo elemento, tuttavia, non avrebbe dovuto essere monconizzato), 15 e 17, ma non avrebbe dovuto monconizzare a sinistra paziente il 24, 25, 26, 27, poiché non vi era (secondo quanto emerge dai riscontri strumentali) alcuna condizione parodontale di entità tale da compromettere la stabilità di quegli elementi. Peraltro, la realizzazione del manufatto protesico a sinistra paziente, non avrebbe potuto influire sulla regolazione dell'anomalia occlusale, in quanto tale problema, come si evince dai calchi pre-trattamento, era localizzato nell'emiarcata superiore di destra della signora ### (a destra paziente). Inoltre, nel prosieguo del trattamento messo in atto da parte convenuta, la prevista realizzazione degli apparecchi ortodontici inferiori (poi non attuata per interruzione del trattamento da parte dell'attrice) era del tutto superflua, in quanto la correzione dei problemi occlusali si doveva concentrare solo ed esclusivamente sull'arcata superiore, mediante l'applicazione di distal jet monolaterale e il successivo montaggio di apparecchio ortodontico fisso, che avrebbe portato in breve tempo alla correzione della discrepanza occlusale e quindi anche alla correzione dell'alterata linea mediana; oppure mediante l'utilizzo di apparecchi invisibili tipo “invisalign®” Sebbene, dunque, a giudizio del collegio peritale, il convenuto non abbia omesso di effettuare alcuna indagine e/o approfondimento diagnostico, anche strumentale, ai fini di un corretto inquadramento diagnostico della patologia da cui era affetta parte attrice, sia dai calchi in r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### gesso pretrattamento che dalle indagini radiologiche non si evinceva alcuna patologia parodontale, per cui la metodica di intervento mediante l'applicazione di manufatti protesici per l'ipotetica correzione della malocclusione non risultava verosimilmente adeguata, in quanto la malocclusione si sarebbe dovuta correggere con l'applicazione di un distal jet monolaterale destro e conseguente “distalizzazione” degli elementi 14 e 15 e 13 e successiva correzione del gruppo frontale con conseguente posizionamento della linea mediana in prima classe di ### oppure mediante applicazione di apparecchi invisibili tipo “invisalign®. 
Anche in risposta ai rilievi critici del CTP del convenuto, si è ribadito da parte degli ausiliari che la parodontopatia non è stata mai evidenziata oggettivamente; difatti, dai riscontri dei radiogrammi allegati agli atti di causa, non si evince nessun segno di sofferenza parodontale, né è stata allegata una “scheda di screening parodontale”, eseguita con una sonda parodontale semplificata, contenente le informazioni relative alla presenza di una sofferenza parodontale. 
Per quanto concerne l'elemento dentario 16, invece, risulta corretto, come già affermato precedentemente, l'approccio terapeutico con rizectomia. Per quanto riguarda l'applicazione del manufatto protesico a sinistra paziente, questo approccio terapeutico non risultava necessario, in quanto gli elementi non erano in sofferenza parodontale (almeno da quanto si evince dalle indagini radiologiche prodotte in atti) e gli elementi stessi erano trattati con una congrua terapia conservativa e non presentavano segni di infiltrazione cariosa Il manufatto protesico a destra paziente, pur rispettando la c.d. legge della travata (per travata si intende la parte di struttura destinata a sostenere l'elemento o gli elementi mancanti), non è congruo, in quanto l'elemento dentario 16, essendo stato sottoposto a rizectomia, conservava le due radici mesiali, e pertanto, verosimilmente, sarebbe stata sufficiente la limatura dei l5 e del 17 con costruzione di un manufatto protesico a soli 3 elementi, preservando l'elemento 14 dalla monconizzazione ###, e assicurando comunque così una maggiore stabilità all'elemento rizectomizzato rispetto alla sola corona sul 16. 
Sempre secondo il giudizio dei ### anche nel caso in cui la ### fosse stata effettivamente affetta da una patologia parodontale, misconosciuta all'esame radiologico, il confezionamento di manufatti protesici interi con travate uniche, ossia 4 elementi a destra e 4 elementi a sinistra, avrebbe inevitabilmente peggiorato la situazione parodontale stessa, in quanto, in tali situazioni, la corretta igiene orale è compromessa dall'impossibilità di eseguire tutte le pratiche di igiene orale previste per tali patologie (es. utilizzo del filo interdentario).  r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### conseguenze dell'inadempimento ### delle conseguenze dannose al contraente inadempiente ha la funzione di delimitare i confini della sua responsabilità e si fonda su un giudizio in termini ipotetici, coincidendo il danno risarcibile con la perdita subita e il mancato guadagno che siano conseguenza immediata dell'inadempimento, individuati cioè in base al giudizio ipotetico sulla differenza tra la situazione dannosa e la situazione che si sarebbe avuta se il fatto dannoso non si fosse verificato. 
