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Tribunale di Catania, Sentenza n. 2760/2024 del 20-05-2024

... al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili”. La norma impone al giudice dell'impugnazione di valutare la sussistenza dei presupposti per l'affermazione di responsabilità civile dell'imputato, pur a fronte di una causa di estinzione del reato verificatasi nelle more del giudizio di secondo grado o successivamente, in una prospettiva di favor rispetto alla persona danneggiata che consente di non frustrarne il diritto al risarcimento del danno e alle restituzioni pur quando si sia verificato uno dei fatti estintivi specificamente (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI CATANIA ### persona del giudice unico, dott.ssa ### in funzione di giudice del lavoro, a seguito dell'udienza del 25.1.2024, sostituita ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. R.G. 5705/2020, promossa da ### (###), rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'Avv. ### -ricorrente contro ### (###) e I.C.E.A. S.R.L. ### (###), rappresentati e difesi, giusta procura in atti, dall'Avv. ### -resistente
Oggetto: risarcimento del danno differenziale; Conclusioni: come da ricorso, da memoria di costituzione, da note autorizzate e da note sostitutive dell'udienza ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c.  *  MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con ricorso depositato in data #### ha convenuto in giudizio la società ### s.r.l. dei ### nonché ### al fine di ottenere la condanna in solido al risarcimento del danno differenziale per l'infortunio a lui occorso in data ###, chiedendo accogliersi le seguenti conclusioni: “ritenere e dichiarare la responsabilità solidale del sig. ### e della ### s.r.l. in ordine all'incidente occorso al sig. ### in data ###. Conseguentemente condannare in solido gli stessi convenuti al risarcimento dei danni tutti patiti e patendi, patrimoniali e non, in favore del sig. ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 che ammontano a complessivi € 1.376.699.60 per come sopra meglio specificati, con gli interessi legali e la rivalutazione monetaria”. 
A fondamento delle proprie ragioni parte ricorrente ha dedotto: - di aver lavorato alle dipendenze di ### s.r.l. e di avere subito in data ###, durante lo svolgimento dell'attività lavorativa presso la cava di lava da frantumazione “### Icea”, un infortunio che gli aveva causato lesioni personali gravi consistite in “fratture multiple costali sia a destra che a sinistra, frattura dello sterno, perforazione e contusione del polmone con pneumotorace, frattura mielinica in ###, ### e ### con grave lesione midollare. Esiti di stabilizzazione vertebrale con arcodesi metallica. Inoltre, subiva frattura della seconda e terza vertebra lombare con paraplegia del tronco e arti inferiori, vescica neurogena e impotenza erigendi. Esiti di tracheotomia”; - che, nel dettaglio, mentre era intento a manovrare una pala meccanica, aveva scorto un pezzo di ferro sul nastro trasportatore dell'impianto di frantumazione a cui doveva conferire il materiale pietroso ed era pertanto salito sulla piattaforma della macchina frantumatrice per rimuoverlo, perdendo tuttavia l'equilibrio e cadendo nella fossa sottostante; - che i fatti erano stati accertati in sede penale nel procedimento nei confronti del rappresentante legale della società, ### del quale era stata accertata la responsabilità in primo grado, con sentenza n. 97/2012 del Tribunale di Catania, sezione distaccata di ### sia agli effetti penali che agli effetti civili, per violazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro di cui al D.Lgs. 81/2008 e per la violazione dell'art. 2087 c.c., con condanna generica al risarcimento del danno in favore di ### e quantificazione della provvisionale in € 25.000,00; - che le statuizioni civili erano state confermate in appello con sentenza della Corte d'Appello di Catania n. 361/2016 nonché con sentenza della Corte di Cassazione 15186/2018, che aveva annullato senza rinvio la sentenza d'appello per estinzione del reato per prescrizione e rigettato il ricorso quanto agli effetti civili; - di aver subito a causa dell'infortunio postumi invalidanti a carattere permanente consistenti in “paraplegia midollare arti inferiori con andatura paraparetica abbisognevole di doppio appoggio in pregresse fratture somatiche vertebrali multiple e - esiti di trauma toracico con fratture costali multiple, frattura sternale e contusione polmonarevescica neurogena e impotenza erigendi - esiti di tracheotomia”, quantificabili in un danno biologico permanente pari all'80% nonché di avere patito un periodo di inabilità temporanea assoluta pari a 240 giorni, inabilità temporanea parziale al 75% pari a 60 giorni, al 50% per ulteriori 60 giorni e al 25% per altro 60 giorni; ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 - di avere diritto al risarcimento del danno differenziale a titolo di danno biologico differenziale pari a € 730.506,00 oltre ad € 32.340,00 per danno da inabilità temporanea assoluta e parziale, con un incremento di € 290.000,00 a titolo di personalizzazione; - di avere altresì diritto al risarcimento del danno differenziale di tipo patrimoniale per la perdita totale della capacità lavorativa specifica, in misura pari a € 361.000,00; - di avere quindi diritto al pagamento della complessiva somma di € 1.376.699,60, detratta la provvisionale riconosciuta in sede penale e già versata, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria. 
Costituitesi in giudizio, le parti resistenti hanno spiegato ampie difese tese al rigetto del ricorso, eccependo il concorso di colpa del lavoratore nella causazione del danno, in quanto il comportamento tenuto, consistente nell'essere salito sulla macchina frantumatrice e sul nastro trasportatore della stessa, ove non era prevista la presenza e l'intervento di personale, è da ritenersi esorbitante rispetto alle mansioni assegnate e alle indicazioni fornite per lo svolgimento dell'attività lavorativa. Argomentando in punto di eccentricità e abnormità della condotta di ### le parti resistenti hanno rilevato che l'accertamento del nesso causale compiuto in sede ###varrebbe ad escludere la diversa valutazione dell'apporto causale in sede civilistica e, dunque la valutazione del concorso di colpa; hanno dedotto inoltre che le violazioni degli obblighi di prevenzione e sicurezza sul lavoro da parte del datore non avevano avuto alcuna incidenza sulla determinazione del danno, o comunque non avevano avuto incidenza esclusiva. 
In punto di quantum risarcitorio, i resistenti hanno eccepito l'indeterminatezza dei criteri di quantificazione del danno, tali da determinare la nullità della domanda risarcitoria; hanno altresì dedotto la natura satisfattiva ai fini risarcitori della rendita capitale liquidata da ### pari a € 195.271,58, il difetto di prova in ordine all'esistenza di circostanze tali da giustificare la maggiore liquidazione del danno per effetto della personalizzazione, oltre al difetto di allegazione e prova in ordine alla richiesta di risarcimento del danno patrimoniale, dal quale andrebbero comunque detratti gli importi già erogati dall'### Ritenuta la causa matura per la decisione dal precedente giudice titolare, il procedimento è stato rinviato per discussione all'udienza del 25.1.2024. La causa è stata assegnata alla scrivente a seguito di immissione in servizio del 30.11.2022. 
All'udienza del 25.1.2024, sostituita ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., le parti hanno concluso come da note scritte tempestivamente depositate in atti; la causa è stata quindi trattenuta per la decisione e definita con la presente sentenza.  ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 2. Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.  2.1. In via preliminare va chiarito che non si ravvisano lamentati vizi di nullità del ricorso per indeterminatezza dei criteri di quantificazione della domanda risarcitoria. Invero, “nel rito del lavoro, per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, non è sufficiente l'omessa indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, ma è necessario che attraverso l'esame complessivo dell'atto — che compete al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione — sia impossibile l'individuazione esatta della pretesa dell'attore e il convenuto non possa apprestare una compiuta difesa” (cfr. C. Cass. 3126/2011; in senso conforme tra le più recenti C. Cass. 19009/2018). 
Nel caso di specie sono chiaramente indicati tutti gli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la domanda, tanto che le parti resistenti hanno potuto spiegare ampie difese tese al rigetto del ricorso, non potendo dunque ravvisarsi alcuna indeterminatezza in punto di identificazione del petitum o della causa petendi.  3. Tanto chiarito, la domanda risarcitoria per cui è causa trae origine dall'infortunio occorso a ### nell'ottobre 2008 durante lo svolgimento dell'attività lavorativa alle dipendenze della convenuta ### s.r.l. presso la cava di lava da frantumazione gestita dalla datrice di lavoro. 
I fatti, così come descritti e incontestati da entrambe le parti negli atti introduttivi del giudizio, sono stati oggetto di accertamento in sede penale nel procedimento istaurato a carico di ### quale amministratore unico della ### s.r.l. e nell'ambito di tale procedimento penale il ricorrente si era costituito parte civile.  3.1. In particolare, con sentenza n. 92/2012 il Tribunale di Catania, sezione distaccata di ### accertata la dinamica dell'infortunio, la violazione degli obblighi in materia di sicurezza sul luogo di lavoro e l'esistenza di un nesso di causalità tra questi ultimi e le lesioni riportate dall'odierno ricorrente, ha condannato ### a sei mesi di reclusione per il reato di cui all'art. 590 co. 3 c.p. in relazione all'art. 583 co. 1 n. 1 c.p., nonché al risarcimento del danno nei confronti della parte civile ex art. 539 c.p.c. con condanna alla provvisionale commisurata in € 25.000,00. 
Su appello dell'imputato, la Corte d'Appello di Catania con sentenza n. 361/2016 ne ha confermato la responsabilità colposa per violazione dell'art. 2087 c.c. e delle disposizioni di ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 cui al D. Lgs. 81/2008, procedendo alla sola rideterminazione della pena nella misura di mesi quattro di reclusione. 
A seguito di ricorso per Cassazione, la Suprema Corte con sentenza n. 15186/2018 ha dichiarato estinto il reato per intervenuta prescrizione e, dovendo pronunciarsi sui capi della sentenza che concernono gli effetti civili ex art. 578 c.p.p., ha proceduto alla verifica degli elementi della fattispecie penale ai soli fini risarcitori, confermando la correttezza del giudizio di secondo grado e rigettando il ricorso proposto, con conseguente passaggio in giudicato delle statuizioni civili di condanna di cui alla sentenza della Corte d'Appello. In particolare, la Corte di Cassazione ha rilevato la correttezza del ragionamento giuridico della pronuncia di merito sia in punto di ricostruzione del nesso causale tra fatto ed evento, sia in punto di esclusione della rilevanza eziologica della condotta del lavoratore.  4. Le pronunce rese in sede ###particolare, il giudizio definitivo formatosi sulla condanna agli effetti civili di cui alla sentenza di appello, hanno rilevanza dirimente ai fini dell'accoglimento del ricorso, in quanto determinano una limitazione dell'accertamento demandato al giudice civile chiamato a pronunciarsi in sede risarcitoria a seguito della condanna generica intervenuta nel processo penale.  4.1. A riguardo, osserva il Tribunale che nel caso di specie l'efficacia di giudicato dell'accertamento di cui alla sentenza penale non discende dall'art. 651 c.p.p., invocato da entrambe le parti, bensì dal disposto dell'art. 578 c.p.p., il quale al primo comma dispone che “### nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili”. 
La norma impone al giudice dell'impugnazione di valutare la sussistenza dei presupposti per l'affermazione di responsabilità civile dell'imputato, pur a fronte di una causa di estinzione del reato verificatasi nelle more del giudizio di secondo grado o successivamente, in una prospettiva di favor rispetto alla persona danneggiata che consente di non frustrarne il diritto al risarcimento del danno e alle restituzioni pur quando si sia verificato uno dei fatti estintivi specificamente previsti (amnistia o prescrizione). 
Esula invece dall'ambito di applicazione della vicenda oggetto di esame il disposto dell'art. 651 c.p.p., il quale attribuisce efficacia di giudicato all'accertamento penale sulla sussistenza del fatto, sulla illeceità penale e sull'affermazione che l'imputato lo ha commesso solo nel caso in cui tali accertamenti discendano da una “sentenza penale irrevocabile di ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 condanna pronunciata in seguito a dibattimento”. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nell'affermare che l'art. 651 c.p.p., in quanto costituisce una deroga al principio generale di autonomia e separazione del giudizio penale e giudizio civile, è una norma eccezionale, non applicabile in via analogica ai casi non espressamente previsti e, dunque, non applicabile ad ipotesi in cui la sentenza non contenga una condanna dell'imputato per i profili di responsabilità penale (cfr. Cass. civ. S.U. n. 1768/2011; Cass. n. 21299/2014; Cass. 24475/2014).  4.2. Con specifico riguardo agli effetti nel giudizio civile della pronuncia resa dal giudice penale ai sensi dell'art. 578 c.p.p., la Corte di Cassazione a ### ha enunciato il principio così massimato: “### in sede penale, sia stata pronunciata in primo o in secondo grado la condanna, anche generica, alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile, ed il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidano sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, una tale decisione, se la predetta condanna resta confermata, comportando necessariamente, quale suo indispensabile presupposto, l'affermazione della sussistenza del reato e della sua commissione da parte dell'imputato, dà luogo a giudicato civile, come tale vincolante in ogni altro giudizio tra le stesse parti, in cui si verta sulle conseguenze, anche diverse dalle restituzioni o dal risarcimento, derivanti dal fatto, la cui illiceità, ormai definitivamente stabilita, non può più essere messa in discussione” (cfr. Cass. civ. S.U. 14921/2010). 
In senso conforme si è orientata anche la successiva giurisprudenza, che con riguardo alla portata del vincolo derivante dal giudicato sulle statuizioni civili ha precisato: “la sentenza del giudice penale che, nel dichiarare estinto per amnistia il reato, abbia altresì pronunciato condanna definitiva dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio, spiega, in sede civile, effetto vincolante in ordine all'affermata responsabilità dell'imputato che, pur prosciolto dal reato, non può più contestare in sede civile i presupposti per l'affermazione della sua responsabilità, quali, in particolare, l'accertamento della sussistenza del fatto reato e l'insussistenza di esimenti ad esso riferibili, nonché la declaratoria iuris di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni, ma può contestare soltanto l'esistenza e l'entità in concreto di un pregiudizio risarcibile (Cass., sentt. n. 2083 del 2013, n. 15557 del 2002)” (cfr.  11467/2020, in motivazione; cfr. in senso analogo Cass. n. 5660/2018).  ### giudicato sulle statuizioni civili produce dunque un effetto di stabilizzazione dell'accertamento quanto agli elementi costitutivi fattuali della responsabilità ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 risarcitoria che fondano la pronuncia di condanna generica; ciò preclude al giudice civile, successivamente adito per la quantificazione del danno, di rivalutare la sussistenza dei presupposti per l'affermazione di responsabilità, salvo ritenere in concreto inesistente il danno o limitare l'entità delle conseguenze pregiudizievoli risarcibili.  4.3. Tra i presupposti costitutivi accertati in sede penale, dei quali è esclusa la rivalutazione in sede civile, ritiene il Tribunale che sia ricompreso anche il nesso causale tra condotta dell'imputato/danneggiante e danno evento subito dal soggetto leso, inteso quale lesione al bene giuridico tutelato dall'ordinamento (id est nel caso di specie, il diritto alla salute e all'integrità psicofisica del lavoratore). Invero, l'accertamento dei fatti costitutivi del reato che ingenerano in sede penale l'affermazione della responsabilità, pur solo agli effetti civili, implica che sia stata positivamente valutata la lesione del bene giuridico protetto dalla norma penale e che sussista un nesso causale tra la condotta dell'imputato e la lesione medesima (c.d.  danno evento). Da tale lesione potranno poi discendere plurime conseguenze risarcibili, la cui selezione e quantificazione e rimessa al giudice in sede civile (c.d. danno conseguenza). 
Si condivide, a riguardo, l'orientamento espresso dalla Suprema Corte nella sentenza 8477/2020 che, chiamata a pronunciarsi sulla portata vincolate dell'accertamento compiuto in sede penale ex art. 578 c.p.p., ha osservato quanto segue: “### la giurisprudenza di questa Corte la sentenza del giudice penale che, accertando l'esistenza del reato e la sua estinzione per intervenuta prescrizione, abbia altresì pronunciato condanna definitiva dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, demandandone la liquidazione ad un successivo e separato giudizio, spiega, in sede civile, effetto vincolante in ordine alla "declaratoria iuris" di generica condanna al risarcimento ed alle restituzioni, ferma restando la necessità dell'accertamento, in sede civile, della esistenza e della entità delle conseguenze pregiudizievoli derivate dal fatto individuato come "potenzialmente" dannoso e del nesso di derivazione causale tra questo e i pregiudizi lamentati dai danneggiati (Cass. 9 marzo 2018, 5660; 14 febbraio 2019, n. 4318). 
Il giudice di merito non ha effettuato l'indagine in ordine al nesso di causalità sulla base dell'affermazione che trattandosi di giudicato di condanna relativo ad un reato di danno, l'esistenza del danno doveva ritenersi implicita nell'accertamento e non poteva formare oggetto di ulteriore accertamento in sede ###con riferimento al soggetto che lo avesse subito ed alla misura di esso. Ai fini di tale statuizione ha fatto riferimento a Cass. Sez. U. 25 febbraio 2010, n. 4549. Si legge in tale pronuncia effettivamente che "per l'esistenza del diritto al risarcimento del danno può non bastare la condanna penale - in quanto non tutti i reati producono un danno - senza peraltro che possano essere rimessi in discussione, nel relativo ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 giudizio civile o amministrativo, l'accertamento della sussistenza del fatto, la sua illiceità penale e la sua commissione da parte del condannato. Peraltro l'accertamento dell'esistenza del danno, nei cosiddetti reati di danno, è implicita nell'accertamento del "fatto-reato" e pertanto non deve e non può formare oggetto di ulteriore accertamento, in negativo o in positivo, in sede ###con riferimento al soggetto o ai soggetti che lo abbiano subito ed alla misura di esso". Tale affermazione deve essere letta con riferimento alla peculiarità della concreta fattispecie, relativa ad un'ipotesi di truffa a danno di un ente regionale, e deve soprattutto essere interpretata alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, anche successiva, di cui si è dato conto sopra. Sulla base di quest'ultima giurisprudenza deve concludersi nel senso che, quando si afferma che l'esistenza del danno, nei cosiddetti reati di danno, è implicita nell'accertamento del "fatto-reato", il riferimento, sulla base delle regole di diritto civile, è al danno evento, avvinto al fatto da un nesso di causalità materiale, ma non al danno conseguenza, per il quale l'indagine da compiere è quella del nesso di causalità giuridica fra l'evento di danno e le sue conseguenze pregiudizievoli (art. 1223 c.c.). 
In relazione all'accertamento del danno conseguenza, sotto il profilo dell'esistenza del nesso di causalità (oltre che il profilo dell'esistenza e quantificazione del danno), resta quindi ferma all'esito del giudicato penale la competenza del giudice civile anche con riferimento all'ipotesi del reato cosiddetto di danno. […]”.  5. Alla luce dei suesposti principi, risultano infondate le deduzioni di parte resistente in ordine al carattere abnorme della condotta di ### esorbitante rispetto alle mansioni alle quali il dipendente avrebbe dovuto attendere e tale da porsi come “fattore causale, determinante, delle conseguenze lesive riportate” con la conseguenza che “le violazioni degli obblighi di prevenzione da parte del datore di lavoro, accertate in sede ###hanno avuto alcuna incidenza - e certamente, non hanno avuto incidenza esclusiva - nella determinazione dell'evento dannoso”. 
Attraverso le superiori deduzioni, parte ricorrente sollecita una rivalutazione della correlazione causale tra la condotta negligente tenuta dal datore di lavoro e la verificazione dell'evento di danno, inammissibile in questa sede. 
Invero, il giudice penale ha accertato la violazione della normativa in materia di sicurezza sul lavoro e la sua idoneità causale a produrre la lesione all'integrità fisica del lavoratore, ossia l'evento di danno, secondo il criterio dell' “oltre ogni ragionevole dubbio” che è proprio del giudizio penale, per cui risulta preclusa ogni ulteriore valutazione in punto di efficienza causale delle violazioni accertate rispetto alla verificazione del danno medesimo.  ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024
Va peraltro rilevato che la Corte d'Appello ha espressamente affrontato la tematica della efficienza causale della condotta di ### rispetto alla verificazione dell'infortunio e ne ha escluso la natura eccentrica, riconducendo piuttosto il comportamento del lavoratore a modalità di svolgimento dell'attività rientranti nelle prestazioni assegnate e tollerate dall'azienda. 
In particolare, i giudici di secondo grado hanno rilevato che il lavoratore aveva agito “in base ad una “prassi consolidata” all'interno dell'azienda, volta a velocizzare procedure di lavorazione favorite dai responsabili aziendali […] emerge compitamente che la ditta tollerasse, di fatto, che anche gli autisti si occupassero delle piccole riparazioni. […] Ne consegue, pertanto, che il comportamento del ### volto ad evitare il danneggiamento del macchinario per l'introduzione di un oggetto in ferro non possa, certamente, costituire fatto esorbitante dalle mansioni che, nella consuetudine, erano svolte, con tolleranza dei soggetti preposti dagli addetti alla conduzione dei mezzi. […] Tale intervento poteva, senza dubbio, rientrare nell'alveo di quei comportamenti che i lavoratori perpetrano quando ritengono di aver acquisito piena competenza e abilità nelle mansioni da svolgere, tanto da consentire, a loro giudizio, l'adozione di tecniche e procedure operative ulteriori; comportamenti, in quanto tali, certamente prevedibili e neutralizzabili dai soggetti preposti, attraverso gli opportuni accorgimenti. In definitiva, come già correttamente rilevato dal Tribunale, si tratta di attività rientrante nell'ambito del segmento lavorativo attribuito all'infortunato, privo di carattere di stranezza e assoluta imprevedibilità, ed anzi, connessa all'espletamento della normale attività lavorativa del ### […] (cfr pag. 8 e s.s. della sentenza). 
La Corte ha dunque ritenuto l'esistenza della correlazione causale tra le violazioni contestante al datore di lavoro e l'infortunio occorso a ### affermando l'efficienza eziologica delle prime rispetto alla produzione dell'evento e ritenendo che la condotta del lavoratore fosse pienamente coerente con il normale svolgimento dell'attività lavorativa e con le modalità organizzative adottate dall'impresa, per come accertate in sede penale, sicché rimane adesso esclusa ogni diversa valutazione del fatto, in forza della quale ritenere che la condotta del lavoratore abbia da sola causata l'evento, atteso che ciò confliggerebbe con tutta evidenza con quanto accertato dal giudice penale. 
Risulta pertanto irrilevante la richiesta delle parti resistenti di produrre in atti i file video funzionali alla ricostruzione dell'infortunio. 
Per la medesima ragione, risultano inammissibili in quanto irrilevanti i capitoli di prova testimoniale articolati nella memoria di costituzione.  ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 5.1. Parte resistente sollecita altresì la rivalutazione della condotta tenuta dal lavoratore ai fini del riconoscimento di un concorso di colpa ex art. 1227 c.c., in modo da ridurre la percentuale di danno imputabile al datore di lavoro. 
Nel caso di specie le difese di parte resistente vertono, in sintesi, sull'affermazione della natura abnorme del comportamento del ricorrente (già sopra esaminata), sulla violazione delle disposizioni aziendali che vietavano di salire sui macchinari per effettuare interventi manutentivi, sull'elusione del sistema di contenimento dei rischi da parte del lavoratore, che si sarebbe distolto dalla propria attività attinente alla movimentazione della motopala e, avvedendosi del pezzo di metallo sulla macchina frantumatrice alla quale doveva conferire materiale, vi era salito sopra e, ignorando gli ostacoli fisici presenti sulla macchina, aveva raggiunto il nastro trasportatore per poi scivolare e cadere nella fossa sottostante.  5.2. Ebbene, posta la distinzione sopra compiuta tra danno-evento e danno-conseguenza, ritiene il Tribunale che la valutazione consentita al giudice civile dopo la condanna ex art. 578 c.c. possa essere afferente alla sola selezione delle conseguenze risarcibili eventualmente non correlate all'inadempimento datoriale, mentre nessun sindacato può in questa sede essere compiuto sulla ricostruzione della causalità materiale tra condotta inadempiente e dannoevento. 
La valutazione del concorso di colpa in sede civile può dunque riguardare o aspetti valutativi che non attengono alla ricostruzione del fatto, ma alla sola selezione delle conseguenze risarcibili (ad es. conseguenze risarcitorie ulteriori rispetto alla lesione dell'integrità psicofisica, bene direttamente protetto dalla fattispecie di reato) o aspetti del fatto che non sono stati esaminati in sede ###caso contrario il diverso accertamento è precluso in quanto incontra il limite dell'efficacia della pronuncia agli effetti civili di cui all'art. 578 c.p.c. (cfr. per un caso di infortunio sul lavoro analogo a quello di specie, Cass. n. 26009/2023).  ### del concorso di colpa in sede civile deve pertanto fondarsi sulla deduzione di danni ulteriori che il danneggiato avrebbe potuto evitare con l'ordinaria diligenza o sulla deduzione di diverse modalità della condotta del lavoratore o aspetti della dinamica del fatto non considerati in sede penale, i quali possano essere rivalutati ai sensi dell'art. 1227 c.p.c.  in quanto non coperti dal giudicato. Tale regola deve essere poi adeguata alle circostanze del caso concreto e, in particolare, al tipo di accertamento effettuato in sede ###possibile che il giudice penale abbia già valutato la condotta del lavoratore ai fini della eziologia del fatto e ne abbia escluso l'incidenza causale, così precludendo al giudice civile una rivalutazione di profili già oggetto di giudizio.  ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024
