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Corte di Cassazione, Sentenza n. 36384/2023 del 29-12-2023

... in favore di ### delle unità immobiliari e delle pertinenze facenti parte del ### di ### del ### n. 3/8, e, quindi, dell'assunzione da parte di quest'ultima della qualità di condomina dello stabile, riteneva venuta meno la condizione in capo alla stessa di «soggetto estraneo» al ### con conseguente suo dir itto di esercitare il passaggio veicolare tramit e l'accesso carrabile del ci vico n. 3 e l'a ndrone del ### al fine di accedere alla propria area cortilizia interna destinata a parcheggio, altrimenti interclusa all'accesso dei veicoli. 5.1. Nelle more del procedimento dinanz i a questa ### e ### assumeva la qualità di proprietaria dell'area cortilizia facente parte del fabbricato con accesso da via del ### n. 46, a séguito di assegnazione attraverso ### 98 s.r.l., della quale l'esponente era socio unico: sì che l'odierna ricorrente è divenuta proprietaria del fondo ( asseritamente) dominant e (area cortilizia del civico 46 di via del ###, nonché comproprietaria del fondo ### servente (area cortilizia del civico n. 3 di ### del ###. 6. Propo neva ricorso per la cassazione di de tta decisio ne ### affidandolo a tre motivi. ### 96 s.r.l. con controricorso. 7 di 14 Restava (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 9820/2017 R.G. proposto da: FARMINDUSTRIA - ### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avvocato ### che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato ### - ricorrente contro ### 96 ### elettivamente domiciliat ###, presso lo stu dio dell'avvocato ### che la rappresenta e difende; - controricorrente nonchè contro ### 98 ##### 2000 ###, ###, ### & C #### 2 di 14 I ######## 3/8, ### , #### - intimati avverso SENTENZA di CORTE D'### n. 1922/2016 depositata il ###; lette le conclusioni scritte del ### dott.  ### Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31/01/2023 dal #### 1. Con atto di citazione notificato in data ### ad ### S.p.a. ### e a ### il ### di ### 3/8 chiedeva al giudice monocratico civile del Tribunale di Rom a inibirsi a ### S.p.a e ### ria, rispett ivamente proprietaria e conduttrice di un'area cortilizia retrostante l'edificio, il passaggio veicolare attraverso il passo carrabil e contraddistinto dal numero civico 3, ### del ### Nel p rosieguo de l giudizio di primo grado, a seguito de ll'eccez ione di difetto d i legittimazione passiva, veniva chiamata in causa, ad integrazione del contraddittorio, la nuova proprietaria dell'area cortilizia, M.S.M.C. ### S.r.l. 
All'udienza del 30.11.20 01 interveniv a in giudizio ### s.r.l., per aderire alla domanda principale del l'attrice in qualità di condomin a dell'edificio del ### 3/8 . Le attrici contestavano l'esistenza e/o va lidità della servitù di passaggio veicolare, e chiedevano al Tribunale di ### inibirsi detto passaggio con actio negatoria ser vitutis, o riconoscersi il pagament o di 3 di 14 un'indennità ex art. 1053 cod. civ. qualora fosse disposta una servitù coattiva a loro carico.  2. Il Tribunale di ### con sentenza n. 689/2008, rigettava la domanda attorea, ritenen do sussistente la servitù di passaggio per destinazione del padre di famiglia, desumibile: - dall'originaria appartenenza (sin dal sec ### dell'intero complesso immobiliare alla famiglia ### - dalla documentazione prodotta, in virtù della quale l'androne del civico 3 metteva in comunicazione un cortile adiacente, in piccola parte di prop rietà del fabbricato storico de l ### 3/8 (###, per il restante di pertinenza - a partire dalla fine dell'800 - di un palazzo già appartenente ad I.N.A., successivamente acquisito da ### unit amente a detta seconda area cortilizia e a vente accesso pedonale dal civico 46 di via del ### Questa seconda area cortilizia era stata data in locazione a ### a Imm obiliare s.r.l., divenuta proprietaria del fabbricato ### con atto del 17.05.1991 (la quale negli anni avrebbe proceduto alla vendita delle singole unità immobiliari, residenziali e uffici), che la utilizzava per il parcheggio di veicoli con accesso dal passo carrabile di ### civico n. 3.  ### di una servitù di pass aggio ped onale e veicolare era documentata dagli atti di vendita con cui ### s.r.l. aveva ceduto gli appartamenti di palazzo ### né poteva dirsi smentita dalla lettera del ### condominiale, recepito nei singoli atti di vendita, ove (all'art. 6) era contenuta una clausola la cui formulazione letterale («servitù a vantaggio di persone») dovesse far propendere per un diritto di passaggio a favore di un soggetto determinato, e non del fondo, m a dovendo valutarsi il contesto complessivo del ### 4 di 14 - dalla conformazione strutturale del ### del ### dalla quale emerge l'originaria e naturale predisposizione d ell'ingresso di cui al civico n. 3 a consentire l'acce sso libero e p rivo di ostacoli all'area cortilizia adiacente, verosimilmente destinata ad accogliere i mezzi di trasporto dell'epoca (carrozze, cavalli).  3. Appell ava ### 96 s.r.l. (unitamente ad altri condomini con posizioni processuali diverse) reit erando le medesime richieste presentate al giudice di prime cure. Le appellate costituite ( quali soggetti succedutisi nella titolarità del fondo asseritamente dominante) chiedevano, talune, la regolazione delle spese di lite; altre, mediante appello incidentale, chiedevano dichiararsi l'esistenza di una servitù di transito (pedonale e) veicolare sul passo carrabile e sull'androne per accedere all'area cortilizia; ovvero, in via subordinata, domandavano l'acquisto di detta servitù per usu capione o mediant e costituzione coattiva, ex art. 1051 cod.  4. Con sente nza n. 192 2/2016, la Corte d'App ello di Ro ma accoglieva la richiesta dell'appellante: dichiarava l'inesistenza di una servitù di passaggio veicolare sul fondo di proprietà del ### di ### avente accesso dal civico n. 3; per l'effetto, ne vietava l'esercizio a soggetti estranei al ### di ### 3/8. A sostegno della sua decisione, osservava la Corte: - doveva considerarsi sufficientemente provato il fatto presupposto dall'appellante, ossia che l'intera area cortilizia di cui si discute e che si trova sul retro del fabbricato di palazzo ### non sia appartenuta sin dall'orig ine ad un unico proprietario, con ciò esclu den dosi la costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia. ### la Corte distrettuale, solo una prima parte del cortile è di proprietà del condominio ### (fondo asseritamente servente); l'altra e più estesa area, pur appartenendo allo stesso mappale, reca chiaramente 5 di 14 l'indicazione di appartenenza ad altra p roprietà (asseritamente dominante), ogg i di ### a S.P.A. (ex I.N.A.), oggetto di molteplici contratti di locazione a favore di innumerevoli conduttori, tra cui da ultimo la ### s.r.l., a sua volta precedente proprietaria dell'intero fabbricato ### - deve ritenersi inesistente la servitù per destinazione del padre di famiglia di passaggio veicolare sul fondo, ex art. 1062 cod. civ.; - deve ritenersi inesistente la costituzione di servitù di passaggio in forma scritta tra i soggetti proprietari dei due fondi, tale non potendo considerarsi il ### contrattuale del 1993 del ### di ### del ### (richiamato nei diversi contratti di vendita degli appartamenti di ###, come non correttamente interpretato dagli appellati. 
Pertanto, la Corte d'Appello di ### per quel che qui ancora rileva: - emetteva il divieto di eserciz io del pass aggio veicolare nei confronti dell'avente causa di ### s.p.a., cioè ### (non legittimata rispetto all'azione negatoria, ma legittimata rispetto all'azione personale) e di tutti i soggetti estranei al condominio di ### del ### 3/8; - rigettava l'appello incidentale di ### S.P.A., in cui si reclamava l'usucapione della servitù di passaggio veicolare, non essendo trascorsi i 20 anni ex art. 1158 cod. civ. tra l'unico atto al quale si sarebbe po tuta att ribuire valenza di esercizio di servitù (contratto di locazione, datato 1992) e la d ata della domanda riconvenzionale (giugno 2000); - rigettava l'appello incidentale in cui la stessa ### s.p.a. chiedeva la costituzione di servitù coattiva ex art. 1051, 1052 cod. civ., posto che non si è in presenza di un cortile intercluso, 6 di 14 essendo il passaggio pedonale possibile dal civico 8 di ### e da via del ### n. 46; - compensava interamente le spese per entrambi i gradi di giudizio.  5. Nell'ambito della procedura ex art. 612 cod. proc. civ. promossa dal ### di ### 3/8 veniva dichiarata dal Tribunale di ### la sospensione dell'esecuzione della sentenza della Corte d'Appello di ####.E., infatti, con ordinanza del 28.08.2018, preso atto dell'assegnazione in favore di ### delle unità immobiliari e delle pertinenze facenti parte del ### di ### del ### n. 3/8, e, quindi, dell'assunzione da parte di quest'ultima della qualità di condomina dello stabile, riteneva venuta meno la condizione in capo alla stessa di «soggetto estraneo» al ### con conseguente suo dir itto di esercitare il passaggio veicolare tramit e l'accesso carrabile del ci vico n. 3 e l'a ndrone del ### al fine di accedere alla propria area cortilizia interna destinata a parcheggio, altrimenti interclusa all'accesso dei veicoli.  5.1. Nelle more del procedimento dinanz i a questa ### e ### assumeva la qualità di proprietaria dell'area cortilizia facente parte del fabbricato con accesso da via del ### n. 46, a séguito di assegnazione attraverso ### 98 s.r.l., della quale l'esponente era socio unico: sì che l'odierna ricorrente è divenuta proprietaria del fondo ( asseritamente) dominant e (area cortilizia del civico 46 di via del ###, nonché comproprietaria del fondo ### servente (area cortilizia del civico n. 3 di ### del ###.  6. Propo neva ricorso per la cassazione di de tta decisio ne ### affidandolo a tre motivi.  ### 96 s.r.l. con controricorso. 7 di 14 Restava intimato il ### 3/8. 
Entrambe le parti hanno pre sentato memoria in p rossimità dell'udienza camerale del 28.06.2022.  ###.M. concludeva per il rigetto del ricorso, ritenendo non indicative le circostanze valorizzate dal ricorrente per le quali originariamente il fondo domina nte e quello servente appartenessero ad un solo proprietario. E', infatti, al momento della divisione dei fondi in oggetto - fatta risalire alla fine dell'800 (allorché la famiglia ### operò il frazionamento dell'intera proprietà) - che si è verificata la cessazione dell'appartenenza dei beni ad un unico proprietario: trova, pertanto, applicazione il principio secondo il quale quando l'appartenenza dei due fondi all'originario proprietario è cessata prima dell'entrata in vigore del codice civile vigente non trova applicazione retroattiva l'art. 1061 cod. civ.; essendo, invece, in vigore l'art. 629 del codice civile del 1986, per il quale potevano costituirsi per destinazione del padre di famiglia soltanto le servitù continue ed apparenti, ed essend o la servitù di passaggio discontinua, deve escludersi la costituzione di servitù nel caso di specie (Cass. n. 8725 del 2015; Cass. n. 28641 del 2011).  6.1. Nell'adunanza camerale del 28.06.2022, il Collegio osservava che la complessità della vicenda, no n chiarita nella senten za impugnata, unitamente ai fatti nuovi segnalati con la memoria dalla ricorrente (in particolare: il fatto che ### sia div enuta titolare dei beni immobili siti nel ### con accesso da ### del ### n. 3/8, oltreché dell'area cor tilizia adibita a parcheggio auto c on accesso pedonal e e carrabile da L argo del ### 3/8, già di proprietà della ### 98 s.r.l., di cui era unica socia; l'adozione di una delibera in data ###, con la quale il ### 3/8, 8 di 14 preso atto degli articoli 5 lettera o) e 6 lettera b) e c) del ### di condo minio «### del ### del ### nn. 3 e 8, riconosceva il diritto dei condo mini di transitare, anch e a bordo di veicolo, per il passo carraio di cui al civico 3 di ### del ### attraverso l'atrio carraio de l condominio, fino dentro al cortile condominiale), hanno reso opportuna la trattazione in pubblica udienza a t ermini dell'art. 37 5, secondo comma, cod. proc. civ ., attesa la particolare rilevanza delle questioni sollevate. 
Pertanto, il Collegio disponeva il rinvio a nuovo ruolo della causa per la riassegnazione in ### RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Preliminarmente, deve essere disattesa la richiesta di rimessione in termi ni pervenuta dall'odierna ricorrente in dat a successiva alla celebrazione della ### (il ###), per l'ammissione di ulteriori memorie difensive di replica alle conclusioni formulate dal ### La ri corrente lamenta la mancata comunicazione da parte della ### dell a soggezione della ### alla normativa di cui all'art. 23 co. 8-bis legge 18 dicembre 2020, n. 176, con conseguente lesione del diritto di difesa dell'esponente la quale, nella convinzione che l'udienza si sarebbe svolta con disc ussione orale, ha ritenuto di non depositare ulteriori memorie difensive.  1.1. La noma citata recita: «### 23, comma 8-bis. Per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione in udienza pubblica a norma degli articoli 374, 375, ultimo comma, e 379 del codice di procedura civile, la ### di cassazione procede in camera di consiglio senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle parti, salvo che una delle parti o il p rocuratore g enerale fac cia richiesta di discussione orale . 
Entro il quindic esimo g iorno precedente l'udienza, il procuratore 9 di 14 generale formula le sue conclusioni motivate con at to spedito alla cancelleria della Co rte a mezzo di posta e lettronica certifica ta. La cancelleria provvede immediatamente a inviare, con lo stesso mezzo, l'atto contenent e le conclusioni ai difensori delle parti che, e ntro il quinto giorno antecedente l'udienza, possono depositare memorie ai sensi dell'articolo 378 del codice di procedura civile con atto inviato alla cancelleria a mezzo di post a elettronica certificata. La richiesta d i discussione orale è formulata per iscritto dal procuratore generale o dal difensore di una delle parti entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell'udienza e pre sentata, a mezz o di posta elettronica certificata, alla cancelleria. Le previsioni di cui al presente comma non si applicano ai procediment i per i quali l'udienza di trattazione ricade entro il termine di quindici giorni dalla data di entrata in vigo re della legge di conversione del presente decre to. Per i procedimenti nei quali l'udienza ricade tra il sedicesimo e il trentesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto la richiesta di discussione orale deve essere formulata entro dieci giorni dalla predetta data di entrata in vigore». 
Si tratta di disposizione recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connessa all'emergenza epidemiologica da ###19; trattandosi di un testo normativo pubblicato in ### (GU n. 319 del 24-12-2020 - ### Ordinario n. 43) il Collegio ritiene che rientri tra i doveri del difensore acquisire opportuna conoscenza della normativa in vigore: pertanto, la comunicazione della ### può forse tradursi in un servizio utile, ma la su a mancanz a non può integrare la violazione del diritto di difesa .  2. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1062, 922, 1350 e 1376 cod. civ. con riferimento all'art. 360, 10 di 14 comma 1, n. 3), cod. proc. civ.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. La ricorrente afferma - quale fatto storico oggetto di dis cussione già in pri mo grado di giudizio - che in origine il palazzo ### apparteneva all'omonima famiglia (dal ###, la quale aveva impresso la servitù di passaggio anche veicolare (riguardante mezzi d'epoca, come carrozze e cavalli) sull'area cortilizia ancor prima de lla separazione dei d ue fondi (avvenuta a fine ‘800), su gran parte della quale sarebbe stato edificato il nuovo stabile con accesso da via del ### n. 46, già dal 1914 di proprietà I.N.A.; che dai successivi atti di vendita prodotti in giudizio non risulta l'esistenza di clausole che annullino o neghino l'esistenza di detto passaggio veicolare. E', pertanto, certo e provato che al momento della separazione della p roprietà d ei due fondi il rappo rto di asservimento è continuato a sussistere, e che perduri la servitù per destinazione del padre di famiglia.  2.1. Il motivo è fondato. A norma dell'art. 1062, comma 1, cod.  civ., la costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia «ha luogo quanto consta, mediante qualunque genere di prova, che due fondi, attu almente di visi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario, e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù». ### l'orientamento di questa ### detta modalità di costituzione di servi tù ex lege è impe dita solo dalla contraria manifestazione di volontà del proprietario dei due fondi al momento della loro separazione, che non può desu mersi per facta concludentia, ma deve rinvenirsi in una clausola contrattuale con la quale si convenga esplicitamente di volere escludere il sorgere della servitù corrispondente alla situazione di fatto esistente fra i due fondi e determinata dal comportamento del comune proprietario, ovvero in una qualsiasi clausola il cui contenuto sia incompatibile con la volontà 11 di 14 di lasciare integra ed immutata la situazione di fatto che, in forza della legge, determinerebbe la nascita della servitù (Cass. Sez. 2, n. 4872 del 01/03/2018; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13534 del 20/06/2011). 
Ai fini dell'accertamento giudiziale della servitù per destinazione del padre di famiglia, il presu pposto dell'effettiva si tuazione di asservimento di un fondo all'altro, di cui all'art. 1062 cod. civ., deve essere effettuat o attraverso la ricostruzione dello stato dei luo ghi esistente nel momento in cui, per effetto dell'alienazione di uno di essi o di entrambi, i due fondi hanno cessato di appartenere al medesimo proprietario, rimanendo irrilevanti le modifiche successive (Cass. civile, sez. II, 20/ 12/202 1, n. 40 824; Cass. n. ### del 2019; Cass. 10662 del 2015).  2.2. A giudizio del Collegio, la ### d'Appello ha fatto malgoverno dei suddet ti criteri di interpretazione della no rma citata: ignorando l'origine storica (### sec.) dell'allora unica area cortilizia con accesso (anche carraio) dal ci vico n. 3 di ### ricostruibile utilizzando ogni mezzo di prova - dunque anche la ### storicoarchitettonica allegata da parte attrice nel primo grado di giudizio - il giudice di seconde cure ha fotografato uno stato dei luoghi modificatosi a distanza di oltre due secoli, per affermare l'insussistenza di uno dei presupposti dell'art. 1062 cod. civ., ossia la non appartenenza delle due aree cortilizie ad un unico proprietario. Nella ricostruzione della ### d'Appello, la separazione delle due aree cortilizie è fatta risalire all'atto di vendita del 1986 di ### del ### alla ### s.p.a.: l'una, originaria, di pro prietà d el ### di ### del ### con accesso (anche carraio) da ### n. 3; l'altra, separata dalla prima, interposta tra l'edificio di ### e un più recente e dificio (originariamente di proprietà I.N.A., ad o ggi trasferita all'odierna ricorrente) con accesso da via del ### n. 46. 12 di 14 Su tale stato dei luoghi la ### distrettuale ha erroneamente applicato la norma in questione (v. sentenza p. 6, 4°-6° capoverso): cioè sulle modifiche successive, comunque risalenti ad un'e poca posteriore all'entrata in vigore del codice civile vigente contrariamente a quanto ritenuto dal P.M., subíte dall'area cortilizia originariamente unica; non già - come richiesto nei criteri interpretativi sopra riportati - sullo stato dei luoghi registrati all'epoca in cui il compendio immobiliare di cui si discute apparteneva ad un unico proprietario, ossia alla famiglia ### affermazione, questa, non contestata in atti. Inoltre, evidenzia il giudice di prime cure che l'accesso dal civico n. 3, al contrario del civico n. 8 (in cui sono presenti dei gradini), consente il passaggio di veicoli, dimostrato anche dalla persistenza di un cartello posizionato in facciata. Tale stato dei luoghi soddisfa un ulteriore requisito di legge: la servitù per destinazione del padre di famiglia, infatti, è fattispecie non negoziale che postula l'esist enza di segni ed opere visi bili e permanenti, costituenti indice non equivoco ed obiettivo del pe so imposto al fondo servente (ex plurimis: Cass. Sez. 2, n. ### del 12/12/2019; Cass. 12/02/2014, n. ###ass. 11/02/2009, n. 3389; Cass. 20/07/2009, n. 16842).  2.3. Affermata la sussi stenza del presupposto iniziale sul quale verificare la co stituzione di servit ù per destinazione del p adre di famiglia, né dal ### condominiale del 1993 (v. soprattutto clausola n. 6, lett. c), che riconosceva a ### iare s.p.a., conduttrice di I.N.A., l'accesso dal pass o carrabile di ### del ### civico n. 3, sul quale esiste una servitù perpetua di passaggio pedonale e veicolare a suo favore), né dai molteplici atti di vendita dell'attuale ### del ### e delle unità immobiliari che lo comp ongono (che richiamano detto R egolamento) risulta un'espressa esclusione della ser vitù di passo carrabile; tant o meno 13 di 14 risulta altrove un contenuto negoziale incompatibile con la volontà di lasciare integra ed immutata la situazione di fatto che, in forza della legge, avrebbe a suo tempo determinato la nascita della servitù. Al contrario, come messo in rilievo dal giudice di prime cure, una lettura «integrale» del ### del ### di ### milita nel senso oppo sto, di riconoscere cioè una servitù a vantaggio d el cortile di proprietà I.N.A. (v. clausola n. 12, lettera l), ove si abbina alla servitù di passaggio l'obbligo dei benefi ciari di tale servit ù di partecipare alle spese di pulizia e custodia).  2.4. In defi nitiva, la sentenza merita di essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell'art. 384 cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito e, per l'effetto, è dichiarata la sussistenza della servitù di passaggio pedonale e veicolare sul fondo di proprietà del ### ominio di L argo del ### no con accesso dal civi co n. 3 nei confronti di ### in q uanto proprietaria del fondo dominante.  3. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1061 e 1158 cod. civ., con riferimento all'art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto d i discussione tra le parti. Il rico rrente argomenta l'avvenuta usucapione della servitù di passaggio, non solo da tempi immemorabili ma per lo meno dal 23.02.1962 (fino al 14.06.2000, data di instaurazione del giudizio di primo grado da parte dei proprietari dell'asserito fondo servente): data in cui è stato alienato il ### del ### alla ### s.p.a. con atto dal quale risulta con chiarezza l'esistenza di un diritto di passaggio.  4. In via subordinata, con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1051 e 1052 cod. civ., con riferimento all'art. 360 cod. proc. civ.; omesso esame circa un fatto decisivo per il 14 di 14 giudizio oggetto d i discussione tra le parti. La ricorre nte ritiene sussistano i presupposti per la cost ituzione coattiva di passaggio veicolare: per la configurazione dei luoghi, infatti, l'area cortilizia di cui si discu te deve considerarsi int erclusa e, stante la sua storica destinazione a parcheggio auto, l'accesso veicolare sarebbe possibile solo dal passo carraio del ### del ### di ### n. 3.  5. Avendo il Collegio accolto il primo motivo del ricorso, i restanti si dichiarano assorbiti. 
Stante la particolare complessità delle vicende che hanno originato la causa, le spese sono compensate nei precedenti gradi di giudizio come nel giudizio di legittimità.  P.Q.M.  ### di Cassazione, in accoglimento del primo motivo del ricorso, cas sa la sentenza impug nata e, deciden do nel merito, dichiara la sussistenza della servitù di passaggio pedonale e veicolare sul fondo di proprietà del ### ominio di ### del ### con accesso dal civ ico 3 nei conf ronti della proprietaria del fondo dominante. 
Le spese sono compensate nei precedenti gradi di giudizio e nel presente giudizio. 
Così deciso in ### nella camera di consi glio della ### a 

