REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI NAPOLI QUINTA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del Giudice Dott.ssa ### ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 7206 del R.G.A.C.C. dell'anno 2021 avente ad oggetto: ### a precetto (art. 615, co. I c.p.c.) e vertente TRA ### (C.F. ###), rappresentato e difeso in virtù di procura ad litem apposta in calce all'atto di citazione in opposizione dagli Avv.ti ### (C.F. ###) e ### (C.F. ###) ed elettivamente domiciliato presso lo studio delle medesime, sito in Napoli al ### di ### n. 2/A; opponente E ### (C.F. ###), rappresentata e difesa giusta procura telematica separata da intendersi parte integrante della comparsa di costituzione, congiuntamente e disgiuntamente dall'Avv. ### (C.F. ###) e dall'Avv. ### (C.F. ###), ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. ### sito in Napoli alla Via G.L. Bernini 28, #### 2; opposta CONCLUSIONI Come da verbali in atti MOTIVI DELLA DECISIONE Brevemente circa i fatti di causa, si rileva che con atto di citazione e contestuale istanza di sospensione ritualmente notificati, ### proponeva opposizione avverso l'atto di precetto del 23.02.2021, con cui ### gli intimava il pagamento della somma di euro 401.443,10, oltre alle successive spese, compensi professionali ed interessi, in ragione della parziale corresponsione a far data dal 2009 al 2017 e del totale omesso versamento dal 2018 al gennaio 2021 dell'assegno di mantenimento, posto a carico dello stesso dal Tribunale di Napoli con decreto di omologa di separazione dei coniugi nella misura di euro 6.000,00 mensili di cui euro 3.000,00 a favore della figlia minore ### ed euro 3.000,00 per il mantenimento dell'opposta.
A sostegno della presente opposizione, il ### contestava la debenza delle somme precettate, essendo stato il credito richiesto ampiamente anticipato con un ### di famiglia, stipulato a rogito del ### in data ### (cfr. all n. 4 dell'atto di citazione) e con la donazione in favore della minore ### della quota del 50% della società ### proprietaria di una lussuosa villa in ### Assumeva, pertanto, l'intimato di avere corrisposto il pagamento dei ratei dell'assegno di mantenimento in favore della creditrice precettante mediante il trasferimento dell'intera quota sociale della ### nonché mediante il predetto atto di liberalità e di avere, così, estinto direttamente il debito. Precisava, altresì, che negli anni 2014, 2015 e 2016 l'ex coniuge riceveva numerose somme in prestito mai restituite (cfr. all. nn. 5, 6 e 7 dell'atto di citazione). Infine, eccepiva la prescrizione del credito intimato in ordine alle annualità dal 2009 al 2016, indicando il relativo termine in quello quinquennale ex art. 2948 n. 4, attesa la mancanza di qualsivoglia atto interruttivo della stessa. Concludeva, pertanto, per l'accoglimento dell'opposizione con condanna della convenuta al pagamento delle spese di giudizio.
Si costituiva ### la quale, eccependo l'infondatezza delle avverse deduzioni, ne chiedeva l'integrale rigetto, con la conseguente pronunzia di accertamento della legittimità della pretesa creditoria azionata.
Parte opposta, da un lato, negava l'esistenza di qualsivoglia accordo sostitutivo in ordine alla modalità di corresponsione dell'assegno di mantenimento ed evidenziava che veniva richiesto il pagamento di tutti i ratei per i quali non era maturata la prescrizione decennale, siccome derivante da sentenza passata in giudicato ed altresì interrotta mediante lettera di messa in mora del 16.10.2020 (cfr. all. n. 10 della comparsa di costituzione e risposta). Dall'altro contestava l'operatività della compensazione, assumendo che detto istituto fosse inammissibile in ordine ai crediti di natura alimentare. Ad avviso della ### l'opponente fondava l'intero atto su motivazioni che assurgevano a mere giustificazioni dei plurimi inadempimenti in cui questo era incorso rispetto all'obbligazione alimentare dedotta, ma non costituivano motivi tali da minare l'an della esecuzione intimata. Chiedeva quindi confermarsi la validità del precetto, vinte le spese di lite e con la condanna dell'opponente ai sensi dell'art. 96 c.p.c.
