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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 12085/2025 del 20-12-2025

... fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta”; 2) nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subìta di cui il proprietario chieda il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato; 3) nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subito, quale quello che, in mancanza dell'occupazione, egli avrebbe concesso il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o che lo avrebbe venduto ad un prezzo più conveniente di quello di mercato. Orbene, nel caso in esame, parte attrice non ha allegato né tanto meno provato che al mancato godimento della parte dell'area scoperta occupata dall'avancorpo (leggi tutto)...

testo integrale

n. ###/2019 r.g.a.c.  REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Di Napoli Quarta Sezione Civile Il Tribunale di Napoli - nella persona del Giudice Unico dott.ssa ### - ha pronunciato la seguente ### procedimento iscritto al numero ### del ### degli ### dell'anno 2019, riservato in decisione all'udienza dell'8.7.2025, avente ad oggetto: azioni a tutela della proprietà TRA ### nato a Napoli il ### (C.F. ###) rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avv. ### ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultima sito in Napoli alla via G. Porzio n. 4 - Is. ##### nata a Napoli il ### (C.F. ###), rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dagli avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliata presso lo studio di questi ultimi sito in Napoli alla via ### n. 14; CONVENUTA - attrice in riconvenzionale #### nata a Napoli il ### (C.F. ###) e ### nato a #### il ### (C.F.  ###), rappresentati e difesi, giusta procura in atti, dall'avv.  ### ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo, sito in Napoli alla ### I n. 27 #### S.P.A. già Banco di ### S.p.A. (C.F. ### - P.I.  ###) nonchè n.q. di mandatario e procuratore della ### s.r.l., rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall'avv. ### ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultima, sito in ### alla ### del #### - attrice in riconvenzionale E ### nato a #### il ### (C.F.  ###), rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avv. ### ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo, sito in #### alla via ### n. 2 ###convenuto in riconvenzionale E ### nato a ### (### il ### (C.F.  ###), rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dagli avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliata presso lo studio di questi ultimi sito in ### alla via ### n. 14; ###'udienza dell'8.7.2025 le difese delle parti, fatta eccezione per la ### S.p.A. (che non ha depositato le note di trattazione) hanno rassegnato le rispettive conclusioni nei termini di seguito riportati: parte attrice: “… insiste per l'accoglimento delle proprie domande così come indicate nell'atto di citazione a cui integralmente ci si riporta, con vittoria di compensi e spese di lite”; parte convenuta ### e parte interventrice ### “si riportano a tutti i propri atti e verbali di causa, nonché a tutte le osservazioni del proprio ### Lopresti; reiterano le richieste istruttorie formulate con la seconda memoria ex art. 183, co. 6, c.p.c. (ovverosia interrogatorio formale dei ###ri ### e ### nonché del legale rapp.te della ### prova per testi sui medesimi capi con i testi indicati #### e ### richiesta di informazioni alla p.a. ex art. 213 c.p.c. e ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. nonché CTU contabile) e con la terza memoria ex art. 183.6, c.p.c. (richiesta di informazioni alla p.a. ex art. 213 c.p.c. e ordini di esibizione ex art. 210 c.p.c.); si riportano integralmente alle conclusioni rassegnate, così come precisate con la prima memoria ex art. 183.6, c.p.c. e, ove occorrente, alla richiesta di disapplicazione, previa rimessione in termini, della ### 142/2001 e del provvedimento di chiarimento del 12.7.2001”; parti convenute ### e ### “… In ogni caso e preliminarmente, anche alla luce dei documenti oggi allegati (formati e divenuti disponibili dopo la scorsa ultima udienza), rinvenutane ancor di più la necessità per nullità della ### d'### si richiede all'###mo Giudicante melius re perpensa ed in revoca della ordinanza dell'08/05/2023 e del 14.02.2025: 1) ammettere tutta la prova testimoniale articolata da questa difesa ed il deferimento dell'interrogatorio formale dell'altra convenuta sig.ra ### (cfr. nostre note istruttorie); 2) rinnovare la CTU nominando un nuovo consulente attesa la carenza della relazione e del supplemento e/o convocare quello attualmente nominato a chiarimenti per rispondere davvero ai quesiti del mandato posti dal giudice, alla luce dei grafici di progetto in atti e dei nuovi documenti acquisiti, rispondendo compiutamente e tecnicamente alle osservazioni del CTP nominato dai convenuti; 3) in ogni caso, alla luce delle gravi omissioni dell'ente e della inoperatività del ### della parziale esibizione del grafico di progetto da parte dell'attore, ordinare l'esibizione al comune di ### ex art. 213 c.p.c. affinché l'ufficio possa adoperarsi su ordine del tribunale in via diretta ad acquisire entrambe le pratiche edilizie complete nonché la nuova indicata dalla ### (all.3) del 24/06/2000 con prot. 9795, in uno alla documentazione del sequestro in danno del sig.  ### 4) ammettere la CTU richiesta da questa difesa a supporto della propria domanda riconvenzionale reconventionis contro il coevocato ### richiedendo allo stesso di: “accertare e quantificare il valore locativo (di occupazione) dell'immobile compravenduto tra i convenuti principali ### - ### sito in ### al vico ### a ### 54 D piano I, ### foglio 17, part. 297, sub.6, dal 2010 sino all'attualità” (cfr. anche nostre note trattazione scritta per l'udienza dell'11/07/2023). ### e puntualizzato quanto sopra, rigettata ogni avversa richiesta, nel riportarsi a tutte le proprie difese ed atti, si conclude, altresì, perché voglia l'###mo Tribunale: 1) rigettare le domande proposte dall'attore per improcedibilità, inammissibilità ed infondatezza in fatto ed in diritto, con conseguente estromissione degli odierni comparenti dal processo e con condanna del Dott. ### ex art. 96 c.p.c., comma I ovvero comma ### 2) accertare e dichiarare l'inammissibilità della domanda trasversale della ### per decadenza ex art. 269 c.p.c. comma II ovvero per sua infondatezza in fatto ed in diritto; 3) accertare e dichiarare l'assoluta infondatezza, illegittimità, inammissibilità e mancanza di prova delle domande proposte dalla sig.ra ### e dall'interventore con conseguente rigetto. In via subordinata, e nella denegata ipotesi di non creduto accoglimento anche parziale delle domande formulate di risoluzione del contratto e/o di riduzione del prezzo di vendita e/o di risarcimento del danno, ed in accoglimento della spiegata reconventio reconventionis con la comparsa del 22/07/2022, condannare la sig.ra ### alla restituzione immediata dell'immobile nello stato di consegna nonché al pagamento di una somma corrispondente al godimento pieno ed esclusivo dell'immobile sito in ### al vico ### a ### n.54, piano I, dalla data di stipula del rogito notarile del maggio 2010 sino alla data di effettivo ### rilascio, seppur parziale, ovvero di quella somma maggiore o minore che dovesse accertarsi in corso di causa - in entrambi i casi oltre interessi come per legge - anche, se del caso, disponendo la compensazione con le somme denegatamente a questa dovute dai comparenti ### 4) ### di spese e competenze di avvocato”; terzo chiamato in causa ### “… - rigettare le domande attoree in quanto inammissibili ed infondate in fatto ed in diritto; - rigettare, in ogni caso, le domande spiegate, direttamente o indirettamente, nei confronti del comparente. In via istruttoria, disporre la rinnovazione della CTU e ammettere i mezzi istruttori come articolati con la memoria 183, comma 6, n.2 c.p.c.. Vinte le spese.” RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Va premesso che la presente sentenza viene redatta senza lo svolgimento del processo in ossequio alla nuova formulazione degli artt. 132 comma 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.  per effetto delle modifiche introdotte dagli artt. 45 e 52 dalla legge n. 69 del 18/6/09, in vigore dal 4.07.2009. 
Esigenze di chiarezza espositiva impongono, comunque, una breve ricostruzione della vicenda processuale. 
Va, in sintesi, evidenziato che, con atto di citazione ritualmente notificato ### dopo aver premesso: di essere proprietario, a far data dal mese di aprile dell'anno 1998, dell'immobile sito in ### al vico ### a ### n. 54 - 54 D, piano terra, composto, tra l'altro, da un'ampia area esterna e deducendo la lesione del proprio diritto di proprietà verificatosi a seguito di un ampliamento della adiacente unità immobiliare, attualmente di proprietà di ### ma realizzato dai precedenti proprietari, i coniugi ### e ### che detto ampliamento, concretizzatosi nella costruzione di un avancorpo, aveva determinato non solo lo sconfinamento della predetta unità immobiliare nella parte di cortile di proprietà dell'attore, ma anche l'apertura di due finestre - vedute prima non esistenti; sulla base di tali premesse ha evocato in giudizio i predetti dinanzi a questo Tribunale per ivi sentir accogliere le seguenti conclusioni: “1) in via principale, per i motivi specificati in atti, accertare e dichiarare la costruzione da parte dei signori ### e ### dell'avancorpo abusivo in ampliamento sia in larghezza che in altezza sulla proprietà del dott. ### con grave danno per lo stesso; 2) per l'effetto, condannare in solido e/o chi per esso, i convenuti ### in qualità di attuale proprietaria, nonché i signori ### e ### in qualità di vecchi proprietari e costruttori del manufatto abusivo, alla rimozione dello stesso con restituzione della resede al dott. ### nonché all'esecuzione di tutti i lavori necessari per ripristinare lo stato dei luoghi o, in mancanza, a corrispondere il valore al dott. ### 3) ancora, per l'effetto, condannare in solido e/o chi per esso, i convenuti ### in qualità di attuale proprietaria, nonché i signori ### e ### in qualità di vecchi proprietari e costruttori del manufatto abusivo al risarcimento di tutti i danni materiali e personali, patiti e patendi dal dott. ### mediante il pagamento della somma indicata in atti e, nello specifico, euro 30.097,67 (trentamilanovanta/67), oltre all'importo occorrente per il lavori necessari per ripristinare lo stato dei luoghi, oppure in quella somma quantificata in corso di causa, oppure in quella somma che il Tribunale adito riterrà opportuno ed equa riconoscere, il tutto oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi dall'evento fino all'effettivo soddisfo; 4) condannare controparte al pagamento delle spese, diritti e onorari del presente giudizio, oltre IVA e CPA come per legge, da attribuirsi al sottoscritto procuratore anticipatario.” Nella comparsa di costituzione in giudizio ### e ### hanno eccepito: 1) la carenza di legittimazione attiva del ### deducendo che il predetto non sarebbe proprietario dell'area scoperta oggetto del contendere; 2) la loro carenza di legittimazione passiva, in ragione dell'intervenuto trasferimento dell'immobile di cui erano titolari in favore di ### 3) l'infondatezza delle domande attoree, nonchè, in via subordinata, l'intervenuta usucapione della zona esterna rivendicata da ### Tali parti convenute hanno, quindi, chiesto di essere estromesse dal giudizio e, comunque, il rigetto delle domande proposte da parte attrice, con condanna aggravata della stessa al pagamento delle spese di lite ex art. 96 comma 1 o comma 3 c.p.c.. 
In sede ###giudizio, avvenuta in data ###, ### ha eccepito l'infondatezza della domanda attorea ed ha, nel contempo, proposto due domande riconvenzionali: la prima cd. “trasversale” nei confronti dei propri danti causa e già parti convenute ### e ### al fine di ottenere, nell'ipotesi di accoglimento delle ragioni attoree, la risoluzione del contratto di compravendita stipulato con i predetti per atto del notaio ### in data ###, con conseguente restituzione integrale del relativo prezzo, o in subordine, la riduzione del prezzo di vendita, nonché, in ogni caso, il risarcimento dei danni subiti; la seconda nei confronti di ### S.p.A. - terzo - di risoluzione del contratto di mutuo e conseguente restituzione degli importi pagati. Tale parte ha, quindi, rassegnato le seguenti conclusioni: “1) Rigettare la domanda attorea, con vittoria di spese e compensi, anche per la chiamata in causa conseguente alla domanda dell'attore; 2) Ove dovessero essere accertati i fatti dedotti dall'attore, ovverosia che l'immobile venduto dai sigg. ### e ### alla sig.ra ### sarebbe stato modificato ed ampliato nel 2010 sulla porzione di suolo di proprietà del Dott.
Pempiniello e/o in assenza di idonea autorizzazione amministrativa (permesso a costruire o altro) e/o comunque in tutti i casi di accoglimento, anche parziale, delle domande dell'attore, la convenuta sig.ra ### chiede nei confronti dei venditori sig.ri ### (C.F. ###) e ### (C.F. ###), nei cui confronti spiega anche domanda riconvenzionale (c.d. trasversale), e di ### s.p.a. (che ha incorporato il ### di ### s.p.a.), l'accoglimento delle seguenti domande: 2.1 In via principale, per tutti i motivi sopra esposti, pronunciare la risoluzione del contratto di compravendita del 23.04.2010 per ### rep. n. 24132, raccolta 9931, e del collegato contratto di mutuo per notar ### del 23.04.2010 rep.  24133, raccolta n. 9932, e per l'effetto: 2.1.A condannare ### s.p.a. in persona del l.r.p.t. a restituire alla sig.ra ### la somma di € 258.206,49 (€ 157.209,41 per quota capitale ed € 100.997,08 per interessi), o quella somma maggiore o minore che sarà accertata pari a quanto versato per il rimborso del mutuo fino alla rata dell'1.12.2020, salvo ulteriori somme versate, oltre interessi; condannare i sig.ri ### e ### in solido tra loro, alla restituzione in favore della sig.ra ### della somma di € 76.000,00, pari alla parte di prezzo pagato direttamente dall'acquirente, oltre interessi, oltre il rimborso delle spese fiscali, pari ad € 2.547,00, di quelle notarili, pari ad € 5.000,00, e di quelle per l'iscrizione ipotecaria, salvo maggiori o minori somme che saranno accertate, il tutto oltre interessi; accertare che nulla è dovuto dalla sig.ra ### alla banca ### s.p.a. e condannare i sig.ri ### e ### in solido tra loro, al rimborso dell'intero mutuo, comprensivo di capitale ed interessi; 2.1.B in subordine rispetto a quanto chiesto sub 2.1.A, condannare i sig.ri ### e ### in solido tra loro, alla restituzione in favore della sig.ra ### della somma di € 380.000,00, pari al prezzo da loro riscosso per la vendita, oltre interessi, ed oltre, anche a titolo di risarcimento del danno, della somma di € 100.997,08, per interessi corrisposti dalla convenuta alla banca, ed al rimborso delle spese fiscali, pari ad € 2.547,00, e di quelle notarili, pari ad € 5.000,00, oltre spese per l'iscrizione ipotecaria, salvo maggiori o minori somme che saranno accertate, il tutto oltre interessi; accertare che null'altro è dovuto dalla sig.ra ### alla banca ### s.p.a. e condannare i sig.ri ### e ### in solido tra loro, al rimborso del residuo mutuo da oggi alla scadenza; 2.2. In subordine rispetto a quanto chiesto sub 2.1, salvo gravame, accertare e quantificare la riduzione del prezzo pari ad almeno il 90% di quello pagato, o quella differente percentuale che il Tribunale accerterà e riterrà di Giustizia, e condannare i sig.ri ### e ### in solido tra loro, alla restituzione della parte di prezzo corrispondente alla riduzione del 90%, pari ad euro 342.000,00, o quel differente importo che il tribunale accerterà, oltre interessi e rivalutazione; 2.3. In ogni caso, condannare i sig.ri ### e ### in solido tra loro, al risarcimento dei danni da accertare e quantificare anche in corso di causa, almeno pari a quelli eventualmente riconosciuti all'attore, oltre interessi e rivalutazione, e comunque a manlevare e/o tenere indenne ### di quanto complessivamente fosse tenuta a pagare all'attore a qualsiasi titolo, oltre al risarcimento del danno, da liquidarsi, oltre quanto sopra richiesto con le domande precedenti, anche in via equitativa, per la lesione all'immagine ed alla dignità personale, e per il rilascio della propria abitazione; 3. Condannare i sig.ri ### e ### in solido tra loro, in misura esemplare, al pagamento delle spese, anche per responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c. 4. In ogni caso, con vittoria di spese e compensi, anche per la chiamata in causa.” Con atto di intervento depositato in pari data si è costituito in giudizio anche ### il quale, premettendo di essere, unitamente a ### mutuatario nel rapporto intercorrente con ### S.p.A., essendosi entrambi sostituiti all'originaria contraente, la defunta ### e di avere interesse, quindi, ad essere liberato da ogni obbligazione nei confronti della mutuante, aderendo alla difesa di ### ha proposto le medesime domande dalla stessa formulate. 
A seguito della chiamata in causa del terzo, richiesta da ### ed autorizzata dal precedente giudice istruttore, si è costituita in giudizio la ### S.p.A. già ### di ### S.p.A. anche n.q. di mandatario e procuratore della ### s.r.l., la quale ha eccepito l'infondatezza delle domande proposte dall'attore e, in subordine, affermando la responsabilità dei venditori, ### e ### ha formulato nei loro confronti una domanda riconvenzionale trasversale al fine di ottenere la restituzione della somma mutuata per l'acquisto dell'immobile venduto a ### Ha, altresì, dedotto la responsabilità professionale del notaio rogante per avere eventualmente stipulato un atto di compravendita avente ad oggetto un bene parzialmente di proprietà aliena e per aver omesso, all'interno dell'atto qualsivoglia menzione del titolo urbanistico abilitativo dell'avamposto in questione, se effettivamente costruito abusivamente. Tale parte ha, dunque, chiesto l'accoglimento delle seguenti conclusioni: “1) in via preliminare autorizzare la convenuta ### S.p.a. anche in qualità di mandatario e procuratore della ### s.r.l., a chiamare in causa il ### residente ### e, conseguentemente provvedere allo spostamento della dell'udienza allo scopo di consentire la citazione del terzo nel rispetto dei termini dell'articolo 163 c.p.c.; 2) Nel merito, nella denegata e non creduta ipotesi che venga pronunciata la risoluzione del contratto di compravendita del 23.04.2010 per ### rep.  24132, raccolta n. 9931, e del contratto di mutuo per notar ### del 23.04.2010 rep.  n. 24133, raccolta n. 9932 e, che venga accolta la domanda principale spiegata dalla sig.ra ### nei confronti della ### comparente, in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata, vengano condannati i venditori e, in particolare il #### (C.F. ###) a restituire ad ### anche in qualità di mandatario e procuratore della ### s.r.l., la somma di €.304.000,000 oltre interessi dal 23.4.2010 versata a mezzo n. 4 assegni circolari emessi dal ### di ### all'ordine di ### in data ###.  3) Nella denegata e non creduta ipotesi che venga pronunciata la risoluzione del contratto di compravendita e del contratto di mutuo e, che venga accolta la domanda principale spiegata dalla sig.ra ### nei confronti della ### comparente, venga condannato il ### a titolo di responsabilità professionale a manlevare e/o tenere indenne la ### comparente, anche nella sua spiegata qualità, di tutto quanto la stessa fosse tenuta a corrispondere all'acquirente mutuataria sig.ra ### in particolare a titolo di interessi corrisposti sulle quote capitale. 4) Il tutto con vittoria di spese e competenze di giudizio, oltre accessori di legge.” Autorizzata anche la chiamata in causa del notaio ### lo stesso si è costituito in giudizio, ha eccepito l'infondatezza della domanda di rivendica e di quella a contenuto risarcitorio proposte dall'attore; ha sostenuto, inoltre, l'assenza di responsabilità a suo carico, nonchè l'intervenuta estinzione di ogni diritto dell'attore ed ha concluso per il rigetto delle domande proposte da ### nonché di ogni altra domanda spiegata nei suoi riguardi con vittoria di spese di lite. 
Disattese le istanze di prova orale formulate dalle parti perché ritenute inammissibili nonché quelle proposte ex artt. 210 e 213 c.p.c., ritenuta accoglibile la sola richiesta di espletamento di una CTU tecnica sulla titolarità e consistenza attuale e pregressa degli immobili per cui è causa sollecitata sia dalla difesa di parte attrice che dalla difesa di ### e di ### si è dato corso all'espletamento della stessa. 
All'esito di chiarimenti ed integrazioni espressi dal CTU in sede di supplemento dell'indagine peritale, la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni all'udienza dell'8.07.2025, allorquando è stata riservata in decisione con i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle memorie conclusionali.
La procedibilità delle domande di ### preliminarmente rilevata la procedibilità delle domande proposte da parte attrice avendo la stessa depositato (cfr. doc.12) verbale negativo di mediazione del 23.09.2019. 
Delimitazione delle domande oggetto del presente giudizio: ammissibilità delle domande riconvenzionali ### si ricava agevolmente dalla sintetica ricostruzione della vicenda processuale, oltre alle domande principali proposte da ### di cui si dirà di qui a poco, sono state formulate dalle altre parti diverse domande, la cui ammissibilità va valutata in via preliminare poiché, richiedendo la risoluzione della questione di rito afferente alle domande riconvenzionali cd. trasversali, incide direttamente sulla definizione dell'ambito della valutazione delle domande da parte della scrivente. 
Nello specifico ### nel costituirsi in giudizio, ha proposto domande riconvenzionali sia nei confronti del terzo ### S.p.A., sia nei riguardi degli altri convenuti ### e ### (riconvenzionale trasversale) formulando, all'uopo, richiesta di chiamata in causa degli stessi. 
Il precedente giudice istruttore, con ordinanza del 13.12.2020, aderendo all'orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte (Cass. n. 25415/2017) che, nel privilegiare esigenze di economia processuale, consentiva di proporre con la comparsa di costituzione in giudizio, una domanda trasversale nei confronti di altro convenuto senza necessità di applicare la disciplina di cui all'art. 269 c.p.c., ha rigettato l'istanza di chiamata in causa di ### e ### che erano già parti del giudizio ed ha autorizzato esclusivamente quella del terzo ### S.p.A. 
Successivamente, con ordinanza del 05.03.2022, la scrivente, privilegiando un contrario e più recente orientamento giurisprudenziale (Cass. Civ. n.12662/2021) ritenuto maggiormente garantista del diritto di difesa delle parti, a parziale modifica della precedente ordinanza, in relazione alla riconvenzionale trasversale, ha autorizzato la difesa di ### a notificare l'atto di chiamata in causa nei confronti di ### e ###
Con la medesima ordinanza, di contro, la scrivente ha disatteso l'analoga richiesta formulata da ### s.p.a. poiché non tempestiva. Tale parte, invero, la quale pure ha spiegato una domanda riconvenzionale trasversale nei confronti di ### e ### non aveva provveduto a formulare istanza di differimento dell'udienza e chiamata in causa dei predetti all'atto della costituzione in giudizio, bensì solo successivamente all'udienza del 01.03.2022, in ragione dell'intervenuto mutamento giurisprudenziale. 
A seguito della notifica dell'atto di chiamata in causa da parte di ### nei confronti di ### e ### questi ultimi, in data ###, hanno depositato una seconda comparsa di costituzione e risposta, con la quale, da un lato, hanno ribadito le difese ed eccezioni già sostenute nella prima comparsa e, dall'altro, hanno resistito alla domanda riconvenzionale trasversale di ### spiegando, altresì, nei confronti della stessa un'ulteriore reconventio reconventinis, subordinata all'accoglimento della sua domanda trasversale, ovvero hanno chiesto che il Tribunale volesse: “2) accertare e dichiarare l'assoluta infondatezza, illegittimità, inammissibilità e mancanza di prova delle domande proposte dalla sig.ra ### con conseguente rigetto; 3) in via subordinata, e nella denegata ipotesi di accoglimento anche parziale delle domande formulate di risoluzione del contratto e/o di riduzione del prezzo di vendita e/o di risarcimento del danno, condannare la sig.ra ### alla restituzione immediata dell'immobile nonché al pagamento di una somma corrispondente al godimento pieno ed esclusivo dell'immobile sito in ### al vico ### a ### n.54, piano I, come innanzi indicata, dalla data di stipula del rogito notarile del maggio 2010 sino alla data di ### rilascio, seppur parziale, ovvero di quella somma maggiore o minore che dovesse accertarsi in corso di causa, anche, se del caso, disponendo la compensazione con le somme denegatamente a questa dovute dai comparenti ### Con vittoria di spese e competenze di lite.”
I convenuti ### e ### con tale comparsa di costituzione e risposta hanno, altresì, chiesto, se del caso, il differimento ad altra udienza ex art. 269 cpc per poter procedere alla notifica della chiamata in causa nei confronti della ### in quanto destinataria della reconventio reconventionis; istanza disattesa da questo giudice con ordinanza del 21.09.2022, sia perché trattasi di domanda basata sul medesimo titolo su cui si fonda la domanda trasversale proposta dai primi nei confronti del chiamato, sia per esigenze di economia processuale e ragionevole durata del processo, ritenute, allo stato del processo, maggiormente meritevoli di tutela, nonché alla luce della difesa di ### la quale non ha dedotto alcuna violazione del proprio diritto di difesa su detta domanda, lasciando ferma e impregiudicata ogni valutazione circa l'ammissibilità della stessa reconventio reconventionis. 
In ordine a tale domanda, invero, la difesa di ### e ### ne ha eccepito l'inammissibilità per tardività (poiché formulata solo nella seconda comparsa di costituzione e risposta depositata in data ###), alla luce anche del mutato orientamento giurisprudenziale (Cass. Civ. n. 9441/2022) che, ribaltando nuovamente il principio espresso nel 2021 (Cass. Civ. n.12662/2021), ha affermato che la proposizione di una domanda riconvenzionale trasversale nei confronti di un convenuto non richiede la riproposizione del meccanismo delineato dall'art. 269 c.p.c.  ### la tesi dei ### (i quali hanno, altresì, chiesto la revoca dell'ordinanza del 6/3/22), dunque, la propria domanda riconvenzionale trasversale era stata già validamente proposta con la costituzione avvenuta nei termini dell'art. 167 c.p.c. e non essendo necessaria ab origine la chiamata in causa dei convenuti ### e ### la reconventio reconventionis formulata da questi ultimi solo con la seconda comparsa deve ritenersi tardiva. 
Orbene, così, ricostruita la vicenda processuale, va sottolineato che il contrasto giurisprudenziale citato in precedenza che vede contrapposte pronunce della Suprema Corte in ordine alla necessità o meno di riproporre il meccanismo di cui all'art. 269 c.p.c. nel caso di domande riconvenzionali trasversali, non ha avuto ad oggi ulteriori sviluppi dopo l'ultima sentenza n. 9441/2022 nella quale i giudici di legittimità (richiamate le precedenti pronunce conformi - ### 2, Sentenza n. 9 del 04/01/1969, ### 3, Sentenza n. 894 del 26/03/1971; ### 3, Sentenza n. 2848 del 29/04/1980; ### 3, Sentenza n. 6800 del 15.6.1991; Sez. 3, Sentenza n. 10695 del 27.9.1999; Sez. 3, Sentenza n. 12558 del 12/11/1999; ### 3, Sentenza n. 9210 del 06/07/2001; ### 2, Sentenza n. 6846 del 16.3.2017) hanno affermato il seguente principio: “Il convenuto che intenda formulare una domanda nei confronti di altro convenuto non ha l'onere di chiedere il differimento dell'udienza previsto dall'art. 269 c.p.c. per la chiamata in causa di terzo, ma è sufficiente che formuli la suddetta domanda nei termini e con le forme stabilite per la domanda riconvenzionale dall'art. 167, comma 2, c.p.c.”. 
La Suprema Corte, nell'affermare (in parte motiva) che “la domanda proposta dal convenuto nei confronti di altro convenuto non esige le forme prescritte per la chiamata in causa del terzo, per l'evidente ragione - a tacer d'altro - che è fuori luogo discorrere di "chiamata in causa" rispetto ad un soggetto”, ha, altresì, espressamente precisato che per l'applicazione di tale principio non si rende nemmeno “necessario che la riconvenzionale "trasversale" sia fondata sui medesimi fatti posati dall'attore principale a fondamento della sua domanda (### 3, Sentenza n. 2848 del 29/04/1980)”. 
Orbene, ritiene la scrivente, melius re perpensa, che il citato orientamento, a cui non sono seguite pronunce di legittimità di senso contrario, appare maggiormente condivisibile rispetto al precedente del 2021, poiché improntato alla tutela di quelle esigenze di economia processuale che i giudici di legittimità hanno sempre valorizzato, tant'è che in molte pronunce volte a privilegiare l'aspetto garantista del diritto di difesa assicurato dal meccanismo dell'art. 269 c.p.c., è possibile, comunque, rinvenire una riserva in favore di prioritarie esigenze di celerità e giusta durata del processo - “Pertanto tale esigenza di celerità deve cedere il passo di fronte al bisogno di ordinata e coerente trattazione del procedimento, come del resto si verifica in tutte le ipotesi in cui la partenza dell'iter processuale sia ritardata dal progressivo coinvolgimento di terzi nel giudizio, come può essere teoricamente all'infinito per una serie di chiamate in causa a catena, salvi i poteri discrezionali riconosciuti al giudice sulla base di esigenze di economia processuale e di ragionevole durata del processo (### U, n. 4309 del 23/02/2010, Rv. 611567 - 01; ### 1, n. 7406 del 28/03/2014, Rv. 630316 - 01; ### 3, 3692 del 13/02/2020, Rv. 656899 - 02).” (Cass. Civ. n. 12662/2021). 
In ragione di tanto, quindi, condividendo l'ultimo orientamento della Suprema Corte e nell'ottica del contemperamento degli interessi processuali, stante anche l'assenza, nella fattispecie, di una effettiva compressione del diritto di difesa di coloro che rivestivano già la qualità di convenuti e che sono stati destinatari delle riconvenzionali trasversali (i quali non hanno dedotto nè sufficientemente argomentato una effettiva lesione in tal senso), ritiene la scrivente che siano ammissibili tutte le domande di questo tipo formulate dalle parti convenute nelle rispettive comparse di costituzione e risposta, tempestivamente depositate, senza necessità di istanza di chiamata in causa degli altri convenuti. 
Ne discende, pertanto, che devono ritenersi ritualmente proposte le domande riconvenzionali trasversali formulate da ### e da ### S.p.A. nei confronti di ### e di ### Di contro, deve ritenersi inammissibile poiché tardivamente proposta la reconventio reconventionis contenuta nella seconda comparsa di costituzione e risposta depositata da ### e ### solo in data ### (e cioè a seguito della loro chiamata in causa, in realtà, non dovuta). 
Va, infine, precisato che le predette domande riconvenzionali trasversali, nonché le riconvenzionali semplici proposte da ### e ### nei confronti di ### e da quest'ultima nei confronti del notaio ### sono tutte subordinate all'accoglimento della domanda principale promossa da ### e, perciò, andranno esaminate solo in tale ipotesi. 
Merito della controversia a) La domanda sub 1) e 2) delle conclusioni dell'atto introduttivo di
Qualificazione della domanda - legittimazione attiva e passiva A fondamento della domanda in esame ### ha dedotto di essere proprietario dell'immobile sito in ### al vico ### a ### n. 54 - 54 D, piano terra e della pertinente area esterna, di cui farebbe parte anche la porzione oggetto di causa, ovvero quella occupata dall'avancorpo annesso alla proprietà ### Trattasi, in particolare, della parte di viale che, dopo il cancello di ingresso, conduce all'unità immobiliare di proprietà ### ed alla superficie terrazzata giardinata stessa proprietà.  ### nel libello introduttivo, evidenziando la lesione del suo diritto di proprietà determinata da una costruzione (ritenuta abusiva) che avrebbe ampliato l'appartamento della ### ha affermato di voler agire per la tutela di tale diritto anche ai sensi degli articoli 948, 949 e 950 c.c., rivendicando la proprietà esclusiva della predetta resede ###via principale, la demolizione dell'avancorpo in parola e la restituzione della porzione su cui tale costruzione insiste ed, in subordine, la corresponsione del valore del bene che gli è stato sottratto; in aggiunta, ha chiesto, in ogni caso la condanna dei convenuti al risarcimento del danno in suo favore, quantificato in euro 30.000,00 o nella diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria. 
Orbene, ritiene la scrivente che, pur essendo richiamate nell'atto introduttivo anche le disposizioni di cui agli artt. 949 c.c. ( azione negatoria servitutis) e 950 c.c. ( azione di regolamento dei confini) la domanda principale dell'attore rientri nella previsione di cui all'art. 948 Ed invero è noto che 'azione "negatoria servitutis" e quella di rivendica si differenziano in quanto l'attore, con la prima, si propone quale proprietario e possessore del fondo, chiedendone il riconoscimento della libertà contro qualsiasi pretesa di terzi e con la seconda, si afferma proprietario della cosa di cui non ha il possesso, agendo contro chi la detiene per ottenerne, previo riconoscimento del suo diritto, la restituzione. ( cfr. fra le molte altre Cass.Sez. 2 sent. n. 472 del 10.01.2027; Cass. sez. 2 sent. n. 8694 del 28.03.2019). Inoltre l'azione di rivendica e quella di regolamento di confini si distinguono fra loro, in quanto mentre con la prima l'attore sull'assunto di essere proprietario della cosa e di non averne il possesso agisce contro il possessore o il detentore per ottenere il riconoscimento giudiziale del suo diritto dominicale e per conseguire la restituzione della cosa stessa, con la seconda tende soltanto a far accertare l'esatta linea di confine di demarcazione fra il proprio fondo e quello del convenuto, allegandone l'oggettiva incertezza oppure contestando che il confine di fatto corrisponda a quello indicato nei rispettivi titoli di acquisto, cosicché l'eventuale richiesta di restituzione di una porzione di terreno a confine si pone come mero corollario dell'invocato accertamento” (Cass. n.1446 del 24/04/1996; Cass. ord. n. 3777 del 12.2.2024). 
Ebbene, il chiaro tenore delle richieste di parte attrice volte ad ottenere l'accertamento della proprietà esclusiva dell'area scoperta, dell'abusiva occupazione di parte di tale area da una costruzione in ampliamento su tale area ed a rientrare nel possesso della parte dell'area mediante rimozione di detta opera, giustifica la qualificazione della domanda come azione di rivendicazione. Si tratta di un'actio in rem, cioè di un'azione reale esperibile contro chiunque. Il suo presupposto è insito nella natura stessa dei diritti reali, caratterizzati dal diritto di seguito che consente al titolare di seguire la cosa presso chiunque la possieda. Solo chi può rendere il bene è legittimato passivo e tale non può che essere, dunque, colui che ne detiene la materiale disponibilità, anche se non si tratta della stessa persona che ha sottratto il bene al titolare, ed anche se è un puro e semplice detentore della cosa. In base alla disposizione citata il proprietario, una volta promossa la controversia, può proseguire l'esercizio dell'azione anche se il possessore o il detentore, dopo l'inizio del giudizio, ha cessato, per fatto proprio, di possede ###questo caso il possessore o detentore è obbligato a recuperarla per l'attore a proprie spese, o, in mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno; sempre in tal caso se il proprietario riesce a ottenere direttamente dal nuovo possessore o detentore la restituzione della cosa, è tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa.
Applicando i principi esposti al caso in esame e postulato che, com'è noto, la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consista nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante l'indicazione di fatti in astratto idonei fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell'attore, prescindendo dall'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, che attiene, invece, al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata (cfr. Cass. civ., sent. n. 14468 del 30.05.2008; Cass. civ., sent. n. 355 del 10.01.2008; Cass. civ., sent. n. 11321 del 16.05.2007; Cass. civ., sent. n. 4796 del 06.03.2006; Cass. 27.6.2011 n. 14177; 10.5.2010 n. 11284), va innanzi tutto, riconosciuta sia la legittimazione attiva dell'attore che quella passiva di ### dal momento che il primo si prospetta proprietario del bene oggetto di rivendica e la seconda, oltre a dichiararsi proprietaria dell'unità immobiliare cui è annesso l'avancorpo che occupa detto bene, ne ha, anche, l'effettiva disponibilità materiale. 
Di contro, ### e ### pacificamente, non sono più nella disponibilità della porzione di resede oggetto della domanda di restituzione, sicchè va dichiarata la carenza di legittimazione passiva degli stessi. 
Alla luce di quanto esposto, va, quindi, rigettata l'eccezione sollevata da ### e ### di carenza di legittimazione attiva di ### basata sul presupposto che questi non sarebbe proprietario della resede su cui insiste l'avamposto per cui è causa, ma che su detta zona avrebbe, al contrario, al più una servitù di passaggio, poiché l'eccezione in parola, vertendo sulla titolarità del diritto, attiene logicamente al merito della domanda che sarà esaminato nel paragrafo che segue. 
Merito della domanda sub 1) e 2) Ai fini che occupano si impone, in via prioritaria, rispetto all'esame del merito, la preliminare ricognizione degli indirizzi della Suprema Corte in materia di onere della prova nell'azione di rivendicazione. ### di carattere generale è che nel giudizio di revindica l'attore deve provare di essere divenuto proprietario della cosa rivendicata risalendo anche attraverso i propri danti causa fino ad un acquisto a titolo originario o dimostrando che l'attore stesso o alcuno dei suoi danti causa abbiano posseduto il bene per il tempo necessario ad usucapirlo. All'attore, perciò, non basta esibire un titolo di acquisto derivativo, perché un tale titolo non prova con certezza che egli è divenuto proprietario del bene: egli potrebbe avere acquistato dal non proprietario. Pertanto il rivendicante, per assolvere l'onere probatorio gravante a suo carico, deve dimostrare: 1) o che egli è fornito di un valido titolo derivativo proveniente, direttamente o tramite i suoi autori, da un soggetto cui possa attribuirsi la qualità di dominus nel senso precisato, di legittimo titolare della proprietà del bene in contestazione, per averlo acquistato a titolo originario ; 2) o che egli stesso possa vantare un acquisto a titolo originario, per avere posseduto il bene per il tempo necessario all'usucapione. A tal fine potrà eventualmente sommare il proprio possesso al possesso dei precedenti danti causa (cfr. tra le altre: Cass. n. 2325/1964; 1210/2017; n. 25643/2014; n. 21940/2018). 
Sull'onere della prova nell'azione di rivendicazione, la giurisprudenza, con indirizzo assolutamente costante, afferma che la prima e fondamentale indagine che il giudice del merito deve compiere concerne l'esistenza, la validità e la rilevanza del titolo dedotto dall'attore a fondamento della pretesa, e ciò prescindendo da qualsiasi eccezione del convenuto, giacchè, investendo essa uno degli elementi costitutivi della domanda, la relativa prova deve essere fornita dall'attore e l'eventuale insussistenza deve essere rilevata dal giudice anche d'ufficio (Cass. n. 991/1977; n. 4704/1985; n. 5131/2009). Si tratta di un onere fondamentale ed assoluto, tanto che il convenuto in rivendicazione non è a sua volta tenuto a fornire alcuna prova e può trincerarsi dietro il possideo quia possideo, e, se adduce qualche prova o qualche suo diritto sulla cosa, ciò non deve mai tornare a suo pregiudizio, non implicando, di per sè, rinuncia alla posizione vantaggiosa derivantegli dal possesso e non esonerando l'attore dalla prova a suo carico (Cass. 1034/1962; n. 11555/2007; n. 14734/2018). Così, l'eccezione di usucapione, anche se non risulti fondata, non può avere, da sola, la conseguenza che ne risulti provato, per converso, che il rivendicante abbia usucapito il suo diritto o l'abbia comunque acquistato (Cass. n. 1738/1962; n. 496/1970). 
Nello stesso tempo si riconosce che, anche in caso di azione di rivendica, la intensità e la estensione della prova a carico dell'attore devono stabilirsi in relazione alla peculiarità di ogni singola controversia, cosicché il criterio di massima secondo cui l'attore deve fornire la prova rigorosa della proprietà sua e dei suoi danti causa fino a coprire il periodo necessario per l'usucapione, può subire opportuni temperamenti secondo la linea difensiva adottata dal convenuto (Cass. n 305/1964; n. 1873/1985; n. 6592/1986; 8394/1990). 
La giurisprudenza può dirsi ormai pacificamente orientata nel senso che la probatio diabolica, la dimostrazione, cioè, dell'acquisto legittimo dei danti causa all'infinito fino a trovare un acquisto originario non è sempre mezzo istruttorio necessario per la vittoria giudiziaria del rivendicante. Il limite della esigenza probatoria a carico del rivendicante non è costituito, infatti, da una fattispecie legale tipica ed astratta e cioè da una figura di prova legale, bensì, come per qualsiasi altro istituto giuridico, dalla sufficienza della prova rispetto all' entità giuridica che nelle singole fattispecie deve essere dimostrata, avuto riguardo sempre alle contestazioni tra i contendenti. Si tratta di un limite logico all'onere della prova, che deve essere sempre valutato in relazione alle pretese delle parti. Così, si ammette concordemente che il rigore probatorio a carico dell'attore in rivendicazione trova temperamento nell'ipotesi in cui il convenuto ammetta in tutto od in parte il diritto di proprietà del rivendicante, riconoscendo l'esistenza del diritto stesso fino ad un dato momento ed a un determinato acquisto (Cass. n. 2420/1965; 634/1964; n. 1925/1997; n. 5487/2002; n. 5852/2006; n. 28865/2021). È inutile risalire nel tempo al periodo occorrente per l'usucapione, se il titolo di uno dei danti causa dell'attore sia riconosciuto come valido ed efficace dal convenuto in revindica (Cass. 537/1962). In via esemplificativa l'attenuazione è stata ravvisata nelle seguenti ipotesi: a) quando il convenuto ammetta, in modo non equivoco, che, almeno fino a un certo momento, il bene conteso era di proprietà dell'attore o dei suoi danti causa (Cass. 1416/1965): in tale ipotesi l'attore in revindica è tenuto soltanto ad offrire la prova della successiva continuità dei trapassi sino a quello in suo favore (Cass. n.1598/1965; n. 1014/1962); b) quando l'acquisto della proprietà sia un fatto pacifico fra le parti ( n. 1182/1965); c) quando il convenuto ammette che il bene conteso si appartenga all'attore e oppone un titolo di acquisto successivo, che derivi la sua efficacia da quello dedotto dal rivendicante (Cass. n. 1229/1966), mancando in tal caso ogni contestazione sul diritto di proprietà di quest'ultimo e risolvendosi la controversia attraverso la verifica della validità dell'atto di acquisto a favore dell'uno o dell'altro degli stessi contendenti (Cass. n. 6359/1991). In tale ipotesi, il rivendicante non ha l'onere di provare il diritto dei suoi autori sino ad un acquisto a titolo originario, ma solo che il bene medesimo abbia formato oggetto del proprio titolo di acquisto (Cass. n. 7081/1983); d) quando le affermazioni del convenuto, volte ad ottenere il riconoscimento a suo favore della proprietà del medesimo bene, risultino basate, su asserzioni che presuppongano l'originaria sussistenza del titolo su cui si fonda la domanda dell'attore e ne deducano la sopravvenuta caducazione (Cass. n. 696/2000); e) ove ricorra l'ipotesi della comunanza del dante causa (Cass. n. 7539/2024), ovvero, quando il convenuto non contesti l'originaria appartenenza del bene conteso ad un comune dante causa o ad uno dei danti causa dell'attore, e contrapponga l'esistenza di un suo titolo derivativo di proprietà che abbia per presupposto l'originaria appartenenza del cespite al dante causa indicato dal rivendicante, bastando, in tal caso, al rivendicante dimostrare che il bene medesimo ha formato oggetto del proprio titolo d'acquisto, perché la proprietà sia attribuita alla parte che ha addotto un titolo prevalente rispetto a quello dell'altra (Cass. n. 13066/1995; Cass. n. 15388/2005; n. 21829/2007; n. 22598/2010); f) quando il convenuto, nell'opporre l'usucapione, abbia riconosciuto, seppure implicitamente, o comunque non abbia specificamente contestato, l'appartenenza del bene al rivendicante o ad uno dei suoi danti causa all'epoca in cui assume di avere iniziato a possede ###65/2021; n. 14540/2025).