In tal senso è orientata la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale “con riguardo alla questione qui in esame relativa alla possibilità di desumere dal giudicato penale effetti preclusivi dell'accertamento in sede ###concorso di colpa del danneggiato, che - poichè una concausa può bensì ridurre la responsabilità civile del danneggiante ai sensi dell'art. 1227 c.c., comma 1, ma non esclude di regola la responsabilità penale, per il principio di equivalenza causale ex art. 41 cod. pen. - l'eventuale apporto causale colposo del danneggiato non necessariamente costituisce lo stesso fatto accertato dal giudice penale per gli effetti di cui all'art. 651 cod. proc. civ. e può essere dunque invocato a proprio favore dal danneggiante convenuto in giudizio per il risarcimento. 
Se, infatti, come detto, la ricostruzione storico-dinamica dell'accaduto è preclusiva di un nuovo accertamento da parte del giudice civile, che non può procedere ad una diversa ed autonoma ricostruzione dell'episodio, quest'ultimo può invece indagare su altre modalità del fatto non considerate dal giudice penale ai fini del giudizio a lui demandato, come nella specie il comportamento della parte lesa, negli aspetti in nessun modo esaminati dal giudice penale ed incidenti sull'apporto causale nella produzione dell'evento” (cfr. Cass. 15392/2018).  5.3. Ebbene, nel caso di specie osserva il Tribunale che, per un verso, le conseguenze pregiudizievoli delle quali il ricorrente chiede il risarcimento sono principalmente correlate alla lesione dell'integrità psicofisica e, dunque, sono discendenti in via diretta e immediata dal danno evento (lesione del diritto alla salute), tanto da determinarne una quasi sostanziale sovrapposizione. Non può dunque dirsi che tali danni non siano conseguenza dell'illecito accertato in sede ###quanto essi si risolvono nel pregiudizio cagionato al bene tutelato dalla fattispecie di reato, che costituisce invero un reato di danno. 
In punto di selezione delle conseguenze risarcibili, non si ravvisa, né invero è stata allegata da parte resistente, una condotta del lavoratore successiva al verificarsi del danno e che ne abbia aggravato gli effetti.  5.4. Per altro verso, anche ove si volesse ritenere sindacabile e rivalutabile il concorso di colpa del danneggiato nella causazione materiale dell'evento ex art. 1227 c.c., nessuna condotta colposa potrebbe essere imputata nel caso di specie al lavoratore. 
Invero, in sede penale è stato accertato che il datore di lavoro ha del tutto omesso l'adempimento degli obblighi informativi nei confronti del lavoratore e l'adozione di adeguate misure di prevenzione nonché di organizzazione del luogo di lavoro atte a evitare l'infortunio e, d'altra parte, è stato accertato che il ricorrente ha agito in modo conforme alle prassi aziendali. 
È opportuno richiamare a riguardo le statuizioni della sentenza della Corte d'Appello 361/2016. ### la Corte: “Nel caso in esame, va osservato come il lavoratore abbia agito ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 in base ad una “prassi consolidata” all'interno dell'azienda, volta a velocizzare procedure di lavorazione favorite dai responsabili aziendali, non potendo essere in tal senso dirimente la circostanza che il teste L'### capo cantiere della ### abbia riferito di avere dato istruzioni ai lavoratori in caso di guasto di un macchinario nel senso di spegnere il macchinario e chiamare il manutentore. 
Ed in fatti è emersa, viceversa, in dibattimento la circostanza che i lavoratori della ditta ### fossero all'occorrenza impiegati anche in lavori di manutenzione degli impianti, non solamente sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa - ritenute dal primo giudice pienamente attendibili con motivazione che si condivide integralmente in quanto coerenti e scevre da qualsivoglia contrasto interno - : “Nel caso di un guasto al rullo chiamavamo il meccanico quando era proprio che non potevamo fare niente noi…” (vd. Pag. 20 verbale di udienza del 10.02.2011); ma, altresì, sulla base della deposizione resa dal teste ### da cui emerge compitamente che al ditta tollerasse, di fatto, che anche gli autisti si occupassero delle piccole riparazioni […] Ne consegue, pertanto, che il comportamento del ### volto ad evitare il danneggiamento del macchinario per l'introduzione di un oggetto in esso non possa, certamente, costituire un fatto esorbitante delle mansioni che, nella consuetudine, erano svolte, con la tolleranza dei soggetti preposti, dagli addetti alla conduzione dei mezzi […] Quanto al dovere d'informazione gravante sul datore di lavoro - dovere che avrebbe dovuto riguardare tutte le attività cui di fatto era preposti gli impiegato nella ditte ### s.r.l.  - atteso che sono mancate del tutto le indicazioni circa i tempi, le modalità ed il personale nei cui confronti tali corsi erano stati tenuti oltre che dati probatori cui poter fare riferimento in tal senso. 
A fronte di tali lacune probatorie a sostegno della tesi difensiva circa la insussistenza di responsabilità in capo al datore di lavoro ### l'istruttoria ha invece fornito elementi certi cui ancorare la responsabilità dell'imputato con riferimento alla totale carenza organizzativa dell'azienda sotto il profilo della prevenzione degli infortuni sul lavoro […]” Il giudice penale ha accertato che il documento di sicurezza e salute presentato dalla datrice di lavoro non era aggiornato e non riportava la presenza degli impianti di frantumazione, che non vi era alcuna protezione nel luogo in cui era caduto l'infortunato, che nessun tipo di formazione era stata resa al lavoratore in merito alla riparazione del macchinario per la frantumazione e che “nessun verbale di formazione ed informazione sull'attività non solo di tipo generico sulle norme antinfortunistiche ma anche di tipo specifico per le mansioni che doveva espletare il lavoratore addetto all'impianto di frantumazione della lava” era stata ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 fornita. Ancora, la Corte d'Appello ha ritenuto accertata “l'insussistenza, presso la ditta citata, della dotazione di dispositivi di protezione individuale sui lati di quota in violazione dell'articolo 19 co. 1 lett. d del Dlgs n. 81/08, oltre che la mancanza agli atti dell'azienda della valutazione del datore di lavoro sulle capacità, attitudini virgola e condizioni dei lavoratori rispetto alle mansioni conferite agli stessi, omettendo nello specifico anche la sorveglianza sanitaria del medico competente voluta dalla normativa antinfortunistica”. 
Posto che le violazioni del datore di lavoro, nei termini di cui sopra accertati, non sono più sindacabili in questa sede ###92/2018 cit.), osserva il Tribunale che non vi sono i presupposti per affermare che la condotta del ricorrente abbia assunto gli estremi del concorso colposo. 
Invero, l'intervento di ### sulla macchina frantumatrice per l'eliminazione di un ostacolo che ne poteva impedire il corretto funzionamento è stato compiuto sulla base delle direttive datoriali che prevedevano l'intervento diretto degli operai e anche degli autisti per la risoluzione di problematiche di carattere semplice afferenti alle macchine utilizzate, che non necessitassero dell'intervento specialistico dei meccanici. 
Inoltre, le rilevanti mancanze in punto di rispetto degli obblighi in materia antinfortunistica assorbono l'eventuale condotta imprudente del lavoratore, alla quale non può essere imputato un concorso di colpa. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nell'affermare che “In tema di tutela delle condizioni di lavoro del lavoratore subordinato, il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al dipendente, sia quando ometta di adottare le misure protettive, comprese quelle esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del dipendente medesimo, sia quando, pur avendole adottate, non vigili affinché queste siano di fatto rispettate; ne consegue che, in tutte le ipotesi in cui vi sia inadempimento datoriale rispetto all'adozione di cautele, tipiche o atipiche, concretamente individuabili, nonché esigibili "ex ante" ed idonee ad impedire il verificarsi dell'evento dannoso, la condotta colposa del prestatore non può avere alcun effetto esimente e neppure può rilevare ai fini del concorso di colpa” (cfr. Cass. n. 25597/2021, così massimata; in senso conforme Cass. n. ###/2022; Cass. n. 15112/2020; Cass. 2209/2016. Cfr. anche Cass. ###/2019, così massimata: “In materia di infortuni sul lavoro, al di fuori dei casi di rischio elettivo, nei quali la responsabilità datoriale è esclusa, qualora ricorrano comportamenti colposi del lavoratore, trova applicazione l'art. 1227, comma 1, c.c., tuttavia, la condotta incauta del lavoratore non comporta un concorso idoneo a ridurre la misura del risarcimento ogni qual volta la violazione di un obbligo di prevenzione da parte del datore di lavoro sia munita di incidenza esclusiva rispetto alla determinazione dell'evento dannoso; in particolare, ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 tanto avviene quando l'infortunio si sia realizzato per l'osservanza di specifici ordini o disposizioni datoriali che impongano colpevolmente al lavoratore di affrontare il rischio, quando l'infortunio scaturisca dall'integrale impostazione della lavorazione su disposizioni illegali e gravemente contrarie ad ogni regola di prudenza o, infine, quando vi sia inadempimento datoriale rispetto all'adozione di cautele, tipiche o atipiche, concretamente individuabili, nonché esigibili ex ante ed idonee ad impedire, nonostante l'imprudenza del lavoratore, il verificarsi dell'evento dannoso”). 
Alla luce dei superiori principi, ritiene dunque il Tribunale che non possa essere imputato a ### un concorso colposo nella causazione dell'evento.  6. Riconosciuta in sede penale la responsabilità ex art. 2087 c.c. ed escluso il concorso colposo del lavoratore, occorre a questo punto esaminare la domanda di parte ricorrente in punto di an delle conseguenze risarcibili e quantum del risarcimento. 
Con il ricorso introduttivo del giudizio ### ha chiesto condannarsi i resistenti in solido al risarcimento del danno non patrimoniale in termini di danno biologico permanente, di inabilità temporanea assoluta e parziale, oltre al danno patrimoniale per la perdita della capacità lavorativa.  7. Quanto al danno biologico il ricorrente ha allegato di aver subito in conseguenza all'infortunio postumi lesivi dell'integrità psicofisica consistenti in “paraplegia midollare arti inferiori con andatura paraparetica abbisognevole di doppio appoggio in pregresse fratture somatiche vertebrali multiple e - esiti di trauma toracico con fratture costali multiple, frattura sternale e contusione polmonarevescica neurogena e impotenza erigendi - esiti di tracheotomia”, con esiti permanenti quantificati nella misura dell'80%. 
Ha altresì dedotto di aver patito un danno al bene salute per inabilità temporanea da quantificare in 240 giorni di inabilità temporanea assoluta, 60 giorni per inabilità temporanea parziale al 75%, altri 60 giorni al 50% e ulteriori 60 giorni al 25%.  ### delle lesioni subite dal ricorrente, così come il grado di menomazione dell'integrità psicofisica permanente e temporanea, non sono stati oggetti di specifica contestazione da parte dei resistenti, che hanno contestato la sola indeterminatezza dei criteri di calcolo utilizzati per la quantificazione del danno risarcibile.  ###à del danno, come dedotta in ricorso, trova peraltro riscontro nella documentazione versata in atti. In particolare, il grado di menomazione permanente dell'integrità psicofisica trova riscontro nel prospetto di calcolo del valore della rendita capitale ### allegato da parte ricorrente, ove è riportato un grado finale pari all'80% (cfr. doc. 9 allegato al ricorso). Il danno da inabilità temporanea non è stato specificamente contestato dai resistenti ed è supportato sotto ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 il profilo probatorio dal periodo di indennizzo considerato dall'### a fini della liquidazione della indennità per inabilità temporanea assoluta, nonché dal periodo di malattia indicato nel prospetto contributivo ### di parte ricorrente, oltre che dalla relazione di consulenza medica prodotta in atti (cfr. doc. 11, 14 e 8 allegati al ricorso).  7.1. Al fine di quantificare la misura risarcitoria del danno biologico permanente, ritiene il Tribunale di fare applicazione delle ### elaborate dall'### sulla giustizia civile di ### da ultimo aggiornate nel 2021, sulla scorta di quanto precisato dalla giurisprudenza di legittimità in ordine all'utilizzo delle predette tabelle ai fini della garanzia, nella valutazione equitativa del danno, della uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi (v. Cass. 12408/2011; Cass. n. 14402/2011). 
Le tabelle prevedono un sistema a c.d. punto di invalidità che consente di commisurare l'ammontare del danno risarcibile al grado di menomazione dell'integrità psicofisica subita dal danneggiato (percentuale di invalidità) in rapporto all'età del soggetto. ### liquidabile indicato nelle tabelle è comprensivo di due voci (A+B), la prima riferibile al danno biologico, che include anche degli aspetti dinamico-relazionali, e la seconda relativa all'incremento percentuale per la sofferenza soggettiva (c.d. danno morale) presuntivamente determinata in rapporto al tipo di lesione all'integrità psicofisica accertata. Il valore monetario è poi suscettibile di ulteriore personalizzazione, laddove le circostanze del caso concreto consentano di affermare che il danneggiato abbia subito un maggior danno sia per gli aspetti anatomo-funzionali e relazionali, sia per gli aspetti di sofferenza soggettiva.  7.2. Nel caso di specie la liquidazione del danno biologico permanente va effettuata tenendo conto del grado di invalidità permanente riscontrata, pari all'80%, e dell'età del danneggiato al momento dell'infortunio (48 anni). ### risarcitorio così determinato è pari a € 740.612,0, di cui € 493.741,00 per danno biologico ed € 246.871,00 per sofferenza soggettiva interiore, da ritenersi presuntivamente sussistente in ragione della commissione di un fatto di reato, delle modalità dell'infortunio, del lungo periodo di ricovero anche in rianimazione, come risultante dalla documentazione sanitaria versata in atti, e della particolare gravità delle lesioni subite dal lavoratore.  7.3. Ritiene invece il Tribunale che non sussistano i presupposti per procedere ad un aumento personalizzato del danno risarcibile. 
A riguardo, il ricorrente ha dedotto di aver patito un danno dinamico relazionale che ha inciso in senso peggiorativo sulle sue relazioni esterne, sulla vita intima di coppia con la moglie, negata irreversibilmente, e consistente altresì nell'impossibilità di attendere ad attività praticate ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 nel tempo libero quali andare in bicicletta, dedicarsi alla cura del proprio podere, viaggiare con la moglie. 
Tali circostanze sono tuttavia rimaste solo allegate e indimostrate nel corso del processo, atteso che il ricorrente non ha articolato nessun mezzo di prova che consenta al giudice di apprezzare se la lesione alla sfera dinamico-relazionale si sia prodotta in misura maggiore rispetto a quella che già deve considerarsi ricompresa in via presuntiva nella liquidazione tabellare del danno biologico. 
Il ricorrente non ha dunque provato significativi elementi tali da suffragare la sussistenza di “conseguenze dinamico-relazionali anomale e del tutto peculiari” e da legittimare, pertanto, l'ulteriore personalizzazione prevista dalle tabelle di ### 2021 al riguardo (cfr. C.  7513/2018, cit., secondo cui inoltre “### che i pregiudizi relazionali rappresentano l'ubi consistam del danno alla salute, va confermata, in parte qua, la pronuncia di merito che, una volta riconosciuto che la vittima di un infortunio, a causa del medesimo, aveva ridotto le proprie frequentazioni, abbia ritenuto che tale pregiudizio fosse compreso nel danno alla salute e che pertanto, alla vittima non spettasse alcun risarcimento aggiuntivo rispetto all'importo risultante dall'applicazione dei parametri tabellari”).   Come da ultimo ribadito dalla Corte di Cassazione, infatti, “In presenza di un danno permanente alla salute, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico, e l'attribuzione di una ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente (quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale: ovvero il danno dinamicorelazionale). In presenza di un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può essere aumentata solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale ed affatto peculiari. Le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l'id quod plerumque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento” (cfr. C. Cass. 28988/2019).   In mancanza di specifica allegazione e prova dell'esistenza, nel caso concreto, di significative peculiarità, va dunque esclusa la possibilità di procedere all'ulteriore “aumento personalizzato” (nella specie sino al 25%) previsto dalle tabelle milanesi 2021, non reputandosi a tal fine sufficienti le generiche deduzioni effettuate da parte ricorrente nell'atto introduttivo.  ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 7.4. Venendo all'esame della liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla lesione temporanea del bene salute, esso va liquidato tenuto conto del valore monetario per ogni giorno di inabilità assoluta fissato dalla ### di ### pari ad € 99,00.  ### dovuto va dunque determinato tenendo conto dei giorni di inabilità temporanea assoluta così come indicati dal ricorrente, nonché della riduzione proporzionale del sopra indicato valore per i giorni di inabilità temporanea parziale; dalla moltiplicazione dell'importo di € 99,00 o di quello proporzionalmente ridotto per le giornate di inabilità corrispondenti, si ottengono valori superiori rispetto a quelli quantificati in ricorso, entro il cui ammontare va dunque liquidato il danno da parte del Tribunale, non potendosi riconoscere un importo maggiore rispetto a quanto richiesto dal ricorrente (a titolo esemplificativo, l'ammontare liquidabile per 240 giorni di inabilità temporanea assoluta è pari a € 23.760,00, mentre il ricorrente ha chiesto € 23.520,00).  ### totale dovuto a titolo di risarcimento per inabilità temporanea assoluta e parziale, tenuto conto delle quantificazioni compiute in ricorso, è dunque pari a € 32.340,00.  7.5. La liquidazione del danno non patrimoniale complessivamente patito dal ricorrente è dunque pari ad € 772.952,00. 
Dall'ammontare del risarcimento del danno non patrimoniale spettante al ricorrente va detratto l'importo riconosciuto dall'### a titolo di danno biologico, dovendosi procedersi alla liquidazione del c.d. danno differenziale (come peraltro richiesto dallo stesso ricorrente). 
Siccome evidenziato dalla Suprema Corte, invero, “Il giudice nella liquidazione del danno biologico c.d. differenziale, di cui il datore di lavoro è chiamato a rispondere nei casi in cui opera la copertura assicurativa ### in termini coerenti con la struttura bipolare del danno-conseguenza, deve operare un computo per poste omogenee, sicché, dall'ammontare complessivo del danno biologico, va detratto non già il valore capitale dell'intera rendita costituita dall'### ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare, in forza del d.lg. n. 38 del 2000, art. 13, il danno biologico stesso, con esclusione, invece, della quota rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato, volta all'indennizzo del danno patrimoniale, senza che su tale soluzione spieghi effetti lo ius superveniens rappresentato dalla l. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1126, (legge finanziaria per l'anno 2019) che ha modificato il d.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, atteso che dette modifiche non possono trovare applicazione in riferimento agli infortuni sul lavoro verificatisi e alle malattie professionali denunciate prima del 1° gennaio 2019” (cfr. C. Cass. 13645/2019). 
Al riguardo, la Corte di Cassazione ha altresì precisato che “In tema di danno cd.  differenziale, la diversità strutturale e funzionale tra l'erogazione ### ex art. 13 del d.lgs.  ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 38 del 2000 ed il risarcimento del danno secondo i criteri civilistici non consente di ritenere che le somme versate dall'istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del pregiudizio subito dal soggetto infortunato o ammalato, con la conseguenza che il giudice di merito, dopo aver liquidato il danno civilistico, deve procedere alla comparazione di tale danno con l'indennizzo erogato dall'### secondo il criterio delle poste omogenee, tenendo presente che detto indennizzo ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale; pertanto, occorre dapprima distinguere il danno non patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest'ultimo alla quota ### rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato; successivamente, con riferimento al danno non patrimoniale, dall'importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) per poi detrarre dall'importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita ### destinata a ristorare il danno biologico permanente. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, pur accogliendo il criterio della comparazione tra poste omogenee, non aveva liquidato il danno per invalidità temporanea ed aveva calcolato il danno differenziale detraendo il valore della rendita dall'importo-base spettante a titolo di danno biologico, senza riconoscere la maggiorazione dovuta alla personalizzazione del danno stesso)” (cfr. C. Cass. 9112/2019). 
Stante quanto sopra, dall'importo spettante a parte ricorrente a titolo di danno biologico permanente va detratto il valore capitale della sola quota della rendita ### destinata a ristorare il medesimo danno biologico permanente. 
Nella specie, siccome emerge dal “### di calcolo del valore capitale della rendita di inabilità / menomazione permanente” (cfr. doc. 9 allegato al ricorso) il valore capitale del danno biologico ristorato è pari a € 195.271,58. 
Non va invece detratto dal quantum del danno non patrimoniale l'importo dall'### corrisposto a titolo di indennità giornaliera per l'inabilità temporanea assoluta, atteso che non si tratta di posta omogena, in quanto il relativo importo è funzionale a ristorare il danno patrimoniale da perdita della retribuzione (cfr. Cass. 4972/2018). 
Per l'effetto, l'importo complessivo dovuto al ricorrente a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente all'infortunio in esame è pari ad € 577.680,42. Sul predetto importo, liquidato all'attualità, spettano, per compensare il mancato tempestivo godimento dell'equivalente pecuniario del bene perduto, gli interessi legali a decorrere dalla data dell'infortunio (1.10.2008) sino al soddisfo, da calcolarsi, tuttavia, sulle somme devalutate alla data del 2008 e rivalutate anno per anno secondo gli indici #### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 8. Ad avviso di questo giudicante, va invece rigettata la domanda attorea concernente il risarcimento del danno patrimoniale subito, sub specie di perdita della capacità lavorativa specifica, non avendo parte ricorrente specificamente allegato e provato l'esatto ammontare della contrazione dei redditi conseguita all'infortunio per cui è causa. 
La domanda articolata in ricorso sconta un evidente difetto di allegazione, apparendo generica, laddove il ricorrente si è limitato a dedurre di avere patito un “### da lucro cessante derivante dalla totale perdita della capacità lavorativa specifica. Il calcolo va rapportato alla totale riduzione della capacità lavorativa specifica, tenuto conto del reddito annuo percepito, anche come danno futuro, e dello scarto tra vita fisica e vita lavorativa […]”, senza tuttavia nulla specificare in ordine all'ammontare della retribuzione persa o alle attuali condizioni economiche reddituali. 
Con precipuo riferimento alla perdita della capacità di lavoro specifica, la giurisprudenza di legittimità ha inoltre costantemente affermato che «la menomazione della capacità lavorativa specifica un pregiudizio di carattere patrimoniale, il grado di invalidità permanente determinato da una lesione all'integrità psico-fisica, quantunque di elevata entità, non determina ipso facto la riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica del danneggiato né, conseguentemente, una diminuzione del correlato guadagno, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di un'attività produttiva di reddito (o, trattandosi di persona non ancora dedita ad attività lavorativa, che presumibilmente avrebbe svolto) e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso (cfr., ex plurimis, Cass., 10/03/2016, n. 4673; Cass. 10/07/2015, n. 14517; Cass., 03/07/2014, n. 15238; Cass., 05/02/2013, n. 2644; Cass., 12/02/2013, n. 3290). 
Alla stregua degli ordinari criteri di riparto dell'onere probatorio, grava sul danneggiato l'asseverazione, anche tramite elementi di natura presuntiva, del pregresso concreto svolgimento di una attività economica o del possesso di una qualificazione professionale acquisita e non ancora esercitata compromessi, nella loro effettiva realizzabilità, dall'evento lesivo: indefettibile presupposto, in punto di an debeteatur, per la ristorabilità della perdita patrimoniale patita, liquidabile poi, in difetto di una precisa dimostrazione del reddito non conseguibile, in base al parametro, costituente soglia minima di risarcimento, del triplo della pensione sociale (oltre a Cass. n. 14517/2015, cit., vedi specificamente sul punto Cass.,12/02/2015, n.2758)» (così Cass. n. 5786/2017). 
Nel caso di specie non sono stati offerti specifici elementi che consentano al giudice di determinare con ragionevole grado di certezza l'an e il quantum della riduzione della capacità lavorativa e la diminuzione del correlato guadagno, né è stata specificamente richiamata ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024 documentazione dalla quale evincere circostanze indiziarie atte a consentire di ritenere raggiunta la prova in ordine all'esistenza di tale danno. 
Tali carenze di allegazioni non possono essere colmate dal giudice, nemmeno facendo ricorso ai propri poteri d'ufficio, atteso che questi ultimi non possono essere utilizzati per sopperire alle carenze in punto di allegazione, “valendo il principio generale per cui il giudice - se può sopperire alla carenza di prova attraverso il ricorso alle presunzioni ed anche all'esplicazione dei poteri istruttori ufficiosi previsti dall'art. 421 cod. proc. Civ. - non può invece mai sopperire all'onere di allegazione che concerne sia l'oggetto della domanda, sia le circostanze in fatto su cui questa trova supporto” (Cass., civ., Sez. ### 24 marzo 2006, 6572).  9. In conclusione, alla stregua di quanto precede, la domanda risarcitoria deve essere accolta parzialmente e nei limiti della somma di € 577.680,42. 
Dall'ammontare sopra indicato va detratto l'importo della provvisionale concessa in sede penale e pari ad € 25.000,00, che il ricorrente ha dedotto di avere già ricevuto. 
Le parti resistenti vanno dunque condannate in solido a pagare al ricorrente la somma capitale di € 552.680,42, oltre rivalutazione monetaria e interessi.  10. Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e, liquidate come in dispositivo tenuto conto del valore causa determinato in ragione della somma oggetto di condanna, vanno poste a carico delle parti resistenti.  P.Q.M.  Il Tribunale di Catania, in persona della giudice dott.ssa ### in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 5705 /2020 R.G. così statuisce: condanna in solido ### e ### s.r.l. dei ### al pagamento in favore di ### della complessiva somma di € 552.680,42, oltre rivalutazione e interessi; rigetta nel resto il ricorso; condanna le parti resistenti al pagamento, in favore di parte ricorrente, delle spese processuali, che si liquidano in complessivi € 9.942,00 per compensi, oltre ### CPA e spese forfettarie al 15%, come per legge ### 14/05/2024 La giudice del lavoro ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 20/05/2024

