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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 31770/2025 del 04-12-2025

... saldo creditore del conto 12448 di cui è causa; 2) revoca la condanna pronunciata ex art. 614-bis c.p.c.; 3) dichiara compensate per 1/3 3 le spese di entrambi i gradi e condanna l'appellante ### dei ### di ### s.p.a. alla rifusione in favore dell'appellata ### s.r.l. della restante parte, spese che liquida per l'intero, quanto al primo, nella stessa m isura liquidata dal ### le, ivi compresa la fase cautelar e, e, quanto al secondo, in complessiv i € 9.515,00, oltr e accessori di legge e rimborso forfettario d el 15%; 4) pone a carico definiti vo della Ba nca appellante le spese di consulenza tecnica d'ufficio». Per quant o qui di residuo interesse , quella cort e, riportate le argomentazioni poste a fondamento della decisione di primo grado, accolse il secondo motivo dell'appello principale con cui la banca aveva lamentato il rigetto dell'eccezione di prescrizione come dalla stessa formulata in primo grado malgrado la sua incidenza sulla ricostruzione del saldo. Ritenne, in proposito, che, «### […] l'ammissibilità della domanda di accertamento del saldo (come sopr a meglio argomentato), non può che aff ermarsi l'ammissibilità dell'eccezione di prescrizione che in detta (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso n. 20323/2021 r.g. proposto da: ### S.R.L. (quale incorporante per fusione la società costruzioni edili B.D.O. s.n.c.), con sede in ####, alla via ### 31/A, in persona del legale rap presentan te pro tempore ### rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall'### press o il cui studio elettivamente domicilia in ### in ### G. Berchet n. 3.  - ricorrente - contro ### S.P.A., con sede ###, in persona della procuratrice specia le Dott.ssa ### rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall'### press o il cui studio elettivamente domicilia in ### al ### n. 18 (a sua volta, l'### elegge domicilio in ### alla via della ### n. 32, presso lo studio dell'###.  - controricorrente - avverso la sentenza , n. cron. 1384/2021, della CORTE DI APPELLO DI VENEZIA depositata in data ###; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 28/11/2025 dal ### dott. #### 1. Con atto ritualmente notificato il 20 dicembre 2016, ### s.r.l. citò ### dei ### di ### s.p.a. innanzi al Tribunale di ### domandando la rideterminazione del saldo del conto corrente n. 12448, dalla prima intrattenuto presso la seconda, e denunciando plurime illegittimità: interessi usurari, interessi anatocistici non dovuti, nullità delle commissioni di massimo scoperto perché indeterm inate e prive d i causa e, ancora, applicazione di valute artificiose e fittizie. 
Instauratosi il contraddittorio, si cos tituì la convenuta eccependo, preliminarmente, l'inammissibilità della domanda di accertamento del saldo, essendo il conto ancora aperto, e comunque la prescrizione - con riferimento al decennio anteriore al 18 luglio 2006 (considerata la diffida stragiudiziale inviata dal legale dell'attrice in tale data) - di ogni rimessa avente natura solutoria. Contestò, inoltre, nel merito tutte le doglianze della correntista. 
Ammessa ed espletata una consulenza tecnica d'ufficio, l'adito tribunale, con sentenza del 14 gennaio 2019, n. 65, rideterminò il saldo del conto - alla data del 31 dicembre 2016 - in € 197.410,72 a credito della ### s.r.l.  2. Pronunciando sui gravami, principale ed incidentale, promossi contro questa decisione, rispettivamente, da ### dei ### di ### s.p.a.  e da ### s.r.l., l'adita Corte di appello di Venezia, con sentenza del 7 m aggio 20 21, n. 1384, così dispose: «1) in p arziale r iforma dell'impugnata sentenza n. 65/19 del Tribunale di ### pubblicat a il ###, che nel resto conferma, accerta in euro 2.771,15, alla data del 31/12/2016, il saldo creditore del conto 12448 di cui è causa; 2) revoca la condanna pronunciata ex art. 614-bis c.p.c.; 3) dichiara compensate per 1/3 3 le spese di entrambi i gradi e condanna l'appellante ### dei ### di ### s.p.a. alla rifusione in favore dell'appellata ### s.r.l.  della restante parte, spese che liquida per l'intero, quanto al primo, nella stessa m isura liquidata dal ### le, ivi compresa la fase cautelar e, e, quanto al secondo, in complessiv i € 9.515,00, oltr e accessori di legge e rimborso forfettario d el 15%; 4) pone a carico definiti vo della Ba nca appellante le spese di consulenza tecnica d'ufficio». 
Per quant o qui di residuo interesse , quella cort e, riportate le argomentazioni poste a fondamento della decisione di primo grado, accolse il secondo motivo dell'appello principale con cui la banca aveva lamentato il rigetto dell'eccezione di prescrizione come dalla stessa formulata in primo grado malgrado la sua incidenza sulla ricostruzione del saldo. Ritenne, in proposito, che, «### […] l'ammissibilità della domanda di accertamento del saldo (come sopr a meglio argomentato), non può che aff ermarsi l'ammissibilità dell'eccezione di prescrizione che in detta ricostruzione incide. 
È evidente, difatti, il pregiudizio che la banca subirebbe laddove l'esame della prescrizione fosse differito alla chiusura del conto e posto solo in relazione alla domanda di ripetizione atteso che, a prescindere dal rischio di decisione contraddittorie, con l'accertamento di un saldo a credito (e corrispondente ordine di rettif ica) il corrent ista sarebbe legittimato immedi atamente a disporne. Ne consegue che il G iudice avr ebbe dovuto pronuncia rsi sulla domanda di accertamento dell'esatto saldo, depurato da poste indebite ma valutando l'incidenza della presc rizione. Ora, tenuto conto d elle ipotesi formulate dal consulente con l'elaborato integ rativo, può pervenirsi all'accertamento del saldo del conto n. 12448 in esame , alla data del 31/12/2016, secondo l'ipotesi di cui al punto 4) e cioè in euro 2.771,15; in detta ricostruzione, d ifatti, che tiene conto dell'eccezione di pr escrizione, l'ausiliare ha considerato la pr esenza di rimesse solutorie nel periodo anteriore al 17.07.2006 (ovvero nel decennio anteriore alla data della diffida extragiudiziale inviata alla ### il ###), riscontrando che “tutti gli indebiti anteriori al 2 8.02.2001 sono da consid erarsi non ripetib ili… e ha quindi proceduto a riliquidare il rapporto di conto corrente dal 01.03.2001, 4 partendo dal saldo banca originario alla medesima data, ed esc ludendo dall'analisi il periodo 1990-2000. Per il periodo successivo, secondo le indicazioni del quesito, ha considerato la capitali zzazione semplice, ha eliminato le c.m.s., tutte le spese fino al IV trimestre 2006 e ogni altra spesa non concordata; ha applicato il tasso dei BOT per la quantificazione degli interessi passivi sino al 27/12/2006 e successivamente quelli convenzionali. 
Tale ricostruzione (che l'appellante, in ordine all 'espunzione di poste illegittime, non contesta) è coerente con i principi in materia ed in particolare con l'onere della ### di allegare l'inerzia e il tempo trascorso e dell'onere del correntista di documentare l'esistenza di fidi (Cass. n. 207704/18)».  3. Per la cassa zione di questa sentenza ha promosso ricorso ### s.r.l., affidandosi a tre motivi, illustrati anche da memoria ex art.  380-bis.1 cod. proc. civ. Ha resistito, con controricorso, ### dei ### di ### s.p.a.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il primo motivo di ricorso è rubricato «Ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 1422, 1423 e 2934 c.c.». Si ascrive alla corte distrettuale: i) di avere limitato solo al periodo considerato non pre scritto l'accertament o della nullità delle condizioni economiche del conto e la rettifica degli effetti indebiti prodotti nel corso del rapporto, nonostante l'imprescrittibilità dell'azione di nullità ex art. 1422 cod.  civ.; ii) d i avere convalida to gli addebiti illegit timi operati dalla banca, nonostante l'ac certata nullità delle condizioni eco nomiche praticate sin dall'origine (1988), utilizzando i saldi banca invece dei saldi rettificati per individuare le rimesse solutorie, nonostante l'inammissibilità della convalida ex art. 1423 cod. civ.; iii) ha ritenuto irrilevante e, di fatto, cancellato un intero periodo del rapporto di conto corrente di tredici anni (dal 1988 al 2001) anziché ritenere solo estinto il diritto di ripetere eventuali pagamenti all'esito della rettifica del conto.  1.1. Questa doglianza si rivela complessivamente inammissibile, ex art.  360-bis, n. 1, cod. proc. civ., rivelandosi la corrispondente decisione della corte lagunare sul punto pienamente coerente con l'insegnamento di questa 5 Corte secondo cui, «### che la prescrizione ha ad oggetto il diritto di ripetizione in quanto tale (non la correlativa azione), l'interesse a invocare la medesima prima che il correntista agisca per la condanna al pagamento di quanto a lui spettante è speculare a quello che giustifica, per il correntista stesso, la propo sizione della domanda di ricalcolo del saldo: com e tale soggetto ha un interesse giuridicamente apprezzabile a vedere rideterminato l'ammontare del proprio credito, o del proprio debito, per effetto dell'elisione di preliev i illegittimi, così la b anca ha un interesse meritevole d i considerazione, sul piano del diritto, a che il conteggio da effettuarsi tenga conto della non ripetibilità di quei prelievi per i quali è maturata la prescrizione e che, per tale ragione, sono tuttora idonei a incidere sulla quantificazione del saldo in contestazione» (cfr. Cass. n. 9756 del 2024; Cass. n. 16113 del 2024). 
Non interessa che la controversia non abbia visto la proposizione, da parte di ### s. r.l., a nche d i una domanda di ripetizione di indebito conseguente alla declaratoria di nullità delle clausole contrattuali e delle prassi bancarie contrarie a norme imperative e inderogabili. 
Il punto fondamentale è, invece, che, a fronte di oneri del genere di quelli impugnati dalla correntista, è co munque essenziale stabilire se esistano prelievi irripetibili per effetto della maturata prescrizione. E ciò ### ai fini della corretta ricostruzione del saldo.  ### in iure per la corretta decisione del caso concreto, era (ed è), dunque, così caratterizzata: a) la prescrizione ha ad oggetto il diritto di ripetizione in quanto tale, non l'azione concretamente instaurata o coltivata in secondo grado; b) l'interesse a invocare la prescrizione rileva anche prima che il correntista agisca per la condanna al pagament o di quant o a lui spettante; c) nella correlazione con la domanda di ricalcolo del saldo la banca ha sempre interesse a vedere rideterminato l'ammontare ancorché dinanzi a dimostrate prassi illegittime, affinché il conteggio finale da effettuarsi tenga conto d ella non ripetib ilità di q uei prelievi per i quali è ma turata la prescrizione; i quali dunque, per tale rag ione, sono essi stessi id onei a incidere sulla quantificazione del saldo. 6 ### decisione della corte distrettuale, dunque, si rivela, in parte qua, assolutamente coerente con tali principi, che il Collegio condivide ed intende ribadir e, né le odierne argomentazioni della ricorr ente offrono significativi spunti di riflessioni per rimeditarli. 
Una tale conclusione nemmeno contrasta con la ormai con solida tasi giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, nelle controversie aventi ad oggetto la domanda di ripetizione di indebito conseguente alla declaratoria di nullità delle clausole contrattuali e delle prassi bancarie contrarie a norme imperative ed inderogabili, la ricerca dei versamenti di natura solutoria deve essere preceduta dall'individuazione e dalla successiva cancellazione dal saldo di tutte le competenze illegittime applicate dalla banca e dichiarate nulle dal giudice di merito (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 9141 del 2020; Cass. n. 7721 del 2023; Cass. n. 9712 del 2024; Cass. nn. 2749, 5577, 9203 e 15684 del 20 25). Trattasi, invero, di indirizzo ermeneutico riguardante, appunto, le domande di ripetizione di indebito conseguenti alla declaratoria di nullità delle clausole contrattua li e delle prassi banca rie contrarie a norme imperative ed inderogabili, laddove, nella specie, si discute di mero accertamento (rectius: rideterminazione) di saldo del conto, il cui conteggio finale deve necessariamente tenere conto della non ripetibilità di quei prelievi per i quali è maturata la prescrizione, sicché, proprio per tale ragione, sono essi stessi idonei a incidere sulla quantificazione del saldo.   2. Il secondo motivo di ricorso, rubricato «Ai sensi dell'art. 360 co. 1 3 c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 co. 2 c.c., dell'art. 115 c.p.c. e degli artt. 2725, 2727 e 2729 c.c. anche in relazione agli artt. 117 e 127, comma 2, t.u.b.», censura la sentenza impugnata nella parte in cui, pronunciandosi sull'eccezione di prescriz ione formulata dalla ba nca, ha erroneamente ritenuto che: i) che l'istituto di credito avesse solo oneri di allegazione e non di prova; ii) non fosse onere dell'istituto medesimo provare il limite e la scadenza dell'affidamento del conto corrente, mediante contratto scritto ad substantiam, a proprio vantaggio e a svantaggio della cliente, dopo che l'affidamento era stato provato dalla cliente e accertato in giudizio; iii) non fosse onere di ### dei ### di ### s.p.a. provare l'effettivo 7 saldo passivo del conto alla data di ogni singola rimessa solutoria; iv) che avessero rilevanza p robatoria e giuridica i cd. saldi banca (cioè i saldi risultanti dagli estratti conto bancari), pur se contestati dal cliente fin dalla citazione, e il limite del fido risultante dagli stessi estratti conto, in quanto posti a fondamento dell'ipotesi della c.t.u. accolta nella decisione di appello impugnata.  2.1. Pure questa doglianza si rivela complessivamente inammissibile. 
Invero, giova premettere che, come sancito da Cass. n. 26897 del 2024 (cfr. pag. 7-9 della relativa motivazione), è onere del correntista «“allegare” i fatti costitutivi della domanda che specificamente attengono all'esistenza di un “pagamento” e alla natura “indebita” dello stesso, e detta allegazione si considera assolta con l'indicazione dell'esistenza di versamenti indebiti e con la richiesta di restituzione in riferimento ad un dato conto e ad un tempo determinato; mentre l'istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate, ha l'onere di “allegare” solo l'inerzia del titolare del diritto unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessar ia l'in dicazione d elle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte (C ass. Sez. U. n. 15895/2 019, confermata d a arresti costanti in tal senso dalle sezioni semplici, v. per tutte Cass. n. ###/2023) poiché il carattere solutorio o ripristinatorio delle singole rimesse non incide sul contenuto dell'eccezione, che rimane lo stesso indipendentemente dalla natura dei singoli versamenti; né deve individuare e specificare le diverse rimesse solutorie in funzione di completare l'allegazione con l'indicazione del momento iniziale o del termine finale della prescrizione eccepita, trattandosi di questioni di diritto sulla quale il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte (cfr. SS. UU. cit.); fermo quanto precede a proposito dell'onere di allegazione - distinto concettualmente da ll'onere della prova attenendo il primo alla delimitazione del thema decidendum ed il secondo alla verifica della fondatezza della domanda o dell'ec cezione - “il probl ema della specifica indicazione delle rimesse solutorie non viene eliminato, ma semplicemente si sposta dal piano delle allega zioni a quello d ella prova, sicché il giudice 8 valuterà la fondatezza delle contrapposte tesi al lume del riparto dell'onere probatorio, se del caso avvalendosi di una consulenza tecnica a carattere percipiente” (### citate); perciò, a fronte dell'eccezione di prescrizione sollevata dalla banca avverso la domanda di ripetizione dell'indebito proposta dal correntista, grava su quest'ultimo l'onere della pr ova della natura ripristinatoria e non solutoria delle rimesse indicate (Cass. n. ###/2019; Cass. n. 2660/2019); ne consegue che la sussistenza di apertura di credito, da cui dipende la valenza ripristinatoria dei versamenti operati per ripianare le esposizioni che non eccedano il limite dell'accordato, non può che gravare sul correntista stesso; ma, onde verificare se la parte gravata abbia assolto al proprio onere probatorio, il giudice è comunque tenuto a valorizzare la prova della stipula di un contratto di apertura di credito purché ritualmente acquisita, indipendentemente da una specifica allegazione del correntista, perché la deduz ione circa l'esistenza di un impediment o al decor so della prescrizione determinato da una apertura di credito, costituisce un'eccezione in senso lato e non in senso stretto (Cass. n. ###/2019; in senso conforme: Cass. n. 20455/2023; Cass.18230/2024), come tale rilevabile d'ufficio dal giudice anche in grado di appello, purché l'affidamento risulti dai documenti legittimamente acquisiti al processo o dalle deduzioni contenute negli atti difensivi delle parti».  ### decisione della corte distrettuale, dunque, si rivela, in parte qua, assolut amente coerente con tali principi (riafferma ti anche dalla più recente Cass. n. 9203 del 2025. Cfr. in motivazione), che il Collegio condivide ed intende ribadire, né le odierne argomentazioni della ricorrente offrono significativi spunti di riflessioni per rimeditarli.  2.2. A tanto deve solta nto a ggiungersi che: i) la regola dell' onere probatorio viene in rilievo in ma ncanza di accer tamento positivo delle circostanze rilevanti, mentre, nel caso di specie, non residuano fatti ignoti di cui onera re sfavorevolmente una delle parti. Un'autonoma questione d i malgoverno del precetto di cui all'art. 2697 cod. civ. si pone esclusivamente ove il giudice abbia attribuito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche 9 quando, a seguito di un'eventuale incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia ritenuto assolto tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull'esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc.  civ. (cfr., anche nelle rispettive motiva zioni, anche nelle r ispettive motivazioni, Cass. n. 7597 del 2025; Cass. nn. 25376, 19371, 15032 e 10794 del 2024; Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 11963 del 2022; Cass. nn. 17313 e 1634 del 2020; Cass. nn. 26769 e 13395 del 2018; Cass. n. 26366 del 2017; Cass nn. 19064 e 2395 del 2006), nella specie nemmeno prospettato; ii) costituisce consolidato e qui condiviso orientamento di questa Corte che, nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la rideterminazione del saldo del conto corrente e la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca, non è tenuto a documentare le singole rimesse suscettibili di restituzione soltanto mediante la produzione di tutti gli estratti conto periodici, ben potend o la prova dei m ovimenti desumersi aliunde, vale a dire attr averso le risult anze di altri mezz i di prova, che forniscano indicazioni certe e complete, anche con l'ausilio di una consulenza d'ufficio, da valutarsi con un accertamento in fatto insindacabile innanzi al giudice di legittimità (cfr. Cass. nn. 22290 e 10293 del 2023; Cass 20621 del 2021); iii) ### ioni s.r.l. incorre nell'eq uivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostr ate dall'er ronea valutazione d el materiale istruttorio, laddove, al contrario, - come chiarito, ancora recentemente da Cass. n. ### del 202 4 e Cass. n. ### del 2022 ( cfr. le rispet tive motivazioni) - un'autonoma questione di malgoverno dell'art. 115 cod. proc.  civ. può porsi solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d'ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge ( Cass. nn. 25376, 19371, 17201, 11069 e 5375 del 2024; Cass. nn. ###, 16303, 11299 e 28385 del 2023; Cass. n. ### del 2022; Cass., SU, 20867 del 2020, che ha pure pr ecisato che «è in ammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito 10 maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall'art. 116 c.p.c.»). Del resto, af finché sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell'art. 132, 4, e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell'esito dell'avvenuto esame d i tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata all'adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse (cfr.  24434 del 2016); iv) il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti d el proprio convincimento, d i controllarne l'attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. e multis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 20895 del 2025; Cass. nn. 28390, 27522, 11299 e 7993 del 2023; Cass. n. ### del 2022; Cass., SU, n. ### del 2019; Cass. n. 27686 del 2018; Cass., SU, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014); iii) il giudizio di legittimità non può essere sur rettiziamente tra sformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass., SU, n. ### del 2019; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, ###, ### e ### del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, ### e ### del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429, 10712, 16118, 19423 e 27328 del 2024; Cass. nn.  1166, 8671 e 20895 del 2025). In effetti, come puntualizzato, in motivazione, da Cass. n. 7612 del 2022, Cass. n. 8671 del 2025 e Cass. n. 20895 del 2025, «Il compito di questa Corte, […], non è quello di condividere o non condividere 11 la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta un migliore e più appaga nte (ma pur sempr e soggetti vo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare, a norma degli artt. 132, n. 4, e 360 comma 1, n. 4, c.p.c., se costoro abbiano dato effettivamente conto delle ragioni in fatto della loro decis ione e se la motiv azione al riguardo fornita sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manif esto nella motivaz ione d el provvedimento impugnato, si sia mantenuto, com'è in effetti accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.)».  3. Il terzo m otivo d i ricorso, infine, r ubricato «Ai sensi dell'ar t. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., degli artt. 5 del d.m. n. 55/2014 e 12 c.p.c., violazione dell'art. 4 del d.m.  55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, con l'allegata tabella; ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.: violazione dell'art. 111, comma 6, ### e dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e nullità della sentenza», contesta la sentenza impugnata nella parte in cui: i) ha p arzialment e compensato le spese di lite a favore della cliente correntista per entrambi i gradi di giudizio ed anche nella fase cautelare del giudizio davanti al tribunale monocratico, nonostante tutte le domande principali di merito e cautelare dell'attrice in primo grado, odier na ricorrente, siano state accolte integral mente; ii) ha determinato il valore della causa sul rapporto obbligatorio sub iudice solo su una parte della contestazione e non sull'intera contestazione del rapporto di conto corrente; iii) ha nuovamente liquidato le spese del sub procedimento cautelare avanti al tribunale monocratico al di sotto dei parametri minimi, assumendosi che, su quest'ultimo punto, la motivazione è omessa in toto.  3.1. Anche questa doglianza si rivela complessivamente inammissibile. 12 Giova ricordare, invero, che: i) l'identificazione della parte soccombente è rimessa al potere decisionale del giudice del merito, insindacabile in sede ###l'unico limite di violazione del principio per cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (cfr. Cass. 13229 del 2011); ii) il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l'onere delle spese processuali, non si fraziona a seconda dell'esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all'esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia conseguito un esito ad essa favorevole (cfr., e multis, Cass. nn. ### e ### del 2023; Cass. n. 9785 del 2022; Cass. n. 13356 del 2021; Cass. n. 6369 del 2013; Cass. n. 406 del 2008; Cass. n. 15787 del 2000); iii) la denuncia di violazione della norma di cui all'art. 91, comma 1, cod. proc. civ. trova ingresso, in questa sede di legittimità, solo quando le spese siano poste a carico della parte integralmente vittoriosa (cfr., ex aliis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 26871 del 2024; Cass. n. 15697 del 2023; Cass. n. 2984 del 2022; Cass. n. 26912 del 2020; Cass. n. 18128 del 2020), e tanto non è dato cogliere dal motivo all'esame.  3.2. A ciò va soltanto aggiunto che la modalità di individuazione dello scaglione di riferimento utilizzabile per il calcolo delle spese di lite, come compiuta dalla corte lagunare, si rivela affatto condivisibile, sicché la censura assume, in parte qua, carattere meramente ipotetico.  4. In conclusione, dunq ue, l'odierno ricorso promoss o da ### s.r.l. deve essere dichiarato inammissibile, restando a suo carico le spese di q uesto giudiz io di legittimità sostenut e dalla costituitasi controricorrente, altresì dandosi atto, - in assenza di ogni discrezionalità al riguardo (cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 - che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d .P.R. n. 115 del 2002, i presupp osti processuali per il versamento, da par te della medesima ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre 13 «spetterà all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento».  PER QUESTI MOTIVI La Corte dichiara inammissibile il ricorso promosso da ### s.r.l. e la condanna al pagamento, in favore della costituitasi controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in € 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forf ettarie nella misura d el 15 %, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presup posti processuali per il versament o, ad opera della medesima ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1-bis dello stesso a rticolo 13, se dovuto. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 28 novembre 2025.   ### 