Disattesa con ordinanza del 13.01.2022, l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo, concessi i termini ex art. 183, VI co. c.p.c., all'udienza del 22.03.2024 la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse e repliche.
Così sinteticamente esposte le rispettive domande e difese e delineato nei suoi punti essenziali l'ambito del dibattito processuale, il Tribunale rileva quanto segue.
E' noto che la qualificazione giuridica dell'opposizione (come opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi) competa esclusivamente al Giudice adito, previa valutazione delle contestazioni sottoposte al suo esame. Costituisce altresì ius receptum che la distinzione tra opposizione all'esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi risieda nel fatto che la prima ha per oggetto la controversia sul diritto della parte istante a promuovere l'esecuzione, sia in via assoluta negandosi l'esistenza, la validità e la sufficienza del titolo esecutivo, sia in via relativa contestandosi la pignorabilità di determinati beni, laddove, invece, oggetto della seconda è la denuncia di irregolarità formali del titolo esecutivo, del precetto e di qualsiasi atto del procedimento esecutivo. Si è così affermato in giurisprudenza che “Il criterio discretivo tra l'opposizione all'esecuzione e l'opposizione agli atti esecutivi sta nel fatto che la prima riguarda l'"an" dell'esecuzione, mentre la seconda il "quomodo", nel senso che con la prima si contesta il diritto a procedere ad esecuzione forzata, mentre con la seconda si contesta la legittimità formale del titolo esecutivo, del precetto e degli atti del processo esecutivo. La distinzione tra questi due rimedi cognitivi, dunque, si fonda esclusivamente sulle ragioni addotte nell'atto di opposizione - indipendentemente dalla qualifica dell'opponente - ed è irrilevante che l'esecuzione forzata sia già iniziata.” (cfr. tra le altre Cass. civ. sent. n. 496/2001).
Facendo applicazione alla fattispecie in esame dei principi giurisprudenziali testé enunciati, non può che addivenirsi alla qualificazione, in termini di opposizione all'esecuzione, delle contestazioni relative al merito della pretesa creditoria ed alla insussistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata.
Così correttamente qualificata la domanda, questa è solo parzialmente fondata per le ragioni e nei limiti di seguito indicati.
Mette conto evidenziare che, in base ai principi generali in materia di prova, è a carico del creditore l'onere di fornire prova della fonte della obbligazione e della relativa scadenza, allegando la mera circostanza dell'inadempimento del debitore, al quale ultimo spetta di dare prova dell'estinzione del credito (cfr. SS UU Sent. n. 13533/2001).
Ebbene, nel caso di specie, si osserva che l'opposta ### ha richiamato, a sostegno della propria pretesa, il decreto di omologa emesso dal Tribunale di Napoli del 15 maggio 2008, fonte del credito qui azionato (cfr. all. n. 1 della comparsa di costituzione e risposta). Ha dedotto, poi, che il ### sia rimasto inadempiente al proprio obbligo di mantenimento per complessivi euro 401.443,10, esaurendo così il carico probatorio di cui in tale fase risulta onerata.
Di converso, la circostanza che il ### abbia ottemperato ai pagamenti richiesti non si evince dagli elementi, processualmente, acquisiti. È da considerare, infatti, che è l'opponente ad essere stato onerato del versamento del contributo di mantenimento e, pertanto, gli importi asseritamente corrisposti dallo stesso andavano appositamente documentati. Tuttavia, dalla disamina della documentazione prodotta (cfr. all. nn. 4, 5, 6 e 7 dell'atto di citazione), nessuna prova di corretto adempimento del predetto obbligo può dirsi raggiunta.
Dell'asserito atto di donazione in favore della figlia minore ### non vi è traccia. Il dedotto “### di famiglia” non ha alcuna efficacia liberatoria dell'obbligo del ### di corrispondere l'assegno di mantenimento alla ### Invero, nel caso di specie, non solo l'opposta avrebbe potuto confidare nel fatto che il predetto patto potesse essere il frutto di uno spirito di liberalità dell'opponente, ma di questo non si fa alcuna menzione negli accordi di separazione. Dunque, non ci sono risultanze dalle quali possa evincersi una reciproca volontà delle parti di volere estinguere in tal modo il credito maturato dalla convenuta e dalla stessa intimato con il precetto per cui oggi è causa.
