testo integrale
SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 20236/2020 R.G. proposto da ### rappresentata e difesa dal l'avv. ### presso il cui studio in ### d'### via ### n. 3, è elettivamente domiciliata; - ricorrente contro ### rapp resentato e difeso dagli avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Napoli, via ### n. 106; - controricorrente ### quale litisconsorte della ricorrente prin cipale ### rappresentata e difesa dagli avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in ### via L.do Mazzella, n. 162 -ricorrente incidentale adesivoautonomo
Oggetto: PROPRIETA' 2 di 23 avverso la sentenza n. 1080/2020 della Corte d'Appello di Napoli, depositata il ### e notificata il ###.
Udita la relazione svolta dal consigliere dott.ssa ### nella pubblica udienza del 21/11/2024; Udito il Pu bblico Ministero, in perso na del sostitut o procuratore generale Ful vio ### che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale.
Uditi i difensori presenti ### 1. Con atto di citazione notificato il ###, ### premesso che era proprietario di un fabbricato sito in ### via ### n. 108, acquistato il ### da ### ck ### esp ose che il confinan te ### ardo aveva re alizzato diversi abusi ai danni della sua proprietà.
Precisò in particolare che il convenuto: -aveva trasformato delle luci in vedute anche in violazione delle distanze; -aveva aperto un vano porta e reali zzato un mu retto sulla sua proprietà con la creazione di un passaggio esclusivo diretto ad un cellaio-cantinato, di cui non era proprietario; - si er a appropriato, in via esclusiva, di un viale co ndominiale, sistemandovi sopra, a monte, un cancello con chiave e, a valle, una fabbrica abusiva.
Lamentò altresì l'attore che l'aumento delle fabbriche aveva determinato l'esondazione sulla sua proprietà di acque provenienti da una condotta fecale illegittimamente fatta passare nel terreno sottostante il suo giardino, abusivamente allacciata. Tanto premesso , l'### convenne in giudizio davanti al Tribunale di Napoli-Sezione distaccata di #### E duardo, onde senti rlo condannare all'eli minazione di tutti gli abusi 3 di 23 denunciati, al ripristino dello stato dei luoghi e al risarcimento dei danni.
Costituitosi in giudizio, ### chiese innanzitutto l'integrazione del contraddittorio nei confronti della sue due figlie, ### e ### in qu anto nu de proprietarie dell'immobile al confine con l' attore, di cui egli era rimasto usufruttuario, eccepì la prescrizione della pretesa, stante l'avvenuta realizzazione degli interventi tra il 1969 e il 1971 e propose a sua volta domanda riconvenzi onale in relazione ad alcu ni abusi realizzati dall'attore a dan no della proprietà delle figlie (ampliamento della proprietà con conseguen te riduzione di aria, luce e privacy, realizzazio ne di un balco ne in violazione delle distanze, realizzazione di una scala e di un lastrico co n affaccio sulla loro proprietà, piantumazione di alberi di alto e medio fusto a distanza illegale), chiedendo la condanna del l'attore al ripristino dello stato dei luoghi e al risarcimento dei danni.
Queste ul time si costituirono in giud izio, reiterando le difese del padre, compresa la domanda riconvenzionale.
Con sentenza n. 5470/2015, pronunciata il ###, il Tribunale rigettò la domanda prin cipale e, in parzial e accoglimento della domanda riconvenzionale, cond annò l'attore al risarci mento dei danni derivanti dall'aumento delle fabbriche per € 15.000,00 e ad eliminare il grillage in legno.
Il giudizio di gravame, interposto da ### nel quale si costituirono ### e ### si concl use, dopo l'integrazione del contraddittorio nei confronti di ### che rimase contumace, con la sentenza n. 1080/2020, pubblicata il ###, con la quale la Corte d'Appello di Nap oli accolse l'appello per quanto di ra gione e, in riforma della sentenza impugnata e in parziale accoglimento della domanda avanzata da ### condann ò ### ela e ### alla 4 di 23 rimozione degli abusi denunciati e al ripristino dei luoghi, ossia alla trasformazione della veduta sul lato nord-est pi ano terra del la proprietà ### in luce conformemente alle prescrizioni del codice civile e agli artt. 900 e ss. cod. civ., all'eliminazione dell'apertura del vano porta e del relativo muro di delimitazione del passaggio incidente nella proprietà di ### a ### con re stituzione della porzione di suolo illecitamente occupata, all'eliminazione, dal viale comune di accesso, del cancello a monte e delle fabbriche abusive a valle e all'eliminazione del collettore di scarico delle acque reflue insistente nel giardino-terrazzo dell'appellante e inserito nel pozzo nero dello stess o, rigettò la domanda riconvenzionale avanzata dalle ### e le condannò al pagament o delle spese del doppio grado di giudizio. 2. Avverso questa sentenza, ### ha proposto ricorso per cas sazione, affidandolo a sei moti vi, illustrati anche con memoria; Adi letta ### si è difeso con c ontroricorso, mentre ### ha propos to ricorso incidentale adesivo -autonomo, affidato a quattro motivi.
