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Tribunale di Lamezia Terme, Sentenza n. 351/2025 del 12-09-2025

... e/o di quelli ad essa prodromici; ha un interesse (giuridicamente apprezzabile) a dolersene perché vuole non già sottrarsi al pagamento del debito (che non nega), ma ai danni e alle spese ulteriori conseguenti all'altrui azione esecutiva e/o ai singoli atti in cui essa si estrinseca; nella seconda, invece, l'opponente nega a monte l'azione esecutiva o per inesistenza (originaria o sopravvenuta) del titolo esecutivo o perché sostiene che esso abbia un contenuto diverso da quello preteso dal creditore o, ancora, perché i beni staggiti (nell'esecuzione per espropriazione, oggi non rilevante) sono impignorabili. E poiché la qualificazione giuridica d'una domanda necessariamente postula l'individuazione dell'interesse ad agire che ne è a monte, nel caso in cui sia dedotta l'omessa notifica della cartella al fine di far valere fatti estintivi del credito, l'interesse del ricorrente è solo quello, in pratica, di negare di essere debitore (per sopravvenuta prescrizione, a suo dire, del credito); 19. a fronte della notifica di una intimazione di pagamento il contribuente può quindi proporre opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. con diverse finalità: in funzione recuperatoria (leggi tutto)...

testo integrale

N. 702/2021 RG REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI LAMEZIA TERME ### E ### in persona del Giudice, Dott.ssa ### a seguito all'udienza del giorno 4 luglio 2025, tenutasi mediante trattazione scritta ai sensi degli artt. 127 e 127 ter c.p.c, ha pronunciato, mediante deposito di motivazione contestuale, la seguente ### nella causa iscritta al n. 702/2021 #### (C.F. ###), nato a #### il ### e ivi residente ###, rappresentato e difeso dall'### ed elettivamente domiciliat ###presso lo ### dell'### come da procura in atti.  ### - ### (C.F. ###) con sede ###, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente dagli avvocati ### e ### ed elettivamente domiciliat ####### alla via ### D'### n. 5, come da procura in atti; ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 12/09/2025
E ### L'#### -INAIL - ### di ### C.F. ###, in persona del ### per la ### in carica pro tempore, rappresentato e difeso dall'### presso il cui studio, sito in ### alla ### n. 60 elettivamente domicilia, come da procura in atti; ###É CONTRO ### - ### (P.IVA ###), con sede ###, nella persona del suo legale rappresentante; ###: opposizione ad intimazione di pagamento n. ###501180000 limitatamente alle cartelle di pagamento n. ###, ###207615000, ###196374000, n. ###240273000 e n. ###802664000.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1.Con ricorso depositato il ###, ### proponeva opposizione avverso l'intimazione di pagamento n. ###501180000, notificata a mezzo ### A/R da ### delle ### in data ###, limitatamente alle cartelle di pagamento ###, ###207615000, n. ###196374000, ###240273000 e n. ###802664000. 
Nel merito, il ricorrente eccepiva: l'omessa notifica delle cartelle di pagamento e l'intervenuta prescrizione dei crediti ad esse sottesi. Chiedeva, quindi, il parziale annullamento dell'atto impugnato con vittoria di spese di lite.  2.Con memoria difensiva tempestivamente depositata in data ###, si costitutiva in giudizio l'### che eccepiva l'inammissibilità dell'opposizione per mancato rispetto dei termini di cui all'art.  24 D. Lgs. n. 46/99 e, in ogni caso, per violazione del termine di cui all'art. 617 c.p.c. nonché il proprio difetto di legittimazione passiva. Concludeva chiedendo il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.  3. Si costituiva, con atto depositato il ###, l'INAIL eccependo l'inammissibilità dell'opposizione, in via pregiudiziale, per carenza di interesse ad agire e, in via principale, per Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 12/09/2025 mancato rispetto del termine di cui all'art. 24 D.Lgs. n. 46/1999; nel merito chiedeva il rigetto della domanda perché infondata in fatto ed in diritto.  4.All'udienza del 18.01.2024 veniva dichiarata la contumacia dell'### che, nonostante la regolare e tempestiva notifica del ricorso e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza, non aveva inteso costituirsi in giudizio. 
A seguito dell'udienza del giorno 04.07.2025, tenutasi mediante trattazione scritta, lette le note in sostituzione di udienza, la causa veniva decisa come dalla presente sentenza con motivazione contestuale.  5.Al fine di inquadrare la materia oggetto del contendere, appare opportuno richiamare i principi giurisprudenziali espressi in materia di impugnazione di atti di riscossione di contributi previdenziali e premi assicurativi, evidenziati nella sentenza della Corte di Cassazione, n. 18256 del 02/09/2020, che ha affermato: «13. il sistema normativo delle riscossioni delineato dal D.Lgs. n. 46 del 1999, all'art. 17, comma 1, agli artt. 24, 25, 29, dal D.L. n. 78 del 2010, art. 30, comma 1, conv. in L. n. 122 del 2010, dal D.P.R. n. 602 del 1973 e dal D.Lgs. n. 112 del 1999, consente al debitore dei premi o contributi dovuti agli enti pubblici previdenziali e non versati nei termini previsti da disposizioni di legge o dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici, di proporre tre diversi tipi di opposizione (cfr. Cass. 16425 del 2019; n. 6704 del 2016; n. 594 del 2016; n. 24215 del 2009; in materia di riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie cfr. Cass. n. 21793 del 2010; n. 6119 del 2004): a) opposizione al ruolo esattoriale per motivi attinenti al merito della pretesa contributiva ai sensi del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, commi 5 e 6, nel termine di giorni quaranta dalla notifica della cartella di pagamento, davanti al giudice del lavoro; b) opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. ove si contesti la legittimità dell'iscrizione a ruolo per la mancanza di un titolo legittimante oppure si adducano fatti estintivi del credito sopravvenuti alla formazione del titolo (quali, ad esempio, la prescrizione del credito, la morte del contribuente, l'intervenuto pagamento della somma precettata) o si pongano questioni attinenti alla pignorabilità dei beni, sempre davanti al giudice del lavoro nel caso in cui l'esecuzione non sia ancora iniziata (art. 615 c.p.c., comma 1) ovvero davanti al giudice dell'esecuzione se la stessa sia già iniziata (art. 615 c.p.c. comma 2 e art. 618 bis c.p.c.); c) opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c. nel termine perentorio di venti giorni dalla notifica del titolo esecutivo o del precetto per i vizi formali del procedimento di esecuzione, compresi i vizi strettamente attinenti al titolo ovvero alla cartella di pagamento nonché alla notifica della stessa o quelli riguardanti i successivi avvisi di mora, da incardinare anche in questo caso davanti al giudice dell'esecuzione o a quello del lavoro a seconda che l'esecuzione sia già iniziata (art. 617 c.p.c.  comma 2) o meno (art. 617 c.p.c., comma 1); Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 12/09/2025 14. lo strumento dell'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c. può essere utilizzato anche in funzione recuperatoria dell'opposizione di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, ove si alleghi la omessa notifica della cartella di pagamento, in funzione della deduzione di fatti estintivi del credito relativi alla formazione del titolo e salvo il rispetto della disciplina applicabile all'azione recuperata, in particolare quanto al rispetto del termine di decadenza di 40 giorni; 15. questa Corte ha statuito che “###ipotesi di opposizione a cartella esattoriale per omissioni contributive, ove ne sia accertata la nullità della notifica, il momento di garanzia può essere recuperato utilizzando il primo atto idoneo a porre il soggetto interessato in grado di esercitare validamente il proprio diritto di difesa, rispetto al quale andrà verificata la tempestività dell'opposizione, con la conformazione della disciplina applicabile a quella dettata per l'azione recuperata. (Così statuendo, la S.C., in presenza di una notifica insanabilmente nulla perché recante una “relata in bianco”, ha individuato il primo atto utile nella successiva intimazione di pagamento)” (Cass., sez. 6 n. 24506 del 2016); 16. ha ulteriormente chiarito che “In materia di riscossione di contributi previdenziali, l'opposizione avverso l'avviso di mora (ora intimazione di pagamento) con cui si faccia valere l'omessa notifica della cartella esattoriale, deducendo fatti estintivi relativi alla formazione del titolo (nella specie la prescrizione quinquennale del credito ai sensi della L. n. 335 del 1995, ex art. 3, commi 9 e 10), ha la funzione di recuperare l'impugnazione non potuta esercitare avverso la cartella, che costituisce presupposto indefettibile dell'avviso, e deve essere pertanto qualificata come opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c. e non come opposizione agli atti esecutivi” (Cass. 29294 del 2019; n. 22292 del 2019; n. 28583 del 2018; n. 594 del 2016); 17. premesso che l'opposizione all'esecuzione altro non è che un tipo di azione di accertamento negativo del credito (cfr., ad es., Cass. n. 12239 del 2007), si è sottolineato che “laddove l'opposizione ex art. 615 c.p.c. sia proposta in funzione recuperatoria dell'opposizione ex art. 24 non potuta esercitare per omessa notifica della cartella, la censura di mancata notifica della cartella non vale a negare l'esistenza di un titolo esecutivo ma esclusivamente a recuperare la tempestività dell'opposizione (come - appunto - segnala Cass. n. 28583 del 2018, cit.), ed è altresì funzionale all'eccezione di prescrizione (per negarne preventivamente l'interruzione), cioè pur sempre ad una questione inerente al merito della pretesa creditoria” (così Cass. n. 22292 del 2019; n. 29294 del 2019); 18. sulla differenza tra opposizione agli atti esecutivi e opposizione all'esecuzione si è chiarito come “la prima tende a paralizzare temporaneamente l'azione esecutiva o determinati atti esecutivi, mentre la seconda è volta a negarla in radice. La differenza è di notevole spessore: nel primo caso l'opponente riconosce l'altrui azione esecutiva, ma sostiene che non vi sia stato un regolare Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 12/09/2025 svolgimento del processo esecutivo per meri vizi formali degli atti di esecuzione e/o di quelli ad essa prodromici; ha un interesse (giuridicamente apprezzabile) a dolersene perché vuole non già sottrarsi al pagamento del debito (che non nega), ma ai danni e alle spese ulteriori conseguenti all'altrui azione esecutiva e/o ai singoli atti in cui essa si estrinseca; nella seconda, invece, l'opponente nega a monte l'azione esecutiva o per inesistenza (originaria o sopravvenuta) del titolo esecutivo o perché sostiene che esso abbia un contenuto diverso da quello preteso dal creditore o, ancora, perché i beni staggiti (nell'esecuzione per espropriazione, oggi non rilevante) sono impignorabili. E poiché la qualificazione giuridica d'una domanda necessariamente postula l'individuazione dell'interesse ad agire che ne è a monte, nel caso in cui sia dedotta l'omessa notifica della cartella al fine di far valere fatti estintivi del credito, l'interesse del ricorrente è solo quello, in pratica, di negare di essere debitore (per sopravvenuta prescrizione, a suo dire, del credito); 19. a fronte della notifica di una intimazione di pagamento il contribuente può quindi proporre opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. con diverse finalità: in funzione recuperatoria dell'opposizione ex art. 24 cit. ove alleghi l'omessa notifica della cartella e faccia valere il decorso del termine ### di prescrizione tra la data di maturazione del credito contributivo e l'intimazione, per l'assenza in tale intervallo di atti interruttivi (tale azione va proposta nel termine perentorio di 40 giorni dalla notifica dell'intimazione); oppure per far valere l'inesistenza del titolo esecutivo a monte (ad es. per mancata iscrizione a ruolo) e quindi per contestare il diritto della parte istante di procedere a esecuzione forzata (tale opposizione non è soggetta a termine di decadenza); ancora, per far valere fatti estintivi del credito successivi alla formazione del titolo e quindi alla notifica della cartella di pagamento, al fine di far risultare l'insussistenza del diritto del creditore di procedere a esecuzione forzata (anche in tal caso senza essere soggetto a termini di decadenza); 20. questa Corte con la sentenza n. ### del 2019 ha precisato: “### ipotesi in cui...il debitore affermi che la cartella esattoriale non gli è stata notificata, può agire sulla base delle risultanze dell'estratto di ruolo ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, recuperando l'azione preclusa a causa della mancata o irrituale notifica (così come ammesso da Cass. S.U. n. 7931 del 29/03/2013 e successive sentenze conformi); può anche proporre ex art. 615 c.p.c. la più generale azione di accertamento negativo del debito contributivo. Solo nel secondo caso, venendo in questione tutto il merito contributivo e non solo le questioni anteriori alla notifica della cartella, potrà procedersi all'accertamento del decorso del termine di prescrizione eventualmente maturato anche successivamente alla notifica della cartella che dovesse risultare ritualmente effettuata”; 21. le pronunce richiamate hanno ben delineato la diversa natura delle due azioni, opposizione ex art. 24 cit. e opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., ciascuna retta da un distinto interesse Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 12/09/2025 ad agire, nonché la possibilità di cumulo delle stesse, cioè di proposizione nel medesimo giudizio ( Cass. n. 29294 del 2019; n. ### del 2019); 22. quanto agli oneri di allegazione, si è puntualizzato (Cass. n. ### del 2019) che “In materia contributiva, la prescrizione maturata successivamente alla notifica della cartella esattoriale può essere rilevata d'ufficio in ogni stato e grado del processo, a condizione che tale questione sia stata correttamente introdotta nel processo, in coerenza con il principio della domanda, e sia, quindi, pertinente al tema dell'indagine processuale così come ritualmente introdotto in giudizio; ne consegue che il ricorrente per cassazione, che si dolga della sua mancata valutazione ad opera del giudice di merito, ha l'onere di precisare in quali termini sia stata formulata la domanda inizialmente proposta, e se ed in che modo sia stato sollecitato il dibattito processuale su tale specifica questione” (cfr. anche Cass., sez. 6 n. 14135 del 2019)» […] […] 30. “deve ritenersi che ove il ricorrente in opposizione a intimazione di pagamento eccepisca fatti estintivi del credito contributivo allegando i dati relativi al decorso del termine prescrizionale dalla data di maturazione del credito e fino alla notifica dell'atto di intimazione nonché quelli relativi al decorso del termine prescrizionale in epoca successiva alla, sia pure contestata, notifica della cartella di pagamento, debbano ritenersi proposte due distinte domande ai sensi dell'art. 615 c.p.c., la prima in funzione recuperatoria della opposizione ex art. 24 D.lgs. n. 46/1999 e la seconda come volta, in via subordinata, a far valere fatti estintivi del credito successivi alla notifica (ove accertata) della cartella, con conseguente obbligo di pronuncia su ciascuna di esse”.  6.Bisogna preliminarmente rilevare che il ricorso è riconducibile alla fattispecie dell'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c. che può essere proposta con diverse finalità: se non è proposta in funzione recuperatoria dell'opposizione di cui all'art. 24 D.lgs. 46/1999 nel termine di 40 giorni dalla notifica dell'atto impugnato, è uno strumento che, di regola, può essere utilizzato, senza essere soggetto a termini di decadenza, per far valere l'inesistenza del titolo esecutivo a monte o per far valere fatti estintivi del credito successivi alla formazione del titolo e quindi alla notifica della cartella di pagamento al fine di far risultare l'insussistenza del diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata (Cass. civ. n. 18256 del 02.09.2020). 
Nel caso di specie, il ricorso non può essere considerato recuperatorio dell'opposizione di cui all'art. 24 D.lgs. 46/1999 per mancato rispetto del termine di 40 giorni (la notifica dell'intimazione di pagamento impugnata risale pacificamente al 13.12.2019 mentre l'atto introduttivo del procedimento è stato depositato il ###), ma è comunque inquadrabile nell'ambito di applicazione di cui all'art. 615 c.p.c. in quanto è diretto a contestare il diritto della controparte di procedere ad esecuzione forzata sulla base dell'assenza di atti interruttivi del termine quinquennale tra la notifica degli avvisi di addebito e la notifica dell'atto impugnato. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 12/09/2025 7.Ne consegue, quindi che le doglianze attinenti alla presunta nullità dell'intimazione impugnata per omessa notifica degli atti presupposti sono inammissibili per tardività del ricorso (l'intimazione di pagamento è stata pacificamente notificata in data ### mentre il ricorso è stato depositato in data ###) che non può più, quindi, riguardare la valutazione della prescrizione c.d. antecedente (ovvero intercorrente tra la data di maturazione del credito contributivo e l'atto presupposto di cui parte ricorrente nega la notifica): l'opposizione di cui è causa, stante la ormai irretrattabilità del credito, non può essere più utilizzata in funzione recuperatoria dell'art. 24 D.lgs. n. 46/1999 per violazione del termine dei 40 giorni dalla notifica dell'intimazione di pagamento e ciò nonostante la valida prova della notifica degli atti presupposti non sia stata fornita neanche dalle convenute #### e ### 8. Alla luce di quanto precede, l'unica valutazione (alla luce dell'orientamento espresso in Cass. n. 18256 del 02.09.2020) riguarda solo la sussistenza o meno della prescrizione c.d. sopravvenuta. 
Pertanto, con riferimento alle cartelle di pagamento: • n. ###, avente ad oggetto rate premio ### e relative sanzioni degli anni 2008 e 2009; • ###207615000, avente ad oggetto rate premio ### e relative sanzioni degli anni 2009 e 2010; • ###196374000, avente ad oggetto contributi IVS dell'anno 2010; • ###240273000, avente ad oggetto contributi IVS dell'anno 2010; • ###802664000, avente ad oggetto rate premio ### e relative sanzioni degli anni dal 2009 al 2011; i crediti sottesi, risalenti al periodo compreso tra il 2008 e il 2011, si dichiarano prescritti essendo decorso il termine quinquennale di prescrizione alla data della notifica dell'intimazione di pagamento impugnato (13.12.2019) e stante la contumacia di ### non sono stati acquisiti agli atti interruttivi della prescrizione cd. sopravvenuta.   9. Con riferimento, infine, alla domanda risarcitoria formulata dall'### nei confronti di ### si rileva che avendo l'ente pubblico affermato la responsabilità del soggetto concessionario per la riscossione per i danni assertivamente cagionatigli a causa della mancata notifica delle cartelle in tempo utile per evitare la estinzione per prescrizione dei crediti iscritti a ruolo, della controversia attinente agli eventuali danni arrecati al patrimonio pubblico non può che conoscere la Corte dei ### dovendosi avere riguardo alla natura dell'attività svolta dalla società, invero qualificabile come esercizio di una funzione amministrativa (che, in difetto, l'ente avrebbe potuto e dovuto gestire in proprio), caratterizzata da poteri autoritativi nei confronti dei terzi e dall'assunzione della veste di "agente dell'amministrazione" (cfr. SS.UU. n. 16014 del 18/06/2018) Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 12/09/2025
Ne consegue la declaratoria di difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria in ordine alla domanda formulata dall'### nei confronti dell'### delle ### 10.Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono poste a carico di ### e si liquidano come da dispositivo, secondo i parametri minimi di cui al DM 147/22 tenuto conto del valore dichiarato della causa e della non particolare complessità delle questioni esaminate.  P . Q . M . 
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull'opposizione proposta da ### così provvede: - accoglie il ricorso e dichiara prescritti i crediti portati dalle cartelle: • n. ###, avente ad oggetto rate premio ### • n. ###207615000, avente ad oggetto rate premio ### • n. ###196374000, avente ad oggetto contributi IVS • n. ###240273000, avente ad oggetto contributi IVS • n.###802664000, avente ad oggetto rate premio ### - dichiara il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria in ordine alla domanda risarcitoria formulata dall'### nei confronti dell'### delle ### - condanna l'### delle ### -### al pagamento in favore del ricorrente ### nonché delle convenute ### e ### delle spese del giudizio che liquida in € 1.865,00 per ciascuna parte, per compensi professionali oltre spese sostenute e documentate e accessori di legge, se dovuti.  ### 12.09.2025 Il Giudice del lavoro Dott.ssa ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 12/09/2025
R.G. n.702-1/21 #### Il Giudice del ### Dott.ssa ### letti gli atti e i documenti di causa; vista la istanza depositata in data ### dal difensore di parte ricorrente, avv. ### per la correzione dell'errore materiale contenuto nella sentenza n. 351 /2025 emessa dal ### di ### il ### e depositata in pari data; osservato che, nel caso di specie, il lamentato errore materiale è consistito nella omissione della liquidazione delle spese a favore del procuratore dichiaratosi antistatario, per come richiesto nel ricorso introduttivo del giudizio.  rilevato che l'art. 287 c.p.c. stabilisce che “le sentenze e le ordinanze non revocabili possono essere corrette, su ricorso di parte, dallo stesso giudice che le ha pronunciate, qualora egli sia incorso in omissioni o in errori materiali o di calcolo”; rilevato, in particolare, che il procedimento per la correzione degli errori materiali è esperibile per ovviare non ad errori che intervengano nella formazione del giudizio, bensì ad errori che intervengano nel momento della redazione del documento e che risultino immediatamente dalla mera lettura di questo, palesemente emergendo l'incongruenza della materiale esteriorizzazione rispetto al concetto in esso contenuto ovviando così ad un difetto di corrispondenza fra l'ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica; ritenuto che, nel caso di specie, l'istanza è meritevole di accoglimento, dato che quanto osservato dalla parte ricorrente integra una chiara ipotesi di errore materiale, nel quale è incorso il ### durante la redazione del provvedimento decisorio che non inficia il contenuto sostanziale della decisione; ritenuto, pertanto, che a norma dell'art. 287 c.p.c., l'omissione relativa alla mancata distrazione delle spese a favore dell'avvocato antistatario può essere emendata con la procedura prevista dai successivi artt. 288 e ss. c.p.c. (cfr ex multis Cass. N.41931/2021); rilevato che all'udienza del 25.11.2025, all'uopo fissata, tenutasi con trattazione scritta, parte ricorrente sì è costituita chiedendo la correzione del predetto errore materiale e le altre parti non sono comparse considerato che nel procedimento per correzione di errore materiale di cui all'art. 287 c.p.c. non è ammessa alcuna pronuncia sulle spese processuali in quanto la natura ordinatoria e sostanzialmente amministrativa del provvedimento che accoglie o rigetta l'istanza di correzione non consente di riconoscere la presenza dei presupposti richiesti dall'art. 91 c.p.c. che pongono riferimento, per una pronuncia di condanna alle spese, ad un procedimento contenzioso idoneo a determinare una posizione di soccombenza (vedi Cass. n. 8103/2008); P.Q.M.  visti gli artt. 287 e 288 c.p.c.: - DISPONE la correzione della sentenza n. 351/2025 emessa dal ### di ### il ### e depositata in ### nella medesima data, nel senso che laddove nel dispositivo è scritto: “condanna l'### delle ### - ### al pagamento in favore del ricorrente ### nonché delle convenute ### e ### delle spese del giudizio che liquida in € 1.865,00 per ciascuna parte, per compensi professionali oltre spese sostenute e documentate e accessori di legge, se dovuti” deve correttamente leggersi ed intendersi ” condanna l'### delle ### -### al pagamento in favore del ricorrente ### con distrazione in favore del suo procuratore avv. ### nonché delle convenute ### e ### delle spese del giudizio che liquida in € 1.865,00 per ciascuna parte, per compensi professionali oltre spese sostenute e documentate e accessori di legge, se dovuti” - ORDINA l'annotazione del presente decreto sull'originale del provvedimento, a cura della ### - NULLA sulle spese. 
Manda alla ### per quanto di sua competenza.  ### 17.12.2025 