Giudice/firmatari: Scoditti Enrico, Campese Eduardo

M
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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 27938/2024 del 29-10-2024

... comunicava all'attore l'avvio del procedimento di revoca degli incarichi conferiti con le delibere delle D.G. nn. 674/2000 e 949/2000, per la realizzazione d ella struttura ### non ché dell'incarico conferito con la deli bera n. 168 del 2003 (per la realizzazione delle opere di ristrutturazione dei padiglioni ai sensi della legge n. 67 del 1988, per il quale ricopriva il ruolo di supporto al ###. Con le delibere del direttore generale nn. 521/2010 e 522/2010 veniva disposta la revoca dei due incarichi. 7. Pertanto, l'attore chiedeva accertare e dichiarare l'illegittimità della revoca dagli incarichi, con condanna della convenuta ### al risarcimento degli stessi specificati in: a) spese di assicurazione per l'importo di euro 3.500,00; b) danni da perdita di chances da determinarsi ai sensi dell'art. 1226 c.c. e comunque in somma non inferiore ad euro 348.717,65; c) danno all'immagine nella somma di euro 100.000,00. 8. Il tribunale di Napoli, con sentenza del 25/10/2017, dichiarava improcedibile la prima domanda, ri gettand o le altre pro poste all'attore. 8 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### 9. Con l'att o d'appello l'architetto ### chiedeva:1) accertare e dichiar are il dirit to (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso n. 17619/2022 r.g. proposto da: ### rappresentato e difes o dall'Avv. ### gius ta procura speciale app osta in calce al ricorso, elettivamente domiciliat ###### Via dell'### n. 74, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni e notifiche all'indirizzo di posta elettronica certificata indicato.  - ricorrente - contro 2 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### di ### io ### in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. ### con questi elettivamente domiciliat ###, presso e nello studio de ll'Avv.  ### giusta procura speciale rilasciata in calce al controricorso, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni relative al procedimento all'indirizzo di posta elettronica certificata indicato - controricorrente - avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 1525/2022, depositata in data ###; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal ### dott. ### D'### esaminate le conclusioni scritte de l ### dott.  ### il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.  ###: 1.###. ### ha intrapreso due diverse iniziative giudiziarie nei confronti dell'ospedale ### 1.1. Inizialmente (ma questo giudizio è estraneo a qu ello in esame, come si chiarirà in seguit o al fin e di valutare l'e ventual e frazionamento o parcellizzazione del credito d el professi onista) l'architetto ### chiedeva ed otteneva dal tribunale di Napoli decreto ingiuntivo n. 7680/2011 per il pagamento della complessiva somma di euro 1.224.591,22, a titolo di compensi che assumeva maturati per aver espletato, per conto dell'### di ### A. Card arelli, l'incarico di supporto al 3 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### responsabile unico del procedimento (### per le opere ospedaliere finanziate ex art. 20 legge 67/1988 - 2^ fase.  2. Il tribunale di Napoli, con ordinanza n. 4359 del 2014, ai sensi dell'art. 186-quater c.p.c., disp oneva il pagamento d ella minor somma di euro 467.8 35,30, revocan do il decreto ingiuntivo originariamente concesso. Con la separata ordinanza dichiarava estinto il giudizio.  3. La Corte d 'appello d i Napoli rigett ava il gravame proposto dall'### evidenziando l'inammissi bilità dello stesso non avendo l'appellante interesse ad ottenere una pronuncia differente da que lla impugnata nella qual e «era risultato totalmente vittorioso». 
A seguito dell'istanza presentata nel corso del giudizio di prime cure dal dif ensore dell'O rlacchio l'11/2/2014, denominat a «riproposizione domanda ingiunzionale», il giudice fissava l'udienza per la comparizione delle parti nella quale si verbalizzata che «il difensore dell'opposto espre ssamente si riportava l'istanza ingiunzionale notificata alla controparte e chiedeva “la concessione della provvisoria e secuzione del decreto ingiuntiv o opposto e la concessione dell'ordinanza immediatamente esecutiva ex art. 186- quater, bis ovvero ter c.p.c. per euro 467.835,30 come accertato nella CTU ovvero in via subordinata di euro 131.449,25”, domanda che veniva accolta con l'ordinanza impugnata in sede d'appello. 
Il giu dice istruttore rinviava l'u dienza di precisazione delle conclusioni del 22/1/2015, poi celebratasi il ###. 
Il difensore dell'### chiedeva la cancellazione della causa dal ruolo «stante la pendenza del grado di appello avverso l'ordinanza ex art. 186-quater c.p.c.». 
Il tribunale, considerato che la parte intimata (### non aveva manifestato la volontà che venisse pronunciata la sentenza ex art. 4 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### 186-quater, comma 4 , c.p.c. e che, du nque, l'ordinanza av eva acquistato valore di sentenza impugnabile sull'oggetto dell'istanza, dichiarava estinto il giudizio. 
La Corte territoriale, dunque, rilevava che avverso l'ordinanza di estinzione non era stata proposta impugnazione ex art. 308 c.p.c. e, pertanto, il procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo era da intendersi definitivamente concluso, «per cui ogni altra valutazione estranea all'oggetto di cui all'ordinanza era inammissibile stante il disposto del comma 3 dell'art. 186-quater c.p.c., a mente del quale se d opo la pronuncia de ll'ordinanz a, il processo si estingueva, l'ordinanza acquistava l'effic acia della sentenza impug nabile sull'oggetto dell'istanza, efficace la cui sussistenza il comma 4 della norma in esame rimett eva la valutaz ione esclusiva della parte intimata che poteva e doveva entro 30 giorni chiedere che venisse pronunciata la sentenza eventualmente modificativa o annullativa dell'ordinanza emessa pena la acquiescenza la stessa». 
Pertanto, stante l'espressa richiest a, con la quale il dife nsore dell'### chiedeva la condanna al pagamento della somma di euro 467.835 ,30 a chiusura dell'istruttoria e stante l'espressa richiesta di parte i ntimata di cancellaz ione della causa dal ruolo, l'appello proposto era in ammissibile «avendo il giudic e istruttore accolto la richiesta e condannando l'opponente anche al pagamento delle spese della fase di opposizione».  4. La Corte di cassazione, con ordinanza n. 15575 del 4/6/2024, accoglieva il ricorso dell'### precisando che l'ordinanza ex art.  186-quater c.p.c. è una forma alternativa di decisione del giudizio di primo grado «che statuisce su tutta la domanda proposta e quindi non soltanto sul punto sul quale il giudice ritenga raggiunta la prova ma anche sui punti sui quali, non ritenendo raggiunta la prova, rigetti 5 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### le domande o, in ipotesi, non si pronuncia affatto, implicitamente rigettando le domande». 
Nel caso di specie, il tribunale aveva definito, con l'ordinanza ex art. 186-quater c.p.c., «tutto il giudizio di primo grado, accogliendo la dom anda del professionista limitatam ente all'impo rto di euro 467.835,30, nella sostanza implicitamente rigettando la richiesta del maggiore importo di euro 1.224.591,22, con la conseguenza che per far valere il maggiore credito per euro 756.755,92 l'originario attore era gravato dall'onere di impugnarla per evitare che la statuizione passata in giudicato».  #### non avrebbe invece potuto legittimamente richiedere la prosecuzione del giudizio di primo grado, né il giudice di primo grado avrebbe potuto proseguire il giudizio e definirlo con sentenza, «essendosi già esso concluso con l'adozione dell'ordinanza ex art. 186-quater c.p.c., che ha prodotto gli effetti di una sentenza definitiva sull'intero oggetto d el giudizio, pur avendo pro nunciato solo su alcune domande o capi della domanda, non essendo stata richiesta dalla parte intimata - l'unica legittimata a chiederla - la pronuncia della sentenza». 
Per tale r agione, ad avviso del la Corte di cassazione, «correttamente l'### che si è ritenuto insoddisfatto dall'ordinanza del giudice di prime cure , ha impugnato il provvedimento in ragione del suo interesse ad una diversa pronuncia, ed il giudice di secondo grado avrebbe potuto provvedere sui capi della domanda per i quali era mancat o la decisione di merito». 
Non vi era stata certamente da parte dell'### che pure aveva chiesto l'ordinanza immediatamente esecutiva ex art. 186- quater c.p.c. per la somma di euro 467.835,30, manifestazione di 6 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### volontà di prestare acquiescenza ovvero di rinunciare al maggiore credito preteso. 
Pertanto, la sentenza d'appell o veniv a cassata con rinvio alla Corte di appello di Napoli, per la pronuncia «sul merito dell'appello proposto dall'### 5. In parallelo l'architetto ### (ed è questo il giudizio che viene in esame dinan zi a que sto collegio), dopo aver ottenuto il decreto ingiuntivo nell'anno 2011 per il credito di euro 1.224.591,22, proponeva atto di citazione in d ata 26/7/2018 nei confronti dell'### di ### io ### (d'ora in poi solo ###. 
Deduceva che a partire dall'anno 1997 aveva svolto in favore dell'ospedale la sua attività di architetto nelle diverse operazioni di ristrutturazione del complesso ospedaliero.  5.1. In particolare , per quel che anc ora qui rilev a, era stato nominato redattore del progetto preliminare della seconda fase dei finanziamenti di cui all'art. 20 della legge n. 67 del 1988, nonché organo di supporto al RUP per l'attività di realizzazione della cucina e del centro ristoro dell'ospedale.  5.2. Successivamente, con delibera del direttore generale n. 282 del 27/3/2000 e n. 453 dell'8/5/2000 il ### aveva aderito al progetto esecutivo di realizzazione di st rutture di tipo ### destinate ai pazienti affetti da patologie neoplastiche terminali ed alle loro famiglie. Ven iva, dunque, nominato, con delibera del direttore generale n. 674 del 10/7/2000, RUP del procedimento per la realizz azione della struttura, con il compito di c urare le progettazioni necessari al conseguimento del finanziamento. 
Con delibera del direttore generale n. 949 del 13/10/2000 veniva approvato il progetto tecnico redatto dall'### 7 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### 5.3. Con l'art. 20 della legge finanziaria n. 67 del 1988 veniva autorizzata l'esecuzione di diversi inte rventi di ristru tturazione edilizia ed ammod ernamento te cnologico del patrimonio sanitario pubblico. #### redigeva il progetto preliminare di dette opere, appro vato con delibera del direttore ge nerale del ### n. 1200 del 13/12/ 2000. Con la delibera del direttore generale n. 924 del 23/9/2002 veniva conferito all'attore l'incarico di supporto al RUP per le dette opere di ristrutturazione.  ###à dell'attore si concludeva con l'ottenimento dei decreti di finanziamento del Ministero della ### in favore del ### 6. Con no ta del 17 /6/2010 il diretto re della gestione del ### comunicava all'attore l'avvio del procedimento di revoca degli incarichi conferiti con le delibere delle D.G. nn. 674/2000 e 949/2000, per la realizzazione d ella struttura ### non ché dell'incarico conferito con la deli bera n. 168 del 2003 (per la realizzazione delle opere di ristrutturazione dei padiglioni ai sensi della legge n. 67 del 1988, per il quale ricopriva il ruolo di supporto al ###. 
Con le delibere del direttore generale nn. 521/2010 e 522/2010 veniva disposta la revoca dei due incarichi.  7. Pertanto, l'attore chiedeva accertare e dichiarare l'illegittimità della revoca dagli incarichi, con condanna della convenuta ### al risarcimento degli stessi specificati in: a) spese di assicurazione per l'importo di euro 3.500,00; b) danni da perdita di chances da determinarsi ai sensi dell'art. 1226 c.c. e comunque in somma non inferiore ad euro 348.717,65; c) danno all'immagine nella somma di euro 100.000,00.  8. Il tribunale di Napoli, con sentenza del 25/10/2017, dichiarava improcedibile la prima domanda, ri gettand o le altre pro poste all'attore. 8 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### 9. Con l'att o d'appello l'architetto ### chiedeva:1) accertare e dichiar are il dirit to ai compensi relativi all'at tività d i supporto al RUP che, in relazione finanziamenti statali, l' ### avrebbe dovuto svolgere in assenza di revoca degli incarichi, con conseguente condanna alla somma complessiva di euro 364.303,47; 2) in relazione all'attività svolta nell'ambito dell'### accertare e dichiarare la spettanza dei seguenti importi: euro 26.698,21 a saldo del compenso p er l'elaborazione del progetto preliminare della variante; euro 12.863,51 per gli adempimenti relativi alla produzione degli atti di archivio; per un totale di euro 39.561,72; 3) nell'ambito degli interventi di cui all'art. 20 della legge n. 67 del 1988, accertare e dichiarare la spettanza dell'importo di euro 278.279,00 a titolo di ingiustificato arricchimento per l'attività svolta dall'### quale redattore del progetto pre liminare dell'in sieme costituito dai sei progetti distinti. 
Nell'ambito dell'appello l'### deduceva tre motivi: 1) il difetto assoluto di motivazione della sentenza di prime cure; 2) l'erronea decisione del tribu nale di ritenere improcedibile la domanda per indebito frazionamento del credito - con riguardo alle fatture n. 3/2012 di euro 26.198,21 e n. 5/2012 di euro 12.863,51, entrambe relative all'attività espletata per la realizzazione dell'### (nell'ambito di questo secondo motivo venivano inserite quattro questioni: 1) intrinseca illogicità di tale capo della sentenza; 2) illegittimità della statuizione di improcedibilità della domanda per violazione e falsa applicazione di legge e dei principi giurisprudenziali più recenti; 3) illegittimità dell a statuizione attinente la pretesa infondatezza nel merito della pretesa; 4) illegittimità della sentenza nella parte in qua per omessa pronuncia sulla domanda subordinata volta ad ottenere il pagamento delle predette fatture, se non altro, a titolo di ingiustificato arricchimento); 9 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### 3) accoglim ento della domanda diretta ad ottenere il pagamento dell'importo di euro 278.27 9,00 a tit olo di ingiustific ato arricchimento ex art. 2041 c.c. (attività di supporto al RUP per la ristrutturazione edilizia ex art. 20 legge n. 67 del 1988); nell'ambito del 3º mo tivo di appe llo veniva ricompresa anche la dogli anza relativa al rigetto da parte del tribunale della domanda «volta ad ottenere il pagamento dell'importo di euro 364.303,47 a titolo di mancato guadagno in ragione della revoca dell'incarico di RUP per i finanziamenti statali, ex art. 2227 c.c.».  10. La Corte d'appello di Napoli, con sentenza dell'11/4/2022 accoglieva solo il terzo motivo di appello.  10.1. Reputava infondato il primo motivo di appello relativo al difetto assoluto di motivazione.  10.2. Riteneva infond ato anche il secondo motivo di appello dell'### relativo al frazionamento del credito. Infatti, il giudice di prime cure aveva rigettato la domanda di euro 46.657,24, relativa a prestazioni eseguite in esecuzione dell'incarico di RUP nell'ambito del procedimento attinente all'### Il tribunale aveva ritenuto improcedibile tale domanda. 
In particolare, rimarcava la Corte d'appello, il tribunale aveva correttamente reputato improcedibile la dom anda di pagamento relativa ai compensi pe r l'incarico svolt o di RUP nella proge tto ### in quanto l'### «ha richiesto ed ottenuto dal tribunale di Napo li decreto ingiunti vo n. 7680/2011 opposto dalla #### con conseguente instaurazione del relativo antecedente giudizio di cognizione» (veniv a richiamata la sentenza della cassazione, a sezioni unite, n. 4090 del 2017). 
Effettivamente, l'appellante aveva chiesto ed ottenuto dal tribunale di Napoli con il decreto ingiuntivo n. 7680 del 2011 somme 10 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### «per il recupero dei compe nsi relativi all'attività svol ta fino alla revoca dell'incarico». 
La dom anda di pagamento per comp ensi rela tivi a pretese «attinenti alle medesime p restazioni», non ché «al med esimo rapporto intercorrente tra le parti», comporta va un indebito frazionamento del credito, con conseguent e improcedibilità d ella domanda. 
Aggiungeva la Corte territoriale che tale impro cedibilità comportava «il rituale assorbimento d elle ulteriori due questioni oggetto del motivo d'appello, attinenti al merito della stessa». 
