testo integrale
### del Popolo Italiano Tribunale Ordinario di ### in persona del giudice monocratico Dott.ssa ### ha pronunciato la seguente ### causa iscritta al n. 2902 R.G.A.C. per l'anno 2017, avente ad oggetto: responsabilità professionale promossa da: ### (C.F.: ###), elettivamente domiciliata in ####, alla ### 292, presso lo studio dell'Avv. ### che la rappresenta e difende in forza di procura in calce all'atto di citazione. -ATTRICE ### (c.f. ###), rappresentato e difeso congiuntamente e disgiuntamente dagli Avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliat ###forza di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta -CONVENUTO ### (c.f. ###), rappresentato e difeso dall' Avv. ### ed elettivamente domiciliato in #### 1/E, -CONVENUTO ### (P. Iva.; ###) in persona dell'amministratore l.r.p.t. ed elettivamente domiciliata in ### alla ###. ### 42 presso lo studio dell'avv. ### che la rappresenta e difende in forza di procura in calce all'atto di citazione, - ### e SOCIETÀ ###. ###.L, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall' Avv. ### ed elettivamente domiciliat ###forza di procura allegata in atti, - ### - e ###, in persona del legale rappresentante protempore, rappresentata e difesa dall' #### ed elettivamente domiciliata in ####.
Greco, 6, in forza di procura allegata in atti -### Conclusioni delle parti: come da note in sostituzione dell'udienza del 27.6.2025 ### atto di citazione ritualmente notificato, ### conveniva in giudizio il dott. ### il dott. ### e la casa di cura “### privata ### S.r.l.”, per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza della condotta asseritamente colposa tenuta in occasione dell'intervento chirurgico oculistico eseguito in data ###.
Esponeva parte attrice di essersi sottoposta, in tale data, a un intervento di vitrectomia presso la struttura sanitaria “### Cuore” di ### con impiego di olio di silicone, eseguito dai dott.ri ### e ### a seguito dell'intervento, la paziente lamentava una grave infezione oculare (endoftalmite con cellulite orbitale), che ne richiedeva il ricovero ospedaliero presso il ### universitario di ### in data ###. Tuttavia, già nei giorni 16 e 18 aprile la paziente si era recata presso il centro privato ### di ### struttura dove operava il dott. ### senza che venisse disposto l'immediato ricovero o attivato un adeguato percorso terapeutico.
Parte attrice lamentava, in particolare, l'omessa acquisizione del consenso informato, l'omessa adozione di condotte preventive idonee a evitare l'insorgenza dell'infezione, nonché l'inadeguatezza del successivo iter diagnostico e terapeutico, imputando responsabilità tanto ai sanitari intervenuti quanto alla struttura sanitaria presso cui era stato eseguito l'intervento.
Concludeva, quindi, per l'accertamento della responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale dei convenuti, con condanna in solido tra loro al risarcimento dei danni, quantificati in € 144.078,00, oltre rivalutazione e interessi, con vittoria di spese.
Si costituivano i convenuti, contestando la fondatezza della domanda proposta e negando ogni profilo di colpa, deducendo l'assenza di nesso causale tra la condotta dei sanitari e i danni lamentati dalla paziente; in particolare, la difesa spesa dai medici e dalla struttura sanitaria evidenziava l'assenza di responsabilità per le complicanze insorte, ritenute evidentemente non imputabili a condotte colpose. In particolare, il dott. ### eccepiva, in via preliminare, la nullità dell'atto di citazione per indeterminatezza della domanda, nonché per difetto di adeguata allegazione in ordine ai presunti profili di colpa professionale a lui addebitati. Deduceva, in particolare, la violazione degli artt. 163 e 164 c.p.c., evidenziando come parte attrice avesse omesso di indicare con specificità le condotte asseritamente lesive, nonché il nesso eziologico tra l'intervento chirurgico eseguito e il pregiudizio lamentato, determinando una lesione del diritto di difesa del convenuto e integrando causa di nullità dell'atto introduttivo del giudizio.
