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R.G 7582/2025 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI NORD Sezione lavoro nella persona del dott. #### ha pronunciato, a seguito di deposito di note scritte in sostituzione dell'udienza in base all'art. 127 ter c.p.c., la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 7582/2025 R.G. #### D'### n. a NAPOLI ### il ### rappresentato e difeso dall'avv. ### come da procura in atti.
RICORRENTE E ### S.P.A., in persona del legale rappresentante #### rappresentato e difeso dall'avv. ### RESISTENTE OGGETTO: impugnativa licenziamento - risarcimento del danno ### come in atti ### di fatto e di diritto ### ricorso depositato in data ### parte ricorrente ha dedotto: - di essere stato assunto dalla società resistente in data ### con la qualifica di “###, ### e Sicurezza”;ì Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 - di aver ricevuto, in data ###, una contestazione disciplinare per condotte tenute in data ### e per l'assenza ingiustificata del giorno 17.03.2025; - di aver fornito risposta scritta alla contestazione in data ### e di aver partecipato all'audizione disciplinare in modalità telematica in data ###; - di essere stato licenziato per giusta causa in data ###; - che la notificazione avente ad oggetto l'applicazione della sanzione espulsiva non era andata a buon fine, giacché la raccomandata è stata restituita per “destinatario irreperibile”; - di aver ricevuto conoscenza del licenziamento con comunicazione via mail ordinaria, non idonea quale forma di notifica e avvenuta in data ###; - di aver impugnato il licenziamento con lettera di contestazione del 19.05.2025; - di aver subìto a seguito del licenziamento un danno non patrimoniale pari ad € 20.000,00, un danno patrimoniale diretto pari ad € 31.066,14 ed un danno patrimoniale indiretto pari ad € 2.943,11; - di aver percepito una retribuzione mensile lorda pari ad € 3.270,12, come da prospetto paga di febbraio 2025; - la decadenza dal potere disciplinare per violazione del termine di cui all'art. 51 del C.C.N.L. di categoria; - la mancanza di prova obiettive e documentali; - la mancata fornitura degli strumenti minimi per lo svolgimento delle mansioni assegnate; - la violazione dell'art. 7 l. 300/1970 per la violazione del diritto di difesa in sede endoprocedimentale e per la mancata notifica effettiva del provvedimento; - la violazione del principio di proporzione tra fatto contestato e sanzione irrogata.
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025
Egli ha quindi agito in giudizio chiedendo di dichiararsi l'illegittimità del licenziamento disciplinare, con condanna alla reintegra nel posto di lavoro nonché al risarcimento del danno, con vittoria di spese di lite.
Parte resistente si è costituita in giudizio chiedendo a vario titolo il rigetto del ricorso.
All'esito della trattazione scritta sostitutiva dell'udienza in base all'art. 127 ter c.p.c. verificata la rituale comunicazione del decreto per la trattazione scritta a tutte le parti costituite, il ### ha deciso la causa con sentenza. ###' #### di nullità del ricorso introduttivo proposta da parte resistente deve essere rigettata in quanto parte ricorrente ha compiutamente delineato sia il petitum che la causa petendi, soddisfacendo i requisiti di cui all'art. 414, n. 4, c.p.c.
Invero, il ricorrente non si è limitato a contestare genericamente il licenziamento, ma ha puntualmente circostanziato: - il titolo del diritto: il rapporto di lavoro subordinato iniziato in data ###; - la ricostruzione in punto di fatto degli accadimenti; - l'illustrazione dei motivi di illegittimità del procedimento e del provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare; - l'oggetto della domanda ###, consistente nella richiesta di dichiarazione di nullità/illegittimità del licenziamento, con reintegrazione, e nella richiesta di condanna al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.
Pertanto, il ricorso appare sufficientemente specifico per consentire alla controparte l'esercizio del proprio diritto di difesa e a questo Giudice l'analisi del thema decidendum.
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 ### tema d'indagine verte sull'impugnativa di un licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore e rientrante nell'ambito di dedotta applicazione nell'ambito di dedotta applicazione dell'art. 2 d.lgs. 23/2015.
Parte ricorrente, infatti, allega di aver lavorato alle dipendenze della società resistente dal 10.2.2025 e, quindi, risulta applicabile la normativa prevista dal d.lgs. 23/2015, in base all'art. 1 d.lgs. cit.
Tale circostanza è pacifica tra le parti.
