R.G. 6368/2018 TRIBUNALE DI CATANIA Sezione specializzata in materia di impresa IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Catania, composto dai signori magistrati dott. ### dott.ssa ### dott.ssa ### relatore-estensore ha emesso la seguente SENTENZA Nel procedimento civile iscritto al n. R.G. 6368/2018 promosso da ### SOCIETÀ ### - ### S.R.L, C.F. ###, in persona del curatore avv. ### rappresentato e difeso dall'AVV. ### C.F. ###, ed elettivamente domiciliat ###, Catania (studio avv. ###; attore contro ### C.F. ###; ####; ####; tutti rappresentati e difesi dall'AVV. ### C.F. ###, ed elettivamente domiciliat ###, Siracusa; convenuti avente ad oggetto: azione di responsabilità nei confronti di amministratore, liquidatore e socio di s.r.l. - concorso del terzo.
Le parti hanno precisato le conclusioni dinanzi al ### designato, subentrato nella titolarità del procedimento nell'anno 2020, all'udienza del 30.05.2022, tenuta con modalità di trattazione scritta ai sensi dell'art. 83 co. VII lett. h d.l. 18/20, il cui verbale si intende trascritto. Il procedimento è stato dunque posto in decisione per essere riferito al Collegio, con assegnazione dei termini ai sensi dell'art. 190 c.p.c. MOTIVI IN FATTO E ### (artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., come novellati dall'art. 58, comma II, della legge 18.6.2009 n. 69) La curatela del fallimento di ### s.r.l. (d'ora in poi, SO.GE.CO.SI.) ha proposto azione di responsabilità nei confronti di #### e ### chiedendo la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni provocati alla società ed ai creditori sociali, ciascuno secondo le rispettive qualità (legale rappresentante il primo, socio la seconda e concorrente nella distrazione preferenziale e nel danno da aggravamento del dissesto la terza). ### s.r.l. ha come oggetto sociale “esecuzione lavori edilizi in genere; costruzione, acquisto, vendita, affitto e conduzione di immobili, acquisto e rivendita di aree edificabili; costruzione, realizzazione, gestione di alberghi, centri turistici e sportivi, parchi di divertimento, attrezzature sportive; qualsiasi attività finanziaria connessa; partecipazione ad iniziative immobiliari, edilizie e turistiche di qualunque tipo” ed è stata dichiarata fallita con sentenza 46/2016 emessa in data ### dal Tribunale di Siracusa, in esito alla rinuncia (depositata in data ###) alla proposta di concordato preventivo ai sensi dell'art. 161 co. VI l.f. formulata dalla società in data ###. Il fallimento, in particolare, è stato dichiarato in accoglimento delle istanze depositate da alcuni acquirenti degli immobili del complesso edilizio denominato “Ai Portici” , tutti titolari di diritti di credito risarcitori nei confronti della società in bonis.
SO.GE.CO.SI., al momento della dichiarazione di fallimento, aveva una compagine composta da ### (titolare del 40% delle partecipazioni sociali) e ### s.r.l. in liquidazione (già ### s.r.l., socio per il restante 60%); quest'ultima quota era precedentemente nella titolarità di ### Amministratore della società, sin dal 24.01.1989, è stato ### medesimo, nominato altresì liquidatore in data ###, a seguito di delibera di scioglimento volontario adottata in esito alla riduzione del capitale sociale sotto il minimo legale.
Acquisita la documentazione contabile e fiscale ed il complesso dei documenti disponibili - in parte consegnati dal legale rappresentate della società ed in parte autonomamente acquisiti dal curatore (quali atti notarili reperiti presso i notai roganti, documentazione depositata in altri giudizi, esecutivi, concorsuali e di merito) sono stati individuati atti ed omissioni, imputabili a ### il quale - in concorso con il socio e con il terzo anch'essi convenuti - non avrebbe ottemperato ai doveri inerenti alla propria carica, demandatigli dalla legge e dallo statuto, né osservato gli obblighi relativi alla conservazione del patrimonio sociale, causando un danno alla società ed ai creditori sociali, ulteriormente aggravato dalla ritardata emersione dello stato di dissesto e dalla ritardata declaratoria di fallimento.Tali condotte, secondo la prospettazione della curatela, hanno creato un danno che deve essere risarcito alla massa dei creditori, oltre che ex art. 2391 e 2392 c.c., anche ai sensi dell'art. 2394 c.c., tenuto conto del fatto che l'art. 2485 c.c. dispone che “gli amministratori devono senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e procedere agli adempimenti previsti dal terzo comma dell'art. 2484 c.c. Essi, in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e solidalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi”.
In particolare, la curatela ha imputato all'amministratore convenuto la violazione: a) del dovere su di lui incombente di buona amministrazione; b) del dovere di astenersi dal compiere atti in conflitto di interessi; c) del dovere di astenersi dallo svilire il patrimonio sociale percependo, in un periodo in cui era noto lo stato di decozione, la retribuzione nel proprio esclusivo interesse ed in danno dei creditori, ovvero provvedendo ad operare illegittime restituzioni di prestiti ai soci (nella persona del coniuge ###; d) del dovere di non compiere atti di gestione allorquando il capitale sociale era andato completamente perduto; e) del dovere di preservare il patrimonio sociale omettendo di compiere, dopo la perdita del capitale ed in presenza di un evidente stato di decozione, atti di gestione tendenti a sottrarre i beni della società fallita favorendo ### s.p.a., società di appartenenza di stretti congiunti (moglie e figli) ed amministrata dal proprio coniuge (socio altresì della società fallita); f) il dovere di astenersi dal procedere a pagamenti preferenziali in violazione delle regole del concorso e con lesione della par condicio, nonché a beneficio anche di stretti congiunti (la nuora ###; g) del dovere di preservare il patrimonio sociale omettendo di attivarsi per impedire il decorso del possesso ad usucapionem nonché amministrando gli immobili residui in violazione degli obblighi di custodia; h) del dovere di non ritardare la dichiarazione di fallimento e di non aggravare lo stato di dissesto.
La curatela attrice, in particolare, ha individuato i danni risarcibili in misura non inferiore a quella di seguito indicata: a) euro 748.000,00 per distrazione dei cespiti immobiliari (siti in #### venduti in data ### a ### s.r.l. ad un prezzo inferiore di almeno il 70% del loro valore di mercato, peraltro senza la prova dell'effettivo pagamento del corrispettivo; di tale voce di danno (da liquidarsi, in tutto o in parte, anche in via equitativae e che, peraltro, costituisce parziale effetto, causativo di danni, delle nuove operazioni eseguite successivamente all'integrale perdita del capitale sociale) sarebbe tenuta a rispondere, in concorso con l'amministratore unico ### anche il socio ### (quest'ultima comunque socio di maggioranza e legale rappresentante della beneficiaria ### s.r.l.), per avere espressamente approvato la distrazione, anche attraverso l'approvazione dei bilanci d'esercizio, oltre che per averne comunque beneficiato direttamente (sia pure in forma mediata, a motivo della posseduta partecipazione nella società beneficiaria); b) euro 2.700.000,00 per distrazione di somme e pagamenti preferenziali eseguiti in favore di ### s.p.a. e ### in particolare attraverso la delegazione di pagamento contenuta nell'atto di cessione del complesso alberghiero in favore di ### s.p.a., stipulato in data ###; di tale voce di danno - che peraltro costituisce parimenti parziale effetto, causativo di danni, delle nuove operazioni eseguite successivamente all'integrale perdita del capitale non ricostituito - sarebbe tenuta a rispondere, in concorso con l'amministratore unico, anche ### personalmente (quantomeno ed in via subordinata, limitatamente all'importo della sola distrazione preferenziale operata in suo favore), avendo la stessa concorso alle distrazioni medesime, consentendo il soddisfacimento di crediti (tra cui il proprio) in via preferenziale sia rispetto ai creditori di rango anteriore, sia rispetto agli altri creditori concorrenti nello stesso rango, in violazione della par condicio e nella piena consapevolezza dell'insolvenza; c) euro 630.407,16 per distrazione di somme e prelevamenti indebiti effettuati dall'amministratore, negli anni esaminati (2006-2015), attraverso artifici contabili ed operazioni di giroconto operate sui conti “clienti c/caparre” e “clienti c/anticipi”, con registrazioni spesso prive di giustificazione ovvero finalizzate all'estinzione di debiti appositamente creati; d) euro 596.747,45 per sottrazioni totali o parziali dell'incasso di talune vendite eseguite nel periodo 2006-2012 (descritte, nelle loro concrete modalità operative, nella relazione del consulente della curatela); e) euro 141.900,00 per distrazione di somme e prelevamenti indebiti effettuati dall'amministratore negli anni dal 2006 al 2012 - pur in difetto di delibera assembleare autorizzativa e con preferenza rispetto agli altri creditori sociali in un contesto di dissesto o quantomeno di grave squilibrio che non consentiva comunque l'erogazione - a proprio compenso; di tale voce di danno sarebbe tenuta a rispondere, in concorso con l'amministratore, anche il socio ### per avere espressamente autorizzato la distrazione attraverso l'approvazione dei bilanci d'esercizio, oltre che per averne comunque beneficiato direttamente; f) euro 81.000,00 per distrazione di somme e prelevamenti indebiti effettuati dall'amministratore negli anni dal 2006 al 2014 ed imputati - con preferenza rispetto agli altri creditori sociali e sempre in un contesto di dissesto o quantomeno di grave squilibrio che non consentiva comunque alcuna erogazione - a rimborso di finanziamenti a soci; della presente voce di danno sarebbe tenuta a rispondere, in concorso con l'amministratore, anche il socio ### per avere espressamente autorizzato la distrazione ed il pagamento preferenziale attraverso l'approvazione dei bilanci d'esercizio, oltre che per averne comunque beneficiato direttamente; g) euro 298.500,60, pari alla misura minima del danno accertato - anche in via equitativa - per la violazione dei doveri di custodia e buona amministrazione del patrimonio immobiliare, per l'omessa attivazione di procedure idonee ad interrompere il possesso utile ad usucapionem, per l'omessa liberazione degli immobili occupati sine titulo e per l'omessa riscossione delle relative indennità e fruttificazioni; h) euro 74.049,00 per costi ed oneri prededucibili maturati per accedere alla procedura concorsuale minore, ritardando in tal modo la dichiarazione di insolvenza; della presente voce di danno sarebbero tenute a rispondere, in concorso con il liquidatore ### anche il socio ### ed il terzo ### per avere entrambe prestato il proprio assenso al differimento della dichiarazione di insolvenza (procrastinando lo stato di decozione ed aggravando il dissesto), anche per il tramite della sottoscrizione delle rinunce ai propri crediti condizionate all'omologazione del concordato; i) tutti i costi di gestione, retribuzioni, imposte, tasse, contributi non tempestivamente pagati, debiti verso l'erario (ivi inclusi i debiti ### questi ultimi dell'ammontare pari a poco meno di euro 900.000,00), oltre a sanzioni ed interessi, mora ed aggio su debiti tributari, sanzioni, interessi ed aggio su debiti previdenziali, interessi e rivalutazione sui rimanenti debiti, inclusi gli interessi passivi dei mutui fondiari oggetto di accollo a terzi e non frazionati, se ed in quanto definitivamente ammessi al passivo fallimentare, con un importo risarcitorio da determinarsi - anche ricorrendo a liquidazioni equitative, specie in ragione della considerevole retrodatazione della perdita e delle oggettive difficoltà di individuare i singoli effetti dannosi delle complesse e molteplici nuove operazioni frattanto perseguite - in misura in nessun caso inferiore alla differenza dei saldi di patrimonio netto di periodo ovvero, in subordine, alla differenza tra attivo e passivo fallimentare; di tale voce di danno sarebbe parimenti tenuta a rispondere, in concorso con l'amministratore, anche il socio ### quantomeno a far data dalla messa in liquidazione della società, avvenuta per la perdita o la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, comunque rilevata - sebbene già esistente sin dall'anno 2000 - nel bilancio chiuso al 31.12.2012, con evidenza del valore del patrimonio netto negativo pari ad euro 6.057.275,00.