Giudice/firmatari: Manna Felice, Amato Cristina

M

Tribunale di Napoli, Sentenza n. 3321/2024 del 25-03-2024

... autorizzazione a qualsivoglia “modificazione ai locali o alle pertinenze e prospetti del fabbricato” prevedendo, in caso di violazione, la risoluzione di diritto del contratto di locazione ( art. 11, lett. d) del contratto ). Pertanto, prima di presentare agli ### competenti qualsivoglia atto amministrativo ( per es., richiesta di permessi ecc… ), la ### doveva a suo dire ottenere l'autorizzazione dell'A.C.E.R., autorizzazione sempre negata. La opponente ha infine asserito che dal raffronto tra la planimetria catastale originaria e la piantina catastale del 20/4/1998 risultarono una serie di abusi edilizi, consistenti soprattutto in aumento di superficie ed altezza, tali da rendere l'immobile locato inidoneo all'uso commerciale previsto in contratto. Pertanto essa ha chiesto in via riconvenzionale la dichiarazione di nullità del contratto ex artt. 1346 e 1418 c.c. per impossibilità del suo oggetto, costituito dal godimento per fini commerciali degli immobili locati, non essendo autorizzabile alcun restauro a causa della presenza di abusi edilizi. Sempre in via riconvenzionale, la ### ha proposto domanda di annullamento del contratto per dolo dell'A.C.E.R. ex artt. 1427 e 1439 c.c., per avere (leggi tutto)...

testo integrale

### 26585 / 2021 R.G. 
Tribunale di ### civile ### ha pronunciato ex art. 429 comma 1 prima parte c.p.c. mediante lettura del dispositivo e della contestuale motivazione all'esito della udienza di discussione del 25/3/2024 la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero 26585/2021 del ruolo generale degli affari contenziosi civili avente ad oggetto: opposizione contro decreto ingiuntivo emesso per il pagamento di canoni e di debiti riconosciuti, dichiarazione nullità, annullamento, risoluzione locazione e risarcimento del danno, e vertente TRA ### s.r.l. con codice fiscale ###, elett.te dom.ta in Napoli al ### n. 21 presso l'avv. ### , rappresentato e difeso da quest'ultimo e dall'avv. ### in virtù di procura a margine dell'atto di citazione in opposizione OPPONENTE - ###.C.E.R. - ### per l'### con codice fiscale ###, elett.te dom.ta presso la propria sede ###Napoli alla via ### n. 75, rappresentata e difesa dagli avv.ti ### e ### in virtù di procura in calce alla comparsa di risposta ### : parte opposta conclude come da verbale di udienza del 25/3/2024 MOTIVI DELLA DECISIONE Con l'atto di citazione introduttivo del presente giudizio, la ### s.r.l. ha proposto opposizione ex art. 645 c.p.c. contro il decreto ingiuntivo n. 7276/2021 emesso a suo carico ed in favore della A.C.E.R. - ### per l'### il ### all'esito del procedimento monitorio contrassegnato dal numero di ruolo 8916/2021 R.G., per l'importo complessivo di euro 38.884 oltre interessi e spese della procedura, importo richiesto nel relativo ricorso, depositato ex art. 633 c.p.c. dalla ### per essersi resa asseritamente la ### morosa nel pagamento dei canoni di locazione pattuiti in ratei mensili anticipati di euro 1.766,96 , e più in particolare : a) per tutti i canoni scaduti dal mese di gennaio al dicembre 2020 per un totale di euro 25.947,60; b) per tutti i canoni dal mese di agosto 2019 al mese di dicembre 2019 e per la morosità parziale relativa ai canoni di maggio e giugno 2019, per un totale di euro 12.936,67 . 
Il titolo costitutivo del diritto al pagamento è stato identificato dalla A.C.E.R. nel contratto di locazione ad uso commerciale del 12 febbraio 2019, registrato presso l'### delle #### di Napoli il ### , stipulato tra il locatore ### per ### della ### di Napoli ( ora A.C.E.R. ) e la conduttrice ### s.r.l., avente per oggetto i locali terranei siti in Napoli alla via ### n. 69 / 71 / 73 / 77 / 81 / 83 / 87 ed alla ### n. 67 , riportati nel N.C.E.U. del Comune di Napoli - ### SFE - Fg. 3 - Particella n. 179 - sub 2, 3, 4, 6, 7, 9 e 1, con categoria C 1 ( cfr. doc. 3 allegato al ricorso monitorio, contratto di locazione-articolo 2 ), laddove in data ### si era proceduto alla consegna materiale degli immobili e delle chiavi, giusta verbale di consegna allegato al contratto di locazione ( cfr. doc. 3- verbale di consegna allegato al contratto ). 
Ora, la ### s.r.l. nell'atto di citazione in opposizione ha descritto quelle che erano state le trattative prodromiche alla stipula del negozio del 2019, avendo premesso che il contratto di locazione per cui è causa sarebbe inscindibilmente legato ad altro accordo esistente tra le parti, ove la odierna opponente si era accollata il debito del precedente conduttore, nella persona di ### per canoni scaduti e non pagati pari ad euro 109.849,42 in relazione alla locazione di alcuni degli immobili poi locati nel 2019 alla ### , con il versamento del 10% all'atto della sottoscrizione ( euro 10.984,94 ) e la conseguente concessione di una rateizzazione per l'importo residuo ( euro 98.864,48 ) in 72 rate mensili di euro 1.406,06. 
Trattasi più specificamente di atto di riconoscimento del debito prot. 8633 del 12/2/2019 della ### laddove questa si era assunta espressamente l'obbligazione pecuniaria di corrispondere all'I.A.C.P. ( oggi A.C.E.R. ) le somme dovute dal precedente conduttore ### per canoni scaduti e non pagati all'I.A.C.P. in relazione al contratto di locazione stipulato dal predetto conduttore relativamente agli immobili de quo, per la somma di euro 109.849,42, come determinato ed accertato con sentenza del Tribunale di Napoli n. 513/2017 . 
La opponente ha anche dedotto che già in data ### la A.C.E.R. le aveva notificato telematicamente un atto d'intimazione di sfratto per morosità e conseguente citazione per convalida e che il ### le aveva notificato altro ricorso per decreto ingiuntivo e pedissequo provvedimento per il versamento della somma di euro 38.884,28, quali canoni di locazione non versati ed oggetto del predetto giudizio di sfratto per morosità attualmente pendente dinanzi all'adito Tribunale di Napoli, che sono diversi da quelli considerati dal decreto ingiuntivo n. 7276/2021, opposto nella presente sede. 
Quindi la ### ha evidenziato l'irreperibilità del ### per la consegna delle chiavi dei locali, ai fini dell'effettuazione dei sopralluoghi ( per rilievi e saggi ) tesi alla formalizzazione delle complessive intese intercorse, ma oggetto di valutazioni solo “sulla carta” tra i tecnici delle parti , nonchè lo stravolgimento delle “volontà” contrattuali dello I.A.C.P. che con PEC del 3/10/2018 aveva inizialmente comunicato l'impossibilità di aderire alla proposta previamente effettuata ( ed oggetto dei numerosi incontri avvenuti nel corso dei mesi precedenti ), in quanto “era in fase di esecuzione il recupero giudiziario dei locali ai civici 69, 71 e 73” , locati al ### e che si sarebbe proceduto, quindi, con l'assegnazione competitiva dei beni non appena rientrati nel materiale possesso dello I.A.C.P. In proposito l'opponente ha anche allegato che la conclusione del contratto di locazione del 2019 era stata fortemente influenzata, a suo discapito, dalle “dinamiche” unilaterali che la avevano costretta, in punto di fatto, ad accettare condizioni inique, non essendo in grado di trovare altrove e nel breve periodo altra ubicazione per la propria attività commerciale. 
La opponente ha però lamentato che gli immobili oggetto di locazione erano ( e lo sarebbero tuttora per colpa dell'A.C.E.R. ) inadatti allo svolgimento di qualsivoglia attività: essi, infatti, a suo dire necessitavano di notevoli interventi di restauro e regolarizzazione catastale (v. art. 3, comma 2 del contratto di locazione), che infatti la ### si era impegnata ad eseguire con l'accordo che le spese da essa sostenute sarebbero state detratte sino all'importo massimo di euro 55.000 ( v. art. 3, comma 4 ). 
Ovviamente, per l'esecuzione di tali lavori, ritenendo la conduttrice che sul piano catastale non ci fossero criticità dato che la locatrice era la materiale proprietaria dell'intero immobile in cui si trovavano le unità oggetto di locazione, era necessario munirsi delle preventive autorizzazioni da parte degli ### competenti: di tale attività amministrativa, necessariamente propedeutica all'inizio dei lavori, si era fatta carico nel contratto sempre la ### , e ciò nell'ottica di velocizzare al massimo possibile il tutto, perché l'utilizzo da parte della ### dei locali affittati e, quindi, l'attività produttiva della stessa, era subordinata alla ristrutturazione per ripristinare i locali nel rispetto delle norme di legge. ###.C.E.R., però, si era riservata il diritto contrattuale di esprimere la propria preventiva autorizzazione a qualsivoglia “modificazione ai locali o alle pertinenze e prospetti del fabbricato” prevedendo, in caso di violazione, la risoluzione di diritto del contratto di locazione ( art. 11, lett. d) del contratto ). Pertanto, prima di presentare agli ### competenti qualsivoglia atto amministrativo ( per es., richiesta di permessi ecc… ), la ### doveva a suo dire ottenere l'autorizzazione dell'A.C.E.R., autorizzazione sempre negata. 
La opponente ha infine asserito che dal raffronto tra la planimetria catastale originaria e la piantina catastale del 20/4/1998 risultarono una serie di abusi edilizi, consistenti soprattutto in aumento di superficie ed altezza, tali da rendere l'immobile locato inidoneo all'uso commerciale previsto in contratto. 
Pertanto essa ha chiesto in via riconvenzionale la dichiarazione di nullità del contratto ex artt. 1346 e 1418 c.c. per impossibilità del suo oggetto, costituito dal godimento per fini commerciali degli immobili locati, non essendo autorizzabile alcun restauro a causa della presenza di abusi edilizi. 
Sempre in via riconvenzionale, la ### ha proposto domanda di annullamento del contratto per dolo dell'A.C.E.R. ex artt. 1427 e 1439 c.c., per avere taciuto la locatrice la reale situazione urbanistica dei beni locati - i preesistenti abusi edilizi - e per averle fatto credere di poter restaurare gli immobili per destinarli all'uso commerciale, addirittura promettendole, per gli interventi di restauro ad effettuarsi, lo sconto sino ad euro 55.000 sui canoni a pagarsi ( art. 3, commi 2 e 4 del contratto di locazione ), o in subordine per errore di fatto essenziale ai sensi degli artt. 1427, 1428 e 1429 c.c., perché se avesse saputo dell'impossibilità di riattare gli immobili locati e di destinarli all'uso commerciale fissato in contratto, certamente non lo avrebbe sottoscritto. 
Ulteriore domanda riconvenzionale è stata proposta per la risoluzione del contratto di locazione, per avere l'A.C.E.R., in violazione delle regole della buona fede, consapevolmente ed illecitamente impedito alla ### di raggiungere lo scopo, dichiarato in contratto, in ragione del quale è nato il rapporto di locazione per cui è causa : utilizzare i locali per svolgervi la propria attività commerciale, o per eccessiva onerosità, data l'impossibilità sopravvenuta di pagamento del canone di locazione e la sua eccessiva onerosità. 
Infine è stata chiesta la condanna della locatrice a risarcire alla ### il danno emergente ed il lucro cessante, nella misura da quantificare in corso di causa : sotto il profilo del danno emergente i costi a qualsivoglia titolo sostenuti in relazione al contratto, la perdita di fatturato, il danno d'immagine e tutti gli altri eventuali danni dovessero derivare, nelle more del giudizio, dai comportamenti avversari; sotto il profilo del lucro cessante, il mancato guadagno e perdita di chance causate dal mancato svolgimento dell'attività commerciale. Il tutto con restituzione alla ### ex art.1458 c.c., di tutti gli importi pagati in relazione al rapporto contrattuale di locazione, nonché dei costi a qualsivoglia titolo sostenuti. 
In via di eccezione la opponente invece ha dedotto l'illegittimo frazionamento del credito e di essere creditrice dell'A.C.E.R., quantomeno, di complessivi euro 23.120 oltre I.V.A., importo speso dalla ### per lavori di manutenzione ordinaria eseguiti sugli immobili locati ( v.: doc.ti 10, 11, 12 e 13 ). Pertanto, è stato chiesto di: a) dichiarare, ove occorra anche ai sensi dell'art. 2041 c.c., che la ### è creditrice dell'A.C.E.R. del predetto importo di euro 23.120 oltre I.V.A.; b) operare la compensazione tra il credito eventualmente dovuto all'A.C.E.R. ed il predetto credito della ### e condannare l'A.C.E.R. al pagamento dell'eventuale differenza in favore della ### Si è costituita la convenuta ed ha controdedotto che nell'articolo 3) del contratto di locazione, in assenza di ogni clausola condizionale sospensiva o risolutiva, la conduttrice aveva accettato espressamente le seguenti circostanze e obbligazioni: - “ (…) i locali si consegnano all'assegnatario nello stato a lui noto perché egli li ha in precedenza visitati e si impegna ad effettuare i lavori di ristrutturazione ed adeguamento alle normative vigenti “ . Altresì la conduttrice si era impegnata “ad eliminare eventuali abusi edilizi esistenti ed effettuare a proprie cure e spese le variazioni catastali e regolarizzazioni edilizie conseguenti”. Inoltre la conduttrice si era assunta espressamente l'obbligazione a propria cura e spese ( “cura e onere” ) di acquisire le autorizzazione per la realizzazione dei lavori come pure “ogni responsabilità per atti e fatti connessi alla loro esecuzione”. 
Di qui l'affermazione che l'opponente conosceva tutte le circostanze e lo stato di fatto e diritto della consistenza immobiliare per cui è causa e ciononostante aveva accettato, senza alcuna condizione, di assumersi tutte le obbligazioni, oneri e rischi di cui all'atto di riconoscimento del debito e del contratto di locazione prendendo espressamente in consegna gli immobili oggetto del presente giudizio. 
Con ordinanza del 6/3/2022 sono stati disposti la provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c. del decreto ingiuntivo opposto e il mutamento del rito ex art. 426 c.p.c. da ordinario a speciale locatizio, con assegnazione anche del termine per l'esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, che ha avuto luogo su iniziativa del creditore opposto, ma senza esito. 
Ciò premesso, l'opposizione è infondata e va integralmente rigettata. Invero la eventuale non conformità dell'immobile locato alla disciplina edilizia e urbanistica non determina la illiceità dell'oggetto del contratto, atteso che il requisito della liceità dell'oggetto, previsto dall'art. 1346 c.c., è da riferire alla prestazione, ovvero al contenuto del negozio e non al bene in sé, né può far ritenere illecita la causa, ai sensi dell'art. 1343 c.c., perché locare un immobile costruito senza licenza, né condonato, non è in contrasto con l'ordine pubblico, da intendere come il complesso dei principi e dei valori che contraddistinguono l'organizzazione politica ed economica della società in un determinato momento storico. Il carattere abusivo di una costruzione, mentre può senz'altro costituire fonte di responsabilità dell'autore nei confronti dello Stato, non comporta, dunque, l'invalidità del contratto di locazione della costruzione stipulato tra privati, trattandosi di rapporti distinti e regolati ciascuno da proprie norme ( v.  civ. sez. III, 12/4/2023, n. 9766 ). Fra l'altro nel caso di specie, per quanto affermato dalla stessa opponente, l'edificio in cui sono ubicati gli immobili oggetto di locazione risale al 1930, e solo con l'art. 4 R.D.L. 640/1935 e con la legge urbanistica n. 1150 del 1942 è stato imposto, per la prima volta, di dotarsi di una licenza edilizia per la costruzione di un fabbricato in centri abitati, tanto è vero che le opere di realizzazione anteriore al 1942 non devono essere oggetto di richiesta di condono, proprio perché non sono da considerarsi illegittime, e ciò che permette di verificare la presenza o meno di un abuso edilizio non è mai il catasto ma solo il titolo abilitativo al Comune, che nel caso di specie non era necessario. 
In generale, poi, al momento di stipulare un contratto di locazione di un immobile destinato a un determinato uso, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività ripromessasi nonché a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative, sebbene le parti siano comunque libere di pattuire — individuando nel contempo su chi grava il relativo onere economico — tanto l'effettiva possibilità di apportare all'immobile le necessarie modificazioni per poter svolgere l'attività prevista, quanto il fatto che quest'ultimo presenti ( o sia in potenziale condizione di acquisire ) le pertinenti condizioni giuridiche funzionali al rilascio delle autorizzazioni amministrative stesse ( v. Cass. civ. sez. III, 27/52008, n. 13761; civ. sez. III, 31/3/2008, n. 8303 ; Cass. civ. sez. III, 30/4/2005, n. 9019 ). 
In altri termini, se non specificamente pattuito, il locatore non è tenuto ad adeguare i beni locati alle esigenze ricollegabili all'attività esercitata dal conduttore, anche se quest'ultima è stata indicata nel contratto, limitando ad essa l'uso consentito per l'immobile oggetto del rapporto, il che è lo stesso che dire che, pur se l'immobile fosse effettivamente inidoneo, nessuna responsabilità può essere imputata alla parte locatrice . 
Vale infatti “il principio secondo il quale, stipulato un contratto di locazione di un immobile destinato ad un determinato uso ( nella specie commerciale ), grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per l'attività ripromessasi, ed altresì adeguate a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative” ( Cass. civ. sez. III, 27/5/2008, n. 13761; Cass. civ. sez. III, 31/3/2008, n. 8303; Cass. civ., 30/4/2005, 9019 ) e “nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati a uso non abitativo, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento della attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle autorizzazioni amministrative indispensabile alla legittima utilizzazione del bene locato, per cui, escluso che sia onere del locatore conseguire tali autorizzazioni, ove il conduttore non riesca ad ottenerle, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al proprietario, e ciò quand'anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato” ( cfr. Cass. civ. sez. III, 25/01/2011, n. 1735 ; Cass. civ. sez. III, 16/6/2014, n. 13651 ). 
In definitiva, “La destinazione particolare dell'immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento dell'idoneità dell'immobile da parte del conduttore” ( v. sul punto civ. sez. III, 7/6/2018, n. 14731 ) . 
Nella fattispecie in esame, inoltre, la ### s.r.l. è una società commerciale, per tale motivo in possesso delle cognizioni tecniche necessarie per valutare correttamente le condizioni di utilizzabilità dell'immobile preso in locazione fin dall'inizio del rapporto . 
La circostanza è tanto più evidente, perché la conduttrice non solo aveva accettato la consegna dei locati nello stato ad essa noto perché li aveva in precedenza visitati, ma addirittura si era impegnata ad eliminare eventuali abusi edilizi e ad effettuare a proprie cure e spese le variazioni catastali e regolarizzazioni edilizie conseguenti. 
Infine, la conduttrice ha continuato ad occupare il bene immobile senza versare il corrispettivo, tenendo essa un comportamento contrario alla buona fede, nonostante si fosse assunta nel contratto il rischio della acquisizione dei titoli necessari, così liberando la proprietà da ogni e qualsiasi onere. 
In proposito appare evidente che tale accollo del rischio, per quanto dedotto dalla stessa opponente, fu motivato dall'esigenza, nell'immediato, di evitare l'adozione da parte dell'I.A.C.P. di una procedura competitiva per la scelta del contraente, dato che era in fase di esecuzione il recupero giudiziario dei beni di cui ai civici 69, 71 e 73 precedentemente locati al ### e quindi per ottenere il subentro in via preferenziale e senza gara nella detenzione dei beni. 
Da tanto deriva l'inesistenza di tutti i profili di invalidità o di risoluzione del contratto fatti valere dalla opponente, con conseguente rigetto non solo della sua opposizione ma anche delle domande riconvenzionali proposte, ivi compresa quella risarcitoria, e con contestuale dichiarazione di esecutorietà definitiva ex artt. 653 e 654 c.p.c. del provvedimento monitorio, anche se è già stata dichiarata la sua provvisoria esecuzione nel corso del giudizio con ordinanza resa ai sensi dell'art. 648 c.p.c.. 
Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 comma 1 c.p.c. e vengono liquidate come da dispositivo, in considerazione del valore della controversia individuato ai sensi degli artt. 5 ss. del D.M. 10/3/2014 n. 55 come modificato dal D.M. 13/8/2022, n. 147 , da applicare alle prestazioni professionali esaurite successivamente alla sua entrata in vigore, e 14 comma 1 c.p.c. e quindi dello scaglione di valore corrispondente, che coincide con l'importo del credito azionato con la domanda giudiziale originaria formulata nell'atto introduttivo del procedimento monitorio ( cd. criterio del disputatum , v. sul punto Cass. civ. sez. sez. II, 11/2/2022, n. 4520 ), pari a sua volta ad euro 38.884. 
La liquidazione va effettuata per tutte le fasi contemplate dall'art. 12 comma 3 del medesimo regolamento ministeriale e con l'applicazione per i compensi dei livelli medi previsti dalla ### n. 2 allegata al decreto, che si riferisce ai giudizi di cognizione ordinaria, in ottemperanza alla regola stabilita dall'art. 4 comma 1, che fa sì che tali livelli siano adeguati per definizione ( nel senso che il ### è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, con apposita e specifica motivazione, la quale è doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi affinché siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo, v. Cass. civ. sez. VI, 13/5/2022, n. 15392 ; Cass. civ. sez. VI, 25/5/2020, n. 9542 e Cass. civ. sez. III, 7/1/2021, n. 89 ) . 
Si deve però tener conto, nella determinazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, anche del valore della domanda riconvenzionale risarcitoria di valore indeterminabile , la cui proposizione, ove sia diretta all'attribuzione di beni diversi da quelli richiesti dalla controparte, determina un ampliamento della lite e, di conseguenza, dell'attività difensiva ( v. Cass. civ. sez. II, 3/7/1991, n. 7275 ; Cass. civ. sez. III, 29/11/2018, n. ###; Cass. civ. sez. VI, 6/2/2020, n. 2769 ). 
Va infatti considerato che in tema di liquidazione del compenso spettante all'avvocato, la determinazione del valore della causa, anche ai fini dell'individuazione dello scaglione tariffario applicabile, deve essere effettuata a norma del codice di procedura civile, con la conseguenza che, in difetto di concreti elementi di stima precostituiti e disponibili fin dall'introduzione del giudizio, deve ritenersi di valore indeterminabile la domanda di risarcimento, nella quale gli elementi di valutazione del danno, di cui si chiede il ristoro, costituiscano l'oggetto o uno degli oggetti dell'accertamento e della quantificazione rimessi al ### ( v. Cass. civ. sez. II, 31/03/2014, n. 7508 ). 
Lo stesso vale quando, pur essendo stata richiesta la condanna di controparte al pagamento di una somma specifica, vi si si aggiunga, come nel caso di specie, l'espressione "o di quella maggiore o minore che si riterrà di giustizia" o espressioni equivalenti, poiché, ai sensi dell'art. 1367 c.c., applicabile anche in materia di interpretazione degli atti processuali di parte, non può ritenersi "a priori" che tale espressione sia solo una clausola di stile senza effetti, dovendosi, al contrario, presumere che in tal modo l'attore abbia voluto indicare solo un valore orientativo della pretesa, rimettendone al successivo accertamento giudiziale la quantificazione ( Cass. civ. sez. I, 26/4/2021, n. 10984 ). 
Tuttavia per la determinazione del valore della controversia, la domanda riconvenzionale, non essendo proposta contro il medesimo soggetto convenuto, non si cumula con la domanda principale dell'attore sostanziale, ma, se di valore eccedente a quest'ultima, può comportare l'applicazione dello scaglione superiore perchè amplia il "thema decidendum" ed impone all'avvocato una maggiore attività difensiva, sì da giustificare l'utilizzazione del parametro correttivo del valore effettivo della controversia sulla base dei diversi interessi perseguiti dalle parti, ovvero del criterio suppletivo previsto per le cause di valore indeterminabile ( cfr. Cass. civ. sez. III, 27/01/2003, n. 1202 ; Cass. civ. sez. II, 14/7/2015, n. 14691 ; Cass. civ. sez. II, 1/8/2023, n. 23406 ). In altri termini, non deve procedersi al cumulo delle domande ma deve tenersi conto solo del maggiore tra i valori delle due contrapposte domande ( v. 
Cass. civ. sez. II, 24/4/2008, n. 10758 ; Cass. civ. sez. II, 20/10/2023, n. 29182 ). 
Per l'appunto nel caso di specie è sempre pari ad euro 7.616 il compenso da liquidare in base al valore della domanda dell'attore sostanziale rispetto a quello delle cause indeterminabili risarcitorie di bassa complessità, per cui questa è la somma al cui pagamento va condannata la opponente. 
A tale importo vanno comunque aggiunti l'IVA e la CPA se documentate con fattura quali accessori delle spese legali ( cfr. Cass. civ. sez. III, 8/11/2012, n. 19307 ) nonchè il 15% sui compensi a titolo di rimborso forfettario ex art. 2 comma 2 D.M. 10/3/2014 55, che è dovuto “in ogni caso” e quindi segue automaticamente la condanna pronunciata ex art. 91 comma 1 c.p.c. ( v. Cass. civ. sez. III, 8/7/2010, n. 16153 ).  P.Q.M.  ### definitivamente pronunciando, così provvede : a ) rigetta l'opposizione proposta ex art. 645 c.p.c. e per l'effetto , visti gli artt. 653 e 654 c.p.c., dichiara la definitiva esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto ; ; b ) rigetta le domande riconvenzionali proposte dall'opponente ; c ) visto l'art. 91 comma 1 c.p.c. condanna la ### s.r.l. al rimborso in favore della A.C.E.R. - ### per l'### delle spese di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 7.686, di cui euro 7.616 per compensi ed euro 70 per esborsi, oltre IVA e CPA se documentate con fattura e il rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi. 
Napoli, 25/3/2024 ###.U.  ### 

