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Tribunale di Pescara, Sentenza n. 1224/2025 del 17-11-2025

... configurandosi eventualmente nei suoi confronti una responsabilità di tipo extracontrattuale, nei termini indicati dall'art. 64 c.p.c. (cfr. Cass. civ. sent. 13010 del 23.06.2016; Cass. civ., sez. III, sent. 18313/2015; Cass. civ. sent. n. 2359 del 2.2.2010). Considerata la natura aquiliana della responsabilità, è onere di chi si assume danneggiato dall'espletamento dell'incarico peritale, dar prova tanto della condotta dolosa o colposa imputabile al perito, quanto del danno ingiusto, ovvero della lesione arrecata ad un interesse giuridicamente rilevante c.d. “danno evento” e delle conseguenze pregiudizievoli sofferte a causa della detta lesione, c.d. “danno conseguenza”, nonché infine della causalità materiale (tra fatto e danno evento) e giudica (tra danno evento e danno conseguenza). La giurisprudenza di legittimità, in occasione dei plurimi arresti intervenuti in materia, ha avuto modo di chiarire che l'erronea valutazione fornita dall'esperto in sede di determinazione del valore dell'immobile da aggiudicare all'asta, può assumere la valenza di un colposo elemento perturbatore tale da alterarne in modo significativo il valore dell'immobile (cfr. Cass. civ. sent. n. 2359 (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ###' ### E ALTRO CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. R.G. 1681/2023 promossa da: ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. ### e dell'avv. ### elettivamente domiciliato in ### 2/4 PESCARA, presso il difensore avv. ### ATTORE contro ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. #### e dell'avv. ### elettivamente domiciliato in ### 139 TRENTO, presso l'avv. ####'udienza del 5.11.2025 la causa è stata incamerata per la decisione, sulle seguenti conclusioni delle parti: ### ha chiesto che il Tribunale dichiari che l'immobile da lui acquistato all'asta ha consistenza residenziale complessiva pari a 44,42 mq come da ### di ### in ### n. 92/2007, ovvero pari a 41,68 mq come da ### tecnica di ufficio e non a 88,00 mq come riportato nella perizia di stima redatta dal convenuto, geom. ### su incarico del Tribunale di Pescara. 
Accertato che tale difformità è idonea a determinare una significativa alterazione della situazione reale del bene, acquistato dall'attore sulla base della consistenza del cespite indicata nella perizia redatta dal convenuto, condanni il convenuto al risarcimento del danno da lui subito, quantificato nella complessiva somma di € 35.000,00, ovvero nella diversa somma maggiore o minore ritenuta congrua. 
Vinte le spese, da distrarsi in favore dei difensori, antistatari.
Il convenuto, insistendo nelle richieste istruttorie articolate con la seconda memoria ex art. 171 ter c.p.c. ha chiesto il rigetto della domanda, con vittoria di spese. 
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. Con atto di citazione ritualmente notificato e depositato in data #### ha convenuto in giudizio il geom. ### assumendo che l'immobile, sito in ### C. da ###. ### 98, ### T e piano 1° contraddistinto al N.C.E.U.  del detto Comune al foglio n. 17, part. 762, sub 8, categoria A/2, classe 3, da lui acquistato all'asta a seguito di procedura esecutiva immobiliare, ha consistenza residenziale complessiva pari a 44,42 mq come da ### di ### in ### n. 92/2007, pertanto inferiore a quella di 88,00 mq erroneamente riportata nella perizia di stima redatta dal convenuto, su incarico del Tribunale di Pescara. 
Ritenendo tale difformità idonea a determinare una significativa alterazione della situazione reale del bene, ha chiesto che il Tribunale condanni il convenuto al risarcimento del danno da lui subito, quantificato nella complessiva somma di € 37.713,68, (36.652,17, maggiorato di € 1.061,51 per interessi) ovvero nella diversa somma maggiore o minore ritenuta congrua, maggiorata di interessi e rivalutazione monetaria. Vinte le spese.  2. Con comparsa depositata il ### si è costituito il geom. ### contestando la sussistenza del danno patrimoniale, invocato dall'attore. 
Evidenziava che, all'esito della gara con altri offerenti, l'attore si era aggiudicato l'immobile acquistato all'asta al prezzo di € 95.000,00 notevolmente inferiore al valore di mercato. 
Contestava la sussistenza del pregiudizio economico lamentato, evidenziando che il prezzo di aggiudicazione (€ 95.000,00), superava l'offerta minima fissata in € 66.088,84 ed il prezzo base d'asta determinato in € 88.118,45, per cui il presunto danno non poteva essere determinato sulla base del prezzo base d'asta, risultato del tutto ininfluente rispetto al prezzo di aggiudicazione dell'### determinato all'esito della gara tra gli offerenti ex art. 573 cpc. 
Assumeva di aver svolto in maniera corretta l'incarico peritale a lui conferito, nel quale aveva evidenziato le difformità, accertate nel corso dal sopralluogo da lui effettuato in data ###, rispetto all'ultimo progetto autorizzato, nonché tra lo stato di fatto e la planimetria catastale dell'immobile. 
Avendo segnalato che l'immobile era privo del certificato di agibilità, dall'esame della perizia di stima e dei relativi allegati (cfr. il doc. 2 convenuto) i partecipanti all'asta erano stati messi in condizione di conoscere l'estensione della superficie abitabile, che presentava una superficie utile di mq 36,82 e mq. 7,60 per complessivi mq. 44,42 oltre ad una superficie non residenziale al piano terra per mq. 6,49 ed al piano sottotetto per mq. 37,36 per complessivi mq. 43,85. 
Tale informazione, che l'attore assumeva di aver appreso solo dopo l'aggiudicazione dell'immobile, era indicata nella documentazione allegata alla perizia di stima dell'### (cfr. il doc. 2) e segnatamente: - nella relazione tecnica allegata alla domanda di sanatoria dell'### (cfr. il doc. 3 convenuto); - nella relazione tecnica del Comune di ### (cfr. il doc. 4 convenuto); - nel permesso di costruire in sanatoria (cfr. il doc. 5 convenuto). 
Evidenziava che l'attore aveva omesso di presentare domanda di sanatoria e di richiedere al Comune di ### il certificato di agibilità, nonostante fosse stato espressamente avvisato della facoltà di regolarizzare tali difformità. 
Nel decreto di trasferimento dell'### il Giudice dell'### aveva avvisato l'aggiudicatario che aveva la possibilità di regolarizzare l'### presentando domanda di sanatoria al Comune competente “a norma e per gli effetti dell'art. 17 della ### 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modifiche” nel termine di centoventi giorni dalla data di emissione del decreto di trasferimento. 
Assumeva che se l'attore avesse regolarizzato le difformità segnalate, l'immobile sarebbe potuto risultare, in tutto o in parte, parzialmente residenziale. 
Evidenziava che l'attore aveva acquistato l'immobile a corpo e non a misura, rinunciando così al diritto al risarcimento nell'ipotesi di difformità di misura (cfr. pag. 1 del doc 1 di parte attrice). 
Contestava il calcolo, all'esito del quale l'attore aveva determinato la superficie convenzionale dell'immobile, assumendo che anche la superficie non residenziale doveva essere conteggiata ai fini del calcolo della superficie convenzionale dell'immobile, considerato che i locali sottotetto erano dotati di tutti gli impianti (idrico, elettrico, termico) e di finiture similari a quelle del piano terra.  3. Con ordinanza in data ### ritenuto necessario, prima di assumere le prove capitolate dalle parti, disporre perizia finalizzata ad accertare, alla data di aggiudicazione del 26/02/2020, le caratteristiche e di conseguenza il valore dell'immobile oggetto di trasferimento, è stato nominato come CTU l'arch. ### che ha depositato la relazione in data ###.  4. Con ordinanza in data ### è stata formulata alle parti proposta conciliativa, che prevedeva il pagamento, in favore dell'attore, dell'importo di € 30.000,00. 
La proposta è stata accettata solo dall'attore e con ordinanza in data ###, ritenute le prove orali articolate dalle parti non rilevati per la decisione, la causa è stata rinviata per la decisione all'udienza del 5.11.2025, con assegnazione alle parti dei termini a ritroso previsti dall'art. 281 quinquies cpc. 5. Va preliminarmente confermato il rigetto della prova articolata dal convenuto nella memoria istruttoria, considerata la natura documentale delle circostanze capitolate sub sub. 1 e 2. 
In relazione agli altri capitoli di prova, va evidenziato che non può essere posto a carico dell'attore l'onere di confrontare i dati riportati nella perizia di stima, pubblicata unitamente all'avviso di vendita, con la documentazione allegata alla perizia che non è soggetta a tale onere, considerata la pacifica esistenza di un affidamento che i partecipanti all'asta ripongono nel corretto operato degli ausiliari del giudice dell'esecuzione.  *** 
La domanda è fondata e merita accoglimento per le ragioni di seguito indicate. 
A. Sull'inquadramento giuridico della fattispecie Il perito estimatore, nominato per la stima di beni immobili, oggetto di procedura esecutiva e\o fallimentare, opera quale ausiliario del giudice in funzione del superiore interesse della giustizia. 
Nessun rapporto professionale lo lega al soggetto che diventa aggiudicatario dell'immobile stimato, configurandosi eventualmente nei suoi confronti una responsabilità di tipo extracontrattuale, nei termini indicati dall'art. 64 c.p.c. (cfr. Cass. civ. sent. 13010 del 23.06.2016; Cass. civ., sez. III, sent.  18313/2015; Cass. civ. sent. n. 2359 del 2.2.2010). 
Considerata la natura aquiliana della responsabilità, è onere di chi si assume danneggiato dall'espletamento dell'incarico peritale, dar prova tanto della condotta dolosa o colposa imputabile al perito, quanto del danno ingiusto, ovvero della lesione arrecata ad un interesse giuridicamente rilevante c.d. “danno evento” e delle conseguenze pregiudizievoli sofferte a causa della detta lesione, c.d. “danno conseguenza”, nonché infine della causalità materiale (tra fatto e danno evento) e giudica (tra danno evento e danno conseguenza). 
La giurisprudenza di legittimità, in occasione dei plurimi arresti intervenuti in materia, ha avuto modo di chiarire che l'erronea valutazione fornita dall'esperto in sede di determinazione del valore dell'immobile da aggiudicare all'asta, può assumere la valenza di un colposo elemento perturbatore tale da alterarne in modo significativo il valore dell'immobile (cfr. Cass. civ. sent. n. 2359 del 2.2.2010), considerato che la partecipazione ad un incanto non costituisce un'attività aleatoria, determinandosi ogni partecipante alla propria offerta sulla base delle caratteristiche dell'immobile e del suo interesse a rendersene aggiudicatario, dando per pacifica l'esistenza di un affidamento che i partecipanti ripongono nel corretto operato degli ausiliari del giudice dell'esecuzione (cfr. Cass. civ. sent. 13010 del 23.06.2016). 
È dunque senz'altro possibile, in termini giuridici, prospettare l'esistenza di una responsabilità extracontrattuale del perito di stima, beninteso a condizione che si accertino l'effettiva sussistenza di dolo o colpa nello svolgimento dell'incarico, la rilevanza ai fini di una significativa alterazione della situazione reale dell'immobile destinato alla vendita e la sua incidenza causale nella determinazione del consenso degli acquirenti. 
Quanto all'elemento soggettivo, la Cassazione ha in più occasioni affermato che: “ai fini della responsabilità civile dei consulenti tecnici prevista dall'art. 64 c.p.c., non è richiesta la colpa grave (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 13010 del 23/06/2016). 
Il perito di stima, nominato dal giudice dell'esecuzione, risponde quindi nei confronti dell'aggiudicatario, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per il danno da questi patito in virtù dell'erronea valutazione dell'immobile staggito, solo ove ne sia accertato il comportamento doloso o colposo nello svolgimento dell'incarico, tale da determinare una significativa alterazione della situazione reale del bene destinato alla vendita, idonea ad incidere causalmente nella determinazione del consenso dell'acquirente (cfr. Cassazione civile sez. III, 13/02/2024, n. 3917). 
B. Sull'applicazione al caso in esame dei principi di diritto sopra indicati b.1 Allo scopo di accertare l'effettiva consistenza dell'immobile, sito in ### acquistato dall'attore a seguito di procedura esecutiva immobiliare, sono stati formulati al CTU nominato, arch.  ### i seguenti quesiti: “1) Dica il ### letti gli atti e compiuto ogni più opportuno accertamento, previa verifica della reale ed effettiva consistenza delle superfici residenziali dell'immobile oggetto di causa, la sussistenza dei presupposti e dei costi per il recupero abitativo delle superfici non residenziali del fabbricato indipendente con giardino, sito in ####, C.da Macchiano, ###. ### 98, composto da piano terra e primo piano, identificato al catasto ### al Fg. 17, Part. 762, Sub. 8, Categoria ###.  2) Accerti il valore dell'immobile alla data di aggiudicazione del 26/02/2020, proponendo alle parti, all'esito degli accertamenti svolti, una soluzione conciliativa”. 
Con relazione depositata il ### redatta all'esito dei rilievi effettuati sui luoghi di causa, in contraddittorio con i ###, il CTU ha accertato che l'immobile oggetto di controversia aveva superfici utili residenziali complessivamente pari a ca. mq. 41,68 (cfr CTU pag. 11). 
Il perito aveva inoltre constatato le seguenti difformità non segnalate nella perizia di stima redatta dal convenuto: i) assenza sui luoghi del locale ad uso lavanderia catastalmente rappresentato in corrispondenza del piano terra e conseguente annessione di fatto della relativa superficie al contiguo vano cucina; ii) assenza sui luoghi dell'accesso esterno, catastalmente rappresentato relativamente al locale pertinenziale al piano terra, in corrispondenza del quale è stata invece riscontrata una finestra; iii) differente indicazione catastale delle altezze corrispondenti all'intradosso della copertura del piano primo, con scostamenti pari a ca. cm. 6,00 in corrispondenza dell'altezza minima, nonché pari a ca. cm.  20,00 in corrispondenza dell'altezza massima; iv) realizzazione di collegamento diretto tra i locali abitativi ed il locale accessorio al piano terra a mezzo di apertura interna progettualmente non prevista.  b.2 All'esito degli accertamenti svolti, pienamente condivisibili, in quanto espressi attraverso un attento e circostanziato esame degli atti e dello stato dei luoghi, con allegazione di numerose fotografie idonee a consentire una completa verifica dell'operato svolto dal perito, quest'ultimo ha precisato che il fabbricato sito alla ###. ### n° 98 del ### di ### non possiede i requisiti necessari e sufficienti al recupero abitativo dei vani non residenziali del piano sottotetto, richiesti dalla L.R. n° 10/2011 ed dal ### del ### di ### in quanto l'altezza media del sottotetto risulta inferiore a ml. 2,40 ed il rapporto aero-illuminante tra le superfici delle finestre e del pavimento risulta inferiore ad 1/8 in ognuno dei singoli vani considerati. 
Pertanto, a meno di sostanziali opere di adeguamento, che intervengano sui parametri tecnici considerati in base a specifica fase progettuale - non risulta attualmente possibile procedere al recupero abitativo delle superfici non residenziali al piano sottotetto” (cfr CTU pag. 52).  b.3 È quindi possibile affermare che, a causa dell'erronea rappresentazione dei fatti, riportati nella perizia di stima redatta dal convenuto, (documento visibile all'aggiudicatario, in quanto accessibile dal portale delle vendite pubbliche e sui siti internet indicati dal Tribunale di Pescara per le pubblicazioni dell'avviso di vendita), che indicava in 88,00 mq la superfici utile residenziale dell'immobile e che non faceva menzione delle difformità rilevate dal ### l'attore aveva acquistato un immobile avente consistenza residenziale complessiva pari a circa la metà di quella indicata nella perizia, nonché difformità catastali ed urbanistiche non segnalate, idonee ad incidere sul valore del bene ed in particolare sulla sua commerciabilità, gravando sul venditore l'onere di provvedere alla regolarizzazione delle difformità sopra indicate, sostenendone i relativi costi. 
Si può quindi affermare che l'attore, confidando nel corretto operato dell'ausiliario del giudice dell'esecuzione, aveva acquistato un immobile che non aveva le caratteristiche indicate nella perizia redatta dal geom. ### b.4 Accertata la sussistenza dell'errore professionale contestato al convenuto, va precisato che nessun rilievo assume la circostanza che l'acquisto dell'immobile sia stato effettuato dall'attore a corpo e non a misura, considerata la natura extracontrattuale della responsabilità dell'ausiliario e la rilevanza delle difformità accertate. 
Considerato il carattere routinario dell'accertamento tecnico svolto dal convenuto, nell'ambito di un'attività, quale quella svolta dall'ausiliario del giudice dell'esecuzione, funzionale al superiore interesse della giustizia, tale da imporre al perito una particolare diligenza e perizia, valutata inoltre la rilevanza delle difformità accertate tra lo stato di fatto dell'immobile e le caratteristiche indicate nella perizia di stima, è possibile ricondurre la condotta professionale del convenuto al paradigma della colpa, considerato che, ai fini della responsabilità civile dei consulenti tecnici prevista dall'art. 64 cpc non è richiesta la colpa grave (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 3917 del 13/02/2024 e Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13010 del 23/06/2016). 
C. Sul quantum debeatur c.1 Considerato che l'attore ha acquistato all'asta, al prezzo di € 95.000,00 un immobile con superficie residenziale netta di 88 mq e che il CTU ha accertato che l'immobile ha superfici utili residenziali inferiori, complessivamente pari a ca. mq. 41,68 e presenta difformità urbanistiche e catastali non segnalate dal convenuto nella perizia di stima, si ritiene equo liquidare il danno subito dall'attore nell'importo richiesto di € 35.000,00, pari al 36% circa del prezzo versato, considerato che la consistenza residenziale complessiva dell'immobile è pari a circa la metà di quella indicata nella perizia.  c.2 Sull'importo come sopra liquidato, in quanto debito di valore e non di valuta, vanno aggiunti gli interessi compensativi, da intendere quale componente del “lucro cessante” (mancato guadagno), anche in assenza di esplicita domanda di parte, dal momento che essi decorrono di diritto e il giudice può attribuirli d'ufficio in assenza di una specifica domanda della parte, senza incorrere nel vizio di ultrapetizione, quando questa abbia chiesto il risarcimento integrale del danno (Cass. n. 2037/2019). 
Circa la natura e la decorrenza di detti interessi, secondo l'insegnamento costante della Cass. S.U.  1712/1995, essendo volti a compensare il danneggiato del mancato godimento della somma liquidata (come componente del lucro cessante o mancato guadagno) concorrono con la rivalutazione monetaria, che tende, invece, alla reintegrazione del danneggiato nella situazione patrimoniale antecedente il fatto illecito e non decorrono dalla pubblicazione della sentenza ma devono essere calcolati anno per anno, sul valore della somma via via rivalutata nell'arco di tempo compreso tra l'evento dannoso e la liquidazione (cfr. Cass. n. 12228/2016 e n. 2037/2019). 
Quanto alle modalità di calcolo, gli interessi decorreranno non sulla somma valutata all'attualità, bensì su quella originaria, rivalutata anno per anno (Cass., Sez. Un., 17.02.1995. n. 1712; Cass. 08.05.1998, n. 4677): nella specie, l'importo sopra liquidato va “devalutato” al 3 settembre 2020, data di acquisto dell'immobile e poi su detto importo - rivalutato anno per anno secondo le variazioni ### relative al costo della vita - vanno calcolati gli interessi legali, fino alla data di deposito della presente sentenza. 
Spettano inoltre agli attori gli interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza al soddisfo. 
D. Sulla domanda di condanna formulata ex art. 96 cpc d.1 La domanda di condanna del convenuto, formulata ex art. 96 cpc da parte attrice in sede di memoria di replica, va rigettata perché tardiva.  d.2 Sussistono invece i presupposti per ritenere configurabile, in capo al convenuto, una responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile anche d'ufficio (cfr. Cass. n. 27326/2019), in tutti i casi di soccombenza della parte come “sanzione di carattere pubblicistico, autonoma e indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. e con queste cumulabile, volta - con finalità deflattive del contenzioso - alla repressione dell'abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di "abuso del processo", quale l'aver agito o resistito pretestuosamente” (cfr. Cass. 27623 del 21.11.2017, Cass. n. 29812 del 18.11.2019 e più di recente Cass. n. 20018 del 24.09.2020). 
La Cassazione ha più di recente precisato che, a differenza di quella di cui ai primi due commi, la responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c., non richiede domanda di parte, né la prova del danno, esigendo solo, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell'ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda, coinvolgendo l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso, cosicché possa considerarsi meritevole di sanzione l'abuso dello strumento processuale in sé (cfr Cassazione civile sez. I, 27/10/2023, n.2983). 
Con riguardo alla fattispecie in esame, va evidenziato che il convenuto, che non aveva aderito alla proposta conciliativa formulata ex art. 185 bis cpc, accettata dall'attore, era perfettamente in grado di avvedersi dell'infondatezza delle eccezioni da lui formulate, tenuto conto della professione di perito estimatore da lui svolta per conto del Tribunale. 
Il convenuto va quindi condannato a versare a parte attrice, ex art. 96 comma III cpc, una somma che si stima equo liquidare, considerato il valore della controversia e la durata del giudizio, nell'importo di € 3.000,00, maggiorato di interessi legali dal deposito della sentenza al saldo. 
E. Sulla regolamentazione delle spese e.1 Le spese di lite parametrate sui valori medi e liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza del convenuto e si liquidano come in dispositivo. 
Spese da distrarsi in favore dei difensori, antistatari.  e.2 Per le medesime ragioni le spese CTU vanno poste definitivamente a carico del convenuto con conseguente obbligo di procedere ai relativi conguagli P.Q.M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al R.G. n. 1681/2023
ACCERTATA la fondatezza della domanda, ### il convenuto a versare all'attore la somma di € 35.000,00 a titolo di risarcimento danno, oltre interessi computati al tasso legale sulla somma dapprima devalutata alla data del 3.9.2020 e rivalutata anno per anno secondo le variazioni ### sul costo della vita, maggiorata di interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza sino al soddisfo. 
RIGETTA la domanda di condanna formulata ex art. 96 cpc da parte attrice, in sede di memoria di replica.  ### il convenuto a versare all'attore, ex art. 96 comma III cpc, la somma di €. 3.000,00, oltre interessi legali dal deposito della sentenza al saldo.  ### il convenuto al rimborso delle spese di lite sostenute dall'attore che liquida in € 545,00 per spese ed € 7.616,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15%. Cap ed IVA come per legge, da distrarsi in favore dei difensori, antistatari. 
PONE le spese di ### liquidate come da separato decreto, definitivamente a carico del convenuto, con conseguente obbligo di procedere ai relativi conguagli. 
Alla cancelleria per quanto di competenza. 
Pescara, 17/11/2025 Il Giudice dott.ssa

causa n. 1681/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Medica Patrizia