La curatela ha dunque concluso chiedendo condannarsi i convenuti, nelle rispettive qualità, al risarcimento dei superiori danni causati alla società ed alla massa dei creditori, complessivamente quantificati in misura non inferiore a euro 5.270.604,21. #### (coniuge del primo) e ### (già nuora dei coniugi ### in quanto ex moglie del figlio di costoro, ### si sono costituiti congiuntamente, eccependo l'assenza di condotte illecite e la riconducibilità della crisi sociale al mancato esito positivo dell'operazione edilizia relativa al complesso “I Portici”, dovuta al fatto che l'istituto mutuante, come rappresentanto nella proposta concordataria, si era rifiutato di procedere al frazionamento del mutuo originariamente concesso per la realizzazione della costruzione, così impedendo i trasferimenti immobiliari ai singoli acquirenti.
I convenuti hanno eccepito, in via preliminare, la prescrizione dell'azione, in quanto il termine prescrizionale quinquennale di cui all'art. 2749 c.c. decorre dal momento in cui è stata posta in essere la condotta censurata, ovvero, per l'azione di cui all'art. 2394 c.c., dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale risulti da un qualunque fatto astrattamente conoscibile da parte dei creditori; in via subordinata, hanno eccepito il decorso del termine prescrizionale quinquennale in tema di risarcimento del danno e, in ultimo, del termine di prescrizione ordinario decennale, decorrenti entrambi dalla data di compimento degli atti censurati.
Nel merito, i convenuti hanno contestato le censure formulate dalla curatela nei confronti di ### in quanto attinenti a scelte contabili inidonee in sé ad incidere sul patrimonio sociale o ad arrecare nocumento ai creditori ed hanno altresì evidenziato l'assenza di profili di responsabilità in capo a ### la quale, in qualità di soci, non avrebbe mai avuto conoscenza di fatti diversi da quelli risultanti dai bilanci, o in capo a ### terza estranea che non avrebbe mai ricevuto alcun pagamento preferenziale, né concorso in condotte distrattive. In generale, i convenuti hanno eccepito l'assenza di prova - sia sotto il profilo della responsabilità contrattuale dell'amministratore, sia sotto il profilo della responsabilità extracontrattuale del socio e del terzo - in quanto la curatela non avrebbe allegato e provato l'esistenza di un comportamento antigiuridico imputabile all'organo amministrativo o ai soci nei rispettivi ambiti di competenza, né l'esistenza di un danno costituente conseguenza diretta ed immediata del comportamento antigiuridico, nè il nesso eziologico esistente tra il comportamento illecito ed il danno oggetto della pretesa risarcitoria, né l'intenzionalità della condotta rispetto al nocumento arrecato al patrimonio sociale, ai creditori ed ai terzi. In particolare, la citazione sarebbe nulla nei confronti di ### per mancata esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda nei confronti del socio, tenuto conto del disposto dell'art. 2476 co. VII c.c., secondo cui la responsabilità di questi è limitata all'intenzionale decisione o autorizzazione al compimento di atti dannosi per la società, situazione che non può essere integrata dalla mera manifestazione del voto in sede ###ordine al bilancio di esercizio. La stessa eccezione è stata formulata dalla parte convenuta con riferimento all'azione spiegata dalla curatela attrice nei confronti del terzo, ### totalmente estranea alla compagine ed agli interessi sociali.
Tanto premesso, va innanzitutto esaminata l'eccezione preliminare di prescrizione formulata dai convenuti. #### e ### hanno eccepito la prescrizione dell'azione, con decorrenza, ex art. 2749 c.c., dal momento in cui è stata posta in essere la condotta censurata, o, per l'azione prevista dall'art. 2394 c.c., dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale è divenuta conoscibile da parte dei creditori, da identificarsi con la data di deposito del bilancio di esercizio chiuso al 31.12.2012 da parte della fallita o, addirittura, con le date, precedenti, di instaurazione delle diverse procedure esecutive promosse, in quanto, in ragione del regime di pubblicità che assiste le procedure esecutive immobiliari (peraltro azionate in forza di titoli iscritti nei pubblici registri e rimasti insoluti), qualunque creditore diligente sarebbe stato in grado di apprezzare, secondo la prospettazione di parte, la dedotta incapienza patrimoniale di ### s.r.l. Analogamente, secondo i convenuti, con riferimento alle singole operazioni censurate, sarebbe decorso il termine prescrizionale quinquennale di cui all'art. 2949 c.c., decorrente dal compimento di ciascuna operazione, e, in via gradata, sarebbero spirati anche il termine prescrizionale quinquennale previsto in tema di risarcimento del danno ed il termine di prescrizione ordinario decennale, decorrenti entrambi dalla data di compimento degli atti censurati.
Tale eccezione non può essere condivisa.
Va a tale proposito ricordato che l'azione esperita dalla curatela ai sensi dell'art. 146 l.f. cumula in sé, per giurisprudenza costante, l'azione sociale di responsabilità prevista dall'art. 2393 c.c. e l'azione di responsabilità spettante ai creditori sociali ai sensi dell'art. 2394 c.c. ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, garanzia dei soci e dei creditori (ex multis, civ., nn. 10378/2013, 15955/2012, 17033/2010, nonché ### un., n. 1641/2017). Tanto premesso, il termine prescrizionale - quinquennale per entrambe le azioni, ai sensi dell'art. 2949 c.c. - non può ritenersi spirato, in quanto lo stesso inizia a decorrere dal momento in cui l'azione può essere esercitata ai sensi dell'art. 2935 c.c. e dunque - per entrambe le azioni (### Milano, Sezione specializzata impresa, 3.11.2017) o, quantomeno, per l'azione di responsabilità esperibile dai creditori (Cass. civ., nn. 24715/2015 e 10378/2012) - dal momento in cui l'insufficienza patrimoniale è divenuta oggettivamente percepibile. Tale momento deve identificarsi con quello della dichiarazione di fallimento e, considerando tale dies a quo, il termine di prescrizione non può dirsi spirato, essendo stato dichiarato il fallimento in data ### ed essendo stato notificato l'atto di citazione, sul versante del notificante, in data ### (ex multis, nella giurisprudenza di legittimità, Cass. civ., nn. 22077/2019, 16505/2019, ###/2017, 24715/2015, 24178/2015, 8426/2013, 9619/2009, 10476/2008, 941/2005; nella giurisprudenza di merito, #### specializzata in materia di impresa, 10.08.2017).
A diversa conclusione potrebbe giungersi solo nel caso in cui risultasse provata una conoscenza anticipata rispetto al momento in cui è stata accertata o è divenuta percepibile l'insolvenza o l'inadeguatezza del patrimonio sociale. Nel caso di specie, tuttavia, non è stata fornita la prova di “fatti sintomatici di assoluta evidenza” a tale riguardo, identificati dalla giurisprudenza, ad esempio, nella chiusura della sede sociale o nell'assenza di cespiti sucettibili di esecuzione forzata ( civ., n. 8516/09, nonché nn. 24715/15 e 13378/2014).
Non risultano a tale proposito rilevanti le deduzioni in ordine alla pretesa conoscibilità da parte dei creditori sociali (terzi estranei) dell'insufficienza medesima sulla scorta degli atti relativi alle procedure esecutive immobiliari evocate, tenuto anche conto del fatto che la definizione transattiva di quella rubricata al n. 320/2001 R.G.Es. costituisce di contro, per i terzi, palese smentita dell'insufficienza patrimoniale medesima. Inoltre, pacifica ed incontestata è la circostanza per cui, prima della rilevazione tardiva dell'integrale perdita del capitale sociale nel bilancio dell'esercizio chiuso al 31.12.2012, il patrimonio netto esposto nei bilanci degli esercizi precedenti (sino a quello al 31.12.2011) era sempre positivo (circostanza che verrà esaminata a breve in sede di analisi della rettifica delle scritture contabili), in maniera tale da indurre i creditori sociali a confidare nella solidità dell'impresa, così smentendo l'assunto della percepibilità dell'insufficienza patrimoniale in epoca anteriore. Peraltro, risulta documentalmente provato, mediante la visura camerale storica versata in atti, che il bilancio dell'esercizio al 31.12.2012 - benché approvato nell'assemblea del 29.03.2013 - è stato depositato presso il registro delle imprese solo in data ### (non potendo prima di tale data essere conosciuto dai terzi, creditori sociali), mentre la delibera di scioglimento e messa in liquidazione volontaria per il verificarsi di una causa di scioglimento (integrale perdita del capitale), benché adottata dall'assemblea in data ###, è stata depositata presso il registro delle imprese solo in data ###, non potendo anche tale atto - prima di tale data - essere conoscibile per i terzi creditori sociali.