Il rigore della prova, invece, non è attenuato, di per sé, dalla mera proposizione di una domanda o eccezione di usucapione da parte del convenuto e troverà applicazione il principio che la mancata prova del titolo della proprietà da parte del convenuto nell'azione di rivendicazione non può costituire motivo per l'inversione dell'onere della medesima che incombe sempre sul rivendicante (Cass. n. 515/1994; n. 28865/2021). Si ammette così, in linea generale, che il convenuto si possa avvalere del principio possideo quia possideo, anche se opponga un proprio diritto di dominio sulla cosa rivendicata, poiché tale difesa non implica alcuna rinuncia alla vantaggiosa posizione di possesso (Cass. n. 5472/2001). Infatti, essendo l'usucapione un titolo d'acquisto a carattere originario, la sua invocazione non suppone alcun riconoscimento a favore della controparte, atteso che chi è convenuto in un giudizio di rivendicazione non ha l'onere di fornire alcuna prova, potendo avvalersi del principio possideo quia possideo, anche se opponga un proprio diritto di dominio sulla cosa rivendicata, poiché tale difesa non implica alcuna rinuncia alla posizione vantaggiosa di possesso (Cass. n. 4748/1996; 11555/2007; n. 5131/2009; n. 14734/2018); a meno che il convenuto, avendo riconosciuta l'originaria appartenenza del bene ad uno dei danti causa del bene medesimo, deduca e invochi l'usucapione come avvenuta solo successivamente a favore proprio o di un proprio dante causa (Cass. n. 8246/1997; n. 43/2000; n. 1250/2000). In tali ipotesi, detto onere può ritenersi assolto, in caso di mancato raggiungimento della prova dell'usucapione, con la dimostrazione della validità del titolo di acquisto da parte del rivendicante e dell'appartenenza del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possede ###7/2002), e con la prova che quell'appartenenza non è stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte del convenuto (Cass. n 12327/2001; n. 8806/2000; n. 5161/2006).  ### altre pronunce l'opposizione di un acquisto per usucapione, il cui dies a quo sia successivo a quello del titolo di acquisto del rivendicante, comporta che il thema disputandum sia costituito dall'appartenenza attuale del bene al convenuto in forza dell'invocata usucapione e non già all'acquisto di esso da parte dell'attore (Cass. 8215/2016). In base a tale orientamento, dovendo il tema della prova coincidere con quello del decidere (Cass. n. 1997/1964), l'onere probatorio, imposto all'attore in rivendica, può ritenersi assolto per effetto del fallimento dell'avversa prova della prescrizione acquisitiva, con la dimostrazione della validità del titolo in base al quale quel bene gli era stato trasmesso dal precedente titolare (Cass. n. 1634/1996; 13186/2002; n. 7529/2006). Si argomenta che il convenuto non potrebbe avvalersi del principio possideo quia possideo senza alcuna rinuncia a tale situazione vantaggiosa, atteso che, quando invoca l'acquisto per usucapione, il convenuto non si limita ad opporre la tutela garantita dalla legge a favore del possessore indipendentemente da un corrispondente diritto di proprietà, ma deduce di possedere nella qualità di proprietario, chiedendo - nell'ipotesi di domanda riconvenzionale - addirittura una pronuncia di accertamento di tale diritto di proprietà con efficacia di giudicato (Cass. n. 22418/2004; n. 7529/2006). 
Gli orientamenti passati in rassegna risentono inevitabilmente della particolarità di ogni singola vicenda ed è arduo cogliere effettivamente, nelle sfumature del linguaggio, due diversi modi di intendere la regola dell'attenuazione dell'onere della prova al cospetto dell'opposizione, da parte del convenuto, di un acquisto per usucapione: l'uno, che si può definire «rigoroso», in base al quale, nonostante l'opposizione dell'usucapione, vale pur sempre, in linea di principio, la regola del possideo guia possideo, salva la rilevanza delle ammissioni, anche implicite o tacite, del convenuto, che ridondino a vantaggio del rivendicante; l'altro, «meno rigoroso», in base al quale il convenuto che invoca l'usucapione rinuncia al principio possideo quia possideo. Intanto, anche nelle pronunce che possono annoverarsi all'orientamento «meno rigoroso», si richiede, ai fini dell'attenuazione del rigore probatorio a carico dell'attore, l'opposizione di un acquisto per usucapione che non sia in contrasto con il titolo di acquisto dell'attore (Cass. 1634/1996; n. 8215/2016). Talvolta tale requisito è precisato nel senso che occorre che l'usucapione sia riferita a un possesso il cui dies a quo sia successivo a quello del titolo di acquisto del rivendicante (Cass. n. 22418/2004). Altre volte il requisito del dies a quo del possesso, che deve essere successivo al titolo del rivendicante, è considerato in connessione con la «mancata contestazione, da parte del convenuto stesso, dell'originaria appartenenza del bene rivendicato al comune autore ovvero ad uno dei danti causa» (Cass. n. 7529/2006; n.13186/2002). Sembra così, al di là del diverso modo di formulazione delle massime, che, anche in relazione alla domanda o all'eccezione di usucapione del convenuto, ciò che giustifica l'attenuazione è pur sempre la regola secondo cui il criterio di massima che l'attore deve fornire la prova rigorosa della proprietà sua e dei suoi danti causa fino a coprire il periodo necessario per la usucapione, può subire opportuni temperamenti secondo la linea difensiva adottata dal convenuto. Non si rinviene, nella giurisprudenza della Corte, un principio in base al quale la domanda o l'eccezione di usucapione del convenuto importi, per ciò solo, il riconoscimento del dominio dell'attore o dei suoi danti causa, attenuandosi, in conseguenza della sua semplice opposizione, il rigore dell'onere probatorio a carico del rivendicante. 
Sulla scorta dei principi compiutamente esposti, ai fini della graduazione dell'onere probatorio dell'attore, va rimarcato che secondo le deduzioni del predetto: • la proprietà della area scoperta di 103,72 mq gli era pervenuta giusto atto di ### per ### del 08.04.1998( rep. n. 145401) nel quale ### e ### gli avevano ceduto l'unità immobiliare sita in ### al ### a ### 54-54/D, piano T, censito nel ### di ### alla sez. CHI, Foglio 36, particella 36, sub 15, ### A/4,Vani 6; • ### e ### avevano ricevuto la predetta unità immobiliare dalle successioni di: 1) ### nata a ### il ### e deceduta ab intestato a ### il ### ( den11, volt 476, rettificata per i dati catastali con den. 12-vol 532 del 19.9.1998), lasciando a sé superstiti il marito ### (nato a ### l'8.1.1909) ed i figli ### e #### era deceduto ab intestato a ### a giugno 1996 (den. 82- vol. 511, rettificata per i dati catastali con den. 13-vol 532 del 19.03.1998); • a ### l'immobile, facente parte di un più ampio patrimonio immobiliare “ Il comprensorio di case di ### a ### n. 54” ( tra cui rientravano anche i beni di ### e prima ancora di ### e la ###, era pervenuto, con atto del 5.03.1993 del ### reg.to al RR.II di ### il ### ai nn. 5938/4168 di divisione dei beni relitti della zia paterna ### nata a ### il ### ed ivi deceduta, ab intestato, il ### ( den. 3303-vol.3042); • a ### erano pervenuti dal padre ### (fu ### che era nato a ### il ### ed ivi deceduto nel 1934, lasciando la moglie ### e sei figli, di cui tre di sesso maschile (#### e ### e tre di sesso femminile (#### e ###; • nel 1934 i tre figli maschi avevano rinunciato all'eredità del padre ### (deceduto il ###) a favore delle tre sorelle ed a seguito della morte della sorella ### nel 1943, ### e ### erano subentrate nella quota della defunta ### acquisendo ognuna la quota pari a metà del predetto comprensorio; • l'11.10.1969 era morta anche la sorella ### la quale con testamento olografo, aveva nominato quale erede universale ### diventando così quest'ultima unica intestataria del ### di case sito in ### a ### 54; • nel 1986, poi, ### era deceduta lasciando 11 eredi appartenenti a 2 stirpi in quanto partecipanti quali coeredi dei fratelli premorti a ### ossia ### (defunto nel 1972) e ### (defunto nel 1962) e, in considerazione di queste due stirpi, i coeredi con atto per notar ### del 5.07.1990 avevano proceduto alla divisione del patrimonio ed a seguito di estrazione a sorte delle 2 quote ereditarie, la prima quota era stata assegnata agli eredi di ### (ossia i figli #### ed ### e la seconda quota agli eredi di ### (ossia i figli ######## e, per rappresentazione ai figli di ### (premorto al padre ### che erano #### e ### • nella prima quota rientrava l'appartamento all'attualità di ### identificato al punto 5) dell'atto di divisione come “quartino al primo piano, a sinistra, con accesso dal secondo portone, di vani catastali 2,5 (### 7, p.lla 297/6, confinante con beni ### con beni ### con il cortile comune, con sovrastante quartino mentre nella seconda quota rientrava, tra gli altri, l'unità immobiliare poi acquistata dall'attore; • in ordine ai restanti beni compresi nella seconda quota, i numerosi eredi del defunto ### a cui erano stati attribuiti avevano deciso di provvedere ad una ulteriore divisione ereditaria dinanzi al notaio ### in data 5 marzo 1993 nella quale si era proceduto alla ripartizione dei beni in sette quote ed, a sorteggio, la settima quota era stata attribuita a ### madre dei ### e ### che, come già detto, in data ###, avevano venduto al ### i beni rientranti nella settima quota; • in data ### i convenuti ### e ### avevano acquistato l'immobile oggetto di causa (poi venduto nel 2010 a ###, dai signori #### e ### ossia gli eredi di ### a cui tali beni erano stati assegnati a seguito della divisione ereditaria del 1990. 
In definitiva dalle prospettazioni dell'attore e dagli atti allegati risulta che le unità immobiliari di proprietà del ### e di ### ( e prima di ### e ### rientranti nel ### di ### di ### a ### n. 54 risalgono ad un'unica proprietaria, la sig. ###
Tali deduzioni non sono contraddette dai convenuti ### e ### che hanno solo contestato il diritto di proprietà dell'attore sull'area per cui è causa sul quale, al più, potrebbe vantare una servitù di passaggio. 
Nello specifico la difesa di ### precisando che gli immobili oggi di proprietà ### erano parte di un più ampio comprensorio di case con accesso da un viale comune posto dopo un arco di ingresso (oggi chiuso con cancello) ubicato al civico 54 di ### a ### 54, originariamente di proprietà esclusiva di ### e poi diviso tra i suoi coeredi, hanno sostenuto che dagli atti di provenienza richiamati dall'attore non fosse possibile ricavare che, unitamente ai cespiti attribuiti a ### (e poi acquistati dal ### fosse stata trasferita anche la proprietà esclusiva dell'area esterna attraverso la quale si accede a detti cespiti, sulla quale l'attore vanterebbe, in ragione del dato letterale dei titoli stessi, un mero diritto di accesso. I medesimi convenuti, in caso di accertamento di qualsivoglia diritto e/o titolarità vantata dall'attore sulla zona rivendicata, hanno, come già detto, eccepito l'usucapione ventennale e/o breve dell'area occupata dall'avancorpo . 
Quanto, infine, alla difesa della convenuta ### va evidenziato che la stessa non ha mosso alcuna specifica contestazione in ordine alla successione temporale dei titoli di proprietà ed, in particolare, circa la provenienza di entrambi gli immobili dell'attore e dei convenuti da un unico originario proprietario limitandosi a proporre, in caso di accertamento da parte del tribunale della verità dei fatti dedotti dall'attore, di cui è venuta a conoscenza solo nel 2019, le domande riconvenzionali trasversali in precedenza richiamate. 
In definitiva, considerato che parte convenuta non ha contestato l'originaria appartenenza del bene conteso ad un comune dante causa limitandosi a contestare la proprietà esclusiva dell'area scoperta in capo all'attore, la scrivente ritiene che l'onere probatorio dell'istante, nel caso in esame, sia attenuato bastando al rivendicante dimostrare che il bene medesimo ha formato oggetto del proprio titolo d'acquisto.
Ai fini che occupano decisivi elementi di prova si traggono dalle considerazioni alle quali è pervenuto il CTU dott. ing. ### all'esito di un'attenta indagine svolta con competenza e rigore scientifico attraverso la compiuta disamina della documentazione in atti e di quella acquisita presso pubblici uffici e sottoposta al contraddittorio delle parti. 
Le conclusioni alle quali è pervenuto il CTU sono interamente condivise dalla scrivente perché, oltre ad essere supportate dalla puntuale disamina della documentazione agli atti nel corso della prima indagine peritale, sono state ulteriormente ribadite ed argomentate in sede di supplemento di ctu resosi necessario dopo l'acquisizione di ulteriore documentazione, allegata alla seconda relazione. 
Orbene al primi due quesiti a lui sottoposti del seguente tenore:” ### analitica descrizione planimetrica e fotografica degli immobili delle parti in causa, tenuto conto della documentazione prodotta in atti nonché di tutti gli eventuali ulteriori documenti, pubblicamente consultabili e acquisiti dall'ausiliario o prodotti dalle parti, solo se sottoposti al vaglio del contraddittorio e se ritenuti indispensabili per l'espletamento dell'incarico, accerti il ### anche ai fini dell'accertamento della titolarità degli immobili oggetto di causa e della delimitazione degli stessi: a) l'esatta consistenza, planimetrica e catastale, nonché l'esatta ubicazione degli immobili oggetto di causa; b) l'esatta epoca di costruzione dei predetti immobili ed, in caso di realizzazione progressiva dell'uno o dell'altro e/o di modifiche, volumetriche e/o superficiarie, provveda il CTU ad individuarne l'effettiva consistenza, l'ubicazione, l'epoca o le epoche di realizzazione nonchè di ultimazione delle stesse ….”, la dott.ssa ### ha relazionato nei termini che, sinteticamente, si vanno ad esporre.  ###à immobiliare di proprietà di ### è un appartamento sito in ### al ### a ### n. 54/d, piano terra, adibito ad abitazione. E' riportata nel N.C.E.U.  del Comune di ### in ditta #### CHI, foglio n.°17, particella 36, subalterno n.°17-19 (ex sub 15), piano T. ### è composto da 5 vani, cucina ed accessori. ### avviene dalla porta in ferro presente sul pianerottolo di riposo di forma quadrata tra piano terra e primo piano dopo aver attraversato il cortile condominiale e, dopo aver superato una rampa di scale del fabbricato B. 
Successivamente , dopo aver oltrepassato un passetto coperto, si giunge ad una superficie terrazzata giardinata scoperta costituita in parte da una superficie piana e in parte da una serie di gradini con delle aiuole. ### all'immobile avviene da un ambiente di ingresso ###, procedendo sul lato sinistro entrando si accede dapprima ad un'ambiente cucina ### e successivamente ad un ambiente salone ###. Procedendo sul lato destro entrando invece, attraverso uno spazio di disimpegno ### si accede a due camere (###) e (###) entrambe parzialmente soppalcate e a due ambienti bagno (###) al quale si accede dall'ambiente disimpegno e un ambiente (###) al quale si accede dall'ambiente camera da letto (###), inoltre nell'ambiente (###) vi è un piccolo spazio destinato a cabina armadio###.Dall'ambiente ingresso ### proseguendo frontalmente attraverso una scala si accede al piano soppalcato in cui è presente una camera da letto (###) alla quale è annesso un bagno (###) con relativo disimpegno (###).Annessa al piano soppalcato vi è una superficie terrazzata (###) alla quale si accede dall'ambiente bagno (###).Tale superficie risulta delimitata perimetralmente da un muretto basso e da una ringhiera di protezione .  ###à immobiliare di proprietà di ### (ex proprietà ### - ### è un appartamento sito in ### al ### a ### n. 54/D, piano primo, adibito ad abitazione. E' riportata nel N.C.E.U. del Comune di ### in ditta #### CHI, foglio n.°17, particella 297, subalterno n.°6, piano primo. ### all'immobile avviene dal pianerottolo di riposo del piano primo della scala B. ### si compone di un ambiente ingresso-soggiorno (I/S) da cui frontalmente si accede ad un ambiente cucina ### e poi, attraverso un piccolo ambiente di disimpegno (###), si accede ad un primo bagno (###), sul lato destro, si accede ad altro ambiente (###). Dall'ambiente ingresso - soggiorno (I/S), attraverso una scala interna ad L, si accede poi al piano soppalcato composto da un ambiente disimpegno (###) sul cui lato destro si sviluppano gli ambienti (###-###) mentre sul lato sinistro gli ambienti bagno (###-###). Asservita all'intera unità immobiliare vi è una superficie balconata (###), alla quale si accede dall'ambiente ### (I/S). 
Per quanto riguarda la consistenza planimetrica e catastale di tali immobili nonché l'ubicazione di tali beni, il CTU ha precisato che l'unità immobiliare prop.tà ### è sita in ### alla ### a ### 54/d , scala B piano terra; è riportata nel N.C.E.U. del Comune di ### in ditta #### CHI, foglio n.°17, particella 36, subalterno n.°17 (ex sub 15), piano T ed è composto da 5 vani più cucina ed accessori; l'area esterna di accesso ad essa è riportato nel N.C.E.U. del Comune di ### in ditta #### CHI, foglio n.°17, particella 297, subalterno n.°19 (ex sub 15), piano T, essa ha una estensione di mq=103.72. L' unità immobiliare prop.tà Diaz è sita in ### alla ### a ### 54/d , scala B piano primo; è riportata nel N.C.E.U. del Comune di ### in ditta #### CHI, foglio n.°17, particella 297, subalterno n.°6, piano primo. 
In relazione all'epoca di costruzione degli immobili oggetto di causa l'ingegnere ha attestato che entrambi gli immobili oggetto di causa, così come sopra descritti , fanno parte di un fabbricato identificato con il civico 54/d, oggi scala B del ### di ### a ### 54, la cui costruzione risale a prima del 1939. Nella documentazione prodotta dalla parte attrice , versata in atti di causa, vi è sia la scheda planimetrica del 1939 dell'ex sub 3, uno dei subalterni che oggi compone l'unità immobiliare del dott. ### (cfr allegato n.1-2 alla relazione), sia l'originaria planimetria catastale del 1940 dell'immobile di parte convenuta ### ( allegato n.3). 
In risposta alla richiesta di indicazione delle eventuali modifiche volumetriche e/o superficiarie dei predetti beni immobili, il tecnico, supportando le sue conclusioni con tavole grafiche ed allegati vari, ha affermato che: a) l'unità immobiliare di proprietà di ### oggi identificata con il sub. 15, fol 17, p.lla 36, si compone di quelli che erano gli originari sub 3-4-5. Nel corso del tempo le modifiche e le variazioni di tale unità immobiliare sono state così ricostruite: 1) nell'anno 1939 vi è la prima rappresentazione grafica del subalterno 3, eseguita dal tecnico dell'### di ### facente parte dell'attuale consistenza della unità immobiliare dell'attore (ex sub nn. 3-4-5 oggi sub n.15). In tale documento e , nella scheda ad essa collegata, redatta dal tecnico dell'### di ### è chiaramente graficizzata l'area scoperta antistante il sub 3 ed è anche specificato che essa è in comune solo con gli adiacenti subalterni nn. 4-5( cfr.allegati n°1-2); 2) nell'anno 1988 l'ing. Parente, nominato CTU per la divisione ereditaria degli eredi ### identificava sia i 3 subalterni distinti (3-4-5) sia l'area antistante e comune agli stessi. Nelle immagini fotografiche che rappresentano lo stato pregresso dei luoghi è individuata sia l'area scoperta, in parte costituita da scale ed in parte da una sorta di piccola rampa, che il filo esterno d'ingombro volumetrico dell'intero fabbricato condominiale. (cfr allegati n°3-4-5); 3) il ### per notar ### era redatto un primo atto di divisione tra gli eredi ### ed a ### era assegnata la quota n.2. Tale quota ricomprendeva una serie di unità immobiliari tra cui quelle oggetto d'indagine che sono così descritte: “terraneo, il primo sulla destra dello spiazzo scoperto con accesso da una porta ubicata tra piano terra e primo piano di metri quadrati 14 catastale, civico 54 (fol 17 - p.lla 288/5) confinante con cortile Comune; con proprietà ### con ### con prop.tà ### quartino al piano terra, il secondo sulla destra dello spiazzo scoperto con accesso dalla descritta porta ubicata tra piano terra e primo piano (fol 17 - p.lla 36/4) confinante: con cortile di proprietà ### ed altra prop.tà ### agli altri lati; terraneo di vani uno ( fol 17 - p.lla 36/5), confinante con cortile prop.tà ### ed altre prop.tà ### agli altri lati, il terzo ed ultimo sulla destra dello spiazzo scoperto sempre con accesso dalle descritte porte”. Questi subalterni cosi come identificati avevano la seguente consistenza: Sub 3 (avente consistenza catastale 1 vano), Sub 4 (avente consistenza catastale 2,5 vani) e sub 5 ( avente consistenza catastale 1 vano). 4) Il ### per notar ### era stipulato un secondo atto di divisione tra gli eredi ### ed era assegnata a ### la quota n.° 7 . La rappresentazione grafica di tale quota era fatta dall'ingegnere ### che, in modo chiaro, identificava anche le consistenze metriche di tutto quello che era ricompreso nella proprietà della quota 7, delimitando, altresì, anche lo spiazzo scoperto. In particolare i vari subalterni venivano caratterizzati come segue : sub 3 ( cespite 7 mq = 22.74), sub 4 ( cespite 8 mq = 29.42) , sub 5 ( cespite 9, mq = 29.60) e di questi cespiti venivano indicate le varie altezze interne. (cfr allegato n°6); 5) Il giorno 8/04/1998 per notar ### , ### acquistava dai germani ### eredi di ### i sub 3-4-5 , allegando nell'atto di compravendita la planimetria redatta dall'ing. ### riportata nell'atto di divisione del 1993 richiamandone le consistenze metriche e catastali. Alla fine dell'atto di compravendita del ### il notaio ### nel richiamare la planimetria allegata (identificata come ### A), precisava che “ai cespiti in oggetto si accede tramite una porta ubicata tra piano terra e primo piano civico 54 ed in prosieguo dopo i gradini dello spiazzo scoperto annesso ai cespiti stessi”(cfr allegato n°7); 6) In data ###, ### presentava al Comune di ### la DIA n°712 a firma dell'arch. ### redatta in data ###. In tale documento fornito dalle parti è possibile rilevare, sia la consistenza superficiaria e volumetrica dell'unità immobiliare del ### sia lo sviluppo in altezza attraverso una sezione/prospetto longitudinale (sez ###) delle proprietà confinanti ed, in particolare quella dei coniugi #### coinvolti nel presente giudizio; 7) Nell'anno 2014 ### presentava una variazione e fusione per diversa distribuzione degli spazi interni, con tale variazione venivano soppressi i subalterni originari (3-4-5) e veniva eseguita una diversa distribuzione degli spazi interni dando luogo ad un nuovo subalterno 15, che rappresenta l'attuale unità immobiliare ( allegato n°8); 8) Nell'anno 2018 l'attore presentava una modifica di identificativo catastale al fine di poter chiarire che l'ingresso all'unità immobiliare, costituita dall'area esterna, ricade nella particella n. 297, mentre la restante parte della unità immobiliare ricade nella particella n.36 fin dal 1939 data di costituzione dell'unità immobiliare. 
Pertanto il tecnico ha concluso che nel tempo l'immobile dell'attore non ha subìto modifiche volumetriche o superficiarie. Dalla visura storica per immobile fatta per i singoli subalterni , la consistenza dei singoli subalterni è rimasta invariata nel tempo dall'impianto meccanografico del 1987 fino al 2014, anno in cui ### ha soppresso i subalterni precedenti (3-4-5) e, con una variazione fusione per diversa distribuzione degli spazi interni, ha creato il subalterno 15 che corrisponde ad oggi alla sua unità immobiliare. Le altezze sono rimaste invariate, il numero di vani internamente è cambiato perché nelle maggiori altezze originarie dell'unità immobiliare sono stati ricavati dei soppalchi. (cfr allegato 8-9-10-11-12).  b)###à immobiliare prop.tà ### (ex ### è identificata con il sub. 6, fol 17, p.lla 297, Nel corso del tempo le modifiche e le variazioni di tale unità immobiliare sono state così ricostruite: 1)nell'anno1940: vi è la prima rappresentazione grafica del subalterno n. 6. In tale rappresentazione, redatta dall'ing. ### , risulta che l'unità immobiliare oggi di prop.tà Diaz, all'epoca era in ditta ### e presentava ambienti con altezze interne differenti; in particolare l'ambiente principale 1 e quello ad esso adiacente, avevano un'altezza di ml=4.20, mentre i due ambienti identificati come cucina e bagno, prospettanti a ### verso l'area scoperta esterna, avevano altezze diverse inferiori e nella planimetria censuari veniva individuata l'altezza di ml= 2,20 (cfr allegato n°13); 2)nell'anno 1986 con atto di successione di ### il suddetto immobile era trasferito ai nipoti; 3)nell'anno 1988, il CTU ing. Parente, redige relazione tecnica per la divisione ereditaria dei restanti beni di proprietà ### Allegati a tale relazione vi erano rilievi fotografici, versati in atti di causa, in cui si evince in maniera chiara il prospetto del fabbricato di ### a ### 54.(cfr allegato n°3-4-5).Da tali rilievi fotografici i due ambienti dell'unità immobiliare posti al piano primo e, identificati nella planimetria del 1940, come ambienti cucina e bagno , presentavano ancora due altezze differenti a avevano solo due piccole finestre che affacciavano sulla superficie scoperta posta a ### 4)il ### per notar ### era redatto un primo atto di divisione tra gli eredi ### ed era assegnata a ### la quota n°1 che oggi corrisponde all'unità immobiliare della ### Tale quota ricomprendeva una serie di unità immobiliari tra cui quelle oggetto d'indagine che venivano così descritte: “quartino al primo piano, a sinistra, con accesso dal secondo portone, di vani catastali 2,5 ( fol 17 - p.lla 297/6) confinante: con beni ### con beni ### con il cortile comune, con sovrastante quartino di cui al n°6”; 5)in data 13 dicembre 1991,con atto per notar ### i coniugi ### e ### acquistavano dai germani #### e ### quanto segue: “il quartino facente parte del secondo fabbricato in ### al ### a ### n.54, posto al primo piano avente accesso dalla porta a sinistra salendo le scale, composto di vani due ed accessori, nei confini beni ### cortile comune, beni ### e tromba delle scale”; 6)in data ###, l'unità ### del ### della ### rilevava l'esecuzione di opere senza concessione afferenti l'immobile di proprietà ### Nel verbale di sequestro gli agenti attestavano quanto segue : “### di piccolo appartamento di circa 35 mq, ubicato al 1° piano dello stabile con affaccio sia dal vialetto principale che ad un retrostante vialetto di proprietà aliena. Detto appartamento risulta interessato da lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria oltre a lavori consistenti nella realizzazione di una zona soppalcata per una superficie di circa mq 28 impostata a mt 2.25 dal calpestio e ricavando una altezza utile di circa mt 2.25, all'intradosso della vecchia trave in legno del soffitto. Il predetto soppalco è in travi in ferro, tavelloni e masso cementizio con alcune tramezzature finalizzate alla creazione di una camera e due vani wc, nei quali sono poggiati gli accessori igienico/sanitari non ancora installati e privi di impianti. In particolare si rileva l'abbattimento e ricostruzione di un avancorpo di fabbrica , in ampliamento dell'appartamento avente le dimensioni in pianta di mt 6,00 x 1,60 con altezza interna di circa mt 4,50 mentre esternamente la quota del vialetto al solaio di copertura , anch'esso di nuova fattura sviluppa un'altezza di circa mt 6,00. Nel predetto avancorpo è inglobata parte della zona soppalcata prima descritta. Il tutto allo stato grezzo, privo di impianti con vecchio pavimento parzialmente svellito. Il collegamento all'area soppalcata avviene a mezzo di botola al momento privo di scale. 
Esternamente l'avancorpo presenta quattro aperture d finestrini. ### appartamento viene posto sotto sequestro giudiziario. In data ###, si presentava presso i ns uffici il marito della proprietaria ing. ### che declinava le generalità della moglie e consegnava copia del titolo di proprietà”; 7)in data ###, l'unità ### del ### della ### a seguito di sopralluogo nell'immobile oggetto del precedente sequestro di proprietà ### - ### accertavano quanto segue : “ i lavori erano proseguiti in violazione dei sigilli, tanto che l'appartamento si presentava: ### dello svellimento di tutto il pavimento e con messa in opera di impiantistica idrico ed elettrica ( parte a vista e parte sottotraccia) sia al primo livello che sulla zona soppalcata con installazione di piatto doccia. Le pareti interne si presentano all'80% intonacata al liscio. I 4 finestrini ricavati nell'avancorpo si presentano con soglie di marmo. Inoltre, la preesistente finestra che dà sul cortile ha subito l'abbattimento del muretto parapetto ### trasformando il vano luce a tutt'altezza. Per quanto sopra gli intervenuti hanno proceduto al risequestro dell'intero appartamento, affidandone la custodia giudiziaria all'operaio presente sul posto sig. ###”; 9) in data ### il ### presentava al Comune di ### la DIA n°712 a firma dell'arch. ### redatta in data ###, dalla sezione/prospetto longitudinale (sez ###), i due ambienti dell'unità immobiliare posta al piano primo e, identificati nella planimetria del 1940, come ambienti cucina e bagno, presentavano ancora due altezze differenti e avevano solo due piccole finestre che affacciavano sulla superficie scoperta posta a ### 8)in data ###, era presentata variazione catastale in cui sulla planimetria non era riportata più la doppia altezza, come nella planimetria originaria nel 1940, ma un'unica altezza, maggiore della precedente, che risultava pari a ml =4.90 a fronte dei ml=4.20 riportati nella planimetria del 1940.(cfr allegato n°14); 9)In data ###, la ### presentava un progetto in sanatoria per le opere abusive realizzate e messe sotto sequestro dalla ### con verbali del 06/06/2000 e del 26/06/2000. Tale progetto in sanatoria era protocollato con il numero 721/2000 e conseguente disposizione ### n.142 del 09/02/2001. In tale documento era possibile rilevare la consistenza superficiaria e volumetrica dell'unità immobiliare di prop.tà Diaz (ex ### - ###. Nella planimetria e nella sezione ###, relativa allo stato precedente l'abuso, relativamente all'avancorpo in cui ricadevano l'ambiente bagno e cucina, era riportata un'altezza pari a ml=4.60. Gli stessi ambienti nella DIA presentata dal dott.re ### e redatta dallo stesso tecnico arch. ### qualche mese prima risultano invece altezze differenti e nettamente inferiori.  10) con disposizione dirigenziale n.142/2001 era rilasciata “### in ### per la demolizione dei soppalchi realizzati senza titolo abilitativo, con altezza di m 2.25 dal piano di calpestio e m 2.15 dalla copertura e la ricostruzione degli stessi, ad esclusivo uso deposito a m 2.70 dal calpestio e m 1.75 dalla copertura ; la chiusura dei nuovi vani luce; il ripristino dell'originaria finestra , lato viale condominiale; il completamento degli impianti tecnologici e delle opere di finitura. I lavori saranno eseguiti in conformità dei grafici esibiti a firma dell'arch. ### il Comune di ### dal responsabile del procedimento geom. ### che si allegano alla presente autorizzazione per formarne parte integrante, costituiti da unica tavola comprendente: stralcio aereofotogrammetrico scala 1/1000 e 1/200; pianta e sezione dello stato pregresso, attuale e di progetto scala 1/50; relazione tecnica” ; 11)In data ###, era presentata altra variazione catastale in cui si rileva la presenza di un soppalco con le seguenti altezze (cfr allegato n°15).Piano terra : ### è pari a ml= 2,45 in corrispondenza del soppalco e degli ambienti cucina e bagno , mentre la restante parte del vano principale l'altezza è pari a ml= 4,50. Piano soppalco : Per tutto il piano di soppalco l'altezza è pari a ml= 1,95 . Anche in questa seconda variazione , le altezze sono ben diverse da quelle riportate sia nella planimetria del 1940 sia in quella successiva dell'anno 2000. Anche in termini di superficie, la consistenza dell'immobile è passata da 2.5 vani a 3.5 vani.  12)in data ### per ### acquistava dai coniugi ### - ### l'unità immobiliare identificata con il sub 6, alla ### CHI fol.17, p.lla 297, identificata nell'atto di compravendita come segue: “appartamento al primo piano, facente parte del fabbricato sito in ### al ### a ### n.54, avente accesso dalla porta a sinistra per chi sale le scale, composto di 3,5 (tre virgola cinque) vani catastali e confinante con: beni ### o aventi causa, cortile comune, beni ### o aventi causa, cassa scale”. 
Sulla scorta di tali emergenze documentali il CTU ha attestato che l'immobile oggi di proprietà ### acquistato nell'anno 2010, ha subìto nel tempo modifiche, sia volumetriche che superficiarie, eseguite dai coniugi ### e ### a partire dal 04/04/2000 data di redazione da parte dell'arch. ### dei grafici della DIA del dott. ### In risposta agli ulteriori questi posti del seguente tenore: ..”accerti, altresì, il CTU la regolarità urbanistica e/o amministrativa dell'intera consistenza immobiliare della convenuta ### e/o dello o degli eventuali ampliamenti della stessa ed, in caso di accertata violazione della normativa urbanistica, stabilisca il CTU se l'abusiva edificazione e/o l'abusivo ampliamento dell'immobile in questione abbia o meno inciso e, se si in che misura, sul valore dello immobili di proprietà dell'attore, il tecnico ha relazionato quanto si va sinteticamente ad esporre.  -nell'atto di compravendita stipulato in data ### per ### la sig.ra ### acquistava dai coniugi ### - ### l'unità immobiliare identificata con il sub 6, alla ### CHI fol.17, p.lla 297. In tale atto , all'articolo n.9, in merito e alla situazione urbanistica veniva riportato quanto segue: “ la parte alienante, edotta da me notaio sulle responsabilità penali cui si può andare incontro in caso di dichiarazione mendace, ai sensi e per gli effetti del D.P.R. 445/2000, dichiara: che la costruzione dell'immobile in oggetto è iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967; che fino alla data odierna lo stesso non ha subito interventi che ne escludano la commerciabilità; variazioni catastali sono state effettuate per adeguare la situazione catastale a quella di fatto” ; -a seguito dei due sequestri eseguiti il ### e il ### dall'unità ### del ### della ### in virtù delle opere eseguite senza concessione nell'immobile di proprietà ### - ### , ### in data ### presentava un progetto in sanatoria per le opere abusive realizzate, protocollata con il n.721/2000 e conseguente disposizione dirigenziale n.142 del 09/02/2001; -in tale disposizione per sanare le opere realizzare veniva riportato quanto segue: “### in ### per la demolizione dei soppalchi realizzati senza titolo abilitativo, con altezza di m 2.25 dal piano di calpestio e m 2.15 dalla copertura e la ricostruzione degli stessi, ad esclusivo uso deposito a m 2.70 dal calpestio e m 1.75 dalla copertura ; la chiusura dei nuovi vani luce; il ripristino dell'originaria finestra , lato viale condominiale; il completamento degli impianti tecnologici e delle opere di finitura. I lavori saranno eseguiti in conformità dei grafici esibiti a firma dell'arch.  ### il Comune di ### dal responsabile del procedimento geom. ### che si allegano alla presente autorizzazione per formarne parte integrante, costituiti da unica tavola comprendente: stralcio aereofotogrammetrico scala 1/1000 e 1/200; pianta e sezione dello stato pregresso, attuale e di progetto scala 1/50; relazione tecnica”; -dai rilievi eseguiti durante i vari accessi peritali si era potuto constatare che le indicazioni inserite nella disposizione dirigenziale n. 142 del 09/02/2001 , volte a sanare l'abuso realizzato, non erano state ottemperate ( cfr tavola grafica n°1 di rilievo). Le altezze interne riportate dalla planimetria del 1940 pari a ml=4.20 nell'ambiente principale e ml=2.20 in quello che corrisponde all'avancorpo , oggi sono bene diverse in quanto (cfr. parte evidenziata in giallo e in magenta allegati nn. 13-14-15 ): il vano principale che oggi corrisponde all'ambiente ### (I/S) ha un'altezza interna pari a ml=4.48; il piano soppalcato parte da un'altezza di ml= 2.17 nell'ambiente ### ed ha un'altezza, in corrispondenza della camera (###), di ml=2.11. Tale ripartizione delle altezze varia se ci si sposta nell'avancorpo infatti (cfr parte evidenziata in magenta allegato n.15 ): al piano terra l'altezza interna nell'ambiente cucina### è pari a ml= 2.45, nell'ambiente bagno(###) è pari a ml=2.26; nel piano soppalcato dell'avancorpo invece laddove ci sono i due ambienti bagno (###-###) l'altezza interna è pari a ml=2.21 nell'ambiente (###) e ml=1.98 nell'ambiente (###);per quanto riguarda i nuovi vani luce realizzati negli ambienti (###) e (###) essi risultano ancora presenti in contrasto con quanto indicato nella disposizione dirigenziale del Comune di ### n.° 142. (cfr allegato n.16 parte cerchiata in verde); per quanto riguarda l'originaria finestra, lato ### si fa presente che ad oggi è ancora presente un balcone, in contrasto con quanto indicato nella disposizione dirigenziale del Comune di ### n.° 142. (cfr allegato n.16 parte cerchiata in rosso). 
Pertanto il CTU ha affermato che gli ampliamenti realizzati nell'unità immobiliare oggi di proprietà ### dalla data del 06/06/2000 non sono regolari urbanisticamente, né sanabili o autorizzabili dal momento che l'intero compendio edilizio ricade nella ### A - identificata come ### nella ### al Prg del Comune di ### Inoltre le altezze attuali dell'immobile non ne consentono l'agibilità per abitazione ai sensi delle norme d'igiene. Infatti secondo il D.M. del 5 luglio 1975 e il regolamento edilizio del
Comune di ### l'altezza minima interna utile dei locali per abitazione deve essere pari a ml=2,70. 
In risposta agli ulteriori quesiti in precedenza riportati l'ing. ### ha affermato che l'avancorpo realizzato, così come indicato nel verbale della ### del 06.06.2000, ha un'altezza pari a ml=6.00 per una profondità interna di ml=1.60 per tutta la lunghezza dell'avancorpo pari a ml= 6.10 circa. Tale avancorpo ha aumentato la superficie e la volumetria dell'immobile di proprietà ### e ha invaso e ridotto la resede dell'area esterna scoperta di proprietà ### , incidendo quindi sul valore dell'immobile dell'attore. Per la determinazione dell'incidenza del valore di tale ampliamento sul valore della proprietà ### il criterio di stima adottato dal CTU è stato quello della determinazione , in una libera contrattazione e , sulla base di domanda ed offerta per beni analoghi ubicati in zona, del più probabile valore di tale superficie. Il metodo di stima utilizzato, è quello della comparazione sintetica e/o diretta sulla base di prezzi o valori riscontrabili in situazioni analoghe in zona ed espressi in un unico dato elementare ( €/mq/mese.). Attraverso diverse fonti informative, ha reperito elementi tali poter esprimere giudizi unitari di stima per immobili analoghi ricadenti in zona. Questi sono stati i parametri utilizzati: o Osservatorio del ### (O.M.I.) - ### del ### 2° semestre 2023 - (cfr. allegato per stima B) ### SPAGNOLI, #### codice di zona ###, ### catastatale n°0, abitazione civile, destinazione ### V.min = 2.200 €/mq.   V.max = 3.400 €/mq.   Facendo la media di tali valori si ha : Vmu1= (2.200 + 3.400)/2 = 2.800 €/mq.  o ### 2024 -(cfr. allegato per stima C) ##### abitazione in stabili di fascia media.   V.min = 2.253 €/mq.  V.max = 3.770 €/mq.   Facendo la media di tali valori si ha : Vmu2= (2.253 + 3.770)/2 = 3.011 €/mq.  o ###it - ### 2024 - (cfr. allegato per stima D) ### a ### bilocale di 60 mq costo € 265.000 S = 60 mq.   V = 265.000 €.   Facendo la media di tali valori si ha : Vmu3= 265.000/60 = 4.416 €/mq ### il valore medio in zona è stato calcolato secondo la formula che segue: VM= (Vm1+Vm2+Vm3)/3= (2.800+3.011+4.416)/3 = €/mq VM = 3.409 €/mq (### medio di zona) ### per calcolare la riduzione del valore dell'immobile di proprietà ### dovuto alla abusiva edificazione, il tecnico ha, dapprima, determinato il valore dell'area scoperta/resede dell'immobile di proprietà ### sulla quale essa insiste.  ### dell'area scoperta di prop.tà ### è pari a mq = 103.72 , trattandosi di una superficie scoperta il suo valore è stato considerato per i primi 25 mq della superficie al 30% e per la superficie eccedente al 10%. Pertanto il valore attuale dell'area scoperta / resede prop.tà ### è stato così calcolato: V###=(###)+(###)x VM=(25 x 30%)+(78.72 x 10%)) x 3.409 = (7.50 + 7.87 ) x 3.409 = euro 52.396,33. Dove ### = 25 x 30% (superficie da considerare per i primi 25 mq di area scoperta al 30%) ### = 78.72 x 10% (superficie da considerare per i mq eccedenti di area scoperta al 10%) VM = 3.409 /mq (### medio di zona). 
La superficie occupata dalla costruzione abusiva incidente sulla resede di proprietà ### sulla quale sono stati realizzati due nuovi volumi aggiuntivi bagno (###) e (###), ha una estensione pari a: So= 1.60 x 6.09 = 9.76 mq . Essa è pari a circa il 9.4% dell'intera estensione della superficie esterna/resede di prop.tà ### Pertanto il minor valore dell'immobile dell'attore dovuto all'edificazione abusiva è risultato: ###
V###x S% = € 52.396,33 x 9.40% = € 4.925,25 Dove : Vso = € 4,925,25 ( Minor valore dell'immobile ); V### = € 52.396,33 ( ### della originaria resede);S% = 9,40% ( ### della resede occupata dalla ### abusiva). 
Ebbene, all'esito degli accertamenti svolti dal CTU dott.ssa ### la scrivente ritiene provato che:1) l'area esterna di 103,72 mq è di proprietà esclusiva di ### 2) nell'anno 2000 ( precisamente a partire dal mese di aprile 2000 quale presumibile epoca di inizio dei lavori e fino alla fine di giugno 2000 epoca presumibile di ultimazione dei lavori), su parte di tale area scoperta i coniugi ### e ### hanno costruito un avancorpo in ampliamento, previa demolizione e ricostruzione di quello preesistente; 3) la superficie dell'area esterna occupata da tale avancorpo risulta di mq 9.76; 4) il valore venale di tale area all'attualità risulta pari ad euro 4.925,25. 
La condivisione da parte di chi scrive di tutte le considerazioni esposte dall'ausiliario si basa, come anticipato, sulle puntuali argomentazioni, squisitamente tecniche, basate sull'attenta disamina dell'intera documentazione agli atti, espresse dall'ingegnere ### - sia nella prima che nella seconda relazione - in risposta a tutti i rilievi dei CTP ed, in particolare, di quelli dell'ing. Lopresti, del geometra ### e dell'ing.  ### Orbene, premesso che per tutte le risposte alle osservazioni dei CTP si rimanda ai due elaborati agli atti, al fine di sgomberare il campo da eventuali dubbi interpretativi, ritiene questo giudice doveroso sottolineare in questa sede ###decisivo rilievo viene mosso in ordine all'esclusiva proprietà dell'area scoperta di 103,72 mq in capo all'attore; 2) le contestazioni relative all'effettuazione di modifiche superficiarie nell'appartamento del ### non interessando in alcuna misura l'area scoperta, risultano del tutto irrilevanti, ai fini del decidere, essendo controversa tra le parti solo l'occupazione, ad opera dei convenuti ### di parte dell'area a servizio dell'immobile dell'istante; 3) la pacifica realizzazione dell'avancorpo da parte dei coniugi ### e ### mediante abbattimento e ricostruzione di un avancorpo preesistente rende del tutto irrilevante, ai fini che occupano, l'accertamento della esatta corrispondenza o meno di tale nuova opera alla superficie e/o alla volumetria di quello preesistente dal momento che, all'atto della realizzazione di tale nuova costruzione, l'intervento edilizio, in precedenza non assentito da alcun titolo abilitativo, è stato realizzato su suolo altrui e senza il consenso del titolare. 
Passando, dunque, ad esaminare il merito della domanda sub 1) e 2) delle conclusioni dell'atto di citazione, una volta accertata sia l'esclusiva proprietà in capo all'attore dell'area scoperta di 103,72 mq al servizio del suo appartamento che la costruzione dell'avancorpo di mq 9,76 su parte di detta area da parte dei coniugi #### (precedenti proprietari dell'immobile) s'impone, in accoglimento della richiesta principale insita nell'azione reale proposta, la condanna di ### alla rimozione ( rectius demolizione) di tale avancorpo con restituzione all'attore dell'area ad esso sottostante ed alla esecuzione di tutti i lavori necessari al ripristino dello stato dei luoghi. 