causa n. 5705/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Cunsolo Chiara

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Tribunale di Ragusa, Sentenza n. 798/2019 del 16-09-2019

... un processo penale (nella specie, per truffa), poi definito per prescrizione del reato, nel successivo giudizio promosso in sede civile per la ripetizione di indebito, la pregressa costituzione ha valore interruttivo della prescrizione in quanto, ai sensi dell'art. 185 cod., pen. ogni reato obbliga, oltre che al risarcimento, alle restituzioni, sicché l'esperimento della azione civile nel processo penale è di per sé idonea ad identificare il "petitum" della domanda, senza che occorrano ulteriori enunciazioni formali rispetto a quella del legame eziologico che collega la pretesa stessa al fatto-reato. Si consideri, peraltro, che non pare corretto eccedere in formalismi nominalistici in ordine alle voci di danno escluse o non richieste da parte danneggiata nella sua costituzione di parte (leggi tutto)...

TRIBUNALE ORDINARIO di RAGUSA SEZIONE CIVILE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il giudice unico, dott. ### ha emesso la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. r.g.1739/2014 R.G. promossa da: ### C.F. ### rappresentato e difeso dagli Avv.ti ### e ### come da procura a margine dell'atto di citazione; ATTORE contro ### C.F. ### rappresentata e difesa dall'Avv.  ### come da mandato alle liti rilasciato su foglio separato e depositato congiuntamente alla comparsa responsiva CONVENUTO ### P.I. ### rappresentata e difesa dall'avv. ### come da mandato a margine della comparsa di risposta; nonché contro ### P.I. ### rappresentata e difesa dall'avv. ### come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; ### S.P.A. C.F. ### rappresentata e difesa dall'avv.  ### come da procura alle liti versata in atti su foglio separato unitamente alla comparsa responsiva; ### OGGETTO: Responsabilità professionale medica *** (ai sensi dell'art. 132 c.p.c. come modificato dalla l. n. 69 del 18.6.2009 non si riporta l'esposizione dello svolgimento del processo) ***  CONCLUSIONI ATTORE: “...accertare e dichiarare , per i motivi sopra esposti , responsabilità degli odierni convenuti congiuntamente e disgiuntamente ovvero anche in solido tra di loro, per i danni subiti dall'odierno attore; accertare e dichiarare l'entità del danno patito dal sig. ### nella misura del grado permanente pari al 90% dell'inabilità temporanea e del conseguente livello di danno biologico secondo le tabelle di ### ovvero in via subordinata accertare e dichiarare anche tramite C.T.U. il diverso maggiore o minore grado di invalidità, inabilità e danno biologico subiti dall'odierno attore; conseguentemente, e per l'effetto, condannare i responsabili al risarcimento del danno fino alla concorrenza di 976.364,00 euro(90% su una persona che all'epoca del sinistro aveva 19 anni), ovvero a quella diversa maggiore o minore somma che dovesse accertarsi all'esito della C.T.U. Dal confronto con le tabelle di ### oltre al danno materiale patito nella misura documentabile di euro 18903,60 (spese farmaceutiche necessarie indicate alla nota 2) e a quello non documentabile che si chiede di valutare anche tramite C.T.U. Ovvero in via equitativa nella misura di euro 45.000,00; in via subordinata accertare e dichiarare la responsabilità degli odierni convenuti congiuntamente e disgiuntamente ovvero anche in solido tra di loro, per i danni fisici dell'odierno attore in quota parte pari al 30% del danno patito; ovvero, sempre in via subordinata , accertare e determinare anche a mezzo C.T.U. il grado di incidenza della condotta colpevole degli odierni convenuti anche a titolo di danno iatrogeno; conseguentemente e per l'effetto, condannare i convenuti, anche in solido tra loro, al pagamento della complessiva somma di euro 292.909,20, ovvero quella diversa maggiore o minore somma corrispondente al livello di incidenza causale accertato , ovvero a quell'ammontare ritenuto equo e giusto dal Decidente ; con vittoria di spese e compensi......” CONCLUSIONI PARTE CONVENUTA: ### Dire, ritenere e dichiarare infondate tutte le richieste avanzate nei suoi confronti dal sig. ### per mezzo dell'### di citazione notificatole, pertanto, rigettare ogni domanda attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto e più in particolare, • In via preliminare, per tutto quanto sopra evidenziato e dedotto, dichiarare e sancire la prescrizione del diritto fatto valere dal sig. ### a mezzo del presente giudizio, essendo abbondantemente trascorso, per tutte le ragioni esposte in premessa o con qualsiasi altra statuizione, il temine di cinque dal presunto fatto illecito; • Nel caso in cui il Tribunale dovesse ravvisare la natura contrattuale del rapporto, dichiarare comunque la prescrizione del diritto fatto valere dall'attore in quanto sono trascorsi oltre dieci anni sia dal verificarsi dell'evento, sia dal ### di archiviazione emesso dal GIP del Tribunale di Modica relativamente al presunto reato di lesioni ex art. 590 c.p.; • In via subordinata, nella non temuta ipotesi in cui il Tribunale dovesse ritenere che la domanda azionata sia da porre in correlazione con il reato di omissioni di atti di ufficio ex art. 328 c.p. piuttosto che a quello di lesioni colpose ex art. 590 c.p., rientrando, a questo punto, tale ipotesi nell'ambito del fatto illecito, dichiarare comunque la prescrizione del diritto per decorso dei termini di legge.  • In via di mero subordine, nel merito, dire e ritenere che la dott.ssa ### nell'occorso, non ha tenuto alcun comportamento illecito né, tantomeno, ha commesso alcuna omissione e o rifiuto di atto del suo ufficio; • Conseguentemente rigettare ogni domanda attorea; In via ancor più gradata, nell'ipotesi in cui dovesse emergere, nel corso del giudizio che, nell'occorso la dott.ssa ### abbia tenuto una condotta omissiva, dire e ritenere inesistente il nesso causale tra le lesioni riportate dall'attore e il presunto comportamento omissivo della convenuta, rigettando integralmente, anche in tal caso, le richieste attoree; • In via ulteriormente gradata, dire e ritenere che l'eventuale comportamento omissivo della convenuta ha comportato solo un minimo aggravamento delle lesioni subite dall'attore, già di per sé gravissime al momento dell'impatto e, quindi, ritenere l'incidenza della presunta condotta colpevole della ### in misura non superiore al 5%.  • Dire e ritenere, nel quantum, eccessive, spropositate e non provate le richieste risarcitorie, con conseguente integrale loro rigetto.  • Vinte le spese ed i compensi di causa.  CONCLUSIONI CONVENUTA: #### Contrariis reiectis; 1) Preliminarmente dire ritenere e dichiarare l'improcedibilità dell'azione per il difetto del tentativo (incontro preliminare) di media-conciliazione (…); 2) (…) dichiarare la nullità dell'atto di citazione (…) per mancato rispetto dei termini a comparire; 3) (…) dichiarare l'intervenuta prescrizione dei diritti azionati dall'attore (…); 4) Nel merito ritenere e dichiarare l'inammissibilità ed infondatezza della domanda attorea (…); 5) In subordine, qualora codesto Giudice adito dovesse inopinatamente ritenere provati i fatti dedotti (…) dichiarare (…) il concorso di colpa del danneggiato (…); 6) In via di ulteriore subordine (…) dire e ritenere la responsabilità del medico convenuto e (…) condannare lo stesso al pagamento di quanto eventualmente l'azienda convenuta fosse tenuta a pagare all'attore (…); 7) In via ulteriormente gradata (…) dichiarare (…) il diritto dell'odierna deducente ad ottenere la chiesta manleva (…) in tal caso, conseguentemente, condannare la compagnia di assicaurazioni ### S.P.A. (### s.p.a) in persona del suo legale rappresentante pro tempore e/o la ### (…) al risarcimento in via esclusiva di tutte le somme che il Giudice adito riterrà comunque di liquidare (…).  (…) con vittoria di spese del presente giudizio.  CONCLUSIONI TERZA CHIAMATA: ### S.P.A.  contrariis reiectis, disattesa ogni diversa e/o contraria istanza, deduzione e/o eccezione in accoglimento di tutto quanto richiesto anche nel corpo del presente atto: respingere per tutte le ragioni esposte in narrativa le domande tutte formulate nei confronti della concludente in quanto infondate in fatto e diritto con conseguente condanna alla rifusione delle spese; in via subordinata, nella remota e non temuta ipotesi in cui l'###mo Decidente Adito ritenesse la sussistenza di una qualche responsabilità e/o corresponsabilità riconducibile alla dott.ssa ### ritenere e dichiarare ai sensi e per gli effetti dell'art.  1227 c.c. il concorso di colpa del danneggiato. Il tutto in ogni caso con condanna al pagamento delle competenze e onorari del presente giudizio. Con espressa riserva di articolare ogni ulteriore attività difensiva, richiesta istruttoria e/o produzione documentale.  CONCLUSIONI TERZA CHIAMATA: #### - accertare e dichiarare la carenza di legittimazione processuale passiva di ### - accertare e dichiarare l'intervenuta prescrizione del diritto azionato da parte attorea; - accertare e dichiarare l'improcedibilità della domanda per i motivi indicati nell'atto introduttivo del giudizio; NEL MERITO IN VIA PRINCIPALE - accertare e dichiarare l'insussistenza di qualsivoglia responsabilità in capo all'Asp di ### per i fatti di causa e, pertanto, respingere tutte le domande proposte nei confronti della stessa in quanto infondate nell'an e nel quantum debeatur, con assorbimento della domanda di manleva e indennizzo da essa avanzata nei confronti di ### NEL MERITO IN VIA SUBORDINATA nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento, anche parziale, delle domande attoree con accertamento di qualsivoglia responsabilità in capo all'Asp di ### accertare e dichiarare: - l'inoperatività della polizza ### n. ###/07 per i motivi tutti esposti in atti, con conseguente esclusione di qualsivoglia addebito a carico di ### e, pertanto, respingere ogni domanda di manleva e indennizzo proposta nei confronti di ### - per l'effetto, condannare parte convenuta chiamante in causa per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.; NEL MERITO IN VIA ULTERIORMENTE SUBORDINATA nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento, anche parziale, delle domande attoree con accertamento di qualsivoglia responsabilità in capo all'Asp di ### nonché dell'operatività della polizza ### - accertare e dichiarare ### tenuta a manlevare l'Asp convenuta, tenendo conto del massimale indicato in polizza e dei limiti della franchigia pari ad € 150.000,00; - accertare e dichiarare #### della polizza ###/07 tenuta a manlevare e tenere indenne l'Asp di ### secondo il grado e la quota di responsabilità a quest'ultima ascrivibile, esclusivamente nei limiti del contratto, della quota di pertinenza e del massimale assicurativo, eventualmente in regime di coassicurazione ex art. 1910 c.c. con gli altri ### coinvolti nel presente procedimento. 
IN OGNI CASO nell'ipotesi in cui il Tribunale dovesse accertare la responsabilità per dolo o colpa grave del medico, per i fatti di cui in narrativa, accertare e dichiarare ad ### il diritto di rivalsa nei confronti dello stesso, con conseguente condanna della Dott.ssa ### a restituire ad ### tutti gli importi che quest'ultima sarà eventualmente tenuta a versare a parte attrice in manleva dell'Asp di ### In ogni caso, con vittoria di spese, diritti ed onorari, oltre accessori.  MOTIVI IN DIRITTO DELLA DECISIONE *** § Considerazioni preliminari in astratto sulla disciplina applicabile alla fattispecie. 
Preliminarmente occorre, in diritto, precisare la disciplina applicabile alla fattispecie tenuto conto peraltro dei recenti interventi normativi che hanno interessato la materia della responsabilità del medico e della struttura sanitaria. 
Risponde a consolidato orientamento della Corte di Cassazione l'inquadramento della responsabilità dell'ente ospedaliero e del medico nell'ambito di quella contrattuale.  ### del paziente in una struttura (pubblica o privata) deputata a fornire assistenza sanitaria - ospedaliera, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto (v, Cass., 19/10/2006, n. 22390; Cass., 24/5/2006, n. 12362; Cass., 19/4/2006, n. 9085; Cass., 26/1/2006, n. 1698; Cass., 28/5/2004, n. 10297; Cass., 21/7/2003, 11316; Cass., 14/7/2003, n. 11001; Casa., 11/3/2002, n. 3492; Cass., 10/9/1999, n. 9198; Cass., 22/1/1999, n. 589; Cass., 2/12/1998, n. 12233; Cass., 27/7/1998, n. 7336; Cass., 11/4/1995, n. 4152; Cass., 27/5/1993, 5939; Cass., 4/8/1988, n. 6707; Cass., 1/3/1988, n. 2144; Cass., 8/3/1979, n. 1716; Cass., 21/12/1978, n. 6141) di prestazione d'opera atipico di spedalità, essendo essa tenuta ad una prestazione complessa che non si esaurisce nella prestazione delle cure mediche e di quelle chirurgiche (generali e specialistiche) già prescritte dalla L. n. 132 del 1968, art. 2, ma si estende ad una serie di altre prestazioni, quali la messa a disposizione di personale medico ausiliario e di personale paramedico, di medicinali, e di tutte le attrezzature tecniche necessarie, nonché di quelle lato sensu alberghiere (v. Cass., 26/1/2006, n. 5 1698; Cass., 14/7/2004, n. 13066; Cass., Sez. Un., l/7/2002, n. 9556; Cass., 22/1/1999, n. 589; Cass., 21/12/1978, n. 6141). 
La responsabilità dell'ente ospedaliero ha pertanto natura contrattuale sia in relazione a propri fatti d'inadempimento (ad es., in ragione della carente o inefficiente organizzazione relativa alle attrezzature o alla messa a disposizione di medicinali o del personale medico ausiliario e paramedico, o alle prestazioni di carattere alberghiero) sia per quanto concerne il comportamento in particolare dei medici dipendenti, trovando nel caso applicazione la regola posta dall'art. 1228 c.c., secondo cui il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si avvale dell'opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro (V. Cass., 24/5/2006, n. 12362; Cass., 4/3/2004, n. 4400; Cass., 8/1/1999, n. 103), ancorché non siano alle sue dipendenze (v. Cass., 21/2/1998, n. 1883; Cass., 20/4/1989, n. 1855). 
I principi delineati dalla giurisprudenza sulla responsabilità della struttura sanitaria sono stati autorevolmente ribaditi e ulteriormente specificati dalle ### della Corte di Cassazione che con le sentenze n. 576 - 585 secondo cui: oggetto dell'obbligazione della struttura sanitaria non è solo la prestazione del medico ma una prestazione complessa di assistenza sanitaria; non è possibile differenziare il regime della responsabilità della struttura sulla base della sua natura pubblica o privata; è altresì il medesimo il regime giuridico della responsabilità tra medico operante in struttura pubblica e privata dovendosi escludere che il per il medico operante nella prima tipologia di struttura siano applicabili le limitazioni di responsabilità previste agli artt. 22 e 23 del D.P.R. 10.01.1957 n. 3 per gli impiegati civili dello Stato (limitazione della responsabilità al dolo e alla sola colpa grave).; irrilevante è lo status giuridico del medico in relazione alla struttura sanitaria sussistendo comunque un collegamento tra la prestazione medica e l'organizzazione aziendale. 
Riguardo alla responsabilità del medico dell'ente ospedaliero verso il paziente è stato ritenuto che la natura contrattuale di tale responsabilità discenda dal c.d.  “contatto sociale” instaurantesi tra quest'ultimo ed il medico chiamato ad adempiere nei suoi confronti la prestazione dal medesimo convenuta con la struttura sanitaria (v. Cass., 19/4/2006, n. 9085; Cass., 26/1/2006, n. 1698; Cass., 29/9/2004, n. 19564; Cass., 21/6/2004, n. 11488; Cass., 14/7/2004, n. 13066; Cass., 28/5/2004, n. 10297; Cass., 19/5/2004, n. 9471; Cass., 21/7/2003, n. 11316; Cass., 22/12/1999, n. 589). 
Nel contatto sociale è infatti da ravvisarsi la fonte di un rapporto che quanto al contenuto non ha ad oggetto la "protezione" del paziente bensì una prestazione che si modella su quella del contratto d'opera professionale, in base al quale il medico è tenuto all'esercizio della propria attività nell'ambito dell'ente con il quale il paziente ha stipulato il contratto, ad essa ricollegando obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi emersi o esposti a pericolo in occasione del detto "contatto", e in ragione della prestazione medica conseguentemente da eseguirsi. 
A tale stregua, pertanto, la responsabilità tanto del medico che dell'ente ospedaliero trova titolo nell'inadempimento delle obbligazioni ai sensi degli artt, 1218 ss. c.c. (v. Cass., 19/4/2006, n. 9085; Cass., 21/6/2004, n. 11488; Cass., 11/3/2002, n. 3492; Cass., 22/12/1999, n. 589). 
Eppure detto quadro giurisprudenziale è stato messo in discussione a seguito dell'entrata in vigore di recenti interventi normativi. In particolare, nel 2012 con il d.l. n. 158 - convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012 189 - è stato modificato il regime della responsabilità penale del medico. Invero, ai sensi dell'art. 3, del d.l., rubricato “### professionale dell'esercente le professioni sanitarie” è stato disposto che: « ### la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2043 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo». 
Il legislatore sembra pertanto avere introdotto una scriminante al ricorrere della quale il medico dovrà essere assolto. Inoltre, la norma nel rinviare alla responsabilità civile, citando esplicitamente l'art. 2043 c.c., sembra avere indirettamente affermato che la responsabilità medica abbia natura extracontrattuale nonostante la giurisprudenza propenda ormai da diverso tempo nell'attribuire natura contrattuale alla responsabilità in parola. 
Parte della giurisprudenza ha, conseguentemente, ritenuto che il richiamo all'art. 2043 c.c. di cui all'art. 3 L. n. 189 del 2012 rappresenti una precisa scelta del legislatore volta a limitare l'entità del danno risarcibile, mediante il richiamo agli artt. 138 e 139 cod. ass., nonché "contenere la spesa pubblica e arginare il fenomeno della "medicina difensiva" (#### 9693/2014). 
Da ultimo, il legislatore con l. n. 24 dell'8 marzo 2017 ha operato una distinzione fra responsabilità della struttura sanitaria e dell'esercente la professione sanitaria. Invero, il comma 1 dell'art. 7 della l. n. 24/2017 afferma che la struttura sanitaria risponde ai sensi degli artt. 1218 e 1228 nei confronti dei pazienti per i danni causati dagli esercenti di cui si avvale la struttura senza che rilevi il fatto che l'operatore responsabile non sia dipendente della struttura medesima. Diversamente, al comma 3, dell'art. 7, in commento, si dispone che l'esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell'art. 2043 c.c., salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. 
Occorre, pertanto, domandarsi se le previsioni normative da ultimo citate siano applicabili anche ai giudizi in corso rispetto a fatti, come nel caso di specie, avvenuti antecedentemente all'entrata in vigore dei testi normativi. 
Di certo la questione interpretativa non si pone tanto in riferimento alla responsabilità della struttura sanitaria rispetto alla quale gli interventi normativi citati hanno di fatto confermato l'orientamento giurisprudenziale di cui si è dato ampiamente conto, ma la natura della responsabilità del medico giacché ove si propendesse, in assenza di disposizioni transitorie, per attribuire, per così dire, valenza interpretativa alle disposizioni in commento dovrebbe concludersi per ritenere applicabile la disciplina aquiliana, ben più sfavorevole al danneggiato. 
Questo giudice, sul punto, aderisce alla tesi dell'inapplicabilità retroattiva della c.d. legge Gelli a fatti già verificatesi al momento della sua entrata in vigore perché, diversamente ragionando, verrebbe leso il legittimo affidamento dei consociati in ordine al regime contrattuale della responsabilità del medico (in tal senso v. ### sentenza del 12 ottobre 2017, n. 1806). 
Da ciò deriva che le fattispecie perfezionatesi in epoca antecedente all'entrata in vigore della riforma de qua dovranno continuare ad essere regolate dai principi del previgente quadro normativo e giurisprudenziale, sicché si dovrà applicare la normativa della responsabilità contrattuale anche al medico in quanto fondata sulla ormai ben conosciuta teoria del contatto sociale. 
Sul punto, si condividono gli argomenti a sostegno della tesi in commento enunciati dalle pronunce qui brevemente richiamate: - ### sentenza del 4 ottobre 2017, la quale ha precisato che «(…) il principio della irretroattività della legge, contenuto nell'art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre ai rapporti giuridici esauritisi prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi nel fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali o future di esso; In particolare: «Per quanto riguarda le norme sostanziali, il principio di irretroattività, in assenza di diverse disposizioni, comporta che la legge nuova possa essere applicata ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in se stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore»; - Ancora, ### sentenza del 3 aprile 2018, n. 1456, nella quale il Giudice ha sottolineato che: «(…) in assenza di una norma transitoria che autorizzi l'applicazione retroattiva di tale ius superveniens ai fatti generatori di responsabilità pregressi rispetto alla sua entrata in vigore, deve ritenersi operante la regola generale di cui all'art. 11 disp. prel. cod. civ.». 
§ Sulla improcedibilità dell'azione.  ### convenuta ha eccepito la mancanza della condizione di procedibilità della presente azione sostenendo che non è stato correttamente esperito il tentativo di media-conciliazione obbligatorio prescritto dalla legge (cfr. art. 5, comma 1 bis, d.lgs n. 28/2010).  ### è infondata. 
Il tentativo di conciliazione è stato ritualmente esperito e di ciò si ha tangibile prova dalla lettura del verbale di mediazione negativo allegato in atti del 21.5.2014 ove, peraltro, si dà conto delle avvenute notifiche da parte dell'attore ai convenuti in ordine al procedimento di mediazione allora in corso. 
Nessuna discrasia, del resto, è dato rilevare tra quanto sinteticamente prospettato in sede ###giudizio tenuto conto che dai fatti indicati l'attore ha chiaramente chiesto il risarcimento del danno derivante dalle presunte omissioni tenute dalla ### proponendo in questa sede una variante alle sue domande solo in ordine al quantum debeatur; un prima richiesta di risarcimento del danno, per così dire, onnicomprensiva ed un'altra che tiene conto del solo danno differenziale da aggravamento della patologia pregressa (sul punto si ricordi che parte attrice può modificare e proporre nuove domande sino alla prima memoria 183, comma 6, n. 1 c.p.c. ricorrendo le condizioni indicati dalla giurisprudenza di legittimità cfr. da ultimo Cassazione civile sez. un., 13/09/2018, n.22404). In definitiva, le convenute sono state messe nelle condizioni di partecipare consapevolmente al procedimento di mediazione e pertanto deve dirsi perfezionata o sussistente la relativa condizione di procedibilità. 
§ Ancora in via preliminare: sulla eccezione di prescrizione del diritto al risarcimento del danno. 
Nel caso che ci occupa, merita preliminare trattazione l'eccezione di prescrizione sollevata ritualmente dai convenuti. 
In sintesi, quest'ultimi sostengono che la responsabilità della convenuta, semmai fosse configurabile, avrebbe carattere extracontrattuale dunque il diritto al risarcimento del danno si prescriverebbe nel termine quinquennale o, in ogni caso, nel diverso termine decennale o quello indicato dalla legge per la prescrizione del reato comunque, alla data di notifica dell'atto di citazione, ampiamente decorsi posto che i fatti per cui è causa sono avvenuti il 14 agosto del 2000 e l'atto di citazione è stato notificato nel 2014. 
Sul punto l'attore osserva nella propria memoria 183, comma 1, c.p.c.: (…) il provvedimento emesso dal Collegio del ### di Modica in data ### ha disposto “la condanna dell'imputata ### al risarcimento dei danni morali in favore della costituita parte civile da liquidarsi in separato giudizio” (cfr. pag. 16 sentenza n. 133/2004 - allegata in atti). 
Ciò evidentemente prova due cose: a) c'è stata la costituzione di parte civile del danneggiato ### che ha evidentemente interrotto i termini di prescrizione, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2943 c.c. (cfr. Cassazione civile sez. un. 05 aprile 2013 n. 8348) 1 (### B); b) esiste in capo alla Dott.ssa ### una condanna generica definitiva emessa dal ### di Modica, mai revisionata né annullata. 
Infatti, nonostante l'esplicita richiesta di revisione contenuta nell'atto di appello proposto della condannata (### C), tale punto della sentenza non è stato riformato nel successivo giudizio d'appello, il cui provvedimento conclusivo (sent.  n. 520/2009 - ### in atti) com'è noto si è limitato esclusivamente alla declaratoria di non doversi procedere per il decorso dei termini di prescrizione del reato, lasciando inalterato l'accertamento dei fatti compiuto dal Giudice di prime cure. 
Dunque, non essendo stato annullato e in assenza di ricorso in Cassazione, il capo della sentenza che ha disposto la condanna della Dott.ssa ### al risarcimento dei danni morali (rectius: non patrimoniali) è divenuto cosa giudicata formale a far data dal 24.11.2009 (quindici giorni dopo il ### - cfr. art. 544 c.p.p.). 
Orbene, chiarito come visto che la responsabilità del medico si prescrive nell'ordinario termine decennale ai sensi dell'art. 2943 c.c., la prescrizione deve ritenersi interrotta con la proposizione della domanda risarcitoria o comunque da ogni altro atto che valga a costituire in more il debitore. Sul punto, secondo il costante insegnamento della S.C. di Cassazione la costituzione di parte civile è un atto con cui la persona danneggiata dal reato (o i suoi successori universali) intende ottenere il risarcimento del danno che è scaturito dall'azione delittuosa del reo. Tale effetto interruttivo, che si ricollega all'esercizio dell'azione civile nel processo penale, ha carattere permanente protraendosi per tutta la durata del processo; in caso di estinzione del reato per prescrizione, tale effetto cessa alla data in cui diventa irrevocabile la sentenza che dichiara l'estinzione, tranne che la parte civile abbia revocato la costituzione o non abbia, comunque, coltivato la pretesa, venendo in tal caso meno la volontà di esercitare il diritto che è alla base dell'effetto interruttivo (Cass. sez. VI, 28-04- 2014, (06-02-2014), n. 17799). 