Dalla lettura della lettera di contestazione del 17.3.2025 emerge come la società resistente ha contestato a parte ricorrente di aver abbandonato lo stabilimento produttivo in data ###, dopo una riunione con i vertici aziendali, e di essere risultato assente ingiustificato in data ###.
Con lettera di licenziamento del 16.4.2025, la società resistente, dopo aver richiamato il contenuto della lettera di contestazione degli addebiti e le giustificazioni rese dal ricorrente e l'audizione orale del 10.4.2025, rilevata la gravità dei fatti addebitati che hanno fatto venir meno il rapporto fiduciario in essere, ha licenziato il ricorrente per giusta causa ex art. 2119 In sede giudiziale il ricorrente contesta il recesso datoriale sotto il profilo sia formale (la violazione dei principi di tempestività della contestazione disciplinare ex art. 51 del C.C.N.L. di categoria e del principio del contraddittorio in sede disciplinare) che sostanziale (l'assenza di prova dei fatti contestati, la violazione del principio di proporzione) e propone anche una domanda risarcitoria per i danni subìti.
TEMPESTIVITA' ### Il ricorrente contesta la tempestività dell'azione disciplinare.
Prodromica alla valutazione del motivo di doglianza è, dunque, una ricostruzione della disciplina contrattuale. ###. 51 C.C.N.L. statuisce: “Le norme relative alle sanzioni disciplinare ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti.
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Esse devono applicare quanto in materia è stabilito dalla legge e dal C.C.N.L. ### restando quando disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604 e succ. mod. e int. Non possono essere disposte sanzioni disciplinati che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi 5 giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che le ha determinati. Il lavoratore, entro i 5 giorni successivi dalla contestazione aziendale, potrà addurre le proprie giustificazioni anche mediante assistenza di un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Qualora l'azienda non commini il provvedimento disciplinare entro il termine di 30 giorni dalla data in cui sono state rese le giustificazioni, le stesse si intenderanno accolte. Sono fatti salvi i casi di istruttoria particolarmente complessa, che, comunicati entro lo stesso termine di 30 giorni al lavoratore, renderà possibile l'adozione il provvedimento disciplinare anche oltre tale periodo. Nel caso non vengano presentate le giustificazioni, il termine di 30 giorni decorre alla scadenza del termine dei 5 giorni previsti dal comma precedente.” Il rigoroso sistema di preclusioni temporali stabilito dal citato art. 51 del C.C.N.L. di categoria non è un mero formalismo procedurale, ma risponde a fondamentali esigenze di bilanciamento tra il potere sanzionatorio del datore di lavoro e la posizione di garanzia del dipendente, costituendo espressione del diritto di difesa tutelato dall'art. 24 Cost. e dei principi espressi dall'art. 7 l. 300/1970.
La previsione di un termine finale di 30 giorni per l'adozione del provvedimento (decorrente dalla data delle giustificazioni) trova la sua ratio principale nel principio di certezza del diritto. Tale principio mira a non lasciare il lavoratore in uno stato di incertezza prolungata in merito al destino del proprio rapporto di lavoro e alla definizione dell'addebito contestato.
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In secondo luogo, l'obbligo di tempestività è espressione del principio di immediatezza, che impone al datore di lavoro di agire con la necessaria celerità una volta acquisita la piena conoscenza dei fatti. Questo elemento concorre ad assicurare che la sanzione sia percepita come una risposta effettiva e non pretestuosa alla condotta contestata.
In merito alla decorrenza del termine perentorio di 30 giorni, occorre chiarire che la previsione contrattuale che lo fa decorrere dalla data in cui "sono state rese le giustificazioni" deve essere interpretata alla luce del principio di massima garanzia del diritto di difesa del lavoratore.
Qualora la procedura disciplinare non si esaurisca con la mera presentazione delle giustificazioni scritte, ma prosegua con la richiesta del lavoratore (o l'ammissione da parte datoriale) di un'audizione, è quest'ultimo atto difensivo a segnare la conclusione effettiva della fase istruttoria a disposizione del dipendente. ###, infatti, costituisce l'ultimo momento utile in cui il datore di lavoro acquisisce tutti gli elementi necessari per la valutazione finale.
Di conseguenza, il termine di 30 giorni per la comminazione del provvedimento disciplinare decorre non dalla data della contestazione scritta o dalla scadenza dei 5 giorni per le giustificazioni, ma dal giorno in cui si è tenuta l'audizione a difesa o è stato esperito l'ultimo atto difensivo.