Eccepiva, poi, la propria carenza di legittimazione passiva. Esponeva, al riguardo, che dalla documentazione prodotta in atti, ed in particolare dalla cartella clinica, non emergeva alcuna sua partecipazione all'intervento chirurgico oggetto di contestazione, né alcuna responsabilità nella gestione clinica della paziente nei giorni indicati. Rilevava che nessun incarico specifico gli era stato conferito in relazione alla vicenda specifica e che non sussistevano elementi idonei a far presumere un suo coinvolgimento, né sul piano operativo né su quello decisionale. In difetto di prova circa il suo ruolo attivo nella vicenda, concludeva per l'insussistenza di qualsiasi obbligazione risarcitoria a suo carico. Nel merito, contestava la fondatezza della domanda, e anche a voler ipotizzare, in via meramente teorica, un suo coinvolgimento nell'attività contestata, osservava che parte attrice non aveva allegato né dimostrato alcuna condotta colposa a lui riferibile, idonea a fondare una responsabilità professionale. Sosteneva, al contrario, che l'intervento si era svolto nel rispetto delle regole dell'arte medica e che l'evento avverso - ove effettivamente verificatosi - non risultava riconducibile ad errore tecnico o a negligenza a lui imputabile.
Rilevava, inoltre, l'assenza di prova in ordine al nesso causale tra l'intervento e le conseguenze lamentate, le quali rimanevano fondate su mere affermazioni di parte, prive di riscontro oggettivo.
Chiedeva essere autorizzato alla chiamata del terzo, la propria compagnia assicuratrice. ###. ### a sua volta, contestava la fondatezza delle domande formulate nei suoi confronti e rilevava, in via preliminare, l'insussistenza di qualsiasi responsabilità a proprio carico, eccependo che nessuna condotta, commissiva o omissiva, gli fosse imputabile quale causa efficiente del danno lamentato da parte attrice.
Esponeva, in particolare, che l'intervento chirurgico del 15 aprile 2016, cui l'attrice era stata sottoposta presso la ### di ### “### Cuore” di ### era stato eseguito in conformità alle regole dell'arte medica e secondo le indicazioni terapeutiche stabilite in relazione alle condizioni oculari preesistenti, affette da patologie progressive e degenerative.
Evidenziava che l'intervento era stato programmato ed eseguito esclusivamente al fine di contenere l'ipertono oculare, e non già per recupero del visus, come peraltro specificato nel consenso informato sottoscritto dalla paziente. Rappresentava, inoltre, che la procedura era stata eseguita con l'impiego di presidi sterili e con la somministrazione intraoperatoria di profilassi antibiotica (### e ###, secondo i protocolli internazionalmente raccomandati, al fine di prevenire ogni rischio infettivo.
Osservava che l'evento avverso lamentato - endoftalmite post-operatoria - si era manifestato successivamente e non poteva ritenersi riconducibile a negligenza, imperizia o imprudenza da parte del convenuto.
Rilevava, inoltre, che l'attrice, già nella giornata successiva all'intervento (16.4.2016), era stata sottoposta a visita specialistica e immediatamente, per il trattamento della complicanza sopravvenuta, presso struttura ospedaliera adeguata, dove veniva eseguita vitrectomia d'urgenza.
Sottolineava, pertanto, di aver posto in essere ogni condotta diligente e conforme ai protocolli medico-scientifici disponibili.
Chiedeva, infine, di essere autorizzato a chiamare in causa la propria compagnia assicuratrice, ### in forza di apposita polizza di responsabilità civile professionale stipulata tramite la convenzione SOI - Società ###, e di essere tenuto indenne da ogni conseguenza economica derivante dall'eventuale accoglimento, in via subordinata, delle domande attoree.
Il giudice autorizzava la chiamata del terzo con decreto del 24 novembre 2017.
Si costituiva in giudizio la compagnia ### chiamata in causa dal convenuto Dott. ### in forza della polizza collettiva ######3 stipulata dalla ### eccependo in via preliminare l'operatività della garanzia nei limiti e con le esclusioni previste dal contratto. La compagnia deduceva che la copertura assicurativa trovava applicazione nei limiti del massimale di € 515.000,00 e con l'applicazione di franchigie e scoperti, operando esclusivamente per la sola quota di danno eventualmente ascrivibile all'assicurato, con espressa esclusione di ipotesi di responsabilità solidale.
Richiamava, inoltre, l'art. 1910 c.c., evidenziando che l'indennizzo eventualmente spettante all'assicurato era limitato alla sola quota dovuta in base al singolo contratto, e comunque subordinato alla condizione che le somme complessivamente riscosse non superassero l'ammontare del danno. Eccepiva, altresì, la violazione del patto di gestione della lite, deducendo che l'assicurato aveva agito in giudizio senza la preventiva autorizzazione della compagnia, in violazione delle condizioni contrattuali. Tale condotta, ad avviso della convenuta, determinava l'inoperatività della garanzia e l'assenza di ogni obbligo risarcitorio in capo all'assicuratore, se non, eventualmente, il rimborso delle spese sostenute per la difesa, nei limiti contrattuali.