Entrambe le parti hanno depositato memorie. ### ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo di ricorso principale di ### si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116 e 346 cod. proc. civ., per “l'omessa ammissione delle prove articolate dalla parte con venuta-appellata in riferi mento alle eccezioni relative alla legittimità del vano finestra della ricorrente sito al piano terra”, perché i giudici d'appello avevano disposto la riduzione in pristino della finestra, ritenendo che le uniche prove offerte in ordine all'esistenza della stessa fin dal 1971 fossero costituite dalle fotografie allegate alla pratica di condono del loro dante causa del 1/4/1986, siccome sottoscri tte nel retro dal 5 di 23 responsabile dell'ufficio tecnico , e acquisite dal c.t.u., senza rendersi conto dell'avvenuta proposizione sul punto di prova per testi, che il Tribunale aveva ritenuto superfluo espletare essendo all'uopo esaurienti le prove documentali e che la Corte d'Appello, ritenendo insufficienti queste ultime, avrebbe dovuto acquisire senza necess ità che vi fosse un atto di im pulso delle appellate vittoriose in primo grado. 2. Con il secondo motivo di ricorso principale di ### si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116 e 346 cod. proc. civ., per “l'omessa ammissione delle prove articolate dalla parte convenu ta-appellata sulla domanda riconvenzionale di usucapione del viale di accesso, dell'area di sedime del locale adibito a bagno della ricorrente e sulla eccepita estinzione del passaggio del dant e causa dell'### etta e del medesimo resistente anche per prescrizione dell'eventuale diritto per mancato uso ultraventennale, nonché la violazione, l'omessa e falsa applicazione dell 'art. 1158 cod. civ. ”, perché i giud ici di merito, rifo rmando la sentenza di primo grado sulle eccezioni e domande riconvenzionali spiegate dalla ricorrente in ordine all'accertamento della proprietà, in capo a lei, del vial etto e dell'area di sedime del locale bagno, e, in caso di ritenu ta comunione, dell'intervenuta usucapione in suo favore di tale porzione immobiliare o, in caso di accertamento della sussistenza di una servit ù di passaggio in capo all'attore , dell'intervenuta prescrizione del relativo diritto, avevano accertato la comunione sui predetti beni, om ettendo, però, di analizzare le difese della ricorrente-convenuta in primo grado e le prove offerte dalla stessa, benché ad essa spettasse, in quanto vittor iosa in quell a sede, il mero richiamo delle proprie difese. A tal riguardo, la ricorrente ha evidenziato di av ere dedotto, in prim o grado, che il diritto riconosciuto alla dante causa dell'attore sul viottolo, con l'atto del 6 di 23 28/10/1971, era unicamente una servitù di passaggio, appartenendo esso ad altre persone tra cui ### che, quand'anche si fosse riconosciu ta la co mpropriet à sul predetto bene, q uesto era stato posseduto animo domini dalla stessa ricorrente e, prima ancora, dai suoi danti causa fin dal 1971; che la realizzazione su di esso del bagno, fin dal 1971, costituiva interversione del possesso, idoneo a far decorrere il termine per l'usucapione; che costituivano atto confesso rio le considerazioni svolte dal consulente di parte nella relazione prodotta dallo stesso attore, allorché a veva attestato la presenza sul vialetto di un cancello chiuso con chiave; che qu est'ultimo documento non era stato vagliato dai giudici d'appello, essendosi essi concentrati sulle sole clausole di stile contenute nel rogito notarile del 1994; che i giudici non avevano considerato né la domanda di condono edilizio del 1/4/1986, attestante la realizzazione del bagno nel 1971, né la prova per testi dedotta a dimostrazione delle predette deduzioni. 3. Con il terzo motivo di ricorso principale di ### si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116 e 346 cod. proc. civ., per “l'omessa ammissione delle prove articolate dalla parte convenuta-appellata sulla eccezione di usucapione del locale cantina e dello stato dei luoghi e dell'epoca di realizzazione del muretto ed apertura vano porta, nonché la violazione, l'omessa e falsa applicazione degli artt. 1158, 1159 e 2729 cod. civ. e l'erronea valutazione delle prove documentali ed erroneo presupposto”, per avere i gi udici di merito riformato la sentenza di primo grado in ordine alle domande riconvenzional i proposte dalla rico rrente sull'usucapio ne della porzione di cellaio, ritenendo inidonee le prove documentali offerte, senza procedere all'ammissione della prova testimonia le dedotta. Ad avviso della ricorrente, i giudici, non soltanto non avevano colto la portata della domanda proposta dall' appellante sul cellaio, essen dosi questo 7 di 23 limitato a dedurre sul parapetto ricurvo e sul vano porta, cosicché si erano pronunciati ultra petita, e non soltanto avevano omesso di ammettere le prove testimoni ali dedotte, una volta rite nute non idonee quelle documentali, ma avevano letto in modo scorretto i documenti prodotti, in qu anto non aveva no considerato che il cellaio identificato in catasto al sub 8 e a ccessibile dalla sol a proprietà Do nati era frutto di un frazionamento eseguito dalla dante causa dell' ### a il ### ed era stato escluso dalla vendita in favore di quest'ultimo, essendogli stato trasferito il solo cellaio indicato al sub 9; che la planimetria catastale depositata col suddetto frazionamento, a vente contenuto confessorio, indicava chiaramente la presenza di un muro di divisione del cellaio, idoneo a preclu dere l'accesso da proprietà diverse da quella del ### ; che, al momento del l'acquisto dell' ### nel 1994, lo stato dei luoghi era già qu ello attuale, co l vano di acc esso dalla proprietà ### e il muretto di delimitazione del tratto di accesso al sub 8 già esistente e che l'atto di acqu isto dell a ricorrente del 19/12/1991, non valu tato dai giudici, contemplava anche detto cellaio.