Solo a partire da tale data, l'azienda si trova nella condizione di aver espletato integralmente il contraddittorio, e il termine contrattuale inizia a decorrere.
Occorre, poi, sempre con riguardo alla tempestività, valorizzare il dato letterale dell'art. 51 del C.C.N.L. cit. che ricollega il termine di 30 giorni all'adozione del provvedimento. Questo termine che vincola il potere decisionale del datore di lavoro, e va tenuto distinto dal requisito della conoscenza effettiva dell'atto da parte del lavoratore. Il termine di 30 giorni si riferisce, infatti, all'emissione dell'atto e al suo definitivo perfezionamento nella sfera giuridica del datore di lavoro.
Non è necessario, ai fini del rispetto del termine contrattuale, che l'atto giunga a destinazione in quel lasso di tempo; la produzione degli effetti (la Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 conoscenza) segue le regole degli atti ricettizi, ma l'azione disciplinare si considera tempestiva se l'invio è stato effettuato entro la scadenza.
Tanto premesso con riguardo agli istituti positivi e alla normativa di riferimento, occorre evidenziare che l'azione disciplinare appare assolutamente tempestiva; il ricorrente ha reso le proprie giustificazioni in data ###; a tali scritti è seguita l'escussione del 10.04.2025 che, quale ulteriore estrinsecazione del diritto di difesa del ricorrente, per le ragioni già esposte, non può che differire il dies a quo da cui valutare il rispetto del termine di 30 giorni previsto dall'art. 51 C.C.N.L., come evidenziato da parte resistente nella propria memoria difensiva.
La sanzione è stata irrogata in data ### e in pari data spedita all'indirizzo comunicato dal lavoratore.
Indipendentemente dalla questione relativa alla mancata ricezione della comunicazione di licenziamento a mezzo posta ordinaria, la società resistente ha prontamente provveduto a comunicare via mail il recesso in data ### ed agli atti risulta la risposta del ricorrente in pari data ove, in senso opposto a quanto dedotto nel presente giudizio, contesta di non aver ricevuto tale lettera di licenziamento a mezzo mail prima del tentativo di notifica a mezzo posta ordinaria considerando che la posta elettronica è stata la modalità di trasmissione degli atti durante tutto il procedimento disciplinare (“Mi risulta altrettanto anomalo che non mi abbiate anticipato la comunicazione tramite email come finora abbiamo fatto durante il lasso di tempo della “contestazione””.).
La tempestiva impugnazione stragiudiziale del provvedimento da parte del lavoratore costituisce, infatti, un elemento probatorio di primaria importanza.
Essa dimostra in modo inequivocabile che l'atto di recesso è pervenuto nella sfera di integrale contezza del dipendente. ### esercitato il diritto di difesa e promosso l'azione giudiziaria nei termini di legge, a prescindere dal difetto nella modalità di notifica (come la raccomandata restituita o l'invio via e-mail), rende ininfluente in concreto ogni potenziale vizio formale della comunicazione. La finalità garantistica della norma - Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 assicurare al destinatario il tempo e i modi per difendersi - risulta così pienamente assolta, rendendo irrilevante la doglianza sul piano dell'inefficacia della notifica dell'atto.
Le concrete modalità di conoscenza del licenziamento, pertanto, non hanno inciso sul diritto di difesa, in quanto il lavoratore è stato puntualmente reso edotto della cessazione ed ha potuto impugnare il provvedimento espulsivo; non sussistono, dunque, vizi di notifica che incidano sulla legittimità del licenziamento. ### stesso modo, non può ritenersi violato il principio del contraddittorio ex art. 7 l. 300/1970 in quanto parte ricorrente ha esercitato ampiamente il proprio diritto di difesa sia presentando le proprie giustificazioni scritte sia rendendo dichiarazioni in sede ###sede di giustificazioni scritte, inoltre, il lavoratore non ha contestato né di essersi allontanato in data ### dopo il colloquio con i vertici aziendali ma giustifica il proprio comportamento deducendo genericamente di essere stato autorizzato, senza nulla allegare in ordine al soggetto ed alle modalità di tale autorizzazione.
Allo stesso modo, sempre in tale sede ###essersi presentato a lavoro in data ###. ### - #### - #### Per quanto riguarda la distribuzione dell'onere probatorio, sul piano normativo, in base all'art. 5 l. 604/1966, l'onere della prova in ordine alla sussistenza della giusta causa di licenziamento è posto inderogabilmente a carico della parte datoriale. Quest'ultima, infatti, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (### civile sez. lav. 29 maggio 2015 n. 11206), deve dimostrare la sussistenza del fatto ascritto al dipendente Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 sia nella sua materialità sia con riferimento all'elemento psicologico del lavoratore, cui spetta la prova di una esimente.