Nel merito, ### contestava integralmente la fondatezza della domanda attorea, aderendo alle difese già articolate dal proprio assicurato. Rilevava, in particolare, l'assenza di prova della responsabilità del Dott. ### né risultando accertato un valido nesso causale tra l'operato sanitario e le patologie denunciate da parte attrice. Contestava, altresì, la valenza probatoria della perizia stragiudiziale versata in atti, trattandosi - secondo consolidato orientamento giurisprudenziale - di mera allegazione difensiva, priva di efficacia dimostrativa autonoma, anche ove asseverata con giuramento dal consulente. Rammentava, infine, che nei giudizi aventi ad oggetto la responsabilità medica, incombe all'attore l'onere di allegare e dimostrare l'esistenza del rapporto di cura, del danno e del relativo nesso causale, spettando poi al sanitario convenuto provare che l'insuccesso dell'intervento sia stato determinato da causa non imputabile. Onere, questo, che nel caso di specie parte attrice non aveva assolto, con conseguente esclusione di ogni obbligo risarcitorio a carico della compagnia.
Con comparsa di costituzione e risposta si costituiva in giudizio la compagnia ### S.p.A., già ###.ni, in qualità di terza chiamata da parte del Dott. ### contestando integralmente le domande formulate nei suoi confronti. In via preliminare, la compagnia eccepiva la limitata operatività della polizza di responsabilità civile professionale n. ### stipulata dal Dott. ### che, per espressa previsione dell'art. 27, punto 7, operava unicamente a secondo rischio ed esclusivamente per la quota di responsabilità diretta dell'assicurato, escludendo espressamente la copertura in caso di responsabilità solidale e prevedendo l'operatività solo in eccedenza rispetto al massimale eventualmente coperto da altra polizza della struttura sanitaria presso cui l'assicurato aveva operato.
Evidenziava, altresì, l'inoperatività della garanzia in relazione a responsabilità derivanti da carenza di consenso informato, come chiaramente escluso dal contratto assicurativo (art. 27, lett. b, delle condizioni generali), salvo quanto previsto per situazioni di stato di necessità. Rilevava, inoltre, che le doglianze attoree, nella parte in cui facevano riferimento all'asserita mancanza di un valido consenso informato o a presunte carenze informative circa le finalità dell'intervento, riguardavano circostanze non riconducibili alla responsabilità assicurata. Nel merito, la compagnia contestava la fondatezza della domanda attorea, osservando che la pretesa risarcitoria era stata prospettata in modo eccessivamente generico e indeterminato, con quantificazione forfettaria pari ad euro 144.078,00, priva di supporto probatorio e non rapportata alla reale entità del danno effettivamente verificatosi. Eccepiva, inoltre, la nullità della domanda nella parte in cui cumulava interessi e rivalutazione senza indicazione di una autonoma causa petendi. Concludeva, pertanto, chiedendo, in via principale, il rigetto integrale della domanda attorea; in subordine, in caso di accoglimento anche parziale, di accertare che la polizza operava a secondo rischio e nei limiti della responsabilità diretta dell'assicurato; infine, in caso di accoglimento della domanda per difetto di consenso informato, di dichiarare l'inoperatività della garanzia e rigettare, per l'effetto, la domanda di manleva spiegata dal Dott. ### Si costituiva in giudizio la ### di ### “### Cuore”, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa come da procura in atti, chiedendo il rigetto della domanda attorea. In via preliminare, parte convenuta precisava che l'intervento chirurgico al quale era stata sottoposta la ### in data ### era stato eseguito in piena conformità alle buone pratiche medicochirurgiche e nel rispetto dei protocolli igienico-sanitari, come documentalmente comprovato. La difesa evidenziava come l'attrice, alla data dell'intervento, presentasse un quadro clinico preesistente fortemente compromesso, con gravi patologie oculari degenerative (glaucoma, atrofia ottica, distrofia maculare), già oggetto di monitoraggio da parte del medico curante dott. ### il quale aveva rilevato - come da relazione del CTP - un visus in OD pari a 2/50 sin dal gennaio 2016. Veniva altresì richiamato il consenso informato sottoscritto dalla paziente in data ###, che escludeva esplicitamente ogni finalità riabilitativa del visus, chiarendo che l'intervento di facoemulsificazione veniva eseguito esclusivamente al fine di abbassare la pressione oculare e prevenire il rischio di complicanze infiammatorie. Sotto altro profilo, parte convenuta smentiva recisamente l'assunto secondo cui l'endoftalmite post-operatoria fosse da ricondurre a carenze igieniche o procedurali della struttura, offrendo dettagliata ricostruzione delle operazioni di sterilizzazione effettuate in data ###, due ore prima dell'intervento, nonché dei prelievi microbiologici eseguiti il giorno precedente (14.04.2016), risultati pienamente conformi ai requisiti normativi. In subordine, si contestava altresì l'esistenza di un nesso causale tra l'intervento eseguito presso la ### di ### e l'insorgenza dell'infezione, rilevando che l'endoftalmite può insorgere anche in ambienti extraospedalieri, e che la paziente si era successivamente sottoposta a visite ed interventi presso altre strutture sanitarie non collegate alla convenuta. Alla luce di tali deduzioni, la ### di ### “### Cuore” chiedeva il rigetto della domanda attorea in quanto infondata, con vittoria di spese e compensi di lite.
