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Tribunale di Napoli Nord, Sentenza n. 292/2023 del 23-01-2023

... “il creditore che agisce per l'adempimento o per la risoluzione o per il risarcimento del danno da inadempimento ha solo l'onere di dimostrare l'esistenza del titolo - cioè l'esistenza del contratto stipulato con il debitore - e di dedurre lo specifico fatto costitutivo della propria domanda, gravando poi sul debitore l'onere di dimostrare di aver già adempiuto o che il proprio inadempimento è di scarsa importanza (art. 1455 c.c.) o che il termine di adempimento già inutilmente decorso non aveva natura essenziale per il creditore (art. 1457 c.c.) o che l'inadempimento o il ritardo sono stati determinati da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore (art. 1218 c.c.). Sono assoggettate a tale ### criterio di riparto dell'onere di deduzione e di prova le pretese relative alla retribuzione ordinaria, alla 13°, alla 14°, al ### a tutto ciò che il ### di settore riconosce al lavoratore senza prevedere ulteriori specifiche condizioni, l'indennità di mancato preavviso (laddove le dimissioni del lavoratore siano state cagionate proprio dall'inadempimento del datore di lavoro alla obbligazione retributiva). Pertanto, laddove la parte convenuta non abbia (leggi tutto)...

testo integrale

R.G. 7630/2020 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI NORD Il Tribunale di ###, in funzione di giudice del lavoro ed in composizione monocratica nella persona del Giudice Dott. ###, ### i procuratori delle parti all'udienza del 16.1.2023; Sciolta la riserva assunta in tale data; Nella causa avente n. R.G. 7630/2020; Ha pronunciato la seguente: #### rapp. e dif. dall'avv. ### presso il cui studio elett.  dom. in ### in ### S. ### n. 1, giusta procura in atti RICORRENTE E ### in persona del legale rappresentante p.t., rapp. e dif. dall'avv. ### presso il cui studio elett. dom. in Napoli alla via ### da ### n. 3, giusta procura in atti RESISTENTE OGGETTO: differenze retributive MOTIVI DELLA DECISIONE La ricorrente in epigrafe ha dedotto: -di aver lavorato presso il ### sas di ### successivamente denominato ### sas di ### con la qualifica di ### dal 24 marzo 2000 sino al 1 luglio 2016; -di aver ricevuto in data 27 maggio 2016 una raccomandata contenente la propria revoca dall'incarico di ### -di aver inviato in data ###, con una raccomandata, la quale veniva rifiutata, un certificato medico di malattia sino al 12 giugno 2016; -che in data ### il ### sas di ### succeduto al ### sas di ### le intimava il licenziamento senza alcun preavviso; -che ad ella non venivano corrisposte le seguenti spettanze: i cinque giorni lavorativi del mese di maggio 2016, data in cui ebbe a transigere per il pregresso tutte le sue pendenze lavorative con la vecchia gestione ### sas di ### pari ad euro 409,62; lo stipendio del mese di giugno 2016, pari ad euro 2.130,86; i quattro mesi di preavviso non intimato, pari ad euro 12.785,16; i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità, pari ad euro 2.130,86; i quindici giorni di ferie non godute, pari ad euro 1.065,43; il TFR, pari ad euro 27.074,00. Il tutto per un importo complessivo di euro 45.595,93; -che la certificazione unica presentata dal ### sas di ### riportava nel CUD del 2017 come pagata la somma che ella avrebbe dovuto percepire a titolo di ### stipendio, tredicesime e quattordicesima mensilità, ferie, che, invece, non sono mai state percepite. 
Per tali ragioni ella adiva codesto Tribunale chiedendo, previa declaratoria del rapporto di lavoro svolto dal 24.3.2000 al 1.7.2016, di condannare la società convenuta al pagamento della somma di euro 45.595,93, con vittoria di spese e attribuzione. 
Si costituiva in giudizio la società indicata in epigrafe, la quale resisteva con diverse argomentazioni, in fatto e in diritto, così come meglio specificate nella memoria difensiva, alle pretese attoree. Nello specifico, parte resistente eccepiva, in via preliminare, la nullità del ricorso e la mancata indicazione del ### di riferimento; nel merito, essa evidenziava che la ricorrente, in qualità di socia, aveva ceduto le proprie quote della società ### di ### al ### e ### spa, socio di maggioranza del ### di ### per una somma di euro 35.000,00 e che l'atto di cessione prevedeva una clausola di esonero della responsabilità per tutti i debiti pregressi. Altresì, il convenuto sottolineava che la stessa ### nel ricorso affermava di aver transatto con la vecchia gestione del ### di ### tutte le sue pregresse pendenze lavorativa. Pertanto, esso concludeva chiedendo il rigetto del ricorso; spese vinte con attribuzione. 
La causa, incardinata dinanzi al Giudice Istruttore titolare del ruolo in precedenza, veniva assegnata allo scrivente, in virtù di decreto presidenziale, per la prima volta all'udienza del 14.2.2022, dove il ### esperiva il tentativo di conciliazione. 
Constatato il fallimento della conciliazione, in quanto la ricorrente dichiarava di non accettare la proposta del Tribunale, mentre il resistente aderiva alla stessa, il Giudice rinviava la causa all'udienza del 16.1.2023 onerando le parti al deposito di documentazione integrativa. 
In tale udienza, all'esito della discussione dei procuratori delle parti, il Giudice si riservava. 
Il ricorso è fondato e deve essere accolto per le ragioni di seguito esposte. 
In via preliminare, va respinta l'eccezione di nullità del ricorso introduttivo proposta dalla parte resistente. Al riguardo, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che “nel rito del lavoro, per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, non è sufficiente l'omessa indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, ma è necessario che attraverso l'esame complessivo dell'atto - che compete al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione - sia impossibile l'individuazione esatta della pretesa dell'attore e il convenuto non possa apprestare una compiuta difesa. Ne consegue che la suddetta nullità deve essere esclusa nell'ipotesi in cui la domanda abbia per oggetto spettanze retributive, allorché l'attore abbia indicato - come nel caso di specie - il periodo di attività lavorativa, l'orario di lavoro, l'inquadramento ricevuto ed abbia altresì specificato la somma complessivamente pretesa e i titoli in base ai quali vengono richieste le spettanze, rimanendo irrilevante la mancata formulazione di conteggi analitici o la mancata notificazione, con il ricorso, del conteggio prodotto dal lavoratore” (Cassazione civile, ### Lavoro, sentenza n. 3126 dell' 8 febbraio 2011). 
Orbene, dal principio suesposto discende che, muovendo da una valutazione complessiva degli atti di parte ricorrente, le carenze espositive della domanda introduttiva non hanno inciso sulla determinazione del petitum e della causa petendi, che risultano chiari ed intellegibili nella loro sostanza. 
Nel rito del lavoro, poi, la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione delle ragioni, di fatto e di diritto, non ricorre ove si deducano pretesi errori di prospettazione in diritto, trattandosi di circostanza inidonea a compromettere la possibilità di individuare con precisione i fatti e gli elementi di diritto posti a fondamento della domanda, potendo la stessa incidere solo sulla fondatezza di merito della pretesa (così Cass. 22 gennaio 2009, 1629). Pure l'eventuale mancata indicazione del contratto collettivo applicabile nel ricorso con il quale, sulla base della asserita prestazione di lavoro subordinato, vengano chiesti conguagli retributivi, non incide sull'oggetto della domanda e non comporta, quindi, la nullità del ricorso (così Cass. 5 aprile 2002, 4889; si veda anche, per l'affermazione del medesimo principio, Cass. 18 giugno 2002, n. 8839). 
Nel merito, la ### assume di aver diritto al pagamento del TFR per l'intero rapporto intercorso alle dipendenze del ### sas di ### nonché delle differenze retributive non corrisposte, a seguito del cambio di denominazione societaria, dalla società convenuta, così come indicate in ricorso. 
Tali deduzioni risultano fondate. 
Occorre, innanzitutto, rilevare che dalla visura camerale storica della società resistente ### srl, al punto 10 -rubricato “storia delle modifiche”- ( all.to n. 4 di parte convenuta), si evince che con protocollo del 9.6.2016 a seguito della cessione delle quote della società ### di ### sas alla società ### e ### spa e a ### (cfr. sul punto, altresì, l'atto di cessione delle quote -all.to n. 3 di parte resistente-), vi è stato un mutamento della denominazione societaria del ### sas di ### in ### sas di ### Successivamente, con protocollo del 29.7.2020 vi è stata un'ulteriore variazione della denominazione societaria, nonché della forma giuridica, la quale è mutata in ### di ### srl di ### A quanto precede consegue che la mera variazione di denominazione non ha inciso sull'esistenza della società originariamente datrice della ricorrente e che, pertanto, il soggetto giuridico resta unico ed unitario, non essendosi verificata la sua cessazione e la nascita di una nuova società, ma configurandosi esclusivamente, in tal guisa, una modifica di un aspetto organizzativo interno al medesimo soggetto. Sul punto, giova rammentare i principi dettati di recente dalla Corte di cassazione, la quale ha stabilito che: “1.1. - Le modificazioni che possono interessare il soggetto collettivo e la sua attività, pur nella permanenza dei soci e dell'intrapresa economica sul mercato, sono varie e di diversa intensità, da minima a massima. 
Ci si vuol riferire a quelle varie operazioni che, usualmente di competenza dell'assemblea straordinaria, ma a volte anche degli amministratori, comportano un profilo di riorganizzazione dell'impresa e, dunque, ricevono una disciplina ad hoc, atta a renderla giuridicamente più agile ed economicamente meno onerosa, riducendo i costi di transazione. 
Si va dal mutamento della denominazione, la quale lascia sussistere il medesimo soggetto, sia pure diversamente nominato; alla cessione e all'affitto di azienda o di ramo d'azienda, ove muta il gestore della stessa, senza modificazione né soggettiva del concedente, né oggettiva dell'azienda come universitas facti, quale complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa (art. 2555 c.c.), arrestandosi l'efficacia della vicenda modificativa al solo trasferimento della proprietà o godimento dell'azienda (art.  2556 c.c.); alla trasformazione, la quale del pari, sebbene sotto un'altra forma, lascia permanere l'ente nella sua originaria identità; sino alla fusione ed alla scissione, in cui, al contrario, almeno in alcuni casi e per taluni dei soggetti partecipanti (società incorporate, società fuse, società scissa che assegni l'intero suo patrimonio a più società), il mutamento è radicale, con la scomparsa di essi dalla scena giuridica, allo stesso modo dello scioglimento e della liquidazione della società, seguite dalla cancellazione dal registro delle imprese.  1.2. - Pertanto, è stato da tempo chiarito che il mutamento della denominazione sociale configura una modificazione dell'atto costitutivo (Cass. 28 giugno 1997, n. 5798), ma non determina l'estinzione dell'ente e la nascita di un nuovo diverso soggetto giuridico, comportando solo l'incidenza su di un aspetto organizzativo della società (fra le tante, Cass. 29 dicembre 2004, n. 24089); del pari, si è precisato che, in caso di trasferimento della sede ###mutamento di identità non potrebbe essere ricollegato al contemporaneo cambiamento della denominazione sociale, che non fa venir meno la "continuità" giuridica della società (Cass. 28 settembre 2005, n. 18944). 
Nelle società di persone, parimenti, il mutamento della ragione sociale per effetto della sostituzione del socio, come accade per l'unico socio accomandatario ex art. 2314 c.c., determina esclusivamente una modificazione dell'atto costitutivo, ma non la nascita o il mutamento della società in un soggetto giuridico diverso, onde essa non si estingue, né sorge una diversa società (Cass. 29 luglio 2008, n. 20558; Cass. 14 dicembre 2006, 26826, sia pure massimata, erroneamente, con riguardo alla medesimezza del soggetto nella trasformazione; Cass. 13 aprile 1989, n. 1781; con qualche episodica incertezza: Cass. 2 luglio 2004, n. 12150, in tema di contenzioso tributario). 