Infine, con la pronuncia impugnata i giudi ci av evano sostanzialmente privato la ricorrente di un bene proprio, giacché, una volta abbattuto il muro e chiuso il varco di accesso , non sarebbe più stato possibile per lei entrarvi. 4. Con il quarto motivo di ricorso principale di ### si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116 e 346 co d. proc. civ., l'”omessa ammissione dell e prove articolate dalla parte convenu ta-appellata sulla domanda riconvenzionale di confessoria servitutis della fecale che adduce al pozzo nero , nonché la violazione, l'omessa e fals a applicazione dell'art. 1158 cod . civ., l'erronea valutazione delle prove documentali, l'erroneo presupposto, l'erronea interpretazione della 8 di 23 domanda con ultra petizione e l'omessa e insufficiente motivazione dell'affermato allaccio abusivo di un collettore fecale”, perché i giudici di merito, con riferimento all'eccezione proposta, avente ad oggetto la confessoria servitutis sulla condotta fecale che si immetteva nel pozzo nero , avevano ritenuto inid onee le prove documentali offerte, erron eamente interpretandole, senza dar luogo all'ammissione di quelle orali dedotte. In particolare, i giudici di merito avevano accolto l'appello su una negatoria servitutis di scarico sul pozzo nero dell'### mai proposta, ritenendo che la documentazione offerta non provasse la sussistenza di tale diritto e che l'allaccio ad esso fosse abusivo, senza considerare che l'attore aveva ammesso che l'immobile della ricorrente fosse allacciato ab immemorabile nel pozzo nero, avendo lamentato il solo aggravio dovuto a ll'allaccio del nuovo bagno, peraltro avvenuto fin dal 1971/1974. ### si era, infatti, dolut o del fatto che l'ampliamento della costruzione della ricorrente avesse fatto sì che fossero aumentate anche le persone ivi residenti e che questo gli avesse imposto di provvedere con sempre maggiore frequenza allo spurgo, oltre ad avere causato l'esondazione dei liquami. 5. Con il quinto motivo di ricorso principale di ### si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116 e 346 cod. proc. civ., per l'”omessa ammissione delle prove articolate dalla parte convenu ta-appellata sulla domanda riconvenzionale di violazione delle distanze nelle costruzioni, delle norme di edilizia, di distanze dalle vedut e e di risarcimento dei danni, nonché la violazione, l'omessa e falsa applicazione degli artt. 869, 871, 872, 873, 907 e 2043 cod. civ.”, per avere i giudici di merito riformato la sentenza di primo grado che aveva condannato l'### al risarcimento dei danni derivante dall'aumento delle sue fabbriche, e alla demolizione del grillage interno, ritenendo che la domanda risarcitoria fosse limitata alla riduzione di ariosità, 9 di 23 luminosità, soleggiamento e limitazione della privacy derivante dall'ampliamento della costruzione e dalla realizzazione del balcone, della scala a chiocciola e del manufatto in leg no e all a riduzione del valore economico della proprietà dovut o all'incremento della proprietà confinante con violazione dell'indice di fabbricabilità, senza tener conto che la stessa era stata proposta sia per la violazione delle norme sulle distanze tanto per il balcone, quanto per il manufatto in legno, sia per la realizzazione della scala a chiocciola che aveva trasformato il lastrico solare in terrazza con possibilità di affaccio, sia per la piantumazione di alberi, sia per la violazione dell'indice di fabbricabilità, essendo stato trasformato un piccolo immobile in una villa in assenza di ti tolo edilizio. La ricorrente ha precisato, infatti, che la deduzione sulla violazione delle distanze non aveva riguardato le sole distanze dalle vedute, ma anc he dai fabbricati, dove ndosi il gazebo considerare costruzione in quanto infisso stabilmente al suolo, aspetto questo non sin dacato dai giudici, e che l' aumento di cu batura del fabbricato della controparte nella misura di 25 mq. in assenza di titolo edilizio, come risultante dalla richi esta di cond ono del 10/12/2004, dava diritto al risarcimento. 6.1 I primi cinq ue motivi di ricor so principale, da trattare congiuntamente in quanto parzialmente convergenti in ordine alle violazioni dedotte, ancorch é riferit i alle diverse questioni della trasformazione della luce in veduta, della proprietà del vialetto occupato con vano bagno, dell'accesso al cellaio e della servitù di scarico della co ndotta fecale che portava al pozzo nero dell'originario attore, sono parte inammissibili e parte infondati. 6.2 Quanto alla dogl ianza riferita al la mancata assunzione delle prove testi moniali, che accomuna tutte le censure, la stessa è infondata. 10 di 23 Occorre sul pu nto prendere le mosse dalla motivazione del la sentenza im pugnata, nella quale i giudici di merito, pur dan do conto delle deduzioni istrut torie svolte in primo grado e dell'articolazione, con esse, di una prova orale, affermano che le stesse, respinte con ordinanza del 18/11/20 13, non erano state reiterate né in sede di pr ecisazione delle conclusioni in primo grado, né nel giudizio d'appello.