La causa, istruita con interrogatorio formale, prova testimoniale e CTU veniva trattenuta in decisione all'udienza del 27.6.2025 con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. MOTIVI DELLA DECISIONE #### ha convenuto in giudizio i dottori ### e ### nonché la ### di ### “### Cuore” di ### presso la quale era stato eseguito un intervento chirurgico all'occhio destro in data 15 aprile 2016, allegando che, a seguito di tale intervento, sarebbe insorta una grave infezione oculare -un'oftalmite-, evolutasi rapidamente in una condizione di cecità permanente dell'occhio interessato.
A fondamento della pretesa risarcitoria, l'attrice ha dedotto che l'intervento sarebbe stato eseguito in violazione delle leges artis e delle buone pratiche medico-chirurgiche, nonché in assenza di adeguato consenso informato, e che il peggioramento delle proprie condizioni visive sarebbe riconducibile a negligenza o imperizia dei sanitari e della struttura.
In considerazione del verificarsi dell'evento lesivo, occorso in epoca antecedente all'entrata in vigore della legge 8 marzo 2017, n.24, deve farsi applicazione del regime previgente alla ### di tal che le fattispecie di cui trattasi potranno essere inquadrate nella responsabilità contrattuale, a prescindere da un formale rapporto di dipendenza tra il medico e la struttura, in quanto fondata sulla ormai ben conosciuta teoria del “contatto sociale” rapporto fattuale qualificato dal quale scaturirebbero obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che sono emersi o sono esposti a pericolo in occasione del contatto stesso.
Analogamente si è ritenuto che anche l'obbligazione del medico dipendente dalla struttura sanitaria nei confronti del paziente, benché non fondata sul contratto, ma sul "contatto sociale", abbia natura contrattuale (Così Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 10050 del 29/03/2022), derivandone l'assoggettamento della struttura presso la quale ha avuto luogo il trattamento sanitario alla regola dettata dall'art. 1228 c.c., nel senso che la struttura stessa risponde dell'inadempimento della prestazione professionale svolta dal medico, quale ausiliario necessario dell'organizzazione aziendale, pur nei casi in cui non vi sia un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, escludendo la distinzione fra responsabilità contrattuale dell'ospedale ed extracontrattuale del medico.
La struttura ospedaliera, pertanto, risponde a titolo contrattuale dei danni patiti dal paziente, per fatto proprio, ex art. 1218 cod. civ., ove tali danni siano dipesi dall'inadeguatezza della struttura, ovvero per fatto altrui, ex art. 1228 cod. civ., ove siano dipesi dalla colpa dei sanitari di cui l'ospedale si avvale. Infatti, in virtù del contratto che si conclude con l'accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, la struttura deve fornire al paziente una prestazione assai articolata, definita genericamente di "assistenza sanitaria", che include, oltre alla prestazione principale medica, anche una serie di obblighi c.d. di protezione ed accessori. Così ricondotta la responsabilità della struttura ad un autonomo contratto (di spedalità), la sua responsabilità per inadempimento si muove sulle linee tracciate dall'art. 1218 cod. civ., e, per quanto concerne le prestazioni mediche che essa svolge per il tramite dei medici propri ausiliari l'individuazione del fondamento di responsabilità dell'ente nell'inadempimento di obblighi propri della struttura consente quindi di abbandonare il richiamo alla disciplina del contratto d'opera professionale e di fondare la responsabilità dell'ente per fatto dei dipendenti sulla base dell'art. 1228 cod. civ. Il rapporto che si instaura tra paziente e ente ospedaliero o casa di cura ha la sua fonte pertanto in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall'assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgono a carico dell'ente, accanto a quelli di tipo "lato sensu" alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. La natura della responsabilità ascrivibile a quanti esercitano la professione sanitaria, ove il paziente in cura subisca dei danni, è stata annoverata quindi dalla giurisprudenza di legittimità nello schema della responsabilità contrattuale, tanto che l'ente ospedaliero sia pubblico che privato, sul rilievo che l'accettazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto. Dalla natura contrattuale del rapporto tra paziente e struttura sanitaria e/o medico consegue anche il regime probatorio tipico della responsabilità contrattuale, laddove il danneggiato, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e/o del medico per l'inesatto adempimento della prestazione sanitaria, deve fornire la prova del contratto (o del "contatto"), dell'aggravamento della situazione patologica (o dell'insorgenza di nuove patologie) e del relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari, restando a carico dell'obbligato la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile ### quindi al paziente la dimostrazione dell'aggravamento della sua situazione patologica o l'insorgenza