Il Giudice
del ###ssa ### - RG n. 702/2021 -1


causa n. 702/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Cerchiara Maria Francesca

M
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Tribunale di Mantova, Sentenza n. 275/2025 del 07-05-2025

... dell'odierna domanda giudiziale. 8. Sulla qualificazione giuridica della responsabilità invocata da parte attrice 9. La società attrice ha allegato e provato documentalmente la propria legittimazione ad agire in giudizio, per essersi surrogata, ai sensi dell'art. 1916 c.c., nei diritti della propria assicurata, ### proprietaria della merce perduta, nei confronti dell'odierna convenuta ### asseritamente responsabile del danno, ciò a seguito del pagamento dell'indennizzo per complessivi ### 71.371,30 per la perdita della merce di cui è causa (cfr. doc. 10 fascicolo attoreo - scheda di polizza; doc. 11 fascicolo attoreo - ricevuta del bonifico con cui fu liquidato l'indennizzo; doc. 12 fascicolo attoreo - quietanza di pagamento sottoscritta dalla società ###. 10. Al contempo, l'attrice ha espressamente dichiarato di non aver invocato la responsabilità contrattuale della convenuta, fondata sugli obblighi sorti dal contratto di trasporto stipulato tra il vettore ### e il subvettore ### non essendo ### mittente e proprietaria della merce trasportata, nonché dante causa dell'odierna società attrice, parte del predetto contratto di trasporto. ###, avente causa di ### sarebbe, d'altro canto, (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Mantova SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona della Giudice dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 2343/2023 promossa da: ### (###) rappresentata e difesa dall' Avv.  ###' e dall'avv. ### ATTRICE contro ### S.R.L. (###) rappresentata e difesa dall'Avv.  #####: risarcimento del danno da circolazione stradale ex art. 2054 ### parte attrice: “### l'###mo Tribunale - ogni contraria istanza, eccezione e deduzione reietta condannare, la convenuta ### S.r.l., sede ###persona come in atti, a risarcire in favore della ###, sede ###persona come in atti, la somma di ### 71.371,30 o altra somma di giustizia meglio vista. 
Con gli interessi di cui all'art. 1284, comma primo, cod. civ. dalla data dell'evento e - da quella della domanda giudizialeal saggio di cui all'art. 1284, quarto comma, cod.  nonché con gli interessi sugli interessi ex art. 1283 cod. civ. Con la rivalutazione monetaria ovvero il risarcimento del danno da mancato pagamento. Vinte spese legali con accessori come per legge».  ### -per il solo e denegato caso in cui l'###mo Giudicante non dovesse ritenere già compiutamente provata la fondatezza della domanda risarcitoria svolta dalla conchiudente avverso la convenuta ### sia in punto an che in punto quantumsi insite per l'ammissione delle istanze istruttorie già articolate nella seconda memoria integrativa e segnatamente: A. ### 1. «Vero che, tutte le circostanze di fatto riferite nella ### di ### datata 20 ottobre 2022 sono state da me personalmente accertate» [doc. n. 9 da rammostrarsi al teste]; 2. «Vero che le fotografie contenute riferite nella ### di ### datata 20 ottobre 2022 [doc. n. 9 attr. da rammostrarsi al teste] ritraggono le effettive condizioni in cui è stato rinvenuto il veicolo della ### nonché delle partite di merce -di cui ai doc.ti 1, 2, e 3 CHUBBa seguito dell'incendio occorso in data 13 aprile 2022»; Si indicano a testi sui capitoli n.ri 1 e 2 i sig.ri ### e ### entrambi domiciliati in #### 87 presso la ### & ### S.r.l. e si insta affinché le deposizioni dei predetti testimoni vengano assunte per iscritto ai sensi dell'art. 257-bis c.p.c. o, in subordine, che l' audizione dei medesimi venga delegata ex art. 203 c.p.c. al Tribunale di ### B. ###'### «### il ### sulla base della documentazione in atti (doc.ti. n.ri da 1 a 9 CHUBB), se: (1) le modalità, circostanze, dinamica e conseguenze dell'evento dannoso occorso in data 13 aprile 2022 ### siano compatibili con il danneggiamento -e conseguente perdita totaledelle partite di merci per cui è causa (capi di abbigliamento); (2) le condizioni della merce -nonché quelle in cui è stato rinvenuto il veicolo della ### sul quale le stesse erano caricate al momento dell'eventorappresentate nelle fotografie di cui alla ### di ### datata 20 ottobre 2022 in atti [doc. n. 9 attr.] sono compatibili con la perdita totale delle stesse; (3) la quantificazione del danno da perdita totale operata dal perito degli assicuratori ### (### 71.871,30) sia congrua rispetto al valore delle partite di merce per cui è causa al momento del sinistro; se così non fosse, quantifichi il CTU l'entità del danno sofferto dalle predette partite di merce nello stato in cui versavano a seguito dell'incidente stradale per cui è causa; (4) il valore di mercato delle partite di merce ### colpite dall'evento dannoso per cui è causa, al tempo in cui tale sinistro è occorso (2022), corrisponde a quello risultante dai listini di vendita della ### di cui alla produzione n. 3 di parte attrice; se così non fosse, accerti il CTU il diverso valore di mercato di tali partite di merce» Per parte convenuta: ### l'###mo Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza eccezione e difesa, giusto tutto quanto sopra esposto: - In via preliminare ed assorbente, in rito, accertare e dichiarare l'inammissibilità ed improcedibilità della domanda attorea formulata ai sensi e per gli effetti degli art. 2054 - 2051 e 2043/2049 c.c., anche per mancato assolvimento della condizione di procedibilità per tale domanda come diffusamente esposto al paragrafo I della comparsa di costituzione e risposta, nonché per carenza di legittimazione attiva, e per l'effetto, rigettare tutte le domande della parte attrice nei confronti della ### s.r.l.; - In via principale, nel merito, accertata e dichiarata la radicale carenza di prova dell'an della domanda attorea e comunque accertata e dichiarata l'applicazione della normativa in materia di trasporto ex art. 1693 c.c. e seguenti, nel merito accertare e dichiarare l'infondatezza della stessa per le causali dedotte al paragrafo II della comparsa di costituzione e risposta e per l'effetto, rigettare tutte le domande della parte attrice nei confronti della ### s.r.l.; - in via subordinata, in ogni caso accertare e dichiarare la radicale carenza di prova del quantum debeatur e comunque, in subordine, nella denegata e non concessa ipotesi di accoglimento delle domande avversarie, accertare e dichiarare l'applicazione dei limiti di legge ex art. 1696 c.c. in accoglimento di quanto diffusamente esposto al paragrafo III della comparsa di costituzione e risposta. 
Il tutto con vittoria di spese competenze ed onorari oltre iva e cpa e spese generali come per legge ### esposizione dei motivi di fatto e diritto della decisione 1. Parte attrice ha agito in giudizio allegando che: - la società ### S.r.l. (in seguito “ELEVENTY”) è azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di capi di abbigliamento, con diversi punti vendita sul territorio nazionale; - la predetta società ha affidato la distribuzione delle proprie merci alla società #### S.p.A. di Sona ### (in seguito “NIPPON”); - in particolare, nell'aprile 2022, la ### ha trasferito in “conto vendita” una partita costituita da 1.210 capi di abbigliamento - suddivisi in 20 colli e 68 “appesi” del peso lordo complessivo di kg 228,15, aventi un valore complessivo pari a ### 71.371,30 - dalla propria sede di ### al proprio punto vendita situato presso il “### Resort” di ### di ####; - in tale occasione, in data 13 aprile 2022, l'autoarticolato sul quale le predette partite di merce stavano viaggiando, targato #### e di proprietà della #### S.r.l. di Cagliari ### (in seguito “SINIS”), prendeva fuoco al Km 267 (direzione sud) dell'### del ### “###”, in località ####; - a seguito di tale incendio, la partita di merce della ### risultava completamente perduta; - la ### aveva assicurato le predette partite di merce contro i rischi del trasporto presso l'odierna attrice ### (in prosieguo ### con polizza n. ###; dunque, la ### teneva indenne l'assicurata ### proprietaria e danneggiata, dalle conseguenze patrimoniali della perdita delle merci, erogando la somma di ### 71.371,30 e, così, subentrando in via di surrogazione ex art.  1916 c.c. nei diritti di quest'ultima verso ### responsabile del danno, fino a concorrenza dell'indennizzo erogato. 
A fronte di ciò, l'attrice ha chiesto il risarcimento del danno alla società convenuta invocando la responsabilità extracontrattuale della stessa, ai sensi degli artt. 2054 ovvero 2051 c.c. o ancora 2043 c.c., quantificando il danno risarcibile sulla base dell'indennizzo corrisposto a ### a sua volta parametrato sul valore di mercato delle merci perdute, risultante dal “### di vendita” della stessa ### per ### 71.871,30.  2. Si è costituita parte convenuta ### contestando: - in primo luogo, il mancato perfezionamento della condizione di procedibilità della negoziazione assistita, con conseguente improcedibilità della domanda; - in secondo luogo, come non si verterebbe in ipotesi di responsabilità extracontrattuale, bensì contrattuale, stante il contratto di trasporto stipulato tra la mittente ### e la società vettrice ### che a sua volta incaricò #### del trasporto della merce, avendo infine ceduto la ### all'odierna attrice i propri diritti di credito nei confronti della società #### la tesi della convenuta, infatti, l'odierna attrice avrebbe invocato in giudizio esclusivamente la responsabilità extracontrattuale, a vario titolo, di ### allo scopo di tentare di arginare l'applicazione del limite di risarcibilità del danno di cui all'art. 1696 - conseguentemente, “l'ulteriore inammissibilità della domanda attorea per radicale carenza di legittimazione attiva della parte attrice la quale, pur essendosi per sua stessa affermazione resasi cessionaria dei diritti della ### spendendone già i relativi diritti (cfr. doc. 13 e 15 attrice), in questo ### non li ha invocati” (pag. 7 comparsa di costituzione); - in ogni caso, l'assenza di responsabilità proprie o del proprio autista nella causazione dell'incendio che ha coinvolto il mezzo che trasportava la merce di proprietà di ### vertendosi in ipotesi di caso fortuito; - infine, il quantum debeatur, eccependo come non sia corretto quantificarlo sulla base del valore di mercato della merce - non venduta e trasferita esclusivamente per allestire uno stand espositivo - e come in ogni caso troverebbe applicazione l'art. 1696 c.c. a limitare l'entità del danno risarcibile.  3. Rigettate le prove orali formulate da parte attrice, all'esito dell'istruttoria, svolta tramite espletamento di CTU sulle cause dell'incendio che ha interessato il veicolo che trasportava le merci di proprietà di ### la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti e indicate in epigrafe, previo deposito delle memorie ex art. 189 c.p.c.  ***  4. Sull'eccezione di improcedibilità della domanda attorea 5. Appare infondata l'eccezione di improcedibilità della domanda attorea formulata da parte convenuta, che ha eccepito il mancato perfezionamento della condizione di procedibilità della negoziazione assistita.  6. E' infatti documentato in atti come sia stato trasmesso dall'odierna attrice all'odierna convenuta, prima dell'introduzione del presente giudizio, invito alla negoziazione relativo alla vertenza in oggetto, con richiesta di risarcimento del danno da “perdita totale della partita di merce di cui è oggi causa a seguito dell'incendio divampato a bordo dell'autoarticolato sul quale le merci stavano viaggiando occorso il ### in località ### Vito”, con cui ### allegando di essersi surrogata nei diritti della proprietaria danneggiata ### ha invocato profili di responsabilità “contrattuale e/o extracontrattuale” dell'odierna convenuta (doc. 15 fascicolo attoreo).  7. Deve dunque ritenersi perfezionata la condizione di procedibilità della negoziazione assistita, non essendovi dubbio alcuno circa la coincidenza tra i fatti posti a fondamento della pretesa avanzata nel corso della negoziazione assistita e quelli posti a fondamento dell'odierna domanda giudiziale.  8. Sulla qualificazione giuridica della responsabilità invocata da parte attrice 9. La società attrice ha allegato e provato documentalmente la propria legittimazione ad agire in giudizio, per essersi surrogata, ai sensi dell'art. 1916 c.c., nei diritti della propria assicurata, ### proprietaria della merce perduta, nei confronti dell'odierna convenuta ### asseritamente responsabile del danno, ciò a seguito del pagamento dell'indennizzo per complessivi ### 71.371,30 per la perdita della merce di cui è causa (cfr. doc. 10 fascicolo attoreo - scheda di polizza; doc. 11 fascicolo attoreo - ricevuta del bonifico con cui fu liquidato l'indennizzo; doc. 12 fascicolo attoreo - quietanza di pagamento sottoscritta dalla società ###.  10. Al contempo, l'attrice ha espressamente dichiarato di non aver invocato la responsabilità contrattuale della convenuta, fondata sugli obblighi sorti dal contratto di trasporto stipulato tra il vettore ### e il subvettore ### non essendo ### mittente e proprietaria della merce trasportata, nonché dante causa dell'odierna società attrice, parte del predetto contratto di trasporto.  ###, avente causa di ### sarebbe, d'altro canto, priva in tal senso di legittimazione attiva, secondo condivisibile giurisprudenza per cui: “Nel contratto di trasporto stipulato tramite uno spedizioniere, il mittente non è legittimato ad agire contro il vettore per il risarcimento dei danni derivatigli dalla mancata esecuzione del contratto di trasporto, perché il secondo comma dell'art. 1705 c.c. limita la legittimazione alle sole azioni dirette al soddisfacimento dei «diritti di credito derivanti dall'esercizio del mandato», fra le quali non rientrano le azioni di risarcimento danni. Resta salva la possibilità di agire contro lo spedizioniere, tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia”. (Cass. 1312/2005, conforme: Cass. 13375/2007, 18512/2006).  11. ### canto, l'esistenza di un contratto di trasporto non esclude che l'attrice, subentrata nei diritti di ### che di tale contratto non fu mai parte, possa avere titolo al fine di agire nei confronti del subvettore, odierno convenuto, invocando un diverso profilo di responsabilità extracontrattuale. 
E' infatti senza dubbio astrattamente configurabile la sussistenza di un concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del vettore, essendo ammissibile che egli possa considerarsi responsabile dei danni occorsi alle persone o alle cose sia a titolo di inadempimento dell'obbligazione derivante dal contratto di trasporto, sia a titolo di responsabilità extracontrattuale, nei casi in cui un evento dannoso risulti lesivo “dei diritti assoluti che alla persona offesa spettano di non subire pregiudizio all'onore, alla propria incolumità personale e alla proprietà di cui è titolare” (Cass. ###/2023, 4002/2020; Cass. 16654/2017).  12. Ciò posto, venendo a qualificare l'eventuale titolo di responsabilità extracontrattuale del vettore, deve escludersi la responsabilità extracontrattuale del vettore o del subvettore nei confronti del proprietario delle merci (sia questi il mittente o un terzo) quale custode, ai sensi dell'art. 2051 c.c., considerato che l'obbligazione accessoria della custodia non può ritenersi configurabile al di fuori e indipendentemente dal contratto di trasporto ( ###/2023 cit., ma già Cass. 2773/1979).  13. Escluso dunque il ricorso alla fattispecie di cui all'art. 2051 c.c., non può escludersi che la responsabilità del vettore possa astrattamente qualificarsi ai sensi dell'art. 2043 E' tuttavia necessario, a tal fine, che il comportamento del debitore, avulso dalla fattispecie obbligatoria, costituisca una entità avente autonoma rilevanza giuridica come atto illecito, dovendosi il profilo della responsabilità aquiliana valutare non in base alle disposizioni che regolano il contratto di trasporto, ma sulla base della disciplina della responsabilità per fatto illecito, dunque attraverso la specifica individuazione di comportamenti dolosi o colposi del vettore che rilevino a questi fini (Cass. 12420/2020).  14. Orbene, nel caso di specie, non risultano provati i presupposti di un profilo di responsabilità di cui all'art. 2043 La norma presuppone infatti la prova rigorosa da parte di chi evoca la fattispecie di responsabilità aquiliana di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito - ossia della condotta illecita dell'autore, della colpa o del dolo, del nesso causale - materiale e giuridico - e del danno - non essendo stato neppure allegato un comportamento colposo specifico del conducente rilevante ai fini di cui all'art. 2043 c.c. ed essendo rimasta ignota, di fatto, la causa dell'incendio (come si dirà ampiamente nel prosieguo), il cui onere di prova sarebbe gravato, ai sensi dell'art. 2043 c.c., sulla parte attrice.  15. Esclusa dunque nel caso di specie pure la configurabilità di una responsabilità ex art.  2043 c.c., può ben dirsi sussistente un profilo di responsabilità della società convenuta ex art. 2054 ###. 2054 comma 3 c.c. prevede, infatti, che il proprietario sia obbligato a risarcire il danno “provocato a persone o a cose dalla circolazione del veicolo”, salvo provi la circolazione contro la sua volontà. 
Nel caso di specie, non v'è dubbio che l'incendio propagato dal veicolo di cui è causa, occorso mentre esso circolava regolarmente su strada pubblica, sia evento ricollegabile alla circolazione stradale e riconducibile alla fattispecie di cui all'art. 2054 c.c., derivando dal “normale utilizzo funzionale del veicolo assicurato" (Cass. n. 17626/2003), pur non essendo dipeso da una collisione del mezzo con altro veicolo o con un ulteriore e diverso ostacolo.  16. Ciò posto, ai sensi della norma citata, il proprietario del veicolo non si libera da responsabilità, se non provando che la circolazione del mezzo è avvenuta contro la sua volontà, circostanza mai neppure allegata nel caso di specie. 
Al contempo, secondo un condivisibile l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, “Ai fini dell'affermazione della responsabilità solidale del proprietario ai sensi del terzo comma dell'art. 2054 c.c. è, in particolare, irrilevante che quella del conducente sia riconosciuta in via presuntiva ai sensi dei primi due commi di cui all'art. 2054 c.c., ovvero sulla base di un accertamento in concreto della colpa (ex art. 2043 c.c.), giaccé l'estensione della responsabilità al proprietario mira a soddisfare la generale, fondamentale esigenza di garantire il risarcimento al danneggiato.”.  17. Orbene, nel caso di specie, la presunzione di colpa del conducente di cui all'art. 2054 c.c., non può dirsi superata, non potendo ritenersi che il convenuto abbia fornito prova che egli abbia fatto “tutto il possibile per evitare il danno”, come richiesto dal comma 1 della norma citata. 
Infatti, alla luce della documentazione in atti (cfr. verbali redatti dalla ### - doc. 5 di parte attrice - e dai ### del ### - doc.7 di parte attrice - nonché materiale fotografico allegato alla perizia di parte redatta dalla ### S&P - doc.9 di parte attrice) si evince che, con estrema probabilità, l'incendio si è sviluppato dalla zona del vano motore, a seguito di un “botto” che sarebbe stato avvertito dal conducente, con conseguente rapido arresto del veicolo.  ### canto, nonostante la CTU disposta nel corso del presente giudizio, con nomina dell'####, non è stato di fatto possibile comprendere le cause primarie dell'incendio. 
Posto che il veicolo non è più suscettibile di esame diretto in quanto rottamato, infatti, lo stesso ### nel proprio elaborato, ha svolto valutazioni basate su mere ipotesi e supposizioni, sulla base delle allegazioni delle parti, in gran parte prive di certi riscontri istruttori, e degli scarsissimi elementi istruttori a disposizione, giungendo alla conclusione che le cause primarie dell'incendio, di fatto, non possano considerarsi note. 
Ma se ciò è vero, non può attribuirsi certezza alcuna all'ulteriore ipotesi del perito per cui “le cause più probabili dell'incendio siano da ricercare in un cedimento dell'impianto di sovralimentazione con successivo interessamento dell'impianto elettrico che provocato l'immediato arresto del motore”, tanto più che di ciò manca qualsivoglia riscontro empirico e che di tale cedimento lo stesso CTU dichiara di non essere in grado di indicare la causa primaria. 18. Dunque, nella totale incertezza delle cause dell'incendio, non può, sulla base di un criterio logico e concettuale, prima ancora che giuridico, dirsi se le stesse fossero prevenibili o evitabili, o tramite la corretta manutenzione del mezzo - tanto più che lo stesso ### analizzando la storia manutentiva dell'autoveicolo, ha notato che circa 40 giorni prima del sinistro, in data ###, fosse stata effettuata la sostituzione della testa motore, con conseguente smontaggio di molti organi, tra cui si annoverano gli organi dell'impianto di iniezione e della distribuzione, non potendosi “escludere che il guasto che ha prodotto l'incendio del 13/04/2022 possa essere conseguenza diretta dell'evento che ha comportato la necessità di effettuare la sostituzione della testa motore in data ###”, rimasto ignoto (cfr. pag. 5 CTU in atti) - o tramite una condotta del conducente maggiormente diligente e prudente, che avrebbe potuto avere una causalità efficiente nell'evitare l'evento. 
Il fatto che la causa dell'incendio sia rimasta ignota è infatti logicamente incompatibile con la possibilità di ritenere che l'incendio stesso fosse un evento inevitabile o imprevedibile o col fatto che il conducente possa aver fatto tutto il possibile per evitare il sinistro, assunti che non possono logicamente sostenersi senza conoscere la causa primaria dell'evento.  19. Sulla base di ciò, è evidente come la presunzione di responsabilità del conducente preista dalla legge ex art. 2054 c.c. non possa dirsi superata e come, in assenza della prova certa della causa del sinistro, parte convenuta - responsabile in solido col conducente del mezzo ai sensi del comma 3 della norma citata - non abbia adempiuto all'onere di prova contraria su di sé gravante al fine di superare la predetta presunzione ovvero di provare che la circolazione sia avvenuta contro la sua volontà.  20. Sul danno risarcibile 21. Accertata dunque la responsabilità dell'odierna società convenuta ai sensi dell'art. 2054 c. 3 c.c., il danno risarcibile deve essere parametrato all'indennizzo versato dall'odierna attrice all'assicurata ### 22. Preliminarmente, deve evidenziarsi come nel caso di specie non operi la limitazione risarcitoria eccepita dalla convenuta ex art. 1696 c. 2 La norma, infatti, opera esclusivamente nei rapporti fra le parti del contratto di trasporto, mentre nel caso di specie ad agire è un soggetto terzo (la ### in luogo della ###, estraneo al contratto (intercorso tra la ### e la ### e che ha invocato un titolo di responsabilità extracontrattuale, autonomo e distinto da quello che trova fondamento nelle obbligazioni derivanti dal contratto predetto. 
Lungi dall'applicarsi la disciplina speciale sulla quantificazione del danno che limita il risarcimento del danno nell'ambito del contratto di trasporto, si applica al caso di specie, dunque, la disciplina generale del risarcimento integrale del danno (ai sensi degli artt. 2043 e 2056 c.c.), in tutte le sue componenti. 
Ciò secondo un orientamento a cui si intende dare seguito, confermato da condivisibile giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 9984/1996), per cui “Le limitazioni di responsabilità previsto per il vettore dalla l. n. 450 del 1985 trovano la loro ragion d'essere nell'esigenza di porre un limite al rischio derivante dall'esecuzione del contratto di trasporto al fine di contenere i prezzi del servizio, con benefica ricaduta sui prezzi di mercato delle merci trasportate (così Corte Cost., sent. n. 420 del 1991, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale dell'art. 1 comma 1, l. 22 agosto 1985, n. 450 - nella formulazione anteriore alla modifica di cui all'art. 7, d.l. n. 82 del 1993, convertito in legge con l. n. 162 del 1993 - nella parte in cui non eccettua il caso di dolo o colpa grave dalla limitazione della responsabilità del vettore per i danni derivanti da perdita o avaria delle merci trasportate). La situazione giuridica presupposta è costituita dall'intervenuta conclusione di un contratto di trasporto e la limitazione concerne esclusivamente la responsabilità del vettore ai sensi dell'art. 1693 c.c. Laddove, invece, il titolo di responsabilità del vettore sia extracontrattuale (come la ricorrente non contesta che possa accadere, in linea del resto con il consolidato orientamento di questa Corte), si verte in ipotesi del tutto estranea all'ambito applicativo della menzionata legge n. 450 del 1965, la quale si ispira all'esigenza di realizzare un equo contemperamento dell'interesse dell'autotrasportatore con l'interesse delle imprese utenti in attuazione dei principi di cui all'art. 41 Cost., e che non può dunque interpretarsi, in difetto di esplicita previsione, nel senso che il legislatore abbia inteso porre una deroga al principio generale secondo il quale la responsabilità patrimoniale da illecito extracontrattuale è illimitata.”.  23. Ciò premesso, venendo alla concreta quantificazione del danno risarcibile, deve osservarsi come non sia contestato che il trasporto riguardasse le merci da destinare al punto vendita di proprietà della ### sito in ### indicate in atto di citazione e risultanti dal documento di trasporto in atti (doc. 1 fascicolo attoreo).  24. Né a ben vedere è stato tempestivamente e puntualmente contestato che il valore di mercato delle predette merci fosse quello indicato nel listino prezzi di ### pure prodotto in atti (doc. 2, 3 e 4 fascicolo attoreo), che riporta un valore delle merci, al netto dell'### di ### 71.371,30, pari all'importo indennizzato che appare, anche in via presuntiva, equo e congruo, tenuto conto della quantità e della tipologia di merce trasportata, come riportata nei documenti di trasporto predetti. 
Parte convenuta, nel costituirsi, infatti, si è limitata a contestare che l'eventuale risarcimento dovesse essere parametrato non sul valore di mercato della merce, non ancora venduta, bensì sul costo di produzione o di acquisto della merce da parte di ### criterio che non appare tuttavia condivisibile, non tenendo conto delle aspettative di guadagno che ### ragionevolmente nutriva nel trasferire la merce in un proprio negozio per la vendita, frustrate dall'integrale perdita dei beni trasportati. 25. Parimenti, è documentalmente provato che l'intero carico di merce sia andato distrutto nell'incendio, come emerge dal ### per le annotazioni e gli accertamenti urgenti relativi agli incidenti stradali redatto il ### dalle ### dell'Ordine intervenute ( doc. 5 fascicolo attoreo), dal rapporto d'intervento dei ### del ### pure intervenuti nell'immediatezza, e dall'allegato dossier fotografico (doc. 7 fascicolo attoreo), oltre che dal dossier fotografico allegato alla relazione redatta dal perito di parte attrice (doc. 9 fascicolo attoreo).  26. Tutto ciò rende superflua la prova orale formulata da parte attrice e reiterata finanche in sede di precisazione delle conclusioni.  27. La somma risarcibile a titolo di danno patrimoniale deve intendersi dunque pari a ### 71.371,30, come indicato da parte attrice.  28. Posto che tale somma costituisce l'equivalente monetario attuale di danni originati da fatto illecito risalente negli anni, la stessa deve essere devalutata alla data dell'evento (13.04.2022) e successivamente rivalutata annualmente applicando gli interessi al tasso di legge, sulla somma annualmente rivalutata, fino all'effettivo soddisfo, al fine di compensare le danneggiate anche del danno da ritardo, vista la mora ex re sui debiti di valore. 
Dal momento della liquidazione del danno risarcibile con la presente sentenza, il debito di valore si converte poi in debito di valuta, maturando dunque su di esso gli interessi moratori come per legge, fino all'effettivo saldo.  29. Sulle spese di lite 30. Le spese seguono la soccombenza e sono dunque poste integralmente a carico della società convenuta, stante l'integrale accoglimento della domanda attorea.  31. Le spese sono dunque liquidate come in dispositivo in applicazione dei valori previsti dal D.M. n. 147 del 13/08/2022, in vigore dal 23 ottobre 2022, tenuto conto del valore della controversia e della scarsa complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, applicandosi i valori medi previsti dal citato DM 147/2022 per tutte le fasi del procedimento.  32. Devono parimenti essere poste integralmente a carico della parte convenuta, soccombente, le spese di ### liquidate come in separato decreto.  P.Q.M.  Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione assorbita e disattesa, così giudica: 1) condanna la convenuta ### S.r.l. a risarcire in favore della #### la somma di ### 71.371,30, oltre interessi e rivalutazione come indicato in motivazione; 2) condanna parte convenuta ### S.r.l. a rimborsare a parte attrice #### le spese di lite, che si liquidano in ### 786,00 per spese ed ### 14.103,00 per compenso professionale, oltre a rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A.  come per legge; 3) pone definitivamente le spese di ### liquidate come da separato decreto, a carico di parte convenuta ### S.r.l. 
Manda alla ### per gli adempimenti di competenza. 
Mantova, 07/05/2025