La lettera di contestazione degli addebiti non costituisce di per sé prova documentale dell'illecito disciplinare contestato in quanto, ai sensi dell'art. 7 co. 2 l. 300/1970, consiste nella mera descrizione del fatto contestato in relazione al quale è stato avviato il procedimento disciplinare ed è funzionale a garantire l'esercizio del diritto di difesa del lavoratore e a stimolare il contraddittorio con la parte datoriale in un momento antecedente all'inflizione della sanzione disciplinare. Occorre quindi che a tal fine la contestazione sia specifica e motivata.
La prova dei fatti addebitati, anche attraverso la sola indicazione della/e fonte/i nella lettera di contestazione concerne, invece, il momento della verifica della fondatezza delle accuse mosse al lavoratore, di cui si deve fare carico esclusivamente in giudizio il datore di lavoro, in quanto onerato per legge. ### la Suprema Corte (Cass. 3045/2025), infatti, “La giurisprudenza di legittimità (Cass. lav. n. 23304 del 18/11/2010; Cass. n. 23408/2017) precisa che la contestazione non deve contenere una dettagliata elencazione delle prove, ma deve consentire al lavoratore di comprendere e difendersi dagli addebiti, come avvenuto nel caso di specie. Né il datore di lavoro ha obbligo lavoro di mettere a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione disciplinare, la documentazione aziendale relativa ai fatti contestati, restando salva la possibilità per il lavoratore medesimo di ottenere dal giudice, nel corso del giudizio di impugnazione del licenziamento, un ordine di esibizione della documentazione stessa (in senso analogo v. pure Cass. lav. n. 18288 del 30/08/2007, conforme id. n. 7153 del 17/03/2008. Cfr. altresì Cass. lav. n. 6337 del 13/03/2013, secondo cui nel procedimento disciplinare, sebbene l'art. 7 della legge n. 300/70, non preveda un obbligo per il datore di lavoro di mettere spontaneamente a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazione, la documentazione su cui essa si basa, egli è però tenuto, in base ai principi di correttezza e Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 buona fede nell'esecuzione del contratto, ad offrire in consultazione i documenti aziendali all'incolpato che ne faccia richiesta, ove il loro esame sia necessario per predisporre un'adeguata difesa”.
Nel caso in esame, la parte datoriale ha allegato gli elementi costitutivi dell'illecito disciplinare posto a fondamento della sanzione espulsiva, ossia un comportamento contrario alle obbligazioni contrattuali.
Parte ricorrente, come già evidenziato, già in sede ###ha contestato le circostanze indicate (allontanamento dal luogo di lavoro e assenza ingiustificata) ma ha giustificato la propria condotta deducendo di essere stato autorizzato. Si tratta, quindi, di fatti non contestati con conseguente relevatio ab onere probandi in favore della parte datoriale.
Per tali ragioni, è onere di parte ricorrente allegare e provare le ragioni giustificatrici dei propri comportamenti e sul punto devono essere sanzionate le carenze assertive e probatorie contenute in ricorso in ragione della assoluta genericità delle allegazioni in ordine al contesto spazio-temporale, alle modalità ed all'identità del soggetto che, in ipotesi, abbia autorizzato parte ricorrente.
Non possono essere, inoltre, valorizzate le deduzioni in punto di fatto formulate per la prima volta solo nelle note depositate da parte ricorrente prima della precedente udienza e nelle note di trattazione scritta in quanto, nel rito del lavoro, le carenze assertive e probatorie risultano correlate agli atti introduttivi.
Il ricorrente, in particolare, è tenuto ad articolare sin dal ricorso introduttivo tutte le domande, eccezioni e allegazioni di fatto poste a fondamento della propria pretesa, corredandole della relativa documentazione probatoria (art. 414, nn. 4 e 5 c.p.c.). A sua volta, il resistente deve esporre integralmente, nella memoria difensiva di cui all'art. 416 c.p.c., le proprie difese in fatto e in diritto, proporre le eventuali domande riconvenzionali ed eccezioni processuali o di merito non rilevabili d'ufficio, nonché indicare specificamente i mezzi di prova e produrre la documentazione a supporto della sua prospettazione.