Gli stessi principi sono sottesi ad altre decisioni, pur rese in una prospettiva diversa, quale la tutela della denominazione in presenza del mutamento dell'oggetto sociale (Cass. 13 marzo 2014, n. 5931) ed a fronte della prospettata perdita dell'avviamento dovuta al mutamento del nome (Cass. 17 luglio 2007, n. 15950)” (cfr. Cassazione civile sez. un., 30/07/2021, n.21970). 
Quanto affermato comporta che la società convenuta resta debitrice dei crediti da lavoro vantati dalla ricorrente anche per il periodo antecedente all'atto della cessione delle quote societarie del 26.5.2016 a cui la stessa non ha espressamente rinunciato. 
A questo punto, è opportuno procedere all'accertamento della domanda di pagamento del TFR proposta dalla ricorrente. Sotto il profilo probatorio, va premesso che “il creditore che agisce per l'adempimento o per la risoluzione o per il risarcimento del danno da inadempimento ha solo l'onere di dimostrare l'esistenza del titolo - cioè l'esistenza del contratto stipulato con il debitore - e di dedurre lo specifico fatto costitutivo della propria domanda, gravando poi sul debitore l'onere di dimostrare di aver già adempiuto o che il proprio inadempimento è di scarsa importanza (art. 1455 c.c.) o che il termine di adempimento già inutilmente decorso non aveva natura essenziale per il creditore (art.  1457 c.c.) o che l'inadempimento o il ritardo sono stati determinati da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore (art. 1218 c.c.). Sono assoggettate a tale ### criterio di riparto dell'onere di deduzione e di prova le pretese relative alla retribuzione ordinaria, alla 13°, alla 14°, al ### a tutto ciò che il ### di settore riconosce al lavoratore senza prevedere ulteriori specifiche condizioni, l'indennità di mancato preavviso (laddove le dimissioni del lavoratore siano state cagionate proprio dall'inadempimento del datore di lavoro alla obbligazione retributiva). Pertanto, laddove la parte convenuta non abbia fornito in giudizio la prova dell'esistenza di fatti estintivi od impeditivi delle pretese vantate dalla parte ricorrente per tali titoli, spetta alla parte ricorrente il relativo pagamento” (Tribunale Velletri sez. lav., 15/10/2020, n.1057); di conseguenza, spetta al datore fornire la prova dell'avvenuto pagamento del ### Nel caso di specie, non risulta fondata l'eccezione spiegata dalla società resistente la quale sostiene che il TFR non debba essere corrisposto alla ### in virtù dell'inserimento nell'accordo di cessione delle quote societarie di una clausola di esonero della responsabilità per i debiti esistenti verso terzi alla data della sua stipulazione. Essa, invero, non può essere opposta alla ricorrente, innanzitutto, perché non si è verificato un cambiamento del soggetto giuridico e, dunque, un mutamento del datore di lavoro che rimane sempre il medesimo. 
Inoltre, il diritto al TFR matura esclusivamente al momento della cessazione del rapporto di lavoro e non può essere rinunciato in via preventiva dal lavoratore. In argomento, infatti, la Suprema Corte ha affermato che: “Il diritto alla liquidazione del t.f.r., nonostante l'avvenuto accantonamento delle somme, non può ritenersi entrato nel patrimonio del lavoratore prima della cessazione del rapporto, sicché per il dipendente ancora in servizio costituisce un diritto futuro, la cui rinuncia è radicalmente nulla, per mancanza dell'oggetto, ai sensi dell'art. 1418, comma 2, e dell'art. 1325 c.c.” (Cassazione civile sez. lav., 28/05/2019, n.14510). Pertanto, da un lato, il diritto alla liquidazione del TFR della ### non può in ogni caso rientrare tra quelli oggetto della clausola di esonero della responsabilità prevista dall'atto di cessione delle quote, poiché in tale data il rapporto di lavoro era ancora sussistente, e, dall'altro, per le medesime ragioni, tale diritto non può essere ricompreso nell'atto di rinunzia alle spettanze lavorative del 20.5.2016 sottoscritto dalla ricorrente, il quale involge le altre voci retributive maturate sino a quel momento, che, infatti, non sono state richieste in questo giudizio. 
A corroborare quanto espresso in narrativa vi è anche il dato documentale rappresentato dalla ### del 2017 rilasciata dalla società convenuta inerente alla posizione lavorativa della ### (cfr. all.to n. 2 di parte ricorrente), che indica l'importo di euro 20.931,89 a titolo di TFR accantonato in azienda. Tale certificazione riveste, a ben vedere, natura confessoria, operando in questa ipotesi i principi della giurisprudenza secondo cui “### depositato dal datore di lavoro (anche dopo qualche mese la data delle dimissioni rassegnate dal lavoratore) costituisce prova documentale dell'esistenza del credito a titolo di tfr spettante al lavoratore” (Corte appello ### sez. lav., 30/07/2019, n.1581). 
Allo stesso tempo, è infondata l'eccezione di parte resistente secondo cui la certificazione in questione rappresenterebbe un errore del consulente aziendale. Ciò in quanto il convenuto non ha allegato e provato di essersi attivato per emendare a tale presunto errore, né di aver redatto un atto di rettifica all'### delle ### per rimediare allo stesso. E neppure il documento citato costituisce prova dell'avvenuto pagamento del ### in tal caso, infatti, trovano applicazione i principi stabiliti dalla giurisprudenza secondo cui: “Non costituisce prova del pagamento del TFR la dichiarazione contenuta nel CUD proveniente dal datore e non accompagnata da un atto di quietanza del lavoratore” (Cassazione civile sez. VI, 03/12/2018, n.###). 
Venendo, invece, alle altre differenze retributive vantate dalla ricorrente per il periodo successivo al mutamento della denominazione societaria sino al licenziamento, ovvero il rateo dello stipendio di maggio 2016 e lo stipendio del mese di giugno 2016, i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità per i mesi di maggio 2016 e giugno 2016 e l'indennità di mancato preavviso quantificati in 4 mesi di retribuzione, la loro debenza non è stata specificamente contestata nella memoria difensiva dal resistente. Quest'ultimo, infatti, si è limitato ad affermare l'impossibilità di accertarne la determinazione in quanto la richiesta di controparte risultava priva di uno sviluppo contabile e di un riferimento contrattuale, ma non hai mai contestato la debenza anche nel corso del giudizio. Di conseguenza, trova applicazione nel caso de quo il principio di non contestazione. Ai sensi dell'art. 115 c.p.c., invero, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificamente contestati. Come chiarito dalla giurisprudenza, tale onere riguarda le allegazioni delle parti e non i documenti prodotti ( Cass. 12748/2016). Pertanto, in assenza di specifica e tempestiva contestazione, si considera pacifica la debenza delle differenze retributive diverse dal TFR richieste nel ricorso, anche alla stregua della circostanza secondo cui, sulla base della giurisprudenza summenzionata, grava in capo al datore di lavoro l'onere di provare l'avvenuta corresponsione di tali voci retributive. 
Con espresso riferimento, poi, all'indennità sostituiva del mancato preavviso, essa “ha una funzione diversa in base al soggetto che subisce il recesso. Nel caso di licenziamento la sua funzione è quella di garantire al lavoratore la percezione di una somma di denaro, al fine di garantirlo per il tempo che si presume necessario al reperimento di un nuovo lavoro. Nel caso di dimissioni invece il preavviso ha la funzione di agevolare il datore nel reperimento di una figura sostitutiva, con lo scopo di non compromettere l'organizzazione aziendale. In effetti, l'istituto del preavviso che è proprio dei contratti di durata a tempo indeterminato, ha sempre la ratio di alleviare, per la parte che lo subisce, le conseguenze pregiudizievoli dell'interruzione del rapporto” (Corte appello ### sez. lav., 20/04/2022, n.164). 
In relazione all'onere della prova di tale indennità, è d'uopo evidenziare i principi delineati dalla giurisprudenza ad avviso della quale: “Una volta accertata la sussistenza del rapporto di lavoro, per la ripartizione dell'onere della prova sancita dall'art. 2697 c.c., incombe al datore di lavoro dimostrare i fatti estintivi o modificativi delle obbligazioni a suo carico derivanti dal medesimo rapporto. Spetta, pertanto, al datore dimostrare che la cessazione del rapporto lavorativo è avvenuta in seguito alle dimissioni del lavoratore; in assenza di tale prova, il datore sarà tenuto a versare anche l'indennità di preavviso” (Cassazione civile sez. lav., 06/10/2009, n.21311). 
Nella fattispecie in esame, nonostante il Tribunale abbia onerato entrambe le parti a dedurre sullo specifico punto chiedendo chiarimenti sulle modalità del licenziamento, le stesse non hanno allegato nulla; di guisa che, in mancanza della prova da parte del datore di aver intimato il preavviso di licenziamento o che lo scioglimento del rapporto è avvenuto per dimissioni della lavoratrice, oltre che di contestazioni specifiche al riguardo, deve essere corrisposta l'indennità in parola.  ### l'art. 136 del ### “Dei dipendenti dei laboratori di analisi cliniche e dei centri poliambulatoriali”, applicato al rapporto in questione, il preavviso di licenziamento è pari a 120 giorni del calendario per gli impiegati di livello F e i ### con anzianità superiore agli anni 10. Ebbene, la ### la quale rivestiva l'incarico di ### del ### di ### (cfr. lettera di revoca da incarico -all.to n. 4 di parte ricorrente-) ed ha prestato attività lavorativa almeno da aprile del 2000 (cfr. buste paga-all.to n. 6 di parte ricorrente-) ha diritto al pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso nella suddetta misura. 
Per tutto quanto esposto, dunque, alla ricorrente spetta il pagamento del TFR e delle altre differenze retributive innanzi elencate, compresa l'indennità sostitutiva del mancato preavviso, di fine rapporto. 
Venendo al quantum, prendendo a parametro i conteggi riformulati da parte ricorrente con note depositate in data ### su onere del Tribunale, immuni da vizi logici e ontologici e coerenti con il dato normativo e documentale in atti, e non contestati in modo specifico dal resistente, quest'ultimo deve essere condannato al pagamento in favore della ### della somma di euro 32.345,51 per differenze retributive, di cui euro 20.931,89 a titolo di ### per le causali di cui in motivazione. 
Su tali somme, ai sensi del combinato disposto dell'art. 429 c.p.c. e 150 disp. att., va calcolata la rivalutazione monetaria, tenuto conto dell'indice ### nonché gli interessi che seguono al tasso di legge, sul capitale via via rivalutato (vedi Cass. Sez. Un. n.° 38/2001), dalle singole scadenze all'effettivo soddisfo. 
Sussistono gravi ed eccezionali ragioni, considerando la complessità delle questioni trattate, nonché il comportamento assunto dalle parti nel corso del giudizio, per compensare le spese di lite per la metà, mentre per la residua frazione esse seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo tenendo conto dell'assenza di attività istruttoria.  P.Q.M.  Il Giudice di ###, Dott. ###, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza od eccezione: a) Accoglie il ricorso; b) Per l'effetto condanna la società ### srl al pagamento in favore della ricorrente ### della somma complessiva di euro 32.345,51, di cui euro 20.931,89 a titolo di ### oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, sul capitale via via rivalutato dalle singole scadenze al saldo, per le causali di cui in motivazione; c) Condanna la società ### srl al pagamento in favore della ricorrente ### della metà delle spese del giudizio che si liquidano in tale misura ridotta in euro 1.844,50, oltre rimborso per spese generali nella misura forfettaria del 15%, IVA e CPA come per legge, con attribuzione al procuratore costituito; d) Compensa le spese di lite tra le parti per la residua metà. 
Si comunichi. 
Aversa, 20.1.2023 