causa n. 2343/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Pagliarini Elisabetta

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Corte di Cassazione, Sentenza n. 774/2025 del 12-01-2025

... conforme al suo tenore letter ale, senza ulteriori possibilità di applicazioni analogiche o di interpretazioni estensive (Consiglio di Stato, 27 marzo 2013, n. 1788). Invero, sebbene si sia in presenza di una tariffa agevolata (vale a dire, favorevole ai beneficiari), a ben vedere, si è al cospetto non già di una norma agevolativa (vale a dire , che in troduce una deroga alle regole ordinarie), ma di un criterio di determinazione della tariffa che assurge a crite rio or dinario relativ amente a determinati beni. In particolare, il legislatore ha effettuato una comparazione e una non irragi onevole composizione degli interessi pubblici in gioco (quello dell'ente locale, comune e provinciale, di ricavare un'entrata dall'utilizzazione dei suoi beni pubblici e quello dei cittadini all'utilità derivante dall'erogazione di servizi pubblici), sottraendo la relativa valutazione all'ente impositore, considerandola una qu estione di interesse generale e non meramente localiz zabile (Co ns. Stato, sez. V, 25 novembre 2022, n. 1038 2; Cons. Stato, Sez. V, 24 ottobre 2023, n. 9184). Dunque, in simili ipotesi, il sacrificio che la collettività sopporta per la oc cupazione di suolo pubblico, (leggi tutto)...

