testo integrale
SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 8896/2021 R.G. proposto da: ### rappresentata e difesa dall 'avvocato ### (N ###) unitamente all'avvocato ### (####) -ricorrente contro ###, rappresentato e difeso dall'avvocato ### (###), unitamente all'avvocato ### (###) 2 di 28 -controricorrente avverso la ### di ### .TRIB.REG. CAMPANIA 5594/2020 depositata il ###, udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 12/11/2024 dal #### 1. ### s.p.a. ha impugnato l'avviso di accertamento del Comune di Mi gnano ### o, adottato in sostituzione di un precedente atto impositivo, oggetto di annullamento già giudiziale e, poi, in autotutela: avviso avente ad oggetto la t.o.s.a.p. (annualità 2013) in relazione all'occupazione permanente del soprasuolo e del so ttosuolo comunale, trami te condotta di adduzione di acqua per le centrali idroelettriche, insistente nel territorio comunale. 2.### provinciale tributaria ha parzialmente accolto il ricorso, decurtando la tariffa previst a della misura del 90% ed annullando sanzioni ed interessi. 3.Hanno propos to appello sia l'ente impositore sia la societ à contribuente. 4.### tributaria regionale, in accoglimento dell'appello del Comune ed in riforma della sentenza impugnata, ha rigettato il ricorso originario della società contribuente ed il suo app ello, ritenendo: 1) del tutto legittima la sostituzione dell'atto annullato in sede di autotutela; 2) congruamente motivato l'avviso, che «fa compiuto riferimento all'omessa denunci a, all'opera tassata, ai motivi di tassa zione, alla tariffa applicata ed ai mq - corretti dall'ente impositore nel secondo accertamento - sui quali la tariffa è stata applicata »; 3) di proprietà pubblica le ar ee oc cupate, 3 di 28 riconducibili al patrimonio indisponib ile del Comune, nonostante l'insistenza di usi civici; 4) necessaria, ai fini dell'applicazione di una tariffa diversa da quella ordinaria, la richiesta del contribuente e la dimos trazione dei relativi presupposti, assente nel caso di specie. 5. Avve rso tale sentenza ha propos to ricorso per cassazione la società contribuente. 6.Si è costituito con controricorso il Comune, chiedendo dichiararsi l'inammissibilità ed infondatezza del ricorso principale. 7.### ha depositato conclusioni scritte, chiedendo il rinvio della causa in attesa del la decisione del le ### sulla questione in tema di autotutela, discussa alla udienza del 22 ottobre 2024 (ordinanza di rimessione n. ### del 2023), oggetto del primo motivo del ricorso incidentale. 8. Risultano depositate memorie di entrambe le parti. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente ha dedotto la violazi one, ai sensi dell'ar t. 360, prim o comm a, n. 3, cod.proc.civ., dell'art. 2-quater d.l. n. 564 del 1994, conver tito nella legge n. 66 del 1994, e degli artt. 42 e 43 d.P.R. n. 600 del 1973, potendo essere esercitato il potere di autotutela, in materia tributaria, esclusivamente in presenza di vizi formali o di elementi sopravvenuti e non come accaduto nel caso di specie per sanare vizi sostanziali ed in assenza di elementi sopravvenuti.
La censura è infondata. 1.1.Occorre preliminarmente rilevare che la questione rimessa alle ### con l'ordinanza n. ### del 2023, concernente diversi tributi e, cioè, i.r.p.e.f. ed i.v.a., non è sovrapp onibile a quella in esame in materia di t.o.s.a.p., in quanto cali brata sui limiti di ammissibilità dell'autotutela in malam partem. 4 di 28 Ad ogni modo le ### si sono pronunciate con la sentenza n. ### del 21 novembre 2024, aff ermando, ai fini che qui interessano, il seguente principio di diritto, peraltro conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte: in tema di accertamento tributario, il potere di autotutela tributaria, le cui forme e modalità sono disciplinate dall'art. 2-quater, comma 1, d.l. n. 564 del 1994, conv. nella legge n. 656 del 1994, e dal successivo d.m. n. 37 del 1997, di attuazione, e, con decorrenza dal 18 gennai o 2024, dagli artt. 10-quater e 10-quinquies della legge n. 212 del 2000, trae fondament o, al pari della potest à impositiva, dai principi costituzionali di cui agli artt. 2, 23, 53 e 97 Cost., in vista del perseg uimento del l'interesse pu bblico alla corretta esazione dei tributi legalmente accertati; di conseguenza, l'### finanziaria, ove non sia decorso il termi ne di decadenza per l'acc ertamento previsto per il singolo tributo e sull'atto non sia stata pronunciata sentenza passata in giudicato, può legittimamente annullare, per vizi sia formali che sostanziali, l'atto impositivo viziato ed emettere, in sostituzione, un nuovo atto anche per una maggiore pretesa. 2. Con il sec ondo motivo di ricorso la socie tà contribuente ha lamentato la violazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 7 della legge n. 212 del 2000 e 1, comma 162, della legge n. 296 del 2006, essendo stato ritenuto legittimo l'avviso, nonostante l'assenza di un apparato motivazionale idoneo a co nsentire l'individuazione dei presupposti di fatto e di diritto dell'accertamento, dei criteri di qualificazione dell'occupazione e di quelli di quantificazione della pretesa. In particolare la società ha evidenziato che nell' atto im positivo manca ogni riferimento normativo o chiarimento in ordine alla tariffa applicata e che solo in corso di giudizio il Comune, al fine di integrare la motivazione, ha prodotto la planim etria della condotta con i rispettivi rilievi fotografici; la delibera della ### ta comunale di ### 5 di 28 ### n. 9 del 2016 e la certificazione di fida pascolo relat iva all'annualità 2017 - documentazione contente le in formazioni necessarie al fine quantificare la superficie occupata a di qualificare le aree occupate e, cioè, informazioni indispensabili per individuare la pretesa tributaria, che avrebbero dovuto essere fornite già nella motivazione dell'atto impositivo.
La censura è inammissibile, oltre che infondata.