Il Giudice
del lavoro Dott. ### n. 7630/2020


causa n. 7630/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Paladino Giannicola

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Corte d'Appello di Ancona, Sentenza n. 1309/2025 del 31-10-2025

... contratti a prestazioni corrispettive, in costanza di inadempimento dello stesso creditore, con la conseguenza che il debitore potrà limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento, gravando sul creditore l'onere di provare il proprio adempimento ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione”. 4.La Corte condivide i richiamati principi per cui, nell'ipotesi in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. saranno invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento. Anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento (sin da Cass. Sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001). Come successivamente ribadito con riguardo a contratto con prestazioni corrispettive, nel caso in cui il convenuto resista alla domanda di (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA Riunita in camera di consiglio e composta dai ### Dott. ###. ### relatore Dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in grado d'appello iscritta al n. 1023/### vertente tra ### S.R.L. (P. Iva ###) con sede ###, in persona del legale rappresentante pro tempore ### D'### nato ad #### il ### (c.f.: ###), residente ###, rappresentata e difesa dall'Avv. ### (c.f.: ###) del ### di ### ed elettivamente domiciliat #######, C.so Matteotti n°31 ( pec: ###); -parte appellante e ### S.r.l., con sede ###- incrocio ### C. F. e P. IVA ###, in persona dell'### legale rappresentante pro-tempore, ### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ###, C.F. ### ( pec: ###, fax 075/5720151) che la rappresenta e difende; -parte appellata ### delle parti: come da memoria di precisazione delle conclusioni. 
Fatto e diritto 1. La presente motivazione, depositata con modalità telematica, è redatta in maniera sintetica secondo quanto previsto dall'art. 132 cpc, dall'art. 118 disp. att. cpc e dall' art. 19 del d.l. 83/2015 convertito con l. 132/2015 che modifica il d.l. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 17.12.2012 nonché in osservanza dei criteri di funzionalità, flessibilità, deformalizzazione dell'impianto decisorio della sentenza come delineati da Cass. SU n. 642/2015.
Si danno per conosciuti i fatti di causa per come esposti nel provvedimento gravato e come risultanti dagli atti difensivi di parte.  2.Nell'esame delle questioni devolute il Collegio ritiene di applicare il cd “principio della ragione più liquida” che “(…) imponendo un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico-sistematica, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare, di cui all'art. 276 cpc, in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, costituzionalizzata dall'art. 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, -anche se logicamente subordinatasenza che sia necessario esaminare previamente le altre” (Cass. n. 12002/14; conf. Cass. n. 5264/15, n° 1113/15). 
Pertanto, saranno immediatamente scrutinate e discusse le questioni complessivamente devolute con l'atto di appello che attengono alla verifica della sussistenza dei presupposti (in fatto ed in diritto) per l'esercizio dell'eccezione di inadempimento tempestivamente sollevata in primo grado dall'appellante e non esaminata come tale dal primo giudicante.  3.In punto di diritto la Cassazione ha chiarito quanto segue: • Cassazione civile sez. I, 05/08/2019, n.20891: “In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo della altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento. Uguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga della eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., risultando in tale caso invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, e il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza della obbligazione. Tali principi valgono pure nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento della obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, essendo sufficiente, per il creditore istante - o per il debitore che ha sollevato la eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. - la mera allegazione della inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sulla controparte l'onere di dimostrare l'avvenuto esatto adempimento”; • Cassazione civile sez. III, 17/07/2023, n.20719: “Le eccezioni di compensazione e di inadempimento differiscono per presupposti e funzione, i quali implicano una diversa distribuzione dell'onere probatorio: la prima, infatti, rileva quale fatto estintivo dell'obbligazione e presuppone che due soggetti siano obbligati l'uno verso l'altro in forza di reciproci crediti e debiti, sicché grava sulla parte che la invoca l'onere della prova circa l'esistenza del proprio controcredito; la seconda, invece, integra un fatto impeditivo dell'altrui pretesa di pagamento avanzata, nell'ambito dei contratti a prestazioni corrispettive, in costanza di inadempimento dello stesso creditore, con la conseguenza che il debitore potrà limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento, gravando sul creditore l'onere di provare il proprio adempimento ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione”.  4.La Corte condivide i richiamati principi per cui, nell'ipotesi in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. saranno invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento. 
Anche nel caso in cui sia dedotto non l'inadempimento dell'obbligazione, ma il suo inesatto adempimento, al creditore istante sarà sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto, esatto adempimento (sin da Cass. Sez. U, Sentenza n. 13533 del 30/10/2001). 
Come successivamente ribadito con riguardo a contratto con prestazioni corrispettive, nel caso in cui il convenuto resista alla domanda di condanna all'adempimento della prestazione da lui dovuta, eccependo che l'attore non ha adempiuto la propria obbligazione ("exceptio inademplenti contractus"), spetta a quest'ultimo provare il proprio adempimento. (Cass., sez. I, 15 luglio 2011, 15659; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 826 del 20/01/2015; Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 3587 del 11/02/2021 ed ulteriori già indicate). 
Ne consegue che, ove munita di adeguata specificità rispetto al caso concreto, la formulazione di una eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. sollevata da parte del debitore fa sorgere in capo al creditore l'onere di provare l'intero ed esatto adempimento.  5.Va ulteriormente chiarito che l'eccezione d'inadempimento è tesa a paralizzare un inadempimento di apprezzabile gravità. Tale ultima espressione non ha il significato tecnico ad esso riconducibile ma assurge a strumento di valutazione della correttezza della reazione nel contesto di un giudizio di proporzionalità.
Ed in effetti il vaglio giurisprudenziale va condotto secondo il criterio di buona fede fondato su tre elementi, quello cronologico, quello di causalità e quello di proporzionalità. 
Quest'ultimo va delimitato all'interno del perimetro dell'uso normale del diritto, contrapposto all'abuso del diritto in cui si sostanzia la violazione della buona fede. 
In altri termini buona fede e gravità dell'inadempimento sono criteri che convergono nel legittimare l'eccezione quando sia rimedio proporzionato e dunque necessario a tutelare uno degli interessi fondamentali sottesi alla conclusione del contratto.  6.Nella presente fattispecie l'appellante ha sollevato l'eccezione di inadempimento allegando la non conformità della etichettatura dei prodotti alimentari commercializzati e venduti dall'appellata.  ### di inadempimento appare compiutamente allegata e circoscritta tanto che la parte ha fatto anche svolgere due apprezzabili accertamenti peritali sulla non corretta etichettatura dei prodotti alimentari oggetto di contenzioso.  7.Occorre subito chiarire che, in forza dell'art. 8 del ### n. 1169/2011, il soggetto responsabile delle informazioni sugli alimenti è l'operatore con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto (o, se tale operatore non è stabilito nell'### l'importatore nel mercato dell'### Detta previsione è ripresa anche dal successivo art. 9 del medesimo ### che, nell'elenco delle informazioni obbligatorie, prevede la presenza del nome o della ragione sociale e l'indirizzo dell'operatore del settore alimentare. Tale soggetto può essere indicato tramite la rappresentazione di un marchio purché posto nel campo visibile principale della confezione e individuabile dal consumatore. La norma UE è poi richiamata e trasfusa nell'art. 2 del Decreto legislativo del 15/12/2017 - N. 231 8.Dunque nella presente fattispecie unico soggetto responsabile delle informazioni sugli alimenti era l'appellata cioè colei che assicurava la presenza e l'esattezza delle informazioni sugli alimenti. 
Non è stata offerta prova specifica che, per i prodotti in contestazione, l'etichettatura sia avvenuta ad opera dell'appellante in violazione delle richiamate prescrizioni come sarà chiarito in prosieguo di motivazione.  9.Va qui richiamato il fondamentale elemento probatorio costituito dal verbale dei ### di ### di accertamento e sequestro amministrativo (prodotto dall'appellante in primo grado) al cui contenuto si fa riferimento e che, per brevità, viene solo indicato dandone per probatoriamente acquisito ed utilizzato il contenuto. 10.Nel verbale vi è la specifica individuazione di prodotti irregolarmente etichettati sotto i marchi ### e ### riconducibili all'appellata. 
Sono anche specificamente indicate le varie irregolarità di etichettatura.  11.Così, ad esempio, nel caso della mancanza della parola “ingredienti” vi è violazione dell'articolo 18 de ### cit..: “ Elenco degli ingredienti 1. ### degli ingredienti reca un'intestazione o è preceduto da un'adeguata indicazione che consiste nella parola «ingredienti» o la comprende”. 
La violazione è poi sanzionabile ex art. 5 Decreto legislativo del 15/12/2017 - N. 231. 
Le altre contestazioni analiticamente indicate nel verbale appaiono tutte di maggiore gravità di quella “formale” sopra scrutinata e sono autonomamente sanzionabili. 
Di talché, oltre al pregiudizio derivante dal sequestro della merce, sotto il profilo civilistico si poneva il problema di correggere le indicazioni errare od incomplete o comunque di ovviare alle rilevate criticità. 
Ed è indubbio che era la parte venditrice inadempiente che doveva trovare adeguate e tempestive soluzioni per rendere conforme a legge l'etichettatura dei prodotti alimentari a suo marchio da commercializzare al dettaglio. 
Non era certo la parte acquirente a doversi attivare per risolvere un problema che riconduceva a specifici obblighi di etichettatura gravanti sulla venditrice.  12.In tal modo resta accertato che l'eccezione di inadempimento sollevata dall'appellante rispetta il criterio di proporzionalità valutato con riferimento all'intero equilibrio del contratto e alla buona fede. 
Non può infatti dubitarsi che il sequestro dei prodotti, le irregolarità di etichettatura, la mancanza di collaborazione da parte della venditrice a cui le inadempienze erano state contestate, abbiano avuto considerevole incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto ed abbiano influito sull'equilibrio sinallagmatico dello stesso in rapporto all'interesse perseguito dalla parte appellante. 
In altri termini abbiano legittimato, causalmente e proporzionalmente, la sospensione dell'adempimento dell'acquirente.  13.La parte appellata creditrice (su cui gravano gli obblighi di etichettatura) non ha invece provato: • che l'etichettatura fosse regolare; • che l'etichettatura dei prodotti in sequestro fosse stata modificata o sostituita o comunque attribuibile alla debitrice; • di aver tempestivamente preso in carico le contestazioni dell'appellante ed essersi adoperata per risolvere le irregolarità. 
Vanno qui richiamati gli oneri probatori gravanti sulla creditrice che, davanti all'eccezione di inadempimento di controparte, era ed è onerata della prova di aver correttamente adempiuto.  14.Inoltre: • è irrilevante e comunque costituisce elemento induttivo non univoco il fatto che i NAS dei ### non abbiano riscontrato irregolarità nelle etichette dei prodotti presso lo stabilimento della ### srl trattandosi di prodotti e partite diverse da quelle sequestrate; • le fatture emesse dalla ### srl nei confronti dell'appellante per etichette ### appaiono elemento non decisivo perché non sussiste certezza che ad essere applicate ai prodotti sequestrati fossero proprio tali etichette e che vi sia stata sostituzione di esse a quelle che, per specifico obbligo normativo, l'appellata doveva applicare sui prodotti in contestazione.  15.Quanto all'eccezione di decadenza dalla denuncia dei vizi, riproposta nel presente grado dall'appellata, essa è infondata perché: • il difetto di etichettatura non è un vizio intrinseco del prodotto ma una violazione contrattuale, riferita ad obblighi legali, sottratta alla disciplina dei vizi; • in ogni caso la ragionevole certezza dei molteplici difetti di etichettatura è stata ragionevolmente raggiunta solo all'esito degli accertamenti peritali fatti svolgere dall'appellante sulla complessiva fornitura.  16.### è accolto, la sentenza di primo grado va integralmente riformata, il decreto ingiuntivo opposto va revocato. Tanto in conseguenza dell'accertamento del legittimo esercizio dell'eccezione di inadempimento da parte dell'appellante. 
Le spese di lite del doppio grado seguono la soccombenza, liquidate come da dispositivo PQM ### definitivamente pronunziando, ogni ulteriore o difforme istanza assorbita o disattesa, così provvede: 1-in accoglimento dell'appello ed in totale riforma della sentenza di primo grado, revoca il decreto ingiuntivo opposto; 2-condanna la parte appellata al pagamento, in favore della parte appellante delle spese di lite liquidate: ### per il primo grado di giudizio in euro 13.000,00 per compensi professionali oltre magg. rimb. forf., cap e iva come per legge, ### per il presente grado di giudizio in euro 286,00 per esborsi ed euro 14.000,00 per compensi professionali oltre magg. rimb. forf. cap e iva come per legge. 
Così deciso in ### nella ### di consiglio della ### della ### di ### in data 21 ottobre 2025.   ###. ### Dr.

causa n. 1023/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Pier Giorgio Palestini, Gianmichele Marcelli

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Corte d'Appello di Firenze, Sentenza n. 2054/2025 del 21-11-2025

... l'intervento chirurgico in una con la correlata domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, domande queste che però non sono state formulate. Nel caso di specie, peraltro, il sig. ### nella narrativa degli atti ha avanzato istanza di restituzione, ma nelle conclusioni come precisate ha richiesto solo il risarcimento del danno e non ha formulato specificamente anche la domanda di restituzione dell'esborso per l'intervento chirurgico né tanto meno domanda di risoluzione del contratto per prestazione professionale; conseguentemente, la domanda risarcitoria avente ad oggetto tali voci di spesa non può essere accolta ### complessivo del risarcimento liquidabile deve quindi quantificarsi in ### 4.854,02. Infine, per quanto riguarda le spese di attivazione del procedimento (di mediazione civile di €.48,80), quelle del giudizio, tenuto conto dell'esito negativo della mediazione civile svolta nel 2017 così come del vano tentativo di conciliazione posto in essere in occasione delle operazioni peritali (connotato da una proposta peritale di contenuto superiore alle conclusioni della ###, falliti entrambi per il rifiuto da parte del sig. ### che ha insistito in esose richieste risarcitorie (leggi tutto)...