Ed infat ti, con la terza questione l'### lament ava l'illegittimità della statuizione attinente la pretesa infondatezza nel merito della pretesa, «violazione e falsa applicazione degli articoli 111 Costituzione e 132, n. 4 c.p.c., nonché, comunque degli articoli 112,115 e 116 c.p.c.», me ntre con l a quarta censura deducev a «l'illegittimità della sentenza nella parte in qua per omessa pronuncia sulla domanda su bordinata, volta ad ottene re il pagamento delle predette fatture, se non altro, a titolo di ingiustificato arricchimento».  10.3. La Corte d'appello accoglieva il terzo motivo di gravame articolato dall'### In particolare , il tribunale di Napoli a veva affe rmato che difettavano di specifica allegazione, e comunque risultavan o non provati, i presupposti de lle cond izioni dell'azione ovvero l'impoverimento economico del professionista, e l'arricchimento dell'ente pubblico in conseguenza di detta attività professionale e, soprattutto, il riconoscimento dell'utilità della prestazione da parte dell'ospedale ### In realt à, ad avviso della Corte d'appello, doveva farsi applicazione del principio giurisprudenziale per cui, il privato attore 11 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### ex art. 2041 c.c., nei confronti della pubblica amministrazione deve provare il fatto ogg ettivo dell'arricchimento , «senza che l'amministrazione possa opporre il mancat o riconoscimento dello stesso, potendo e ssa, piuttosto, eccepire e dimostrare che l'arricchimento non fu voluta o non fu consapevole». 
Nel caso di specie l'utilitas si era concretizzata nell'approvazione del progetto redatto dall'appellante per la realizzazione dell'opera. Il progetto preliminare riguardava le op ere di ristrutturazione dei padiglioni B, E, F e G ai sensi dell'art. 20 della legge n. 67 del 1988. 
L'### aveva sv olto i compiti di supporto al RUP oltre alla redazione del progetto preliminare. 
La Corte d 'appello procedeva ad una valutazione di car attere equitativa ex art. 1226 c.c., evidenziando che l'importo si componeva delle spese sostenute e delle p erdite patrimoniali sopportate dal professionista, «eccetto i benefi ci e le aspettative conn esse al corrispettivo non percepito per l'at tività professionale (l ucro cessante)». 
Chiarisce la Corte che «l'esten sione dell'indennizzo al lucro cessante svilirebbe la sanzione della nullità del contratto posto in essere in violazione di norme inderogabili». 
La somma rico nosciuta era, dunque, di euro 200 .000,00 già rivalutata al momento della decisione («attualità»), oltre interessi legali a decorrere dalla data di pubblicazione della decisione.  10.3. La Corte territoriale rigettava, invece, l'altra porzione del terzo motivo d'appello, relativo alla mancata applicazione di quanto disposto dall'art. 2227 c.c., con rife rimento al pagament o dell'importo di euro 364.303,47, in relazione al progetto preliminare della 2° fase, a titolo di «mancato guadagno» in ragione della revoca dell'incarico di RUP per i finanziamenti statali. 12 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### l'appellan te doveva trovare applicazione l'art. 11 della convenzione sottoscritta dalle parti integrante la delibera del DG 168 del 2003 di nomina dell'### al ruolo di supporto al ### in quanto in detto articolo si stabiliva che «in tema di recesso avrebbe dovuto trovare applicazione l'art. 2227 c.c.». 
In realt à - chiarisce la Corte d'appello - era condivisibil e la motivazione del tribunale di Napoli, per cui, tenuto conto della natura dell'attività svolta dall'attore, «trattasi di una fattispecie sicuramente rientrante nell'ambito della prestazione d'opera intellettuale, per cui trovano applicazione le disposizioni speciali di cui agli articoli 2229- 2238 c.c., […] con prevalenza, in caso di contrasto, sulle disposizioni di carattere generale previste dal ### I per il lavoro autonomo».  ###. 2227 c.c. era norma di carattere generale che disciplinava il recesso unilaterale dal contratto di prestazione d'opera autonomo da parte del committen te, con la p revisione dell'obbligo per quest'ultimo di tenere indenne il prestatore d'opera delle spese, del lavoro eseguito e «delle mancato guadagno». 
Tuttavia, nel caso di specie, trat tandosi di r apporto di lav oro professionale, di natura intellettuale, trovava applicazione l'art. 2237 c.c., per il qu ale, in ipote si di recesso ad nut um da parte d el committente, quest'ultimo doveva rimborsare al prestatore d'opera le spese sostenute e pagare il compenso per attività svolta «senza il mancato guadagno previsto invece dall'art. 2227 c.c.». 
Sulla derogabilità dell'art. 2237 c.c. la Corte di cassazione si era espressa favorevolmente solo nel senso di consentire alle parti di escludere la facoltà di recesso anticipato del committente, in quanto tale norma non costituiva di per sé norma imperativa, ma non già anche di prevedere, in caso di recesso del committente, il diritto del prestatore d'opera anche al m ancato guadagno, previo richiamo della disciplina di cui all'art. 2227 c.c.. 13 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'#### parziale delle pretese dell'### giustificava la compensazione nei limiti del 50% delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.  11. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione ### depositando memoria.  12. Ha resistito con controricorso l'### di ### 13. ### generale, nella persona del dott. ### ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell'art. 380- bis.1 c.p.c., chiedendo il rigetto di tutti i motivi di ricorso.  ###: 1. Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la «illegittimità del capo della sentenza con cui è stata rig ettata la domanda di pagamento dell'importo di euro 364.303,47 a titolo di mancato guadagno ( violazione e falsa applicazione di legge: art.  360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione agli articoli 2237 e 2227 c.c. e, in generale, dei principi disciplinanti la distinzione tra norme imperative e dispositivi)». 
In partic olare, il ricorrente impugna la sente nza del la Corte d'appello nella parte in cui ha negato all'### l'indennizzo per mancato guadagno previsto dall'art. 2227 c.c., per l'importo di euro 364.303,47, benché pattiziamente e, dunque, con contratto scritto disciplinante il rapporto, si facesse riferimento nell'art. 11 della convenzione proprio all'art. 2227 c.c. («In caso di recesso i rapporti saranno regolati dal codice civile ed in particolare dall'applicazione dell'art. 2227 c.c.»). 
La Corte t erritoriale sare bbe incorsa in errore nel rit enere inapplicabile al caso di specie l'art. 2227 c.c., benché richiamato nell'art. 11 della convenzione stipulata tra le parti. 14 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'#### possibilit à di deroga all'art. 2237 c.c., sarebbe stata quella «di consentire alle parti di escludere, in radice, tale facoltà di recesso anticipato». 
Per il ricorrente, però, tale ragionamento sarebbe irragionevole, in quanto, proprio perché il principio enunciato dalla giurisprudenza di legitt imità (si cita Cass. n. 21904 del 2018) consente la derogabilità della disposizione, non costituendo norma imperativa, «nulla vieta alle parti di liberamente derogarvi in via pattizia, non solo nel senso di escludere in radice tale facoltà di recesso ma [..] anche mantenendo ferma detta facoltà ma a condizioni più onerose per il recedente». Se, dunque, dal carattere dispositivo della norma, consegue, addirittura, la potestà per le parti di escludere in radice la facoltà di recesso « a maggior rag ione dal sud detto carattere la norma non può che ragionevolmente inferirsi che le parti abbiano, certamente, anche il potere di mantenere ferma la facoltà di recesso, rendendone solo più oneroso l'esercizio».  2. Il motivo è fondato nei termini di cui in motivazione.  2.1. Occorre prelimin armente suddividere i lavori espletati dall'architetto ### in favore dell'osp edale ### in tre diverse tipologie. 
Il lavoro espletato in favore del ### in relazione al primo motivo di ricorso per cassazione, è quello che attiene al «progetto preliminare della 2° fase dei lavori», quale supporto al ### per la somma di euro 364.303,47, chiesta in sede di appello per mancato guadagno, con riferimento alle «attività che avrebbe dovuto svolgere in assenza della revoca», ai sensi dell'art. 2237 c.c..  2.2. Altra tipologi a di prestazione riguarda il lavoro espletato dall'### per la realizzazione della struttura dell'### con nomina RUP attraverso la delibera del DG n. 674 del 10/7/2000. Con delibera n. 949 del 2002 è stato app rovato il progetto tecnico 15 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### dell'### In appello l'architetto ### ha chiesto la somma totale di euro 39.561,72, di cui euro 22.698,21 a saldo del compenso per il progetto preliminare della variante, ed euro 12.863,51, per la produzione di atti di archivio. 
La revoca da parte del ### ha riguardato proprio le delibere n. 674 del 2000 e n. 949 del 2000 , entrambe relative alla realizzazione dell'### 2.3. La terza tipologia di prestazioni è quella riferita alla delibera DG n. 924 del 23/9 /2002, con lo svolgimento dell'incarico di supporto al RUP per la ristruttu razione edilizia di vari p adiglioni dell'ospedale, ex art. 20 della legge n. 67 del 1988, con richiesta in appello, ai sensi dell'art. 2041 c.c., della somma di euro 278.279,00.  3. Tornando, dunque, alla richiesta di pagamento per «mancato guadagno» ex art. 2227 c.c., formulata dall'Avv.  ### io, deve reputarsi consentita la dero ga convenzionale a qu anto dis posto dall'art. 2237 c.c. (con la previsione dunque della spettanza anche del mancato guadagno in caso di recesso ad nutum del cliente), per la prest azione resa dal professionista inte llettuale, nel la specie avente la qualifica di architetto - dunque quale «profession ista tecnico» - (mentre alcune precisazioni dovranno essere inserite in ordine ad altre figure professionali peculiari, ove vengono in gioco interessi presidiati dalla ###.  3.1. Ed infat ti, ai sensi dell'art. 2237 c.c. ###, inserito nell'ambito del ### del codice civile, nelle norme dedicate alle «professioni intellettuali», si prevede che «il cliente può recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d'opera le spese sostenute e pagando il compenso per l'opera svolta». Non v'è, dunque, alcun riferimento al diritto del prest atore d 'opera, che abbia s ubito il recesso ad nut um da parte d el cliente, di pretend ere anche il «mancato guadagno». 16 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'####. 2227 c.c., invece, dedicato alle modalità di esercizio del recesso unilaterale del contratto, nell'ambito del contratto d'opera «relativo al «lavoro auto nomo» “manuale”, come dis cipli nato dal ### I del codice civile, stabilisce che «il committente può recedere dal contratto, ancorché sia iniziata l'esecuzione dell'opera, tenendo indenne il prestatore d'opera delle spese, del lavoro eseguito e del mancato guadagno».  4. È pacifico in dottrina che la peculiare modalità di declinazione del recesso ex art. 2237 c.c., consentito al cliente ad nut um nei confronti del professionista intellettuale, si collega proprio alla natura prettamente fiduciaria di tale rapporto (Cass., 10/1/1962, n. 10), la quale postula una costante adesione del committente alle modalità della sua attuaz ione (Cass., sez. 2, 1 7/3/1980, n. 1760, che sottolinea il carattere particolarmente fiduciario del rapporto avente ad oggetto una prestazione d'opera intellettuale sicché la facoltà di recesso del commit tente risulta elemento caratterizzante del rapporto; anche Corte cost., sentenza n. 25 del 1974, ha reputato che il recesso ad nutum del cliente deriva dalla circostanza che la prestazione del professionista è basata sull a fiducia e non è fungibile). 
Si è anche rimarcato in dottrina che il recesso ### irretroattivo ad nutum spettante al cliente si fonda su: accentuata fiduciarietà; obbligazione potestativa ex parte creditoris; tutela del contraente “debole”. Tutti element i che convergono a garantire l'interesse all'estinzione, rovesciando l'ordine sancito dall'art. 1372 Pertanto, il cliente che m anifesti la volontà di recedere dal contratto d'opera professionale ha l'obbligo di rimborsare al prestatore d'opera le spese da lui sostenute e di corrispondere un compenso per l'opera svolta, da determinarsi in base ai criteri di cui 17 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### all'art. 2233 c.c., tenen do conto non solta nto dell'attività preparatoria, ma anche degli esborsi a cui il professionista abbia dovuto far fronte con riguardo alla programmazione dell'intera opera affidatagli. 
Tuttavia, tale indennizzo - in base alla secca disposizione di legge - non si estende al mancato guadagno. Deve, invece, verificarsi se le p arti possano c onvenzionalmente derogare a quanto previsto dall'art. 2237 c.c., sia in ordine al re cesso ad nut um, sia con riferimento alla eventuale previsi one di ristor are il professionista intellettuale del mancato guadagn o, essendo entram bi i profili strettamente legati tra loro, e fondati en trambi sulla peculiare fiduciarietà dell'incarico.  5. ### di legittimità più recente afferma che il contratto di prestazione d'opera intellettuale, ai sensi dell'art. 2230 c.c., è disciplinato dalle norme contenute nel capo secondo del titolo terzo del libro quinto del codice civile, nonché, se compatibili, da quelle contenute nel capo precedente riguardanti il contratto d'opera in gen erale. Posto che la disciplina del re cesso unilaterale dal contratto prevista dall'art. 2237 c.c. dispone che, in caso di recesso del cliente, al prestatore d'opera spetta il rimborso de lle spese sostenute ed il corrispettivo per l'opera esegu ita, men tre quella dettata dall'art. 2227 c. c. per il contratto d'opera in generale comprende anche il mancato guadagno, vi è incompatibilità tra le due disposizioni con conseguente prevalenza della norma speciale, in ragione delle peculiari tà che contraddist inguono la prestazione d'opera intellettuale (Cass., sez. 9/1/2020, n. 185). 
Del resto, questa Corte, a conferma della circostanza per cui, in caso di recesso del cliente, nel contratto di opera professionale, non spetta il mancato guadagno, ma solo il compenso per la porzione di opera svolta, ha ritenuto che, in materia di prestazioni professionali, 18 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### il recesso del cliente, g iustificato o meno, non incide sulla determinazione della misura del compenso, se non nel senso che esso è dovuto non per tutta l'opera commessa, ma solo per l'opera svolta. Sicché, in c aso di pattuizione forfettaria del cor rispettivo, correttamente la parte di esso spettante per le prestazioni rese alla data del recesso viene determinata in misura proporzionale rispetto all'intero compenso (Cass., 29/12/2020, n. 29745; di recente Cass., sez. 1, 26/4/2024, n. 11264). 
Analogamente, si è ritenuto che, nel contratto di prestazione di opera professionale il client e può sempre recedere dal contrat to, pagando al prestatore d'opera le spese sostenute e il compenso per l'opera svolta (art 2237, primo comma, cod. civ). Se vi è stata tra le parti una valida determinazione convenzionale del compenso, essa - salvo che le parti stesse abbiano manifestato una volontà contraria - rimane pur sempre applicabile anche nel caso di recesso del cliente, con la sola conseguenza che il compenso pattuito per l'intera opera dovrà essere p roporzionalmente rid otto in relazione all'opera prestata (Cass., sez. 3, 11/10/1973, n. 2558; di recente Cass., 2, 9/12/2022, n. ###, con riferimento al contratto di prestazione professionale dell'avvocato in materia stragiudiziale).  6. Va rammentata, sul punto, la tesi dottrinale per cui il recesso del cliente opera ex nunc e salva il diritto del prestatore d'opera al rimborso delle spese sostenute ed al compenso per l'attività svolta, mentre una diversa volontà od opinione del cliente medesimo sulle conseguenze della propria dic hiarazione di recesso, anche se espressa formalmente nell'atto, rimane priva di rilevanza. 
Ciò in quanto l'esercizio da parte del cliente del potere di recesso ad nutum non può essere fonte di responsabilità, in base al principio qui iure suo utitur neminem laedit, né può legittimare la proposizione da parte del professionista dell'azione di risoluzione del contratto per 19 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### inadempimento (in giurisprudenza di merito C. App., Milano, sez. 1, 13/2/1970, per cui l'invito rivolto al professionista di non interessarsi più dell'opera affidatagli e di restituire i relativi documenti, implica la comunicazione della propria v olontà di recedere d al rapporto, esercitando una facoltà espressamente riconosciuto dalla legge: il cliente non incorre in responsabilità, ma deve rimborsare all'altra parte le spese sostenute e pagarle il compenso per l'opera svolta).  7. Nonostante il carattere fortemente fiduciario del rapporto tra cliente e professionista nell'ambit o delle prestazioni int ellettuali, tuttavia questa Corte, di recente ha ritenuto sussistere la possibilità di deroga con sp ecifico riferimento alla recedibilità ad nutum in favore del cliente, nel senso che questi può esserne privato mediante espressa e inequivoca pattuizione negoziale. 
In questo caso, la deroga negoziale favorisce, con tutta evidenza, il professionista intellettuale. 