Da ultimo, la Cassazione civile sez. III, 14/02/2019, n.4318 ha affermato che: l'actio iudicati ex art. 2953 c.c. opera anche in relazione ad una pronuncia definitiva di condanna generica emessa in sede ###difetto di espressa limitazione contenuta in tale pronuncia, si estende a tutte le pretese risarcitorie comunque correlate al reato, senza possibilità di ritenere soggette al termine di prescrizione quinquennale di cui all'art. 2947 c.c. pretese relative a danni che, sebbene non specificamente dedotti nell'atto di costituzione di parte civile, siano comunque conseguenti al reato. 
Si legge ancora nella citata sentenza della Cassazione civile sez. III, 14/02/2019, n.4318 che: “ La condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, pur presupponendo che il giudice abbia riconosciuto il relativo diritto alla costituita parte civile, non esige e non comporta alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, postulando soltanto l'accertamento della potenziale capacità lesiva del fatto dannoso e dell'esistenza - desumibile anche presuntivamente, con criterio di semplice probabilità - di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato, mentre resta impregiudicato l'accertamento, riservato al giudice civile, in ordine all'"an" - in concreto - ed al "quantum" del danno da risarcire. Entro tali limiti, detta condanna, una volta divenuta definitiva, ha effetti di giudicato sulla azione civile e portata onnicomprensiva, riferendosi ad ogni profilo di pregiudizio scaturito dal reato, ancorché non espressamente individuato nell'atto di costituzione di parte civile o non fatto oggetto di pronunce provvisionali, che il giudice non abbia formalmente dichiarato di escludere nel proprio "dictum". 
Da quanto sopra premesso si deve escludere che la pretesa risarcitoria possa dirsi prescritta la stessa avendo natura decennale e che le eventuali imprecisioni o lacune nella domanda risarcitoria contenuta nella costituzione di parte civile non valgono di per sé a ritenere perfezionata la prescrizione per le voci di danno non contemplate nella stessa ovvero non espressamente escluse nella statuizione di condanna ove dal tenore complessivo dell'atto di costituzione appaia inequivoco che la persona offesa dal reato abbia inteso chiedere il risarcimento di tutti i danni scaturenti dal fatto di reato. ### parte, nella costituzione di parte civile versata in atti appare chiaro che l'### abbia inteso chiedere la condanna al risarcimento dei danni scaturenti dal fatto di reato. Si legge, infatti, nella stessa: (…) La costituzione di parte civile viene effettuata per conseguire il risarcimento di tutti i danni morali e materiali, allo stato, non ancora quantificabili, che egli ha subito in conseguenza del mancato, tempestivo intervento degli imputati, nelle rispettive qualità (…) la evidenziata circostanza che “non sentiva più le gambe”, avrebbe dovuto indurre il sanitario interessato ad ipotizzare, intanto, che, nel caso di specie, si trattava di “soggetto traumatizzato di colonna cervicale”, e, pertanto, come la scienza medica suggerisce, si imponeva, con immediatezza, la immobilizzazione con collare cervicale e appoggio rigido del rachide torac-lombare, ed il trasporto “protetto” presso la struttura ### e ciò proprio per evitare il possibile aggravamento e la irreversibilità del trauma subito. 
Ancora più chiara sul punto appare Cassazione civile sez. III, 29/07/2014, n.17226 secondo cui: In caso di costituzione di parte civile in un processo penale (nella specie, per truffa), poi definito per prescrizione del reato, nel successivo giudizio promosso in sede civile per la ripetizione di indebito, la pregressa costituzione ha valore interruttivo della prescrizione in quanto, ai sensi dell'art.  185 cod., pen. ogni reato obbliga, oltre che al risarcimento, alle restituzioni, sicché l'esperimento della azione civile nel processo penale è di per sé idonea ad identificare il "petitum" della domanda, senza che occorrano ulteriori enunciazioni formali rispetto a quella del legame eziologico che collega la pretesa stessa al fatto-reato. 
Si consideri, peraltro, che non pare corretto eccedere in formalismi nominalistici in ordine alle voci di danno escluse o non richieste da parte danneggiata nella sua costituzione di parte civile perché, come noto, per diverso tempo o perlomeno sino a quando sulla materia non sono intervenute le ### nel 20081, danno morale, danno esistenziale e danno biologico, venivano spesso impropriamente utilizzati nella prassi giudiziaria quali formule definitorie generiche descrittive di tutti i pregiudizi di natura non patrimoniale. 
Su altro versante, non è corretto ritenere che in base alla fattispecie di reato contestata alla odierna convenuta cioè l'art. 328 c.p. debba escludersi, in ragione degli interessi preminentemente tutelati dalla norma, il nesso tra domanda risarcitoria e fattispecie astratta di reato tenuto conto che l'art. 185 c.p. al comma 2 statuisce che: “ogni reato”, che abbia cagionato un danno 1 Nella Sentenza S.U. n. 26972/08 si legge al paragrafo 3.13: “In conclusione deve ribadirsi che il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata ‘danno esistenziale', perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell'atipicità, sia pure attraverso l'individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo do danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario ne è necessitata dall'interpretazione costituzionale dell'art. 2059 cc, che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo ### ( principi enunciati dalle sentenze n. 15022/2005, 11761/2006, n.23918/2006, che queste ### fanno propri)”.Con la pronuncia in commento la S.C. ha altresì chiarito come il ‘danno morale' inteso come “turbamento dell'animo, dolore intimo sofferti, ad esempio, dalla persona diffamata o lesa nell'identità personale, senza lamentare degenerazione patologiche della sofferenza” (Cass. Civ. S.U. 26972/08) rientra nel danno biologico che, nel suo ambito, racchiude sia il danno derivante da pregiudizio fisico, sia quello derivante da turbamento morale.  patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui. 
Ciò che la norma, pertanto, sembra richiedere ai fini della risarcibilità del danno è che lo stesso possa porsi in collegamento con la fattispecie di reato (causalità giuridica) a prescindere dagli interessi tutelati dalla norma. 
§ Sul giudicato della condanna generica al risarcimento del danno nonché sull'onere della prova. 
Ora ciò affermato, l'attore sottolinea nei suoi scritti difensivi che il capo della sentenza che ha disposto la condanna della ### al risarcimento dei danni morali è divenuto cosa giudicata formale a far data dal 24.11.2009 (quindici giorni dopo il ###). 
Sul tema della utilizzabilità della sentenza penale, anche per quella che dispone il non luogo a procedere, è intervenuta la Corte di Cassazione a ### con la sentenza n. 1768/2011. 
Nel corpo della pronuncia delle ### si dà atto dell'esistenza di due distinti orientamenti giurisprudenziali: ### per un primo orientamento, la sentenza del giudice penale di proscioglimento, pronunciata all'esito di accertamenti di fatto, avrebbe efficacia vincolante per il giudice civile quanto alla materiale sussistenza dei fatti accertati dal giudice penale (si citano al riguardo Cass. 14328/00; 810/95); ### per un secondo orientamento, invece, la sentenza penale che dichiari il reato estinto per prescrizione non avrebbe alcuna efficacia vincolante nel successivo giudizio civile di risarcimento (si citano al riguardo 3084/97; 1319/96; 342/96; 10551/98). 
Orbene, la S.C. dopo l'interessante excursus storico-normativo e giurisprudenziale addiviene alla seguente conclusione con connessa affermazione del relativo principio di diritto: - (…) può concludersi nel senso che, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, devono ritenersi definitivamente espunti dall'ordinamento i principi di unitarietà delle giurisdizioni civile e penale e della conseguente prevalenza del giudizio penale sul giudizio civile, vigendo, piuttosto il principio della parità ed originarietà dei diversi ordini giurisdizionali e della sostanziale autonomia e separazione dei giudizi, ad eccezione di determinati tipi formali di pronuncia per ipotesi tassativamente prescritte. Deve essere, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: "La disposizione di cui all'art. 652 c.p.p. (così come quelle degli artt. 651, 653 e 654 del codice di rito penale) costituisce un'eccezione al principio dell'autonomia e della separazione dei giudizi penale e civile, in quanto tale soggetta ad un'interpretazione restrittiva e non applicabile in via analogica oltre i casi espressamente previsti. Ne consegue che la sola sentenza penale irrevocabile di assoluzione (per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima) pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni ed il risarcimento del danno, mentre alle sentenze di non doversi procedere perché il reato è estinto per prescrizione o per amnistia non va riconosciuta alcuna efficacia extrapenale, benché, per giungere a tale conclusione, il giudice abbia accertato e valutato il fatto (nella specie, il giudice penale, accertati i fatti materiali posti a base delle imputazioni e concesse le attenuanti generiche, per effetto dell'applicazione di queste ha dichiarato estinto il reato per prescrizione); b) che, in quest'ultimo caso, il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione (nella specie, il giudice civile, ha proceduto ad un riparto delle responsabilità diverso da quello stabilito dal giudice penale)". 
Tutto ciò sopra premesso, nel caso a mano la sentenza penale di condanna non può ritenersi vincolante perché alla sentenza di assoluzione per prescrizione non può attribuirsi alcuna efficacia extrapenale. 
Deriva che in questa sede dovrà essere compiuta autonoma valutazione dei fatti da parte di questo giudice senza alcuna automatica inferenza logicogiuridica discendente dalle citate sentenze penali. 
In ogni caso, anche a volere condividere la tesi, giuridicamente ben argomentata dall'attore in ordine al giudicato formatosi sulla statuizione di condanna generica al risarcimento del danno, deve tuttavia osservarsi che la condanna della convenuta al risarcimento del danno non può ritenersi automatica conseguenza imposta dal giudicato. In altri termini, la Corte di Cassazione ha affermato in più occasioni come: “la pronuncia di condanna generica al risarcimento presuppone soltanto l'accertamento di un fatto potenzialmente produttivo del danno, rimanendo l'accertamento della concreta esistenza dello stesso riservato alla successiva fase, con la conseguenza che al giudice della liquidazione è consentito di negare la sussistenza del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione del giudicato formatosi sull'”an”. (cfr.  21428/2007; 15335/2012; 15595/2014)”. 
§ Sull'onere della prova. 
Nel caso di specie, difetta la prova del danno o meglio che lo stesso, anche in minima parte, possa essere stato causato od aggravato dalla condotta negligente della ### ove si ritenesse quest'ultima colposamente inerte rispetto al dovere di soccorso che sulla stessa incombeva. 
In generale, sull'onere della prova in tema di responsabilità da inadempimento occorre muovere dalla nota pronuncia resa da Cass., Sez. Un. 30/10/2001, 13533. Nel risolvere un contrasto di giurisprudenza tra le sezioni semplici, le ### in commento hanno nell'occasione affermato il principio secondo cui il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre è al debitore convenuto che incombe di dare la prova del fatto estintivo, costituito dall'avvenuto adempimento. 
Applicando tale principio all'onere della prova nelle cause di responsabilità professionale del medico si è affermato che il paziente che agisce in giudizio deve, anche quando deduce l'inesatto adempimento dell'obbligazione sanitaria, provare il contratto e allegare l'inadempimento del sanitario, restando a carico del debitore (medico-struttura sanitaria) l'onere di dimostrare che la prestazione è stata eseguita in modo diligente, e che il mancato o inesatto adempimento è dovuto a causa a sé non imputabile, in quanto determinato da impedimento non prevedibile né prevenibile con la diligenza nel caso dovuta (per il riferimento all'evento imprevisto ed imprevedibile cfr., da ultimo, Cass., 24/5/2006, n. 12362; Cass., 11/11/2005, n. 22894). 
Pertanto, in base alla regola di cui all'art. 1218 c.c. il pazientecreditore ha il mero onere di allegare il contratto ed il relativo inadempimento o inesatto adempimento, non essendo tenuto a provare la colpa del medico e/o della struttura sanitaria e la relativa gravità (da ultimo v. Cass., 24/5/2006, 12362; Cass., 21/6/2004, n. 11488). 
In particolare, nella giurisprudenza più recente, a seguito degli interventi delle ### della Corte di Cassazione di cui alle sentenze nn., 576 - 585/2008 si afferma costantemente che: In tema di responsabilità contrattuale del medico nei confronti del paziente, ai fini del riparto dell'onere probatorio l'attore deve provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia con l'allegazione di qualificate inadempienze, astrattamente idonee a provocare (quale causa o concausa efficiente) il danno lamentato, restando poi a carico del debitore convenuto l'onere di dimostrare che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno. Ove venga acquista la prova del nesso causale tra l'omissione della condotta che sarebbe stata opportuna in ossequio alle leges artis ed il danno, l'onere probatorio del danneggiante si risolve nel comprovare l'assenza di inadempimento, ovvero l'impossibilità soggettiva dell'adempimento, integrata dall'assenza di colpa per imprevedibilità o inevitabilità dell'evento lesivo. (fra le tante cfr: ### 14/03/2019, n.955). 
Sul nesso di causalità, in particolare, la Cassazione civile sez. III, 20/11/2018, con la sentenza n.29853 ha rilevato che: Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere dell'attore, paziente danneggiato, dimostrare l'esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno di cui si chiede il risarcimento; tale onere va assolto dimostrando, con qualsiasi mezzo di prova, che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del "più probabile che non", la causa del danno; se al termine dell'istruttoria, non risulti provato il nesso tra condotta ed evento, per essere la causa del danno lamentato dal paziente rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata. 
Recentemente, nel panorama della giurisprudenza della Suprema Corte in cui è facile scorgere pronunce di segno totalmente diverso in ordine alla complessa tematica della causalità e dell'onere della prova nella responsabilità medica, appaiono estremamente chiari e lineari i principi da ultimo ribaditi dalla Cassazione nella sentenza n. 1045 del 17-01-2019 ove si evidenzia che: nei giudizi risarcitori da responsabilità medica si delinea "un duplice ciclo causale, l'uno relativo all'evento dannoso, a monte, l'altro relativo all'impossibilità di adempiere, a valle. Il primo, quello relativo all'evento dannoso, deve essere provato dal creditore/danneggiato, il secondo, relativo alla possibilità di adempiere, deve essere provato dal debitore/danneggiante. Mentre il creditore deve provare il nesso di causalità fra l'insorgenza (o l'aggravamento) della patologia e la condotta del sanitario (fatto costitutivo del diritto), il debitore deve provare che una causa imprevedibile ed inevitabile ha reso impossibile la prestazione (fatto estintivo del diritto)" (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent.  26 luglio 2017, n. 18392, Rv. 645164-01). 
Ne consegue, dunque, che "la causa incognita resta a carico dell'attore relativamente all'evento dannoso, resta a carico del convenuto relativamente alla possibilità di adempiere. Se, al termine dell'istruttoria, resti incerti la causa del danno o dell'impossibilità di adempiere, le conseguenze sfavorevoli in termini di onere della prova gravano rispettivamente sull'attore o sul convenuto. Il ciclo causale relativo alla possibilità di adempiere acquista rilievo solo ove risulti dimostrato il nesso causale fra evento dannoso e condotta del debitore. Solo una volta che il danneggiato abbia dimostrato che l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento) è causalmente riconducibile alla condotta dei sanitari sorge per la struttura sanitaria l'onere di provare che l'inadempimento, fonte del pregiudizio lamentato dall'attore, è stato determinato da causa non imputabile" (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, sent. n. 18392 del 2017, cit.; in senso analogo si vedano anche Cass. Sez. 3, sent. 4 novembre 2017, n. 26824, non massimata; Cass. Sez. 3, sent. 7 dicembre 2017, n. 29315, Rv. 646653-01; Cass. Sez. 3, ord. 23 ottobre 2018, n. 26700, Rv. 651166-01). 
Nello stesso senso, pertanto, si è affermato che "nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l'esistenza del nesso causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del "più probabile che non", causa del danno, sicchè, ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata" (Cass. Sez. 3, sent. 15 febbraio 2018, n. 3704, Rv. Rv. 647948-01). 
Orbene, la S.C. da ultimo in commento offre precisi criteri ermeneutici in punto di prova di precipua importanza ai fini della soluzione della questione concreta specie ove si afferma che: “(…) Il ciclo causale relativo alla possibilità di adempiere acquista rilievo solo ove risulti dimostrato il nesso causale fra evento dannoso e condotta del debitore. ### della prova, come visto, in ordine a tale prima parte del nesso di causalità grava sul danneggiato sicché; ove non sia stato dimostrato non sarà necessario compiere una successiva indagine avente ad oggetto la possibilità di adempiere da parte del presunto danneggiante/medico. 
Nel caso che ci occupa, dal punto di vista causale vi sono diversi fattori che assumono efficacia eziologica esclusiva del danno rispetto ai quali la condotta tenuta dalla convenuta, al di là della sicura censurabilità giuridica e deontologica, non riveste, tuttavia, alcuna rilevanza causale o comunque nessuna prova tangibile è stata offerta sul punto. 
I fatti d'altra parte nella loro dinamica sono piuttosto chiari: l'### in data ### alle ore 3.00 decideva di tuffarsi in acqua dal molo (“moletto”) di ### di ### sito in prossimità di piazza ### ove a causa di ciò batteva violentemente la testa sul fondale. 
Nel proc. penale n. 824/01 R.G.N.R. ### di ### veniva richiesta una consulenza medico-legale ove al ### in particolare, veniva richiesto: 2) ### il CTU se l'omissione di immediato soccorso del giovane da parte degli indagati abbia contribuito e, in caso positivo, in quale misura ad aggravare o produrre le conseguenze delle lesioni in esame. Nelle conclusioni il CTU dr. W. ### così si esprimeva: (…) la lesione midollare a livello cervicale è di chiara origine post-traumatica. Tale lesione si verificò in data ### a seguito di un tuffo in mare (…) Per ciò che riguarda l'omissione di immediato soccorso del sig. ### da parte degli indagati e le eventuali lesioni provocate durante il trasporto in auto si può affermare che non è possibile stabilire con certezza quanto è da attribuire al trasporto in auto ed alle eventuali manipolazioni effettuate, dagli amici del sig. ### nell'intento di trasportarlo presso il ### di ### Non si può escludere che frammenti ossei di vertebre vicine alla lesione possano aver determinato, posto che non si è proceduto a corretta immobilizzazione del collo, un ulteriore aggravamento delle originarie lesioni; tenuto conto della prima indagine Tac della colonna cervicale si deve affermare che la frattura da scoppio in ###, condizione gravissima, è stata provocata direttamente dal violento impatto del capo contro il fondo del mare. 
Orbene, anche la consulenza medica qui citata, pur non escludendolo in astratto (sebbene tale asserzione generica non può di certo fondare un giudizio probabilistico secondo il criterio del più probabile che non), pone i danni subiti dall'### in evidente collegamento con la condotta tenuta dal medesimo danneggiato e, sullo sfondo, con quella dei soccorritori che hanno trascinato il danneggiato fuori dall'acqua e successivamente, senza alcuna immobilizzazione del danneggiato, condotto lo stesso sino al presidio di pronto soccorso.  ### parte, il fatto del danneggiato cioè la imprudente decisione di tuffarsi in mare di notte e senza alcuna visibilità del fondale, e verosimilmente (secondo quanto emerso nella istruttoria penale) dopo avere assunto sostanze alcoliche, deve ritenersi abbia assunto efficacia causale esclusiva nella determinazione del danno oggi lamentato e di cui si chiede il risarcimento. 
In altri precedenti in cui veniva in rilievo l'obbligo violato di prestare le prime cure, si è preliminarmente accertato se vi fosse un nesso di causalità tra danno o aggravamento del danno ed omissione e solo dopo aver ritenuto sussistente detto nesso si è proceduto poi alla quantificazione del risarcimento del danno. 
Al riguardo, nella sentenza resa da Cassazione civile sez. lav., 13/11/2017, (ud. 10/05/2017, dep. 13/11/2017), n.26751 si legge in un passaggio: La Corte di merito non ha affatto negato la necessità di tale efficienza causale, ma si è limitata a rilevare che, una volta provato che il ritardo ha concorso causalmente a determinare il danno ingiusto, al relativo risarcimento sono tenuti in solido ex art. 2055 c.c., tutti i soggetti responsabili (vale a dire la società ricorrente e la struttura sanitaria). 
In altra sentenza, sebbene le pretese risarcitorie qui venivano indirizzate al custode ex art. 2051 c.c., è stato ritenuto che: l'esposizione consapevole e volontaria a un rischio grave e percepibile con l'uso dell'ordinaria diligenza (nella specie, bagno in mare agitato da parte di soggetto che non sapeva nuotare) costituisce causa esclusiva dei danni eventualmente derivati, rendendo irrilevante la condotta di chi, essendo obbligato a segnalare il pericolo, non vi abbia provveduto (Cassazione civile sez. III, 23/05/2014, n.11532). 
In definitiva, pertanto, in assenza di alcun elemento concreto e tangibile che possa indurre a ritenere che la condotta omissiva della ### consistita nel non aver apprestato le prime cure all'attore, abbia avuto efficienza causale nel produrre od aggravare il danno, devono essere respinte integralmente le domande risarcitorie a vario titolo avanzate contro la stessa. Il danno in definitiva è interamente riferibile alla condotta imprudente tenuta dall'attore il quale si è deliberatamente esposto ad un rischio palese, secondo le circostanze di tempo e di luogo dell'evento, tuffandosi in mare senza alcuna visibilità e senza avere adottato alcuna precauzione (ad esempio quella di evitare un tuffo che implicasse l'ingresso in acqua con il capo). ### ed i danni conseguenti sono da ascrivere esclusivamente alla condotta dell'attore la quale ha avuto efficienza causale autonoma, esclusiva e sufficiente nel determinare i danni e ciò soprattutto in assenza di alcun elemento probatorio “concreto” da cui sia desumibile che la condotta dalla convenuta abbia in qualche misura aggravato il danno. Rimangono, pertanto, assorbite le questioni giuridiche attinenti all'obbligo di soccorso asseritamente violato da parte della ### § Sulle domande di garanzia. 
Passando all'esame della domanda di garanzia avanzata dall'ASP nei confronti delle terze chiamate in causa si deve evidenziare che rispetto alle difese della ###ni (già ###ni S.p.A.) l'eventuale colposa (giacché non ricorre nella fattispecie il comportamento doloso richiesto dal comma primo dell'art. 1915) omissione dell'avviso all'assicuratore determina una riduzione dell'indennità in ragione del pregiudizio sofferto. Nel caso che ci occupa, nessun pregiudizio ha sofferto l'ASP e, in caso di condanna l'### avrebbe dovuto comunque tenere indenne l'### quand'anche in misura minore, pertanto la chiamata in garanzia deve ritenersi ritualmente esercitata. 
Con riferimento alla ### ed alle eccezioni di inoperatività della polizza azionata, sempre che si ritenesse in astratto sussistente la relativa legittimazione passiva, le stesse devono ritenersi fondate in virtù di quanto prescritto dall'art. 115 c.p.c. che consente al giudice di porre a fondamento della sua decisione i fatti non specificamente contestati. Nella specie infatti a fronte delle analitiche eccezioni sollevate dalla società assicuratrice l'ASP nulla ha dedotto in senso contrario ovvero nel senso della piena operatività della copertura assicurativa in modo specifico limitandosi a generiche contestazioni. Ne deriva che la convenuta deve ritenersi soccombente rispetto alla chiamata in causa della terza ### § Sulle spese di giudizio. 
In ragione della particolare complessità della fattispecie e dei diversi orientamenti giurisprudenziali sull'onere della prova sussistono gravi motivi per compensare per intero le spese di giudizio salvo il rapporto tra la convenuta A.S.P. e la terza chiamata in garanzia ### rispetto al quale la convenuta deve ritenersi soccombente.  P.Q.M.  Il giudice unico definitivamente pronunciando sulle domande proposte: - RIGETTA integralmente le domande proposte da ### - ### parte convenuta #### al rimborso delle spese processuali sostenute da #### che, ai sensi del D.M. 55/2014, liquida in complessivi € 7.795,00 oltre IVA, CPA e spese generali al 15% (compensi così determinati: ### di cognizione innanzi al tribunale; ### della Causa: ### - complessità alta; ### di studio della controversia, valore minimo: € 1.215,00; ### introduttiva del giudizio, valore minimo: € 775,00; ### istruttoria e/o di trattazione, valore minimo: € 3.780,00; ### decisionale, valore minimo: € 2.025,00; Compenso tabellare (valori minimi) € 7.795,00; - COMPENSA per intero le spese di giudizio per il resto.  10.9.2019 ### 