di nuove patologie in conseguenza della prestazione medica, e ciò risulta idoneo a fondare una presunzione semplice in ordine all'inadeguata o negligente prestazione, a norma dell'art. 1218 c.c.: l'inadempimento del sanitario in relazione alla propria obbligazione deve essere valutato alla stregua del dovere di diligenza particolarmente qualificato inerente lo svolgimento della sua attività professionale (art. 1176, comma 2, c.c.). È onere dell'obbligato fornire la prova che la prestazione professionale è stata eseguita in modo idoneo e diligente ovvero che l'inadempimento, pur esistendo, non era stato eziologicamente rilevante ovvero ancora che i lamentati esiti peggiorativi sono stati determinati da un evento imprevisto ed imprevedibile, eventualmente in dipendenza di una particolare condizione fisica del paziente, non accertabile e non evitabile con l'ordinaria diligenza professionale (cfr sul punto Cass. Sez. 3, Ord. N. 27142 del 21.10.2024).
Un ulteriore aspetto della responsabilità professionale è il requisito del nesso di causalità tra condotta ed evento dannoso. Tale accertamento costituisce un prius logico rispetto ad altre questioni, infatti, in ordine all'accertamento del nesso eziologico, i principi generali che regolano la causalità di fatto sono, anche in materia civile, in assenza di altre norme nell'ordinamento in tema di nesso eziologico, quelli delineati dagli artt. 40 e 41 c.p., sul cui fondamento è stata elaborata la teoria della “regolarità causale” o “causalità adeguata” per la quale, all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano (ad una valutazione ex ante) del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile nel senso che, nell'accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non" (Cass., Civ. Sez. III, n. 5922 5/03/2024).
Il giudice deve, quindi, verificare la validità dell'ipotesi di esistenza del nesso causale nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell'evidenza disponibile, così che, all'esito del ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l'esistenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva e, in ogni caso, colpevole della struttura sanitaria sia stata condizione necessaria dell'evento lesivo con elevato grado di “credibilità razionale o probabilità logica”.
Essendo questi i principi che regolano il procedimento logico-giuridico ai fini della ricostruzione del nesso causale, ciò che muta sostanzialmente tra il processo penale e quello civile è la regola probatoria, in quanto nel primo vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" , mentre nel secondo vige la regola della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non", stante la diversità dei valori in gioco nel processo penale tra accusa e difesa, e l'equivalenza di quelli in gioco nel processo civile tra le due parti contendenti.
Nel caso - come quello di specie - in cui venga dedotto un danno da infezione nosocomiale spetta all'attore dimostrare il danno e il nesso causale tra il pregiudizio e l'infezione, mentre è onere della struttura ospedaliera dimostrare di avere adottato tutte le cautele prescritte dalle normative e dalle leges artis per la salvaguardia delle condizioni igieniche dei locali e la sterilizzazione della strumentazione chirurgica eventualmente adoperata, nonché di aver adeguatamente trattato l'infezione in atto. Recentemente, la Corte di cassazione si è pronunciata riguardo all'onere probatorio gravante sulle strutture sanitarie in caso di infezioni nosocomiali, stilando un vademecum che, nel caso di specie, è opportuno richiamare integralmente. E infatti, nella sentenza n. 6386/2023, la Suprema Corte afferma che “In tema di infezioni nosocomiali, la responsabilità della struttura sanitaria non ha natura oggettiva, sicché, a fronte della prova presuntiva, gravante sul paziente, della contrazione dell'infezione in ambito ospedaliero, la struttura può fornire la prova liberatoria di aver adottato tutte le misure utili alla prevenzione delle stesse, consistente nell'indicazione: a) dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali; b) delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria; c) delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami; d) delle caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande; e) delle modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti; f) della qualità dell'aria e degli impianti di condizionamento; g) dell'avvenuta attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica; h) dei criteri di controllo e di limitazione dell'accesso ai visitatori; i) delle procedure di controllo degli infortuni e della malattie del personale e delle profilassi vaccinali; j) del rapporto numerico tra personale e degenti; k) della sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio; l) della redazione di un "report" da parte delle direzioni dei reparti, da comunicarsi alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella; m) dell'orario delle effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio.” ( così pure Cass. Sez. 3 , Ordinanza n. 16900 del 13/06/2023).