Rispetto a tali date, la notifica dell'atto introduttivo dell'odierno giudizio si è perfezionato per i convenuti ### e ### ex art. 140 c.p.c., comunque in epoca antecedente il decorso del quinquennio valevole ai fini della prescrizione (25.11.2018, ovvero, al più, 23.04.2018), mentre, per la convenuta ### la notifica si è perfezionata a mani proprie addirittura in data ###, e, dunque, ancor prima che il bilancio dell'esercizio 2012 fosse approvato dalla società e dunque reso conoscibile per creditori e terzi. Tale conclusione va altresì considerata tenuto conto del fatto che, ex art. 1310 c.c., l'interruzione della prescrizione nei confronti del condebitore solidale spiega i suoi effetti anche nei confronti degli altri obbligati in solido, e che - in ogni caso - la curatela ha dedotto, sin dall'atto di citazione, la sussistenza anche di addebiti attribuiti ex artt. 216 e 217 l.f. ai convenuti in concorso, con la conseguenza che opererebbe comunque la prescrizione dell'azione prevista dalla norma penale incriminatrice, ai sensi dell'art. 2947 comma III c.c..
Si osserva, inoltre, che anche se “l'azione di responsabilità, esercitata dal curatore ai sensi dell'art. 146, comma 2, l.fall., cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2392-2393 c.c. e dall'art. 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali”, tuttavia “tali azioni (…) non perdono la loro originaria identità giuridica, rimanendo tra loro distinte sia nei presupposti di fatto, che nella disciplina applicabile, differenti essendo la distribuzione dell'onere della prova, i criteri di determinazione dei danni risarcibili ed il regime di decorrenza del termine di prescrizione” (ex multis Cass. civ., 04.12.2015 n. 24715), con la conseguenza che, per l'azione esercitata dal curatore in vece della società, opera comunque la causa di sospensione prevista dall'art. 2941 n. 7 c.c., in ragione del rapporto fiduciario intercorrente tra l'ente ed il suo organo gestorio (ex multis, Cass. civ., 21.06.2012, n. 10378).
Per tali motivi, l'eccezione di prescrizione deve essere rigettata e deve procedersi all'esame delle doglianze formulate nel merito.
Va in primo luogo ricordato che l'azione sociale di responsabilità (che la curatela esercita, unitamente all'azione spettante ai creditori sociali, secondo quanto sopra richiamato) ha natura contrattuale, con la conseguenza che parte attrice, sulla base dei principi contenuti negli artt. 1218 e 2697 c.c. (quali interpretati, per tutti, da Cass. civ., Sez. un., n. 13533/2001) ha solo l'onere di provare il titolo e può limitarsi ad allegare l'inadempimento ed il nesso causale, mentre incombe sulla parte convenuta provare il corretto adempimento della propria obbligazione (principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità; ex multis, Cass civ., nn. 2975/2020, 17441/2016 e 25977/2008).
In tale ottica, deve affermarsi la responsabilità dell'amministratore per la violazione delle obbligazioni gravanti su di sé e per i conseguenti costi che sono derivati alla società, in quanto la curatela ha provato il titolo della responsabilità - e cioè gli obblighi gravanti sull'amministratore e, nei termini che verranno a chiariti a breve, sul liquidatore - ed ha allegato l'inadempimento, mentre parte convenuta non è riuscita a dare prova liberatoria in ordine all'assenza o alla non imputabilità del mancato adempimento.
Infatti, ai sensi dell'art. 2476 c.c., l'amministratore è responsabile dei danni derivanti dall'inosservanza degli obblighi previsti dalla legge e dall'atto costitutivo (obblighi nei confronti della società, dei soci e dei terzi); rientra tra gli obblighi dell'organo amministrativo di una s.r.l., in particolare, quello della conservazione del patrimonio sociale, con conseguente obbligo di adottare le determinazioni previste dal codice - in termini di riduzione del capitale, trasformazione, ricapitalizzazione o messa in liquidazione - nel caso di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, con mantenimento, nelle more della liquidazione da deliberare in assenza di altro rimedio, di una gestione meramente conservativa.
Il procedimento è stato istruito, con ordinanza del 25.02.2019, mediante consulenza tecnica contabile, che ha consentito di accertare la responsabilità dei convenuti, secondo le rispettive qualità, nei termini che seguono (mentre con ordinanza del 25.11.2019 è stata rigettata l'istanza di ammissione di prova testimoniale formulata dalla convenuta). In particolare, è stato conferito al c.t.u. l'incarico di: “1) accertare quando si è verificata la perdita del capitale sociale della società fallita e quale fosse, a tale data, l'ammontare del patrimonio netto della società; 2) indicare l'ammontare del patrimonio netto alla data della messa in liquidazione della società ed alla successiva data di fallimento; 3) individuare - con riferimento a ciascuno dei dies ad quem indicati al precedente punto - la differenza dei patrimoni netti escludendo le passività che si sarebbero prodotte anche nel caso di tempestiva messa in liquidazione della società; 4) accertare e quantificare i danni alla società ed ai creditori sociali provocati dagli ulteriori atti di mala gestio ascritti all'amministratore/liquidatore e dettagliatamente indicati dalla curatela attrice in seno all'atto di citazione ed alle memorie ex art.183, c. VI, cpc; 6) accertare, sulla base della documentazione in atti e previa verifica dell'attendibilità delle scritture contabili, le singole operazioni produttive di danno poste in essere successivamente all'erosione del capitale sociale e l'incremento del deficit dalle stesse causato, quantificando l'ammontare del danno imputabile ai convenuti”.
Il c.t.u. ha esaminato la copiosa documentazione in atti, ammontante a quasi 250 tra documenti e scritture contabili, in parte consegnati dal liquidatore (già amministratore) ed in parte costiuiti, come già chiarito, dalla documentazione reperita dalla curatela presso l'### delle entrate o comunque acquisita dal cassetto fiscale, mediante l'esame delle domande di insinuazione al passivo di riscossione, dagli istituti di credito, dai fascicoli dei giudizi che hanno riguardato la società o (per quanto concerne gli atti di trasferimento immobiliare) dai pubblici registri immobiliari o dai notai roganti. Il consulente ha innanzitutto ricostruito i fatti di maggior rilievo avvenuti in epoca antecedente alla sentenza dichiarativa di fallimento (emessa dal ### di Siracusa in data ###), ovverosia: il giudizio promosso da ### e conclusosi con la sentenza n.600/2000 del ### di Siracusa; le procedure esecutive immobiliari instaurate dinanzi al ### di Siracusa iscritte ai nn. R.G.E.I. 320/2001, 42/2004 e 545/12; le istanze di fallimento reiteratamente presentate sin dal 2007 (ricostruzione per la quale si rinvia alla p. 20 ss. della relazione di consulenza). Il c.t.u. ha operato sulla base della documentazione contabile e del mandato conferito, dando ampio conto dei principi contabili applicati e seguendo un iter argomentativo che appare immune da vizi ed i cui esiti il Collegio ritiene di condividere, nei termini che seguono. Conformemente al mandato, è stato innanzitutto accertato il momento della perdita del capitale sociale e sono stati rettificati i bilanci, alla luce dell'omessa contabilizzazione della sentenza 600/2000 emessa dal ### di Siracusa e sopra citata. La vicenda può essere ricostruita nei seguenti termini: nell'anno 1989 ### aveva promosso nei confronti di ### s.r.l. un giudizio avente ad oggetto l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere un contratto di permuta di cosa presente con cosa futura ed il risarcimento del relativo danno da inadempimento; con la sentenza in parola il ### di Siracusa aveva disposto il trasferimento dei fabbricati costruiti in favore dell'attore ### la condanna della società convenuta al rilascio degli immobili, al pagamento delle spese legali, nonché al risarcimento del danno per la mancata consegna di un edificio (importo così suddiviso: a) L. 9.525.800.000, pari a euro 4.919.665,13, per sorte capitale, oltre interessi legali dalla data della domanda, 05.05.1989; b) L. 150.000.000, pari a euro 77.468,53, per sanzione pecuniaria per il ritardo da giorno 01.01.1987 al 10.09.2000; c) L. 30.000 al giorno, pari a euro 15,49 dal 11.09.2000 alla data di adempimento); tale sentenza è passata in giudicato, per mancanza di impugnazione.
Successivamente, con atto di cessione del 26.02.2003, l'attore vittorioso ### aveva ceduto a D'### parte del suo credito, pari ad euro 2.582.284,50, per il corrispettivo di euro 129.114,00. Dal successivo atto del 29.03.2007 risulta che con ulteriore atto del 08.03.2004 il predetto D'### aveva altresì acquistato da ### tutti i crediti vantati dal cedente verso ### s.r.l. in forza della sentenza n. 600/2000; in seguito, D'### aveva ceduto a ### (alla presenza dello stesso ### tutti i crediti, con i relativi interessi, accessori, garanzie pretese ed azioni, derivanti dalla citata sentenza n. 600/2000, con esclusione dei diritti di proprietà sui terreni e su due appartamenti ivi descritti, per il corrispettivo di euro 950.000,00.
Il debito derivante dalla suddetta sentenza, tuttavia, non risulta correttamente iscritto in bilancio. ### quanto esposto nei bilanci redatti dalla società, il capitale sociale sarebbe infatti andato perduto solo a seguito della perdita patita nell'esercizio 2012, pari ad oltre euro 6.078.0000,00, con la conseguenza che il patrimonio netto soltanto in tale esercizio sarebbe divenuto negativo, nella misura di euro 6.057.275,00. A tale riguardo, l'assemblea totalitaria tenutasi in data ### aveva deliberato di non procedere né alla ricostituzione del capitale nè alla trasformazione della società a mente dell'art. 2482 c.c., e, preso atto della sopravvenuta causa di scioglimento ex art. 2482 comma I n. 4 c.c., aveva nominato ### quale liquidatore. In data ###, l'assemblea sociale aveva dunque approvato il bilancio dell'esercizio chiuso al 31.12.2012 quale predisposto dal liquidatore e riportato a nuovo la perdita, pari a euro 6.078.678,49.
Tuttavia, già in conseguenza della condanna contenuta nella sentenza n. 600/2000 emessa dal ### di Siracusa, la società aveva perduto integralmente in capitale sociale.
Va precisato che il c.t.u. ha svolto le operazioni senza disporre del libro giornale di contabilità per il quinquennio 2000-2005, con la conseguenza che è rimasta preclusa ogni possibilità di verifica della sussistenza o meno dell'avvenuta contabilizzazione degli accadimenti patrimoniali ### ed economici ### derivanti dalla citata sentenza e dalla mancata impugnazione della stessa.