causa n. 1739/2014 R.G. - Giudice/firmatari: Rapisarda Gilberto Orazio

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 28-04-2021

... d'imputazione a carico del ### per il reato di tentata truffa "in danno del ### s.p.a. con sede in ###, indicato sempre nel capo d'imputazione quale "debitore ingiunto"; dall'altro, non corrisponde al vero che la corte distrettuale abbia omesso quell'accertamento (peraltro chiaramente di natura fattuale, con conseguente impossibilità di sua rivisitazione in questa sede ###sotto il limitato profilo di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ, nel testo già richiamato. Una corrispondente censura, sul punto, però non è stata puntualmente formulata), avendo, al contrario, riconosciuto che il giudizio penale aveva ad oggetto «il reato di truffa perpetrato ai danni del ### che si era costituito parte civile, cioè del medesimo soggetto (richiamando quanto sopra espresso) che è presente (leggi tutto)...

ORDINANZA sul ricorso n. 1447/2018 r.g. proposto da: ### (cod. fisc. ###), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, dall'Avvocato ### , con cui elettivamente domicilia in ### alla via ### n. 5, presso lo studio dell'### - ricorrente - contro ### S.P.A. (cod. fisc. ###), con sede ###, in persona del suo procuratore speciale dott.  ### rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al controricorso, dall'#### e dall'### unitamente ai quali elettivamente domicilia presso lo studio di quest'ultimo in ### al ### di ### n. 15.  controricorrente - 1 avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE depositata il ###; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 11/02/2021 dal ### dott. ### FATTI DI CAUSA 1. Con sentenza n. 632/2011, il Tribunale di Firenze decise le cause riunite iscritte ai nn. 120/2000 r.g., 799/2000 r.g. e 12433/2007 r.g., pendenti, innanzi a quell'ufficio, tra ### s.p.a., già ### B.C.I.  s.p.a., già ### s.p.a., e ### riguardanti, rispettivamente: i) un'azione "per dichiarazione di inefficacia del decreto ingiuntivo n. 2538/99", reso dal Tribunale di Firenze, "o, in subordine, per opposizione tardiva al medesimo decreto ingiuntivo", intrapresa dall'allora ### s.p.a. nei confronti del ### con citazione notificatagli il 5 gennaio 2020, dopo essersi visto notificare da quest'ultimo, il 28 dicembre 1999, un atto di precetto per l'importo di ### 2.095.341.048 ed uno di pignoramento presso terzi (con il quale erano state assoggettate ad espropriazione i crediti vantati dal ### nei confronti di ### e della ### s.p.a. fino alla concorrenza di ### 3.150.000.000), in forza del suddetto decreto ingiuntivo asseritamente notificato al ### s.p.a. il 13 settembre 1999. Nell'ambito di questo giudizio, peraltro, quest'ultimo, affermando di essere venuto a conoscenza della menzionata ingiunzione di pagamento solo con la notifica dei predetti atti di precetto e pignoramento, propose pure querela di falso avverso la relazione di notificazione redatta, in data 9 settembre 1999, dall'Assistente Unep, ### addetta all'### presso la Corte d'Appello di Firenze, che aveva attestato di aver spedito direttamente a mezzo del servizio postale il plico che avrebbe dovuto contenere l'atto giudiziario, mentre, invece, in un processo penale a carico del ### era rimasto accertato che ella non aveva curato personalmente la notifica a mezzo posta, né aveva proceduto personalmente alla consegna del plico all'ufficio postale, e che era stata 2 inviata una busta vuota, con conseguente inesistenza della notifica del decreto. In questo giudizio n. 120/2000 r.g., inoltre, fu disposta dal tribunale la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto; li) una impugnazione per revocazione del medesimo decreto ingiuntivo, ex artt.  656 e 395, n. 1, cod. proc. civ., promossa dal ### s.p.a., con citazione del 24 gennaio 2000 notificata al ### dichiarando di far salve comunque le già proposte domande per la dichiarazione di inefficacia del menzionato decreto o, in subordine, per l'opposizione tardiva ad esso; iii) un'ulteriore azione con la quale ### s.p.a., quale successore universale di ### s.p.a., nuovamente fatte salve le domande proposte nei giudizi riuniti nn.rr.gg. 120/2000 e 799/2000, chiese la declaratoria di inesistenza dello stesso decreto ingiuntivo n. 2538/99, ad essa notificato il 19 giugno 2007, stante la pendenza del giudizio n.r.g. 120/2000 in cui la stessa, ivi subentrata nella indicata qualità, aveva già chiesto una pronuncia di inefficacia del medesimo decreto destinata a produrre i suoi effetti anche sulla notifica effettuata nel 2007 e da considerarsi tamquam non esset in quanto avente ad oggetto un titolo giudiziale di cui era stata invocata la dichiarazione di inefficacia/nullità. Formulò, inoltre, anche domanda subordinata di revoca del decreto e, nella spiegata opposizione, ripropose tutti i motivi già dedotti nei precedenti procedimenti nn.rr.gg. 120/2000 e 799/2000.  1.1. Il tribunale fiorentino respinse le eccezioni del ### (sia quella di asserita carenza di legittimazione attiva del ### s.p.a. in relazione alle due cause nn.rr.gg. 120/2000 e 799/2000, sia quella di asserita nullità della loro riassunzione - dopo che ne era stata disposta la sospensione fino alla definizione del processo penale a carico del ### stesso - per mancato rispetto del termine a comparire); riconobbe l'inesistenza della notificazione del decreto ingiuntivo (sia perché avvenuta al di fuori dello schema legale, sia per l'invio di un plico vuoto, e ciò tanto in ragione dell'efficacia extrapenale del giudicato penale - tale da rendere ormai irrilevante la querela di falso - quanto delle risultanze dell'istruttoria in sede civile); accolse la domanda principale del ### 3 s.p.a. (poi divenuto ### s.p.a.) per la declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo; rigettò la domanda di revocazione ed affermò l'inesistenza della pretesa creditoria azionata dal ### (stante anche l'accertata truffa riscontrata in sede ###ragione della falsa rappresentazione dei crediti). Condannò, infine, quest'ultimo alla rifusione delle spese di lite ed al risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96 cod. proc.  civ..  2. La Corte di appello di Firenze, pronunciando sui gravami, principale ed incidentale, proposti, rispettivamente, dal ### e da ### s.p.a., con sentenza del 30 maggio 2017, n. 1219, ha respinto integralmente quello del primo, ritenendo, così, irrilevante la proposizione della querela di falso e l'appello incidentale condizionato della seconda sulle questioni di merito ritenute assorbite in prime cure ed anche in grado di appello. Ha condannato ancora una volta il ### alla rifusione delle spese di lite ed al risarcimento dei danni ex art. 96 cod. proc. civ..  2.1. Per quanto qui di residuo interesse, ed in estrema sintesi, quella corte: i) ha disatteso la doglianza del ### ribadita solo con riferimento al giudizio n.r.g. 120/2000, circa la carenza di legittimazione ad agire del ### s.p.a.. In particolare, muovendo dal rilievo secondo cui «l'unico procedimento che deve essere analizzato è quello iniziato col decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Firenze col n. 2538 del 2009», ha osservato, tra l'altro, che: i-a) «il motivo di appello è inammissibile perché non supera la motivazione del Giudice di I grado a tenore della quale, colui contro il quale è pronunciata la ingiunzione sia colui che è legittimato ad impugnare»; i-b) si era «in presenza di un decreto ingiuntivo chiesto contro il ### con sede in #### etc. , senza alcuna diversa specificazione, e notificato nel luogo indicato e di una opposizione proposta dal ### s.p.a. con sede in #### etc., cioè dal medesimo soggetto ingiunto. A meno che non si ritenga che nella stessa sede vi fossero due società con identica ragione sociale, il che è privo di senso ma ancora più indimostrato»; i-c) «emerge 4 pacificamente dalla ricostruzione documentale della parte appellata che nel 1999, all'epoca della ingiunzione e della opposizione, il solo soggetto che si chiamava ### s.p.a. era appunto il ### con sede in ### e che ha proposto opposizione [..] e non l'originario ### che si chiamava dal 1.1.1998 ### s.p.a.»; ii) ha rimarcato che la inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo era stata accertata dal tribunale «in relazione al fatto che alla ### è stata notificata una busta vuota: più nello specifico, il Tribunale ha ritenuto provato che la parte [il ### Ndr] aveva proceduto direttamente alla notifica a mezzo posta, con consegna diretta alla parte o al suo difensore da parte dell'### il plico notificato in tale modo non conteneva il decreto». I medesimi fatti, inoltre, emergevano chiaramente dalla sentenza penale della Corte di appello di Venezia del 10 giugno/10 luglio 2003 (passata in giudicato a seguito del rigetto, da parte della Corte di cassazione, del ricorso contro di essa proposta dal ###, utilizzabile in quella sede alla stregua di quanto sancito dall'art. 654 cod. proc. pen.; iii) ha opinato che «la reiezione del motivo di appello sul punto della declaratoria di inesistenza della notifica a seguito di accertamento contenuto in sentenza penale passata in giudicato rende inammissibile, perché irrilevante, qualsiasi ulteriore allegazione in ordine alla correttezza della notifica effettuata, come vanamente tentato con gli altri motivi d'appello dal ### Alla inesistenza della notifica come accertata è conseguita la declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo ai sensi dell'articolo 644 c.p.c.; conseguentemente si conferma il rigetto della domanda di revocazione, posto che il decreto ingiuntivo è stato appunto dichiarato inefficace. ### parte la reiezione non è stata oggetto di specifica cesura»; iv) ha ritenuto inammissibile la censura del ### circa il merito della sua pretesa creditoria, perché inidonea a contrastare la compiuta motivazione, sul punto, del tribunale; v) in relazione alla decisione della causa n.r.g. 12443/2007, quanto alla declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo emesso nel 1999 e 5 notificato tardivamente il 19 giugno 2007, ha considerato «inconferente» il richiamo all'art. 641 cod. proc. civ., «lamentando parte appellante l'erronea notifica al domicilio non eletto in ricorso», e, tuttavia, la eventuale irregolarità «sanata dalla costituzione in giudizio nei tre giudizi riassunti, senza che mai di tale eccezione sia stata fatta menzione in I grado». 
Inoltre, ha ritenuto inammissibile «la censura in ordine alla carenza di motivazione [..] non potendo in grado di appello limitare la difesa alla carenza di motivazione, dovendo il Giudice essere investito delle ragioni che dovrebbero legittimare l'accoglimento della domanda, che in ogni caso non poteva essere accolta per tardività della notifica ex art. 644 c.p.c.. Nel merito si richiama quanto sopra esposto».  3. Per la cassazione dell'appena descritta sentenza ricorre per cassazione il ### affidandosi a sei motivi (i primi quattro dei quali investono le statuizioni pronunciate in relazione alla causa n.r.g. 120/2000 di primo grado; i residui due, invece, quelle riguardanti la causa n.r.g.  12443/2007 di primo grado), cui resiste, con controricorso, la ### s.p.a. proponendo, altresì, ricorso incidentale affidato ad un motivo. Risultano depositate memorie ex art. 380-bis.1 cod. proc. civ. da entrambe le parti.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il primo motivo del ricorso principale, rubricato «### e falsa applicazione di legge, artt. 81, 99, 100, 101, 112 e 132 c.p.c., nonché artt.  24 e 111 Cost., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.», censura la decisione impugnata nella parte in cui ha respinto l'assunto del ### riguardante l'eccepito di difetto di legittimazione processuale dell'opponente ### s.p.a.. Riproponendo le argomentazioni svolte (e disattese) nei precedenti gradi di giudizio, il ricorrente insiste nel sostenere che il soggetto che aveva notificato la citazione introduttiva del procedimento n.r.g. 120/2000, per la declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo n. 2358/99, o, in subordine, per opposizione tardiva al medesimo - vale a dire, ### s.p.a. (già ### s.r.l.), con sede ###, cod. fisc. ### - non 6 coincideva con quello nei cui confronti il predetto provvedimento era stato richiesto, ottenuto ed asseritamente notificato, parimenti denominato ### s.p.a. (poi divenuto ### s.p.a.) e con sede ###, ma con codice fiscale ###. Si sostiene l'irrilevanza della coincidenza tanto della denominazione sociale quanto della sede legale del soggetto ingiunto con quelle dell'opponente (sicché quest'ultimo non sarebbe stato legittimato ad impugnare il decreto), perché quelle medesime denominazione e sede erano appartenute, anni prima, ad un altro soggetto, appunto ### s.p.a. (poi divenuto ### s.p.a.), munito di diverso codice fiscale. Del resto, nel fascicolo del ricorso per decreto ingiuntivo potevano rinvenirsi risalenti documenti riferiti al soggetto da ultimo indicato, sicché il procedimento monitorio doveva considerarsi promosso nei confronti del medesimo, come tale unico legittimato a proporre anche la corrispondente opposizione.  1.1. Tale censura deve considerarsi inammissibile per plurime ragioni.  1.1.1. Innanzitutto, perché investe, espressamente ed esclusivamente (cfr. pag. 1 e 12 del ricorso), la decisione resa, sul punto, in relazione al procedimento n.r.g. 120/2000. Invece, come chiaramente emerge dalla sentenza oggi impugnata, da un lato, il giudice di prime cure (la cui sentenza n. 632/2011 aveva pronunciato sulle già descritte cause riunite iscritte ai nn. 120/2000 r.g., 799/2000 r.g. e 12433/2007 r.g., pendenti, innanzi a quell'ufficio, tra ### s.p.a., già ### B.C.I. s.p.a., già ### s.p.a. ed il ###, aveva raggiunto la medesima conclusione anche con riferimento al giudizio per revocazione n.r.g. 799/2000 (cfr. pag. 12 della sentenza della corte fiorentina), intrapreso pure dal medesimo opponente ### s.p.a., con sede ###, cod. fisc. ###; dall'altro, il ### pacificamente non aveva appellato le statuizioni rese dal tribunale concernenti questo secondo procedimento (cfr. pag. 5 del ricorso, dove si legge che «la domanda revocatoria, r.g. n. 799/2000, era stata rigettata e non v'era interesse all'impugnazione», nonché pag. 13 della medesima sentenza di cui oggi si discute). Peraltro, malgrado pure la 7 corte distrettuale abbia ulteriormente confermato la sussistenza della legittimazione de qua per entrambi i giudizi nn.rr.gg. 120/2000 e 799/2000, l'odierno ricorso (cfr. pag. 12 e ss.) dichiara espressamente di voler censurare soltanto la corrispondente statuizione riguardante il primo di essi.  1.1.2. In altri termini, come affatto condivisibilmente oggi osservato da ### s.p.a. (cfr. pag. 9-10 del suo controricorso), è «..incontroverso che, in primo grado, era stata affrontata la "eccezione di carenza di legittimazione attiva proposta dal ### nei confronti del ### s.p.a. sia in relazione al giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo sia in relazione al giudizio per revocazione del decreto ingiuntivo" e che il Tribunale di Firenze aveva respinto l'eccezione per entrambi i giudizi in quanto, "sotto il 1° profilo, evidenziava che l'opposizione era vincolata alla posizione della parte ingiunta e nel caso di specie l'ingiunzione era stata chiesta e pronunciata nei confronti del ### s.p.a., corrente in ### 25, ### e, dunque, solo questo soggetto era legittimato ad agire per ottenere la declaratoria di nullità o revoca del decreto. Sotto il 2° aspetto, la misura della ampiezza soggettiva della legittimazione alla proposizione della domanda di revocazione coincideva con il numero dei soggetti che avevano partecipato al provvedimento impugnato per revocazione conseguendone la legittimazione del ### s.p.a." (sentenza impugnata, pag.  12)...». Né «...è contestato che il gravame del ### aveva riguardato la questione della "legittimazione dell'opponente" solo "in relazione alla causa r.g. 120/2000", tant'è che l'esponente, nel costituirsi in appello, aveva evidenziato che "l'appello riguardava espressamente solo la causa iscritta al numero di KG. 120/2000 e ciò già costituiva ragione di inammissibilità e infondatezza stante il passaggio in giudicato per difetto di impugnazione dell'analoga statuizione con riferimento alla causa r.g. 799/2000" (sentenza impugnata, pagg. 13-14), [..], e tant'è che sempre la Corte d'appello, già in apertura della motivazione sul punto, aveva ricordato che "assume parte appellante, come assumeva in I grado, che non vi è identità tra l'attuale parte appellata, opponente in I grado e la parte ingiunta. Il Tribunale ha 8 ritenuto la eccezione infondata perché il destinatario della ingiunzione era il "### spa" corrente in ### 25 e dunque solo tale soggetto era legittimato alla impugnazione; quanto di revocazione perché la legittimazione coincide con il novero dei soggetti che hanno partecipato giudizio che ha dato origine al provvedimento impugnato" (sentenza impugnata, pag. 16)» 1.1.3. Pertanto, la statuizione, non impugnata, resa dal giudice di prime cure, nella causa r.g. n. 799/2000, secondo cui il soggetto che aveva instaurato il giudizio per revocazione del decreto ingiuntivo n. 2538/1999 (ossia, pacificamente, lo stesso che aveva precedentemente notificato pure la citazione per la declaratoria di sua inefficacia o in subordine per opposizione tardiva al medesimo) era a ciò legittimato perché trattavasi del medesimo soggetto destinatario dell'ingiunzione, doveva considerarsi passata in giudicato, e ciò preclude, in questa sede, ogni riesame volto ad ottenere una diversa conclusione.  1.1.4. E' opportuno ricordare, infatti, che, come ripetutamente chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, la riunione di procedimenti non fa venir meno l'autonomia delle cause riunite nello stesso processo (cfr., ex aliis, Cass. n. 24590 del 2019; Cass. n. 15860 del 2014, secondo cui «il provvedimento discrezionale di riunione di più cause lascia immutata l'autonomia dei singoli giudizi e non pregiudica la sorte delle singole azioni. 
Ne consegue che la congiunta trattazione lascia integra la loro identità, tanto che la sentenza che decide simultaneamente le cause riunite, pur essendo formalmente unica, si risolve in altrettante pronunce quante sono le cause decise»; Cass. n. 24026 del 2010; Cass. n. 15954 del 2006): nella specie, dunque, il giudicato formatosi, sul punto predetto, nella causa, tra le stesse parti, n.r.g. 799/2000 spiega efficacia in quella, autonoma rispetto a quest'ultima benché ad essa riunita, n.r.g. 120/2000.  1.2. Altra ragione di inammissibilità della doglianza in esame deve individuarsi nell'ulteriore giudicato derivante dalla sentenza penale irrevocabile di condanna n. 1293/2003 della Corte d'appello di Venezia, (divenuta definitiva a seguito della sentenza di questa Corte, ### 9 Sezione penale, n. 6314/2007), la quale ha confermato il capo d'imputazione a carico del ### per il reato di tentata truffa "in danno del ### s.p.a. con sede in ###, indicato, sempre nel capo d'imputazione, quale "debitore ingiunto".  1.3. La medesima censura, poi, si rivela inammissibile anche perché, malgrado invochi il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., argomenta, in realtà, non già di violazioni di norme di diritto bensì di asseriti errori commessi dal giudice del merito nell'accertamento del fatto (chi fosse il soggetto ingiunto; chi fosse il soggetto destinatario della presunta notifica) evidentemente estranei alla "nullità della sentenza o del procedimento" di cui si occupa l'art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ..  1.3.1. In proposito, infatti, è sufficiente rimarcare che: í) come ancora ribadito, in motivazione, da Cass. n. 395 del 2021, è denunciabile in Cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti Cass. n. 20042 del 2020 e Cass. n. 23620 del 2020). In particolare, il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un'approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr. Cass. n. 395 del 2021, in motivazione; Cass. n. 23684 del 2020; Cass. n. 20042 del 2020; Cass. Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 9113 del 2012). Un simile vizio, da apprezzare qui non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della 10 motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell'esistenza di una motivazione effettiva, è, nella specie, palesemente insussistente; li) qualsivoglia riesame del fatto - ove pure si volesse così riqualificare, in parte qua, l'avverso motivo di ricorso - è ormai precluso anche ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come introdotto dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 (qui applicabile ratione temporis, risultando impugnata una sentenza resa il 30 maggio 2017). Non è ravvisabile, infatti, nella motivazione della decisione impugnata, alcuna ipotesi di "omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti", atteso che quest'ultima ha esaminato i fatti discussi tra le parti e sui quali il ### ancora insiste nel suo ricorso, e di ciò ha dato atto - affrontando pure l'esame della questione del ### codice fiscale (cfr. pag. 17-18 della sentenza impugnata) - nel motivare la conclusione raggiunta.  2. Il secondo motivo del ricorso principale del ### rubricato «### di legge e falsa applicazione degli artt. 116, 148, 149, 641, 647 c.p.c., e degli artt. 2700 e 2909 c.c., nonché dell'art. 654 c.p.p., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.», critica l'avvenuto rigetto, ad opera della corte fiorentina, della doglianza dello stesso concernente l'assenza di giudicato penale in punto di inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo per essere stata spedita una busta vuota. Si assume che non ricorrevano le condizioni di cui all'art. 654 cod. proc. pen. in quanto le parti del giudizio civile e di quello penale non coincidevano, che non vi sarebbe stato accertamento del medesimo fatto e che la condanna penale era intervenuta in sede di appello senza previo rinnovo del dibattimento svolto in primo grado.  2.1. Tale doglianza è immeritevole di accoglimento nel suo complesso.  2.2. La stessa, invero, è anzitutto inammissibile laddove afferma ( pag. 27 del ricorso) che «le parti del processo civile non coincidevano con quelle del processo penale» e che la corte territoriale aveva «omesso di verificare» la circostanza. Da un lato, infatti, le argomentazioni giustificative della declaratoria di inammissibilità del primo motivo (cfr., in particolare, il 11 precedente g 1.2. di queste "### della decisione") danno conto del fatto che, nella menzionata sentenza penale irrevocabile di condanna 1293/2003, la Corte d'appello di Venezia ha confermato il capo d'imputazione a carico del ### per il reato di tentata truffa "in danno del ### s.p.a. con sede in ###, indicato sempre nel capo d'imputazione quale "debitore ingiunto"; dall'altro, non corrisponde al vero che la corte distrettuale abbia omesso quell'accertamento (peraltro chiaramente di natura fattuale, con conseguente impossibilità di sua rivisitazione in questa sede ###sotto il limitato profilo di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ, nel testo già richiamato. Una corrispondente censura, sul punto, però non è stata puntualmente formulata), avendo, al contrario, riconosciuto che il giudizio penale aveva ad oggetto «il reato di truffa perpetrato ai danni del ### che si era costituito parte civile, cioè del medesimo soggetto (richiamando quanto sopra espresso) che è presente in questo giudico. Trattasi pertanto di accertamento reso tra le stesse parti dell'odierno giudico» (cfr. pag. 19 della sentenza impugnata).  2.2.1. A tanto deve aggiungersi che, in realtà, il ### in sede di gravame, aveva lamentato non già che le parti del giudizio civile e di quello penale non coincidessero, bensì che la querela da cui era scaturito il giudizio penale fosse stata presentata da un soggetto non legittimato perché diverso da quello effettivamente ingiunto (come può agevolmente ricavarsi da quanto riferito dalla stessa corte fiorentina, la quale, nel descrivere il motivo d'appello proposto dal ### sul punto, aveva osservato - cfr. pag. 14 della sua decisione - che esso investiva la "irrilevanza" della sentenza penale «perché emessa a fronte di un processo che si era celebrato per effetto di una querela presentata da soggetto non legittimato». Era indubbio, dunque, che il giudizio penale vedesse quale costituita parte civile il medesimo soggetto ritenuto poi come quello effettivamente ingiunto anche dalla corte toscana per le stesse ragioni da essa precedentemente espresse rigettando l'eccezione di difetto di legittimazione processuale dell'opponente.  12 2.3. La Corte di appello di Firenze, peraltro, ha richiamato il capo d'imputazione penale al fine di evidenziare che, nonostante esso riguardasse il delitto di tentata truffa aggravata, l'elemento fattuale della condotta incriminata ed ascritta al ### era stato che quest'ultimo «callidamente faceva notificare al debitore ingiunto ### di ### soltanto una busta vuota proveniente si dagli ufficiali giudiziari in servizio presso la Corte di Appello di Firenze ma che risultava vuota e dunque priva del provvedimento giurisdizionale del giudice fiorentino» ( pag. 19 della sentenza impugnata). La stessa, inoltre, come ancora condivisibilmente osservato da ### s.p.a. (cfr. pag. 18 e ss. del suo controricorso), lungi dal limitarsi ad un tale semplice richiamo, aveva compiutamente analizzato gli accertamenti compiuti in sede penale, - riconoscendo che la sentenza della Corte d'appello di Venezia «accerta lo svolgimento del fatto come riportato nel capo d'imputazione esaminando sia le deposizioni di numerosi testi, sia l'esito di indagini compiute direttamente sul plico: successivamente ritiene che il comportamento tenuto rientri nella fattispecie contestata di tentata truffa» - traendone la conclusione per cui sussisteva, nei confronti del ### «l'efficacia di giudicato relativamente ai fatti materiali accertati in sede penale quali artifici o raggiri (tra i quali la inesistenza notifica) integranti il reato di tentata truffa; i fatti hanno formato specifico oggetto di accertamento come sopra rilevato, in quanto elementi costitutivi del reato contestato. Essi sono i medesimi fatti posti a fondamento della ritenuta inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo (...). Si ripete che specifico accertato compiutamente dalla Corte di Appello di Venezia è stata proprio la notifica di una busta vuota (sentenza impugnata, pagg. 19-20)».  2.4. Infondata, infine, si rivela la doglianza per cui «la sentenza veneziana che ha ribaltato il verdetto di assoluzione è stata pronunciata sulla base di testi assunti in primo grado senza aver rinnovato il dibattimento in appello» (cfr. pag. 29 del ricorso).  