La ricorrente, pur denunciando una violazione di legge, chiede al giudice di legittimi tà un giudizio di fatto in ordine all'esausti vità della motivazione dell'avviso impugnato: valutazione già effettuata, con esito positivo, dal giudice di appello. A ciò si aggiunga che la ricorrente fo nda la presente doglianza sul confronto t ra il primo avviso ed il second o avviso e sui dubbi e sugli equivoci che la successione di atti avrebbe ingenerato, senza tenere conto che il primo avviso è stato eliminato e sostituito in sede di autotutela, per cui le ragioni della pretesa fiscale vanno ricercate solo nel secondo avviso, adottato proprio per chiarire i presupposti impostivi. Pure deve ril evarsi che, nell'illustrazione del precedente mo tivo, si fa riferimento ad elementi fattuali ulter iori rispetto al mero stralcio riportato, così confe rmando la esaustività della moti vazione dell'atto impositivo, già oggetto della verifica di merito da parte del giudice di primo e di secondo grado (p iù precisamente alla qualificazione dell'opera in termini di «condotta di adduzio ne all'interno della galleria» e alla «occupazione permanente del soprasuolo e sottosuolo comunale»).
Per co mpletezza va ricordato, comu nque, che, in tema di tributi locali, l'obbligo motivazionale dell'accertamento è adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributar ia nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l'an ed il quantum dell'imposta. Il requisito motivazionale esige, oltre all a puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, 6 di 28 soltanto l'indicazio ne dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che co nsentano di delimitare l' ambito delle ra gioni adducibili dall'ente impositore nel l'eventuale successiva fase c ontenziosa, restando, poi, aff idate al giudizio di impugnazione dell'atto le questioni riguardanti l'effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (Cass., Sez. 5, 15 novembre 2004, n. 21571; Cass., Sez. 5, 31 marzo 2011, n. 7360 Cass., Sez. 5, 8 novembre 2017, n . 26431; Cass., Sez. 5, 30 ottobre 2019, n. 27800).
Da ciò consegue che la documentazione prodotta in primo grado dal Comune con le controdeduzio ni non ha integrato una motivazione di per sé insufficiente, avendo esclusivamente lo scopo di superare le contestazioni sollevate dalla società contribuente.
Invero, deve ribadirsi che solo l' avviso di accertamento privo, in violazione dell'art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell'art. 7 della l. n. 212 del 2000, di una cong rua motivazione non può esse re integrato in gi udizio dall'### strazione finanziaria, in ragione della natura impugnatoria del processo tributario (Cass., Sez. 6 - 5, 21/05/2018, n. 12400), mentre, in virtù della formulazione dell'art. 7 della legge n. 212 del 2000 ratione temporis vigente, la prova delle pretesa tributaria, avanzata con l'avviso, può essere fornita in giudizio, non dovendo necess ariame nte essere indicata nel l'atto impositivo. ### l'or ientamento sinora consoli dato, difatti, la motivazione dell'avviso di accertamento o di rettifica, presidiat a dall'art. 7 della l. n. 212 del 2002, ha la funzi one di delimit are l'ambito delle contestazioni proponi bili dall'Uf ficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l'an ed il quantum della pretesa tributaria; invece, la prova della pretesa tributar ia attiene al diverso piano del fondamento sostanziale della pretesa t ributaria ed al suo accertament o in giudizio in presenza di specifiche contestazioni dello stesso (Cass., Sez. 5, 20 settemb re 20 24, n. 25321). Solo, all'esito delle 7 di 28 modifiche apportate dal d.lgs. n. 219 del 2023, gli atti dell'### finanziaria devono indicare specificamente, oltre i presupposti e le ragioni giuridiche, anche i mezzi di prova. 3. Con il terzo motivo di rico rso la società contribuente ha denunciato la violazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., dell'art. 38 del d.lgs. n. 507 del 1993 e degli artt. 823, 824, 826 e 2697 cod.civ., essendo stata ritenuta la sussistenza dei presupposti impositivi in relazione all'occupazione di aree non appartenenti né al demanio né al patrimonio indisponibile del Comune, ma piuttosto grav ate da usi civil i e, quindi, appartenenti alla collettività e solo amministrate dal Comune, come confermato dalla delibera della ### n. 61 del 2016.
Nel ricorso si è anche evidenziato che il Comune non ha provato l'effettività e attualità della destinazione delle aree ad un servizio pubblico e che la contribuente non può essere gravata dell'opposta prova negativa.
In parti colare, nella prospettazione del la ricorrente incid entale, i beni comun ali gravati da usi civici costituisco no il cd. demanio universale e non sono clas sificabili fra qu elli demaniali in senso tecnico, in quanto appartenenti ai citt adini iure domini e so lo amministrati dal Comune. Si è pure evidenziato che, ai fini del riconoscimento della demanialità ovvero della natura indisponibile dei beni, occorre l'effettivo e permanente esercizio dell'uso civico da parte della ge neralità degli appartenent i all'ente territoriale, mentre il Comune, su cui in combe l'onere della prova per il principio cd. della vicinanza, ha depositato l'autorizzazione per la fida pascolo relativa all'annualità 2017, successiva all'annualità di imposta per la quale è stato emesso l'avviso di accertamen to impugnato.