Va aggiunto che risulta, altresì, destituita di fondamento l'eccezione di usucapione dei coniugi ### - ### della parte dell'area scoperta occupata dall'avancorpo dal momento che, essendo stata accertata la realizzazione dello stesso a giugno 2000, non sono ancora trascorsi i 20 anni di possesso pubblico, pacifico ed ininterrotto, avendo l'attore, medio tempore, notificato ai predetti convenuti plurimi atti interruttivi ai sensi dell'art. 2943 c.c. e dell'art. 5 comma D.leg.vo 28/2010 ( lettera di messa in mora e diffida del 12.06.2019, mediazione del 23.09.2019 e atto di citazione del presente giudizio dell'11.09.2019). 
Merito delle domande sub 3) Parte attrice, sul presupposto dell'esclusiva proprietà dell'area scoperta e della abusiva occupazione di parte della stessa dall'avancorpo di ### ha chiesto condannarsi quest'ultima singolarmente e/o in solido con ### e ### al risarcimento di tutti i danni materiali e/o personali subìti dal predetto e quantificati nella misura di euro 30.097,67( risultante dalla sommatoria : 1) del valore dell'area scoperta occupatapari ad euro 15.000,00; 2) del valore locativo di tale area - pari ad euro 5.097,67 - non utilizzata dall'attore con conseguente vantaggio dei coniugi ### dal 6.6.2000 fino al 23.4.2010 e della convenuta ### da quest'ultima data fino a quella della proposizione del presente giudizio; 3) dell'ammontare del deprezzamento dell'intera unità immobiliare dell'attorequantificata in euro 10.000,00- per effetto della riduzione di veduta e di aero illuminazione conseguente alla costruzione dell'avancorpo) oltre all'importo occorrente per i lavori necessari al ripristino dello stato dei luoghi o nella diversa somma ritenuta di giustizia; il tutto oltre rivalutazione monetaria ed interessi dall'evento fino all'effettivo soddisfo. 
La difesa della convenuta ### ha contestato le domande in esame evidenziando la sua totale estraneità rispetto alla realizzazione dell'avancorpo abusivo in epoca precedente il suo acquisto nonché la sua totale ignoranza dello sconfinamento di parte dell'appartamento acquistato su suolo altrui. 
La difesa dei convenuti ha contestato le domande in oggetto sia in ordine all'an che al quantum delle stesse. 
Ai fini della valutazione dell'an della pretesa risarcitoria, questo giudice ritiene provata la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 2043 c.c. esclusivamente nei confronti di ### e di ### E' noto che la responsabilità extracontrattuale è quella che consegue allorché un soggetto viola non già un dovere specifico, derivante da un preesistente rapporto obbligatorio (nel qual caso si configurerebbe responsabilità "contrattuale"), bensì un dovere generico che, solitamente, è indicato dalla dottrina con il brocardo latino "neminem laedere". Il disposto dell'art. 2043 c.c. individua il fondamento della responsabilità extracontrattuale in "qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto". Dal dettato letterale della norma, infatti, emergono gli elementi fondamentali per far sorgere la responsabilità extracontrattuale, ossia: il fatto illecito, il danno ingiusto, il nesso di causalità (giuridica e materiale) tra il fatto e il danno, la colpevolezza dell'agente e l'imputabilità del fatto lesivo. 
Il primo elemento che caratterizza la responsabilità aquiliana è il fatto illecito, ovverosia qualunque fatto, atto o comportamento umano doloso o colposo (cioè tenuto con l'intenzione di nuocere ovvero con imprudenza, disattenzione, imperizia) in grado di cagionare ad altri un danno ingiusto. Nella nozione di fatto illecito possono farsi rientrare sia le condotte commissive che omissive, purché riconducibili, secondo il nesso di causalità, all'evento dannoso ed esista un vero e proprio obbligo giuridico di impedire lo stesso. A differenza della responsabilità contrattuale, nella quale per il danneggiato ### è sufficiente dare conto del proprio diritto, dell'esigibilità della prestazione e della mancanza della stessa, mentre è il debitore ad essere gravato dell'onere di dimostrare di non aver potuto adempiere l'obbligazione per una causa a lui non imputabile (cfr. art. 1218 c.c.), nella responsabilità extracontrattuale è colui che agisce per ottenere il risarcimento a dover dimostrare non solo i fatti costitutivi della sua pretesa, ma altresì la riconducibilità agli stessi del comportamento del convenuto (ossia il nesso causale). Ciò implica, come pacificamente accettato in giurisprudenza che, in presenza di un fatto storico qualificabile come illecito civile ai sensi dell'art. 2043 incombe in capo alla parte danneggiata "l'onere della prova degli elementi costitutivi di tale fatto, del nesso di causalità, del danno ingiusto e della imputabilità soggettiva" ( tra le molte altre Cass. n. 191/1996; Cass. n. 17152/2002; Cass. n. 390/2008; Cass. 11946/2013). 
Applicando i principi esposti al caso sub iudice ritiene la scrivente che l'iniziale realizzazione di una nuova costruzione e la successiva prosecuzione della stessa fino alla sua ultimazione da parte di ### e di ### previa demolizione di quella preesistente e di dimensioni maggiori ( per superficie e per volume), in assenza di alcun titolo abilitativo denotino, per un verso, la piena consapevolezza dell'abusività dell'intervento edilizio e, per un altro, l'assoluta negligenza nella fase di progettazione e realizzazione dello stesso.
Considerazioni diametralmente opposte valgono per la convenuta ### per la quale, anche in ragioni di quanto sarà illustrato nei successivi paragrafi, non è stata fornita alcuna prova della consapevolezza dell'esistenza di una parte abusiva dell'immobile acquistato e/o dello sconfinamento di detta parte su suolo altrui. 
Ai fini della valutazione del quantum dei danni lamentati dall'attore va, in primis richiamata la copiosa giurisprudenza formatasi sull'occupazione sine titulo di un immobile altrui a partire dall'intervento delle ### della Suprema Corte ( Cass. S.U n. ### del 15.11.2022) che, sulla base di un'ampia motivazione, hanno affermato i seguenti principi: 1) nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta”; 2) nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subìta di cui il proprietario chieda il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato; 3) nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subito, quale quello che, in mancanza dell'occupazione, egli avrebbe concesso il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o che lo avrebbe venduto ad un prezzo più conveniente di quello di mercato. 
Orbene, nel caso in esame, parte attrice non ha allegato né tanto meno provato che al mancato godimento della parte dell'area scoperta occupata dall'avancorpo abusivo sia conseguita una perdita economica consistente nella possibilità di concedere a terzi il godimento di detta area dietro pagamento di un corrispettivo. Di contro va evidenziato che, per le caratteristiche dell'area scoperta risultanti dalle indagini del CTU suffragata della documentazione fotografica dello stato dei luoghi, essendo tale zona destinata ad esclusivo servizio dell'appartamento del ### non si appalesa ipotizzabile la concessione del godimento di tale area a terzi dietro un corrispettivo. 
Pertanto tale voce di danno non può essere riconosciuta. 
Per quanto riguarda l'ulteriore danno consistente nel prospettato deprezzamento dell'immobile dell'attore per l'apertura di nuove vedute sulla sua proprietà e per la riduzione dell'aereazione e/o illuminazione della stessa per effetto dell'avancorpo abusivo, ritiene questo giudice che, per le accertate caratteristiche costruttive delle aperture ( tutte dotate di inferriate tali da escludere la possibilità di affaccio sul fondo dell'attore) e per l'ubicazione dell'avancorpo collocato a congrua distanza dall'ingresso all'appartamento a piano terra dell'attore ( circostanze emergenti dalla documentazione fotografica allegata alla ###, non siano state dimostrate le prospettate lesioni al diritto di proprietà; ragioni per la quali non si è ritenuto necessario un approfondimento istruttorio con l'ausilio del tecnico incaricato. 
Per tutte le ragioni esposte la domanda sub 3) va rigettata perché infondata. 
Le domande riconvenzionali trasversali formulate da ### e fatte proprie dall'interventore volontario ### nei confronti di ### e di ### nonchè di ### s.p.a. chiamata in causa. La domanda riconvenzionale trasversale proposta dalla ### nei confronti di ### e di ### Vanno a questo punto, in primo luogo, esaminate le domande riconvenzionali formulate da ### ( alle quali ha aderito l'interventore) e subordinate all'accoglimento della domanda principale proposta da ### Tale parte convenuta, come esposto in premessa, ha spiegato domanda riconvenzionale nei confronti dei venditori ### per ottenere la risoluzione del contratto di compravendita stipulato in data ### per mezzo del notaio ### (rep.  n. 24132 - racc. n. 9931), nonché nei confronti di ### per ottenere, altresì, la risoluzione del collegato contratto di mutuo, stipulato sempre dal notaio ### in pari data (rep. n. 24133 - racc. n. 9932).
In conseguenza della risoluzione dei predetti contratti, ha chiesto la restituzione del prezzo di acquisto così come segue: “2.1.A condannare ### s.p.a. in persona del l.r.p.t. a restituire alla sig.ra ### la somma di € 258.206,49 (€ 157.209,41 per quota capitale ed € 100.997,08 per interessi), o quella somma maggiore o minore che sarà accertata pari a quanto versato per il rimborso del mutuo fino alla rata dell'1.12.2020, salvo ulteriori somme versate, oltre interessi; condannare i sig.ri ### e ### in solido tra loro, alla restituzione in favore della sig.ra ### della somma di € 76.000,00, pari alla parte di prezzo pagato direttamente dall'acquirente, oltre interessi, oltre il rimborso delle spese fiscali, pari ad € 2.547,00, di quelle notarili, pari ad € 5.000,00, e di quelle per l'iscrizione ipotecaria, salvo maggiori o minori somme che saranno accertate, il tutto oltre interessi; accertare che nulla è dovuto dalla sig.ra ### alla banca ### s.p.a. e condannare i sig.ri ### e ### in solido tra loro, al rimborso dell'intero mutuo, comprensivo di capitale ed interessi; 2.1.B in subordine rispetto a quanto chiesto sub 2.1.A, condannare i sig.ri ### e ### in solido tra loro, alla restituzione in favore della sig.ra ### della somma di € 380.000,00, pari al prezzo da loro riscosso per la vendita, oltre interessi, ed oltre, anche a titolo di risarcimento del danno, della somma di € 100.997,08, per interessi corrisposti dalla convenuta alla banca, ed al rimborso delle spese fiscali, pari ad € 2.547,00, e di quelle notarili, pari ad € 5.000,00, oltre spese per l'iscrizione ipotecaria, salvo maggiori o minori somme che saranno accertate, il tutto oltre interessi; accertare che null'altro è dovuto dalla sig.ra ### alla banca ### s.p.a. e condannare i sig.ri ### e ### in solido tra loro, al rimborso del residuo mutuo da oggi alla scadenza;”; In via subordinata rispetto alla domanda di risoluzione, inoltre, ### ha chiesto la riduzione del prezzo di vendita, quantificata nella misura del 90% e, dunque, la condanna di ### e ### alla restituzione in suo favore della somma di euro 342.000,00. 
In ogni caso, tale convenuta ha formulato domanda risarcitoria nei confronti dei convenuti ### e ### chiedendo, altresì, che gli stessi venissero condannati a manlevarla da ogni conseguenza pregiudizievole derivante dal presente giudizio ed a pagare le spese di lite ex art. 96 quarto comma c.p.c. 
La difesa di ### e ### oltre ad eccepire l'inammissibilità delle domande in esame, per carenza dei presupposti di cui all'art. 36 c.p.c., ha contestato nel merito le istanze in oggetto. 
Va, in primis, affermata l'ammissibilità delle domande in questione in ossequio all'orientamento dei giudici di legittimità condiviso da chi scrive, secondo il quale “###à della domanda riconvenzionale del convenuto è subordinata, ai sensi dell'art. 36 c.p.c., alla comunanza del titolo già dedotto in giudizio dall'attore o di quello che appartiene alla causa come mezzo di eccezione, purché non ecceda la competenza per materia o per valore del giudice adito; tuttavia, se la domanda riconvenzionale non comporta lo spostamento di competenza, è sufficiente un qualsiasi rapporto o situazione giuridica in cui sia ravvisabile un collegamento oggettivo con la domanda principale, tale da rendere consigliabile e opportuna la celebrazione del simultaneus processus, secondo la valutazione discrezionale del giudice di merito, cui è richiesto di motivare al riguardo” ( ### tra le altre Cass. 1,ord. 5484 dell'1.03.2024). Ebbene, considerato che nel caso in esame sussiste uno stretto rapporto di interdipendenza tra l'esistenza del titolo di provenienza dell'area a base della domanda di rivendica e di quello di provenienza dell'avancorpo a base delle domande riconvenzionali, risulta evidente il nesso di connessione tale da giustificare l'esigenza del simultaneus processus ### premesso va evidenziato che la domanda di risoluzione del contratto di compravendita, formulata da ### si fonda sulla prospettata violazione, da parte dei venditori, dell'impegno traslativo del diritto di proprietà su parte della cosa venduta e consente, dunque, l'applicazione della disciplina sulla garanzia per l'evizione parziale, sicchè va inquadrata nell'ambito dell'art. 1480 c.c., che così recita: “Se la cosa che il compratore riteneva di proprietà del venditore era solo in parte di proprietà altrui, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno a norma dell'articolo precedente, quando deve ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; altrimenti può solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno.” A mente della citata norma, dunque, nel caso di vendita di cosa parzialmente altrui, il compratore può chiedere la risoluzione del contratto solo se, quando lo ha concluso, ignorava che la cosa non fosse di proprietà del venditore e possa ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato il bene senza quella parte di cui è divenuto proprietario; in mancanza dell'una o dell'altra delle predette condizioni, il compratore può solo chiedere la riduzione del prezzo (Cass. Civ. n. 6814/2025; Cass. Civ.  2892/1996). 
Ciò posto, ritiene la scrivente che, nel caso in esame sussistano elementi tali da inferire sia la buona fede dell'acquirente, sia la natura essenziale della porzione sottratta alla cosa venduta, tale da incidere sulla determinazione di acquistare il bene. 
Ed invero, è del tutto pacifico tra le parti che i venditori ### non abbiano fornito all'acquirente alcuna informativa circa il rischio di evizione parziale del bene compravenduto, ma anzi, nel rogito, hanno prestato espressa garanzia in tal senso ( art. 5: “la parte venditrice presta ampia garanzia per evizione e garantisce la assoluta titolarità e disponibilità dei diritti trasferiti …”). 
Non è sufficiente a scardinare tale dato di fatto quanto si legge nell'art. 8 del contratto preliminare sottoscritto da ### in qualità di venditori e da ### ( madre di ### recante la data del 17.12.2009 - “I promettenti venditori dichiarano che il complesso edilizio cui appartiene l'immobile compromesso in vendita e l'immobile stesso, è stato costruito in data anteriore al 1° settembre 1967 e che con disposizione dirigenziale del Comune di ### n° 142 del 9.02.2001 fu realizzato parziale soppalco come da piantina catastale allegata.” - poiché, pur non contestando la convenuta ### la conoscenza del documento, contrariamente, a quanto sostenuto dalla difesa di ### tale dichiarazione è ben lontana dall'esprimere un rischio di evizione parziale in ragione dell'altruità di parte del bene (fattispecie che ricorre nel caso in esame) e, dunque, non rileva ai fini sperati. 
Quanto alla seconda condizione, ovvero la circostanza che la porzione in parola avesse un carattere determinante ai fini della decisione dell'acquirente di acquistare il bene, come dalla stessa dedotto (in particolare l'acquirente ha affermato che non avrebbe mai acquistato l'immobile privo di quella parte in contestazione, perché sarebbe risultato inabitabile per caratteristiche e dimensioni, oltre che inagibile), va evidenziato che, come emerge dalla ### l'avancorpo in questione rappresenta una parte sostanziale dell'immobile acquistato da ### in quanto si estende per mt. 6,00 x 1,60, con altezza interna di circa mt. 4,50 e comprende, altresì, in sé i vani della cucina e di due wc, oltre a presentare due aperture. 
Orbene, se si considera che si tratta di un piccolo appartamento all'origine di 2,5 vani e di 35 mq, appare del tutto evidente come il venir meno dell'utilità ricavabile dalla porzione ### non appartenente ai venditori poiché costruita su proprietà aliena, abbia determinato, in rapporto a quella acquistata a domino, uno sbilanciamento dell'originario sinallagma contrattuale e dell'assetto dei reciproci interessi avuti di mira dai contraenti, tale da giustificare lo scioglimento dal vincolo negoziale. 
In altre parole, l'entità dell'avancorpo, nell'equilibrio complessivo dell'acquisto immobiliare, risulta di rilevanza tale da rendere del tutto plausibile il totale venir meno dell'interesse dell'acquirente al mantenimento della proprietà sull'unità immobiliare de qua. 
Alla luce di quanto esposto, pertanto, ricorrono le condizioni per l'accoglimento della domanda di risoluzione del contratto di compravendita stipulato in data ### per tramite del notaio ### (rep. n. 24132 - racc. n. 9931) ai sensi dell'art.  1480 c.c..  ### di tale domanda per la norma sopra richiamata esclude in radice la possibilità della contestuale valutazione di altra ipotesi di risoluzione ex art. 1489 c.c. o per vendita di aliud pro alio. 
Va, altresì, accolta, per quanto di ragione, la domanda risarcitoria formulata da ### nei confronti di ### Va premesso che tale convenuta/attrice in riconvenzionale, nella propria comparsa di costituzione e risposta, ha così argomentato la domanda in esame: “ … ### chiede che i venditori, sig.ri ### e ### la tengano indenne dall'ipotetico accoglimento delle domande di pagamento formulate dall'attore, e comunque chiede che le vengano corrisposti (anche ex art. 1483, comma 2, c.c.), i frutti che sarà eventualmente tenuta a restituire all'attore, le spese processuali sopportate, e tutte quelle che dovrà eventualmente rimborsare all'attore, oltre al risarcimento del danno subito. Il risarcimento del danno, come è noto, richiede non soltanto l'inesatta attribuzione traslativa, ma anche la colpa del venditore … ### in considerazione delle particolari modalità dei fatti narrati dall'attore, secondo cui i sig.ri ### e ### avrebbero costruito una significativa porzione dell'immobile sulla proprietà dell'attore, e lo avrebbero fatto violando norme urbanistiche, e nonostante un sequestro penale, occultandolo dolosamente alla sig.ra ### si chiede il risarcimento del danno subito dalla sig.ra ### anche all'immagine ed alla propria dignità oltre a quello subito per dover eventualmente lasciare l'abitazione dove vive, da liquidarsi in via equitativa, e comunque la condanna dei sig.ri ### e ### alle spese processuali, in misura esemplare, anche ex art. 96 c.p.c.”. 
In aggiunta ### ha chiesto il rimborso delle spese fiscali, pari ad € 2.547,00, di quelle notarili, pari ad € 5.000,00, e di quelle per l'iscrizione ipotecaria; domande, queste, che sebbene contenute nella richiesta di restituzione del prezzo di acquisto della propria unità immobiliare, vanno più propriamente qualificata come domande risarcitorie, poiché le predette spese integrano l'ingiusta perdita patrimoniale a danno dell'acquirente, conseguente alla risoluzione del contratto di compravendita. 
Orbene, va in primo luogo evidenziato, in relazione alla richiesta di manleva rispetto alle domande dell'attore, che, in ragione di quanto esposto in precedenza, ### non è legittimata passiva rispetto alla domanda risarcitoria di ### né quest'ultimo ha avanzato domanda di corresponsione dei frutti ex art. 1483, comma 2, c.c.. 
Ciò posto, va evidenziato che la fattispecie in esame, rientrante nell'alveo dell'art. 1480 c.c., consente all'acquirente di richiedere, oltre alla risoluzione del contratto o alla riduzione del prezzo, anche il risarcimento del danno, fondato sulle norme generali degli artt. 1218 e 1223 cod. civ., in base al richiamo di quest'ultima disposizione da parte dell'art 1479 cod. civ., a sua volta richiamato dall'art. 1480 cod. civ., cui rinvia ancora il citato art. 1489 c.c. (Cass. n. 4786/2007 relativamente all'ipotesi di vendita di cosa gravata da diritti o da oneri ai sensi dell'art. 1489 cod. civ). 
Ne discende che il danno va inquadrato nella perdita subìta dal creditore e/o nel mancato guadagno fatto salvo il diritto al maggior danno, che deve essere specificamente allegato e provato. 
Nel caso in esame, dunque, posto che ### non ha reclamato alcun danno da mancato guadagno e che l'asserito danno all'immagine non è stato adeguatamente né argomentato né provato, va riconosciuto in favore di ### esclusivamente il risarcimento del danno da perdita patrimoniale consistente nelle spese sostenute per la stipula del contratto di compravendita e documentalmente provate e precisamente: 1) le imposte di legge pari ad euro 2.347,00 (all. n. 5 comparsa di costituzione e risposta), nonché le ulteriori spese riepilogate nel documento allegato al contratto di mutuo sub lett. “E” pari ad euro 1.055,20 (all. n. 10 memorie istruttorie), mentre non possono riconoscersi le spese notarili perché non provate. 
I convenuti ### quindi vanno condannati a corrispondere in favore di ### dette spese per un complessivo importo di euro 3.402,20.
Quanto alla domanda di risoluzione del contratto di mutuo collegato alla predetta compravendita, va premesso che contraenti originari del contratto di mutuo erano, da un lato, ### di ### S.p.A., oggi ### S.p.A. ### e, dall'altro, l'acquirente ### nonché la di lei madre ####. Successivamente al decesso di quest'ultima (in data ###), è subentrato al suo posto ### (padre dell'acquirente) il quale, dunque, essendo, allo stato, cointestatario con la figlia del contratto in parola (cfr. all.ti alla comparsa di costituzione del 17.12.2020), al fine di sostenere le ragioni di quest'ultima, ha spiegato intervento volontario nel presente giudizio rassegnando le medesime conclusioni di cui agli atti difensivi della figlia. 
Ciò posto, ai fini della decisione, va evidenziato che secondo i precetti della Suprema Corte, nell'ipotesi di contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l'acquisto di un determinato bene ( circostanze non contestate dalla difesa di ### oltre ad essere documentalmente provate dalla relazione notarile allegata alla comparsa di costituzione della banca), il collegamento negoziale tra gli anzidetti contratti, per cui il mutuatario è obbligato all'utilizzazione della somma mutuata per la prevista acquisizione, comporta che della somma concessa in mutuo beneficia il venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita del bene, che importa il venir meno dello stesso scopo del contratto di mutuo, legittima il mutuante a richiedere la restituzione della somma mutuata non al mutuatario, ma direttamente ed esclusivamente al venditore (Cass., nn. 7773/2003, 5966/2001, 7118/1998, sez. un. n. 474/1994, citate nella sentenza impugnata). 
Di qui il seguente principio: “Nel contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l'acquisto di un determinato bene, il collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e quello di vendita, in virtù del quale il mutuatario è obbligato all'utilizzazione della somma mutuata per la prevista acquisizione, comporta che della somma concessa in mutuo beneficia il venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita ed il correlato venir meno dello scopo del contratto di mutuo, legittimano il mutuante a richiedere la restituzione dell'importo mutuato non al mutuatario ma direttamente ed esclusivamente al venditore” (Cass. Civ. n. 3589/2010; Cass. Civ. n. 12454/2012). 
Orbene, nel caso in esame, è del tutto evidente ed incontestato il collegamento funzionale esistente tra il contratto di compravendita e quello di mutuo, sicchè la risoluzione del primo non può che far venir meno lo scopo del secondo. 
Ne consegue, quindi, la risoluzione del contratto di mutuo con obbligo dei venditori ### di restituire, in accoglimento della domanda riconvenzionale trasversale proposta dalla ### la somma mutuata (euro 304.000,00), all'### di ### e, in accoglimento dell'ulteriore domanda riconvenzionale proposta da ### direttamente a quest'ultima il residuo prezzo di vendita (euro 76.000,00) corrisposto all'atto della stipula dell'atto di compravendita. 
Quanto, infine, all'ulteriore domanda riconvenzionale trasversale proposta da ### e fatta propria anche da ### volta ad ottenere la restituzione dall'istituto di credito dei ratei già pagati, la difesa della ### ha dedotto di non essere tenuta a restituire tali somme, essendo il mutuo un contratto di durata, sicchè resterebbero ferme le prestazioni già eseguite in applicazione dell'art. 1458 comma 1 Orbene va premesso che, secondo l'orientamento consolidato tra i ### (cfr. tra le altre: Cass. Sez. 2, ord. n. 19045 dell'11.07.2025), il mutuo è contratto di natura reale che si perfeziona con la consegna della cosa mutuata ovvero con il conseguimento della disponibilità giuridica della cosa; ne consegue che la "tradito rei" può essere realizzata attraverso la consegna dell'assegno (nella specie, circolare interno, intestato alla parte e con clausola di intrasferibilità) alla parte mutuataria, che abbia dichiarato di accettarlo "come denaro contante", rilasciandone quietanza a saldo. Ne consegue che nel contratto di mutuoal pari di quello fondiario oggetto di causa - il pagamento dei ratei configura un'obbligazione unica, poiché le diverse rate costituiscono l'adempimento frazionato di un'unica obbligazione restitutorie e non rappresentano affatto più obbligazioni autonome e distinte, come nei contratti ad esecuzione continuata o periodica. (Cass. n. 4232/2023; n. 17798/2011).  ### l'unico caso in cui i giudici di legittimità riconoscono a tale contratto la natura di contratto di durata è quello del mutuo di scopo la cui causa è più di ampia di quella del normale contratto di mutuo, in quanto il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo concordato, mediante l'attuazione in concreto del programma negoziale, in cui le prestazioni sono avvinte dal rilievo causale che il raggiungimento dello scopo assume nell'economia del rapporto ( cfr. Cass. sez. 1 ord. 25193 del 19.###). Va, anche sottolineato che il mutuo fondiario, quale risulta dalla disciplina di cui agli artt. 38 ss d.lgs. 1 settembre 1993, n.385, non è mutuo di scopo, poichè di esso non è elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità ( cfr. Cass. 1 n. 4792 del 23.3.2012) ed in un'altra pronuncia ( cfr. Cass. Sez. 2 n. 9838/2021) si afferma che per il mutuo di scopo è necessaria l'esistenza di un interesse alla destinazione delle somme erogate sia in capo al mutuante che al mutuatario (sentenza n. 9838/2021). 
Ebbene, considerato che il contratto oggetto di causa è un mutuo fondiario e che nessuna delle parti contraenti il mutuo ha ipotizzato uno scopo da realizzare, il fatto che il debito sia frazionato in rate non modifica la natura unitaria del contratto di mutuo. Ne discende, quindi, l'inapplicabilità della normativa invocata da ### s.p.a. 
Quest'ultima va, pertanto, condannata alla restituzione in favore dei ### dei ratei già pagati (quantificati nella domanda nella somma di € 157.209,41 per quota capitale ed € 100.997,08 per interessi) oltre alle ulteriori somme eventualmente versate da quella data fino a quella della presente decisione ed oltre interessi legali dalla data della domanda fino all'effettivo soddisfo su tutte somme riconosciute . ### delle domande riconvenzionali proposte, in via principale, esonera chi scrive dal dovere valutare le ulteriori domande proposte in via gradata. 
La domanda di ### S.p.A. nei confronti del notaio #### S.p.A. ha, a sua volta, spiegato domanda riconvenzionale nei riguardi del notaio ### che ha rogato il contratto di mutuo, invocando la responsabilità dal medesimo assunta laddove, nella relazione preliminare alla stipula del predetto contratto, il professionista ha dichiarato che l'immobile era di proprietà esclusiva dei venditori in virtù dei titoli di provenienza richiamati ed esaminati e che aveva, altresì, la necessaria regolarità urbanistica. 
Sulla scorta di tanto ### ha chiesto che, nell'ipotesi di accoglimento della domanda spiegata da ### nei suoi confronti, venisse condannato il notaio ### “a titolo di responsabilità professionale a manlevare e/o tenere indenne la ### comparente, anche nella sua spiegata qualità, di tutto quanto la stessa fosse tenuta a corrispondere all'acquirente mutuataria sig.ra ### in particolare a titolo di interessi corrisposti sulle quote capitale.” La difesa del notaio ### in relazione alla prima contestazione di parte avversa ( difetto di diligenza nel controllare l'esatta provenienza dei beni oggetto della compravendita e del mutuo del 23.4.2010 ) per non aver verificato che l'area esterna scoperta non fosse di ### e ### con conseguente impossibilità di trasferimento alla ### di detta area ha dedotto che, essendo prevista nel nostro ordinamento la vendita di un immobile altrui ex art. 1476 c.c. non sarebbe possibile configurare una responsabilità del notaio per l'introduzione nel rogito di un mappale del quale non era nota la provenienza in capo al venditore, non potendosi ipotizzare a carico del notaio l'obbligo di assicurare la proprietà del bene oggetto di compravendita e di dazione di ipoteca. 
In relazione alla seconda contestazione (non aver indicato quale oggetto di compravendita anche il corpo avanzato abusivamente realizzato sull'area altrui senza i titoli abilitativi) l'immobile acquistato da ### alla quale era stato trasferito da ### /### era perfettamente commerciabile siccome in regola con la normativa urbanistica essendo sufficienti a tal fine le dichiarazioni rese dalle parti. 
Di contro, il ### ha eccepito che sia dall'esame dei titoli di provenienza ultraventennali sia dalle piantine catastali non emergevano dubbi né in ordine alla piena proprietà dei venditori del bene compravenduto nella sua intera consistenza, né tantomeno profili di incommerciabilità dello stesso. Ha dedotto, quindi, l'assenza di responsabilità a suo carico, non essendovi profili di colpa o di negligenza nell'esecuzione della prestazione d'opera professionale. 
Orbene, preliminarmente va evidenziato che risulta provata per tabulas la legittimazione attiva di ### s.p.a, anche n.q. di mandataria e procuratore della ### s.r.l., cessionaria dei crediti derivanti dai mutui ipotecari del ### di ### in forza dell'accordo quadro del 31.05.2012 ### s.r.l. concluso ai sensi della ### 130 e dell'art. 58 del ### (cfr. ### dell'11.12.2012 - 4° all. alla comparsa di costituzione e risposta di ###. 
Ai fini della decisione, inoltre, va premesso che l'opera di cui è richiesto il notaio non si riduce al mero accertamento della volontà delle parti e alla corretta formazione dell'atto, ma si estende a tutte le attività preparatorie, accessorie e successive necessarie a garantire la certezza, la serietà e l'efficacia giuridica dell'atto da rogare e, in particolare, la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico perseguito dalle parti partecipanti alla stipula dell'atto medesimo (ex plurimis, cfr. Cass. nn. 11296/2020, 24733/2007, 11246/2020, 10474/2022, 26020/2011, 7283/2021, 15726/2010). 
Tra tali attività rientra il controllo della sussistenza delle condizioni necessarie alla validità e efficacia dell'atto di compravendita (Cass. n. 5946/1999) e di quello di mutuo ad esso collegato. Oggi è pacifico che tra le attività oggetto della prestazione del notaio richiesto della preparazione e stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare e del collegato contratto di mutuo, rientra anche l'obbligo di verificare la libertà e disponibilità del bene e, più in generale, le risultanze dei registri immobiliari attraverso la loro visura, allo scopo di individuare esattamente il bene ed eventuali pignoramenti, sequestri conservativi, iscrizioni ipotecarie, domande giudiziali (Cass. 21775/2019). 
Non rientra tra gli obblighi del notaio, invece, la verifica della conformità urbanistica del bene, in quanto non previsto dalla legge, né ricavabile in via interpretativa. 
In argomento, invero la Suprema Corte ha affermato che “secondo un condivisibile orientamento interpretativo (sez. 5^, n. ### del 3.6.08, rv. 241585), è corretta l'esclusione di un obbligo giuridico a carico del pubblico ufficiale rogante di verificare la corrispondenza al vero di quanto dichiarato dal venditore”, il notaio è ”tenuto solo a verificare che, per dichiarazione dell'alienante, risultino gli estremi della conformità̀ agli strumenti urbanistici o della concessione rilasciata in sanatoria, come prescritto - all'epoca di riferimento - dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 17, e art. 40, comma 2, nel testo poi sostanzialmente riprodotto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 46” (Cass. pen., sez. V, 26 marzo 2012, n. 11628). 
La Suprema Corte a ### (sent. n. 8230 del 22/03/2019), nell'affrontare il tema delle nullità che derivano dall'applicazione dall'art. 46 del d.P.R. n. 380 del 2001, ha precisato che detta nullità «deve qualificarsi come nullità "testuale", con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile. ### in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato”. 
Da tali principi è agevole ricavare che non vi è necessità per il notaio di verificare la veridicità delle dichiarazioni delle parti in ordine alla conformità urbanistica del bene, dal momento che la legge, espressamente, per evitare la nullità citata, richiede esclusivamente l'assunzione di responsabilità delle parti che si realizza per il tramite di una loro dichiarazione che viene semplicemente ricevuta dal notaio, non potendo egli essere chiamato a rispondere, invece, ad esempio, della futura conseguibilità o meno della sanatoria. 
In particolare, afferma la Suprema Corte, in un passaggio della sentenza sopra richiamata, che per effetto della prescritta dichiarazione contenuta nell'atto notarile, “l'acquirente, utilizzando la diligenza dovuta in rebus suis, è, infatti, posto in grado di svolgere le indagini ritenute più opportune per appurare la regolarità urbanistica del bene, e così valutare la convenienza dell'affare, anche, in riferimento ad eventuale mancata rispondenza della costruzione al titolo dichiarato”. 
In definitiva, quindi, il notaio, sia nel caso delle dichiarazioni sulla conformità catastale, sia per quanto riguarda quelle sulla regolarità urbanistica (e quindi l'assenza di abusi edilizi) deve, per legge, chiedere al venditore di rendere una dichiarazione, ma non può verificarne la veridicità. 
La Suprema Corte, inoltre, ha espressamente affermato che va esclusa la responsabilità del notaio nei casi di interpretazione di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, a meno che non risultino il dolo o la colpa grave (Cass. n. ###/2024). Peraltro, in un caso non dissimile da quello in esame - cfr. parte motiva della Cass. civ. 6814/2025 - è stata esclusa la violazione dei doveri di diligenza da parte del notaio nella stipula dell'atto di compravendita viste le difficoltà interpretative dei titoli di provenienza. 
In particolare, la fattispecie sottoposta all'esame dei ### riguardava proprio l'interpretazione dei titoli di provenienza al fine di verificare se questi, unitamente al trasferimento delle singole unità immobiliari, avessero o meno comportato anche il trasferimento della corte comune, il che aveva reso necessario in sede ###accertamento che ne è derivato è stato di particolare complessità. 
Nella parte motiva della pronuncia, tra l'altro si legge: “### specie non può imputarsi al notaio rogante l'aver omesso le necessarie indagini mediante le visure ipotecarie e catastali dei registri immobiliari. Solo in tal caso, infatti, il notaio non può invocare la limitazione di responsabilità prevista per il professionista dall'art. 2236 c.c. con riferimento al caso di prestazione implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà (nella specie, costituita dal conflitto risultante dai titoli rappresentati dai decreti di trasferimento a seguito della divisione ereditaria) in quanto solo una tale inosservanza non è riconducibile ad un'ipotesi di imperizia, a cui si applica quella limitazione, bensì a negligenza o imprudenza e, cioè, alla violazione del dovere della diligenza professionale media esigibile ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c., rispetto alla quale rileva anche la colpa lieve. (Cass. Sez. 3, 17/09/2024, 25026, Rv. 672440 - 01).” Nel caso in esame, conformemente a quanto deciso nella predetta sentenza, considerata la necessità di espletamento, nel presente giudizio, di ben due consulenze tecniche d'ufficio per accertare la titolarità dell'area scoperta per cui è causa nonché la non corrispondenza dell'avancorpo realizzato alle prescrizioni contenute nell'autorizzazione in sanatoria agli atti, ritiene la scrivente l'inesigibilità in capo al notaio della risoluzione del problema interpretativo circa l'appartenenza della resede per cui è causa al ### o a ### e ### nonché della regolarità urbanistica dell'avancorpo, sicchè la domanda di responsabilità professionale va rigettata perché infondata. 
La regolamentazione delle spese processuali Nei rapporti tra ### e ### la parziale soccombenza dell'attore in relazione alla domanda sub 3) giustifica la compensazione delle spese di lite fino alla concorrenza di 1/3. 
Per il residuo, secondo i principi della soccombenza, ### va condannata alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza in favore di ### e, per esso. in favore dell'avvocato ### qualificatasi antistataria; spese liquidate, come da dispositivo, sulla base dei valori medi di cui al D.M. 55/2014 (scaglione di riferimento per le cause di valore indeterminabile e compreso tra euro 52.000,00 ed euro 260.000,00) ed in relazione alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale. 
Nei rapporti tra ### e ### e ### secondo i principi della soccombenza, ### va condannato alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza nei confronti dei predetti; spese liquidate, come da dispositivo, sulla base dei valori medi di cui al D.M. 55/2014 (scaglione di riferimento per le cause di valore indeterminabile e compreso tra euro 52.000,00 e 260.000,00) ed in relazione alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale. 
La parziale soccombenza di ### e di ### in relazione alle domande proposte dal ### è incompatibile con le domande dagli stessi proposte ex. art 96 comma 1 e comma 3 c.p.c. 
Nei rapporti tra ### e ### da una parte, e ### e ### nonché ### s.p.a., in relazione alle domande riconvenzionali trasversali, secondo i principi della soccombenza, ### e ### vanno condannati alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza nei confronti delle predette parti; spese liquidate, per ciascuna parte, come da dispositivo, sulla base dei valori medi di cui al D.M. 55/2014 (scaglione di riferimento tra euro 260.000,00 ed euro 520.000,00) ed in relazione alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale. 
Nei rapporti tra ### s.p.a. ed il notaio ### secondo i secondo i principi della soccombenza, la ### va condannata alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza nei confronti del notaio; spese liquidate come da dispositivo, sulla base dei valori medi di cui al D.M. 55/2014 (scaglione di riferimento tra euro 260.000,00 ed euro 520.000,00) ed in relazione alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale. 
In ragione del complessivo esito del giudizio, le spese per l'espletamento delle due CTU vanno definitivamente poste a carico di tutte le parti in solido.  P.Q.M. Il Tribunale - in persona del ### dott.ssa ### - definitivamente pronunciando nella controversia come innanzi proposta, così provvede: 1. Dichiara ammissibili le domande riconvenzionali trasversali proposte da ### e fatte proprie dall'interventore volontario ### nei confronti di ### e di ### nonché nei confronti di ### s.p.a.: 2. Dichiara, altresì, ammissibile la domanda riconvenzionale trasversale proposta da ### s.p.a. nei confronti di ### e di ### 3. Dichiara ammissibili le ulteriori riconvenzionali; 4. Dichiara inammissibile l'ulteriore domanda cd. reconventio reconvenzionis proposta da ### e ### nei confronti di ### 5. Accoglie la domanda di rivendica proposta da ### di cui ai punti 1) e 2) delle conclusioni dell'atto di citazione, nei confronti di ### e, per l'effetto, previo accertamento della proprietà esclusiva in capo a ### dell'area esterna di accesso riportata nel N.C.E.U. del Comune di ### in ditta #### CHI, foglio n.°17, particella 297, subalterno n.°19 (ex sub 15), piano T, dell'estensione di mq=103.72 al servizio dell'immobile sito in ### alla ### a ### 54/d , scala B piano terra riportata nel N.C.E.U. del Comune di ### in ditta #### CHI, foglio n.°17, particella 36, subalterno n.°17 (ex sub 15), piano T composto da 5 vani più cucina ed accessori nonché dello sconfinamento nella predetta area scoperta dell'avancorpo di mq 9.76 mq, analiticamente descritto sia nella prima CTU che nella successiva integrativa nonché nel verbale di sequestro di p.g. del 6.06.2000 ( atti da intendersi in questa sede puntualmente richiamati), condanna ### alla rimozione (rectius demolizione) di tale avancorpo con restituzione all'attore dell'area ad esso sottostante ed alla esecuzione di tutti i lavori eventualmente necessari al ripristino dello stato dei luoghi.  6. Rigetta la domanda di rivendica proposta da ### di cui ai punti 1) e 2) delle conclusioni dell'atto di citazione nei confronti di ### e di ### per carenza di legittimazione passiva di questi ultimi.  7. Accoglie la domanda riconvenzionale trasversale proposta, in via subordinata, da ### e fatta propria anche dall'interventore ### di risoluzione del contratto di compravendita del 23.04.2010 per notar ### nei confronti di ### e di ### nonchè la domanda riconvenzionale trasversale proposta, sempre in via subordinata, da ### e fatta propria anche dall'interventore ### di risoluzione del contratto di mutuo fondiario stipulato il ### per notar ### nei confronti di ### e di ### e di ### s.p.a. e, per l'effetto, anche in accoglimento della domanda riconvenzionale trasversale, proposta in via subordinata, dalla banca predetta , condanna ### e ### alla restituzione ad ### s.p.a della somma di euro 304.000,00 ed a ### della somma di euro 76.000,00 ed, a titolo di risarcimento del danno, alla restituzione a quest'ultima della somma di euro 3.402,20, oltre interessi al tasso legale, su tutte le somme, dalla domanda fino all'effettivo soddisfo.  8. Accoglie la domanda trasversale di ### e fatta propria da ### nei confronti di ### s.p.a. e, per l'effetto, condanna ### s.p.a. alla restituzione a ### ed a ### della somma di euro 258.206,49 ( di cui euro 157.209,41 per quota capitale ed euro 100.997,08 per interessi) a titolo di ratei di mutuo già pagati sino all'1.12.2020 oltre alle eventuali ulteriori somme corrisposte in base al contratto di mutuo dalla data indicata fino alla pronuncia della sentenza.  9. Rigetta le domande di cui al punto 3 delle conclusioni dell'atto di citazione proposte da ### 10. Rigetta le ulteriori domande trasversali proposte da ### e fatte propria da ### 11. Rigetta la domanda riconvenzionale proposta da ### s.p.a e ### s.p.a n.q di mandatario e procuratore della ### S.r.l. nei confronti del notaio ### 12. Nei rapporti tra ### e ### e ### compensa le spese di lite fino alla concorrenza di 1/3. Per il residuo condanna, in solido, ### e ### alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza nei confronti di ### e con attribuzione all'avv. ### qualificatasi antistataria; spese liquidate in euro 9.402,00 oltre IVA e CPA come per legge.  13. Nei rapporti tra ### e ### e ### secondo i principi della soccombenza, ### va condannato alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza nei confronti di ### e di ### spese liquidate in euro 14.013,00 oltre IVA e CPA come per legge.  14. Nei rapporti tra ### e ### , da una parte, e ### e ### ed ### s.p.a. dall'altra, compensa le spese di lite fino alla concorrenza di 1/3. Per il residuo condanna ### e ### ed ### s.p.a., alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza nei confronti di ### e ### spese liquidate in euro 14.971,00 ed oltre IVA e CPA come per legge 15. Nei rapporti tra ### s.p.a. ed il notaio ### , secondo i principi della soccombenza, condanna, ### s.p.a va alla rifusione delle spese di costituzione e di rappresentanza; spese liquidate in euro 22.457.00 oltre IVA e CPA come per legge.  16. Pone definitivamente le spese per l'espletamento delle CTU a carico di tutte le parti in solido.  17. Ogni altra questione resta assorbita. 
Così deciso in ### il #### Dott.ssa