causa n. 26585/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Felice Angelo Pizzi

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 1268/2025 del 01-06-2025

... manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze; c) all'apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta. Altresì precisandosi che (comma 3) per le strade in concessione i poteri e i compiti dell'ente proprietario della strada previsti dal codice della strada sono esercitati dal concessionario, salvo che sia diversamente stabilito (v. Cass., 20/212006, n. 3651; Cass., 14/7/2004, 13087), e che (comma 4) per le strade vicinali di cui all'art. 2, comma 7, i poteri dell'ente proprietario sono esercitati dal Comune. In caso di sinistro avvenuto su strada, dei danni conseguenti ad omessa o insufficiente relativa manutenzione il proprietario (art. 14 C.d.S.) o il custode (tale essendo anche il possessore, il detentore e il concessionario) risponde ex art. 2051 c.c., in ragione del particolare rapporto con la cosa che al medesimo deriva dalla disponibilità e dai poteri di effettivo controllo sulla medesima, salvo che dalla responsabilità presunta a suo carico esso si liberi dando la prova del fortuito. In altri termini, il danneggiato che (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice onorario di ### di ### di ###. II civile in persona del Giudice Avv. ### ha pronunziato la seguente ### causa iscritta al numero di R.G. 5764/2022 promossa con atto notificato in data ### da ### n. a Melito di Napoli il ### cf ### elettivamente domiciliata in ### alla Via benedetto ### n. 2/4 presso lo studio dell'### stabilito ### che agisce di intesa con l'Avv. ### del foro del tribunale di Napoli-Nord che la rappresentano e difendono per mandato in calce all'atto introduttivo PEC : ### ATTORE contro ### in persona del ### pro-tempore ###: risarcimento danni ### come da verbali di causa del 21.05.2025 RAGIONI DI FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione regolarmente notificato ### nel premettere che il giorno 19.04.2021 alle h. 12,15 circa in ### di Napoli alla ### mentre si trovava, a piedi, a causa di un dissesto posto sulla sede stradale, cadeva al suolo, conveniva innanzi al Giudice onorario di ### di ### di Napoli il Comune di ### di Napoli per sentirlo condannare al risarcimento per le lesioni subite e quantificate nei limiti della competenza per valore del giudice adito, con vittoria di spese ed onorari. Rassegnate dalle parti le conclusioni in formato telematico e riportate in epigrafe, la causa era riservata per la decisione alla udienza del 21.05.2025. 
Va osservato che la titolarità attiva risulta provata attraverso il deposito della certificazione medica in atti ed in particolare del certificato del P.S. del presidio ospedaliero CTO ### del 22.04.2021 dal quale risulta che la parte attorea si recava presso il detto ospedale ove riferiva di...frattura composta del 5° metatarso…. 
La titolarità passiva, invece, discende dalla proprietà pubblica ex art 822, comma II e 824cc della strada nella quale si è verificato il sinistro oggetto del presente giudizio che è posto all'interno del territorio del Comune di ### di Napoli e facente parte del c.d.  demanio artificiale o accidentale. 
Nel merito, dalle testimonianze raccolte si ricavano senz'altro elementi sufficienti per ricostruire la dinamica del sinistro. 
Infatti, il teste attoreo ### genero della parte attorea, ricorda che verso le h.  12,30 si trovava a piedi in compagnia della suocera in ### di Napoli alla ### Riferisce che mentre camminavano, la suocera cadeva al suolo a causa di una buca posta sulla sede stradale coperta da erba. Ricorda che a seguito della caduta la parte attorea lamentava dolori e che provvedeva ad accompagnare la stessa all'### di Napoli. Ricorda che lui camminava a fianco della suocera. Precisa poi, che non pioveva. 
Orbene il contrasto giurisprudenziale relativo alle norme applicabili [art 2043cc o 2051cc] è del tutto apparente, nel senso che nulla impedisce che il nostro ordinamento appresti per la medesima fattispecie di danno una doppia tutela e correlativamente, che nel nostro sistema sussiste un duplice titolo di responsabilità. Sarà poi questione da valutarsi caso per caso se la domanda concretamente proposta sia da ricondursi all'una o all'altra delle citate disposizioni, le quali del resto, come appare evidente presuppongono, sul piano probatorio e ancora prima, allegazioni diverse.  ### quanto prospettato nell'atto introduttivo ed alla luce in particolare delle allegazioni in fatto e diritto ivi riportate da parte attrice, questa sembra aver incentrato la pretesa dedotta in giudizio in primo luogo sul profilo di responsabilità conseguente alla omessa manutenzione della sede stradale chiedendo la condanna del Comune convenuto per l'attribuzione a questi di una responsabilità per cosa in custodia. 
Va anzitutto osservato che la Suprema Corte ha avuto ripetutamente modo di affermare che, a carico dei proprietari o concessionari delle strade (e delle autostrade) è configurabile la responsabilità per cosa in custodia, disciplinata dall'art. 2051 c.c., essendo possibile ravvisare un'effettiva possibilità di controllo sulla situazione della circolazione e delle carreggiate, riconducibile ad un rapporto di custodia (v. Cass., 19/11/2009, n. 24419; Cass., 29/3/2007, n. 7763 e già Cass., 13/1/2003, n. 298).
Si è al riguardo posto ulteriormente in rilievo come, al fine di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, ex art.14 C.d.S., gli enti proprietari sono tenuti a provvedere: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze; c) all'apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta. Altresì precisandosi che (comma 3) per le strade in concessione i poteri e i compiti dell'ente proprietario della strada previsti dal codice della strada sono esercitati dal concessionario, salvo che sia diversamente stabilito (v. Cass., 20/212006, n. 3651; Cass., 14/7/2004, 13087), e che (comma 4) per le strade vicinali di cui all'art. 2, comma 7, i poteri dell'ente proprietario sono esercitati dal Comune. 
In caso di sinistro avvenuto su strada, dei danni conseguenti ad omessa o insufficiente relativa manutenzione il proprietario (art. 14 C.d.S.) o il custode (tale essendo anche il possessore, il detentore e il concessionario) risponde ex art. 2051 c.c., in ragione del particolare rapporto con la cosa che al medesimo deriva dalla disponibilità e dai poteri di effettivo controllo sulla medesima, salvo che dalla responsabilità presunta a suo carico esso si liberi dando la prova del fortuito. 
In altri termini, il danneggiato che domanda il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell'omessa o insufficiente manutenzione delle strade o di sue pertinenze invocando la responsabilità ex art. 2051 c.c. della P.A. è tenuto a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto ( Cass.20/2/2006, n. 3651). 
Tale prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, e può essere data anche con presunzioni, giacché la prova del danno è di per sé indice della sussistenza di un risultato "anomalo", e cioè dell'obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno (cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651). 
Facendo eccezione alla regola generale di cui al combinato disposto degli art. 2043 e 2697 cod. civ., l'art. 2051 c.c. integra invero un'ipotesi di responsabilità caratterizzata da un criterio di inversione dell'onere della prova, imponendo al custode, presunto responsabile, di dare la contraria prova liberatoria del fortuito (c.d. responsabilità aggravata), nonché in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova, a dimostrare che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso.
La responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva e discende dall'accertamento del rapporto causale fra la cosa in custodia e il danno, salva la possibilità per il custode di fornire la prova ### del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che valga ad elidere il nesso causale e che può essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima; tale essendo la struttura della responsabilità ex art. 2051 c.c., l'onere probatorio gravante sul danneggiato si sostanzia nella duplice dimostrazione dell'esistenza (ed entità) del danno e della sua derivazione causale dalla cosa, residuando, a carico del custode - come dettol'onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito; nell'ottica della previsione dell'art. 2051 c.c., tutto si gioca dunque sul piano di un accertamento di tipo "causale" (della derivazione del danno dalla cosa e dell'eventuale interruzione di tale nesso per effetto del fortuito), senza che rilevino altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura "insidiosa" o la circostanza che l'insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato (trattandosi di elementi consustanziali ad una diversa costruzione della responsabilità, condotta alla luce del paradigma dell'art. 2043 c.c.). 
Al cospetto dell'art. 2051 c.c., la condotta del danneggiato può quindi rilevare unicamente nella misura in cui valga ad integrare il caso fortuito, ossia presenti caratteri tali da sovrapporsi al modo di essere della cosa e da porsi essa stessa all'origine del danno; al riguardo, deve pertanto ritenersi che, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l'agire umano, non basti a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno la condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa. 
Giova richiamare, al riguardo, le lucide considerazioni svolte da Cass. n. 25837/2017, secondo cui «la eterogeneità tra i concetti di "negligenza della vittima" e di "imprevedibilità" della sua condotta da parte del custode ha per conseguenza che, una volta accertata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima del danno da cose in custodia, ciò non basta di per sé ad escludere la responsabilità del custode. Questa è infatti esclusa dal caso fortuito, ed il caso fortuito è un evento che praevideri non potest. ### della responsabilità del custode, pertanto, quando viene eccepita dal custode la colpa della vittima, esige un duplice accertamento: ### che la vittima abbia tenuto una condotta negligente; ### che quella condotta non fosse prevedibile. In questo senso, di recente, si è già espressa la Suprema Corte, stabilendo che la mera disattenzione della vittima non necessariamente integra il caso fortuito per i fini di cui all'art. 2051 c.c., in quanto il custode, per superare la presunzione di colpa a proprio carico, è tenuto a dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa (### 3, Sentenza n. 13222 del 27/06/2016) [...] La condotta della vittima d'un danno da cosa in custodia può dirsi imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata. 
La Suprema Corte ha al riguardo tuttavia ormai da tempo chiarito che l'insidia o trabocchetto determinante pericolo occulto non è elemento costitutivo dell'illecito aquiliano, in quanto non previsto dalla regola generale ex art. 2043 c.c. ( v., Cass., 14/3/2006, 5445 ) né da quella speciale di cui all'art. 2051 c.c. (v. Cass., 17/5/2001, n. 6767), bensì frutto dell'interpretazione giurisprudenziale ( cfr. Cass., 9/11/2005, n. 21684; Cass., 13/7/2005, n. 14749; Cass., 17/5/2005, n. 6767; Cass., 25/6/2003, n. 10131), che al fine di limitare le ipotesi di responsabilità, ha finito per indebitamente gravare del relativo onere probatorio il danneggiato, con correlativo ingiustificato privilegio per la P.A. ( v. Cass., 20/2/2006, n. 3051), in contrasto con il principio cui risulta ispirato l'ordinamento di generale favor per il danneggiato, titolare della posizione giuridica soggettiva giuridicamente rilevante e tutelata invero lesa o violata dalla condotta dolosa o colposa altrui, che impone al relativo autore di rimuovere o ristorare, laddove non riesca a prevenirlo, il danno inferto. 
Nel caso specifico della caduta del pedone in corrispondenza di una buca posta sul manto stradale, non può evidentemente sostenersi che la stessa sia imprevedibile (rientrando nel notorio che la buca possa determinare la caduta del passante) e imprevenibile (sussistendo, di norma, la possibilità di rimuovere il dislivello o, almeno, di segnalarlo adeguatamente); deve allora ritenersi che il mero rilievo di una condotta colposa del danneggiato non sia idoneo a interrompere il nesso causale, che è manifestamente insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dalla (prevedibile e prevenibile) interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l'agire umano. 
Ciò non significa, peraltro, che tale condotta -ancorché non integrante il fortuitonon possa assumere rilevanza ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla cosa in custodia, ma ciò può avvenire, non all'interno del paradigma dell'art. 2051 c.c., bensì ai sensi dell'art. 1227 c.c. (operante, ex art. 2056 c.c., anche in ambito di responsabilità extracontrattuale), ossia sotto il diverso profilo dell'accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (ex art.  1227, 1° co. c.c.), sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l'attore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza (ex art. 1227, 2° co. c.c.), fatta salva, nel secondo caso, la necessità di un'espressa eccezione della controparte. 
In conclusione, deve dunque affermarsi che, ove sia dedotta la responsabilità del custode per la caduta di un pedone in corrispondenza della sconnessione o buca di un marciapiede, l'accertamento della responsabilità deve essere condotto ai sensi dell'art.  2051 c.c. e non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell'esclusione del risarcimento, ai sensi dell'art. 1227,1° o 2° co. c.c.), richiedendosi, per l'integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno. 
Fatta tale premessa in punto di diritto, in punta di fatto vi è da dirsi che dall'escusso testimoniale è emerso che la parte attrice mentre si trovava a piedi in ### di Napoli, mentre camminava cadeva al suolo a causa di una buca posta sulla sede ###la conseguenza che appare ragionevole ritenere la sussistenza della responsabilità del Comune di ### di Napoli, avendo l'attore fatto affidamento sulla normale transitabilità della strada.  ###, infatti, aveva l'obbligo di tenere integra la sede stradale da eventuali anomalie tali da determinare pericolo per il pubblico transito, essendo esigibile all'ente comunale la possibilità in concreto della custodia, trattandosi di bene demaniale### posta all'interno del comune, nonché tenuto conto dei sistemi di controllo e tecnologi di cui lo stesso è dotato e non avendo, il custode, fornito la prova ### del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che potesse essere valido ad elidere il nesso causale: caso fortuito che può essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima. 
Ora, come su indicato, la condotta colposa della vittima può comunque assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell'esclusione del risarcimento, ai sensi dell'art. 1227, comma 1°cc. 
Non ignora questo giudicante che parte della giurisprudenza, tra cui quella della Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost. 10.05.1999 n.156), afferma sussistere una incompatibilità tra l'art 1227 comma 1° cc e la responsabilità aquiliana della P.A., in quanto se per insidia si intende un pericolo che si annida nel manto stradale caratterizzato dalla non visibilità oggettiva e dalla non prevedibilità soggettiva, sono evidenti le ragioni che portano ad affermare l'incompatibilità tra un concorso colposo della vittima e l'insidia stessa. Infatti, se
è possibile ricondurre, anche solo in parte il fatto dannoso al danneggiato, non sarebbe possibile definire il pericolo imprevedibile e inevitabile con conseguente esclusione della responsabilità della P.A. ogni qual volta vi sia una concorrente colpa del danneggiato. 
Questo giudicante però propende per la tesi per la quale l'accertamento della imprevedibilità del pericolo non esclude a priori l'affermazione della corresponsabilità ex art 1227 comma 1° cc. 
Infatti, l'art 1227 comma 1° cc, non disciplinerebbe l'elemento soggettivo dell'illecito (colpa del danneggiato) ma il nesso causale tra la condotta illecita e l'evento dannoso. La norma non costituirebbe espressione del principio di autoresponsabilità, che imporrebbe ai danneggiati dei doveri di attenzione e diligenza al fine di prevenire i danni che possono verificarsi, ma sarebbe il corollario del concetto di causalità secondo cui il danneggiato non può essere responsabile di quei danni casualmente imputabili al danneggiato (cfr.  3.12.2002 n.17152). La colpa richiamata dall'art 1227 comma 1°cc costituirebbe solo un requisito essenziale per la rilevanza causale del fatto al danneggiato. 
Quindi se l'imprevedibilità del pericolo può escludere per incompatibilità logica la colpa del danneggiato, non può escludere la possibilità che la condotta di quest'ultimo contribuisca casualmente alla produzione dell'evento dannoso; con la conseguenza che non vi sarebbe la suddetta incompatibilità tra la presenza dell'insidia stradale, così come definita dalla giurisprudenza e l'applicazione dell'art 1227 comma 1° cc che prevede appunto il contributo causale del danneggiato alla produzione del danno. 
Da quanto è emerso dalla istruttoria si denota una condotta imperita dell'attore, il quale con maggior accortezza e prudenza avrebbe potuto evitare l'evento dannoso. 
Invero la stessa genericità delle dichiarazioni del teste, che …poneva il piede in una buca… non appare sufficiente per ritenere che la buca non fosse visibile. 