M
5

Tribunale di Napoli, Sentenza n. 1268/2025 del 01-06-2025

... che appare ragionevole ritenere la sussistenza della responsabilità del Comune di ### di Napoli, avendo l'attore fatto affidamento sulla normale transitabilità della strada. ###, infatti, aveva l'obbligo di tenere integra la sede stradale da eventuali anomalie tali da determinare pericolo per il pubblico transito, essendo esigibile all'ente comunale la possibilità in concreto della custodia, trattandosi di bene demaniale### posta all'interno del comune, nonché tenuto conto dei sistemi di controllo e tecnologi di cui lo stesso è dotato e non avendo, il custode, fornito la prova ### del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che potesse essere valido ad elidere il nesso causale: caso fortuito che può essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima. Ora, come su indicato, la condotta colposa della vittima può comunque assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell'esclusione del risarcimento, ai sensi dell'art. 1227, comma 1°cc. Non ignora questo giudicante che parte della giurisprudenza, tra cui quella della Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost. 10.05.1999 n.156), afferma sussistere una incompatibilità tra l'art 1227 comma 1° cc e la (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice onorario di ### di ### di ###. II civile in persona del Giudice Avv. ### ha pronunziato la seguente ### causa iscritta al numero di R.G. 5764/2022 promossa con atto notificato in data ### da ### n. a Melito di Napoli il ### cf ### elettivamente domiciliata in ### alla Via benedetto ### n. 2/4 presso lo studio dell'### stabilito ### che agisce di intesa con l'Avv. ### del foro del tribunale di Napoli-Nord che la rappresentano e difendono per mandato in calce all'atto introduttivo PEC : ### ATTORE contro ### in persona del ### pro-tempore ###: risarcimento danni ### come da verbali di causa del 21.05.2025 RAGIONI DI FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione regolarmente notificato ### nel premettere che il giorno 19.04.2021 alle h. 12,15 circa in ### di Napoli alla ### mentre si trovava, a piedi, a causa di un dissesto posto sulla sede stradale, cadeva al suolo, conveniva innanzi al Giudice onorario di ### di ### di Napoli il Comune di ### di Napoli per sentirlo condannare al risarcimento per le lesioni subite e quantificate nei limiti della competenza per valore del giudice adito, con vittoria di spese ed onorari. Rassegnate dalle parti le conclusioni in formato telematico e riportate in epigrafe, la causa era riservata per la decisione alla udienza del 21.05.2025. 
Va osservato che la titolarità attiva risulta provata attraverso il deposito della certificazione medica in atti ed in particolare del certificato del P.S. del presidio ospedaliero CTO ### del 22.04.2021 dal quale risulta che la parte attorea si recava presso il detto ospedale ove riferiva di...frattura composta del 5° metatarso…. 
La titolarità passiva, invece, discende dalla proprietà pubblica ex art 822, comma II e 824cc della strada nella quale si è verificato il sinistro oggetto del presente giudizio che è posto all'interno del territorio del Comune di ### di Napoli e facente parte del c.d.  demanio artificiale o accidentale. 
Nel merito, dalle testimonianze raccolte si ricavano senz'altro elementi sufficienti per ricostruire la dinamica del sinistro. 
Infatti, il teste attoreo ### genero della parte attorea, ricorda che verso le h.  12,30 si trovava a piedi in compagnia della suocera in ### di Napoli alla ### Riferisce che mentre camminavano, la suocera cadeva al suolo a causa di una buca posta sulla sede stradale coperta da erba. Ricorda che a seguito della caduta la parte attorea lamentava dolori e che provvedeva ad accompagnare la stessa all'### di Napoli. Ricorda che lui camminava a fianco della suocera. Precisa poi, che non pioveva. 
Orbene il contrasto giurisprudenziale relativo alle norme applicabili [art 2043cc o 2051cc] è del tutto apparente, nel senso che nulla impedisce che il nostro ordinamento appresti per la medesima fattispecie di danno una doppia tutela e correlativamente, che nel nostro sistema sussiste un duplice titolo di responsabilità. Sarà poi questione da valutarsi caso per caso se la domanda concretamente proposta sia da ricondursi all'una o all'altra delle citate disposizioni, le quali del resto, come appare evidente presuppongono, sul piano probatorio e ancora prima, allegazioni diverse.  ### quanto prospettato nell'atto introduttivo ed alla luce in particolare delle allegazioni in fatto e diritto ivi riportate da parte attrice, questa sembra aver incentrato la pretesa dedotta in giudizio in primo luogo sul profilo di responsabilità conseguente alla omessa manutenzione della sede stradale chiedendo la condanna del Comune convenuto per l'attribuzione a questi di una responsabilità per cosa in custodia. 
Va anzitutto osservato che la Suprema Corte ha avuto ripetutamente modo di affermare che, a carico dei proprietari o concessionari delle strade (e delle autostrade) è configurabile la responsabilità per cosa in custodia, disciplinata dall'art. 2051 c.c., essendo possibile ravvisare un'effettiva possibilità di controllo sulla situazione della circolazione e delle carreggiate, riconducibile ad un rapporto di custodia (v. Cass., 19/11/2009, n. 24419; Cass., 29/3/2007, n. 7763 e già Cass., 13/1/2003, n. 298).
Si è al riguardo posto ulteriormente in rilievo come, al fine di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, ex art.14 C.d.S., gli enti proprietari sono tenuti a provvedere: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; b) al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze; c) all'apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta. Altresì precisandosi che (comma 3) per le strade in concessione i poteri e i compiti dell'ente proprietario della strada previsti dal codice della strada sono esercitati dal concessionario, salvo che sia diversamente stabilito (v. Cass., 20/212006, n. 3651; Cass., 14/7/2004, 13087), e che (comma 4) per le strade vicinali di cui all'art. 2, comma 7, i poteri dell'ente proprietario sono esercitati dal Comune. 
In caso di sinistro avvenuto su strada, dei danni conseguenti ad omessa o insufficiente relativa manutenzione il proprietario (art. 14 C.d.S.) o il custode (tale essendo anche il possessore, il detentore e il concessionario) risponde ex art. 2051 c.c., in ragione del particolare rapporto con la cosa che al medesimo deriva dalla disponibilità e dai poteri di effettivo controllo sulla medesima, salvo che dalla responsabilità presunta a suo carico esso si liberi dando la prova del fortuito. 
In altri termini, il danneggiato che domanda il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell'omessa o insufficiente manutenzione delle strade o di sue pertinenze invocando la responsabilità ex art. 2051 c.c. della P.A. è tenuto a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto ( Cass.20/2/2006, n. 3651). 
Tale prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, e può essere data anche con presunzioni, giacché la prova del danno è di per sé indice della sussistenza di un risultato "anomalo", e cioè dell'obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno (cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651). 
Facendo eccezione alla regola generale di cui al combinato disposto degli art. 2043 e 2697 cod. civ., l'art. 2051 c.c. integra invero un'ipotesi di responsabilità caratterizzata da un criterio di inversione dell'onere della prova, imponendo al custode, presunto responsabile, di dare la contraria prova liberatoria del fortuito (c.d. responsabilità aggravata), nonché in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova, a dimostrare che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso.
La responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva e discende dall'accertamento del rapporto causale fra la cosa in custodia e il danno, salva la possibilità per il custode di fornire la prova ### del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che valga ad elidere il nesso causale e che può essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima; tale essendo la struttura della responsabilità ex art. 2051 c.c., l'onere probatorio gravante sul danneggiato si sostanzia nella duplice dimostrazione dell'esistenza (ed entità) del danno e della sua derivazione causale dalla cosa, residuando, a carico del custode - come dettol'onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito; nell'ottica della previsione dell'art. 2051 c.c., tutto si gioca dunque sul piano di un accertamento di tipo "causale" (della derivazione del danno dalla cosa e dell'eventuale interruzione di tale nesso per effetto del fortuito), senza che rilevino altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura "insidiosa" o la circostanza che l'insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato (trattandosi di elementi consustanziali ad una diversa costruzione della responsabilità, condotta alla luce del paradigma dell'art. 2043 c.c.). 
Al cospetto dell'art. 2051 c.c., la condotta del danneggiato può quindi rilevare unicamente nella misura in cui valga ad integrare il caso fortuito, ossia presenti caratteri tali da sovrapporsi al modo di essere della cosa e da porsi essa stessa all'origine del danno; al riguardo, deve pertanto ritenersi che, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l'agire umano, non basti a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno la condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa. 
Giova richiamare, al riguardo, le lucide considerazioni svolte da Cass. n. 25837/2017, secondo cui «la eterogeneità tra i concetti di "negligenza della vittima" e di "imprevedibilità" della sua condotta da parte del custode ha per conseguenza che, una volta accertata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima del danno da cose in custodia, ciò non basta di per sé ad escludere la responsabilità del custode. Questa è infatti esclusa dal caso fortuito, ed il caso fortuito è un evento che praevideri non potest. ### della responsabilità del custode, pertanto, quando viene eccepita dal custode la colpa della vittima, esige un duplice accertamento: ### che la vittima abbia tenuto una condotta negligente; ### che quella condotta non fosse prevedibile. In questo senso, di recente, si è già espressa la Suprema Corte, stabilendo che la mera disattenzione della vittima non necessariamente integra il caso fortuito per i fini di cui all'art. 2051 c.c., in quanto il custode, per superare la presunzione di colpa a proprio carico, è tenuto a dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa (### 3, Sentenza n. 13222 del 27/06/2016) [...] La condotta della vittima d'un danno da cosa in custodia può dirsi imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata. 
La Suprema Corte ha al riguardo tuttavia ormai da tempo chiarito che l'insidia o trabocchetto determinante pericolo occulto non è elemento costitutivo dell'illecito aquiliano, in quanto non previsto dalla regola generale ex art. 2043 c.c. ( v., Cass., 14/3/2006, 5445 ) né da quella speciale di cui all'art. 2051 c.c. (v. Cass., 17/5/2001, n. 6767), bensì frutto dell'interpretazione giurisprudenziale ( cfr. Cass., 9/11/2005, n. 21684; Cass., 13/7/2005, n. 14749; Cass., 17/5/2005, n. 6767; Cass., 25/6/2003, n. 10131), che al fine di limitare le ipotesi di responsabilità, ha finito per indebitamente gravare del relativo onere probatorio il danneggiato, con correlativo ingiustificato privilegio per la P.A. ( v. Cass., 20/2/2006, n. 3051), in contrasto con il principio cui risulta ispirato l'ordinamento di generale favor per il danneggiato, titolare della posizione giuridica soggettiva giuridicamente rilevante e tutelata invero lesa o violata dalla condotta dolosa o colposa altrui, che impone al relativo autore di rimuovere o ristorare, laddove non riesca a prevenirlo, il danno inferto. 
Nel caso specifico della caduta del pedone in corrispondenza di una buca posta sul manto stradale, non può evidentemente sostenersi che la stessa sia imprevedibile (rientrando nel notorio che la buca possa determinare la caduta del passante) e imprevenibile (sussistendo, di norma, la possibilità di rimuovere il dislivello o, almeno, di segnalarlo adeguatamente); deve allora ritenersi che il mero rilievo di una condotta colposa del danneggiato non sia idoneo a interrompere il nesso causale, che è manifestamente insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dalla (prevedibile e prevenibile) interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l'agire umano. 
Ciò non significa, peraltro, che tale condotta -ancorché non integrante il fortuitonon possa assumere rilevanza ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla cosa in custodia, ma ciò può avvenire, non all'interno del paradigma dell'art. 2051 c.c., bensì ai sensi dell'art. 1227 c.c. (operante, ex art. 2056 c.c., anche in ambito di responsabilità extracontrattuale), ossia sotto il diverso profilo dell'accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (ex art.  1227, 1° co. c.c.), sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l'attore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza (ex art. 1227, 2° co. c.c.), fatta salva, nel secondo caso, la necessità di un'espressa eccezione della controparte. 
In conclusione, deve dunque affermarsi che, ove sia dedotta la responsabilità del custode per la caduta di un pedone in corrispondenza della sconnessione o buca di un marciapiede, l'accertamento della responsabilità deve essere condotto ai sensi dell'art.  2051 c.c. e non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell'esclusione del risarcimento, ai sensi dell'art. 1227,1° o 2° co. c.c.), richiedendosi, per l'integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno. 
Fatta tale premessa in punto di diritto, in punta di fatto vi è da dirsi che dall'escusso testimoniale è emerso che la parte attrice mentre si trovava a piedi in ### di Napoli, mentre camminava cadeva al suolo a causa di una buca posta sulla sede ###la conseguenza che appare ragionevole ritenere la sussistenza della responsabilità del Comune di ### di Napoli, avendo l'attore fatto affidamento sulla normale transitabilità della strada.  ###, infatti, aveva l'obbligo di tenere integra la sede stradale da eventuali anomalie tali da determinare pericolo per il pubblico transito, essendo esigibile all'ente comunale la possibilità in concreto della custodia, trattandosi di bene demaniale### posta all'interno del comune, nonché tenuto conto dei sistemi di controllo e tecnologi di cui lo stesso è dotato e non avendo, il custode, fornito la prova ### del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che potesse essere valido ad elidere il nesso causale: caso fortuito che può essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima. 
Ora, come su indicato, la condotta colposa della vittima può comunque assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell'esclusione del risarcimento, ai sensi dell'art. 1227, comma 1°cc. 
Non ignora questo giudicante che parte della giurisprudenza, tra cui quella della Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost. 10.05.1999 n.156), afferma sussistere una incompatibilità tra l'art 1227 comma 1° cc e la responsabilità aquiliana della P.A., in quanto se per insidia si intende un pericolo che si annida nel manto stradale caratterizzato dalla non visibilità oggettiva e dalla non prevedibilità soggettiva, sono evidenti le ragioni che portano ad affermare l'incompatibilità tra un concorso colposo della vittima e l'insidia stessa. Infatti, se
è possibile ricondurre, anche solo in parte il fatto dannoso al danneggiato, non sarebbe possibile definire il pericolo imprevedibile e inevitabile con conseguente esclusione della responsabilità della P.A. ogni qual volta vi sia una concorrente colpa del danneggiato. 
Questo giudicante però propende per la tesi per la quale l'accertamento della imprevedibilità del pericolo non esclude a priori l'affermazione della corresponsabilità ex art 1227 comma 1° cc. 
Infatti, l'art 1227 comma 1° cc, non disciplinerebbe l'elemento soggettivo dell'illecito (colpa del danneggiato) ma il nesso causale tra la condotta illecita e l'evento dannoso. La norma non costituirebbe espressione del principio di autoresponsabilità, che imporrebbe ai danneggiati dei doveri di attenzione e diligenza al fine di prevenire i danni che possono verificarsi, ma sarebbe il corollario del concetto di causalità secondo cui il danneggiato non può essere responsabile di quei danni casualmente imputabili al danneggiato (cfr.  3.12.2002 n.17152). La colpa richiamata dall'art 1227 comma 1°cc costituirebbe solo un requisito essenziale per la rilevanza causale del fatto al danneggiato. 
Quindi se l'imprevedibilità del pericolo può escludere per incompatibilità logica la colpa del danneggiato, non può escludere la possibilità che la condotta di quest'ultimo contribuisca casualmente alla produzione dell'evento dannoso; con la conseguenza che non vi sarebbe la suddetta incompatibilità tra la presenza dell'insidia stradale, così come definita dalla giurisprudenza e l'applicazione dell'art 1227 comma 1° cc che prevede appunto il contributo causale del danneggiato alla produzione del danno. 
Da quanto è emerso dalla istruttoria si denota una condotta imperita dell'attore, il quale con maggior accortezza e prudenza avrebbe potuto evitare l'evento dannoso. 
Invero la stessa genericità delle dichiarazioni del teste, che …poneva il piede in una buca… non appare sufficiente per ritenere che la buca non fosse visibile. 
Invero come è rappresentato nelle foto depositate nella produzione di parte attorea la situazione di pericolo sarebbe derivata dalla presenza di una buca posta sulla sinistra del marciapiede ed in particolare non situata sulla zona di marciapiede che avrebbe dovuto percorrere la ### quanto piuttosto alla altezza di una zona coperta da erba e vegetazione e dunque non percorribile (v. foto n.5). Invero lo stesso teste dichiara che questi era di fianco alla ### e dunque ciò induce a ritenere che la stessa fosse alla sinistra del teste e dunque percorrendo un tratto di marciapiede non idoneo. 
Inoltre, sempre dalle foto depositate nella produzione della parte attrice, si nota che il marciapiede, per quanto ai suoi lati vi siano cespugli, è nella parte centrale percorribile; in particolare la stessa presenza del teste affianco alla ### induce di ritenere che questi avrebbe potuto non solo avvedersi della insidia, quanto persuadere la ### a percorrere un tratto di strada ritenuto più idoneo e scegliere, dunque, un percorso meno disagevole e meno insidioso di quello effettuato: circostanza che appare senza ombra di dubbio elemento sintomatico della poco accorta attenzione della stessa parte attrice. 
Invero per la ridotta velocità di movimento, l'attenzione non doveva che necessariamente essere rivolta alla strada; per cui appare, che tale situazione pericolosa, era senz'altro evitabile dall'attore solo che avesse doverosamente guardato la strada o addirittura, questi si fosse determinata a scegliere un percorso alternativo.  ### parte, l'età del danneggiato (a. 68), le foto del luogo, le modalità dell'incidente come riferite dal teste, inducono a ritenere che lo sguardo erano o dovevano essere rivolti sulla strada (evidentemente, l'attenzione di questi era rivolta altrove), apparendo piuttosto verosimile che la stessa sia inciampata per mera distrazione e poco accortezza nell'incedere. 
Perciò tutte le circostanze sopra descritte inducono a ritenere che l'attore era in condizione di valutare lo stato di conservazione della strada che avrebbe dovuto suggerire e sollecitare, attraverso l'uso della ordinaria diligenza, una condotta più accorta ed avveduta e scegliere un percorso alternativo. 
Si ribadisce che proprio la presenza dell'erba ai lati del marciapiede (così da determinare un corridoiov. foto) avrebbe dovuto indurre la parte attorea o ad una maggiore attenzione o scegliere un percorso alternativo. 
A ciò aggiungasi che il sinistro si è verificato alle h. 12,15 del mese di aprile, vale a dire in un orario di un periodo dell'anno in cui è notorio che vi sia un'ottima illuminazione naturale, che, pertanto, non poteva creare una ragionevole ostacolo alla visibilità di un pedone normalmente accorto. 
Quanto detto implica, sotto il profilo oggettivo della non visibilità della buca, chedate le caratteristiche dello stato dei luoghi( la buca era in una zona, che dalle foto non appare praticabile mentre il marciapiede era percorribile nella sua parte centrale)-il pericolo da essa rappresentato era tale consentire senza difficoltà all'attento e prudente utente della strada, di evitare di percorrere la strada in quel punto, così da rendere del tutto irrilevante l'assenza di apposita segnaletica stradale di pericolo. 
Sul distinto piano soggettivo della non prevedibilità dell'ostacolo, va esclusa l'imprevedibilità del pericolo costituito dalla presenza della buca, in base alla massima di esperienza secondo la quale la presenza di erba o cespuglio presente sulla sede ###cui la ### camminava) lascia presumere la possibilità di esistenza di una sconnessione sottostante. 
Tale circostanza così costituisce una ulteriore prova in ordine alla assoluta prevedibilità del pericolo da parte della ### la quale, proprio perché stava percorrendo un tratto di strada caratterizzato ai lati da erba, era perfettamente consapevole del pericolo e sicuramente poteva prevedere l'esistenza di sconnessioni sul piano della strada da lei percorso. 
Non va, infine, nemmeno taciuta la circostanza che la buca si trovava nella zona di abitazione della parte attrice di ### in ### [v. intestazione atto di citazione e premessa lettera a)]. 
A tal proposito va tenuto presente che ai fini della valutazione della condotta del danneggiato come caso fortuito capace di escludere il pregiudizio, la mera circostanza che la buca si trovi nelle vicinanze della abitazione, non comporta di per sé colpa del danneggiato, occorrendo invece valutare in concreto se vi siano altri elementi da cui dedurre una imprudenza rilevante in termini liberatori per il custode. 
In sintesi la presenza della buca nelle vicinanze della abitazione è certamente indizio ed elemento utile per consentire un giudizio affermativo sulla prevedibilità del danno a cui, nel caso in esame, vanno perciò aggiunti gli ulteriori elementi così come sopra evidenziati. 
In conclusione, appare piuttosto verosimile che la ### abbia posto lì il piede per una mera negligenza e disattenzione nel camminare essendo la strada percorsa dalla parte attorea, al momento dell'infortunio, in condizioni di manutenzione certamente visibili da chi la percorreva. 
Le osservazioni finora esposte e nei termini dalla elaborazione pretoria, trovano conferma nelle considerazioni della giurisprudenza di legittimità secondo cui se un utente della strada non si attiene ad elementari misure di prudenza e non fa nulla per evitare che il suo incedere finisca proprio nel punto più pericoloso, mentre gli basterebbe un po' di attenzione per dirigerlo altrove o addirittura possa porre in essere una condotta positiva nell'evitare l'ostacolo con un percorso alternativo o rinunziando a percorrerlo, è evidente che non può pretendere che sia il proprietario della strada a rispondere dei danni subiti, dovendosi gli stessi collegare direttamente alla sua condotta e non potendosi, invece, ritenere che sia stata il fondo sconnesso a produrli. ### parte la volontaria e consapevole esposizione al pericolo da parte del danneggiato, quando esistano agevoli e valide alternative idonee a scongiurare l'eventualità di accadimenti dannosi, comporta l'interruzione del nesso di causalità tra quella situazione e l'evento pregiudizievole che avesse a verificarsi, posto che in tal caso è la volontà dello stesso danneggiato e alla sua decisione di correre un pericolo da lui conosciuto e facilmente evitabile, che l'evento deve essere ricollegato in nesso eziologico(cfr. Cass. 21.10.1998 n.10434; Cass. 25.05.1994 n.5083). Infatti, la stessa Corte Costituzionale con sentenza del 10.05.1999 n.156 ha richiamato il principio di auto-responsabilità a carico degli utenti” gravati di un onere di particolare attenzione nell'esercizio dell'uso ordinario diretto del bene demaniale per salvaguardare appunto la propria incolumità”, non vantando i privati un diritto soggettivo alla manutenzione delle strade. 
Pertanto, l'uso, da un lato, dell'ordinaria diligenza, esigibile alla luce dello stato dei luoghi e dall'altro, la mancanza di attenzione dell'attore al proprio incedere, avrebbe in definitiva consentito la ragionevole individuazione della fonte del pericolo e conseguentemente di evitarlo. 
Venendo dunque alla quantificazione concreta del concorso della condotta colposa dell'attore nella determinazione dell'evento dannoso e delle sue conseguenze, considerato quanto innanzi evidenziato, con particolare riguardo alla entità della insidia e nel contempo alla inaccortezza e negligenza della vittima, ritiene questo giudice che l'entità causale della colpa concorrente del danneggiato debba essere graduata nella misura del 50% restando il residuo da addebitarsi alla già descritta responsabilità della amministrazione comunale. 
A tal fine va ribadito che l'ipotesi del concorso di colpa del danneggiato di cui all'art 1227, primo comma cod. civ., non concretando una eccezione in senso proprio ma attenendo alla eziologia dell'evento dannoso, deve essere esaminata e verificata dal giudice anche d'ufficio, attraverso le opportune indagini sull'eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell'incidenza causale dell'accertata negligenza nella produzione dell'evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste della parte ( cfr. Cass. 20.08.2009 n.1854). 
Venendo all'entità delle lesioni subite da ### il CTU sulla scorta della documentazione clinica e dell'esame obiettivo condotto sul periziato, ha accertato che l'attore nel sinistro per cui è causa riportò ... frattura del quinto metatarso piede sinistro... 
In relazione alla quantificazione delle lesioni, il Ctu ha stimato nel 3% il danno biologico residuato, quantificando l'invalidità temporanea totale in 30 gg, quella parziale in gg 30 da valutarsi al 75% e ulteriori 30 al 50% e gg 30 gg al 25%. 
In relazione ai postumi residui le conclusioni cui perviene il Ctu sono da ritenersi ampiamente condivisibili, se non nei limiti di cui si dirà, in quanto, oltre che adeguatamente motivate dal punto di vista medico, appaiono basate sull'esame clinico ed amnestico del periziato e su una corretta ed analitica valutazione, coerente con sotto il profilo logico ed ineccepibile sotto quello scientifico, della documentazione sanitaria in atti, per cui non sussistono ragioni per discostarsene. 
Detto ciò, in merito alla liquidazione del danno da invalidità permanente, deve richiamarsi quanto statuito dalle sentenze delle ### Unite della S.C.  (n.26972,26973,26974,26975/08) e per le quali è compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, evitando duplicazioni così facendo riferimento ad un'unica voce di danno non patrimoniale inteso nei sensi descritti dagli art. 138 e 139 Codice assicurazioni. Inoltre, il ### ha chiarito che ove si lamenta degenerazioni patologiche della sofferenza, si rientra nella area del danno biologico che ne costituisce componente. 
Così costituisce duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale nei termini su indicati e sovente liquidato in percentuale da un terzo alla metà del primo. Va infatti sempre bandita, secondo la raccomandazione delle SS. UU, perché giuridicamente infondata, ogni automaticità nel riconoscimento del cd danno morale soggettivo hic et nunc meramente parametrato al danno biologico determinando, diversamente e come sopra specificato, duplicazioni risarcitorie non consentite. Invero nell'esaminare funditus la figura del danno non patrimoniale, la Corte ha ricondotto nel suo ambito anche il danno biologico ed il danno morale, chiarendo che quest'ultimo, inteso nella sua tradizionale accezione di pregiudizio derivante dalle sofferenze è destinato ad essere riparato con il riconoscimento del danno biologico potendosi al più intervenire sul piano della personalizzazione della sua quantificazione, occorrendo in ogni caso, così come per tutte le ipotesi di danno non patrimoniale fornire la prova sia pure a carattere presuntivo, circa la sua esistenza. 
Va a questo punto rilevato che sulla scorta dell'insegnamento della Suprema Corte( cfr. Cass 25.02-7.06.2011 n.12408) per i postumi di lieve entità non connessi alla circolazione stradale, per la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell'integrità psico-fisica vanno applicati parametri di valutazione uniforme che in difetto di previsione normativa vanno individuati in quelli tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano, indipendentemente dalla gravità dei postumi (inferiori o superiori al 9%) da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto. 
In conclusione all'attore, il quale al momento del sinistro aveva 68 anni, in applicazione delle tabelle di ### da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto, tenuto conto della dinamica dell'incidente, dell'età del danneggiato, della natura delle lesioni, può senza dubbio ritenersi che il danno biologico residuato può determinarsi nel 3 %, riconoscendo la somma complessiva espressa in valuta attuale di € 1.700,00# comprendendo in esso le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, essendo riconosciuto al danno biologico portata tendenzialmente omnicomprensiva e così adeguatamente personalizzato. 
Ciò posto va evidenziato che il danneggiato non ha allegato, come era suo onere fare, né tanto meno provato cheanche avvalendosi delle presunzioni, per essere, se del caso, idoneo a fornire la serie concatenata di fatti noti da cui risalire al fatto ignotoalcun elemento che consenta nella fattispecie concreta di reputare comprovato, in considerazione delle modalità di verificazione del sinistro, delle tipologie delle lesioni, dell'età dell'infortunato, che al medesimo debba liquidarsi ad integrale ristoro del patito danno non patrimoniale, una somma ulteriore rispetto a quella su riconosciuta. 
Deve poi. considerarsi, che come la più recente dottrina medicolegale ha avuto modo di precisare che anche per la c.d. invalidità temporanea occorre partire dal concetto di stato morboso nel suo evolvere; ciò porta a ritenere non più corretto scientificamente un riconoscimento di invalidità temporanea agganciato esclusivamente alle certificazioni del medico di famiglia circa i periodi di riposo consigliato, o simili. Occorre, al contrario, far costante riferimento all'apprezzabilità delle conseguenze del processo morboso. Ne discende che un danno biologico temporaneo, non può configurarsi, a livello concettuale, come “assoluto”, vale a dire correlato alla perdita del 100% dell'efficienza psico-fisica del soggetto.  ### medicolegale, dovrà così sforzarsi di fornire indicazioni per “fasce di incidenza”, in modo da offrire al giudicante criteri di valutazione in grado di conformare la liquidazione del danno alla maggiore o minore compressione delle ordinarie occupazioni del danneggiato. 
Nel caso di specie, i periodi di invalidità temporanea non vanno individuati in quelli durante i quali il paziente è stato comunque sottoposto a terapie riabilitative. Ebbene se nell'immediatezza dell'incidente, a seguito della lesione l'attore, può considerarsi che sia stata effettivamente privato quasi del tutto della possibilità di attendere alle proprie ordinarie occupazioni, non può dirsi altrettanto, ad esempio per i periodi in cui si è sottoposto a cicli di terapia riabilitativa, nel corso dei quali, pur fortemente limitanti, non erano accompagnati dalla preclusione totale di molte ordinarie occupazioni di una persona normale. 
Ciò posto pare più ragionevole ed adeguato alla realtà del caso concreto indicare, come detto, in 20 gg la durata della invalidità parziale al 75% e gg 10 al 50% tanto in relazione alla tipologia della malattia.
Stimando inoltre quale congruo l'importo di € 115,00# per ogni giorno di invalidità assoluta temporanea, può essere riconosciuto l'importo di € 1.725,00# per la invalidità parziale (gg 20 al 75%) e di € 575,00# per la invalidità parziale (gg. 10 al 50%) per un importo complessivo di € 2.300,00#. 
Complessivamente, pertanto, all'attore va riconosciuta la complessiva somma di ### 2.000,00# in moneta attuale, somma così arrotondata, e ridotta per il concorso di colpa (50% a suo carico), cui andranno aggiunti gli interessi e la rivalutazione come da dispositivo. 
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo tenuto conto dei parametri di cui al decreto del Ministero della giustizia del 13.08.2022 n. 147, prendendo come riferimento il valore della domanda come accolta. 
Si ritiene, infatti, di aderire ai principi di diritto enunziato dalla Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 15857 del 12.06.2019 per i quali in applicazione del criterio del disputatum, il valore della causa è pari alla somma domandata con l'atto introduttivo se la domanda viene rigettata ed a quello accordata dal giudice, se viene accolta. 
Le spese di ### secondo la liquidazione fattane in corso di causa e liquidate complessivamente in € 300,00# con decreto telematico dovranno gravare, attesa l'esito del giudizio, in via definitiva al 50% sulla parte soccombente. 
Sul punto va rilevato infatti che secondo l'orientamento della S.C, il giudice può ripartire in quote uguali le spese della consulenza d'ufficio sia perché la compensazione non implica condanna ma solo esclusione del rimborso sia perché la Ctu non è un vero e proprio mezzo di prova ma un atto compiuto nell'interesse comune delle parti (cfr. Cass n.1023 del 2013). Inoltre ...poiché le spese di Ctu rientrano fra tutti i costi del processo suscettibili di regolamento ai sensi degli articoli 91 e 92 del cpc, il giudice di merito che statuisce su di esse, adotta null'altro che una variante verbale della tecnica di compensazione espressa per frazioni dell'intero ai sensi dell'art 92cpc, ammissibile anche in presenza di una parte totalmente vittoriosa (cfr. Cass -Sez. VI 7.09.2016- n. 17739).  P.Q.M.  Il Giudice onorario di ### di ### di Napoli, definitivamente pronunziando, così provvede: a) dichiara, in parziale accoglimento della domanda, il Comune di ### di Napoli in persona del ### pro-tempore responsabile nella determinazione del sinistro per cui è causa del 50%, e per l'effetto lo condanna al pagamento in favore di ### a titolo di risarcimento per le lesioni subite nel sinistro per cui è causa, della complessiva somma di € 2.000,00# oltre interessi dalla domanda; b) condanna il Comune di ### di Napoli in persona del ### pro-tempore al pagamento dei compensi di lite in favore di ### e che liquida in complessive € 1.265,00# oltre € 130,00# per spese, rimborso forfetario spese generali nella misura del 15 %, nonché IVA e CPA come per legge con attribuzione all' Avv.  stabilito ### che ha dichiarato di averne fatto anticipo; c) pone le spese di ### come liquidate in corso di causa e liquidate complessivamente in € 300,00# con decreto telematico a carico della convenuta soccombente per il 50%. 
Così deciso in ### di Napoli, il ### 