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Tali oneri si riflettono in un sistema di preclusioni che impedisce alle parti di introdurre, in un momento successivo, nuove allegazioni di fatto o nuove produzioni documentali che avrebbero dovuto essere tempestivamente formulate nei rispettivi atti introduttivi. Ne consegue che il thema decidendum e il thema probandum risultano cristallizzati negli atti introduttivi del giudizio e la successiva attività processuale deve svolgersi nel rispetto dei limiti così tracciati, non potendo parte ricorrente prospettare fatti o elementi di diritto nuovi salvo che dalla difesa di parte resistente siano emersi elementi non conoscibili al momento della presentazione del ricorso introduttivo, nonché nell'ipotesi in cui il ricorrente sia venuto in possesso, in un momento successivo, di documenti non disponibili nella fase introduttiva.
PROPORZIONALITÀ ### E #### base all'art. 2119 c.c., infatti, la giusta causa di licenziamento costituisce un comportamento, anche extralavorativo, del lavoratore talmente grave da non consentire la prosecuzione neppur provvisoria del rapporto di lavoro in quanto lede in modo istantaneo ed irreversibile la fiducia riposta dal datore sul proprio dipendente.
Tali considerazioni sono confermate dalla costante giurisprudenza di legittimità (Cass. 7208/2018) secondo cui “la giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell'elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all'intensità del profilo intenzionale; dall'altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell'elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare”.
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025
La valutazione di gravità, anche sotto il profilo dell'elemento psicologico, deve, infatti, considerare l'incidenza del fatto sul rapporto di lavoro. Al riguardo, la lesione del vincolo fiduciario va ritenuta esistente ogni qual volta venga meno la possibilità per il datore di lavoro di fare affidamento sulla futura esattezza dell'adempimento e sul rispetto, da parte del lavoratore, degli obblighi di diligenza, buona fede e correttezza nell'esecuzione della prestazione lavorativa. ### la giurisprudenza di legittimità (Cass. 22798/2012), inoltre, “in tema di licenziamento per giusta causa, nel giudicare se la violazione disciplinare addebitata al lavoratore abbia compromesso la fiducia necessaria ai fini della permanenza del rapporto di lavoro, e quindi costituisca giusta causa di licenziamento, va tenuto presente che è diversa l'intensità della fiducia richiesta, a seconda della natura e della qualità del singolo rapporto, della posizione delle parti, dell'oggetto delle mansioni e del grado di affidamento che queste richiedono, e che il fatto concreto va valutato nella sua portata oggettiva e soggettiva, attribuendo rilievo determinante, ai fini in esame, alla potenzialità del medesimo di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento”.
La entità del danno subito dal datore di lavoro è del tutto irrilevante, al fine della valutazione della proporzionalità della sanzione espulsiva, proprio in considerazione del particolare rapporto di fiducia determinato dalle mansioni svolte dal ricorrente. Tali considerazioni sono confermate anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 8816/2017; cfr. anche Cass. 6100/1998) “la tenuità del danno non è da sola sufficiente ad escludere la lesione del vincolo fiduciario, atteso che ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non già l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti”.
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Sul punto, va evidenziato che l'esame della proporzionalità deve muovere dal principio per cui il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo si legittima solo in presenza di un inadempimento che, valutato in base a parametri oggettivi e soggettivi, integri una irrimediabile lesione del vincolo fiduciario.
Nel caso in esame, pur considerando unitamente le due condotte contestate (allontanamento dal posto di lavoro non autorizzato e assenza non giustificata), deve ritenersi che la sanzione espulsiva risulti sproporzionata rispetto ai fatti contestati e ritenuti sussistenti in ragione del numero di condotte (un allontanamento ed un'assenza ingiustificata), dell'assenza di modalità fraudolente volte ad occultare tali condotte e dell'assoluta genericità delle allegazioni di parte resistente in ordine alla tipologia degli obblighi di controllo e vigilanza gravanti su parte ricorrente (pagina 14 della memoria difensiva) in quanto sulla base di tali criteri non è possibile ritenere sussistente una lesione irrimediabile del vincolo fiduciario che non consente la prosecuzione del rapporto di lavoro. ### tali ragioni, deve ritenersi applicabile al caso in esame l'art. 3 co. 1 d.lgs. 23/2025 e, per tali ragioni, si dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e si condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a otto mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, tenuto conto della minima anzianità di servizio (rapporto di lavoro di pochi mesi) e della gravità del fatto contestato. A tal proposito, la retribuzione di riferimento per il calcolo del T.F.R. deve ritenersi pari ad € 2.702,66, come risulta dal prospetto paga di marzo 2025. #### Non risultano, infine, né allegati né provati sia l'aliunde perceptum sia l'aliunde percipiendum.