Pertanto, si è chiarito che, in tema di contratto d'opera, la previsione della possibilità di re cesso "ad nut um" d el cliente contemplata dall'art. 2237, primo comma, cod. civ., non ha carattere inderogabile e quindi è possibile che, per particolari esigenze delle parti, sia esclusa tale facoltà fino al termine del rapporto, dovendosi ritenere sufficiente - al fine di inte grare la deroga pattizia alla regolamentazione legale della facoltà di recesso - la mer a apposizione di un termine al rapporto di collaborazione professionale, senza necessità di un patto espresso e specifico. Ne consegue che, in tale evenienza, l'interru zione unilaterale dal contratto da parte del committe nte compo rta per il prestatore il diritto al compenso contrattualmente previsto per l'intera durata del rapporto (Cass., sez. L, 7/10/2013, n. 22786; anche Cass., sez. L, 7/9/2018, n. 21904). 20 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### 8. In taluni casi si è ritenuto che l'obbligo di rimborso possa essere derogato dalle parti, le quali possono subordinare il diritto del professionista al compenso alla realizz azione di un determinato risultato, sicché il fatto oggettivo del mancato verificarsi dell'evento dedotto come oggetto della condiz ione sospensiv a, comporta l'esclusione del compenso stesso, salvo che il recesso ante tempus da parte d el cliente sia st ato causa d el venir meno d el risulta to oggetto di tale condizione (Cass., n. 14510 del 2012; Cass. n. 11497 del 1992). 
In que sto caso, dunque, la clau sola negoziale è a favore del cliente, in quanto, in caso di mancato avveramento della condizione, il professionista intellettuale non ha diritto al compenso. 
Ci si trova, insomma, dinanzi a clau sole convenzionali che denotano la derogabilità della norma di cui all'art. 2337 c.c., ad opera delle parti, talora a vantaggio di una, talora a vantaggio dell'altra.  9. Se così è, a llor a deve repu tarsi consentito, con speci fico riferimento alla prestazione resa dall'architetto, un accordo negoziale con cui si preveda che, in caso di recesso ad nutum da parte del cliente, nei confronti del professionista intellettuale, a quest'ultimo spetti anche il «mancato guadagno», come nell'ipotesi di cui all'art.  2227 c.c., event ualmente richiamat o - come n ella specie - in apposita convenzione tra le parti. 
Trattasi - è vero - di diversa disciplina, che il legislatore ha voluto disegnare proprio per mettere in evidenza le peculiari distinzioni tra il contratto d'opera manuale ed il contratto reso nell'ambito delle professioni intellettuali. Ciò, probabilmente, per garantire in modo significativo il peculiare rapporto fiduciario che dev e necessariamente intercorrere fra le parti n el contratto d'opera professionale, per tutto il corso di svolgimento dello stesso. 21 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### non sussistono i requis iti necessari per ritenere che l'art. 2237 c.c. - per lo men o con rifer imento al rapporto professionale tra architetto e cliente - costituisca una norma imperativa, e quindi inderogabile dalle parti.  10. E' sufficiente osservare che sovente sono ritenute imperative le norme che sono poste a presidio di interessi pubblicistici tutelati dalla ### come per esempio in materia di tutela - anche indiretta - della salute ( Cass., sez. 2, 18/7/200 3, n. 112 56, con riferimento ad una fornitura di caffè, ove le relative confezioni non recavano la data di scadenza del prodotto; Cass., sez. L., 6/5/2021, n. 12030, in ordine agli specifici requisiti richiesti per chi è chiamato a ricoprire l'incarico di direttore amministrativo della ### o in tema di tutela dell'evidenza pubblica (Cass., sez. 1, 12/8/2010, n. 18644 ove è considerat a norma imp erativa quella che att ribuisce all'amministrazione e all'ente aggiudicatore d ell'appal to la predisposizione del progetto esecutivo dell'opera sulla cu i base soltanto si può pro cedere all'affi damento dei lav ori; ved i anche Cass., sez. 5, 24/7/202 4, n. 206 13, in tema di disciplina del compenso degli am ministratori di società d i capitali). La norma imperativa è stata ravvisata anche in caso di condot te tenute in contrasto con norme penali (Cass., sez. 2, 19/7/2023, n. 21434; Cass., sez. 2, 7/3/2022, n. 7363). 
Pertanto, si è chiarito che, poiché a norma degli artt. 1418, 1419 e 1339 cod. civ. il contrat to è nullo quando è contrario a norma imperativa, salva l'eccezione di una diversa disposizione di legge, allorquando si sia in presenza di un a norma pro ibitiva non formalmente perfetta, cioè priva della san zione dell'invalidità dell'atto proibito, occorre specificamente controllare la natura della disposizione violata per dedurre la invalidità o la semplice irregolarità dell'atto e tale controllo si risolve nella indagine sullo scopo della 22 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### legge ed in particolare sulla natura della tutela apprestata, se cioè di interesse pubblico o privato, senza che soccorra il criterio estrinseco della forma (Cass., Sez.U., 21/8/1972, n. 2697; Cass., Sez.U., 16/11/2022, n. ###, ha, invece, escluso la natura imp erativa all'art. 38, comma 2, d.lgs. n. 385 del 1993 in relazione al limite di finanziabilità del mutuo fondiario; Cass., Sez.U., 15/3/2022, n. 8472, che ha ricono sciuto la validità della fideiussione prestata da un confidi minore nell'interesse di un proprio associato).   11. La possibilità per le parti di derogare al disposto dell'art.  2237 c.c., con specifico riferimento all'architetto (o all'ingegnere), e quindi al «professionista tecnico», non solo quanto ai limiti al potere di recesso ad nutum, ma anche in ordine al riconoscimento, tramite accordo negoziale, del mancato guadagno, può individuarsi anche negli artt. 10 e 18 della legge 2/3/1949, n. 143, tuttora vigente. 
Si premette che tale normativa speciale trova applicazione solo in mancanza di un diverso accordo negoziale, come è accaduto nel caso che è oggetto di esame, in cui le parti hanno concordato di applicare al contratto di prestazione intellettuale ex art. 2237 quanto previsto per il contratto di prestazione manuale ex art. 2227 c.c., soprattutto per il riconoscimento anche del mancato guadagno.  ###. 2230 c.c., infatti, dispone che il contratto di prestazione d'opera intellettuale è regolato «dalle norme seguenti e, in quanto compatibili con queste e con la natura del rapporto, dalle disposizioni del capo precedente», facendo salve però «le disposizioni delle leggi speciali». 
Infatti, si è ritenuto che, nel contratto di prestazione d'opera intellettuale (nella specie, tra architetti ed una società privat a), quando esista una valid a intesa fra le parti per determinare convenzionalmente il compenso, la pattuizione resta valida anche nel caso di recesso del committente, con l'unica conseguenza della 23 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### riduzione del corrispettivo pattuito per l'intera opera, in proporzione della parte realizzata; né possono applicarsi le disposizioni dell'art.  10 della legge 2 marzo 1949, n. 143, circa la maggiorazione del venticinque per cento del compenso, ope rando le stesse solo in mancanza di determinazione pattizia (Cass., sez. 2, 11/7/2011, 15206; più recentemente Cass., 15/12/2021, n. 40182).  12. ###. 10 della legge n. 143 del 1949, dunque, prevede che «la sospensione per qualsiasi motivo dell'incarico dato al professionista non esime il committente dall'obbligo di corrispondere l'onorario relativo al lavoro fatto e predisposto come precisato al seguente art. 18. Rimane salvo il diritto del professio nista al risarcimento degli eventuali maggiori danni, quando la sospensione non sia dovuta a cause dipendenti dal professionista stesso».  ###. 18, poi, della legge n. 143 del 1949, stabilisce che «quando le prestazioni del professionista non seguono lo sviluppo completo dell'opera, come si è detto sopra, ma si li mitano solo ad alcu ne funzioni parziali, alle q uali fu limitato l'incarico origin ario, la valutazione dei compensi a pe rcentuale è fatta sulla base delle aliquote specificate nell'all egata tabella B aumentata del 2 5 per cento come nel caso della sospensione di incarico di cui al primo comma dell'art. 10».  13. Un elemento di interpretazione forte - che spinge verso la possibilità di deroga negoziale alle previsioni dell'art. 2237 c.c., con specifico riferimento ad ingegneri e architetti - affonda le proprie radici nella sentenza n. 366 del 2000 della Corte costituzionale, che ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 10, secondo comma, della legge n. 143 del 1949. 
In particolare, in motivazione si è chiarito che la maggiorazione del 25 per cento dei compensi, prevista dal combinato disposto degli 24 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### artt. 10 e 18 della legge n. 143 del 1949, nell'ipotesi di “sospensione” dell'incarico - anche se «il lemma è inte rpretato dalla costante giurisprudenza in senso ampio, comprensivo anche della revoca vera e prop ria» - costituisca una forma forfet taria di risarcimento del danno. 
Ha e videnziato la Corte cost ituzionale che «la suddetta maggiorazione è volta sia a compensare l'ingegnere o architetto per l'impossibilità di realizzare il proprio interesse alla fedele esecuzione del progetto predisposto; sia a tener conto della circostanza che il lavoro dell'ingegnere o architetto racchiude un 'utilità potenziale, suscettibile di essere apprez zata soltanto n ei successivi stadi di realizzazione dell'opera». 
Per tale ragione, dunque, si deve escludere «che l'indennità di cui agli articoli 10 e 18 della legge n. 143 e il risarcimento del danno abbiano le medesime natura e finalità, e che il secondo costituisca una duplicazione della prima».  ### il risarcimento del danno, nell'ipotesi prevista dall'art.  10, secondo comma, può essere preteso dal professionista soltanto «deducendo, e provando, l'altrui colpevole condotta» (si cita n. 401 del 1985). 
Precisa, quindi, la Corte costituzionale che «la maggiorazione del 25 percent o della tariffa in caso di revo ca dell'incarico non è ingiustificata […] il risarcimento del danno non può essere liquidato in assenza di una condotta colpevole del committente [… ] non è consentito il cumulo di inde nnità e risarcimento, ove questo sia maggiore». 
Pertanto, la disciplina di cui all'art. 10 della legge n. 143 del 1949 «appare rispettosa de lla peculiarità delle prestazioni d ovute a ingegneri e architetti, nella parte in cui prevede la maggiorazione del compenso, dovuta per legge, nel caso di revoca dell'incarico». 25 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### 13. La sentenza di questa Corte (n. 401 del 1985), richiamata espressamente dalla Corte costituzionale nella sentenza n.366 del 2000, affermava che, in tema di recesso dal contratto di prestazione d'opera professionale, l'art. 10 della legge 2 marzo 1949 n. 1 43 (tariffa degli ingegneri e architetti) diverge dalla disciplina comune di cui all'art. 2237 cod. civ., in quant o, pur non limitand o l'incondizionato diritto di recesso da tale norma concesso al cliente, pone a suo carico un'obbligazione indennitaria "ex lege", statuendo l'automatico aumento del compenso dovuto al professionista, nella misura del 25%. La norma del secondo comma dell'art. 10 configura, invece, una vera e propria obbligazione risarcitoria, consentendo al professionista di provare la colp evole condott a del cliente e di richiedere l'integrale ristoro del danno, con la conseguenza che, in tale ipotesi, il giudice è tenuto a valutare e liquidare il danno nella sua interezza non potendo limitare il suo esame al danno eccedente il pred eterminato inde nnizzo, il quale resta assorbito nel risarcimento, ove risulti di entità minore del danno in concreto provato. 
In tal senso si è pronu ncia ta quest a Corte (Cass., sez. 1, 11/9/2009, n. 19700) successivamente, rilevando che la disciplina di cui all'art. 10 della legge n. 143 del 1949 «appare rispettosa delle peculiarità delle prestazioni d ovute a ingegneri e architetti, nella parte in cui prevede la mag giorazione del compenso, dovuta per legge, nel caso di revoca dell'incarico».  13.1. Già in precedenza la Corte costituzionale, con la sentenza n. 192 d el 1984, avev a ritenuto n on fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge n. 143 del 1949, con riferimento all'art. 3 Cost. 
Aveva, infatti, affermato che «la maggiorazione del compenso per l'incarico parziale, ha nella specie un sicuro e razionale nesso con 26 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### la natura e le modalità dell'opera prestata da ingegneri e architetti». 
Ciò in q uanto v a ravvisato «uno specifi co e rilevan te interesse dell'ingegnere od architetto a seguire lo svi luppo completo dell'opera», sia per quanto concerne «la fedele esecuz ione del progetto», sovraintendendo «direttamente all'integrale compimento dei lavori», sia perché «il progetto esige, invero, l'intuizione e la soluzione dei fondam entali problemi tecnico architettonici che condizionano il compimento dell'opera: e di questa esso contiene, in nuce, i caratteri e gli eventuali pregi». 
Di qui, la conseguenza che, per lo meno in materia di liquidazione dei compensi di ingegneri e architetti, vi sia spazio per la derogabilità di cui all'art. 2237 c.c. , con la previ sione convenzionale della corresponsione in favore del professionista intellettuale anche del mancato guadagno, in caso di recesso del cliente.  14. Permangono, invece, seri dubbi in ordine alla possibilità che, in presenza di interessi pubblicistici di elevato rilievo, perché tutelati dalla ### possa convenzionalmente derogarsi all'art. 2237 c.c., con la previsione che, in caso di recesso del cliente, quest'ultimo possa obbligarsi a pagare al professionista intellett uale anch e il mancato guadagno. 
Del resto, già in passato, questa Corte (Cass., sez. 3, 3/4/1974, n. 947) ha afferma to che «mentre, in te ma di contratt o d'opera manuale, il committente in caso di recesso, deve tenere indenne il prestatore d'opera, oltre che delle spese e del lavoro eseguito, del mancato guadagno, in vece, in tema di prestazione d'opera intellettuale, il cliente che recede non è tenuto a corrispondere un compenso professionist a per il mancato guadagno. E, cioè, è evidente che il legislatore ha inteso assicurare, in ogni caso, la concreta possibilità del recesso proprio per quel carattere fiduciario, particolarmente intenso del rapporto, negando al prestatore d'opera 27 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### il det to compenso e con ciò liber ando da remore di carat tere economico del cl iente (che de ve appunto sentirsi effe ttivamente libero di recedere dal contratto, qualora ritenga non più meritevole della sua fiducia professionista)». 
Peraltro, la dottrina ha rimarcato che, per quanto riguarda in particolare la prestazione d'opera del professionista, la difesa legale, come pure la cura di un malato, vengono qui in considerazione non già per quel risultato che da esse può attendersi in un momento successivo, ma come complesso di attività dovute dal debitore in relazione ad un'utilità immediata, che discende dalla loro idoneità a far conseguire altra utilità ### per i fini del cliente. 
Nel caso di attività dell'avvocato o del medico è chiaro che vengono in rilievo interessi pu bblici costituzionalmente prote tti, come il diritto alla difesa delle proprie ragioni ex art. 24 Cost. ed il diritto alla salute ex art. 32 Cost., con la possibilità concreta che si ponga la questione della natura imperativa dell'art. 2237 c.c., con riferimento a tali specifiche fattispecie.  14.1. Per lo meno in questi specifici ambit i potreb be essere seguita la dottrina, per la quale gli elementi fiduciari e l'analogia con l'appalto danno corpo alla convinzione che si tratti di un'ipotesi di recesso che non richiede motivazione ed è del tutto arbitrario. È proprio perché il recesso del cliente prescinde dalla presenza o meno di giust i motivi a carico del p restatore d'opera inte llet tual e, la risoluzione unilaterale del contratto ha effetto ex nunc, ma il cliente è in ogni caso tenuto a determinate prestazioni. 
Insomma, la disciplina speciale dell'art. 2237 c.c. trova il suo fondamento nella natura fiduciaria del rapporto, che determina la prevalenza dell'interesse ### del cliente, rispetto a quello del professionista. ### del professionista a portare a compimento l'opera intellett uale, anche per i riflessi di natura morale che ne 28 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### derivano, non trova nella vigente normativa autonoma tutela, tanto che la dich iarazione negoziale di recesso viene qualificata come negozio astratto, seppure esistano norme in senso contrario, che però, per la loro specifica portata, non sembra possano incidere sul principio generale della disposizione esaminata. 