Allo stesso modo, non sono rilevanti le questioni sollevate dall'opponente, miranti alla non debenza dell'assegno di mantenimento in favore della figlia minore e della ex moglie, quali il fallimento delle proprie attività economiche e i sopraggiunti motivi di salute (cfr. all. n. 3 dell'atto di citazione e all. n. 10 note di trattazione scritta relative all'udienza del 13.01.2022). Si tratta, infatti, di questioni che non possono essere dedotte con il giudizio di opposizione all'esecuzione, ma solo nel giudizio camerale di revisione delle condizioni dello scioglimento del matrimonio, davanti al Tribunale che le ha stabilite, perché, in caso contrario, si consentirebbe al giudice dell'esecuzione di esercitare un inammissibile sindacato sul merito del provvedimento giudiziale azionato come titolo esecutivo (cfr. Cass. 17689/2019: “Con l'opposizione al precetto relativo a crediti maturati per il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento, determinato a favore del figlio in sede di separazione o di divorzio, possono essere dedotte soltanto questioni relative alla validità ed efficacia del titolo e non anche fatti sopravvenuti, da farsi valere col procedimento di modifica delle condizioni della separazione di cui all'art. 710 c.p.c. o del divorzio di cui all'art. 9 della legge n. 898 del 1970. (Ribadendo il principio di cui in massima, la S.C. ha sottolineato che, nella specie, il fatto sopravvenuto costituito dalla collocazione del minore presso il padre non aveva privato il titolo esecutivo in materia di famiglia di efficacia e validità in quanto assistito da un'attitudine al giudicato, cd. "rebus sic stantibus", riguardo alla quale i fatti sopravvenuti potevano rilevare soltanto attraverso la speciale procedura di revisione del provvedimento sul contributo del mantenimento del figlio, devoluta al giudice della separazione o del divorzio e a questi riservata a tutela del superiore interesse pubblicistico di composizione della crisi familiare, rilevante per l'ordine pubblico)”. Ne consegue che, in mancanza di attivazione di tale specifica procedura, l'ex coniuge, debitore di quel contributo, resta obbligato in virtù della persistente forza esecutiva del primo provvedimento ed il genitore legittimamente aziona quest'ultimo, finchè non venga espressamente modificato o revocato all'esito dell'esplicita valutazione, ad opera del solo giudice competente sulla revisione, di ogni altro elemento per la determinazione della debenza o della misura del contributo.
Quanto all'eccezione di compensazione, questa si appalesa del tutto inammissibile per quanto si evidenzia. ###. 1246 n. 3 c.c. prevede che “la compensazione si verifica qualunque sia il titolo dell'uno o dell'altro debito, eccettuati i casi: … 3) di credito dichiarato impignorabile”. Il divieto de quo si applica sia alla compensazione legale sia alla compensazione giudiziale (cfr. al riguardo Cass. sent. n. 573/1951) e la pignorabilità del credito va equiparata ad un vero e proprio requisito della compensazione, da aggiungere a quelli previsti dall'art. 1243 comma 1 c.c. Al riguardo viene, pertanto, in rilievo l'art. 545 comma 1 c.p.c. il quale, disciplinando i crediti impignorabili, prevede che “non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti, e sempre con l'autorizzazione del presidente ###giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto”. Sebbene la disposizione in commento faccia testuale riferimento ai “crediti alimentari”, estendendo la portata del disposto normativo in esame, si è sostenuto da parte della più avvertita dottrina che il regime di impignorabilità di cui al comma 1 dell'art. 545 c.p.c. si riferisca non solo ai crediti alimentari in senso stretto ex artt. 433 ss. c.c., ma a tutti quelli aventi natura intrinsecamente alimentare quali sono gli assegni di mantenimento disposti dal giudice a carico di un coniuge in sede di separazione o di divorzio ed a favore dei figli o dell'altro coniuge.