Invero come è rappresentato nelle foto depositate nella produzione di parte attorea la situazione di pericolo sarebbe derivata dalla presenza di una buca posta sulla sinistra del marciapiede ed in particolare non situata sulla zona di marciapiede che avrebbe dovuto percorrere la ### quanto piuttosto alla altezza di una zona coperta da erba e vegetazione e dunque non percorribile (v. foto n.5). Invero lo stesso teste dichiara che questi era di fianco alla ### e dunque ciò induce a ritenere che la stessa fosse alla sinistra del teste e dunque percorrendo un tratto di marciapiede non idoneo. 
Inoltre, sempre dalle foto depositate nella produzione della parte attrice, si nota che il marciapiede, per quanto ai suoi lati vi siano cespugli, è nella parte centrale percorribile; in particolare la stessa presenza del teste affianco alla ### induce di ritenere che questi avrebbe potuto non solo avvedersi della insidia, quanto persuadere la ### a percorrere un tratto di strada ritenuto più idoneo e scegliere, dunque, un percorso meno disagevole e meno insidioso di quello effettuato: circostanza che appare senza ombra di dubbio elemento sintomatico della poco accorta attenzione della stessa parte attrice. 
Invero per la ridotta velocità di movimento, l'attenzione non doveva che necessariamente essere rivolta alla strada; per cui appare, che tale situazione pericolosa, era senz'altro evitabile dall'attore solo che avesse doverosamente guardato la strada o addirittura, questi si fosse determinata a scegliere un percorso alternativo.  ### parte, l'età del danneggiato (a. 68), le foto del luogo, le modalità dell'incidente come riferite dal teste, inducono a ritenere che lo sguardo erano o dovevano essere rivolti sulla strada (evidentemente, l'attenzione di questi era rivolta altrove), apparendo piuttosto verosimile che la stessa sia inciampata per mera distrazione e poco accortezza nell'incedere. 
Perciò tutte le circostanze sopra descritte inducono a ritenere che l'attore era in condizione di valutare lo stato di conservazione della strada che avrebbe dovuto suggerire e sollecitare, attraverso l'uso della ordinaria diligenza, una condotta più accorta ed avveduta e scegliere un percorso alternativo. 
Si ribadisce che proprio la presenza dell'erba ai lati del marciapiede (così da determinare un corridoiov. foto) avrebbe dovuto indurre la parte attorea o ad una maggiore attenzione o scegliere un percorso alternativo. 
A ciò aggiungasi che il sinistro si è verificato alle h. 12,15 del mese di aprile, vale a dire in un orario di un periodo dell'anno in cui è notorio che vi sia un'ottima illuminazione naturale, che, pertanto, non poteva creare una ragionevole ostacolo alla visibilità di un pedone normalmente accorto. 
Quanto detto implica, sotto il profilo oggettivo della non visibilità della buca, chedate le caratteristiche dello stato dei luoghi( la buca era in una zona, che dalle foto non appare praticabile mentre il marciapiede era percorribile nella sua parte centrale)-il pericolo da essa rappresentato era tale consentire senza difficoltà all'attento e prudente utente della strada, di evitare di percorrere la strada in quel punto, così da rendere del tutto irrilevante l'assenza di apposita segnaletica stradale di pericolo. 
Sul distinto piano soggettivo della non prevedibilità dell'ostacolo, va esclusa l'imprevedibilità del pericolo costituito dalla presenza della buca, in base alla massima di esperienza secondo la quale la presenza di erba o cespuglio presente sulla sede ###cui la ### camminava) lascia presumere la possibilità di esistenza di una sconnessione sottostante. 
Tale circostanza così costituisce una ulteriore prova in ordine alla assoluta prevedibilità del pericolo da parte della ### la quale, proprio perché stava percorrendo un tratto di strada caratterizzato ai lati da erba, era perfettamente consapevole del pericolo e sicuramente poteva prevedere l'esistenza di sconnessioni sul piano della strada da lei percorso. 
Non va, infine, nemmeno taciuta la circostanza che la buca si trovava nella zona di abitazione della parte attrice di ### in ### [v. intestazione atto di citazione e premessa lettera a)]. 
A tal proposito va tenuto presente che ai fini della valutazione della condotta del danneggiato come caso fortuito capace di escludere il pregiudizio, la mera circostanza che la buca si trovi nelle vicinanze della abitazione, non comporta di per sé colpa del danneggiato, occorrendo invece valutare in concreto se vi siano altri elementi da cui dedurre una imprudenza rilevante in termini liberatori per il custode. 
In sintesi la presenza della buca nelle vicinanze della abitazione è certamente indizio ed elemento utile per consentire un giudizio affermativo sulla prevedibilità del danno a cui, nel caso in esame, vanno perciò aggiunti gli ulteriori elementi così come sopra evidenziati. 
In conclusione, appare piuttosto verosimile che la ### abbia posto lì il piede per una mera negligenza e disattenzione nel camminare essendo la strada percorsa dalla parte attorea, al momento dell'infortunio, in condizioni di manutenzione certamente visibili da chi la percorreva. 
Le osservazioni finora esposte e nei termini dalla elaborazione pretoria, trovano conferma nelle considerazioni della giurisprudenza di legittimità secondo cui se un utente della strada non si attiene ad elementari misure di prudenza e non fa nulla per evitare che il suo incedere finisca proprio nel punto più pericoloso, mentre gli basterebbe un po' di attenzione per dirigerlo altrove o addirittura possa porre in essere una condotta positiva nell'evitare l'ostacolo con un percorso alternativo o rinunziando a percorrerlo, è evidente che non può pretendere che sia il proprietario della strada a rispondere dei danni subiti, dovendosi gli stessi collegare direttamente alla sua condotta e non potendosi, invece, ritenere che sia stata il fondo sconnesso a produrli. ### parte la volontaria e consapevole esposizione al pericolo da parte del danneggiato, quando esistano agevoli e valide alternative idonee a scongiurare l'eventualità di accadimenti dannosi, comporta l'interruzione del nesso di causalità tra quella situazione e l'evento pregiudizievole che avesse a verificarsi, posto che in tal caso è la volontà dello stesso danneggiato e alla sua decisione di correre un pericolo da lui conosciuto e facilmente evitabile, che l'evento deve essere ricollegato in nesso eziologico(cfr. Cass. 21.10.1998 n.10434; Cass. 25.05.1994 n.5083). Infatti, la stessa Corte Costituzionale con sentenza del 10.05.1999 n.156 ha richiamato il principio di auto-responsabilità a carico degli utenti” gravati di un onere di particolare attenzione nell'esercizio dell'uso ordinario diretto del bene demaniale per salvaguardare appunto la propria incolumità”, non vantando i privati un diritto soggettivo alla manutenzione delle strade. 
Pertanto, l'uso, da un lato, dell'ordinaria diligenza, esigibile alla luce dello stato dei luoghi e dall'altro, la mancanza di attenzione dell'attore al proprio incedere, avrebbe in definitiva consentito la ragionevole individuazione della fonte del pericolo e conseguentemente di evitarlo. 
Venendo dunque alla quantificazione concreta del concorso della condotta colposa dell'attore nella determinazione dell'evento dannoso e delle sue conseguenze, considerato quanto innanzi evidenziato, con particolare riguardo alla entità della insidia e nel contempo alla inaccortezza e negligenza della vittima, ritiene questo giudice che l'entità causale della colpa concorrente del danneggiato debba essere graduata nella misura del 50% restando il residuo da addebitarsi alla già descritta responsabilità della amministrazione comunale. 
A tal fine va ribadito che l'ipotesi del concorso di colpa del danneggiato di cui all'art 1227, primo comma cod. civ., non concretando una eccezione in senso proprio ma attenendo alla eziologia dell'evento dannoso, deve essere esaminata e verificata dal giudice anche d'ufficio, attraverso le opportune indagini sull'eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell'incidenza causale dell'accertata negligenza nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste della parte ( cfr. Cass. 20.08.2009 n.1854). 
Venendo all'entità delle lesioni subite da ### il CTU sulla scorta della documentazione clinica e dell'esame obiettivo condotto sul periziato, ha accertato che l'attore nel sinistro per cui è causa riportò ... frattura del quinto metatarso piede sinistro... 
In relazione alla quantificazione delle lesioni, il Ctu ha stimato nel 3% il danno biologico residuato, quantificando l'invalidità temporanea totale in 30 gg, quella parziale in gg 30 da valutarsi al 75% e ulteriori 30 al 50% e gg 30 gg al 25%. 
In relazione ai postumi residui le conclusioni cui perviene il Ctu sono da ritenersi ampiamente condivisibili, se non nei limiti di cui si dirà, in quanto, oltre che adeguatamente motivate dal punto di vista medico, appaiono basate sull'esame clinico ed amnestico del periziato e su una corretta ed analitica valutazione, coerente con sotto il profilo logico ed ineccepibile sotto quello scientifico, della documentazione sanitaria in atti, per cui non sussistono ragioni per discostarsene. 
Detto ciò, in merito alla liquidazione del danno da invalidità permanente, deve richiamarsi quanto statuito dalle sentenze delle ### Unite della S.C.  (n.26972,26973,26974,26975/08) e per le quali è compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, evitando duplicazioni così facendo riferimento ad un'unica voce di danno non patrimoniale inteso nei sensi descritti dagli art. 138 e 139 Codice assicurazioni. Inoltre, il ### ha chiarito che ove si lamenta degenerazioni patologiche della sofferenza, si rientra nella area del danno biologico che ne costituisce componente. 
Così costituisce duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale nei termini su indicati e sovente liquidato in percentuale da un terzo alla metà del primo. Va infatti sempre bandita, secondo la raccomandazione delle SS. UU, perché giuridicamente infondata, ogni automaticità nel riconoscimento del cd danno morale soggettivo hic et nunc meramente parametrato al danno biologico determinando, diversamente e come sopra specificato, duplicazioni risarcitorie non consentite. Invero nell'esaminare funditus la figura del danno non patrimoniale, la Corte ha ricondotto nel suo ambito anche il danno biologico ed il danno morale, chiarendo che quest'ultimo, inteso nella sua tradizionale accezione di pregiudizio derivante dalle sofferenze è destinato ad essere riparato con il riconoscimento del danno biologico potendosi al più intervenire sul piano della personalizzazione della sua quantificazione, occorrendo in ogni caso, così come per tutte le ipotesi di danno non patrimoniale fornire la prova sia pure a carattere presuntivo, circa la sua esistenza. 
Va a questo punto rilevato che sulla scorta dell'insegnamento della Suprema Corte( cfr. Cass 25.02-7.06.2011 n.12408) per i postumi di lieve entità non connessi alla circolazione stradale, per la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell'integrità psico-fisica vanno applicati parametri di valutazione uniforme che in difetto di previsione normativa vanno individuati in quelli tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano, indipendentemente dalla gravità dei postumi (inferiori o superiori al 9%) da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto. 
In conclusione all'attore, il quale al momento del sinistro aveva 68 anni, in applicazione delle tabelle di ### da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto, tenuto conto della dinamica dell'incidente, dell'età del danneggiato, della natura delle lesioni, può senza dubbio ritenersi che il danno biologico residuato può determinarsi nel 3 %, riconoscendo la somma complessiva espressa in valuta attuale di € 1.700,00# comprendendo in esso le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, essendo riconosciuto al danno biologico portata tendenzialmente omnicomprensiva e così adeguatamente personalizzato. 
Ciò posto va evidenziato che il danneggiato non ha allegato, come era suo onere fare, né tanto meno provato cheanche avvalendosi delle presunzioni, per essere, se del caso, idoneo a fornire la serie concatenata di fatti noti da cui risalire al fatto ignotoalcun elemento che consenta nella fattispecie concreta di reputare comprovato, in considerazione delle modalità di verificazione del sinistro, delle tipologie delle lesioni, dell'età dell'infortunato, che al medesimo debba liquidarsi ad integrale ristoro del patito danno non patrimoniale, una somma ulteriore rispetto a quella su riconosciuta. 
Deve poi. considerarsi, che come la più recente dottrina medicolegale ha avuto modo di precisare che anche per la c.d. invalidità temporanea occorre partire dal concetto di stato morboso nel suo evolvere; ciò porta a ritenere non più corretto scientificamente un riconoscimento di invalidità temporanea agganciato esclusivamente alle certificazioni del medico di famiglia circa i periodi di riposo consigliato, o simili. Occorre, al contrario, far costante riferimento all'apprezzabilità delle conseguenze del processo morboso. Ne discende che un danno biologico temporaneo, non può configurarsi, a livello concettuale, come “assoluto”, vale a dire correlato alla perdita del 100% dell'efficienza psico-fisica del soggetto.  ### medicolegale, dovrà così sforzarsi di fornire indicazioni per “fasce di incidenza”, in modo da offrire al giudicante criteri di valutazione in grado di conformare la liquidazione del danno alla maggiore o minore compressione delle ordinarie occupazioni del danneggiato. 
Nel caso di specie, i periodi di invalidità temporanea non vanno individuati in quelli durante i quali il paziente è stato comunque sottoposto a terapie riabilitative. Ebbene se nell'immediatezza dell'incidente, a seguito della lesione l'attore, può considerarsi che sia stata effettivamente privato quasi del tutto della possibilità di attendere alle proprie ordinarie occupazioni, non può dirsi altrettanto, ad esempio per i periodi in cui si è sottoposto a cicli di terapia riabilitativa, nel corso dei quali, pur fortemente limitanti, non erano accompagnati dalla preclusione totale di molte ordinarie occupazioni di una persona normale. 
Ciò posto pare più ragionevole ed adeguato alla realtà del caso concreto indicare, come detto, in 20 gg la durata della invalidità parziale al 75% e gg 10 al 50% tanto in relazione alla tipologia della malattia.
Stimando inoltre quale congruo l'importo di € 115,00# per ogni giorno di invalidità assoluta temporanea, può essere riconosciuto l'importo di € 1.725,00# per la invalidità parziale (gg 20 al 75%) e di € 575,00# per la invalidità parziale (gg. 10 al 50%) per un importo complessivo di € 2.300,00#. 
Complessivamente, pertanto, all'attore va riconosciuta la complessiva somma di ### 2.000,00# in moneta attuale, somma così arrotondata, e ridotta per il concorso di colpa (50% a suo carico), cui andranno aggiunti gli interessi e la rivalutazione come da dispositivo. 
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo tenuto conto dei parametri di cui al decreto del Ministero della giustizia del 13.08.2022 n. 147, prendendo come riferimento il valore della domanda come accolta. 
Si ritiene, infatti, di aderire ai principi di diritto enunziato dalla Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 15857 del 12.06.2019 per i quali in applicazione del criterio del disputatum, il valore della causa è pari alla somma domandata con l'atto introduttivo se la domanda viene rigettata ed a quello accordata dal giudice, se viene accolta. 
Le spese di ### secondo la liquidazione fattane in corso di causa e liquidate complessivamente in € 300,00# con decreto telematico dovranno gravare, attesa l'esito del giudizio, in via definitiva al 50% sulla parte soccombente. 
Sul punto va rilevato infatti che secondo l'orientamento della S.C, il giudice può ripartire in quote uguali le spese della consulenza d'ufficio sia perché la compensazione non implica condanna ma solo esclusione del rimborso sia perché la Ctu non è un vero e proprio mezzo di prova ma un atto compiuto nell'interesse comune delle parti (cfr. Cass n.1023 del 2013). Inoltre ...poiché le spese di Ctu rientrano fra tutti i costi del processo suscettibili di regolamento ai sensi degli articoli 91 e 92 del cpc, il giudice di merito che statuisce su di esse, adotta null'altro che una variante verbale della tecnica di compensazione espressa per frazioni dell'intero ai sensi dell'art 92cpc, ammissibile anche in presenza di una parte totalmente vittoriosa (cfr. Cass -Sez. VI 7.09.2016- n. 17739).  P.Q.M.  Il Giudice onorario di ### di ### di Napoli, definitivamente pronunziando, così provvede: a) dichiara, in parziale accoglimento della domanda, il Comune di ### di Napoli in persona del ### pro-tempore responsabile nella determinazione del sinistro per cui è causa del 50%, e per l'effetto lo condanna al pagamento in favore di ### a titolo di risarcimento per le lesioni subite nel sinistro per cui è causa, della complessiva somma di € 2.000,00# oltre interessi dalla domanda; b) condanna il Comune di ### di Napoli in persona del ### pro-tempore al pagamento dei compensi di lite in favore di ### e che liquida in complessive € 1.265,00# oltre € 130,00# per spese, rimborso forfetario spese generali nella misura del 15 %, nonché IVA e CPA come per legge con attribuzione all' Avv.  stabilito ### che ha dichiarato di averne fatto anticipo; c) pone le spese di ### come liquidate in corso di causa e liquidate complessivamente in € 300,00# con decreto telematico a carico della convenuta soccombente per il 50%. 
Così deciso in ### di Napoli, il ### 