Il Giudice
onorario di ###


causa n. 5764/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Dario Ciaccio

M
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Tribunale di Teramo, Sentenza n. 948/2025 del 22-07-2025

... violazioni contestate da parte attrice sono imputabili a responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale del geom. ### condannandolo pertanto a tenere indenne il deducente sig. ### da tutte le conseguenze pregiudizievoli prodotte dall'accoglimento delle domande di parte attrice. In particolare, e non esclusivamente, condannare il geom. ### al risarcimento del danno per la perdita del valore venale dell'immobile che dovrà essere demolito (deprezzamento del bene) nella misura di € 110,000,00 o somma diversa, maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi compensativi come per legge. 3. Condannare il geom. ### al pagamento delle spese di demolizione e di tutti gli oneri conseguenti nella misura non inferiore ad € 31.712,77, e dunque nella misura superiore che sarà di giustizia. 4. Condannare il geom. ### al risarcimento per mancato godimento dell'immobile nella misura di € 3.340,00 o somma diversa, maggiore che sarà ritenuta di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi come per legge. 4. Condannare parte attrice, ovvero in alternativa il geom. ### alla rifusione delle spese legali. Salvezze illimitate”; (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di ### ordinaria civile Il Tribunale di Teramo, in composizione monocratica, in persona della dott.ssa ### letto l'art. 127 ter c.p.c., ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1580 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2018 e promossa: da #### E ### in qualità di eredi di ### rappresentati e difesi dagli avv.ti ### e ### elettivamente domiciliat ###e via Indipendenza n.17, presso gli studi dei difensori, giusta procura allegata all'atto di citazione attori contro ### e ### rappresentati e difesi dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###, presso il difensore, giusta procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta convenuto e contro ### contumace convenuto e contro ### rappresentato e difeso dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###, presso il difensore, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta terzo chiamato nonché contro ### S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. ### elettivamente domiciliat ###(angolo ### della ###, presso il difensore, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta terzo chiamato ### altre controversie di diritto amministrativo ### per parte attrice: “### l'###mo Tribunale adito ### 1. Accertare e dichiarare l'intervento di “sopraelevazione ed ampliamento” assentito nei titoli edilizi rilasciati come nuova costruzione disapplicandosi, sul punto, la previsione derogativa di detta distanza contenuta nell'art. 2.3.3 delle NTA del ### 2. accertare e dichiarare, in ogni caso, che l'intervento edilizio realizzato dai sigg.ri ### e ### non rientra tra gli interventi di «ristrutturazione edilizia» ex art.3, comma 1, lettera d) D.P.R. 380/2001 e s.m.i. ma che lo stesso intervento deve annoverarsi nella categoria dell'intervento edilizio di «nuova costruzione», e sicché, il fabbricato descritto deve ritenersi realizzato in violazione della distanza minima assoluta di mt. 5 dal confine con la proprietà del sig. ### e di mt. 10 dal fabbricato del sig. ### di cui al DM 1444/68; 3. Disapplicare in via incidentale, ai sensi dell'art. 5 L. 2248/1865 all. E il permesso di costruire n. 37/2011 ed il permesso di costruire in variante n. 27/2012 perché in violazione delle distanze imposte dal DM 1444/68 e delle norme locali in materia di distanze tra confini; 4. Accertare e dichiarare la violazione delle norme urbanistiche ed edilizie in premessa indicate, con particolare riferimento alla distanza dai confini e dai fabbricati per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia e per il mancato rispetto dell'art. 2.3.3 c. 9 delle NTA di PRG che non prevedono la possibilità di sopraelevare di due piani edifici monopiano in deroga né ammettono un fabbricato alto 9,40 mt, oltre gli 8,50 mt consentita dalle norme tecniche; 5. 
Accertare e dichiarare che l'edificazione dei sigg.ri ### e ### e ### è avvenuta, con riferimento al permesso n. 27/2012, in difformità alla normativa antisismica, in difetto dell'attestato di avvenuto deposito da parte del ###, così come prescritto dalla normativa di settore richiamata; 6. Condannare i sigg.ri #### e ### rispettivamente nella qualità di usufruttuari e nudo demolizione dell'intervento realizzato e disporre ex art. 872 c.c. la riduzione in pristino della distanza di metri 5 dal confine e di metri 10 dal fabbricato di proprietà del sig. ### di tutte le opere eseguite dai convenuti, o, quantomeno di tutta la parte eseguita in sopraelevazione ed ampliamento; 7. Condannare i sigg.ri ### e ### ex art. 872 al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali consistenti da un lato, nell'occlusione della visuale, della privazione di luce e di aria con pregiudizi sotto l'aspetto della salubrità; dall'altro, nella riduzione del rapporto tra il pregio e il godimento della propria abitazione che il mercato riconosce ed il deprezzamento commerciale dell'intero immobile di proprietà ### conseguenti alla mancata osservanza delle altre norme urbanistico edilizie in tema di allineamento degli edifici e di distanza; 8. Condannare i sigg.ri ### e ### disapplicando gli atti illegittimi, al pagamento delle spese e competenze del giudizio. Si chiede altresì l'accoglimento delle conclusioni come precisate ed integrate in sede di memorie e scritti difensivi e verbali d'udienza oggi integralmente richiamati”; per parte convenuta ### “La difesa della signora ### nel richiamare il contenuto dei propri scritti difensivi, precisa le conclusioni chiedendo che la domanda venga dichiarata inammissibile, ovvero respinta; e che in relazione all'art. 92 c.p.c., l'attore venga condannato alla rifusione delle spese di lite e dei compensi di avvocato. Salvezze illimitate”; per parte convenuta ### “La difesa del signor ### nel richiamare il contenuto dei propri scritti difensivi, dichiara che non intende rinunciare a nessuna eccezione, difesa o domanda quivi proposta e precisa le conclusioni come segue. 1. ### l'###mo Tribunale adito respingere le domande di parte attrice siccome inammissibili ovvero infondate. 2. In subordine, nel caso di accoglimento totale o parziale delle domande di parte attrice, accertare e dichiarare che le violazioni contestate da parte attrice sono imputabili a responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale del geom.  ### condannandolo pertanto a tenere indenne il deducente sig.  ### da tutte le conseguenze pregiudizievoli prodotte dall'accoglimento delle domande di parte attrice. In particolare, e non esclusivamente, condannare il geom.  ### al risarcimento del danno per la perdita del valore venale dell'immobile che dovrà essere demolito (deprezzamento del bene) nella misura di € 110,000,00 o somma diversa, maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi compensativi come per legge. 3. Condannare il geom. ### al pagamento delle spese di demolizione e di tutti gli oneri conseguenti nella misura non inferiore ad € 31.712,77, e dunque nella misura superiore che sarà di giustizia. 4. Condannare il geom. ### al risarcimento per mancato godimento dell'immobile nella misura di € 3.340,00 o somma diversa, maggiore che sarà ritenuta di giustizia, oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi come per legge. 4. Condannare parte attrice, ovvero in alternativa il geom. ### alla rifusione delle spese legali. Salvezze illimitate”; per il terzo chiamato ### “Nel contestare nuovamente tutto quanto ex adverso fin qui dedotto e/o prodotto si insiste per l'accoglimento di tutte le richieste istruttorie di cui alle memorie del sottoscritto procuratore ex art. 183 cpc, VI comma, del 22.6.2021 (la seconda) e del 13.7.2021(la terza), nonché si precisano le conclusioni così come rassegnate nella comparsa di costituzione e risposta datata 18.1.2019 ed integrate con la prima memoria del 18.5.2021 ex art. 183 cpc, VI comma, depositata dopo la costituzione in giudizio della terza chiamata in causa ### spa: “### all'###mo Tribunale adito , per le motivazioni espresse in narrativa, ### tutte le domande avversarie, comprese quelle ex adverso spiegate dalla terza chiamata in causa ### spa, in quanto infondate in fatto ed in diritto per le motivazioni sopra meglio esposte. Con vittoria di spese e competenze di causa, oltre rimborso forfetario, oneri fiscali e previdenziali come per legge. ###, ### denegata ipotesi di accoglimento delle domande avversarie, anche in maniera parziale per i fatti dal 2011 al 2013, dichiarare la terza ### spa obbligata a manlevare e tenere indenne il geom. #### e, per l'effetto, condannarla al pagamento di tutte le somme che fossero eventualmente dovute dall'assicurato in favore delle controparti e non solo. Nello specifico si chiede che venga riconosciuto il diritto dell'assicurato geom. ### nei confronti della propria compagnia assicurativa ### spa, al rimborso: delle spese di lite, sostenute per la chiamata in causa, delle spese di resistenza, per contrastare l'iniziativa del terzo, e delle spese di soccombenza, che eventualmente sia stato condannato a pagare al terzo vittorioso (Corte di Cassazione, ### civile, ordinanza n. 4275/2024)”; per il terzo chiamato ### s.p.a.: “La difesa della ###ni ### ribadisce tutto quanto dedotto, eccepito e richiesto nella comparsa di costituzione e risposta, nelle successive memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c., ritualmente e tempestivamente depositate e nei verbali di causa, insistendo per l'integrale accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate. Torna nuovamente ad impugnare e contestare, per quanto di ragione, la perizia definitiva e l'elaborato integrativo depositati dal nominato CTU arch. G. Marini, salva ogni ulteriore confutazione in sede di scritti difensivi finali. Conferma, comunque, la tardività e l'inammissibilità della doglianza relativa alla violazione dell'art. 9, commi 2 e 3 del D.M. n. 1444/1968, sollevata per la prima volta dalla difesa degli attori con la seconda memoria istruttoria; sul punto, ribadisce di non accettare il contraddittorio, trattandosi di una vera e propria mutatio libelli ed eccepisce l'inutilizzabilità, in parte qua, dell'elaborato peritale. Ribadisce tutte le eccezioni sollevate circa l'operatività della polizza, i limiti di copertura e la prescrizione del diritto dell'assicurato ad essere tenuto indenne delle conseguenze pregiudizievoli eventualmente derivanti dal presente giudizio. 
Si riporta a tutto quanto dedotto, eccepito e richiesto nelle memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. per quanto attiene alle ulteriori richieste istruttorie, anche formulate dalle controparti e sulle quali l'###mo Sig. Giudice non si è pronunciato. Precisa le conclusioni: in via istruttoria, associandosi per quanto di ragione e per quanto compatibile con la posizione della ### alle richieste istruttorie formulate dalla difesa dell'assicurato geom. R. ### opponendosi alle richieste avverse per le motivazioni tutte già illustrate nelle memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. ed insistendo (nella denegata ipotesi di ammissione) nella richiesta di abilitazione alla prova contraria, diretta e indiretta, con gli stessi testi ex adverso indicati e con i testi indicati dal geom. R. ### nel merito riportandosi alle conclusioni tutte rassegnate nella comparsa di risposta e ribadite nelle successive memorie ex art. 183, 6° comma c.p.c. che qui si abbiano per integralmente riportate e trascritte. Conclude altresì per l'integrale rigetto di ogni avversa conclusione e di ogni domanda e/o eccezione comunque formulata contro ###ni ### Con vittoria di spese e competenze di lite, rimborso forfettario del 15%, IVA e CPA come per legge. Impugna e contesta ogni avversa deduzione, eccezione e richiesta, anche formulata attraverso le note di trattazione scritta, dichiarando espressamente di non accettare il contraddittorio su eventuali domande e/o eccezioni nuove e/o modificate comunque proposte dalle controparti. Salvezze illimitate”.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data ###, ### conveniva in giudizio, avanti l'intestato Tribunale, #### e ### per ivi sentire: 1) accertare e dichiarare l'intervento di “sopraelevazione ed ampliamento” assentito nei titoli edilizi meglio descritti in atti come nuova costruzione, disapplicandosi, sul punto, la previsione derogativa di detta distanza contenuta nell'art.  2.3.3 delle NTA del ### 2) accertare e dichiarare che l'intervento edilizio realizzato dai convenuti non rientrava tra gli interventi di “ristrutturazione edilizia” ex art.3, comma 1, lettera d) D.P.R. 380/2001 e s.m.i. ma nella categoria dell'intervento edilizio di “nuova costruzione”, sicché, il fabbricato doveva ritenersi realizzato in violazione della distanza minima assoluta di mt. 5 dal confine con la proprietà dell'attore e di mt. 10 dal fabbricato dell'attore di cui al DM 1444/68; 3) disapplicare in via incidentale, ai sensi dell'art. 5 L.  2248/1865 all. E il permesso di costruire n. 37/2011 ed il permesso di costruire in variante n. 27/2012 perché in violazione delle distanze imposte dal DM 1444/68 e delle norme locali in materia di distanze tra confini; 4) accertare e dichiarare la violazione delle norme urbanistiche ed edilizie indicate, con particolare riferimento alla distanza dai confini e dai fabbricati per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia e per il mancato rispetto dell'art. 2.3.3 c. 9 delle NTA di PRG che non prevedevano la possibilità di sopraelevare di due piani edifici monopiano in deroga né ammettevano un fabbricato alto 9,40 mt, oltre gli 8,50 mt consentita dalle norme tecniche; 5) accertare e dichiarare che l'edificazione dei dei convenuti era avvenuta, con riferimento al permesso n. 27/2012, in difformità alla normativa antisismica, in difetto dell'attestato di avvenuto deposito da parte del ###, così come prescritto dalla normativa di settore richiamata; 6) condannare i #### e ### rispettivamente nella qualità di usufruttuari e nudo proprietario, alla demolizione dell'intervento realizzato e disporre ex art. 872 c.c. la riduzione in pristino della distanza di metri 5 dal confine e di metri 10 dal fabbricato di proprietà dell'attore di tutte le opere eseguite dai convenuti, o, quantomeno di tutta la parte eseguita in sopraelevazione ed ampliamento; 7) condannare i convenuti, ai sensi dell'art.  art. 872 c.c. al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali consistenti, da un lato, nell'occlusione della visuale, della privazione di luce e di aria con pregiudizi sotto l'aspetto della salubrità e, dall'altro, nella riduzione del rapporto tra il pregio e il godimento della propria abitazione che il mercato riconosce ed il deprezzamento commerciale dell'intero immobile di proprietà ### conseguenti alla mancata osservanza delle altre norme urbanistico edilizie in tema di allineamento degli edifici e di distanza; 8) condannare i convenuti al pagamento delle spese del giudizio. 
A fondamento della domanda parte attrice allegava in sintesi e per quanto di interesse: - che l'attore era proprietario del fabbricato ad uso abitazione sito in ### via ### n. 5, confinante con il fabbricato di proprietà ### sito in via ### n. 7; - che, con permesso edilizio n. 37/2011, il Comune di ### autorizzava ### in qualità di comproprietario, alla sopraelevazione del fabbricato; - che l'intervento, qualificato come “ristrutturazione, ampliamento e sopraelevazione” del fabbricato preesistente monopiano e assentito sulla base dell'art. 2.3.3. comma 9 delle N.T.A. del PRG vigente, non era conforme, anche alla luce della relazione istruttoria redatta dal tecnico comunale incaricato, alle prescrizioni in materia di distanze di cui al D.M. 1444/1968 né alle disposizioni concernenti l'altezza massima degli edifici; - che, con permesso di costruire in variante n. 27/2012, il Comune di ### autorizzava i convenuti alla realizzazione, sullo stesso fabbricato, di una ulteriore sopraelevazione al piano secondo oltre i 250 mq di superficie edificabile in base alle previsioni di cui all'art. 2.3.3. comma 9 delle NTA con ampliamento e modifica delle distanze dal fabbricato vicino; - che anche tale intervento edilizio in variante era in contrasto con la normativa edilizia, urbanistica ed antisismica.   Si costituiva in giudizio ### la quale chiedeva l'estromissione dal giudizio, in quanto la sua qualità di usufruttuaria escludeva la legittimazione passiva rispetto all'azione esercitata dall'attore nel giudizio in esame.   Si costituiva in giudizio ### il quale, previa richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa del terzo ### e di declaratoria di inammissibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione ex art. 5 d.lgs. 28/2010, chiedeva il rigetto delle domanda attoree e, in via subordinata, di accertare e dichiarare che le violazioni contestate dall'attore erano imputabili a responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale del geom. ### con condanna di quest'ultimo a tenere indenne il ### da tutte le conseguenze pregiudizievoli prodotte dall'accoglimento delle domande di parte attrice. 
In particolare, parte convenuta esponeva in sintesi: - che il fabbricato interessato dall'intervento edilizio era stato edificato prima dell'entrata in vigore del D.M. 1444/1968 e sia il permesso di costruire n. 37/2011 che il permesso di costruire in variante n. 27/2012, emessi, rispettivamente, sulla scorta dei pareri favorevoli della ### in data 2 agosto 2011 e del Dirigente in data 18 febbraio 2013, erano conformi alla normativa urbanistica vigente all'epoca in cui tali titoli erano stati rilasciati; - che l'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A., nel testo ancora vigente nel 2011 e nel 2012, consentiva di sopraelevare edifici preesistenti nel rispetto delle distanze prescritte dal codice civile; - che l'adozione della variante al ### avvenuta nel 2007, con la quale l'art. 2.3.3 comma 9 N.T.A. era stato modificato imponendo il rispetto delle distanze di cui all'art. 9 D.M.  1444/1968, non aveva comportato la modifica immediata della stessa N.T.A., in quanto tale effetto si era prodotto soltanto nel 2013, a seguito dell'approvazione della variante, intervenuta successivamente al rilascio dei titoli abilitativi; - che, in ogni caso, l'attore aveva affidato incarico libero-professionale al geom. ### al quale andava ascritta la responsabilità per il danno eventualmente subito dal committente per irregolarità del prodotto edilizio per violazione delle distanze tra costruzioni previste dall'art. 9 del D.M. 1444 del 1968.   Nessuno si costituiva per ### il quale veniva dichiarato contumace.   Autorizzata la chiamata in causa del terzo, si costituiva in giudizio ### il quale, previa richiesta di autorizzazione a chiamare in causa il terzo ### s.p.a., chiedeva il rigetto delle domande avversarie e, in via subordinata, anche in caso di accoglimento parziale per i fatti dal 2011 al 2013, dichiarare il terzo ### s.p.a. obbligato a manlevare e tenere indenne il professionista e, per l'effetto, condannarlo al pagamento delle somme eventualmente dovute dall'assicurato in favore delle controparti.   Il terzo chiamato ### allegava in sintesi: - che, in data ###, a seguito dell'incarico ricevuto nel 2010 da ### (all'epoca comproprietario e attualmente usufruttuario), ### (all'epoca comproprietaria e attualmente usufruttuaria) e D'### (all'epoca usufruttuaria e attualmente deceduta), otteneva dal Comune di ### il permesso di costruire 37/2011 al fine di poter sopraelevare l'edificio monopiano (costruito prima del 1970) sito in #### n. 7, attraverso un primo piano adibito ad abitazione; - che, nel 2010, ### nel presente giudizio proprietario-convenuto e all'epoca solamente figlio dei due comproprietari (### e ###, incaricava il geom. ### di sopraelevare l'immobile suddetto, impartendogli dettagliatamente le indicazioni da seguire per soddisfare le proprie esigenze ed inviandogli disegni eseguiti a mano personalmente per illustrargli quello che doveva essere il risultato finale; - che, in data ###, il geom. ### otteneva il permesso di costruire in variante 27/2012, al fine di realizzare anche un secondo piano, costituito in parte dalla copertura inclinata del primo piano e in parte da una terrazza; - che il professionista portava subito tutti i committenti a conoscenza dei vincoli imposti dalla normativa nazionale in ordine alle distanze legali tra edifici, contrastanti con quelli previsti dalla normativa comunale, tant'è che tra le varie ipotesi progettuali nel 2010 presentava loro anche quella che contemplava la non sopraelevazione dell'intera sagoma dell'edificio esistente, con l'arretramento del nuovo fronte rispetto alla proprietà ### - che i ### e, in particolare, proprio l'odierno proprietario-convenuto, chiedevano espressamente al geometra di rendere esecutiva l'ipotesi progettuale che prevedeva la sopraelevazione dell'intera sagoma dell'edificio preesistente e di ottenere dal Comune di ### i necessari permessi di costruire; - che, terminato il secondo piano, a novembre 2013 i ### ricevevano una raccomandata da parte del legale dell'attore, a mezzo della quale veniva loro contestato il mancato rispetto delle norme sulle distanze legali tra le rispettive costruzioni, nonché di quelle relative all'altezza dell'elevazione; - che l'odierno convenuto-committente ordinava al geom. ### di procedere ugualmente con i lavori (finiture interne di tutte le opere già realizzate) che venivano ultimati nel 2016; - che il professionista aveva fedelmente adempiuto a tutti gli incarichi e a tutte le disposizioni impartitegli dai committenti; - che, anche nel caso in cui il professionista non avesse informato i committenti sui rischi connessi alla costruzione, i convenuti erano venuti a conoscenza delle problematiche derivanti dalla sopraelevazione sin dal 2013 e, tuttavia, non contestavano nulla né revocavano l'incarico al professionista; - che il convenuto era decaduto dalla richiesta di risarcimento ai sensi dell'art. 1669 c.c. né era ammissibile, per carenza dei presupposti, la richiesta di condanna ex art. 2043 c.c.; - che l'attore era da ritenersi corresponsabile dell'aggravamento dei danni, avendo atteso il termine dei lavori per intraprendere l'iniziativa giudiziale.   Autorizzata la chiamata in causa della compagnia assicurativa, si costituiva in giudizio ### s.p.a., la quale chiedeva il rigetto della domanda di manleva proposta dall'### e il rigetto della domanda attorea, con conseguente rigetto della domanda di garanzia e, in sintesi, deduceva: - che la polizza per la responsabilità professionale del geometra prevedeva una copertura limitata alle sole sanzioni inflitte ai clienti, nell'ipotesi di errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità, non rientrando l'errata progettazione, nella specie contestata, tra i rischi assicurati; - che il diritto del convenuto ad essere tenuto indenne dalle conseguenze pregiudizievoli eventualmente derivanti dal presente giudizio doveva ritenersi prescritto, non avendo il professionista ottemperato agli obblighi contrattualmente previsti in caso di sinistro, con particolare riferimento alla tempestività della denuncia, avvenuta solo successivamente alla notifica dell'atto di citazione, nonostante la pregressa diffida inviata dal dall'attore ai convenuti; - che il geom. ### era stato dolosamente o colposamente inadempiente anche all'obbligo cd. di salvataggio, imposto dall'art. 1914 c.c. e dalle condizioni generali di assicurazione, di fare quanto possibile per evitare o diminuire il danno una volta verificatosi il sinistro, avendo l'assicurato omesso di comunicare la prima contestazione effettuata dal committente, impedendo alla ###ni s.p.a. di gestire la lite e di tentare una composizione bonaria della controversia; - che la garanzia avrebbe potuto essere ### considerata operante soltanto nei limiti del massimale contrattualmente previsto (€. 3.000.000,00) e nei limiti concordati e riportati in polizza, anche con riferimento ad ogni singolo sinistro ed ai rischi assicurati; - che, quanto al merito della controversia, il ### non aveva chiaramente indicato il profilo di responsabilità addebitato al geom. ### - che la compagnia assicurativa si associava all'eccezione di prescrizione dell'azione di cui all'art. 1669 c.c. ed evidenziava l'insussistenza dei presupposti di cui all'art. 2043 c.c., non essendo stato dimostrato il nesso causale tra l'attività del professionista ed il danno lamentato, atteso che i due permessi di costruire rilasciati dal Comune di ### erano comunque conformi alla normativa urbanistica vigente all'epoca del rilascio; - che la circostanza che l'attore, dopo la prima diffida, abbia atteso l'ultimazione dei lavori ed un ulteriore lasso di tempo di cinque anni prima di avviare l'azione giudiziaria, doveva essere valutata come fatto colposo del creditore ex art. 1227 c.c.; - che, in ogni caso, la pretesa creditoria del ### era infondata anche nel quantum. 
All'udienza del 19.11.2019 si costituivano #### e ### in qualità di eredi dell'attore ### nelle more deceduto. 
La causa, espletato con esito negativo il procedimento di mediazione, istruita mediante c.t.u., giungeva all'udienza del 4.3.2025, celebrata ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., avanti la scrivente magistrato, cui medio tempore era stato assegnato il presente fascicolo, e, all'esito del deposito di note scritte di precisazione delle conclusioni, veniva trattenuta in decisione previa concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.  *** 
La domanda di parte attrice è solo parzialmente fondata e deve essere accolta per le ragioni e nei limiti di seguito esposti. 