causa n. 35512/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Roberta Di Clemente

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Tribunale di Ragusa, Sentenza n. 1788/2025 del 23-12-2025

... danno conseguenza, e perciò la perdita subita e/o il mancato guadagno che, sulla base del nesso di causalità giuridica, siano conseguenza immediata e diretta dell'evento dannoso” (cfr. Cass. civ., s.u., sent., 15/11/2022, n. ###). In effetti, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, nella sua più autorevole composizione, ha chiarito che non vi possa essere danno ingiusto senza il danno conseguenza: “se sussiste solo il fatto lesivo, ma non vi è un danno-conseguenza, non vi è l'obbligazione risarcitoria” (cfr. Cass. civ., s.u., sent., 11/01/2008, n. 576; conf. in Cass. civ., n. ###/2022, cit.). Tale principio è stato ribadito dalla più recente giurisprudenza di legittimità, che ha avuto modo di specificare che “[l]e sezioni unite, infatti, con sentenza del 15.11.2022 n. ###, in tema di prova del danno da violazione del diritto di proprietà e di altri diritti reali, hanno optato per una mediazione fra la teoria normativa del danno, emersa nella giurisprudenza della II sezione Civile, e quella della teoria causale, sostenuta dalla III sezione Civile. La questione se la violazione del contenuto del diritto, in quanto integrante essa stessa un danno risarcibile, sia (leggi tutto)...