Tuttavia, dalla lettura e disamina dei bilanci sociali e delle relative note integrative afferenti il medesimo quinquennio non si rinviene alcun riferimento o altra indicazione utile dalla quale si possa evincere la contabilizzazione e la conseguente rappresentazione in bilancio della suddetta condanna. Al contrario, secondo quanto rilevato dalla curatela attrice in seno alla relazione di parte in atti, la posta patrimoniale debitoria ed il relativo costo derivanti dalla sentenza a favore del suddetto ### risultano contabilizzati, ancorché parzialmente, solo nel corso degli esercizi 2007 e 2012.
Più in dettaglio, secondo quanto rassegnato dal c.t.u. sulla base degli atti di causa, in data ### risulta trascritta sul libro giornale in atti la registrazione “spese causa ### a ### euro 1.800.000,00 - descrizione: ### conto incasso transazione causa atto 21.12.07 - causa ### Pagamento”, con la quale è stato contabilmente rilevato sia il costo di euro 1.800.000,00 (che trova rappresentazione nel bilancio 2007 tra gli oneri diversi di gestione), sia la riduzione di una parte del credito vantato verso ### in forza della vendita a quest'ultima del complesso alberghiero denominato “### Palace”, oggetto della procedura esecutiva 320/2001(importo, peraltro, pari quanto corrisposto a ### a mezzo delegazione di pagamento quale creditore intervenuto nella procedura esecutiva, profilo sul quale si tornerà infra).
In altri termini, la suddetta registrazione contabile non può ritenersi eseguita ai fini della compiuta rilevazione del debito (e del costo) in relazione alla sentenza ottenuta da ### quanto, piuttosto, alla riduzione di parte del credito vantato verso ### per effetto della vendita del complesso alberghiero, il cui ricavato è stato utilizzato per il pagamento dei creditori intervenuti nella procedura esecutiva (tra i quali ### per aver la stessa acquistato da D'### il credito a quest'ultimo ceduto dal suddetto ### e derivante proprio dalla sentenza n. 600/2000).
Nella successiva data 31.12.2012 risulta trascritta sul libro giornale in atti la seguente registrazione: “Sopravv. pas. inded. a Debiti D'### euro 4.919.665,13 - Descrizione: Sopravvenienze passive per debito D'### sent. n. 600 del 14/9/2000”. Con tale annotazione sono stati contabilmente rilevati il costo ed il debito nei confronti del suddetto D'### (subentrato al ### nei termini esposti) nella misura pari alla sola quota capitale statuita nella più volte citata sentenza, ammontante, per l'appunto, a euro 4.919.665,13. Proprio in relazione alla perdita contabilizzata nell'esercizio 2012 per un totale euro 6.078.678,49 (buona parte della quale ascrivibile alla contabilizzazione del costo appena descritto) SO.GE.CO.SI. è stata posta in liquidazione.
Alla luce della ricostruzione delle due superiori annotazioni, deve dunque ritenersi che solo tardivamente, nell'esercizio 2012, l'organo gestorio ha ritenuto di contabilizzare, seppur in parte, il debito ed il costo derivante dalla sentenza e ciò allorquando la perdita di gestione, anche al netto dell'importo di euro 4.919.665,13, aveva interamente eroso il capitale (euro 6.078.678,49 - euro 4.919.665,13 = euro 1.159.013,36).
Tanto chiarito, qualora la società poi fallita avesse correttamente provveduto, già nell'esercizio 2000, alla contabilizzazione del debito e del relativo costo rinveniente dalla sentenza del 26.09.2000, si sarebbe determinata una perdita pari a euro 9.138.520,75, con la conseguente totale erosione del capitale sociale ed un patrimonio netto negativo di euro 9.110.077,21 già nel bilancio chiuso al 31.12.2000; di conseguenza, il bilancio dell'esercizio 2000 deve essere rettificato ed analogamente devono essere rettificati tutti i successivi bilanci di esercizio, computando nel conto economico, tra i costi di ciascun esercizio, anche le somme maturate a titolo di interessi legali e sanzioni.
Rispondendo al quesito relativo all'ammontare del patrimonio netto alla data della messa in liquidazione della società ed alla successiva data di fallimento, nonché alla differenza dei patrimoni netti tra i due suddetti momenti (rectius, tra il momento della perdita del capitale e la delibera di messa in liquidazione), con esclusione delle passività che si sarebbero prodotte anche nel caso di tempestiva messa in liquidazione della società, il c.t.u. ha poi estrapolato i seguenti dati: dal bilancio al 31.12.2000 quale redatto dall'amministratore unico ed approvato dall'assemblea sociale si rileva un patrimonio netto pari ad euro 25.136,83; dal bilancio al 31.12.2000, quale rettificato in conseguenza degli effetti della sentenza citata, il capitale sociale risulta integralmente perduto e pari a euro -9.110.077,20; alla data in cui è stata posta in liquidazione (29.03.2013) la società, secondo quanto risultante dalla contabilità rettificata in conseguenza degli effetti della suddetta sentenza, aveva un patrimonio netto negativo pari a euro -10.066.263,57; alla data del fallimento (27.06.2016), sempre sulla base della contabilità rettificata, è esposto un patrimonio netto negativo pari a euro -10.310.159,72.
Il consulente ha proceduto, conformemente al mandato, all'esame del quesito relativo all'esclusione dai superiori valori differenziali delle passività che si sarebbero determinate anche nel caso di tempestiva messa in liquidazione, riscontrando peraltro l'impossibilità del conteggio, tenuto conto dell'incompletezza dell'impianto contabile disponibile, nonché della pendenza di una pluralità di giudizi di opposizione allo stato passivo. In ogni caso, si osserva che tale profilo non incide sulla determinazione del danno risarcibile da operarsi nell'odierna sede.
Infatti, deve ritenersi non applicabile il criterio, pur invocato dalla curatela attrice, della c.d. perdita incrementale o differenza dei netti patrimoniali, desunta raffrontando l'attivo patrimoniale alla data in cui la società avrebbe dovuto essere posta in liquidazione e l'attivo patrimoniale alla data in cui la stessa è stata effettivamente posta in liquidazione.
Tale criterio, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte (da ultima, Cass. civ., Sez. I, 30.09.2019, n. 24431) - in maniera analoga a quanto avviene, mutatis mutandis, per il criterio della differenza tra il passivo accertato e l'attivo liquidato in sede ###applicabile al caso di specie e relativo all'ipotesi in cui l'attore abbia allegato inadempimenti dell'amministratore astrattamente idonei a porsi quali cause del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito del tutto l'accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell'amministratore medesimo, secondo quanto ritenuto da Cass. civ., Sez. Un. 9100/2015 e ### I, n. 2500/2018) - può essere infatti applicato soltanto qualora sia impossibile una ricostruzione analitica, per l'incompletezza dei dati contabili o per la notevole anteriorità della perdita del capitale sociale rispetto alla dichiarazione di fallimento (Cass. civ., Sez. I, 9983/2017).
I suddetti criteri sono stati da ultimo recepiti ed anzi ampliati dal ### della crisi d'impresa e dell'insolvenza, il cui art. 378 comma II ha aggiunto all'art. 2486 c.c. il comma ### in base al quale “### è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l'amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura, e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all'art. 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell'irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura” (tale norma, si osserva, non è comunque applicabile all'ipotesi odierna, in quanto ius superveniens - entrato in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto sulla ### ufficiale, avvenuta in data 14 febbraio 2019 - non suscettibile di operare, nei giudizi in già pendenti, con riferimento a condotte poste in essere prima della sua entrata in vigore, alla luce del principio espresso dall'art. 11 delle preleggi; in questo senso Corte appello #### I, 16.01.2020, n. 136).
In altri temini, il criterio della differenza dei netti patrimoniali ha carattere residuale ed equitativo ai sensi dell'art. 1226 c.c. e non può essere invocato quando, come nel caso in esame - sebbene siano state riscontrate le carenze di natura contabile contestate dalla curatela fallimentare - è stato comunque possibile per il consulente pervenire alla ricostruzione degli atti di mala gestio posti in essere dai convenuti, individuare l'esercizio nel corso del quale è stato integralmente eroso il capitale sociale (retrodatando tale evento rispetto alla sua manifestazione contabile) e determinare il pregiudizio dipendente dai singoli illeciti; di conseguenza, il danno deve essere quantificato facendo riferimento analiticamente alle conseguenze pregiudizievoli, sotto il profilo patrimoniale, delle singole violazioni. La giurisprudenza richiamata, precedente al codice della crisi ed alla novellazione dell'art. 2486 c.c., ha infatti costantemente affermato che il ricorso al criterio della differenza dei netti è possibile solo laddove l'attore alleghi inadempimenti dell'amministratore idonei a porsi come causa del danno lamentato e specifichi le ragioni impeditive di un rigoroso distinto accertamento degli effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta; la norma novellata dal d. lgs. 14/2019 fa altresì salva “la prova di un diverso ammontare”, che l'attore è tenuto a dare ove la situazione della società e la documentazione disponibile - come appunto nel caso di specie - lo consentano (sotto diverso profilo, il richiamo alla “presunzione” è inserito nella disposizione in modo atecnico: il meccanismo legale è congegnato in modo che il ### debba far luogo alla metodica dei netti patrimoniali salvo che le parti non gli sottopongano elementi fattuali che rendano possibile adottare una metodologia liquidativa analitica più aderente alla realtà della fattispecie e non un metodo sintetico).