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SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 28300/2021 R.G. proposto da: ###, rappresentato e difeso dall'avvocato ### (###), unitamente all'avvocato ### (###) -ricorrente e controricorrente in or dine al ricorso incidentale contro ### S.P.A., rappresentata e difesa dall'avv ocato ### (###), unitamente all'avvocato ### (###) - controricorrente e ricorrente incid entale 2 di 26 avverso la ### di ### .TRIB.REG. CAMPANIA 3381/2021 depositata il ###, udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 12/11/2024 dal #### 1. ### s.p.a. ha impugnato l'avviso di accertamento del Comune di ### avente ad oggetto la t.o.s.a.p.  (annualità 2017) in relazione alla galleria di adduzione di acqua per le centrali idroelettriche, insistente nel territorio comunale.  2.### provinciale tributaria, pur riconducendo i beni in esame al demanio/patrimonio indisponibile del Comune, ha escluso la debenza del trib uto, non essendosi motivato in ordine all'avvenuta compromissione dell'uso pubblico dei suoli oggetto di occupazione.  3.Avverso la sentenza di primo grado il ### ne ha proposto appello principale e la società contribuente appello incidentale.  4.### tributaria regionale, pur valutando esaustiva la motivazione dell'atto impugnato e riconoscendo la sussistenza dei presupposti impositivi , stante l'irrilevanza di specifiche giustificazioni in ordine alla sottrazione del bene all'uso pubblico, e legittima l'applicazione delle sanzioni, in considerazione della violazione, da parte della contribuente, dell'obbligo di denuncia, ha affermato l'applicazione della tariffa agevolata di cui all'art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997, prevista per le occupazioni poste in essere da aziende erogatrici di pubblici servizi e da quelle esercenti, come nel caso di specie, attività strumentali agli stessi.  5. Avve rso tale sentenza ha proposto ricorso per cas sazione il ### formulando due motivi.  6.Si è costit uita co n controricorso la società contribue nte, chiedendo dichiararsi l'in ammissibilità ed infondatezza del ricors o 3 di 26 principale e proponendo, altre sì, ricorso inc identale, a cui i l ### ha replicato con controricorso.  7.### ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l'accoglimento del ricorso principale ed il rigetto di qu ello incidentale.  8. Risultano depositate memorie di entrambe le parti.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il prim o motivo del ricorso princip ale il ricorrente ha denunciato l'omesso esame, ai sensi dell'art. 360, primo comma, 5, co d.proc.civ., di un fatto decisivo per il giud izio, consistente nella mancanza di una espressa richiesta di applicazione del regime agevolato, da parte della contribuente. Più precisamente, ad avviso dell'ente impositore, in assenza della denuncia prevista dall'art. 50 del d.lgs. n. 507 del 1993, il contribuente non potrebbe invocare alcun regime agevolato. 
Il motivo, pur proposto ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., va ricondotto alla violazione di legge, visto che denuncia l'erronea applicazione della tariffa agevolata in assenza di una espre ssa richiesta del contribuente, sicché è, in questi termini, ammissibile, ma è infondato.  ###. 46 del d.lgs. n. 507 del 1993, nel lo stabilire che le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale con condutture, cavi, impianti in genere ed altri manufatti desti nati all'esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, compresi quelli posti sul suolo e collegati alle reti stesse, nonché con seggi ovie e funivie sono tassate in base ai c riteri stabiliti dall'art. 47 (oggi sostituiti da quelli di cui all'art. 63, comma 2, lett. f, del d.lgs. n. 446 del 1997, in virtù del comma 3, secondo periodo, di tale disposizione), si limita a stabi lire i crit eri per la determinazione del quantum del tributo, senza subordinarne l'applicazione di tale regime ad una espressa richiesta da parte del contribuente. 4 di 26 Invero, l'omessa presentazione della denuncia, contenente le informazioni necessarie per la quantificazione del tributo, comporta solo la legi ttimità di un accertamento adottato in base alle informazioni disponibili al ### ne, desumibili dagli atti in suo possesso, mentre non incide affatto sul regime tariffario applicabile (così Cass., Sez. 5, 16 dicembre 2011, n. 27166, secondo cui, in tema di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'art. 50 del d.lgs. n. 507 del 1993 im pone al contribuente di denunciare l'occupazione e di versare la tassa sul la base delle opere da effettuare, dei te mpi di esecuzi one e della superficie effettivamente sottratta all'uso pubblico, con la conseguenza che, in mancanza dei prescritti a dempimenti e del pagamento entro i termini di legge, l'ente territoriale, titolare del potere impositivo, è autorizzato a procedere alla liquidazione d'ufficio del tributo con le informazioni in suo possesso, contenute nel provvedim ento autorizzativo, ossia con i dati indicati dallo stesso co ntribuent e, senza che in ciò possa, quindi, ravvisarsi alcun accertamento induttivo; v. anche in questo senso Cass., Sez. 5, 10 maggio 2005, n. 9697 e Cass., Sez. 5, 16 maggio 2005, n. 10263). 
Non è, difatti, condivisibile il preced ente isolato di questa Corte (Cass., Sez. 5, 20 maggio 2015, n. 10349), secondo cui, in tema di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, vale il principio, esteso a tutti i tributi locali, in base al quale le deroghe ai criteri generali di tassazione non operano in via automatica, per la mera affermata sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia appositamente presentata secondo il regime proprio del tributo in questione. Non si rinviene, difatti, nella disciplina dei tributi locali tale regola o principio generale. Né possono estendersi, in tema di t.o.s.a.p., le regole specificamente dettate per altri tributi. In particolare, non possono applicarsi alla t.o.s.a.p.  gli artt. 62 e 66 del d.lgs. n. 507 del 1993 , che espre ssamente 5 di 26 subordinano, in tema di t.a.r.s.u., le deroghe alla tassazione e le riduzioni delle superfici e tariffe stabilite non al mero ricorrere delle situazioni di fatto, ma alla allegazion e dei presupposti nella denuncia originaria o in quella di variazione, essendo la t.o.s.a.p. e la t.a.r.s.u . tributi di fferenti, i cui presupposti imposit ivi non presentano similitudini, e le cui discipline sono del tutto autonome e prive di connessioni o interferenze. Del resto, la regola dettata in materia di t.a.r.s.u. si co llega all'esigenza, da parte dell' ente impositore, di venire a conos cenza, anche ai fini del l'eser cizio d i poteri di accertamento e verifica, di situazioni di cui altriment i resterebbe ignaro, mentre, nel caso in esame, in cui è inammissibile un accertamento induttivo, l'azione impositiva, che si fonda su un acce rtamento dire tto, esige la verifica della natura dell'occupazione. 
Il motivo deve, quindi, essere accolto in virtù del seguente principio di diritto: in tema di tassa per l'oc cupazione di spazi ed aree pubbliche, il regime previsto dall'art. 47 del d.lgs. n. 507 del 1993 (oggi sostituito, in parte, dall'art. 63, comma 2, lett. f, del d.lgs.  446 del 1997) non è subordi nato all'espressa ri chiesta del contribuente e deve essere applicato dall'ente impositore laddove ne ricorrano i presupposti.  2.Con il secondo motivo del ricorso princip ale il ricorrente ha lamentato la violazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 46 e 47 del d.lgs. n. 507 del 1993, essendo il re gime agevolato riserv ato alle tubature, condotti, cunicoli destinati alla distrib uzione dei servizi urbani a ret e (illuminazione stradale, energia elettrica, gas, telecomunicazioni, etc.), mentre nel caso di specie si è in presenza di una condotta di derivazione d'acqua, posta in galleria sotterranea, destinata non all'erogazione di un pubblico servizio, ma all'eser cizio di atti vità economica e, cioè, alla produzione di energia elettrica. 
Il motivo è infondato. 6 di 26 La questione posta dalla doglianza in esa me è se la tariffa “agevolata”, prevista prima dagli artt. 46 e 47 del d.lgs. n. 507 del 1993 e successivamente dall'art. 63, comma 2, lett. f del d.lgs.  446 del 1997, spetti anche all'impresa di produzione dell'energia elettrica.  2.1.Con riferimento al diritto sovranazionale, occorre brevemente ricordare che la separazione tra imprese produttrici e imprese distributrici di energia elettrica, che è imposta dal diritto unionale al fine di sco ngiurare il rischio di creare discriminazioni non sol o nell'accesso alla rete, ma anche negli investimenti nella rete (cfr. il considerando 9 e 24 della direttiva 2009/72/CE, contenente norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, ed i punti 35 e 80 della sentenza della Corte giustizia nella causa C-718/18), non esclude che le imprese separate concorrano ai fini della prestazione del servizio energetico, consistente, secondo la definizi one di cui all'art. 1, n. 7 dell a direttiva 2012/27/UE, app licabile ratione temporis, nel la «prestazione materiale, l' utilità o il vantaggio derivante dalla combinazione di energia con tecnologie o operazioni che utilizzano in maniera efficiente l'energia, che possono includere le atti vità di gestione, di manutenzione e di contro llo necessarie alla prestazione del servizio, la cui fornitura è effettuata sulla base di un co ntratto e che in circostanze normali ha dimostrato d i produrre un migli oramento dell'eff icienza energetica o risparmi energetici primari verificabili e misurabili o stimabili». 
Pertanto, mentre, dal punto di vista soggettivo, vi è separazione tra le imprese produttrici e le altre della filiera, dal punto di vista oggettivo si giunge ad una definizione del servizio energetico come unitario.  2.2. Passando all'esame d ella disciplina interna è necessario soffermarsi non solo sugli artt. 46 e 47 del d.lgs. n. 507 del 1993, che si occupano specificamente della t.o.s.a.p., ma anche sull'art.  63 del d.lgs. n. 446 del 1997, che si occupa del c.o.s.a.p. 7 di 26 Deve, difatti, ricordarsi che l'art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997, relati vo al canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, che aveva previsto l'abolizione, dal 1° genn aio 1999, delle tasse per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, è stata abrogato, con effetto dal primo gennaio 1999, dall'art. 31, comma 14, legge n. 448 del 1998, con la contestuale sostituzione dell'art.  63, co mma 1, del medesimo d.lg s. n. 446 del 1997, che, nella versione riformulata, consentiva alle province ed ai comuni di assoggettare, in alternativa alla t.o.s.a.p., l'occupazione del suolo pubblico al pagamento di u n canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa.  ###. 46 del d.lgs. n. 507 del 1993 stabiliva che «le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale con condutture, cavi, impianti in genere ed al tri manu fatti destinati all'esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, compresi quelli posti sul s uolo e collegati alle reti stess e, nonché con seggiovie e funivie sono tassate in base ai criteri stabiliti dall'art.  47»: tal e ultima di sposizione, abbandonato il criterio della tassazione per metro lineare o quadrato, poneva quale unità di misura il chi lometro lineare (vedi Cass., 22 febbraio 2002, 2555). ###. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997, alla lett. f, imponeva, invece, la previsione per le occupazioni permanenti realizzate con cavi, condutture, im pianti o con qualsiasi altro manufatto da aziende di er ogazione dei pub blici servizi e per quelle realizzat e nell'esercizio di attività strumentali ai servizi medesimi, di u na speciale misura di canone, che avreb be dovuto essere commisurata, solo in sede di prim a applicazione, al numero complessivo delle utenze relative a ciascuna azienda di erogazione del pubblico servizio, per la misura unit aria di tariffa pre vista in relazione a ciascuna classe di comune, ma che successivamente è divenuta il normale criterio di quantificazione del c.o.s.a.p. 8 di 26 In questa sede si deve evidenziare che, per la t.o.s.a.p., il regime speciale era ricon osciuto solo pe r le occupazioni strumentali all'esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, mentre, per il c.o.s.a.p., era cont emplat o altresì per le occupazioni realizzate nell' esercizio di atti vità strumentali all'erogazione dei pubblici servizi. 
Tuttavia, il secondo periodo del comma 3 dell'art. 63 del d.lgs.  446 del 1997, introdotto con la medesima legge n. 488 del 1999, che ha eliminato la soppressione della t.o.s.a.p. ed istitu ito l'alternatività della t.o.s.a.p e del c.o.s.a.p., ha precisato che per la determinazione della t.o.s.a.p., relativa alle occupazioni di cui alla lettera f) del comma 2, si applicano gli stessi criteri ivi previsti per la determinazione forfetaria del canone. Invero, può rilevarsi che proprio l' alternatività del c.o.s.a.p. alla t.o.s.a.p., a prescin dere dalla diver sa natura dei prelievi, ha imposto, anche in considerazione dell'art. 3 Cost., l'applicazione delle stesse regole e degli stessi criteri di quantificazione. 
Come hanno già chiarito le ### di questa Corte (Cass., Sez. un., 7 maggio 2020, n. 8628, punto 8.11), l'art.18 della legge n. 488 del 1999, so stituendo la letter a f) del secondo comma dell'art.63 del d.lgs. n.446 del 1997, recante la disciplina del c.o.s.a.p., ha introdotto una particolare modalità di determinazione del canone per tal e tipo di oc cupazione permanente, basa ta sul numero di utenze attivate, e ha esteso l'applicazione di tale criterio di calcolo anche alla t.o.s.a.p. dovuta sulla medesima tipologia di occupazioni. La disposizione è stata introdotta all o scopo di semplificare il criterio di determinazione della t.o.s.a.p., ritenendosi il metodo basato sulle utenze atti ve di più facile app licazione rispetto al precedent e metodo incentrato sulla superficie effettivamente occupata. 
In definitiva, le dianzi riportate modifiche al d.lgs. n. 446 del 1997, pur avendo in teressato un'entra ta di carattere extratributario (il 9 di 26 c.o.s.a.p.), han no avuto un'incidenza anche sulla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (t.o.s.a.p.), in quanto alla tassa è stata estesa la nuova disciplina per la predeterminazione forfetaria del canone per le occupazioni permanenti realizzate con cavi, condutture, impianti o qualsiasi altro manufatto da aziende di erogazione dei p ubblici ser vizi e da quelle esercenti attività strumentali ai servizi stessi (Cass., Sez. 5, 20 maggio 2015, 10345). 
Ne deriva, pertanto, che per tale tipologia di occupazioni, dal 1° gennaio 2000, è stato abbandonato il criter io di determinazione forfetaria della tassa per chilometro lineare, in fav ore del più semplice criterio come sopra delineato, avente il fine di consentire una più agevo le attività di quantificazione e d i accertamento del tributo da parte dell'ente impositore. Inoltre, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2000, il regime speciale è stato esteso, anche per la t.o.s.a.p., come per il c.o.s.a.p., non solo alle occupazioni strumentali all'esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, ma pure alle occupazioni realizzate nell'esercizio di attività strumentali all'erogazione dei pubblici servizi. 
In definitiva, l'art. 47 del d.lgs. n. 507 del 1993 risulta, in parte, abrogato con l'introduzione del citato art. 63, terzo comma, terzo periodo, del d.lgs. n. 446 del 1997, visto che continua ad operare solo con rifer imento alle occupazioni non riconducibili a quelle disciplinate dall'art. 63, comma 2, lett. f, del d.lgs. n. 446 del 1997.  2.3. In quest'ottica, alla società ### one s.p.a., qua le soggetto che svolge attivit à strumentale a quello di pubblico servizio, è applicabile la disposizione agevolativa di cui all'art. 63, comma 2, lettera f), del d.lgs. n. 446 del 1997. 
Più precisamente, l'attività di produzione dell'energia elettrica, che comprende il trasporto della stessa ai soggetti distributori che, in un secondo momento, la erogano all'utente finale, va inclusa, pure 10 di 26 in assenza di allacci dire tti con gli utenti finali, tra le attività strumentali alla fo rnitura del servizio di pubblica utilità di distribuzione dell'energia elettrica. 
Gli impia nti sotterranei che trasportano l'energia prodotta dag li impianti degli operatori delle energie verso la rete di trasmissione e quelle di distribuzione, al pari di tutti gli impianti ch e veicola no l'energia al sistema elettrico nazionale, non possono che risultare direttamente funzionali all'erogazione del servizio a rete secondo la definizione utilizzata dal d.l. n. 146 del 2021, come convertito dalla l. n. 215 del 2021, ricadendo, così, nel campo di applicazione delle tariffe agevolat e. Ciò in quanto la filiera del sistema elettrico nazionale, che è una rete unica integrata, si compone di una serie di fasi di cui la produzione costituisce la fase antecedente a quelle di trasmissione, di dispacciamento e di distribuzione. In particolare l'attività d'impresa sv olta dalle società di produzione d'energia costituisce una fase immediatamente antecedent e e necessaria rispetto all e altre citate fasi della filiera del mercato elettri co (trasmissione, dispacciamento e distribuzione), fasi conn esse da connaturati vincoli inscindibili, tali per cui, in assenza dell'una, non possono trovare comp imento le altre (c.d. vincolo di complementarietà) e per cui tutte le menzionate attività sono poste in essere esclusivamente nell'interesse delle altre (c.d. vincolo di esclusività). 
Del resto, secondo la giurisprudenza interna e sovranazionale (la quale parla in genere di servizi di int eresse generale), i fattori distintivi del pubblico ser vizio sono, da un lato, l'idoneità del servizio, sul piano finalistico, a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indiff erenziata di utenti, e, dall'altro, la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a norme di co ntinuità, regolarità, capacità e qualità: requisiti entrambi compresenti nel caso di specie, essendosi in presenza di 11 di 26 un impiant o capace di dare luogo ad un ser vizio e destinato a raggiungere le utenze terminali di un nu mero indeterminato di persone, per soddisfare una esigenza di rilevanza pubblica. 
In defin itiva, tra le so cietà esercenti attività strumentali all'erogazione di servizi pubblici rientrano anche le aziende che non raggiungono con i singoli utenti, in quanto trasportano i beni ed i servizi da erogare per un tratto limitato, al termine del qu ale subentra un altro vettore di diversa natura, visto che il concetto di rete di e rogazione di pu bblici servizi, cui il legisl atore ha inteso attribuire un ruolo assorbente nella determinazione del particolare regime impositivo in esa me, va inteso in senso unit ario (come, peraltro, gi à rilevato, già co n riferimento all 'art. 47 del d.lg s.  507 del 1993 da Cass., Sez. 5, 1° febbraio 2005, n. 1974 e Cass., Sez. 5, 20 ottobre 2008, n. 25479).  2.4. Non rappresenta un elemento ostativo al riconoscimento del regime speciale la circostanza che l'### sia una società per azioni che persegue scopi di lucro. 
Al riguardo, giova richiamare Cass., Sez. un., 7 maggio 2020, 8628, second o cui nessuna rilevanza può essere asc ritta all'elemento dato dalla ritrazione dal la relazi one materiale con la cosa pubblica di un personale beneficio economico: «in aderenza al dettato normativo di cui all'art.39 (del d.lgs. n. 507 del 1993), come sopra interpretato, in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione, per indi viduare il soggetto passivo della t.o.s.a.p.  diventa, infatti, irrilevan te indagare a chi sia ricondu cibile l'interesse privato ritratto dall'occupazione, essen do suffici ente e, anzi, assorbente il rappor to esistente tra l'ente territoriale e il contribuente autorizzato, quale specifico destinatario dei provvedimenti con cui l'### territoriale ha allo stesso trasferito, previo controllo della sussistenza dei necessari requisiti, facoltà e diritti sulla cosa pubblica alla stessa riservati». 12 di 26 Pertanto, non è significativa, ai fini del riconoscimento della tariffa ridotta in esame, la natura di s.p.a. della contribuente, vieppiù se si considera che l'attenzione deve essere conc entrata sul tipo di attività svolta e non già sulla veste del soggetto che la esercita. Il pubblico servizio può, difatt i, essere erogato anche da soggetti privati. 
Ulteriori conferme a tale conclusione pervengono dalla legge n. 146 del 1990, che qualifica l'approvv igionament o di energi e e dei prodotti energetici, come servizi pubblici essenziali, dalla direttiva attuativa della ### del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994, dalla leg ge istitutiva della ### amministrativa per l'energia e il gas ex l. 1 4 novembre 1995, n. 481 - produzione normativa che è stata il frutto di un prolu ngato dibattito interpretativo, essendosi passati, nel tempo, dalla preferenza per un inquadramento soggettivo dell'attributo pu bblico riferito al servizio, ad una lettu ra invec e in senso oggetti vo che riconosce rilevanza alle prestazioni dei servizi pubb lici non in ragione del soggetto che ne assicura la fornitura, quanto delle caratteristiche oggettive delle prestazioni erogate in co nsiderazione del numero indeterminato dei destinatari che ne traggono giovamento. 
Anche in ambito penale è stato osservato che la qualificazione della energia elettrica come servizio pubblico, riferito tanto alla fase della produzione che a quella della distribuzio ne, rapp resenta il frutto di una serie di interventi normativi primari e secondari volti a disciplinare tali fasi con regolamentazione pubblica derogatoria, ad assoggettare il gestore al dovere di imparzialità e ad affermare la destinazione istituzionale dell'attività al pubblico, in modo da comprendere solo le attività che soddisfano direttamente i bisogni collettivi e non quelle che perseguono tale sco po solo in via strumentale (Cass. pen., Sez. IV, 23 ottobre 2024, n. 40162). 13 di 26 Del resto, se il soggetto occupante fosse pubblico, sarebbe già di per sé esente dall'imposizione, ai sensi dell'art. 49, lett. a), d.lgs.  n. 507 del 1993.  2.5. Parim enti, non possono valorizzar si in senso c ontrario alla conclusione raggiunta alcuni precedenti di questa Corte (Cass., Sez. 5, 27 aprile 2022, n. 13142 e Cass., Sez. 5, 28 aprile 2022, n. 13332), secondo cui, in tema di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, e con riguardo alle occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo, il criterio di determinazione della tassa previsto dagli artt. 46 e 47 del d.lgs. n. 507 del 1993 per le occupazioni connesse all'esercizio ed alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici esercizi non è estensibile alle occupazioni con impianti privati, in qu anto costituisce un criterio agevolato per ragioni di pubblica utilità, le qu ali, evidentemente, non sussistono nelle occupazioni con impianti privati (Cass., Sez. 5, 5 luglio 2017, 1659). 
Per quanto concerne, in particolare, Cass., Sez. 5, 5 luglio 2017, 16539, second o cui non sarebbe estensibile alle occupazioni con impianti privati un criterio agevolato per ragioni di pubblica utilità, come condivisib ilmente evidenziato dalla odierna ricorrente, si tratta di una pronuncia che si riferisce ad un'occupazione operata con impianto irri guo di un soggetto persona fisica, per la soddisfazione di un bisogno personale, non avvinta da alcun vincolo di complem entarietà ed esclusività alla filiera nazionale dell'energia, mentre, nel caso di specie, i beni, tramite cui è effettuata l'occupazione ed oggetto di accertamento, appartengono ad un a rete che costit uisce la infr astruttu ra strumentale alla erogazione del pu bblico servizio di distribuzione di energia. Il precedente, che fonda anche le altre decisioni di questa Corte, ha, quindi, ad oggetto fattisp ecie non assimilabili a quella oggi in esame. 14 di 26 2.6. Né può condividersi la tesi secondo cui, avendo la ricordata norma “agevolativa”, dal punto di vista sistematico, natura speciale (recando una deroga all e regole generali di determinazione della tariffa dovuta), sar ebbe imposta una lettura ed interpretazione rigorosamente conforme al suo tenore letter ale, senza ulteriori possibilità di applicazioni analogiche o di interpretazioni estensive (Consiglio di Stato, 27 marzo 2013, n. 1788). 
Invero, sebbene si sia in presenza di una tariffa agevolata (vale a dire, favorevole ai beneficiari), a ben vedere, si è al cospetto non già di una norma agevolativa (vale a dire , che in troduce una deroga alle regole ordinarie), ma di un criterio di determinazione della tariffa che assurge a crite rio or dinario relativ amente a determinati beni. 
In particolare, il legislatore ha effettuato una comparazione e una non irragi onevole composizione degli interessi pubblici in gioco (quello dell'ente locale, comune e provinciale, di ricavare un'entrata dall'utilizzazione dei suoi beni pubblici e quello dei cittadini all'utilità derivante dall'erogazione di servizi pubblici), sottraendo la relativa valutazione all'ente impositore, considerandola una qu estione di interesse generale e non meramente localiz zabile (Co ns. Stato, sez. V, 25 novembre 2022, n. 1038 2; Cons. Stato, Sez. V, 24 ottobre 2023, n. 9184). Dunque, in simili ipotesi, il sacrificio che la collettività sopporta per la oc cupazione di suolo pubblico, unitamente al vantaggio economi co del soggetto che utilizza il suolo pu bblico, trovano parziale ma notevole comp ensazione nel soddisfacimento degli interessi dei consociati e nella realizzazione di determinate ut ilità di rile vanza sociale (benefici social i) che la stessa occupazione di suolo è in grado di assicurare attraverso la installazione di impianti e di reti preordinate, per loro natura, allo svolgimento di un determinato servizio in favore della medesima collettività di riferimento territoriale. 15 di 26 Alla stregua del le considerazioni che precedono, non si pone , dunque, un problema di interpretazione estensiva.  2.7. Per quanto non sia applicabile ratione temporis alla fattispecie in oggetto, depone nel senso che si è inteso av allare anche la norma di interpretazion e autentica di cui all'art. 5, comm a 14 quinquies, lett. a) e b), del d.l. n. 146 del 2021, con vertito con modificazioni nella legge n. 215 del 2021, il quale stabili sce ch e <<Il comma 831 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, 160, si interpreta nel senso che: […] b) per occupazioni permanenti di suolo pubblico con impianti direttamente funzionali all'erogazione del servizio a rete devono intendersi anche quelle effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali alla fornitura di servizi di pubblica utilità, quali la trasmissione di energia elettrica e il trasporto di gas naturale>>. 
Proprio la disposizione di interpretazione autentica fa ri ferimento alle aziende che esercitano atti vità strumentali alla fornitura di servizi di pubbli ca utilità, dovendo l'espressione “quali la trasmissione di energia elettrica e il trasporto di gas naturale” essere intesa come a titolo meramente esemplificativo.  ###, anche il Consiglio di Stato, nelle più recenti sentenze (cfr., ad esemp io, ### S tato, 4 novembre 2022, n. 9697 e 7 novembre 2022, n. 9759), sebbene con riferimento al canone unico patrimoniale, istituito con la legge n. 160 del 2019, ha riconosciuto la strument alità dell'attività svolta dalle aziende di produzione rispetto all a fornitura di servizi di pubblica ut ilità, come l a distribuzione dell'energia elettrica, in difformità con l'orientamento riferito al c.o.s.a.p. (di cui resta, tuttavia, espressione ### Stato, 25 novembre 2022, n. 10382).  2.8. Sulla base dei rilievi che precedono, va enunciato il seguente principio di diritto: <<In tema di ### alla società di produzione dell'energia elettrica (### ne s.p.a.) è applicabile la disposizione “agevolativa” di cui all'art. 63, comma 2, lettera f), del 16 di 26 d.lgs. n. 446 del 1997, i n quanto soggetto che svolge attività strumentale alla erogazi one di un pubblico servizio (aspetto sostanziale), possedendo infrastrutture che permettono ad altri soggetti di fornire il servizio, e dovendo il co ncetto di rete di erogazione di pubblici servizi essere inteso in senso unitario, in quanto la filiera del sistema elettrico nazionale, che è una ret e unica integrata, si compone di una serie di fasi (di produzione, di trasmissione, di dispacciamento e di distribuzione) tra loro connesse da connaturati vincoli inscindibili, tali per cui, in assenza dell'una non possono trovare compimento le altre (c.d. vincolo di complementarietà) e tutte le menzionate attivit à son o poste in essere esclusivamente nell' interesse delle altre (c.d . vincolo di esclusività)>>.  3.Con il primo motivo di ricorso incidentale la società contribuente ha dedotto la violazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 7 della legge n. 212 del 2000 e 1, comma 162, della legge n. 296 del 2006, essendo stato ritenuto legittimo l'avviso, nonostante l'assenza di un apparato motivazionale idoneo a co nsentire la comprensione dei rifer imenti normativi, a cui è connessa l'applicazione delle tarif fe, delle fonti a supporto de gli elementi in fatto riportati nell'atto (e, cioè, dimensioni dell'opera e superficie nonch é qualificazione giuri dica dell'opera e dell a superficie), delle motivazioni della sottrazione all'uso pubblico dei terreni occupati delle opere e del sacrificio imposto alla collettività. 
In primo luogo la censura è inammissibile. 
La sentenza di primo grado ha accolto il ricorso della contribuente con questa moti vazione: «una potenzial e seppure minima compromissione dell'uso pubblico dell'area municipale deve pur sempre ess ere prospettata, considerato che la razionalità dell'imposizione tributaria deve trovare riscontro in una effetti va lesione del diritto dominicale dell'ente, quantomeno potenziale. Nel caso in esame, nel provvedimento im pugnato, non si rinviene 17 di 26 alcuna motivazione in relazione alla comp romissione dell'uso pubblico del suolo determinata dalla presenza della cond uttura. 
Tale difetto di motivazione giustifica …l'annullamento dell'atto». Il giudice di secondo grado ha superato questa impostazione ritenendo «non prevista, quale ulteriore presupposto applicativo, la specifica dimostrazione, in sede di motivazione dell'atto impositivo, della concreta compromissione dell'uso pubblico» (vedi p. 5 della sentenza impugnata). Il motivo non aggredisce in modo specifico tale ratio decidendi, per cui non si confronta con la sentenza impugnata ed è inammissibile. 
A ciò si aggiunga, peraltro, che la ratio decidendi a giustificazione della sentenza risulta corretta, in quanto si fonda sulla sufficienza, ai fin i della completezza della motivazione, dell'indicazione dell'occupazione dell'area pubblica, a cui, secondo l'id qu od plerumque accidit, si accomp agna la sottrazione all'uso pubblic o, che non esige, dunque, una ulteriore e specifica spi egazione o illustrazione nell'atto impositivo. 
Per quanto riguarda le ulteriori lacune motivazionali lamentate, che non so no state oggetto di acc ertamento da parte del giudice di primo grado, il giudice di appello, a p. 6, ha precisato che dalla lettura dell'atto impositivo emerge «comprovata la presenza di tutti gli elementi necessari a comprendere le ragioni dell'imposizione, la individuazione dei fondi occupati, con in dicazione di fondo e particella, nonché la esemplificazione dei criteri a cui si è ricorso, per la determinazione dell'imposta, con indicazione, nella premessa dell'atto, dei necessari rifer imenti normativi». Ri spetto a tale accertamento di fatto, la co ntribuente, pur denunciando una violazione di legge, chi ede, in realt à, al giudic e di legittimità u n nuovo giudizio di merito in ordine all'esaustività della motivazione dell'avviso impugnato, inammissibile in questa sede. 
Ad ogni modo, il motivo è infondato. Il req uisito motivazionale esige, oltre alla pu ntualizzazione degli estr emi soggettivi ed 18 di 26 oggettivi della posizi one creditoria dedotta, soltanto l'indi cazione dei fatti astrattamen te gius tificativi di essa, che co nsentano di delimitare l'ambito delle ragioni add ucibili dall'ente impositore nell'eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al gi udizio di impugnazi one dell'atto le questioni riguardanti l'effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 21571 del 15/11/2004; conf. Cass., Sez. 5, Ordinan za n. 26431 del 08/11/2017).  4. Con il sec ondo motivo di ricorso incidentale la società contribuente ha denunciato la violazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell'art. 38 del d.lgs. n. 507 del 1993 e degl i artt. 823, 824, 826 e 2697 co d.civ., essendo stata ritenuta la sussistenza dei presupposti impositivi in relazione all'occupazione di aree non appar tenenti né al dema nio né al patrimonio indisponibile del ### ma piuttosto gravate da usi civili e, quindi, appartenenti alla collettività e solo amministrate dal ### come confermato dalla delibera della ### n. 61 del 2016. In particolare, nella prospettazione della ricorrente incidentale, i beni comunali gravati da usi civici costituiscono il cd.  demanio universale e non sono classificabili fra quelli demaniali in senso tecnico, in quanto appartenenti ai cittadini iure domini e solo amministrati dal ### La censura è infondata.  5.1.Gli usi civici affondano le proprie radici in contesti sociali assai remoti di epoca feu dale, ma sono so pravvissuti all'evolu zione storica e cul turale. La maggior parte di essi è nata da comportamenti di fatto, senza neppure l'adozi one di atti fo rmali idonei a dare ad eguata pub blicità al fenomeno. Tuttavia oggi, all'esito dell'evo luzione normativa e della elaborazione giurisprudenziale, sono stati valorizzati anche in un'ottica di tutela ambientale. 19 di 26 5.2. ###. 11 della legge n. 1766 del 1927 prevede che «i terreni assegnati ai ### o alle frazioni in esecuzione di leggi precedenti relative alla liqu idazione dei diritti di cui all'art. 1, e quelli che perverranno ad essi in applicazione della presente legge, nonché gli altri posseduti da ### o frazioni di ### università, ed altre associazioni agrarie comunque denominate, sui quali si esercitano usi civici, saranno distinti in due categorie: a) terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente; b) terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria». All'interno della categoria degli usi civici, si suole indicare sia il fenomeno degli usi civici in senso stretto (intesi come diritti reali di godimento in re aliena su beni appartenenti a soggetti pubblici o privati), che la materia dei domini collettivi (intesi quali terre spettanti ad una collettività ben indiv iduata di soggett i mediante un godimento promiscuo). La citata legge non reca, in effetti, una definizione espre ssa degli usi civici, ma li qualifica indistintamente come riconducibili a due diversi diritti di godimento delle terre che ne costituiscono oggetto: l'uso civico propriamente detto e il c.d. demanio civico. La natura giuridica degli usi su terre comunali è, nella sua essenza, equiparabile a quella dei be ni demaniali, dato il loro reg ime di inalienabilità, inus ucapibilità, immodificabilità e di conservazione del vinco lo di destinazione, il quale può subi re una deroga solo mediante un'appos ita “sdemanializzazione”. In particolare l'art. 12 della legge in esame dispone che «per i terreni di cui alla lettera a) si osserveranno le norme stabilite nel capo 2° del titolo 4° del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267. I ### e le associa zioni non potranno, senza l'autorizzazione del ### o dell'economia na zionale, alienarli o mutarne la destinazione. I diritti delle popolazioni su detti terreni saranno conservati ed esercitati in conformità del piano economico e degl i articoli 130 e 135 del citato decreto, e non potranno eccedere i limi ti stabili ti dall' art. 521 del Codice civile». La 20 di 26 complessiva disciplina co nsente di affermare che i fond i pubblici gravati da usi civici sono soggetti a un regime di indisponibilità, che trova deroga nel le sole (li mitate) ipotesi pr eviste dalla legge 1766 del 1927 (legittimazioni: art. 9; autorizzazioni all'alienazione e al mutamento di destinazione: art. 12; quotizzazioni: art. 13, e da altrettante limitate previsioni di leggi speciali).  5.3.Nell'impianto normativo originario, risalente all'epoca fascista, l'originaria volontà legislativa era proiettata verso l'affrancazione dei fondi da un vincolo ritenuto strettamente collegato alle realtà agricole e rurali, mutevoli da un territorio all'altro, che non aderiva più alle esigenze attuali. Tuttavia, nel corso degli anni, gli usi civici hanno assunto una valenza ambientale e paesaggistica sempre di maggior rilievo. Dapprima è stata approvata la legge n. 1497 del 1939, la quale già prevedeva vincoli paesaggistici ma di natura eminentemente amministrativa (poiché collegati al provvedimento amministrativo ed alle sue vicende). S uccessivament e è sopravvenuta la legge n. 41 del 1985 (cd. legge Galasso), il cui art.  1, lett . h, modificando l' art. 82 del d. P.R. n. 616 del 1977, ha sottoposto a vincolo paes aggistico , tra gli altri be ni, le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici. Gli usi civici so no, inoltre, dis ciplinati dalla legge qu adro sulle are e protette n. 394 del 1991, nell'ambito del regolamento del parco e del piano parco (artt. 11 e 12).  ### in vigore del la menzionata legge n. 431 del 1985 (c.d.  legge Galasso) ha inaugurato, dunque, u na nu ova prospettiva, sulla cui scia si è poi innestato il successivo d.lgs n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), che ha confermato tra le aree tutelat e all'art. 142 lett. h) le stesse, già indicate all a medesima lett. h) del l'art. 82 del la legge ### "le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici" (v.  sul punto anche Corte cost. n.228 del 2021). Il netto allontanamento dall'originaria tendenza liquidatoria degli usi civici 21 di 26 ha, infine, trovato consacrazione dapprima nel disposto dell'art. 74 della legge n. 221 del 2015, che ha modificato l'art. 4 del d.P.R.  327 del 2001, prevedendo che:«1-bis. I beni gravati da uso civico non poss ono essere espropriat i o asserviti c oattivamente se non viene pronunciato il mutamento di destinazione d'uso, fatte salve le ipotesi in cui l'opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l'esercizio dell'uso civico», e s uccessivamente nella nuov a disciplina contenuta nella legge n.1 68 del 2017, con cui si è consolidata la vocazione di salvaguardia ambientale degli usi civici.  5.4.Tenuto conto dell'orientamento di legittimità formatosi in materia analoga, e cioè di iscrizione di strade negli appositi elenchi (tra le altre, vedi Cass., Sez. 2, 17 marzo 1995, n. 3117), la giurisprudenza di legittimit à è giunt a ad affermare la natura demaniale dei terreni gravati da uso civic o di bosco e pasc olo permanente (v., tra le alt re Cass., Sez. U., 11 giugno 1973, 1671, second o le quali l'espropriazione esige la previa sdemanializzazione dei beni co munali gravati da usi civici). L a stessa Corte costituzionale ha sostenuto che tutta la materia degli usi civici dei beni di proprietà co llettiva rientra nell' ambito del diritto pubblico e che la natura di tali beni (equiparabile a quella dei beni demaniali ) non consente di sottoporli ad espro priazione per pubblica utilità potendo ques ta effettuarsi solo per la proprietà privata te rriera (v., ad esempio, Corte cos tituzionale n. 156 del 1995).  5.5.Sulla questione, sebbene indire ttamente in materia espropriativa, è intervenuta Cass., Sez. U., 10 maggi o 2023, 12570 - che, pur considerando che la legge base del 1927 non reca, in effetti, una definizione espressa degli usi civici, ha statuito che la natura giuridica degli usi c ivici su terre comunali è condizionata dal caratterizzarsi come beni di c.d. proprietà collettiva, la cui disciplina è equiparabi le a qu ella dei beni demaniali, per quanto si desume dal loro regime di inalienabilità, 22 di 26 inusucapibilità, immodificabilità e di conservazione del vincolo di destinazione, il quale può subire una deroga solo mediant e un'apposita “sdemanializzazione”, facendo altresì leva sul disposto dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 168 del 2017, il quale recita: «Il regime giuridico dei beni di cui al comma 1 resta quello dell'inalienabilità, dell'indivisibilità, dell'inusucapibilità e della perpetua destinazione agro -silvo-pastorale», laddove - si noti - l'uso del verbo “resta” va ritenuto - secondo l'interpretazione data dalle S.U. - manifestazione consapevole di quanto già previsto dalla legge del 1927 e l'aggiunta specificativa della “p erpetua destinazione agro-silvo-pastorale” è sintomatica di un a connotazione di “intangibilità di tali beni” nella loro funzione e nella finalità che perseguono, da cui scaturirebbe la loro indisponibilità cui fa risco ntro il regi me di intangibilità, che quei diritti caratterizza, preservandoli, in via generale, da ogni negativa interferenza, suscettibile di provenire dall'esterno.  ###.U. con la sentenza citata hanno, quindi, concluso che i beni gravati da uso civico di domin io coll ettivo sono ass imilabili a l regime giuridico di quelli demaniali. I terreni posseduti dai comuni e gravati da uso civico di bosco e pascolo permanente ai vincoli di inedificabilità e di destinazione - salva autorizzazione id onea a rimuovere detti li miti - vanno, pertanto, ricond otti nell'ambi to di quelli appartenenti al patrimonio demaniale dell' ente territoriale, perché destinati ad un pubblico servizio (già in precedenza, tra le altre, Cass., Sez. 5, 8 agosto 2003, n. 11993).  5.6.Con riguardo a detti terreni gravati da usi civici è, dunque, del tutto legittimo il convincimento cui so no pervenuti i gi udici di appello, che hanno, peraltro, accertato la riconducibilità dei fondi occupati tra quelli utilizzabili come bosco o pascolo permanente e la loro attuale desti nazione a tale pu bblico servizio in base all a documentazione prodotta, escludendo, in vece, la prov a della 23 di 26 costituzione di un diritt o di superficie a favor e della società ricorrente. 
Solo per completezza deve rilevarsi che il quadro così delineato non può essere scalfito dalla delibera della ### n. 61 del 2016, che è una fonte secondaria e che non può, quindi, derogare la normativa primaria.  5. Con il terzo motivo di ricorso incidentale la società contribuente ha denunciato la violazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, 3, cod.proc.civ., dell'art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997, atteso che la ### tributaria re gionale ha ritenuto sussistente la colp a grave della società per non aver presentato la denuncia dell'occupazione del suolo pubblico, nonostante l'imp ossibilità di desumere l'appartenenza dei beni al demanio o al patrimonio indisponibile del ### e nonostante la confi gurabilità della denuncia per le occupazioni permanenti come una tantum , co n conseguente individuazione del soggetto inadempiente esclusivamente nell'originario proprietario della centrale e, cioè, nell'Ente nazionale per l'energia elettrica. 
Il motivo è infondato. 
La decision e risulta corretta, in primo luogo, alla luce dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, la prov a dell'assenza di colpa grava, secondo le regole generali dell'illecito amministrativo, sul contribuente (tra varie, Cass., 5, 3 giugno 2015, n. 11433 e Cass., Sez. 5, 17 marzo 2017, 6930). Spetta du nque all'### o provare, anche mediante presunzioni semplici, i fatti costitutivi della pre tesa sanzi onatoria vantata, mentre spetta all'opponente che voglia andare esente da responsabilità dimostrare di aver agito in assenza di colpevolezza (Cass., Sez.un., 30 settembre 2009, n. 20930, resa con riguardo in generale all e sanzioni amministra tive). È espressione di queste regole anche l'art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997, ai sensi del quale 24 di 26 nelle violazioni pu nite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa. 
A ciò si aggiung a che l'obbligo di denuncia di cui all'a rt. 50 del d.lgs. n. 507 del 1993 (sussistente relativamente ai terreni gravati da usi civici, in quanto riconducibili al patrimonio indisponibile del ###, non essendo stato adempiuto, sec ondo le stess e allegazioni della ricorrente incidentale, dalla propria dante causa, sicuramente persisteva a carico della società contribuente, che, una volta subentrata nel rapporto concessorio, av rebbe dovuto effettuare la dichiarazione. Difatti, il comma 2 del menzionato art.  50, ai sensi del quale l'obbligo del la denuncia, nei modi e nei termini di cui al comma precedente, non sussiste per gli anni successivi a quello di prim a applicazione della tassa, sempre chè non si verifichino variazioni nella occupazione che determinino un maggiore ammontare del t ributo, può trovare applicazione so lo laddove la denuncia sia stata presentata e non laddove sia stata omessa (in questo senso questa Corte si è già pronunciata con riferimento ad i.c.i. ed a t.a.r.s.u.: cfr. Cass., Sez. 5, 9 giug no 2017, n. 1439 9, e Cass., Sez. 5, 8 ottobre 2019, n. 25063). 
Peraltro, pu r essendo un ico il rapporto concessori o, in virtù del quale è effettuata la occu pazione, il mutam ento del soggetto contribuente comporta l'insorgenza dell'obbligo dichiarativo. 
Sono, du nque, del tutto destituite di fond amento le difese del la società contribuente in ordine all'assenza di colpa per l'omessa presentazione della denuncia.  6.Con il quarto motivo di ricorso incidentale la società contribuente ha dedotto la violazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, 8 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000, avendo escl uso la ### trib utaria region ale le condizioni di obiettiva in certezza normativa in ordine alla 25 di 26 doverosità della denuncia di occupazione, nonostante l'assenza di una specifica previ sione di legge in ordine alla riconducibilità de i terreni gravati da usi civici al demanio o al patrimonio indisponibile del ### e la presenza di di vergenti orientamen ti giurisprudenziali. 
Il moti vo è infondato, in qu anto l' esclusione dell'applicazione dell'art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000, da parte del giudice di appello, risulta corretta, non essendoci, in punto di debenza del tributo sulle aree su cui gravano usi civici, divergenti orientamenti giurisprudenziali o contrapposte indicazioni delle amministrazioni pubbliche ed essendo chiara la volontà del legislatore. Difatti, come noto, in tema di sanzioni amministrative tributarie, l'incertezza normativa oggetti va - che deve essere distinta dalla ignora nza incolpevole del di ritto, come si evince dall'art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997 - è caratterizzata dalla impossibilità di individ uare con sic urezza ed univocamente la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile e può essere desunta da alcuni "indici", quali, ad esempio: 1) la difficoltà di individuazione delle disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formul a dichiarativa della norma giuri dica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) l'assenza di una prassi ammini strativa o la contraddittorietà delle circolari; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) l'esistenza di orientamenti gi urisprud enziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8)il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l'adozione di norme di in terpretazione autentica o meramente esplicative di una disposizione impl icita preesistente (tra le tante, Cass., Sez. 5, 13 giugno 2018, n. 15452) - nessuno dei quali risc ontrato nella sentenza im pugnata alla luce dei più 26 di 26 recenti ed oramai consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità, già illustrati con riferimento ai precedenti motivi.  7. In conclusione, devono essere rigettati sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale. 
Le spese del presente giu dizio di leg ittim ità vanno integralmente compensate in considerazione della reciproca soccombenza e della complessità di alcune delle questioni affrontate.  P.Q.M.  La Corte di cassazione: rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale; dichiara integralmente compensate le spese del presente giudizio di legittimità; ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente prin cipale e della ricorrente incidentale, dell'ulterior e importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13. 
Così deciso in ### il ###.   