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R.G. 744/2020 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI RAGUSA Sezione Civile Il tribunale, nella persona del giudice monocratico dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al numero di r.g. 744/2020, a cui è stata riunita la causa iscritta al numero di r.g. 1459/2020, pendente tra: ### (###), nata a ### il ### e residente ###, con il patrocinio dell'avv. ### (###), con elezione di domicilio in ### via ### n. 200, presso lo studio dell'avv. ### e ### (###), nata a ### il ### e residente ###, ### (###), nata a ### il ### e residente ###, nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale sulla minore ### (###), nata a ### il ### e residente ###, ### (###), nata a ### il ### e residente ###, e ### (###), nato a ### il ### e residente ###, con il patrocinio dell'avv. ### (###), con elezione di domicilio in ### viale del ### n. 10, presso il di lui studio ### contro ### S.R.L. UNIPERSONALE (###), in persona del legale rappresentante, con sede ###### c.da Fortugnello, strada provinciale 25 km 1,4 s.n.c., con il patrocinio dell'avv. ### (###), con elezione di domicilio in ### via dott. ### n. 16, presso il di lui studio ### Svolgimento del processo Nel procedimento iscritto al n. r.g. 744/2020, con atto di opposizione al decreto ingiuntivo n. 112/2020, emesso dal tribunale di ### (n. r.g. 5127/2019) in data ###, regolarmente notificato, e avverso il pedissequo atto di precetto, la sig.ra ### conveniva in giudizio la società ### s.r.l.  unipersonale per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “[v]oglia l'On.le Tribunale adito ritenuta la narrativa del presente atto: 1) in via preliminare, revocare e/o sospendere la provvisoria esecuzione accordata al decreto ingiuntivo n° 112/2020; 2) nel merito: dichiarare la nullità del decreto opposto e del pedissequo atto di precetto; 3) subordinatamente, accertare l'insussistenza e l'infondatezza della pretesa creditoria azionata dichiarando nullo e, pertanto, improduttivo di giuridici effetti, l'opposto decreto ed il pedissequo atto di precetto; 4) in accoglimento della spiegata domanda riconvenzionale, condannare la ### s.r.l. unipersonale, in persona del suo l.r.p.t., al pagamento della somma di € 3.900,00 a titolo di indennità di occupazione maturata dal 10/02/2020 oltre a quella successivamente maturanda ed ancora interessi legali sino all'effettivo soddisfo. Con vittoria di spese e compensi del giudizio”. 
Allegava, a tal fine, che: - per effetto del contratto preliminare di vendita del 27/06/2018, la società opposta versava in favore di ###### e ### un totale di euro 14.000,00, a titolo di caparra confirmatoria. In data successiva, la società opposta versava alla sig.ra ### quale esercente la responsabilità genitoriale sulle minori ### e ### (quest'ultima ormai maggiorenne) la somma di euro 22.000,00; - con ricorso del 20/12/2019, la società opposta chiedeva l'emissione di un decreto ingiuntivo per l'importo di euro 50.000,00, oltre interesse e spese, di cui euro 28.000,00, a titolo di doppio della caparra confirmatoria, e di euro 22.000,00, a titolo di acconto versato in favore della sig.ra ### - in accoglimento del ricorso monitorio, il tribunale di ### emetteva il chiesto decreto ingiuntivo ingiungendo alla sig.ra ### in solido agli altri promittenti, il pagamento dell'importo di euro 50.000,00, oltre interessi; - in data ###, la società opposta notificava il decreto ingiuntivo, dichiarato provvisoriamente esecutivo, unitamente all'atto di precetto; - il pagamento dell'importo azionato presupponeva la risoluzione del contratto preliminare di vendita, sebbene la società opposta non abbia attivato apposito giudizio di cognizione, né presentava formale diffida ad adempiere e neppure l'atto presentava apposita clausola risolutiva espressa; - nel preliminare di vendita, i promittenti venditori, inclusa la sig.ra ### in qualità di esercente la responsabilità genitoriale sulle allora figlie minorenni, si impegnavano a vendere l'immobile ivi descritto e, contestualmente alla stipula, la società promissaria acquirente versava, pro-quota, l'importo totale di euro 14.000,00. Il saldo sarebbe stato versato solo al momento della stipula del definitivo di vendita; - la stipula dell'atto pubblico di vendita non avveniva nella data prevista del 04/08/2018, atteso che solo il ### veniva adottata la determina dell'I.R.S.A.P. di autorizzazione alla vendita dell'immobile oggetto del preliminare; - la sig.ra ### informava la società opposta di aver promosso l'azione di impugnazione del testamento, il titolo da cui perveniva l'immobile, dichiarando, altresì, di “essere titolare della quota promessa in vendita, mantenendo ovviamente fermo l'impegno, assunto nel preliminare, di tenere indenne la ### s.r.l. da ogni eventuale spesa, costo o danno di fronte a pretese o diritti vantati da altri in relazione alla successione ereditaria”; - i promittenti venditori dichiaravano, a fronte delle comunicazioni del 22/02/2019 e del 11/03/2019, di essere disponibili alla stipula del definitivo; - la società opposta continuava ad occupare l'immobile occupato; - la somma di euro 22.000,00 veniva versata “nell'interesse esclusivo e proprio della ###ra ### e non già delle minori ### e ### le uniche legittimate a ricevere il pagamento del prezzo esclusivamente con le modalità fissate dal Tribunale di ### nel provvedimento autorizzativo del 21/06/2018 che -lo si ribadisceera perfettamente conosciuto dalla ### s.r.l.”; - le somme reclamate non erano comunque dovute, anche considerato che il preliminare di vendita non prevedeva alcun regime di solidarietà tra i promittenti venditori, i quali, invero, si impegnavano a vendere nei limiti della loro quota; - atteso che il definitivo non veniva stipulato e che la società opposta riteneva risolto il preliminare alla data del 10/01/2019, la stessa doveva corrispondere l'indennità di occupazione dell'immobile originariamente concesso in comodato. 
Concludeva, dunque, come sopra precisato. 
Con comparsa ritualmente depositata inerente l'avversaria istanza ex art. 649 c.p.c. si costituiva in giudizio la società ### s.r.l. unipersonale per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “piaccia all'On.le Tribunale adito respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, rigettare l'avversa istanza di revoca e/o sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto non sussistendone i presupposti di legge per i motivi di cui in premessa o per quelli eventualmente diversi che appariranno di giustizia. Il tutto con espressa riserva di costituirsi in vista della prima udienza di trattazione fissata per il ### e di spiegare le difese e le domande che si riterranno opportune. ### ogni altro diritto. Con vittoria di spese e compensi”. 
Deduceva, a tal fine, che: - la richiesta di revoca della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto risultava inammissibile, atteso che il giudice era titolare del solo potere di sospensione e non già di revoca; - nel ricorso monitorio, la società opposta richiamava l'art. 1385 c.c. per esigere il doppio della caparra confirmatoria e, dunque, non risultava necessario introdurre il giudizio per la declaratoria di risoluzione del preliminare, né l'invio di una diffida ad adempiere e neppure il testo prevedeva una clausola risolutiva espressa; - nel preliminare di vendita, “le parti hanno inoltre dato atto dell'avvenuto pagamento in favore della promissaria venditrice, integrante con ogni evidenza una parte contrattuale complessa, della complessiva somma di € 14.000,00, precisando che la stessa era stata versata dalla promittente acquirente ### s.r.l. titolo di caparra confirmatoria. Il termine entro il quale procedere alla stipula del definitivo era sta[t]o inizialmente fissato per il ### e, poi, al 10.01.2019”; - la sig.ra ### comunicava alla società opposta di aver introdotto un giudizio di impugnazione del testamento del dante causa sig. ### e, dunque, del titolo di acquisto dell'immobile descritto nel preliminare di vendita; - nessuno dei componenti la parte venditrice si presentava all'appuntamento del 10/01/2019 presso il notaio per la stipula del definitivo; - preso atto dell'inadempimento, con nota del 20/02/2019 la società opposta chiedeva il pagamento dell'importo di euro 28.000,00, a titolo del doppio della caparra confirmatoria già versata; - l'iniziativa giudiziaria promossa dalla sig.ra ### pregiudicava il pacifico trasferimento dell'immobile oggetto del preliminare; - la sig.ra ### come risultava dalla quietanza allegata al ricorso monitorio, accettava l'importo di euro 22.000,00 in qualità di esercente la responsabilità genitoriale delle figlie ### e ### e a titolo di acconto per la cessione dell'immobile; - del tutto correttamente, la società opposta agiva per l'ingiunzione solidale dei promittenti venditori ed odierni opponenti, “considerato che l'immobile in esame costituiva e costituisce un unicum inscindibile promesso in vendita da tutti i proprietari in comunione delle singole quote indivise, costituenti come detto un'unica parte contrattuale complessa”. 
Concludeva, dunque, come in premessa. 
Con provvedimento del 26/10/2020, il giudice, esaminati gli atti del giudizio, a scioglimento della riserva assunta all'udienza, sospendeva l'efficacia provvisoriamente esecutiva del decreto ingiuntivo opposto. 
In occasione dell'udienza di prima comparizione, si costituiva la società opposta per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “piaccia all'On.le Tribunale adito respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa: - in via principale, rigettare sotto ogni profilo l'avversa opposizione, ivi compresa la domanda riconvenzionale, in quanto inammissibile e infondata per le causali di cui in premessa o per quelle eventualmente diverse che appariranno di giustizia e, per l'effetto, confermare integralmente il decreto ingiuntivo opposto; - in subordine e per la invero denegata ipotesi di accoglimento anche solo parziale dell'avversa opposizione, dire e ritenere in ogni caso legittimo il recesso ex art. 1385, secondo comma, c.c. operato dalla ### s.r.l.. e, per l'effetto, condannare la sig.ra ### al pagamento del doppio della caparra confirmatoria e alla restituzione dell'ulteriore acconto versato dalla ### s.r.l., in solido con gli altri elementi soggettivi della parte promissaria venditrice o, in via ulteriormente gradata, pro quota. Il tutto oltre interessi legali dal dovuto alla data di deposito del ricorso monitorio e oltre interessi moratori ex art. 5 del D.Lgs. n. 231/2002 maturati e maturandi da tale data sino all'effettivo soddisfo; - in via ulteriormente gradata e per l'ipotesi di rigetto delle superiori domande, dire e ritenere risolto il contratto preliminare per inadempimento della parte promittente venditrice e, per l'effetto, condannare la sig.ra ### alla restituzione di tutte le somme versate dalla ### s.r.l. a titolo di caparra e di ulteriore acconto prezzo in solido con gli altri elementi soggettivi della parte promissaria venditrice o, in via ulteriormente gradata, pro quota. Il tutto oltre interessi legali dal dovuto alla data di deposito del ricorso monitorio e oltre interessi moratori ex art. 5 del D.Lgs.  231/2002 maturati e maturandi da tale data sino all'effettivo soddisfo; - in caso di accoglimento anche solo parziale dell'avversa domanda riconvenzionale, compensare le somme che risulteranno eventualmente dovute alla sig.ra ### con il maggior credito vantato nei confronti della stessa dalla ### s.r.l.-. ### ogni altro diritto. Con vittoria di spese e compensi della presente fase”. 
Rispetto alle argomentazioni già esposte con la comparsa limitata all'esame dell'avversaria istanza formulata ai sensi dell'art. 649 c.p.c., la società opposta deduceva, altresì, che: - la società non prestava acquiescenza al provvedimento del giudice nella parte in cui non riconosceva - prima facie - infondate le avverse eccezioni; - la domanda di condanna al pagamento dell'importo di euro 3.900,00 a titolo di indennità per occupazione dell'immobile di cui al preliminare risultava inammissibile e infondata; - alcun termine era stato fissato nel contratto di comodato per la restituzione dell'immobile e, in ogni caso, parte opponente non aveva mai richiesto formalmente la restituzione.  ### decidente, divenuto assegnatario delle cause iscritte ai nn. r.g. 744/2020 e 1459/2020, ritenuta “la connessione oggettiva e, parzialmente, soggettiva, lato opposta” tra le due cause, disponeva la riunione del procedimento iscritto al n. r.g. 1459/2020 in quello identificato con n. r.g. 744/2020. 
Nel procedimento iscritto al n. r.g. 1459/2020, con atto di opposizione al decreto ingiuntivo n. 112/2020, emesso dal tribunale di ### (n. r.g. 5127/2019) in data ###, regolarmente notificato, e avverso il pedissequo atto di precetto, i sigg. ##### quale esercente la responsabilità genitoriale sulle figlie minori ### e ### convenivano in giudizio la società ### s.r.l. unipersonale per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni “[c]odesto On.Le Tribunale di [###, adito e competente, contrariis rejectis, v o g l i a: previa immediata sospensione con decreto, inaudita altera parte, degli effetti del D.I. n° 112/2020 emesso dal Tribunale Civile di ### nel proc. mon. R.G. n° 5127/2019 - del 23 gennaio 2020, unitamente al pedissequo atto di precetto del 12 febbraio 2020, notificati succ., indi accogliere la presente opposizione e così declarare e statuire: 1°) in via pregiudiziale, accogliere integralmente le eccezioni, istanze e difese formulate da parte opponente per tutte le ragioni spiegate nella superiore narrativa, indi, ritenere e dichiarare la revoca, ovvero l'annullamento nonché l'invalidità, illegittimità, infondatezza ed inefficacia del D.I.  112/2020 emesso nel procedimento monitorio-### di cui al RG n. 5127/2019 - e del pedissequo compiegato precetto, opposti, specificati infra e descritti in epigrafe, per tutte le eccezioni e ragioni spiegate nella superiore narrativa. 2°) senza recesso, nel merito, accogliere integralmente le domande e difese di merito, avanzate da parte opponente per tutti i motivi spiegati nella medesima superiore narrativa, indi, ritenere e dichiarare la revoca, ovvero l'annullamento nonché l'invalidità, illegittimità, infondatezza ed inefficacia del D.I. n. 112/2020 emesso nel procedimento monitorio - ### di cui al RG n. 5127/2019 - e del pedissequo compiegato precetto, opposti, meglio specificati infra e descritti in epigrafe. 3°) ammettere tutti i mezzi istruttori utili e conducenti e, sin d'ora, ammettere la prova documentale che qui si offre in produzione. Ed altresì, nei concedendi termini di cui all'art. art. 183, comma VI nn. 1, 2 e 3 del ### di ###. 4°) Con ogni altra statuizione necessaria e consequenziale e con vittoria di spese e compensi del presente giudizio, oltre IVA e CPA e spese generali come per legge, da distrarsi in favore del sottoscritto procuratore antistatario, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 93 CPC”. 
Allegavano, a tal fine, che: - il decreto ingiuntivo opposto era stato emesso in data ### e, dunque, oltre il termine di trenta giorni previsto dall'art. 641, co. 1, c.p.c.; - il decreto ingiuntivo opposto era stato emesso senza l'espresso avvertimento di cui all'art. 641, co. 1, c.p.c.; - il decreto ingiuntivo opposto era stato emesso senza “i presupposti e le condizioni richiesti seriamente dalla disciplina inerente il procedimento speciale, azionando il quale l'odierna parte opposta ha inteso eludere proponendo la domanda monitoria corredandola - giova ribadire - su elementi fattuali parziali e, preordinatamente, pseudo-giustificativi”; - il preliminare di compravendita del 27/06/2018 prevedeva espressamente la cessione dell'immobile mediante la cessione delle singole quote di proprietà; - la somma di euro 22.000,00 veniva consegnata dalla società opposta ad una “ben distinta promittente venditrice”; - la società opposta conseguiva il possesso dell'immobile sin dalla stipula del preliminare di vendita; - il termine per la stipula dell'atto definitivo di vendita veniva rinviato a “data successiva, previo concordamento con tutti i promittenti”; - la stipula del rogito era stata regolarmente curata da ogni promittente venditore; - con diffida del 10/06/2019, i sigg. #### e ### diffidavano la società opposta alla stipula dell'atto definitivo di vendita; - con nota del 10/06/2019, la società opposta optava “per l'azione di risoluzione e non per l'azione di recesso, come preordinatamente predicato nella narrativa del ricorso monitorio”; - la promissaria non partecipava, altresì, alla stipula fissata per il giorno 26/02/2020. 
Concludevano, dunque, come in premessa. 
Con comparsa ritualmente depositata, si costituiva in giudizio la società ### s.r.l. unipersonale per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “piaccia all'On.le ### adito respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa: - in via preliminare rigettare l'avversa istanza di sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto non sussistendone i presupposti di legge per i motivi di cui in premessa o per quelli eventualmente diversi che appariranno di giustizia; - nel merito dire e ritenere la sig.ra ### carente della potestà genitoriale sulla figlia maggiorenne ### - ancora nel merito, rigettare sotto ogni profilo l'avversa opposizione in quanto inammissibile e infondata per le causali di cui in premessa o per quelle eventualmente diverse che appariranno di giustizia e, per l'effetto, confermare integralmente il decreto ingiuntivo opposto; in subordine e per la invero denegata ipotesi di accoglimento anche solo parziale dell'avversa opposizione, condannare comunque gli opponenti al pagamento della somma ingiunta e/o di quell'altra eventualmente inferiore che sarà ritenuta dovuta, risulterà dovuta, oltre interessi legali dal dovuto alla data del deposito della domanda e oltre interessi moratori ex art. 5 del D.Lgs. n. 231/2002 maturati e maturandi da tale data sino all'effettivo soddisfo, nonché delle spese e dei compensi della fase monitoria.  ### ogni altro diritto. Con vittoria di spese e compensi della presente fase”. 
Deduceva, a tal fine, che: - la sig.ra ### non poteva costituirsi quale soggetto esercente la responsabilità genitoriale della sig.ra ### in quanto oramai maggiorenne; - il termine per l'emissione del decreto ingiuntivo non risultava avere natura perentoria; - la mancanza dell'espresso avvertimento non impediva il raggiungimento dello scopo previsto dalla norma; - la società opposta allegava in sede monitoria la prova documentale relativa all'esistenza e all'ammontare del credito vantato nei confronti degli odierni opponenti; - l'importo di euro 22.000,00 veniva corrisposto dalla società opposta in favore della sig.ra ### esercente la responsabilità genitoriale sulle figlie minori, nelle modalità da lei indicate; - la sig.ra ### anche lei promittente venditrice, comunicava alla società opposta di aver intrapreso un'azione giudiziaria volta alla “declaratoria di nullità assoluta del testamento - anche - del suo dante causa sig. ### e, quindi, del titolo di acquisto dell'immobile oggetto del citato preliminare. In buona sostanza, quindi, la sig.ra ### ha disconosciuto la validità dell'atto di provenienza di una parte dell'immobile, con la precisazione che nessuno dei componenti della parte promittente venditrice si è presentato al predetto appuntamento, a conferma dell'impossibilità di procedere alla stipula”; - con nota del 20/02/2019, la società opposta chiedeva il pagamento del doppio della caparra confirmatoria già versata; - la convocazione della società opposta per il ### era successiva al deposito del ricorso monitorio e della notifica del decreto ingiuntivo; - l'immobile promesso in vendita costituiva un unicum inscindibile e, dunque, l'obbligazione assunta si presentava in termini di solidarietà e non già di parziarietà; - controparte non muoveva alcuna specifica censura inerente al pedissequo atto di precetto. 
Concludeva, dunque, come sopra precisato. 
Con provvedimento del 22/04/2025, il giudice, disposta la riunione dei procedimenti iscritti ai nn. r.g.  744/2020 e 1459/2020, e ritenuta la causa matura per la decisione, la rinviava per precisazione delle conclusioni e, infine, all'udienza ex art. 281-sexies c.p.c., all'esito della quale, fatte precisare le conclusioni e data la parola alle parti per la discussione, pronunciava la presente sentenza a scioglimento della riserva ivi assunta. 
Motivi della decisione Con separati atti di opposizione, riuniti per ragioni di connessione oggettiva e, parzialmente, soggettiva, gli odierni opponenti adivano l'intestato tribunale proponendo opposizione al decreto ingiuntivo 112/2020, emesso dal tribunale di ### (n. r.g. 5127/2019) in data ### - e avverso il pedissequo atto di precetto -, con il quale la società opposta aveva conseguito l'ingiunzione al pagamento di euro 50.000,00, oltre interessi e spese. 
Considerato che, secondo la prospettazione di parte opposta, il credito discenderebbe da una obbligazione solidale e ritenuto che tutti gli odierni opponenti hanno proposto opposizione sulla base delle medesime doglianze (o secondo argomentazioni comunque assimilabili), appare opportuno procedere ad una trattazione unitaria delle cause. 
Prima di procedere all'esame nel merito del rapporto sotteso al decreto ingiuntivo, come di seguito meglio precisato, preme, anzitutto, muovere dalle eccezioni (formulate nell'atto di opposizione di cui al procedimento iscritto al n. r.g. 1459/2020) relative alla regolarità formale del decreto ingiuntivo opposto. 
Con una prima doglianza, parte opponente ha lamentato l'emissione del decreto ingiuntivo oltre il termine di trenta giorni di cui all'art. 641, co. 1, c.p.c.: “[s]e esistono le condizioni previste nell'articolo 633, il giudice, con decreto motivato da emettere entro trenta giorni dal deposito del ricorso […]”. 
In particolare, parte opponente ha dedotto che il decreto ingiuntivo sarebbe stato emesso in data ###, oltre il termine di trenta giorni dal deposito del ricorso del 20/12/2019, e, per l'effetto, il decreto ingiuntivo opposto andrebbe “revocato e/o declarato nullo, invalido, illegittimo e caducato, unitamente al precetto, con ogni pedissequa statuizione favor appelans” (cfr. opposizione n. r.g.  1459/2020). 
Tale eccezione di ritto non è meritevole di accoglimento, attesa la natura ordinatoria del predetto termine. 
Come è noto, l'art. 152, co. 2, c.p.c. prevede espressamente la natura ordinatoria dei termini fissati dalla legge, salvo non previsto diversamente: “[i] termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”. Stante il tenore letterale della norma, è fuor di dubbio che un termine possa ritenersi perentorio nei soli casi espressamente previsti dalla legge. 
Al di fuori di essi, per consolidata giurisprudenza, può desumersi la perentorietà del termine solo alla luce della sua ratio (cfr., Cass. civ., sez. V, sent., 02/08/2023, n. 23584, da ultimo richiamata anche da Cass. civ., sez. V, ord., 23/05/2025, n. 13805: “si resta nel solco di principi consolidati nel ritenere che un termine possa considerarsi perentorio anche a ragione dello scopo perseguito e della funzione assolta, pur in assenza di un'espressa indicazione della norma (cfr. sul punto, Cass., Sez. U. 23 dicembre 2004, n. 23832; Cass., Sez. T., 9 gennaio 2004, n. 138; Cass., Sez. U. 5 giugno 1998, n. 524; Cass., I, 6 giugno 1997 n. 5074; con riferimento al d.lgs. n. 504 del 1992, art. 12, c. 2, v. Cass., Sez. V, 30 giugno 2010, n. 15473; Cass., Sez. V, 18 novembre 2009, n. 24301)”. 
Tanto premesso, l'art. 641, co. 1, c.p.c. omette di qualificare il termine ivi previsto di trenta giorni dal deposito del ricorso come termine perentorio. Trattasi, evidentemente, di termine meramente ordinatorio, atteso che il predetto termine non riguarda un'attività rimessa alle parti in lite, bensì un'attività sottoposta unicamente all'autorità giurisdizionale, la cui inerzia non causa alcun nocumento all'ingiunto, mentre l'invalidità del provvedimento danneggerebbe irragionevolmente il ricorrente incolpevole. Poiché una tale conclusione si porrebbe nettamente in contrasto con i principi costituzionali e sovranazionali che governano il giusto processo, è indubbia, per l'odierno decidente, la natura ordinatoria del termine di cui all'art. 641, co. 1, c.p.c. 
La doglianza non è, dunque, meritevole di accoglimento, poiché manifestamente infondata. 
Con una seconda doglianza, parte opponente ha lamentato l'emissione del decreto ingiuntivo in assenza dell'espresso avvertimento di cui all'art. 641, co. 1, c.p.c.: “[…] il giudice, con decreto motivato da emettere entro trenta giorni dal deposito del ricorso, ingiunge all'altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose chieste o invece di queste la somma di cui all'articolo 639 nel termine di quaranta giorni, con l'espresso avvertimento che nello stesso termine può essere fatta opposizione a norma degli articoli seguenti e che, in mancanza di opposizione, si procederà a esecuzione forzata”. 
In particolare, parte opponente deduce che il decreto ingiuntivo sarebbe stato emesso in assenza dell'avvertimento “che, in mancanza di opposizione, si procederà a esecuzione forzata” e, dunque, pregiudicando l'effettiva conoscenza “delle conseguenze, fattuali e giuridiche, persino pregiudizievoli che andrebbe a patire in caso di mancata opposizione. […] Il vizio de quo rende nullo, invalido radicale e viziato il provvedimento monitorio in esame!” (cfr. opposizione n. r.g. 1459/2020). 
Sebbene risulti documentale l'assenza dell'espresso avvertimento, la doglianza non è comunque meritevole di accoglimento, atteso il raggiungimento dello scopo del decreto ingiuntivo opposto, la cui conoscenza ha consentito un'opposizione tempestiva dagli ingiuntivi. 
Omettendo ogni considerazione sull'assenza dell'espresso avvertimento di cui si discute su di un decreto ingiuntivo già provvisoriamente esecutivo (e, dunque, già idoneo all'esecuzione forzata), è sufficiente notare che “[l']atto processuale, poi, può dirsi inesistente soltanto se manchi totalmente degli estremi e dei requisiti essenziali per la sua qualificazione come atto del tipo o della figura giuridica considerati, ovvero se sia inidoneo non solo a produrre gli effetti processuali propri degli atti riconducibili a detto tipo o figura, ma persino ad essere preso in considerazione sotto il profilo giuridico” (cfr. Cass. civ., s.u., sent., 10/10/1997, n. 9859. Sulla differenza tra atto processuale nullo e radicalmente inesistente si rimanda alla più recente Cass. civ., sez. II, sent., 16/12/2024, n. ###: “[l']atto processuale è inesistente solamente se privo degli elementi necessari alla sua qualificazione come atto inquadrabile e riconoscibile in una astratta fattispecie giuridica, nel qual caso si considera tamquam non esset e, pertanto, insuscettibile di sanatoria; mentre è viceversa nullo, e come tale sanabile ex art. 156, ultimo comma, cod. proc. civ., qualora sia soltanto privo di un elemento, (o inficiato da un vizio), essenziale ai fini della produzione di effetti processuali (Cass., Sez. III, 29 marzo 2004, n. 6194)”). 
Nel caso che qui occupa, è evidente che il decreto ingiuntivo opposto non sia inesistente, poiché presenta tutti gli elementi essenziali che consentono di giuridicamente inquadrarlo come tale. In particolare, il decreto ingiuntivo, immediatamente esecutivo, contiene l'espresso avvertimento che “la parte ingiunta che ha diritto di proporre opposizione contro il presente decreto avanti questo ### nel termine perentorio di quaranta giorni dalla notifica e che in mancanza il decreto diverrà definitivo” (cfr. d.i.  opposto). 
Anche a voler riconoscere che l'assenza dell'espresso avvertimento di cui si discute (“in mancanza di opposizione, si procederà a esecuzione forzata”) costituisca un vizio avente carattere di nullità (qualora si ritenesse che l'avvertimento costituisca elemento essenziale ai fini della produzione di effetti processuali), lo scopo dell'avvertimento di cui all'art. 641 c.p.c. è stato raggiunto: il destinatario del decreto ingiuntivo ha promosso l'azione di opposizione chiedendo la sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto. 
Non solo, in definitiva, appare ridonante affermare che, in mancanza di opposizione, si procederà ad esecuzione forzata rispetto ad un decreto ingiuntivo già esecutivo (e, quindi, idoneo immediatamente all'esecuzione coattiva), ma, in ogni caso, l'assenza di questo avvertimento costituisce un vizio di mera irregolarità formale dell'atto processuale o di nullità sanabile e non già di inesistenza del decreto ingiuntivo opposto. 
La doglianza non è meritevole di accoglimento. 
Esaminate le doglianze inerenti a vizi di forma del decreto ingiuntivo opposto, appare opportuno procedere all'esame nel merito della presente controversia. 
In via preliminare, occorre rammentare che il giudizio di cognizione che si apre in conseguenza dell'opposizione di cui agli artt. 645 e ss. c.p.c. non ha ad oggetto l'impugnazione del decreto ingiuntivo opposto, quanto piuttosto l'accertamento del credito azionato in fase monitoria. In questo senso si è pronunciato il ### secondo il quale: “[d]eve dirsi quindi stabilizzato nella giurisprudenza di queste ### quanto già affermava la sentenza 7 luglio 1993, n. 7448: ‘l'opposizione prevista dall'art. 645 c.p.c. non è un'actio nullitatis o un'azione di impugnativa nei confronti dell'emessa ingiunzione, ma è un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio', non quale ‘giudizio autonomo, ma come fase ulteriore (anche se eventuale) del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo'” (cfr. Cass. civ., s.u., sent., 31/01/2022, n. 927). 
La Suprema Corte ha, quindi, ribadito che l'opposizione a decreto ingiuntivo rappresenta una prosecuzione, rectius una fase ulteriore del procedimento monitorio, seppur eventuale. Infatti, “si è dinanzi a un giudizio ordinario, ma con una precisazione. Venendo generato da un'altra fattispecie processuale, quella monitoria, che può rimanere perfettamente autonoma non dando luogo ad esso, la stessa pronuncia del 2022 gli riconosce, implicitamente, la natura di species, poiché valorizza un legame di ‘prosecuzione' con il procedimento monitorio: ovvero, da un lato afferma che si tratta di «un ordinario giudizio sulla domanda del creditore», ma dall'altro subito lo specifica in quanto dotato di un quid pluris rispetto proprio a «un ordinario giudizio sulla domanda del creditore». E tale quid pluris si può ripartire, a ben guardare, in tre componenti: il giudizio «si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio»; detta ‘prosecuzione' non costituisce un post hoc, bensì un propter hoc perché avviene «non quale giudizio autonomo»; infine, questo difetto di autonomia lo rende qualificabile «fase ulteriore - anche se eventuale - del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo». Il decreto ingiuntivo, pertanto, deve ritenersi radicalmente innestato in una fattispecie che è unica se si sviluppa, e se si sviluppa ritrova la tutela paritaria: il che è logico, in quanto nella «fase ulteriore» compare la sostanza di ogni processo costituzionalmente accettabile, cioè il contraddittorio. Questa lettura di un istituto inserito nel sistema in fase precostituzionale depura, invero, l'art. 645 c.p.c. da un tenore strettamente letterale, ‘sbrigativo' nel farlo rientrare in toto nel giudizio ordinario, pur essendo sorto in un'epoca di ben diversa sensibilità valoriale rispetto a quella odierna: è quindi una lettura che percepisce la specialità dell'opposizione a decreto ingiuntivo, riprendendo e confermando una pronuncia nomofilattica coeva alla forte riforma del 1990, cioè ### un., 7 luglio 1993, n. 7448, ut supra visto” ( Cass. civ, s.u., sent., 15/10/2024, n. 26727). 
Da ciò consegue che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il criterio dell'onere della prova sia ripartito fra le parti secondo la regola generale di cui all'art. 2697 c.c.: “[c]hi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda”. 
Incombe, quindi, in capo al creditore opposto, quale attore in senso sostanziale, la piena prova del credito azionato, residuando in capo al debitore opponente, convenuto in senso sostanziale, allegare fatti estintivi, impeditivo ovvero modificativi: “[v]a premesso in diritto che è uniformemente sostenuto in giurisprudenza di legittimità e di merito che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non si verifica alcuna inversione dell'onere della prova, nel senso che è sempre il creditore, opposto ma attore in senso sostanziale a dover provare il diritto per cui ha agito (in via monitoria), ed il debitore, opponente, ma convenuto in senso sostanziale a dover allegare fatti modificativi o estintivi di quel diritto (ex plurimis Cass. 25499/2021, Cass. 24629/2015, Cass. 21101/2015)” (cfr. app. Napoli, sent., 17/01/2024, n. 156). 
Per unanime giurisprudenza spetta, dunque, al creditore opposto l'onere probatorio, il cui mancato rispetto determina l'accoglimento dell'opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo azionato in via monitoria. A tal fine, il giudice dell'opposizione non è chiamato a stabilire se il decreto ingiuntivo opposto sia stato legittimamente emesso, quanto piuttosto accertare il fondamento della pretesa creditoria secondo gli ordinari mezzi del giudizio di cognizione. 
La stessa giurisprudenza è unanime nell'affermare che “[l']opposizione al decreto ingiuntivo instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice non deve limitarsi ad esaminare se l'ingiunzione sia stata legittimamente emessa, ma deve procedere ad una autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti sia dal creditore per dimostrare la fondatezza della propria pretesa dedotta con il ricorso sia dall'opponente per contestarla e, a tal fine, non è necessario che la parte che ha chiesto l'ingiunzione formuli una specifica ed espressa domanda di pronuncia sul merito della pretesa creditoria, essendo sufficiente che resista all'opposizione e chieda conferma del decreto opposto” (cfr. Cass. civ., sez. VI, ord., 28/05/2019, n. 14486). 
Stante i citati canoni ermeneutici, nel giudizio che qui occupa il giudice non è chiamato “alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all'accertamento, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza, e non a quello anteriore della domanda o dell'emissione del provvedimento opposto dei fatti costitutivi del diritto in contestazione” (cfr. Cass. civ., sez. I, sent., 21/02/2007, n. 4103). Il giudice deve, pertanto, procedere, nel contraddittorio fra le parti, ad una nuova valutazione di merito, finalizzata all'accertamento dell'esistenza e della validità della pretesa creditoria azionata con il ricorso per decreto ingiuntivo e, solo laddove la domanda risulti fondata, deve accoglierla. 
Ciò premesso, si osserva che in materia contrattuale, in applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c., il creditore opposto ha, anzitutto, l'onere di provare la fonte del proprio credito e allegare l'inadempimento del debitore. Il debitore opposto, al contrario, deve provare la sussistenza di fatti estintivi (modificativi e/o impeditivi) dell'obbligazione asseritamente inadempiuta. Deve essere, infatti, “evidenziato che, conformemente all'orientamento sviluppato dalla Suprema Corte in materia di ripartizione dell'onere della prova, il creditore che agisce per l'adempimento dell'obbligazione è tenuto solo a provare la sussistenza di una valida fonte della propria pretesa creditoria, incombendo sul debitore l'onere di dimostrare il fatto estintivo dell'altrui diritto di credito (cfr. Cass., S.U., 30/10/2001, sent. n. 13533). 
Tale principio trova applicazione anche nel caso di giudizio di opposizione decreto ingiuntivo, in cui la posizione di attore sostanziale è ricoperta dal creditore opposto, convenuto formale” (cfr. trib. Trapani, sent., 14/10/2024, n. 664). 
Come è noto, colui il quale agisca in giudizio per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno o per l'adempimento dovrà solo dimostrare la fonte, legale o negoziale, del proprio diritto, nonché dedurre l'altrui inadempimento (o inesatto adempimento). A fronte di detta allegazione, spetterà, dunque, al debitore allegare i fatti estintivi, impeditivi ovvero modificati, quali, a titolo di esempio, l'altrui inadempimento ovvero il proprio esatto adempimento (cfr. la nota Cass. civ., s.u., 30/10/2001, n. 13533: “deve affermarsi che il creditore, sia che agisca per l'adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, mentre può limitarsi ad allegare l'inadempimento della controparte: sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall'avvenuto adempimento. Eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile nel caso in cui il debitore, convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno da inadempimento, si avvalga dell'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c. per paralizzare la pretesa dell'attore. 
In tale eventualità i ruoli saranno invertiti”). 
Stante i predetti canoni ermeneutici, nel caso che qui occupa, l'onere di provare l'esistenza del credito per cui è causa spetta al preteso creditore opposto. 
Nella specie, il credito vantato dall'opposta nei confronti dei promittenti venditori si fonderebbe sul contratto preliminare di compravendita immobiliare, stipulato in data ###, la cui esistenza e formulazione, così come allegata in atti, oltre che documentata, è pacifica fra le parti.  ### quanto emerge dalla proposta di acquisto formulata in data ###, parte opposta si impegnava all'acquisto dell'immobile, distinto al catasto fabbricati del comune di ### al foglio 143, particella 344 (sub. 2, 3, 4, 5, 6 e 7), al prezzo convenuto in complessivi euro 150.000,00. Per la predetta vendita, parte acquirente versava un importo totale di euro 14.000,00 “a titolo di caparra confirmatoria e di acconto sul prezzo. ### parte venditrice, rilascia quietanza, ciascuno per la propria quota, per la detta complessiva somma di euro 14.000,00. Il saldo del prezzo, pari ad euro 136.000,00, verrà corrisposto dalla parte acquirente al momento della stipula dell'atto pubblico definitivo, cui dovrà addivenirsi entro il 4 agosto 2018” (cfr. preliminare di vendita). 
Orbene, è indubbio che l'importo di euro 14.000,00 versato dal promissario acquirente in favore del promittente venditore integri una caparra confirmatoria. 
Sul punto, recente giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che “[i]n ordine alla differenza tra caparra confirmatoria e cauzione, è già stato posto il principio che la consegna di una somma di denaro effettuata dall'uno all'altro dei contraenti al momento della conclusione di un negozio ha natura di caparra confirmatoria quando risulti che le parti hanno inteso perseguire gli scopi di cui all'art. 1385 cod. civ., ovvero attribuirle la funzione di liquidazione convenzionale del danno da inadempimento - secondo il meccanismo della ritenzione della caparra o della esazione del doppio di essa - qualora la parte non inadempiente abbia esercitato il diritto di recesso; invece la consegna di denaro ha natura di deposito cauzionale qualora essa sia stata conferita a garanzia di un eventuale obbligo di risarcimento del danno a carico del cauzionante; la funzione del deposito cauzionale è quella propria della garanzia, consentendo al creditore di soddisfarsi sulla somma ove il cauzionante abbia cagionato un danno e per l'ammontare del danno (Cass. Sez. 3 4-3-2004 n. 4411 Rv. 570784-01; Cass. Sez. 3 22-3-2007 n. 6966 Rv. 596763-01)” (cfr. Cass. civ., sez. II, ord., 04/04/2024, n. 8989). 
Lo schema negoziale realizzato dalle parti, tenuto conto anche del tenore letterale del preliminare di compravendita, persegue la funzione sottesa all'art. 1385 c.c.: “[s]e al momento della conclusione del contratto una parte dà all'altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta. 
Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra parte può recedere da contratto ed esigere il doppio della caparra”. 
Pertanto, occorre preliminarmente verificare se, la pretesa creditoria azionata in via monitoria, sia stata adeguatamente provata. 
Con nota del 20/02/2019, la società opposta “ha, quindi, preso atto del gravissimo inadempimento della parte venditrice [il riferimento è al giudizio di impugnazione del testamento attivato dalla sig.ra ### e della impossibilità di procedere alla stipula del definitivo per colpa della parte promittente venditrice, con conseguente venir meno del rapporto contrattuale” e, dunque, agiva in sede monitoria “per ottenere la condanna della promittente venditrice al versamento del complessivo importo di euro € 50.000,00, di cui: - € 28.000,00 pari al doppio dell'importo (€ 14.000,00) complessivamente versato a titolo di caparra confirmatoria, anche ai sensi dell'art. 1385 c.c. (cfr. doc. 1); - € 22.000,00 pari all'acconto prezzo successivamente corrisposto (cfr. doc. 2)” (cfr. ricorso monitorio). 
Per quanto riguarda la caparra confirmatoria, il riferimento all'art. 1385 c.c. presuppone che parte opposta abbia esercitato il diritto di recesso dal contratto preliminare di vendita, chiedendo così la restituzione del doppio della caparra confirmatoria versata. Accanto a detta restituzione, parte opposta ha, altresì, preteso il pagamento di una somma ulteriore pari ad euro 22.000,00, quale acconto ulteriore sul prezzo dell'immobile promesso in vendita. 
Appare, dunque, dirimente richiamare la più recente giurisprudenza di legittimità che ha chiarito e precisato i termini di qualificazione di un'azione giudiziale nelle forme di recesso o risoluzione del contratto: “come sancito già da Cass. Sez. U, Sentenza n. 553 del 14/01/2009, la domanda di ritenzione della caparra confirmatoria (o di condanna al pagamento del suo doppio) è legittimamente proponibile, nell'incipit del processo, a prescindere dal nomen iuris utilizzato dalla parte nell'introdurre l'azione «caducatoria» degli effetti del contratto: se quest'azione dovesse essere definita «di risoluzione contrattuale» in sede di domanda introduttiva, sarà compito del giudice, nell'esercizio dei suoi poteri officiosi di interpretazione e qualificazione in iure della domanda stessa, convertirla formalmente in azione di recesso (nello stesso senso Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 91 del 03/01/2024; ### 2, Ordinanza ### del 24/11/2023). Conclusione, quest'ultima, alla quale si coniuga l'orientamento di questa Corte a mente del quale la domanda di risoluzione del contratto non costituisce domanda nuova rispetto a quella con cui il contraente non inadempiente abbia originariamente chiesto la declaratoria della legittimità del proprio recesso ex art. 1385, secondo comma, c.c., con contestuale incameramento della caparra confirmatoria (o condanna al pagamento del suo doppio), essendo l'azione di recesso un'ipotesi di risoluzione ex lege (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21317 del 30/07/2024). Il diritto di recesso è, infatti, una evidente forma di risoluzione stragiudiziale del contratto, che presuppone pur sempre l'inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell'inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale: esso costituisce null'altro che uno speciale strumento di risoluzione negoziale per giusta causa, alla quale lo accumunano tanto i presupposti - l'inadempimento della controparte - quanto le conseguenze - la caducazione ex tunc degli effetti del contratto - (Cass. Sez. 2, Sentenza 2969 del 31/01/2019). Sicché assume rilievo dirimente, come nella fattispecie, la circostanza processuale che sia stata espressamente richiesta, a supporto della domanda risolutoria comunque formalmente qualificata, la ritenzione della caparra confirmatoria ricevuta ovvero l'esazione del doppio di quella data. Per converso, la domanda diretta ad ottenere la risoluzione per inadempimento presuppone l'esercizio dell'opzione contemplata dall'art. 1385, terzo comma, c.c., ossia la volontà di ottenere la pronuncia costitutiva della risoluzione giudiziale ex art. 1453 c.c., con il conseguente risarcimento del danno regolato dalle norme generali, come tale rimesso alla determinazione dell'autorità giudiziaria e subordinato alla dimostrazione dell'an e del quantum debeatur. E tanto perché l'esercizio del potere di recesso conferito ex lege è indifferibilmente collegato (fino a costituirne un precipitato) alla volontà di avvalersi della ### caparra confirmatoria ex art. 1385 c.c., che ha la funzione di liquidare convenzionalmente il danno da inadempimento in favore della parte non inadempiente (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 5854 del 05/03/2024; ### 2, Ordinanza n. 20532 del 29/09/2020; ### 2, Sentenza n. 8417 del 27/04/2016; ### 2, Sentenza n. 17923 del 23/08/2007). Cosicché una domanda di recesso, ancorché non formalmente proposta nei termini di esercizio del recesso, può ritenersi egualmente, anche se implicitamente, avanzata in causa dalla parte adempiente, quando la stessa abbia richiesto la condanna della controparte, la cui inadempienza sia stata dedotta quale ragione giustificativa della pronunzia di risoluzione del contratto, alla restituzione del doppio della caparra a suo tempo corrisposta (ovvero l'accertamento del diritto a trattenere quella ricevuta), quale unica ed esaustiva sanzione risarcitoria di tale inadempienza (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8773 del 03/04/2024; ### 2, Ordinanza n. 5854 del 05/03/2024; ### 2, Sentenza n. 23209 del 31/07/2023; ### 2, Ordinanza n. 26856 del 13/09/2022; ### 2, Ordinanza n. 21504 del 07/07/2022; ### 2, Sentenza n. 19801 del 12/07/2021; ### 6-2, Ordinanza 27262 del 24/10/2019; ### 2, Ordinanza n. 25146 del 08/10/2019; ### 2, Ordinanza n. 22657 del 27/09/2017; ### 2, Sentenza n. 21854 del 15/10/2014; ### 2, Sentenza n. 28204 del 17/12/2013; ### 2, Sentenza n. 2032 del 01/03/1994; ### 2, Sentenza n. 2596 del 24/05/1978). Viceversa, va qualificata in termini di declaratoria di risoluzione giudiziale per inadempimento - soggetta, pertanto, alla relativa disciplina generale -, e non quale esercizio del diritto potestativo di recesso, la domanda con cui la parte non inadempiente, che abbia corrisposto la caparra, chieda, oltre alla risoluzione del contratto, la condanna della controparte al pagamento del doppio della caparra versata e il ristoro degli ulteriori danni asseritamente patiti - ovvero la parte che l'abbia corrisposta chieda, ad integrazione dell'invocata risoluzione, l'accertamento del diritto a ritenerla, oltre alla riparazione dell'ulteriore nocumento patito - (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. ### del 24/11/2023; ### 2, Ordinanza n. 21504 del 07/07/2022; ### 2, Ordinanza n. 18392 del 08/06/2022; ### 2, Sentenza n. 20957 del 08/09/2017; ### 3, Sentenza n. 18850 del 20/09/2004; ### 2, Sentenza n. 1301 del 29/01/2003). Alla stregua della predetta ricostruzione, la parte non inadempiente non può, in tal caso (ossia ove abbia richiesto il risarcimento del danno ulteriore), pretendere il pagamento del doppio della caparra (ovvero esercitare il diritto ad incamerarla definitivamente), poiché, in questa evenienza, essa perde la sua funzione di limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21085 del 04/07/2022; ### 2, Ordinanza n. 40292 del 15/12/2021; ### 2, Ordinanza n. 21559 del 07/10/2020; ### 2, Ordinanza 25146 del 08/10/2019; ### 2, Sentenza n. 8571 del 27/03/2019; ### 6-2, Ordinanza n. 24824 del 09/10/2018). Ebbene, in ordine all'interpretazione del giudice di merito relativa alla natura dell'azione spiegata, la richiesta formulata in termini di domanda ‘dichiarativa' di risoluzione, con l'aggiuntiva pretesa di ricevere il doppio della caparra versata (ovvero di ritenere quella ricevuta), deve essere correttamente qualificata, avendo riguardo non tanto al nomen iuris utilizzato dalla parte nell'introdurre l'azione caducatoria degli effetti del contratto (ossia volta ad ottenere lo scioglimento del rapporto), ma soprattutto attribuendo il giusto rilievo alla congiunta e funzionale richiesta di pagamento del doppio della caparra confirmatoria versata (o di ritenzione di quella acquisita), che connota la domanda nel senso della sua implicita accessorietà all'esercizio del diritto potestativo di recesso, quale ulteriore ipotesi di risoluzione ex lege” (cfr. Cass. civ., sez. II, ord., 07/11/2025, n. 29482). 
Tanto premesso, sia a voler qualificare la cessazione dell'atto preliminare nei termini di risoluzione per inadempimento del promittente venditore, sia per recesso del promissario acquirente, è noto che, ai sensi dell'art. 1455 c.c., l'inadempimento allegato deve essere di non “scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra”. 
Per giurisprudenza consolidata, “a norma dell'art. 1455 cod. civ., il giudice chiamato a provvedere sulla domanda di risoluzione del contratto per inadempimento deve porsi, anche di ufficio, il problema della gravità o meno dell'inadempimento ed è tenuto ad indicare, in ipotesi di accoglimento della domanda, il motivo per cui, nel caso concreto, ritiene l'inadempimento di non scarsa importanza. In particolare, il giudice, per valutare la gravità dell'inadempimento, deve tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l'alterazione dell'equilibrio contrattuale (### 3, n. 7187 del 4 marzo 2022; ### 6-3, n. 8220 del 24 marzo 2021). Infatti, la gravità dell'inadempimento ai sensi dell'art. 1455 c.c. va commisurata all'interesse che la parte adempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del contratto e non alla convenienza, per detta parte, della domanda di risoluzione rispetto a quella di condanna all'adempimento (### 1, n. 8212 del 27 aprile 2020; ### 3, 4022 del 20 febbraio 2018)” (cfr. Cass. civ., sez. II, ord., 10/04/2025, n. 9399. Nei medesimi termini si veda anche Cass. civ., sez. II, ord., 05/03/2024, n. 5843). 
Nella specie, appare che l'unico inadempimento rilevante possa eventualmente individuarsi nell'esercizio da parte della sig.ra ### dell'azione di impugnazione del testamento e, cioè, del titolo legittimante la proprietà dell'immobile di cui si discute (come, tra l'altro, può evincersi dal ricorso monitorio). 
Tenuto conto delle circostanze soggettive ed oggettive da cui dovrebbe desumersi l'alterazione del sinallagma contrattuale, deve, tuttavia, escludersi che l'inadempimento allegato dalla società opposta possa ritenersi rilevante ai fini di una risoluzione/recesso contrattuale, e ciò per le seguenti ragioni. 
Dalla documentazione in atti e, in particolare, dal preliminare di compravendita, risulta l'impegno delle parti ad addivenire alla stipula dell'atto pubblico definitivo alla data del 04/08/2018. Detto termine sarebbe stato rinviato concordemente da parte acquirente ed alienante a data successiva, che l'odierna opposta individua al 10/01/2019. 
Tenuto conto delle contestazioni svolte da entrambe le opponenti, parte opposta si è sottratta a quell'onere di allegazione minimale che avrebbe, quanto meno, preteso la produzione in atti dell'accordo concordato (o l'intimazione proveniente da una delle parti) della stipula del contratto definitivo e/o il verbale notarile di mancata comparizione presso il di lui studio ai fini della stipula. 
Sul punto, preme rilevare che la missiva del 03/01/2019 inoltrata dalla sig.ra ### oltre a preannunciare l'intenzione di impugnare il testamento, fa espresso riferimento alla “prossima vendita dell'immobile” (cfr. all. 4 comparsa n. r.g. 744/2020 e all. 2 comparsa n. r.g. 1459/2020), senza precisare alcuna data. 
Non risulta, dunque, documentalmente provato che le parti avessero individuato la data del 10/01/2019 come termine per la stipula del contratto definitivo. 
In ogni caso, deve rilevarsi come la mera assenza non appare qualificabile come grave inadempimento, specie in assenza di un termine essenziale per la compravendita.  ### canto, dalla condotta tenuta dalle parti non emergerebbe alcuna volontà di disattendere alla stipula del contratto definitivo, anche tenuto conto che nell'atto preliminare si evince che parte opposta si trova già “nella detenzione dell'immobile in qualità di comodataria” (cfr. preliminare). A ciò aggiungasi: - la missiva del 03/01/2019 fa riferimento alla vendita futura dell'immobile oggetto del preliminare; - la missiva del 10/06/2019 contiene la diffida alla “promissaria acquirente a volere procedere alla stipula del rogito nelle modalità concordate, presso idoneo ### in nomina” (cfr. all. opposizione r.g. 1459/2020); - nel verbale di mancata comparizione de 26/02/2020 (data comunque successiva all'emissione del decreto ingiuntivo opposto), a firma del notaio dott. ### si fa riferimento all'invito rivolto alla società opposta di presentarsi “per oggi alle ore 15.00 presso il mio studio, in ordine all'esecuzione di preliminare intercorso tra le parti avente ad oggetto immobile sito in Ragusa” e che “la controparte società ### S.R.L. non si è presentata come peraltro preannunciato con PEC di data odierna inviata alla signora ### Michela” (cfr. memoria opponente ex art. 183, co. 6, c.p.c., II termine, n. r.g.  744/2020. Il riferimento a tale adunanza si rinviene anche nell'atto di opposizione di cui al n. r.g.  1459/2020). 
Si ribadisce, dunque, che in assenza della fissazione di un termine per la stipula dell'atto definitivo di vendita, anche tenuto conto della mancata prova dell'adunanza del 10/01/2019, l'unico inadempimento rilevante ai fini del recesso/risoluzione del contratto dovrebbe rinvenirsi nell'intrapresa azione giudiziale svolta dalla sig.ra ### Come è noto, i principali obblighi del venditore si rinvengono nella consegna del bene oggetto dell'acquisto con trasmissione della proprietà su di esso, nonché nella garanzia dall'evizione e dai vizi della cosa. 
Se vi sia, tuttavia, pericolo che il venditore possa sottrarsi dall'evizione del bene, il compratore potrà sospendere il proprio obbligo di adempiere al versamento di quanto pattuito, salvo che il venditore presti idonea garanzia e che il pericolo di rivendica fosse noto al tempo della vendita, così come previsto dall'art. 1481 c.c.: [i]l compratore può sospendere il pagamento del prezzo, quando ha ragione di temere che la cosa o una parte di essa possa essere rivendicata da terzi, salvo che il venditore presti idonea garanzia. Il pagamento non può essere sospeso se il pericolo era noto al compratore al tempo della vendita”. 
Se in linea puramente teorica, quindi, il compratore ha diritto alla sospensione del pagamento, detta facoltà “costituisce applicazione alla compravendita del principio generale ‘inadimplenti non est adimplendum', disciplinato all'art. 1460 cod. civ., e richiede che l'esercizio dell'autotutela così riconosciuta sia conforme a buona fede: il pericolo di perdere la proprietà o parte di essa deve cioè essere serio e concreto e risultare inoltre attuale, non già soltanto ipotizzabile in futuro o meramente presuntivo (cfr., in particolare, Cass. 8002/2012). […] La norma in esame è dettata per la compravendita ma trova pacificamente applicazione per analogia anche per i contratti preliminari di compravendita. 
Al riguardo si è infatti ripetutamente pronunciata in senso affermativo la giurisprudenza di legittimità già negli anni '80 (cfr. Cass. n. 3450/1984; Cass. n. 402/1985), fondando un orientamento interpretativo ormai consolidato che riconosce il diritto del promissario acquirente a rifiutare la stipula del contratto definitivo e a sospendere il pagamento del prezzo quando, in relazione al bene promesso in vendita, sussista il pericolo attuale e concreto di evizione da parte di terzi e fino a quando non venga eliminato tale pericolo - salvo che il promittente venditore presti idonea garanzia - (cfr. Cass. n.24340/2011; 8002/2012; Cass. n.3390/2016; Cass. n.###/2019; Cass. n.###/2019). La giurisprudenza di legittimità ha costantemente sottolineato l'importanza della sussistenza dei presupposti oggettivi necessari per l'operatività della sospensione riconosciuta dall'art.1481 c.c., ribadendo ripetutamente che il pericolo di evizione deve essere effettivo, e non meramente presuntivo o putativo, e che esso non si può quindi risolvere in un mero timore soggettivo che l'evizione possa verificarsi […] ### ad un contratto preliminare il ricorso al disposto dell'art.1481 c.c. permette la sospensione dell'obbligazione di contrarre il contratto definitivo e del pagamento del prezzo (ove siano previsti pagamenti in acconto prima e in vista della stipula del definitivo), ferma restando la possibilità che prima della stipula la parte promittente venditrice trovi una soluzione alla questione e/o offra idonea garanzia: è questa la forma di tutela riconosciuta al promissario acquirente per l'ipotesi di pericolo di evizione. […] Dalla sospensione dell'obbligazione di contrarre il contratto definitivo in capo al promissario acquirente deriva cioè da una parte l'impossibilità per il promittente venditore di far valere nei suoi confronti l'obbligo a contrarre e, dall'altra, la necessità che il pericolo di evizione sia ‘neutralizzato' prima della stipula del contratto definitivo, a nulla valendo per l'operatività della disposizione in esame l'imposizione unilaterale di termini intermedi (potenzialmente rilevanti nell'ambito proprio dell'adempimento contrattuale).  ### del pericolo di evizione unitamente alle iniziative della parte promissaria acquirente per la sollecita definizione del rischio evidenziato e della sua incidenza sull'oggetto promesso in vendita, con indicazione di un termine entro cui la parte promittente venditrice avrebbe dovuto operare, riguardano più propriamente il profilo di sussistenza dei presupposti per l'esercizio del recesso, ex art.1385 c.c., primo tra tutti l'inadempimento della controparte, presupposti che debbono essere esaminati con l'utilizzo degli stessi criteri - in particolare quanto a gravità e proporzionalità - previsti dagli art.1453 e 1455 c.c. - così già Cass. n.398/1989” (cfr. Cass. civ., sez. II, ord., 25/07/2025, n. 21254). 
In altri termini, il compratore, qualora sussista il pericolo concreto ed attuale di evizione, può rifiutarsi di concludere il contratto definitivo fino a quando non venga meno detto pericolo: ciò anche se il pericolo non sia determinato da colpa del venditore, atteso che il presupposto della colpevolezza risulta necessario unicamente per la responsabilità da inadempimento. 
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, l'impossibilità di applicare l'art. 1481 c.c. (poiché manchi un pericolo concreto ed effettivo di rivendica) non è “argomento sufficiente per negare al promissario, ignaro della provenienza, la facoltà di rifiutare la stipula del definitivo avvalendosi del rimedio generale dell'art. 1460 c.c. Non si può negare a priori che già il rischio teorico che l'acquirente possa trovarsi un giorno esposto alla pretesa del legittimario, con i correlativi impedimenti alla circolazione del bene che da subito quel rischio di porta dietro, possa rappresentare, nelle singole situazioni concreto, un elemento idoneo a pregiudicare la conformità del risultato traslativo attuabile con il definitivo rispetto a quello programmato con il preliminare” (cfr. Cass. civ., sez. II, sent., 12/12/2019, n. ###, di cui si riporta anche il principio di diritto: “[i]n tema di preliminare di vendita, la provenienza del bene da donazione, anche se non comporta per sé stessa un pericolo concreto e attuale di perdita del bene, tale da abilitare il promissario ad avvalersi del rimedio dell'art. 1481 c.c., è comunque circostanza influente sulla sicurezza, la stabilità e le potenzialità dell'acquisto programmato con il preliminare. In quanto tale essa non può essere taciuta dal promittente venditore, pena la possibilità che il promissario acquirente, ignaro della provenienza, possa rifiutare la stipula del contratto definitivo, avvalendosi del rimedio generale dell'art. 1460 c.c., se ne ricorrono gli estremi”). 
Inoltre, sempre in diritto, deve ricordarsi che il regolamento contrattuale, anche quello del contratto preliminare, è interpretato, nonché integrato in virtù del combinato disposto di cui agli artt. 1374 e 1375 c.c. quale declinazione codicistica dell'art. 2 Cost., dal canone di buona fede nell'esecuzione del contratto, determinate obbligazioni volte alla salvaguardia dei rispettivi interessi perseguiti, noti alla controparte, ma nei limiti di un reciproco sacrificio non apprezzabile (Cass. civ., sez. III, sent., 06/02/2023, n. 3483: “[l]a clausola generale (nell'applicazione pratica e in dottrina indicata anche come "principio" o come "criterio") di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1175 c.c. (cfr. Cass., 20/8/2015, n. 16990; Cass., 2/30/2012, n. 16754; Cass., 11/5/2009, n. 10741), oltre che regola (artt.  1337, 1358, 1375 e 1460 c.c.) di comportamento (quale dovere di solidarietà, fondato sull'art. 2 Cost.  (v. Cass., 6/5/2020, n. 8495; Cass., 10/11/2010, n. 22819; Cass., 22/1/2009, n. 1618; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, 28056), che trova applicazione a prescindere alla sussistenza di specifici obblighi contrattuali, in base al quale il soggetto è tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonché volto alla salvaguardia dell'utilità altrui nei limiti dell'apprezzabile sacrificio, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilità: v. Cass., 2/4/2021, n. 9200; Cass., 29/1/2018, n. 2057; Cass., 27/4/2011, 9404; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 27/10/2006, n. 23273; Cass., 20/2/2006, n. 3651. V. altresì Cass., 24/9/1999, n. 10511; Cass., 20/4/1994, n. 3775), nonchè criterio di determinazione della prestazione contrattuale (costituendo invero fonte - altra e diversa sia da quella eteronoma suppletiva ex art. 1374 c.c. (in ordine alla quale v. la citata Cass., 27/11/2012, n. 20991) che da quella cogente ex art. 1339 c.c. (in relazione alla quale Cass., 10/7/2008, n. 18868; Cass., 26/1/2006, n. 1689; Cass., 22/5/2001, n. 6956. V. altresì Cass., 9/11/1998, n. 11264)- di integrazione del comportamento dovuto (v. Cass., 29/1/2018, n. 2057; Cass., 30/10/2007, n. 22860), là dove impone di compiere quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell'apprezzabile sacrificio, che non si sostanzi cioè in attività gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (v. Cass., 30/3/2005, 6735; Cass., 9/2/2004, n. 2422), come ad esempio in caso di specifica tutela giuridica, contrattuale o extracontrattuale, non potendo considerarsi implicare financo l'intrapresa di un'azione giudiziaria (v. 
Cass., 21/8/2004, n. 16530), anche a prescindere dal rischio della soccombenza (v. Cass., 15/1/1970, 81)), quale criterio d'interpretazione del contratto ex art. 1366 c.c. (v. Cass., Sez. Un., 8/3/2019, n. 6882; Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628) si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (v. Cass., 6/5/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/5/2007, n. 12235; Cass., 20/5/2004, n. 9628). 
Esso pertanto non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte (v. Cass., 23/5/2011, 11295) e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell'accordo negoziale. ### di buona fede oggettiva o correttezza è infatti da valutarsi avuto riguardo alla causa concreta del contratto (con riferimento dell'incarico conferito al professionista, e al notaio in particolare, cfr. Cass., Sez. Un., 31/7/2012, n. 13617. V. anche Cass., 28/1/2003, n. 1228; Cass., 13/6/2002, n. 8470; per il riferimento alla serietà e certezza dell'atto giuridico da rogarsi e alla sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti partecipanti alla stipula dell'atto medesimo cfr. altresì Cass., 28/11/2007, n. 24733, e, conformemente, Cass., 5/12/2011, n. 26020), e cioè con lo scopo pratico dalle parti perseguito mediante la stipulazione, o, in altre parole, con l'interesse che l'operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare (cfr. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26973; Cass., 7/10/2008, n. 24769; Cass., 24/4/2008, 10651; Cass., 20/12/2007, n. 26958; Cass., 11/6/2007, n. 13580; Cass., 22/8/2007, n. 17844; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 27/7/2006, n. 17145; Cass., 8/5/2006, n. 10490; Cass., 14/11/2005, n. 22932; Cass., 26/10/2005, n. 20816; Cass., 21/10/2005, n. 20398. V. altresì Cass., 7/5/1998, n. 4612; Cass., 16/10/1995, n. 10805; Cass., 6/8/1997, n. 7266; Cass., 3/6/1993, n. 3800; e, più recentemente, Cass., 25/2/2009, n. 4501; Cass., 12/11/2009, n. 23941; Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947; Cass., 18/3/2010, n. 6538; Cass., 9/3/2011, n. 5583; Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., 27/11/2012, n. 20991). La causa, da intendersi - come detto - quale scopo pratico dalle parti perseguito mediante la stipulazione, l'interesse che l'operazione contrattuale è propriamente volta a soddisfare, assume dunque decisivo rilievo ai fini ### dell'interpretazione del contratto, e della corretta individuazione del significato e della portata ad esso da riconoscere”).  ### queste premesse, nel caso di specie, deve ritenersi che: - il contegno tenuto da ### non integra un inadempimento contrattuale, nemmeno alla luce del canone di buona fede, in quanto la stipulazione, insieme ad altri coeredi vocati per testamento, di un preliminare di compravendita di uno dei beni devoluti ai medesimi non può determinare il venir meno del diritto soggettivo della stessa, pena il superamento del limite di apprezzabilità del sacrificio giustificabile per la tutela dell'altrui interesse, ad impugnare il testamento indicato nell'atto quale fonte del titolarità del diritto compromesso; - la decisione di quest'ultima, in epoca successiva alla conclusione del contratto preliminare, di contestare la validità dell'atto fonte della sua vocazione all'eredità del de cuius, dante causa del cespite, potrebbe tutt'al più determinare una sua responsabilità pre-contrattuale, per omissione, per violazione dell'art. 1337 c.c., laddove tale iniziativa non fosse giustificata da fatti sopravvenuti, né nota alla controparte durante le trattative; l'art. 1337 c.c. integra, tuttavia, una norma di comportamento che non influisce sulla validità ed efficacia del negozio stipulato, e che può determinare una diversa responsabilità civile, non invocata in questa sede; - il recesso dell'opposta è, pertanto, inefficace, non sussistendo un avverso inadempimento (cfr., in generale, Cass. civ., sez. II, ord., 03/04/2024, n. 8773 “va senz'altro condivisa la ricostruzione dottrinaria secondo la quale il diritto di recesso è una evidente forma di risoluzione stragiudiziale del contratto, che presuppone pur sempre l'inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell'inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale: esso costituisce null'altro che uno speciale strumento di risoluzione negoziale per giusta causa, alla quale lo accumunano tanto i presupposti - l'inadempimento della controparte - quanto le conseguenze - la caducazione ex tunc degli effetti del contratto - (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2969 del 31/01/2019; ### U, Sentenza n. 553 del 14/01/2009) […]. 
Per cui, ai fini della legittimità del recesso di cui all'art. 1385 c.c., come in materia di risoluzione contrattuale, non è sufficiente l'inadempimento, ma occorre anche la verifica circa la non scarsa importanza prevista dall'art. 1455 c.c., dovendo il giudice tenere conto dell'effettiva incidenza dell'inadempimento sul sinallagma contrattuale e verificare se, in considerazione della mancata o ritardata esecuzione della prestazione, sia da escludere per la controparte l'utilità del contratto alla stregua dell'economia complessiva del medesimo ”); - non vi sono, pertanto, nemmeno i presupposti per la risoluzione del contratto, domandata dall'opposta, per l'inadempimento dei promissari venditori; - deve, parimenti, ritenersi la legittimità del contegno tenuto da parte opposta, da sussumersi nell'art.  1460 c.c., in considerazione della sopravvenuta concreta incertezza, determinata proprio da uno dei promissari venditori, del titolo di vocazione, e quindi del loro titolo provenienza, non potendosi pretendere, da parte di quest'ultimi, pena la violazione del principio di buona fede, che il primo, ossia il promissario acquirente, verifichi, ora per allora, dopo la conclusione del preliminare in cui la fonte del diritto compromesso era espressamente indicato, il nuovo titolo di vocazione invocato dalle controparti (successione legittima), in vista del pagamento di una somma considerevole. 
In conclusione, deve accogliersi l'opposizione, con rigetto della domanda di parte opposta. 
Quanto alla domanda riconvenzionale svolta dal ### con la quale la stessa ha chiesto all'intestato tribunale di condannare la società opposta al pagamento di una indennità per occupazione sine titulo dell'immobile oggetto del preliminare, la stessa non è meritevole di accoglimento per mancata allegazione del danno ### patito dalla parte acquirente. 
Come è noto, il regime di responsabilità civile richiede, anzitutto, la necessaria dimostrazione di un danno rispetto ad un interesse giuridicamente tutelato dall'ordinamento e, di conseguenza, la dimostrazione che tale danno sia causalmente connesso alla condotta in concreto tenuta dal danneggiante con dolo o colpa. 
Da ciò discende che, affinché vi sia un danno risarcibile per lesione del bene costituente l'oggetto del diritto di proprietà, non è sufficiente dimostrare che l'evento lesivo abbia determinato una “lesione del diritto di proprietà, ma affinchè un danno risarcibile vi sia, perfezionandosi così la fattispecie del danno ingiusto, è necessario che al profilo dell'ingiustizia, garantito dalla violazione del diritto, si associ quello del danno conseguenza, e perciò la perdita subita e/o il mancato guadagno che, sulla base del nesso di causalità giuridica, siano conseguenza immediata e diretta dell'evento dannoso” (cfr. Cass. civ., s.u., sent., 15/11/2022, n. ###). 
In effetti, la giurisprudenza della Corte di Cassazione, nella sua più autorevole composizione, ha chiarito che non vi possa essere danno ingiusto senza il danno conseguenza: “se sussiste solo il fatto lesivo, ma non vi è un danno-conseguenza, non vi è l'obbligazione risarcitoria” (cfr. Cass. civ., s.u., sent., 11/01/2008, n. 576; conf. in Cass. civ., n. ###/2022, cit.). 
Tale principio è stato ribadito dalla più recente giurisprudenza di legittimità, che ha avuto modo di specificare che “[l]e sezioni unite, infatti, con sentenza del 15.11.2022 n. ###, in tema di prova del danno da violazione del diritto di proprietà e di altri diritti reali, hanno optato per una mediazione fra la teoria normativa del danno, emersa nella giurisprudenza della II sezione Civile, e quella della teoria causale, sostenuta dalla III sezione Civile. La questione se la violazione del contenuto del diritto, in quanto integrante essa stessa un danno risarcibile, sia suscettibile di tutela non solo reale, ma anche risarcitoria, è stata risolta dalle sezioni unite in senso positivo, ed è stato dato seguito al principio di diritto, più volte affermato da questa Corte, secondo cui, in caso di violazione della normativa sulle distanze tra costruzioni, al proprietario confinante compete sia la tutela in forma specifica finalizzata al ripristino della situazione antecedente, sia la tutela in forma risarcitoria (ex multis Cass. 27.6.2024 17758; Cass. 18.7.2013 n. 17635). Le sezioni unite hanno poi confermato la linea evolutiva della giurisprudenza di questa sezione, nel senso che la locuzione ‘danno in re ipsa' va sostituita con quella di ‘danno presunto' o ‘danno normale', privilegiando la prospettiva della presunzione basata su specifiche circostanze da cui inferire il pregiudizio allegato. Le sezioni unite hanno, altresì, definito il danno risarcibile in presenza di violazione del contenuto del diritto di proprietà: esso riguarda non la cosa ma il diritto di godere in modo pieno ed esclusivo della cosa stessa, sicché il danno risarcibile è rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione. Il nesso di causalità giuridica si stabilisce così fra la violazione del diritto di godere della cosa, integrante l'evento di danno condizionante il requisito dell'ingiustizia, e la concreta possibilità di godimento che è stata persa a causa della violazione del diritto medesimo, quale danno conseguenza da risarcire. Nel caso in cui la prova sia fornita attraverso presunzioni, l'attore ha l'onere di allegare il pregiudizio subito, anche mediante le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza (Cass. 27.6.2024 n. 17758). Ulteriormente questa sezione, sulla base della composizione del contrasto compiuta dalle sezioni unite, ha affermato che ‘### in caso di violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni, l'attore richieda il risarcimento del danno determinatosi prima della riduzione in pristino, quale effetto dell'abusiva imposizione di una servitù sul proprio fondo e quindi della limitazione del relativo godimento, deve dunque riconoscersi che lo stesso non è sottratto da un onere di allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l'intenzione di utilizzare l'immobile nel periodo dell'illegittima ingerenza del peso costituito dalla costruzione. La domanda del danno per l'abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo onera, dunque, il ricorrente di indicare gli elementi, le modalità e le circostanze della situazione, da cui, in presenza dei requisiti richiesti dagli artt. 2727 e 2729 cod. civ., possa desumersi l'esistenza e l'entità del concreto pregiudizio patrimoniale subito; ciò consente poi al giudice di far uso delle presunzioni semplici, divenendo allora comunque in re ipsa (non il danno, ma) la prova del pregiudizio' (Cass. 19.3.2025 n. 7290; 22.11.2023 n.###)” (cfr. Cass. civ., sez. II, sent., 18/04/2025, n. 10329). 
Il predetto canone ermeneutico ribadito dalla seconda sezione della Corte di Cassazione è stato, altresì, confermato anche dalla sua terza sezione che ha utilmente precisato i presupposti applicativi desumibili dalla pronuncia a sezioni unite: “[t]utti i suddetti princìpi sono stati ribaditi dalle ### di questa Corte, con specifico riferimento al danno da abusiva occupazione d'un immobile (Cass. Sez. U., 15/11/2022, n. ###). La sentenza appena ricordata ha stabilito che: -) il ‘danno' in senso giuridico non consiste solo nella lesione d'un diritto (come vollero i fautori della c.d. ‘teoria normativa del danno'), ma esige che da quella lesione sia derivato un concreto pregiudizio (secondo la c.d. ‘teoria causale del danno'); -) la lesione del diritto di proprietà, quando sia consistita non in una lesione diretta del bene, ma nella perduta possibilità di goderne, può costituire un danno risarcibile soltanto ove il proprietario alleghi e dimostri che la perdita del frutto del godimento sia stata ‘specifica' e ‘concreta' [...]; -) se così non fosse, ‘il risarcimento spetterebbe sempre a fronte della denuncia della compressione del diritto di godere della cosa quale astratta posizione riconosciuta dall'ordinamento, senza che si dia possibilità della prova contraria' (secondo la c.d. ‘teoria del danno irrefutabile')” (cfr. Cass. civ., sez. III, ord., 28/07/2025, n. 21607). 
In altri termini, il proprietario che presenti un'istanza di risarcimento del danno è tenuto ad allegare il danno subito a causa della pretesa occupazione dell'immobile sine titulo e, in caso di contestazione specifica, è tenuto a provarlo, anche tramite nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza o mediante presunzioni semplici. 
Nel giudizio che qui occupa, l'attrice riconvenzionale non ha allegato alcuna particolare compromissione del proprio diritto proprietario ovvero la diminuzione del valore dello stesso a causa della condotta tenuta da controparte, anche considerato che la convenuta riconvenzionale pacificamente e legittimamente godeva dell'immobile (è la stessa attrice riconvenzionale, d'altro canto, ad allegare un contratto di comodato su parte dell'immobile di epoca precedente alla stipula del preliminare). A ciò aggiungasi che, ante causam, non risulti alcuna richiesta formale di rilascio dell'immobile, né richiesta di pagamento di alcuna somma di denaro per l'occupazione dell'immobile e neppure viene dimostrata la volontà di parte proprietaria di destinare l'immobile a finalità diverse dalla vendita in favore dell'occupante. 
Parte attrice si è, dunque, sottratta dall'onere di allegazione dei fatti posti a fondamento della propria pretesa e, in particolare, non ha provato gli elementi di fatto da cui desumersi l'esistenza e l'entità del danno subito. 
Il mancato assolvimento dell'onere di allegazione e dell'onere probatorio non può, d'altronde, essere superato in forza del potere di liquidazione del danno in via equitativa, atteso che detto potere, “conferito al giudice dall'art. 1226 cod. civ., costituisce espressione del più generale potere di cui all'art. 115 cod.  proc. civ. ed il suo esercizio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, senza necessità della richiesta di parte, dando luogo ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, con l'unico limite di non potere surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza (ex multis Cass. 29 aprile 2022, n. 13515; Cass. 22 febbraio 2018, n. 4310; Cass. 12 ottobre 2011, 20990)” (cfr. Cass. civ., sez. lav., ord., 06/07/2023, n. 19111. Sul punto si richiama, altresì, Cass., 21607/2025, cit.: “[è] dunque evidente che in tanto è consentito al giudice il ricorso alla liquidazione equitativa, in quanto sia stata previamente dimostrata l'esistenza certa, ovvero altamente verosimile, d'un effettivo pregiudizio. È l'impossibilità di quantificare un danno certamente esistente che rende possibile il ricorso alla stima equitativa. Se, invece, è l'esistenza stessa d'un pregiudizio economico ad essere incerta, eventuale, possibile ma non probabile, spazio non v'è alcuno per l'invocabilità dell'art.  1226 c.c. Questo principio costituisce da oltre cinquant'anni jus receptum nella giurisprudenza di legittimità (a parte da, ### 3, Sentenza n. 1536 del 19/06/1962, secondo cui ‘la valutazione equitativa del danno presuppone che questo, pur non potendo essere provato nel suo preciso ammontare, sia certo nella sua esistenza ontologica'; nello stesso senso, ex plurimis, ### 2, Sentenza. n. 838 del 03/04/1963; Sez. 3, Sentenza n. 1327 del 22/05/1963; [...]). Ne consegue che in tanto il giudice di merito può avvalersi del potere equitativo di liquidazione del danno, in quanto abbia previamente accertato che un danno esista, indicando le ragioni del proprio convincimento. Ciò vuol dire che, nel caso di danno patrimoniale consistito nella distruzione di un bene, il ricorso alla liquidazione equitativa in tanto è ammissibile, in quanto sia certo (per essere stato debitamente provato da chi si afferma danneggiato) che la cosa distrutta avesse un concreto valore oggettivo, e non meramente ipotetico o d'affezione”). 
Tutto ciò premesso e considerato, parte attrice non ha assolto all'onere di allegazione e all'onere probatorio su di lei gravante, per cui la domanda di risarcimento del danno non è meritevole di accoglimento. 
In ragione del reciproco contegno, che ha determinato da un lato la legittima inerzia dell'opponente ma, al tempo stesso, l'inefficacia del recesso, le spese di lite devono essere compensate.  P.Q.M.  Il tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione assorbita e/o disattesa, così provvede: - accoglie la domanda di opposizione a decreto ingiuntivo proposta da ### (###), ### (###), ### (###), nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale sulla minore #### (###), ### (###) e ### (###) e, per l'effetto; - revoca il decreto ingiuntivo n. 112/2020, emesso dal tribunale di ### (n. r.g. 5127/2019) in data ###; - rigetta la domanda riconvenzionale formulata da ### (###); - rigetta le domande proposte da ### S.R.L. UNIPERSONALE (###); - compensa le spese di lite. 
Così deciso in ### 22/12/2025.  