In passato in giurisprudenza si è palesato un indirizzo secondo il quale gli assegni in esame (tanto quelli a favore dei figli, quanto quelli a favore dell'altro coniuge) potessero essere pignorati ed opposti in compensazione ad altri crediti poiché non aventi natura alimentare, né assimilabili agli assegni alimentari, avendo presupposti e contenuti differenti in quanto, mentre il diritto alla prestazione alimentare presuppone lo stato di bisogno ed è limitato al necessario per la vita dell'alimentando, invece, il diritto al mantenimento ha un contenuto più ampio, mirando a soddisfare tutte le esigenze del soggetto che vanta tale diritto (cfr. in tal senso Cass. civ., Sez. III, sent. n. 6519/1996). Un diverso orientamento più recente, al quale il giudicante intende aderire, ritiene, invece, in linea con la citata dottrina che gli assegni di mantenimento disposti in sede di separazione o divorzio a favore dei figli hanno natura sostanzialmente alimentare e, come tali, sono irripetibili, impignorabili e non compensabili (cfr. Cass. civ., Sez. I, sent. 28987/2008; Cass. civ., Sez. I, sent. n. 15098/2005; Cass. civ. Sez. VI - 1, Ord. n. 23569/2016). Infatti, il credito relativo al mantenimento dei figli, anche maggiorenni, se ancora economicamente non indipendenti, è propriamente alimentare (cfr. Cass., 04/07/2016, sent. n. 13609, Cass., 24/10/2017, sent. n. 25166) e presuppone uno stato di bisogno strutturale proprio perchè riferito a soggetti carenti di autonomia economica e come tali titolari di un diritto di sostentamento conformato dall'ordinamento (art. 147 c.c.) con riguardo alla complessiva formazione della persona; la ragione creditoria è pertanto indisponibile e impignorabile se non per crediti parimenti alimentari e, di conseguenza, non compensabile.
Alla stregua di quanto affermato, attesa la diversa natura tra il credito portato dall'opposta certo, liquido ed esigibile derivante da atto giudiziario, quale il decreto di omologazione del 15.05.2008 (n. cron. 3822/2008 R.G. 6152/2008) (cfr. all. n. 1 della comparsa di costituzione e risposta), e il credito derivante da presunti prestiti, accordati dal ### alla moglie separata, ed essendo il primo un credito alimentare e, come tale, irripetibile, impignorabile e non compensabile, quello asseritamente vantato dall'opponente non può essere portato in compensazione con le somme intimate dalla ### Infine, in ordine all'eccezione di prescrizione occorre prima di tutto individuare il termine da applicare alla pretesa, che secondo l'opponente è quello quinquennale, ed invece, secondo l'opposta quello decennale dell'actio iudicati (la sentenza di separazione che sanciva l'obbligo di mantenimento).
Orbene, sul punto, non può che rilevare l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, a mente del quale, “in tema di separazione dei coniugi e di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento, in quanto avente ad oggetto più prestazioni autonome, distinte e periodiche, si prescrive non a decorrere da un unico termine rappresentato dalla data della pronuncia della sentenza di separazione o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, bensì dalle singole scadenze di pagamento, in relazione alle quali sorge, di volta in volta, l'interesse del creditore a ciascun adempimento” (Cass. nn. 6975/2005, 23462/2009).
La ragione di tale principio risiede nel fatto che, in tema di separazione e di divorzio, il diritto alla corresponsione dell'assegno di mantenimento per il coniuge, così come il diritto agli assegni di mantenimento per i figli, si ricollegano ad obbligazioni di durata e non ad obbligazioni istantanee ad adempimenti plurimi, e che, di conseguenza, il principio dell'autonomia delle singole prestazioni trova fondamento proprio nelle differenze ontologiche esistenti fra i due tipi di obbligazioni, con le relative conseguenze in tema di prescrizione.
Le obbligazioni istantanee ad adempimenti plurimi sono infatti caratterizzate dall'unicità dell'obbligazione, ancorché le prestazioni siano frazionate nel tempo secondo modalità contingenti di adempimento previste dal titolo; le obbligazioni di durata, invece, sono caratterizzate da una causa debendi continuativa, nel senso che in tali obbligazioni, in relazione all'interesse che sono volte a soddisfare, il protrarsi nel tempo delle prestazioni è una caratteristica essenziale, che ne determina il contenuto e la misura.