Giudice/firmatari: Perrino Angelina Maria, Picardi Francesca

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Giudice di Pace di Mercato San Severino, Sentenza n. 49/2025 del 30-01-2025

... non occasionale disponibilità non solo materiale, ma giuridica della cosa ed è in grado di controllare i rischi ad essa inerenti. Prescinde il titolo sul quale si fonda questo potere (proprietà o altro diritto reale) potendo anche trattarsi di un rapporto con la cosa fondato anche su un semplice potere di fatto (possesso o detenzione); per esempio: il ### quale custode dei beni condominiali; il titolare del pubblico esercizio, in relazione al pavimento scivoloso sul quale sono caduti i clienti; l'armatore della nave che causa danni alle installazioni portuali in fase di ormeggio; il gestore del campo da tennis, per la presenza di una buca sul campo che ha causato un danno al giocatore che vi è inciampato. Naturalmente la cosa deve costituire causa del danno e non mera occasione dello stesso. A tal proposito è utile specificare che il danno deve essere cagionato “dalla cosa” e non “con la cosa” ai fini dell'applicazione dell'art. 2051. Più precisamente, per l'applicazione dell'articolo in questione è indispensabile che sia direttamente la cosa in custodia a produrre l'evento dannoso in quanto deve esserci una relazione diretta tra la cosa in custodia e il danno. Tale impostazione (leggi tutto)...