Passando, dunque, alla verifica dei singoli atti di mala gestio ascritti ai convenuti dalla curatela attrice, deve innanzitutto essere esaminata la vicenda relativa alla compravendita del 05.09.2007 con acquirente ### s.p.a., precisando sin da ora che la disamina di tutti gli addebiti prenderà le mosse dalla posizione dell'amministratore (e successivamente liquidatore) ### con specificazione successiva in merito alle posizioni di ### e ### Il c.t.u., con riferimento a tale atto negoziale, ha affermato che non risulta comprovata, sulla base della documentazione in atti, l'avvenuta contabilizzazione dell'incasso della somma di euro 8.000,00, a fronte della quietanza rilasciata dalla società oggi fallita, sicché detto importo deve ritenersi distratto dalle casse di SO.GE.CO.SI, con imputazione dell'illecito all'amministratore ### In particolare, il c.t.u. ha evidenziato che, in mancanza agli atti della contabilità fino al 01.01.2006, rimane preclusa la possibilità di esperire verifiche in merito all'eventuale contabilizzazione dell'incasso in esame sino a detta data; resta tuttavia possibile un'accertamento di tipo induttivo, in quanto dall'esame delle registrazioni riportate sui libri giornale di contabilità disponibili, ed in particolare della sopra descritta registrazione del 05.09.2007, risulta l'annotazione contabile del minor importo di euro 234.734,74 rispetto a quello quietanzato nell'atto di compravendita, pari a euro 242.734,34 . Peraltro, l'assoluta genericità della voce di mastro “clienti c/caparre”, che alla data 01.### aveva un saldo di euro 332.130.33, preclude la possibilità di verificare l'esatto ammontare del superiore saldo, esclusivamente riferibile alla caparra di pertinenza del “cliente” ### s.p.a. in forza di quanto contabilmente rilevato nel periodo per il quale la contabilità sociale non è stata fornita alla curatela fallimentare. Alla luce di ciò, deve dunque ritenersi che non risulta comprovata l'avvenuta contabilizzazione dell'incasso della somma di euro 8.000,00 a fronte della quietanza rilasciata dalla società oggi fallita, con la conseguenza che tale somma deve essere ascritta all'amministratore quale danno cagionato alla società ed ai creditori, per omesso incasso a dispetto del negozio concluso.
Con riguardo, invece, al danno complessivo determinato a seguito della vendita effettuata a ### s.p.a., che la curatela deduce essere stata pattuita a prezzo vile, l'atto di compravendita in esame non può ritenersi causa del pregiudizio ascritto ai convenuti, non essendo stata provata l'asserita sproporzione tra il valore del compendio ed il corrispettivo previsto, dedotta dalla curatela attrice.
La vicenda può essere ricostruita nei seguenti termini: con atto del 05.09.2007 la società oggi fallita aveva venduto a ### s.p.a., in persona dell'amministratore unico ### un compendio composto da nove immobili. Nel medesimo atto ### s.r.l. si era impegnata ad estinguere il residuo debito derivante dal mutuo erogato da ### di ### Coop. a r.l. (poi ###, curando la relativa cancellazione delle formalità, entro i successivi sei mesi. Il corrispettivo della vendita era stato stabilito nella misura di euro 242.734,74 oltre IVA (complessivi euro 291.281,69), importo relativamente al quale parte venditrice aveva rilasciato quietanza di pagamento. Dalla contabilità in atti si rileva che il corrispettivo della vendita nella misura di euro 234.734,74 risulta portato a deconto della voce di mastro “clienti c/caparre” con rilevazione sul libro giornale del 05.09.2007, ma, come sopra chiarito, per la differenza di euro 8.000,00 (242.734,34 - 234.734,74), ancorché quietanza, dalla contabilità in atti non risulta alcun incasso.
Tanto premesso, parte attrice ha dedotto che, dopo l'acquisto, ### s.p.a., previo frazionamento catastale, avrebbe trasferito ad una pluralità di terzi acquirenti, nel triennio 2008- 2010, le particelle da 39 a 55 dell'immobile in esame al prezzo complessivamente pari a euro 983.428,57, determinato tenendo conto sia alcuni atti di vendita disponibili (vendite #####, sia i prezzi medi al mq ricavati dai parametri OMI per la tipologia di immobile alienato; sulla base di tali dati, secondo la prospettazione della curatela, la vendita a ### s.p.a. (società il cui capitale sociale ed amministrazione risulta riconducibile alla famiglia ### risulterebbe eseguita a prezzo vile (inferiore a circa il 70% rispetto a quello di mercato), con il conseguente ingiusto depauperamento del patrimonio sociale della società fallita, corrispondente euro 740.000,00, pari alla differenza, arrotondata, tra il valore del prezzo di cessione (euro 242.734,34) ed il ricavato delle vendite immobiliari conseguito da ### s.p.a. (ben euro 983.428,57), oltre ai suddetti euro 8.000,00 (parte del prezzo che risulta oggetto di quietanza nell'atto di vendita, ma contabilmente non incassata).
Sul punto, non può condividersi la prospettazione della curatela in ordine al pregiudizio da depauperamento, pari ad euro 740.000,00.
Deve infatti osservarsi, in conformità con quanto ritenuto da c.t.u., che, sebbene la comparazione tra il prezzo di vendita a ### s.p.a., riportato nell'atto di vendita del 05.09.2007 (pari a euro 242.734,74 oltre ### ovverosia complessivi euro 291.281,69) con il valore quale determinato dalla curatela (pari ad euro 983.428,57) determini una differenza espressa in termini percentuali pari al 70%, il mero confronto tra i due sopra citati valori - che secondo la prospettazione della curatela acclamerebbe lo svilimento del corrispettivo della vendita a ### s.p.a., con il conseguente danno ascritto ai convenuti - non appare condivisibile.
Per un verso, parte convenuta ha versato agli atti di causa un preliminare di vendita del 24.05.1999 (peraltro richiamato in seno all'atto del 05.09.2007), concluso ben sette anni prima del successivo atto di vendita in esame, all'interno del quale il corrispettivo della cessione del compendio immobiliare era stato pattuito inter partes a corpo in L. 470.000.000 (pari a euro 242.734,74) oltre ### sicché non può ritenersi coerente la comparazione tra valori così lontani nel tempo tra loro, considerato il fatto che le vendite assunte a riferimento dalla curatela risalgono al triennio 2008-2010. Deve a tale proposito osservarsi che sia nelle note di trattazione scritta del 5.7.2021, sia diffusamente in sede di comparsa conclusionale, la curatela ha rilevato che la compravendita in parola non costituisce peraltro esecuzione di tale preliminare.
Tuttavia, il rilievo relativo al raffronto, anche temporale, tra contratto preliminare e definitivo non è dirimente per la valutazione in ordine alla sussistenza di una vendita al prezzo vile, che può essere esclusa già sulla base di altri elementi.
In particolare, la vendita è stata effettuata a ### s.p.a. determinando il corrispettivo “a corpo”, mentre il valore di euro 983.428,57 ottenuto dalla curatela è dato dalla somma di una pluralità di singole vendite delle unità immobiliari individuali, che, peraltro, erano state oggetto di prodromico frazionamento delle particelle acquistate dalla suddetta ### sicché appare evidente la discrasia dell'oggetto delle due vendite poste a confronto.
Altro elemento di non comparabilità tra le due vendite è dato dalla circostanza che tutti gli appartamenti, costituenti la parte più rilevante della vendita a ### s.p.a., erano stati ceduti quando gli stessi erano ancora, in maniera incontestata, “in corso di costruzione”, muniti di “soli tamponamenti esterni ed interni”, mentre gli immobili erano stati successivamente alienati a terzi previa ristrutturazione ed ultimazione, circostanze idonee ad innalzare il valore delle singole unità.
In ultimo, la determinazione del prezzo operata dalla curatela (pari a euro 983.428,57) deve ritenersi meramente induttiva, in quanto basata solamente sul prodotto tra i metri quadrati di ciascun immobile trasferito ed i prezzi medi al mq desunti dalla banca dati OMI (### del mercato immobiliare) allegata in atti, sebbene quest'ultima sia riferita ai valori del II semestre 2016 (i parametri considerati sono pari a euro 600,00 al mq per le categorie di immobili A/2 e A/10, rappresentative della quasi totalità di quelli in considerazione). Non risulta neppure dirimente la sproporzione invocata dalla curatela sulla base dei prezzi effettivi di vendita (ricavabili dagli atti pubblici prodotti agli atti) degli immobili venduti da SO.GE.CO.SI. nello stesso complesso immobiliare in ### nel medesimo periodo della vendita in esame, in quanto trattasi anche in questo caso di valutazione induttiva e, inoltre, diversi elementi probatori a riguardo sono stati solo tardivamente offerti in sede di memoria di replica della curatela.
Di conseguenza, l'atto di compravendita concluso in data ### tra la società oggi fallita e ### s.p.a. non può ritenersi causativo del danno ascritto dalla curatela attrice al convenuto ### se non per la quota di euro 8.000 già esplicitata; ogni ulteriore valutazione coinvolgerebbe la delibazione del merito di un'operazione imprenditoriale, determinando il danno in funzione del risultato di altra autonoma ed indipendente operazione imprenditoriale (ristrutturazione e vendita immobili) posta in essere da ### s.r.l.
Quanto alla posizione del socio ### la stessa non può ritenersi responsabile della suddetta distrazione per l'importo di euro 8.000, secondo quanto invece dedotto dalla curatela, “per avere espressamente approvato la distrazione, anche attraverso l'approvazione dei bilanci d'esercizio oltre che per averne comunque beneficiato direttamente (sia pure in forma mediata, a motivo della posseduta partecipazione societaria della società beneficiaria)”.
Infatti, sotto il primo profilo, ai sensi del comma VII dell'art. 2476 c.c. i soci sono solidalmente responsabili con gli amministratori solo se hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi, mentre nel caso di specie la curatela non ha allegato (se non tardivamente, in sede di memoria di replica) e provato la sussistenza del dolo, quale piena coscienza di compiere un atto decisionale o autorizzatorio potenzialmente dannoso e, in definitiva, della riferibilità psicologica dell'atto al socio (#### specializzata in materia di impresa, 18.01.2019, n. 80 e #### specializzata in materia di impresa, 12.12.2016, n. 23021).
Anche sotto il secondo profilo ### non può ritenersi responsabile, tenuto conto del fatto che il danno è stato riconosciuto solo per l'importo di euro 8.000 e che dalla contabilità risulta che la stessa, nella qualità di amministratore unico di ### s.p.a., ha versato l'importo in esame (oggetto di quietanza da parte di SO.GE.CO.SI.), con successiva distrazione ad opera di ### Una seconda voce di danno imputabile all'amministratore ### nonché, per la quota di pertinenza, alla convenuta ### è costituita dai pagamenti preferenziali eseguiti in favore di quest'ultima e di ### eseguiti con il ricavato della vendita del complesso alberghiero “### Palace” a ### s.p.a. in data ###.