Il Giudice
onorario di ###


causa n. 5764/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Dario Ciaccio

M

Corte d'Appello di Catanzaro, Sentenza n. 1305/2025 del 12-12-2025

... situazioni di pericolo connesse alla struttura, o alle pertinenze della strada, e quelle provocate da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa; solamente in quest'ultima ipotesi potrebbe, infatti, configurarsi il caso fortuito, in particolare allorquando l'evento dannoso si sia verificato prima che l'ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l'attività di controllo, espletata con la dovuta diligenza al fine di tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi. Con particolare riferimento ai danni cagionati da precipitazioni atmosferiche - prosegue l'appellante - la Suprema Corte ha escluso l'ipotesi del caso fortuito, o della forza maggiore invocabile dal custode ad esonero della propria responsabilità, in presenza di fenomeni meteorologici, anche di particolare forza e intensità, protrattisi per tempo molto lungo, e con modalità tali da uscire fuori dai canoni normali, allorquando il danno trovi origine nell'insufficienza delle adottate misure volte ad evitarne l'accadimento, e in particolare del sistema di deflusso delle acque meteoriche. Il custode, pertanto, è tenuto a dimostrare di aver (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di ### riunita in camera di consiglio e composta dai ### Dott. ### Dott. ### Dott.ssa ### aus.rel., ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1665/22 R.G., trattenuta in decisione all'udienza del 22.10.25, senza concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c., vertente tra ### s.r.l., in persona del suo legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti ### e ### appellante e ### S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. ### appellata nonché ### di ### in persona del presidente legale rappresentante p.t.  rappresentata e difesa dall'avv. ### appellata e Comune di ### in persona del sindaco, legale rappresentante p.t. rappresentato e difeso dall'avv. ### appellato ### Per l'appellante ### srl: “in via principale, accertare e dichiarare l'illegittimità della sentenza impugnata per insussistenza del causo fortuito, esimente di cui all'art. 2051 c.c. e, per l'effetto, in riforma della stessa, accogliere la domanda dalla ### s.r.l.Con vittoria di spese, competenze e onorari di entrambi i giudizi”. 
Per l'appellata ### S.p.a.: “in via preliminare, accertare e dichiarare l'inammissibilità dell'appello ex adverso spiegato, per palese violazione dell'art. 342 c.p.c., per tutti i motivi dedotti in premessa, con ogni conseguenziale statuizione in ordine alle spese e competenze di lite; nel merito, sull'an debeatur, in via principale, confermare la sentenza n. 534/22, emessa dal Tribunale di ### e per l'effetto, accertare e dichiarare che la domanda spiegata dall'attrice-appellante è infondata in fatto ed in diritto, sia sull'an che sul quantum debeatur; accertare e dichiarare la carenza di legittimazione passiva dell'### S.p.a., per come già richiesto nel giudizio di primo grado, per tutti i motivi dedotti in premessa, e per l'effetto dichiarare la domanda per come proposta improcedibile nei confronti dell'### S.p.A., con ogni conseguenziale statuizione; in via subordinata, in caso di accoglimento, anche parziale dello spiegato gravame, accogliere tutte le eccezioni e conclusioni per come rassegnate nel giudizio di primo grado, da intendersi tutte qui riportate e trascritte; con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio”. 
Per l'appellata ### di ### “rigettare la domanda di parte appellante perché inammissibile ed infondata, confermando integralmente la sentenza di primo grado gravata. Con condanna di parte appellante alle spese di lite”. 
Per l'appellato Comune di ### “rigettare integralmente il proposto gravame, confermando in toto la sentenza gravata, con condanna della ### srl al pagamento di spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio, oltre spese generali 15%, IVA e CPA come per legge, da distrarsi ex art.  93 cpc. in favore del sottoscritto procuratore”. 
Svolgimento del processo ### srl conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di ### l'### S.p.a. e l'### di ### per sentirle condannare, in solido, al risarcimento dei danni subiti dall'immobile di sua proprietà, ovvero un locale ad uso commerciale, situato nel Comune di ####, ### snc - in prossimità delle strada provinciale di C.da Arango del Comune di ### adibito a supermercato della catena “MD - in seguito ad alcuni allagamenti avvenuti in data ###; chiedeva, pertanto, la condanna dei convenuti al pagamento della somma di €. 92.031,34, oltre accessori per i danni alle strutture, alle merci ivi contenute, e al muro di recinzione. 
Si costituivano in giudizio l'### di ### e l'### S.p.A.  eccependo, entrambe, il difetto di legittimazione passiva; in particolare, quest'ultima, chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa il Comune di ### per essere sollevata da ogni eventuale responsabilità; chiedevano, quindi, il rigetto della domanda, perché infondata in fatto e diritto.
Autorizzata la chiamata, si costituiva in giudizio il Comune di ### che sollevava eccezione di difetto di legittimazione passiva, nonché, di giurisdizione del Tribunale di ### in favore del Tribunale delle ### di Napoli; nel merito, chiedeva il rigetto della domanda. 
La causa, istruita mediante prova testi e c.t.u. veniva trattenuta in decisione. 
Con sentenza n. 534/22, pubblicata il ###, il Tribunale di ### rigettava la domanda, compensava le spese di lite e poneva le spese di c.t.u. a carico di tutte le parti, in solido. 
Avverso la suddetta pronuncia, la ### srl interponeva gravame affidandolo ad un unico ed articolato motivo che di seguito sarà esposto. Concludeva, come in epigrafe. 
Si costituiva in giudizio l'### S.p.a, che eccepiva, preliminarmente, l'inammissibilità dell'appello per violazione dell'art. 342 c.p.c.; nel merito, chiedeva il rigetto del gravame e la conferma della sentenza appellata. 
Si costituivano, altresì, l'### di ### nonché il Comune di ### chiedendo il rigetto del gravame e la conferma della sentenza appellata. 
Con ordinanza del 25.02.23, la Corte rinviava il giudizio per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 13.03.24; indi, a detta udienza, poi sostituita dal deposito di note di trattazione scritta, ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., le parti depositavano le note e la Corte tratteneva la causa in decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c., decorrenti dalla data di pubblicazione del suddetto provvedimento, avvenuta il ###.  ###, l'### di ### e il Comune di ### provvedevano al deposito della comparsa conclusionale e della memoria di replica. L'### S.p.a. al deposito della sola comparsa conclusionale. 
Successivamente, a seguito del collocamento in quiescenza della presidente della ### dott.ssa ### con ordinanza del 16.09.25, la causa veniva rimessa sul ruolo per l'udienza del 22.10.25 per essere decisa in diversa composizione collegiale; indi, a detta udienza, la Corte tratteneva la causa in decisione, senza termini, ex art. 190 c.p.c., poiché già concessi.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1.- ### di inammissibilità dell'appello per violazione dell'art. 342 c.p.c., è infondata. 
A tal riguardo, le ### con sentenza n. 27199 del 16.11.17 hanno statuito che: “che gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal DL n. 83/12, conv. con modif. dalla legge n. 134/12, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio d'appello il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata”. 
Il gravame, invero, risulta motivato e simmetrico rispetto alla sintetica motivazione del giudice di primo grado; l'appellante ha indicato le parti della sentenza impugnata e ha esplicitato le argomentazioni che, contrapponendosi a quelle poste a base della sentenza, dovrebbero comportare - in tesi - una decisione di segno diametralmente opposto.  ### deve, dunque, essere rigettata.  2.- Nel merito, con un unico ed articolato motivo, ### srl chiede la rivisitazione della sentenza, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 c.c., nonché, l'erronea valutazione dei presupposti per il rigetto della domanda risarcitoria ed infine, l'erronea valutazione delle risultanze istruttorie. 
In particolare, censura la pronuncia laddove il Tribunale nel premettere che - la domanda proposta va inquadrata nella fattispecie di cui all'art. 2051 c.c., invocabile anche nei confronti della P.A. - ha affermato: “appurata la natura eccezionale delle condizioni metereologiche in oggetto, da qualificarsi certamente come eventi imprevedibili e non governabili dall'uomo, e quindi, idonei ad interrompere il nesso eziologico tra il danno e l'evento a prescindere dal comportamento diligente della parte interessata…nel caso di specie dalla relazione tecnica si evince chiaramente che i danni patiti dalla parte attrice sono riconducibili all'alveo del caso fortuito, in quanto conseguenza di eventi atmosferici di portata eccezionale, registratisi nei luoghi di causa, nelle date comprese tra il 21 ed il 23 novembre 2011 e definiti tali sulla base di dati scientifici che sono pacificamente considerati idonei ad escludere la sussistenza di un nesso di causalità̀ tra la fattispecie in esame e la condotta delle parti convenute…”. 
La pronuncia impugnata sarebbe erronea in quanto il giudicante avrebbe qualificato l'evento come caso fortuito, esimente della responsabilità in capo agli ### puramente e semplicemente, in ragione dell'eccezionalità delle precipitazioni atmosferiche, abbattutesi sul Comune di ### l'eccezionalità e l'imprevedibilità delle suddette precipitazioni - secondo l'appellante - potrebbero configurare caso fortuito, o forza maggiore, idonei ad escludere la responsabilità del custode, soltanto quando costituiscano causa sopravvenuta, autonomamente sufficiente a determinare l'evento, nonostante la più scrupolosa manutenzione e pulizia da parte del custode dei sistemi di smaltimento delle acque piovane. 
Peraltro, ai diversi fini della prova liberatoria, da fornirsi dal custode per sottrarsi a detta responsabilità, sarebbe necessario distinguere tra le situazioni di pericolo connesse alla struttura, o alle pertinenze della strada, e quelle provocate da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa; solamente in quest'ultima ipotesi potrebbe, infatti, configurarsi il caso fortuito, in particolare allorquando l'evento dannoso si sia verificato prima che l'ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l'attività di controllo, espletata con la dovuta diligenza al fine di tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi. 
Con particolare riferimento ai danni cagionati da precipitazioni atmosferiche - prosegue l'appellante - la Suprema Corte ha escluso l'ipotesi del caso fortuito, o della forza maggiore invocabile dal custode ad esonero della propria responsabilità, in presenza di fenomeni meteorologici, anche di particolare forza e intensità, protrattisi per tempo molto lungo, e con modalità tali da uscire fuori dai canoni normali, allorquando il danno trovi origine nell'insufficienza delle adottate misure volte ad evitarne l'accadimento, e in particolare del sistema di deflusso delle acque meteoriche. 
Il custode, pertanto, è tenuto a dimostrare di aver mantenuto la condotta diligente nel caso concreto dovuta (con particolare riferimento alla manutenzione e alla pulizia delle strade), e che le piogge sono state talmente intense che gli allagamenti si sono ciononostante, e nella stessa misura, verificati. 
Orbene, nella fattispecie, la c.t.u. ha accertato quanto segue: “si può affermare che, presumibilmente, l'acqua meteorica ruscellata sui terreni sovrastanti la strada provinciale n. 3 abbia invaso la carreggiata (che risulta sprovvista di opere di canalizzazione come risulta dalle foto n. 2- 3-4-5-6-7-8 all. n.3), questa incanalatasi lungo tale arteria abbia invaso i locali in questione”. Ed altresì, in fase di conclusioni, l'ausiliare ha precisato: “nel primo tratto della ###, ovvero dall'intersezione con la SS 106 e fino a circa 160 metri da essa, a quota mt. 18.70, allo stato non si riscontra la presenza di opere di regimentazione idraulica (documentazione fotografica aggiuntiva all. n. 10), solo in prossimità̀ dell'intersezione si è riscontrato un invito delle acque verso il fosso ### meglio rappresentato nelle foto n. 1-2 dell'all. 10 e nell'allegato n. 2; si vuole ulteriormente specificare che, presumibilmente, l'acqua meteorica ruscellata sui terreni sovrastanti la strada provinciale n.3 abbia invaso la carreggiata, questa (che risulta sprovvista di opere di canalizzazione come risulta dalle foto n. 2-3-4-5-6-7-8 all. n.3 e dalle foto dell'all.n.10), incanalatasi lungo tale arteria abbia invaso i locali in questione, attraversando prima la S.S. 106. Non si hanno elementi per determinare se le acque ruscellate sui terreni sovrastanti la strada provinciale n.3 abbiano prima invaso le arterie comunali e poi invaso la SP 3, oppure si siano riversate direttamente sulla stessa strada provinciale. Nel tratto in esame la S.S.106 non ha opere di regimentazione delle acque, in prossimità del cancello di accesso alla proprietà della ### vi è una griglia per come si evince dall'allegato n.2”. 
Ebbene - prosegue la ### srl - sul punto, il giudice di prime cure, sulla scorta delle risultanze istruttorie, ha ritenuto sussistere astrattamente in capo ad ognuno degli ### proprietari e/o gestori, convenuti in giudizio, la legittimazione passiva per i fatti di causa; tuttavia, ha qualificato, erroneamente, quale caso fortuito, l'evento atmosferico considerato eccezionale, anche sulla base del D.M. 26 giugno 2012 con il quale il Ministero delle ### alimentari e forestali decretava l'esistenza del carattere di eccezionalità̀ degli eventi calamitosi verificatisi nel periodo compreso tra il 22 ed il 23 novembre 2011 nelle provincie di ### e ### tra cui anche i paesi di ### e ### Ebbene, il giudice di prime cure avrebbe, sommariamente, compiuto un'equivalenza tra evento atmosferico, a carattere eccezionale, e caso fortuito. 
Peraltro, la sentenza della Corte di Cassazione n. 4588/22, citata nella pronuncia impugnata, in verità ha ritenuto che: “l'evento, per potersi apprezzare oggettivamente come eccezionale e potersi dunque riverberare anche sulla sua ###prevedibilità, oltre a doversi valutare, esclusivamente, su basi scientifiche (dati pluviometrici riferiti al contesto specifico di localizzazione della res oggetto di custodia), deve avere «tempi di ritorno» molto elevati; deve cioè essere suscettibile di ripetersi dopo intervalli misurabili non in anni, ma in molti decenni: accertamento, questo, che prescinde dalla considerazione isolata del singolo episodio e deve invece inquadrarlo in una rilevazione statistica di lungo periodo, sola idonea oggettivizzarne le caratteristiche; mentre, in difetto di tale positivo accertamento in base ai dati che la parte che invoca esimersi da responsabilità dovrà sottoporre al giudicante, non potrà escludersi la responsabilità del custode, ai sensi della richiamata norma dell'art. 2051 cod. civ.”. 
In materia, come è noto, il supremo collegio, sottoponendo a revisione i principi in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, ha stabilito, che: a) l'art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima; b) la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza, da parte del custode, rileva ai fini della sola fattispecie dell'art. 2043 c.c., salvo che la deduzione non sia diretta soltanto a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di recare danno, a sostenere allegazione e prova del rapporto causale tra quella e l'evento dannoso; c) il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, è connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode; peraltro le modifiche improvvise della struttura della cosa incidono in rapporto alle condizioni di tempo e divengono, col trascorrere del tempo dall'accadimento che le ha causate, nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere; d) il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall'esclusiva efficienza causale nella produzione dell'evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell'art. 1227 c.c. I comma e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost. 
Con particolare riferimento all'ipotesi - che qui viene in rilievo - in cui l'eziologia dell'evento dannoso abbia origine da precipitazioni atmosferiche, è stato evidenziato quali criteri debbano presiedere alla valutazione dell'evento meteorico, in termini di caso fortuito che deve possedere i caratteri dell'eccezionalità e della imprevedibilità; dunque, un avvenimento imprevedibile, un quid di imponderabile che si inserisce improvvisamente nella serie causale, come fattore determinante, in modo autonomo, dell'evento. 
Pertanto, il carattere eccezionale di un fenomeno naturale, nel senso di una sua ricorrenza saltuaria, anche se non frequente, non è sufficiente, di per sé solo, a configurare tale esimente, in quanto non ne esclude la prevedibilità, in base alla comune esperienza. 
Al fine di poter ascrivere le precipitazioni atmosferiche nell'anzidetta ipotesi di esclusione della responsabilità, la distinzione tra “forte temporale”, “nubifragio” o “calamità naturale” non rientra nel novero delle nozioni di comune esperienza ma - in relazione alla intensità ed eccezionalità (in senso statistico) del fenomeno - presuppone un giudizio da formulare soltanto sulla base di elementi di prova concreti e specifici e con riguardo al luogo ove da tali eventi sia derivato un evento dannoso; ciò, anche perché il discorso sulla prevedibilità maggiore o minore di una pioggia a carattere alluvionale certamente impone oggi, in considerazione dei noti dissesti idrogeologici che caratterizzano il nostro ### criteri di accertamento improntati ad un maggior rigore, poiché è chiaro che non si possono più considerare come eventi imprevedibili alcuni fenomeni atmosferici che stanno diventando sempre più frequenti e, purtroppo, drammaticamente prevedibiliin tale ottica, dunque, l'accertamento del fortuito, rappresentato dall'evento naturale delle precipitazioni atmosferiche, deve essere essenzialmente orientato da dati scientifici di stampo statistico (in particolare, i dati c.d.  pluviometrici) riferiti al contesto specifico di localizzazione della res oggetto di custodia; La verifica dunque, ribadisce l'appellante, doveva essere limitata all'eccezionalità e imprevedibilità dell'evento naturale, da operarsi sulla base di soli dati obiettivi, riferiti ad un lasso temporale amplissimo, quantomeno di numerosi decenni, e non limitato all'angusto intervallo preso in considerazione.  ### canto, l'onere di offrire in giudizio documentazione idonea a consentire detta verifica incombe sul custode, onere, che nella fattispecie non sarebbe stato assolto.  3.- ### è infondato. 
Ritiene, infatti, la Corte che il giudice di prime cure abbia, adeguatamente ed attentamente, valutato le prove acquisite ed abbia, altresì, correttamente applicato i principi giurisprudenziali in materia di responsabilità da cose in custodia. 
E' pacifico che la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha natura oggettiva e discende dall'accertamento del rapporto causale fra la cosa in custodia e il danno, salva la possibilità per il custode di fornire la prova ### del caso fortuito - inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico ed è comprensivo della condotta incauta del danneggiato o del fatto di un terzo connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode (ex multis, Cass. S.U. n. 20943/22; n. 27724/18). 
Pertanto, l'onere probatorio gravante sull'attore si sostanzia nella duplice dimostrazione dell'esistenza (ed entità) del danno e della sua derivazione causale dalla cosa, residuando a carico del custode l'onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito, senza che rilevino altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura “insidiosa” o pericolosa o che l'insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato, trattandosi di elementi propri della responsabilità, ex art. 2043 c.c., (ex multis, Cass. n. ###/21, n. 25214/14; n. 10687/01). 
Ebbene, correttamente, il Tribunale di ### ha rigettato la domanda risarcitoria ravvisando, nella fattispecie, l'esimente del caso fortuito costituito dall'eccezionalità dell'evento meteorologico, abbattutosi sui luoghi di causa. 
Occorre premettere - come già rilevato in sentenza - che la c.t.u., disposta al fine di accertare la causa dei lamentati danni e quantificarne gli importi, è stata espletata a distanza di quasi otto anni dall'evento, in assenza di documentazione fotografica, relativa all'immobile danneggiato e di altra documentazione probante.   ###, peraltro, non è stato in grado di ricostruire il predetto evento, se non in termini probabilistici, non essendo stato in grado di individuare il punto preciso da cui ha avuto origine il fenomeno di ruscellamento delle acque meteoriche che hanno invaso l'immobile della ### srl e, di conseguenza, la responsabilità dell'ente su cui ricadeva l'obbligo di gestione e manutenzione dei tratti di strada interessati. 
Né la prova orale ha consentito di acquisire ulteriori elementi al fine di stabilire l'origine e la causa dei danni richiesti, essendosi, i testi, limitati a confermare che le copiose piogge, abbattutesi sulla zona, avevano interessato i locali della società attrice.   ###, nel premettere che: “nel caso in esame, per la ricostruzione degli effetti dell'evento meteorico del 23.11.11 nessuna delle parti, ha fornito documentazione fotografica di tale evento, seppur richiesta in diverse sedi” ha precisato che detta documentazione sarebbe stata necessaria per acquisire elementi di verifica del deflusso delle acque e della provenienza delle stesse. 
Il c.t.u., pertanto, per rispondere ai quesiti posti, ha fatto riferimento al verbale dei ### di ### intervenuti nell'immediatezza, nonché al “rapporto di evento” dell'### per i dati di pioggia, registrati dai pluviografi regionali, infine, all'orografia del territorio. 
Dal predetto verbale, invero, è emerso che: “tutta la zona era stata interessata dal nubifragio, da richiesta si è provveduto ad un sopralluogo più approfondito per verificare oltre ai danni, se le strutture ed i materiali di costruzioni avevano subito alterazioni, si evidenzia quanto segue: le copiose piogge, accentuate dal declivio del terreno sovrastante alla strada provinciale n° 3 e la ss. 106 avevano invaso il capannone, adibito a supermercato "MD" di proprietà della ### srl, provocando danni materiali alla struttura perimetrale con la caduta di un muro di recinzione. Si segnala, inoltre, che le derrate alimentari esposte in vendita si sono danneggiate insieme alla scaffalatura”.  ### precisa che dal “rapporto di evento”, redatto a cura dell'### “si desume l'eccezionalità dell'evento in esame. Da tale rapporto, infatti, si evince che nella stazione pluviografica di ####, che è quella più vicina e rappresentativa al sito in esame, la precipitazione cumulata durante l'evento risulta essere di 161.2 mm. Per la valutazione dell'eccezionalità dell'evento sono state calcolate le massime altezze di precipitazione per le diverse durate ottenute aggregando i dati registrati ogni 20 minuti, utilizzando una finestra mobile della relativa ampiezza. I valori così ottenuti sono riportati nella tabella 2 …Si nota il picco relativo alla stazione di ### delle massime precipitazioni di breve durata con altezza di pioggia di 6 ore superiore a 120 mm. Nell'appendice del succitato rapporto viene riportata la “valutazione dell'eccezionalità dell'evento rispetto al territorio comunale”. 
A detta conclusione - prosegue il c.t.u. - si è giunti valutando “l'eccezionalità dell'evento rispetto al territorio comunale, sulla base del rapporto tra le massime precipitazioni di pioggia breve, registrate durante l'evento ed il valore medio dei massimi annuali di pioggia di pari durata…. Per ogni pluviometro è stato determinato il valore medio dei massimi annuali delle precipitazioni di durata 1,3,6,12,24 ore. I valori riportati in tabella 2, cioè i massimi di breve durata dell'evento, sono stati rapportati ai valori medi di pari durata; utilizzando tecniche di interpolazione spaziale i rapporti sono stati distribuiti su tutto il territorio regionale e, dall'intersezione con i territori comunali si è ricavato il rapporto massimo, per ogni comune e per ogni durata, ottenendo 5 mappe; dall'inviluppo delle 5 mappe è stata ricavata la mappa complessiva riportata in figura 35. Tenendo presente che, ai fini di una valutazione più esaustiva, sarebbe opportuno integrare la presente analisi con le eventuali informazioni relative agli effetti al suolo ed alle segnalazioni provenienti direttamente dal territorio, i risultati ottenuti vengono sintetizzati nella tabella 9. In essa viene riportato l'elenco dei comuni con percentuale superiore al 250% mentre nella tabella 10 si riporta l'elenco dei comuni con rapporto percentuale compreso tra 150 e 250%” (pag. 5 c.t.u.). 
Conclude, quindi: “dal rilievo topografico effettuato (all. n. 2) si può affermare che, presumibilmente, l'acqua meteorica ruscellata sui terreni sovrastanti la strada provinciale n. 3 abbia invaso la carreggiata (che risulta sprovvista di opere di canalizzazione come risulta dalle foto n. 2- 3-4-5-6-7-8 all. n.3), questa incanalatasi lungo tale arteria abbia invaso i locali in questione”. 
Inoltre, l'eccezionalità dell'evento meteorologico - per come rilevato anche dal primo giudice - risulta documentato dal D.M. 26 giugno 2012 con il quale il Ministero delle #### e ### in accoglimento della richiesta della ### di attivazione di interventi compensativi del fondo di solidarietà nazionale nelle aree colpite da alluvioni, decretava l'esistenza del carattere di eccezionalità degli eventi calamitosi, verificatisi nel periodo compreso tra il 21 ed il 23 novembre 201, nelle province di ### e ### tra cui rientrano anche i comuni di ### e ### Orbene, correttamente il Tribunale ha concluso: “nel caso di specie dalla relazione tecnica si evince chiaramente che i danni patiti dalla parte attrice sono riconducibili all'alveo del caso fortuito, in quanto conseguenza di eventi atmosferici di portata eccezionale, registratisi nei luoghi di causa nelle date comprese tra il 21 ed il 23 novembre 2011, e definiti tali sulla base di dati scientifici che sono pacificamente considerati idonei ad escludere la sussistenza di un nesso di causalità tra la fattispecie in esame e la condotta delle parti convenute… sulla base delle pregresse motivazioni, deve pertanto, rigettarsi la domanda risarcitoria, azionata dalla parte attrice, appurata la natura eccezionale delle condizioni meteorologiche in oggetto, da qualificarsi certamente come eventi imprevedibili e non governabili dall'uomo, e quindi, idonei ad interrompere il nesso eziologico tra il danno e l'evento, a prescindere dal comportamento diligente della parte interessata”. 
Con particolare riferimento all'ipotesi in cui l'eziologia dell'evento dannoso abbia origine da precipitazioni atmosferiche, come nella fattispecie, la suprema Corte ha, infatti, affermato che: “le precipitazioni atmosferiche integrano l'ipotesi di caso fortuito, ai sensi dell'art. 2051 c.c. quando assumono i caratteri dell'imprevedibilità oggettiva e dell'eccezionalità, da accertarsi - sulla base delle prove offerte dalla parte onerata (cioè, il custode) - con indagine orientata essenzialmente da dati scientifici di tipo statistico (i cc.dd. dati pluviometrici) di lungo periodo, riferiti al contesto specifico di localizzazione della "res" oggetto di custodia, la quale va considerata nello stato in cui si presenta al momento dell'evento atmosferico, restando, invece, irrilevanti i profili relativi alla diligenza osservata dal custode in ordine alla realizzazione e manutenzione dei sistemi di deflusso delle acque piovane” (ex multis, Cass. nn. 4588/22; ###/19; 2482/18). 
Si impone, dunque, il rigetto del gravame e la conferma della sentenza appellata.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo sulla base dei parametri minimi, di cui ai ### 55/14 e 147/22, tenuto conto della scarsa complessità delle questioni trattate, esclusa la fase istruttoria, perché non tenuta (scaglione compreso tra €. 52.001 ed €. 260.000) in favore delle parti appellate. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115/2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti comportanti per l'appellante l'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.  PQM la Corte di Appello di #### definitivamente decidendo sull'appello proposto da ### srl, nei confronti dell'### S.p.a., ### di ### e Comune di ### avverso la sentenza n. 534/22, pubblicata il ###, emessa dal Tribunale di ### così provvede: a. rigetta l'appello e conferma la sentenza impugnata; b. condanna l'appellante al pagamento delle spese di lite, in favore delle appellate che liquida, per ciascuna, in complessivi €. 4.997, per compensi, oltre rimborso spese generali, nella misura del 15%, iva e cpa, previa distrazione in favore dell'avv. ### Si dà atto che ricorrono i presupposti processuali per imporre all'appellante il pagamento di un ulteriore contributo unificato ai sensi dell'art 13, comma 1 quater, DPR 115/2002. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio del 22.10.25 ### Aus. Est. ### (Dott.ssa ### (Dott. ###

causa n. 1665/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Giuseppa Alecci, Biagio Politano