Per tale r agione l'art. 2237 c.c. attribuis ce al cliente l'incondizionato diritto, potesta tivo, di recedere dal rapporto, ponendo a carico dello stesso cliente il solo vincolo di corrispondere il compenso per l'opera prestata dal professionista.  15. Presenta aspetti condivisibili, allora - nell'ambito circoscritto di talune professioni intellettuali particolarmente sensibili alla tutela di valori costituzionali - la tesi dottrinale per cui le ragioni sulle quali si fonda la tutela d el premin ente interesse del cliente, vanno ricercate nella circostanza che la prestazione d'opera intellettuale è destinata a soddisfare gli inte ressi del creditore-cliente, cui si aggiunge, a rafforzare la valutazione del legislatore, la particolare natura e centralità degli interessi medesimi, che spesso assumono - in partico lare nelle tradizionali professioni liberali - rilievo costituzionale, come appunto indicat o per le professioni dell'avvocato e del medico.  16. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la «illegittimità del capo della sentenza con cui è stata rigettata la domanda di pagamento della fattura n. 3/2012 di euro 26.698,21 e n. 5/2012 di euro 12.863,51. A. violazione e falsa applicazione di legge: art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione ai principi in tema di frazionamento del debito». 
Il giudice d'appello erroneamente, decidendo sul secondo motivo di gra vame articolato dal ricorrent e, relativo all'attività esp letata dall'### con riferimento alla real izzazione dell'### e segnatamente in relazione alla fattur a n. 3 del 2012 per e uro 29 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### 26.698,21 ed alla fattura n. 5 del 2012, per euro 12.863,51, avrebbe ritenuto improcedibile la domanda per illegittimo frazionamento del credito, avendo in precedenza il ricorrente chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo nell'anno 2011 dal tribunale di Napoli, per tutte le prestazioni eseguite fino alla revoca degli incarichi, avvenuta con delibere del DG n. 521 del 2010 e n. 522 del 2010. 
Sussisterebbe, aggiunge il ricorrente, un «interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata», senza contare che la stessa Corte di cassazione, a sezioni unite, con la sentenza n. 4080 del 2017 ha reputato che «il creditore può , in relazione ad un singolo, unico credito, agire con ricorso monitorio per la somma p rovata do cumenta lmente e con il proce dimento sommario di cognizione per la parte residua senza incorrere in un abuso dello strumento processuale per frazionamento del credito». 
Poiché il ricorrente che ha agito con ricorso monitorio per la somma prov ata documentalmente avrebbe diritto di agire in via ordinaria per ottenere, invece, il pagamento dell'attività residua.  16.1. Sempre n ell'ambito del secondo mo tivo di ricorso per cassazione, ma sotto la lettera B (a pagina 10 del ricorso) il ricorrente lamenta la «nullità della sentenza per irragionevolezza e, dunque, carenza, della motivazione (art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., in relazione all'art. 132, 2º comma, n. 4, c.p.c.) e, comunque, sua illegittimità per vizio di motivazione (art. 360, primo comma, 5, c.p.c., per omesso esame di fatti decisivi ai fini della decisione, oggetto di discussione tra le parti)». 
Il ricorre nte, infatti, aveva chiesto, in v ia subordinata, il pagamento delle dette due fatture e, in particolare della fattura n. 5 del 2012, «a titolo di ingiustificato arricchimento», sicché sarebbe errata la motivaz ione de lla Corte d'appello nella parte in cui ha ritenuto che «la declaratoria di improcedibilità della domand a 30 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### comporta il rituale assorbimento delle ulteriori due questioni oggetto del motivo d'appello, attinenti al merito della stessa». 
In particolare, si impugna la sentenza d'appello nella parte in cui è stata rigettata la «quarta censura» relativa alla «illegittimità della sentenza nella parte in qua per omessa pronuncia sulla domanda subordinata volta ad ottenere il pagamento delle predette fatture, se non altro, a titolo di ingiustificato arricchimento». 
Ad avviso d el ricorrente, la domanda di in giustificato arricchimento, presupponendo che la p restazione non sia riconducibile nell'ambito del rap porto contrattuale, «non può mai dare origine ad un indebito fraz ionamento del credito» , sicché si sarebbe dinanzi ad un vizio di nullità per omessa motivazione in quanto manifestamente irragionevole. 
Del resto, la domanda di ingiustificato arricchimento, in ordine a quanto spettante all'architetto ### per la fattura n. 5 del 2012, era stata proposta «a pag. 12 della propria conclusionale», con cui si era dedotto « D. in via gradata: domanda di in giustificato arricchimento - ### quanto sopra, in via tuzioristica, non può che ribadirsi, ad ogni mo do, che le attività espletate, in quanto esplicitamente richiesta dall'appellata (e quin di necessaria) dovranno, se non altro, essere remunerate a titolo di ingiustificato arricchimento considerato che delle stesse l'A.O. si è irrefutabilmente avvantaggiata a spese del ### Arlocchio, il quale ne ha sopportato tutti i costi».  ###à resa ad oggetto della fattura n. 5 del 2012 era stata, dunque, espletata a seguito di specifica richiesta della committente A.O. e, anzi, add irittura dietro ### diffida. Il tutto, peraltro, dopo la revoca dell 'incarico e dopo la propo sizione del ricorso monitorio, promosso infatti del 2011.  17. Il motivo è inammissibile. 31 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### realt à, la Corte d'appello ha, dapprima, riportato quanto affermato dal tribunale di Napoli, ossia che «la prima domanda di pagamento (…) è improcedibile per in debito frazionamen to del credito in quanto, come dichiarato dalla stessa parte attrice nell'atto di citaz ione alla pagina 19, per il recupero dei compensi re lativi all'attività svolta fino alla revoca dell'incarico questi ha richiesto ed ottenuto dal Tribunale di Napoli decreto ingiuntivo n. 7680/2011 opposto dalla ### A. ### Successivamente, la Corte territoriale ha aggiunto in motivazione che «nel caso di specie, l'appellante aveva chiesto ed ottenuto dal tribunale di Napoli il decreto ingiuntivo n. 7380/2011 per il recupero dei compensi relativi all'attività svolta fino alla revoca dell'incarico […] ### la proposizione in un giudizio (peraltro successivo a quello instauratosi a seguito di opposizione a detto decreto ingiuntivo) della domanda di pagament o per compensi relativi a pretese attinenti all e medesime prestazioni, non ché al medesimo rapporto intercorrente tra le parti, comporta un indebito frazionamento del credito con conseguente im procedibilità de lla domanda».  ### la Corte d'appello ha espressamente affermato che vi sarebbe stata una duplicazione di richieste da parte dell'### tant'è vero che tr attavasi di p retese att inenti alle «medesime prestazioni». 
Il ricorrente, con il motivo di impugnazione, non censura in alcun modo l'affermazione della Corte d'appello, relativa alla duplicazione delle richieste di pagamento, non confrontandosi su tale dirimente aspetto della controversia. 
Il motivo, dunque, non risulta specifico e non intacca in alcun modo l'affermazione perentoria resa dalla Corte territoriale, in ordine alla duplicazione della richiesta di pagamento. 32 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### 18. Il terzo motivo di impugnazione è infondato. 
La Corte d 'appello, nell'accogliere il motivo di impugna zione relativo alla domanda di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., in relazione al la delib era del diretto re generale n. 924 del 23/9/2002, per la realizzazione dei padiglioni ai sensi dell'art. 70 della legge n. 67 del 19 88, ha quan tificato la somma spettante all'### in via equit ativa ne lla somma d i euro 200.000,00, liquidata «all'attualità», a fronte della richiesta di pagamento di euro 278.279,00. 
L'### i è stato condannato al pag amento dell'importo di euro 200.000,00 «oltre interessi al saggio legale dalla pubblicazione della presente sentenza al soddisfo». 
Con il ricorso per cassazione il ricorrente ha chiesto il riconoscimento degli interessi, non a d ecorrere dalla data de lla sentenza, ma dalla data de lla perdit a di godimento del bene (si citano Cass., n. 6981 del 1986; Cass., n. 1690 del 1991; Cass., 10433 del 1992; Cass. n. 11296 del 1993; Cass. n. 12779 del 1993; Cass. n. 517 del 1994; Cass. n. 12493 del 1997).  ### nella specie, poiché il progetto preliminare dell'intera fase 2° è stato approvato dall'ospedale ### con la delibera 1200 del 13/12/2000 e regolarmente finanziato sempre nel 2000, gli interessi, al tasso moratorio o, comunque , in subordine, quello legale, devono decorrere «dal dicembre 2000».  19. Inve ro, va condiviso l'orientamento consolidato di q uesta Corte per cui l'indennizzo ex art. 2041 c.c. , in qu anto cre dito di valore, va liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia ed il giudice deve tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, anche di ufficio, a prescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio dell'interessato dip endente dal mancato tempestivo 33 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### conseguimento dell'indennizzo medesimo. La somma così liquidata produce interessi compen sativi, i quali sono diretti a coprir e l'ulteriore pregiudizio subito dal creditore per il mancato e diverso godimento dei beni e dei servizi im piegati nell'ope ra, o per le erogazioni o gli esborsi che ha dovuto effettuare, e decorrono dalla data della perdita del godimento del bene o degli effettuati esborsi, coincidente con quella dell'arricchimento (Cass., sez. 1, 5/10/2022, n. 28930 ; Cass., sez. 3, 28/1/2013, n. 1889; Cass., sez. 1, 11/5/2007, n. 10884; Cass., sez. 2, 26/11/1986, n. 6981).   20. Trattasi di debito di valore, si cché deve applicarsi la giurisprudenza di questa Corte per cui il d ebito di valore , va computato tenendo conto sia della rivalutazione monetaria che degli interessi legali, i quali, p erò, non p ossono e ssere calcolati sulla somma interamente rivalutata, ma, alternativamente, o sulla somma via via rivalutata, oppure sulla somma interamente rivalutata, ma con applicazione di un tasso determinato in via equitativa (Cass., sez. 2, 19/1/2022, n. 1627).  21. Si muove dal principio univoco che, trattandosi di debito di valore, deve essere ne cessariamente riconosciuta la rivalutazione monetaria. 
Infatti, l'obbligazione risarcitoria (del danno da occupazione appropriativa) costituisce debito di valo re e deve reintegrare p er equivalente, alla data di determinazione del dovuto, le perdite ed i mancati guadagni, conseguendone che, in aggiunta alla rivalutazione, sulla somma liquid ata alla data di consumazione dell'illecito, da rivalutare anno per anno fino alla decisione, potranno spettare gli interessi compe nsativi per il ritardato pagamento di quanto dovuto, sempre che i mancati guadagni siano provati d al creditore (Cass., 9 luglio 2014, n. 15604; Cass., 21 aprile 2006, 9410). Il pregiudizio deriv ante da l ritardato conseguimento del 34 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### risarcimento del danno deve dunque essere liquidato mediante gli interessi legali computati sulla somma originaria rivalutata anno per anno ovvero su tale somma rivalutata in base ad un indice medio (Cass., 9 luglio 2014, n. 15604; Cass., 3 agosto 2010, n. 18028; Cass., 14 ottobre 2013, n. 23232). 
Del resto, per questa Corte l'indennizzo ex art. 2041 cod. civ., in quanto credito di valore, va liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia ed il giudice deve tenere conto della svalut azione monetaria sopr avvenuta fino alla decisione, anche di ufficio, a p rescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio dell'interessato dipendente dal mancato tempestivo conseguimento dell'indennizzo medesimo. 
La somma così liquidata produce interessi compensativi, i quali sono diretti a coprire l'ulteriore pre giudizio subito dal creditore per il mancato e diverso go dimento dei beni e dei servi zi impiegati nell'opera, o per le erogazioni o gli esborsi che ha dovuto effettuare, e decorrono dalla data della perdita del godimento del bene o degli effettuati esborsi, coincidente con quella dell'arricchimento (Cass., 28 gennaio 2013, n. 1889). 
Inoltre, la presunzione di danno da lucro cessante per ritardato pagamento nei debiti di valore è correlata esclusivamente all'impiego mediamente remunerativo del denaro, in ipotesi suscettibile di offrire una '"utilitas" s uperiore, in termini percentuali, al tasso di rivalutazione. Il riconoscimento di interessi costituisce in tale ipotesi una mera m odalità liquidat oria, cui è consentito al giudice di far ricorso col limite costituito dall'impossibilità di calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell'illecito. Non è invece inibito al giudice di riconoscere interessi anche al tasso legale su somme progressivamen te rivalutate; ovvero, sempre sulla somma rivalutata e con decorrenza dalla data del fatto, ma con un 35 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### tasso medio di interesse, in modo da tener conto che essi decorrono su una somma che inizialmente non era di quell'entità e che si è solo progressivamente adeguata a quel risultato finale (Cass., 17 maggio 2005, n. 10354).  22. ### della Cassazione (17 febbraio 1995 n. 1712) hanno stabilito che il risarcimento del danno da fatto illecito deve ricomprendere sia l'equivalente del bene perduto (e q uindi la rivalutazione monetaria al momento del fatto) sia l'equivalente del mancato godimento di quel bene e del suo controvalore monetario per tutto il tempo che intercorr e tra il fatto e la liquidazione ###. La giurisprudenza ha adottato la categoria degli interessi compensativi, allargando la fattispecie di cui all'art. 1499 c.c., i quali prescindono dalla mora e dai presupposti di liquidità ed esigibilità di cui all'art. 1282 c.c.. Gli interessi (che ristorano il danneggiato del mancato guadagno) vanno calcolati sulla somma via via rivalutata di anno in anno. Infatti, deve escludersi che gli interessi siano applicati sulla somma già interamente rivalutata, perché si attribuirebbe al creditore un valore a cui egli non ha diritto.  23. ### va condivisa la giurisprudenza di legittimità per cui nei debiti di valore gli intere ssi compensat ivi costituiscono una modalità liquidatoria del dan no causato dal ritardato pagament o dell'equivalente monetario attuale della somma dovut a all'epoca dell'evento lesivo. Tale danno sussiste solo quando, dal confronto comparativo in unità di pezz i monet ari tra la somma rivaluta ta riconosciuta al creditore al momento della liquidazione e quella di cui egli disporrebbe se (in ipotesi tempestivamente soddisfatto) avesse potuto utilizzare l'importo allor a dovutogli secondo le for me considerate ordinarie nella comune esperienza oppure in impieghi più remunerativi, la seconda somma sia maggiore della prima, solo in tal caso potendosi ravvisare un danno da ritardo, indennizzabile 36 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### in vario modo, anche mediante il meccanismo degli interessi, mentre in ogni altro caso il danno va escluso (Cass., 24 ottobre 2007, 22347). Il giudice del merito è ten uto a motivare il mancato riconoscimento degli interessi compensativi solo quando sia stato espressamente sollecitato mediante l'allegazione della insufficienza della rivalutazione ai fini del ristoro del danno da ritardo secondo il criterio sopra precisato (Cass., sez. L, 2 0/1/2020, n 1111), non essendovi alcun auto matismo nel riconosci mento degli interessi compensativi (Cass., sez. 3, 13/7/2018, n. 18564). È necessaria, dunque, la prova, anche in via presuntiva, del mancato guadagno derivante dal ritardato pagamento, analogamente a quanto richiesto, sul pian o probatorio, la dimo strazione del magg ior danno nell'obbligazione di valuta, ma criteri differ enti (Cass., sez . 3, 8/11/2016, n. 22607). 
Nel caso in esame, la Corte territ oriale ha proceduto alla liquidazione dell'indennizzo in via equitativa, calcolandolo «all'attualità», quindi con una somma ricomprensiva di interessi e rivalutazione fino al momento della decisione. 
Ovviamente, una volta determin ato l'ammontare de l risarcimento «all'attualità», si conv erte in ob bligazione di val uta, sulla quale decorrono gli ordinari in teressi legali dalla data della decisione fino al saldo defin itivo (Cass., sez . 1, 2 0/4/2023, 10634). 
La pred etta specifica allegazione non v'è stata da parte dell'appellante.  24. La sentenza deve, dunque, essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d'appello di Napoli, in diversa composizione, che provvede rà anche sulle spese del giudizio di legittimità.  P.Q.M. 37 RG n. 17619/2022 Cons. Est. ### D'### il primo m otivo; dichiara inammissibile il secondo; rigetta il terzo; cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto, con rinvio alla Corte di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio del 23 ottobre 