Viene, infatti, in rilievo l'art. 1223 c.c. secondo cui sono risarcibili i danni che sono conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento o del ritardo nell'adempimento. 
Per la giurisprudenza l'individuazione dei danni risarcibili va effettuata alla stregua del criterio c.d. della regolarità causale, per il quale sono risarcibili quei danni che si presentano come effetto normale dell'inadempimento anche se ne sono conseguenze indirette e mediate (Cass. sez. 3, 04/07/2006 n. 15274). 
Le conclusioni cui sono pervenuti gli ausiliari, sulla scorta di argomentazioni logiche e convincenti, resistono ai rilievi critici anche relativamente all'apprezzamento del nesso causale tra l'operato del convenuto e le conseguenze dannose lamentate dall'attrice. E' emerso infatti - e l'affermazione non è stata adeguatamente confutata dal CTP della ### - che la sintomatologia era in parte preesistente alle terapie attuate dal dott. ### ed è stata influenzata anche dai successivi trattamenti odontoiatrici effettuati dal dott. ### cui l'attrice si è rivolta dopo l'interruzione del rapporto con l'odierno convenuto, interruzione che, comunque, contrariamente a quanto adombrato da quest'ultimo, non ha influenzato l'esito della terapia in quanto improntata su dei principi di correzione incongrui. 
In particolare, si è escluso da parte dei ### che il deficit funzionale all'articolazione temporo-mandibolare riscontrato alla signora ### in data 28 febbraio 2019, che configura danno biologico permanente nella misura del 2,50%, sia da ascrivere al comportamento del dott.  ### e lo si è invece posto in relazione con quello dell'odontoiatra che l'ha tutt'ora in cura: di tali disturbi, infatti, non v'è traccia nel reperto della stratigrafia eseguita il 02 luglio 2014 (“… normale ampiezza dell'escursione anteriore dei condili mandibolari nell'apertura della bocca …”) a distanza di venti giorni dalla visita presso le “### di Ippocrate” e proprio dopo la prescrizione da parte della dott.ssa A. Provenzano (del predetto ### e nelle proiezioni da lei richieste (“bilaterale a riposo, a bocca a parte e in max apertura”).  r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ###'affermazione dei consulenti - in replica alle obiezioni del CTP dell'attrice, dott. ### - appare del tutto condivisibile tenuto conto che, come osservato dagli ausiliari, i sintomi riferiti dalla paziente sono aspecifici, di diversa etiopatogenesi, natura e interpretazione e non tutti riferibili esclusivamente all'eventuale presenza della disfunzione dell'### (###, mentre l'unico esame attendibile per la diagnosi oggettiva di disfunzione dell'ATM è proprio la stratigrafia eseguita con le proiezioni richieste (“…bilaterale a riposo, a bocca a parte e in max apertura …”) dalla dott.ssa ### Del pari convincente è l'opinione che il risentimento algico fosse già presente ancora prima del trattamento eseguito dal dott. ### (malocclusione evidente sin dai primi calchi eseguiti in sede di pretrattamento) e si sia slatentizzato a seguito del trattamento della stessa malocclusione. 
Gli esiti dannosi stabilizzati dell'errata prestazione del convenuto consistono dunque nella compromissione di taluni elementi dentali dovuta alla monconizzazione - alcuni dei quali integri, altri già interessati da pregressi interventi di devitalizzazione o comunque non integri - per la realizzazione dei manufatti protesici Si è già detto che, invece, il trattamento praticato dal dott. ### per l'elemento 16, che è stato rizectomizzato, risultava necessario, in quanto fortemente compromesso da processo carioso e da frattura parziale coronale; la relativa protesizzazione, inoltre, lungi dal costituire un over treatment rispondeva piuttosto alla cosiddetta “legge della travata” (gli elementi-pilastro -i monconi sui quali si appoggia il ponte devono avere un numero pari o superiore al numero delle radici degli elementi mancanti) per cui il manufatto protesico a destra paziente era da costruire con limatura del l5 e del 17 e successivamente con costruzione di un manufatto protesico a soli 3 elementi, in quanto l'elemento dentario sottoposto a rizectomia (il 16) conservava le due radici mesiali, insufficienti dunque a sostenere un carico masticatorio adeguato; il predetto trattamento avrebbe assicurato, pertanto, una maggiore stabilità all'elemento rizectomizzato rispetto alla realizzazione di una sola corona da apporre sul 16. 