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N.RG 497 / 2023
Il Giudice di ### di ### Dott.   ### SCANNAPIECO , nella causa civile R.G. n. 497 / 2023 vertente tra ### (CF ###) - Avv. ### -RICORRENTEcontro ### (CF ###); ### - chiamata in garanziarappresentate e difese come in atti -RESISTENTE###'istante lamenta come nelle circostanze loco-temporali narrate in citazione, mentre, a piedi, percorreva i luoghi, rovinava in una disconnessioneW colà presente, talchè averne i danni per come denunziati. ### convenuto impugnava quindi ogni avverso dedotto, chiedendone il rigetto, chiamando in garanzia ### spa per la
RCT, la quale ultima cofutava ogni ex adverso assunto, eccependo tra l'altro la sussistenza di 'franchigia' minimo €.2500,oo. Espletata quindi l'istruttoria ed acquisita idonea e pertinente documentazione, la causa era infine assegnata a sentenza. 
La domanda è parzialmente fondata. 
La vicenda per vero è inquadrabile nell'ambito normativo dell'art. 2051 Cc, allorché onera chi è tenuto alla custodia e vigilanza di porre in essere ogni cautela e prevenzione perché dall'uso della cosa non derivi nocumento a terzi. Alla proprietà della strada dunque corre l'obbligo di assicurare la manutenzione della stessa, poiché l'omessa attività
è in re ipsa fonte di responsabilità, ex art. 2051 piuttosto che del 2043 Cc, restando tuttavia necessario dimostrare, in modo rigoroso, il nesso eziologico tra danno e cosa. ###: “ ###. 2051 c.c. dispone che “### è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. Pur essendo la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie orientate nel senso di ritenere che la norma in esame sancisca un caso di responsabilità oggettiva, una parte della dottrina e della giurisprudenza più tradizionale, ritengono che si tratti di una presunzione di colpa del custode .A sostegno di questa seconda impostazione grava il fatto che l'art. 2051 richiede, per essere esenti da responsabilità, non la prova dell'assenza di colpa - ossia la prova di aver custodito la cosa con diligenza, prudenza, perizia - ma la prova positiva del caso fortuito, ovverosia di un evento che ha interrotto il rapporto causale tra cosa e danno, di tal guisa che non vi sarà esonero da responsabilità se la causa del danno sia rimasta ignota. Il custode ha quindi l'obbligo di vigilare sulla cosa in modo da impedire che questa possa arrecare danni a terzi. Tuttavia, ed è qui il rilievo critico che ha portato ad un cambio di rotta, la prova di una diligente vigilanza del custode sulla cosa, non lo libera da responsabilità, essendo liberatoria solo la prova del caso fortuito ovvero del fatto del terzo o dello stesso soggetto danneggiato (l'art. 2051 c.c. introduce una ipotesi di responsabilità oggettiva , fondata sul solo nesso di causalità tra la cosa in custodia e l'evento dannoso e dunque a prescindere dalla colpa o dal dolo). Il custode è da identificare in chi ha una effettiva e non occasionale disponibilità non solo materiale, ma giuridica della cosa ed è in grado di controllare i rischi ad essa inerenti.
Prescinde il titolo sul quale si fonda questo potere (proprietà o altro diritto reale) potendo anche trattarsi di un rapporto con la cosa fondato anche su un semplice potere di fatto (possesso o detenzione); per esempio: il ### quale custode dei beni condominiali; il titolare del pubblico esercizio, in relazione al pavimento scivoloso sul quale sono caduti i clienti; l'armatore della nave che causa danni alle installazioni portuali in fase di ormeggio; il gestore del campo da tennis, per la presenza di una buca sul campo che ha causato un danno al giocatore che vi è inciampato. Naturalmente la cosa deve costituire causa del danno e non mera occasione dello stesso. A tal proposito è utile specificare che il danno deve essere cagionato “dalla cosa” e non “con la cosa” ai fini dell'applicazione dell'art. 2051. Più precisamente, per l'applicazione dell'articolo in questione è indispensabile che sia direttamente la cosa in custodia a produrre l'evento dannoso in quanto deve esserci una relazione diretta tra la cosa in custodia e il danno. Tale impostazione è giustificata - oltre che dallo stesso tenore letterale della disposizione - anche dal fatto che colui obbligato a risarcire il danno è il custode, ovverosia colui che ha il governo della cosa e che è posto in condizione di controllare i rischi ad essa inerenti. Si considerano cose in custodia anche i beni pubblici. A tal proposito, un orientamento della dottrina e della giurisprudenza ritiene applicabile l'art. 2051 nei confronti dell'ente, custode della pubblica strada, per i danni cagionati, per le insidie o trabocchetti presenti (come le buche o altre irregolarità del manto stradale). Inoltre, questo stesso orientamento ritiene l'art. 2051 applicabile solo per le strade interne ed abitati, oltre che per le autostrade. Le prime perché, per la loro limitata estensione, sono suscettibili di una vigilanza costante ed adeguata; le seconde perché, essendo destinate alla percorrenza veloce ed in condizioni di sicurezza, sono sottoposte ad una particolare vigilanza da parte dell'ente gestore. Invece, le strade extraurbane, essendo beni molto estesi e soggetti ad un generale utilizzo, non possono essere ritenuti suscettibili della qualificazione di cose in custodia. Più genericamente, evitando classificazioni del tutto arbitrarie, può dirsi che l'art. 2051 si applica nei casi in cui si accerti che, per le caratteristiche del bene, era possibile esercitare la custodia dello stesso; invece, si configura il caso fortuito quando l'evento dannoso era imprevedibile e inevitabile.
Se la custodia della cosa si rivela impossibile, si ritiene applicabile l'art. 2043 c.c., con la conseguenza che incombe sul danneggiato l'onere della prova circa l'esistenza di una situazione insidiosa, non visibile e non prevedibile. Il terzo presupposto di applicazione dell'art. 2051 è costituito dal nesso di causalità tra la cosa e il danno. Qualche pronuncia della giurisprudenza tradizionale ha disposto che il criterio da adottare è quello della normalità statistica (se è prevedibile che da quella cosa possa derivare un danno a terzi, allora sussiste il nesso di causalità tra la cosa e il danno cagionato ad un determinato soggetto). Orientamento, tuttavia, superato da una giurisprudenza più moderna, che ha adottato il criterio della credibilità razionale o della probabilità logica. Sul tema del nesso di causalità si è espressa, di recente, la Corte di
Cassazione, con sentenza n. 2482/2018. ###.C. ha specificato che non è sufficiente una relazione causale fondata sul modello della conditio sine qua non per determinare una causalità giuridicamente rilevante. Piuttosto, deve darsi rilievo - all'interno delle serie causali così determinate - a quelle soltanto che appaiono ex ante idonee a determinare l'evento secondo il modello della causalità adeguata o quello similare della c.d. regolarità causale.
I principi espressi dalla sentenza in esame inducono a concludere che solo ciò che non sia prevedibile oggettivamente - che, quindi, rappresenti un'eccezione alla normale sequenza causale - secondo una valutazione ex ante o in astratto, integra il caso fortuito, in quanto l'imprevedibilità comporta anche la non evitabilità dell'evento. Una volta che sono presenti tutti e tre i presupposti sopra menzionati (presenza di un custode, della cosa che ha cagionato il danno e del nesso di causalità tra cosa ed evento dannoso), colui che ha in custodia la cosa può essere esente da responsabilità solo provando l'esistenza di un caso fortuito, idoneo - secondo recente giurisprudenzaa interrompere il nesso di causalità tra cosa e danno, oppure la colpa esclusiva del danneggiato o, se la cosa è inerte, la sua non pericolosità in relazione allo stato dei luoghi. ### una parte della dottrina, per caso fortuito si intende ogni avvenimento, inevitabile dal custode (ed estraneo sia alla cosa che alla sfera del custode stesso), che abbia, da solo, determinato le condizioni dell'evento dannoso. Più precisamente, questa stessa dottrina distingue tra: caso fortuito autonomo, consistente in un fattore esterno, estraneo alla sfera di controllo del custode, che abbia interrotto il rapporto causale tra cosa e danno; e caso fortuito incidentale, che si ha quando la cosa che ha provocato il danno è stata attivata da un terzo o dallo stesso danneggiato, ad esempio con un uso improprio della stessa. Caso fortuito, secondo una più precisa definizione, tuttavia, può dirsi quel fatto né prevedibile né prevenibile con l'ordinaria diligenza, cui sia specificamente imputabile l'evento dannoso. Il custode, pertanto, per essere esente da responsabilità, deve provare non di averla custodita e sorvegliata con la diligenza del buon padre di famiglia, ma dovrà dimostrare quale sia stata la causa del cattivo funzionamento della cosa e che tale causa non era prevedibile, né prevenibile con la diligenza del buon padre di famiglia. È vero che questa definizione avvicina il criterio di responsabilità più nell'area della colpa, ma è anche più coerente con il sistema del codice. Il danneggiato, secondo la Cassazione, ha l'onere di provare il nesso causale tra la cosa e il danno. Il custode, come già detto, deve invece provare la mancanza di tale nesso ovvero dare la prova che il nesso causale sussiste tra l'evento e un fatto che non era prevedibile e prevenibile (cioè il caso fortuito). La
Suprema Corte precisa, inoltre, che anche la condotta del danneggiato può integrare il caso fortuito, ma solo se colposa e non prevedibile. Più precisamente, nel caso di compresenza della condotta del danneggiato, possono prospettarsi due ipotesi. La prima si ha quando il danneggiato utilizza la cosa non con la normale diligenza e con la sua condotta integra un concorso causale colposo , valutabile ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c. (richiamato dall'art. 2056 c.c.). La seconda si ha quando la condotta colposa del danneggiato recide totalmente il nesso di causalità tra cosa e danno - integrando gli estremi del caso fortuito - ed esclude, così, la responsabilità del custode. La Cassazione specifica, quindi, che (in ordine al comportamento del danneggiato) quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'uso della normale diligenza, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento del danneggiato nel dinamismo causale del danno, fino a interrompere il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando questo comportamento “benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale” . 
Cass. n. 522/1987. E' vero, tuttavia, che anche alcune recenti pronunce della Cassazione sono orientate verso una presunzione di colpa. V. Cass. n. 13222/2016. e Cass. n. 11802/2016. In termini sostanzialmente analoghi Cass. n. 2482/2018 e Cass. n. 22832/2017 la quale ha statuito che la custodia deve consistere in una “situazione giuridicamente rilevante rispetto alla res, tale da rendere attuale e diretto l'anzidetto potere attraverso una signoria di fatto sulla cosa stessa, di cui se ne abbia la disponibilità materiale”. Quest'ultima, a sua volta, individua come conseguenza imputabile quella che, secondo l'id quod plerumque accidit, integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose originatosi da un evento originario, che ne costituisce l'antecedente necessario.
Sequenza costante che deve essere prevedibile non dal punto di vista soggettivo dell'agente, ma deve essere oggettivizzato sulla base di regole statistiche o scientifiche. La Corte di legittimità precisa, quindi, che l'art. 2051 contempla un caso di responsabilità oggettiva, essendo irrilevante la presenza o l'assenza di colpa in capo al custode. Cass. n. 2482/2018 (cit.) ha ritenuto che le precipitazioni atmosferiche possono integrare il caso fortuito solo se assumono i caratteri della imprevedibilità oggettiva e della eccezionalità, da accertarsi con dati statistici e scientifici riferiti al contesto specifico di localizzazione della res oggetto di custodia.
V. anche, Cass. n. 8229/2010; Cass. n. 4279/2008. Ex multis, Cass. n. 22807/2009
Ex multis, Cass. n. 12744/2016. La Cassazione, aderendo alla tesi secondo la quale il caso fortuito è idoneo a recidere il nesso causale, precisa che deve essere imprevedibile (inteso come obiettivamente inverosimile) ed eccezionale (inteso come evento che si discosta sensibilmente dalla frequenza statistica accettata come “normale”) - secondo una valutazione oggettiva - e deve avere efficacia determinante dell'evento dannoso. Così anche Cass. n. 9009/2015.
Tra l'altro, la Cassazione si preoccupa altresì di precisare che, quindi, un dovere di cautela incombe sul danneggiato e segue le logiche (anch'essa) della causalità adeguata. Dovere di cautela che si fonda sull'art. 2 Cost., che impone un dovere di solidarietà che porta ad adottare condotte finalizzate a limitare entro limiti di ragionevolezza gli aggravi per gli altri in nome della reciprocità degli obblighi che derivano dalla convivenza civile. Pertanto, il danneggiato ha l'obbligo di regolare la propria condotta in rapporto alle diverse contingenze nelle quali si viene in contatto con la cosa. Naturalmente si tratta di considerazioni che devono essere affrontate dal giudice di merito e, se adeguatamente motivate, sono insuscettibili di impugnazione. 
Cass. n. 2482/2018 (cit.). 
Si cita: ”
La Corte di Cassazione torna ad esaminare le problematiche sottese ai casi di danni a pedoni, originati dalle precarie condizioni del manto stradale, ed alle relative richieste di risarcimento avanzate nei confronti del
Comune, quale responsabile per danno cagionato da cosa in custodia ex art.  c.c. La Suprema Corte, investita del ricorso proposto avverso la sentenza con la quale la Corte d'Appello di Catanzaro aveva rigettato la domanda avanzata da un pedone, nei confronti del Comune di ### avente per oggetto il risarcimento dei danni patiti in seguito ad una caduta provocata dal manto stradale sconnesso, esamina il problema relativo all'onere probatorio a carico del danneggiato, distinguendo tra la prova del nesso di causalità e la prova della pericolosità della cosa. La prova circa l'intrinseca pericolosità della cosa, veniva invero ritenuta dalla
Corte d'Appello, determinante ai fini dell'accoglimento della domanda, in assenza della quale, pur essendo provato il legame causale tra la cosa e il danno, veniva rigettata l'istanza di risarcimento proposta dalla parte attrice, danneggiata dal sinistro. ### probatorio a carico del danneggiato, veniva ritenuto assolto solo con la dimostrazione che lo stato dei luoghi presentasse un'obiettiva situazione di pericolosità, o che sussistesse una potenzialità dannosa intrinseca tale da dimostrare l'oggettiva responsabilità del custode. Tali considerazioni vengono definite nella sentenza de quo, non coerenti con l'ormai consolidata e più recente interpretazione dell'articolo in esame, da parte della Corte di Cassazione. ### della Suprema
Corte, in primo luogo, sostengono che la Corte d'Appello di Catanzaro abbia scambiato la prova del nesso di causa con quella dell'assenza della colpa, ed in seguito ribadiscono quanto già affermato in precedenti sentenze, specificando che ove il nesso causale sia già dimostrato, non è necessario fornire la prova della pericolosità della cosa. Quest'ultimo elemento è un utile indizio, che consente di risalire, tramite una presunzione ex art. 2727 c.c., alla prova del nesso di causa, ma ove quest'ultimo sia aliunde positivamente accertato, non è più necessario stabilire se la cosa fosse pericolosa o meno.
La Suprema Corte evidenzia che anche il custode di cosa non pericolosa risponde ex art. 2051 c.c., allorquando sia stato accertato e dimostrato un valido nesso di causa.
Occorre a tal riguardo evidenziare che l'unica possibilità per il custode, di esimersi dalla responsabilità, è costituita dalla prova del fortuito, della sussistenza di un evento esterno ed imprevedibile, che sia in grado di escludere il nesso eziologico tra cosa e danno, interrompendo il processo eziologico di determinazione del danno e dando inizio ad una diversa ed autonoma sequenza causale. Anche la condotta negligente del danneggiato, può assumere rilevanza in tal senso. Esclusa la sussistenza del fortuito, il cui onere probatorio sarebbe stato a carico dell'amministrazione convenuta, e pacificamente provato il collegamento eziologico tra la cosa in custodia ed il danno cagionato, che nel caso in esame era stato ammesso espressamente dalla stessa Corte d'Appello che aveva emesso la sentenza impugnata, non vi è ragione per respingere la domanda di risarcimento proposta dal danneggiato. 
Cassazione Civile, sez. VI-3, ordinanza 05/09/2016.. 
Ora, la persistenza dell'ostacolo , dissesto o altro comporta il sussistere della colpa del gestoreproprietario, giacché venuto meno all'onere/obbligo di vigilare e manutenere la cosa, onde evitare appunto l'insorgere di pericolo ai cittadini fruitori. Il narrato dei testi dunque ha evidenziato e confermato come l'anomalia non era segnalata, né recintata o messo in sicurezza, rappresentando un pericolo sorgente “dalla cosa” e non “con la cosa” ai fini dell'applicazione - ut supra evidenziato.
E tuttavia, per come emersi i fatti, alla luce delle rese deposizioni e dalla documentazione acclusa, ne consegue che sussiste la responsabilità ex art.###c dell' ###, ma anche che l'attrice NON è esente dall'applicabilità ex art. ###c, non foss'altro perché residente nei pressi, sicchè ritenere, in definitiva, esser stato assolto l'onere ex art. ###c soltanto in parte qua, poiché ove il pedone avesse usato maggiore diligenza, avrebbe senz'altro, limitati i danni patiti. Attesa poi la documentazione prodotta in ordine al quantum, in particolare la ctu disposta cui se ne condividono le conclusioni, si reputa congruo determinarne in €. 2543,11 per 3 pp DB e €.1100,00 per #### nulla per danno morale, il tutto da ridurre del 50% per quanto ut supra argomentato. Infine, si dica che è da ritenere l'applicabilità della polizza al caso concreto, ma che, attesa la somma liquidata, la malleva resterebbe senza effetto, alla luce della clausolaI prevista. P.Q.M. Il Giudice di ### definitivamente pronunciando, così provvede:
Accoglie parzialmente la domanda e per l'effetto condanna parte convenuta al pagamento della somma di €. 3643,11, defalcata della metà, vedi parte motiva, in favore di ### nonché alla refusione della metà delle spese di lite che liquida in detta misura del 50% in euro 110,00, per compensi, oltre CU rimborso forfettario, cpa ed iva con attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario, ed infine €.400,oo per ### compensa per il resto; in ordine alla posizione delle ### spa si ribadisce l'applicabilità della polizza al caso concreto, ma che, attesa la somma liquidata, la malleva resterebbe senza effetto, alla luce della clausolaI prevista.
Così deciso in ### il ### Il Giudice di ###

causa n. 497/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Vincenzo Scannapieco