Delineata così la cornice probatoria, occorre passare all'esame delle circostanze del caso specifico. Dalla documentazione sanitaria risulta che i dottori ### e ### in qualità di chirurghi operatori, hanno materialmente eseguito l'intervento di facoemulsificazione con impianto intraoculare (### all'occhio destro della ### il ###, presso la ### di ### “### Cuore”. Il giorno successivo, il ###, in seguito alla comparsa dei sintomi post-operatori, la paziente è stata sottoposta a vitrectomia presso il ### “### della Consolazione” di ### eseguita dai dottori ### e ### Nel corso del giudizio sono stati escussi i testimoni indicati, tra cui gli operatori sanitari e il personale infermieristico della ### di ### ed è stato esperito l'interrogatorio formale dei dottori ### e ### Le loro dichiarazioni hanno consentito di ricostruire in modo preciso le circostanze dell'intervento chirurgico cui è stata sottoposta la ### Il dott. ### ha riferito che la paziente era da tempo affetta da una cataratta facolitica all'occhio destro, con ipertono refrattario, visus pressoché nullo e pregressa maculopatia.
In considerazione del peggioramento clinico, aveva ritenuto necessario procedere con l'intervento, regolarmente eseguito nel 2016 anche all'occhio controlaterale senza complicazioni. Il dott. ### ha precisato di non aver partecipato né alla visita preoperatoria né alla valutazione anestesiologica, e di essersi limitato a eseguire l'intervento programmato da altro sanitario. Ha, inoltre, confermato che l'intervento eseguito - facoemulsificazione con vitrectomia - è di brevissima durata, viene eseguito in anestesia locale, ed è stato praticato solo dopo il consenso dell'anestesista e l'effettuazione degli esami preliminari.
Anche i testimoni, tecnici della clinica convenuta, tra cui il coordinatore infermieristico e l'addetto alla sterilizzazione, hanno riferito che la procedura si è svolta secondo i protocolli interni regolarmente adottati, confermando che gli strumenti utilizzati risultavano correttamente sterilizzati, come da scontrino n. 2627 registrato in cartella clinica.
In relazione al decorso post-operatorio, è stato confermato che il giorno successivo all'intervento la paziente manifestava sintomi compatibili con endoftalmite acuta, per la quale veniva tempestivamente trasferita presso altra struttura pubblica per l'esecuzione di vitrectomia d'urgenza.
È stato infine confermato da più fonti che, già prima dell'intervento, il visus dell'occhio destro risultava compromesso, fino a risultare “spento” come riportato in cartella clinica. Orbene, va in primo luogo richiamato l'esito della consulenza tecnica d'ufficio espletata nel corso del giudizio dai dottori ### medico chirurgo specialista in medicina legale, e ### medico chirurgo specialista in malattie infettive, che ha consentito di accertare, con sufficiente grado di attendibilità tecnico-scientifica, i fatti rilevanti ai fini della decisione. ### hanno puntualmente ricostruito l'intervento effettuato. ### è stata sottoposta, in data 15 aprile 2016, presso la ### di ### “### Cuore” di ### a intervento chirurgico di facoemulsificazione con impianto di cristallino artificiale (### all'occhio destro, eseguito dal dott. ### Tale intervento, come riferito dai consulenti tecnici, aveva natura routinaria e non presentava particolari profili di complessità tecnica. Il trattamento era finalizzato esclusivamente alla gestione dell'ipertono oculare, considerato che — secondo la documentazione medica e la valutazione peritale — il visus dell'occhio destro risultava già compromesso in maniera irreversibile prima dell'intervento stesso. A brevissima distanza dalla dimissione post-operatoria, la paziente ebbe a sviluppare una grave complicanza infettiva, consistente in endoftalmite acuta, che rese necessaria una vitrectomia urgente, eseguita in data ###, un primo ricovero presso l'### di ### prolungata terapia antibiotica e un ulteriore ricovero in regime di day surgery in data 5 maggio 2016. ###, per tempistiche e caratteristiche cliniche, è stata qualificata dai consulenti come nosocomiale o correlata all'assistenza, cioè compatibile con una contaminazione avvenuta nel corso dell'intervento o in ambito post-operatorio.