Facendo corretta applicazione dei comuni baremes medico - legali, i CTU hanno quantificato nella misura del 4% il danno biologico associato alla compromissione degli elementi dentali interessati, al netto della riduzione legata alla valutazione del trattamento emendante da effettuarsi. In aderenza al quesito posto, inoltre, che richiedeva di depurare la stima del danno permanente alla salute della quota riferibile alle menomazioni preesistenti concomitanti (ossia con incidenza sullo stesso sistema organo-funzionale: malocclusione, carie dell'elemento 16) e dunque r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### dell'eventuale riduzione percentuale permanente dell'integrità psicofisica che si sarebbe egualmente verificata in ipotesi di trattamento sanitario eseguito secondo leges artis ((limatura del 15 e del 17 e rizectomia del 16 con successivo trattamento protesico dei tre elementi trattati), i consulenti sono pervenuti alla quantificazione del danno c.d. differenziale. 
Considerato che il trattamento eseguito dal dott. ### ha determinato un peggioramento dello stato invalidante della signora ### l'incremento di danno iatrogeno legato al trattamento del 14, del 24, 25, 26, 27 (il cosiddetto “danno differenziale Delta” ovvero “l'incremento di danno in rapporto causale”) è stato congruamente determinato nel 2,50% ossia nella differenza (### tra la percentuale di danno biologico da riconoscere per tutti gli elementi dentari interessati (pari al 4%), e la riduzione percentuale permanente che si sarebbe comunque verificata in ipotesi di trattamento sanitario eseguito secondo le leges artis (1,50%). 
Quanto al danno alla salute temporaneo, poiché il trattamento della patologia da cui era affetta la signora ### (trattamento protesico a destra con protesi a tre elementi, applicazione di distal jet o invisalign®) e cui la stessa avrebbe dovuto sottoporsi, avrebbe comunque determinato un periodo d'inabilità temporanea parziale pari a giorni 60 ### al 25 per cento, la maggior durata dell'inabilità temporanea relativa, legata al trattamento incongruo effettuato, è stata quantificata in giorni 25 al 25% (in relazione sia alle sedute effettuate e relative all'esecuzione del manufatto protesico a sinistra e del primo premolare di destra, sia a quelle da sostenere per l'emendabilità del maggiore danno). 
Anche su tale aspetto la ragionata valutazione degli ausiliari resiste alle critiche del CTP attoreo, secondo cui in relazione al lungo periodo in cui la sig.ra ### si è sottoposta inutilmente al trattamento ortodontico e gnatologico con applicazione di placche e apparecchi ortodontici invasivi che le hanno prodotto dolori alla bocca ed ai muscoli facciali con frequenti episodi di cefalea frontale e temporale, dolori alla schiena, acufeni persistenti bilaterali con conseguenti difficoltà nel parlare, nell'alimentarsi e nel mantenere i normali rapporti sociali per un lungo periodo da valutarsi a nostro parere in non meno di 400 giorni. 
E' principio consolidato che i postumi invalidanti - proprio in considerazione del loro collocarsi cronologicamente in un tempo successivo rispetto ad un pregresso diverso stato patologicosi qualificano per la loro natura permanente, in quanto "inemendabili". Al contrario, l'inabilità temporanea (assoluta e parziale -quest'ultima definita in termini percentuali-) consiste nel periodo di incapacità ad attendere a "qualsiasi" attività -inabilità totaleo soltanto ad "alcune" attività - inabilità parzialedella vita r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### quotidiana, patita dal soggetto danneggiato prima di essere ritenuto dai medici clinicamente guarito a seguito di un incidente, un sinistro stradale o di una malattia; la inabilità temporanea (che nel caso di specie è stata determinata in un anno "valutando i diversi ricoveri, controlli, esami e interventi correttivi subiti dal bambino") coincide con il periodo di tempo occorrente per la somministrazione delle cure necessarie a ristabilire il paziente, ripristinando la condizione di salute antecedente il sinistro (qualora dalla terapia non esitino condizioni menomative) ovvero per pervenire alla definitiva stabilizzazione delle condizioni invalidanti la • salute del paziente (qualora al termine delle terapie residuino menomazioni o condizioni peggiorative inemendabili).  ###à permanente costituisce uno stato menomativo, stabile e non remissibile, che si consolida soltanto all'esito di un periodo di malattia e non può quindi sussistere prima della sua cessazione (Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5197 del 17/03/2015) …. Se, dunque, è corretto liquidare entrambe le voci di danno temporaneo e permanente, in quanto il danno biologico può avere ad oggetto tanto l'invalidità temporanea (allorché la malattia risulti ancora in atto), quanto l'inabilità permanente (qualora, per converso, la malattia -sia guarita, ma con postumi permanenti, residuati alla lesione), la liquidazione deve rispondere al criterio diacronico e non a quello sincronico (vds. Cass. 22858/2020 pagg. 15 e segg.). 