E' alla stregua di ciò che la ricorrente pretende ora di accreditare la tesi secondo cui i giudici, una volta esclusa l'efficacia probante della documentazione versata in atti, avrebbero dovuto d'ufficio procedere all'ammis sione delle prove orali, senza neces sità di un'apposita attività d'impulso della parte totalmente vittoriosa.
Tale ar gomentazione si scontra però con i princip i più volte affermati da questa Corte, secondo cui la parte che si sia vista rigettare dal giudi ce le proprie richieste istruttorie ha l'onere di reiterarle, in modo specifico, quando precisa le conclusioni, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, le stesse devo no riten ersi abbandonate, a prescindere da ogni indagine sulla volontà della parte interessata, e non potranno essere riproposte in sede di impugnazione, principio questo che deve essere esteso anche all'ipotesi in cui sia stato il giudice di appello a non ammettere le suddette richieste, neppure ai sensi dell'ar t. 345, terzo comma, cod. proc. civ. (testo previgente alle modifiche apportate dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. nel la l. n. 1 34 del 2012), in quanto il giudizio d'indispensabilità, operato dal giudice del gravame, rigu arda le nuove prove e no n quelle dichiarate in ammissib ili o tacitamente rinunciate, con la conseguenza che la loro mancata ripresentazione al moment o delle conclusi oni preclude la deduci bilità del vizio scaturente dall'asserita illegit timità del diniego quale motivo di 11 di 23 ricorso per cassazione (Cass., Sez. 2, 27/2/2019, n. 5741; Cass., Sez. 2, 31/5/2019, n. 15029; Cass., Sez. 3, 10/8/2016, n. 16886).
Ebbene, se è vero che la parte totalmente vittoriosa in primo grado può solo limitarsi a riproporre, in appello, le questioni sollevare in quella sede, senza dover proporre appello incidentale, salvo che sia rimasta soccomb ente su una questione pregiudiziale di rito e/o preliminare di merito per rigetto espresso o implicito o per omesso esame della stessa per illegittima pretermi ssione o violazione dell'ordine di decisione delle domande e/o delle eccezioni impresso dalla parte medesima e intenda devolvere la questione rispetto alla quale ha maturato una posizione di soccombenza teorica al giudice superiore (Cass., Sez. 5, 15/7/2021, n. 20315), è anche vero che la med esima parte, quando si sia vista rigettare le istanze istruttorie dal giudice di primo grado, è comunque tenuta a reiterarle in sede di precisazione delle conclusioni in quella fase e, quanto all'app ello, pur non riproponendo ovviamente alcuna richiesta di rie same della sentenza ad essa favorevole, a manifestare in maniera univoca la volontà di devolvere al giudice del gravame anche il riesame delle proprie richieste istruttorie sulle quali il primo giud ice non si è pronu nciato, richiamando specificamente le difese di primo grado, in guisa da far ritenere in modo in equivocabile di aver riproposto l'istanza di ammissione della prova (Cass., Sez. 2, 27/10/2009, n. 22687; Cass., Sez. L, 23/3/1999, n. 2756; Cass., Sez. L, 22/3/1994, n. 2716).