In particolare, ### s.r.l. ha alienato a ### s.p.a. il suddetto complesso alberghiero, cespite oggetto della procedura esecutiva iscritta al n. R.G.Es.I. 320/01 ### di Siracusa, dichiarata estinta in pari data. La cessione è avvenuta per un corrispettivo complessivo di euro 6.300.000,00, di cui euro 95.050,00 incassati dalla venditrice ed il restante importo di euro 6.204.950,00 utilizzato, con delegazione di pagamento, per estinguere debiti azionati nei confronti della società nella suddetta procedura esecutiva immobiliare, nei seguenti termini: euro 3.300.150,00 in favore di ### di ### euro 900.000,00 in favore di ### euro 204.800,00 in favore dell'avv. ### euro 1.800.000,00 in favore di ### Tale condotta configura l'illecito di pagamento preferenziale, in quanto soltanto l'istituto ### di ### avrebbe potuto essere soddisfatto in via prioritaria sul ricavato della vendita, in virtù delle iscrizioni ipotecarie a garanzia del proprio credito, e ciò in una situazione in cui dai bilanci sociali relativi agli esercizi 2006 e 2007 si rilevava la sussistenza anche di altri ingenti debiti (anche non oggetto di intervento nella suddetta procedura esecutiva) assistiti da privilegio e tenuto, altresì, conto dello stato di insolvenza nel quale versava all'epoca la società. In particolare, dal bilancio chiuso al 31.12.2006, quale redatto dall'organo gestorio ed approvato dall'assemblea sociale, il monte debitorio è pari a euro 7.971.870; dall'esame dei conti chiusi al 31.12.2006 esposti sul libro giornale di contabilità il c.t.u. ha rilevato la sussistenza di debiti che possono ritenersi assistiti dal rango privilegiato quali, quantomeno, quelli riferiti ai mutui erogati dalle banche (che complessivamente ammontano a euro 4.829.925,18) e quelli verso l'### (pari a euro 448.821,91 e la cui effettiva consistenza è da ritenersi ben superiore a quella apparente, tenendo conto anche degli interessi e sanzioni rinvenienti dagli omessi versamenti). Di conseguenza, i pagamenti in favore di ### (euro 900.000,00) e ### (euro 1.800.000,00) sono avvenuti in via preferenziale sia rispetto ai creditori muniti di rango anteriore, sia con riguardo agli altri creditori concorrenti dello stesso rango, in violazione del principio della par condicio creditorum e risultano, dunque, fonte di danno ai creditori - rappresentati dalla curatela che esercita anche l'azione a questi spettante - nella misura complessiva di euro 2.700.000,00 (euro 900.000 + 1.800.000) rispetto all'amministratore ### e di euro 1.800.000,00 in capo a ### in quanto terzo che ricevuto il pagamento preferenziale.
Non può dubitarsi infatti, della possibilità di configurare il concorso del terzo nell'illecito dell'amministratore e della sussistenza dei presupposti della responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'art. 2043 c.c., in quanto ### ha ricevuto il pagamento preferenziale, tale atto ha cagionato un danno alla società eziologicamente collegato alla sua condotta di creditore soddisfatto e la medesima - non titolare di cause di prelazione a fronte di una società che dai pubblici registri immobiliari risultava titolare di cespiti gravati da ipoteche (con conseguente grado privilegiato di altri ceditori di SO.GE.CO.SI.) - non poteva non ritenersi quantomeno in una situazione soggettiva di colpa, se non di dolo, stante i plurimi rapporti con la società emergenti dai fatti di causa ed il rapporto di parentela con l'amministratore (sul concorso del terzo nell'illecito dell'amministratore si rinvia a ### di Milano, ### specializzata in materia di impresa, 25.11.2021). Una terza voce di danno imputabile all'amministratore ### è costiuita dalla sottrazione di disponibilità liquide. A tale riguardo, il c.t.u. ha testualmente concluso nel senso che “le rilevazioni contabili (…) mettono in evidenza un palese scollamento tra l'impianto contabile posto in uso dalla ### fallita e una pluralità di accadimenti documentalmente comprovati risultanti dagli atti pubblici di vendita e dagli estratti conto bancari in atti; invero, le plurime discrasie rilevate (…) possono qualificarsi non già come semplici ed occasionali errori tecnicocontabili, quanto piuttosto quali veri e propri artifici contabili posti in essere con la finalità di dissimulare una molteplicità di distrazioni di somme dalle casse sociali”.
In particolare, all'esito delle complesse verifiche tecnico-contabili condotte, il c.t.u. ha accertato che attraverso meri artifizi contabili posti in essere utilizzando strumentalmente il conto “clienti c/caparre” sono state innanzitutto distratte dal patrimonio sociale, in quanto non contabilizzate, somme di denaro ammontanti a complessivi euro 154.699,16 e mediante analoghi artifizi contabili posti in essere utilizzando il conto “clienti c/anticipi” sono state distratte dal patrimonio della società fallita somme ammontanti a complessivi euro 475.708,00, con un complessiva distrazione di somme, nel periodo 2006-2015, pari a complessivi euro 630.407,16.
Tali artifizi contabili si trovano compiutamente ricostruiti nella relazione di consulenza (p. 74 ss.), i cui esiti devono condividersi anche in tale caso, essendo stata l'attività peritale condotta sulla base del mandato e dei documenti in atti e con la chiara esposizione dei principi della scienza contabile applicati e dell'iter logico che ha condotto ai risultati esposti. In particolare, gli artifizi sono stati operati sui conti “crediti verso clienti” e “clienti conto anticipi”, mediante decrementi indebiti di saldi passivi ed impropri azzeramenti di crediti, a fronte di verosimili pregressi incassi non contabilizzati; analogamente, è stato tenuto in maniera fraudolenta il libro giornale di contabilità, con distrazione od omesso incasso dei corrispettivi monetari di vendite immobiliari, e sono state compiute distrazioni mediante pagamenti ingiustificati eseguiti a favore delle società ### e ### oltre a distrazioni dirette di denaro dalle casse sociali.
In secondo luogo, dai riscontri analitici condotti tra i dati risultanti dalla contabilità e quelli rinvenienti sia dai singoli atti di compravendita sia dalla documentazione bancaria disponibile, il c.t.u. ha altresì accertato omesse contabilizzazioni parziali o totali di incassi, per vendite eseguite nel periodo 2006-2010, ammontanti a complessivi euro 579.997,45 (somma che non include l'importo di euro 8.000 sopra esaminato). Anche a tale riguardo, devono condividersi gli esiti cui è giunto il consulente alle p. 98 ss. della relazione, quali compendiati nella tabella sinottica contenuta a p. 117 della relazione medesima.
In ragione di tali condotte distrattive, ### è da ritenersi dunque responsabile del danno cagionato alla società ed ai creditori sociali, per gli importi di euro 630.407,16 ed euro 579.997,45.
Un quarto addebito rivolto nei confronti dell'amministratore riguarda il fatto che, in assenza di una delibera assunta dall'assemblea dei soci tra il 1998 ed il 2015, sono stati accertati compensi corrisposti all'amministratore unico (rectius, dallo stesso prelevati) nel periodo 2006-2014 per un carico finanziario complessivo in capo alla società oggi fallita pari ad euro 141.900,00 secondo la prospettazione della curatela e ad euro 119.400,00 secondo i conteggi eseguiti dal c.t.u. (quest'ultimo importo origina da compensi netti per euro 95.520,00, oltre ritenute fiscali di legge); da tale condotta, ad avviso della curatela attrice, deriverebbe un'illegittima distrazione dalle casse sociali per il corrispondente importo (profilo approfondito altresì nella memoria di replica della curatela, p. 11 ss.).
Tale condotta, tuttavia, ad avviso del Collegio, non può essere ritenuta illecita e fonte di danno alla società o ai creditori sociali.
Infatti, l'art. 2389 c.c. prevede che “I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea” e che “la rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale”; tale norma costituisce un'applicazione della regola generale prevista dall'art. 1709 c.c., secondo cui “Il mandato si presume oneroso” e “La misura del compenso, se non è stabilita dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice”.
Della questione del diritto al compenso dell'amministratore e della sua misura, in assenza di apposita delibera, si è occupata la giurisprudenza, che ha affermato che “la pretesa di un amministratore di società al compenso per l'opera prestata ha natura di diritto soggettivo perfetto, sicché, ove la misura di tale compenso non sia stata stabilita nell'atto costitutivo o dall'assemblea, ne può essere chiesta al giudice la determinazione” (Cass. civ., Sez. lav., 16.04.2014, n.8897; in senso conforme Cass. civ., 24.02.1997 n. 1647 e 09.08.2005 n. 16764). In ordine alla quantificazione, è stato altresì affermato che tra i parametri utili alla determinazione equitativa del compenso dell'amministratore rientra “il compenso corrente nel mercato per analoghe prestazioni, in relazione a società di simili dimensioni” (Cass. civ., Sez. VI, 04.03.2021, n. 6056), nonché i seguenti elementi: le tariffe professionali, in relazione al tipo di prestazioni svolte ed alla qualifica professionale dell'amministratore; la proporzionalità con l'entità delle prestazioni eseguite e con il risultato fatto conseguire dalla società; il tipo di attività svolta dalla società; l'eventuale compenso riconosciuto al liquidatore giudiziale ove presente (Cass. civ., nn. 15382/2017, 8897/2014, 5747/1984, 23004/2014; ### 23.01.2017, n. 1084).
In altri termini, quello di amministratore di società è un contratto che la legge presume oneroso ai sensi dell'art. 1709 c.c., norma dettata con riferimento allo schema generale dell'agire gestorio e senz'altro applicabile anche alla materia societaria, posta alla base delle previsioni dell'art. 2389 c.c., specificamente dettate per il tipo società per azioni; non v'è dunque ragione di ritenere che il diritto a percepire il compenso rimanga subordinato ad una richiesta che l'amministratore rivolga alla società amministrata durante lo svolgimento del relativo incarico. Come ha precisato la pronuncia Cass. civ., 21.06.2017, n. 15382, “con l'accettazione della carica, l'amministratore di società acquisisce il diritto a essere compensato per l'attività svolta in esecuzione dell'incarico affidatogli”; un'eventuale gratuità dell'incarico può discendere, di conseguenza, unicamente da un'apposita previsione dello statuto della società interessata o da una specifica clausola del contratto di amministrazione. Tale ricostruzione non esclude, naturalmente, che, una volta instaurato il rapporto, l'amministratore possa rinunciare al compenso che gli spetta (sul carattere disponibile del diritto al compenso dell'amministratore ai rinvia, da ultima, a Cass. civ., 22.06.2018, n. 16530), ma l'effettivo esercizio di una simile facoltà deve inquadrarsi nello schema generale della remissione del debito, di cui agli artt. 1236 c.c. s.s., con applicazione delle relative regole (si rinvia, ex multis, a Cass. civ., Sez. VI, 03.10.2018, n. 24139).