La censura è infondata. ### della natura demaniale dei terreni gravati da usi civici esige la ricostruzione del relativo quadro normativo, 8 di 28 evidenziando che la presente controversia ha ad oggetto l'annualità di imposta del 2012, sicché non trova applicazione la legge n. 168 del 2017, che ha dettato norme in materia di domini collettivi e si è occupata degli usi civil i. La discipl ina di rifer imento, nel caso di specie, resta la l egge n. 1766 del 1927, i cui artt. 11 e 12 stabiliscono che i terreni dei ### ut ilizzabi li come bosco o pascolo permanente (come nel caso di specie), non possono essere alienati né può esser ne mu tata la destinazione, senza l'autorizzazione del Ministero dell'### 3.1.Gli usi civici affondano le proprie radici in contesti sociali assai remoti di epoca feu dale, ma sono so pravvissuti all'evolu zione storica e cul turale. La maggior parte di essi è nata da comportamenti di fatto, senza neppure l'adozi one di atti fo rmali idonei a dare ad eguata pub blicità al fenomeno. Tuttavia oggi, all'esito dell'evo luzione normativa e della elaborazione giurisprudenziale, sono stati valorizzati anche in un'ottica di tutela ambientale. 3.2. ###. 11 della legge n. 1766 del 1927 prevede che «i terreni assegnati ai ### o alle frazioni in esecuzione di leggi precedenti relative alla liqu idazione dei diritti di cui all'art. 1, e quelli che perverranno ad essi in applicazione della presente legge, nonché gli altri posseduti da ### o frazioni di ### università, ed altre associazioni agrarie comunque denominate, sui quali si esercitano usi civici, saranno distinti in due categorie: a) terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente; b) terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria». All'interno della categoria degli usi civici, si suole indicare sia il fenomeno degli usi civici in senso stretto (intesi come diritti reali di godimento in re aliena su beni appartenenti a soggetti pubblici o privati), che la materia dei domini collettivi (intesi quali terre spettanti ad una collettività ben indiv iduata di soggett i mediante un godimento promiscuo). La citata legge non reca, in 9 di 28 effetti, una definizione espre ssa degli usi civici, ma li qualifica indistintamente come riconducibili a due diversi diritti di godimento delle terre che ne costituiscono oggetto: l'uso civico propriamente detto e il c.d. demanio civico. La natura giuridica degli usi su terre comunali è, nella sua essenza, equiparabile a quella dei be ni demaniali, dato il loro reg ime di inalienabilità, inus ucapibilità, immodificabilità e di conservazione del vinco lo di destinazione, il quale può subi re una deroga solo mediante un'appos ita “sdemanializzazione”. In particolare l'art. 12 della legge in esame dispone che «per i terreni di cui alla lettera a) si osserveranno le norme stabilite nel capo 2° del titolo 4° del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267. I ### e le associa zioni non potranno, senza l'autorizzazione del ### o dell'economia na zionale, alienarli o mutarne la destinazione. I diritti delle popolazioni su detti terreni saranno conservati ed esercitati in conformità del piano economico e degl i articoli 130 e 135 del citato decreto, e non potranno eccedere i limi ti stabili ti dall' art. 521 del Codice civile». La complessiva disciplina co nsente di affermare che i fond i pubblici gravati da usi civici sono soggetti a un regime di indisponibilità, che trova deroga nel le sole (li mitate) ipotesi pr eviste dalla legge 1766 del 1927 (legittimazioni: art. 9; autorizzazioni all'alienazione e al mutamento di destinazione: art. 12; quotizzazioni: art. 13, e da altrettante limitate previsioni di leggi speciali). 3.3.Nell'impianto normativo originario, risalente all'epoca fascista, l'originaria volontà legislativa era proiettata verso l'affrancazione dei fondi da un vincolo ritenuto strettamente collegato alle realtà agricole e rurali, mutevoli da un territorio all'altro, che non aderiva più alle esigenze attuali. Tuttavia, nel corso degli anni, gli usi civici hanno assunto una valenza ambientale e paesaggistica sempre di maggior rilievo. Dapprima è stata approvata la legge n. 1497 del 1939, la quale già prevedeva vincoli paesaggistici ma di natura eminentemente amministrativa (poiché collegati al provvedimento 10 di 28 amministrativo ed alle sue vicende). S uccessivament e è sopravvenuta la legge n. 41 del 1985 (cd. legge Galasso), il cui art. 1, lett . h, modificando l' art. 82 del d. P.R. n. 616 del 1977, ha sottoposto a vincolo paes aggistico , tra gli altri be ni, le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici. Gli usi civici so no, inoltre, dis ciplinati dalla legge qu adro sulle are e protette n. 394 del 1991, nell'ambito del regolamento del parco e del piano parco (artt. 11 e 12). ### in vigore del la menzionata legge n. 431 del 1985 (c.d. legge Galasso) ha inaugurato, dunque, u na nu ova prospettiva, sulla cui scia si è poi innestato il successivo d.lgs n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), che ha confermato tra le aree tutelat e all'art. 142 lett. h) le stesse, già indicate all a medesima lett. h) dell'art. 82 della legge ### e, cioè, "le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici" (v. sul punto anche Corte cost. n.228 del 2021). Il netto allontanamento dall'originaria tendenza liquidatoria degli usi civici ha, infine, trovato consacrazione dapprima nel disposto dell'art. 74 della legge n. 221 del 2015, che ha modificato l'art. 4 del d.P.R. 327 del 2001, prevedendo che:«1-bis. I beni gravati da uso civico non poss ono essere espropriat i o asserviti c oattivamente se non viene pronunciato il mutamento di destinazione d'uso, fatte salve le ipotesi in cui l'opera pubblica o di pubblica utilità sia compatibile con l'esercizio dell'uso civico», e s uccessivamente nella nuov a disciplina contenuta nella legge n.1 68 del 2017, con cui si è consolidata la vocazione di salvaguardia ambientale degli usi civici. 3.4.Tenuto conto dell'orientamento di legittimità formatosi in materia analoga, e cioè di iscrizione di strade negli appositi elenchi (tra le altre, vedi Cass., Sez. 2, 17 marzo 1995, n. 3117), la giurisprudenza di legittimit à è giunt a ad affermare la natura demaniale dei terreni gravati da uso civic o di bosco e pasc olo permanente (v., tra le alt re Cass., Sez. U., 11 giugno 1973, n. 11 di 28 1671, second o le quali l'espropriazione esige la previa sdemanializzazione dei beni co munali gravati da usi civici). L a stessa Corte costituzionale ha sostenuto che tutta la materia degli usi civici dei beni di proprietà co llettiva rientra nell' ambito del diritto pubblico e che la natura di tali beni (equiparabile a quella dei beni demaniali ) non consente di sottoporli ad espro priazione per pubblica utilità potendo ques ta effettuarsi solo per la proprietà privata te rriera (v., ad esempio, Corte cos tituzionale n. 156 del 1995). 3.5.Sulla questione, sebbene indire ttamente in materia espropriativa, è intervenuta Cass., Sez. U., 10 maggi o 2023, 12570 - che, pur considerando che la legge base del 1927 non reca, in effetti, una definizione espressa degli usi civici, ha statuito che la natura giuridica degli usi c ivici su terre comunali è condizionata dal caratterizzarsi come beni di c.d. proprietà collettiva, la cui disciplina è equiparabi le a qu ella dei beni demaniali, per quanto si desume dal loro regime di inalienabilità, inusucapibilità, immodificabilità e di conservazione del vincolo di destinazione, il quale può subire una deroga solo mediant e un'apposita “sdemanializzazione”, facendo altresì leva sul disposto dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 168 del 2017, il quale recita: «Il regime giuridico dei beni di cui al comma 1 resta quello dell'inalienabilità, dell'indivisibilità, dell'inusucapibilità e della perpetua destinazion e agro-silvo-pastorale», laddove - si noti - l'uso del verbo “resta” va ritenuto - secondo l'interpretazione data dalle S.U. - manifestazione consapevole di quanto già previsto dalla legge del 1927 e l'aggiunta specificativa della “p erpetua destinazione agro-silvo-pastorale” è sintomatica di un a connotazione di “intangibilità di tali beni” nella loro funzione e nella finalità che perseguono, da cui scaturirebbe la loro indisponibilità cui fa risco ntro il regi me di intangibilità, che quei diritti 12 di 28 caratterizza, preservandoli, in via generale, da ogni negativa interferenza, suscettibile di provenire dall'esterno. ###.U. con la sentenza citata hanno, quindi, concluso che i beni gravati da uso civico di domin io coll ettivo sono ass imilabili a l regime giuridico di quelli demaniali. I terreni posseduti dai comuni e gravati da uso civico di bosco e pascolo permanente ai vincoli di inedificabilità e di destinazione - salva autorizzazione id onea a rimuovere detti li miti - vanno, pertanto, ricond otti nell'ambi to di quelli appartenenti al patrimonio demaniale dell' ente territoriale, perché destinati ad un pubblico servizio (già in precedenza, tra le altre, Cass., Sez. 5, 8 agosto 2003, n. 11993). 3.6.Con rig uardo a detti ter reni gravati da usi civici appare, dunque, del tutto legitti mo il convinci mento cui sono pervenuti i giudici di appello, basato sulla presunzione - operativa in mancanza di prova co ntraria, gravante sul contribuente che assume la non debenza del tributo - non solo di esistenza degli stessi ma anche del permanente esercizio di tali usi da parte della generalità degli appartenenti all'ente territoriale. Pertanto, anche sotto l'ora esaminato profilo le ragioni di censura addotte dalla ricorrente ### devono ritenersi prive di fondamento, considerando che dalle medesime difese del la società si evince il ri conoscimento della sussistenza degl i usi civici sui terreni del ### ne in oggetto, escludendosene la demanialità all a luce di un a risalente giurisprudenza di legittimità, che può ritenersi superata in base agli orientamenti illustrati.