M

Corte di Cassazione, Sentenza n. 773/2025 del 12-01-2025

... propriamente detto e il c.d. demanio civico. La natura giuridica degli usi su terre comunali è, nella sua essenza, equiparabile a quella dei be ni demaniali, dato il loro reg ime di inalienabilità, inus ucapibilità, immodificabilità e di conservazione del vinco lo di destinazione, il quale può subi re una deroga solo mediante un'appos ita “sdemanializzazione”. In particolare l'art. 12 della legge in esame dispone che «per i terreni di cui alla lettera a) si osserveranno le norme stabilite nel capo 2° del titolo 4° del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267. I ### e le associa zioni non potranno, senza l'autorizzazione del ### o dell'economia na zionale, alienarli o mutarne la destinazione. I diritti delle popolazioni su detti terreni saranno conservati ed esercitati in conformità del piano economico e degl i articoli 130 e 135 del citato decreto, e non potranno eccedere i limi ti stabili ti dall' art. 521 del Codice civile». La complessiva disciplina co nsente di affermare che i fond i pubblici gravati da usi civici sono soggetti a un regime di indisponibilità, che trova deroga nel le sole (li mitate) ipotesi pr eviste dalla legge 1766 del 1927 (legittimazioni: art. 9; autorizzazioni (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 8896/2021 R.G. proposto da: ### rappresentata e difesa dall 'avvocato ### (N ###) unitamente all'avvocato ### (####) -ricorrente contro ###, rappresentato e difeso dall'avvocato ### (###), unitamente all'avvocato ### (###) 2 di 28 -controricorrente avverso la ### di ### .TRIB.REG. CAMPANIA 5594/2020 depositata il ###, udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 12/11/2024 dal #### 1. ### s.p.a. ha impugnato l'avviso di accertamento del Comune di Mi gnano ### o, adottato in sostituzione di un precedente atto impositivo, oggetto di annullamento già giudiziale e, poi, in autotutela: avviso avente ad oggetto la t.o.s.a.p.  (annualità 2013) in relazione all'occupazione permanente del soprasuolo e del so ttosuolo comunale, trami te condotta di adduzione di acqua per le centrali idroelettriche, insistente nel territorio comunale.  2.### provinciale tributaria ha parzialmente accolto il ricorso, decurtando la tariffa previst a della misura del 90% ed annullando sanzioni ed interessi.  3.Hanno propos to appello sia l'ente impositore sia la societ à contribuente.  4.### tributaria regionale, in accoglimento dell'appello del Comune ed in riforma della sentenza impugnata, ha rigettato il ricorso originario della società contribuente ed il suo app ello, ritenendo: 1) del tutto legittima la sostituzione dell'atto annullato in sede di autotutela; 2) congruamente motivato l'avviso, che «fa compiuto riferimento all'omessa denunci a, all'opera tassata, ai motivi di tassa zione, alla tariffa applicata ed ai mq - corretti dall'ente impositore nel secondo accertamento - sui quali la tariffa è stata applicata »; 3) di proprietà pubblica le ar ee oc cupate, 3 di 28 riconducibili al patrimonio indisponib ile del Comune, nonostante l'insistenza di usi civici; 4) necessaria, ai fini dell'applicazione di una tariffa diversa da quella ordinaria, la richiesta del contribuente e la dimos trazione dei relativi presupposti, assente nel caso di specie.  5. Avve rso tale sentenza ha propos to ricorso per cassazione la società contribuente.  6.Si è costituito con controricorso il Comune, chiedendo dichiararsi l'inammissibilità ed infondatezza del ricorso principale.  7.### ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rinvio della causa in attesa del la decisione del le ### sulla questione in tema di autotutela, discussa alla udienza del 22 ottobre 2024 (ordinanza di rimessione n. ### del 2023), oggetto del primo motivo del ricorso incidentale.  8. Risultano depositate memorie di entrambe le parti.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente ha dedotto la violazi one, ai sensi dell'ar t. 360, prim o comm a, n. 3, cod.proc.civ., dell'art. 2-quater d.l. n. 564 del 1994, conver tito nella legge n. 66 del 1994, e degli artt. 42 e 43 d.P.R. n. 600 del 1973, potendo essere esercitato il potere di autotutela, in materia tributaria, esclusivamente in presenza di vizi formali o di elementi sopravvenuti e non come accaduto nel caso di specie per sanare vizi sostanziali ed in assenza di elementi sopravvenuti. 
La censura è infondata.  1.1.Occorre preliminarmente rilevare che la questione rimessa alle ### con l'ordinanza n. ### del 2023, concernente diversi tributi e, cioè, i.r.p.e.f. ed i.v.a., non è sovrapp onibile a quella in esame in materia di t.o.s.a.p., in quanto cali brata sui limiti di ammissibilità dell'autotutela in malam partem. 4 di 28 Ad ogni modo le ### si sono pronunciate con la sentenza n. ### del 21 novembre 2024, aff ermando, ai fini che qui interessano, il seguente principio di diritto, peraltro conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte: in tema di accertamento tributario, il potere di autotutela tributaria, le cui forme e modalità sono disciplinate dall'art. 2-quater, comma 1, d.l.  n. 564 del 1994, conv. nella legge n. 656 del 1994, e dal successivo d.m. n. 37 del 1997, di attuazione, e, con decorrenza dal 18 gennai o 2024, dagli artt. 10-quater e 10-quinquies della legge n. 212 del 2000, trae fondament o, al pari della potest à impositiva, dai principi costituzionali di cui agli artt. 2, 23, 53 e 97 Cost., in vista del perseg uimento del l'interesse pu bblico alla corretta esazione dei tributi legalmente accertati; di conseguenza, l'### finanziaria, ove non sia decorso il termi ne di decadenza per l'acc ertamento previsto per il singolo tributo e sull'atto non sia stata pronunciata sentenza passata in giudicato, può legittimamente annullare, per vizi sia formali che sostanziali, l'atto impositivo viziato ed emettere, in sostituzione, un nuovo atto anche per una maggiore pretesa.  2. Con il sec ondo motivo di ricorso la socie tà contribuente ha lamentato la violazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 7 della legge n. 212 del 2000 e 1, comma 162, della legge n. 296 del 2006, essendo stato ritenuto legittimo l'avviso, nonostante l'assenza di un apparato motivazionale idoneo a co nsentire l'individuazione dei presupposti di fatto e di diritto dell'accertamento, dei criteri di qualificazione dell'occupazione e di quelli di quantificazione della pretesa. In particolare la società ha evidenziato che nell' atto im positivo manca ogni riferimento normativo o chiarimento in ordine alla tariffa applicata e che solo in corso di giudizio il Comune, al fine di integrare la motivazione, ha prodotto la planim etria della condotta con i rispettivi rilievi fotografici; la delibera della ### ta comunale di ### 5 di 28 ### n. 9 del 2016 e la certificazione di fida pascolo relat iva all'annualità 2017 - documentazione contente le in formazioni necessarie al fine quantificare la superficie occupata a di qualificare le aree occupate e, cioè, informazioni indispensabili per individuare la pretesa tributaria, che avrebbero dovuto essere fornite già nella motivazione dell'atto impositivo. 
La censura è inammissibile, oltre che infondata. 
La ricorrente, pur denunciando una violazione di legge, chiede al giudice di legittimi tà un giudizio di fatto in ordine all'esausti vità della motivazione dell'avviso impugnato: valutazione già effettuata, con esito positivo, dal giudice di appello. A ciò si aggiunga che la ricorrente fo nda la presente doglianza sul confronto t ra il primo avviso ed il second o avviso e sui dubbi e sugli equivoci che la successione di atti avrebbe ingenerato, senza tenere conto che il primo avviso è stato eliminato e sostituito in sede di autotutela, per cui le ragioni della pretesa fiscale vanno ricercate solo nel secondo avviso, adottato proprio per chiarire i presupposti impostivi. Pure deve ril evarsi che, nell'illustrazione del precedente mo tivo, si fa riferimento ad elementi fattuali ulter iori rispetto al mero stralcio riportato, così confe rmando la esaustività della moti vazione dell'atto impositivo, già oggetto della verifica di merito da parte del giudice di primo e di secondo grado (p iù precisamente alla qualificazione dell'opera in termini di «condotta di adduzio ne all'interno della galleria» e alla «occupazione permanente del soprasuolo e sottosuolo comunale»). 
Per co mpletezza va ricordato, comu nque, che, in tema di tributi locali, l'obbligo motivazionale dell'accertamento è adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributar ia nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l'an ed il quantum dell'imposta. Il requisito motivazionale esige, oltre all a puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, 6 di 28 soltanto l'indicazio ne dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che co nsentano di delimitare l' ambito delle ra gioni adducibili dall'ente impositore nel l'eventuale successiva fase c ontenziosa, restando, poi, aff idate al giudizio di impugnazione dell'atto le questioni riguardanti l'effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass., Sez. 5, 15 novembre 2004, n. 21571; Cass., Sez. 5, 31 marzo 2011, n. 7360 Cass., Sez. 5, 8 novembre 2017, n . 26431; Cass., Sez. 5, 30 ottobre 2019, n. 27800). 
Da ciò consegue che la documentazione prodotta in primo grado dal Comune con le controdeduzio ni non ha integrato una motivazione di per sé insufficiente, avendo esclusivamente lo scopo di superare le contestazioni sollevate dalla società contribuente. 
Invero, deve ribadirsi che solo l' avviso di accertamento privo, in violazione dell'art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell'art. 7 della l.  n. 212 del 2000, di una cong rua motivazione non può esse re integrato in gi udizio dall'### strazione finanziaria, in ragione della natura impugnatoria del processo tributario (Cass., Sez. 6 - 5, 21/05/2018, n. 12400), mentre, in virtù della formulazione dell'art.  7 della legge n. 212 del 2000 ratione temporis vigente, la prova delle pretesa tributaria, avanzata con l'avviso, può essere fornita in giudizio, non dovendo necess ariame nte essere indicata nel l'atto impositivo. ### l'or ientamento sinora consoli dato, difatti, la motivazione dell'avviso di accertamento o di rettifica, presidiat a dall'art. 7 della l. n. 212 del 2002, ha la funzi one di delimit are l'ambito delle contestazioni proponi bili dall'Uf ficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l'an ed il quantum della pretesa tributaria; invece, la prova della pretesa tributar ia attiene al diverso piano del fondamento sostanziale della pretesa t ributaria ed al suo accertament o in giudizio in presenza di specifiche contestazioni dello stesso (Cass., Sez. 5, 20 settemb re 20 24, n. 25321). Solo, all'esito delle 7 di 28 modifiche apportate dal d.lgs. n. 219 del 2023, gli atti dell'### finanziaria devono indicare specificamente, oltre i presupposti e le ragioni giuridiche, anche i mezzi di prova.  3. Con il terzo motivo di rico rso la società contribuente ha denunciato la violazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell'art. 38 del d.lgs. n. 507 del 1993 e degli artt.  823, 824, 826 e 2697 cod.civ., essendo stata ritenuta la sussistenza dei presupposti impositivi in relazione all'occupazione di aree non appartenenti né al demanio né al patrimonio indisponibile del Comune, ma piuttosto grav ate da usi civil i e, quindi, appartenenti alla collettività e solo amministrate dal Comune, come confermato dalla delibera della ### n. 61 del 2016. 
Nel ricorso si è anche evidenziato che il Comune non ha provato l'effettività e attualità della destinazione delle aree ad un servizio pubblico e che la contribuente non può essere gravata dell'opposta prova negativa. 
In parti colare, nella prospettazione del la ricorrente incid entale, i beni comun ali gravati da usi civici costituisco no il cd. demanio universale e non sono clas sificabili fra qu elli demaniali in senso tecnico, in quanto appartenenti ai citt adini iure domini e so lo amministrati dal Comune. Si è pure evidenziato che, ai fini del riconoscimento della demanialità ovvero della natura indisponibile dei beni, occorre l'effettivo e permanente esercizio dell'uso civico da parte della ge neralità degli appartenent i all'ente territoriale, mentre il Comune, su cui in combe l'onere della prova per il principio cd. della vicinanza, ha depositato l'autorizzazione per la fida pascolo relativa all'annualità 2017, successiva all'annualità di imposta per la quale è stato emesso l'avviso di accertamen to impugnato. 
La censura è infondata.  ### della natura demaniale dei terreni gravati da usi civici esige la ricostruzione del relativo quadro normativo, 8 di 28 evidenziando che la presente controversia ha ad oggetto l'annualità di imposta del 2012, sicché non trova applicazione la legge n. 168 del 2017, che ha dettato norme in materia di domini collettivi e si è occupata degli usi civil i. La discipl ina di rifer imento, nel caso di specie, resta la l egge n. 1766 del 1927, i cui artt. 11 e 12 stabiliscono che i terreni dei ### ut ilizzabi li come bosco o pascolo permanente (come nel caso di specie), non possono essere alienati né può esser ne mu tata la destinazione, senza l'autorizzazione del Ministero dell'### 3.1.Gli usi civici affondano le proprie radici in contesti sociali assai remoti di epoca feu dale, ma sono so pravvissuti all'evolu zione storica e cul turale. La maggior parte di essi è nata da comportamenti di fatto, senza neppure l'adozi one di atti fo rmali idonei a dare ad eguata pub blicità al fenomeno. Tuttavia oggi, all'esito dell'evo luzione normativa e della elaborazione giurisprudenziale, sono stati valorizzati anche in un'ottica di tutela ambientale.  3.2. ###. 11 della legge n. 1766 del 1927 prevede che «i terreni assegnati ai ### o alle frazioni in esecuzione di leggi precedenti relative alla liqu idazione dei diritti di cui all'art. 1, e quelli che perverranno ad essi in applicazione della presente legge, nonché gli altri posseduti da ### o frazioni di ### università, ed altre associazioni agrarie comunque denominate, sui quali si esercitano usi civici, saranno distinti in due categorie: a) terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente; b) terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria». All'interno della categoria degli usi civici, si suole indicare sia il fenomeno degli usi civici in senso stretto (intesi come diritti reali di godimento in re aliena su beni appartenenti a soggetti pubblici o privati), che la materia dei domini collettivi (intesi quali terre spettanti ad una collettività ben indiv iduata di soggett i mediante un godimento promiscuo). La citata legge non reca, in 9 di 28 effetti, una definizione espre ssa degli usi civici, ma li qualifica indistintamente come riconducibili a due diversi diritti di godimento delle terre che ne costituiscono oggetto: l'uso civico propriamente detto e il c.d. demanio civico. La natura giuridica degli usi su terre comunali è, nella sua essenza, equiparabile a quella dei be ni demaniali, dato il loro reg ime di inalienabilità, inus ucapibilità, immodificabilità e di conservazione del vinco lo di destinazione, il quale può subi re una deroga solo mediante un'appos ita “sdemanializzazione”. In particolare l'art. 12 della legge in esame dispone che «per i terreni di cui alla lettera a) si osserveranno le norme stabilite nel capo 2° del titolo 4° del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267. I ### e le associa zioni non potranno, senza l'autorizzazione del ### o dell'economia na zionale, alienarli o mutarne la destinazione. I diritti delle popolazioni su detti terreni saranno conservati ed esercitati in conformità del piano economico e degl i articoli 130 e 135 del citato decreto, e non potranno eccedere i limi ti stabili ti dall' art. 521 del Codice civile». La complessiva disciplina co nsente di affermare che i fond i pubblici gravati da usi civici sono soggetti a un regime di indisponibilità, che trova deroga nel le sole (li mitate) ipotesi pr eviste dalla legge 1766 del 1927 (legittimazioni: art. 9; autorizzazioni all'alienazione e al mutamento di destinazione: art. 12; quotizzazioni: art. 13, e da altrettante limitate previsioni di leggi speciali).  3.3.Nell'impianto normativo originario, risalente all'epoca fascista, l'originaria volontà legislativa era proiettata verso l'affrancazione dei fondi da un vincolo ritenuto strettamente collegato alle realtà agricole e rurali, mutevoli da un territorio all'altro, che non aderiva più alle esigenze attuali. Tuttavia, nel corso degli anni, gli usi civici hanno assunto una valenza ambientale e paesaggistica sempre di maggior rilievo. Dapprima è stata approvata la legge n. 1497 del 1939, la quale già prevedeva vincoli paesaggistici ma di natura eminentemente amministrativa (poiché collegati al provvedimento 10 di 28 amministrativo ed alle sue vicende). S uccessivament e è sopravvenuta la legge n. 41 del 1985 (cd. legge Galasso), il cui art.  1, lett . h, modificando l' art. 82 del d. P.R. n. 616 del 1977, ha sottoposto a vincolo paes aggistico , tra gli altri be ni, le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici. Gli usi civici so no, inoltre, dis ciplinati dalla legge qu adro sulle are e protette n. 394 del 1991, nell'ambito del regolamento del parco e del piano parco (artt. 11 e 12).  ### in vigore del la menzionata legge n. 431 del 1985 (c.d.  legge Galasso) ha inaugurato, dunque, u na nu ova prospettiva, sulla cui scia si è poi innestato il successivo d.lgs n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), che ha confermato tra le aree tutelat e all'art. 142 lett. h) le stesse, già indicate all a medesima lett. h) dell'art. 82 della legge ### e, cioè, "le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici" (v.  sul punto anche Corte cost. n.228 del 2021). Il netto allontanamento dall'originaria tendenza liquidatoria degli usi civici ha, infine, trovato consacrazione dapprima nel disposto dell'art. 74 della legge n. 221 del 2015, che ha modificato l'art. 4 del d.P.R.  327 del 2001, prevedendo che:«1-bis. I beni gravati da uso civico non poss ono essere espropriat i o asserviti c oattivamente se non viene pronunciato il mutamento di destinazione d'uso, fatte salve le ipotesi in cui l'opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l'esercizio dell'uso civico», e s uccessivamente nella nuov a disciplina contenuta nella legge n.1 68 del 2017, con cui si è consolidata la vocazione di salvaguardia ambientale degli usi civici.  3.4.Tenuto conto dell'orientamento di legittimità formatosi in materia analoga, e cioè di iscrizione di strade negli appositi elenchi (tra le altre, vedi Cass., Sez. 2, 17 marzo 1995, n. 3117), la giurisprudenza di legittimit à è giunt a ad affermare la natura demaniale dei terreni gravati da uso civic o di bosco e pasc olo permanente (v., tra le alt re Cass., Sez. U., 11 giugno 1973, n. 11 di 28 1671, second o le quali l'espropriazione esige la previa sdemanializzazione dei beni co munali gravati da usi civici). L a stessa Corte costituzionale ha sostenuto che tutta la materia degli usi civici dei beni di proprietà co llettiva rientra nell' ambito del diritto pubblico e che la natura di tali beni (equiparabile a quella dei beni demaniali ) non consente di sottoporli ad espro priazione per pubblica utilità potendo ques ta effettuarsi solo per la proprietà privata te rriera (v., ad esempio, Corte cos tituzionale n. 156 del 1995).  3.5.Sulla questione, sebbene indire ttamente in materia espropriativa, è intervenuta Cass., Sez. U., 10 maggi o 2023, 12570 - che, pur considerando che la legge base del 1927 non reca, in effetti, una definizione espressa degli usi civici, ha statuito che la natura giuridica degli usi c ivici su terre comunali è condizionata dal caratterizzarsi come beni di c.d. proprietà collettiva, la cui disciplina è equiparabi le a qu ella dei beni demaniali, per quanto si desume dal loro regime di inalienabilità, inusucapibilità, immodificabilità e di conservazione del vincolo di destinazione, il quale può subire una deroga solo mediant e un'apposita “sdemanializzazione”, facendo altresì leva sul disposto dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 168 del 2017, il quale recita: «Il regime giuridico dei beni di cui al comma 1 resta quello dell'inalienabilità, dell'indivisibilità, dell'inusucapibilità e della perpetua destinazion e agro-silvo-pastorale», laddove - si noti - l'uso del verbo “resta” va ritenuto - secondo l'interpretazione data dalle S.U. - manifestazione consapevole di quanto già previsto dalla legge del 1927 e l'aggiunta specificativa della “p erpetua destinazione agro-silvo-pastorale” è sintomatica di un a connotazione di “intangibilità di tali beni” nella loro funzione e nella finalità che perseguono, da cui scaturirebbe la loro indisponibilità cui fa risco ntro il regi me di intangibilità, che quei diritti 12 di 28 caratterizza, preservandoli, in via generale, da ogni negativa interferenza, suscettibile di provenire dall'esterno.  ###.U. con la sentenza citata hanno, quindi, concluso che i beni gravati da uso civico di domin io coll ettivo sono ass imilabili a l regime giuridico di quelli demaniali. I terreni posseduti dai comuni e gravati da uso civico di bosco e pascolo permanente ai vincoli di inedificabilità e di destinazione - salva autorizzazione id onea a rimuovere detti li miti - vanno, pertanto, ricond otti nell'ambi to di quelli appartenenti al patrimonio demaniale dell' ente territoriale, perché destinati ad un pubblico servizio (già in precedenza, tra le altre, Cass., Sez. 5, 8 agosto 2003, n. 11993).  3.6.Con rig uardo a detti ter reni gravati da usi civici appare, dunque, del tutto legitti mo il convinci mento cui sono pervenuti i giudici di appello, basato sulla presunzione - operativa in mancanza di prova co ntraria, gravante sul contribuente che assume la non debenza del tributo - non solo di esistenza degli stessi ma anche del permanente esercizio di tali usi da parte della generalità degli appartenenti all'ente territoriale. Pertanto, anche sotto l'ora esaminato profilo le ragioni di censura addotte dalla ricorrente ### devono ritenersi prive di fondamento, considerando che dalle medesime difese del la società si evince il ri conoscimento della sussistenza degl i usi civici sui terreni del ### ne in oggetto, escludendosene la demanialità all a luce di un a risalente giurisprudenza di legittimità, che può ritenersi superata in base agli orientamenti illustrati. 
In defin itiva, una volt a che sia stato dimostrato che un'area pubblica sia gravata da un uso civico, la demanialità della stessa si presume, a meno che non sussista un preciso titolo da cui risulti, per qu ella determinata terra, la trasformazione del demanio in allodio, con onere della prova a carico del privato che eccepisce la natura allodiale (in questo senso ex plurimis ### 2, 27 febbraio 2014, n. 4743 e Cass., Sez. 2, 18 settembre 2019, n. 23323). Del 13 di 28 tutto irrilevant e risulta, quindi, il profilo di doglianza rifer ito alla produzione, da parte del ### ne, di documen tazione re lativa al 2017 e non all'annualità in esame. 
Pertanto, in tema di tassa per l'occu pazione di spazi ed ar ee pubbliche, legittimamente il giudice considera sussistente il presupposto impositivo della tassa, ai sensi dell'art. 38 del d.lgs.  507 del 1993 (il quale assoggetta alla tassa le oc cupazioni di qualsiasi natura, eff ettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province), sulla base della presunzione non solo di esistenza dell'uso civico anzidetto, ma anche dell'effettivo e permanente esercizio dell'uso stesso da parte della generalità de gli appartenenti all'ente territoriale. Pre messa l'accertata natura demaniale dei beni gravati da usi civici e la loro occupazione da parte dell'### s.p.a., può concludersi che, in presenza della presunzione di demanialità, sia onere della società contribuente dimostrare la sdemanializzazione dei beni, atteso ch e secondo pacifico indirizzo di legittimità perché possa ritenersi realizzata un a sdemanializzazione tacita occorrono atti univoci e concl udenti incompatibili con la volontà della pubblica amministrazione di conservare la destinazione del bene all'uso pubblico e circostanze così sig nificative da rendere non configurabile una ipotesi diversa dalla definitiva rinuncia, da parte della p.a. al ripristino della pubblica funzione del bene stesso (v. ex multis Cass., Sez. 2, 26 febbraio 1996, n. 1480). Si è ulteriormente precisato che nemmeno il di suso da te mpo immemorabile o l'inerzia dell 'ente p roprietario - peraltro non dedotti dalla ricorrente - possono essere invocati come elementi indiziari dell'intenzione di far cessare la destinazione, anche potenziale, del bene demaniale all'uso pubblico, poiché a dare di ciò la prova è pur sempre necessario che tali elementi indiziari siano accompagnati da fatti concludenti e da circostanze così significative 14 di 28 da rendere impossibile formulare altra ipotesi se non quella che la pubblica amministrazione abbia definitivamente rinunziato al ripristino della pubblica funzione del bene medesimo (tra le tante, Cass., Sez. 2, 11 marzo 2016, n.4827). 
Solo per completezza deve rilevarsi che il quadro così delineato non può essere scalfito dalla delibera della ### n. 61 del 2016, che è una fonte secondaria e che non può, quindi, derogare la normativa primaria.  4. Con il quarto motivo la ricorrente ha dedotto, ai sensi dell'art.  360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., la violazione dell'art. 50 del d.lgs. n. 507 del 1993 , non essendo l'applicazione della tariffa agevolata subordinata ad una espressa richiesta del contribuente, ma derivando piuttosto dai presupposti previsti dalla normativa. 
Il motivo è fondato.  ###. 46 del d.lgs. n. 507 del 1993, nel lo stabilire che le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale con condutture, cavi, impianti in genere ed altri manufatti desti nati all'esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, compresi quelli posti sul suolo e collegati alle reti stesse, nonché con seggi ovie e funivie sono tassate in base ai c riteri stabiliti dall'art. 47 (oggi sostituiti da quelli di cui all'art. 63, comma 2, lett. f, del d.lgs. n. 446 del 1997, in virtù del comma 3, secondo periodo, di tale disposizione), si limita a stabi lire i crit eri per la determinazione del quantum del tributo, senza subordinarne l'applicazione di tale regime ad una espressa richiesta da parte del contribuente. 