causa n. 17619/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Scotti Umberto Luigi Cesare Giuseppe, D'Orazio Luigi

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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 11849/2021 del 06-05-2021

... del reato, la confisca del veicolo venga meno per revoca del giudice, nel caso di svolgimento positivo del lavoro sostitutivo, e possa essere invece disposta per ordine del prefetto, nel caso di esito positivo della messa alla prova. ### è resa ancor più evidente dal fatto che la sanzione amministrativa accessoria della confisca, mentre viene meno per revoca giudiziale nell'ipotesi di svolgimento 4 positivo del lavoro sostitutivo, può essere disposta per ordinanza prefettizia nell'ipotesi di esito positivo della messa alla prova nonostante quest'ultima costituisca una misura più articolata ed impegnativa dell'altra, in quanto il lavoro di pubblica utilità vi figura insieme al compimento di atti riparatori da parte dell'imputato e all'affidamento dello stesso al servizio sociale". In sostanza la sentenza, lungi dallo sconfessare le soluzioni condivise dal Collegio, contiene indicazioni interpretative che non si attagliano all'ipotesi di reato di cui all'art. 9 ter CDS, che - a differenza della guida sotto l'effetto di alcolici - non prevede trattamenti differenziati - quanto all'applicabilità della confisca - in relazione a differenti cause di estinzione del reato. Il ricorso è (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. ###/2019 R.G., proposto da ### rappresentato e difeso dall'avv. ### con domicilio eletto in ####. Ferrari n. 35, presso l'avv. ### -RICORRENTE contro ### - ### GOVERNO, in persona del ### p.t., rappresentata e difesa dall'### dello Stato, con domicilio ex lege in ### Via dei ### n. 12.  -CONTRORICORRENTEavverso la sentenza del Tribunale di ### n. 340/2019, depositata in data ###. 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 17.2.2021 dal ### RAGIONI IN FATTO IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. ### ha proposto opposizione avverso l'ordinanza prefettizia del 5.12.2017, con era stata disposta la confisca del veicolo a causa della violazione dell'art. 9 ter CDS, .nzSciq avendo il ricorrente partecipato ad una gara di velocità nelle vie centrali di ### Nel proporre opposizione il ### aveva dedotto di esser stato sottoposto anche a procedimento penale e che il giudizio si era concluso con pronuncia di estinzione del reato a seguito del positivo superamento della messa in prova, lamentando che la confisca non poteva esser disposta in mancanza di una pronuncia penale di condanna. 
Con sentenza n. 346/2018, il Giudice di pace di ### ha annullato il provvedimento. 
Proposto appello dalla ### di ### il tribunale, esaurita la trattazione, ha integralmente riformato la prima decisione, ponendo in rilievo che era indiscussa la commissione della violazione contestata, tanto emergendo dagli accertamenti svolti dai ### del ### di ### e che, a norma dell'art. 224 ter comma sesto, ### nel caso di estinzione del reato per causa diversa dalla morte del reo, competeva al ### valutare la sussistenza della violazione ed applicare la misura della confisca, sottolineando altresì che anche l'art. 168 ter c.p.c. dispone che l'esito positivo della prova estingue il reato senza pregiudicare l'applicazione delle sanzioni accessorie. 
La cassazione della sentenza è chiesta da ### con ricorso in due motivi, illustrati con memoria.  ### di ### resiste con controricorso. 
Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente infondato, poteva esser definito ai sensi dell'art.  380 bis c.p.c., in relazione all'art. 375, comma prìmo, n. 5 c.p.c., il Presidente ###camera di consiglio.  2. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 9 ter, comma terzo, 224 ter, comma sesto, d.lgs. 285/1992 e 168 ter, comma secondo, c.p.c., ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., sostenendo che l'estinzione del reato a seguito dell'esito favorevole della prova non pregiudica l'applicazione delle sanzioni accessorie 2 solo ove previste dalla legge e che comunque anche il prefetto può applicare la confisca del veicolo solo in presenza di una condanna penale del responsabile della violazione. 
Il secondo motivo deduce la violazione dell'art. 1 L. 689/1981, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c., lamentando che, in palese violazione della norma che autorizza l'applicazione di sanzione accessorie solo ove previste dalla legge, la confisca sia stata disposta in carenza dei relativi presupposti giustificativi. 
I due motivi, che vanno esaminati congiuntamente, sono inammissibili. 
Prima dell'introduzione dell'art. 224 ter CDS, ad opera della L.  120/2010, la possibilità di applicare una sanzione accessoria anche in caso di estinzione del reato era prevista esclusivamente dall'art.  224, comma terzo, ### che, con riferimento alla sospensione o ritiro della patente (e con formulazione del tutto analoga a quella dell'attuale art. 224 ter), dispone tuttora che mentre la declaratoria di estinzione del reato per morte dell'imputato importa l'estinzione delle sanzioni amministrative accessorie, nel caso di estinzione del reato per altra causa, il prefetto procede all'accertamento della sussistenza o meno delle condizioni di legge per l'applicazione di dette sanzioni ai sensi degli articoli 218 e 219 nelle parti compatibili. 
Il medesimo regime è stato esteso dall'art. 44, comma primo, L.  120/2010 anche alle ipotesi in cui è prevista l'applicazione della confisca (sull'evoluzione della normativa, in motivazione, 1419/2016). 
Detta misura è, nello specifico, effetto della violazione dell'art. 9 ter il cui comma terzo, dispone appunto che, con la sentenza di condanna è sempre disposta la confisca dei veicoli dei partecipanti, salvo che appartengano a persona estranea al reato e che questa non li abbia affidati a questo scopo, norma che - attualmente - va quindi coordinata con l'attuale formulazione dell'art. 224 ter CDS. 
Anche la giurisprudenza penale di questa Corte ha avuto occasione dì puntualizzare che l'art. 224 ter, comma sesto, CDS va interpretato 3 nel senso che la verifica dell'applicabilità della confisca del veicolo da parte del ### in caso di estinzione del reato è consentita solo con riferimento a condotte poste in essere dopo l'entrata in vigore della L. n. 120 del 2010 (Cass. pen. 23220/2016). 
Quindi, ove sia intervenuta declaratoria di estinzione del reato per qualunque causa diversa dalla morte, compete al prefetto valutare la sussistenza delle violazioni. 
I precedenti di legittimità citati in ricorso riguardano, infine, il potere del giudice penale di disporre la confisca solo in caso di condanna, il che non esclude anche il potere prefettizio di irrogazione della confisca in caso di estinzione del reato ai sensi del comma terzo dell'art. 224 ter CDS, potere che può essere sollecitato dallo stesso giudice penale o dal PM (su tale ultimo profilo: Cass. 6947/2019). 
Neppure è pertinente il richiamo, meglio specificato nella memoria illustrativa, alla pronuncia della Corte costituzionale n. 75/2020, che ha dichiarato illegittimo l'art. 224 ter DS nel punto in cui konsente al ### di disporre la confisca in caso di positivo superamento della messa alla prova da parte del responsabile del reato di guida sotto l'effetto di alcool. 
Il giudice delle leggi ha considerato che la disposizione - a differenza dell'ipotesi che qui viene in considerazione - precludeva la confisca in caso di estinzione del reato per svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, ma non anche in caso di favorevole esito della messa in prova, rilevando evidenti profili di irragionevolezza nel trattamento normativo delle due ipotesi per il fatto che, "pur al cospetto di una prestazione analoga, qual è il lavoro di pubblica utilità, e pur a fronte della medesima conseguenza dell'estinzione del reato, la confisca del veicolo venga meno per revoca del giudice, nel caso di svolgimento positivo del lavoro sostitutivo, e possa essere invece disposta per ordine del prefetto, nel caso di esito positivo della messa alla prova. ### è resa ancor più evidente dal fatto che la sanzione amministrativa accessoria della confisca, mentre viene meno per revoca giudiziale nell'ipotesi di svolgimento 4 positivo del lavoro sostitutivo, può essere disposta per ordinanza prefettizia nell'ipotesi di esito positivo della messa alla prova nonostante quest'ultima costituisca una misura più articolata ed impegnativa dell'altra, in quanto il lavoro di pubblica utilità vi figura insieme al compimento di atti riparatori da parte dell'imputato e all'affidamento dello stesso al servizio sociale". 
In sostanza la sentenza, lungi dallo sconfessare le soluzioni condivise dal Collegio, contiene indicazioni interpretative che non si attagliano all'ipotesi di reato di cui all'art. 9 ter CDS, che - a differenza della guida sotto l'effetto di alcolici - non prevede trattamenti differenziati - quanto all'applicabilità della confisca - in relazione a differenti cause di estinzione del reato. 
Il ricorso è quindi inammissibile, con aggravio di spese secondo soccombenza. 
Si dà atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, se dovuto.  P.Q.M.  dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad C 2000,00 per compenso, oltre alle spese prenotate a debito. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### sezione 

Giudice/firmatari: Lombardo Luigi Giovanni, Fortunato Giuseppe

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 11837/2025 del 15-12-2025

... parte attore in opposizione, dovendo di conseguenza revocarsi il decreto ingiuntivo emesso. A fronte dell'accoglimento della domanda attorea segue la condanna alle spese di lite, secondo il principio di soccombenza, a propria volta espressione del generale canone della causalità (cfr., in arg., Cass. 25141/06). Considerato il valore della causa (superiore a 5.201,00 euro) e applicati i riferimenti oggi dettati dal d.m. 147/2022, si liquidano - per tutte le fasi processuali - gli importi medi, così per 5.077,00 euro, oltre accessori di legge. P.Q.M. p. 7 Il Tribunale di ### in persona del Giudice dott. ### definitivamente pronunciando nel procedimento in epigrafe indicato, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: − Accoglie la domanda attorea, revocando il decreto ingiuntivo opposto; − condanna ### in persona del legale rapp.te p.t., Sig. ### (####), con sede ### alla ###. ### dei ### 46, al pagamento delle spese di lite a favore di #### A #### IL ### (C.F.: ###) che vengono liquidate in 5.077,00 euro totali, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge; Così deciso, in ### il ### IL GIUDICE dott. (leggi tutto)...