testo integrale

N. 2385/2023 R.G.  ### ***** 
CORTE DI APPELLO DI FIRENZE SEZIONE IV CIVILE La Corte di Appello di Firenze, ###, in persona dei ### Dott.ssa ### rel. 
Dott.ssa ###ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di ### iscritta a ruolo al n. r.g. 2385/2023 promossa da: ### (c. f. e P. Iva ###), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in ### rappresentata e difesa, anche disgiuntamente tra loro, dagli avv.ti #### e ### come da procura in atti; - appellante contro ### (c.f. ###), rappresentato e difeso dall'avv. ### come da procura in atti; e ### (c.f. ###), rappresentato e difeso dall'avv. ### come da procura in atti; - appellati - avverso la sentenza n.1283/2023 del Tribunale di ### pubblicata in data ###, trattenuta in decisione all'esito dell'udienza cartolare del 7.10.2025, con ordinanza collegiale ex art.  127 ter c.p.c. del 22.10.2025, pubblicata in pari data, sulle seguenti ###
Per la parte appellante: “### l'###ma Corte d'Appello di Firenze, respinta ogni contraria domanda, istanza, eccezione e deduzione, previe le opportune declaratorie di legge, riformare la sentenza del Tribunale Civile di ### Giudice Dr.ssa Polidori, n. 1283 del 18/10/2023 nelle parti impugnate, per le motivazioni tutte esposte nel presente atto di appello e, per l'effetto, in applicazione dell'art. 91, comma 1, secondo periodo c.p.c., ### condannare il ### al pagamento delle spese legali in favore delle parti convenute, ponendo a carico di questi le spese di ### e di CTP sostenute nel corso del giudizio di primo grado. In via subordinata: - riformare la sentenza del Tribunale Civile di ### Giudice Dr.ssa Polidori, n. 1283 del 18/10/2023 nelle parti impugnate, per le motivazioni tutte esposte nel presente atto di appello e, per l'effetto, disporre la compensazione delle spese tra le parti in causa, ponendo le spese di CTU e CTP a carico solidale di tutte le parti in causa. In ulteriore ipotesi: - riformare la sentenza del Tribunale Civile di ### Giudice Dr.ssa Polidori, n. 1283 del 18/10/2023 nelle parti impugnate, per le motivazioni tutte esposte nel presente atto di appello e, per l'effetto, disporre la condanna delle parti convenute, in solido tra loro, al pagamento delle spese legali in favore del ### in misura diversa e minore ai 4/5 disposti in primo grado, ripartendo conseguentemente, e nella misura corrispondente, le spese di CTU e CTP a carico delle parti in causa. In ogni caso, con vittoria delle spese sostenute, delle spese generali e del compenso ex D.M. n.55/2014del presente giudizio compresi oneri previdenziali e assistenziali pari al 23,8%, oneri a carico dell'avvocato dipendente dell'Ente pubblico, come le sottoscritte, ritenuti corrispondenti alle voci degli oneri accessori proprie dei legali liberi professionisti (cfr. Corte d'### n.1030/2021; Tribunale di ### sent. n. 1039/2020; Giudice di ### di ### sent. n. 271/2020; Giudice di ### di ### sent. n. 558/2020; Corte d'Appello di Firenze sent. n. 1556/2018;### sent. n.1104/2017, ### sent.  n.151/2016, ### sent. n.3/2016).” Per la parte appellata ### “### l'###ma Corte di Appello di Firenze, adversis reiectis, rigettare integralmente l'appello e le domande di parte appellante in quanto nulle, generiche, inammissibili, e comunque infondate in fatto ed in diritto per i motivi sopra indicati; In ogni caso con vittoria di spese ed onorari del doppio grado di giudizio.” Per la parte appellata ### “### l'###ma Corte ### adita, reietta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, in parziale riforma della sentenza di primo grado n. 1283/2023, pubblicata il ###, in tesi: in applicazione dell'art. 91, comma 1, secondo periodo c.p.c., condannare il #### al pagamento delle spese di lite in favore delle parti convenute, ponendo a carico del medesimo le spese di CTU e ### in ipotesi subordinata: disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti in causa, ponendo le spese di CTU e CTP a carico solidale delle parti; in via ulteriormente subordinata: disporre la condanne delle parti convenute, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore del #### in misura diversa e minore alla liquidazione effettuata nella sentenza impugnata, ripartendo di conseguenza e nella misura corrispondente, le spese di CTU e ### In ogni caso con vittoria di spese, compensi ed anticipazioni del giudizio” ### ricorso ex art. 702 bis c.p.c. ritualmente notificato, ### aveva convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di ### l'### (di seguito ### ed il dott.  ### al fine di ottenere - previo accertamento della responsabilità professionale dei medesimi - la loro condanna, in solido, al risarcimento dei danni da lui subiti per la non corretta esecuzione dell'intervento chirurgico di mammectomia. 
A fondamento della domanda, aveva esposto che: 1) nell'anno 2014, si era rivolto al dott. ### in regime di libera professione intra moenia per un intervento di mammectomia sottocutanea per via perialeolare e riduzione del perimetro dei capezzoli; 2) l'intervento chirurgico era stato eseguito dal dott. ### medico dipendente dell'### in data ###, presso la ### di ### S. Rossore di ### in regime di attività intramoenia, per il corrispettivo di euro 4.950,00, versato alla struttura privata convenzionata; 3) era stato dimesso in data ### con prescrizione di terapia antibiotica ed analgesica e controllo; 4) l'errata esecuzione dell'intervento chirurgico aveva comportato una severa alterazione a carico del complesso areolacapezzolo e la presenza di una residua ginecomastia per insufficiente liposuzione, con un danno biologico permanente del 12-13% ed un periodo di malattia di giorni 60, oltre la personalizzazione del danno, valutata la giovane età e la grave lesione all'equilibrio psicofisico. 
Si era costituita in giudizio la ### che aveva chiesto la conversione del rito ed il rigetto della domanda del ricorrente, nonché, in subordine, la riduzione del quantum dovuto. 
Si era costituito in giudizio anche ### che aveva aderito alla richiesta di conversione del rito ed aveva eccepito la nullità del ricorso per insufficiente esposizione dei fatti e l'inammissibilità della domanda del ricorrente, nonché chiesto, nel merito, il rigetto della stessa. 
Con ordinanza del 28.2.2019, era stato disposto il mutamento del rito ed erano stati concessi i termini per le memorie ex art. 183 c.p.c. 
La causa, istruita con la documentazione depositata dalle parti, l'interrogatorio formale dell'attore e l'espletamento di una c.t.u. medico legale sulla persona del ### era stata decisa dal Tribunale di ### con sentenza n. 1283/2023, pubblicata in data ###, con la quale il predetto Tribunale aveva accertato e dichiarato la responsabilità dei convenuti nell'esecuzione dell'intervento del 19.12.2014 e li aveva condannati, in solido, al pagamento in favore dell'attore della somma complessiva di euro 4.854,02, oltre gli interessi legali, a titolo di risarcimento del danno, nonché alla rifusione di quattro quinti delle spese di lite, ponendo a carico dei medesimi le spese di CTU e della CTP di parte attrice. 
Il Tribunale, in motivazione, aveva affermato che: “### ha evocato in giudizio il medico dott. ### che eseguì l'intervento chirurgico, oltre all'### in quanto l'intervento chirurgico è stato eseguito presso la ### di ### che deve ritenersi fosse convenzionata con l'azienda sanitaria. 
Per quanto il ricorso infatti non chiarisca in alcun modo il titolo in forza del quale l'azienda era convenuta (visto che l'intervento si era svolto presso una struttura privata), è la stessa difesa della convenuta ### che ammette che l'intervento fu eseguito "presso la ### di ### S. ### in regime di libera professione intra-moenia" Deve quindi ritenersi circostanza pacifica ed esplicitamente ammessa dalla convenuta che il #### svolgesse la propria attività professionale presso l'### e che fosse stato autorizzato dall'### a svolgere la propria attività libero professionale intramuraria c.d. allargata, probabilmente in virtù di una convezione intercorsa tra l'### e la ### di ### Si deve rilevare in proposito che l'attività professionale esercitata intra o anche extra moenia (come, a dire il vero, pare di dover qualificare più correttamente quella in questione) integra una modalità di peculiare svolgimento dell'attività medica che non può essere equiparata sic et simpliciter alla libera professione: infatti riservata ai soli medici che siano dipendenti del ### nazionale, è esercitata in via principale all' interno (appunto intra) degli stessi presidi ospedalieri pubblici ed avvalendosi della strumentazione della struttura pubblica tanto che è disciplinata dal legislatore nazionale e regolamentata a livello locale dalle stesse ASL (possono richiamarsi al riguardo le norme di cui agli artt. 4, comma 10% d.lgs. 502/1992, art. 1 comma 8 e ss. Legge 662/1996; D.M. Sanità 31/7/1997; D.P.C.M. 27.3.2000). 
Si tratta quindi di una tipica modalità di svolgimento dell'attività medica consentita allo scopo quanto meno asseritamente - di offrire un servizio sanitario più celere ed efficiente, ricavandone risorse economiche per il servizio pubblico.  ### caso di specie peraltro, come detto, parrebbe integrare un caso di attività medica svolta da dipendente del SSN al di fuori di presidi ospedalieri pubblici (c.d. "extra muraria"), attività possibile a condizione che l'ASL interessata non disponga di strutture idonee o sufficienti per il suo esercizio (cfr. art. 5 D.P.C.M. 27/3/2000 art. 1 1. 3.8.2007 n.120). 
Come detto, attese le dichiarazioni confessorie sul punto dell'### deve ritenersi che sussistesse un'autorizzazione allo svolgimento dell'attività professionale extra muraria in forza o di un atto di indirizzo emanato dalla ### ovvero di una convenzione tra ente pubblico e soggetti privati (conformi a precisi requisiti e sottoposti a controllo della ASI stessa); sul punto, si specifica che in questo ultimo caso nulla muta sotto il profilo giuridico cambiando soltanto il luogo di esecuzione dell'attività medica. 
Del resto a fugare ogni dubbio soccorre la produzione documentale n. 9 di cui al ricorso ossia la fattura per ### 2948 emessa dalla ### convenuta nei confronti del sig ### recante quale causale "ricovero presso ### di ### di ### Ricovero da 19/12/2014 al 20/12/2014", che prova appunto come l'### abbia richiesto al paziente il ### delle prestazioni sanitarie rese a mezzo del proprio dipendente presso una struttura sanitaria privata. 
Tanto premesso, la controversia può essere decisa alla luce delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio espletata nel corso del giudizio. 
Nel merito, dirimenti sono infatti le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio ed in particolare la relazione del Collegio dei c.t.u., depositata il ###, le cui conclusioni sono condivise e fatte proprie dal Tribunale; le argomentazioni e conclusioni dei ### coerenti ancorate a rigorosi riscontri oggettivi e rilievi scientifici, forniscono infatti indicazioni utili alla valutazione delle domande attoree. 
In particolare, oggetto dell'esame della CTU è stato l'operato del chirurgo plastico nell'esecuzione di an intervento chirurgico di mammectomia sottocutanea per via periareolare e riduzione del perimetro dei capezzoli, in un soggetto con pregressa patologia di ginecomastia, la cui vicenda è stata ricostruita sulla base degli atti di parte, stante la scarsa documentazione depositata (cartella clinica 1988/2014 ### di ### privata ### relazione della dott.ssa F. Ferraguzzi, psicoterapeuta del 25.09.2015, relazione del dott. ### medico legale, del 16.10.2015). 
Inoltre, i consulenti d'### hanno acquisito, direttamente dall' attore, un referto di rx eseguito dallo stesso per motivi di lavoro ed hanno visionato un'ecografia delle mammelle, una mammografia e una rx costato esterno, esami dagli stessi prescritti ed eseguiti dal sig. ### in data ###. 
Rispondendo ai quesiti formulati dal Giudice, i consulenti d'ufficio hanno rilevato che partendo da una condizione di ginecomastia di grado medio con eccesso cutaneo, il paziente è stato sottoposto ad un intervento chirurgico di mammectomia sottocutanea bilaterale con riduzione del diametro areolare, la cui esecuzione, invero, "fu imperfetta sia per l'incompleta adenectomia che per lieve asimmetria prodotta tra le due mammelle; tale insoddisfacente risultato è ascrivile ad una pura imperfezione tecnica del chirurgo che operò il sig. Romeo” (pag. 15 ###). Inoltre, in merito alla qualificazione di speciale difficoltà o meno precedente intervento del 2001 (semplice liposuzione) e di quanto descritto nel registra operatorio (niente di particolare è segnalato in merito), non è dimostrata alcuna speciale difficoltà nel praticare l'intervento in esame". 
Rispondendo ai quesiti il Collegio peritale ha quindi concluso (pagg.16, 17 ### che: "Nel caso in esame le condotte censurabili sono relative esplicitamente ed esclusivamente a una imperfetta tecnica chirurgica, che ha prodotto una lieve asimmetria mammaria, e alla carente tenuta della documentazione sanitaria da parte del dott. ### circa la sua attività privata, visto che nulla riguardo alla visita pre-operatoria e ai controlli post-operatori è stato prodotto in atti, neppure dalla stessa parte convenuta .....Esiste un profilo di responsabilità professionale addebitabile al dott. ### per l'imperfezione tecnica nell'intervento chirurgico del 19 dicembre 2014 che cagionò una lieve asimmetria mammaria nel sig. ###...Attualmente il sig. ### mostra una lieve asimmetria delle mammelle, riconducibile a imperfetta esecuzione dell'intervento chirurgico del 19 dicembre 2014, e cicatrici periareolari appena più evidenti del previsto a causa di un'evoluzione sfavorevole della guarigione delle ferite chirurgiche (si verificarono infatti deiscenze delle suture), evoluzione sfavorevole però ascrivibile a complicanza - e quindi ad una causa naturale - e non ad un errore del chirurgo." Inoltre, i consulenti d'ufficio hanno rilevato la carenza nella tenuta della cartella clinica de parte del chirurgo dott. ### Essendo stata rilevata un'imperfetta tecnica chirurgica e una insufficiente annotazione clinica, deve ritenersi accertata la responsabilità professionale del dott. ### per 1'imperfetta esecuzione dell'intervento chirurgico del 19.12.2014 che ha provocato al paziente una lieve asimmetria delle mammelle con conseguente l'obbligo risarcitorio in virtù del contratto intercorso tra il paziente ed il medico, professionista voluto e scelto dal sig ### in regime di libera professione intra moenia. 
Deve invece escludersi la riferibilità delle cicatrici periareolari all'operato del chirurgo in quanto esse si innestano nel processo di guarigione delle ferite e sono dovute ad una causa naturale (ag.16 Relazione peritale) Aggiunge infatti il Collegio dei CTU che, se l'intervento fosse stato eseguito a regola d'arte non sarebbero residuati postumi, tranne le cicatrici ordinarie; alla data delle operazioni peritali, a parte un "lieve peggioramento rispetto allo stato anteriore. Nessun'altra conseguenza è dimostrativamente derivata alla salute del ricorrente.' (pag. 18 ###).
In particolare: a) sui postumi permanenti, gli esperti hanno ritenuto la sussistenza di "una menomazione permanente dell'integrità psico-fisica stimabile nella misura del 3% (tre percento) in riferimento al concetto di danno biologico, tenuto conto delle ### 2016, in particolare per ciò che attiene il pregiudizio estetico in ### I (pag.18 Relazione ctu); b) per quanto concerne l'inabilità temporanea, i CTU hanno concluso che ### cagionato una lieve asimmetria delle mammelle, infatti non cagionò un prolungamento dei tempi di guarigione i quali invece furono incrementati da complicanze differenti (deiscenza delle suture) e naturali" (pag. 18 ###), complicanze non imputabili, come detto, all'operato del chirurgo La responsabilità della struttura di appartenenza nel caso in cui, come nella specie, soltanto il sanitario versi in colpa per l'esito infausto del trattamento medico, deve affermarsi ai sensi dell'art.  1228 c.c., in forza del quale il debitore della prestazione (in questo caso sanitaria) è tenuto a rispondere dell'operato dei propri dipendenti ed addetti, qualora si avvalga di essi per l'adempimento. 
Oggi a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 7 L. 24/2017, "1. La struttura sanitaria a sociosanitaria pubblica o privata che, nell'adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell'opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 122: del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose. 2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle prestazioni sanitarie svolte in regime di libera professione intramurara ovvero nell'ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il ### sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina. 3. ### la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. ..". 
Tenuto conto però che l'evento dannoso si è verificato antecedentemente all'entrata in vigore della legge 24/2017, norma non retroattiva (Cass., sentenza n. 28994/2019), i risultati non cambiano anche in forza della normativa pregressa in quanto "in tema di danni da malpractice' medica nel regime anteriore alla legge n. 24 del 2017, nell'ipotesi di colpo esclusiva del medico la responsabilità dev'essere paritariamente ripartita tra struttura e sanitario, nei conseguenti rapporti tra gli stessi, eccetto che negli eccezionali casi d'inescusabilmente grave, del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute cui la struttura risulti essersi obbligata " (Cass. Sez. II, 28987/2019). 
Ciò posto, anche in capo alla struttura sanitaria sussiste una responsabilità di natura contrattuale diretta. ### relazione dei consulenti d'ufficio appare pregevole sia per il grado elevato di approfondimento dell'indagine e sia per la coerenza delle argomentazioni, tutte ancorate a motivazioni specifiche e riscontrabili. Efficaci ed esaustive sono poi anche le considerazioni del Collegio peritale in risposta alle osservazioni avanzate dai ### di parte attrice, in punto di entità e rilevanza del postumo permanente, avendo questi ultimi rilevato la sussistenza anche di reliquati di natura psichica che dovrebbero trovare un adeguato riconoscimento. 