Tale atti vità di impulso è stata considerata, nel la specie, insussistente in entrambi i gradi del giud izio, senza che la ricorrente abb ia sconfessato la correttezza di tale decisione per difformità da quanto realmente accaduto o dedotto alcunché al fine di dimostrare il superamento della presunzione di abbandono delle deduzioni istruttorie respinte e non reiter ate, in applicazione del principio secondo cui la stessa può ess ere ritenuta superata dal 12 di 23 giudice di merito, qualora dalla valutazione co mplessiva della condotta processuale della parte o dalla connessione della richiesta non riproposta con le conclusioni rassegnate e con la linea difensiva adottata nel processo, emerga una volontà inequivoca di insistere sulla richiesta pretermessa, attraverso l'esame degli scritti difensivi (Cass., Sez. 2, 10/11/2021, n. ###), di cui deve darsi conto, sia pure sinteticamente, nella motivazione della valutazione compiuta, cui il giudice è tenuto (Cass., Sez. 6-3, 4/4/2022, n. 10767). 6.2 Quanto agli ulteriori rilievi contenuti nel secondo motivo, che afferisce, come detto, alla qu estione della propriet à (comune o esclusiva) del vialetto ovvero della e stinzione per non uso della servitù di passaggio, quand'anche ric onosciuta in favore del controricorrente, si osserva innanzitutto come la violazione dell'art. 115 cod. proc. civ. possa essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare l a regola cont enuta nella norma, o vvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel va lutare le prove proposte dalle parti , ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad alt re (Cass., Sez. 2, 21/3/2022, n. 9055), così come la doglianza circa la violazione dell'ar t. 116 co d. proc. civ. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, co munque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo "prudente apprezzamento", pretendendo di attrib uirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legi slatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prud ente app rezzamento, mentre, ove si deduca che il 13 di 23 giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc . civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. U, 30/9/2020, n. 20867; Cass., Sez. 5, 9/6/2021, n. 16016).
Alla luce di tali principi, non può allora farsi rientrare nelle predette violazioni la mancata considerazione, da parte dei giudici di merito, del valore confessorio attribui bile, a dire della ricorrente, alle dichiarazioni contenute nella consulenza tecnica di parte.
Infatti, premesso che detta consulenza costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio (Cass., Sez. 2, 19/1/2022, n. 1614; Cass., Sez. 2, 24/8/2017, n. 20347; Cass., Sez. U, 3/6/2013, n. 1390 2), può estendersi ad essa il principio, valevole per gli scritti difensivi sottoscritti dal procuratore ad lit em, secondo cui alle ammissioni in essi contenute possa sì essere attribuito valore confessorio riferibile alla parte, ma soltanto quando quegli scrit ti rechino anche la so ttoscrizione della parte stessa, in calce o a margine dell'atto, con modalità tali che rivelino inequivocabilmente la consapevolezza delle specifiche dichiarazioni dei fatti sfavorevoli in esso contenute (Cass., Sez. 2, 4/8/2023, 23809; Cass., Sez. 2, 28/9/2018, n. 23634; Cass., Sez. 1, 15/07/2005, n. 15062), ciò che, nella specie, non è stato neppure dedotto.
Né la doglian za può dirsi fondata nella parte in cui lamenta il mancato esame dei mezzi istruttori offerti, ossia le considerazioni contenute nella c.t.p. e i documenti afferenti al condono, sia perché la relazione del consulente tecnico di parte non costituisce mezzo di prova, ma, come si è detto, mera allegazione difensiva, sia perché, diversamente da quanto dedotto, i giud ici di merito hanno esaminato le fotografie a llegate al condono , reputandole non 14 di 23 rilevanti sia perché tardivamente deposit ate (al rig uardo vi è un rinvio alla motivazione afferente la luce trasformata in finestra), sia perché nel le stesse non era dato rico noscere il fabbricato, senza che tali argomentazioni siano state attinte dalla censura.
Peraltro, la valutazion e delle prove raccolte costituisce un'attivi tà riservata in via esclusiv a all'apprezzamento di screzionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili con il ricorso per cassazione (Cass. 29/10/2018, n. 27415; Cass. 19/07/2021, n. 20553). Cass., Sez. 1, 3/7/2023, n. 18857), senza che possa costituire vizio denunciabile in questa sed e il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non le gali da parte del giudice di merito, n on essendo inquad rabile nel paradi gma dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., né in quello del precedente 4, (Cass., Sez. 1, 26/9/2018, n. 23153; Cass., Sez. 3, 10/6/2016, n. 11892), in quanto la co ntestazione della persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione, non più censurabile secondo il nuovo par ametro di cui a ll'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), e in quanto con il ricorso per cassazione la parte no n può rimettere in discussione, contrapponendovi le proprie, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie concreta operate dai giudici del merito, trattandosi di accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità (ex plurimis Cass., Sez. 1, 6/11/2023, n. ###; Cass., Sez. 5, 15/5/2018, n. 11863, Cass., Sez. 6-5, 7/12/2017, 29404; Cass., Sez. 1, 2/8/2016, n. 16056). 6.3 Quanto alla qu estione del cellaio (terzo motivo), occorre prendere le mosse dalla domanda proposta dall'attore, così come riportata in sentenza, con la quale questi aveva lamentato che il confinante avesse, sulla sua proprietà, aperto un vano porta, 15 di 23 realizzato un muretto e cr eato un pass aggio esclusivo diretto al cellaio cantinato di cui non vantava neanche il titolo di proprietà, alla quale la Corte d'Appello ha dato rispost a sostenendo che i giudici di merito non avessero letto correttamente la relazione del c.t.u., nella quale era s olo detto che era stato accerta to il mero utilizzo di fatto, da parte del ### del passaggio delimitato dal parapetto curvo fotografat o dal consulente e graficamente rappresentato nelle piantine catastali allegate a vario titolo, ma che non vi fosse alcuna disciplina di tale servitù, che nel 1971 la dante causa del ### fosse di venuta proprietaria del cellaio, risul tato ancora di sua proprietà e dalla stessa frazionato nel 1986, ancorché inserito da quest'ultimo come pertinenza del suo immobile, e che non fosse stata dimostrata la proprietà, in capo alle appellanti, del cellaio sub 8, né fosse stato prodotto alcun titolo di acquisto dello stesso, non assum endo al riguardo alcun valore probatorio le risultanze catastali o le planimetrie del 1986 , peraltro prive di numero di protocollo.