M

Tribunale di Teramo, Sentenza n. 948/2025 del 22-07-2025

... proprietà di parte attrice con i relativi accessori e pertinenze e dei valori OMI per un importo di € 8.157,54. Sempre in relazione alla domanda risarcitoria, il c.t.u. ha provveduto a stimare la perdita di valore dell'edificio degli attori per effetto della permanenza delle opere in violazione delle norme richiamate, sulla scorta del quesito assegnato dal precedente G.I. Osserva il Tribunale che la demolizione delle opere realizzate in violazione delle distanze, limitatamente alla porzione illegittima, è idonea a restituire l'originario valore di mercato all'immobile di parte attrice, il quale pertanto non subirà irrimediabilmente le conseguenze della riduzione dello spazio né la permanenza delle opere illegittime. Ritenuto, quindi, che il danno deve essere considerato in re ipsa, in assenza di criteri specifici e considerata l'idoneità della demolizione a restituire l'originario valore commerciale al fabbricato degli attori, questo giudicante ritiene di dover liquidare in via equitativa la somma di € 50.962,66 (derivante dalla sommatoria tra le spese per la riduzione in pristino e la riduzione di valore del bene per effetto della limitazione della facoltà di godimento); tale (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ### ordinaria civile Il Tribunale di Teramo, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa ### letto l'art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1580 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2018 e promossa: da #### E ### in qualità di eredi di ### rappresentati e difesi dagli avv.ti ### e ### elettivamente domiciliat ###e via Indipendenza n.17, presso gli studi dei difensori, giusta procura allegata all'atto di citazione attori contro ### e ### rappresentati e difesi dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###, presso il difensore, giusta procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta convenuto e contro ### contumace convenuto e contro ### rappresentato e difeso dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###, presso il difensore, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta terzo chiamato nonché contro ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###(angolo ### della ###, presso il difensore, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta terzo chiamato ### altre controversie di diritto amministrativo ### per parte attrice: “### l'###mo Tribunale adito ### 1. Accertare e dichiarare l'intervento di “sopraelevazione ed ampliamento” assentito nei titoli edilizi rilasciati come nuova costruzione disapplicandosi, sul punto, la previsione derogativa di detta distanza contenuta nell'art. 2.3.3 delle NTA del ### 2. accertare e dichiarare, in ogni caso, che l'intervento edilizio realizzato dai sigg.ri ### e ### non rientra tra gli interventi di «ristrutturazione edilizia» ex art.3, comma 1, lettera d) D.P.R. 380/2001 e s.m.i. ma che lo stesso intervento deve annoverarsi nella categoria dell'intervento edilizio di «nuova costruzione», e sicché, il fabbricato descritto deve ritenersi realizzato in violazione della distanza minima assoluta di mt. 5 dal confine con la proprietà del sig. ### e di mt. 10 dal fabbricato del sig. ### di cui al DM 1444/68; 3. Disapplicare in via incidentale, ai sensi dell'art. 5 L. 2248/1865 all. E il permesso di costruire n. 37/2011 ed il permesso di costruire in variante n. 27/2012 perché in violazione delle distanze imposte dal DM 1444/68 e delle norme locali in materia di distanze tra confini; 4. Accertare e dichiarare la violazione delle norme urbanistiche ed edilizie in premessa indicate, con particolare riferimento alla distanza dai confini e dai fabbricati per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia e per il mancato rispetto dell'art. 2.3.3 c. 9 delle NTA di PRG che non prevedono la possibilità di sopraelevare di due piani edifici monopiano in deroga né ammettono un fabbricato alto 9,40 mt, oltre gli 8,50 mt consentita dalle norme tecniche; 5. 
Accertare e dichiarare che l'edificazione dei sigg.ri ### e ### e ### è avvenuta, con riferimento al permesso n. 27/2012, in difformità alla normativa antisismica, in difetto dell'attestato di avvenuto deposito da parte del ###, così come prescritto dalla normativa di settore richiamata; 6. Condannare i sigg.ri #### e ### rispettivamente nella qualità di usufruttuari e nudo demolizione dell'intervento realizzato e disporre ex art. 872 c.c. la riduzione in pristino della distanza di metri 5 dal confine e di metri 10 dal fabbricato di proprietà del sig. ### di tutte le opere eseguite dai convenuti, o, quantomeno di tutta la parte eseguita in sopraelevazione ed ampliamento; 7. Condannare i sigg.ri ### e ### ex art. 872 al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali consistenti da un lato, nell'occlusione della visuale, della privazione di luce e di aria con pregiudizi sotto l'aspetto della salubrità; dall'altro, nella riduzione del rapporto tra il pregio e il godimento della propria abitazione che il mercato riconosce ed il deprezzamento commerciale dell'intero immobile di proprietà ### conseguenti alla mancata osservanza delle altre norme urbanistico edilizie in tema di allineamento degli edifici e di distanza; 8. Condannare i sigg.ri ### e ### disapplicando gli atti illegittimi, al pagamento delle spese e competenze del giudizio. Si chiede altresì l'accoglimento delle conclusioni come precisate ed integrate in sede di memorie e scritti difensivi e verbali d'udienza oggi integralmente richiamati”; per parte convenuta ### “La difesa della signora ### nel richiamare il contenuto dei propri scritti difensivi, precisa le conclusioni chiedendo che la domanda venga dichiarata inammissibile, ovvero respinta; e che in relazione all'art. 92 c.p.c., l'attore venga condannato alla rifusione delle spese di lite e dei compensi di avvocato. Salvezze illimitate”; per parte convenuta ### “La difesa del signor ### nel richiamare il contenuto dei propri scritti difensivi, dichiara che non intende rinunciare a nessuna eccezione, difesa o domanda quivi proposta e precisa le conclusioni come segue. 1. ### l'###mo Tribunale adito respingere le domande di parte attrice siccome inammissibili ovvero infondate. 2. In subordine, nel caso di accoglimento totale o parziale delle domande di parte attrice, accertare e dichiarare che le violazioni contestate da parte attrice sono imputabili a responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale del geom.  ### condannandolo pertanto a tenere indenne il deducente sig.  ### da tutte le conseguenze pregiudizievoli prodotte dall'accoglimento delle domande di parte attrice. In particolare, e non esclusivamente, condannare il geom.  ### al risarcimento del danno per la perdita del valore venale dell'immobile che dovrà essere demolito (deprezzamento del bene) nella misura di € 110,000,00 o somma diversa, maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi compensativi come per legge. 3. Condannare il geom. ### al pagamento delle spese di demolizione e di tutti gli oneri conseguenti nella misura non inferiore ad € 31.712,77, e dunque nella misura superiore che sarà di giustizia. 4. Condannare il geom. ### al risarcimento per mancato godimento dell'immobile nella misura di € 3.340,00 o somma diversa, maggiore che sarà ritenuta di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi come per legge. 4. Condannare parte attrice, ovvero in alternativa il geom. ### alla rifusione delle spese legali. Salvezze illimitate”; per il terzo chiamato ### “Nel contestare nuovamente tutto quanto ex adverso fin qui dedotto e/o prodotto si insiste per l'accoglimento di tutte le richieste istruttorie di cui alle memorie del sottoscritto procuratore ex art. 183 cpc, VI comma, del 22.6.2021 (la seconda) e del 13.7.2021(la terza), nonché si precisano le conclusioni così come rassegnate nella comparsa di costituzione e risposta datata 18.1.2019 ed integrate con la prima memoria del 18.5.2021 ex art. 183 cpc, VI comma, depositata dopo la costituzione in giudizio della terza chiamata in causa ### spa: “### all'###mo Tribunale adito , per le motivazioni espresse in narrativa, ### tutte le domande avversarie, comprese quelle ex adverso spiegate dalla terza chiamata in causa ### spa, in quanto infondate in fatto ed in diritto per le motivazioni sopra meglio esposte. Con vittoria di spese e competenze di causa, oltre rimborso forfetario, oneri fiscali e previdenziali come per legge. ###, ### denegata ipotesi di accoglimento delle domande avversarie, anche in maniera parziale per i fatti dal 2011 al 2013, dichiarare la terza ### spa obbligata a manlevare e tenere indenne il geom. #### e, per l'effetto, condannarla al pagamento di tutte le somme che fossero eventualmente dovute dall'assicurato in favore delle controparti e non solo. Nello specifico si chiede che venga riconosciuto il diritto dell'assicurato geom. ### nei confronti della propria compagnia assicurativa ### spa, al rimborso: delle spese di lite, sostenute per la chiamata in causa, delle spese di resistenza, per contrastare l'iniziativa del terzo, e delle spese di soccombenza, che eventualmente sia stato condannato a pagare al terzo vittorioso (Corte di Cassazione, ### civile, ordinanza n. 4275/2024)”; per il terzo chiamato ### s.p.a.: “La difesa della ###ni ### ribadisce tutto quanto dedotto, eccepito e richiesto nella comparsa di costituzione e risposta, nelle successive memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c., ritualmente e tempestivamente depositate e nei verbali di causa, insistendo per l'integrale accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate. Torna nuovamente ad impugnare e contestare, per quanto di ragione, la perizia definitiva e l'elaborato integrativo depositati dal nominato CTU arch. G. Marini, salva ogni ulteriore confutazione in sede di scritti difensivi finali. Conferma, comunque, la tardività e l'inammissibilità della doglianza relativa alla violazione dell'art. 9, commi 2 e 3 del D.M. n. 1444/1968, sollevata per la prima volta dalla difesa degli attori con la seconda memoria istruttoria; sul punto, ribadisce di non accettare il contraddittorio, trattandosi di una vera e propria mutatio libelli ed eccepisce l'inutilizzabilità, in parte qua, dell'elaborato peritale. Ribadisce tutte le eccezioni sollevate circa l'operatività della polizza, i limiti di copertura e la prescrizione del diritto dell'assicurato ad essere tenuto indenne delle conseguenze pregiudizievoli eventualmente derivanti dal presente giudizio. 
Si riporta a tutto quanto dedotto, eccepito e richiesto nelle memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. per quanto attiene alle ulteriori richieste istruttorie, anche formulate dalle controparti e sulle quali l'###mo Sig. Giudice non si è pronunciato. Precisa le conclusioni: in via istruttoria, associandosi per quanto di ragione e per quanto compatibile con la posizione della ### alle richieste istruttorie formulate dalla difesa dell'assicurato geom. R. ### opponendosi alle richieste avverse per le motivazioni tutte già illustrate nelle memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. ed insistendo (nella denegata ipotesi di ammissione) nella richiesta di abilitazione alla prova contraria, diretta e indiretta, con gli stessi testi ex adverso indicati e con i testi indicati dal geom. R. ### nel merito riportandosi alle conclusioni tutte rassegnate nella comparsa di risposta e ribadite nelle successive memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. che qui si abbiano per integralmente riportate e trascritte. Conclude altresì per l'integrale rigetto di ogni avversa conclusione e di ogni domanda e/o eccezione comunque formulata contro ###ni ### Con vittoria di spese e competenze di lite, rimborso forfettario del 15%, IVA e CPA come per legge. Impugna e contesta ogni avversa deduzione, eccezione e richiesta, anche formulata attraverso le note di trattazione scritta, dichiarando espressamente di non accettare il contraddittorio su eventuali domande e/o eccezioni nuove e/o modificate comunque proposte dalle controparti. Salvezze illimitate”.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data ###, ### conveniva in giudizio, avanti l'intestato Tribunale, #### e ### per ivi sentire: 1) accertare e dichiarare l'intervento di “sopraelevazione ed ampliamento” assentito nei titoli edilizi meglio descritti in atti come nuova costruzione, disapplicandosi, sul punto, la previsione derogativa di detta distanza contenuta nell'art.  2.3.3 delle NTA del ### 2) accertare e dichiarare che l'intervento edilizio realizzato dai convenuti non rientrava tra gli interventi di “ristrutturazione edilizia” ex art.3, comma 1, lettera d) D.P.R. 380/2001 e s.m.i. ma nella categoria dell'intervento edilizio di “nuova costruzione”, sicché, il fabbricato doveva ritenersi realizzato in violazione della distanza minima assoluta di mt. 5 dal confine con la proprietà dell'attore e di mt. 10 dal fabbricato dell'attore di cui al DM 1444/68; 3) disapplicare in via incidentale, ai sensi dell'art. 5 L.  2248/1865 all. E il permesso di costruire n. 37/2011 ed il permesso di costruire in variante n. 27/2012 perché in violazione delle distanze imposte dal DM 1444/68 e delle norme locali in materia di distanze tra confini; 4) accertare e dichiarare la violazione delle norme urbanistiche ed edilizie indicate, con particolare riferimento alla distanza dai confini e dai fabbricati per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia e per il mancato rispetto dell'art. 2.3.3 c. 9 delle NTA di PRG che non prevedevano la possibilità di sopraelevare di due piani edifici monopiano in deroga né ammettevano un fabbricato alto 9,40 mt, oltre gli 8,50 mt consentita dalle norme tecniche; 5) accertare e dichiarare che l'edificazione dei dei convenuti era avvenuta, con riferimento al permesso n. 27/2012, in difformità alla normativa antisismica, in difetto dell'attestato di avvenuto deposito da parte del ###, così come prescritto dalla normativa di settore richiamata; 6) condannare i #### e ### rispettivamente nella qualità di usufruttuari e nudo proprietario, alla demolizione dell'intervento realizzato e disporre ex art. 872 c.c. la riduzione in pristino della distanza di metri 5 dal confine e di metri 10 dal fabbricato di proprietà dell'attore di tutte le opere eseguite dai convenuti, o, quantomeno di tutta la parte eseguita in sopraelevazione ed ampliamento; 7) condannare i convenuti, ai sensi dell'art.  art. 872 c.c. al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali consistenti, da un lato, nell'occlusione della visuale, della privazione di luce e di aria con pregiudizi sotto l'aspetto della salubrità e, dall'altro, nella riduzione del rapporto tra il pregio e il godimento della propria abitazione che il mercato riconosce ed il deprezzamento commerciale dell'intero immobile di proprietà ### conseguenti alla mancata osservanza delle altre norme urbanistico edilizie in tema di allineamento degli edifici e di distanza; 8) condannare i convenuti al pagamento delle spese del giudizio. 
A fondamento della domanda parte attrice allegava in sintesi e per quanto di interesse: - che l'attore era proprietario del fabbricato ad uso abitazione sito in ### via ### n. 5, confinante con il fabbricato di proprietà ### sito in via ### n. 7; - che, con permesso edilizio n. 37/2011, il Comune di ### autorizzava ### in qualità di comproprietario, alla sopraelevazione del fabbricato; - che l'intervento, qualificato come “ristrutturazione, ampliamento e sopraelevazione” del fabbricato preesistente monopiano e assentito sulla base dell'art. 2.3.3. comma 9 delle N.T.A. del PRG vigente, non era conforme, anche alla luce della relazione istruttoria redatta dal tecnico comunale incaricato, alle prescrizioni in materia di distanze di cui al D.M. 1444/1968 né alle disposizioni concernenti l'altezza massima degli edifici; - che, con permesso di costruire in variante n. 27/2012, il Comune di ### autorizzava i convenuti alla realizzazione, sullo stesso fabbricato, di una ulteriore sopraelevazione al piano secondo oltre i 250 mq di superficie edificabile in base alle previsioni di cui all'art. 2.3.3. comma 9 delle NTA con ampliamento e modifica delle distanze dal fabbricato vicino; - che anche tale intervento edilizio in variante era in contrasto con la normativa edilizia, urbanistica ed antisismica.   Si costituiva in giudizio ### la quale chiedeva l'estromissione dal giudizio, in quanto la sua qualità di usufruttuaria escludeva la legittimazione passiva rispetto all'azione esercitata dall'attore nel giudizio in esame.   Si costituiva in giudizio ### il quale, previa richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa del terzo ### e di declaratoria di inammissibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione ex art. 5 d.lgs. 28/2010, chiedeva il rigetto delle domanda attoree e, in via subordinata, di accertare e dichiarare che le violazioni contestate dall'attore erano imputabili a responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale del geom. ### con condanna di quest'ultimo a tenere indenne il ### da tutte le conseguenze pregiudizievoli prodotte dall'accoglimento delle domande di parte attrice. 
In particolare, parte convenuta esponeva in sintesi: - che il fabbricato interessato dall'intervento edilizio era stato edificato prima dell'entrata in vigore del D.M. 1444/1968 e sia il permesso di costruire n. 37/2011 che il permesso di costruire in variante n. 27/2012, emessi, rispettivamente, sulla scorta dei pareri favorevoli della ### in data 2 agosto 2011 e del Dirigente in data 18 febbraio 2013, erano conformi alla normativa urbanistica vigente all'epoca in cui tali titoli erano stati rilasciati; - che l'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A., nel testo ancora vigente nel 2011 e nel 2012, consentiva di sopraelevare edifici preesistenti nel rispetto delle distanze prescritte dal codice civile; - che l'adozione della variante al ### avvenuta nel 2007, con la quale l'art. 2.3.3 comma 9 N.T.A. era stato modificato imponendo il rispetto delle distanze di cui all'art. 9 D.M.  1444/1968, non aveva comportato la modifica immediata della stessa N.T.A., in quanto tale effetto si era prodotto soltanto nel 2013, a seguito dell'approvazione della variante, intervenuta successivamente al rilascio dei titoli abilitativi; - che, in ogni caso, l'attore aveva affidato incarico libero-professionale al geom. ### al quale andava ascritta la responsabilità per il danno eventualmente subito dal committente per irregolarità del prodotto edilizio per violazione delle distanze tra costruzioni previste dall'art. 9 del D.M. 1444 del 1968.   Nessuno si costituiva per ### il quale veniva dichiarato contumace.   Autorizzata la chiamata in causa del terzo, si costituiva in giudizio ### il quale, previa richiesta di autorizzazione a chiamare in causa il terzo ### s.p.a., chiedeva il rigetto delle domande avversarie e, in via subordinata, anche in caso di accoglimento parziale per i fatti dal 2011 al 2013, dichiarare il terzo ### s.p.a. obbligato a manlevare e tenere indenne il professionista e, per l'effetto, condannarlo al pagamento delle somme eventualmente dovute dall'assicurato in favore delle controparti.   Il terzo chiamato ### allegava in sintesi: - che, in data ###, a seguito dell'incarico ricevuto nel 2010 da ### (all'epoca comproprietario e attualmente usufruttuario), ### (all'epoca comproprietaria e attualmente usufruttuaria) e D'### (all'epoca usufruttuaria e attualmente deceduta), otteneva dal Comune di ### il permesso di costruire 37/2011 al fine di poter sopraelevare l'edificio monopiano (costruito prima del 1970) sito in #### n. 7, attraverso un primo piano adibito ad abitazione; - che, nel 2010, ### nel presente giudizio proprietario-convenuto e all'epoca solamente figlio dei due comproprietari (### e ###, incaricava il geom. ### di sopraelevare l'immobile suddetto, impartendogli dettagliatamente le indicazioni da seguire per soddisfare le proprie esigenze ed inviandogli disegni eseguiti a mano personalmente per illustrargli quello che doveva essere il risultato finale; - che, in data ###, il geom. ### otteneva il permesso di costruire in variante 27/2012, al fine di realizzare anche un secondo piano, costituito in parte dalla copertura inclinata del primo piano e in parte da una terrazza; - che il professionista portava subito tutti i committenti a conoscenza dei vincoli imposti dalla normativa nazionale in ordine alle distanze legali tra edifici, contrastanti con quelli previsti dalla normativa comunale, tant'è che tra le varie ipotesi progettuali nel 2010 presentava loro anche quella che contemplava la non sopraelevazione dell'intera sagoma dell'edificio esistente, con l'arretramento del nuovo fronte rispetto alla proprietà ### - che i ### e, in particolare, proprio l'odierno proprietario-convenuto, chiedevano espressamente al geometra di rendere esecutiva l'ipotesi progettuale che prevedeva la sopraelevazione dell'intera sagoma dell'edificio preesistente e di ottenere dal Comune di ### i necessari permessi di costruire; - che, terminato il secondo piano, a novembre 2013 i ### ricevevano una raccomandata da parte del legale dell'attore, a mezzo della quale veniva loro contestato il mancato rispetto delle norme sulle distanze legali tra le rispettive costruzioni, nonché di quelle relative all'altezza dell'elevazione; - che l'odierno convenuto-committente ordinava al geom. ### di procedere ugualmente con i lavori (finiture interne di tutte le opere già realizzate) che venivano ultimati nel 2016; - che il professionista aveva fedelmente adempiuto a tutti gli incarichi e a tutte le disposizioni impartitegli dai committenti; - che, anche nel caso in cui il professionista non avesse informato i committenti sui rischi connessi alla costruzione, i convenuti erano venuti a conoscenza delle problematiche derivanti dalla sopraelevazione sin dal 2013 e, tuttavia, non contestavano nulla né revocavano l'incarico al professionista; - che il convenuto era decaduto dalla richiesta di risarcimento ai sensi dell'art. 1669 c.c. né era ammissibile, per carenza dei presupposti, la richiesta di condanna ex art. 2043 c.c.; - che l'attore era da ritenersi corresponsabile dell'aggravamento dei danni, avendo atteso il termine dei lavori per intraprendere l'iniziativa giudiziale.   Autorizzata la chiamata in causa della compagnia assicurativa, si costituiva in giudizio ### s.p.a., la quale chiedeva il rigetto della domanda di manleva proposta dall'### e il rigetto della domanda attorea, con conseguente rigetto della domanda di garanzia e, in sintesi, deduceva: - che la polizza per la responsabilità professionale del geometra prevedeva una copertura limitata alle sole sanzioni inflitte ai clienti, nell'ipotesi di errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità, non rientrando l'errata progettazione, nella specie contestata, tra i rischi assicurati; - che il diritto del convenuto ad essere tenuto indenne dalle conseguenze pregiudizievoli eventualmente derivanti dal presente giudizio doveva ritenersi prescritto, non avendo il professionista ottemperato agli obblighi contrattualmente previsti in caso di sinistro, con particolare riferimento alla tempestività della denuncia, avvenuta solo successivamente alla notifica dell'atto di citazione, nonostante la pregressa diffida inviata dal dall'attore ai convenuti; - che il geom. ### era stato dolosamente o colposamente inadempiente anche all'obbligo cd. di salvataggio, imposto dall'art. 1914 c.c. e dalle condizioni generali di assicurazione, di fare quanto possibile per evitare o diminuire il danno una volta verificatosi il sinistro, avendo l'assicurato omesso di comunicare la prima contestazione effettuata dal committente, impedendo alla ###ni s.p.a. di gestire la lite e di tentare una composizione bonaria della controversia; - che la garanzia avrebbe potuto essere ### considerata operante soltanto nei limiti del massimale contrattualmente previsto (€. 3.000.000,00) e nei limiti concordati e riportati in polizza, anche con riferimento ad ogni singolo sinistro ed ai rischi assicurati; - che, quanto al merito della controversia, il ### non aveva chiaramente indicato il profilo di responsabilità addebitato al geom. ### - che la compagnia assicurativa si associava all'eccezione di prescrizione dell'azione di cui all'art. 1669 c.c. ed evidenziava l'insussistenza dei presupposti di cui all'art. 2043 c.c., non essendo stato dimostrato il nesso causale tra l'attività del professionista ed il danno lamentato, atteso che i due permessi di costruire rilasciati dal Comune di ### erano comunque conformi alla normativa urbanistica vigente all'epoca del rilascio; - che la circostanza che l'attore, dopo la prima diffida, abbia atteso l'ultimazione dei lavori ed un ulteriore lasso di tempo di cinque anni prima di avviare l'azione giudiziaria, doveva essere valutata come fatto colposo del creditore ex art. 1227 c.c.; - che, in ogni caso, la pretesa creditoria del ### era infondata anche nel quantum. 
All'udienza del 19.11.2019 si costituivano #### e ### in qualità di eredi dell'attore ### nelle more deceduto. 
La causa, espletato con esito negativo il procedimento di mediazione, istruita mediante c.t.u., giungeva all'udienza del 4.3.2025, celebrata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., avanti la scrivente magistrato, cui medio tempore era stato assegnato il presente fascicolo, e, all'esito del deposito di note scritte di precisazione delle conclusioni, veniva trattenuta in decisione previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.  *** 