I postumi del 3%, invero, si riferiscono alla parte organica" del danno biologico permanente - come precisato dai ### consistendo in un "danno prettamente estetico di lieve entità senza alcun impatto funzionale...I reliquati di natura psichica, invece, oltre a non trovare adeguato riscontro nella criteriologica medico legale classica (manca, per esempio, la soddisfazione del criterio dell'adeguatezza lesiva e del criterio cronologico), risentono in negativo anche della completa negatività anamnestica (il paziente non ha riferito nulla di specifico al riguardo, se non affermare il proprio risentimento) e della insufficienza documentale" (pag.20 Relazione). 
Parte attrice ha depositato la ### della dott.ssa ### psicoterapeuta, relativa ad un unico incontro del 25.09.2015 (allegata alla ###del dott. ### - doc,1 Ricorso introduttivo), dalla quale emerge un quadro di disagio del sig. ### avente origine fin dall'età puberale per la presenza di accumulo di tessuto adiposo nell'area mammellare, al punto da decidere di sottoporsi ad in primo intervento di liposuzione all'età di 22 anni e, poi, affrontarne un secondo nel 2014 per liberarsi dal difetto estetico. La psicoterapeuta riporta che il danno estetico cicatriziale ha infatti determinato uno stato di notevole disagio nelle sitazioni sociali che viveva abitualmente'" (pag.  2), come la frequentazione della palestra, la doccia post-lavoro, la frequentazione della spiaggia o della piscina, oltre all'insicurezza nell'intimità con la moglie, la quale proverebbe una condizione di dolore nel vedere le cicatrici. 
Quindi nell'anamnesi la dott.ssa ### ha riportato un narrato di disagio che ha origine in tempi remoti, ossia nell'età puberale, con le difficoltà di mostrarsi in pubblico già all'epoca. 
Per cui, tutto ciò premesso, considerato che il minimo esito cicatriziale non è eziologicamente connesso con l'errore nell'esecuzione dell'intervento chirurgico verificato che l'errore medico ha comportato soltanto una lieve asimmetria delle mammelle, la condizione riferita nella ### della psicoterapeuta, per quanto effettiva, non è imputabile all'operato del chirurgo e il postumo residuato non deve essere integrato con un ulteriore cespite di danno biologico, pur potendosi però valutare al fine di ritenere invece integrata la componente morale-subiettiva del danno non patrimoniale che quindi dovrà essere computato (cfr. ###. 3, Sentenza n. 339 del 13/01/2016 (Rv. 638731 - 01) "..omissis.. va liquidato anche il danno morale, ancorché conseguente a lesioni di lieve entità ###, purché si tenga conto della lesione in concreto subita, non sussistendo alcuna automaticità parametrata al danno biologico, e il danneggiato è onerato dell'allegazione e della prova, eventualmente anche a mezzo di presunzioni, delle circostanze utili ad apprezzare la concreta incidenza della lesione patita in termini di sofferenza e turbamento." Non è dovuta, infine, la personalizzazione del danno come invero richiesto dall'attore in assenza di elementi atti a provare che l'invalidità accertata sia tale da incidere in modo particolarmente gravoso, tenuto conto del vissuto pregresso dell'attore. 
Sul punto, il Tribunale aderisce alle conclusioni dei ### “Attualmente il sig. ### è portatore di una lieve asimmetria mammaria che rappresenta un lieve peggioramento rispetto allo stato anteriore. Nessun'altra conseguenza è dimostrativamente derivata alla salute del ricorrente." All'udienza del 26.01.2021, è stato sentito in sede di interpello il ricorrente che ha confermato la circostanza della disponibilità del dott. ### ad eseguire la revisione chirurgica della cicatrice per migliorarne l'aspetto, in anestesia locale, ma il sig. ### ha scelto di non procedere. 
Accertato, quindi, l'esistenza di un danno biologico permanente risarcibile rientrante nelle c.d.  micropermanenti, in punto di quantificazione del danno, devono trovare applicazione le ### per le micropermanenti in attuazione degli artt. 138 e 139 Codice delle ### private, ex ### 209/2005, ex art.7 della ###/2017 e prima ex art. 3 DL 158/2012 ed ### (convertito nella L. 189/2012). 
Circa l'applicabilità alla liquidazione del danno non patrimoniale da responsabilità sanitaria delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 Dlgs 209/2005, deve ricordarsi che "In tema di risarcimento del danno alla salute conseguente ad attività sanitaria, la norma contenuta nell'art. 3, comma 3, del d.l.  n..158 del 2012 (convertito dalla l. n. 189 del 2012) e sostanzialmente riprodotta nell'art. 7, comma 4, della I. n. 24 del 2017 - la quale prevede il criterio equitativo di liquidazione del danno non patrimoniale fondato sulle tabelle elaborate in base agli artt. 138 e 139 del d.lgs. n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private) - trova applicazione anche nelle controversie relative ad illeciti commessi e a danni prodotti anteriormente alla sua entrata in vigore, nonché ai giudizi pendenti a tale data (con il solo limite del giudicato interno sul "quantum"), in quanto la disposizione, non incidendo retroattivamente sugli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, non intacca situazioni giuridiche precostituite ed acquisite al patrimonio del soggetto leso, ma si rivolge direttamente al giudice, delimitandone l'ambito di discrezionalità e indicando il criterio tabellare quale parametro equitativo nella liquidazione del danno." (Cass. Sez. 3-, Sentenza n. 28990 del 11/1 1/2019, Rv. 655965 -01).
Quindi dovendo liquidare il danno non patrimoniale in tutte le sue componenti ed in modo unitario, tenuto conto dell'età di ### nel 2014 (37 anni), considerati i postumi permanenti riconosciuti, condivisibilmente, dal Collegio dei CTU in 3%, visto il valore del punto base danno permanente (tabella di riferimento 2022-2023) pari ad €. 870,97, il danno biologico da risarcire è pari ad €. 2.712,20. 
La somma dovuta a titolo di danno biologico permanente, computando un danno morale del 33%, è quindi da quantificarsi in €. 3.616,18 da devalutare alla data della domanda stragiudiziale (09.12.2015 messa in mora racc. ar depositata con ### ex art. 702 bis cpc) in €. 3.046,49, somma da maggiorare di rivalutazione monetaria e interessi compensativi come da Cass. Civ. Sez.Un.  n.1712/1995 così giungendosi all'importo finale di €. 3.782,42 oltre interessi legali al saldo (trasformandosi il credito di valore in credito di valuta all' atte della liquidazione). 
Per quanto concerne la quantificazione del danno patrimoniale, dagli atti risulta che parte attrice ha affrontato le seguenti spese mediche inerenti l'evento per un totale di €. 855,20 (doc. 13 ###, di cui: €.610,00 dr ### visita specialistica e relazione medico legale -ricevuta n.461 del 2.10.2015, pagata; €.80,00 (eco mammaria fattura n.2333/P del 28.04.2017), pagata; €, 165,20 consulenza psicologica e stesura relazione ###ssa ### (ricevuta 118/2015 del 26.09.2015). 
Deve qualificarsi alla stregua di danno patrimoniale quantificato I solo esborso per spese mediche comprendenti sia le visite specialistiche sia gli esami diagnostici per l'importo totale di €. 855,20, da rivalutare con interessi dall'epoca della domanda ad oggi in euro 1.071,16.  ### ha poi avanzato domanda di risarcimento del danno patrimoniale estendendolo alla ripetizione delle spese sostenute per il ricovero presso la ### di ### (€.2.016,40 fattura n. 133 1/2 del 30.03.2015 ### ricovero presso ### di cura S. ### €,2,950.00 fattura n. 4437 del 22.12.2014 ### per un totale di €. 4.950,00 (doc.ti 9,10,11 del ### attestanti anche l'avvenuto pagamento) oltre alle spese per l'intervento destinato alla ### di ### (es.  retta di degenza) di 6.473,08 (fattura n.15/### de 25.03.2015- doc.12 ###, per un totale complessivo di €. 5.423,08, avanzata quale componente del danno patrimoniale, ### peritale sul punto ha evidenziato che i postumi riconosciuti non hanno comportato alcun impatto funzionale bensì soltanto un danno estetico di lieve entità, riparabile con intervento in anestesia locale, anche ambulatorialmente, ma al quale l'attore non ha aderita nonostante la disponibilità del dott. ### come è emerso anche in sede di interpello dell'attore. 
Per quanto il rilievo operato sul punto dai c.t.u. non sia pertinente, tale domanda non può trovare accoglimento.
Le voci di spesa delle quali parte attrice chiede il rimborso a titolo di risarcimento del danno non possono in alcun modo qualificarsi come poste risarcitorie ma piuttosto come restituzioni in senso tecnico: sul punto avrebbe dovuto eventualmente proporsi domanda per la restituzione dei compensi per l'intervento chirurgico in una con la correlata domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, domande queste che però non sono state formulate. 
Nel caso di specie, peraltro, il sig. ### nella narrativa degli atti ha avanzato istanza di restituzione, ma nelle conclusioni come precisate ha richiesto solo il risarcimento del danno e non ha formulato specificamente anche la domanda di restituzione dell'esborso per l'intervento chirurgico né tanto meno domanda di risoluzione del contratto per prestazione professionale; conseguentemente, la domanda risarcitoria avente ad oggetto tali voci di spesa non può essere accolta ### complessivo del risarcimento liquidabile deve quindi quantificarsi in ### 4.854,02. 
Infine, per quanto riguarda le spese di attivazione del procedimento (di mediazione civile di €.48,80), quelle del giudizio, tenuto conto dell'esito negativo della mediazione civile svolta nel 2017 così come del vano tentativo di conciliazione posto in essere in occasione delle operazioni peritali (connotato da una proposta peritale di contenuto superiore alle conclusioni della ###, falliti entrambi per il rifiuto da parte del sig. ### che ha insistito in esose richieste risarcitorie e visto anche l'accoglimento parziale delle domande attoree, le parti convenute devono essere condannate a rifondere le spese dell'attore solo fino alla concorrenza dei quattro quinti. 
Le spese di CTU e CTP attorea devono invece gravare sulle parti convenute in solido tra loro.” Con atto di citazione ritualmente notificato, la ### ha proposto appello avverso la sentenza, impugnandola con un solo articolato motivo di gravame (con i quale si è lamentato dell'avvenuta violazione dell'art. 91, comma 1, secondo periodo, c.p.c. e della condanna alla refusione delle spese di c.t.u. e c.t.p.). 
Si sono costituiti in giudizio ### che ha chiesto il rigetto dell'appello, nonché ### che si è associato alle difese della ### La causa, che segue il nuovo rito civile “Cartabia”, è passata quindi in decisione all'udienza cartolare del 7.10.2025 mediante ordinanza emessa dal ### istruttore ex art. 127 ter cpc in data ### e viene decisa dal Collegio all'odierna camera di consiglio.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con l'unico articolato motivo di gravame, l'appellante ha censurato la decisione del giudice di primo grado di condannarla, in solido con il ### al pagamento dei 4/5 delle spese di lite e di porre a loro carico le spese di c.t.u. e quelle di c.t.p. sostenute dal ###
In particolare, la ### in relazione al primo rilievo, ha affermato che il giudice di primo grado, pur avendo accolto la domanda risarcitoria avanzata dall'attrice nei limiti di euro 4.854,02 (ovvero di una somma notevolmente inferiore a quella richiesta dal ### per una invalidità permanente del 12%), aveva poi liquidato le spese di lite in favore della parte attrice senza tener conto del fatto che il medesimo aveva rifiutato, senza giustificato motivo, una proposta conciliativa (avanzata sia in sede ###occasione dello svolgimento delle operazioni peritali) migliore di quella disposta in sentenza. 
Il motivo è infondato. 
Ed invero, con riferimento al primo rilievo, va ricordato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di spese processuali, la condanna di cui all'art. 91, comma primo, secondo periodo, c.p.c. non costituisce sanzione a fronte di un danno punitivo, ma criterio di riparto dei costi del processo, in applicazione del principio della causalità, sotteso a quello della soccombenza, avendo lo scopo di regolare non le conseguenze della mancata conciliazione, ma quelle derivanti dal comportamento scorretto della parte che, pur sostanzialmente vittoriosa, si sia sottratta ad una seria proposta di conciliazione, atteso che il legislatore, con detta disposizione (ricollegabile, per l'identità di ratio, all'art. 2, comma 2-quinquies, lett. b), della legge n. 89/2001), ha inteso regolare le conseguenze, non tanto della mancata conciliazione in sé, quanto piuttosto dell'abuso del processo e dello scorretto comportamento della parte che, pur nella sostanza vittoriosa, si sia sottratta ad una seria e ragionevole piattaforma conciliativa proposta o accettata dall'avversario, determinando una inutile prosecuzione del giudizio (cfr Cass. civ. ord. n. 7591 del 16.3.2023). 
Tanto ricordato, si osserva che, nel caso di specie, il ### non aveva partecipato alla procedura di mediazione, nonostante fosse stato regolarmente convocato (vd verbale di mediazione del 13.6.2017) e che la mediazione si era conclusa senza la formulazione, da parte del mediatore incaricato, di alcuna proposta conciliativa. 
Detta circostanza negativa escludeva, pertanto, l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 13 del D.lgs 28/2010, atteso che il rifiuto della proposta conciliativa rappresenta il presupposto della condanna della parte vincitrice al pagamento delle spese processuali (“### il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto… ### il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l'indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all'esperto di cui all'articolo 8, comma 4…). 
Inoltre, in relazione ai tentativi di conciliazione esperiti nell'ambito delle operazioni peritali, si evidenzia che neanche in tale sede era stata formulata una effettiva proposta conciliativa, atteso che quella avanzata dai c.t.u. riguardava solo la percentuale di invalidità permanente, quantificata nel 5% (che era maggiore di quella successivamente riconosciuta, pari al 3%, ma anche nettamente inferiore a quella quantificata dal medico di fiducia del ### pari al 12/13%) e non conteneva alcuna previsione di disciplina degli altri elementi di danno (quali ad es. la personalizzazione del danno, il danno morale, la quantificazione delle spese, il rimborso di quanto pagato alla struttura ed al medico per l'intervento chirurgico) e che tale carenza, che non consentiva una effettiva valutazione ex ante della situazione da parte dell'attore, era tale da privare del carattere di pretestuosità il rifiuto della proposta da parte del ### Si osserva, infine, che l'ultimo inciso dell'art. 91, primo comma, secondo periodo, c.p.c. fa salvo quanto disposto dall'art. 92, secondo comma, c.p.c., per cui la condanna della parte vittoriosa che si sia vista accogliere la domanda in misura non superiore alla proposta conciliativa può trovare applicazione soltanto nel caso in cui il giudice non ritenga di provvedere alla compensazione delle spese "per soccombenza reciproca" (come avvenuto nel caso di specie) o per "novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti", che possono riguardare circostanze mitigatrici della responsabilità per il mancato accordo, soprattutto per "fatto della controparte", ovvero le stesse circostanze che hanno giustificato il rifiuto della proposta. 
Pertanto, poiché, nel caso di specie, ricorreva la predetta clausola di riserva, avendo il giudice di primo grado ritenuto integrata una fattispecie di soccombenza reciproca ex art. 92, secondo comma, c.p.c., legittimante la compensazione parziale delle spese di lite, ne consegue che appare immune da censure la decisione del medesimo di escludere l'applicazione alla fattispecie del predetto dettato normativo. 
Con riferimento, poi, al secondo rilievo, si rileva che la decisione del giudice di primo grado di porre a carico dei convenuti, in solido tra loro, le spese di c.t.u. e di c.t.p. appare del tutto condivisibile, atteso quest'ultimi, avendo escluso nettamente la propria responsabilità, ne avevano reso necessario lo svolgimento in relazione alla domanda risarcitoria avanzata dal ### Le spese di lite del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo (esclusa la fase istruttoria, non espletata), secondo i parametri dello scaglione di valore compreso tra euro 5.200,01 ed euro 26.000,00 del decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10.3.2014, aggiornati al D.M. n. 147 del 13.8.2022 (in vigore dal 23.10.2022), mentre si ritiene equo compensare le stesse tra l'appellante e l'appellato ### in ragione dell'adesione di quest'ultimo all'appello avanzato dalla ### Deve, infine, darsi atto che per effetto dell'odierna decisione sussistono i presupposti di cui all'art.  13, comma 1 quater, del DPR 115/2002 (come novellato dall'art. 1 comma 17 L. 24.12.2012 n. 228) per il versamento dell'ulteriore contributo unificato di cui all'art. 13 comma 1 bis DPR 115/2002.  P.Q.M.  la Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando sull'appello proposto dalla l'### avverso la sentenza n. 1283/2023 del Tribunale di ### pubblicata in data ###, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così decide: - rigetta l'appello; - condanna l'appellante alla rifusione delle spese sostenute dalla parte appellata ### nel presente grado di giudizio, liquidando il compenso professionale in totali euro 3.966,00 (oltre al rimborso forfettario delle spese generali pari al 15% del liquidato compenso), con l'IVA ed il CAP come per legge; - dichiara interamente compensate le spese di lite tra le altre parti. 
Si dà, altresì, atto che per effetto dell'odierna decisione sussistono i presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater, del DPR 115/2002 (come novellato dall'art. 1 comma 17 L. 24.12.2012 n. 228) per il versamento dell'ulteriore contributo unificato di cui all'art. 13 comma 1 bis DPR 115/2000. 
Così deciso in ### il ###.   ### rel. est.   ###ssa ### divulgazione del presente provvedimento, al di fuori dell'ambito strettamente processuale, è condizionata all'eliminazione di tutti i dati sensibili in esso contenuti ai sensi della normativa sulla privacy ex D. Lgs 30 giugno 2003 n. 196 e successive modificazioni e integrazioni.