In primo luogo, deve essere respinta la domanda di riduzione in pristino formulata da parte attrice nei confronti di ### e ### in quanto, rivestendo tali convenuti la qualità di meri usufruttuari, devono ritenersi privi di legittimazione passiva. La giurisprudenza, infatti, è costante nell'affermare che in tema di riduzione in pristino di opere illegittime per violazione delle distanze legali, la domanda di arretramento della costruzione, anche se realizzata dall'usufruttuario dell'immobile, deve essere proposta nei soli confronti del nudo proprietario, atteso che l'eventuale sentenza di accoglimento sarebbe inutiliter data (cfr. Cassazione civile sez. II, 21/02/2019, n.5147); in tale contesto, il titolare del diritto reale su cosa altrui riveste la qualità di parte interventrice in via adesiva ai sensi dell'art. 105 comma 2 c.p.c., quindi di soggetto titolare non di un interesse ad agire in senso tecnico, ma solo dell'interesse ad ottenere un esito favorevole per la parte adiuvata (cfr. Cass. 5900/2010; Cass. 8008/2011). 
È invece ammissibile la domanda di risarcimento proposta nei confronti dell'usufruttario quando abbia materialmente realizzato le opere illegittime. 
Si osserva che l'art. 872 c.c. concede al proprietario del fondo vicino, che per effetto della violazione delle distanze abbia riportato danni, l'azione risarcitoria aquiliana di natura obbligatoria che si cumula con quella ripristinatoria di natura reale; mentre quest'ultima deve essere proposta necessariamente nei confronti del proprietario della costruzione illegittima, anche se materialmente realizzata da altri, l'azione risarcitoria può, invece, essere esercitata anche nei soli confronti dell'autore materiale della costruzione, non configurandosi un'ipotesi disciplinata dall'art. 102 c.p.c. (cfr. Cass. 5545/2005; 5850/1999; Cass. 5520/1998). 
Tanto precisato, mette conto rilevare che nel presente procedimento è stata espletata c.t.u. (le cui conclusioni sono fatte proprie da questo Giudice, in quanto risultanti da un'attenta ed analitica disamina degli elementi di fatto posti a disposizione ed ispirate a criteri valutativi corretti non solo dal punto di vista logico, ma altresì conformi ai principi scientifici che presiedono la materia in esame), che ha appurato la presenza di un fabbricato in ### via ### n.7, che sviluppa su due piani fuori terra, oltre al piano sottotetto, costituiti da appartamenti ad uso residenziale di cui uno ricavato al piano terra, due al piano primo e uno al piano secondo ###. La scala di accesso ai piani primo e secondo, realizzata in ampliamento al fabbricato preesistente (che era esteso al solo piano terra) è posizionata sull'angolo sud-est. 
Il c.t.u. ha evidenziato che: 1. il fabbricato in questione, all'origine consistente in un edificio monopiano ad uso abitativo, costruito in data antecedente al 1 settembre 1967, è stato interessato da alcune opere realizzate in assenza di titolo abilitativo riguardanti difformità alle facciate dell'impianto principale, realizzazione di un piccolo fondaco di mq. 2,04 (anno 1966) adiacente al fabbricato principale (anno 1973) e ampliamento del fondaco esistente di mq. 8,03 (anno 1973), il tutto legittimato con ### in ### n. 941 del 16/05/1992; 2. in data ### il Comune di ### rilasciava permesso di costruire 37/2011, relativo al progetto, qualificato come “### ampliamento e sopraelevazione di un fabbricato residenziale monopiano”, di sopraelevazione di un piano dell'intera sagoma dell'edificio preesistente per la realizzazione di un piano ad uso abitativo, realizzazione di un piccolo piano interrato ubicato nell'area di sedime del nuovo corpo scala, ampliamento con realizzazione di un corpo scala indipendente fuori sagoma e antistante portico per l'accesso al piano primo e al piano copertura, realizzazione di un lastrico solare, in parte coperto e in parte lasciato a terrazzo praticabile con accesso diretto e indipendente dal nuovo vano scala laterale; 3. il Progetto veniva assentito su parere della ### nella seduta del 02.08.2011, sulla base dell'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. del P.R.G. vigente all'epoca, nonostante le criticità rilevate nel parere istruttorio del 29.07.2011 dal tecnico incaricato, #### con la supervisione del ### del #### (il parere evidenziava che l'intervento, pur essendo conforme alla normativa del P.R.G. vigente, non era conforme alla normativa sovraordinata in materia di distanze D.M. 1444/68 e che, in base al disposto dell'art. 2.3.3, comma 9, l'altezza massima era fissata in 8,50 ml, mentre il progetto prevedeva la realizzazione di un corpo scala indipendente e fuori sagoma, che andava a servire anche il lastrico solare, con un'altezza complessiva di ml 9,74, condizione la cui legittimità, in caso di approvazione da parte della ### edilizia, avrebbe dovuto essere dimostrata con dichiarazioni e grafici); 4. con richiesta in data ###, al Prot. n. 11227, veniva presentata una variante al ### di ### al fine di sopraelevare ulteriormente di un piano (piano secondo) il fabbricato, oltre i 250 Mq. di superficie edificabile previsti dal comma 9 dell'art. 2.3.3 delle N.T.A (precisamente le opere oggetto di variante consistevano nella mancata demolizione del ripostiglio esterno al piano terra, variazione da una a due unità abitative al piano primo, soprelevazione del piano copertura/terrazza, mancata realizzazione del piano interrato, leggera modifica della sagoma e delle distanze dai confini, realizzazione di locali ad uso abitazione civile al piano primo e secondo, in sostituzione dei portici); 5. tale progetto di variante veniva autorizzato dal Comune con ### di ### n. ###/2012 del 01/03/2013, con le seguenti prescrizioni: le aperture poste sulla parete sud del vano scala siano cieche, ai sensi dell'art. 1.6.4 comma 4 delle N.T.A.  vigenti; sia prevista la realizzazione di n.4 posti auto nell'area di pertinenza, aventi dimensioni in pianta pari a 5,00 x 2,50. 
Alla relazione di consulenza sono state allegate rappresentazioni planimetriche relative alla situazione preesistente alla costruzione dell'immobile oggetto di causa, caratterizzata dalla presenza di un fabbricato residenziale monopiano, e a quella attuale, dalle quali emerge come l'intervento in questione abbia determinato una sopraelevazione dell'edificio e variazioni volumetriche.  ### edilizio di cui trattasi, alla luce delle sopra richiamate risultanze, deve, quindi, essere qualificato come “nuova costruzione”, comportando l'aumento della volumetria e della superficie di ingombro rispetto all'immobile preesistente (cfr. c.t.u. pag.  20, laddove l'ausiliario afferma che “### edilizio messo in opera sul fabbricato ad uso abitativo sito in ### 7 di ### qualificato come “ristrutturazione, ampliamento e sopraelevazione”, in realtà ha riguardato un notevole ampliamento della superficie, determinando un incremento della volumetria del fabbricato e quindi, come tale, costituisce a tutti gli effetti una “nuova costruzione”, anche per la disciplina delle distanze”). 
In proposito, occorre richiamare l'orientamento della giurisprudenza ai sensi del quale “la sopraelevazione, anche se di ridotte dimensioni, comporta sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti, e, quindi, anche per la disciplina delle distanze, come nuova costruzione” (cfr. Cass. civ., Sez. III, Sent. n. 15732 del 15.6.2018; conforme, Cass. civ., sez. III, sent. n. 21059 dell'1.10.2009), nonché l'orientamento secondo cui “nelle opere edilizie, la semplice ristrutturazione si verifica ove gli interventi, comportando modificazioni esclusivamente interne, abbiano interessato un edificio del quale sussistano (e, all'esito degli stessi, rimangano inalterate) le componenti essenziali, quali i muri perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, mentre è ravvisabile la ricostruzione allorché dell'edificio preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria demolizione, dette componenti, e l'intervento si traduca nell'esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, e, in particolare, senza aumenti della volumetria, né delle superfici occupate in relazione alla originaria sagoma di ingombro. In presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di nuova costruzione, da considerare tale, ai fini del computo delle distanze rispetto agli edifici contigui come previste dagli strumenti urbanistici locali, nel suo complesso, ove lo strumento urbanistico rechi una norma espressa con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste per le nuove costruzioni siano estese anche alle ricostruzioni, ovvero, ove una siffatta norma non esista, solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell'edificio originario” (cfr.  SS.UU. ord. n. 21578 del 19 ottobre 2011, la quale richiama espressamente Cass. sent.  9637/06 e Cass. sent. n. 19287/09). A tale ultimo riguardo, si evidenzia come la giurisprudenza sia approdata a individuare una “ricostruzione” nell'ipotesi in cui il manufatto sia contenuto nei limiti preesistenti di altezza, volumetria, sagoma dell'edificio e una “nuova costruzione” nell'ipotesi in cui un edificio o le parti e/o le sopraelevazioni di esso siano costruiti per la prima volta (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 settembre 2017 n. 4337; Consiglio di Stato sez. IV, 16/10/2020, n.6282). ### specie, il manufatto è stato costruito senza il rispetto dell'altezza e della volumetria preesistente, pertanto esso rappresenta un novum che non consente di qualificare l'opera realizzata da parte convenuta in termini di ristrutturazione edilizia. 
Ciò considerato, deve valutarsi se l'opera sia rispettosa della normativa in materia di distanze. 
In particolare, per i fini che qui interessano, va richiamato l'art. 9 D.M. 1444/1968, il quale prevede: al comma 1 che: “Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: 1) ### A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale; 2) ### edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti; 3) ### C) : è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all'altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.”; al comma 2 che “Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di: ml. 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7; ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15; ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15; al comma 3 che “### le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche”. 
Va osservato, in punto di diritto, che l'art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968 stabilisce che i ### nell'approvazione degli strumenti urbanistici, devono rispettare i limiti di distanza tra i fabbricati ivi stabiliti, in attuazione dell'art. 41 quinquies della legge 1150/1942, introdotto dall'art. 17 della legge n. 765/1967.
Nel caso in esame, le previsioni di cui all'art. 2.3.3 comma 9 della N.T.A. del P.R.G. approvato con delibera del ### n. 101 del 07/10/1997 e ss. mm.  ii., in vigore dal 06.02.1998 (“È consentita, nei limiti della superficie occupata al piano terra, con esclusione delle superfetazioni e delle costruzioni posticce, ed in deroga all'indice di utilizzazione fondiaria, alle distanze tra edifici ed alle distanze dai limiti di proprietà e di zona e dalla viabilità, la sopraelevazione di un piano di tutti gli edifici monopiano ed il completamento di edifici solo parzialmente sopraelevati al primo piano nel rispetto, comunque, dei seguenti parametri: -altezza delle costruzioni: H ≤ 8.50 m; - superficie edificabile della costruzione dopo la sopraelevazione: Se ≤ 250 mq; -superficie a parcheggio riferita all'intero edificio secondo quanto previsto dall'art.18 legge 6 agosto1967, n.765, così come modificato dal comma 2 dell'art. 2 della Legge 122/1989; - distanze dagli edifici e dai confini non inferiori a quelli previsti dal ### civile. Le aperture di vedute dirette sono consentite solo nelle pareti di sopraelevazione aventi distanza non inferiore a m 6.00 da pareti di edifici antistanti. Per distanze inferiori le pareti debbono essere cieche”), richiamate dalle stesse parti, contengono evidentemente elementi derogatori rispetto a quanto indicato nell'art. 9 D.M. 1444/1968.  ###. 2.3.3 comma 9 è stato successivamente modificato alla luce della N.T.A. 
Variante del P.R.G., adottata con deliberazione del ### n.99, in data ###, approvata con deliberazione del ### n. 7 in data ###, pubblicata sul B.U.R.A. ordinario n. 10 del 13/03/2013 (“### restando tutto quanto riportato nell'art. 2.3.3 comma 9 delle precedenti N.T.A., le modifiche apportate a tale comma, sono le seguenti: -distanze dagli edifici nel rispetto dell'art. 1.6.4 ≥ mt 10 o comunque nel rispetto dell'art. 9 del D.M. 1444/1968; -distanze dai confini come da art.  1.6.5”), proprio in merito alle disposizioni sulle distanze dagli edifici. 
In merito alla posizione nella gerarchia delle fonti del D.M. 1444/1968, la giurisprudenza ha ripetutamente precisato che le disposizioni di tale decreto assumono il grado di fonte primaria, pertanto le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserimento automatico (per tutte si veda Cass. SS.UU. sent. n. 14953 del 7 luglio 2011). Dalle considerazioni svolte segue che ogni strumento di pianificazione in contrasto con i limiti minimi stabiliti dal D.M. n. 1444/1968
è illegittimo, essendo consentita solo la fissazione di distanze superiori (cfr. C.d.S., Sez. V, 26 ottobre 2006, n. 6399). La particolare valenza della normativa in esame deriva dalle sue finalità di tutela di interessi generali in materia urbanistica; si tratta, infatti, di disciplina tesa ad impedire la formazione di intercapedini nocive sotto il profilo igienico-sanitario, pertanto non è eludibile in funzione della natura giuridica dell'intercapedine (T.A.R. 
Lombardia - #### I, 16 ottobre 2009, n. 1742). 
In riferimento all'efficacia della norma, essa non è immediatamente precettiva nei rapporti privati (cfr. Cass. Civ., SS.UU, I luglio 1997, n. 5889; Cass. Civ., 4 dicembre 1998, n. 12292; Cass. Civ., 29 luglio 2004, n. 14363), tuttavia la non immediata operatività nei rapporti tra i privati risulta derogata nel caso in cui lo strumento urbanistico presenta una lacuna normativa, con conseguente applicazione dell'art. 9 D.M. 1444/1968 quale norma integrativa dell'art. 873 c.c. (cfr. C.d.S., Sez. V, 23 maggio 2000, n. 2983; Civ., SS.UU., 22 dicembre 1994, n. 9871) e nel caso in cui il piano disponga una distanza inferiore a quella del decreto ministeriale, con “l'obbligo, per il giudice di merito, non solo di disapplicare le disposizioni illegittime, ma anche di applicare direttamente la disposizione del ricordato art. 9, divenuta, per inserzione automatica, parte integrante dello strumento urbanistico in sostituzione della norma illegittima disapplicata” (cfr.  Civ., 19 novembre 2004, n. 21899). 
La disposizione contenuta nella citata norma ha, quindi, carattere inderogabile, poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza. Tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell'interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal codice civile. 
Non è poi inutile ricordare il prevalente orientamento della Suprema Corte secondo cui “l'ipotesi derogatoria contemplata del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9, u.c., che consente ai comuni di prescrivere distanze inferiori a quelle previste dalla normativa statale ove le costruzioni siano incluse nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione ("### ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche"), riguarda soltanto le distanze tra costruzioni insistenti su fondi che siano inclusi tutti in un medesimo piano particolareggiato o per costruzioni entrambe facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata (così Cass. Sez. U, n. 1486 del 18/02/1997, ribadita ad es. recentemente da questa ### con le nn. 23681 del 21/11/2016 e 9915 del 19/04/2017). Ove le costruzioni non siano comprese nel medesimo piano particolareggiato o nella stessa lottizzazione, la disciplina sulle relative distanze non è, quindi, recata del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art.  9, u.c., bensì dal comma 1 dello stesso art. 9 ("Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: (...)"), quale disposizione di immediata ed inderogabile efficacia precettiva (Cass. n. 12424 del 20/05/2010). Come più generalmente affermato da Corte Cost. 23 gennaio 2013, n. 6, del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9, u.c., costituisce espressione di una "sintesi normativa", consentendo che siano fissate distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, pur provvista di "efficacia precettiva e inderogabile", solo nei limiti ivi indicati, ovvero a condizione che le deroghe all'ordinamento civile delle distanze tra edifici siano "inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio"” (cfr. Cassazione civile sez. II, 07/11/2017 n.26354). In questi termini si è espressa anche Cassazione civile sez. II, 28/12/2020, n.29644, la quale ha affermato che “la deroga, contemplata al D.M. 4 aprile 1968 n. 1444, art. 9, u.c., che consente ai ### di prescrivere distanze tra costruzioni inferiori a quelle previste dalla normativa statale, riguarda esclusivamente le distanze su fondi che siano inclusi in un medesimo piano particolareggiato o per costruzioni facenti parte della medesima lottizzazione convenzionata”. 
Alla luce delle considerazioni svolte sopra, è possibile tornare all'esame del caso di specie, nel quale deve essere disapplicata la norma contenuta nelle N.T.A. del PRG del Comune, nella parte contrastante con la norma di rango legislativo contenuta nel D.M.  1444/1968; pertanto, dovendosi disapplicare in parte qua la norma regolamentare, al momento della presentazione dei principali titoli abilitativi (### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 e ### di ### n.###/2012 del 1/03/2013), le distanze da rispettare nella realizzazione di nuovi fabbricati erano quelle indicate nel D.M. 1444/1968, ossia, nel caso di specie, metri 10 dall'edificio antistante e metri 5 dal confine con la proprietà ### Nell'elaborato peritale, il c.t.u. accertava che effettivamente la sopraelevazione insieme all'ampliamento e a tutte le altre opere erano stati realizzati in violazione delle distanze sopra indicate. 
Dalle planimetrie allegate alla c.t.u. (cfr. pagg. 25 e 26 dell'elaborato peritale) emerge chiaramente che l'intervento è stato realizzato ad una distanza dal fabbricato di parte attrice di m. 5,50 (in media) e dal confine ad una distanza di 1,63 (in media).  ### ha, altresì, precisato che per quanto concerne il balcone sul fronte nord-est del fabbricato, al piano primo, considerato che “per le sue caratteristiche va ad estendere ed ampliare la parte concretamente utilizzabile per l'uso abitativo dell'appartamento, si ritiene sia stata generata una servitù di veduta a carico del fondo della proprietà di parte attrice, essendo stato realizzato ad una distanza di m. 6,72 dal fabbricato di proprietà confinante a fronte dei m. 10, in violazione, quindi, del rispetto delle prescrizioni in materia di distanze legali alle quali andava assoggettata la sua progettazione”. 
In riferimento all'altezza massima dell'edificio, all'epoca del primo titolo abilitativo, l'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. disponeva un'altezza inferiore a 8.50 m, mentre le nuove N.T.A. della variante dello strumento urbanistico contenevano una suddivisione della #### (### e completamento del tessuto urbano esistente) in sottozone, distinguendo una serie di parametri come appresso indicati: altezze massime e indici di utilizzazione fondiaria: sottozona ###a Iuf 0,40 mq/mq, h ≤ 8.50 m; sottozona ###b Iuf 0,55 mq/mq, h ≤ 8.50 m; sottozona ###c Iuf 0,70 mq/mq, h ≤ 10,50 m; sottozona ###d Iuf 0,95 mq/mq, h ≤ 14,00 m. 
Il sopracitato articolo della normativa locale, in epoca sia anteriore che successiva all'approvazione della variante, stabiliva, in deroga all'indice di utilizzazione fondiaria, alle distanze tra edifici ed alle distanze dai limiti di proprietà e di zona e dalla viabilità, la possibilità di “sopraelevazione di un piano di tutti gli edifici monopiano ed il completamento di edifici solo parzialmente sopraelevati al primo piano, con superficie edificabile della costruzione dopo la sopraelevazione ≤ di 250 mq”. 
Si osserva che il ### di ### in variante (P.d.C. n. ###/2012 del 01/03/2013), richiesto al fine di sopraelevare ulteriormente di un piano (piano secondo) il fabbricato per realizzare dei locali ad uso abitativo oltre i 250 mq di superficie edificabile previsti dal comma 9, veniva rilasciato in data ###, quindi successivamente all'approvazione del nuovo ### avvenuta in data ###, ma prima della pubblicazione sul B.U.R.A. in data ###. 
Ebbene, nonostante l'inclusione del fabbricato oggetto di causa nella sottozona ###c di cui al nuovo art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. (con conseguente possibilità di realizzare un'altezza massima delle costruzioni pari a 10,50 m), deve ritenersi applicabile per entrambi i titoli abilitativi principali (### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 e ### di ### n. ###/2012 del 1/03/2013) la previsione di un'altezza pari a 8.50 m, atteso che lo strumento urbanistico non risultava ancora efficace al momento del rilascio del secondo titolo edilizio.  ### specie, non assume rilievo l'eventuale applicazione delle misure di salvaguardia, atteso che le stesse hanno come destinataria la ### pertanto non possono essere invocate dai confinanti per la regolamentazione dei rapporti di vicinato né, in particolare, per la disciplina delle distanze tra le costruzioni, potendo tali rapporti essere regolati oltre che dal codice civile, solo da uno strumento urbanistico definitivamente deliberato, approvato e reso esecutivo; solo quest'ultimo è suscettibile di integrare gli estremi delle c.d. norme di relazione, regolanti i rapporti privatistici e quindi invocabili, quale fonte di diritti soggettivi, davanti all'autorità giudiziaria ordinaria. 
In merito al contestato omesso deposito al ### della variante al ### di ### n.37/2011 del 28/09/2011 prima di dare inizio all'esecuzione dei lavori, il c.t.u.  ha rilevato l'adempimento dell'obbligo previsto dalla normativa antisismica (artt. 2,3,4 e 9 L.R. 138/1996 e art. 4 L. 1086/1971) solo a lavori già effettuati (in data ###, al Prot.  n. 217120) e, in data ###, al Prot. n. 81122, è stato rilasciato il relativo attestato di avvenuto deposito. 
Ad avviso del c.t.u. “tale mancanza, che all'epoca avrebbe potuto generare la sospensione dei lavori, può essere ora considerata un mero inadempimento amministrativo, tanto che, a seguire è stato presentato anche il certificato di collaudo statico in data ### al ### n. 126869, autorizzato in data ### al ### 136673, così da portare a compimento tutto l'iter procedurale inerente l'assetto strutturale dell'edificio”.
In considerazione di quanto esposto, alla luce delle conclusioni del c.t.u., secondo cui “la proprietà degli eredi del #### a seguito dell'intervento edilizio sul fabbricato ad uso abitativo dei #### e ### riguardante la sopraelevazione di due piani ex novo, l'ampliamento con modifica di sagoma e aumento volumetrico rilevanti, realizzato in violazione della normativa urbanistica ed edilizia in tema di distanze legali come argomentato, ha subito pregiudizio sotto il profilo della prospicienza, della luminosità, della visuale, del soleggiamento e del pieno godimento”, il fabbricato realizzato dal convenuto ### antistante l'edificio di proprietà degli attori, deve essere arretrato, mediante demolizione, fino alla struttura portante (maschio murario) retrostante. 
Tale arretramento deve essere effettuato fino alla distanza dall'edificio prospiciente di metri m. 9,89, in considerazione della posizione del maschio murario (muro portante) sul quale arretrare la struttura e della circostanza che tale distanza, come rilevato dal c.t.u., seppure inferiore di cm 11 ai 10 metri di distanza minima prevista dalla ### può essere contenuta nel limite del 2% di tolleranza costruttiva di cui all'art. 34 bis del D.P.R.  380/2001. 
Non coglie nel segno la considerazione di parte convenuta ### diretta a contestare l'applicabilità del D.M. 1444/1968 in ragione delle novità introdotte dal D.L.  32/2019, c.d. “decreto sblocca cantieri” (convertito dalla ### n. 55/2019) e dal D.L.  76/2020 (convertito dalla ### 11 settembre 2020, n. 120). 
In punto di diritto, si rileva che il citato intervento normativo, ha operato una serie di modifiche agli standard urbanistici fissati dal D.M. n. 1444/1968. 
Le variazioni al D.M. n. 1444/1968 sono in concreto intervenute mediante le modifiche apportate dal D.L. n. 32/2019 e dal D.L. 76/2020 all'art. 2 bis del T.U. edilizia (introdotto a sua volta dal D.L. n. 69/2013), cioè con riferimento a quelle disposizioni che consentivano a regioni e province autonome di adottare disposizioni derogatorie sulle distanze legali. 
In sostanza, il D.L. n. 32/2019 ha aggiunto i seguenti commi al citato art. 2 bis: “1- bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. 1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest'ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo”. 
Il comma 1ter è stato poi così sostituito dall'art. 10, comma 1, lettera a), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76: In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell'area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. 
Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l'intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell'altezza massima dell'edificio demolito, sempre nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A di cui al decreto del ### per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione sono consentiti esclusivamente nell'ambito dei piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatti salvi le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela” A tale quadro si aggiunge anche la norma di cui all'art. 5, comma 1, lett. b) bis del menzionato D.L. n. 32 del 2019, secondo cui “le disposizioni di cui all'articolo 9, commi secondo e terzo, del decreto del ### dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui al primo comma, numero 3), dello stesso articolo 9” (ovvero alle zone C). 