La domanda di parte attrice è solo parzialmente fondata e deve essere accolta per le ragioni e nei limiti di seguito esposti. 
In primo luogo, deve essere respinta la domanda di riduzione in pristino formulata da parte attrice nei confronti di ### e ### in quanto, rivestendo tali convenuti la qualità di meri usufruttuari, devono ritenersi privi di legittimazione passiva. La giurisprudenza, infatti, è costante nell'affermare che in tema di riduzione in pristino di opere illegittime per violazione delle distanze legali, la domanda di arretramento della costruzione, anche se realizzata dall'usufruttuario dell'immobile, deve essere proposta nei soli confronti del nudo proprietario, atteso che l'eventuale sentenza di accoglimento sarebbe inutiliter data (cfr. Cassazione civile sez. II, 21/02/2019, n.5147); in tale contesto, il titolare del diritto reale su cosa altrui riveste la qualità di parte interventrice in via adesiva ai sensi dell'art. 105 comma 2 c.p.c., quindi di soggetto titolare non di un interesse ad agire in senso tecnico, ma solo dell'interesse ad ottenere un esito favorevole per la parte adiuvata (cfr. Cass. 5900/2010; Cass. 8008/2011). 
È invece ammissibile la domanda di risarcimento proposta nei confronti dell'usufruttario quando abbia materialmente realizzato le opere illegittime. 
Si osserva che l'art. 872 c.c. concede al proprietario del fondo vicino, che per effetto della violazione delle distanze abbia riportato danni, l'azione risarcitoria aquiliana di natura obbligatoria che si cumula con quella ripristinatoria di natura reale; mentre quest'ultima deve essere proposta necessariamente nei confronti del proprietario della costruzione illegittima, anche se materialmente realizzata da altri, l'azione risarcitoria può, invece, essere esercitata anche nei soli confronti dell'autore materiale della costruzione, non configurandosi un'ipotesi disciplinata dall'art. 102 c.p.c. (cfr. Cass. 5545/2005; 5850/1999; Cass. 5520/1998). 
Tanto precisato, mette conto rilevare che nel presente procedimento è stata espletata c.t.u. (le cui conclusioni sono fatte proprie da questo Giudice, in quanto risultanti da un'attenta ed analitica disamina degli elementi di fatto posti a disposizione ed ispirate a criteri valutativi corretti non solo dal punto di vista logico, ma altresì conformi ai principi scientifici che presiedono la materia in esame), che ha appurato la presenza di un fabbricato in ### via ### n.7, che sviluppa su due piani fuori terra, oltre al piano sottotetto, costituiti da appartamenti ad uso residenziale di cui uno ricavato al piano terra, due al piano primo e uno al piano secondo ###. La scala di accesso ai piani primo e secondo, realizzata in ampliamento al fabbricato preesistente (che era esteso al solo piano terra) è posizionata sull'angolo sud-est. 
Il c.t.u. ha evidenziato che: 1. il fabbricato in questione, all'origine consistente in un edificio monopiano ad uso abitativo, costruito in data antecedente al 1 settembre 1967, è stato interessato da alcune opere realizzate in assenza di titolo abilitativo riguardanti difformità alle facciate dell'impianto principale, realizzazione di un piccolo fondaco di mq. 2,04 (anno 1966) adiacente al fabbricato principale (anno 1973) e ampliamento del fondaco esistente di mq. 8,03 (anno 1973), il tutto legittimato con ### in ### n. 941 del 16/05/1992; 2. in data ### il Comune di ### rilasciava permesso di costruire 37/2011, relativo al progetto, qualificato come “### ampliamento e sopraelevazione di un fabbricato residenziale monopiano”, di sopraelevazione di un piano dell'intera sagoma dell'edificio preesistente per la realizzazione di un piano ad uso abitativo, realizzazione di un piccolo piano interrato ubicato nell'area di sedime del nuovo corpo scala, ampliamento con realizzazione di un corpo scala indipendente fuori sagoma e antistante portico per l'accesso al piano primo e al piano copertura, realizzazione di un lastrico solare, in parte coperto e in parte lasciato a terrazzo praticabile con accesso diretto e indipendente dal nuovo vano scala laterale; 3. il Progetto veniva assentito su parere della ### nella seduta del 02.08.2011, sulla base dell'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. del P.R.G. vigente all'epoca, nonostante le criticità rilevate nel parere istruttorio del 29.07.2011 dal tecnico incaricato, #### con la supervisione del ### del #### (il parere evidenziava che l'intervento, pur essendo conforme alla normativa del P.R.G. vigente, non era conforme alla normativa sovraordinata in materia di distanze D.M. 1444/68 e che, in base al disposto dell'art. 2.3.3, comma 9, l'altezza massima era fissata in 8,50 ml, mentre il progetto prevedeva la realizzazione di un corpo scala indipendente e fuori sagoma, che andava a servire anche il lastrico solare, con un'altezza complessiva di ml 9,74, condizione la cui legittimità, in caso di approvazione da parte della ### edilizia, avrebbe dovuto essere dimostrata con dichiarazioni e grafici); 4. con richiesta in data ###, al Prot. n. 11227, veniva presentata una variante al ### di ### al fine di sopraelevare ulteriormente di un piano (piano secondo) il fabbricato, oltre i 250 Mq. di superficie edificabile previsti dal comma 9 dell'art. 2.3.3 delle N.T.A (precisamente le opere oggetto di variante consistevano nella mancata demolizione del ripostiglio esterno al piano terra, variazione da una a due unità abitative al piano primo, soprelevazione del piano copertura/terrazza, mancata realizzazione del piano interrato, leggera modifica della sagoma e delle distanze dai confini, realizzazione di locali ad uso abitazione civile al piano primo e secondo, in sostituzione dei portici); 5. tale progetto di variante veniva autorizzato dal Comune con ### di ### n. ###/2012 del 01/03/2013, con le seguenti prescrizioni: le aperture poste sulla parete sud del vano scala siano cieche, ai sensi dell'art. 1.6.4 comma 4 delle N.T.A.  vigenti; sia prevista la realizzazione di n.4 posti auto nell'area di pertinenza, aventi dimensioni in pianta pari a 5,00 x 2,50. 
Alla relazione di consulenza sono state allegate rappresentazioni planimetriche relative alla situazione preesistente alla costruzione dell'immobile oggetto di causa, caratterizzata dalla presenza di un fabbricato residenziale monopiano, e a quella attuale, dalle quali emerge come l'intervento in questione abbia determinato una sopraelevazione dell'edificio e variazioni volumetriche.  ### edilizio di cui trattasi, alla luce delle sopra richiamate risultanze, deve, quindi, essere qualificato come “nuova costruzione”, comportando l'aumento della volumetria e della superficie di ingombro rispetto all'immobile preesistente (cfr. c.t.u. pag.  20, laddove l'ausiliario afferma che “### edilizio messo in opera sul fabbricato ad uso abitativo sito in ### 7 di ### qualificato come “ristrutturazione, ampliamento e sopraelevazione”, in realtà ha riguardato un notevole ampliamento della superficie, determinando un incremento della volumetria del fabbricato e quindi, come tale, costituisce a tutti gli effetti una “nuova costruzione”, anche per la disciplina delle distanze”). 
In proposito, occorre richiamare l'orientamento della giurisprudenza ai sensi del quale “la sopraelevazione, anche se di ridotte dimensioni, comporta sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti, e, quindi, anche per la disciplina delle distanze, come nuova costruzione” (cfr. Cass. civ., Sez. III, Sent. n. 15732 del 15.6.2018; conforme, Cass. civ., sez. III, sent. n. 21059 dell'1.10.2009), nonché l'orientamento secondo cui “nelle opere edilizie, la semplice ristrutturazione si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano (e, all'esito degli stessi, rimangano inalterate) le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre è ravvisabile la ricostruzione allorché dell'edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria, né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di nuova costruzione, da considerare tale, ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui come previste dagli strumenti urbanistici locali, nel suo complesso, ove lo strumento urbanistico rechi una norma espressa con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni, ovvero, ove una siffatta norma non esista, solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell'edificio originario” (cfr.  SS.UU. ord. n. 21578 del 19 ottobre 2011, la quale richiama espressamente Cass. sent.  9637/06 e Cass. sent. n. 19287/09). A tale ultimo riguardo, si evidenzia come la giurisprudenza sia approdata a individuare una “ricostruzione” nell'ipotesi in cui il manufatto sia contenuto nei limiti preesistenti di altezza, volumetria, sagoma dell'edificio e una “nuova costruzione” nell'ipotesi in cui un edificio o le parti e/o le sopraelevazioni di esso siano costruiti per la prima volta (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 settembre 2017 n. 4337; Consiglio di Stato sez. IV, 16/10/2020, n.6282). ### specie, il manufatto è stato costruito senza il rispetto dell'altezza e della volumetria preesistente, pertanto esso rappresenta un novum che non consente di qualificare l'opera realizzata da parte convenuta in termini di ristrutturazione edilizia. 
Ciò considerato, deve valutarsi se l'opera sia rispettosa della normativa in materia di distanze. 
In particolare, per i fini che qui interessano, va richiamato l'art. 9 D.M. 1444/1968, il quale prevede: al comma 1 che: “Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: 1) ### A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale; 2) ### edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti; 3) ### C) : è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.”; al comma 2 che “Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di: ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7; ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15; ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15; al comma 3 che “### le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”. 
Va osservato, in punto di diritto, che l'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 stabilisce che i ### nell'approvazione degli strumenti urbanistici, devono rispettare i limiti di distanza tra i fabbricati ivi stabiliti, in attuazione dell'art. 41 quinquies della legge 1150/1942, introdotto dall'art. 17 della legge n. 765/1967.
Nel caso in esame, le previsioni di cui all'art. 2.3.3 comma 9 della N.T.A. del P.R.G. approvato con delibera del ### n. 101 del 07/10/1997 e ss. mm.  ii., in vigore dal 06.02.1998 (“È consentita, nei limiti della superficie occupata al piano terra, con esclusione delle superfetazioni e delle costruzioni posticce, ed in deroga all'indice di utilizzazione fondiaria, alle distanze tra edifici ed alle distanze dai limiti di proprietà e di zona e dalla viabilità, la sopraelevazione di un piano di tutti gli edifici monopiano ed il completamento di edifici solo parzialmente sopraelevati al primo piano nel rispetto, comunque, dei seguenti parametri: -altezza delle costruzioni: H ≤ 8.50 m; - superficie edificabile della costruzione dopo la sopraelevazione: Se ≤ 250 mq; -superficie a parcheggio riferita all'intero edificio secondo quanto previsto dall'art.18 legge 6 agosto1967, n.765, così come modificato dal comma 2 dell'art. 2 della Legge 122/1989; - distanze dagli edifici e dai confini non inferiori a quelli previsti dal ### civile. Le aperture di vedute dirette sono consentite solo nelle pareti di sopraelevazione aventi distanza non inferiore a m 6.00 da pareti di edifici antistanti. Per distanze inferiori le pareti debbono essere cieche”), richiamate dalle stesse parti, contengono evidentemente elementi derogatori rispetto a quanto indicato nell'art. 9 D.M. 1444/1968.  ###. 2.3.3 comma 9 è stato successivamente modificato alla luce della N.T.A. 
Variante del P.R.G., adottata con deliberazione del ### n.99, in data ###, approvata con deliberazione del ### n. 7 in data ###, pubblicata sul B.U.R.A. ordinario n. 10 del 13/03/2013 (“### restando tutto quanto riportato nell'art. 2.3.3 comma 9 delle precedenti N.T.A., le modifiche apportate a tale comma, sono le seguenti: -distanze dagli edifici nel rispetto dell'art. 1.6.4 ≥ mt 10 o comunque nel rispetto dell'art. 9 del D.M. 1444/1968; -distanze dai confini come da art.  1.6.5”), proprio in merito alle disposizioni sulle distanze dagli edifici. 
In merito alla posizione nella gerarchia delle fonti del D.M. 1444/1968, la giurisprudenza ha ripetutamente precisato che le disposizioni di tale decreto assumono il grado di fonte primaria, pertanto le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserimento automatico (per tutte si veda Cass. SS.UU. sent. n. 14953 del 7 luglio 2011). Dalle considerazioni svolte segue che ogni strumento di pianificazione in contrasto con i limiti minimi stabiliti dal D.M. n. 1444/1968
è illegittimo, essendo consentita solo la fissazione di distanze superiori (cfr. C.d.S., Sez. V, 26 ottobre 2006, n. 6399). La particolare valenza della normativa in esame deriva dalle sue finalità di tutela di interessi generali in materia urbanistica; si tratta, infatti, di disciplina tesa ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, pertanto non è eludibile in funzione della natura giuridica dell'intercapedine (T.A.R. 
Lombardia - #### I, 16 ottobre 2009, n. 1742). 
In riferimento all'efficacia della norma, essa non è immediatamente precettiva nei rapporti privati (cfr. Cass. Civ., SS.UU, I luglio 1997, n. 5889; Cass. Civ., 4 dicembre 1998, n. 12292; Cass. Civ., 29 luglio 2004, n. 14363), tuttavia la non immediata operatività nei rapporti tra i privati risulta derogata nel caso in cui lo strumento urbanistico presenta una lacuna normativa, con conseguente applicazione dell'art. 9 D.M. 1444/1968 quale norma integrativa dell'art. 873 c.c. (cfr. C.d.S., Sez. V, 23 maggio 2000, n. 2983; Civ., SS.UU., 22 dicembre 1994, n. 9871) e nel caso in cui il piano disponga una distanza inferiore a quella del decreto ministeriale, con “l'obbligo, per il giudice di merito, non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente la disposizione del ricordato art. 9, divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata” (cfr.  Civ., 19 novembre 2004, n. 21899). 
La disposizione contenuta nella citata norma ha, quindi, carattere inderogabile, poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza. Tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell'interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal codice civile. 
Non è poi inutile ricordare il prevalente orientamento della Suprema Corte secondo cui “l'ipotesi derogatoria contemplata del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9, u.c., che consente ai comuni di prescrivere distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale ove le costruzioni siano incluse nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione ("### ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche"), riguarda soltanto le distanze tra costruzioni insistenti su fondi che siano inclusi tutti in un medesimo piano particolareggiato o per costruzioni entrambe facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata (così Cass. Sez. U, n. 1486 del 18/02/1997, ribadita ad es. recentemente da questa ### con le nn. 23681 del 21/11/2016 e 9915 del 19/04/2017). Ove le costruzioni non siano comprese nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione, la disciplina sulle relative distanze non è, quindi, recata del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art.  9, u.c., bensì dal comma 1 dello stesso art. 9 ("Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: (...)"), quale disposizione di immediata ed inderogabile efficacia precettiva (Cass. n. 12424 del 20/05/2010). Come più generalmente affermato da Corte Cost. 23 gennaio 2013, n. 6, del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, u.c., costituisce espressione di una "sintesi normativa", consentendo che siano fissate distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, pur provvista di "efficacia precettiva e inderogabile", solo nei limiti ivi indicati, ovvero a condizione che le deroghe all'ordinamento civile delle distanze tra edifici siano "inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio"” (cfr. Cassazione civile sez. II, 07/11/2017 n.26354). In questi termini si è espressa anche Cassazione civile sez. II, 28/12/2020, n.29644, la quale ha affermato che “la deroga, contemplata al D.M. 4 aprile 1968 n. 1444, art. 9, u.c., che consente ai ### di prescrivere distanze tra costruzioni inferiori a quelle previste dalla normativa statale, riguarda esclusivamente le distanze su fondi che siano inclusi in un medesimo piano particolareggiato o per costruzioni facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata”. 
Alla luce delle considerazioni svolte sopra, è possibile tornare all'esame del caso di specie, nel quale deve essere disapplicata la norma contenuta nelle N.T.A. del PRG del Comune, nella parte contrastante con la norma di rango legislativo contenuta nel D.M.  1444/1968; pertanto, dovendosi disapplicare in parte qua la norma regolamentare, al momento della presentazione dei principali titoli abilitativi (### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 e ### di ### n.###/2012 del 1/03/2013), le distanze da rispettare nella realizzazione di nuovi fabbricati erano quelle indicate nel D.M. 1444/1968, ossia, nel caso di specie, metri 10 dall'edificio antistante e metri 5 dal confine con la proprietà ### Nell'elaborato peritale, il c.t.u. accertava che effettivamente la sopraelevazione insieme all'ampliamento e a tutte le altre opere erano stati realizzati in violazione delle distanze sopra indicate. 
Dalle planimetrie allegate alla c.t.u. (cfr. pagg. 25 e 26 dell'elaborato peritale) emerge chiaramente che l'intervento è stato realizzato ad una distanza dal fabbricato di parte attrice di m. 5,50 (in media) e dal confine ad una distanza di 1,63 (in media).  ### ha, altresì, precisato che per quanto concerne il balcone sul fronte nord-est del fabbricato, al piano primo, considerato che “per le sue caratteristiche va ad estendere ed ampliare la parte concretamente utilizzabile per l'uso abitativo dell'appartamento, si ritiene sia stata generata una servitù di veduta a carico del fondo della proprietà di parte attrice, essendo stato realizzato ad una distanza di m. 6,72 dal fabbricato di proprietà confinante a fronte dei m. 10, in violazione, quindi, del rispetto delle prescrizioni in materia di distanze legali alle quali andava assoggettata la sua progettazione”. 
In riferimento all'altezza massima dell'edificio, all'epoca del primo titolo abilitativo, l'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. disponeva un'altezza inferiore a 8.50 m, mentre le nuove N.T.A. della variante dello strumento urbanistico contenevano una suddivisione della #### (### e completamento del tessuto urbano esistente) in sottozone, distinguendo una serie di parametri come appresso indicati: altezze massime e indici di utilizzazione fondiaria: sottozona ###a Iuf 0,40 mq/mq, h ≤ 8.50 m; sottozona ###b Iuf 0,55 mq/mq, h ≤ 8.50 m; sottozona ###c Iuf 0,70 mq/mq, h ≤ 10,50 m; sottozona ###d Iuf 0,95 mq/mq, h ≤ 14,00 m. 
Il sopracitato articolo della normativa locale, in epoca sia anteriore che successiva all'approvazione della variante, stabiliva, in deroga all'indice di utilizzazione fondiaria, alle distanze tra edifici ed alle distanze dai limiti di proprietà e di zona e dalla viabilità, la possibilità di “sopraelevazione di un piano di tutti gli edifici monopiano ed il completamento di edifici solo parzialmente sopraelevati al primo piano, con superficie edificabile della costruzione dopo la sopraelevazione ≤ di 250 mq”. 
Si osserva che il ### di ### in variante (P.d.C. n. ###/2012 del 01/03/2013), richiesto al fine di sopraelevare ulteriormente di un piano (piano secondo) il fabbricato per realizzare dei locali ad uso abitativo oltre i 250 mq di superficie edificabile previsti dal comma 9, veniva rilasciato in data ###, quindi successivamente all'approvazione del nuovo ### avvenuta in data ###, ma prima della pubblicazione sul B.U.R.A. in data ###. 
Ebbene, nonostante l'inclusione del fabbricato oggetto di causa nella sottozona ###c di cui al nuovo art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. (con conseguente possibilità di realizzare un'altezza massima delle costruzioni pari a 10,50 m), deve ritenersi applicabile per entrambi i titoli abilitativi principali (### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 e ### di ### n. ###/2012 del 1/03/2013) la previsione di un'altezza pari a 8.50 m, atteso che lo strumento urbanistico non risultava ancora efficace al momento del rilascio del secondo titolo edilizio.  ### specie, non assume rilievo l'eventuale applicazione delle misure di salvaguardia, atteso che le stesse hanno come destinataria la ### pertanto non possono essere invocate dai confinanti per la regolamentazione dei rapporti di vicinato né, in particolare, per la disciplina delle distanze tra le costruzioni, potendo tali rapporti essere regolati oltre che dal codice civile, solo da uno strumento urbanistico definitivamente deliberato, approvato e reso esecutivo; solo quest'ultimo è suscettibile di integrare gli estremi delle c.d. norme di relazione, regolanti i rapporti privatistici e quindi invocabili, quale fonte di diritti soggettivi, davanti all'autorità giudiziaria ordinaria. 
In merito al contestato omesso deposito al ### della variante al ### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 prima di dare inizio all'esecuzione dei lavori, il c.t.u.  ha rilevato l'adempimento dell'obbligo previsto dalla normativa antisismica (artt. 2,3,4 e 9 L.R. 138/1996 e art. 4 L. 1086/1971) solo a lavori già effettuati (in data ###, al Prot.  n. 217120) e, in data ###, al Prot. n. 81122, è stato rilasciato il relativo attestato di avvenuto deposito. 
Ad avviso del c.t.u. “tale mancanza, che all'epoca avrebbe potuto generare la sospensione dei lavori, può essere ora considerata un mero inadempimento amministrativo, tanto che, a seguire è stato presentato anche il certificato di collaudo statico in data ### al ### n. 126869, autorizzato in data ### al ### 136673, così da portare a compimento tutto l'iter procedurale inerente l'assetto strutturale dell'edificio”.
In considerazione di quanto esposto, alla luce delle conclusioni del c.t.u., secondo cui “la proprietà degli eredi del #### a seguito dell'intervento edilizio sul fabbricato ad uso abitativo dei #### e ### riguardante la sopraelevazione di due piani ex novo, l'ampliamento con modifica di sagoma e aumento volumetrico rilevanti, realizzato in violazione della normativa urbanistica ed edilizia in tema di distanze legali come argomentato, ha subito pregiudizio sotto il profilo della prospicienza, della luminosità, della visuale, del soleggiamento e del pieno godimento”, il fabbricato realizzato dal convenuto ### antistante l'edificio di proprietà degli attori, deve essere arretrato, mediante demolizione, fino alla struttura portante (maschio murario) retrostante. 
Tale arretramento deve essere effettuato fino alla distanza dall'edificio prospiciente di metri m. 9,89, in considerazione della posizione del maschio murario (muro portante) sul quale arretrare la struttura e della circostanza che tale distanza, come rilevato dal c.t.u., seppure inferiore di cm 11 ai 10 metri di distanza minima prevista dalla ### può essere contenuta nel limite del 2% di tolleranza costruttiva di cui all'art. 34 bis del D.P.R.  380/2001. 
Non coglie nel segno la considerazione di parte convenuta ### diretta a contestare l'applicabilità del D.M. 1444/1968 in ragione delle novità introdotte dal D.L.  32/2019, c.d. “decreto sblocca cantieri” (convertito dalla ### n. 55/2019) e dal D.L.  76/2020 (convertito dalla ### 11 settembre 2020, n. 120). 
In punto di diritto, si rileva che il citato intervento normativo, ha operato una serie di modifiche agli standard urbanistici fissati dal D.M. n. 1444/1968. 
Le variazioni al D.M. n. 1444/1968 sono in concreto intervenute mediante le modifiche apportate dal D.L. n. 32/2019 e dal D.L. 76/2020 all'art. 2 bis del T.U. edilizia (introdotto a sua volta dal D.L. n. 69/2013), cioè con riferimento a quelle disposizioni che consentivano a regioni e province autonome di adottare disposizioni derogatorie sulle distanze legali. 
In sostanza, il D.L. n. 32/2019 ha aggiunto i seguenti commi al citato art. 2 bis: “1- bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. 1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest'ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo”. 
Il comma 1ter è stato poi così sostituito dall'art. 10, comma 1, lettera a), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76: In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell'area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. 
Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l'intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A di cui al decreto del ### per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell'ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela” A tale quadro si aggiunge anche la norma di cui all'art. 5, comma 1, lett. b) bis del menzionato D.L. n. 32 del 2019, secondo cui “le disposizioni di cui all'articolo 9, commi secondo e terzo, del decreto del ### dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui al primo comma, numero 3), dello stesso articolo 9” (ovvero alle zone C). 