In so stanza, i giudici di merito hanno escluso, alla stregua del compendio probatorio, la prova della titolarità del passaggio e dello stesso cell aio in capo alla ricorrente e del suo acquisto per usucapione, sicché la dedotta erroneità della lettura del compendio probatorio non può che ridondare in un tipi co acc ertamento di fatto, precluso in sede di legittimità.
Né pu ò dirsi sussistente l'affermata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato con riguardo alla proprietà del cellaio, non potendosi essa c onfigurare allorché il giudice di secondo grado fondi la propria decisione su ragioni diver se da quelle svolte dall'app ellante nei s uoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte o sviluppate, le quali, però, appaiano in rapporto di diretta conness ione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi e, come tali, comprese nel 16 di 23 thema decidendu m del giudizi o (Cass., Sez. L, 03/04/2017, 8604, cit.), come nel caso, rilevante nella specie, della servitù, la quale intanto può esistere, in quanto sussista un fondo dominante (nella specie il cellaio) e uno servente (il vialetto di proprietà del controricorrente). 6.4 Quanto al quar to motiv o, risulta dalla sentenza che l' attore aveva lamentato che, a causa dell'aumento delle fa bbriche del confinante e del numero dei residenti in esse, si erano verificate varie esondazi oni nella proprietà attorea provenienti da una condotta fecale illeg ittimamente fatta passare nel terreno sottostante il proprio giardino e abusivamente allacciata, domanda alla quale la Corte d'Appello ha dato risposta, ritenendo, alla luce della c.t.u., che mancasse la prova del l'avvenuta costituzi one di una servitù di scarico o della creazione di una servitù irregolare, senza che possano trarsi elementi per affermare, come dedotto nella censura, che la domanda si riferisse al solo aggravamento di una servitù preesistente, con conseguente esclusione della dedotta ultrapetizione.
Quanto all 'asserita risposta ad un'actio negatoria servitu tis mai proposta, come pure affermato nel motivo , si osserva come la declinata doglianza intenda ra ppresentare un vizio di interpretazione della domanda a cui la sentenza avrebbe messo capo, ma in tal modo essa conflig ge con il prin cipio pi ù volt e affermato da questa Corte secondo cui l'interpretazione della domanda è operazione ri servata al gi udice del mer ito, il cui giudizio, risolvendosi in un accertamento di fatto, è censurabile in sede di legittimità solo quando ne risulti alterato il senso letterale o il conten uto sostanziale dell'atto, in relazione alle finalità che la parte intende perseguire (Cass., Sez. III,, 22/09/2023, n. 27181; Cass. Sez. III, 20/10/2005, n. 20322; Cass., Sez. III, 12/05/2003, n. 7198) o, come si è pi ù diff usamente argomentato, «a) ove 17 di 23 ridondi in un vizi o di nullit à processuale, nel qual caso è la difformità dell'attività del giudice dal paradigma della norma processuale violata che deve e ssere dedotto come vizio di legittimità ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; b) qualora comporti un vizio del ragionamento logico decisori o, eventualità in cui, se l'inesatta rilevazione del contenuto della domanda determina un vizio attinente alla individuazione del petitum, potrà aversi una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che dovrà essere prospettato come vizio di nullità processuale ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; c) quando si traduca in un errore che coinvolge la "qualificazione giuridica" dei fatti allegati nell'atto introduttivo, ovvero la omessa rilevazione di un "fatto allegato e non contestato da riten ere decisivo", ipotesi nel la quale la censura va proposta , rispettivamente, in relazione al vizio di error in judicando in base all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., o al vizio di error facti, nei limiti con sentiti dall'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.» (Cass., Sez. 3, 10/06/2020, n. 11103; Cass., Sez. 1, 7/2/2024, n. 3454). 6.5 Quanto, infine, alla questione afferente alla revocata domanda di conda nna dell'appellante al risarcimento dei danni , occorre evidenziare come la stessa attenesse, come riportato nella sentenza, all a “riduzione di ariosità, lu minosità, soleggiamento e limitazione della privacy abitativa determinata dall'ampliamento della costruzione e dalla realizzazione del balco ne, della scala a chiocciola, del manu fatto in legno e alla riduzione del valore economico della proprietà a causa dell'incremento della proprietà confinante con violazione dell'indice di fabbricabilità” e come l a decisione di accoglimento dell'appello sia stata dettata dall'integrale rigetto della domanda riconvenzionale, avvenuto in primo grado e 18 di 23 non im pugnato, residuando, dunque, la sola questione della violazione degli indici di fabbricabilità.