Ed allora, poiché nel caso in esame dopo un primo rapido periodo di “convalescenza” è avvenuta la stabilizzazione del danno. Il danno si è stabilizzato quasi subito (cioè al momento degli errati trattamenti protesici), correttamente i consulenti hanno valutato il danno biologico temporaneo quale periodo di cure odontoiatriche effettuate, in relazione anche alle giornate medie di trattamento odontoiatrico ritenuto necessario.  ### l'ormai accreditata interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., il danno non patrimoniale è risarcibile oltre che in presenza di un fatto reato (art. 185 c.p.) o di una fattispecie espressamente prevista dalla legge, anche quando il fatto illecito - contrattuale o extracontrattuale - abbia vulnerato in modo grave diritti inviolabili della persona, sanciti dalla ### Le note sentenze del novembre 2008 (S.U. 26972/08), ponendosi nel solco tracciato dalle pronunce 8827 e 8828/03, hanno infatti espressamente affrontato e positivamente risolto la questione della risarcibilità di tutte quelle situazioni soggettive costituzionalmente tutelate (diritti inviolabili o "fondamentali", come l'art. 32 definisce la salute) e pur tuttavia incise dalla condotta del danneggiante oltre quella soglia di tollerabilità definita da elementari principi di civile convivenza.  r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### pregiudizio risarcibile - avvertono inoltre le ### - è tuttavia soltanto quello connotato da una certa soglia di gravità, e dunque tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza. Il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità e il pregiudizio non sia futile. 
Una volta, quindi, ribadito che meritevoli di ristoro per equivalente sono soltanto i pregiudizi scaturenti dalla lesione, di apprezzabile gravità, di interessi particolarmente qualificati, le ### hanno espressamente aderito alle pronunce (Cass 8827 e 8828/03) che avevano ritenuto non proficuo ritagliare all'interno della generale categoria del danno non patrimoniale specifiche figure di danno, etichettandole in vario modo, e hanno ribadito che la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. dev'essere riguardata non già come occasione di incremento delle poste di danno o addirittura di duplicazione del risarcimento degli stessi pregiudizi, ma come mezzo per colmare le lacune della tutela risarcitoria della persona. 
All'esito delle decisioni dell'11.11.08, dunque, la categoria del danno non patrimoniale risulta delineata in termini di categoria concernente le ipotesi di lesione di interessi inerenti la persona, non connotati di rilevanza economica, avente natura composita, articolantesi in una pluralità di aspetti (o voci) con funzione meramente descrittiva, quali il danno biologico, il danno morale, il danno da perdita del rapporto parentale, il danno esistenziale. 
Pur adottando, quindi, in settori diversi da quello della responsabilità civile da circolazione stradale, la nozione di danno biologico introdotta dagli artt. 138 e 139 D.Lgs. 209/05 - che lo identifica nella lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico - legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico - relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito, e pur condividendo il principio secondo cui il medesimo pregiudizio di carattere non patrimoniale non può essere risarcito più volte sotto diverse denominazioni, non può al contempo prescindersi dal principio della effettività ed integralità del risarcimento, ribadito dalle sentenze di ### per cui nessuno degli aspetti in cui si compendia la categoria generale del danno non patrimoniale, la cui sussistenza risulti in concreto accertata, deve rimanere privo di ristoro, dovendo essi essere presi tutti in r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### considerazione ai fini della determinazione dell'ammontare complessivo del risarcimento conseguentemente dovuto al danneggiato. 
Nella direzione della perdurante autonomia ontologica del danno morale si collocano gli arresti della Suprema Corte che hanno ribadito che le norme di cui agli artt. 138 e 139 del codice delle assicurazioni private (D.Lgs. n. 209 del 2005) non consentivano ### nè consentono ### una lettura diversa da quella che predica la separazione tra i criteri di liquidazione del danno biologico in esse codificati e quelli funzionali al riconoscimento del danno morale, in altri termini, la "non continenza", non soltanto ontologica, nel sintagma "danno biologico" anche del danno morale, e che riconoscono espressamente la risarcibilità del danno morale in presenza di lesioni di lieve entità purchè si tenga conto della lesione in concreto subita, non sussistendo alcuna automaticità parametrata al danno biologico, e il danneggiato è onerato dell'allegazione e della prova, eventualmente anche a mezzo di presunzioni, delle circostanze utili ad apprezzare la concreta incidenza della lesione patita in termini di sofferenza e turbamento (Cass. Sez. III 13.1.2016 n. 339). 