In defin itiva, una volt a che sia stato dimostrato che un'area pubblica sia gravata da un uso civico, la demanialità della stessa si presume, a meno che non sussista un preciso titolo da cui risulti, per qu ella determinata terra, la trasformazione del demanio in allodio, con onere della prova a carico del privato che eccepisce la natura allodiale (in questo senso ex plurimis ### 2, 27 febbraio 2014, n. 4743 e Cass., Sez. 2, 18 settembre 2019, n. 23323). Del 13 di 28 tutto irrilevant e risulta, quindi, il profilo di doglianza rifer ito alla produzione, da parte del ### ne, di documen tazione re lativa al 2017 e non all'annualità in esame.
Pertanto, in tema di tassa per l'occu pazione di spazi ed ar ee pubbliche, legittimamente il giudice considera sussistente il presupposto impositivo della tassa, ai sensi dell'art. 38 del d.lgs. 507 del 1993 (il quale assoggetta alla tassa le oc cupazioni di qualsiasi natura, eff ettuate, anche senza titolo, nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province), sulla base della presunzione non solo di esistenza dell'uso civico anzidetto, ma anche dell'effettivo e permanente esercizio dell'uso stesso da parte della generalità de gli appartenenti all'ente territoriale. Pre messa l'accertata natura demaniale dei beni gravati da usi civici e la loro occupazione da parte dell'### s.p.a., può concludersi che, in presenza della presunzione di demanialità, sia onere della società contribuente dimostrare la sdemanializzazione dei beni, atteso ch e secondo pacifico indirizzo di legittimità perché possa ritenersi realizzata un a sdemanializzazione tacita occorrono atti univoci e concl udenti incompatibili con la volontà della pubblica amministrazione di conservare la destinazione del bene all'uso pubblico e circostanze così sig nificative da rendere non configurabile una ipotesi diversa dalla definitiva rinuncia, da parte della p.a. al ripristino della pubblica funzione del bene stesso (v. ex multis Cass., Sez. 2, 26 febbraio 1996, n. 1480). Si è ulteriormente precisato che nemmeno il di suso da te mpo immemorabile o l'inerzia dell 'ente p roprietario - peraltro non dedotti dalla ricorrente - possono essere invocati come elementi indiziari dell'intenzione di far cessare la destinazione, anche potenziale, del bene demaniale all'uso pubblico, poiché a dare di ciò la prova è pur sempre necessario che tali elementi indiziari siano accompagnati da fatti concludenti e da circostanze così significative 14 di 28 da rendere impossibile formulare altra ipotesi se non quella che la pubblica amministrazione abbia definitivamente rinunziato al ripristino della pubblica funzione del bene medesimo (tra le tante, Cass., Sez. 2, 11 marzo 2016, n.4827).
Solo per completezza deve rilevarsi che il quadro così delineato non può essere scalfito dalla delibera della ### n. 61 del 2016, che è una fonte secondaria e che non può, quindi, derogare la normativa primaria. 4. Con il quarto motivo la ricorrente ha dedotto, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., la violazione dell'art. 50 del d.lgs. n. 507 del 1993 , non essendo l'applicazione della tariffa agevolata subordinata ad una espressa richiesta del contribuente, ma derivando piuttosto dai presupposti previsti dalla normativa.
Il motivo è fondato. ###. 46 del d.lgs. n. 507 del 1993, nel lo stabilire che le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale con condutture, cavi, impianti in genere ed altri manufatti desti nati all'esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, compresi quelli posti sul suolo e collegati alle reti stesse, nonché con seggi ovie e funivie sono tassate in base ai c riteri stabiliti dall'art. 47 (oggi sostituiti da quelli di cui all'art. 63, comma 2, lett. f, del d.lgs. n. 446 del 1997, in virtù del comma 3, secondo periodo, di tale disposizione), si limita a stabi lire i crit eri per la determinazione del quantum del tributo, senza subordinarne l'applicazione di tale regime ad una espressa richiesta da parte del contribuente.