Da quanto sopra delineato deriva che con le modifiche apportate all'art. 2 bis del T.U. edilizia la demolizione e la ricostruzione di un fabbricato sono consentite nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché siano effettuate assicurando la coincidenza dell'area di sedime e del volume dell'edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell'altezza massima di quest'ultimo. In caso diverso, le eventuali disposizioni derogatorie sulle distanze devono comunque essere previste dai ### nell'ambito degli strumenti urbanistici. 
In primo luogo, l'applicabilità della disciplina in esame al caso di specie involge la problematica della retroattività delle leggi di “interpretazione autentica”. 
Occorre precisare, infatti, che la consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che al legislatore non è preclusa la possibilità di emanare norme retroattive, sia innovative che di interpretazione autentica, purché tale scelta normativa sia giustificata sul piano della ragionevolezza, attraverso un puntuale bilanciamento tra le ragioni che ne hanno motivato la previsione e i valori, costituzionalmente tutelati, potenzialmente lesi dall'efficacia a ritroso della norma adottata. 
Tra tali valori - costituenti limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi - sono ricompresi il principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti, quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (cfr. Corte Costituzionale, 12/04/2017, n.73; Corte Costituzionale, n.170; Corte Costituzionale, 05/04/2012, n.78). 
In secondo luogo, si rileva che l'intervento edilizio oggetto del presente giudizio, da un lato, costituisce nuova costruzione, non essendo dimostrata la coincidenza del volume dell'opera costruita da parte convenuta rispetto all'immobile preesistente, e, dall'altro, ricade in zona “B”, rientrando pertanto nell'ambito applicativo dell'art. 9 comma 1 n. 2) del D.M. 1444/1968 - non oggetto di interpretazione “autentica” da parte del D.L. n. 32/2019 - il quale per i “nuovi edifici” ricadenti in zone diverse dalla zona A continua a prescrivere “in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”. 
Le disposizioni citate non risultano, quindi, operanti nel caso di specie. 
Nell'atto introduttivo parte attrice chiedeva altresì la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni subiti. 
Riguardo alla tutela risarcitoria nella materia in esame, si è specificato che il danno si identifica nella violazione stessa, determinando quest'ultima un asservimento di fatto del fondo del vicino, al quale, pertanto, compete il risarcimento senza la necessità di una specifica attività probatoria (cfr. Cass. II, n. 10600/1999). La violazione delle norme edilizie, infatti, integra sempre un fatto potenzialmente dannoso ai fini della condanna generica al risarcimento, salvo l'accertamento in sede di giudizio di liquidazione della concreta esistenza del danno e dell'entità dello stesso (cfr. Cass. II, n. 2162/1987); del resto, il danno che il proprietario subisce deve ritenersi in re ipsa, essendo l'effetto, certo e indiscutibile, dell'abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo e, quindi, della limitazione del relativo godimento che si traduce in una diminuzione temporanea del valore della proprietà (cfr. Cass. II, n. 21501/2018). 
In siffatti casi sussiste, peraltro, una obiettiva e palese difficoltà di quantificazione economica del pregiudizio subito, con conseguente legittimo ricorso al criterio di liquidazione equitativa ex art. 1226 Devesi evidenziare che il c.t.u. ha quantificato il valore delle opere da realizzare per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi mediante redazione di un computo metrico estimativo, eseguito in base al prezzario delle opere edili anno 2022 della ### allegato all'elaborato peritale (allegato 8) in € 34.182,40, di cui € 32.867,69 per l'importo dei lavori da computo metrico estimativo e € 1.314,71 per costi della sicurezza (D.Lgs 81/08 e s.m.i.), cui devono aggiungersi le spese tecniche, l'I.V.A. e la ### di previdenza e assistenza liberi professionisti (progettazione, direzione lavori e coordinamento della sicurezza) per complessivi € 42.805,12.  ###, inoltre, ha constatato che l'intervento realizzato dal convenuto comportava una diminuzione del valore dell'immobile di proprietà di parte attrice, comprensivo della porzione di terreno che aveva subito la limitazione di godimento (corte di pertinenza), dovuta alla riduzione di alcuni parametri, quali la prospicienza, luminosità, visuale e soleggiamento. 
Ai fini del calcolo dell'indennità spettante agli attori a carico di tali violazioni, il c.t.u.  ha applicato il criterio del “valore complementare”, cioè quantificando l'importo dovuto in base alla differenza tra il valore di mercato nella situazione ante e post servitù; da tale operazione è stato ricavato il valore del canone di locazione del bene immobile a seguito della costituzione di servitù, tenuto conto delle reali conseguenze negative derivanti al fabbricato servente dall'intervento edilizio realizzato (applicazione di un indice di riduzione delle singole caratteristiche in funzione della situazione riscontrata in relazione a ubicazione, prospicienza, orientamento, quota, livello delle finiture, luminosità, visuale, soleggiamento), nonché della superficie commerciale del fabbricato di proprietà di parte attrice con i relativi accessori e pertinenze e dei valori OMI per un importo di € 8.157,54. 
Sempre in relazione alla domanda risarcitoria, il c.t.u. ha provveduto a stimare la perdita di valore dell'edificio degli attori per effetto della permanenza delle opere in violazione delle norme richiamate, sulla scorta del quesito assegnato dal precedente G.I. 
Osserva il Tribunale che la demolizione delle opere realizzate in violazione delle distanze, limitatamente alla porzione illegittima, è idonea a restituire l'originario valore di mercato all'immobile di parte attrice, il quale pertanto non subirà irrimediabilmente le conseguenze della riduzione dello spazio né la permanenza delle opere illegittime. 
Ritenuto, quindi, che il danno deve essere considerato in re ipsa, in assenza di criteri specifici e considerata l'idoneità della demolizione a restituire l'originario valore commerciale al fabbricato degli attori, questo giudicante ritiene di dover liquidare in via equitativa la somma di € 50.962,66 (derivante dalla sommatoria tra le spese per la riduzione in pristino e la riduzione di valore del bene per effetto della limitazione della facoltà di godimento); tale somma, liquidata in moneta attuale, deve ritenersi già comprensiva di interessi compensativi e rivalutazione (cfr. in tema di liquidazione equitativa del danno e unicità della somma comprensiva di capitale, interessi e rivalutazione monetaria ### 3, Ordinanza n. 20889 del 22/08/2018, ### 3, Sentenza n. 9515 del 20/04/2007), con la conseguenza che su di essa sono soltanto dovuti gli interessi corrispettivi (al tasso legale tempo per tempo in vigore) dalla data della presente sentenza al soddisfo. 
Venendo all'esame della domanda di manleva formulata da parte convenuta ### nei confronti del terzo ### la stessa è fondata nei limiti ed alla luce delle considerazioni che seguono.  ### i principi costantemente elaborati dalla ### l'architetto, l'ingegnere o il geometra, nell'espletamento dell'attività professionale (consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile), è debitore di un risultato. Difatti, il professionista, alla luce di tale orientamento, è tenuto ad una prestazione di un progetto concretamente utilizzabile anche dal punto di vista tecnico e giuridico; ne consegue che l'irrealizzabilità dell'opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli, darà luogo ad inadempimento dell'incarico (cfr. Cass., Sez. II, 18 gennaio 2017 n. 1214; Cass. 19 luglio 2016 n. 14759). 
Sulla scorta di tale interpretazione, rientra nella prestazione dovuta dal tecnico incaricato della redazione di un progetto edilizio, in quanto attività strumentalmente preordinata alla concreta attuazione dell'opera, l'obbligo di assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica e di individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da garantire la preventiva soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dei lavori richiesti dal committente (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8014 del 21/05/2012). 
Da quanto sopra segue che se dall'edificazione di una costruzione in violazione delle norme sulle distanze legali sia derivato l'obbligo del committente della riduzione in pristino, sussiste il diritto di rivalsa del committente nei confronti del progettista direttore dei lavori; ciò, per esempio, quando l'irregolare ubicazione della costruzione sia conforme al progetto e non sia stata impedita dal professionista medesimo in sede di esecuzione dei lavori, in quanto il fatto illecito, consistente nella realizzazione di un edificio in violazione delle distanze legali rispetto al fondo del vicino, è legato da un nesso causale con il comportamento del professionista che ha predisposto il progetto e diretto i lavori ( Cass., Sez. II, 30 gennaio 2003 n. 1513). 
Peraltro, è stato precisato che “né la responsabilità del professionista viene meno e può riconoscersi il suo diritto ad ottenere il corrispettivo ove la progettazione di una costruzione o di una ristrutturazione in contrasto con la normativa urbanistica sia oggetto di un accordo tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, spettando tale verifica al medesimo professionista, in forza della sua specifica competenza tecnica, e senza che perciò possa rilevare, ai fini dell'applicabilità dell'esimente di cui all'art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto” (cfr. ### civile sez. II, 21/03/2023, n.8058). 
Ancora, recentemente, proprio con specifico riferimento alle questioni relative alle distanze tra costruzioni previste dall'art. 9 del D.M. 1444/1968, anche in caso di contrasto tra la normativa locale e quella nazionale, in fattispecie analoga alla presente, si è affermato che “il professionista autore di un progetto edilizio per l'edificazione di una costruzione che si riveli in violazione delle distanze legali è responsabile dei danni conseguentemente patiti dai committenti, essendo questi ultimi eziologicamente correlati al suo inadempimento (nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso, ai sensi dell'art. 2236 c.c., la responsabilità di un architetto per l'avvenuta progettazione di un edificio in violazione dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, sul presupposto che rientrasse nel sapere specialistico del professionista avvedersi del contrasto della normativa urbanistica locale - cui si era uniformato - con quella sovraordinata nazionale)” (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 14527 del 25/05/2023).  ### specie, non è contestato che il citato professionista è stato incaricato della progettazione delle opere oggetto del permesso di costruire n. 37/2011 e del permesso di costruire in variante n. 27/2012 né è contestato che i progetti redatti avevano avuto l'approvazione degli organi amministrativi, sebbene con alcune criticità rilevate dalla stessa pubblica amministrazione. 
Come evidenziato dal c.t.u., il progetto autorizzato dal Comune di ### con ### di ### n.37/2011, rilasciato in data ###, veniva assentito su parere della ### nella seduta del 02.08.2011, in quanto conforme all'art. 2.3.3 comma 9 delle N.T.A. del P.R.G. vigente all'epoca, nonostante, nel parere istruttorio del 29.07.2011 venivano riscontrate la non conformità dell'intervento alla normativa in materia di distanze di cui al D.M. 1444/1968 e la violazione dei limiti di altezza di cui al citato art.  2.3.3, comma 9 (fissati in 8,50 ml), in quanto il progetto prevedeva la realizzazione di un corpo scala indipendente e fuori sagoma, con un'altezza complessiva di ml 9,74, “condizione la cui legittimità, in caso di approvazione da parte della ### edilizia, andava dimostrata con dichiarazioni e grafici”. 
Quanto al progetto di variante, lo stesso veniva autorizzato dal Comune con ### di ### n. ###/2012 del 01.03.2013, con le seguenti prescrizioni: “le aperture poste sulla parete sud del vano scala siano cieche, ai sensi dell'art. 1.6.4 comma 4 delle N.T.A.  vigenti; sia prevista la realizzazione di n.4 posti auto nell'area di pertinenza, aventi dimensioni in pianta pari a 5,00 x 2,50”. 
In considerazione di tali rilevi e in applicazione dei sopra enunciati principi in punto di responsabilità del progettista, non è possibile qualificare in termini di colpa lieve l'errore commesso dal professionista nel predisporre il progetto di realizzazione della costruzione in difformità dalle norme urbanistiche ed edilizie vigenti, dovendo egli ritenersi tenuto, nei confronti del committente, alla elaborazione di un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico. Rientra, infatti, nel sapere specialistico del tecnico anche l'obbligo di avvedersi dell'eventuale contrasto della normativa urbanistica locale con quella sovraordinata nazionale. 
Il terzo chiamato ### deve, quindi, ritenersi responsabile dei danni subiti dal committente, atteso che la costruzione realizzata deve essere parzialmente demolita a causa delle indicate difformità. 
Non merita di essere condivisa l'eccezione del terzo chiamato ### relativa alla decadenza del convenuto dall'azione risarcitoria, in quanto è noto che il termine di un anno dalla scoperta dei vizi decorre dall'apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della gravità dei difetti e della loro causa da parte del committente. È evidente che tale conoscenza, nella specie, deve essere riferita alla notifica dell'atto di citazione per la riduzione in pristino, non potendo il convenuto acquisire sicura conoscenza dei vizi e delle cause dei difetti sulla scorta di mere diffide stragiudiziali. 
Neppure coglie nel segno l'allegazione del citato terzo in merito alla corretta esecuzione del suo incarico e alla sua funzione di mero “esecutore” della volontà dei committenti. 
Si osserva, infatti, che, da un lato, è rimasta indimostrata l'affermazione secondo cui il professionista avrebbe reso edotti i committenti delle problematiche esistenti e dei contrasti tra la normativa nazionale e quella regolamentare adottata dal Comune di ### in merito alle distanze legali tra edifici, non essendo sufficienti a tal fine i progetti versati in atti dal professionista, in cui vengono proposte diverse ipotesi di realizzazione dell'opera, anche senza sopraelevazione della porzione di edificio in ragione del mancato rispetto della distanza di m 6, come previsto dall'art. 1.6.4 N.T.A.; dall'altro, il fax del 10.5.2010 inviato dal ### (doc. 5 allegato alla comparsa di costituzione e risposta del terzo chiamato ### contiene la mera richiesta, corredata da un sommario schizzo, di elaborazione di un progetto di sopraelevazione con l'aggiunta di un corpo scala rispetto al fabbricato preesistente, con espresso incarico al professionista di realizzare materialmente il progetto e di ottenere i titoli abilitativi. Del resto, come sopra precisato, è irrilevante ai fini dell'esclusione della responsabilità del professionista l'accettazione del committente della eventuale realizzazione in violazione delle distanze legali. 
Deve essere, altresì, disattesa la deduzione del terzo ### in relazione alla corresponsabilità degli attori sull'aggravamento dei danni, per avere il ### atteso cinque anni dal momento in cui aveva investito il proprio legale di occuparsi della questione in oggetto prima di intraprendere il presente giudizio. Dalla documentazione in atti, infatti, non risulta alcun comportamento inerte di parte attrice, che si è attivata in via stragiudiziale sin dal novembre 2013 al fine di ottenere il rispetto della normativa sulle distanze legali (doc. 7 atto di citazione). 
Venendo all'esame delle specifiche poste risarcitorie richieste dal convenuto ### quest'ultimo ha formulato domanda di manleva in relazione alle seguenti conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'accoglimento delle domande di parte attrice: esborso di € 30.977,10 relativo alla perdita di valore dell'edificio degli attori a seguito dell'intervento edilizio; esborso di € 8.157,54 relativo alla indennità danno-servitù; esborso di € 42.805,52 relativo al valore delle opere da realizzare per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi; deprezzamento dell'immobile di parte convenuta a seguito delle opere di riduzione in pristino per € 84.000,00. 
Quanto al primo importo, si evidenzia che il Tribunale ha escluso la risarcibilità della perdita di valore dell'edificio degli attori in caso di permanenza delle opere abusive, avendo disposto la riduzione in pristino. 
Quanto agli importi di € 8.157,54 e € 42.805,52, gli stessi sono stati riconosciuti come dovuti dai convenuti agli attori, pertanto rispetto ad essi, deve essere accolta la domanda di manleva del convenuto ### Quanto all'importo di € 84.000,00, la corresponsione dello stesso deve essere riconosciuta in favore del convenuto, in considerazione della differenza tra il valore di mercato dell'immobile di proprietà ### a seguito dell'intervento edilizio e il valore di mercato del fabbricato a seguito delle opere di riduzione in pristino della porzione realizzata in violazione alle norme urbanistico-edilizie. 
Non merita, invece accoglimento la richiesta del convenuto di condanna del professionista al pagamento degli oneri attinenti allo svuotamento dell'unità immobiliare ed al pregiudizio derivante dalla forzata indisponibilità del bene (stimato dal c.t.u. in € 2.200,00), in quanto formulata in termini generici e sfornita di riscontro probatorio, non avendo il ### dimostrato l'attuale, futura o ipotetica privazione del godimento dell'immobile. 
Ritiene, inoltre, il Tribunale che, in considerazione del fatto che l'esecuzione dell'intervento edilizio ad una distanza non rispettosa quantomeno delle N.T.A. è risultata nota al convenuto ### (sulla base della citata documentazione versata in atti) e che la pubblica amministrazione ha comunque assentito i progetti, nonostante le problematiche riscontrate dallo stesso ufficio tecnico, la responsabilità del professionista deve essere ridotta in misura pari al 50%. 
Il terzo chiamato ### quindi, deve essere chiamato a tenere indenne a tenere indenne e manlevare il convenuto ### di quanto andrà a pagare in dipendenza delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dal parziale accoglimento delle pretese attoree per il complessivo importo di € 67.481,53, oltre interessi dalla domanda al soddisfo. 
Passando alla domanda di manleva formulata da parte del geom. ### nei confronti di ### s.p.a., la stessa è fondata e merita accoglimento. 
La compagnia assicurativa ha eccepito l'inoperatività della polizza, in quanto la copertura assicurativa era limitata alle sole sanzioni inflitte ai clienti nell'ipotesi di errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità, mentre erano esclusi i sinistri derivanti dalla mancata rispondenza delle opere all'uso ed alle necessità cui sono destinate e quelli relativi a sanzione conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (art. 7.3 delle Condizioni generali) e le perdite patrimoniali derivanti da errata progettazione (condizione particolare n. 714). 
Invero, il contratto di assicurazione stipulato tra il geom. ### e ### s.p.a. stabilisce, all'art. 7.1 lett. a) delle ### che l'assicurazione si obbliga a tenere indenne l'assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge a titolo di risarcimento, in conseguenza di danni corporali e danni materiali cagionati a terzi per i fatti verificatisi in relazione all'attività professionale di geometra, libero professionista, progettista e/o direttore dei lavori o collaudatore delle opere ivi indicate, tra cui rientrano le costruzioni civili. ###. 7.2 contiene un elenco di attività comprese in garanzia, tra cui, per quanto di interesse, l'attività di consulenza in genere (lett.a) e i danni corporali e materiali conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (lett.i).  ###. 7.3 menziona tra i rischi esclusi quelli: derivanti dalla mancata rispondenza delle opere all'uso ed alla necessità cui sono destinate, pur essendo compresi i danni corporali e i danni materiali che derivano dagli stessi effetti pregiudizievoli delle opere stesse (lettera j); relativi a sanzioni in genere conseguenti ad errata interpretazione di vincoli urbanistici, di regolamenti edilizi locali e di altri vincoli imposti dalle pubbliche autorità (lettera l); derivanti da responsabilità volontariamente assunte dall'### e non direttamente derivantigli dalla legge (lettera o). 
Orbene, contrariamente agli assunti di ### s.p.a., a fronte della menzione espressa, tra i sinistri ricompresi nell'ambito della copertura assicurativa, dei danni derivanti dall'errata interpretazione dei vincoli urbanistici, al fine di ritenere esclusi dai rischi coperti i danni derivanti dall'inadempimento oggetto di esame - collegato proprio ad un errata interpretazione dei vincoli urbanistici - occorrerebbe una previsione contrattuale esplicita. Simile pattuizione, tuttavia, non è presente nel contratto di assicurazione, non essendo ravvisabile né nella lett. j né nella lett. o delle CGA richiamate. 
Una disposizione contrattuale esplicita di esclusione si riscontra, invece, nella lett. l delle CGAcon riferimento alle sanzioni applicate in conseguenza dell'errata interpretazione della normativa urbanistica, sicché devono ritenersi non coperti dall'assicurazione i danni relativi alle eventuali sanzioni applicate dal Comune. 
Si rileva, inoltre, che l'assicurato ha sottoscritto la ### - ### di ### del ### completa di tutte le estensioni possibili (714, 715, 718, 719 e 722). 
Va, altresì, rigettata l'eccezione di prescrizione sollevata da ### s.p.a., atteso che la denuncia del sinistro da parte dell'assicurato deve ritenersi tempestiva, emergendo per tabulas l'apertura del sinistro in data ###, quindi in epoca di poco successiva alla notifica dell'atto di chiamata in causa nel presente giudizio in data ### (doc. 1 memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. ###. Peraltro, come rilevato dallo stesso ### la diffida del procuratore degli attori in data ### risulta inviata esclusivamente ai convenuti e non al professionista.  ### va, dunque, condannata a manlevare il geom.  ### di quanto egli è tenuto a pagare al convenuto in ragione della presente sentenza. 
Venendo al governo delle spese di lite, nei rapporti tra attori e convenuti, il parziale accoglimento della domanda attorea giustifica la compensazione delle stesse nella misura di 1/3, mentre i restanti 2/3 vengono posti a carico dei convenuti in ragione della soccombenza principale e si liquidano come in dispositivo, in applicazione del D.M.  55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabile-complessità media e tenuto conto che la difesa ha riguardato più parti aventi la medesima posizione processuale (cfr. ### civile sez. III, 17/04/2024, n.10367). 
Nei rapporti tra convenuto ### e terzo chiamato ### il parziale accoglimento della domanda del primo giustifica la compensazione delle spese di lite nella misura di 1/3, mentre i restanti 2/3 vengono posti a carico del secondo in ragione della soccombenza principale e si liquidano come in dispositivo, in applicazione del D.M.  55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabile-complessità media. 
Nei rapporti fra ### e ### s.p.a. le spese di lite e di mediazione seguono la soccombenza e si liquidano a carico di ### s.p.a. come in dispositivo in applicazione del D.M. 55/2014 ss.mm.ii, scaglione di valore indeterminabilecomplessità media. 
Le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto, vengono poste a carico di tutte le parti in solido, essendo stata la consulenza disposta ed espletata nell'interesse di tutte le parti.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando nella causa civile n. r.g. 1580/2018, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: - dichiara l'illegittimità della costruzione realizzata dal convenuto, limitatamente a quanto indicato nella parte motiva; - ordina al convenuto ### la demolizione, a propria cura e spese, mediante arretramento dell'immobile di sua proprietà fino al rispetto della distanza dall'edificio prospiciente di metri m. 9,89; - rigetta la domanda di riduzione in pristino nei confronti di ### e ### - condanna i convenuti ##### in solido tra loro, al pagamento in favore degli attori della somma di € 50.962,66, a titolo di risarcimento dei danni, oltre interessi dalla data della presente sentenza al soddisfo; - condanna il terzo chiamato ### al pagamento, in favore del convenuto ### della somma di € 67.481,53, a titolo di risarcimento dei danni, oltre interessi dalla data della presente sentenza al soddisfo; - condanna il terzo chiamato ### s.p.a a tenere indenne e manlevare l'assicurato ### di quanto andrà a pagare in dipendenza della presente sentenza, nei limiti della franchigia indicata in polizza; - compensa le spese di lite tra gli attori e i convenuti nella misura di 1/3; - condanna i convenuti a corrispondere a parte attrice, a titolo di rimborso di 2/3 delle spese di giudizio, la somma di € 11.584,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge; - compensa le spese di lite tra ### e ### nella misura di 1/3; - condanna il terzo chiamato ### a corrispondere al convenuto ### a titolo di rimborso di 2/3 delle spese di giudizio, la somma di € 7.240,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge; - condanna il terzo chiamato ### s.p.a a corrispondere ad ### a titolo di rimborso delle spese di giudizio, la somma di € 10.860,00 per compenso professionale, oltre € 653,30 per esborsi, rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA se dovute come per legge ed oltre spese di mediazione per € 1.512,00; - pone definitivamente le spese di c.t.u. a carico di tutte le parti in solido tra loro. 
Così deciso in ### il ### 