Il giudice
dott. ###


causa n. 744/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Antonio Pianoforte

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Tribunale di Reggio Emilia, Sentenza n. 985/2025 del 24-11-2025

... dell'acconto versato di € 50.325,00, nonché al risarcimento dei danni, quantificati in complessivi € 12.675,89 per spese sostenute ed € 13.610,08 per perdita del valore 4 di 18 locativo, oltre a quelli per lite temeraria ai sensi dell'art. 96, commi 1 e 3, c.p.c. 2. F.lli ### s.r.l. si costituiva con comparsa depositata in data 19 settembre 2024, chiedendo anch'essa la risoluzione del contratto ma per grave inadempimento della committente, con condanna al risarcimento dei danni, quantificati in complessivi € 160.285,65 per spese di progettazione, per costi delle opere realizzate, per oneri economici sostenuti e da sostenere in esecuzione del contratto stipulato con la società terza fornitrice del prefabbricato, nonché per mancato guadagno, e con compensazione tra i rispettivi debiti. 3. Differita con decreto ex art. 171 bis c.p.c. la data della prima udienza e scambiate le memorie integrative, la causa veniva istruita mediante interrogatorio formale della società attrice ed escussione di testimoni (#####. Terminata l'istruttoria orale, disposto un rinvio in pendenza di trattative e respinta l'istanza ex art. 186 quater c.p.c. formulata dall'attrice, la causa, ritenuta (leggi tutto)...

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1 di 18 N. R.G. 1923/2025 ###### civile e penale di ### in persona del giudice ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I grado iscritta al n. 1923/2025 R.G. promossa da ### S.R.L., C.F. e P. IVA ###, con sede in ### sulla ####, ### n. 35, in persona del legale rappresentante pro tempore; rappresentata e difesa dall'avv. ### come da procura allegata all'atto di citazione ed elettivamente domiciliata presso il suo indirizzo PEC ###, - attrice - contro F.### S.R.L., P. IVA ###, con sede ###, in persona del legale rappresentante pro tempore; rappresentata e difesa dagli avv.ti ### C. Ruffini e ### G. Ruffini come da procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliat #######. 
Borsellino n. 22 - convenuta - OGGETTO: appalto. 2 di 18 ### parte attrice: Contrariis reiectis, ai sensi delle norme applicabili fra cui, a titolo puramente esemplificativo, gli artt. 1175, 1223, 1375, 1453, 1458 c.c., Voglia l'###mo ### adito: 1) Dichiarare fondata e provata la domanda attorea, o comunque pronunciare qualsiasi statuizione ritenuta necessaria ed opportuna al suo accoglimento.  2) Dichiarare la risoluzione del contratto stipulato il ### prodotto come doc. 1 dall'attrice per grave inadempimento di F.lli ### S.r.l., ovvero per il diverso motivo ritenuto opportuno.  3) ###.lli ### S.r.l. a versare a ### S.r.l. le somme di € 50.325,00, di € 1.560,00, di € 5.097,39, di € 258,00, di € 5.760,50, di € 13.610,08 in ragione dei titoli indicati in atti, ovvero le diverse somme, maggiori o minori, che per i medesimi titoli verranno determinate in corso di causa o ritenute di giustizia anche in via equitativa, in ogni caso oltre agli interessi legali maturandi dal dovuto al saldo, nonché all'anatocismo e/o alla rivalutazione monetaria ove ritenuti applicabili.  4) ###.lli ### S.r.l. al risarcimento dei danni ai sensi del 1° e/o del 3° comma dell'art. 96 c.p.c. in misura pari alla metà delle spese di lite che verranno liquidate ovvero in quella che sarà determinata equitativamente.  5) Rigettare le domande, eccezioni, deduzioni della convenuta in quanto inammissibili e/o improcedibili e/o infondate in fatto e diritto.  6) ###.lli ### S.r.l. al rimborso delle spese di lite, aumentate nella misura di un terzo prevista dall'art. 4, 8° comma, D.M. n. 54/2014, ove ritenuto applicabile. 
Per parte convenuta: Contrariis reiectis, previe le declaratorie del caso e di legge, voglia l'###mo ### adito, in composizione monocratica, previa 3 di 18 rimessione della causa in istruttoria per l'ammissione delle istanze non accolte: RESPINGERE ogni diversa domanda e pretesa siccome inammissibile, improcedibile e, comunque, del tutto infondata in fatto ed in diritto, ovvero con la miglior formula, per i motivi meglio esposti in atti; ACCERTATO il grave inadempimento di ### s.r.l. per i motivi meglio esposti in atti ### la risoluzione del contratto di appalto del 26 gennaio 2023 per fatto imputabile alla stessa ### s.r.l.; ### s.r.l. a risarcire a F.lli ### s.r.l. tutti i danni dalla medesima patiti e patiendi, danni che, allo stato, salva miglior stima, si quantificano in €.160.285,65, ovvero nella maggiore o minor somma che risulterà accertata nel corso del giudizio e che sarà ritenuta di giustizia, anche in via equitativa, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla domanda fino al dì del saldo effettivo; COMPENSARE quanto eventualmente dovuto da F.lli ### s.r.l. a ### s.r.l. , fino a concorrenza, con quanto dovuto da quest'ultima e con vittoria delle spese di lite”. 
In via istruttoria: rinnova le istanze istruttorie non accolte in fase istruttoria, ovvero per l'ammissione dei residui capitoli di prova testimoniali dedotti, nonché per l'ammissione delle due consulenze tecniche richieste a pag. 16 e 17 della II' memoria autorizzata ex art.  171 ter c.p.c.  ### 1. Con atto di citazione, regolarmente notificato, ### s.r.l.  conveniva in giudizio l'appaltatrice F.lli ### s.r.l. per sentire dichiarare la risoluzione del contratto d'appalto stipulato tra le parti in data 26 gennaio 2023, avente ad oggetto la edificazione di un capannone su un'area di sua proprietà sita nella frazione di ### a ####, per grave inadempimento dell'appaltatrice, con condanna alla restituzione dell'acconto versato di € 50.325,00, nonché al risarcimento dei danni, quantificati in complessivi € 12.675,89 per spese sostenute ed € 13.610,08 per perdita del valore 4 di 18 locativo, oltre a quelli per lite temeraria ai sensi dell'art. 96, commi 1 e 3, c.p.c.  2. F.lli ### s.r.l. si costituiva con comparsa depositata in data 19 settembre 2024, chiedendo anch'essa la risoluzione del contratto ma per grave inadempimento della committente, con condanna al risarcimento dei danni, quantificati in complessivi € 160.285,65 per spese di progettazione, per costi delle opere realizzate, per oneri economici sostenuti e da sostenere in esecuzione del contratto stipulato con la società terza fornitrice del prefabbricato, nonché per mancato guadagno, e con compensazione tra i rispettivi debiti.  3. Differita con decreto ex art. 171 bis c.p.c. la data della prima udienza e scambiate le memorie integrative, la causa veniva istruita mediante interrogatorio formale della società attrice ed escussione di testimoni (#####. 
Terminata l'istruttoria orale, disposto un rinvio in pendenza di trattative e respinta l'istanza ex art. 186 quater c.p.c. formulata dall'attrice, la causa, ritenuta matura per la decisione, veniva rinviata per la rimessione in decisione con assegnazione dei termini perentori di cui all'art. 189 c.p.c. 
Precisate le conclusioni, come in epigrafe trascritte, e depositati gli scritti conclusivi, all'udienza del 20 novembre 2025 la causa veniva rimessa in decisione.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. La controversia trae origine dal contratto d'appalto stipulato in data 26 gennaio 2023, con cui ### s.r.l. incaricava F.lli ### s.r.l. di realizzare un capannone industriale su un terreno di sua proprietà sito in ###. ### snc nella frazione di ### nel Comune di ####. 
In particolare, tale contratto aveva ad oggetto la realizzazione delle fondazioni del capannone, la fornitura ed il montaggio del prefabbricato, la realizzazione del pavimento e l'esecuzione del getto 5 di 18 integrativo dei solai, per il corrispettivo “a corpo” di € 275.000,00 (cfr. docc. 1 e 2 dell'attrice).  1.1. Il contratto d'appalto dev'essere dichiarato risolto.  ### l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, quando i contraenti richiedano reciprocamente la risoluzione del contratto, ciascuno attribuendo all'altro la condotta inadempiente, il giudice deve comunque dichiarare la risoluzione del contratto, atteso che le due contrapposte manifestazioni di volontà, pur estranee ad un mutuo consenso negoziale risolutorio, in quanto muovono da premesse contrastanti, sono tuttavia dirette all'identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale (Cass. 19706/2020, 26907/2014). 
Ciò vale anche nel caso in cui si accerti l'inesistenza di singoli specifici addebiti, perché il giudice, pur non potendo pronunciare la risoluzione per colpa di taluna delle parti, deve dare atto dell'impossibilità dell'esecuzione del contratto per effetto della scelta di entrambi i contraenti ex art. 1453, comma 2, c.c., e pronunciare comunque la risoluzione del contratto (Cass. 6675/2018, 10389/2005). 
Nella specie, la volontà di ciascuna parte converge inequivocabilmente in un'unica direzione, contraria (ciascuna per i suoi motivi e le sue valutazioni) a mantenere in vita il rapporto contrattuale. 
Le parti hanno, cioè, assunto posizioni incompatibili con la prosecuzione del rapporto contrattuale, i cui effetti, pertanto, non possono che cessare in coerenza con il venir meno dell'iniziale incontro di volontà che sosteneva ed integrava il contratto. 
In conclusione, va pronunciata la risoluzione del rapporto contrattuale intercorso tra le parti.  1.2. Poiché la risoluzione contrattuale, per il suo effetto retroattivo espressamente sancito dall'art. 1458 c.c., in conseguenza della caducazione della sua causa giustificativa, comporta 6 di 18 l'insorgenza, a carico di ciascun contraente, dell'obbligo di restituire la prestazione ricevuta, indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempimento (Cass. 28722/2022, Cass. 4442/2014, 2439/2006, Cass. 18143/2004, Cass. 7829/2003), va accolta la domanda di ### s.r.l. di restituzione dell'acconto pacificamente versato, pari ad € 50.325,00, oltre ad interessi legali dalla domanda (18 giugno 2024) al saldo.  1.3. Cionondimeno, poiché entrambe le parti hanno chiesto il risarcimento dei danni, occorre accertare quale dei due contraenti debba considerarsi inadempiente, e ciò al fine di stabilire quale di essi debba eventualmente sopportare le conseguenze di ordine risarcitorio della propria inadempienza. 
Infatti, alla risoluzione del contratto segue l'esame delle richieste di risarcimento del danno che entrambe le parti, assumendosi non inadempienti, hanno proposto (cfr. Cass. 13827/2019), atteso che l'attribuzione di un inadempimento colpevole costituisce l'elemento fondante del giudizio di responsabilità ed impedisce, quindi, l'accoglimento della domanda di risarcimento dei danni che ciascuna delle parti abbia proposto nei confronti dell'altra (cfr.  18932/2016). 
Nella specie, per una migliore comprensione della vicenda vanno poste in rilievo, per quanto qui di interesse, le seguenti circostanze di fatto, provate in quanto rilevabili dalla documentazione in atti e/o non contestate. 
In data 5 febbraio 2024 le parti si incontravano presso il terreno dove avrebbero dovuto essere realizzate le opere appaltate, per effettuare delle misurazioni in contraddittorio, preliminari all'inizio dei lavori, che si prospettava imminente, essendo ormai positivamente avviato alla conclusione l'iter per l'ottenimento del permesso di costruire, effettivamente rilasciato in data 21 febbraio 2024.  ### tale incontro F.lli ### s.r.l. esibiva un elenco di opere che asseriva fossero extra-capitolato e dovessero essere eseguite 7 di 18 prima di quelle contrattualmente pattuite, per un costo preventivato pari complessivamente ad € 34.288,00 oltre IVA (cfr. doc. 7 dell'attrice e doc. 17 della convenuta). 
F.lli ### s.r.l. predisponeva poi un altro e più ampio elenco di opere, datato 13 marzo 2024, inserendone anche di ulteriori ed anche extra-capitolato, suddivise nelle seguenti categorie: «### plinti capannoni esistenti», «### e oneri di sicurezza», «### terra + riempimenti», «### marciapiede esistente per formazione plinti», «### marciapiede», «### acque bianche e copertura», «### acque nere», «### acqua acquedotto», «### telecom + fibra», «### messa a terra treccia nuda in rame diametro 35», per il corrispettivo complessivo di € 56.502,00. (cfr. doc. 20 della convenuta).  ### s.r.l., a sua volta, proponeva una modifica del contratto d'appalto, che prevedeva l'esecuzione solo di alcune delle lavorazioni extra-capitolato indicate dall'appaltatrice ed un conseguente aumento del corrispettivo a complessivi € 300.000,00 + IVA (cfr. doc. 22 della convenuta). 
Di contro, F.lli ### s.r.l. si diceva disponibile ad accettare un aumento del corrispettivo ad € 315.000/318.000,00 (cfr. pagina 9 della comparsa costitutiva). 
Stante la mancata convergenza sulla modifica contrattuale, ### s.r.l., con missiva inviata a mezzo PEC in data 15 aprile 2024, diffidava F.lli ### s.r.l. ad adempiere al contratto nel termine di quindici giorni, con l'avvertimento che, decorso inutilmente detto termine, il contratto si sarebbe senz'altro risolto (cfr. doc. 8 dell'attrice e doc. 25 della convenuta). 
F.lli ### s.r.l., con missiva inviata a mezzo PEC in data 19 aprile 2024, pur confermando la volontà di adempiere al contratto, diffidava a sua volta ### s.r.l. ad adempiervi, segnatamente ad «approntare tutti i progetti, le opere e gli adempimenti previsti a carico della committenza (art. 10), necessari prima dell'inizio dei 8 di 18 lavori», a « «pagare il corrispettivo ammontante al 20% previsto “a inizio lavori di fondazione” (art. 11)», ad «obbligarsi a pagare le opere resesi necessarie a seguito di modifiche progettuali ordinate dalla committenza, nonché per le opere non previste e non prevedibili in fase contrattuale (art. 3)», nonché ad «obbligarsi a pagare la revisione prezzi (art. 2)», con l'avvertimento che, in caso di mancato adempimento nel termine di quindici giorni, il contratto si sarebbe dovuto intendere risolto per fatto e colpa della società committente (cfr. doc. 9 dell'attrice e doc. 26 della convenuta). 
Tanto premesso, giova ricordare che, nei contratti con prestazioni corrispettive, qualora una delle parti adduca, a giustificazione della propria inadempienza, l'inadempimento o la mancata offerta di adempimento dell'altra, è necessario procedere ad una valutazione unitaria e comparativa dei comportamenti di ambedue le parti per stabilire quale di esse si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte, nonché della conseguente alterazione del sinallagma, tenendo conto non solo dell'elemento cronologico, ma anche e soprattutto degli apporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni inadempiute e della loro incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto, e quindi, dei rispettivi interessi e della oggettiva entità degli inadempimenti ( 13840/2010, Cass. 10678/2005, Cass. 10477/2004). 
Poiché la valutazione della colpa dell'inadempimento ha carattere unitario, lo stesso dev'essere addebitato esclusivamente a quel contraente che, con il proprio comportamento prevalente, abbia alterato il nesso di interdipendenza che lega le obbligazioni assunte mediante il contratto e perciò dato causa al giustificato inadempimento dell'altra parte (Cass. 14648/2013). 
La giurisprudenza ha poi precisato che la valutazione comparativa di inadempimenti contrattuali reciproci non può essere effettuata in base a un criterio meramente cronologico, addebitando 9 di 18 la colpa alla parte che si sia resa inadempiente per prima, ma deve essere condotta secondo un criterio di proporzionalità, confrontando le condotte in base alla loro incidenza sul sinallagma contrattuale (Cass. 14030/2025) e, dunque, tenendo conto dell'elemento logico in base alla relazione causale e alla adeguatezza tra l'inadempimento dell'uno e il precedente inadempimento dell'altro (Cass. 6564/2004). 
Nella specie, la valutazione della gravità dell'inadempimento va effettuata sulla base della situazione cristallizzatasi nei mesi tra febbraio e aprile 2024, quando si è verificata una definitiva paralisi contrattuale che ha portato l'appaltatrice a non iniziare neppure l'esecuzione delle opere. 
Le parti, infatti, giunte ormai al momento in cui era concretamente possibile iniziare le lavorazioni, non si sono trovate d'accordo su alcuni profili. 
In primo luogo, F.lli ### s.r.l. pretendeva il riconoscimento di un corrispettivo di € 3.650,00 in conseguenza della modifica delle lavorazioni relative alle fondazioni, resasi, a suo dire, necessaria dopo aver scoperto, alla fine di maggio 2023, che queste ultime non potevano essere realizzate come originariamente previsto a causa dell'esistenza nel sottosuolo di fondazioni debordanti dai capannoni confinanti (cfr. voci 1, 2 e 3 «### plinti capannoni esistenti» sub doc. 7 dell'attrice e doc. 17 della convenuta). 
F.lli ### s.r.l., a sostegno della richiesta, ha dedotto che si sarebbe trattato di una situazione «imprevista ed imprevedibile», poiché le fondazioni si trovavano al di sotto del suolo e, quindi, non erano visibili quando aveva effettuato i sopralluoghi per la preventivazione dei costi dell'opera, invocando all'uopo l'art. 2 del contratto, in forza del quale le parti avevano pattuito che «saranno concordati a parte eventuali problemi che non riusciamo a quantificare in questa fase legati al sottosuolo». 
La pretesa, però, era non giustificata e, condivisibilmente, veniva respinta da ### s.r.l. 10 di 18 Infatti, la previsione contrattuale va evidentemente riferita all'ipotesi in cui, in corso d'opera o prima ancora di iniziarla, ed in modo del tutto imprevedibile, si scoprano condizioni del sottosuolo non previamente accertabili con l'ausilio di strumenti, conoscenze e procedure normali, oppure si rinvengano nel sottosuolo beni o materiali, tali da impedire o rendere più gravosa l'esecuzione dei lavori. 
Nella specie, la scoperta, fatta dopo la conclusione del contratto, di maggiori lavorazioni dovute all'esistenza di fondazioni dei fabbricati adiacenti non può chiaramente ricondursi ad un “problema” riguardante il sottosuolo, ma è piuttosto imputabile all'appaltatore, che non ha esattamente adempiuto all'obbligo di diligenza su esso gravante, in quanto egli avrebbe potuto agevolmente rendersi conto che i plinti dei capannoni confinanti, realizzati nel sottosuolo ed ovviamente di dimensioni e superficie maggiori rispetto ai pilastri, potevano sconfinare nel terreno di proprietà dell'attrice e comunque avrebbe potuto e dovuto effettuare previamente dei semplici saggi per appurare la circostanza. 
A maggior ragione se si consideri che F.lli ### s.r.l. era tenuta ad un obbligo di diligenza ancora più rigoroso, atteso che all'art. 6 del contratto, rubricato “### di sopralluogo”, aveva espressamente dichiarato di avere verificato preliminarmente il terreno sul quale avrebbe dovuto realizzare il manufatto («L'### dopo essersi recato sul luogo in cui si svolgeranno i lavori, dopo aver esaminato i disegni di progetto, dopo essere perfettamente edotto sulle aree che gli verranno messe a disposizioni sia per l'esecuzione del lavoro che per le proprie installazioni logistiche, e sulle modalità con cui i lavori dovranno svilupparsi nonché dopo aver valutato e considerato ogni onere e rischio comunque connesso all'esecuzione dei lavori oggetto del presente contratto ed altra circostanza, anche solo prevista o prevedibile, che possa aver influenza sull'esecuzione dei lavori e sui relativi costi, 11 di 18 dichiara che i prezzi pattuiti sono da considerarsi congrui e remunerativi») ed ha svolto anche i compiti di progettista e di direttore dei lavori (cfr. art. 9 del contratto, laddove tra gli oneri a carico dell'appaltatore vi erano quello di «### strutturale intero intervento capannone», «### fondazioni», «### generale montaggio capannone»). 
Pertanto, la scoperta delle caratteristiche delle fondazioni dei fabbricati confinanti, agevolmente conoscibili prima della stipula del contratto, non poteva essere invocata dall'appaltatore - peraltro nove mesi dopo la scoperta e senza avere mai durante il periodo successivo avanzato alcuna richiesta né sollevato la problematica - per pretendere un incremento del corrispettivo, essendo egli tenuto a sopportare i maggiori oneri derivanti, oltretutto, come riconosciuto dalla stessa odierna convenuta, incidenti «in minima parte sull'economia del contratto» (cfr. pagina 4 della seconda memoria integrativa). 
In secondo luogo, F.lli ### s.r.l. chiedeva un corrispettivo aggiuntivo di € 30.327,00 per le opere che, pur rientrando, ai sensi dell'art. 10 del contratto, tra quelle «a carico della #### s.r.l. le aveva chiesto di eseguire. 
Si tratta, in particolare, delle seguenti opere: ### «Fornitura e posa di recinzione metallica dim 3,50 x h 2 mt, compreso piedini in cemento movibili (max 2 mesi)» per il corrispettivo di € 880,00 (cfr. voce 4 del preventivo datato 26 gennaio 2024 sub doc. 7 dell'attrice e voce 6 del preventivo datato 13 marzo 2024 sub doc. 20 della convenuta), corrispondente alla lavorazione, descritta in contratto come «### del cantiere», a carico della committente; ### «Tracciamento disegni esecutivi con chiodo su tavole, verifica del tracciamento con direttore dei lavori, tracciamento a terra con vernice florescente degli scavi. fino a max 750 mq di pianta di capannone» per il corrispettivo di € 2.300,00 (cfr. voce 7 del 12 di 18 preventivo datato 26 gennaio 2024 sub doc. 7 dell'attrice e voce 14 del preventivo datato 13 marzo 2024 sub doc. 20 della convenuta), corrispondente alle lavorazioni, descritte in contratto come «4 punti di ingombro fabbricato» e «### disegni esecutivi con chiodo su tavole, verifica del tracciato con direttore dei lavori, tracciamento a terra con vernice florescente dagli scavi», a carico della committente; ### «Modine in legno per tracciamento esecutivi su tavola fino a max 750 mq di pianta di capannone» per il corrispettivo di € 1.500,00 (cfr. voce 6 del preventivo datato 26 gennaio 2024 sub doc. 7 dell'attrice e voce 13 del preventivo datato 13 marzo 2024 sub doc.  20 della convenuta), corrispondente alla lavorazione, descritta in contratto come «### in legno per tracciamento plinti, travi, cordoli ecc. del nuovo fabbricato», a carico della committente; ### «Prove di laboratorio certificato su materiali ferro e cemento» per il corrispettivo di € 1.500,00 (cfr. voce 6 del preventivo datato 26 gennaio 2024 sub doc. 7 dell'attrice e voce 15 del preventivo datato 13 marzo 2024 sub doc. 20 della convenuta), corrispondente alla lavorazione, descritta in contratto come «### di laboratorio su materiali», a carico della committente; ### «Formazione di piano scavi + analisi terreno per poter portare il terreno in esubero degli scavi della fondazioni in discarica autorizzata per lo smaltimento», «### di schiarifica del piano attuale di campagna cm h 20, dal piano finito quota pavimento interno in cemento cm h -85, con terreno caricato su camion e trasportato in apposita discarica per smaltimento (discarica entro 15 km) oneri di smaltimento compresi, mq 375 x h 02,0 = mc 75», «### proveniente da scavi fondazioni caricato su camion e trasportato in apposita discarica per smaltimento (discarica entro 15 km) oneri di smaltimento compresi», «### e posa di riciclato edile pulito partendo dalla quota di sbanco di schiarifica per formare la massicciata carrabile mq 330 h 0,55 = mc 181,50 + materiale per reinterro fondazioni fino alla quota superiore del cls collo dei plinti, 13 di 18 circa mc 80 totale 181 + 80 = mc 261» per il corrispettivo complessivo di € 24.147,00 (cfr. voci 18, 19, 20, 21 del preventivo datato 13 marzo 2024 sub doc. 20 della convenuta), corrispondente alla lavorazione, descritta in contratto come «messa a disposizione delle aree di lavoro, opportunamente riempita con riciclato ghiaia per renderla carrabile», a carico della committente. 
Anche in tal caso il rifiuto di F.lli ### s.r.l. di dare esecuzione al contratto deve ritenersi ingiustificato. 
Infatti, se è vero che, secondo il regolamento contrattuale, la committente era tenuta a preparare adeguatamente l'area per consentire all'appaltatrice di eseguire le opere, effettuando quindi alcune attività preliminari come la inghiaiatura per rendere carrabile il terreno, la recinzione del cantiere, la modinatura, il tracciamento e le prove di laboratorio, è però altrettanto vero che: − ### s.r.l. non ha mai negato né che tali attività fossero a suo carico né di doverne sostenere il costo, avendo la stessa convenuta riconosciuto che la controparte, nell'imminenza dell'avvio del cantiere, si era attivata per chiedere dei preventivi ad altre imprese ( pagina 6 della comparsa costitutiva); − il costo delle opere di cui al punto ### appare non dovuto, perché si tratta di lavorazioni già ricomprese nel contratto, avente ad oggetto proprio l'esecuzione delle fondazioni e dunque di tutte le attività ad esse accessorie, quali gli scavi, gli smaltimenti ed i riempimenti, avendole l'appaltatrice significativamente escluse dal primo preventivo datato 26 gennaio 2024 ed avendovi invece inserito solo la «### e posa di riciclato edile pulito per formazione di una prima massicciata carrabile per macchine operatrici, dim mt 16 x (21+5) 26 x h 0,20 = mc 84» (cfr. voce 8 del preventivo sub doc. 7 dell'attrice); − l'ammontare complessivo delle opere preliminari a carico di ### s.r.l., preventivato dall'appaltatrice, era pari ad € 8.868,00 (€ 880,00 per recinzione, € 1.500,00 per modinatura, € 2.300,00 per 14 di 18 tracciamento, € 1.500,00 per prove di laboratorio, € 2.688,00 per «### e posa di riciclato edile pulito per formazione di una prima massicciata carrabile per macchine operatrici, dim mt 16 x (21+5) 26 x h 0,20 = mc 84»), e, dunque, era di importo oggettivamente modesto, corrispondente al 3,22% del valore del contratto (pari ad € 275.000,00); − l'art. 3 del contratto, rubricato “### prezzi”, stabiliva che «### si rendessero necessarie variazioni a progetto ovvero venissero ordinate alla ditta appaltatrice opere, somministrazioni o prestazioni il cui prezzo non sia qui contemplato e non sia stato trovato un accordo preventivo all'esecuzione, le parti contraenti concordano di far riferimento alle tariffe stabilite dai bollettini camera di commercio di ### relativi al periodo dell'uso, alle considerazioni sopra richiamate», sicché, in caso di mancato accordo sul corrispettivo di dette opere, F.lli ### s.r.l., che si era dichiarata disponibile ad eseguirle al posto della committente, ben avrebbe potuto farsene carico, se effettivamente interessata a dare esecuzione al contratto, salvo poi agire per il pagamento del corrispettivo medesimo, ovviamente calcolato sulla base del criterio contrattualmente pattuito, ossia sulla base dei prezzi della ### di ### di ### In terzo luogo, F.lli ### s.r.l. chiedeva un corrispettivo aggiuntivo per opere extra-capitolato (rimozione e costruzione marciapiede, fognature acque bianche e nere, acquedotto, linea telefonica e fibra) che ### s.r.l. le aveva chiesto di eseguire.  ### in disparte il fatto che la committente aveva tutt'al più domandato la disponibilità dell'appaltatrice ad eseguire anche tali opere finali, chiedendo un preventivo e tentando successivamente di addivenire ad un accordo economico sul corrispettivo, che, peraltro, anche in tal caso, poteva e dovesse essere determinato sulla base dei prezzi della ### di ### di ### deve considerarsi illegittimo il rifiuto di F.lli ### s.r.l. di dare esecuzione quantomeno 15 di 18 alle originarie opere del contratto, atteso che la convenuta non poteva certo pretendere di adempiere alle obbligazioni originarie solo se si fosse trovato un accordo anche sulle distinte e separate opere extra-capitolato. 
In definitiva, dalla valutazione complessiva della vicenda contrattuale emerge che - da un lato - ### s.r.l. non si è mai rifiutata di eseguire o comunque sostenere i costi delle attività preliminari a suo carico, non potendo ragionevolmente pretendersi che le effettuasse in ogni caso, nonostante il fondato sospetto (se non la certezza) che l'appaltatore non avrebbe dato esecuzione al contratto se le parti non avessero trovato un complessivo e più ampio accordo economico anche su altre opere, alcune già ricomprese nell'originario contratto ed altre pacificamente extra-capitolato, e che - dall'altro lato - F.lli ### s.r.l. non ha mai offerto di adempiere se non alle proprie illegittime condizioni, chiedendo, nella contro-diffida ad adempiere, il pagamento di corrispettivi non dovuti, per opere prevedibili, oppure per opere già oggetto del contratto, oppure in violazione delle scadenze contrattuali, oppure per opere non concordate con la committenza e non ancora eseguite, oppure per una generica ed indeterminata «revisione prezzi». 
Ne consegue che la risoluzione del contratto va imputata a fatto e colpa di F.lli ### s.r.l., che, pertanto, non ha diritto ad alcun risarcimento dei danni.  1.4. La domanda risarcitoria proposta da ### s.r.l. è infondata.  ### ha chiesto, anzitutto, il rimborso delle seguenti spese inutilmente sostenute in esecuzione del contratto: ### € 1.560,00 IVA esclusa, per redazione della relazione geologica allegata al permesso di costruire (doc. 10); ### € 5.097,39, a titolo di oneri di urbanizzazione e diritti di segreteria esposti nel permesso di costruire (doc. 11); ### € 258,00 IVA esclusa, per spese di allacciamento acqua da utilizzarsi nel cantiere (doc. 12); ### € 5.760,50 16 di 18 esclusa, per compensi e rimborso spese vive versati allo ### per l'attività professionale prestata (doc. 13). 
Senonché, deve escludersi che ### s.r.l. abbia subito alcun danno, atteso che, pacificamente, dopo l'interruzione del rapporto contrattuale con F.lli ### s.r.l., l'opera è stata affidata e realizzata da un terzo (### s.p.a.) e che, pertanto, tali spese si sono comunque rivelate necessarie per la costruzione del manufatto, senza che risulti - né, invero, sia stato dedotto - che l'odierna attrice non abbia potuto usufruire comunque di tali esborsi per l'esecuzione del successivo contratto d'appalto oppure abbia dovuto sostenere altre e maggiori spese.  ### ha chiesto, poi, il riconoscimento del danno per la perdita del valore locativo del capannone per un periodo di otto mesi (da maggio 2024, ossia dal termine dei lavori, pattuiti in due mesi, decorrenti dalla comunicazione di inizio lavori datata 28 febbraio 2024, a dicembre 2024, ossia al termine dei lavori pattuito con il nuovo appaltatore). 
Anche tale voce risarcitoria dev'essere esclusa.  ### il più recente ed ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il danno da indisponibilità diretta dell'immobile patito dal proprietario - configurabile quando si verifica, quale conseguenza immediata e diretta della violazione del diritto dominicale, la soppressione o compressione della facoltà di fruire direttamente del cespite e di ritrarne le utilità congruenti alla sua destinazione - non può ritenersi sussistente in re ipsa ( 14268/2021), ma può essere risarcito a condizione che lo stesso venga provato, anche presuntivamente, sulla base dell'allegazione, da parte del danneggiato, di determinate caratteristiche materiali e di specifiche qualità giuridiche del bene che consentano di presumere, con ragionevole certezza e secondo l'id quod plerumque accidit, che quel tipo di immobile sarebbe stato destinato ad un impiego fruttifero o che l'avente diritto ne avrebbe ritratto, immediatamente e 17 di 18 direttamente, un'utilità, specificamente indicata, corrispondente alle sue caratteristiche (Cass. 10477/2024). 
Quindi, il danno emergente presuppone l'allegazione (e, in caso di contestazione del convenuto, la prova, anche presuntiva) della concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento perduta, e può essere liquidato equitativamente facendo ricorso al criterio del valore locativo di mercato, che rappresenta il controvalore convenzionalmente attribuito al godimento alla stregua della tipizzazione normativa del contratto di locazione (Cass. 14947/2023). 
In altri termini, il fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità, andata perduta, di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto, mediante concessione a terzi dietro corrispettivo ( 6909/2025, Cass. S.U. ###/2022), sicché il proprietario è tenuto ad allegare (sia pure facendo ricorso a nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza) e provare, anche per presunzioni, i fatti che devono essere accertati, ossia l'intenzione concreta del proprietario di mettere l'immobile a frutto (Cass. 10328/2025, Cass. 14268/2021). 
Nella specie, ### s.r.l. non ha mai allegato di avere avuto né intenzione di mettere a reddito il capannone né tantomeno occasioni concrete per farlo, e, invero, neppure risulta che, una volta terminata l'edificazione da parte dell'impresa successivamente incaricata delle opere, l'immobile sia stato effettivamente concesso in locazione a terzi.  2. Non sussistono i presupposti per l'accoglimento della domanda ex art. 96 c.p.c. spiegata dall'attrice, atteso che il carattere temerario della lite, che costituisce presupposto della condanna al risarcimento dei danni, va ravvisato nella coscienza della infondatezza della domanda e delle tesi sostenute, ovvero nel difetto della normale diligenza per l'acquisizione di detta consapevolezza, non già nella mera opinabilità del diritto fatto valere (Cass. 3464/2017), non 18 di 18 essendo in alcun modo sufficiente - come nel caso di specie - la mera infondatezza della domanda proposta o delle eccezioni sollevate.  3. Stante il rigetto della domanda risarcitoria proposta dall'attrice, le spese di lite vanno compensate per un quarto, dovendo la restante frazione delle spese (pari a 3/4) essere posta a carico della convenuta, prevalentemente soccombente. 
Le spese si liquidano in complessivi € 10.000,00, sulla base del D.M. n. 55 del 2014, come modificato dal D.M. n. 147 del 2022, tenuto conto dell'attività difensiva svolta e del valore della controversia.  ### ha anche diritto alla rifusione delle spese vive documentate, pari ad € 408,75 (ossia a 3/4 di € 545,00, di cui € 518,00 per C.U. ed € 27,00 per marca).  P.Q.M.  ### di ### definitivamente pronunciando, ogni diversa e ulteriore istanza, eccezione e deduzione disattesa: 1. dichiara la risoluzione del contratto d'appalto stipulato dalle parti in data 26 gennaio 2023, per grave inadempimento di F.lli ### s.r.l., e, per l'effetto, condanna F.lli ### s.r.l. a restituire a ### s.r.l. la somma di € 50.325,00, oltre ad interessi legali dal 18 giugno 2024 al saldo; 2. rigetta ogni altra domanda proposta dalle parti; 3. compensa per 1/4 le spese di lite e, per l'effetto, condanna F.lli ### s.r.l. a rifondere a ### s.r.l. i restanti 3/4, che liquida in € 408,75 per esborsi ed € 7.500,00 per compenso, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, CPA ed IVA (se dovuta) come per legge. 
Così deciso in ### il 24 novembre 2025. 
IL GIUDICE

causa n. 1923/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Rago Stefano

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 12102/2025 del 21-12-2025

... presunto danneggiato di specifica allegazione del mancato esito positivo della prestazione, l'adempimento, ovvero, ove sia ciò che è contestato, l'esatto adempimento. Tenuto conto che kg 300 della merce non è stata mai consegnata dalla venditrice e che quella consegnata ha un suo valore di mercato ed è emerso nel contraddittorio che l'acquirente manifesta l'intento di trattenerla comunque presso di sè, considerato che nel buono di consegna non si rinviene la descrizione della merce consegnata utile a poter contrastare il video riproducente solo in parte la merce spedita dalla G.I. ### alla Bks la scrivente ritiene che la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della convenuta può essere accolta solo parzialmente, posto che l'acquirente ha voluto trattenere la merce ricevuta, che peraltro assume di avere dovuto stoccare all'interno di propri locali commerciali, con aggravio di spese di affitto di un locale documentate però solo da un preventivo. Per l'effetto, dal prezzo di vendita va esclusa la merce non consegnata, che se rivenduta, avrebbe potuto essere foriera di guadagno per l'acquirente, da qui l'inutilizzabilità commerciale di parte dei prodotti oggetto di (leggi tutto)...