Invero, l'omessa presentazione della denuncia, contenente le informazioni necessarie per la quantificazione del tributo, comporta solo la legi ttimità di un accertamento adottato in base alle informazioni disponibili al ### ne, desumibili dagli atti in suo possesso, mentre non incide affatto sul regime tariffario applicabile (così Cass., Sez. 5, 16 dicembre 2011, n. 27166, secondo cui, in 15 di 28 tema di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'art. 50 del d.lgs. n. 507 del 1993 im pone al contribuente di denunciare l'occupazione e di versare la tassa sul la base delle opere da effettuare, dei te mpi di esecuzi one e della superficie effettivamente sottratta all'uso pubblico, con la conseguenza che, in mancanza dei prescritti a dempimenti e del pagamento entro i termini di legge, l'ente territoriale, titolare del potere impositivo, è autorizzato a procedere alla liquidazione d'ufficio del tributo con le informazioni in suo possesso, contenute nel provvedim ento autorizzativo, ossia con i dati indicati dallo stesso co ntribuent e, senza che in ciò possa, quindi, ravvisarsi alcun accertamento induttivo; v. anche in questo senso Cass., Sez. 5, 10 maggio 2005, n. 9697 e Cass., Sez. 5, 16 maggio 2005, n. 10263).
Non è, difatti, condivisibile il precede nte isolato di questa Corte, richiamato nella sentenza im pugnata (Cass., Sez. 5, 20 maggio 2015, n. 10349), secondo cui, in tema di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbl iche, vale il principio, esteso a tutti i tributi locali, in base al quale le deroghe ai criteri generali di tassazione non operano in via automatica, per la mera affermata sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di vo lta in volta dedotti nella denuncia appositamente presentata secondo il regime proprio del tributo in questione. Non si rinviene, difatti, nella disciplina dei tributi locali tale regola o principio generale. Né possono estendersi, in tema di t.o.s.a.p., le regole specific amente dettate per altri tributi. In particolare, non possono applicarsi alla t.o.s.a.p. gli artt. 62 e 66 del d.lgs. n. 507 del 1993, che espressamente subordi nano, in tema di t.a.r.s.u., le deroghe alla tassazione e le riduzi oni delle superfici e tariffe stabilite non al mero ricorrere delle situazioni di fatto, ma alla allegazione dei presupposti nella denuncia originaria o in quella di variazione, essendo la t.o.s.a.p. e la t.a.r.s.u. tributi differenti, i cui presupposti impositivi non presentano similitudini, e 16 di 28 le cui discipline sono del tutto autonome e prive di connessioni o interferenze. Del resto, la regola dettata in materia di t.a.r.s.u. si collega all'esigenza, da parte dell'ente impositore, di venire a conoscenza, anche ai fini dell'esercizio di poteri di accertamento e verifica, di situazioni di cui altrimenti resterebbe ignaro, ment re, nel caso in esame, in cui è inammissibile un accertamento induttivo, l'azione impositiva, che si fonda su un accertamento diretto, esige la verifica della natura dell'occupazione.
Il motivo deve, quindi, essere accolto in virtù del seguente principio di diritto: in tema di tassa per l'oc cupazione di spazi ed aree pubbliche, il regime previsto dall'art. 47 del d.lgs. n. 507 del 1993 (oggi sostituito, in parte, dall'art. 63, comma 2, lett. f, del d.lgs. 446 del 1997) non è subordi nato all'espressa ri chiesta del contribuente e deve essere applicato dall'ente impositore laddove ne ricorrano i presupposti. 5. Con il quinto motivo di ricorso l a ricorrente ha denunciato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod.proc.civ., la violazione degli artt. 44, 46, 47 e 50 del d.lgs. n. 507 del 1993, dell'art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997, dell'art. 1, commi 3 e 4, della legge 10 del 1991, 2, comma 1, e 12, comma 1, d.lgs. n. 387 del 2003, visto ch e all'attività di pubblico servizio, finalizzata all a soddisfazione di un pubb lico interes se, quale è la pro duzione di energia elettrica, si applica il regi me differenziat o previsto dagli invocati artt. 46 e 47, anche a prescindere da espressa richiesta in tal senso.
La censura, che pone la questione se la tariffa “agevolata”, prevista prima dagli artt. 46 e 47 del d. lgs. n. 507 del 1993 e successivamente dall'art. 63, comma 2, lett. f del d.lgs. n. 446 del 1997, spetti anche all'impresa di produzione dell'energia elettrica, è fondata. 5.1.Con riferimento al diritto sovranazionale, occorre brevemente ricordare che la separazione tra imprese produttrici e imprese 17 di 28 distributrici di energia elettrica, che è imposta dal diritto unionale al fine di sco ngiurare il rischio di creare discriminazioni non sol o nell'accesso alla rete, ma anche negli investimenti nella rete (cfr. il considerando 9 e 24 della direttiva 2009/72/CE, contenente norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, ed i punti 35 e 80 della sentenza della Corte giustizia nella causa C-718/18), non esclude che le imprese separate concorrano ai fini della prestazione del servizio energetico, consistente, secondo la definizi one di cui all'art. 1, n. 7 dell a direttiva 2012/27/UE, app licabile ratione temporis, nel la «prestazione materiale, l'utilità o il vantagg io derivante dalla combinazione di energia con tecnologie o operazioni che utilizzano in maniera efficiente l'energia, che possono includere le attivit à di gestione, di manutenzi one e di controllo nece ssarie alla prestazione del servizio, la cui fornitura è effettuata sulla base di un contra tto e che in circostanze normali ha dimos trato di produrre un mi glioramento dell'eff icienza energetica o risparmi energetici primari verificabili e misurabili o stimabili».
Pertanto, mentre, dal punto di vista soggettivo, vi è separazione tra le imprese produttrici e le altre della filiera, dal punto di vista oggettivo si giunge ad una definizione del servizio energetico come unitario. 5.2. Passando all'esame d ella disciplina interna è necessario soffermarsi non solo sugli artt. 46 e 47 del d.lgs. n. 507 del 1993, che si occupano specificamente della t.o.s.a.p., ma anche sull'art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997, che si occupa del c.o.s.a.p.