Occorre tuttavia, al contempo, tener conto della pronuncia della Corte Costituzionale 235/2014, predicativa della legittimità costituzionale dell'art. 139 Cod. Ass. che, al punto 10.1, espressamente esclude che la norma denunciata sia "chiusa" alla risarcibilità del danno morale, e tuttavia afferma che, ricorrendone in concreto i presupposti, il Giudice possa a tal fine avvalersi della possibilità di incremento dell'ammontare del danno biologico secondo la previsione e nei limiti di cui alla disposizione del comma 3 (aumento del 20%). La limitazione ex lege dell'eventuale liquidazione del danno morale è stata motivata con la considerazione che le compagnie assicuratrici perseguono fini anche solidaristici per cui l'interesse risarcitorio del danneggiato deve comunque misurarsi con quello, generale e sociale, degli assicurati ad avere un livello accettabile e sostenibile dei premi assicurativi (punto 10.2.). 
La motivazione della Corte Costituzionale non sembra prestarsi ad equivoci e nei riferiti termini è stata letta anche dalla Corte di Cassazione (sez. III, 20.4.2016 n. 7766, est. Travaglino): il danno morale, dunque, non gode di alcuna garanzia costituzionale e, pur costituendo una manifestazione dell'unitario danno non patrimoniale suscettibile di ristoro, può essere legittimamente limitato, nel suo ammontare, dal legislatore. 
Ancor più recentemente, l'indirizzo giurisprudenziale condiviso dal Decidente, incline a ritenere risarcibile la sofferenza morale - seppure con i ridetti limiti - pur in presenza di lesioni di r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### lieve entità, ha trovato conferma nella riscrittura dell'art. 138, comma 2, lettera e) del D.Lgs.  209 del 2005 da parte della l. n. 124 del 2017 (di conversione del c.d. decreto concorrenza), e nel nuovo testo dell'art. 139 co. 3 "Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati ovvero causi o abbia causato una sofferenza psico-fisica di parti-colare intensità, l'ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella di cui al comma 4, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 20 per cento. ### complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche". 
Ed allora, mentre costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno esistenziale, una differente ed autonoma valutazione deve essere compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto, posto che la fenomenologia del pregiudizio non patrimoniale comprende tanto l'aspetto interiore del danno sofferto (danno morale sub specie di dolore, vergogna, disistima di sè, paura, disperazione), quanto quello dinamicorelazionale, coincidente con la modificazione peggiorativa delle relazioni di vita esterne del soggetto (Cass. sez. III, 20.8.2018 n. 20795; 20.8.2018 n. 23469). 
Nel caso di specie, la fastidiosa sintomatologia conseguente all'errato intervento, la consapevolezza dell'inutilità e, addirittura, della dannosità di alcuni dei trattamenti cui ella si è sottoposta in un lungo arco temporale e la frustrazione derivante dalla necessità di terapie emendative consentono di presumere, in capo all'attrice, l'esistenza di una sofferenza soggettiva nella descritta accezione. 
Venendo, dunque, al quantum debeatur, va osservato che, in tema di liquidazione del danno alla salute derivato da malpratice sanitaria, l'art. 7 comma 4 della legge 24/2017 - confermando l'opzione già operata con l'art. 3 co. 3 del D.L. 158/12 (c.d. decreto Balduzzi) convertito in L.  189/2012, ha stabilito che Il danno conseguente all'attività della struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, e dell'esercente la professione sanitaria è risarcito sulla base delle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, 209, integrate, ove necessario, con la procedura di cui al comma 1 del predetto articolo 138 e sulla base dei criteri di cui ai citati articoli, per tener conto delle fattispecie da esse non previste, afferenti alle attività di cui al presente articolo.  r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ###, dunque, utilizzati i parametri previsti dal novellato art. 139 D.Lgs. 209/05 e dalla tabella adottata, ai sensi del comma 4, dal recente D.M. 22.7.2019 (pubblicato sulla ### n. 189 del 13.8.2019), che fissano in ### 47,49 l'indennità per ogni giorno di inabilità temporanea totale e in ### 814,27 il valore punto base di danno biologico permanente, prevedendone la progressiva riduzione col crescere dell'età del danneggiato in ragione dello 0,5 per cento per ogni anno di età a partire dall'undicesimo e l'incremento, mediante i coefficienti moltiplicatori indicati al comma 6, all'aumentare del grado di invalidità. 