Si tratta, secondo la ### di una complicanza nota e documentata nella letteratura scientifica, oggetto di specifiche raccomandazioni da parte della Società ### sin dal 2013. Quanto alla condotta sanitaria, i consulenti hanno rilevato che, in termini formali, risultano documentate le misure di prevenzione dell'endoftalmite (profilassi antibiotica pre-, intrae post-operatoria; utilizzo di antibiotico intracamerale; prescrizione di levofloxacina), in linea con le buone pratiche cliniche accreditate.
Tuttavia, la struttura sanitaria non ha prodotto documentazione idonea a dimostrare l'effettiva messa in atto, nel caso concreto, delle misure raccomandate per la prevenzione delle infezioni correlate all'assistenza. In particolare, mancano verbali del ### (###, report sull'andamento delle infezioni nosocomiali, documenti relativi alla tracciabilità dei controlli microbiologici ambientali e strumentali, e dati sull'incidenza delle infezioni nel periodo interessato. Tale carenza documentale, pur non integrando di per sé una prova diretta di colpa, incide sul piano dell'onere probatorio ex art. 1218 c.c., giacché spetta alla struttura sanitaria dimostrare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il verificarsi dell'evento dannoso.
Il danno subito dalla ### può essere ricondotto, in via esclusiva, all'infezione nosocomiale sopravvenuta all'intervento chirurgico del 15 aprile 2016. Sebbene tale infezione non abbia determinato un aggravamento del quadro visivo né un danno permanente di natura biologica — stante la già avvenuta compromissione irreversibile del visus dell'occhio destro — essa ha tuttavia generato un pregiudizio transitorio alla salute della paziente, consistito nella necessità di sottoporsi a vitrectomia d'urgenza, ricoveri ospedalieri e prolungata terapia antibiotica. ### infettivo, come chiaramente rilevato dai consulenti tecnici d'ufficio, non può considerarsi né eccezionale né imprevedibile, rientrando tra le complicanze note dell'intervento di facoemulsificazione e oggetto di specifiche raccomandazioni preventive da parte della Società ### fin dal 2013. In particolare, i periti attribuiscono la causa dell'endoftalmite a una rottura del circuito di sterilità e a un'“evidente migrazione batterica intraoperatoria”, riconducibile a una contaminazione occorsa durante l'intervento. In tal senso, si legge chiaramente nella relazione peritale che la contaminazione sopravvenuta “chiama in causa l'adeguatezza delle misure di controllo e prevenzione delle infezioni correlate all'assistenza” adottate dalla struttura sanitaria.
Pur in assenza di specifici profili di colpa individuale in capo al dott. ### o agli operatori sanitari coinvolti — la cui condotta, secondo i periti, è risultata conforme alle linee guida cliniche in tema di profilassi antibiotica e prassi operatorie — il nesso eziologico tra l'infezione nosocomiale e il danno da inabilità temporanea deve ritenersi sussistente, secondo il criterio del “più probabile che non”. Ne consegue che sussistono gli estremi per affermare la responsabilità contrattuale della sola struttura sanitaria, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., in quanto non risulta fornita prova dell'esatto adempimento delle obbligazioni di prevenzione e sorveglianza clinica, né prova liberatoria circa l'inevitabilità dell'evento infettivo.
Il pregiudizio subito dalla paziente, pur nella sua natura transitoria, si colloca all'interno dell'area di rischio gestibile dalla struttura sanitaria mediante misure organizzative e precauzionali, la cui effettiva adozione non risulta adeguatamente documentata.
Sotto il profilo causale, la consulenza ha escluso che l'endoftalmite abbia aggravato il quadro visivo della paziente, atteso che il visus dell'occhio destro risultava clinicamente spento già prima dell'intervento.
Pertanto, non sussiste un danno permanente di natura biologica riconducibile alla condotta dei sanitari e, in definitiva, il valore del danno subito da ### per effetto dell'evento lesivo occorso in data ### in un danno da inabilità temporanea derivante dalla necessità di cure, ricoveri e terapia farmacologica antibiotica, è stato quantificato in: giorni 15 di inabilità temporanea assoluta (di cui 10 in ricovero ospedaliero); giorni 45 di inabilità temporanea parziale al 50%.