Il Giudice
dott.ssa ### (atto sottoscritto digitalmente)


causa n. 1580/2018 R.G. - Giudice/firmatari: Silvia Fanesi

M
5

Tribunale di Catanzaro, Sentenza n. 2214/2025 del 29-10-2025

... Cass. civ., sez. III, 17/05/2004, n. 9345). Tale responsabilità presuppone la concorrenza dei seguenti presupposti: a) fatto illecito; b) imputabilità del fatto al danneggiante; c) elemento soggettivo, dolo o colpa del danneggiante; d) nesso causale tra fatto ed evento dannoso (danno evento); e) danno conseguenza. Ai sensi dell'art. 2055, poi, “se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno”. La norma in commento è applicabile ogni qualvolta un evento dannoso, unico rispetto al danneggiato, è causalmente derivato dalle condotte, anche autonome e non identiche, di più persone, e cioè da fatti illeciti anche diversi e temporalmente distinti, purché concorrenti a determinarlo con efficacia di concausa (cfr. Cass. 9902/2000; Cass. 2814/1999; 1415/1999). Inoltre, la solidarietà sussiste anche se uno o taluni degli autori del danno debbano rispondere a titolo di responsabilità contrattuale e altri a titolo di responsabilità aquiliana (cfr. 9902/2000; Cass. 7231/1995; Cass. 2605/1993; Cass. 884/1987), e pur se l'illecito possa risalire alla responsabilità dei compartecipi in via soltanto indiretta (cfr. Cass. (leggi tutto)...