causa n. 2385/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Carla Santese

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Tribunale di Velletri, Sentenza n. 2022/2024 del 02-10-2024

... inadempienza, l'operatività del rimedio generale della risoluzione del contratto per inadempimento, sottratto alle limitazioni che sarebbero, invece, previste dalla speciale disciplina dettata in materia di compravendita dagli artt. 1470 e ss. c.c. (cfr. ancora Cass. civ. n. 13214/24 cit., nonché già, tra le altre, Cass. civ. n. 23547/2017, Cass. civ. n. 10665/2020). Ed ancora, tenuto conto che, nel caso che occupa, si verte in presenza di una risoluzione per inadempimento invocata da parte attrice tramite lo strumento di cui all'art. 1385 c.c., è opportuno evidenziare che i rilievi sin qui operati valgano, tal quali, anche rispetto all'esercizio del recesso previsto da tale disposizione, atteso che - come è stato chiarito già da tempo, anche sul punto, dal giudice di legittimità - il recesso di cui all'art. 1385 cit. “…costituisce null'altro che uno speciale strumento di risoluzione negoziale per giusta causa, alla quale lo accomunano tanto i presupposti (l'inadempimento della controparte) quanto le conseguenze (la caducazione ex tunc degli effetti del contratto)” (cfr. per tutte, già Cass. civ. S.U. n. 553/2009). Affinché possa darsi luogo a un legittimo esercizio di tale (leggi tutto)...