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n. 21776/2022 R.G.A.C.  REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI XI SEZIONE CIVILE in composizione monocratica nella persona della G.O.P. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 21776/2022 del ### degli ### del Tribunale di Napoli, XI sez. Civile avente ad oggetto: vendita di merce vintage TRA ### in plrpt P.IVA ### con gli avv.ti ### c.f.  ### e ### c.f. ### pec ###; ### attrice E ### di ### c.f. ### p. Iva ### con gli avv.ti ### c.f. ### e ### c.f.  ### pec ### convenuta ### come in atti. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione la ### conveniva in giudizio l'impresa individuale GI ### di ### al fine di dichiarare la risoluzione del contratto intercorso tra le parti per grave inadempimento della convenuta per consegna di aliud pro alio e/o di ogni altra normativa applicabile, condannare la convenuta alla restituzione del prezzo di vendita pari ad € 14.300,00 oltre la refusione delle spese di consegna della merce pari ad €1893,49, il tutto nella complessiva somma di 16.193.49 o nella diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi di mora e rivalutazione dalla data del pagamento a quella della restituzione, condannare la ### di L.G. e o il sig. ### in proprio al risarcimento di tutti i danni patrimoniali subiti e subendi dall'attrice nella somma di €10mila; in via subordinata chiedeva di condannare la ### di L.G. e o il sig. ### in proprio alla restituzione della somma di € 1950,oo per la merce di kg 300 mai consegnata, oltre al risarcimento dei danni per qualsivoglia titolo e o causale nella somma di almeno €1500.00, di emettere ogni altra pronuncia o statuizione comunque connessa o dipendente dalle domande che precedono, di condannare ai sensi dell'art. 96 cpc, vinte le spese di lite con attribuzione. 
Esponeva l'attrice che la convenuta prometteva di vendere merce all'ingrosso, in particolare per la maggior parte abbigliamento vintage di famosi brand e in minima parte non griffato, ma di marca e di buona qualità, e che a seguito della consegna presso la propria sede all'interno dei pacchi inviati dalla venditrice non vi erano i promessi prodotti di brand noti, ma articoli di qualità molto scadente ed inoltre il peso della merce spedita non corrispondeva ai complessivi 2200 kg pattuiti e compravenduti, ma risultava arrivare ad appena 1900 kg. Contestava alla venditrice che i beni consegnati risultavano radicalmente diversi da quelli offerti in vendita chiedendo il rimborso dell'importo corrisposto per siffatta operazione di compravendita e le correlate spese di spedizione sostenute. 
La convenuta mostrava di voler restituire solo €1950,oo per i 300 kg di merce non compresi nella spedizione effettiva. Costituitasi chiedeva il rigetto delle domande avverse, vinte le spese. 
Veniva esperita la procedura di negoziazione assistita senza il raggiungimento di un accordo. 
Svolta l'istruttoria e non aderendo alla proposta conciliativa formulata ai sensi dell'art. 185 cpc la causa veniva assegnata in decisione. 
Tanto premesso la Gop osserva che, in materia di responsabilità contrattuale è pacifico e notorio il quadro probatorio in ordine al quale, una volta che sia stato provato l'esistenza del contratto da parte del creditore, è il debitore, nell'ambito della ritenuta responsabilità contrattuale che deve provare, in relazione al necessario onere del presunto danneggiato di specifica allegazione del mancato esito positivo della prestazione, l'adempimento, ovvero, ove sia ciò che è contestato, l'esatto adempimento. 
Tenuto conto che kg 300 della merce non è stata mai consegnata dalla venditrice e che quella consegnata ha un suo valore di mercato ed è emerso nel contraddittorio che l'acquirente manifesta l'intento di trattenerla comunque presso di sè, considerato che nel buono di consegna non si rinviene la descrizione della merce consegnata utile a poter contrastare il video riproducente solo in parte la merce spedita dalla G.I. ### alla Bks la scrivente ritiene che la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della convenuta può essere accolta solo parzialmente, posto che l'acquirente ha voluto trattenere la merce ricevuta, che peraltro assume di avere dovuto stoccare all'interno di propri locali commerciali, con aggravio di spese di affitto di un locale documentate però solo da un preventivo. 
Per l'effetto, dal prezzo di vendita va esclusa la merce non consegnata, che se rivenduta, avrebbe potuto essere foriera di guadagno per l'acquirente, da qui l'inutilizzabilità commerciale di parte dei prodotti oggetto di compravendita, il decremento dei profitti mostrato per i mesi di aprile, maggio e giugno 2022 può comprensibilmente reputarsi derivato dalla mancata vendita della merce de qua. Al fine del ristoro da determinarsi in via equitativa occorre correlare altresì le spese corrisposte per la consegna non avvenuta. 
Peraltro è emerso che anche per il restante abbigliamento vintage consegnato, diversamente da quanto promesso, secondo cui il 75% doveva essere costituito da brand famosi e il restante 25% misto, gli articoli erano di qualità molto scadente, con marchi del tutto sconosciuti o appartenenti a marchi low cost. Dunque anche il corrispettivo corrisposto per tale merce va sensibilmente ridotto in via equitativa. 
Sull'importo da ristorare sia per la merce non consegnata che per quella consegnata in maniera difforme dalle aspettative si applicano gli interessi dal di del dovuto al saldo e la rivalutazione monetaria. 
La domanda attorea di restituzione dell'importo va dunque accolta parzialmente e determinata equitativamente. 
Le dinamiche processuali inducono alla compensazione parziale delle spese di lite, non è accoglibile la domanda di condanna da parte dell'attrice ai sensi dell'art. 96 cpc, non profilandosi il dolo e la malafede della controparte, posto che nell'atto di costituzione già si faceva riferimento ad una volontà conciliativa della convenuta.
Il Tribunale monocratico, nella persona della sottoscritta G.O.P. definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: accerta e dichiara la risoluzione parziale del contratto di vendita per la merce non consegnata, dispone il ristoro a favore di ### in plrpt e a carico della ### di ### di una somma omnia comprensiva di €8.000,00 per le causali di cui in parte motiva determinata equitativamente, oltre interessi dal di del dovuto al saldo e la rivalutazione monetaria, e di €264,00 per le spese documentate di giudizio, dichiara non accoglibile la domanda di condanna ai sensi dell'art. 96 cpc, compensa per il residuo le spese di lite. 
Napoli, 20.12.2025

causa n. 21776/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Angela Ronconi

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Tribunale di Brescia, Sentenza n. 674/2022 del 21-03-2022