Per la quantificazione del danno non patrimoniale si farà ricorso alle ### milanesi che consentono la corretta determinazione ( Cass. Civ. n. ### del 2021 e Cass. Civ. n. ### del 2021). In applicazione dei criteri delle ### del Tribunale di Milano (2024), il relativo importo risarcitorio è determinato in complessivi 4.312,50 di cui 1.725,00 per ITT e 2.587,50 per ITP al 50%. La liquidazione del danno è all'attualità e sulla somma anzidetta, devalutata alla data del sinistro risalente al 15.4.2016, e rivalutata anno per anno secondo gli indici ### sono dovuti gli interessi legali, a partire dalla medesima data fino alla pubblicazione della sentenza e dalla data della pubblicazione sono dovuti gli interessi legali sull'intera somma fino all'effettivo soddisfo.
Sulla domanda di risarcimento per danno patrimoniale, parte attrice ha allegato agli atti tre assegni bancari recanti la propria sottoscrizione: - uno, dell'importo di € 600,00, datato 02/12/2015, intestato a ### S.r.l.; - due, dell'importo di € 1.750,00 ciascuno, privi sia di data che di indicazione del beneficiario. Tali documenti, in assenza di ulteriori riscontri probatori, non consentono di ritenere provato l'effettivo sostenimento di spese mediche causalmente collegate all'infezione contratta presso la struttura sanitaria convenuta. In particolare, con riferimento all'assegno intestato a ### S.r.l., non è stata allegata alcuna documentazione fiscale (fattura o ricevuta) o clinica (relazione, referto, attestazione di prestazione sanitaria) da cui si evinca che la somma sia stata effettivamente versata per prestazioni mediche connesse all'evento dannoso per cui
è causa. Quanto ai restanti due assegni, l'assenza di qualunque elemento identificativo (data e beneficiario) ne esclude del tutto la riferibilità a spese mediche inerenti al sinistro dedotto in giudizio. La Corte di cassazione ha in proposito chiarito che la mera produzione di un assegno, anche recante l'indicazione del beneficiario, non costituisce prova del pagamento né del collegamento causale con il danno, se non accompagnata da idonea documentazione giustificativa (cfr. Cass. civ., ord. 4 giugno 2021, n. 15709). In difetto, nel caso di specie, di qualsiasi documentazione clinica o fiscale di riscontro, deve ritenersi non raggiunta la prova del danno patrimoniale. La relativa domanda è, pertanto, infondata e deve essere rigettata.
Quanto al profilo psichico, la relazione medico-legale ha escluso la configurabilità di un danno da “recrudescenza depressiva”, in quanto la paziente risultava affetta da disturbo depressivo maggiore ad andamento ricorrente sin dal 2011 e in cura farmacologica antecedente alla vicenda; né alcuna ulteriore incidenza è stata riscontrata dall'evento sulla paziente tale da aggravarne il profilo psicologico.
Infine, quanto al modulo di consenso informato, regolarmente sottoscritto dalla paziente, risulta conforme al modello approvato dalla Società ### e contempla espressamente i rischi di complicanze infettive post-operatorie, tra cui l'endoftalmite; dunque, nessun indice di carenza sotto il profilo informativo appare riscontrata.
Le spese seguono la soccombenza, oltre al principio di causalità, e le liquidazioni si effettuano come da dispositivo, in base ai parametri forensi vigenti - D.M. 55/2014 e succ mod., tenendo conto del valore accertato e della natura del giudizio, nei minimi. Spese di CTU definitivamente a carico della ### di ### P.Q.M. il Tribunale di ### definitivamente pronunziando nella causa civile di primo grado, indicata in epigrafe, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - Accoglie la domanda proposta da ### nei confronti della ### S.r.l. per quanto di ragione e condanna la ### srl a pagare in favore dell'attrice la somma di € 4.312,50, a titolo di danno biologico temporaneo, oltre interessi liquidati come in parte motiva; - Rigetta la domanda proposta nei confronti dei sanitari dott. ### e dott. ### - Condanna la ### srl al pagamento delle spese di lite, liquidate in complessivi € 1.276,00 per onorari, spese, oltre al rimborso forfetario spese generali nella misura del 15%, iva e cpa come e se per legge dovuti, in favore dello Stato, essendo l'attrice ammessa al patrocinio a spese dello Stato; -condanna l'attrice a rifondere le spese di lite in favore dei Dott. ### e ### oltre che nei confronti delle società assicurative ### di assicurazione coop. a r.l, e ### limited., che liquida per ciascuno di essi in euro 1.276,00 per onorari, spese, oltre al rimborso forfetario spese generali nella misura del 15%, iva e cpa come e se per legge dovuti; - Pone le spese della consulenza tecnica d'ufficio definitivamente a carico della ### S.r.l.. ### 7.11.2025 Il Giudice Dott.
causa n. 2902/2017 R.G. - Giudice/firmatari: Ferraro Adele