testo integrale

### 1 a 9 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI CATANZARO ### in composizione collegiale, in persona dei seguenti magistrati: dott.ssa ### presidente dott.ssa ### giudice dott. ### giudice relatore SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 3370 del R.G.A.C. dell'anno 2021, vertente TRA ### I.CO.M.B.C. S.R.L. ###, IN ### L.R.P.T. (c.f. ###), con l'avvocato ### D'### -attrice
E ### (c.f. ###), con l'avvocato ### -convenuta
NONCHÉ ### (c.f. ###), con l'avvocato ### -convenuto avente ad oggetto: responsabilità degli amministratori. 
Conclusioni delle parti: come da note scritte depositate per l'udienza del 4/7/2025, sostituita ex art. 127-ter c.p.c.
Pag. 2 a 9 RAGIONI DELLA DECISIONE 1. ### del ### I.CO.M.B.C. s.r.l. ha evocato in giudizio ### e ### al fine di sentirli condannare al risarcimento dei danni cagionati dall'integrale depauperamento del patrimonio societario, con conseguente danno per l'intera massa dei creditori, come conseguenza delle seguenti condotte distrattive poste in essere dai convenuti, in concorso tra loro (il ### quale ex amministratore dal 21/5/2005 al 9/7/2012, poi liquidatore dal 9/7/2012 al fallimento, della I.CO.M.B.C., dichiarata fallita con sentenza emessa il ### e depositata il ### del Tribunale di Castrovillari; la ### coniuge del ### quale amministratrice della società ### s.r.l.): 1) il trasferimento in favore della ### s.r.l. della titolarità del capannone industriale realizzato dalla I.CO.M.B.C.; 2) la distrazione di impianti e attrezzature a danno della I.CO.M.B.C. ed in favore della ### Si è costituita ### eccependo, preliminarmente, l'incompetenza funzionale del Tribunale di ### in favore del Tribunale ordinario di Castrovillari e la prescrizione del credito e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda poiché infondata e carente dei presupposti di legge. 
Si è, altresì, costituito ### il quale ha ribadito l'eccezione di prescrizione del credito risarcitorio ed ha argomentato per l'infondatezza nel merito dell'avversa pretesa. 
In corso di causa, la ### ha chiesto ed ottenuto il sequestro conservativo su beni mobili, immobili e crediti di ### fino a concorrenza dell'importo di € 2.161.126,44 ( ordinanza del 16/6/2022), poi rideterminato in sede ###€ 1.651.133,32 (cfr. ordinanza assunta all'esito della camera di consiglio del 9/1/2023). 
Istruita documentalmente, la causa è stata rimessa al collegio per la decisione all'udienza del 4/7/2025 (sostituita dal deposito di note di trattazione scritta, ex art. 127-ter c.p.c.) e sono stati assegnati alle parti i termini ex art. 190 c.p.c. (60 giorni per il deposito delle comparse conclusionali e 20 giorni per il deposito delle memorie di replica).  2. La domanda proposta dalla ### è fondata, nei termini che di seguito si esporranno. 
Invero, non essendovi sopravvenienze fattuali e/o giuridiche tali da sovvertire le decisioni assunte in sede cautelare, possono essere richiamati i percorsi argomentativi delle ordinanze su richiamate, integralmente condivise dal Collegio.  2.1. Deve essere preliminarmente disattesa l'eccezione di incompetenza funzionale del Tribunale adito, sollevata dalla convenuta ###
Pag. 3 a 9 Al riguardo si rileva che la competenza del ### in materia di ### del Tribunale di ### sussiste ai sensi dell'art. 3, co. 3, del d.lgs. n. 168/2003. 
Su tale questione va richiamato l'insegnamento della Suprema Corte (Cass. civ. n. 20059/18) secondo cui “###. 3 del d.lgs. n. 168 del 2003, nell'attribuire alle sezioni specializzate la competenza per le cause relative a rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro i componenti degli organi amministrativi o di controllo (comma secondo, lett. a), estende peraltro la predetta competenza alle cause ed ai procedimenti che presentano «ragioni di connessione» con le stesse (comma terzo), in tal modo facendo trasparire l'intento del legislatore di ampliare l'ammissibilità del cumulo oggettivo anche ad ipotesi diverse da quelle riconducibili agli artt. 33 e ss. cod. proc. civ. In tal senso depone innanzitutto il tenore letterale dell'espressione usata, il cui riferimento a mere «ragioni» di connessione, anziché ad una «connessione» propriamente detta, sembra evocare la terminologia adottata dalla dottrina e dalla giurisprudenza in riferimento ad altri istituti, il cui ambito applicativo viene comunemente ritenuto più ampio di quello predicabile in base ad un'interpretazione rigorosa dei relativi presupposti (cfr. in tema di azione revocatoria, l'affermazione della sufficienza di mere «ragioni di credito» ai fini della legittimazione dell'attore). Un'interpretazione restrittiva della nozione di connessione cui fa riferimento la predetta disposizione risulterebbe d'altronde distonica rispetto all'ampiezza di quella emergente dal comma primo, lett. a), dello stesso art. 3, il quale attribuisce alle sezioni specializzate in materia d'impresa la competenza per le controversie di cui all'art. 134 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, ovverosia quelle in materia di proprietà industriale e di concorrenza sleale, espressamente estesa dalla lettera a) di tale disposizione alle materie che presentano «ragioni di connessione, anche impropria», con quelle spettanti alle sezioni specializzate”. Pertanto, nel caso in esame, la sussistenza di un rapporto di connessione tra le domande poste nel giudizio di merito nei confronti dell'ex amministratore ### e del terzo, odierna resistente, può ritenersi sufficiente a giustificarne la trattazione congiunta dinanzi alla sezione specializzata in materia d'impresa competente per territorio, “la cui vis attractiva, come concordemente ritenuto dalla dottrina, è destinata a cedere esclusivamente in presenza della competenza funzionale di un altro giudice, mentre prevale su tutti gli altri criteri di competenza, sia forti (materia, valore e territorio inderogabile), sia deboli (territorio semplice)” (Cass. civ. 20050/2018).  2.2. ### di prescrizione della pretesa creditoria, sollevata da entrambi i convenuti, è inammissibile, attesa la loro tardiva costituzione in giudizio, effettuata, per entrambi, in data
Pag. 4 a 9 7/1/2022, rispetto alla data del 25/1/2022, indicata come prima udienza di comparizione nell'atto di citazione.  2.3. Quanto al merito, è noto che l'art. 2043 c.c. fa sorgere, in capo a colui che abbia commesso un fatto illecito, doloso o colposo, l'obbligo del risarcimento del danno, mentre il successivo art.  2055 c.c. - che guarda alla posizione di colui che ha subito tale danno - introduce, per il caso di illeciti plurisoggettivi, tanto di natura contrattuale quanto aquiliana, la responsabilità solidale dei danneggianti al fine di agevolare e rafforzare la posizione del danneggiato, consentendogli di rivolgersi, per l'intero, ad uno qualsiasi dei soggetti che hanno concorso a cagionare il danno, senza sopportare il rischio dell'incapienza patrimoniale di uno o alcuni di essi (cfr. Cass. civ., II, 29/01/2015, n. 1674; Cass. civ., sez. III, 25/09/2014, n. 20192). 
Sul piano strutturale, l'art. 2043 c.c. è clausola generale, la quale prevede che il danno sia risarcibile in presenza di un evento ingiusto: trattandosi di ipotesi di responsabilità “atipiche”, non predeterminate dal legislatore, la giurisprudenza di legittimità è costante nell'affermare che la condotta illecita fa sorgere responsabilità risarcitoria soltanto qualora consista nella lesione di un interesse meritevole di tutela da parte dell'ordinamento (Cass. civ., sez. III, 20/04/2007, n. 9512; Cass. civ., sez. III, 17/05/2004, n. 9345). 
Tale responsabilità presuppone la concorrenza dei seguenti presupposti: a) fatto illecito; b) imputabilità del fatto al danneggiante; c) elemento soggettivo, dolo o colpa del danneggiante; d) nesso causale tra fatto ed evento dannoso (danno evento); e) danno conseguenza. 
Ai sensi dell'art. 2055, poi, “se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno”. La norma in commento è applicabile ogni qualvolta un evento dannoso, unico rispetto al danneggiato, è causalmente derivato dalle condotte, anche autonome e non identiche, di più persone, e cioè da fatti illeciti anche diversi e temporalmente distinti, purché concorrenti a determinarlo con efficacia di concausa (cfr. Cass. 9902/2000; Cass. 2814/1999; 1415/1999). Inoltre, la solidarietà sussiste anche se uno o taluni degli autori del danno debbano rispondere a titolo di responsabilità contrattuale e altri a titolo di responsabilità aquiliana (cfr.  9902/2000; Cass. 7231/1995; Cass. 2605/1993; Cass. 884/1987), e pur se l'illecito possa risalire alla responsabilità dei compartecipi in via soltanto indiretta (cfr. Cass. 2690/1970). 
Ciò posto, nella specie la responsabilità dei convenuti è astrattamente sussumibile nello schema di cui al combinato disposto dagli artt. 2043 e 2055 c.c. Infatti, posto che tra i creditori della società fallita e l'odierna resistente non è intercorso alcun rapporto di natura contrattuale, in assenza di disciplina speciale è applicabile lo schema generale di cui all'art. 2043
Pag. 5 a 9 Detta responsabilità viene addebitata alla ### ed al ### per avere, in concorso tra loro, deliberatamente e fraudolentemente sottratto al ### e, quindi, alla massa dei creditori, la quasi totalità dell'attivo patrimoniale, attraverso il prosciugamento delle risorse patrimoniali della I.CO.M.B.C. s.r.l. ed il loro trasferimento - senza versamento di alcun corrispettivo - in favore della ### s.r.l., costituita ad hoc per tale obiettivo 2.3.1. Fatta questa premessa, ritiene il Collegio che la prima condotta distrattiva addebitata dalla ### agli odierni convenuti sia, in realtà, insussistente. 
Parte attrice, sul punto, assume: che la I.CO.M.B.C. aveva realizzato, su un terreno identificato catastalmente al foglio 5, part. 541, un capannone industriale (con annessi uffici, tettoia e alloggio custode) sito in ### di ### del ### dove la società fallita aveva la sede ed aveva svolto la propria attività sino alla dichiarazione di fallimento. La costruzione era stata edificata in virtù di concessione edilizia n. 41 del 27/9/2002, rilasciata in favore di ### amministratore p.t. della I.CO.M.B.C., nonché comodatario del fondo su cui il fabbricato doveva sorgere; che il terreno in questione, veniva frazionato, in data ###, in due distinte particelle, la n. 359 e la n. 360; che, successivamente, la ### in data ### (epoca in cui ### era già divenuto amministratore), acquistava la sola particella 360, su cui insisteva soltanto la tettoia dell'intera struttura, mentre il capannone ricadeva nella diversa particella 359; che, in seguito al fallimento della ### segnatamente in data ###, la particella 359 è stata aggiornata catastalmente e censita come fabbricato industriale cat. D/7, con attribuzione di un nuovo numero di particella (649) ed intestazione della proprietà alla ### s.r.l.; che, in pratica, attraverso siffatto “escamotage” il bene immobile della società fallita era stato trasferito - senza pagamento di alcun corrispettivo - in favore della ### s.r.l., sottraendolo illecitamente alla massa dei creditori della ### La ricostruzione operata dalla ### poggia sul presupposto che la ### fosse la proprietaria del capannone in questione. Presupposto che, tuttavia, non emerge dagli atti di causa. 
Infatti, è vero che i convenuti non hanno contestato né che la costruzione del fabbricato conteso è avvenuta ad opera da parte della società I.CO.M.B.C. - elemento che risulta peraltro da copiosa documentazione, cfr., tra gli altri, la concessione edilizia rilasciata a ### ex amministratore della società - né le anomale modalità di intestazione del suddetto bene alla
Pag. 6 a 9 ### (che ha acquistato formalmente il solo terreno su cui insiste il fabbricato - cfr. doc.  22 del fascicolo di parte attrice - come se quest'ultimo non esistesse e, nel farne l'aggiornamento catastale, la ### ha indicato il capannone come “### costruzione” - doc. n. 18 del fascicolo di parte attrice - nel malcelato tentativo di attribuire alla ### la piena ed esclusiva “paternità” della costruzione). 
Ciò nondimeno, la società fallita ha costruito il fabbricato in oggetto sul terreno di proprietà dei signori ### e ### - tant'è che l'allora amministratore della ### ha ottenuto la concessione edilizia n. 41 del 27 settembre 2002 in qualità di comodatario del terreno (v. doc. 8 del fascicolo di parte attrice) - e non risulta che abbia mai regolarizzato l'acquisto del terreno medesimo ovvero che abbia ottenuto la titolarità del capannone in altro modo, anche a titolo di proprietà superficiaria; di contro risulta documentalmente che la ### ha regolarmente acquistato il terreno dagli originari proprietari (cfr. atto pubblico del 29/9/2011) e, con esso, il manufatto ivi costruito, infine accatastandolo con le modalità già esplicitate. 
In altri termini, il capannone, pur costruito dalla fallita, non è mai stato di proprietà di quest'ultima, di talché il fatto contestato ai convenuti dalla ### (la sottrazione al patrimonio della fallita di un bene di proprietà della medesima) non appare dimostrato, né, conseguentemente, si rivela fondato l'azionato diritto al risarcimento del danno.  2.3.2. Deve, invece, ritenersi dimostrata la seconda condotta distrattiva addebitata ai convenuti da parte attrice. 
Dagli atti di causa, invero, emerge che la ### s.r.l., amministrata ### è stata costituita con atto del 25/5/2011 nella medesima sede legale e luogo d'esercizio della I.CO.M.B.C. s.r.l. e che, circa un mese dopo, sono stati alienati dalla I.CO.M.B.C. s.r.l. alla ### s.r.l. i beni mobili e le attrezzature indicati nelle fatture nn. 138 dell'8/6/2011, 139 e 140 del 16/6/2011 (cfr. doc. n. 20 del fascicolo di parte attrice) e successivamente concessi in locazione dalla ### alla I.CO.M.B.C. con contratto del 30/6/2011 (cfr. fattura n. 125 del 29.6.12 - doc. 21 allegata al fascicolo di parte attrice). 
Tale circostanza, nella sua fattualità, non viene contestata dai convenuti, i quali si sono limitati a sostenere che l'operazione posta in essere tra le due società doveva essere inquadrata come un normale negozio di compravendita, al più non adempiuto dalla ### s.r.l. (da considerare, quindi, come l'unico soggetto nei cui confronti avrebbe dovuto rivolgersi l'azione risarcitoria proposta dalla ###.  ### non convince.
Pag. 7 a 9 Dall'attività di indagine espletata dalla ### di ### nell'ambito del procedimento penale n. 5559/15 RGNR della ### della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari, instaurato nei confronti dei coniugi ### e ### all'esito dell'attività di perquisizione effettuata presso la sede della ### e della redazione dell'inventario dei beni strumentali ivi giacenti, è emersa, a seguito di raffronto tra detti beni e quelli distratti dalla massa dell'attivo fallimentare della ### (desunti, a loro volta, dal raffronto tra i dati riportati nelle schede contabili degli anni 2011 e 2012 e le annotazioni eseguite nei registri dei beni ammortizzabili della fallita), la distrazione dei seguenti beni (risultati non iscritti nel registro dei cespiti ammortizzabili della ###: 1) cesoia mod. Squalo 850; 2) compattatrice stazionaria mod. 80/L co pressa mod. 
TSR 10/90; 3) motore usato; 4) idropulitrice 150 plus; 5) compressore lt 200 (cfr. annotazione di p.g. del 27/6/2017 - doc. n. 6 del fascicolo di parte attrice). 
Siffatta distrazione - compendiata, peraltro, nel dettagliato capo di imputazione formulato nel giudizio penale su richiamato, conclusosi con la sentenza di patteggiamento n. 139/2018 emessa dal GUP del Tribunale di Castrovillari (doc. n. 25 del fascicolo di parte attrice) - è, dunque, analiticamente riscontrabile nella documentazione versata in atti, che non risulta smentita da risultanze di segno contrario offerte dagli odierni convenuti. 
In particolare, la condotta distrattiva compiuta dall'ex amministratore della fallita con il concorso della coniuge, n.q. di legale rappresentante della ### si evidenzia solo che si consideri la mancata annotazione dei suddetti beni nel registro dei beni ammortizzabili della ### la mancanza dei documenti giustificativi dell'acquisto, la contemporanea cancellazione dei beni in questione dalla contabilità della I.CO.M.B.C., la successiva ### concessione in locazione alla fallita dei beni medesimi. 
Se a ciò si aggiungono i conclamati legami tra le due società coinvolte (di oggetto sociale identico e dotate della medesima sede legale, domicilio fiscale e sede d'esercizio) e tra i rispettivi amministratori legali (la ### e il ### che oltre a essere marito e moglie, erano dipendenti ciascuno della società dell'altro) nonché l'avvenuta costituzione della società ### appena un mese prima dall'effettuazione delle suddette operazioni, vi sono elementi sufficienti a ritenere che i convenuti abbiano concorso nel realizzare un'artificiosa sottrazione dal patrimonio della fallita delle attrezzature e degli impianti, meglio indicati nel capo di imputazione, con l'unico scopo di spogliarne il patrimonio. 
In ordine all'elemento soggettivo, dunque, entrambi i convenuti non potevano non conoscere il nocumento che l'intera operazione avrebbe arrecato al patrimonio della I.CO.M.B.C. S.r.l. e, nonostante ciò, si determinavano a porre in essere le condotte distrattive descritte.
Pag. 8 a 9 Si può, quindi, concludere per la configurazione della responsabilità solidale ex artt. 2043 e 2055 c.c. in capo agli odierni convenuti, per avere concorso tra loro intenzionalmente, ed in modo determinante, alla produzione del danno cagionato dall'azione di spoliazione del patrimonio della I.CO.M.B.C. s.r.l., pregiudizievole per il ceto creditorio.  2.4. Deve essere, ora, individuato il quantum debeatur. 
Quanto al criterio utilizzabile per la liquidazione del danno, deve osservarsi che, pacificamente, il ricorso al criterio equitativo della differenza dei netti patrimoniali non è necessario nella misura in cui l'addebito si fondi su fatti specifici che, ove provati, consentano l'esatta quantificazione del danno a essi legato da nesso di causalità (arg. da Cass. n. 13220 del 26 gennaio 2021). 
Tale evenienza è certamente possibile nel caso di specie, tenuto conto del valore dei beni societari dispersi, così come indicati nella contabilità della I.CO.M.B.C. e non specificamente contestati (euro 1.651.133,32), non essendo stati offerti elementi ulteriori di valutazione per stimare, allo stato, la misura dell'eventuale deprezzamento subito dagli stessi beni al tempo del fallimento.  2.5. In conclusione, la domanda della ### deve essere accolta nei termini appena indicati e, per l'effetto, ### e ### devono essere condannati, in solido tra loro, al pagamento, in favore della parte attrice ed a titolo di risarcimento del danno, della somma di € 1.651.133,32. 
Trattandosi di debito di valore, sulla somma così determinata devono applicarsi la rivalutazione monetaria e gli interessi sulla somma via via rivalutata secondo i criteri di cui alla Cass. SU 17.2.1995 n. 1712, con decorrenza dalla data del fallimento. Infine, dal passaggio in giudicato della sentenza, con la conversione dell'obbligazione di valore in debito di valuta, sono dovuti, ex art. 1282 c.c., sulla somma complessivamente liquidata, gli ulteriori interessi al saggio legale.  3. Le spese di lite seguono la soccombenza e, liquidate come segue, vengono attribuite in favore dell'### essendo presente in atti il decreto del G.D. del 21/5/2020, emesso nell'ambito della procedura fallimentare n. 11/2013 pendente dinanzi al Tribunale di Castrovillari, con cui, ex art.  144 DPR n. 115/2002, si attesta l'indisponibilità di denaro necessario per le spese del procedimento: - per la fase cautelare, € 6.589,00 per onorari, oltre accessori di legge, calcolati sulla base dei parametri medi di cui al DM n. 55/2014 e ss.mm.ii., della tipologia di controversia (procedimento cautelare), del suo valore (€ 1.651.133,32 in base all'art. 5 DM n. 55/2014 e, dunque, in applicazione del criterio del decisum, invece che di quello del disputatum, per l'individuazione del
Pag. 9 a 9 valore della lite), delle singole fasi del processo (studio, introduttiva e decisoria) e della riduzione ex art. 130 DPR n. 115/2002; - per il giudizio di merito, € 18.975,50 per onorari, oltre accessori di legge, calcolati sulla base dei parametri medi di cui al DM n. 55/2014 e ss.mm.ii., della tipologia di controversia (giudizio di cognizione dinanzi al tribunale), del suo valore (€ 1.651.133,32 in base all'art. 5 DM n. 55/2014 e, dunque, in applicazione del criterio del decisum, invece che di quello del disputatum, per l'individuazione del valore della lite), delle singole fasi del processo (studio, introduttiva, istruttoria/trattazione e decisoria) e della riduzione ex art. 130 DPR n. 115/2002.  P.Q.M Il Tribunale di ### - ### specializzata in materia di impresa, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando sulla domanda in epigrafe, ogni contraria istanza disattesa, così provvede: - accoglie, nei termini di cui in motivazione, la domanda proposta da parte attrice e, per l'effetto, condanna ### e ### in solido tra loro, al pagamento, nei confronti della ### del ### I.CO.M.B.C. s.r.l. in liquidazione, in persona del l.r.p.t., della somma di € 1.651.133,32, oltre interessi come indicato in parte motiva; - condanna i convenuti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite, liquidate, per la fase cautelare, in € 6.589,00 per onorari, oltre accessori di legge; per la fase di merito, in € 18.975,50 per onorari, oltre accessori di legge; con attribuzione in favore dell'### Così deciso in ### nella camera di consiglio del 29/10/2025.   Il giudice est.

causa n. 3370/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Stefano Costarella, Ferraro Adele

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Tribunale di Campobasso, Sentenza n. 916/2025 del 23-10-2025

... l'accertamento ### il: 03/11/2025 n.2818/2025 importo 497,00 di responsabilità in sede penale) del “più probabile che non” e della cd. “probabilità prevalente” (arg. ex Cass. civ. n. ###/2023); - dall'altro lato, che la condanna generica al risarcimento del danno, emessa (come nel caso di specie) dal giudice penale, già contiene, implicitamente, l'accertamento in ordine alla positiva sussistenza: o del fatto di reato nella sua materialità e nella sua soggettività e, quindi, l'accertamento in ordine ai primi due elementi costitutivi della responsabilità aquiliana, ossia la condotta e l'elemento psicologico del dolo o della colpa; o del danno ingiusto, inteso come “danno evento”; o del nesso di causalità materiale tra fatto illecito e danno ingiusto, inteso come “dannoevento”; o “ma non anche quello del danno conseguenza, per il quale si rende necessaria un'ulteriore indagine, in sede civile, sul nesso di causalità giuridica fra l'evento di danno e le sue conseguenze pregiudizievoli” (cfr., in tal senso: Cass. civ. 8477/2020). Rispetto a tale ultimo aspetto occorre, tuttavia, precisare che, quando la fattispecie delittuosa configura un'ipotesi di cd. reato di danno, il (leggi tutto)...