In base a tali principi, la domanda della curatela sul punto va dunque rigettata, non tanto per difetto di prova, ma perché la stessa risulta fondata sul mero presupposto che non sia stata mai stata convocata l'assemblea per la determinazione del compenso, a fronte del fatto che la delibera assembleare deve ritenersi non necessaria, stante la natura onerosa dell'incarico di amministratore, cui consegue il diritto al compenso. Si osserva, altresì, che la curatela non ha dedotto in che senso ed in quale misura il compenso percepito da ### possa ritenersi sproporzionato e quindi illegittimo e foriero di danno, rispetto a quello (non indicato) da considerarsi, di contro, congruo e, dunque, legittimo; di conseguenza, dee ritenersi che la curatela non ha adempiuto l'onere assertivo e probatorio sulla stessa gravante ex art. 146 l.f. (conclusione conforme a quella già adottata da questa ### con la sentenza che ha definito il procedimento iscritto al n. R.G. 6847/2016).
Un quinto addebito formulato dalla curatela nei confronti dei convenuti riguarda il fatto che nel periodo compreso tra il 2006 ed il 2009, dalla ricostruzione contabile eseguita, risulterebbero illegittimante effettuati, con preferenza rispetto agli altri creditori sociali, rimborsi ai soci dei finanziamenti in precedenza dagli stessi eseguiti per complessivi euro 81.000,00, con conseguente illegittima distrazione dalle casse sociali del corrispondente importo; tali rimborsi, infatti, sarebbero stati eseguiti in un contesto di dissesto o quantomeno di grave squilibrio, che non ne consentiva l'effettuazione, ai sensi dell'art. 2467 A tale riguardo, il c.t.u. ha provveduto, in relazione al periodo per il quale è stata versata in atti la documentazione contabile, alla ricostruzione analitica del conto di mastro “soci c/finanziamenti ###” alla luce delle registrazioni eseguite sul libro giornale di contabilità ed ha individuato una serie di versamenti ai soci, eseguiti tra il ### ed il ###. In particolare, tutti i finanziamenti erogati dai soci e le relative restituzioni sono avvenute in contanti e sempre con contropartita contabile il conto “cassa”; si osserva, altresì, che la maggior parte dei finanziamenti sono stati erogati e rimborsati nel corso dell'esercizio 2009, fatta eccezione per i primi due (dell'importo di euro 10.000,00 ciascuno) erogati nel secondo semestre 2006 e rimborsati ai soci allo spirare dello stesso esercizio (un ulteriore finanziamento non rimborsato è stato contabilizzato in data ### per euro 4.500,00), per un totale di euro 81.000. ### risulta fondato, in quanto ai sensi dell'art. 2467 c.c. “il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito” (co. I) e “ai fini del precedente comma s'intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento” (co. II). Nel caso di specie, i finanziamenti sono stati eseguiti in un periodo in cui era conclamato lo stato di crisi di SO.GE.CO.SI., in quanto il capitale sociale era già stato interamente perduto - in ragione della condanna contenuta nella sentenza n. 600/2000 emessa dal ### di Siracusa, secondo quanto sopra chiarito - e sarebbero stati ragionevoli dei conferimenti, per la reintegrazione del capitale sociale quantomeno al minimo legale. Di conseguenza, le restituzioni devono ritenersi soggette al principio della postergazione ai sensi dell'art. 2467 c.c. e , dunque, illegittimamente operate; per tali ragioni, deve ritenersi causalmente imputabile all'operato dell'amministratore ### la voce di danno in esame, per l'importo complessivo di euro 81.000. ### la prospettazione della curatela, di tale voce di danno (così come di quella, non riconosciuta, legata alla percezione dei compensi non deliberati) sarebbe tenuta a rispondere, in concorso con l' amministratore, anche il socio ### per avere espressamente concorso nella distrazione e nel pagamento preferenziale attraverso l'approvazione dei bilanci d'esercizio, oltre che per averne comunque beneficiato direttamente.
La domanda, tuttavia, non può essere accolta nei suoi confronti.
Infatti, va ribadito che, ai sensi del comma VII dell'art. 2476 c.c. i soci sono solidalmente responsabili con gli amministratori solo se hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi, mentre nel caso di specie difetta, nei termini già chiariti, tale prova. In ogni caso, va rilevato che nessuna prova è stata fornita circa la percezione di rimborsi proprio da parte della suddetta ### risultando dalle scritture contabili esaminate dal consulente solo la restituzione di finanziamenti “ai soci” (annotazioni facenti piena prova nei confronti dell'amministratore che le ha predisposte).
Passando all'esame del sesto addebito, relativo alla violazione dei doveri di custodia e buona amministrazione del patrimonio immobiliare della società da parte dall'amministratore ### la censura deve ritenersi parzialmente fondata, in quanto è incontestato il fatto storico dell'omessa attivazione da parte dell'organo sociale rispetto alle attività di liberazione di taluni immobili sociali (avendo il convenuto eccepito, piuttosto, la carenza di prova in ordine al periodo dell'altrui possesso o in merito all'antigiuridicità della condotta).
Tale condotta omissiva è suscettibile di cagionare alla società un danno, in quanto l'amministratore ha trascurato di percepire o recuperare i relativi frutti, così venendo meno agli obblighi di conservazione del patrimonio sociale ed esponendo altresì la società al possibile depauperamento del patrimonio a motivo del prolungato possesso dei terzi occupanti anche per un tempo utile ad usucapionem.
In proposito, la curatela attrice ha quantificato in complessivi euro 298.500,60 i danni rinvenienti dalla sopra descritta condotta, computati sulla base degli elementi che di seguito si espongono schemativamente: 1) omessa percezione di canoni locativi, ovvero di indennità di occupazione sine titulo, per complessivi euro 168.000,00, riferiti a sette unità immobiliari (n. 6 garage e n. 1 appartamento) site nel Comune di ### V.le ### snc; 2) omessa percezione di canoni locativi, ovvero di indennità di occupazione sine titulo, per complessivi euro 93.225,60, riferiti ad un appartamento ed un garage siti in ### V. le Scala Greca, rispettivamente ai civici nn. 372 e 163; 3) omesso recupero dell'indennità di occupazione, per complessivi euro 37.275,00, avente ad oggetto un appartamento sito nel Comune di ### Via V. ### n. 747, oggetto di contratto preliminare di vendita stipulato in data ### tra la società oggi fallita e ### Ritiene il Collegio che tale danno possa essere solo parzialmente riconosciuto, in quanto, con riferimento al primo immobile, difetta la prova dell'occupazione per il periodo dedotto dalla curatela, dal momento che la documentazione depositata, relativa all'immissione nel possesso da parte del custode nominato all'interno della procedura esecutiva iscritta al n. R.G. Es. 545/2012 ### di ### instaurata nei confronti della società, non consente di considerare provato il tempo del lamentato possesso ad opera di terzi a fronte dell'allegata inerzia dell'amministratore, né la prova è stata fornita aliunde.
Analogo rilievo deve svolgersi con riferimento al secondo immobile citato, oggetto di domanda di usucapione promossa da ### in quanto in atti è stato depositato solo l'atto di citazione relativo a tale giudizio, ma non è stato allegato e provato alcun elemento idoneo alla dimostrazione del possesso da parte di costei per il periodo dedotto dalla curatela, con la conseguenza che anche rispetto a tale bene ed al danno conseguente non può ritenersi adempiuto l'onere della prova gravante su parte attrice ai sensi dell'art. 2967 c.c. Lo stesso deve ritenersi per il garage indicato anch'esso sub 2, che la curatela ha dedotto essere occupato da almeno sedici anni dai terzi ### e ### ma anche in tal caso senza che la circostanza sia provata.
A diversa conclusione può invece giungersi con riferimento al terzo immobile menzionato, che in maniera incontestata è stato oggetto di una sentenza risolutiva di contratto preliminare di vendita immobiliare con condanna alla restituzione alla società da parte dell'occupante ### mai eseguita (all. n. 219). Con riferimento a tale bene può dunque considerarsi provata l'occupazione con riferimento a quanto accertato nella sentenza e, in punto di quantificazione, può recepirsi il criterio equitativo e presuntivo invocato dalla curatela e fondato sui valori dell'### del mercato immobiliare (###; ciò tenuto conto del fatto che, per un verso, il convenuto non ha allegato e provato alcun elemento concreto che possa incidere sull'applicazione dei suddetti parametri (con riferimento, ad esempio, alle spese da sostenersi, allo stato dell'immobile o alle oscillazioni subite dal valore locativo nel tempo) e, per altro verso, non può condividersi la doglianza di ### relativa alla riconducibilità della mancata liberazione ad una scelta imprenditoriale, giacchè il valore derivante dalla fruttificazione è in re ipsa e, inoltre, l'affermata scelta di mantenere gli immobili liberi al fine della vendita è contraddetta dalla stessa circostanza dell'occupazione del compendio in parola. In relazione a tale addebito, il solo ### deve essere condannato a risarcimento del danno per l'importo di euro 37.275,00, quale richiesto dalla curatela.
Quanto all'addebito relativo alla ritardata richiesta di fallimento ed al conseguente aggravamento del dissesto, tale censura deve ritenersi fondata, nei termini seguenti.
Infatti, l'amministratore ### ha presentato, per conto di SO.GE.CO.SI., una richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo, così procrastinando la dichiarazione di fallimento, circostanza dalla quale richiesta è derivato l'onere per i creditori sociali riferito al compenso liquidato dal ### al commissario ### avv. ### ed ammesso al passivo fallimentare in sede di verifica dei crediti (all. n. 234 di parte attrice).
In particolare, in data ### - nel corso dell'istruttoria sull'istanza di fallimento depositata in data ### da ### ed altri sedici comproprietari degli immobili siti nel condominio “Ai Portici” - ### s.r.l., già posta in liquidazione in data ###, aveva depositato ricorso per l'ammissione al concordato preventivo ex art. 161 co. VI l.f. Alla luce di quanto esposto in seno alla relazione del commissario giudiziale ex art. 173 l.f. e dei gravi fatti in danno dei creditori ivi rappresentati, il ### di ### aveva di seguito disposto, in data ###, l'avvio della procedura di revoca, cui aveva fatto seguito, in data ###, la rinunzia da parte della società stessa alla domanda di concordato, con la conseguente dichiarazione di fallimento in data ###.
All'interno di tale vicenda, l'atto sul quale si basava la proposta di concordato è da individuarsi nell'atto di remissione del credito di oltre euro 9.000.000,00 vantato da ### (già, si ricorda, nuora di ###, ancorché condizionatamente all'omologa del concordato.