2.4.1. Invero, anche volendosi prescindere dal fatto che di un'analoga censura non vi è traccia nella sentenza oggi impugnata (sicché sarebbe 13 stato onere del ### a pena di inammissibilità della censura medesima, non solo allegare l'avvenuta sua deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo aveva fatto, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, in particolare riportando dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d'ufficio. Cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013; 7981/07; 16632/2010), è sufficiente solo ricordare, da un lato, che l'art. 654 cod.  proc. pen. richiede solo che un dibattimento ci sia stato (cioè che si sia trattato di una decisione dibattimentale a conclusione del procedimento svoltosi con rito ordinario o con altro rito che, seppure differenziato, presupponga la celebrazione di un dibattimento, quale ad esempio il giudizio direttissimo o il giudizio immediato), come indiscutibilmente avvenuto nella specie in primo grado; dall'altro, ed in via assolutamente dirimente, che la suddetta sentenza penale della Corte di appello di Venezia (risalente al giugno 2003, ed adottata vigente l'art. 603 cod. proc. pen. nel testo anteriore alle modifiche apportategli dalle leggi n. 67 del 2014 e, soprattutto, n. 103 del 2017, cd. ### è comunque divenuta definitiva con il rigetto (cfr. Cass. pen. n. 6314 del 2007) del ricorso per cassazione contro di essa proposto dal ### il corrispondente giudicato, dunque, copre, allo stato, qualsiasi sua nullità ove pure fosse stata ivi configurabile.  3. Venendo, poi, al terzo motivo del ricorso del ### lo stesso, rubricato «### di legge e falsa applicazione degli artt. 116, 148, 149, 156, 157, 160, 641, 647, 650, c.p.c., e degli artt. 2700 e 2909 c.c., nonché dell'art. 132, n. 4, c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.», ascrive alla corte territoriale di non aver considerato «che la relazione di notificazione costituiva prova legale vincolante in giudizio», la 14 cui efficacia probatoria privilegiata può essere vinta soltanto con «accoglimento della querela di falso» (cfr. pag. 31-32 del ricorso); che l'avviso di ricevimento attestante la consegna del plico da parte dell'agente postale mai era stato impugnato dall'opponente con querela di falso; che «si doveva pertanto accertare l'attività di notificazione sia dal lato spedizione che dal lato consegna, mentre tale indagine è del tutto mancata in quanto il giudice di seconda istanza non ha preso minimamente in considerazione gli effetti giuridici della piena prova derivanti dalle attività di notificazione, oltre a non aver considerato che a seguito di verifica di validità della notifica era stato pronunciato, ex art. 647 c.p.c., anche il decreto di esecutorietà» ( pag. 35 del ricorso); che la condotta della controparte (ammissione di ricezione del plico, proposizione di domanda di inefficacia e opposizione tardiva, opposizione a precetto e domanda di revocazione) le aveva «precluso di continuare a sostenere la tesi secondo cui avrebbe ricevuto una busta vuota» anche perché, con la successiva notifica dell'atto di precetto, la prima notifica della busta vuota «avrebbe in ogni caso raggiunto il suo scopo» (cfr. pag. 36 del ricorso); che, pertanto, «la notifica non è inesistente e di conseguenza l'ingiunzione non è inefficace» e che «la Corte territoriale, ancorando la propria tesi unicamente al giudicato penale, che ha ritenuto erroneamente applicabile ex art. 654 c.p.p., non ha minimamente esaminato e dato conto delle prove legali esistenti in giudizio, così incorrendo nel vizio di omessa pronuncia su questione decisiva della controversia, mentre avrebbe dovuto pronunciare in punto di opposizione, tardiva e non, alla luce delle risultanze processuali. Nessuna motivazione, invece, risulta emessa a fronte della validità della notifica in riferimento al combinato disposto degli artt. 148 e 149 c.p.c., e 2700 c.c. in applicazione dei principi che governano la piena prova ex art. 116 c.p.c., mentre le prove legali sono invece rilevanti e vincolanti in giudizio» sicché «la Corte territoriale avrebbe dovuto accogliere l'appello rilevando che l'opposizione ordinaria non risultava proposta nei termini di cui all'art. 641 c.p.c., e rilevando che l'opposizione tardiva, di fatto rigettata in primo grado, era inammissibile. La sentenza impugnata è pertanto censurabile sia in 15 relazione all'art. 132 c.p.c., non avendo espresso alcuna motivazione in ordine alla notificazione, sia per violazione di legge ai sensi degli artt. 116, 148, 149, 156, 157, 160, 641, 650 c.p.c. e dell'art. 2700 c.c., con ogni consequenziale effetto in punto di giudicato ai sensi degli artt. 647 c.p.c. e 2909 c.c.» (cfr. pag. 39 del ricorso) 3.1. Anche questa doglianza non merita accoglimento nel suo complesso posto che, a tacer d'altro: i) una volta definitivamente accertato (tenuto conto di tutto quanto si è detto disattendendosi il motivo precedente) che la busta consegnata alla parte debitrice ingiunta era vuota (non recava, cioè, il più volte citato decreto ingiuntivo n. 2358/99 emesso dal Tribunale di Firenze), nessuna utilità avrebbe più avuto una querela di falso contro l'avviso di ricevimento della busta stessa; ii) le molteplici iniziative giudiziarie intraprese dall'odierna controricorrente, tutte accomunate, come si è visto, dalla premessa dell'inesistenza della notificazione del decreto ingiuntivo, certamente non le precludevano, anche dal punto di vista logico, di continuare a sostenere di avere ricevuto solo una busta vuota; iii) l'accertamento in ordine alla inesistenza della notificazione di quel decreto deve ormai intendersi coperta da giudicato alla stregua di tutto quanto si è già detto respingendosi il secondo motivo; iv) la corte distrettuale, dopo aver esaustivamente spiegato perché quella notificazione doveva considerarsi inesistente (in proposito richiamando anche i fatti accertati dalla già menzionata sentenza penale della Corte di appello di Venezia, ritenuti essere i medesimi di quelli posti a fondamento della inesistenza della medesima notificazione come invocata in sede civile), lungi dall'aver omesso la motivazione sulle ragioni di rigetto delle ulteriori censure del ### ha espressamente concluso che «la reiezione del motivo di appello sul punto della declaratoria di inesistenza della notifica a seguito di accertamento contenuto in sentenza penale passata in giudicato rende inammissibile perché irrilevante qualsiasi ulteriore allegazione in ordine alla correttezza della notifica effettuata, come vanamente tentato con gli altri motivi d'appello dal ### altresì aggiungendo che «la reiezione dell'appello rende irrilevante la proposizione della querela di falso 16 e l'appello incidentale condizionato sulle questioni di merito ritenute assorbite in 1° grado ed anche in grado di appello» (cfr. pag. 20-21 della sentenza impugnata). In altri termini, l'accertamento, già compiuto con effetto di giudicato in sede penale, quanto all'avvenuta notifica di una busta vuota, da un lato, comportava la declaratoria di inesistenza della notifica stessa, e, dall'altro lato, era pienamente sufficiente a dimostrare la falsità della relazione di notificazione e ad escludere che le si potesse attribuire valenza probatoria, senza necessità di ulteriori accertamenti sul punto.  4. Analoga sorte negativa tocca al quarto motivo del ricorso principale, rubricato «### di legge e falsa applicazione dell'art. 188 disp. att.  c.p.c., degli artt. 99, 101, 112, 132, 161, 276, 615, 641, 643, 644, 645, 647, 650 e 656 c.p.c., nonché dell'art. 324 c.p.c. e dell'art. 2909 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.». Esso censura le sentenza della corte fiorentina per non aver dichiarato «inammissibile ed improponibile il giudizio per la dichiarazione di inefficacia del decreto di ingiunzione [...] essendo stata la controversia proposta al di fuori dello schema legale», atteso che «l'opponente non si è avvalsa della procedura prevista dall'art. 188 disp. att. c.p.c., avendo proposto direttamente con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo la domanda d'inefficacia» (cfr. pag. 40 del ricorso). Pertanto, secondo il ricorrente «la Corte territoriale avrebbe dovuto rigettare la domanda d'inefficacia proposta con atto di citatone in opposizione a decreto ingiuntivo (che ex art. 643 c.p.c. presuppone la pendenza della lite) sia perché inammissibile, dovendo semmai proporsi azione autonoma di accertamento negativo una volta che sia stato infruttuosamente esperito il rimedio del ricorso, sia perché emesso il decreto di esecutorietà, sia perché infondata e contraddittoria» (cfr. pag.  41-42 del ricorso).  4.1. Invero, anche volendosi prescindere, pure in questo caso, dal fatto che di un'analoga censura non vi è traccia nella sentenza oggi impugnata (sicché, come si è già detto con riferimento ad uno degli esaminati profili di contestazione del secondo motivo, sarebbe stato onere del ### a pena di inammissibilità della censura medesima, non solo allegare l'avvenuta sua 17 deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo aveva fatto, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, in particolare riportando dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d'ufficio. Cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013; 7981/07; Cass. 16632/2010), è sufficiente solo ricordare che, come già chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, laddove si deduca l'inesistenza della notificazione del decreto ingiuntivo, il procedimento di cui all'art. 188 disp. att. c.p.c. non è esclusivo e consente, in alternativa, il ricorso alla citazione ordinaria (cfr. Cass. n. 9872 del 1997, a tenore della quale «se un decreto ingiuntivo non è notificato, o la notifica di esso è giuridicamente inesistente, la parte contro la quale è stato emesso può, decorso il termine stabilito dall'art. 644 cod. proc. civ., chiederne la declaratoria di inefficacia, ai sensi dell'art. 188 disp. att. cod. proc. civ., o con la procedura prevista dai primi due commi, o con autonoma domanda [ultimo comma]»; Cass. n. 5231 del 1993, nella cui motivazione si legge, tra l'altro, che «la dichiarazione di inefficacia [...] può essere chiesta con domanda proposta nei modi ordinari», essendo quindi sempre ammissibile, oltre che il ricorso al procedimento di cui al citato art. 188 disp. att. c.p.c, anche l'ordinaria e generale azione di nullità).  4.1.1. Affatto legittimamente, dunque, l'odierna controricorrente aveva proposto la domanda di declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo per inesistenza della notifica con citazione ordinaria, cumulando con la stessa quella di opposizione tardiva, per l'ipotesi in cui si fosse ritenuta la notifica non inesistente. A tanto deve solo aggiungersi che nessuna disposizione sancisce che la declaratoria dell'inesistenza della notificazione è preclusa dall'avvenuta dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo (la quale, evidentemente, viene ad essere travolta dalla dichiarazione di inesistenza della notifica e, quindi, di inefficacia del decreto).  18 4.2. E' chiaro, poi, che l'accoglimento della domanda principale (di cui al procedimento n.r.g. 120/2000) di declaratoria di radicale inefficacia del decreto ingiuntivo per inesistenza della notifica non poteva che rendere superflua la decisione sulla domanda di nullità o comunque di revoca del decreto stesso (quest'ultima invocata nel procedimento n.r.g. 799/2000, fatte salve le richieste già formulate nel precedente procedimento n.r.g.  120/2000). Pertanto non vi sarebbe ragione per ravvisare un'inesistente decisione di rigetto di quest'ultima.  4.3. Da ultimo, va solo rimarcato che l'avere il giudice di appello statuito sul merito, una volta dichiarata l'inefficacia dell'ingiunzione, certamente non significa, contrariamente a quanto preteso dal ### (cfr. pag. 44 del ricorso), che ciò dimostra «non già l'inesistenza della notifica, bensì la pendenza della lite», né che vi è «piena contraddizione» e che «si configura un vizio processuale, di rito e di azione, che produce nullità della stessa pronuncia impugnata atteso che la decisione di merito, assunta nel mentre si considera inesistente la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, ...è chiaramente inconciliabile con la declaratoria d'inefficacia».  4.3.1. Vero è piuttosto che, ferma la declaratoria d'inefficacia del decreto, entrambi i giudici di merito - senza che in ciò sia ravvisabile alcuna contraddittorietà o nullità della sentenza - hanno statuito anche nel merito, dichiarando l'infondatezza della pretesa creditoria del ### posto che la declaratoria suddetta non esime il giudice dal decidere anche sulla fondatezza della pretesa creditoria già azionata in via monitoria (cfr.  n. 3980 del 2016).  5. Il quinto motivo di ricorso del ### denuncia «### e falsa applicazione di legge, artt. 99, 112, 115, 116, 132, 161, 641 e 644 c.p.c., nonché contraddittoria, omessa o insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in relazione all'art. 360, comma 1, nn.  3, 4 e 5 c.p.c.». Si contesta alla corte distrettuale di non aver accolto l'appello con cui il ### aveva lamentato, in relazione alla decisione di primo grado, la «mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato»; che il 19 solo dispositivo, peraltro non emesso in favore dell'opponente ### s.p.a., in assenza di motivazione, non determinava alcuna statuizione; che «la sentenza di primo grado era radicalmente nulla per omessa motivazione»; la «inammissibilità dell'opposizione in quanto non notificata al domicilio eletto in ricorso e comunque proposta oltre i termini di cui all'art. 641 c.p.c, sia alla prima che alla seconda notifica della medesima ingiunzione» (cfr. pag. 45 del ricorso).  5.1. Orbene, sotto il profilo del denunciato vizio motivazionale, esso è radicalmente inammissibile perché fa riferimento ad una nozione di tale vizio non riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste dal codice di rito, ed in particolare non sussumibile nel vizio contemplato dal novellato art. 360, n. 5, cod. proc. civ. - qui, come si è già detto, applicabile ratione temporis - atteso che tale mezzo di impugnazione può concernere esclusivamente l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, da dedursi, peraltro, rispettando i precisi oneri di allegazione sanciti, in proposito, da Cass., SU, n. 8053 del 2014.  5.2. Per il resto, lo stesso non merita accoglimento, posto che la corte distrettuale ha affrontato nella sua motivazione tutte le censure in quella sede formulate dal ### concludendo per la loro inammissibilità e/o infondatezza, coerentemente pronunciando, poi, nel dispositivo il rigetto dell'appello. A tanto deve solo aggiungersi che: i) l'odierna controricorrente era risultata pacificamente vittoriosa nel merito in primo grado, stante la declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo e la pronuncia di assoluzione nel merito dalle domande formulate dal ### con il ricorso per ingiunzione, sicché non aveva alcun onere di riproporre le ragioni dell'opposizione con appello incidentale (e, malgrado ciò, lo aveva comunque fatto, come riconosce anche la stessa corte fiorentina alle pag.  15 e 21 della sentenza impugnata, ove si legge che ### s.p.a. 
«in via di appello incidentale, riproponeva le domande di merito non esaminate in 10 grado perché ritenute assorbite, ivi compresa la domanda di revocazione» e che «la reiezione dell'appello rende irrilevante la proposizione della querela di falso e l'appello incidentale condizionato sulle 20 questioni di merito ritenute assorbite in 10 grado ed anche in grado di appello»); il) quanto all'eccepita omessa notifica nel domicilio eletto, la corte d'appello ha correttamente evidenziato che, a tacer d'altro, si era trattato di una eventuale irregolarità che controparte aveva sanato con la sua costituzione in primo grado, e tale statuizione non è stata minimamente censurata oggi dal ### iii) quanto, infine, all'eccepita carenza di motivazione della decisione di primo grado, altrettanto correttamente la medesima corte ha ritenuto la censura inammissibile, perché il ### avrebbe dovuto comunque investire il giudice dell'appello delle ragioni che avrebbero dovuto condurre ad una diversa decisione, ragioni la cui sussistenza la corte d'appello ha pure escluso con statuizione oggi non impugnata.  6. Il sesto motivo di ricorso principale, infine, rubricato «### e falsa applicazione di legge, artt. 99, 112, 115, 116, 132, 148, 276, 307, 346, 641, 653 e 647 c.p.c., nonché artt. 2700 e 2909 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c.»., censura la sentenza impugnata nella parte in cui aveva disatteso il motivo di appello con cui il ### aveva lamentato che l'azione proposta con la citazione che aveva originato il giudizio n.r.g. 12443/2007 «era inammissibile ed improcedibile per mancata notifica nei termini di cui all'art. 641 c.p.c., anche perché il decreto ingiuntivo opposto era già stato notificato una prima volta il ###» (cfr. pag. 53 del ricorso).  6.1. Tale doglianza non merita accoglimento, atteso che: i) l'inesistenza della prima (in realtà, come si è ampiamente detto in precedenza, mai avvenuta) notifica del decreto nel settembre del 1999 e le relative conseguenze erano state già oggetto dei procedimenti nn.rr.gg 120/2000 e 799/2000, mentre in quello, successivo, n.r.g. 12443/2007 ### s.p.a. aveva inteso riproporre le medesime questioni a seguito della nuova notifica, nei suoi confronti, dello stesso decreto ingiuntivo n. 2357/99 effettuata dal ### il 19 giugno 2007. Ne consegue, quindi, che è rispetto a quest'ultima data che va valutata la tempestività della notifica della citazione in opposizione (introduttiva, appunto, del menzionato 21 procedimento n.r.g. 12443/2007) di ### s.p.a. e non certo alla prima ### notifica del 1999; li) si è già detto, respingendosi il precedente motivo, che la corte distrettuale correttamente ha disatteso, giudicandola inammissibile, la censura di omessa motivazione della decisione di primo grado in relazione al giudizio n.r.g. 12443/2007, perché il ### avrebbe dovuto comunque investire il giudice dell'appello delle ragioni che avrebbero dovuto condurre ad una diversa decisione, ragioni la cui sussistenza la medesima corte ha pure escluso con statuizione oggi non impugnata.  7. Venendo, infine, al ricorso incidentale di ### s.p.a., il suo unico motivo denuncia la «### degli artt. 112, 343, 346, 395 e 656 c.p.c. (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c.)», per avere la corte distrettuale ribadito il rigetto della domanda di revocazione di cui al procedimento n.r.g. 799/2000, piuttosto che sancirne l'assorbimento, erroneamente non considerando che a ciò conduceva la pure confermata declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo ottenuta nel procedimento n.r.g. 120/2000 (solo subordinatamente al cui rigetto era stata proposta la domanda di revocazione) ed altrettanto erroneamente ritenendo che la reiezione della domanda di revocazione in primo grado non fosse stata oggetto di specifica censura, laddove, invece, era stato proposto un apposito motivo di appello incidentale.  7.1. Esso si rivela fondato nei sensi di cui appresso.  7.1.1. La sentenza impugnata, nel riportare integralmente le conclusioni precisate dall'odierna ricorrente incidentale nel giudizio d'appello, consente di rilevare che quest'ultima aveva domandato, nel merito, l'accoglimento della dichiarazione di inefficacia del decreto ingiuntivo n. 2358/99 del Tribunale di Firenze invocata nel procedimento n.r.g. 120/2000 (cfr. pag. 5, sub C.1, della menzionata sentenza) e solo "in subordine" aveva chiesto di "revocare il decreto ingiuntivo" come da domanda dalla stessa formulata nel giudizio n.r.g. 799/2000 (cfr. pag. 6, sub C.2, della medesima sentenza), chiaramente non avendo interesse alcuno ad una pronuncia di revocazione di un decreto ingiuntivo dichiarato inefficace. Il giudice di prime cure, del 22 resto, non aveva minimamente motivato il rigetto della domanda di revocazione (peraltro solo in dispositivo).  7.1.2. La corte fiorentina, evidentemente, non ha correttamente interpretato le domande complessivamente formulate, nei distinti giudizi predetti, poi riuniti, da ### s.p.a. come proposte anche in via di appello incidentale: infatti, ha affermato, prima, che detta società «in via di appello incidentale, riproponeva le domande di merito non esaminate in 1° grado perché ritenute assorbite, ivi compresa la domanda dì revocazione» (cfr. pag. 15 della sentenza impugnata) e, poi, che «la reiezione» della domanda di revocazione da parte del tribunale «non è stata oggetto di specifica censura» (cfr. pag. 20 della medesima sentenza). La stessa, invece, una volta confermata la declaratoria di inefficacia del decreto ingiuntivo n. 2538/99 del Tribunale di Firenze resa nel procedimento 120/2000 r.g., e rimasta, così, sostanzialmente, priva di oggetto l'eventuale pronuncia sulla revocazione di cui al successivo procedimento, riunito al primo, n. 799/2000 r.g., avrebbe dovuto non già rigettare la domanda di revocazione ma limitarsi a dichiararne la inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse di ### s.p.a.: ciò, peraltro, in sostanziale coerenza con quella giurisprudenza di legittimità (riferita, però, all'ipotesi di più domande formulate in un unico giudizio; qui, invece, si era in presenza di pluralità di domande proposte in distinti procedimenti, poi riuniti) secondo cui la figura dell'assorbimento (in senso proprio) ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno (cfr.  n. 12193 del 2020). E' intuitivo, invero, che tale principio può essere "adattato" anche alla descritta odierna vicenda processuale attesane la evidente identità di ratio.  8. In conclusione, il ricorso principale del ### deve essere respinto, mentre va accolto quello incidentale di ### s.p.a., cassandosi, esclusivamente in parte qua, la sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti fattuali, la causa, sul punto corrispondente, può 23 essere decisa nel merito, ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., dichiarandosi la inammissibilità, per sopravvenuta carenza di interesse di ### s.p.a., in ordine alla sua domanda di revocazione del decreto ingiuntivo n. 2538/99 del Tribunale di Firenze formulata nel procedimento, recante il n.r.g. 799/2000, dalla stessa instaurato innanzi al Tribunale di Firenze nei confronti del ### 9. Le spese del grado di appello e di questo giudizio di legittimità restano a carico del soccombente ### e liquidate come in dispositivo.  9.1. Alla stregua di tutto quanto fin qui detto, inoltre, ricorrono i presupposti per ribadire integralmente la statuizione di condanna del ### ai sensi dell'art. 96, comma 3, cod. proc. civ., già pronunciata dalla corte distrettuale in relazione alla soccombenza (qui confermata) dello stesso in quel grado.  9.2. Analoga condanna può essere inflitta al ricorrente principale anche con riguardo alla sua ulteriore soccombenza in questa sede di legittimità.  9.2.1. Invero, la giurisprudenza di legittimità ha recentemente riesaminato la questione relativa alla funzione sanzionatoria della condanna per lite temeraria prevista dalla norma suddetta, relativamente sia alla necessità di contenere il fenomeno dell'abuso del processo, sia all'evoluzione della fattispecie dei "danni punitivi" che ha progressivamente fatto ingresso nel nostro ordinamento.  9.2.2. Al riguardo, è stato affermato che «la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile d'ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. e con queste cumulabile, volta al contenimento dell'abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di "abuso del processo", quale l'aver agito o resistito pretestuosamente» (cfr. Cass. 27623 del 2017, richiamata, in motivazione, 24 dalle successive Cass. n. 29462 del 2018 e Cass. n. 29812 del 2019) e cioè nell'evidenza di non poter vantare alcuna plausibile ragione.  9.2.3. Tale pronuncia è stata preceduta da un altro fondamentale arresto secondo il quale «nel vigente ordinamento, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile, sicché non è ontologicamente incompatibile con l'ordinamento italiano l'istituto, di origine statunitense, dei "risarcimenti punitivi"» (cfr. Cass., SU, n. 16601 del 2017): nella motivazione della sentenza testé richiamata l'art. 96, ultimo comma cod. proc. civ è stato inserito nell'elenco delle fattispecie rinvenibili, nel nostro sistema, con funzione di deterrenza.  9.2.3. Nel caso concreto, emerge con chiarezza un abuso del diritto d'impugnazione, caratterizzato da colpa grave del ### consistita nel mancato impiego della doverosa diligenza ed accuratezza nel reiterare l'impugnazione pure in ordine a ragioni già formulate e disattese nell'atto d'appello, peraltro espressa con motivi in larga parte inammissibili.  9.2.4. Invero, ai fini della condanna ex art. 96, comma 3, cod. proc.  civ., è stato affermato che costituisce abuso del diritto all'impugnazione, integrante colpa grave, la proposizione di un ricorso per cassazione basato su motivi manifestamente infondati, giacché ripetitivi di quanto già confutato dal giudice d'appello, ovvero perché assolutamente irrilevanti o generici, o, comunque, non rapportati all'effettivo contenuto della sentenza impugnata (cfr. Cass. n. 19286 del 2016).  9.2.5. E' evidente, dunque, che pur tenendo conto dell'orientamento più estensivo, che non ritiene la colpa grave elemento costitutivo della responsabilità aggravata in questione, nella specie si rivela comunque applicabile la sanzione pecuniaria contemplata dalla norma predetta, sussistendo una palese pretestuosità dell'odierna impugnazione del ### 9.2.6. Quest'ultimo, dunque, per quanto esposto, va condannato, in aggiunta alle spese di lite, al pagamento della somma di C 12.000,00, 25 determinata equitativamente come per legge, a favore della ### s.p.a., pari, all'incirca, in termini di proporzionalità (cfr. Cass., SU, 16601 del 2017 sopra richiamata), al 60% della misura del compenso liquidato in relazione al valore della causa.  9.3. Va dato atto, infine, - in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., 15279 del 2017) e giusta quanto recentemente precisato da Cass., SU, 4315 del 2020 - che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115/02, i presupposti processuali per il versamento, da parte del suddetto ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il suo ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre «spetterà all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento».  PER QUESTI MOTIVI La Corte rigetta il ricorso principale di ### ed accoglie quello incidentale di ### s.p.a.. ### la sentenza impugnata esclusivamente in relazione a quest'ultimo e, decidendo la causa nel merito, sul punto corrispondente, dichiara la inammissibilità, per sopravvenuta carenza di interesse di ### s.p.a., in ordine alla sua domanda di revocazione del decreto ingiuntivo n. 2538/99 del Tribunale di Firenze formulata nel procedimento, recante il n.r.g. 799/2000, dalla stessa instaurato innanzi al Tribunale di Firenze nei confronti del #### al pagamento delle spese del grado di appello e di questo giudizio di legittimità che si liquidano: i) le prime, in C 23.445,00 per compensi, oltre rimborso spese generali, IVA e C.P.A. come per legge; ii) le seconde, in C 20.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in C 200,00, ed agli accessori di legge.  26 Ribadisce la condanna del ### ex art. 96, comma 3, cod. proc. civ., in relazione al giudizio di appello e nella misura ivi sancita dalla corte d istrettua le.  ### il medesimo ricorrente principale, soccombente pure in questa sede, al pagamento, giusta la citata previsione normativa, della somma di C 12.000,00 a favore di ### s.p.a.. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ### dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il suo ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio d ### sezione civile della Corte Suprema di cassazione, 111 febbraio 2021. 
Il Preside Dott. C hiara Funzionari GIudiziarfo Dott.ssa Fabrizta ARONE 