Tenuto dunque conto dell'età (anni 44) della danneggiata all'epoca dell'inadempimento e della manifestazione delle conseguenze dannose (gennaio 2012, epoca di inizio del trattamento) e della percentuale (2,5%) di danno biologico attribuita ai postumi ormai stabilizzati, effettuati i calcoli, vanno riconosciuti ### 2.352,00 in valori attuali, a ristoro del danno permanente alla salute, comprensivo dell'aumento del 20%, a compensazione del danno morale, e l'importo di ### 297,00 per il periodo di inabilità temporanea determinato dal #### si duole inoltre della lesione del proprio diritto di autodeterminarsi consapevolmente rispetto al piano terapeutico propostole, cui ella avrebbe aderito senza essere stata preventivamente informata dei rischi relativi e dell'esistenza di soluzioni alternative e senza aver mai sottoscritto un preventivo consenso consapevole. 
È ormai definitivamente acquisito nella giurisprudenza di legittimità (ex multis, 14642/15; 25764/13) che la manifestazione del consenso del paziente alla prestazione sanitaria costituisce esercizio di un autonomo diritto soggettivo all'autodeterminazione, proprio della persona fisica (la quale in piena libertà e consapevolmente sceglie di sottoporsi a terapia farmacologica o ad esami clinici e strumentali, o ad interventi anche invasivi in funzione della cura e della eliminazione di uno stato patologico preesistente o per prevenire una prevedibile patologia o un aggravamento della patologia futuri) che - se pur minimo - deve essere tuttavia tenuto nettamente distinto, sul piano sostanziale, dal diritto alla salute, ossia dal diritto soggettivo alla propria integrità psico - fisica. 
Il diritto della persona alla propria autodeterminazione anche in capo sanitario, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, trova fondamento nei principi espressi negli artt. 2, 13 e 32 Cost.. A tale diritto corrisponde l'obbligo del medico (di fonte contrattuale o comunque correlato ad analoga obbligazione ex lege che insorge dal c.d. contatto sociale) di fornire informazioni dettagliate in quanto adempimento strumentale a r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### rendere il paziente consapevole della natura dell'intervento medico e/o chirurgico, della sua portata ed estensione, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative (Cass. 27751/13), senza che rilevi in contrario l'anteriorità della fattispecie alla legge 219/17 che ha definitivamente dato inquadramento normativo all'obbligo informativo, la cui violazione integra responsabilità penale e civile (Cass. 20985/19). 
Una volta, dunque, allegato dall'attrice l'inadempimento del convenuto a detto obbligo e la lesione del proprio diritto all'espressione consapevole della volontà era onere del professionista provare di averlo assolto, rendendo edotta la paziente delle alternative terapeutiche, dei rischi e vantaggi comparativi, dei risultati realmente conseguibili. 
Sebbene nessuna prova abbia sul punto offerto il convenuto e possa quindi ritenersi perfezionata, anche sotto questo, l'omissione civilisticamente rilevante, nulla può essere riconosciuto all'attrice a titolo risarcitorio essendosi ella limitata a dolersi del solo danno alla salute, senza peraltro neppure dedurre che, ove correttamente informata, avrebbe rifiutato il piano terapeutico propostole o avrebbe optato per altra soluzione.   Ed invero, nel caso in cui alla mancanza del preventivo consenso consegua soltanto un danno biologico (perché soltanto questo viene allegato e dimostrato dal danneggiato, e tale è l'ipotesi oggetto dell'odierno giudizio), se il paziente, qualora fosse stato compiutamente informato dei rischi prevedibili di quel tipo di intervento vi avrebbe comunque assentito, l'inadempimento dell'obbligo informativo viene ad esaurirsi in una fattispecie autonoma priva di conseguenze dannose, e pertanto detta omissione non può concorrere né costituire mero presupposto del danno biologico (essendo questo da imputare interamente alla lesione della salute determinata dalla errata prestazione professionale); quindi, in assenza di altre specifiche tipologie di danni - conseguenza allegati e dimostrati dal danneggiato, all'accertamento della omissione informativa non consegue alcun ulteriore obbligo risarcitorio. 