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p. 1 R.G. N. 10383/2024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI NAPOLI XII SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. ### applicato ex art. 3 d.l. n. 117/2025, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di primo grado, introdotta da: ###### IL ### (C.F.: ###) E ### 76, ###'AVV.  ### (C.F.: ###) ### E #### 11, ###### P.T., SIG. ### (####), ### S. ### 46, #####' AVV. ### (CF: ###) #### E.  ###.217, ### E ### p. 2 ###. 1582/2024, DEL 21/03/2024 (R.G. 5755/2024) E ### 28/03/2024; CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E ### DELLA DECISIONE (artt. 132 c.p.c. - 118 disp. att. c.p.c.) La controversia trae origine dal decreto ingiuntivo n. 1582/2024 del Tribunale di ### per contestare l'intimazione di pagamento della provvigione per l'intermediazione immobiliare svolta. 
Il ricorrente rappresenta che, nell'estate 2023, fu avvicinato da soggetti qualificatisi come agenti ### i quali gli proposero l'acquisto di locali confinanti al proprio esercizio commerciale, promettendo un prezzo vantaggioso.  ### manifestò un mero interesse condizionato alla verifica della pretesa economica del venditore e alla possibilità di ottenere un mutuo. 
Per tale preliminare valutazione, gli intermediari gli fecero sottoscrivere il ### una dichiarazione di riconoscimento di € 10.000 a titolo di provvigione qualora il venditore avesse accettato un prezzo di circa € 155.000-160.000. Successivamente, gli stessi lo indussero a formulare un'offerta scritta di € 190.000, supportata da assegno, pur senza che egli avesse mai visionato l'immobile né conosciuto il venditore. 
Dopo pochi giorni, gli intermediari comunicarono di aver ottenuto l'accettazione del prezzo da parte del venditore, ma l'affare non ebbe seguito. 
Nonostante ciò, in data ###, l'agenzia richiese il pagamento immediato della provvigione, condizionando ogni ulteriore attività alla consegna di € 10.000. Tuttavia, nonostante molteplici tentativi, l'affare non si concluse. 
Tanto premesso, l'opposizione si fonda su plurimi motivi. 
In primo luogo, la parte attrice richiama l'art. 1759 c.c., che impone al mediatore obblighi di correttezza e buona fede, inclusa la puntuale informazione sulle circostanze rilevanti per l'affare. Tale obbligo nella prospettazione dell'attore opponente è stato violato, poiché il ### non ha mai ricevuto notizie sullo stato giuridico e urbanistico dell'immobile, privo di certificato di agibilità e con difformità catastali. Inoltre, la scrittura sottoscritta il ### non costituisce allegato alla proposta del p. 3 23/09/2023, né vi è stata intesa sull'entità della provvigione, che, secondo gli usi della ### di ### di ### non avrebbe dovuto superare l'1,5-2% del prezzo.  ### evidenzia che la proposta di acquisto è una mera manifestazione di interesse, priva di elementi essenziali per configurare un preliminare vincolante: mancata visione dell'immobile, assenza di titolo di provenienza chiaro, inesistenza di termini rispettati per il versamento dell'acconto e stipula notarile. In proposito, richiama la giurisprudenza (ord. Cassazione n. 11371/2023) secondo cui il diritto alla provvigione sorge solo se l'affare è concluso, ossia quando si costituisce un vincolo giuridico azionabile ex art. 2932 c.c.; inoltre, invoca l'art. 33 del Codice del ### che qualifica come vessatorie le clausole che determinano un significativo squilibrio tra professionista e consumatore, come quella che attribuisce al mediatore il diritto alla provvigione anche in caso di mancata conclusione dell'affare. 
Si contesta altresì la nullità della clausola relativa al compenso, per difetto di approvazione specifica ex art. 1341 c.c., e l'abusiva utilizzazione di una dichiarazione antecedente come allegato alla proposta. ### richiesto è ritenuto sproporzionato rispetto agli usi e alle condizioni dell'immobile. Infine, si eccepisce l'inesistenza del diritto alla provvigione per difetto di iscrizione della società nel ruolo degli agenti di affari in mediazione, come prescritto dalla L. 39/1989. 
La difesa sottolinea altresì che nessuna compravendita è stata mai realizzata atteso che il bene a trasferirsi sarebbe stato un aliud pro alio. 
La scrittura predisposta dall'agenzia immobiliare secondo la difesa non costituisce un preliminare idoneo alla proposizione di domanda ex art. 2932 c.c., ma al più, una pura manifestazione d'interesse che non obbliga a riconoscere alcun compenso.  ###, nella prospettazione attorea, ha indotto in errore il ### presentando l'immobile in maniera difforme dalla realtà, senza aver mai fornito alcuna documentazione sulla proprietà e sulla sua conformità edilizia. 
La difesa in proposito evidenzia plurimi profili di illegittimità poiché l'immobile di via ### 17/19/21 è stato abusivamente accatastato come un unico subalterno n. 150, senza autorizzazioni edilizie alla fusione di tre unità autonome con diverse categorie catastali e destinazioni d'uso. Inoltre, la superficie dichiarata di “170 mq” è difforme p. 4 rispetto alla consistenza catastale di soli 128 mq. Mancano titoli di provenienza per due delle tre unità, essendo la denuncia di successione un mero atto dichiarativo privo di valore probatorio. La relazione tecnica conferma la non regolarizzazione e la conseguente intrasferibilità del bene. 
Si eccepisce inoltre che la prestazione non è stata svolta dall'amministratrice in carica, ### mai conosciuta dal ### e che la società ha “pubblicamente confessato” ex art. 2709 c.c. di non vantare crediti verso terzi al 31/12/2023, come risulta dal bilancio approvato il 26 giugno 2024. Infine, si contesta l'inapplicabilità della dichiarazione di riconoscimento della provvigione di € 10.000, sottoscritta il ### in relazione alla prima proposta di acquisto, poi decaduta; la successiva proposta del 23/09/2023 non conteneva alcun nuovo accordo sulla provvigione, sicché l'opposta ha abusivamente utilizzato la dichiarazione perenta. 
Pertanto, chiede di accogliere l'opposizione con revoca del decreto ingiuntivo e in via subordinata, qualora fosse riconosciuto un compenso, di quantificarlo nella misura del 2% sul prezzo di € 190.000, secondo gli usi locali. 
Si è costituita regolarmente la convenuta opposta ### S.r.l., contestando integralmente le deduzioni avverse, sostenendo che l'opposizione è destituita di fondamento e contrastante con il reale svolgimento dei fatti. 
La convenuta prospetta che il ### era fortemente interessato all'acquisto e che nessun adescamento è avvenuto in danno del ### rappresentando unicamente attività di promozione alla vendita.  ### la convenuta, dopo aver visionato l'immobile in più occasioni, anche in presenza di un tecnico di fiducia, il ### sottoscrisse il ### una prima proposta di acquisto per € 180.000 con “contestuale riconoscimento del compenso provvigionale in misura fissa di € 10.000,00 oltre Iva”. 
La proposta fu rifiutata dal venditore, ma il ### il ### presentò una nuova offerta di € 190.000, poi accettata, confermando il precedente accordo sulla provvigione, di cui la convenuta di conseguenza vanta diritto. p. 5 Ebbene, secondo il Tribunale la domanda attorea in opposizione è fondata e deve essere accolta, in relazione alla presenza di irregolarità urbanistiche dell'immobile per cui è stata svolta la mediazione. 
Preliminarmente, il Tribunale osserva che la proposta di acquisto reca tutti gli elementi essenziali affinché la stessa possa spiegare gli effetti di un preliminare di compravendita. 
In proposito occorre fare riferimento alle coordinate ermeneutiche tracciate dalla Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. n. 4628/2015 e Cass. 20132/2022) per cui “al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l'affare deve ritenersi concluso quando… si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l'esecuzione specifica del negozio”. 
Inoltre, non è applicabile l'invocato disposto del ### del ### poiché il contratto è stato sottoscritto tra parti private - promissari acquirente e venditore - e non con un professionista, che nella specie ha solo mediato l'affare. 
Peraltro, in ordine alla capacità legale della società, deve evidenziarsi che la stessa è regolarmente iscritta al Registro delle ### e al REA di ### e che sia l'ex amministratrice, ### sia l'attuale amministratore, ### risultano iscritti quali agenti d'affari in mediazione. Pertanto, l'eventuale mancata iscrizione di collaboratori non assume rilievo, trattandosi di attività meramente accessorie. 
Con riferimento alla conclusione dell'affare, è astrattamente applicabile l'articolo 1755 del codice civile, in relazione al quale la giurisprudenza di legittimità precisa che l'incontro tra proposta e accettazione ha perfezionato un contratto preliminare di compravendita, fonte di obbligazioni reciproche e tutelabile in forma specifica ai sensi dell'articolo 2932 c.c.; nel caso di specie, infatti, la proposta prevedeva che con la conoscenza dell'accettazione il vincolo giuridico si sarebbe manifestato, radicando a tutti gli effetti la costituzione di contratto preliminare. 
È altresì valido astrattamente l'accordo sulla provvigione, poiché il documento sottoscritto il primo agosto 2023 è stato confermato con la seconda proposta. p. 6 Tuttavia, ancorché in presenza di astratto titolo a chiedere il compenso provvigionale, il Tribunale ritiene fondata la pretesa dell'attore in opposizione in relazione ai profili di irregolarità dell'immobile non compiutamente rappresentati al ### In particolare, l'immobile di via ### 17/19/21 è stato abusivamente accatastato come un unico subalterno n. 150, senza autorizzazioni edilizie alla fusione di tre unità autonome con diverse categorie catastali e destinazioni d'uso. Inoltre, la superficie dichiarata di “170 mq” è difforme rispetto alla consistenza catastale di soli 128 mq. 
Mancano titoli di provenienza per due delle tre unità, essendo la denuncia di successione un mero atto dichiarativo privo di valore probatorio. La relazione tecnica conferma la non regolarizzazione e la conseguente intrasferibilità del bene. 
Tali aspetti, decisamente determinanti per la conclusione dell'affare, pienamente conoscibili per il mediatore, non sono stati adeguatamente prospettati al ### il quale pertanto non ha provveduto a pagare la provvigione. 
Sul punto è idonea a rappresentare la fondatezza della domanda attorea la giurisprudenza di legittimità (Cass. 9612/2023; Cass. 11371/2023) secondo cui il diritto alla provvigione sorge solo con la conclusione dell'affare e che “la mancata informazione del promissario acquirente sull'esistenza di una irregolarità urbanistica o edilizia non ancora sanata della quale il mediatore stesso doveva o poteva essere edotto, rende lo stesso responsabile verso il cliente e può essere fatta valere dall'acquirente sia chiedendo al mediatore il risarcimento del danno, sia rifiutando il pagamento della provvigione”. 
Pertanto, è corretto il rifiuto alla provvigione da parte attore in opposizione, dovendo di conseguenza revocarsi il decreto ingiuntivo emesso. 
A fronte dell'accoglimento della domanda attorea segue la condanna alle spese di lite, secondo il principio di soccombenza, a propria volta espressione del generale canone della causalità (cfr., in arg., Cass. 25141/06). 
Considerato il valore della causa (superiore a 5.201,00 euro) e applicati i riferimenti oggi dettati dal d.m. 147/2022, si liquidano - per tutte le fasi processuali - gli importi medi, così per 5.077,00 euro, oltre accessori di legge.  P.Q.M. p. 7 Il Tribunale di ### in persona del Giudice dott. ### definitivamente pronunciando nel procedimento in epigrafe indicato, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: − Accoglie la domanda attorea, revocando il decreto ingiuntivo opposto; − condanna ### in persona del legale rapp.te p.t., Sig. ### (####), con sede ### alla ###. ### dei ### 46, al pagamento delle spese di lite a favore di #### A #### IL ### (C.F.: ###) che vengono liquidate in 5.077,00 euro totali, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge; Così deciso, in ### il ### IL GIUDICE dott.

causa n. 10383/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Angelo Rubano

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Corte di Cassazione, Sentenza n. 12258/2025 del 09-05-2025

... testamento olografo del 7 luglio 1988 aveva implicitamente revocato l'istituzione di ### do quale erede universale, disposta dalla de cuius con il precedente testamento del 25 dicembre 10 di 17 1986, in contrasto con il principio di conservazione delle precedenti disposizioni. 2.1. Il motivo è infondato. 2.2. ### t. 682 c.c. afferma che il t estamento posteriore, che non revoca in modo espresso i precedenti, annulla in questi soltanto le disposizioni che sono con esso incompatibili, sulla base del principio generale di conservazione delle disposizioni di ultima volontà. Nell'ipotesi di più testamenti successivi, il posteriore, qu ando non revoca in modo espresso il precedente, annulla in qu esto solo le disposizioni incompatibi li, in applicazione del generale principio di conservazione delle disposizioni di ultima volontà. Fuori dall'ipotesi di revoca espressa di un testamento, può ricorrere un caso di incompatibilità oggettiva o intenzionale tra il testamento precedente e quello successivo; sussistendo la prima ipotesi allorché, indipendentemente da un intento di revoca, sia materialmente impossibile dare contemporanea esecuzione alle disposizioni contenute in entrambi gli atti, mentre (leggi tutto)...