testo integrale

 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VELLETRI ### Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa ### ha pronunciato la presente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 7251/2019 r.g.a.c., trattenuta in decisione all'udienza del 21.03.2024, con l'assegnazione di termini ex art. 190 c.p.c. (ratione temporis applicabile), di giorni sessanta per il deposito di comparse conclusionali e successivi giorni venti per memorie di replica, vertente tra ### (C.F. ###), rappresentata e difesa dall'avv. ### ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, sito in ### via ### n. 63, come in atti; attrice e ### (C.F. ###), ### (C.F.  ###), entrambi rappresentati e difesi dall'avv. ### ed elettivamente domiciliati presso il suo studio, sito in ### viale ### n. 12, come in atti; convenuti ### risoluzione contrattuale. 
Conclusioni delle parti: come da verbale di udienza del 21.03.2024 (per l'attrice: conclusioni come da memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c.; per i convenuti: conclusioni come da loro memoria congiunta depositata ai sensi dell'art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c. ). 
Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione regolarmente notificato al ### in data ### e in data ### al #### ha adito questo Tribunale, chiedendo: “A) in via principale: accertato il grave inadempimento dei ###ri ### e ### quali promissari acquirenti dell'immobile sito in ####, via dei ### 37, int. 1 per i motivi tutti espressi in narrativa, per l'effetto: 1) dichiarare legittimo il recesso della sig.ra ### dalla scrittura privata/contratto preliminare con gli stessi sottoscritto in data ### e 2) condannare gli odierni convenuti alla restituzione in favore dell'odierna attrice del doppio della caparra dalla stessa a loro versata sino ad oggi e pari ad € 94.000,00 (novantaquattromila/00) e della maggior somma che maturerà alla data del rilascio dell'immobile, che sarà calcolata nel proseguo del giudizio; B) sempre in via principale: condannare, altresì, i sigg.ri ### alla restituzione in favore della ###ra ### dei seguenti importi: € 550,00 versato a titolo di polizza fideiussoria; € 244,00 corrispondente al 50% delle spese di registrazione del contratto preliminare ed € 813,74 quale rimborso delle spese tutte di mediazione; C) con vittoria di spese e competenze di procedimento, oltre al rimborso spese generali, Iva e Cpa come per legge”.   A fondamento di tali domande, l'attrice ha sostenuto, in sintesi: - di avere sottoscritto, in data ###, un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto l'immobile di proprietà dei ### situato ad ### viale dei ### n. 37, int.  1, catastalmente distinto al foglio 26, part. 180, sub. 11, cat. A/7; nell'ambito di tale contratto, è stato manifestato da essa istante l'intendimento di acquistare il bene e di procedere alla stipula del rogito notarile entro e non oltre il termine di quattro anni, con il versamento del relativo prezzo mediante il pagamento di una somma mensile di € 1.200,00, da considerarsi quale caparra confirmatoria, e del saldo residuo al momento del contratto definitivo; - che, in pari data, i ### hanno richiesto, peraltro, ad essa attrice di sottoscrivere anche un'ulteriore scrittura recante l'impegno a versare ulteriori somme da imputare in conto prezzo, scrittura però non registrata e in virtù della quale la ### ha versato, comunque, ai convenuti un importo aggiuntivo di € 5.000,000, da considerare anch'esso quale caparra confirmatoria, oltre alla somma dai lei corrisposta mensilmente di € 1.200,00/mese; - che, nonostante il suo regolare adempimento e il pagamento delle somme dovute, per un importo di € 19.200,00 complessivi, i ### hanno, però, improvvisamente inviato alla ### in data ###, una missiva con la quale le hanno richiesto il rilascio della polizza fideiussoria prevista dall'art. 9 del contratto preliminare, e ciò sebbene fossero già trascorsi, a quella data, quasi due anni dalla stipula del preliminare stesso; a tale missiva essa attrice ha replicato, in ogni caso, affermando che avrebbe provveduto a consegnare la polizza richiesta e a tanto ha provveduto, in effetti, “di lì a poco”, ciò nondimeno ricevendo, poi, il successivo 26.10.2018, un'istanza di mediazione proveniente dagli odierni convenuti, con la quale gli stessi hanno invocato la risoluzione del preliminare per il suo asserito inadempimento, sostenendo infondatamente che la polizza da lei consegnata non fosse idonea e non indicando, oltretutto, le ragioni per le quali la stessa dovesse ritenersi insufficiente, ovvero il perché detta polizza fosse da considerare, comunque, come una condizione indispensabile per il prosieguo del rapporto contrattuale, a fronte del rilevante arco temporale già trascorso dalla stipula del preliminare; - che, invece, nel corso della procedura di mediazione è emerso che l'immobile dei ### è viziato da abusi edilizi, così come rilevati in data ### dal tecnico incaricato da essa istante onde richiedere il mutuo per l'acquisto del bene, e tali abusi sono stati sottaciuti dai convenuti, non essendo stati indicati nel contratto, nel quale è stato riportato, piuttosto, che l'immobile fosse libero da pesi e immune da vizi; inoltre, per quanto i promittenti venditori si siano impegnati, in data ###, a incaricare un tecnico al fine di sanare le irregolarità dell'immobile, peraltro “a spese della Brahimi”, nessun incarico vi è stato poi da parte degli stessi, talché la ### si è vista costretta a presentare al Comune di ### e alla ### una richiesta di sopralluogo presso l'immobile e nel giugno 2019 il Comune ha confermato l'esistenza di abusi insanabili commessi dai proprietari per l'ampliamento della camera da letto, oltre che per una tettoia posta sul balcone del primo piano del villino e la costruzione di un locale tecnico nel giardino, con conseguente segnalazione di tali fatti anche alla competente ### della Repubblica; - che, allo stato, essa istante sta cercando di reperire un altro immobile da acquistare, con notevoli disagi, e continua a versare l'importo mensile di € 1.200,00, da considerare sempre quale caparra confirmatoria, avendo corrisposto, conseguentemente, ai ### alla data dell'atto di citazione, € 42.000,00 complessivi, oltre all'importo ulteriore di € 5.000,00 già sopra menzionato; - che avuto riguardo agli abusi suindicati non è più suo interesse, quindi, addivenire alla conclusione del contratto definitivo, bensì è sua intenzione recedere dal preliminare e richiedere il pagamento ai convenuti del doppio della caparra complessivamente versata, ad oggi per un ammontare pari a € 94.000,00, oltre agli ulteriori importi che matureranno sino al rilascio del bene, tenuto conto dell'inadempimento che è da ascrivere esclusivamente ai predetti per avere sottaciuto i suindicati abusi insanabili, in spregio all'obbligazione assunta di alienare un bene che fosse invece immune da vizi, ai sensi dell'art. 1490 c.c., applicandosi tale garanzia anche a un contratto come quello di cui si tratta, il quale, al di là di alcune parti in cui il sinallagma sembra essere squilibrato in favore della promissaria acquirente, senz'altro configura un preliminare di compravendita; è dunque evidente che i promittenti venditori, obbligandosi ad alienare un immobile esente da vizi, si siano resi inadempienti rispetto a quanto pattuito, mentre, tenuto conto del tempo trascorso dalla conclusione del preliminare e del regolare adempimento da parte di essa attrice, l'avversa contestazione in merito alla mancata consegna della polizza costituisce, in realtà, un mero pretesto impiegato dai ### in mala fede, per costringere la ### a sottoscrivere il rogito anticipatamente, ovvero per trattenere, in difetto, le somme da lei già corrisposte.   Disposta alla prima udienza del 01.12.2020 la rinnovazione dell'originaria notifica dell'atto di citazione, si è poi tempestivamente costituito in giudizio, in data ###, il convenuto ### contestando le avverse deduzioni e domande e chiedendo, per parte sua: “- in via pregiudiziale: previa verifica della decadenza o meno di parte attrice ex art. 291 cpc dalla possibilità di integrare il contraddittorio nei confronti del #### accertare comunque l'improcedibilità della domanda attrice per il mancato esperimento del procedimento di mediazione, assegnando il termine di 15 giorni alla medesima per la presentazione della relativa domanda; - nel merito: respingere ogni domanda proposta dall'attrice nei confronti di ### perché infondata in fatto e in diritto; - in via riconvenzionale: accertare e dichiarare la risoluzione del contratto sottoscritto in data ### per grave inadempimento della ###ra ### per non aver provveduto alla consegna della polizza fideiussoria con le caratteristiche e nel termine stabilito dall'art. 9 del contratto, e per l'effetto condannare la stessa al pagamento della penale di cui all'art. 11 lett. A) per il ritardo di 499 giorni nel rilascio dell'immobile; - sempre in via riconvenzionale: accertare e dichiarare l'eventuale ed ulteriore inadempimento della ###ra ### con riguardo all'art. 10 del contratto ed il conseguente diritto del #### al ristoro di tutti i danni arrecati all'immobile di ### dei ### 37 ad ### ivi compresi quelli agli arredi interni ed esterni, per le piante essiccate e per quelle sottratte, per le spese condominiali non corrisposte all'### condominiale sino alla data del rilascio, danni e spese che saranno quantificati in corso di causa e, per l'effetto condannare la ###ra ### al pagamento di tutte somme che risulteranno dovute a tali titoli”, il tutto con il favore delle spese processuali e con la condanna dell'attrice ai sensi dell'art. 96 c.p.c., ricorrendone i presupposti.   Ha esposto, sinteticamente, tale convenuto: - che la domanda attorea è anzitutto improcedibile per il mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, ex art. 5 d.lgs. n. 28/2010, tenuto conto che il contratto per cui si controverte è inquadrabile nella fattispecie dei “contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili”, di cui all'art. 23 D.L. n. 133/14, conv. in L. n. 164/14, e per taluni profili lo stesso è da ritenersi accomunato alla locazione immobiliare; - che, sempre in via preliminare, vi è poi che la ### ha violato l'art. 10 d.lgs. n. 28/10, dal momento che ha fatto valere in questa sede l'esistenza di asserite irregolarità edilizie dell'immobile compromesso in vendita indicando che si sarebbe trattato di informazioni e dichiarazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione avviato dai convenuti nei suoi confronti, informazioni e dichiarazioni da considerare, tuttavia, inutilizzabili, stante l'assenza di un consenso prestato dai ### secondo quanto previsto dall'art. 10 cit.; - che nel merito l'avversa domanda è, comunque, priva di fondamento, atteso che non è veritiero che i ### abbiano tenuto una condotta inadempiente, avendo invece ottemperato a tutte le obbligazioni poste a loro carico, mentre a rendersi inadempiente è stata proprio la parte attrice, non avendo la stessa consegnato, né nel termine stabilito nel preliminare, né successivamente, un'idonea fideiussione bancaria o assicurativa in favore dei promittenti venditori per l'importo di € 14.400,00, e ciò sebbene il rilascio di tale garanzia sia stato da loro domandato con “innumerevoli richieste orali e scritte, dapprima informali mediante messaggi sul telefono e poi formali”, quale, in particolare, la diffida prodotta dalla stessa ### del 30.04.2018, a cui ha fatto seguito soltanto l'invio da parte sua di una nota di tale “Fideunioncommercio”, e dunque non di una banca o società assicurativa e recante, al più, una mera delibera di un simile consorzio tra commercianti circa l'impegno a costituirsi garante sulla base di condizioni contrattuali di cui non è stata data, per di più, alcuna evidenza, oltre al fatto che la promissaria acquirente neppure svolte pacificamente un'attività commerciale, non potendo essere iscritta, pertanto, a un ente siffatto; l'inadempimento così perpetrato dalla ### è, poi, connotato da gravità, poiché quest'ultima ha dimostrato, in tal modo, di non avere credibilità presso il sistema bancario e assicurativo e, d'altra parte, la stessa non risulta avere presentato nemmeno una domanda di mutuo onde procurarsi il denaro necessario per l'acquisto, talché con la successiva missiva del 20.07.2018 la sua inadempienza è stata specificamente contestata, con conseguente obbligo della medesima a provvedere al rilascio nei successivi 45 giorni e al pagamento della penale giornaliera di € 200,00 prevista nel contratto preliminare in ragione del ritardo nella restituzione del bene, poi intervenuta soltanto in data ###, per complessivi € 99.800,00; - che per quanto concerne, invece, gli abusi edilizi che, a dire dell'attrice, sarebbero stati da lei conosciuti a seguito di verifiche svolte da un “fantomatico perito”, gli stessi, ove ritenuti rilevanti in questa sede, pur a fronte dell'eccezione di inutilizzabilità ex art. 10 cit., hanno comunque interessato, in realtà, irregolarità di entità minima, afferendo a un piccolo vano tecnico insistente sul giardino e a una tettoia posta sul balcone del primo piano, poi sanati da parte dei convenuti, oltre che a un piccolo ampliamento di una stanza posta al piano terra per circa 2 mq., che è stato eliminato, ripristinando la regolarità dell'immobile; si tratta dunque di circostanze che in alcun modo giustificano la pretesa attorea di liberarsi dal vincolo contrattuale assunto, derivando tale pretesa, piuttosto, da un mero ripensamento della ### rispetto all'acquisto alle condizioni concordate, donde l'irripetibilità di quanto da lei versato in virtù del contratto sottoscritto, tenuto conto di quanto previsto al riguardo dall'art. 5 di tale contratto; - che, inoltre, sempre la ### ha violato l'obbligo di conservare l'immobile concessole in godimento, considerato che prima del rilascio ha asportato delle piante cycas presenti presso lo stesso ed ha poi restituito il bene in condizioni “pessime”, “…rompendo alcuni arredi e pavimenti, asportando un termoconvettore, asportando altre piante (altra cycas e un mandarino), lasciando il giardino completamente devastato dallo stato di incuria (con molte piante seccate), pieno di rifiuti e materiali abbandonati”, comportamento che determina, ai termini del preliminare, la sua risoluzione automatica; l'attrice va dunque condannata anche al risarcimento dei danni arrecati all'immobile, comprensivi delle spese per l'asporto dei rifiuti e l'invio a discarica, per un ammontare “…che il convenuto si riserva di quantificare in corso di causa”; - che, infine, la ### ha omesso di versare alcune rate condominiali relative al periodo in cui ha goduto del bene, rate anch'esse dovute, pertanto, dalla medesima, unitamente al rimborso delle spese per la procedura di mediazione avviata dai ### A seguito della rimessione in termini concessa all'udienza del 27.04.21, è stata poi rinnovata dalla ### anche la notificazione della citazione nei confronti del convenuto ### e in data ### anche quest'ultimo si è costituito in giudizio, contestando le deduzioni e le richieste attoree ed aderendo e facendo proprie le conclusioni già rassegnate dal fratello ### di cui ha ripetuto, sostanzialmente, ogni allegazione, eccezione ed istanza.   Radicatosi il contraddittorio, sono stati poi concessi i termini ex art. 183 co. 6 c.p.c., come richiesti, e nel primo degli stessi è stata depositata una memoria da parte della ### nella quale quest'ultima, oltre a richiamare le proprie deduzioni e richieste e a contestare le avverse deduzioni e conclusioni, ha soggiunto, inter alia, che l'abbattimento delle opere edilizie abusive ha comportato “l'eliminazione di una stanza, camera da letto, con conseguente impossibilità per l'attrice di destinarla a camera da letto, come inizialmente prospettata dalla parte venditrice”, oltre alla rimozione di una tettoia al primo piano, donde la configurabilità di una cd. vendita di aliud pro alio e la legittimità del suo recesso dal preliminare, con pagamento del doppio della caparra confirmatoria versata, ex art. 1385 c.c. Ha evidenziato, poi, che il suo asserito inadempimento contrattuale è, di contro, inesistente, non essendo sufficiente, del resto, “…non “ritenere valida” una polizza per chiedere la risoluzione”, senza che tale invalidità sia stata fatta oggetto di una valutazione giudiziale, ed avendo comunque essa istante provveduto regolarmente alla corresponsione degli importi pattuiti in favore dei ### senza che, invece, la mancata consegna della polizza fideiussoria sia stata prevista in contratto quale condizione essenziale e/o risolutiva; inoltre, quanto alle somme da lei versate, le stesse sono state concordate quale caparra confirmatoria, non già come canoni locativi, contrariamente a quanto preteso dai convenuti, e così risultano infondate e non provate anche le loro doglianze in ordine ai danni che sarebbero stati arrecati all'immobile, né è veritiero che vi sia stata una richiesta dei medesimi di restituzione del bene, avendole i ### domandato, piuttosto, soltanto di potervi accedere per effettuare i lavori, come da missiva del dicembre 2019, con la conseguente necessaria loro condanna anche ai sensi dell'art. 96 c.p.c., in ragione dell'inveridicità di quanto da loro allegato. Ed altresì, per quanto concerne la comparsa depositata dal ### la ### ne ha ribadito l'inammissibilità, già lamentata anche all'udienza del 12.10.2021, in ragione della tardività della sua costituzione, insistendo, infine, nell'ambito di tale sua prima memoria, nelle conclusioni già rassegnate nell'atto introduttivo, salva la modifica del quantum da lei richiesto in pagamento, per € 98.800,00, alla luce degli ulteriori importi versati ai convenuti sino alla data del 31.01.2020.   