... ingiustizia del danno: non ha in nessun caso diritto al risarcimento del danno da lucro cessante per mancato esercizio di attività professionale che solo in virtù di espediente illegittimo avrebbe potuto esercitare. La quantificazione iperbolica dei danni da mancato annullamento della radiazione Radicalmente infondata la domanda attrice per i plurimi e autonomi motivi sin qui esaminati, è tuttavia il caso di evidenziare che dato peculiare della causa è costituito dalla quantificazione del danno da lucro cessante e del danno non patrimoniale, di cui l'attore chiede il risarcimento per importo in linea capitale enorme, di gran lunga superiore ai massimali di copertura di qualsiasi assicurazione per la responsabilità civile di avvocato e ai redditi leciti che un valente professionista può normalmente attendersi di realizzare nella sua vita lavorativa. E ciò avviene, quanto alla principale voce di danno calcolata in € 19.385.105,40 (lucro cessante per mancato guadagno da esercizio della professione di commercialista per il periodo di 6 anni, trascorso il quale il radiato, ricorrendone i presupposti ex art. 45 d.P.R. cit., può essere riammesso), sulla base di un parametro stupefacente. (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O Il Tribunale di Brescia, sezione seconda civile, nella persona del giudice unico dott. ### ha pronunciato la seguente ### nella causa civile n. 21437/2015 ### promossa ### rappresentato e difeso dall'avv. ### e dall'avv. ### entrambi del foro di ### per procura allegata all'atto di citazione ATTORE c o n t r o , rappresentato e difeso dall'avv. ### del foro di ### per procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta CONVENUTO c o n t r o , rappresentato e difeso dall'avv. ### del foro di ### per procura a margine della comparsa di costituzione e risposta CONVENUTO e nei confronti di in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. ### del foro di ### e domiciliato presso l'avv. ### del foro di ### per procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta ### e nei confronti di in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. ### del foro di ### per procura generale alle liti allegata alla comparsa di costituzione ### e nella causa riunita n. 7017/2017 ### promossa d a ### Cron.  Rep.  R. Gen.  21437/2015 Camp.  OGGETTO: Responsabilità professionale ### - 2 - , rappresentato e difeso dall'avv. ### del foro di ### per procura a margine dell'atto di citazione ATTORE c o n t r o e in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difeso dall'avv. ### del foro di ### per procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta ### l'attore “### Condannare gli Avvocati e , in via solidale fra loro, a risarcire i danni causati al dottor a titolo di responsabilità contrattuale e che si quantificano, quanto ai danni patrimoniali, in euro 5.693,15 a titolo di danno emergente ed in euro 19.385.106,40 a titolo di lucro cessante e, così, in complessivi euro 19.390.799,60, ovvero nella maggiore o minore somma ritenuta congrua dall'###mo Tribunale adito, comunque non inferiore, per quanto concerne la liquidazione del lucro cessante, ad euro 327.223,00, oltre ai danni non patrimoniali, da riconoscersi quali danno all'immagine e alla reputazione personale e professionale del dott. che si quantificano in almeno euro 2.000.000,00 ovvero nella maggiore o minore somma che si chiede di liquidare nel suo preciso ammontare all'###mo Tribunale adito ai sensi dell'art. 1226 c.c..  ### Rigettare le domande riconvenzionali formulate dai convenuti ai sensi dell'art. 96 c.p.c., in quanto inammissibili e/o infondate per le ragioni esposte in narrativa.  ###: Con condanna di controparte alla rifusione delle spese, diritti ed onorari di giudizio”. 
Per il convenuto/chiamante “con vittoria di spese e competenze anche per la chiamata in casa delle case assicuratrici, rifiutando il contradditorio su nuove domande di merito ed istruttorie, formulate da parte avversa nelle memorie ex art. 183 VI comma n. 1 e formulande , ### il Giudice del Tribunale adito ### dichiarare prescritto il diritto di al ris arcimento de l danno pe r i fat ti de dotti ne l giudi zio Rg 21437/2015, e in ogni caso voglia il Giudice adito rigettare ogni avversa domanda perché infondata in fatto e in diritto, assolvendo l'avv.   d a ogni domanda di pagamento a qualsivoglia titolo .  ### voglia il Giudice condannare il dott. ### - 3 - ex art. 96 c.p.c. per le ragioni dedotte in atti a risarcire l'avv.   nella misur a che vorrà quantificare in via equitativa ### nella denegata ipotesi in cui fosse accolta la domanda del dottor anche in diversa misura di quanto richiesto, voglia il Giudice dichiarare la , in persona del legale rappresentante pro tempore, unitamente a (già e poi ) , in persona del legale rappresentante pro tempore, in virtù della polizza n. 112/14/513814, tenute a pagare direttamente all'attore, pro quota , qualsivoglia somma per capitale, interessi e spese o che le stesse società assicuratrici siano tenute, pro quota, a garantire, tenere indenne o manlevare l'assicurato avv. sino all'importo di cui al massimale di polizza, di tutte le somme che lo stesso sia condannato a pagare a favore dell'attore .  ### visto il provvedimento del G.I. del 26/02/2019 con cui veniva disposta la precisazione delle conclusioni , rigettando le istanze istruttorie e di esibizione ex art. 210 cpc al curatore del fall. , si richiamano le istanze istruttorie formulate : si chiede l'ammissione del teste dottor , curatore del fallimento sul seguente capitolo di prova: 1) Vero che la curatela del fall. è stata autorizzata a cedere al signor il credito vantato dalla fallita verso l' di ### pari a £ 89.025.000.000 (pari a ### 45.976.955,00) e ne ha ricevuto dal cessionario il corrispettivo di € 850.000,00 Si chiede che il Giudice ex art. 210 cpc voglia ordinare al ### del fallimento dottor di esibire 1) copia dell'istanza di autorizzazione alla cessione del credito rivolta al GD dottor 2) conseguente provvedimento autorizzativo del GD con specifica menzione del prezzo pagato dal in difetto si chiede che tali documenti vengano acquisiti d'ufficio dal G.I. dal fascicolo fallimentare depositato in Tribunale di ### ove l'istanza con ogni allegato è custodita. 
Rigettata ogni avversa domanda anche istruttoria”. 
Per la convenuta/chiamante “in via preliminare di merito: accertare che il preteso diritto del dott. di vedersi riconosciuto il risarcimento degli asseriti danni da parte dell'avv. è caduto in prescrizione, per i motivi di cui in narrativa, e, per l'effetto, respingere le relative domande; in via principale di merito: nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della eccezione di prescrizione, respingere tutte le domande del dott. nei confronti dell'avv. , per i motivi svolti negli scritti difensivi depositati nell'interesse di quest'ultima, assolvendo la convenuta da ogni pretesa avversaria; in ogni caso, se necessario in via riconvenzionale: condannare il dott. ex art. 96 c.p.c. a risarcire all'avv.  il rilevante danno dalla stessa subito per le motivazioni esposte negli scritti ### - 4 - difensivi depositati nell'interesse di quest'ultima, danno da liquidarsi in via equitativa; sempre in ogni caso: con vittoria delle anticipazioni e del compenso professionale per l'assistenza e la difesa dell'avv.  ; in via subordinata: nella denegata ipotesi di accoglimento in tutto o in parte delle domande svolte nei confronti dell'avv. , dichiarare tenuta e condannare la a rispondere direttamente di eventuali oneri risarcitori, ovvero a garantire, tenere indenne ed a manlevare almeno in parte l'avv.  medesima da qualsiasi importo quest'ultima fosse tenuta a pagare; in via istruttoria: per mero tuziorismo difensivo, pur senza inversione alcuna dell'onere probatorio pacificamente a carico di parte attrice, si chiede che l'ill.mo giudice istruttore voglia ordinare ai sensi dell'art. 210 cod. proc. civ. al dott. c uratore d el fallimento della (fallimento n. 34/2000), l'esibizione in giudizio della copia del provvedimento autorizzativo la cessione del credito di lire 89.023.800.000 (presuntivamente vantato nei confronti dell'erario) in favore del dott. nonché della copia del parere al giudice delegato reso nell'occasione dal curatore medesimo; in subordine, qualora il curatore dott. non fosse più in possesso di detti documenti, si chiede che ne venga disposta l'acquisizione dal fascicolo d'ufficio fallimentare (fall.to n. 34/2000); in ulteriore subordine, nella denegata ipotesi di mancato accoglimento delle istanze di cui sopra ex art. 210 cod. proc. civ. o di acquisizione, si chiede l'ammissione di prova per testi sul seguente capitolo: - vero che il fallimento della da me curato (fallimento n. 34/2000) ha ceduto l'asserito credito nei confronti dell'erario di lire 89.023.800.000 al dott. a fronte di un prezzo corrispettivo ammontante ad euro 850.000,00; si indica quale teste il dott. …” Per i terzi chiamati e “1. Nel merito, in via principale: rigettare tutte le domande risarcitorie formulate dal sig. nei confronti degli avv.ti e in quanto infondate in fatto ed in diritto e, per l'effetto, rigettare la conseguente domanda di manleva formulata dall'avv.  ne i c onfronti di e di 2. In via subordinata, nella denegata ipotesi in cui dovesse essere accertata in capo all'avv. una qualche responsabilità risarcitoria nei confronti del sig.  a. determinare l'indennizzo assicurativo da porre a carico di e di in ragione della quota di responsabilità accertata come di effettiva pertinenza dell'avv. ### e, comunque, in misura non superiore al 50% del danno liquidato; ### - 5 - b. accertare e dichiarare l'inoperatività della garanzia assicurativa di cui alla polizza azionata dall'avv. e, conseguentemente, negare e/o ridurre il diritto alla manleva, in relazione alle domande svolte dal sig. a titolo di risarcimento di danni non patrimoniali e a titolo di restituzione dei compensi professionali percepiti dall'avv.  c. determinare l'indennizzo assicurativo da porre a carico a ciascuna delle due coassicuratrici e ne lla misura de l 50% de l danno ac certato c ome d i effettiva pertinenza dell'avv. entro il limite del massimale previsto in polizza (€1.032.913,80) e con detrazione della franchigia contrattualmente prevista (€516.46)”. 
Per il terzo chiamato “In via preliminare: 1) Dichiarare tardivi e inammissibili i nuovi fatti, domande e allegazioni proposte da parte attrice solo con la memoria ex art. 183, VI comma, n. 1 c.p.c. e comunque rigettarle nel merito in quanto infondate. 
Nel merito: 2) Rigettare ogni domanda avversaria e risarcitoria, formulata nei confronti dell'avv. , perché illegittima ed infondata in fatto ed in diritto, per quanto dedotto in atti, oltre che non provata, sia per l'an che per il quantum debeatur. 
Con la condanna dell'attore al totale rimborso, anche in favore della , delle spese e compensi di lite, oltre accessori di legge. 
In via subordinata: 3) Solo nella denegata ipotesi di accoglimento delle domande avversarie contro l'avv. , accertare e dichiarare l'inoperatività della garanzia assicurativa per tutti i motivi dedotti in atti con il rigetto della domanda di manleva, quanto ai danni non patrimoniali e per la restituzione dei compensi.  4) ### nella denegata ipotesi di accoglimento delle domande avversarie, accertare e dichiarare l'inoperatività della garanzia per l'esclusione di copertura del vincolo solidale. In tal caso, accertare la singola quota di responsabilità direttamente imputabile all'avv. ai sensi di polizza. 
In via ulteriormente subordinata: 5) In caso di accoglimento della domanda di garanzia assicurativa, salvi i limiti di inoperatività di cui sopra, liquidare l'indennizzo assicurativo per la garanzia prestata con polizza invocata a favore dell'avv. ai sensi e negli stretti i limiti delle condizioni contrattuali e comunque: - entro e non oltre il limite del massimale pattuito di € 516.000,00; - con applicazione dello scoperto del 10% che andrà detratto dall'indennizzo e che resterà a carico dell'assicurata; ### - 6 - - sempre con esclusione della restituzione dei compensi e per danni involontari, nei limiti della quota personale di responsabilità dell'assicurata, ai sensi di polizza. 
In tal caso, con la compensazione integrale delle spese della causa accessoria di garanzia fra assicurata ed assicuratore, anche per il maggior interesse della prima, per quanto riguarda l'incapienza del massimale”. 
Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 23 e il 30 dicembre 2015 ha convenuto in giudizio e avvocati del foro di ### e ne ha chiesto la condanna in solido, previo accertamento della responsabilità contrattuale per negligente e imperito adempimento di prestazione professionale, al risarcimento del danno patrimoniale (quantificato infine in € 5.693,15 per danno emergente e in € 19.385.106,40 per lucro cessante) e del danno non patrimoniale (proposto in almeno € 2.000.000,00 per danno di immagine e reputazione) sofferti in conseguenza dell'inadempimento. 
In particolare l'attore (già iscritto all'albo dei commercialisti di ### dal 1993, a richiesta, all'elenco dei “non esercenti la professione” e dal 2002 di nuovo all'albo esercenti) deduce che: - negli anni 1993 e 1994 egli fu iscritto nel registro indagati delle procure della Repubblica di ### e di ### - il Consiglio dell'Ordine dei dottori commercialisti di ### informato della pendenza delle indagini, il 23 luglio 1996 deliberò a suo carico, ai sensi dell'allora vigente art. 40 del d.P.R.  1067/1953 (ordinamento della professione di dottore commercialista)1, l'avvio di procedimento disciplinare nel quale egli incaricò della propria difesa l'avv. e l'avv.  - il procedimento disciplinare si concluse avanti al Consiglio dell'Ordine di ### con delibera in data 30 maggio 2003 di radiazione dall'albo, “ritenendo provati i fatti relativi ai suddetti procedimenti penali, i quali tuttavia si erano tutti conclusi con sentenze di proscioglimento o di assoluzione”; - la delibera di radiazione fu notificata il 18 luglio 2003 presso lo studio del procuratore avv.  - i due difensori consigliarono di proporre reclamo avverso la radiazione, in quanto ravvisarono vizi procedurali nell'esercizio 1 Art. 40. Rapporti tra il procedimento disciplinare ed il giudizio penale Il dottore commercialista che sia stato sottoposto a procedimento penale è sottoposto anche a procedimento disciplinare per il fatto che ha formato oggetto della imputazione, tranne il caso che sia intervenuta sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non l'ha commesso ### - 7 - dell'azione e la prescrizione degli illeciti disciplinari e, “soprattutto, in considerazione del fatto che nessun reato penale era stato accertato come commesso dal dott. ; - il ricorso al ### dei dottori commercialisti, che a norma dell'art. 44 della legge professionale doveva essere presentato nel termine perentorio di 30 giorni dalla notifica dell'ordinanza di radiazione, fu invece depositato solo il 16 settembre 2003, avendo i difensori ritenuto che anche nel procedimento disciplinare dovesse trovare applicazione la sospensione feriale dei termini processuali prevista dalla legge 742/1969; - il 6 ottobre 2004 il ### dichiarò inammissibile il reclamo in quanto proposto fuori termine, non essendo la sospensione feriale applicabile al procedimento disciplinare (doc. 1); - gli avvocati e consigliarono di contestare la pronuncia proponendo reclamo al Tribunale di ### ai sensi dell'art. 28 della legge professionale, con richiesta di annullare la decisione di inammissibilità e, in conseguenza, di rimettere gli atti al per la decisione sul merito o, in alternativa, di decidere sul ricorso (doc. 2); - il giudizio ex art. 28 avanti al Tribunale di ### iscritto al n. 119/2005 RG, fu definito con sentenza 18 marzo 2005 di conferma della decisione del ### per essere la sospensione feriale dei termini processuali non applicabile al procedimento disciplinare, avente natura amministrativa e non giurisdizionale (doc. 3); - i difensori consigliarono di impugnare anche la sentenza del Tribunale, e il ricorso depositato il 29 giugno 2005 (doc. 4) fu dichiarato anch'esso inammissibile, con sentenza della Corte di Appello 14 dicembre 2005 n. 99/06 (doc. 5), per carenza di interesse in assenza di domanda di pronuncia sul merito (l'appellante, con l'annullamento della sentenza di primo grado, ha chiesto alla Corte di Appello di rimettere l'esame del merito al Tribunale, contro la previsione dell'art. 354, comma 1, c.p.c. che attribuisce al giudice dell'impugnazione la decisione anche sul merito); - la sanzione disciplinare della radiazione dall'albo dei dottori commercialisti è così divenuta definitiva. 
Tanto premesso in fatto, deduce che dal grave inadempimento dei convenuti nell'esecuzione del mandato professionale (per avere tardivamente proposto l'impugnazione avverso la decisione del ### dell'Ordine e inutilmente esperito reclamo al Tribunale e ricorso, esso pure inammissibile, alla Corte d'Appello) sono derivati, quale conseguenza immediata e diretta, il danno patrimoniale emergente per i costi inutilmente sostenuti nel ### - 8 - procedimento disciplinare e nei giudizi avanti al Tribunale e alla Corte di appello (compensi versati agli avvocati e contributi unificati per € 140,00, spese processuali liquidate in € 2.053,15 a carico del soccombente e in favore del ### dell'Ordine nel giudizio di appello) e, inoltre, il danno patrimoniale da lucro cessante e quello non patrimoniale per lesione di immagine e reputazione personale e sociale conseguente al mancato annullamento della sanzione disciplinare della radiazione, divenuta definitiva esclusivamente in quanto l'esame del merito, che avrebbe fatto cadere la sanzione (in quanto - afferma l'attore - il procedimento disciplinare è stato aperto a norma dell'art. 40 dell'ordinamento professionale e tuttavia egli “non è stato condannato per nessuno dei fatti” segnalati dalla ### di ### e dalla ### di ###, è stato precluso dall'errore procedurale dei difensori. 
In particolare l'attore chiede il risarcimento del danno da lucro cessante per non avere potuto esercitare la professione di commercialista per il periodo di 6 anni dalla radiazione (trascorso il termine minimo di 6 anni il commercialista radiato può chiedere di essere reiscritto), calcolato in € 19.385.105,40 sulla base del proprio reddito personale nell'ultimo anno di esercizio della professione (ultimi anni di professione 1991 e 1992, reddito imponibile ### accertato per l'anno 1991: € 3.230.851,07; moltiplicato per 6 = € 19.385.106,40), e del danno da pregiudizio all'immagine e alla reputazione personale e professionale per effetto della radiazione, da liquidarsi in via equitativa e proposto in € 2.000.000,00. 
Costituitasi con comparsa depositata il 22 marzo 2016, l'avv.  ha in via preliminare chiesto l'autorizzazione a chiamare in giudizio il proprio assicuratore per la responsabilità civile e nel merito ha eccepito l'estinzione per prescrizione decennale dell'azione di risarcimento danni e l'infondatezza comunque della stessa per plurimi autonomi profili; ha chiesto inoltre la condanna dell'attore ai sensi dell'art. 96 c.p.c. per avere agito con mala fede. 
Nella stessa data si è costituito in giudizio anche l'avv.   il quale a propria volta ha pr eliminarmente chiest o l'autorizzazione alla chiamata in garanzia di e nel m erito ha eccepito prescr izione dell'az ione di risarcimento e infondatezza della stessa, e ha formulato infine anch'egli domanda di risarcimento dei danni ai sensi dell'art. 96 c.p.c.. 
Autorizzata la chiamata dei terzi e differita l'udienza di prima comparizione, si sono costituite in giudizio sia (il 31 agosto 2016) che (l'1 settembre 2016), ed entrambe hanno contestato come infondata la domanda di parte attrice nell'an e nel quantum e, con riguardo al rapporto assicurativo, hanno ### - 9 - riconosciuto la copertura assicurativa salvo escluderne l'estensione al danno non patrimoniale, alla restituzione dei compensi e alla responsabilità da vincolo solidale con altri professionisti, ed invocarne inoltre i limiti per massimale (rispettivamente € 516.000,00 e € 1.032.913,80) e per scoperto o per franchigia; ha inoltre precisato di essere tenuta solo nei limiti del 50% del risarcimento eventuale posto a carico dell'assicurato avv.   in ragione dell a clausola contratt uale di coassicurazione per quota del 50% con esclusa responsabilità solidale. 
Rigettata la nuova richiesta di autorizzazione alla chiamata di terzo, proposta dall'avv. a seguito della costituzione di è stato autorizzato il deposito delle memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c.. 
Nel frattempo, accertato che coassicuratore era, dal 2001, non più bensì l'assicurato ha introdotto separato giudizio ( 7017/2017 RG) nei confronti di e di , le quali si sono costituite con medesima comparsa ribadendo le difese e conclusioni già introdotte da nella causa n. 21437/2015 RG, alla quale il processo n. 7017/2017 RG, su concorde richiesta delle parti, è stato riunito all'udienza del 23 novembre 2017. 
Nel giudizio n. 21427/2015, depositate frattanto le memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c., sono state respinte le richieste dei convenuti di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. e di prova testimoniale in quanto vertenti su circostanza non contestata dall'attore ed è stata fissata udienza di precisazione delle conclusioni senza svolgere attività istruttoria; la causa è stata infine trattenuta in decisione con termini per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica. 
Motivi della decisione ### propone azione contrattuale di responsabilità nei confronti dell'avv. e dell'avv. deducendone la negligenza e imperizia per avere ### proposto ricorso tardivo avverso la delibera di radiazione dall'albo adottata dal ### dell'Ordine dei dottori commercialisti di ### il 30 maggio 2003 e notificata il 18 luglio 2003 e ### formulato motivi di appello incompleti, e perciò dichiarati inammissibili, avverso la sentenza del Tribunale di ### n. 7/2005 di rigetto del reclamo proposto ai sensi dell'art. 28 d.P.R.  1067/1953, e avere così determinato il definitivo consolidamento della sanzione disciplinare di radiazione.  ### di prescrizione dell'azione contrattuale ### di prescrizione dell'azione di responsabilità contrattuale, tempestivamente sollevata da entrambi i convenuti, è infondata. [...] ### - 10 - Corretto e non controverso il riferimento al termine ordinario decennale, i convenuti deducono che, dovendosi avere riguardo per la decorrenza al verificarsi del fatto lesivo e dunque al momento in cui la sanzione disciplinare è divenuta definitiva per mancata tempestiva impugnazione (17 agosto 2003) o eventualmente al momento in cui il danneggiato ne ha avuto conoscenza (con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso resa dal ### il 6 ottobre 2004 e depositata il 16 dicembre 2004), il primo atto utile ad interrompere la prescrizione è comunque successivo alla scadenza di 10 anni2 ###, in replica all'eccezione, ha prodotto all'udienza di prima comparizione (e di nuovo con la memoria 183 comma 6 n. 1 c.p.c.) fax e lettere raccomandate (doc. da 11 a 14) che attestano l'invio all'avv. di richiesta di risarcimento danni da mancata presentazione del ricorso avverso la radiazione, per mezzo di raccomandata AR 11 settembre 2009 recapitata il 15 settembre 2009 (doc. 11); la conferma, con fax 18 settembre 2009, di ricevuta della richiesta e di avvenuta trasmissione a per apertura del sinistro (doc. 13); l'analoga conferma, con raccomandata 16 settembre 2016, di ricevuta e di comunicazione all'assicuratore, inviata da (doc. 12), nella quale l'avvocata fa esplicito riferimento ad una richiesta di danni da responsabilità professionale inviatale da con racco mandata 11 settembre 2009 ricevuta il 15 settembre 2009 e all'uguale contenuto di analoga raccomandata ricevuta nello stesso giorno dal codifensore avv. seppure l'attore non abbia prodotto la raccomandata AR inviata a m a solo quella al codifensore il tenore della risposta cost ituisce prova che anche l'avv.  ha ricevuto uno scritto contenente richiesta di danni per colpa professionale identico o analogo a quello che nello stesso giorno è stato recapitato all'avv. e che perciò, come l'avv. ha immediatamente comunicato il sinistro al proprio assicuratore. 
Posto che l'invio di raccomandata AR contenente “richiesta di risarcimento del danno a me causato dalla mancata presentazione del ricorso avverso la delibera di radiazione nei miei confronti nei termini di legge” (lettera 11 settembre 2009) costituisce chiara manifestazione della volontà di far valere il diritto al risarcimento e indicazione del fatto costitutivo, e che, soddisfatto il requisito di forma scritta dell'intimazione, l'idoneità dell'atto ad interrompere la prescrizione ex art. 2943, 2° comma, c.c. non è soggetta a formule 2 La difesa dell'avv. si riferisce alla notificazione dell'atto di citazione, ricevuta il 30 dicembre 2015; per l'avv. la notificazione dell'atto introduttivo, avvenuta il 23 dicembre 2015, è preceduta da richiesta di danni a mezzo PEC del 6 agosto 2015 - doc. 10 attore, recapitata anche all'indirizzo dell'avv. che dichiara dinon averne avuto notizia in quanto all'epoca già in pensione). ### - 11 - sacramentali né richiede la quantificazione del credito, la prescrizione è stata tempestivamente interrotta nei confronti di entrambi i convenuti: sia perché anche nei confronti dell'avv.  può di rsi ra ggiunta pro va dell'in timazione (“ La prova dell'avvenuta interruzione della prescrizione può essere ricavata anche in via presuntiva dallo scritto col quale il debitore, rispondendo a diffide o contestazioni del creditore, dimostri per ciò solo di avere ricevuto un atto avente tutte le caratteristiche della costituzione in mora”: Cass. sez. 1, 23 giugno 2008, n.17018) sia perché comunque deve farsi applicazione dell'art. 1310 c.c.. 
Il ricorso tardivo al ### avverso la delibera di radiazione - il ricorso inammissibile alla Corte d'Appello avverso la sentenza del Tribunale di rigetto del reclamo ex art. 28 d.P.R.  1067/1953 - negligenza e/o imperizia del difensore La delibera 30 maggio 2003 di radiazione di dall'albo dei dottori commercialisti, notificata al difensore e all'iscritto il 18 e il 20 luglio 2003 (doc. 12 76 , è stata impugnata con ricorso depositato il 16 settembre 2003, sottoscritto dallo stesso e dai due difensori avv. e avv.   in forza della procura speciale redatta in calce all'atto (doc.  13 77 ###. 
Ricorso e procura speciale recano la medesima data 3 settembre 2003. 
A norma dell'art. 44 d.P.R. cit. il ricorso al ### avverso la deliberazione disciplinare del ### dell'Ordine deve essere presentato entro il termine perentorio di 30 giorni dalla notificazione. 
Termine che - trattandosi di procedimento di natura amministrativa, la cui eventuale fase giurisdizionale si apre solo con il reclamo al Tribunale ex art. 28 d.P.R. cit. - non è soggetto alla sospensione nel periodo feriale, prevista dall'art. 1 legge 742/1968 solo per i “termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie e a quelle amministrative”. 
Alla data del deposito del ricorso ex art. 44 cit., e anzi già alla data del conferimento della procura speciale, la sanzione disciplinare era ormai definitiva, in quanto il termine perentorio di 30 giorni dalla notificazione, non soggetto a sospensione nel periodo feriale, era interamente decorso il 17 agosto 2003. 
I convenuti non revocano in dubbio che la sospensione feriale del termine non possa trovare applicazione nel procedimento amministrativo disciplinare, e affermano anzi che la tardività del ricorso era nota non solo a loro ma anche al dott. con il quale era stata discussa e che era del resto competente ed esperto nella materia del proprio ordinamento professionale e dei ricorsi ### - 12 - amministrativi, e che tuttavia il cliente volle proporre il ricorso al solo fine di differire la definitività della sanzione, e ciò per una questione di puntiglio nei confronti del ### dell'Ordine, che da anni aveva avviato nei suoi confronti il procedimento disciplinare e aveva a suo dire pretestuosamente contrastato la sua richiesta di nuova iscrizione dell'albo degli esercenti la professione dopo che nel 1993 egli era a richiesta transitato in quello dei non esercenti3. 
La proposizione di domande e iniziative inutili o pregiudizievoli per il cliente è ovviamente contraria alla diligenza dovuta nell'adempimento della prestazione professionale ed è fonte di responsabilità per l'avvocato, salvo che lo stesso non assolva all'onere di allegare specificamente e provare l'adempimento degli obblighi di informare l'assistito sul rischio elevato di esito negativo e di tentare di dissuaderlo dal proposito di iniziare o proseguire una causa probabilmente pregiudizievole o inutile, e la consapevole volontà dunque espressa dall'interessato: “###adempimento dell'incarico professionale conferitogli, l'obbligo di diligenza da osservare ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c. impone all'avvocato di assolvere, sia all'atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, ### ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest'ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di richiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; di sconsigliarlo dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole. A tal fine incombe su di lui l'onere di fornire la prova della condotta mantenuta, insufficiente al riguardo, dovendo ritenersi il rilascio da parte del cliente delle procure necessarie all'esercizio dello "jus postulandi", attesa la relativa inidoneità ad obiettivamente ed univocamente deporre per la compiuta informazione in ordine a tutte le circostanze indispensabili per l'assunzione da parte del cliente di una decisione pienamente consapevole sull'opportunità o meno d'iniziare un processo o intervenire in giudizio” (Cass. Sez. 3, 19 luglio 2019, n. 19520; Cass. Sez. 2, 30 luglio 2004, n. 4597).  ### fattispecie i convenuti allegano e tuttavia non provano che le informazioni al cliente (sul termine di decadenza per la 3 È lo stesso attore a precisare, ed è comunque documentato, che la prima richiesta di nuova iscrizione all'albo dei commercialisti (esercenti la professione) di ### fu presentata, pendente il procedimento disciplinare, il 19 febbraio 1997 (doc. 38 , e che fu rinnovata il 25 gennaio 2000 (doc. 55 e respinta dal locale ### dell'Ordine con delibera 19 aprile 2000 (motivata con riguardo alla pendenza del procedimento disciplinare - doc. 57 e 58) annullata dal ### il 26-27 novembre 2002 (doc. 60), con conseguente nuova iscrizione del commercialista cessata in conseguenza della radiazione deliberata il 30 maggio 2003. ### - 13 - presentazione del ricorso e, aggiungono, sulla inesistenza anche nel merito di concrete possibilità di riforma della deliberazione disciplinare e sull'inopportunità dunque di impugnare la delibera disciplinare) furono oggetto di discussione durante un incontro avvenuto già il 23 luglio 2003, subito dopo la notifica della radiazione, nello studio dell'avv. che si concluse senza incarico agli avvocati (in procinto peraltro entrambi di lasciare ### per le ferie estive) di proporre il ricorso ex art. 44 cit. (e senza sottoscrizione della necessaria procura speciale), con l'intesa che, qualora il dott.  a vesse infine di deciso di impugnare comunque la delibera, avrebbe sottoscritto personalmente il ricorso o si sarebbe rivolto ad altro avvocato.  ### che la procura speciale risulta rilasciata il 3 settembre 2003 (l'attore del resto dichiara di non ricordare alcun incontro con gli avvocati dopo la notifica della radiazione e non contesta la data della procura) e che il mandato a difendere conferito nel procedimento disciplinare non legittimava l'avv. e l'avv.  a proporre ricorso in nome e per conto dell'assistito (v. doc. 1 63 , deve per un verso riconoscersi la negligenza professionale dei convenuti per avere proposto il ricorso tardivo (e, successivamente, il reclamo ex art. 28 cit. al Tribunale e pure l'appello contro la sentenza di rigetto del reclamo) senza provare che ciò sia avvenuto su specifica e consapevole richiesta del cliente benché chiaramente informato della probabile inammissibilità del ricorso ormai tardivo al ### e dei successivi reclami in sede giurisdizionale, nei quali pure si contesta la decisione del fondata sull'affermazione della natura amministrativa del procedimento ex art. 44 cit. e si sostiene la tesi della applicabilità della sospensione feriale ex lege n. 742/1968. 
Da ciò discende, in primo luogo, responsabilità del professionista per il danno patrimoniale prodotto dall'introduzione di ricorso amministrativo prevedibilmente inammissibile e dei successivi reclami all'autorità giudiziaria. 
In particolare vengono in astratto in considerazione le spese di lite che per soccombenza l'assistito abbia eventualmente dovuto corrispondere alla controparte, le quali costituiscono senz'altro conseguenza dell'inadempimento del legale che, indipendentemente da sua eventuale colpa per l'avvenuto decorso del termine perentorio per l'impugnazione, doveva comunque informare il cliente e consigliare, in assenza di solidi argomenti utili alla tesi della sospensione o alla rimessione in termini, la rinuncia a ricorsi dalla prognosi certamente o molto probabilmente infausta. 
Tanto basta per concludere che, in primo luogo, costituisce danno patrimoniale in astratto risarcibile l'esborso che la sentenza della Corte d'Appello 14 dicembre 2005 n. 99/2006 (doc. 5) ha posto ### - 14 - a carico del soccombente la rifusione delle spese legali di controparte (€ 2.053,15)4, essendo evidente il nesso causale tra la condotta professionale negligente e il danno patrimoniale a ciò relativo. E tuttavia parte attrice non documenta e neppure specificamente allega (neanche in replica al rilievo sul punto svolto dalla difesa già in comparsa di costituzione e ripreso in seguito dalla difesa il pagamento a tale titolo effettuato in favore della controparte Bre scia.  ### chiede inoltre la condanna dei convenuti al pagamento, a titolo di risarcimento dei danni, di importo pari ai compensi professionali loro versati, pari rispettivamente a € 2.000,00 per l'avv. 5### 6. 
Al di là del fatto che il compenso corrisposto all'avv.  comprende, secondo quanto esposto in fattura, anche l'attività svolta nel corso del procedimento disciplinare avanti al ### dell'Ordine e che nessuna doglianza viene mossa per la difesa svolta sino alla deliberazione disciplinare 30 maggio 2003, è assorbente considerare che la domanda ha natura non risarcitoria bensì restitutoria, in quanto diretta ad ottenere, appunto, la restituzione della prestazione eseguita (pagamento del compenso al professionista) in forza del contratto concluso; e che tuttavia l'attore, lamentando l'inadempimento della controparte per negligente o imperita esecuzione della prestazione professionale, non ha chiesto la pronuncia costitutiva di risoluzione del contratto per inadempimento, che del diritto alla ripetizione costituisce il logico e necessario presupposto, risultando la prestazione altrimenti eseguita in forza del contratto validamente concluso ed efficace7. 
E' perciò infondata la domanda di risarcimento del danno emergente da proposizione di ricorso tardivo.  4 La sentenza 18 marzo 2005 del Tribunale, di rigetto del reclamo, ha disposto compensazione delle spese di lite.  5 V. fatture n. 197/2004 e n. 2/2005 (doc. 94 e 95 convenuto) 6 V. fattura n. 34/2004 (doc. 14 convenuta) 7 “Nel contratto d'opera intellettuale, qualora il committente non abbia chiesto la risoluzione per inadempimento, ma solo il risarcimento dei danni, il professionista mantiene il diritto al corrispettivo della prestazione eseguita, in quanto la domanda risarcitoria non presuppone lo scioglimento del contratto e le ragioni del committente trovano in essa adeguata tutela” (Cass. sez. 2, 24 marzo 2014 , n. 6886) “La domanda di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale può essere proposta congiuntamente o separatamente da quella di risoluzione, giacché l'art.  1453 cod. civ., facendo salvo in ogni caso il risarcimento del danno, esclude che l'azione risarcitoria presupponga il necessario esperimento dell'azione di risoluzione del contratto, con la conseguenza che non può ritenersi implicita nella proposizione della domanda risarcitoria quella, autonoma, di risoluzione del contratto” (Cass. Sez. 3, novembre 2010, n. 23820). ### - 15 - La domanda di risarcimento dei danni ulteriori - e quantificati in importi assai più ingenti - da lucro cessante e per lesione dell'immagine o reputazione professionale e personale onera l'attore non solo della prova del conferimento dell'incarico a proporre il ricorso e della sottoscrizione della procura speciale (fatti documentati e non contestati), ma anche della allegazione e prova che la decisione di impugnare e il mandato professionale (anche verbale e distinto dalla procura speciale) a promuovere il ricorso risalgono a data anteriore e utile al rispetto della scadenza (17 agosto 2003) del termine perentorio ex art. 44 cit. 
In mancanza, è evidente che la definitività della radiazione - e dunque del fatto che si deduce avere determinato mancati guadagni professionali per quasi 20 milioni di euro e danni di immagine professionale e personale per altri 2 milioni almeno - non può essere attribuita a fatto e colpa degli avvocati, che allegano di essere stati richiesti di presentare il ricorso, per il quale la procura è stata sottoscritta il 3 settembre 2003, solo al loro rientro dalle ferie, a termine ormai scaduto. 
Come già osservato, i convenuti riferiscono che il 23 luglio 2003, dopo la notifica della delibera di radiazione, incontrarono l'assistito nello studio dell'avv. e, esaminato il provvedimento, sconsigliarono di proporre impugnazione (perché - affermano - il ricorso non avrebbe avuto alcuna possibilità di successo essendo la decisione proceduralmente corretta e solidamente motivata nel merito con riguardo a plurimi e gravi addebiti, e perché lo stesso dott.  non pareva avere reale interesse a conservare l'iscrizione all'albo se non per puntiglio verso il ### dell'Ordine, essendo egli comunque iscritto a quello dei revisori contabili8 e impegnato anche in altre attività9), e si lasciarono comunicando al cliente che entrambi sarebbero di lì a poco partiti per le ferie e che qualora il dott.  avesse deciso di proporre il ricorso lo avrebbe potuto presentare personalmente, così come l'ordinamento professionale consente, o con altro avvocato, e altrimenti si sarebbero rivisti in seguito per presentare eventualmente un ricorso fuori termine e meramente dilatorio della definitività della radiazione. 
Ebbene, se per un verso è onere dei convenuti - ai quali incarico e procura ad impugnare furono in effetti conferiti in data 3 settembre 2003, e che in forza di detta procura depositarono il ricorso 8 Risulta esserne stato cancellato d'ufficio l'8 giugno 2010 (doc. 27 a seguito della condanna per bancarotta fraudolenta di cui si parla di seguito nel testo.  9 In proposito i convenuti richiamano il fax 25 febbraio 2002 all'avv. con il quale esprimeva il proprio risentimento verso il ### dell'Ordine che gli negava la reiscrizione all'albo, dichiarava di non voler partecipare all'udienza disciplinare e affermava: “sinceramente non mi interessa più rimanere iscritto” (doc. 27 d oc. 88 ### - 16 - ex art. 44 cit. tardivo e ulteriormente coltivarono la domanda avanti al Tribunale e alla Corte d'Appello - allegare e dimostrare di avere adempiuto all'obbligo di informazione, sollecitazione e dissuasione nei confronti del cliente in relazione alle prospettive di sicura o probabile dichiarazione di inammissibilità del ricorso tardivo (e non è sufficiente al riguardo appellarsi alla competenze specifiche del cliente, esperto commercialista che - affermano - ben conosceva le norme del proprio ordinamento professionale e, per la sua stessa professione, della non applicabilità della sospensione feriale dei termini nelle procedure amministrative), dall'altro è onere dell'attore provare il primo fatto costitutivo della domanda di danni per la mancata tempestiva impugnazione della delibera di radiazione, ossia l'avere conferito il relativo mandato in tempo utile. 
E l'attore, per parte sua, nega o non rammenta l'incontro del 23 luglio 2003 nello studio dell'avv. nel corso del quale, secondo i due convenuti, si convenne sulla inutilità del ricorso e, nella memoria 183 comma 6 n. 1 c.p.c., riconduce a non meglio precisati colloqui telefonici (neppure si precisa se con l'uno, l'altro o entrambi gli avvocati) la propria manifestazione della volontà di impugnare la sanzione disciplinare e il conferimento del relativo mandato, e così pure l'invito in risposta rivoltogli dai legali ad incontrarsi dopo le ferie, essendo essi in procinto di partire e a loro dire non necessario, in virtù della sospensione feriale dei termini, il deposito immediato del ricorso. 
Ebbene, pacifico che né l'avv. né l'avv. - incaricati della difesa avanti al ### dell'Ordine di ### - disponevano di mandato che li legittimasse ad autonoma proposizione del ricorso al ### l'allegazione dell'attore in ordine al mandato conferito verbalmente non già solo in data anteriore al 3 settembre 2003 ma in tempo utile per la redazione e il deposito del ricorso entro il termine perentorio di 30 giorni decorrente dal 18 luglio 2003 è proposta per la prima volta in memoria 183 comma 6 1 c.p.c. e - come detto - del tutto generica, risolvendosi nella evocazione sintetica del contenuto di colloqui telefonici dei quali non si precisa quanti furono, quando avvennero né con chi esattamente si svolsero (trattandosi di mandati verbali a due diversi avvocati, ciascuno con proprio studio, si deve supporre almeno un separato colloquio con ognuno, ma neppure ciò viene precisato). E soprattutto, risolutivamente, nessuna prova viene dedotta a conferma di detti colloqui, dell'epoca in cui si svolsero e della tempestiva richiesta così formulata ad entrambi di difensori di presentare il ricorso al ### della accettazione degli interlocutori e del rinvio da entrambi proposto ad appuntamento successivo alle ferie estive. 
Tanto basta a rigettare anche la domanda di risarcimento dei danni da mancato annullamento della radiazione. ### - 17 - *** 
Per quanto si tratti di temi superflui ai fini della domanda principale in quanto assorbiti dalle considerazioni svolte, è il caso di aggiungere quanto segue ### di relazione causale tra tardività del ricorso e la conferma della radiazione dall'albo dei commercialisti e, inoltre, tra definitività della delibera di radiazione e danno da esclusione del dott. dall'esercizio dell'attività di commercialista ### principio acquisito che l'inesatto adempimento della prestazione professionale non è sufficiente all'affermazione di responsabilità per il mancato conseguimento del risultato utile perseguito dal cliente, dovendosi accertare la relazione eziologica tra condotta negligente o imperita e danno mediante una valutazione prognostica fondata sul criterio causale del più probabile che non o della preponderanza dell'evidenza, tale per cui possa affermarsi che, se la prestazione professionale fosse stata diligentemente adempiuta, l'azione avrebbe probabilmente avuto esito in tutto o in parte favorevole e il cliente avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni o comunque effetti più vantaggiosi10.  ### fattispecie non ricorre nesso causale né ### tra la ritardata presentazione del ricorso e la mancata riforma della delibera di radiazione né, ulteriormente, ### tra detto evento e le dedotte conseguenze dannose risarcibili. 
La delibera 30 maggio 2003 ha applicato la sanzione disciplinare massima per avere ritenuto responsabile degli addebiti mossi ai capi di incolpazione “in primo luogo” e “in terzo luogo”11, concernenti due distinte e complesse operazioni 10 Ex multis Cass. Sez. 3, 24 ottobre 2017, n 25112: “In tema di responsabilità professionale dell'avvocato per omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente, la regola della preponderanza dell'evidenza o del “più probabile che non”, si applica non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa”. 
Per un caso di omessa proposizione di impugnazione cfr. Cass. Sez. 3, 5 febbraio 2013, n. 2638: “La responsabilità dell'avvocato - nella specie per omessa proposizione di impugnazione - non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone”.  11 Inutile soffermarsi sull'incolpazione “in quinto luogo”, della quale pure l'iscritto è stato ritenuto disciplinarmente responsabile e concernente l'omesso pagamento di quote annuali di iscrizione (pagate infine con grave ritardo e su sollecitazione), in ### - 18 - fraudolente che, orchestrate dall'incolpato per generare falsi crediti di imposta per importi enormi (14 miliardi di lire la prima, 89 miliardi la seconda) a favore di società in via di fatto dallo stesso amministrate, erano state segnalate nel 1993 dagli uffici di ### di ### e di ### che all'epoca procedevano nei confronti del commercialista12, per tali fatti all'epoca anche assoggettato a misure cautelari coercitive. 
Al riguardo va in primo luogo osservato che, diversamente da quanto afferma l'interessato in atto di citazione, i procedimenti penali a carico di per i fatti oggetto delle incolpazioni disciplinari non si sono affatto tutti conclusi con sentenze di proscioglimento o di assoluzione, e che anzi proprio nessuno è stato chiuso con sentenze che lo abbiano definitivamente assolto o prosciolto per insussistenza del fatto illecito o per non averlo commesso o perché non costituisce reato. 
Quanto in particolare ai procedimenti penali relativi ai due fraudolenti rimborsi di imposta, quello relativo ai fatti riassunti nell'incolpazione “in primo luogo”, iscritto a ### nel 1996 è stato trasmesso a ### per competenza (v. sentenza ### 1 quanto la radiazione non è ovviamente conseguenza di tale minore addebito.  12 Il capo di incolpazione “in primo luogo” raccoglie plurimi addebiti per condotte penalmente e disciplinarmente rilevanti tutte funzionali alla fraudolenta creazione e all'incasso di un credito IVA di 14 miliardi di lire, che gli autori dei reati sono in effetti riusciti ad incassare e che non è mai stato recuperato: a) associazione per delinquere finalizzata a frode fiscale e truffa all'erario mediante triangolazioni tra le società , dal 1991 al 1994 b) e c) emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e contratti fittizi di importi ingentissimi, volti alla creazione del falso credito IVA di 14 miliardi di lire mai maturata e mai versata e a incassare il rimborso dall'ufficio IVA di ### in effetti conseguito, dal 30 settembre 1991 al 21 dicembre 1992; d) per avere fraudolentemente carpito una fidejussione da finalizzata a conseguire il rimborso ### mediante elaborazione di bilanci e atti di compravendita falsi per far figurare rilevanti disponibilità finanziarie fittizie a favore dei soggetti che prestarono le garanzie richieste da p er il rilascio della polizza fideiussoria necessaria all'incasso del falso credito ### e avere così costretto la società garante all'esborso di oltre 16 miliardi di lire in favore dello Stato una volta emersa la truffa ai danni dell'### (sino al 20 novembre 1993); e) per avere formato atti falsi vari (bilanci e contratti), dal 3 luglio 1991 al 8 agosto 1991 ### in terzo luogo riguarda l'organizzazione di truffa ai danni dell'amministrazione finanziaria per far figurare, attraverso operazione finanziaria di fittizia cessione di cedole di titoli di Stato eseguita da (quale fiduciario di soggetti non identificati) a favore di e l'iscrizione a bilancio dell'operazione e di credito d'imposta per ritenute di acconto operate dallo Stato sugli interessi corrisposti per i titoli indicati, cercato di conseguire indebito rimborso di oltre 89 miliardi di lire per credito di imposta, non riuscendo nell'intento per i controlli dell'amministrazione finanziaria. ### - 19 - aprile 1996: v. doc. 4 e qui non se ne è più avuta notizia; e uguale sorte ha avuto il procedimento penale iscritto, oltre che per gli stessi fatti (e per bancarotta fraudolenta in relazione al fallimento di , per il rimborso ### di 89 miliardi di lire avanti alla ### di ### (oggetto di indagine anche a ###, giacché a seguito della revoca del fallimento per essere competente il Tribunale di ### alla relativa dichiarazione (sentenza 21 maggio 1999 - doc. 7 , il GUP di ### ha dichiarato ex art. 425 c.p.c. non doversi procedere nei confronti di per l'imputazione di bancarotta fraudolenta (essendo venuto meno il presupposto del fallimento) e disposto per tutti i reati contestati la trasmissione degli atti a ### (sentenza 30 settembre 1999, doc. 8), dove il fallimento della società di nuovo è stato dichiarato su istanza del pubblico ministero ma del fascicolo del procedimento penale si è anche in questo caso persa traccia: non solo non vi è stata sentenza di proscioglimento né di assoluzione, ma neppure consta atto conclusivo della fase di indagini (si tratti di richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio), comunque ormai travolta dalla sicura maturazione della prescrizione. 
In atto di citazione l'attore fa discendere dalla affermazione di essere stato assolto o prosciolto, o che comunque nessuna condanna nei suoi confronti è stata pronunciata, l'automatica caducazione del presupposto della radiazione, e la prognosi dunque di sicuro successo del ricorso al ### se tempestivamente presentato, eventualmente previa necessaria sospensione del procedimento disciplinare sino a definizione dei giudizi penali. 
La dedotta necessità logica è evidentemente inesistente. 
La circostanza che il procedimento disciplinare sia stato avviato, il 23 luglio 1996, a seguito delle segnalazioni di procedimenti penali pendenti avanti alle ### di ### e di ### e che lo stesso ### dell'ordine di ### faccia esplicito richiamo all'art. 40 dell'ordinamento professionale per l'apertura del procedimento (v. sopra nota 1) non giustifica in alcun modo la conclusione dell'attore. 
In primo luogo perché l'art. 40 esclude che, per il fatto oggetto di giudizio penale, si possa procedere anche disciplinarmente solo per il caso che il processo penale si sia concluso con “sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non l'ha commesso”, e ciò, benché in citazione si affermi il contrario, non è avvenuto. 
Inoltre perché l'apertura del procedimento disciplinare a seguito di segnalazione di indagini penali e con richiamo all'art. 40 cit. non preclude affatto che il ### dell'Ordine, in applicazione ### - 20 - degli artt. 35 e 37 del medesimo ordinamento professionale13, proceda autonomamente rispetto al procedimento penale ad istruire e decidere sui fatti oggetto di incolpazione, laddove questi, indipendentemente dalla illiceità e dall'accertamento penale, si riferiscano ad abusi o mancanze nell'esercizio della professione o comunque a fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale, ed applichi se del caso la più grave sanzione della radiazione quando ritenga che tali condotte compromettono gravemente la reputazione del commercialista e la dignità della professione.  ### vicenda in esame il ### dell'Ordine di ### ha appunto ritenuto, sulla base di autonoma e articolata attività istruttoria, della quale dà ampiamente conto in motivazione e le cui basi probatorie (verbali di audizione testimoni, relazioni di curatori fallimentari e ispettive ex art. 2409 c.c., processi verbali di constatazione, decisioni di commissioni tributarie) sono state in ampia parte prodotte in causa delle difese dei due convenuti, la responsabilità dell'incolpato per i fatti sopra richiamati e ha concluso - e pare invero evidente che, una volta ritenuta la responsabilità per condotte tanto gravi per modalità e conseguenze dannose, progettate e realizzate valendosi di raffinate cognizioni professionali, la decisione non possa diversa - che “la gravità dei fatti e delle conseguenze determinate anche a carico di terzi dal comportamento del dott.  ha sicurament e provoca to grave nocum ento all'immagine ed al decoro della categoria professionale, sia per la gravità in sé dei fatti compiuti, sia per la notorietà assunta anche all'esterno di tali comportamenti, oggetto sia degli accertamenti in sede penale, sia di quelli avvenuti ad opera della ### Tributaria”, e che ricorrevano dunque i presupposti della radiazione ai sensi dell'art. 37 cit. 
Non solo, del resto, non esisteva all'epoca pregiudiziale penale ed era pacificamente riconosciuta l'autonomia del procedimento disciplinare rispetto a quello penale (cfr. ad es. Sez. Un., 1 ottobre 2003, n. 14629; Sez. Un. 7 dicembre 2004, n. 22889; Sez. Un, 18 settembre 2005, n. 18451); ma anche anticipando al 2003 il principio della pregiudiziale penale e della necessaria sospensione ex art. 295 c.p.c. affermato a partire da ### Un. 8 marzo 2006 n. 4893 in relazione alla mutata formulazione dell'art. 653 c.p.p., in nessun 13 Art. 35 - Responsabilità disciplinare dei dottori commercialisti. - Azione disciplinare Il dottore commercialista che si rende colpevole di abusi o mancanze nell'esercizio della sua professione o comunque di fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale, è sottoposto a procedimento disciplinare. […] 37. Casi di radiazione La radiazione è pronunciata contro il dottore commercialista che abbia, con la sua condotta, compromesso gravemente la propria reputazione e la dignità della professione. ### - 21 - modo si sarebbe potuta invocare la sospensione (necessaria o anche facoltativa) del procedimento disciplinare nei confronti di per le incolpazioni di cui ai capi “in primo luogo” e “in terzo luogo”, giacché la sospensione per pregiudizialità presuppone la pendenza del giudizio penale, e non già della mera fase delle indagini, nella quale tutti i procedimenti penali concernenti i fatti sopra menzionati (anche per regresso a seguito di dichiarazioni di incompetenza) si trovavano (l'azione penale non risulta del resto essere stata neppure in seguito esercitata, così come non si ha notizia di richieste di archiviazione, comunque irrilevanti ai fini disciplinari). 
Con la memoria 183 comma 6 n. 1 c.p.c. parte attrice, superata la prima prospettazione dell'automatica doverosità dell'annullamento della radiazione in ragione delle sentenze di assoluzione o proscioglimento (asserite ma mai pronunciate) o comunque della assenza di condanne in sede penale per i fatti posti a fondamento delle incolpazioni disciplinari, deduce la probabile fondatezza dei motivi del ricorso al ### concernenti vizi formali e di merito. 
E tuttavia, del tutto inconsistente e generico l'unico motivo di ricorso in astratto suscettibile di determinare il generale annullamento della delibera (l'omessa rituale convocazione dei componenti del consiglio per la delibera di apertura del procedimento in data 23 luglio 1996: si evoca l'ipotesi che non tutti i componenti siano stati regolarmente convocati benché la delibera di apertura dia atto della rituale convocazione di tutti e non sia stata contestata da alcuno e lo stesso ricorso nulla specifichi su ragioni e contenuto della irregolarità sospettata), è inutile approfondire gli ulteriori motivi (che pure invero appaiono prima facie infondati, sufficiente sul punto rinviare ai puntuali rilievi dei convenuti) su pretesa violazione del ne bis idem per l'incolpazione “in primo luogo lettera e) bis” e su prescrizione di altre specifiche incolpazioni, perché si tratta comunque di motivi di impugnazione circoscritti, che riguardano solo una parte delle contestazioni e non toccano alcuno degli addebiti assai gravi di cui all'incolpazione “in primo luogo lettere a), c), d), e)” che per oggettiva rilevante gravità e ruolo centrale soggettivamente svolto dal dott. (artefice di macchinazione fraudolenta per importo elevatissimo in danno dell'### e di privati realizzata grazie a competenze professionali sicuramente ragguardevoli in materia tributaria, finanziaria e societaria) autonomamente giustificano, e si può dire impongono, la radiazione: in ordine a tali addebiti il ricorso si limita a evidenziare il regresso del procedimento penale alla fase delle indagini e l'assenza allo stato di determinazioni del pubblico ministero in ordine all'esercizio dell'azione penale o all'archiviazione, prospetta probabile prescrizione sopravvenuta di alcuni dei reati (irrilevante in sede ###muove alcuna specifica censura alla motivazione della delibera 30 maggio 2003 in ### - 22 - punto responsabilità. 
Il ricorso al ### quand'anche fosse stato tempestivamente proposto, non era dunque sorretto da alcuna seria prospettiva di successo. 
Non solo. 
Per i fatti oggetto dell'incolpazione “in secondo luogo” (altra articolata operazione fraudolenta, realizzata in danno di risparmiatori mediante emissione e collocamento di titoli atipici della società per un ammontare di oltre 51 miliardi di lire, distratti in favore di società varie cagionando lo stato di insolvenza dell'emittente) il ### dell'Ordine, non avendo ricevuto notizie dopo la segnalazione dell'indagine pendente avanti alla ### di ### e non avendo acquisito altri elementi, nella delibera 30 maggio 2003 ha ritenuto non essere raggiunta la prova.  ### dell'Ordine ignorava tuttavia che per la vicenda pendente il procedimento disciplinare, è stato condannato per reato di bancarotta fraudolenta, con sentenza divenuta irrevocabile il 23 settembre 1999, a pena finale di anni 3 e mesi 4 di reclusione (condonata per anni 2, pene accessorie condonate) e ha espiato la residua pena con affidamento ai servizi sociali fra gennaio 2001 e settembre 200214. 
La condanna per reato di bancarotta fraudolenta costituisce di diritto causa di radiazione dall'albo (art. 38 d.P.R. 1067/195315 all'epoca vigente) e, inoltre, fatto ostativo alla iscrizione o reiscrizione (art. 31 ultima parte: “Non possono ottenere l'iscrizione nell'albo o nell'elenco speciale coloro che hanno riportato condanna a pene che, a norma del presente ordinamento, darebbero luogo alla radiazione dall'albo”). 
Ebbene, della condanna pronunciata a suo carico nel 1995 in 14 V. certificato del casellario giudiziale, doc. 8 attore e, inoltre, copia della sentenza della Corte di Appello di ### 18 dicembre 1997 (doc. 23 Scorza; doc. 11 che, riformando la sentenza 23 novembre 1995 del Tribunale di ### solo in punto di pena (ridotta da 5 anni a 3 a anni e 4 mesi), condanna quale amministratore di fatto di (dichiarata in liquidazione coatta amministrativa il 2 marzo 1989) per reato di bancarotta fraudolenta per distrazione per importo di lire 51.560.767.164, commesso con le condotte fraudolente e di falso medesime descritte dal capo di incolpazione “in secondo luogo”.  15 “La condanna per delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia, contro la fede pubblica, contro la economia pubblica, l'industria e il commercio, contro il patrimonio oppure per ogni altro delitto non colposo, per il quale la legge commini la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni, importa la radiazione di diritto dall'albo o dall'elenco.  […] La radiazione nei casi preveduti dal presente articolo è dichiarata dal ### dell'Ordine, sentito, qualora lo creda, l'interessato” ### - 23 - primo grado e nel 1997 in appello, e del rigetto del ricorso per cassazione pronunciato nel 1999 come dell'espiazione della pena in affidamento ai servizi sociali tra il 2001 e il 2002, il dott. ben si è guardato dal far menzione al ### dell'Ordine che in quello stesso periodo procedeva disciplinarmente nei suoi confronti ### per i medesimi fatti (e così pure, precisano i convenuti e l'attore non contesta, ai suoi difensori nel procedimento disciplinare). 
Premesso che fornire al ### dell'Ordine le informazioni necessarie alla verifica del possesso dei requisiti per l'esercizio della professione costituisce adempimento del dovere di lealtà e correttezza professionale e che a giustificazione del silenzio serbato su fatto tanto rilevante (sottraendosi alle esplicite richieste di consegnare gli atti relativi ai procedimenti penali dalla cui segnalazione era nato il procedimento disciplinare: v. lettere 28 agosto 1996 e 13 settembre 1996 del ### all'incolpato - doc. 91 e 92 è almeno dubbio che l'iscritto possa invocare il principio nemo tenetur se detegere di matrice penalistica, è risolutivo considerare che della propria condanna definitiva e ostativa il dott. dal 1993 trasferito a domanda nell'elenco dei non esercenti, doveva dare notizia e documentazione16 al momento della nuova richiesta di iscrizione all'albo dei commercialisti presentata il 19 febbraio 1997 (doc. 38 e rinnovata il 25 gennaio 2000 (doc. 55 , la quale (v. nota 5) fu accolta a seguito dell'annullamento da parte del il 26 -27 novembre 2002, del rigetto che il consiglio territoriale aveva motivato con riferimento alla pendenza del disciplinare, nell'ignoranza dell'esistenza della causa ostativa che il richiedente aveva taciuto. 
Il dott. non aveva dunque titolo, almeno a far tempo dalla irrevocabilità della condanna per bancarotta fraudolenta, per essere iscritto all'albo dei commercialisti: quand'anche esistesse nesso causale tra negligenza e mancato annullamento della sanzione disciplinare (il che, come già detto, non è), dovrebbe comunque escludersi relazione causale tra detto evento e l'esclusione dallo svolgimento dell'attività professionale, che il dott. non era legittimato a svolgere in conseguenza della condanna definitiva, il cui immediato effetto ostativo egli ha eluso con comportamento fraudolento (per omissione) all'atto della nuova iscrizione. 
O altrimenti, se si voglia ritenere che, non essendo stato scoperto il fatto ostativo ed essendo perciò l'iscrizione all'albo 16 Art. 32 d.P.R. 1067/1953: La domanda di iscrizione nell'albo o nell'elenco speciale è presentata al ### dell'Ordine nella cui circoscrizione il richiedente ha la sua residenza, e deve essere corredata dei documenti comprovanti il possesso dei requisiti stabiliti dal presente ordinamento […]. 
Disciplina professionale sostanzialmente identica a quella allora prevista dagli art. 31 e 32 del d.P.R. cit. è dettata in seguito dagli artt. 36 e 37 D. Lgs. 139/2005. ### - 24 - risultato già conseguito (e non caducabile fino a quando al ### dell'Ordine non fosse un giorno giunta notizia della causa di radiazione di diritto esistente dal 1999), non sussisterebbe comunque il requisito della ingiustizia del danno: non ha in nessun caso diritto al risarcimento del danno da lucro cessante per mancato esercizio di attività professionale che solo in virtù di espediente illegittimo avrebbe potuto esercitare. 
La quantificazione iperbolica dei danni da mancato annullamento della radiazione Radicalmente infondata la domanda attrice per i plurimi e autonomi motivi sin qui esaminati, è tuttavia il caso di evidenziare che dato peculiare della causa è costituito dalla quantificazione del danno da lucro cessante e del danno non patrimoniale, di cui l'attore chiede il risarcimento per importo in linea capitale enorme, di gran lunga superiore ai massimali di copertura di qualsiasi assicurazione per la responsabilità civile di avvocato e ai redditi leciti che un valente professionista può normalmente attendersi di realizzare nella sua vita lavorativa. 
E ciò avviene, quanto alla principale voce di danno calcolata in € 19.385.105,40 (lucro cessante per mancato guadagno da esercizio della professione di commercialista per il periodo di 6 anni, trascorso il quale il radiato, ricorrendone i presupposti ex art. 45 d.P.R. cit., può essere riammesso), sulla base di un parametro stupefacente. 
Inesistente qualsiasi allegazione e produzione sui redditi dichiarati antichi e recenti dell'attività professionale, esercitata peraltro (almeno quale iscritto all'albo) sino al 1993 e interrotta sino al 2002 per fatti certo non addebitabili ai convenuti (e i redditi sperati successivi al 2003 è logico attendersi siano influenzati in negativo dalle vicende intercorse in quei dieci anni e comunque dal voluto o forzato allontanamento dalla professione), la base di calcolo viene individuata nel reddito in tesi realizzato nell'anno 1991 di lire 6.255.800.000 (€ 3.230.0851,07 x 6 = 19.385.105,40). 
Ebbene, nell'anno 1991 il dott. ha dichiarato reddito da lavoro autonomo negativo (- lire 54.648.000), e il fantastico reddito di lire 6.255.800.000 è quello risultante dall'avviso di accertamento e rettifica per il reddito delle persone fisiche e ### relativo all'anno 1991 che fu notificato a dall'ufficio imposte dirette di ### (v. doc. 39 e sentenza 22 aprile 1999 della CTP di ### doc. 7 attore), e che si fonda su indagine della ### di ### che individuò, nel periodo agosto 1991/1992, versamenti in contanti su conti correnti e libretti di deposito vari direttamente e indirettamente riferibili al contribuente per il complessivo importo sopra indicato superiore a 6 miliardi di lire: disponibilità liquide non giustificate da operazioni o redditi dichiarati, e significativamente prossime nel tempo all'incasso del rimborso IVA di oltre 14 miliardi ### - 25 - di lire frutto dell'operazione (oggetto dell'incolpazione in primo luogo). 
Si tratta dunque dell'accertamento di disponibilità liquide movimentate per contanti e di importo ingentissimo, certamente non riferibili ad operazioni immobiliari o a redditi dichiarati, e coeve invece, e verosimilmente correlate (sia o meno ciò accertabile), alla già nota frode all'### e a Non solo è evidentemente pretestuoso affermare che, avendo l'ufficio imposte ricompreso nei redditi imponibili e qualificato da lavoro autonomo i proventi da attività illecita, questi debbano intendersi come redditi da attività professionale di commercialista (l'accertamento fiscale sottopone a tassazione i proventi di attività illecita riconducendoli al reddito imponibile del contribuente, in questo caso libero professionista, ma - va da sé - ciò non significa che i redditi illeciti di ignota provenienza provengano da attività professionale riservata di commercialista, essendo l'esatta individuazione dell'origine dei proventi non necessaria ai fini del recupero fiscale)17, ma a voler anche ipotizzare che si sia trattato di redditi miliardari non dichiarati da attività professionale di commercialista, il diabolico proposito di porre una formidabile evasione fiscale a fondamento del calcolo di un danno da lucro cessante iperbolico va in ogni caso respinto, in quanto se il dott.  h a potuto dichiarare nel 1991 reddito professionale negativo e nel contempo svolgere attività da commercialista per oltre 6 miliardi di lire di reddito in favore di clienti ignoti e senza lasciarne alcuna traccia documentale esclusi i movimenti di contanti su conti e libretti a lui variamente riferibili, non si vede come la non iscrizione all'albo dei commercialisti possa costituire ostacolo allo svolgimento di uguale attività non dichiarata e porsi dunque in relazione causale con l'evocato lucro cessante. 
Quanto al danno non patrimoniale per lesione della reputazione personale e professionale nell'ambiente di riferimento, la cui equa liquidazione l'attore stima in altri € 2.000.000,00 da addebitarsi ai due avvocati convenuti, è sufficiente rilevare che il dott.   per le varie condotte illecite sopra richiamate e in parte confluite nel procedimento disciplinare, è stato sottoposto a misura cautelare della custodia in carcere in 3 diversi procedimenti18 (che 17 Come rilevato dalle difese dei convenuti, lo stesso dichiara in altra sede ###esercitava attività professionale e si occupava a tempo pieno dell'operazione da lui ideata: v. interrogatorio 13 maggio 1994 all' pag. 22 (doc. 40 .  18 V. estratti ordinanza 2 febbraio 1993 ### applicativa di custodia in carcere, ordinanza ### 29 maggio 1993 applicativa di misura detentiva (dall'estratto non si evince se carceraria o domiciliare) e ordinanza 6 maggio 1994 GIP ### applicativa della custodia in carcere (doc. 17, 19, 20 Scorza; doc. 2, 9 ### - 26 - avevano trovato ampio spazio, almeno nella fase di indagini e cautelare, nelle cronache del tempo nazionali e locali - v. doc. 16 doc. 87 e allegazioni dello stesso attore in memoria 183 comma 6 n.1 ) e condannato con sentenza irrevocabile a pena della reclusione per bancarotta fraudolenta; che per le sue pendenze è stato prima sospeso dall'albo ed è poi passato a domanda, nello stesso anno 1993, all'elenco dei non esercenti, e sottoposto a lungo procedimento disciplinare presso il ### dell'Ordine dei dottori commercialisti della sua città; che la galassia delle società da lui direttamente o indirettamente amministrate, strumento delle operazioni fraudolente oggetto delle indagini, erano in quella stessa epoca fallite o poste in liquidazione (v. doc. 41 e 42 : il pregiudizio della sua reputazione professionale e personale dell'ambiente di riferimento non è certo ascrivibile al tardivo ricorso avverso la radiazione. 
Spese di lite e condanna ex art. 96 c.p.c.  ### soccombente va condannato alla rifusione delle spese di lite nei confronti dei convenuti e degli assicuratori di cui ha provocato la chiamata, che vanno liquidate secondo i parametri previsti dal DM 55/2014 per cause di valore superiore a € 520.001,00 (come indicato in atto di citazione) e si determinano (facendo applicazione dell'aumento ex art. 6 nei limiti previsti fino a € 1.000.000,00 e non per l'intero importo quantificato nelle conclusioni in oltre 20 milioni di euro) per in favore dei convenuti in € 27.804,00 ciascuno (valori medi per ciascuna fase: € 4.388,00 + 2.895 + 12.890 + 7.631; escluso aumento per separata domanda e riunione richiesto dalla difesa in quanto determinata da tardiva chiamata del coassicuratore), oltre a spese generali ed accessori e, quanto a convenuto anticipazione esenti per € 1.071,40; sulla base di medesimi parametri (conformi al massimale assicurativo di ognuno) si liquidano le spese in favore dei terzi chiamati, e così dunque € 27.804,00 a e € 36.145,20 in favore di e (per aumento del 30% ex art. 4 comma 2, per assistenza del medesimo difensore a più parte aventi medesima posizione processuale), oltre a spese generali e accessori. 
La domanda dei convenuti, di condanna dell'attore per avere agito con mala fede o colpa grave, va accolta. 
La condanna della parte soccombente ai sensi dell'art. 96 c. 3 c.p.c. - che configura una sanzione di carattere pubblicistico - non presuppone invero neppure l'accertamento dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, potendosi anche pronunciare in caso di condotta oggettivamente valutabile alla stregua dell'abuso del processo (“La condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., applicabile d'ufficio in tutti i casi di soccombenza, configura una sanzione di carattere pubblicistico, autonoma ed indipendente rispetto alle ipotesi di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c. e ### - 27 - con queste cumulabile, volta - con finalità deflattive del contenzioso - alla repressione dell'abuso dello strumento processuale; la sua applicazione, pertanto, non richiede, quale elemento costitutivo della fattispecie, il riscontro dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, bensì di una condotta oggettivamente valutabile alla stregua di "abuso del processo", quale l'aver agito o resistito pretestuosamente” Cass. Sez. 2, 27623/2017; conformi Cass. Sez. 6-3, n. 29812/2019: Cass. Sez. n. 25176/2018; v. anche Corte Costituzionale, sentenza n.152/2016: “l'art. 96 c.3 c.p.c. risponde ad una funzione sanzionatoria delle condotte di quanti, abusando del proprio diritto di azione e di difesa, si servano dello strumento processuale a fini dilatori, contribuendo così ad aggravare il volume (già di per sé notoriamente eccessivo) del contenzioso e, conseguentemente, ad ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti”).  ### vicenda in esame, seppure la negligenza dei convenuti per deposito di ricorso tardivo possa dirsi accertata (nei termini circoscritti che si sono sopra precisati), la ricostruzione delle ricadute della colpa sui motivi di merito della delibera di radiazione (in parte neppure discussi dall'attore e concomitanti a separata causa di radiazione di diritto taciuta a ### dell'Ordine e difensori) e sulle conseguenze dannose pretese per importi straordinari (calcolati sulla base di proventi grandiosi di illeciti e, nella più benevola delle ipotesi, di evasione fiscale clamorosa, e tali da travalicare nettamente i consueti e più elevati massimali assicurativi e da determinare dei destinatari di tali richieste di danno, per quanto infondate, logica grave apprensione) è fondata, come si è evidenziato nella trattazione che precede, su argomenti del tutto pretestuosi e pure impudenti, che pienamente giustificano pronuncia di condanna ex art. 96 comma 3 c.p.c. in favore dei due convenuti.  ### va quindi condannato al pagamento di una somma determinata ex art. 96 c. 3 c.p.c. per importo che in via equitativa si determina - secondo i parametri d'uso nell'ufficio che rapportano la pronuncia alle spese di lite, e che nel caso in esame si reputano congrui in relazione all'entità e complessità della causa introdotta - in importo pari o prossimo al compenso liquidato al difensore, al netto degli accessori.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1) rigetta le domande proposte da nei confronti e di 2) condanna alla rifusione delle spese di lite in favore di convenuti e terzi chiamati e così dunque: - € 27.804,00 per compenso, oltre a spese generali, CPA e ### - 28 - IVA in favore di - € 27.804,00 per compenso, oltre a spese generali, CPA e ### e € 1.071,40 per spese esenti, in favore di - € 27.804,00 per compenso, oltre a spese generali, CPA e IVA in favore di - complessivi € 36.145,20 per compenso, oltre a spese generali, IVA e ### in favore di e 3) condanna ai sensi dell'art. 96 c. 3 c.p.c., al pagamento di € 25.000,00 ciascuno in favore di e con i nteressi dalla pronuncia al saldo. 
Così deciso in ### il giorno 14 marzo 2022 Il giudice ### redatto in formato elettronico e depositato telematicamente nel fascicolo informatico ai sensi dell'art. 35, comma 1, D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, come modificato dal D.M. 15 ottobre 2012 n. 209. ### 

causa n. 21437/2015 R.G. - Giudice/firmatari: N.D.

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