causa n. 120/2000 R.G. - Giudice/firmatari: De Chiara Carlo, Campese Eduardo

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 754/2024 del 19-01-2024

... fatti astrattamente idonei a costituire reato, ipotizzabile rispettivamente nella bancarotta documentale (fraudolenta o semplice), truffa e distrazione di somme, per cui il ### da atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 59 comma 1 lett. d) dpr 131/1986 per la registrazione a debito della presente sentenza. Le spese seguono la soccombenza e si provvede alla liquidazione delle stesse con separato decreto, con obbligo di corrispondere la relativa somma a favore dello Stato ai sensi dell'art. 133 TUSG 115/2002. P. Q. M. ### di Napoli, ### civile - ### in materia di impresa, definitivamente pronunciando sulla controversia come sopra proposta tra le parti, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - Dichiara la contumacia dei convenuti #### e ### - (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE di NAPOLI Sezione specializzata in materia di impresa Il Tribunale di Napoli, III sezione civile ### in materia di impresa, nelle persone dei seguenti magistrati: dott. ### rel.  dott. ### dott. ### riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 3858 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi dell'anno 2022, avente ad oggetto: responsabilità degli organi amministrativi di S.r.l., pendente T R A ### s.r.l. Unipersonale, in persona del curatore pro tempore, rapp.to e difeso dall'avv. ####, presso la quale è elettivamente domiciliat ###, giusta mandato in atti ### CONTRO ### rapp.to e difeso dall'avv. ### presso lo studio del quale elett.te domicilia in ####, alla via ### 79, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta #### nata a #### il ### ed ivi residente ###; ### nato a Napoli ### il ### e residente ###; ### nato a ### (### il ### e residente ###; ### - CONTUMACE Conclusioni: come in atti. 
Rimessa in decisione in data 30 novembre 2023, senza la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per avervi le parti costituite rinunciato.  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione regolarmente notificato la curatela del fallimento della società ### srl ### proponeva azione ex art.  146 L.F. nei confronti dei convenuti ##### e ### nella loro qualità di amministratori unici della società fallita, contestando loro una serie di atti di mala gestio in danno della società e dei creditori sociali. 
In particolare, la curatela deduceva che: -- dal mese di gennaio 2015 al mese di dicembre 2018, la società fallita effettuava fittizie assunzioni di dipendenti, finalizzate alla indebita percezione delle prestazioni assistenziali erogate dall'### ovvero alla costituzione di posizioni previdenziali in capo ai presunti dipendenti compiacenti, come risulta dal verbale unico di accertamento n. 2019009230/### notificato al curatore dagli ispettori ### in data ### nel quale si legge “che tutti i rapporti di lavoro subordinato denunciati all'### dalla società fallita con le persone indicati nei modelli ### per il periodo dal 01/2015 al 12/2018, siano fittizi e finalizzati all'indebita percezione delle prestazioni assistenziali erogate dall'### (in particolare ### ovvero alla costituzione di una posizione previdenziale”, disconoscendo di guisa tutti i rapporti di lavoro subordinato denunciati con i flussi ### dalla società fallita e relativi al suddetto periodo, con conseguente cancellazione di tutte le singole denunce ### come indicate nell'elenco allegato al detto verbale; -- in data ###, la ### S.p.A. erogava in favore della società fallita un finanziamento di € 400.000,00 con garanzia “a prima richiesta” del ### S.p.A. che, difronte al mancato pagamento già della prima rata e di tutte le successive, nel luglio del 2017 veniva escussa dalla ### S.p.A. per l'importo di € 320.000,00, che successivamente presentava altresì domanda di ammissione al passivo per la differenza pari ad € 91.737,88; inoltre il detto importo di € 400.000,00 non veniva rinvenuto dal curatore fallimentare né nelle casse della società, né nei depositi bancari, né tantomeno risultava essere stato utilizzato per gli scopi sociali; -- a seguito dell'esame delle domande di ammissione al passivo, sia in sede tempestiva che tardiva emergeva il mancato versamento di imposte e tributi, di contributi previdenziali e assistenziali, nonché il godimento di agevolazioni fiscali, anche sottoforma di credito di imposta ex ### 662/96, contestate, dichiarate illegittime e poi revocate dall'### delle ### per mancanza dei requisiti e presupposti di legge; -- la società fallita ometteva il deposito dei bilanci d'esercizio relativi agli anni 2016, 2017 e 2018; -- il sig. ### amministratore in carica alla data del fallimento, provvedeva a depositare presso la ### del Tribunale di Napoli soltanto alcune delle scritture contabili obbligatorie ed in particolare il libro giornale, il registro IVA acquisti e il registro IVA vendite relativi ai soli anni 2017 e 2018, omettendo, viceversa, il deposito dei libri sociali obbligatori e del bilancio fallimentare, dell'elenco dei creditori, delle fatture acquisti e vendite e di qualsivoglia documentazione fiscale; -- dall'esame del cassetto fiscale della società fallita il curatore rilevava il mancato deposito delle dichiarazioni dei redditi, ### ed IVA per gli anni d'imposta 2016, 2017 e 2018. 
Nel giudizio, regolarmente iscritto a ruolo, perfezionata la notifica ai sensi dell'art. 143 cpc nei confronti del sig. ### a cui in precedenza non era stata recapitata, i convenuti rimanevano tutti contumaci. 
All'udienza all'uopo fissata del 16.05.2023 il G.I. su richiesta di parte attrice, ritenuta la causa documentalmente provata, rinviava per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 14.11.2023, rinviata d'ufficio al 16.11.2023. 
Soltanto in data ###, a ridosso dell'udienza di precisazione delle conclusioni, veniva depositata per conto del ### una comparsa di costituzione. 
Nel corso della richiamata udienza del 16.11.2023, sulle conclusioni rassegnate dalla curatela che rinunciava ai termini di cui all'art. 190 c.p.c. e riduceva la domanda all'importo di € 1.052,699,84 - riferita alla voce di danno relativa ai debiti tributari, ### e ### -, il G. I.  rinviava per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 30 novembre 2023 ore 10.00 con termine per il deposito di comparse conclusionali per il giorno stesso e veniva depositata anche la comparsa conclusionale per conto del convenuto ### che precisava di aver assunto la fittizia carica di amministratore unico in data ### e cessava dalla stessa in data ###, e comunque tutte le attività di gestione che avevano portato al fallimento della società ### s.r.l., sono riferibili a periodi e titolarità non a lui riconducibili. Ad ogni modo, contestava che la gestione fittizia eventualmente posta ad esso in carica nel periodo in cui aveva rivestito, formalmente, la carica di amministratore, potesse configurare ipotesi di responsabilità a carico dello stesso. 
Insisteva quindi per il rigetto della domanda ex art. 2392, 2394 c.c. e 146 L.F.  spiegata nei suoi confronti il quale, in quanto mero amministratore sulla carta. Nel merito, poi, contestava la fondatezza della domanda per non essere stata la stessa provata. 
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE Osserva il Collegio che la domanda attorea è fondata e merita accoglimento. 
Giova premettere che in materia di azione di responsabilità promossa dal curatore fallimentare nei confronti dei cessati amministratori e sindaci, la Corte di Cassazione ha ricordato che “la prova dell'esistenza del danno, del suo ammontare e della riconducibilità dello stesso al comportamento illegittimo degli organi della società fallita spetta all'attore, secondo le regole generali, mentre al convenuto incombe la dimostrazione della non imputabilità dell'evento dannoso alla sua condotta, mediante la prova positiva dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi impostigli dalla legge” (Cass. Civ., Sez. I, 17 ottobre 2022, n. ###). 
Orbene, dalla copiosa documentazione versata in atti può ritenersi assolto l'onere probatorio gravante sulla curatela, risultando dimostrate sia le condotte addebitate ai convenuti, nella loro qualità di amministratori della società avvicendatisi nella carica, sia i danni derivati dalle stesse. 
Viceversa, attesa la contumacia dei convenuti e le difese articolate dal ### non risulta in alcun modo fornita la prova da parte degli amministratori della società di aver osservato i doveri e aver adempiuto gli obblighi loro imposti dalla legge per la carica rivestita (in particolare il ### si è limitato ad una contestazione del tutto formale quanto alla sua carica rivestita come testa di legno). 
Procedendo nell'ordine cronologico delle vicende societarie, in primo luogo va ricordato che, con atto del 03.06.2013, la società originariamente denominata “### di ### e ### & C.  s.a.s” veniva trasformata in società a responsabilità limitata e il socio unico, ### assumeva anche la qualifica di amministratore fino al 28.12.2017. Successivamente e fino alla dichiarazione di fallimento, si sono avvicendati nella carica #### e ### Come si evince dagli estratti ruolo allegati alle domande di insinuazione al passivo dell'### la società risultava avere rilevanti debitorie già all'epoca in cui la stessa era ancora una società in accomandita semplice. Si veda a titolo esemplificativo l'allegato n. 10, pagina 107, nel quale risulta un debito IVA relativo all'anno 2008 (cartella notificata in data ### e 24.03.2017) pari a circa € 50.000,00. Allo stesso modo, sempre dall'allegato 10, pagine da 27 a 50, si evince che dall'anno 2009 all'anno 2014 (oltre che nel 2017) la società presentava debiti erariali e previdenziali per ulteriori € 50.000,00. 
Successivamente e precisamente dal 2015 al 2018, la situazione economico finanziaria della società precipitava ulteriormente, come risulta dagli altri estratti di ruolo allegati al documento n. 10, nonché dall'allegato n. 11 in atti di parte attrice, da cui si evince il mancato pagamento di ulteriori e consistenti pretese erariali e previdenziali per svariati milioni di euro che hanno generato un aggravamento del passivo derivante dall'applicazione di interessi, sanzioni, aggio coattivo e spese, come riportati nei singoli estratti di ruolo che, individuati con i rispettivi codici e sommati tra loro, ammontano a complessivi € 271.254,08. 
Com'è noto, gli amministratori sono tenuti al pagamento dei debiti tributari della società alle naturali scadenze, di cui sono personalmente responsabili sul piano patrimoniale, utilizzando le risorse economico patrimoniali della società, con conseguente responsabilità degli stessi per mala gestio verso la società e i creditori sociali in caso di inadempimento. Qualora la società non sia in grado di pagare i debiti erariali e sia in stato di scioglimento per perdita del capitale sociale, ma l'amministratore prosegua illegittimamente l'attività economica con assunzione di nuovo rischio imprenditoriale, quest'ultimo risponderà dei danni in misura pari al debito, per sanzioni, interessi ed aggi addebitati alla società con riferimento a quei debiti che quest'ultima non avrebbe contratto se fosse stata tempestivamente posta in liquidazione e conseguentemente cessato l'attività (cfr. Trib. Milano, Sez. Spec. ### n.2119, 13.03.2020). 
Negli stessi anni l'amministratore del tempo, ### si rendeva artefice anche dell'ulteriore illecito in danno dell'### ovvero l'assunzione fittizia di molteplici dipendenti finalizzata alla indebita percezione di prestazioni previdenziali e assistenziali ovvero alla costituzione di posizioni previdenziali in capo ai presunti dipendenti compiacenti. Anche tale gravissima condotta è stata provata e documentata senza alcuna smentita dalla curatela mediante l'allegato n. 4, ovvero il verbale unico di accertamento 2019009230/### notificato al curatore dagli ispettori ### in data ### nel quale si legge “che tutti i rapporti di lavoro subordinato denunciati all'### dalla società fallita con le persone indicati nei modelli ### per il periodo dal 01/2015 al 12/2018, siano fittizi e finalizzati all'indebita percezione delle prestazioni assistenziali erogate dall'### (in particolare ### ovvero alla costituzione di una posizione previdenziale”, disconoscendo di guisa tutti i rapporti di lavoro subordinato denunciati con i flussi ### dalla società fallita e relativi al suddetto periodo, con conseguente cancellazione di tutte le singole denunce ### come indicate nell'elenco allegato al detto verbale. 
Sempre in quegli anni, e precisamente in data ###, la società fallita, sempre per il tramite dell'amministratore dell'epoca, ### chiedeva ed otteneva dalla ### S.p.A. un finanziamento di € 400.000,00 con garanzia “a prima richiesta” del ### S.p.A.  nella misura dell'80% dell'importo. La società si rendeva inadempiente già dalla prima rata e, quindi, nel luglio del 2017 la ### escuteva la garanzia del ### per l'importo di € 320.000,00 e, intervenuto il fallimento, presentava domanda di ammissione al passivo per la differenza pari ad € 91.737,88. Anche di tali circostanze è stata fornita piena prova dalla curatela che nell'allegato n. 5 documenta sia il rapporto intercorso tra la società e l'istituto di credito, nonché quello tra quest'ultimo e il ### S.p.A.. Anche il danno derivato da tali operazioni risulta documentato sia dalla domanda di insinuazione al passivo presentata dalla ### per € 91.737,88 sia dagli estratti di ruolo allegati alla domanda dell'### delle ### da cui si evince il credito reclamato dalla ### S.p.A., in virtù della fideiussione escussa dalla ### S.p.A., per complessivi € 344.779,50 comprensivi di interessi, sanzioni, aggio coattivo e spese tabellari e di notifica (vedasi documento n. 10 pagina 17 di parte attrice). 
Oltre a quello appena indicato, la società ha subito un'ulteriore revoca di agevolazioni ex ### 662/1996 e, anche in questo caso, ### S.p.A. ha proceduto al recupero attraverso l'### delle ### per l'importo di € 344.928,38 (allegato n. 10 pagine 19 e 21). 
Gli eventi appena sintetizzati rappresentano gli atti di mala gestio compiuti e/o ignorati dai convenuti nel periodo in cui hanno rivestito la carica di amministratori. Altrettanto gravi e rilevanti sono le omissioni imputabili ai convenuti ##### e ### nella gestione della società e la violazione degli obblighi di legge sugli stessi gravanti in virtù della carica ricoperta. In primo luogo, deve evidenziarsi che, come si evince dalla visura camerale storica in atti (allegato n. 3 di parte attrice) aggiornata al 21.10.2019, cioè alla data del fallimento, il capitale sociale della fallita era pari ad € 115.000,00 e, pertanto, alla luce della situazione delineatasi sin dal 2013 (rappresentata dalle rilevanti debitorie già presenti al momento della trasformazione da s.a.s. in s.r.l. notevolmente peggiorate e aggravate nel corso degli anni successivi), è facile ritenere che nel caso di specie si è avuta senza dubbio la riduzione del capitale medesimo al di sotto del minimo legale. 
Orbene per il combinato disposto degli artt. 2482 ter, 2484 n. 4, 2485 e 2486 c.c., se a causa della perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo legale, gli amministratori sono tenuti a convocare senza indugio l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale e il suo contemporaneo aumento a una cifra non inferiore al minimo legale o la trasformazione della società. La riduzione del capitale al disotto del minimo legale - non accompagnata dalla sua ricostituzione nei termini di cui sopra o dalla trasformazione della ### - integra una causa di scioglimento di quest'ultima che, ai sensi dell'art.  2485 c.c., deve essere iscritta presso l'ufficio del registro delle ### e comporta l'obbligatoria messa in liquidazione della società stessa. Al verificarsi della causa di scioglimento gli amministratori conservano il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio e, in caso di violazioni, rispondono degli eventuali danni arrecati alla ### e ai creditori sociali per aggravamento del dissesto (### Milano, Sez. Spec. ### n.2119, 13.03.2020). Nel caso di specie, ##### e ### nella loro qualità di amministratori unici della società fallita dal 2015 alla dichiarazione di fallimento, contravvenendo agli obblighi di legge loro imposti in virtù della carica rivestita, hanno aggravato il passivo e provocato il dissesto della società in quanto, verificatasi contestualmente la perdita del capitale sociale o, quanto meno la riduzione dello stesso al di sotto del minimo legale, non adottavano le necessarie iniziative che la legge imponeva loro e proseguivano inopinatamente l'attività d'impresa incrementando così i debiti fiscali, contributivi e previdenziali già maturati e compiendo addirittura, con la compiacenza di alcuni dipendenti, atti in frode e in danno dell'### della ### Per quanto concerne, poi, la regolare tenuta delle scritture contabili della società e della contabilità sociale, gravante sugli amministratori, è altrettanto evidente nel caso di specie la palese violazione anche di tali obblighi da parte dei soggetti convenuti. 