Da quanto sopra delineato deriva che con le modifiche apportate all'art. 2 bis del T.U. edilizia la demolizione e la ricostruzione di un fabbricato sono consentite nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché siano effettuate assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo. In caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai ### nell'ambito degli strumenti urbanistici. 
In primo luogo, l'applicabilità della disciplina in esame al caso di specie involge la problematica della retroattività delle leggi di “interpretazione autentica”. 
Occorre precisare, infatti, che la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che al legislatore non è preclusa la possibilità di emanare norme retroattive, sia innovative che di interpretazione autentica, purché tale scelta normativa sia giustificata sul piano della ragionevolezza, attraverso un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, potenzialmente lesi dall'efficacia a ritroso della norma adottata. 
Tra tali valori - costituenti limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi - sono ricompresi il principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti, quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (cfr. Corte Costituzionale, 12/04/2017, n.73; Corte Costituzionale, n.170; Corte Costituzionale, 05/04/2012, n.78). 
In secondo luogo, si rileva che l'intervento edilizio oggetto del presente giudizio, da un lato, costituisce nuova costruzione, non essendo dimostrata la coincidenza del volume dell'opera costruita da parte convenuta rispetto all'immobile preesistente, e, dall'altro, ricade in zona “B”, rientrando pertanto nell'ambito applicativo dell'art. 9 comma 1 n. 2) del D.M. 1444/1968 - non oggetto di interpretazione “autentica” da parte del D.L. n. 32/2019 - il quale per i “nuovi edifici” ricadenti in zone diverse dalla zona A continua a prescrivere “in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”. 
Le disposizioni citate non risultano, quindi, operanti nel caso di specie. 
Nell'atto introduttivo parte attrice chiedeva altresì la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti. 
Riguardo alla tutela risarcitoria nella materia in esame, si è specificato che il danno si identifica nella violazione stessa, determinando quest'ultima un asservimento di fatto del fondo del vicino, al quale, pertanto, compete il risarcimento senza la necessità di una specifica attività probatoria (cfr. Cass. II, n. 10600/1999). La violazione delle norme edilizie, infatti, integra sempre un fatto potenzialmente dannoso ai fini della condanna generica al risarcimento, salvo l'accertamento in sede di giudizio di liquidazione della concreta esistenza del danno e dell'entità dello stesso (cfr. Cass. II, n. 2162/1987); del resto, il danno che il proprietario subisce deve ritenersi in re ipsa, essendo l'effetto, certo e indiscutibile, dell'abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo e, quindi, della limitazione del relativo godimento che si traduce in una diminuzione temporanea del valore della proprietà (cfr. Cass. II, n. 21501/2018). 
In siffatti casi sussiste, peraltro, una obiettiva e palese difficoltà di quantificazione economica del pregiudizio subito, con conseguente legittimo ricorso al criterio di liquidazione equitativa ex art. 1226 Devesi evidenziare che il c.t.u. ha quantificato il valore delle opere da realizzare per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi mediante redazione di un computo metrico estimativo, eseguito in base al prezzario delle opere edili anno 2022 della ### allegato all'elaborato peritale (allegato 8) in € 34.182,40, di cui € 32.867,69 per l'importo dei lavori da computo metrico estimativo e € 1.314,71 per costi della sicurezza (D.Lgs 81/08 e s.m.i.), cui devono aggiungersi le spese tecniche, l'I.V.A. e la ### di previdenza e assistenza liberi professionisti (progettazione, direzione lavori e coordinamento della sicurezza) per complessivi € 42.805,12.  ###, inoltre, ha constatato che l'intervento realizzato dal convenuto comportava una diminuzione del valore dell'immobile di proprietà di parte attrice, comprensivo della porzione di terreno che aveva subito la limitazione di godimento (corte di pertinenza), dovuta alla riduzione di alcuni parametri, quali la prospicienza, luminosità, visuale e soleggiamento. 
Ai fini del calcolo dell'indennità spettante agli attori a carico di tali violazioni, il c.t.u.  ha applicato il criterio del “valore complementare”, cioè quantificando l'importo dovuto in base alla differenza tra il valore di mercato nella situazione ante e post servitù; da tale operazione è stato ricavato il valore del canone di locazione del bene immobile a seguito della costituzione di servitù, tenuto conto delle reali conseguenze negative derivanti al fabbricato servente dall'intervento edilizio realizzato (applicazione di un indice di riduzione delle singole caratteristiche in funzione della situazione riscontrata in relazione a ubicazione, prospicienza, orientamento, quota, livello delle finiture, luminosità, visuale, soleggiamento), nonché della superficie commerciale del fabbricato di proprietà di parte attrice con i relativi accessori e pertinenze e dei valori OMI per un importo di € 8.157,54. 
Sempre in relazione alla domanda risarcitoria, il c.t.u. ha provveduto a stimare la perdita di valore dell'edificio degli attori per effetto della permanenza delle opere in violazione delle norme richiamate, sulla scorta del quesito assegnato dal precedente G.I. 
Osserva il Tribunale che la demolizione delle opere realizzate in violazione delle distanze, limitatamente alla porzione illegittima, è idonea a restituire l'originario valore di mercato all'immobile di parte attrice, il quale pertanto non subirà irrimediabilmente le conseguenze della riduzione dello spazio né la permanenza delle opere illegittime. 
Ritenuto, quindi, che il danno deve essere considerato in re ipsa, in assenza di criteri specifici e considerata l'idoneità della demolizione a restituire l'originario valore commerciale al fabbricato degli attori, questo giudicante ritiene di dover liquidare in via equitativa la somma di € 50.962,66 (derivante dalla sommatoria tra le spese per la riduzione in pristino e la riduzione di valore del bene per effetto della limitazione della facoltà di godimento); tale somma, liquidata in moneta attuale, deve ritenersi già comprensiva di interessi compensativi e rivalutazione (cfr. in tema di liquidazione equitativa del danno e unicità della somma comprensiva di capitale, interessi e rivalutazione monetaria ### 3, Ordinanza n. 20889 del 22/08/2018, ### 3, Sentenza n. 9515 del 20/04/2007), con la conseguenza che su di essa sono soltanto dovuti gli interessi corrispettivi (al tasso legale tempo per tempo in vigore) dalla data della presente sentenza al soddisfo. 
Venendo all'esame della domanda di manleva formulata da parte convenuta ### nei confronti del terzo ### la stessa è fondata nei limiti ed alla luce delle considerazioni che seguono.  ### i principi costantemente elaborati dalla ### l'architetto, l'ingegnere o il geometra, nell'espletamento dell'attività professionale (consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile), è debitore di un risultato. Difatti, il professionista, alla luce di tale orientamento, è tenuto ad una prestazione di un progetto concretamente utilizzabile anche dal punto di vista tecnico e giuridico; ne consegue che l'irrealizzabilità dell'opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, darà luogo ad inadempimento dell'incarico (cfr. Cass., Sez. II, 18 gennaio 2017 n. 1214; Cass. 19 luglio 2016 n. 14759). 
Sulla scorta di tale interpretazione, rientra nella prestazione dovuta dal tecnico incaricato della redazione di un progetto edilizio, in quanto attività strumentalmente preordinata alla concreta attuazione dell'opera, l'obbligo di assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica e di individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da garantire la preventiva soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dei lavori richiesti dal committente (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8014 del 21/05/2012). 
Da quanto sopra segue che se dall'edificazione di una costruzione in violazione delle norme sulle distanze legali sia derivato l'obbligo del committente della riduzione in pristino, sussiste il diritto di rivalsa del committente nei confronti del progettista direttore dei lavori; ciò, per esempio, quando l'irregolare ubicazione della costruzione sia conforme al progetto e non sia stata impedita dal professionista medesimo in sede di esecuzione dei lavori, in quanto il fatto illecito, consistente nella realizzazione di un edificio in violazione delle distanze legali rispetto al fondo del vicino, è legato da un nesso causale con il comportamento del professionista che ha predisposto il progetto e diretto i lavori ( Cass., Sez. II, 30 gennaio 2003 n. 1513). 
Peraltro, è stato precisato che “né la responsabilità del professionista viene meno e può riconoscersi il suo diritto ad ottenere il corrispettivo ove la progettazione di una costruzione o di una ristrutturazione in contrasto con la normativa urbanistica sia oggetto di un accordo tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, spettando tale verifica al medesimo professionista, in forza della sua specifica competenza tecnica, e senza che perciò possa rilevare, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto” (cfr. ### civile sez. II, 21/03/2023, n.8058). 
Ancora, recentemente, proprio con specifico riferimento alle questioni relative alle distanze tra costruzioni previste dall'art. 9 del D.M. 1444/1968, anche in caso di contrasto tra la normativa locale e quella nazionale, in fattispecie analoga alla presente, si è affermato che “il professionista autore di un progetto edilizio per l'edificazione di una costruzione che si riveli in violazione delle distanze legali è responsabile dei danni conseguentemente patiti dai committenti, essendo questi ultimi eziologicamente correlati al suo inadempimento (nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso, ai sensi dell'art. 2236 c.c., la responsabilità di un architetto per l'avvenuta progettazione di un edificio in violazione dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, sul presupposto che rientrasse nel sapere specialistico del professionista avvedersi del contrasto della normativa urbanistica locale - cui si era uniformato - con quella sovraordinata nazionale)” (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 14527 del 25/05/2023).  ### specie, non è contestato che il citato professionista è stato incaricato della progettazione delle opere oggetto del permesso di costruire n. 37/2011 e del permesso di costruire in variante n. 27/2012 né è contestato che i progetti redatti avevano avuto l'approvazione degli organi amministrativi, sebbene con alcune criticità rilevate dalla stessa pubblica amministrazione. 
Come evidenziato dal c.t.u., il progetto autorizzato dal Comune di ### con ### di ### n.37/2011, rilasciato in data ###, veniva assentito su parere della ### nella seduta del 02.08.2011, in quanto conforme all'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. del P.R.G. vigente all'epoca, nonostante, nel parere istruttorio del 29.07.2011 venivano riscontrate la non conformità dell'intervento alla normativa in materia di distanze di cui al D.M. 1444/1968 e la violazione dei limiti di altezza di cui al citato art.  2.3.3, comma 9 (fissati in 8,50 ml), in quanto il progetto prevedeva la realizzazione di un corpo scala indipendente e fuori sagoma, con un'altezza complessiva di ml 9,74, “condizione la cui legittimità, in caso di approvazione da parte della ### edilizia, andava dimostrata con dichiarazioni e grafici”. 
Quanto al progetto di variante, lo stesso veniva autorizzato dal Comune con ### di ### n. ###/2012 del 01.03.2013, con le seguenti prescrizioni: “le aperture poste sulla parete sud del vano scala siano cieche, ai sensi dell'art. 1.6.4 comma 4 delle N.T.A.  vigenti; sia prevista la realizzazione di n.4 posti auto nell'area di pertinenza, aventi dimensioni in pianta pari a 5,00 x 2,50”. 
In considerazione di tali rilevi e in applicazione dei sopra enunciati principi in punto di responsabilità del progettista, non è possibile qualificare in termini di colpa lieve l'errore commesso dal professionista nel predisporre il progetto di realizzazione della costruzione in difformità dalle norme urbanistiche ed edilizie vigenti, dovendo egli ritenersi tenuto, nei confronti del committente, alla elaborazione di un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico. Rientra, infatti, nel sapere specialistico del tecnico anche l'obbligo di avvedersi dell'eventuale contrasto della normativa urbanistica locale con quella sovraordinata nazionale. 
Il terzo chiamato ### deve, quindi, ritenersi responsabile dei danni subiti dal committente, atteso che la costruzione realizzata deve essere parzialmente demolita a causa delle indicate difformità. 
Non merita di essere condivisa l'eccezione del terzo chiamato ### relativa alla decadenza del convenuto dall'azione risarcitoria, in quanto è noto che il termine di un anno dalla scoperta dei vizi decorre dall'apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della gravità dei difetti e della loro causa da parte del committente. È evidente che tale conoscenza, nella specie, deve essere riferita alla notifica dell'atto di citazione per la riduzione in pristino, non potendo il convenuto acquisire sicura conoscenza dei vizi e delle cause dei difetti sulla scorta di mere diffide stragiudiziali. 
Neppure coglie nel segno l'allegazione del citato terzo in merito alla corretta esecuzione del suo incarico e alla sua funzione di mero “esecutore” della volontà dei committenti. 
Si osserva, infatti, che, da un lato, è rimasta indimostrata l'affermazione secondo cui il professionista avrebbe reso edotti i committenti delle problematiche esistenti e dei contrasti tra la normativa nazionale e quella regolamentare adottata dal Comune di ### in merito alle distanze legali tra edifici, non essendo sufficienti a tal fine i progetti versati in atti dal professionista, in cui vengono proposte diverse ipotesi di realizzazione dell'opera, anche senza sopraelevazione della porzione di edificio in ragione del mancato rispetto della distanza di m 6, come previsto dall'art. 1.6.4 N.T.A.; dall'altro, il fax del 10.5.2010 inviato dal ### (doc. 5 allegato alla comparsa di costituzione e risposta del terzo chiamato ### contiene la mera richiesta, corredata da un sommario schizzo, di elaborazione di un progetto di sopraelevazione con l'aggiunta di un corpo scala rispetto al fabbricato preesistente, con espresso incarico al professionista di realizzare materialmente il progetto e di ottenere i titoli abilitativi. Del resto, come sopra precisato, è irrilevante ai fini dell'esclusione della responsabilità del professionista l'accettazione del committente della eventuale realizzazione in violazione delle distanze legali. 
Deve essere, altresì, disattesa la deduzione del terzo ### in relazione alla corresponsabilità degli attori sull'aggravamento dei danni, per avere il ### atteso cinque anni dal momento in cui aveva investito il proprio legale di occuparsi della questione in oggetto prima di intraprendere il presente giudizio. Dalla documentazione in atti, infatti, non risulta alcun comportamento inerte di parte attrice, che si è attivata in via stragiudiziale sin dal novembre 2013 al fine di ottenere il rispetto della normativa sulle distanze legali (doc. 7 atto di citazione). 
Venendo all'esame delle specifiche poste risarcitorie richieste dal convenuto ### quest'ultimo ha formulato domanda di manleva in relazione alle seguenti conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'accoglimento delle domande di parte attrice: esborso di € 30.977,10 relativo alla perdita di valore dell'edificio degli attori a seguito dell'intervento edilizio; esborso di € 8.157,54 relativo alla indennità danno-servitù; esborso di € 42.805,52 relativo al valore delle opere da realizzare per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi; deprezzamento dell'immobile di parte convenuta a seguito delle opere di riduzione in pristino per € 84.000,00. 
Quanto al primo importo, si evidenzia che il Tribunale ha escluso la risarcibilità della perdita di valore dell'edificio degli attori in caso di permanenza delle opere abusive, avendo disposto la riduzione in pristino. 
Quanto agli importi di € 8.157,54 e € 42.805,52, gli stessi sono stati riconosciuti come dovuti dai convenuti agli attori, pertanto rispetto ad essi, deve essere accolta la domanda di manleva del convenuto ### Quanto all'importo di € 84.000,00, la corresponsione dello stesso deve essere riconosciuta in favore del convenuto, in considerazione della differenza tra il valore di mercato dell'immobile di proprietà ### a seguito dell'intervento edilizio e il valore di mercato del fabbricato a seguito delle opere di riduzione in pristino della porzione realizzata in violazione alle norme urbanistico-edilizie. 
Non merita, invece accoglimento la richiesta del convenuto di condanna del professionista al pagamento degli oneri attinenti allo svuotamento dell'unità immobiliare ed al pregiudizio derivante dalla forzata indisponibilità del bene (stimato dal c.t.u. in € 2.200,00), in quanto formulata in termini generici e sfornita di riscontro probatorio, non avendo il ### dimostrato l'attuale, futura o ipotetica privazione del godimento dell'immobile. 
Ritiene, inoltre, il Tribunale che, in considerazione del fatto che l'esecuzione dell'intervento edilizio ad una distanza non rispettosa quantomeno delle N.T.A. è risultata nota al convenuto ### (sulla base della citata documentazione versata in atti) e che la pubblica amministrazione ha comunque assentito i progetti, nonostante le problematiche riscontrate dallo stesso ufficio tecnico, la responsabilità del professionista deve essere ridotta in misura pari al 50%. 
Il terzo chiamato ### quindi, deve essere chiamato a tenere indenne a tenere indenne e manlevare il convenuto ### di quanto andrà a pagare in dipendenza delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dal parziale accoglimento delle pretese attoree per il complessivo importo di € 67.481,53, oltre interessi dalla domanda al soddisfo. 
Passando alla domanda di manleva formulata da parte del geom. ### nei confronti di ### s.p.a., la stessa è fondata e merita accoglimento. 
La compagnia assicurativa ha eccepito l'inoperatività della polizza, in quanto la copertura assicurativa era limitata alle sole sanzioni inflitte ai clienti nell'ipotesi di errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità, mentre erano esclusi i sinistri derivanti dalla mancata rispondenza delle opere all'uso ed alle necessità cui sono destinate e quelli relativi a sanzione conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (art. 7.3 delle Condizioni generali) e le perdite patrimoniali derivanti da errata progettazione (condizione particolare n. 714). 
Invero, il contratto di assicurazione stipulato tra il geom. ### e ### s.p.a. stabilisce, all'art. 7.1 lett. a) delle ### che l'assicurazione si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge a titolo di risarcimento, in conseguenza di danni corporali e danni materiali cagionati a terzi per i fatti verificatisi in relazione all'attività professionale di geometra, libero professionista, progettista e/o direttore dei lavori o collaudatore delle opere ivi indicate, tra cui rientrano le costruzioni civili. ###. 7.2 contiene un elenco di attività comprese in garanzia, tra cui, per quanto di interesse, l'attività di consulenza in genere (lett.a) e i danni corporali e materiali conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (lett.i).  ###. 7.3 menziona tra i rischi esclusi quelli: derivanti dalla mancata rispondenza delle opere all'uso ed alla necessità cui sono destinate, pur essendo compresi i danni corporali e i danni materiali che derivano dagli stessi effetti pregiudizievoli delle opere stesse (lettera j); relativi a sanzioni in genere conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (lettera l); derivanti da responsabilità volontariamente assunte dall'### e non direttamente derivantigli dalla legge (lettera o). 
Orbene, contrariamente agli assunti di ### s.p.a., a fronte della menzione espressa, tra i sinistri ricompresi nell'ambito della copertura assicurativa, dei danni derivanti dall'errata interpretazione dei vincoli urbanistici, al fine di ritenere esclusi dai rischi coperti i danni derivanti dall'inadempimento oggetto di esame - collegato proprio ad un errata interpretazione dei vincoli urbanistici - occorrerebbe una previsione contrattuale esplicita. Simile pattuizione, tuttavia, non è presente nel contratto di assicurazione, non essendo ravvisabile né nella lett. j né nella lett. o delle CGA richiamate. 
Una disposizione contrattuale esplicita di esclusione si riscontra, invece, nella lett. l delle CGAcon riferimento alle sanzioni applicate in conseguenza dell'errata interpretazione della normativa urbanistica, sicché devono ritenersi non coperti dall'assicurazione i danni relativi alle eventuali sanzioni applicate dal Comune. 
Si rileva, inoltre, che l'assicurato ha sottoscritto la ### - ### di ### del ### completa di tutte le estensioni possibili (714, 715, 718, 719 e 722). 
Va, altresì, rigettata l'eccezione di prescrizione sollevata da ### s.p.a., atteso che la denuncia del sinistro da parte dell'assicurato deve ritenersi tempestiva, emergendo per tabulas l'apertura del sinistro in data ###, quindi in epoca di poco successiva alla notifica dell'atto di chiamata in causa nel presente giudizio in data ### (doc. 1 memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. ###. Peraltro, come rilevato dallo stesso ### la diffida del procuratore degli attori in data ### risulta inviata esclusivamente ai convenuti e non al professionista.  ### va, dunque, condannata a manlevare il geom.  ### di quanto egli è tenuto a pagare al convenuto in ragione della presente sentenza. 
Venendo al governo delle spese di lite, nei rapporti tra attori e convenuti, il parziale accoglimento della domanda attorea giustifica la compensazione delle stesse nella misura di 1/3, mentre i restanti 2/3 vengono posti a carico dei convenuti in ragione della soccombenza principale e si liquidano come in dispositivo, in applicazione del D.M.  55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabile-complessità media e tenuto conto che la difesa ha riguardato più parti aventi la medesima posizione processuale (cfr. ### civile sez. III, 17/04/2024, n.10367). 
Nei rapporti tra convenuto ### e terzo chiamato ### il parziale accoglimento della domanda del primo giustifica la compensazione delle spese di lite nella misura di 1/3, mentre i restanti 2/3 vengono posti a carico del secondo in ragione della soccombenza principale e si liquidano come in dispositivo, in applicazione del D.M.  55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabile-complessità media. 
Nei rapporti fra ### e ### s.p.a. le spese di lite e di mediazione seguono la soccombenza e si liquidano a carico di ### s.p.a. come in dispositivo in applicazione del D.M. 55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabilecomplessità media. 
Le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto, vengono poste a carico di tutte le parti in solido, essendo stata la consulenza disposta ed espletata nell'interesse di tutte le parti.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando nella causa civile n. r.g. 1580/2018, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: - dichiara l'illegittimità della costruzione realizzata dal convenuto, limitatamente a quanto indicato nella parte motiva; - ordina al convenuto ### la demolizione, a propria cura e spese, mediante arretramento dell'immobile di sua proprietà fino al rispetto della distanza dall'edificio prospiciente di metri m. 9,89; - rigetta la domanda di riduzione in pristino nei confronti di ### e ### - condanna i convenuti ##### in solido tra loro, al pagamento in favore degli attori della somma di € 50.962,66, a titolo di risarcimento dei danni, oltre interessi dalla data della presente sentenza al soddisfo; - condanna il terzo chiamato ### al pagamento, in favore del convenuto ### della somma di € 67.481,53, a titolo di risarcimento dei danni, oltre interessi dalla data della presente sentenza al soddisfo; - condanna il terzo chiamato ### s.p.a a tenere indenne e manlevare l'assicurato ### di quanto andrà a pagare in dipendenza della presente sentenza, nei limiti della franchigia indicata in polizza; - compensa le spese di lite tra gli attori e i convenuti nella misura di 1/3; - condanna i convenuti a corrispondere a parte attrice, a titolo di rimborso di 2/3 delle spese di giudizio, la somma di € 11.584,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge; - compensa le spese di lite tra ### e ### nella misura di 1/3; - condanna il terzo chiamato ### a corrispondere al convenuto ### a titolo di rimborso di 2/3 delle spese di giudizio, la somma di € 7.240,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge; - condanna il terzo chiamato ### s.p.a a corrispondere ad ### a titolo di rimborso delle spese di giudizio, la somma di € 10.860,00 per compenso professionale, oltre € 653,30 per esborsi, rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge ed oltre spese di mediazione per € 1.512,00; - pone definitivamente le spese di c.t.u. a carico di tutte le parti in solido tra loro. 
Così deciso in ### il ### 

Il Giudice
dott.ssa ### (atto sottoscritto digitalmente)


causa n. 1580/2018 R.G. - Giudice/firmatari: Silvia Fanesi

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