Tuttavia, tale atto di rinunzia condizionata, secondo quanto accertato dal commissario giudiziale all'interno della propria relazione depositata in atti, si è rilevato falso per ammissione della stessa ### la quale ha disconosciuto la firma ivi apposta, con conseguente inammissibilità della proposta e dell'asseverazione, in quanto fondate proprio sulla falsa rinuncia. La presentazione, da parte di ### nella qualità di liquidatore, del ricorso per l'ammissione al concordato preventivo ex art. 161 co. VI l.f. il cui cardine era proprio la rinuncia rivelatasi falsa per ammissione della stessa creditrice non può che ritenersi un atto di mala gestio compiuto in danno della società e dei creditori sociali (peraltro in pendenza della richiesta di fallimento avanzata da ### e dagli altri sedici comproprietari degli immobili siti nel condominio “Ai Portici”). Si osserva, per completezza, che la stessa rinuncia alla domanda di concordato avanzata in data ### da ### non esime lo stesso dalle proprie responsabilità, dal momento che già in precedenza (14.06.2016) il ### di ### aveva disposto l'avvio della procedura di revoca dell'ammissione alla procedura concordataria.
Il danno derivante da tale condotta può essere quantificato nella misura di euro 74.049,00 richiesta nell'atto di citazione, importo pari al compenso liquidato al commissario giudiziale della procedura, somma comprovata dall'ammissione al passivo di tale voce, effettuato per euro 90.265,20 (pari ad euro 74.049,00 al lordo degli accessori previdenziali ed al netto dell'###. Tale danno può essere ascritto solo a ### e non, come richiesto dalla curatela, anche a ### non essendo stata allegata e provata una sua condotta di concorso nella formazione o consegna del documento falso sopra evocato.
Tenuto conto delle superiore motivazioni, la domanda della curatela va dunque parzialmente accolta e - accertate le relative responsabilità nei termini esposti - la condanna deve dunque essere emessa, con esclusione della convenuta della convenuta ### per gli importi che sinteticamente di seguito si indicano: 1. nei confronti di ### per l'importo di euro 4.110.728,61, ottenuto dalla somma delle seguenti voci: a) euro 8.000 per mancata contabilizzazione di parte del corrispettivo relativo alla compravendita conclusa con ### s.p.a.; b) euro 2.700.000,00 (euro 900.000 ed euro 1.800.000) per pagamenti preferenziali; c) euro 630.407,16 ed euro 579.997,45 per distrazioni; d) euro 81.000 per illegittima restituzione di finanziamenti ai soci; e) euro 37.275,00 per violazione dei doveri di custodia e buona amministrazione del patrimonio immobiliare; f) euro 74.049,00 per revoca dell'ammissione al concordato preventivo; 2. nei confronti di ### per euro 1.800.000,00, per il pagamento preferenziale ricevuto.
Su tali importi vanno riconosciuti gli interessi al tasso legale (Cass. Civ., Sez. un., 17.02.1995, 1712), nonché la rivalutazione, trattandosi di debito di valore (in questo senso, ex multis, Cass. civ., Sez. I, 25.05.2005, n. 11018 e ### 29.03.2019, n.1320), a decorrere, in mancanza di diversa allegazione, dalla data della domanda (8.4.2028 per ### e 29.03.2018 per ### date di rispettiva notifica dell'atto di citazione).
In applicazione del principio della soccombenza, i convenuti ### e ### vanno dunque condannati alla rifusione, in favore della parte attrice - e, dunque, stante l'ammissione di questa al patrocinio a spese dello Stato, in favore dell'### ex art. 133 d.P.R. 115/2002 - delle spese annotate nel foglio-notizie della causa e ai compensi, nella misura, già dimezzata ex art. 130 del medesimo decreto, che si liquida nel dispositivo, tenuto conto dello scaglione di riferimento (euro 4.000.000-8.000.000) rispetto all'importo riconosciuto (euro 4.110.728,61 per ### ed euro 1.800.008,00 per ### e dell'attività processuale in concreto espletata, con applicazione dei parametri minimi per le quattro fasi, ai sensi del D.M. n. 55/2014 nella formulazione ratione temporis applicabile (quella precedente al D.M. 147/2022). Ai sensi dell'art. 97 c.p.c., considerato il rispettivo interesse nella causa e gli importi per i quali sono state pronunciate le rispettive condanne, le spese vanno poste nella misura dei 2/3 a carico del convenuto ### e 1/3 a carico del convenuto ### Con riguardo alla liquidazione dei compensi di difesa, questo ### è consapevole dell'esistenza di un più recente orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudice civile, a differenza di quello penale, non sarebbe tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato ex art. 133 d.P.R. n. 115/2002 (t.u.s.g.) e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo d.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processual-penalistico di patrocinio a spese dello Stato.
Tale indirizzo afferma che, in tal modo, si eviterebbe che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consentirebbe allo Stato, tramite l'eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità (si vedano ad esempio Cass. civ., Sez. II, 26.04.2021, n. 10914; Sez. II, 08.01.2020, n. 136; Sez. VI, 03,05,2019, n. 11590; Sez. II, 11.09.2018, n. 22017).
Tuttavia, si ritiene opportuno aderire alla diversa interpretazione, secondo la quale, qualora nell'ambito di un giudizio civile risulti vittoriosa la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, il giudice è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato, ex art. 133 t.u.s.g, e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo decreto, al fine di evitare che l'eventuale divario possa costituire occasione di ingiusto profitto dello Stato a discapito del soccombente ovvero, al contrario, di danno erariale (nella giurisprudenza di questo ##### specializzata in materia di impresa del tribunale, 16.11.2021).
Infatti, la stessa parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato può essere destinataria dell'azione di rivalsa ad opera dello Stato, ai sensi dell'art. 134 co. I t.u.s.g, che così dispone: “Se lo Stato non recupera ai sensi dell'articolo 133 e se la vittoria della causa o la composizione della lite ha messo la parte ammessa al patrocinio in condizione di poter restituire le spese erogate in suo favore, su di questa lo Stato ha diritto di rivalsa” (con le specificazioni e le ulteriori ipotesi di cui ai commi seguenti del medesimo articolo con riguardo alle spese prenotate a debito e alle spese anticipate). Da tale norma si comprende che la parte ammessa al beneficio può essere destinataria della rivalsa solo per gli importi effettivamente annotati nel foglio-notizie della causa (prenotate e anticipate, come da commi II ss. dell'articolo in commento) e solo se (al di là dei casi di rinuncia, estinzione e transazione, che in questa sede non rilevano) la vittoria della causa l'abbia messa in condizione di restituire tali somme e lo Stato non le abbia recuperate ai sensi dell'art. 133 t.u.s.g., cioè non abbia avuto buon esito l'escussione della parte non ammessa alla rifusione delle medesime spese.
Ne deriva che, stante lo stretto collegamento, per esplicita voluntas legis, tra l'art. 133 e l'art. 134 del d.P.R. n. 115/2002, ben che si comprende come il credito oggetto di recupero da parte dello Stato sia costituito da quello emergente dalle annotazioni del foglio-notizie della causa e che il meccanismo di cui agli artt. 133 e 134 serva esclusivamente ad individuare la parte nei cui confronti lo Stato abbia diritto di recupero e la relativa tipologia di importi (spese prenotate o anticipate). Né si comprenderebbe perché, riguardando in sé la statuizione condannatoria ex art. 133 nei confronti della parte non ammessa la rifusione di tutte le spese in favore dello Stato (cioè di tutte quelle annotate nel foglio-notizie ex art. 280, per esplicito dettato dell'art. 134 comma I, riguardate dalla dimidiazione ex art. 130), la medesima statuizione condannatoria ex art. 133 non dovrebbe patire il dimezzamento ai sensi dell'art. 130 (oltre a non incontrare i limiti di cui all'art. 82, comma I) per la sola liquidazione dei compensi di difesa, laddove tale dimezzamento continuerebbe ad attingere, pur nella stessa statuizione ex art. 133, i compensi degli ausiliari del magistrato e di giustizia (consulente tecnico d'ufficio), oltre che quelli degli ausiliari della parte ammessa. Da tale impianto normativo emerge che il patrocinio a spese dello Stato nei processi civili risulta imperniato sulla coincidenza degli importi tra la statuizione ex art. 133 cit. e le annotazioni recate nel foglio-notizie ex art. 280 t.u.s.g. e le due quantificazioni, di conseguenza, non possono divergere tra loro.
Tanto chiarito in merito alla condanna dei convenuti soccombenti al pagamento delle spese di lite a favore dell'### nei confronti di ### sussistono invece i presupposti per la compensazione delle spese ai sensi dell'art. 92 c.p.c. quale interpretato da Corte cost., n. 77/2018, tenuto conto della complessità del giudizio, delle circostanza della sua co-difesa unitamente agli altri convenuti, delle domande formulate nei suoi riguardi nell'economia complessiva del procedimento, nonché della sua posizione sia nella compagine sociale di SO.GE.CO.SI., sia all'interno di ### turismo s.r.l., sia nel contesto della famiglia ### Le spese di c.t.u., già liquidate con decreto del 3.12.2019, vengono infine poste definitivamente a carico dei convenuti soccombenti ### e ### in solido. P.Q.M. ### in composizione collegiale, definitivamente pronunciando sul procedimento iscritto al n. R.G. 6368/2018, così decide: - in parziale accoglimento delle domande di parte attrice, condanna ### a corrispondere alla curatela del fallimento ### s.r.l. euro 4.110.728,61, oltre interessi al tasso legale e rivalutazione a decorrere da giorno 8.4.2018, e ### a corrispondere alla curatela del fallimento ### s.r.l. euro 1.800.000,00, oltre interessi al tasso legale e rivalutazione a decorrere dal 29.03.2018; - rigetta le domande proposte dalla curatela del fallimento ### s.r.l. nei confronti di ### - condanna ### nella misura dei 2/3 e ### nella misura di 1/3 al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 18.103,50 oltre accessori, a favore dell'### - compensa integralmente le spese di lite nei rapporti tra ### e la curatela del fallimento ### s.r.l.; - pone le spese di c.t.u., già liquidate con decreto del 3.12.2019, definitivamente a carico di ### e ### in solido.
Così deciso in ### in data ###, nella camera di consiglio della ### specializzata in materia di impresa. ### estensore ### dott.ssa ### dott. ### n. 6368/2018
causa n. 6368/2018 R.G. - Giudice/firmatari: Salamone Chiara, Sciacca Mariano