Altra grave omissione imputabile ai convenuti è il mancato deposito dei bilanci d'esercizio relativi agli anni 2017 e 2018, nonché delle dichiarazioni dei redditi, ### ed IVA per gli anni d'imposta 2016, 2017 e 2018. Risulta, inoltre, provato e documentato dall'allegato n. 8 di parte attrice, costituito dal verbale di consegna redatto dal cancelliere in data 23 gennaio 2020, che la tenuta delle scritture contabili della società e della contabilità sociale era tutt'altro che regolare essendo emersa la totale assenza dei libri sociali obbligatori, del bilancio fallimentare, dell'elenco dei creditori, delle fatture acquisti e vendite e di qualsivoglia documentazione fiscale. Infatti, il sig. ### amministratore in carica al momento della dichiarazione di fallimento, provvedeva unicamente al deposito del libro giornale, registro IVA acquisti e registro IVA vendite relativi ai soli anni 2017 e 2018 (vedasi sempre allegato 8). 
Conclusivamente, può affermarsi che dagli atti di causa emerge in tutta evidenza la responsabilità dei convenuti sia verso la società che verso i creditori sociali come prevista e disciplinata dagli artt. 2392 e 2394 c.c. avendo la curatela dimostrato documentalmente che la scelta gestionale e amministrativa effettuata dai soggetti succedutisi nell'amministrazione della società fallita, oltre ad essere illegittima e tale da determinare le vicende che hanno portato alla decozione di quest'ultima, ha certamente avuto come diretta conseguenza l'aggravamento del passivo avendo comportato la maturazione di interessi e l'applicazione di sanzioni ed aggi per il mancato pagamento dei debiti erariali, previdenziali ed assistenziali. 
E' pacifico che l'azione risarcitoria promossa dal curatore fallimentare, ex art. 2392, 2394 c.c. e 146 L.F.., nei confronti dell'amministratore della società fallita permette di cumulare le due fattispecie di responsabilità, contrattuale ed aquiliana, assicurando così alla curatela le agevolazioni proprie della responsabilità contrattuale in tema di onere probatorio, ossia la necessità di provare esclusivamente il pregiudizio subito ed il rapporto di causalità fra questo e le violazioni addebitate all'amministratore, incombendo, invece, su quest'ultimo l'onere di fornire la prova positiva della non imputabilità a sè del fatto dannoso, avendo adempiuto agli obblighi impostigli dalla legge. Spetterà, comunque, alla curatela il compito di dimostrare di aver subito un danno in seguito al mancato adempimento da parte dell'amministratore dei doveri di diligenza impostigli, ed in particolare quello di conservazione dell'integrità del patrimonio sociale nell'interesse sia della società che dei creditori sociali (cfr. Cass. Civ. Sez. 1, 08/02/2000 n. 1375; ### Cassino, I ### Civ., 27.05.2021 n. 787; ### 11 maggio 2004); ### per consolidato orientamento della Suprema Corte condiviso da codesto ### in una recente pronuncia, si può configurare un'inversione dell'onere della prova quando l'assoluta mancanza o l'irregolare tenuta delle scritture contabili rendano impossibile al curatore di fornire la prova del nesso di causalità tra il danno e il comportamento illecito dell'amministratore la cui condotta, in questo specifico caso, integrando la violazione di obblighi di legge, è di per sé idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio (Cass Civ., Sez. 1^, 04.04.2011, n. 7606; ### Napoli, Sez. Spec. ### n. 5395 del 08.06.2021). 
Se ne ricava che accertata e dichiarata la responsabilità ex art. 2392, 2394 c.c. e 146 L.F. dei convenuti per gli atti di mala gestio compiuti nell'amministrazione e gestione della società ### srl ### dall'anno 2015 al fallimento, così come analiticamente individuati e descritti nell'atto introduttivo del giudizio ed anche in considerazione della riduzione della domanda così come riformulata nel quantum in sede di precisazione delle conclusioni, vanno condannati tutti i convenuti, in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti dal fallimento della ### srl ### quantificati nell'importo di € 1.052.699,84 rappresentato dall'ammontare degli interessi, sanzioni, aggio coattivo e spese pari ad € 271.254,08 come risultanti dagli estratti di ruolo allegati alle domande sia tempestive che tardive dell'### delle ### ammesse al passivo del fallimento della ### srl ### nonché degli ulteriori importi, di € 344.928,38 e € 344.779,50, anch'essi contenuti negli estratti ruolo allegati alle domande dell'### delle ### rispettivamente a titolo di recupero agevolazioni L. 662/96 e fideiussione del ### in favore della ### S.p.A., nonchè l'ulteriore importo di € 91.737,88 richiesto in sede tempestiva dalla ### S.p.A., anch'esso ammesso al passivo del fallimento, oltre interessi legali dalla domanda al saldo. 
Infine va detto che le condotte assunte dagli amministratori convenuti oltre che illegittime e contrarie agli obblighi di legge sugli stessi gravanti, in talune fattispecie sono state del tutto illecite e fraudolente. ### tenuta della contabilità, le fittizie assunzioni in danno dell'### in uno alla distrazione delle somme oggetto del finanziamento erogato dalla ### per la somma di € 400.000,00 (che, come precisato, non è stata rinvenuta nelle casse della società, né risulta essere stata utilizzata per scopi sociali e tantomeno per pagare almeno in parte i debiti della società), sono senza dubbio fatti astrattamente idonei a costituire reato, ipotizzabile rispettivamente nella bancarotta documentale (fraudolenta o semplice), truffa e distrazione di somme, per cui il ### da atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 59 comma 1 lett. d) dpr 131/1986 per la registrazione a debito della presente sentenza. 
Le spese seguono la soccombenza e si provvede alla liquidazione delle stesse con separato decreto, con obbligo di corrispondere la relativa somma a favore dello Stato ai sensi dell'art. 133 TUSG 115/2002.  P. Q. M.  ### di Napoli, ### civile - ### in materia di impresa, definitivamente pronunciando sulla controversia come sopra proposta tra le parti, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - Dichiara la contumacia dei convenuti #### e ### - Accoglie la domanda come proposta dal ### della ### s.r.l. ### e, per l'effetto, condanna i convenuti ##### e ### in solido tra loro, al risarcimento dei danni subiti dal fallimento della ### srl ### quantificati nell'importo di € 1.052.699,84, oltre interessi legali dalla domanda al saldo; - Provvede alla liquidazione delle spese del presente giudizio con separato decreto, con obbligo di corrispondere la relativa somma a favore dello Stato ai sensi dell'art. 133 TUSG 115/2002. 
Così deciso in Napoli, lì 17 gennaio 2024.  ### relatore dott. ### 

causa n. 3858/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Graziano Nicola, Ultimo Antonietta

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 01-07-2022

... essendo rimasti ignoti gli autori del reato. 2.-Contemporaneamente, la ### ha denunciato il furto alla ### ni trasmettendo la documentazione necessaria alla liquidazione del danno, ma la società garante ha rifiutato il pagamento. 3.-Ciò ha indotto la ### ad agire in giudizio nei confronti della ### ni onde far va lere il di ritto alla copertura assicurativa per il furto. Nel giudizio davanti al Tribunale di ### la ### a ### si è costituita eccependo la mancata operatività della garanzia, in quanto non era stato attivato l'antifurto satellitare, e facendo presente di aver sporto denuncia alla ### della Repubblica sospettando che il tutto fosse frutto del tentativo di una 3 di 6 truffa ai suoi dan ni, in quanto la vettura risultava distrutta a seguito di un incendio avv enuto (leggi tutto)...

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 19073/2020 R.G. proposto da: ### elettivamente domiciliato in #### 27, presso lo studio dell'avvocato #### (###) rappresentato e difeso dall'avvocato ### (###) -ricorrente contro ### elettivamente domiciliato in #### 154, presso lo studio dell'avvocato ### (###) rappresentato e difeso dall'avvocato ### (###) -controricorrente 2 di 6 nonchè contro ### -intimato avverso SENTENZA di CORTE ### NAPOLI n. 1119/2020 depositata il ###. 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/06/2022 dal ### Ritenuto che 1.-### tonietta ### ha acquistato presso una concessionaria di ### una vettura ### in data 30 ottobre 2003, per il prezzo di 42.000 €. 
Il gi orno successivo, presso la m edesima concessionaria, ha stipulato con la ### un contratto avente oggetto la garanzia per furto incendio della vettura.  ### è stata poi rubata qualche settimana dopo. Per tale evento la ### ha sporto denuncia di furto , archiviata il ###, essendo rimasti ignoti gli autori del reato.  2.-Contemporaneamente, la ### ha denunciato il furto alla ### ni trasmettendo la documentazione necessaria alla liquidazione del danno, ma la società garante ha rifiutato il pagamento.  3.-Ciò ha indotto la ### ad agire in giudizio nei confronti della ### ni onde far va lere il di ritto alla copertura assicurativa per il furto.   Nel giudizio davanti al Tribunale di ### la ### a ### si è costituita eccependo la mancata operatività della garanzia, in quanto non era stato attivato l'antifurto satellitare, e facendo presente di aver sporto denuncia alla ### della Repubblica sospettando che il tutto fosse frutto del tentativo di una 3 di 6 truffa ai suoi dan ni, in quanto la vettura risultava distrutta a seguito di un incendio avv enuto all'estero, c he l'aveva ridotta a rottame, con la co nseguenza che era impossibile che potesse essere stata nuovamente immatricolata in ### Il Tribunale di ### ha rigettato la domanda sostenendo che non vi era prova del furto, non bastando a ciò la denuncia; che non vi era prova del versamento del prezzo da parte dell'attrice; che non erano state depositate le condizioni generali di assicurazione in quanto il fascic olo di controparte risultava ritirato e non più depositato, e questa circostanza impediva di stabilire quale fosse l'oggetto dell'assicurazione e soprattutto il valore assicurato.   Avverso tale sentenza ha proposto appello la ### ma la Corte di appello di Napoli ha confermato la deci sione di primo grado osserv ando, tra l'altro, che il mancato deposito delle condizioni generali impediva la dimostrazione della operatività della polizza.  4.-Ricorre la ### con tre motivi di ricorso di cui chiede il rigetto la ### che ha notificato controricorso. 
Memorie di entrambe le parti. 
Considerato che 5.- Con il primo motivo la ricor rente denuncia violazione dell'articolo 115 del codice di procedura civile, in relazione al fatto che la Corte d'appello ha ritenuto non deposit ate le condizioni generali, e dunque sfornita di prova la circostanza della copertura assicurativa, nonché il relativo contenuto: anche alla luce del fatto che la ### razioni aveva per l'appunto eccepito che la garanzia non fosse operativa.  ### la ricorrente questa tesi è errata in quanto le condizioni generali di polizza er ano state comu nque depositate dalla compagnia di assicurazione e quind i erano agli atti , e, per il principio dispositivo, il giudice avrebbe dovuto tenerne comunque conto: e comunque il giudice, non rinvenendo le condizioni di 4 di 6 assicurazione, ed essendo risultato che nel primo grado il fascicolo di controparte non era stato nuovamente depositato dopo il ritiro, avrebbe dovuto disporre la ricostruzione degli atti. 
Inoltre, l'affermazione della Corte di appello circa la mancata prova del pagamento del prezzo doveva dirsi anch'essa resa in violazione delle risultanze istrut torie, dal mom ento che, tra l'altro, alcuna eccezione era stata svolta dalla ### sul punto.   6.1.-Il motivo è infondato. 
Infatti, esso parte dal presupposto che le co ndizioni di poli zza erano comunque agli atti di causa, circostanza in realtà smentita in sentenza nella quale si rileva che le condizioni di polizza non erano affatto contenut e nel fascicolo depositato dalla ### la quale conferma di non averle mai depositate. Né il richiamo alla menzione che negli atti difensivi la ### fa di quelle co ndizioni generali può ritener si come prova dell'avvenuto deposito, trattandosi in realtà soltanto di meri richiami del loro contenuto, da cui non si deduce che sono state effettivamente depositate. In ogni caso il riferimento agli atti difensivi non corrisponde alla presenza del documento nel giudizio di appello e ove mai il documento, pur presente, si fosse smarrito, l'appellante aveva l'onere di chiedere al giudice la ricostruzione del documento mancante (cfr. Cass. n. 1024 del 2017). 
Il resto della censura atti nge, inammissibi lmente, la sentenza di primo grado rispetto all a quale viene ritrascritt o il contenut o dell'appello: rispetto a tali censure il giudice di appello ha ritenuto assorbente la mancata prova dell'operatività dell'assicurazione per il mancato deposito delle condizioni generali.  6.- Il secondo motivo denuncia violazione degli articoli 112, 167 e 183 del codice di procedura civile.  ### la ricorrente, la Corte di appello ha errato nel ritenere che la ### ha tempestivamente eccepito l'operatività della polizza, in quanto invec e la compagni a ha svolto una 5 di 6 eccezione del tutto di versa, ossia quella relativa al mancato deposito delle condizioni, e dall'una il giudice non poteva inferire l'altra.  7.1- Con il terzo motivo si denuncia violazione dell'articolo 112 del codice di procedura civile e dell'articolo 2697 del codice civile.  ### la ricorrente, la Corte d'appello avrebbe invertito l'onere della prova ricavando dal mancato deposito delle condizi oni generali altresì la prova della inesistenza del la copert ura assicurativa, quando invece una simile inferenza non era possibile, non pote ndo dedursi la prova dell'adempim ento degli oneri di polizza dalla produzione o meno del relativo contratto.   8.- Questi du e motivi possono esa minarsi insieme e sono anche essi infondati.   Innanzitutto, la ricorrente, nel rite nere come non svolta l'eccezione di inoperatività della polizza, e nel ritenere che invece la compagnia ha soltanto eccepito il mancato deposito delle condizioni generali, non riporta com piutame nte l'eccezione svolta da controparte, che invece assume il contrario.   Ed infatti, risulta che l'eccezione di inoperatività della polizza era stata propos ta effettivament e dalla convenuta società di assicurazione, come riportato a pagina 8 della sentenza, dove, per mero errore materiale, è indicato il punto sbagliato in cui l'eccezione è stata fatta: ma la stessa compagnia indica il punto esatto della sua comparsa di costituzione in cui l'eccezione è stata svolta. 
Ciò rende infondato altresì i l terzo motivo nella parte in cui, sul presupposto che si tratti di un'ecc ezione in senso stretto, ne denuncia la non tempestività o addirittura la sua omissione. 
Va tu ttavia osservato, e ciò vale p er entrambi i motivi, che il mancato deposito delle condizioni generali di polizza non è in realtà oggetto di una eccezione in senso stretto in quanto, nel cas o specifico, mira a far valere la man canza di prova del fatto 6 di 6 costitutivo, piuttosto che ad allegare un fatto estintivo del diritto: in sostanza, eccependo l'omesso deposito delle condizioni generali, la ### ha eccepito alla ricorrente di non aver provato i termini esatti della copertura assicurativa, e dunque di non aver provato per quale oggetto e per quali eventi essa era operante. 
Si tratta più che di una eccezione in senso stre tto di un ver o e proprio argomento difensivo sulla fondatezza della domanda, come tale non soggetto a preclusioni. 
E proprio tale argomento difensivo è stato acc olto dalla Corte d'appello la quale ha riten uto co rrettamente che era oner e della ricorrente deposit are le condizioni di poli zza a di mostrazione del fondamento della sua domanda. Che poi, alla stregua del la valutazione del giudice di merito, la mancata produzione delle condizioni generali implichi mancato assolvimento dell'onere della prova dell'operatività della polizza costituisce giudizio di fatto non sindacabile nella presente sede di legittimità.   Il ricorso va pertanto rigettato.  P.Q.M.  La Corte rigetta il ricor so. Condanna la ricorrente al pagam ento delle spese di lite, nella misura di 4000,00 euro, oltre 200,00 euro di spese generali. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso. 
Così deciso in ### il ###.   

Giudice/firmatari: Scoditti Enrico, Cricenti Giuseppe

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