All'attrice spetta invece il ristoro del danno patrimoniale rappresentato dai maggiori esborsi cui ella sarà costretta per i trattamenti necessari all'attenuazione del danno iatrogeno patito mediante cure odontoiatriche idonee ad ottenere una corretta riabilitazione dell'apparato stomatognatico e limitare i danni prodotti dalle cure errate prestate dal convenuto (non potrà ottenersi, ad esempio, la restitutio in integrum degli elementi dentali compromessi per l'esecuzione della protesizzazione, ciò che si traduce nell'irreversibilità degli esiti permanenti sopra liquidati). 
I relativi costi sono stati calcolati dai ### tenendo conto degli onorari medi su base regionale, dei costi della prestazione ove erogata dal S.S.N. e, infine, secondo il tariffario medio r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### nazionale dell'### e secondo il tariffario di riferimento dei professionisti odontoiatri elaborato dalla ### dell'### degli ### di ### nel novembre 20176, e ammontano a complessivi € 5.800,00 pe la prima realizzazione degli elementi da ripristinare (prestazioni elencate ai punti 2-6 pag. 26 dell'elaborato peritale) e ad € 2.750,00 per n. 1 rinnovo degli elementi protesici. Rispetto a tali costi, non ancora sostenuti, sono inoltre dovuti interessi legali dalla domanda giudiziale, quantificati al momento della decisione in € 105,59. 
Gli importi sopra liquidati a ristoro dei pregiudizi di carattere immateriale, espressi in valori attuali, non comprendono però l'ulteriore e diverso danno rappresentato dalla mancata disponibilità del denaro nel tempo intercorso tra la lesione e la sua liquidazione per equivalente monetario, danno derivante dal ritardo con cui viene liquidato al creditore danneggiato l'equivalente monetario del bene leso. Pertanto, nei debiti di valore, come quelli di risarcimento da illecito contrattuale o extracontrattuale, vanno corrisposti interessi (ad un tasso che, in mancanza di puntuali allegazioni circa gli impieghi maggiormente remunerativi nei quali la somma sarebbe stata impiegata, ove conseguita tempestivamente, può essere indicato in quello legale tempo per tempo vigente), in modo da rimpiazzare il mancato godimento del denaro dovuto.  ### un indirizzo ormai consolidato, tali interessi, cosiddetti compensativi, vanno calcolati non sulla somma rivalutata in un'unica soluzione alla data della sentenza, ma sulla somma capitale (determinata nel giorno dell'insorgenza del credito) via via rivalutata, conformemente all'insegnamento espresso nella nota pronuncia a sezioni unite della Suprema Corte n. 1712\95 (conformi, tra le tante, Cass. 3666/96, 8459/96, 2745/97, 492/01; 18445/05). 
Nell'effettuare il relativo calcolo, bisogna tener presente che è necessaria una devalutazione nominale delle voci di danno liquidate in valuta attuale sì da rapportarle all'equivalente alla data di insorgenza del danno medesimo e procedere poi alla successiva rivalutazione delle stesse e delle voci espresse in valuta del tempo di insorgenza; gli interessi vanno applicati sulle somme che progressivamente si incrementano per effetto della rivalutazione, con cadenza mensile alla stregua della variazione mensile degli indici ### gli interessi così ottenuti vanno accantonati e cumulati tra loro senza rivalutazione. 
Effettuati i relativi calcoli, si perviene all'importo di € 2.841,19, comprensivo di € 197,69 per interessi. Sul complessivo debito risarcitorio (comprensivo del danno patrimoniale e non patrimoniale), pari ad € 11.502,28, matureranno interessi dalla pronuncia al saldo.  r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### gravità dell'inadempimento professionale del convenuto, concretatosi nella progettazione ed esecuzione di un piano terapeutico incongruo rispetto all'iniziale quadro clinico della paziente, affatto risolutivo della patologia lamentata e anzi peggiorativo della stessa e tale da esitare nella necessità di ulteriori interventi emendativi, giustifica, invece, ai sensi degli artt. 1453 e 1455 c.c. la risoluzione del contratto d'opera professionale in accoglimento della relativa domanda attorea. 
E' noto che nel contratto a prestazioni corrispettive la retroattività della pronuncia costitutiva di risoluzione stabilita dall'art. 1458 cod. civ. in ragione del venir meno della causa giustificatrice delle prestazioni già eseguite, comporta l'insorgenza, a carico di ciascun contraente, dell'obbligo di restituire la prestazione ricevuta, indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempimento (Cass. 18143/04). E poiché le prestazioni utili eseguite dal dott. ### non sono suscettibili di essere restituite in forma specifica dalla ### quest'ultima dovrà corrisponderne l'equivalente monetario.  ###onorario (€ 4.000,00) complessivamente pagato al convenuto occorre allora decurtare l'importo di € 2.400,00 per i trattamenti adeguati e correttamente eseguiti, con conseguente diritto alla restituzione della differenza, pari ad € 1600,00, maggiorata degli interessi al saggio legale dalla domanda sino al pagamento (Cass. 6911/18). 