Ciò comporta che la censura, che evidenzia tutti i motivi per i quali era stato chiesto il risarcimento dei danni, non attinge la ratio decidendi, in contrasto col principio, secondo cui i motivi posti a fondamento della cassazione della decisione impugnata devono avere i caratteri non solo della specificità e della completezza, ma anche del la riferibilità all a decisione stessa (Cass., Sez. 3, 2/8/2002, n. 11530). 7.1 Con il sesto motivo di ricorso principale di ### si lamenta, infine, la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., in relazi one alla condanna del la ricorr ente al pagamento delle spese di lite e dalle spese di c.t.u.. 7.2 Il sesto motivo è, infine, infondato.
In tema di condanna all e spese processual i, il princ ipio della soccombenza va inteso, infatti, nel senso che so ltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento de lle spese stesse, sicché, con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell'ip otesi di soccombenza reciproca, quanto nell'ipotesi di concorso con altri giusti motivi (Cass., Sez. 1, 4/8/2017, 19613).
Pertanto, essendo state le spese determinate, nella specie, in ragione del criterio della soccombenza, non può la ricorrente dolersi della loro mancata compensazione. 19 di 23 8. Con il prim o motivo di ricorso incid entale, si lamenta la violazione degli artt. 345, 346, 115, 116 e 132, secondo comma, 2, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.; la violazione del princip io di non contestazione, con riferimento agli artt. 166, 167, primo comma, 183, commi quinto e sesto, 115 e 116, cod. proc. civ., 2697 cod. civ., 342, 345, 346 e 132, second o comma, cod. proc. civ., in rel azione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; l'omesso esame di prove convergenti, con riferimento agli artt. 115 e 116 cod. proc . civ., 2697 cod. proc. civ., 345, 346 e 132, secondo comma, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; l'omesso esame di ul teriore prova indiziaria converg ente, con riferimento agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., 2697, 2727 e 2729 cod. civ., 345, 346 e 132, sec ondo comm a, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito omesso di valutare i fatti non contestati ai fini dell'accoglimento della domanda di usucapione e trascurato il giudicato interno formatosi con riferimento all'i nesistenza del vialetto già da quando il controricorrente aveva acquistato, non essendo stata tale statuizione del giudice di primo grado impugnata in appello, per avere omesso di esaminare prove convergenti sia sulla risalenza nel tempo degli abusi dedotti dell'attore, sia sull'inesistenza di diritti vantati dal l'attore e l'ul teriore prova indiziaria convergente, ossia la descrizione del bene contenuta nell'atto di donazione. 8. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, si lamenta la violazione degli artt. 342, 345, 183, commi quinto e sesto, cod . proc. civ., l'art. 2909 cod. civ., 324 cod. proc. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., 948, 1117, 1158 e 2697 cod. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3-4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito riten uto ammissibile la c.t. di parte prodotta in secondo 20 di 23 grado, ma non anche i documenti con la stessa prodotti, salvo poi utilizzarli, e per avere trascurato la man cata impu gnazione, da parte dell'appellante, dell'affermazione contenuta nella sentenza di primo grado, secondo cui le opere lamentate dall' attore in domanda e asseritamente recenti risultavano risalire, invece, agli anni 1983/1987, le quali erano, dunque, passate in giudicato. 9. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, si lamenta la violazione degli artt. 342, 345, 183 commi quinto e sesto, co d. proc. civ., 2909 cod. civ., 324, 115, 116 cod. proc. civ., 948, 1117, 1158 e 2697 cod. civ., in relazione all'art. 360, prim o comm a, nn. 3 -4, cod. proc. civ., perché i gi udici di merito avevano riformato la sentenza di primo grado, con cui era stata rigettata la domanda di rivendicazione della comunione del viale, senza co nsiderare che l'appellante non aveva specificamente impugnato la ratio decidendi della sentenza di primo grado. 10. Con il quarto motivo di ricorso incidentale, si lamenta, infine, la violazione degli artt. 2909 cod. civ., 324 cod. proc. civ., 948, 1117 e 2697 cod. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3-4, cod. proc. civ., per ave re i giud ici d i merito ritenuto provata la domanda di rivendicazione del cellaio attraverso l'esibizione d ei documenti catastali, senza considerare che l'atto di appell o non aveva censurato adeguatamente la sentenza di primo grado, che aveva respinto la domanda di rilascio, sostenendo che non fosse stata for nita la prova dell'acqui sto derivativo del cespite rivendicato. 11. Il ricorso incidentale adesivo autonomo è inammissibile in quanto notificato oltre il termine del 8/7/2020 , decorren te dalla notifica della sentenza impugnata, avvenuta il ###, avendo lo stesso ricorrente affermato di avere presentato il ricorso incidentale adesivo dopo avere ricevuto la notifica di quell o principale, avvenuta, per quanto risulta dagli atti, il ###. 21 di 23 Occorre innanzitutto evidenziare, infatti, come l'atto che, ancorché denominato controricorso, non contesti il ricorso principale, ma aderisca ad esso, debba qualificarsi sotto questo profilo ric orso incidentale di tipo adesivo (in tal senso Cass., Sez. 3, 17/12/2009, n. 26505).