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SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 17682/2020 R.G. proposto da: ##### rappresentati e di fesi dall'avvocato ### - ricorrenti - contro ### rappre sentata e di fesa dall'avvocato #### -controricorrente avverso la SENTENZA di CORTE D'### n. 473/2020 depositata il ###. 
Udita la relazi one del la causa svolta nella pubblica udien za del 17/12/2024 dal ### 2 di 17 ### 1.### citò in gi udizio innanzi al Tribunale di ### per chiedere di dichiarare aperta la successione della madre ### e di disporre dei beni relitti sulla base del testamento olografo del 7.7.1988, che avev a confermato il testamento del 3.5.1988.  ### espose che la de cuius, con un primo testamento del 3.5.88, aveva lasciato a lei ed alla sorella ### premorta in data ###, l'immobile sito in ### via ### n. 24 ed al figlio ### l'immobile in ### via ### n. 20, nulla disponendo in ordine agli altri immobili di proprietà. 
Successivamente, con altro testamento olografo del 10.5.1988, aveva nominato il figlio ### erede universale ma, con altro testamento olografo del 7.7.1988, la de cui us aveva annullato il testamento del 10 .5.1988, confermando il primo testamento del 3.5.1988.  1.1. ### si costituì per resistere alla domanda, sostenendo di essere erede universale di ### sulla base di un altro testamento del 25.12.1986 per notar ### sostenne che detta disposizione era stata confermata con il testamento del 10.5.1988.  1.2. ### unale di ### innanzi al quale la causa ven ne riassunta in seguito alla dichiarazione di incompetenza del Tribunale di ### dichiarò aperta la successione di ### sulla base dei testamenti del 7.7.1988 e del 3.5.1988.  ### ibunale statuì che entrambi i figli erano eredi legittimi in parti uguali e qualificò le disposizioni testamentarie del 3 maggio 1988 come prelegati. 3 di 17 Con sent enza definitiva del 21 -22 novembre 2012, il Tribunale dispose lo scioglimento della comunione ereditaria e l'attribuzione dei beni agli eredi, determinando i conguagli.  1.3. ### propose appello per chiedere di essere dichiarato erede universale, con condanna della sorella al pagamento dei frutti, con interessi e rivalutazione e chiese il rendimento dei conti della gestione dei beni ereditari di cui la predetta aveva avuto il possesso sine titu lo. ### te dedusse che la mad re era stata in dotta da terzi all a redazione del s econdo testamento, trovandosi in una situazione di ass oluta dipendenza dalle figli e e che non aveva mai inteso annullare il primo testamento del 25.12.1986. 
In sede d'appello, ### chiese la sospensione del giudizio di divisione, in attesa del la definizione della causa pendente presso il tribunale di ### con la quale av eva chiesto dichiararsi l'acquisito della proprietà per usucapione di alcuni immobili oggetto della divisione.  1.4. La Corte di ### o di ### con sentenza del 24.2.2020, rigettò l'istanza di sospensione del giudizio, affermando la mancanza di presupposti per la pregiudizialità del giudizio di usucapione ex art.  295 c.p. c., anche alla luce del prin cipio di ra gionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, della ### Nel merito, confermò che la successione andasse regolata secondo i testamenti del 7.7.1988 e del 3.5.1988, ritenuti validi ed efficaci, non essendoci prova dell'incapacità di intendere e di volere della de cuius, né che questa av esse subito viole nza fisica o psicologica, com e confermato dalle perizie, grafologica e medico-legale. 
La Corte d'appello ritenne che il testamento del 25.12.1986, con il quale aveva nominato ### do erede univers ale, non fosse 4 di 17 compatibile con la volontà espre ssa nell'ulti mo testamento, che ritenne implicitamente revocato. 
Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte di merito ritenne che l'appellante non avesse indicato i prelevamenti da effettuare sulla collazione per imputazione e dispose la divisione dell'asse relitto, calcolando il valore dei beni residui al momento della divisione.  2. Avverso tale decisione gli eredi di ### hanno proposto ricorso per cassazione articolato su otto motivi.  2.1. ### ha resistito con controricorso.  2.2. ### in persona della Dott.ssa ### ha chiesto il rigetto del ricorso.  2.3. In prossimi tà dell'udienza, il ricorrent e ha depositato memoria illustrativa.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce l'erroneità della sentenza della Corte d'appello per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 295 c.p.c., in relazi one all 'art. 360, comma 1, n.3 c.p.c. e per vizio di motivazione, per aver rigettato l'istanza di sospensione del presente giudizio in attesa del passaggio in giud icato del la domanda di usucapione dal medesimo proposta e tuttora pendente. Il ricorrente sostiene che la prosecuzione del giudizio di divisione possa condurre ad un contrasto di giudicati in caso di accoglimento della domanda di usucapione in quanto tal i beni sarebbero esc lusi dalla massa ereditaria. 
Il ric orrente ravvisa un'ipotesi di sospensione obbligatoria, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., che obbliga il giudice della causa pregiudicata di sospendere il giudizio in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice debba risolvere una controversia, dal la cui definizi one dipende la decisione della causa. 5 di 17 1.1. Il motivo è infondato.  1.2. Va opportunamente rilevato che la problematica relativa al nesso di pregiudizialit à tra cause ed alla sospensione del giudizio pregiudicato è stata oggetto di interventi da parte della giurisprudenza di questa Corte, che, dopo la risalente sentenza delle ### N. 2619/1975, è intervenuta con altre due pronunce, la sentenza N. 10027/2012, ribadita in parte qua con la sentenza delle ### N. 21763/21. 
Recentemente, la ###, con ordinanza del 29.10.2024, n.27927 ha rimesso all e ### la questione relativa alla distinzione, ai fini della sospensione del giudizio, tra pregiudiziale in senso logico (o punto pregiudiziale) e pregiudiziale in senso tecnico. 
Nell'ordinanza di rimessione è richiamata la nozione di pregiudizialità logica, che consiste in circostanze che rientrano nel fatto costitutivo del diritto dedotto in causa, distinta dal la pregiudizialità in senso tecnico, consistente in “circostanze distinte e indipend enti dal fa tto costitutivo che può dar luogo a un giudizio autonomo”. 
La Corte remittente ha osservato che la distinzione dogmatica tra i due istituti, risalen te al distinguo operato dalle ### oni ### con sentenza N. 2619/1975, si è rivelata inadeguata sul piano pratico , dando origine ad interpretazioni ondivaghe ed in costanti nella giurisprudenza anche di legittimi tà ed ha osservato che anche dal punto di vista teorico sia arduo spiegare come una questione possa, nello stesso tempo, essere “indipendente” dal fatto costitutivo della domanda, ma costituirne un “presupposto giuridico”.  1.3. ### di rimessione, ad avviso del collegio, non incide sulla soluzione giuridica da adottare nel caso in esame, in cui la domanda di usucapione è stata introdotta dal condi vident e mentre era pendente il giudizio d'appello della causa di divisione. 6 di 17 Orbene, il giudizio di divisione si compone di una fase dichiarativa, avente ad oggetto l'accertament o della comunio ne e del relativo diritto potestativo di chiederne lo scioglimento, e di una esecuti va, volta a trasformare in porzioni fisicamente individuate le quote ideali di comproprietà sul bene comune. 
Con rifer imento alla prima fase, infatti, l'ordinan za che, ai sensi dell'art. 785 c.p.c., disponga la divisione, al pari della sentenza che, in base all'u ltimo in ciso della menzionata disposizione, statuisca in maniera espressa sul diritto allo scioglimento della co munione, ancorché non possieda eff icacia di giud icato, preclude un diverso accertamento in altra sede ###quanto la non contestazione attribuisce all'esito finale del procedimento, che si concluda con l'ordinanza non impugnabile ex art. 789, comm a 3, c.p. c., la medesima stabilità del giudicato sul diritto allo scioglimento della comunione pronunciato con sentenza (Cassazione civile sez. II, 07/02/2018, n.2951). 
Il giudizio di divisione, pur potendo articolarsi in una molteplicità di fasi per la risoluzione delle varie controversie che possono sorgere tra i condividenti, presenta, tuttavia, un carattere unitario e nell'ambito di esso n on possono essere riproposte qu estioni la decisione del le quali sia divenuta irrevocabile per l'esaurimento rispetto ad esse dei mezzi di impugnazione. 
Costituisce tipicamente co ntestazione del diritto alla divisione, da risolvere con sentenza non definitiva, la deduzione con la quale uno dei condividenti neghi l'appartenenza alla massa di un singolo bene oggetto della domanda (Cass. n. 6960/1996). 
Coerentemente con tale im postazione è stato precisato che il soggetto che vanti l'acquisto della proprietà di un bene immobile per usucapione non può, nel contemp o, introdurre un giudizio per la 7 di 17 divisione del bene stess o, poiché la relat iva domanda si pone i n termini di ass oluta incompati bilità con l'origin aria pretesa di usucapione (Cass. n. 8815/1998). 
Così come il compartecipe che si ritenga proprietario per usucapione di un be ne in comuni one non può in iziare il gi udizio di divisione, parimenti, nel cas o in cui sia convenuto da un o o più degli a ltri comproprietari, deve fare valere l'avvenuta usucapione in tale giudizio poiché la division e, accertando i diritt i delle parti sul presupposto di una co munione di beni indivisi, presuppone il riconoscimento dell'appartenenza delle cose in comunione; ove egli, al contrario, non contesti il diritto alla divisione di quel determinato cespite o resti cont umace, non può opporre successivamente l'usucapione al condividente cui detto bene sia stato assegnato o al terzo aggiudicatario dello stesso in seguito a vendita all'incanto, salvo che non possa impugnare la divisione contestandone il presupposto e deducendo un titolo di pos sesso diverso da ogni altro che possa derivargli dalla disciolta comunione (### 2 , Sentenza n. 15504 del 13/06/2018). 
Tale orientamento può dirsi consolidato nella giurisprudenza di questa Corte e ribadito in modo chiaro e persuasivo da Cassazione civile II, 02/04/2024, n.8641, che, pur affermando l'esistenza di un nesso di pregiudizialità-dipendenza in senso tecnico-giuridico tra il giudizio di usucapione e quello di divisione, ha richiamato gli approdi cui sono giunte le ### con sentenza N. 10027/2012, ribadita in parte qua dalla sentenza delle ### N.21763/21 e dall'ordinanza 9470/22. 
In tal i decisioni è stato affermato che la sospensione ex art. 295 c.p.c. della causa di pendente è ne cessaria fintanto che la causa pregiudicante penda in primo grado, mentre, una volta che questa sia 8 di 17 stata definita con sentenza non passata in giudicato, il giudice della causa dipendente può, alternativamente, scegliere di conformarsi alla predetta deci sione, ovvero attendere la sua stabi lizzazione con il passaggio in gi udicato, attraver so, però, il ricorso all'eser cizio del potere facoltativo di sospensione previsto dall'art. 337, comma 2, c.p.c., ovvero, ancora, decidere in senso difforme quando, sulla base di una ragionevole valutazione prognostica, ritenga che la sentenza emessa nella causa pregiudicante possa essere riformata o cassata. 
Ne co nsegue che, mentre la so spensione del process o adottata ai sensi dell'art. 337, cpv. c.p.c. è suscettibile d'impugnazione mediante il regolamento di competenza, nei limiti specificati dai precedenti di questa Corte (Cas s. N. 14146/2020; Cass. Civ. N. 16142/2015 e Cass. N. 23977/2010), non è altrettanto possibile impugnare - né col regolamento ex art. 42 c.p.c. né col ricorso ordinario per cassazione - il diniego di tale sospensione, dato il suo carattere lat amente facoltativo e l'applicabilità, in caso di contraddittorietà di giudicati, dell'art. 336, cpv. c.p.c. 
Esse si pongono nella giusta ottica di limitare per quanto possibile i casi di app licazione dell'art. 295 c.p.c. per evitare l'enorm e dilatazione della durata dei process i che la sospensi one necessaria comporterebbe, e quindi, per assicurare, nella sua effettività , il principio della durata ragionevole del processo, nella specie di quello "pregiudicato", esigenza alla quale contribuisce una razionale e mirata concezione dell'ambito e dei presupposti di operatività dell'art. 337 c.p.c., comma 2. 
Fin tanto che la causa pregiudicante penderà in primo grado, la causa dipendente resterà co munque soggetta a sospensione ai sen si dell'art. 295 c.p.c. 9 di 17 ### di cui alla sentenza delle ### 10027/2012 ha cercato, pertanto, di coordinare la disciplina dell'art.  295 c.p. c. con le norme e i principi che hanno inciso sul la nuova impostazione del sistema processualcivilistico in generale, implicante la necessaria valorizzazione di un'interpretazione costituzionalmente orientata come imposta dalla diretta applicazione dell'art. 6 CEDU e dell'art. 111 Cost., commi 1 e 2. 
Pertanto, salvi i casi in cui la sospensi one del giudizi o sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione normativa specifica, che richieda di attender e la pronuncia co n efficacia di giudi cato sulla causa pregi udicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicat o, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obblig atoria ai sensi dell'art. 295 c.p.c., ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell'art. 337 c.p.c., comma 2, applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell'art. 336 c.p.c., comma 2.  1.4. Applicando detti principi al caso di specie, è corretta la decisione della Corte d'appello, che ha rigettato la domanda di sospensione del giudizio di divisione in attesa del passaggio in giudicato della causa di usucapione, introdotta dal convenuto dopo la sentenza di primo grado.  2.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 682 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n.3 c.p.c., nella parte in cui la Corte d'appello ha statuito che il testamento olografo del 7 luglio 1988 aveva implicitamente revocato l'istituzione di ### do quale erede universale, disposta dalla de cuius con il precedente testamento del 25 dicembre 10 di 17 1986, in contrasto con il principio di conservazione delle precedenti disposizioni.  2.1. Il motivo è infondato.  2.2. ### t. 682 c.c. afferma che il t estamento posteriore, che non revoca in modo espresso i precedenti, annulla in questi soltanto le disposizioni che sono con esso incompatibili, sulla base del principio generale di conservazione delle disposizioni di ultima volontà. 
Nell'ipotesi di più testamenti successivi, il posteriore, qu ando non revoca in modo espresso il precedente, annulla in qu esto solo le disposizioni incompatibi li, in applicazione del generale principio di conservazione delle disposizioni di ultima volontà. 
Fuori dall'ipotesi di revoca espressa di un testamento, può ricorrere un caso di incompatibilità oggettiva o intenzionale tra il testamento precedente e quello successivo; sussistendo la prima ipotesi allorché, indipendentemente da un intento di revoca, sia materialmente impossibile dare contemporanea esecuzione alle disposizioni contenute in entrambi gli atti, mentre si configura la seconda ipotesi quando, dal contenuto del testamento successivo, si evinca la volontà del testatore di revocare, in tutto o in parte, quello precedente e, dal raffronto del complesso delle dis posizioni o di sin gole previsioni contenute nei due atti, si desuma che il contenuto della volontà più recente del testator e è inconciliab ile con quan to risultant e dall'atto antecedente. La relativa indagine, involgendo apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, non è censurabile in sede ###per vizio attinente alla motivazione (Cass. civ. N. 11587/17, Cass. N. 29875/23; Cassazione civile sez. II, 12/11/1983, n.6745).  2.3. Nel caso di specie la Corte d'### con apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, ha ritenuto che il testamento del 7 luglio 1988, che aveva revocato il testamento del 10 maggio 1988 11 di 17 (con cui era stato nomi nato ### rello erede universale), confermando quello del 3.5.1988 (con cui la de cuius disponeva dei propri be ni in favore dei du e figli), impl icasse anche la revoc a del precedente testamento del 25.12.19 86 (con cui er a stato istitu ito erede il fig lio), essendo quest'u ltimo incompatibile co n le volontà espresse successivamente. 
Tale pl ausibile interpretazione della volon tà del testatore è stata tratta dalla disposizione contenuta nel testamento del 7/7/88, con cui la de cuius scrisse: “annullo il testamento rilasciato a mio figlio ### scritto in un momento di depressione morale”, essendo chiaro che la sua volontà fosse quella di revocare l'istituzione di erede universale in favore del figlio.  3. Il terzo, qu arto e quinto moti vo di ricorso censurano, sotto vari profili, la sentenza della Corte d'appello nella parte in cui ha rigettato i motivi di impugnazione volti ad ottenere i prelevamenti dalla massa ereditaria di beni corrispondenti per natura e qualità a quelli donati dalla de cuiu s a Tin nirello ### ed oggetto di collazione per imputazione.  3.1. In particolare, con il terzo motivo di ricorso, si deduce l'omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n.5 c.p.c., lad dove la Corte d'appello ha affermato che ### non avrebbe indicato i beni oggetto dei prelevamenti.  3.2. Con il quarto motivo di ricorso si deduce l'omesso esame di uno e/o più fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazio ne all'art. 360, comma 1, n.5 c.p. c., nella parte in cui la sentenza del la Corte d'appello ha affermato che ### non av eva sollevato cont estazioni specifiche avverso la 12 di 17 valutazione dei beni ereditari oggetto del progetto di divisione redatto dal CTU nominato dal Tribunale.  3.3. Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 724, 725, 726 e 747 c.c., in relazione all'art.  360, co mma 1, n.3 c.p.c., nella parte in cui la Corte d'ap pello ha rigettato il moti vo d'appello e le correlative domande di ### diretti ad ottenere i prelevamenti sulla collazione per imputazione dei beni ricevuti in donazione da ### ed ha rigettato, altresì, implicitamente l'istanza di CTU volta ad ottenere la stima dei beni oggetto di tali prelevamenti alla data della apertura della successione.  3.4. I motivi, che per la loro conn essione vanno trattati congiuntamente, sono fondati.  3.5. A norma dell' art. 724 c.c., comma 1, i coeredi tenuti all a collazione conferiscono tutto ciò che è stato loro donato.  ###. 725 c.c., nel disciplinare i prelevamenti, stabilisce che se i beni donati non so no conferiti in natura, gli altri eredi prelevano dalla massa ereditaria beni in proporzione delle loro rispettive quote.  ###. 746 c.c., al comma 1, dispon e che la collazione di un ben e immobile si fa o col rendere il ben e in natura o con l'im putarne il valore alla propria porzione, a scelta di chi conferisce. 
La collaz ione per imputazione si fa avuto riguardo al va lore dell'immobile al tempo della aperta successione (art. 747 c.c.).  3.6. Come costantement e affermato da questa Corte, la coll azione per imputazione si differenzia da quella in natura per il fatto che i beni già oggetto di donazione rimangono di proprietà del medesimo donatario; sicché, ove il condividente abbia optato per la prima, la somma di denaro corr ispondente al va lore de l bene donato, quale accertato con riferimento alla data di apertura della successione, 13 di 17 viene sin da quel momento a far parte della massa ereditaria in sostituzione del bene donato (Cassazione civile sez. II, 14/02/2022, n.4671; Cass. Sez. 6 - 2, Or dinanza n. 9177 del 12/04/2018 Rv .  648226; Sez. 2, Sentenza n. 5659 del 20/03/2015 Rv. 634713; 2, Sentenza n. 25646 del 23/10/2008 Rv. 605509). 
Sempre la giurispruden za di questa Corte ha precisato che la collazione ereditaria costituisce, in entrambe le forme previste dalla legge - conferimento del bene in natura oppure per imputazione - uno strumento giuridi co volto alla formazione della massa er editaria da dividere al fine di assicu rare, nei reciproci rapporti tra i coeredi condividenti, equilibrio e parità di trattamento, al fine di non alterare il rappor to di valore tra le rispettive quote, da determi narsi, in relazione alla misura del diritto di ciascun condividente, sul la base della sommatoria del relictum e del donatum al momento dell'apertura della successione, sì da garantire a ciascun condividente la possibi lità di conseguire una quantità di beni proporzionata alla rispettiva quota. 
La differ enza tra i due tipi di collazion e sta nel fatto che, mentre quella in natura si realizza in un'unica operazione per la quale si determina un effettivo incremento dei beni in comunione e da dividere, quella per impu tazione viene attuata in du e fasi, id est dapprima con l'addebito del valore del bene donato a carico della quota spettante all 'erede donatario e, poi, con il prelevamento, e x art. 725 c.c., d'u na corrisp ondente qu antità di beni da parte degl i eredi non donatari, in guisa che so ltanto nella coll azione per imputazione e non anche in qu ella in natura i beni già oggetto di donazione rimango no di proprietà del coerede donatario, il quale li può trattenere in forza della pregres sa donazione, ver sando all a massa solo l'equivalente pecuniario. 14 di 17 In altri termini, la collazione per imputazione costituisce, di fatto, una fictio iu ris, per effetto della quale il coerede che, a seguito di donazione operata in vita dal de cuiu s, abbia già anti cipatamente ricevuto un a parte dei beni a lui altrim enti destinati solo con l'apertura della succes sione, ha diritto a ricevere beni ereditari in misura ridotta rispetto agli altri coeredi , tenuto conto del valore di quanto precedentemen te donatogli determinato al detto moment o dell'apertura della successione, senza che i beni ogg etto della collazione tornino materialm ente e giuridicamente a far parte della massa ereditaria, incidendo i medesimi esclusivamente nel computo aritmetico delle quote da attribuire ai singoli co eredi secondo l a misura del di ritto di ciascuno (cfr . Sez. 2, Sentenza n. 1455 3 del 30/07/2004 Rv. 575113). 
I beni che i coer edi non donatar i possono prelevare dalla massa ereditaria a seguito della collazione per imputazione effettuata dai coeredi donatari devono, pertanto, essere stimati per il valore che avevano all'epoca dell'apertu ra della successione e non già al momento della divisione, perché detti prelevamenti, pur costituendo una delle fasi in cui si attua la divisione, non si identificano con le operazioni divisionali vere e proprie, avendo, al pari della collazione, il prevalente scopo di ass icurare la parità di trattamento fra coeredi donatari e coeredi non donatari (Cassazione civile sez. II, 03/05/2024, n.12068) 3.7.Tali principi non sono stati correttamente applicati dalla sentenza impugnata. 
Una vo lta effettuata la collazione per im putazione dei beni donati dalla de cuius alla figlia ### e alienati dalla stess a, avrebbero dovuto essere effettuati i prelevamenti d a parte del coerede non donatario. 15 di 17 La stima di detti prelevamenti andava effettuata con riferimento alla data del l'apertura della successione, mentre la Corte d'appel lo è incorsa nel duplice er rore di non eff ettuare i prelevamenti e di valutare i beni residui facenti parte della massa ereditaria con riferimento al momento della divisione. 
Mentre i beni conferiti in collazione per imputazione da ### sono stati correttamente stimati con riferimento al valore al momento dell'apertura della successione, la Corte d'appello ha omesso di effettuare i prelevamenti da parte del coerede non donatario con beni della stessa natura e qualità. 
Detti prelevamenti, pur costituendo una delle fasi in cui si attua la divisione, non si identifica no con le oper azioni divisionali vere e proprie, av endo, al pari della collazione, il prevale nte scopo di assicurare la parità di trattamento fra coeredi donatari e coeredi non donatari. 
La decisione della Corte d'appello non ha evidentemente assicurato la par co ndicio tra gl i eredi, risul tato che viene raggiunto, in caso di collazione per imputazione, solo ove i prelevamenti avvengano con beni della stessa natura e qualità di quelli che non sono stati conferiti in natura. 
La sentenza impugnata deve, pertanto essere cassata in relazione a tali motivi, con rinvio alla Corte d'appello di ### che si adeguerà al seguente principio di diritto: “La co llazione per imputazione viene attuata in due fasi : dapprim a con l'addebi to del valore del bene donato a carico della quota spettante all'erede donatario e, poi, con il prelevamento, ex art. 725 c.c., d'una corrispondente quantità di beni da parte degli eredi non donatari”. 16 di 17 “I beni che i coe redi non donatari possono prelevare dalla massa ereditaria a seguito della collazione per imputazione effettuata dai coeredi donatari devono essere stimati sulla base del valore che avevano all'epoca dell'apertu ra della successione e non già al momento della divisione”.  4. E ' assorbito il ses to motivo di ricorso, con il quale si dedu ce la violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n.4, c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda di condanna della ###ra ### a rendere il conto della gestione dei beni ereditari di cui avrebb e avuto il possesso sine titu lo ed al pagamento del la relativa fruttificazione.  5. Va, altresì, dichiarato assorbito l'ottavo motivo di ricorso, con cui si deduce la violazi one e/o falsa app licazione degli artt. 96 e segg .  c.p.c., in re lazione all'art. 360, co mma 1, n.3, c.p.c., nella parte relativa alla regolamentazione delle spese di lite.  6. Deve, invece, essere rigettato il settimo motivo di ricorso, con il quale si deduce l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all'art. 360, comma 1, n.5, c.p.c., nonché la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell'art. 2697 cod. civ., nonché dell'art. 24 Cost., in relazione all'art. 360, n.3, c.p.c., per avere la Corte d'appello rigettato la domanda del ricorrente diretta ad ottenere l'imputazione alla massa ereditaria relitta da ### dei beni mobili, di ingente valore, descr itti nell'inventario prodotto dal ricorrente nel corso del gi udizio di prim o grado. In particolare, si deduce che l a Corte d'appello non abbia tenuto conto che il Tribunale, nel rigettare la richiesta di prova per testi volta a confermare la presenza di detti beni mobili nell'abitazione della de c uius, avrebbe affermato che si trattava di circostanza non contestata. 17 di 17 6.1. La Corte d'appello, al fine della formazione della massa ereditaria della de cuius, ha preso in considerazione tutti i beni mobili rinvenuti nell'abitazione ed elencati dal CTU nel corso dei sopralluoghi, non potendo attribuirsi valore probatorio ai beni indicati nell'inventario dal ricorrente perché contestati da ### Nel giungere a tale conclusione la Corte d'appello non era certamente vincolata dall'ordinanza del Tribunale in ordine alle istanze istruttorie, né il ricorrente ha allegato in modo specifico l'atto pro cessuale dal quale risultava che ### non a vesse contestato la circostanza della presenza di tali beni nell'abitazione della de cuius.  7. In definitiva, devono essere accolti il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, rigettati il primo, secondo e settimo e dichiarati assorbiti i restanti. 
La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d'appello di ### in diversa composizione. 
Il giudice di rinvio regolerà le spese del giudizio di legittimità.  P.Q.M.  accoglie il terzo, quarto e quinto motivo di ricorso, rigetta il primo, il secondo ed il settimo e dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d'appello di ### in diversa composizione. 
Così deciso in ### nella ### di Consiglio della ### 

Giudice/firmatari: Manna Felice, Giannaccari Rossana

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