Deve, difatti, ricordarsi che l'art. 51, comma 2, del d.lgs. n. 446 del 1997, relati vo al canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, che aveva previsto l'abolizione, dal 1° genn aio 1999, delle tasse per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, è stata abrogato, con effetto dal primo gennaio 1999, dall'art. 31, comma 14, legge n. 448 del 1998, con la contestuale sostituzione dell'art. 63, co mma 1, del medesimo d.lg s. n. 446 del 1997, che, nella 18 di 28 versione riformulata, consentiva alle province ed ai comuni di assoggettare, in alternativa alla t.o.s.a.p., l'occupazione del suolo pubblico al pagamento di u n canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione in base a tariffa. ###. 46 del d.lgs. n. 507 del 1993 stabiliva che «le occupazioni del sottosuolo e del soprassuolo stradale con condutture, cavi, impianti in genere ed al tri manu fatti destinati all'esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, compresi quelli posti sul s uolo e collegati alle reti stess e, nonché con seggiovie e funivie sono tassate in base ai criteri stabiliti dall'art. 47»: tal e ultima di sposizione, abbandonato il criterio della tassazione per metro lineare o quadrato, poneva quale unità di misura il chi lometro lineare (vedi Cass., 22 febbraio 2002, 2555). ###. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997, alla lett. f, imponeva, invece, la previsione per le occupazioni permanenti realizzate con cavi, condutture, im pianti o con qualsiasi altro manufatto da aziende di er ogazione dei pub blici servizi e per quelle realizzat e nell'esercizio di attività strumentali ai servizi medesimi, di u na speciale misura di canone, che avreb be dovuto essere commisurata, solo in sede di prim a applicazione, al numero complessivo delle utenze relative a ciascuna azienda di erogazione del pubblico servizio, per la misura unit aria di tariffa pre vista in relazione a ciascuna classe di comune, ma che successivamente è divenuta il normale criterio di quantificazione del c.o.s.a.p.
In questa sede si deve evidenziare che, per la t.o.s.a.p., il regime speciale era ricon osciuto solo pe r le occupazioni strumentali all'esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, mentre, per il c.o.s.a.p., era cont emplat o altresì per le occupazioni realizzate nell' esercizio di atti vità strumentali all'erogazione dei pubblici servizi. 19 di 28 Tuttavia, il secondo periodo del comma 3 dell'art. 63 del d.lgs. 446 del 1997, introdotto con la medesima legge n. 488 del 1999, che ha eliminato la soppressione della t.o.s.a.p. ed istitu ito l'alternatività della t.o.s.a.p e del c.o.s.a.p., ha precisato che per la determinazione della t.o.s.a.p., relativa alle occupazioni di cui alla lettera f) del comma 2, si applicano gli stessi criteri ivi previsti per la determinazione forfetaria del canone. Invero, può rilevarsi che proprio l' alternatività del c.o.s.a.p. alla t.o.s.a.p., a prescin dere dalla diver sa natura dei prelievi, ha imposto, anche in considerazione dell'art. 3 Cost., l'applicazione delle stesse regole e degli stessi criteri di quantificazione.
Come hanno già chiarito le ### di questa Corte (Cass., Sez. un., 7 maggio 2020, n. 8628, punto 8.11), l'art.18 della legge n. 488 del 1999, so stituendo la letter a f) del secondo comma dell'art.63 del d.lgs. n.446 del 1997, recante la disciplina del c.o.s.a.p., ha introdotto una particolare modalità di determinazione del canone per tal e tipo di oc cupazione permanente, basa ta sul numero di utenze attivate, e ha esteso l'applicazione di tale criterio di calcolo anche alla t.o.s.a.p. dovuta sulla medesima tipologia di occupazioni. La disposizione è stata introdotta all o scopo di semplificare il criterio di determinazione della t.o.s.a.p., ritenendosi il metodo basato sulle utenze atti ve di più facile app licazione rispetto al precedent e metodo incentrato sulla superficie effettivamente occupata.
In definitiva, le dianzi riportate modifiche al d.lgs. n. 446 del 1997, pur avendo in teressato un'entra ta di carattere extratributario (il c.o.s.a.p.), han no avuto un'incidenza anche sulla tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (t.o.s.a.p.), in quanto alla tassa è stata estesa la nuova disciplina per la predeterminazione forfettaria del canone per le occupazioni permanenti realizzate con cavi, condutture, impianti o qualsiasi altro manufatto da aziende di erogazione dei p ubblici ser vizi e da quelle esercenti attività 20 di 28 strumentali ai servizi stessi (Cass., Sez. 5, 20 maggio 2015, 10345).
Ne deriva, pertanto, che per tale tipologia di occupazioni, dal 1° gennaio 2000, è stato abbandonato il criter io di determinazione forfettaria della tassa per chilometro lineare, in fav ore del più semplice criterio come sopra delineato, avente il fine di consentire una più agevo le attività di quantificazione e d i accertamento del tributo da parte dell'ente impositore. Inoltre, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2000, il regime speciale è stato esteso, anche per la t.o.s.a.p., come per il c.o.s.a.p., non solo alle occupazioni strumentali all'esercizio e alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici servizi, ma pure alle occupazioni realizzate nell'esercizio di attività strumentali all'erogazione dei pubblici servizi.
In definitiva, l'art. 47 del d.lgs. n. 507 del 1993 risulta, in parte, abrogato con l'introduzione del citato art. 63, terzo comma, terzo periodo, del d.lgs. n. 446 del 1997, visto che continua ad operare solo con rifer imento alle occupazioni non riconducibili a quelle disciplinate dall'art. 63, comma 2, lett. f, del d.lgs. n. 446 del 1997. 5.3. In quest'ottica, alla società ### one s.p.a., qua le soggetto che svolge attivit à strumentale a quello di pubblico servizio, è applicabile la disposizione agevolativa di cui all'art. 63, comma 2, lettera f), del d.lgs. n. 446 del 1997.
Più precisamente, l'attività di produzione dell'energia elettrica, che comprende il trasporto della stessa ai soggetti distributori che, in un secondo momento, la erogano all'utente finale, va inclusa, pure in assenza di allacci dire tti con gli utenti finali, tra le attività strumentali alla fo rnitura del servizio di pubblica utilità di distribuzione dell'energia elettrica.
Gli impia nti sotterranei che trasportano l'energia prodotta dag li impianti degli operatori delle energie verso la rete di trasmissione e quelle di distribuzione, al pari di tutti gli impianti ch e veicola no 21 di 28 l'energia al sistema elettrico nazionale, non possono che risultare direttamente funzionali all'erogazione del servizio a rete secondo la definizione utilizzata dal d.l. n. 146 del 2021, come convertito dalla l. n. 215 del 2021, ricadendo, così, nel campo di applicazione delle tariffe agevolat e. Ciò in quanto la filiera del sistema elettrico nazionale, che è una rete unica integrata, si compone di una serie di fasi di cui la produzione costituisce la fase antecedente a quelle di trasmissione, di dispacciamento e di distribuzione. In particolare l'attività d'impresa sv olta dalle società di produzione d'energia costituisce una fase immediatamente antecedent e e necessaria rispetto all e altre citate fasi della filiera del mercato elettri co (trasmissione, dispacciamento e distribuzione), fasi conn esse da connaturati vincoli inscindibili, tali per cui, in assenza dell'una, non possono trovare comp imento le altre (c.d. vincolo di complementarietà) e per cui tutte le menzionate attività sono poste in essere esclusivamente nell'interesse delle altre (c.d. vincolo di esclusività).