Invero, l'omessa presentazione della denuncia, contenente le informazioni necessarie per la quantificazione del tributo, comporta solo la legi ttimità di un accertamento adottato in base alle informazioni disponibili al ### ne, desumibili dagli atti in suo possesso, mentre non incide affatto sul regime tariffario applicabile (così Cass., Sez. 5, 16 dicembre 2011, n. 27166, secondo cui, in 15 di 28 tema di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'art. 50 del d.lgs. n. 507 del 1993 im pone al contribuente di denunciare l'occupazione e di versare la tassa sul la base delle opere da effettuare, dei te mpi di esecuzi one e della superficie effettivamente sottratta all'uso pubblico, con la conseguenza che, in mancanza dei prescritti a dempimenti e del pagamento entro i termini di legge, l'ente territoriale, titolare del potere impositivo, è autorizzato a procedere alla liquidazione d'ufficio del tributo con le informazioni in suo possesso, contenute nel provvedim ento autorizzativo, ossia con i dati indicati dallo stesso co ntribuent e, senza che in ciò possa, quindi, ravvisarsi alcun accertamento induttivo; v. anche in questo senso Cass., Sez. 5, 10 maggio 2005, n. 9697 e Cass., Sez. 5, 16 maggio 2005, n. 10263). 
Non è, difatti, condivisibile il precede nte isolato di questa Corte, richiamato nella sentenza im pugnata (Cass., Sez. 5, 20 maggio 2015, n. 10349), secondo cui, in tema di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbl iche, vale il principio, esteso a tutti i tributi locali, in base al quale le deroghe ai criteri generali di tassazione non operano in via automatica, per la mera affermata sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di vo lta in volta dedotti nella denuncia appositamente presentata secondo il regime proprio del tributo in questione. Non si rinviene, difatti, nella disciplina dei tributi locali tale regola o principio generale. Né possono estendersi, in tema di t.o.s.a.p., le regole specific amente dettate per altri tributi. In particolare, non possono applicarsi alla t.o.s.a.p. gli artt. 62 e 66 del d.lgs. n. 507 del 1993, che espressamente subordi nano, in tema di t.a.r.s.u., le deroghe alla tassazione e le riduzi oni delle superfici e tariffe stabilite non al mero ricorrere delle situazioni di fatto, ma alla allegazione dei presupposti nella denuncia originaria o in quella di variazione, essendo la t.o.s.a.p. e la t.a.r.s.u. tributi differenti, i cui presupposti impositivi non presentano similitudini, e 16 di 28 le cui discipline sono del tutto autonome e prive di connessioni o interferenze. Del resto, la regola dettata in materia di t.a.r.s.u. si collega all'esigenza, da parte dell'ente impositore, di venire a conoscenza, anche ai fini dell'esercizio di poteri di accertamento e verifica, di situazioni di cui altrimenti resterebbe ignaro, ment re, nel caso in esame, in cui è inammissibile un accertamento induttivo, l'azione impositiva, che si fonda su un accertamento diretto, esige la verifica della natura dell'occupazione. 
Il motivo deve, quindi, essere accolto in virtù del seguente principio di diritto: in tema di tassa per l'oc cupazione di spazi ed aree pubbliche, il regime previsto dall'art. 47 del d.lgs. n. 507 del 1993 (oggi sostituito, in parte, dall'art. 63, comma 2, lett. f, del d.lgs.  446 del 1997) non è subordi nato all'espressa ri chiesta del contribuente e deve essere applicato dall'ente impositore laddove ne ricorrano i presupposti.  5. Con il quinto motivo di ricorso l a ricorrente ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., la violazione degli artt. 44, 46, 47 e 50 del d.lgs. n. 507 del 1993, dell'art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997, dell'art. 1, commi 3 e 4, della legge 10 del 1991, 2, comma 1, e 12, comma 1, d.lgs. n. 387 del 2003, visto ch e all'attività di pubblico servizio, finalizzata all a soddisfazione di un pubb lico interes se, quale è la pro duzione di energia elettrica, si applica il regi me differenziat o previsto dagli invocati artt. 46 e 47, anche a prescindere da espressa richiesta in tal senso. 
La censura, che pone la questione se la tariffa “agevolata”, prevista prima dagli artt. 46 e 47 del d. lgs. n. 507 del 1993 e successivamente dall'art. 63, comma 2, lett. f del d.lgs. n. 446 del 1997, spetti anche all'impresa di produzione dell'energia elettrica, è fondata.  5.1.Con riferimento al diritto sovranazionale, occorre brevemente ricordare che la separazione tra imprese produttrici e imprese 17 di 28 distributrici di energia elettrica, che è imposta dal diritto unionale al fine di sco ngiurare il rischio di creare discriminazioni non sol o nell'accesso alla rete, ma anche negli investimenti nella rete (cfr. il considerando 9 e 24 della direttiva 2009/72/CE, contenente norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, ed i punti 35 e 80 della sentenza della Corte giustizia nella causa C-718/18), non esclude che le imprese separate concorrano ai fini della prestazione del servizio energetico, consistente, secondo la definizi one di cui all'art. 1, n. 7 dell a direttiva 2012/27/UE, app licabile ratione temporis, nel la «prestazione materiale, l'utilità o il vantagg io derivante dalla combinazione di energia con tecnologie o operazioni che utilizzano in maniera efficiente l'energia, che possono includere le attivit à di gestione, di manutenzi one e di controllo nece ssarie alla prestazione del servizio, la cui fornitura è effettuata sulla base di un contra tto e che in circostanze normali ha dimos trato di produrre un mi glioramento dell'eff icienza energetica o risparmi energetici primari verificabili e misurabili o stimabili». 
Pertanto, mentre, dal punto di vista soggettivo, vi è separazione tra le imprese produttrici e le altre della filiera, dal punto di vista oggettivo si giunge ad una definizione del servizio energetico come unitario.  5.2. Passando all'esame d ella disciplina interna è necessario soffermarsi non solo sugli artt. 46 e 47 del d.lgs. n. 507 del 1993, che si occupano specificamente della t.o.s.a.p., ma anche sull'art.  63 del d.lgs. n. 446 del 1997, che si occupa del c.o.s.a.p. 
Deve, difatti, ricordarsi che l'art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997, relati vo al canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, che aveva previsto l'abolizione, dal 1° genn aio 1999, delle tasse per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, è stata abrogato, con effetto dal primo gennaio 1999, dall'art. 31, comma 14, legge n. 448 del 1998, con la contestuale sostituzione dell'art.  63, co mma 1, del medesimo d.lg s. n. 446 del 1997, che, nella 18 di 28 versione riformulata, consentiva alle province ed ai comuni di assoggettare, in alternativa alla t.o.s.a.p., l'occupazione del suolo pubblico al pagamento di u n canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa.  ###. 46 del d.lgs. n. 507 del 1993 stabiliva che «le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale con condutture, cavi, impianti in genere ed al tri manu fatti destinati all'esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, compresi quelli posti sul s uolo e collegati alle reti stess e, nonché con seggiovie e funivie sono tassate in base ai criteri stabiliti dall'art.  47»: tal e ultima di sposizione, abbandonato il criterio della tassazione per metro lineare o quadrato, poneva quale unità di misura il chi lometro lineare (vedi Cass., 22 febbraio 2002, 2555). ###. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997, alla lett. f, imponeva, invece, la previsione per le occupazioni permanenti realizzate con cavi, condutture, im pianti o con qualsiasi altro manufatto da aziende di er ogazione dei pub blici servizi e per quelle realizzat e nell'esercizio di attività strumentali ai servizi medesimi, di u na speciale misura di canone, che avreb be dovuto essere commisurata, solo in sede di prim a applicazione, al numero complessivo delle utenze relative a ciascuna azienda di erogazione del pubblico servizio, per la misura unit aria di tariffa pre vista in relazione a ciascuna classe di comune, ma che successivamente è divenuta il normale criterio di quantificazione del c.o.s.a.p. 
In questa sede si deve evidenziare che, per la t.o.s.a.p., il regime speciale era ricon osciuto solo pe r le occupazioni strumentali all'esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, mentre, per il c.o.s.a.p., era cont emplat o altresì per le occupazioni realizzate nell' esercizio di atti vità strumentali all'erogazione dei pubblici servizi. 19 di 28 Tuttavia, il secondo periodo del comma 3 dell'art. 63 del d.lgs.  446 del 1997, introdotto con la medesima legge n. 488 del 1999, che ha eliminato la soppressione della t.o.s.a.p. ed istitu ito l'alternatività della t.o.s.a.p e del c.o.s.a.p., ha precisato che per la determinazione della t.o.s.a.p., relativa alle occupazioni di cui alla lettera f) del comma 2, si applicano gli stessi criteri ivi previsti per la determinazione forfetaria del canone. Invero, può rilevarsi che proprio l' alternatività del c.o.s.a.p. alla t.o.s.a.p., a prescin dere dalla diver sa natura dei prelievi, ha imposto, anche in considerazione dell'art. 3 Cost., l'applicazione delle stesse regole e degli stessi criteri di quantificazione. 
Come hanno già chiarito le ### di questa Corte (Cass., Sez. un., 7 maggio 2020, n. 8628, punto 8.11), l'art.18 della legge n. 488 del 1999, so stituendo la letter a f) del secondo comma dell'art.63 del d.lgs. n.446 del 1997, recante la disciplina del c.o.s.a.p., ha introdotto una particolare modalità di determinazione del canone per tal e tipo di oc cupazione permanente, basa ta sul numero di utenze attivate, e ha esteso l'applicazione di tale criterio di calcolo anche alla t.o.s.a.p. dovuta sulla medesima tipologia di occupazioni. La disposizione è stata introdotta all o scopo di semplificare il criterio di determinazione della t.o.s.a.p., ritenendosi il metodo basato sulle utenze atti ve di più facile app licazione rispetto al precedent e metodo incentrato sulla superficie effettivamente occupata. 
In definitiva, le dianzi riportate modifiche al d.lgs. n. 446 del 1997, pur avendo in teressato un'entra ta di carattere extratributario (il c.o.s.a.p.), han no avuto un'incidenza anche sulla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (t.o.s.a.p.), in quanto alla tassa è stata estesa la nuova disciplina per la predeterminazione forfettaria del canone per le occupazioni permanenti realizzate con cavi, condutture, impianti o qualsiasi altro manufatto da aziende di erogazione dei p ubblici ser vizi e da quelle esercenti attività 20 di 28 strumentali ai servizi stessi (Cass., Sez. 5, 20 maggio 2015, 10345). 
Ne deriva, pertanto, che per tale tipologia di occupazioni, dal 1° gennaio 2000, è stato abbandonato il criter io di determinazione forfettaria della tassa per chilometro lineare, in fav ore del più semplice criterio come sopra delineato, avente il fine di consentire una più agevo le attività di quantificazione e d i accertamento del tributo da parte dell'ente impositore. Inoltre, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2000, il regime speciale è stato esteso, anche per la t.o.s.a.p., come per il c.o.s.a.p., non solo alle occupazioni strumentali all'esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, ma pure alle occupazioni realizzate nell'esercizio di attività strumentali all'erogazione dei pubblici servizi. 
In definitiva, l'art. 47 del d.lgs. n. 507 del 1993 risulta, in parte, abrogato con l'introduzione del citato art. 63, terzo comma, terzo periodo, del d.lgs. n. 446 del 1997, visto che continua ad operare solo con rifer imento alle occupazioni non riconducibili a quelle disciplinate dall'art. 63, comma 2, lett. f, del d.lgs. n. 446 del 1997.  5.3. In quest'ottica, alla società ### one s.p.a., qua le soggetto che svolge attivit à strumentale a quello di pubblico servizio, è applicabile la disposizione agevolativa di cui all'art. 63, comma 2, lettera f), del d.lgs. n. 446 del 1997. 
Più precisamente, l'attività di produzione dell'energia elettrica, che comprende il trasporto della stessa ai soggetti distributori che, in un secondo momento, la erogano all'utente finale, va inclusa, pure in assenza di allacci dire tti con gli utenti finali, tra le attività strumentali alla fo rnitura del servizio di pubblica utilità di distribuzione dell'energia elettrica. 
Gli impia nti sotterranei che trasportano l'energia prodotta dag li impianti degli operatori delle energie verso la rete di trasmissione e quelle di distribuzione, al pari di tutti gli impianti ch e veicola no 21 di 28 l'energia al sistema elettrico nazionale, non possono che risultare direttamente funzionali all'erogazione del servizio a rete secondo la definizione utilizzata dal d.l. n. 146 del 2021, come convertito dalla l. n. 215 del 2021, ricadendo, così, nel campo di applicazione delle tariffe agevolat e. Ciò in quanto la filiera del sistema elettrico nazionale, che è una rete unica integrata, si compone di una serie di fasi di cui la produzione costituisce la fase antecedente a quelle di trasmissione, di dispacciamento e di distribuzione. In particolare l'attività d'impresa sv olta dalle società di produzione d'energia costituisce una fase immediatamente antecedent e e necessaria rispetto all e altre citate fasi della filiera del mercato elettri co (trasmissione, dispacciamento e distribuzione), fasi conn esse da connaturati vincoli inscindibili, tali per cui, in assenza dell'una, non possono trovare comp imento le altre (c.d. vincolo di complementarietà) e per cui tutte le menzionate attività sono poste in essere esclusivamente nell'interesse delle altre (c.d. vincolo di esclusività). 
Del resto, secondo la giurisprudenza interna e sovranazionale (la quale parla in genere di servizi di int eresse generale), i fattori distintivi del pubblico ser vizio sono, da un lato, l'idoneità del servizio, sul piano finalistico, a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indiff erenziata di utenti, e, dall'altro, la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a norme di co ntinuità, regolarità, capacità e qualità: requisiti entrambi compresenti nel caso di specie, essendosi in presenza di un impiant o capace di dare luogo ad un ser vizio e destinato a raggiungere le utenze terminali di un nu mero indeterminato di persone, per soddisfare una esigenza di rilevanza pubblica. 
In defin itiva, tra le so cietà esercenti attività strumentali all'erogazione di servizi pubblici rientrano anche le aziende che non raggiungono con i singoli utenti, in quanto trasportano i beni ed i 22 di 28 servizi da erogare per un tratto limitato, al termine del qu ale subentra un altro vettore di diversa natura, visto che il concetto di rete di e rogazione di pu bblici servizi, cui il legisl atore ha inteso attribuire un ruolo assorbente nella determinazione del particolare regime impositivo in esa me, va inteso in senso unit ario (come, peraltro, gi à rilevato, già co n riferimento all 'art. 47 del d.lg s.  507 del 1993 da Cass., Sez. 5, 1° febbraio 2005, n. 1974 e Cass., Sez. 5, 20 ottobre 2008, n. 25479).  5.4. Non rappresenta un elemento ostativo al riconoscimento del regime speciale la circostanza che l'### sia una società per azioni che persegue scopi di lucro. 
Al riguardo, giova richiamare Cass., Sez. un., 7 maggio 2020, 8628, second o cui nessuna rilevanza può essere asc ritta all'elemento dato dalla ritrazione dal la relazi one materiale con la cosa pubblica di un personale beneficio economico: «in aderenza al dettato normativo di cui all'art.39 (del d.lgs. n. 507 del 1993), come sopra interpretato, in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione, per indi viduare il soggetto passivo della t.o.s.a.p.  diventa, infatti, irrilevan te indagare a chi sia ricondu cibile l'interesse privato ritratto dall'occupazione, essen do suffici ente e, anzi, assorbente il rappor to esistente tra l'ente territoriale e il contribuente autorizzato, quale specifico destinatario dei provvedimenti con cui l'### territoriale ha allo stesso trasferito, previo controllo della sussistenza dei necessari requisiti, facoltà e diritti sulla cosa pubblica alla stessa riservati». 
Pertanto, non è significativa, ai fini del riconoscimento della tariffa ridotta in esame, la natura di s.p.a. della contribuente, vieppiù se si considera che l'attenzione deve essere conc entrata sul tipo di attività svolta e non già sulla veste del soggetto che la esercita. Il pubblico servizio può, difatt i, essere erogato anche da soggetti privati. 23 di 28 Ulteriori conferme a tale conclusione pervengono dalla legge n. 146 del 1990, che qualifica l'approvv igionament o di energi e e dei prodotti energetici, come servizi pubblici essenziali, dalla direttiva attuativa della ### del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994, dalla leg ge istitutiva della ### amministrativa per l'energia e il gas ex l. 1 4 novembre 1995, n. 481 - produzione normativa che è stata il frutto di un prolu ngato dibattito interpretativo, essendosi passati, nel tempo, dalla preferenza per un inquadramento soggettivo dell'attributo pu bblico riferito al servizio, ad una lettu ra invec e in senso oggetti vo che riconosce rilevanza alle prestazioni dei servizi pubb lici non in ragione del soggetto che ne assicura la fornitura, quanto delle caratteristiche oggettive delle prestazioni erogate in co nsiderazione del numero indeterminato dei destinatari che ne traggono giovamento. 
Anche in ambito penale è stato osservato che la qualificazione della energia elettrica come servizio pubblico, riferito tanto alla fase della produzione che a quella della distribuzio ne, rapp resenta il frutto di una serie di interventi normativi primari e secondari volti a disciplinare tali fasi con regolamentazione pubblica derogatoria, ad assoggettare il gestore al dovere di imparzialità e ad affermare la destinazione istituzionale dell'attività al pubblico, in modo da comprendere solo le attività che soddisfano direttamente i bisogni collettivi e non quelle che perseguono tale sco po solo in via strumentale (Cass. pen., Sez. IV, 23 ottobre 2024, n. 40162). 
Del resto, se il soggetto occupante fosse pubblico, sarebbe già di per sé esente dall'imposizione, ai sensi dell'art. 49, lett. a), d.lgs.  n. 507 del 1993.  5.5. Parim enti, non possono valorizzar si in senso c ontrario alla conclusione raggiunta alcuni precedenti di questa Corte (Cass., Sez. 5, 27 aprile 2022, n. 13142 e Cass., Sez. 5, 28 aprile 2022, n. 13332), secondo cui, in tema di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, e con riguardo alle occupazioni del sottosuolo e 24 di 28 del soprassuolo, il criterio di determinazione della tassa previsto dagli artt. 46 e 47 del d.lgs. n. 507 del 1993 per le occupazioni connesse all'esercizio ed alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici esercizi non è estensibile alle occupazioni con impianti privati, in qu anto costituisce un criterio agevolato per ragioni di pubblica utilità, le qu ali, evidentemente, non sussistono nelle occupazioni con impianti privati (Cass., Sez. 5, 5 luglio 2017, 1659). Più precisamente Cass., Sez. 5, 5 luglio 2017, n. 1653 9, secondo cui non sarebbe estensibile alle occupazioni con impianti privati un crit erio agevolato per ragioni di pubblica utili tà, come condivisibilmente evidenziato dalla odierna ricorrente, è un a pronuncia che si riferisce ad un'occupazione operata con impianto irriguo di un soggetto persona fisica , per la soddisfazione di un bisogno personale, non avvinta da alcun vincolo di complementarietà ed esclusività alla filiera nazionale dell'energia, mentre, nel caso di specie, i beni, tramite cui è effettua ta l'occupazione ed oggetto di acce rtamento, appar tengono ad una rete che costituisce la infrastruttura strumentale alla erogazione del pubblico servizio di di stribuzione di energia. Il precedente, che fonda anche le altre decisioni di questa Corte ha, quindi, ad oggetto fattispecie non assimilabili a quella oggi in esame.  5.6. Né può condividersi la tesi secondo cui, avendo la ricordata norma “agevolativa”, dal punto di vista sistematico, natura speciale (recando una deroga all e regole generali di determinazione della tariffa dovuta), sar ebbe imposta una lettura ed interpretazione rigorosamente conforme al suo tenore letter ale, senza ulteriori possibilità di applicazioni analogiche o di interpretazioni estensive (Consiglio di Stato, 27 marzo 2013, n. 1788). 
Invero, sebbene si sia in presenza di una tariffa agevolata (vale a dire, favorevole ai beneficiari), a ben vedere, si è al cospetto non già di una norma agevolativa (vale a dire , che in troduce una deroga alle regole ordinarie), ma di un criterio di determinazione 25 di 28 della tariffa che assurge a crite rio or dinario relativ amente a determinati beni. 
In particolare, il legislatore ha effettuato una comparazione e una non irragi onevole composizione degli interessi pubblici in gioco (quello dell'ente locale, comune e provinciale, di ricavare un'entrata dall'utilizzazione dei suoi beni pubblici e quello dei cittadini all'utilità derivante dall'erogazione di servizi pubblici), sottraendo la relativa valutazione all'ente impositore, considerandola una qu estione di interesse generale e non meramente localiz zabile (Co ns. Stato, sez. V, 25 novembre 2022, n. 1038 2; Cons. Stato, Sez. V, 24 ottobre 2023, n. 9184). Dunque, in simili ipotesi, il sacrificio che la collettività sopporta per la oc cupazione di suolo pubblico, unitamente al vantaggio economi co del soggetto che utilizza il suolo pu bblico, trovano parziale ma notevole comp ensazione nel soddisfacimento degli interessi dei consociati e nella realizzazione di determinate ut ilità di rile vanza sociale (benefici social i) che la stessa occupazione di suolo è in grado di assicurare attraverso la installazione di impianti e di reti preordinate, per loro natura, allo svolgimento di un determinato servizio in favore della medesima collettività di riferimento territoriale. 
Alla stregua del le considerazioni che precedono, non si pone , dunque, un problema di interpretazione estensiva.  5.7. Per quanto non sia applicabile ratione temporis alla fattispecie in oggetto, depone nel senso che si è inteso av allare anche la norma di interpretazion e autentica di cui all'art. 5, comm a 14 quinquies, lett. a) e b), del d.l. n. 146 del 2021, con vertito con modificazioni nella legge n. 215 del 2021, il quale stabili sce ch e <<Il comma 831 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, 160, si interpreta nel senso che: […] b) per occupazioni permanenti di suolo pubblico con impianti direttamente funzionali all'erogazione del servizio a rete devono intendersi anche quelle effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali alla fornitura di servizi di 26 di 28 pubblica utilità, quali la trasmissione di energia elettrica e il trasporto di gas naturale>>. 
Proprio la disposizione di interpretazione autentica fa ri ferimento alle aziende che esercitano atti vità strumentali alla fornitura di servizi di pubbli ca utilità, dovendo l'espressione “quali la trasmissione di energia elettrica e il trasporto di gas naturale” essere intesa come a titolo meramente esemplificativo.  ###, anche il Consiglio di Stato, nelle più recenti sentenze (cfr., ad esemp io, ### S tato, 4 novembre 2022, n. 9697 e 7 novembre 2022, n. 9759), sebbene con riferimento al canone unico patrimoniale, istituito con la legge n. 160 del 2019, ha riconosciuto la strument alità dell'attività svolta dalle aziende di produzione rispetto all a fornitura di servizi di pubblica ut ilità, come l a distribuzione dell'energia elettrica, in difformità con l'orientamento riferito al c.o.s.a.p. (di cui resta, tuttavia, espressione ### Stato, 25 novembre 2022, n. 10382).  5.8. Sulla base dei rilievi che precedono, va enunciato il seguente principio di diritto: <<In tema di ### alla società di produzione dell'energia elettrica (### ne s.p.a.) è applicabile la disposizione “agevolativa” di cui all'art. 63, comma 2, lettera f), del d.lgs. n. 446 del 1997, i n quanto soggetto che svolge attività strumentale alla erogazi one di un pubblico servizio (aspetto sostanziale), possedendo infrastrutture che permettono ad altri soggetti di fornire il servizio, e dovendo il co ncetto di rete di erogazione di pubblici servizi essere inteso in senso unitario, in quanto la filiera del sistema elettrico nazionale, che è una ret e unica integrata, si compone di una serie di fasi (di produzione, di trasmissione, di dispacciamento e di distribuzione) tra loro connesse da connaturati vincoli inscindibili, tali per cui, in assenza dell'una non possono trovare compimento le altre (c.d. vincolo di complementarietà) e tutte le menzionate attivit à son o poste in 27 di 28 essere esclusivamente nell' interesse delle altre (c.d . vincolo di esclusività)>>.  6. La società contribuente ha, inoltre, chiesto ril evarsi la formazione del giudicato interno relativament e all'illegittimità dell'irrogazione delle sanzioni , già affermata nella sentenza di primo grado e non oggetto di alcuna impugnazione da parte del ### - circostanza contestata dal ### che, nelle sue prospettazioni difensive, ha ricostruito l'eliminazione delle sanzioni, contenuta nella sentenza di primo grado, non come una statuizione autonoma, suscettibile di impugnazione, ma come una statuizione conseguenziale all'accoglimento parziale del ricorso, messa, pertanto, in discussione con la mera proposizione dell'appello. 
La presente questione non si traduce, tuttavia, nella proposizione di un motivo di ricorso riconducibile all'art. 360 cod.proc.civ., per cui sul punto non vi è luogo a provvedere. A ciò si aggiunga che la cassazione della sentenza impugnata comporta la prosecuzione del giudizio dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta, dunque, valutare se la debenza delle sanzioni è ancora in discussione.  7.In conclusione, devono essere accolti il quarto ed il quinto motivo del ricorso, rigettati il primo, il sec ondo ed il terzo. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della ### in diversa composizione, a cui si demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.  P.Q.M.   28 di 28 La Corte di cassazione: accoglie il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale, rigettati il primo, il secondo ed il terzo , e conseguentemente cassa, limitatamente ai motivi accolti, la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tribut aria di seco ndo grado della ### one ### in diversa co mposizione, a cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità. 
Così deciso in ### il ###.   

Giudice/firmatari: Perrino Angelina Maria, Picardi Francesca

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