In tal e caso, non trova applicazione la discipl ina riguardante i termini e le fo rme del ric orso incidentale ###, ma quella dettata dall'art. 325 cod. proc. civ. per il ricorso autonomo, cui è altrettanto soggetto qualsiasi ricorso successivo al primo, che abbia valenza d'impugnazione incidentale, qualora investa un capo della sentenza non impugnato con il ricorso principale o lo investa per motivi diversi da quelli fatti valere con il ricorso principale, atteso che le regole dell'impugnazione tardiva, in osservanza dell'art. 334 cod. proc. civ. e in base al combinato disposto degli artt. 370 e 371 cod. proc. civ., operano esclusivamente per l'im pugnazione incidentale in senso stretto, e cioè proveniente dalla parte contro la quale è stata proposta l'impugnazione principale, solo alla quale è consentito presentare ricorso nelle forme e nei termini di quello incidentale, per l'interesse a co ntraddire e a presentare, contestualmente con il controricorso, l'eventuale ricorso incidentale anche tardivo (Cass., Sez. 3, 24/8/2020, n. 17614; Cass., Sez. 5, 7/10/2015, n. 20040; Cass., Sez. 5, 28/10/2015, n. 21990; Cass., Sez. 3, 21/1/2014, n. 1120).
Ciò comporta che il ricorso che abbia contenuto adesivo al ricorso principale e che formula un'impugnazione il cui interesse non sorga dall'impugnazione principale, ma in conseguenza della emanazione della sentenza - quand'anche contenga censure aggiuntive rispetto a quest'ultima - va proposto, a pena di inammissibilità, nel termine ordinario di impugnazione (Cass., Sez. 2, 22/12/2021, n. 41254; Cass., Sez. 5, 25/1/2008, n. 1610; Cass., Sez. 1, 21/3/2007, 6807; Cass., Sez. 2, 18/4/2002, n. 5635). 22 di 23 Né può dirsi applicabile alla specie il diverso principio recentemente pronunciato da Cass., Sez. U, 28/3/202 4, n. 8486 , seco ndo cui l'impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche quando riveste le forme dell'impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell'impugnazione principale, in ragione del fatto che l'interesse alla sua proposizione pu ò sorgere dall' impugnazione principale o da un'impugnazione incidentale tardiva.
Detto principio si riferisce, infatti, al diverso caso dell'obbligazione solidale, che, in quanto caratterizz ata dalla scindibilità della pluralità di cause, in tale ipotesi cumulate e poi decise con sentenza prevista dall'ar t. 332 cod. proc. civ., in ragione dell'ambito applicativo dell'art. 1306, primo co mma, cod. (secondo cui la sentenza emessa tra un coobbligato ed il creditore non ha effetto nei confronti dei coobbliga ti rimasti estranei alla controversia) e, in definitiva, della legitti mazione disgiunta a contraddire in capo a ciascun coobbl igato e, prima ancor a, del concetto stesso di solidarietà, per eff etto della regola generale secondo cui il creditore può domandare a ciascuno dei coobbligati l'adempimento dell'intera obbligazione, impone di attribuire un peso par ticolare all'interesse quali ficato del co-obbligato a non subire pregiudizio dalla riforma della sentenza impugnata dall'altro co-obbligato solidal e in funzione di un corret to ripar to dell'obbligazione in sede di regresso, legittimandolo a ser virsi di tale rimedio impugnatorio, ancorché in via tardiva. 15. In conclusi one, dichiarata l'infondatezza dei moti vi di ricorso principale e l'inammissibili tà di quello incidentale adesivo autonomo, deve disporsi il rigetto del primo e dichiararsi l'inammissibilità del secondo. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono e devono essere poste a carico delle ricorrenti, principale e incidentale. 23 di 23 Considerato il tenore del la pronuncia, va dato atto - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 - della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti principale e incidentale, di u n ulteriore importo a titolo di cont ributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. Rigetta il ricorso prin cipale e dichi ara l'inammissibilità di quello incidentale.
Condanna la ricorrente principale e quella incidentale al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in ### 4.500,00 per compensi, ciascuna, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in ### 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e incidentale del contributo un ificato previsto per il ricorso a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in ### il ###