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025
Le deduzioni formulate da parte resistente risultano generiche ed esplorative.
Tali considerazioni sono condivise dalla costante giurisprudenza di legittimità (Cass. 8306/2023) secondo cui “### infatti, sottolineare che nella motivazione di Cass. civ., sez. lav., 7.2.2022, n. 3824 (e, negli esatti termini, id., sez. lav., 13.4.2022, n. 12034), questa Corte aveva specificato che: "il semplice dato della esplicitazione, nella L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, come riformulato dalla L. n. 92 del 2012, della detraibilità dell'aliunde perceptum e percipiendum, non altera la natura dei compensi percepiti nello svolgimento di altre attività lavorative, quali fatti impeditivi della domanda risarcitoria del lavoratore (v. Cass. n. 1636 del 2020; n. ### del 2019), da veicolare nel processo sotto forma di eccezioni, sia pure in senso lato (v. Cass. n. 21919 del 2010; n. 5610 del 2005; n. 10155 del 2005)". E su tali basi era stato ribadito "l'onere, del datore di lavoro che contesti la pretesa risarcitoria del lavoratore illegittimamente licenziato, di provare, pur con l'ausilio di presunzioni semplici, l'aliunde perceptum o percipiendum, a nulla rilevando la difficoltà di tale tipo di prova o la mancata collaborazione del dipendente estromesso dall'azienda, dovendosi escludere che il lavoratore abbia l'onere di farsi carico di provare una circostanza, quale la nuova assunzione a seguito del licenziamento, riduttiva del danno patito ( n. 22679 del 2018; n. 9616 del 2015; n. 23226 del 2010)". ### rammentato che anche nelle controversie di lavoro - ove la posizione del lavoratore può apparire, in astratto, meritevole di particolare tutela - l'accertamento del danno, tanto morale quanto materiale, non può mai essere oggetto di presunzione automatica, ma deve formare oggetto di puntuale allegazione e rigorosa prova, ai sensi dell'art. 2697 c.c. Ciò in coerenza con il principio di neutralità del risarcimento del danno, secondo cui la funzione della responsabilità civile non è punitiva né sanzionatoria, ma eminentemente compensativa, sicché il ristoro non può prescindere Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 dall'effettiva dimostrazione del pregiudizio subito in termini di perdita patrimoniale o di lesione di interessi non patrimoniali suscettibili di valutazione economica. ### di specifica allegazione grava, dunque, sulla parte che invoca il risarcimento, la quale deve individuare la natura del danno, le circostanze del suo verificarsi e la correlazione causale con la condotta illecita dedotta, non potendo il giudice supplire a tali carenze mediante valutazioni equitative in assenza di un minimo quadro probatorio.
In tale prospettiva, non può ritenersi sussistente un'ipotesi di danno in re ipsa, ove si presume l'esistenza del pregiudizio in base al solo verificarsi dell'illecito, in quanto contrastanti con la logica compensativa della responsabilità civile.
Allo stesso modo, devono essere rigettate le altre pretese risarcitorie richieste da parte ricorrente e non rientranti nell'indennità riconosciuta. ### spese di lite, in ragione del parziale accoglimento del ricorso, devono essere compensate nella misura del 70% e per la restante parte seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di ###, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando così provvede: 1. in accoglimento parziale del ricorso, dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna la società DI ### s.p.a. al pagamento in favore di parte ricorrente, ### D'### di un'indennità risarcitoria pari ad otto mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del T.F.R., sulla base dell'importo mensile di € 2.702,66, secondo le modalità di cui all'art. 3 co. 1 d.lgs. 23/2025, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data del licenziamento al saldo; 2. rigetta per il resto il ricorso; Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025 3. liquida le spese di lite in complessivi € 3.689,00 oltre rimb. Forf. al 15%, iva e cpa come per legge, di cui compensa il 70% e condanna la società resistente al pagamento in favore di parte ricorrente del restante 30% delle spese.
Si comunichi.
Aversa, 21/10/2025 il Giudice del ### dott. #### minuta del presente provvedimento è stata redatta con la collaborazione del ### dott.ssa ### Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 22/10/2025
causa n. 7582/2025 R.G. - Giudice/firmatari: Capolongo Barbato