La domanda di garanzia nei confronti di ### Non essendovi contrasto circa la validità e l'operatività della polizza stipulata dal convenuto con l'assicuratrice chiamata in causa per la responsabilità civile derivante dallo svolgimento della libera professione di odontoiatra né circa l'esclusione, dai rischi coperti dalla polizza, dell'obbligazione restitutoria (e non risarcitoria) nei confronti del paziente, né ancora rispetto all'operatività della franchigia contrattuale del 10% per i danni conseguenti all'implantologia, va emessa statuizione dichiarativa dell'obbligo di ### di tenere indenne il dott. ### di quanto egli sarà condannato a pagare all'attrice a titolo risarcitorio e per le spese di lite, al netto della franchigia contrattuale.  ***** 
Le spese processuali Le spese di lite seguono la soccombenza, ai sensi dell'art. 91 cpv c.p.c., non ravvisandosi i presupposti per la relativa compensazione anche parziale. Pur condividendo infatti l'indirizzo r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### giurisprudenziale che ravvisa la soccombenza reciproca agli effetti previsti dall'art. 92 c.p.c. anche nell'accoglimento della domanda in misura significativamente superiore al petitum, ritiene chi giudica che l'attrice non abbia perseguito alcun intento speculativo, avuto anche riguardo alla qualità dei rilievi critici formulati rispetto alla quantificazione del danno alla salute operato dal collegio medico, e che non ne sia stata impedita la definizione stragiudiziale della lite, non essendovi neppure traccia dei tentativi di composizione transattiva asseritamente compiuti da ### Ai fini della relativa liquidazione, i parametri previsti dal D.M. 55 del 2014 orientano per l'applicazione dei valori medi di cui alla tabella n. 2 con riferimento allo scaglione corrispondente alla somma attribuita (fino ad € 26.000,00). 
Al convenuto vanno inoltre addossate, in via definitiva, le spese occorse per l'espletata consulenza tecnica d'ufficio. 
Tenuto conto dell'atteggiamento processuale della terza chiamata, che ha svolto difese adesive rispetto alla posizione dell'assicurato senza porre in dubbio l'operatività della polizza, non è riscontrabile nei suoi confronti una situazione di soccombenza né può farsi ricorso alla previsione dell'art. 1917 co. 3 cod. civ. in difetto di domanda dell'assicurato.  P.Q.M.  Definitivamente pronunziando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni diversa domanda, eccezione o difesa; in parziale accoglimento delle domande proposte da ### nei confronti di ### con l'atto di citazione notificato il ###, così decide: condanna il convenuto a pagare all'attrice, a titolo risarcitorio, la somma di € 11.502,0, oltre interessi al saggio legale dalla decisione al saldo, e a restituirle l'importo di € 1.600,00 maggiorato degli interessi al saggio legale dalla domanda giudiziale sino al pagamento; condanna, altresì, il convenuto alla rifusione delle spese di lite sostenute dall'attrice, che liquida in complessivi € 5.385,00 di cui € 4.835,00 per compensi, oltre ### CPA e rimborso spese ex art. 2 D.M. 55/14, nonché al pagamento delle spese occorse per la CTU medico - legali; dichiara ### obbligata a tenere indenne ### di quanto dovuto all'attrice, in forza dell'odierna decisione, a titolo di risarcimento danni, interessi e spese di lite, al netto della franchigia contrattuale; r.g. 6040/17 Tribunale di Palermo - ### dichiara le spese compensate nel rapporto tra il convenuto e la terza chiamata. 
Così deciso in ### il 4 gennaio 2021 ### presente provvedimento viene redatto su documento informatico e sottoscritto con firma digitale dal ### dott.ssa ### in conformità alle prescrizioni del combinato disposto dell'art. 4 del D.L. 29/12/2009, n. 193, conv. con modifiche dalla L. 22/2/2010, n. 24, e del decreto legislativo 7/3/2005, n. 82, e succ. mod. e nel rispetto delle regole tecniche sancite dal decreto del ministro della ### 21/2/2011, n. 44.  

causa n. 6040/2017 R.G. - Giudice/firmatari: Nozzetti Giovanna, La Paglia Leonarda

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