Gli assegni alimentari e di mantenimento sono tipiche obbligazioni di durata, correlate ad un interesse variabile nel tempo e condizionate, nel loro perdurare e nella loro misura, al permanere o al mutare del fatto costitutivo, da identificarsi, nello specifico, nella situazione economica dell'avente diritto e dell'obbligato. Detti assegni formano quindi oggetto di obbligazioni necessariamente periodiche, collegate fra loro ma dotate singolarmente di autonomia, caratterizzate dall'essere le relative prestazioni - per loro natura, in relazione alla loro causa ed agli interessi che sono destinati a soddisfare - suscettibili solo di adempimenti ricorrenti nel tempo, non quantificabili complessivamente ab origine e ontologicamente non eseguibili in modo unitario.
Da tale impostazione deriva, in via diretta, la soggezione di tali obbligazioni al regime di cui all'art. 2948 4) c.c., e, quindi al termine quinquennale, a nulla rilevando a tal fine la fonte dell'obbligazione, ossia un provvedimento giudiziario che, laddove sentenza, è suscettibile di passare in giudicato, senza tuttavia che all'obbligo, proprio per la sua evidenziata natura, possa applicarsi il termine decennale dell'actio iudicati (Cass. n. 13414/2010).
Sotto diverso profilo, l'inquadramento giuridico dell'obbligo comporta che il termine di prescrizione non può decorrere unitariamente, proprio perché l'interesse tutelato si attualizza, per sua natura, in momenti successivi in relazione a ogni singola prestazione, cosicché anteriormente al suo attualizzarsi in ciascun successivo momento, non può semplicemente essere fatto valere.
In conclusione, tale struttura dell'obbligazione di mantenimento implica, contrariamente a quanto dedotto dall'opposta, e secondo invero risalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità (in termini già Cass. 12333/1998, oltre a quelle sopra citate), che alla loro base non esiste un diritto unitario che possa prescriversi per mancato esercizio a far data dal titolo, negoziale o giudiziario, su cui si fondano, essendo esse fonte di una pluralità di diritti - corrispondenti ciascuno alla prestazione dovuta per ciascun periodo - suscettibili di autonome vicende giuridiche e quindi singolarmente assoggettabili a prescrizione dal momento in cui possono essere fatti valere.
Nondimeno, sempre al riguardo, la giurisprudenza di legittimità è altrettanto univoca nel ritenere che “la sospensione della prescrizione tra coniugi di cui all'art. 2941, n. 1, c.c. non trova applicazione al credito dovuto per l'assegno di mantenimento previsto nel caso di separazione personale, dovendo prevalere sul criterio ermeneutico letterale un'interpretazione conforme alla "ratio legis", da individuarsi tenuto conto dell'evoluzione della normativa e della coscienza sociale e, quindi, della valorizzazione delle posizioni individuali dei membri della famiglia rispetto alla conservazione dell'unità familiare e della tendenziale equiparazione del regime di prescrizione dei diritti post-matrimoniali e delle azioni esercitate tra coniugi separati; nel regime di separazione, infatti, non può ritenersi sussistente la riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, collegata al timore di turbare l'armonia familiare, poiché è già subentrata una crisi conclamata e sono già state esperite le relative azioni giudiziarie, con la conseguente cessazione della convivenza, il venir meno della presunzione di paternità di cui all'art. 232 c.c. e la sospensione degli obblighi di fedeltà e collaborazione” (Cass. nn. 7981/2014, 24160/2018).
Pertanto, nei fatti di causa, a conclusione delle premesse, non prescrizione (decennale o quinquennale che sia) del diritto al mantenimento, bensì prescrizione dei singoli ratei dell'assegno non versato dal ### senza possibilità di sospensione per il rapporto di coniugio. In tale ottica, quanto alla asserita interruzione della prescrizione a mezzo di lettera di messa in mora del 16.10.2020, questa rileva solo in ordine ai ratei non versati a far data dal 2016 al 2021, atteso che comunque, alla data di notifica della stessa, il termine ### di prescrizione di ciascun rateo non versato dal 2009 al 2015 era già ampiamente decorso.