testo integrale

R.G. n. 1812/2023 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI CAMPOBASSO Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa ### ha pronunciato la seguente: ### nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1812 del ruolo generale degli affari civili contenziosi dell'anno 2023, promossa da: • ### (C.F.: ###), nata a ### il ### e ivi residente ###; • ### (C.F.: ###), nato a ### il ### e residente ###; entrambi elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### che li rappresenta e difende nel presente giudizio, congiuntamente e disgiuntamente all'avv.  ### (parte attrice) contro ### (C.F.: ###), nato a ### il ###, ivi residente ###, elettivamente domiciliat ### -70, presso lo studio dell'avv. ### che lo rappresenta e difende nel presente giudizio; (parte convenuta) Oggetto: responsabilità extracontrattuale; Conclusioni: come da verbale di udienza del 25 giugno 2025. 
Registrato il: 03/11/2025 n.2818/2025 importo 497,00
FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato, ### e #### hanno convenuto in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, ### chiedendone la condanna al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, dagli stessi subiti a causa dei reati di danneggiamento nonché di atti persecutori commessi dall'uomo in loro danno (fatti di reato accertati in sede ###efficacia di giudicato) e, nello specifico, a causa dei reiterati episodi di danneggiamento e di stalking dallo stesso posti in essere nei loro confronti. 
Gli attori, in particolare, hanno dedotto: - che, tra il 2016 e il 2018, ### padre di ### aveva assunto un comportamento persecutorio nei confronti dello stesso figlio e di sua moglie, ### i quali, oltre a subire danneggiamenti a beni di loro proprietà e aggressioni verbali accompagnate da minacce di morte, talvolta venivano pedinati e spiati nella propria quotidianità, finendo per stravolgere le proprie abitudini di vita nel tentativo di non incontrarlo; - che tali condotte, verificatesi prevalentemente nei pressi delle abitazioni delle parti, in un primo momento avevano portato la ### all'epoca in stato di gravidanza, a chiudersi in casa (con le finestre serrate e l'allarme inserito), costringendola, poi, a trasferirsi temporaneamente presso altro domicilio per scongiurare le improvvise intrusioni del suocero; - che, inoltre, a causa delle molestie subite, l'attrice, a cui era stata riscontrata “una sintomatologia ansiosa di tipo reattivo e conseguente fase depressiva”, aveva intrapreso un percorso psicologico con somministrazione di farmaci ansiolitici, facendosi accompagnare durante le sedute anche dalla figlia minore ### che, del pari, aveva iniziato a manifestare i primi segni di disagio a fronte delle violente condotte del convenuto; - che, per le stesse ragioni, all'interno del nucleo familiare degli odierni attori vi erano continue discussioni, oltre a un costante senso di timore per la propria incolumità, motivo per cui, pur essendosi temporaneamente trasferita presso altro domicilio, l'attrice aveva manifestato più volte la volontà di separarsi dal marito, pur di porre fine ai comportamenti persecutori posti in essere dal di lui padre; - che dai dissidi familiari sono derivati, altresì, danni di natura patrimoniale in quanto, oltre alle spese connesse alla terapia di sostegno psicologico, gli odierni attori avevano dovuto provvedere alla riparazione dei danni cagionati ai beni di loro proprietà, quali il ### il: 03/11/2025 n.2818/2025 importo 497,00 lampeggiante del cancello dell'abitazione, il videocitofono, parte della recinzione e, da ultimo, le tabelle di segnalazione della videosorveglianza; - che la condotta del convenuto era stata oggetto di accertamento nell'ambito del procedimento penale iscritto al n. 316/2017 R.G. P.M. e definitosi, in primo grado, con la sentenza di condanna del 09/01/2020, confermata integralmente dalla Corte d'Appello di ### con sentenza del 12/11/2020 divenuta irrevocabile dal 29/12/2020, con le quali, veniva riconosciuto, in favore degli odierni attori (vittime dei comportamenti oggetto di accertamento in sede penale e ivi costituitisi parti civili), il diritto al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede civile. 
Gli odierni attori hanno, quindi, concluso, chiedendo la condanna del convenuto al pagamento, in favore di ciascuno, della somma pari ad € 30.000,00 (oltre interessi e rivalutazione), a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale cd. da reato, nonché della somma complessivamente pari € 2.677,94, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale. 
Si è costituito, nel presente giudizio, ### contestando le avverse deduzioni, in quanto infondate. 
Il convenuto, in particolare, ha eccepito, preliminarmente, l'irregolarità della fissazione, avvenuta ai sensi dell'art. 168-bis, co. 4, c.p.c., della prima udienza, in data antecedente (di un giorno) a quella indicata dall'attore nell'atto di citazione nonché l'improcedibilità della domanda, stante la mancata proposizione del tentativo di negoziazione assistita, obbligatorio per le domande risarcitorie fino ad € 50.000,00; quanto al merito della stessa, il convenuto ha eccepito la mancata prova circa l'effettiva sussistenza delle lesioni patite e del nesso causale tra le medesime e il comportamento ascritto al convenuto, ritenendo, in ogni caso, non compiutamente dimostrata, oltre che sproporzionata, l'entità dei danni morali lamentati in correlazione alle somme richieste a titolo risarcitorio. 
Inoltre, nel contestare la ricostruzione dei fatti operata dagli attori, e precisando di aver già corrisposto, ad ognuno, € 1.500,00 a titolo di provvisionale, il convenuto ha, altresì, eccepito l'infondatezza della domanda, sulla scorta di quanto accertato dal Tribunale di ### nel diverso procedimento penale n. 2867/2019 R.G. P.M., nel corso del quale, con sentenza del 23/11/2021, divenuta irrevocabile il ###, il G.U.P ha disposto l'assoluzione piena dello stesso ### dalle ulteriori accuse di atti persecutori e lesioni sempre in danno degli odierni attori. 
Il convenuto ha, quindi, concluso, chiedendo, in via preliminare, la declaratoria di inammissibilità e/o di improponibilità della domanda e, in via principale, l'integrale rigetto della stessa nel merito; solo in via subordinata, il convenuto ha, altresì, richiesto di determinarsi il quantum dovuto a titolo risarcitorio tenendo conto della provvisionale già corrisposta all'esito del giudizio penale.  ### il: 03/11/2025 n.2818/2025 importo 497,00
Effettuate le verifiche preliminari ex art. 171-bis c.p.c. e disposto, in quella sede, il differimento della prima udienza alla prima udienza utile successiva a quella indicata nell'atto di citazione, esperita la procedura di negoziazione assistita in corso di causa, la stessa è stata istruita mediante escussione di tre testi di parte attrice e quattro testi di parte convenuta e, fatte precisare le conclusioni all'udienza del 25 giugno 2025, la stessa è stata trattenuta in decisione all'esito di discussione orale, ai sensi dell'art. 281-sexies, co. 3, c.p.c.  *** 
La domanda è fondata nell'an e, pertanto, la stessa deve essere accolta, nei limiti di seguito precisati in ordine al quantum. 
Gli odierni attori hanno agito per chiedere la condanna dell'odierno convenuto al risarcimento di tutti i danni dagli stessi subiti a causa delle condotte persecutorie poste in essere, nei loro confronti, dall'uomo tra gli anni 2016 e 2018, condotte già giudicate, in sede ###sentenza irrevocabile di condanna, in quanto configuranti i reati di cui agli artt. 81-635 c.p. e 612-bis c.p. 
È opportuno premettere - in via generale - che, ai sensi dell'art. 185 c.p., il risarcimento del danno da reato presuppone l'accertamento di responsabilità dell'imputato, concetto, di per sé, non sovrapponibile a quello di condanna, essendo ben possibile che, in sede penale, sia accertata la commissione di un fatto astrattamente costituente reato senza, tuttavia, darsi luogo, in concreto, ad una pronuncia di condanna. 
È, del pari, opportuno premettere - sempre in via generale - che oggetto di accertamento in questa sede non è certo la commissione, da parte dell'odierno convenuto, del reato di cui all'art. 612-bis c.p.  nei confronti degli odierni attori (commissione da ritenersi, peraltro, pacifica, in quanto già oggetto di accertamento, in sede ###giudicato), bensì il diverso profilo attinente alla sussistenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito civile che, come noto, sono: la condotta; l'elemento psicologico; il danno ingiusto (inteso sia come “danno-evento”, sia come “danno-conseguenza”); il nesso causale. 
Ebbene, circa i rapporti tra accertamento del giudice penale ai fini dell'affermazione di responsabilità dell'imputato e accertamento del giudice civile ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento del danno in favore della persona danneggiata da un reato, si osserva: - da un lato, che il giudice civile, investito dalla domanda di risarcimento del danno da reato, ben può utilizzare, come fonte del proprio convincimento, le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in giudicato, senza dover procedere alla cd. rinnovazione della fase istruttoria, onere non imposto nemmeno in virtù di obblighi di fonte sovranazionale, essendo il giudizio risarcitorio civile governato, in tema di accertamento del nesso causale, com'è noto, dalla regola probatoria (più attenuata rispetto a quella che presiede l'accertamento ### il: 03/11/2025 n.2818/2025 importo 497,00 di responsabilità in sede penale) del “più probabile che non” e della cd. “probabilità prevalente” (arg. ex Cass. civ. n. ###/2023); - dall'altro lato, che la condanna generica al risarcimento del danno, emessa (come nel caso di specie) dal giudice penale, già contiene, implicitamente, l'accertamento in ordine alla positiva sussistenza: o del fatto di reato nella sua materialità e nella sua soggettività e, quindi, l'accertamento in ordine ai primi due elementi costitutivi della responsabilità aquiliana, ossia la condotta e l'elemento psicologico del dolo o della colpa; o del danno ingiusto, inteso come “danno evento”; o del nesso di causalità materiale tra fatto illecito e danno ingiusto, inteso come “dannoevento”; o “ma non anche quello del danno conseguenza, per il quale si rende necessaria un'ulteriore indagine, in sede civile, sul nesso di causalità giuridica fra l'evento di danno e le sue conseguenze pregiudizievoli” (cfr., in tal senso: Cass. civ.  8477/2020). 
Rispetto a tale ultimo aspetto occorre, tuttavia, precisare che, quando la fattispecie delittuosa configura un'ipotesi di cd. reato di danno, il danno-conseguenza - inteso come conseguenze pregiudizievoli (patrimoniali o non patrimoniali) che si ripercuotono sulla vittima e sul suo patrimonio, derivanti dalla lesione del bene giuridico causata dalla condotta del reo - può andare esente da accertamento ad hoc da parte del giudice civile chiamato a pronunciarsi su una richiesta risarcitoria. 
Al riguardo, infatti, si osserva che, come sostenuto in via generale, e recentemente ribadito dai giudici di legittimità, “il giudicato penale di condanna, formatosi su una fattispecie di «reato di danno», in cui il danno-evento coincide con il danno-conseguenza, si estende anche all'accertamento dell'esistenza del danno che, pertanto, non può formare oggetto di ulteriore accertamento in sede civile” (cfr., sul punto: Cass. civ. n. 9082/2025, che richiama il principio già sancito dalle ### con sentenza n. 4549/2010 secondo cui “nel caso in cui il giudicato penale di condanna riguardi un reato appartenente a tale categoria, l'esistenza del danno è implicita e, conseguentemente, non può formare oggetto di ulteriore accertamento, negativo o positivo, in sede ###con riferimento al soggetto od ai soggetti che lo abbiano subito o alla misura di esso”). 
Ebbene, tutto ciò premesso in via generale, si osserva che, nel caso di specie, deve ritenersi incontestato - alla luce della documentazione versata in atti e dell'accertamento cui si è pervenuti in sede penale - che l'odierno convenuto, durante il periodo che va dal 2016 al 2018, abbia posto in essere reiterate condotte di danneggiamento nonché persecutorie e violente in danno degli odierni ### il: 03/11/2025 n.2818/2025 importo 497,00 attori, i quali, in conseguenza di ciò, hanno dovuto, temporaneamente, trasferire il proprio domicilio presso altra abitazione, lontana da quella dell'uomo. 
In sede penale, infatti, si è pervenuti all'accertamento - con forza di giudicato - di una sistematica attività persecutoria posta in essere da parte dell'uomo e a danno degli odierni attori, caratterizzata da insulti, minacce e pedinamenti, apparentemente senza specifici motivi, e connotata dalla particolare aggressività del convenuto e dal compimento di atti di danneggiamento dei beni di loro proprietà, il tutto spesso alla presenza della figlia degli attori (all'epoca) minore di età. 
Devono, quindi, ritenersi provati - in applicazione dei principi giurisprudenziali sopra richiamati - gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana consistenti nella condotta, nell'elemento psicologico, nel “danno-evento” e nel nesso di causalità tra condotta e “danno-evento”. 
Circa, poi, il “danno-conseguenza” dagli stessi subito, si osserva quanto segue. 
Deve, in primo luogo, ritenersi sussistente, nell'an, nei confronti di entrambi gli odierni attori, per il reato di cui all'art. 612-bis c.p., un pregiudizio non patrimoniale risarcibile in termini di danno morale, la cui esistenza, del resto, risulta già accertata in sede ###termini di coincidenza con il “danno-evento”, essendo quest'ultimo consistito - come si legge nel capo di imputazione - nel “perdurante stato di ansia e di paura” e nel “fondato timore per la propria incolumità” ingenerato nelle vittime dal comportamento dell'imputato, ossia, in definitiva, nel tipico patema d'animo in cui si traduce il danno cd. morale. 
In via generale si osserva, infatti, che, come chiarito dalla giurisprudenza, il reato di atti persecutori, previsto e punito dall'art. 612-bis c.p., è suscettibile di cagionare un turbamento psichico transitorio e soggettivo, da provarsi, anche presuntivamente, tenuto conto della violenza psichica subita dalla persona offesa, in quanto tale risarcibile quale danno non patrimoniale da sofferenza morale (così, nella giurisprudenza di merito v., ex multis: ### Roma del 21/11/2013). 
Per quanto riguarda, invece, la misura del danno conseguenza, sub specie di danno morale, subito da ciascun attore, si osserva quanto segue.  ### espletata in corso di causa ha consentito di accertare come il comportamento persecutorio posto in essere dal convenuto abbia avuto gravi ripercussioni, soprattutto, sulla persona dell'odierna attrice, ### la quale - all'epoca dei fatti in stato di gravidanza - ha vissuto in un perdurante stato di ansia e agitazione, con il costante timore di trovarsi sola in casa e di non potersi difendere da eventuali intrusioni aggressive del suocero. 
Dalle dichiarazioni dei testi escussi in corso di causa, infatti, è emerso che la ### in quel periodo, era spesso in stato di evidente agitazione a causa dei continui pedinamenti del convenuto in suo danno, tanto che la donna aveva paura a restare da sola, usciva sempre accompagnata, era solita chiamare telefonicamente i propri familiari in cerca di compagnia (cfr., in particolare, le dichiarazioni ### il: 03/11/2025 n.2818/2025 importo 497,00 rese dal teste ### escussa all'udienza del 06/11/2024, la quale ha dichiarato, al riguardo: “in alcune circostanze ero a telefono con mia sorella che mi riferiva di avere paura per essere inseguita dal suocero. Me lo raccontava durante le telefonate. In un'occasione ### è venuta a casa mia insieme a ### Erano entrambe in forte agitazione e riferirono che il suocero le stava inseguendo con la macchina. […] tuttora da sola ha paura ad uscire in giardino”) e aveva, altresì, cambiato abitazione per evitare di incontrare il suocero (cfr., in particolare, le dichiarazioni del teste, ### la quale ha dichiarato che l'attrice “si è trasferita a ### con i figli dove risiede in via ### ed ha aperto una B&B per avere compagnia”). 
Tali dichiarazioni trovano conforto in quanto dichiarato dal teste ### la quale, escussa alla stessa udienza del 06/11/2024, ha riferito che la donna era “terrorizzata” dal suocero. 
Ma è, soprattutto, alla luce della relazione psicologica sulla persona dell'attrice redatta dalla dott.ssa ### - sulla cui attendibilità non vi è ragione di dubitare - che si comprende a pieno il turbamento emotivo al quale è stata sottoposta la stessa, in un periodo, peraltro, particolarmente delicato nella vita di una donna e, di per sé, foriero di ansie e preoccupazioni, quale quello della gestazione. 
Nella relazione si legge infatti: - che la donna “si era rivolta ad una specialista per un aiuto ed un supporto psicologico, presentando la stessa una sintomatologia ansiosa di tipo reattivo e conseguente fase depressiva, inerente alle gravi vicende familiari, in particolare riguardanti condotte intimidatorie e stalkerizzanti del suocero, come è emerso dai numerosi racconti, dalle narrative durante le sedute, dalle denunce ed esposti presentati presso le autorità competenti”; - che “il lavoro effettuato e l'acquisizione di strategie di fronteggiamento dello stress, cagionato dai numerosi episodi accaduti e dalla paura o meglio dal terrore che questi le hanno procurato, sono serviti ad attenuare le conseguenze a livello psicofisico che un tale distress produce nel tempo”, - che, “in particolare durante la gravidanza, nonostante le condotte di cui sopra siano continuate, seppure in forma diversa o meno violenta, il lavoro di supporto psicologico è servito a mettere in atto skills di sopravvivenza in relazione non solo alla messa in atto di comportamenti tutelanti ma, soprattutto, ai meccanismi mentali di rimuginamento, pensieri fobici ed ossessivi e paure dettati dall'incontrollabilità delle condotte del suocero e dalla loro imprevedibilità, che facevano sentire la donna vulnerabile ed esposta continuamente ad un ### il: 03/11/2025 n.2818/2025 importo 497,00 pericolo di cui non conosceva né i tempi né la direzione” (cfr. il doc. n. 3 allegato all'atto di citazione). 
Ebbene, quanto emerso con riguardo alla condizione emotiva particolarmente compromessa della DE ### non può ritenersi smentito dalle dichiarazioni rese dai testi di parte convenuta, i quali si sono limitati a riferire, da un lato, di non aver mai assistito ad episodi violenti o minacciosi posti in essere dal convenuto nei confronti degli odierni attori e, dall'altro lato, che, per quanto a loro conoscenza, vi fossero buoni rapporti familiari, il che, tuttavia, non vale ad escludere né, ovviamente, la sussistenza dei reati accertati in sede ###sentenza passata in giudicato, né la circostanza per cui, a causa di tali fatti di reati, gli odierni attori e, in particolare, l'odierna attrice, abbiano patito una sofferenza soggettiva risarcibile quale danno morale, a prescindere dal fatto che tale sofferenza si sia estrinsecata all'esterno, rimanendo, quindi, del tutto neutre dichiarazioni quali quella del teste ### anch'ella figlia del convenuto, escussa all'udienza del 06/11/2024, la quale ha dichiarato che, nel periodo oggetto di causa, “la signora ### faceva una vita normale, d'estate veniva da me a ### conduceva una vita normale ed usciva liberamente da casa e nel giardino […] con me non ha mai avuto crisi di pianto”. 
La particolare pregnanza della sofferenza soggettiva subita dall'attrice (in un momento, peraltro, della propria vita di particolare vulnerabilità), laddove invece alcuna particolare indicazione utile ai fini dell'individualizzazione del danno emerge con riferimento al danno subito da #### giustifica, in sede di liquidazione del pregiudizio non patrimoniale occorso agli odierni attori, una diversa liquidazione, che - in assenza di indici normativi o tabellari specifici - appare congruo quantificare in complessivi: - € 10.000,00 in favore di ### - € 5.000,00 in favore di ### assumendo come parametro ritenuto equo nel caso di specie (tenuto conto del fatto che il bene giuridico tutelato del reato di cui all'art. 612-bis c.p. è il diritto all'autodeterminazione della persona offesa) la voce di danno all'autodeterminazione di media entità prevista dalle tabelle di ### del 2021, assumendo valori prossimi ai valori minimi ivi previsti, con riferimento a #### e valori di poco superiori ai valori massimi ivi previsti, con riferimento a #### con rivalutazione di tali somme all'attualità. 
Devono poi essere liquidati, in favore degli odierni attori, i danni patrimoniali dagli stessi subiti per il reato di cui agli artt. 81-635 c.p. oltre che per il reato di cui all'art. 612-bis c.p., quantificati nell'importo risultante dalla documentazione in atti e pari: - ad € 726,00, quanto alle spese mediche sostenute dagli attori per la psicoterapia di DE #### il: 03/11/2025 n.2818/2025 importo 497,00 - ad € 1.897,94, quanto alle spese tecniche e di assistenza sostenute dagli attori per la riparazione dei danni materiali causati dal convenuto. 
Ne deriva, dunque, alla luce di tutto quanto sin qui osservato, la condanna di #### al pagamento, in favore di ### e di #### a titolo di risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, derivante da reato, dagli stessi subito, delle seguenti somme, da rivalutarsi all'attualità: - € 10.000,00, in favore di ### a titolo di danno non patrimoniale dalla stessa subito in conseguenza del reato di cui all'art. 612-bis c.p.; - € 5.000,00, in favore di ### a titolo di danno non patrimoniale dallo stesso subito in conseguenza del reato di cui all'art. 612-bis c.p.; - € 2.623,94, in favore di ### e di ### in solido tra loro, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale dagli stessi subito in conseguenza dei reati di cui agli artt. 81-635 c.p. e 612-bis c.p. 
Alle somme così liquidate deve, poi, essere detratto quanto già corrisposto dall'odierno convenuto in favore degli attori in termini di provvisionale. 
Deve, invece, essere riconosciuto, sulle somme così liquidate e rivalutate all'attualità, il danno da ritardato pagamento, ossia il danno derivante dall'impossibilità di disporre tempestivamente della somma dovuta e di impiegarla in maniera remunerativa, da liquidarsi, in conformità al consolidato orientamento della Corte di cassazione (v. Cass., Sez. unite, n. 1712/1995), in via equitativa e presuntiva, mediante ricorso al metodo degli interessi compensativi. 
Si richiama, al riguardo, l'orientamento della Corte di cassazione secondo cui “nella domanda di risarcimento del danno, quale debito di valore, è implicitamente inclusa la richiesta di riconoscimento sia degli interessi compensativi, sia del danno da svalutazione monetaria quali componenti indispensabili del risarcimento, tra loro concorrenti attesa la diversità delle rispettive funzioni” (così: Cass. civ. n. 5317/2022). 
Circa il quantum, appare congruo liquidare gli interessi compensativi al saggio, equitativamente individuato, coincidente con quello legale, da calcolarsi anno per anno, dalla data del fatto (11/05/2018), sulla somma via via rivalutata, previa devalutazione della somma al momento dell'evento secondo il meccanismo indicato dalla giurisprudenza di legittimità (così: Cass. civ., unite, n. 1712/1995 e Cass. civ. n. 4658/2024). 
Sulle somme liquidate decorrono, infine, dal giorno della liquidazione (ossia dalla data odierna) gli interessi legali. 
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, secondo i parametri di cui al D.M. n. 55/2014 e successive modificazioni, avuto riguardo ai valori minimi (non venendo, ### il: 03/11/2025 n.2818/2025 importo 497,00 qui, in considerazione complesse questioni di fatto o di diritto) previsti per lo scaglione valoriale di riferimento (da € 5.201,00 a € 26.000,00, individuato avuto riguardo al decisum), con riconoscimento di tutte le fasi.  P.Q.M.  ### nella composizione monocratica indicata in epigrafe, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 1812 del ruolo generale degli affari civili contenziosi dell'anno 2023, ogni contraria istanza o eccezione disattesa, così provvede: • Accerta la responsabilità di ### nella causazione dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti da ### e ### in conseguenza dei reati di cui agli artt. 81-635 c.p. e 612-bis c.p.  da lui commessi nei loro confronti e, per l'effetto, condanna ### al pagamento delle seguenti somme: o € 10.000,00, in favore di ### a titolo di danno non patrimoniale dalla stessa subito in conseguenza dei reati; o € 5.000,00, in favore di ### a titolo di danno non patrimoniale dallo stesso subito in conseguenza dei reati; o € 2.623,94, in favore di ### e di ### in solido tra loro, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale dagli stessi subito in conseguenza dei reati; oltre rivalutazione di tali somme dal momento del fatto all'attualità e interessi compensativi, da calcolarsi secondo quanto esplicitato in parte motiva e oltre, altresì, agli interessi legali, detratto quando già da percepito dagli odierni attori a titolo di provvisionale; • ### a rifondere, in favore di #### e ### in solido tra loro, le spese di lite dagli stessi sostenute per il presente giudizio, che si liquidano in complessivi € 2.540,00, oltre al rimborso forfettario del 15%, C.P.A. e I.V.A. (ove dovuta) come per legge; • Rigetta ogni altra domanda. 
Così deciso in ### 23 ottobre 2025. 
Il giudice dott.ssa ### il: 03/11/2025 n.2818/2025 importo 497,00

causa n. 1812/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Rossella Casillo

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