Del resto, secondo la giurisprudenza interna e sovranazionale (la quale parla in genere di servizi di int eresse generale), i fattori distintivi del pubblico ser vizio sono, da un lato, l'idoneità del servizio, sul piano finalistico, a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indiff erenziata di utenti, e, dall'altro, la sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a norme di co ntinuità, regolarità, capacità e qualità: requisiti entrambi compresenti nel caso di specie, essendosi in presenza di un impiant o capace di dare luogo ad un ser vizio e destinato a raggiungere le utenze terminali di un nu mero indeterminato di persone, per soddisfare una esigenza di rilevanza pubblica.
In defin itiva, tra le so cietà esercenti attività strumentali all'erogazione di servizi pubblici rientrano anche le aziende che non raggiungono con i singoli utenti, in quanto trasportano i beni ed i 22 di 28 servizi da erogare per un tratto limitato, al termine del qu ale subentra un altro vettore di diversa natura, visto che il concetto di rete di e rogazione di pu bblici servizi, cui il legisl atore ha inteso attribuire un ruolo assorbente nella determinazione del particolare regime impositivo in esa me, va inteso in senso unit ario (come, peraltro, gi à rilevato, già co n riferimento all 'art. 47 del d.lg s. 507 del 1993 da Cass., Sez. 5, 1° febbraio 2005, n. 1974 e Cass., Sez. 5, 20 ottobre 2008, n. 25479). 5.4. Non rappresenta un elemento ostativo al riconoscimento del regime speciale la circostanza che l'### sia una società per azioni che persegue scopi di lucro.
Al riguardo, giova richiamare Cass., Sez. un., 7 maggio 2020, 8628, second o cui nessuna rilevanza può essere asc ritta all'elemento dato dalla ritrazione dal la relazi one materiale con la cosa pubblica di un personale beneficio economico: «in aderenza al dettato normativo di cui all'art.39 (del d.lgs. n. 507 del 1993), come sopra interpretato, in presenza di un atto di concessione o di autorizzazione, per indi viduare il soggetto passivo della t.o.s.a.p. diventa, infatti, irrilevan te indagare a chi sia ricondu cibile l'interesse privato ritratto dall'occupazione, essen do suffici ente e, anzi, assorbente il rappor to esistente tra l'ente territoriale e il contribuente autorizzato, quale specifico destinatario dei provvedimenti con cui l'### territoriale ha allo stesso trasferito, previo controllo della sussistenza dei necessari requisiti, facoltà e diritti sulla cosa pubblica alla stessa riservati».
Pertanto, non è significativa, ai fini del riconoscimento della tariffa ridotta in esame, la natura di s.p.a. della contribuente, vieppiù se si considera che l'attenzione deve essere conc entrata sul tipo di attività svolta e non già sulla veste del soggetto che la esercita. Il pubblico servizio può, difatt i, essere erogato anche da soggetti privati. 23 di 28 Ulteriori conferme a tale conclusione pervengono dalla legge n. 146 del 1990, che qualifica l'approvv igionament o di energi e e dei prodotti energetici, come servizi pubblici essenziali, dalla direttiva attuativa della ### del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994, dalla leg ge istitutiva della ### amministrativa per l'energia e il gas ex l. 1 4 novembre 1995, n. 481 - produzione normativa che è stata il frutto di un prolu ngato dibattito interpretativo, essendosi passati, nel tempo, dalla preferenza per un inquadramento soggettivo dell'attributo pu bblico riferito al servizio, ad una lettu ra invec e in senso oggetti vo che riconosce rilevanza alle prestazioni dei servizi pubb lici non in ragione del soggetto che ne assicura la fornitura, quanto delle caratteristiche oggettive delle prestazioni erogate in co nsiderazione del numero indeterminato dei destinatari che ne traggono giovamento.
Anche in ambito penale è stato osservato che la qualificazione della energia elettrica come servizio pubblico, riferito tanto alla fase della produzione che a quella della distribuzio ne, rapp resenta il frutto di una serie di interventi normativi primari e secondari volti a disciplinare tali fasi con regolamentazione pubblica derogatoria, ad assoggettare il gestore al dovere di imparzialità e ad affermare la destinazione istituzionale dell'attività al pubblico, in modo da comprendere solo le attività che soddisfano direttamente i bisogni collettivi e non quelle che perseguono tale sco po solo in via strumentale (Cass. pen., Sez. IV, 23 ottobre 2024, n. 40162).
Del resto, se il soggetto occupante fosse pubblico, sarebbe già di per sé esente dall'imposizione, ai sensi dell'art. 49, lett. a), d.lgs. n. 507 del 1993. 5.5. Parim enti, non possono valorizzar si in senso c ontrario alla conclusione raggiunta alcuni precedenti di questa Corte (Cass., Sez. 5, 27 aprile 2022, n. 13142 e Cass., Sez. 5, 28 aprile 2022, n. 13332), secondo cui, in tema di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, e con riguardo alle occupazioni del sottosuolo e 24 di 28 del soprassuolo, il criterio di determinazione della tassa previsto dagli artt. 46 e 47 del d.lgs. n. 507 del 1993 per le occupazioni connesse all'esercizio ed alla manutenzione delle reti di erogazione di pubblici esercizi non è estensibile alle occupazioni con impianti privati, in qu anto costituisce un criterio agevolato per ragioni di pubblica utilità, le qu ali, evidentemente, non sussistono nelle occupazioni con impianti privati (Cass., Sez. 5, 5 luglio 2017, 1659). Più precisamente Cass., Sez. 5, 5 luglio 2017, n. 1653 9, secondo cui non sarebbe estensibile alle occupazioni con impianti privati un crit erio agevolato per ragioni di pubblica utili tà, come condivisibilmente evidenziato dalla odierna ricorrente, è un a pronuncia che si riferisce ad un'occupazione operata con impianto irriguo di un soggetto persona fisica , per la soddisfazione di un bisogno personale, non avvinta da alcun vincolo di complementarietà ed esclusività alla filiera nazionale dell'energia, mentre, nel caso di specie, i beni, tramite cui è effettua ta l'occupazione ed oggetto di acce rtamento, appar tengono ad una rete che costituisce la infrastruttura strumentale alla erogazione del pubblico servizio di di stribuzione di energia. Il precedente, che fonda anche le altre decisioni di questa Corte ha, quindi, ad oggetto fattispecie non assimilabili a quella oggi in esame. 5.6. Né può condividersi la tesi secondo cui, avendo la ricordata norma “agevolativa”, dal punto di vista sistematico, natura speciale (recando una deroga all e regole generali di determinazione della tariffa dovuta), sar ebbe imposta una lettura ed interpretazione rigorosamente conforme al suo tenore letter ale, senza ulteriori possibilità di applicazioni analogiche o di interpretazioni estensive (Consiglio di Stato, 27 marzo 2013, n. 1788).