Orbene, sul punto occorre precisare che le somme prescritte risultano essere pari ad euro 6.745,72 in ordine al periodo da marzo 2009 a febbraio 2010, a cui vanno aggiunti gli interessi legali dalle singole scadenze al 31.01.2021 per euro 752,71; risultano essere pari ad euro 1.783,80 in ordine al periodo da marzo 2010 a febbraio 2011 a cui vanno aggiunti i suindicati interessi legali per euro 181,75; risultano essere pari ad euro 7.725,16 in ordine al periodo da marzo 2013 a febbraio 2014, a cui vanno aggiunti gli interessi in parola per euro 270,83; pari ad euro 36.645,76 per il periodo da marzo 2014 a febbraio 2015 con gli interessi legali pari ad euro 787,41. Infine, le somme prescritte risultano essere pari ad euro 22.702,76 in riferimento al periodo da marzo 2015 a dicembre 2015, con gli interessi legali pari ad euro 357,00. (cfr. pagg. 3 e 4 dell'all. n. 1 all'atto di citazione in opposizione del ###. Di talchè l'importo complessivamente prescritto e sul quale la signora ### non può avanzare pretesa alcuna è di euro 77.952,00 (6.745,72 + 752,71 + 1.783,80 + 181,75 + 7.725,16+ 270,83 + 36.645,76 + 787,41 + 22.702,76 + 357,00 = 77.952,30).
Pertanto, l'opposizione risulta parzialmente fondata, laddove si è dedotta l'erroneità delle somme precettate per detto importo di € 77.952,3.
Invero, ricordando che, con l'ordinanza n. 27032 del 19 dicembre 2014, la Corte Suprema di Cassazione ha confermato un suo ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. civ. Sent. n. 5515/2008; civ. sent. n. 2123/1998 e Cass. civ. Sent. n. 2938/1992), secondo cui la riscontrata erroneità dell'intimazione, quanto agli importi domandati, non cagiona l'invalidità della stessa (chiara essendo l'enunciazione contenuta nell'art. 480 c.p.c. degli elementi previsti a pena di nullità), ma impone, soltanto, una statuizione declaratoria della somma effettivamente dovuta, nella cui ridotta entità il precetto conserva piena efficacia di atto prodromico all'esecuzione, va dichiarata la nullità parziale del precetto de quo, relativamente alla somma di euro 77.952,3. Lo stesso resta, invece, valido ed efficace per la differenza tra l'importo precettato e l'importo prescritto, dunque per euro 323.491,10 dovuta alla data di notifica del medesimo: (euro 401.443,10 - euro 77.952,3 = 323.490,8).
Alla luce delle considerazioni innanzi esposte, l'opposizione così proposta dal ### è parzialmente fondata.
Passando allo scrutinio della domanda di condanna al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. proposta dalla ### questa non può trovare accoglimento, in quanto come aliunde condivisibilmente affermato «La condanna per responsabilità aggravata per colpa grave o dolo presuppone: la soccombenza dell'avversario; la prova dell'altrui malafede o colpa grave nell'agire o resistere in giudizio; la prova del danno subito a causa della condotta temeraria della controparte. Pertanto, è necessario dimostrare l'esistenza sia dell'elemento soggettivo consistente nella consapevolezza o nell'ignoranza colpevole dell'infondatezza della propria tesi, sia di quello oggettivo, ovvero il pregiudizio subito a causa della condotta temeraria della parte soccombente. A tal riguardo, la parte istante ha l'onere di fornire elementi probatori sufficienti per provare l'esistenza del danno» (Tribunale Massa, ### n. 594/2016). Nel caso in esame l'opposta non ha fornito alcun elemento (né alcun indizio) atto a comprovare il danno subìto o quantomeno sul quale poter commisurare l'entità del risarcimento da liquidare d'ufficio.
Il parziale accoglimento dell'opposizione giustifica la compensazione delle spese di lite nella misura del 50%, mentre per l'importo residuo le spese di lite si pongono a carico di parte opponente e si liquidano come in dispositivo.. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull'opposizione proposta da ### avverso il precetto notificato il ### da ### ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così decide: a) Accoglie in parte l'opposizione nei limiti di cui in motivazione e dichiara non dovuta solo la somma di euro 77.952,3 per il periodo che va dal 2009 al 2015 per intervenuta prescrizione; per l'effetto il precetto conserva la sua efficacia per l'importo di € 323.490,3; b) liquida complessivamente le spese del presente processo in € 12.046,00 per compensi oltre accessori come per legge, compensandole per il 50% tra le parti e condannando il sig. ### alla refusione in favore di parte opposta del residuo 50%.
Napoli, 17 giugno 2024 Il Giudice
Dott.ssa ### n. 7206/2021
causa n. 7206/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Cannavale Stefania, Capuozzo Luigi