Invero, sebbene si sia in presenza di una tariffa agevolata (vale a dire, favorevole ai beneficiari), a ben vedere, si è al cospetto non già di una norma agevolativa (vale a dire , che in troduce una deroga alle regole ordinarie), ma di un criterio di determinazione 25 di 28 della tariffa che assurge a crite rio or dinario relativ amente a determinati beni.
In particolare, il legislatore ha effettuato una comparazione e una non irragi onevole composizione degli interessi pubblici in gioco (quello dell'ente locale, comune e provinciale, di ricavare un'entrata dall'utilizzazione dei suoi beni pubblici e quello dei cittadini all'utilità derivante dall'erogazione di servizi pubblici), sottraendo la relativa valutazione all'ente impositore, considerandola una qu estione di interesse generale e non meramente localiz zabile (Co ns. Stato, sez. V, 25 novembre 2022, n. 1038 2; Cons. Stato, Sez. V, 24 ottobre 2023, n. 9184). Dunque, in simili ipotesi, il sacrificio che la collettività sopporta per la oc cupazione di suolo pubblico, unitamente al vantaggio economi co del soggetto che utilizza il suolo pu bblico, trovano parziale ma notevole comp ensazione nel soddisfacimento degli interessi dei consociati e nella realizzazione di determinate ut ilità di rile vanza sociale (benefici social i) che la stessa occupazione di suolo è in grado di assicurare attraverso la installazione di impianti e di reti preordinate, per loro natura, allo svolgimento di un determinato servizio in favore della medesima collettività di riferimento territoriale.
Alla stregua del le considerazioni che precedono, non si pone , dunque, un problema di interpretazione estensiva. 5.7. Per quanto non sia applicabile ratione temporis alla fattispecie in oggetto, depone nel senso che si è inteso av allare anche la norma di interpretazion e autentica di cui all'art. 5, comm a 14 quinquies, lett. a) e b), del d.l. n. 146 del 2021, con vertito con modificazioni nella legge n. 215 del 2021, il quale stabili sce ch e <<Il comma 831 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, 160, si interpreta nel senso che: […] b) per occupazioni permanenti di suolo pubblico con impianti direttamente funzionali all'erogazione del servizio a rete devono intendersi anche quelle effettuate dalle aziende esercenti attività strumentali alla fornitura di servizi di 26 di 28 pubblica utilità, quali la trasmissione di energia elettrica e il trasporto di gas naturale>>.
Proprio la disposizione di interpretazione autentica fa ri ferimento alle aziende che esercitano atti vità strumentali alla fornitura di servizi di pubbli ca utilità, dovendo l'espressione “quali la trasmissione di energia elettrica e il trasporto di gas naturale” essere intesa come a titolo meramente esemplificativo. ###, anche il Consiglio di Stato, nelle più recenti sentenze (cfr., ad esemp io, ### S tato, 4 novembre 2022, n. 9697 e 7 novembre 2022, n. 9759), sebbene con riferimento al canone unico patrimoniale, istituito con la legge n. 160 del 2019, ha riconosciuto la strument alità dell'attività svolta dalle aziende di produzione rispetto all a fornitura di servizi di pubblica ut ilità, come l a distribuzione dell'energia elettrica, in difformità con l'orientamento riferito al c.o.s.a.p. (di cui resta, tuttavia, espressione ### Stato, 25 novembre 2022, n. 10382). 5.8. Sulla base dei rilievi che precedono, va enunciato il seguente principio di diritto: <<In tema di ### alla società di produzione dell'energia elettrica (### ne s.p.a.) è applicabile la disposizione “agevolativa” di cui all'art. 63, comma 2, lettera f), del d.lgs. n. 446 del 1997, i n quanto soggetto che svolge attività strumentale alla erogazi one di un pubblico servizio (aspetto sostanziale), possedendo infrastrutture che permettono ad altri soggetti di fornire il servizio, e dovendo il co ncetto di rete di erogazione di pubblici servizi essere inteso in senso unitario, in quanto la filiera del sistema elettrico nazionale, che è una ret e unica integrata, si compone di una serie di fasi (di produzione, di trasmissione, di dispacciamento e di distribuzione) tra loro connesse da connaturati vincoli inscindibili, tali per cui, in assenza dell'una non possono trovare compimento le altre (c.d. vincolo di complementarietà) e tutte le menzionate attivit à son o poste in 27 di 28 essere esclusivamente nell' interesse delle altre (c.d . vincolo di esclusività)>>. 6. La società contribuente ha, inoltre, chiesto ril evarsi la formazione del giudicato interno relativament e all'illegittimità dell'irrogazione delle sanzioni , già affermata nella sentenza di primo grado e non oggetto di alcuna impugnazione da parte del ### - circostanza contestata dal ### che, nelle sue prospettazioni difensive, ha ricostruito l'eliminazione delle sanzioni, contenuta nella sentenza di primo grado, non come una statuizione autonoma, suscettibile di impugnazione, ma come una statuizione conseguenziale all'accoglimento parziale del ricorso, messa, pertanto, in discussione con la mera proposizione dell'appello.
La presente questione non si traduce, tuttavia, nella proposizione di un motivo di ricorso riconducibile all'art. 360 cod.proc.civ., per cui sul punto non vi è luogo a provvedere. A ciò si aggiunga che la cassazione della sentenza impugnata comporta la prosecuzione del giudizio dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta, dunque, valutare se la debenza delle sanzioni è ancora in discussione. 7.In conclusione, devono essere accolti il quarto ed il quinto motivo del ricorso, rigettati il primo, il sec ondo ed il terzo. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della ### in diversa composizione, a cui si demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. 28 di 28 La Corte di cassazione: accoglie il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale, rigettati il primo, il secondo ed il terzo , e conseguentemente cassa, limitatamente ai motivi accolti, la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tribut aria di seco ndo grado della ### one ### in diversa co mposizione, a cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in ### il ###.