Anche i convenuti hanno depositato, inoltre, una memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c., contestando le avverse eccezioni e sostenendo, quanto all'inammissibilità per tardività delle domande svolte dal ### che si tratta di questione non rilevante con riferimento alla richiesta relativa alla risoluzione del contratto, comunque già proposta tempestivamente dal ### e così, analogamente, per le domande relative al pagamento della penale e al risarcimento dei danni, trattandosi di pretese comunque esercitate da uno dei comproprietari del bene anche a tutela dell'altro condividente, alle quali il ### si è limitato, così, soltanto a prestare adesione. Le conclusioni sono state, infine, rassegnate dai convenuti, in tale memoria, reiterando quelle già articolate nella comparsa di risposta del ### come sopra già richiamate.   La causa è stata successivamente istruita con i documenti depositati dalle parti e con la parziale ammissione e assunzione delle prove orali richieste, mentre sono state disattese le loro ulteriori istanze istruttorie, come da ordinanze in atti, che qui si confermano.   Quindi, sottoposta ai contendenti una proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c. e tenuto conto del rifiuto manifestato alla stessa dall'attrice, la causa è stata, infine, rinviata per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 21.03.2024, ove il fascicolo è stato trattenuto in decisione sulle conclusioni rassegnate (così come già riportate in epigrafe) e con l'assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. (ratione temporis applicabile), come richiesti.   Decorsi tali termini e visti gli scritti conclusivi presentati, il giudizio viene pertanto deciso come segue.   Preliminarmente, per ragioni di ordine logico giuridico, deve anzitutto richiamarsi e confermarsi quanto già rilevato con il provvedimento reso in data ###, con il quale è stata disattesa l'eccezione sollevata dai convenuti in ordine al mancato esperimento da parte dell'attrice della procedura di mediazione di cui all'art. 5 d.lgs. n. 28/2010.   Al riguardo, occorre infatti osservare che le controversie per le quali è previsto l'obbligatorio esperimento del tentativo di mediazione, ai sensi dell'art. 5 cit. (nel testo ratione temporis rilevante nel presente caso), sono oggetto di un'elencazione da ritenere di natura tassativa, trattandosi di una condizione di procedibilità che, in quanto tale, limita l'esercizio del diritto di agire in giudizio, costituzionalmente tutelato dall'art. 24 Cost., in particolar modo tenendo conto dell'indubbia gravità delle conseguenze che derivano dall'eventuale mancato espletamento di tale incombente, in virtù di quanto previsto dalla disposizione sopra citata (cfr. sul punto, di recente, Cass. civ.  ###/2022, e già, tra le altre, nella giurisprudenza di merito, ### Catania n. 2665/2020).   Vertendosi, dunque, in presenza di una previsione normativa a carattere eccezionale, la stessa non può, di certo, formare oggetto di un'interpretazione di tipo estensivo e tantomeno è praticabile una sua applicazione in via analogica, mentre è di tutta evidenza che a una simile applicazione si perverrebbe, nel presente caso, aderendo alla prospettazione dei convenuti, fondata sull'assunto che il contratto oggetto dell'odierna controversia possa ricondursi, a loro dire, al cd. rent to buy - quale fattispecie recentemente tipizzata anche dal legislatore e tuttavia non ricompresa, ciò nondimeno, nel novero di quelle per le quali è stato previsto l'obbligatorio esperimento della mediazione ex art. 5 cit. - ovvero che tale contratto presenti, comunque, in ragione del suo contenuto e della causa che ad esso è sottesa, taluni elementi riconducibili al tipo della locazione, atteggiandosi così - più propriamente - non già quale rent to buy, ma come un negozio misto atipico, ove al contratto preliminare di compravendita accede la previsione dell'anticipata consegna dell'immobile compromesso in vendita in favore della promissaria acquirente, verso il pagamento da parte sua di un corrispettivo mensile per la relativa occupazione.   ### d'improcedibilità sollevata dai ### va, quindi, senz'altro disattesa.   Sempre in via preliminare, si impone, poi, la disamina dell'eccezione svolta dalla ### in merito alla tardività della costituzione in giudizio del convenuto ### eccezione che si presenta, di per sé stessa, senz'altro fondata, sebbene poi il suo accoglimento non conduca, nel presente caso, alle conclusioni che l'attrice pretenderebbe di ritrarne.   Ed invero, relativamente alla tardività di tale costituzione, osserva il giudicante che la stessa sembra risultare persino pacifica, derivando, di certo, dall'avvenuto deposito della comparsa di risposta effettuato dal ### in data ###, allorquando era già spirato il termine di venti giorni prima dell'udienza del 12.10.21, di cui all'art. 166 c.p.c. (nel testo anteriore alla recente modifica di cui al d.lgs. n. 149/22), scaduto, in particolare, in data ###, includendo nel computo il dies ad quem ed escludendo, invece, il dies a quo (si v. nella giurisprudenza di legittimità, tra le altre, Cass. civ. n. 2953/2010).   Tenuto conto di quanto previsto dagli artt. 166 e 167 c.p.c., è però evidente, in primo luogo, che tale tardività potrebbe assumere rilevanza, in linea di principio, soltanto con riferimento ad eventuali eccezioni cd. in senso stretto (che nella specie non risulta siano state proposte dal ### e/o a domande riconvenzionali ivi spiegate dal convenuto, mentre la stessa non vale a rendere “inammissibile” la sua comparsa di costituzione in quanto tale - così come sembrerebbe aver opinato, invece, la ### all'udienza del 12.10.21 e nella sua prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. - e/o le deduzioni ed eccezioni cd. in senso lato formulate in detta comparsa da parte del medesimo.   Per quanto concerne, poi, la domanda avente ad oggetto la declaratoria dell'avvenuta risoluzione del contratto, per la quale il ### ha dichiarato di voler aderire a quanto già dedotto e richiesto dal ### è evidente che la sua tempestiva proposizione ad opera di quest'ultimo investa, inevitabilmente, l'intero rapporto negoziale e tutte le parti tra le quali lo stesso è stato instaurato, nella specie identificate, dal lato del “promittente venditore”, da entrambi i convenuti, nella loro qualità di comproprietari del bene indiviso, donde un suo eventuale accoglimento spiegherebbe, comunque, i suoi effetti anche nella sfera giuridica dell'altro condividente/promittente venditore, a nulla rilevando che il ### non sia costituito tempestivamente in giudizio, onde proporre anch'egli tale domanda in via riconvenzionale.   Non diverse considerazioni devono operarsi, inoltre, relativamente alle domande proposte dal ### ed alle quali il secondo dei due convenuti ha dichiarato di prestare adesione, afferenti il pagamento della penale prevista dall'art. 11 del contratto preliminare e il risarcimento dei danni che sarebbero stati arrecati dalla ### al bene di proprietà comune.   Così come è stato prospettato dai convenuti sin dalla loro prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c., vi è infatti da considerare che il singolo comproprietario del bene comune è in realtà legittimato ad agire per la tutela del bene nella sua interezza, senza che sia necessario il coinvolgimento in giudizio anche degli altri condividenti, sussistendo il diritto di ciascuno dei contitolari di compiere, anche nell'interesse degli altri, atti di straordinaria amministrazione, ivi inclusa la proposizione di domande giudiziali, in forza del principio della cd. rappresentanza reciproca fondata sulla comunione di interessi. Su tale scorta, è stato quindi evidenziato anche dalla giurisprudenza di legittimità che il singolo comproprietario ben può agire giudizialmente a tutela della cosa comune anche al fine di ottenere il ristoro del danno che miri a compensare i pregiudizi arrecati all'esercizio delle facoltà dominicali sul bene indiviso, atteso che pure in tal caso l'iniziativa assunta dal singolo condividente si presume posta in essere anche nell'interesse degli altri contitolari (cfr. Cass. civ. n. 29506/2019).   Tenuto conto di tali rilievi, è dunque evidente, con riferimento al presente caso e alla domanda qui proposta, in via riconvenzionale, volta al ristoro dei danni derivati dai danneggiamenti materiali arrecati all'immobile e alle spese per il suo ripristino, che la stessa debba essere, comunque, interamente scrutinata nel merito, poiché esercitata legittimamente dal del ### con la sua comparsa tempestivamente depositata, nella sua pacifica qualità di comproprietario del bene, a ciò non ostando la tardiva costituzione del di lui fratello e contitolare del bene stesso, così come evidenziato dai ### sin dalla memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c.   Inoltre, per quel che attiene la pretesa avente ad oggetto il pagamento dell'anzidetta penale relativa ai danni da ritardata restituzione del villino compromesso in vendita, osserva il decidente che non appare revocabile in dubbio che il credito in parola si sia atteggiato, nel presente caso, quale obbligazione di natura solidale, tali dovendosi considerare, in linea generale, i diritti di credito che traggano origine da una medesima fonte ed abbiano il medesimo oggetto, quali sono, in particolare, quelli derivanti in capo ai comproprietari dal contratto da loro stipulato per la vendita del bene indiviso, ovvero quelli che originano da un negozio che abbia ad oggetto la locazione della cosa comune, da cui deriva il diritto di ciascuno di richiedere al debitore l'adempimento dell'intera obbligazione e la conseguente liberazione di quest'ultimo, per effetto del pagamento effettuato in favore di uno dei contitolari stipulanti, anche nei confronti degli altri, “salva la ripartizione, nei rapporti interni, della somma pagata” (cfr. al riguardo, già Cass. civ.  10648/2010, sia pure relativa a fattispecie afferente l'obbligazione di pagamento del prezzo dovuto ai comproprietari del bene compravenduto, ma con affermazione di principio che è suscettibile di estensione anche a un preliminare di compravendita, quale quello che qui viene in rilievo, e ad obbligazioni di rilevanza accessoria, come quella relativa, in specie, alla penale prevista dai contraenti per l'ipotesi del ritardato adempimento del compratore, ex art. 1382 c.c.; si v. inoltre, con riferimento alla locazione del bene indiviso, tra le altre, Cass. civ. n. 18069/2019, ove pure è stato evidenziato che, nel caso in cui la parte locatrice sia costituita da più locatori, ciascuno di essi è tenuto, dal lato passivo, alla medesima prestazione e così, dal lato attivo, ognuno degli stessi può agire per l'adempimento delle obbligazioni della controparte, applicandosi in proposito la disciplina della solidarietà di cui all'art. 1292 c.c.).   Ciò chiarito, dunque, in rito, e venendo al merito delle domande proposte, rispettivamente, dall'attrice e dal convenuto ### osserva il decidente che è documentato, innanzi tutto, che in data ### sia stato stipulato tra la ### da un lato, e i fratelli ### e ### dall'altro lato, un contratto con il quale gli stessi si sono impegnati, reciprocamente, ad acquistare e ad alienare la proprietà dell'immobile situato ad ### in viale dei ### n. 37, consistente in un villino indipendente sviluppato su due piani fuori terra (piano terra e primo), oltre all'annessa corte esclusiva, adibita a giardino, verso il pagamento di un prezzo complessivo di € 250.000,00 (cfr. doc. 1 fasc. attoreo, recante copia della scrittura in parola, ove si legge, all'art. 2, che “i sig.ri ### e ### si obbligano a trasferire il bene immobile descritto in premessa… alla sig.ra ### che si impegna ad acquistare quanto sopra descritto versando il corrispettivo di € 250.000”).   ### quanto concordato inter partes, la stipula del contratto definitivo di compravendita sarebbe dovuta avvenire “entro e non oltre il termine di anni 4 ### dalla data di sottoscrizione della presente scrittura” (e dunque entro il ###), salva l'eventualità di una proroga “…una volta soltanto, e comunque per non più di mesi 12…”, e ciò, in particolare, tenendo conto dell'intendimento e delle esigenze manifestati in tal senso dalla ### di cui gli stipulanti hanno dato espressamente atto nelle premesse della loro scrittura e che i promittenti venditori hanno dichiarato di voler accettare (cfr. doc. cit.).   In pendenza di tale termine, i contraenti hanno poi previsto, però, al contempo, che “…a far data dal 1/01/2017 la sig.ra ### sarà immessa nel possesso del bene immobile che costituisce oggetto della vendita” e che “Per tale ragione, le parti prevedono espressamente che a far data dalla immissione in possesso, e comunque entro il giorno 15 di ogni mese, la sig.ra ### verserà ai sig.ri ### e ### la somma di euro 1200,00… fino alla stipula del rogito”, somma che è stata qualificata in tale scrittura “quale caparra confirmatoria per l'anticipata immissione nel possesso del bene” e di cui i contendenti hanno specificamente pattuito, in quella sede, anche la futura regolamentazione per l'ipotesi in cui non fossero addivenuti, per qualsiasi causa non riconducibile a fatto o colpa di ciascuno (ivi inclusa la mancata erogazione del finanziamento con il quale la promissaria acquirente avrebbe potuto reperire, come da contratto, la provvista necessaria al pagamento del prezzo d'acquisto), alla conclusione del rogito di compravendita, concordando che, in tale evenienza, “l'integrale importo versato mensilmente resterà nella disponibilità dei sig.ri ### e ### e non sarà ripetibile”, mentre a fronte della stipula del rogito notarile l'ammontare versato, a quella data, sarebbe stato imputato “a titolo di acconto sul prezzo” limitatamente all'80% del relativo importo, il residuo 20% venendo, invece, comunque trattenuto dai promittenti venditori “a titolo di fondo perduto” (art. 5).   Sempre in virtù dell'anticipata immissione nel godimento del bene, è stato previsto, inoltre, nella scrittura in parola - per quel che qui più rileva - che la ### a far data dall'occupazione dell'immobile, avrebbe dovuto provvedere alla voltura delle utenze in essere per acqua, luce e gas (art. 7), che sarebbero stati a suo carico la custodia del bene e la manutenzione ordinaria e straordinaria (art. 10) e che a garanzia delle obbligazioni assunte con il contratto o - più esattamente - “a garanzia del pagamento di n. 1 anno di indennità di occupazione” la stessa avrebbe dovuto rilasciare, entro il termine di 90 giorni dalla sottoscrizione, una “idonea fidejussione bancaria e/o assicurativa in favore dei sig.ri Mangialaio”, per il corrispondente importo di € 14.400,00, con l'obbligo di rinnovare successivamente tale garanzia, di anno in anno, fino alla stipula del rogito (art. 9), in uno all'ulteriore previsione che, in ipotesi di scioglimento del contratto, l'attrice sarebbe stata, d'altro canto, tenuta a versare per l'eventuale ritardata restituzione del villino dopo il trascorrere di 45 giorni una penale giornaliera quantificata in € 200,00 (art. 11).   Ed ancora, come è pacifico e documentato in atti, è stata anche sottoscritta, in pari data, tra l'attrice e il ### un'ulteriore scrittura, con la quale è stato previsto, ad integrazione di quanto già concordato con quella sopra richiamata, che la promissaria acquirente avrebbe versato “ulteriori quote economiche nell'arco dell'anno solare”, quote che, in tal caso, non sono state, tuttavia, individuate né nell'ammontare, né nella data della relativa debenza e che, diversamente dalle mensilità di cui al contratto suindicato, sarebbero state considerate interamente come acconto prezzo e decurtate, quindi, al momento del rogito, dal corrispettivo d'acquisto, “senza nessuna detrazione” (cfr. doc. 3 fasc. attoreo).   Così delineate le pattuizioni intervenute tra le parti, può sin da ora osservarsi, dunque, che è indubbio che con le stesse gli odierni contendenti abbiano inteso stipulare un negozio inquadrabile in un preliminare di compravendita, per quanto sia stata prevista con esso anche una concessione in godimento dell'immobile in favore della promissaria acquirente in pendenza del termine per la stipula del definitivo. Dal tenore della scrittura anzidetta emerge, infatti, in maniera chiara e inequivoca, l'impegno assunto da entrambe le parti ad addivenire alla stipula della futura compravendita del bene, né l'esistenza di un simile impegno bilaterale è stato, del resto, mai seriamente contestato dai convenuti, rivelandosi così senz'altro improprio il richiamo da loro operato (sia pure in funzione dell'eccezione già sopra esaminata, di improcedibilità delle domande attoree) alla fattispecie del cd. rent to buy, di cui difetta, evidentemente, nel presente caso, il necessario elemento dell'opzione attribuita al locatario di determinarsi, liberamente, all'acquisto dell'immobile al momento della scadenza del termine concordato (stipula a cui quest'ultimo non è in alcun modo tenuto nel cd. rent to buy, diversamente dal negozio oggetto dell'odierna disamina). Al contempo, è stato previsto, però, espressamente - a dispetto di quanto opinato dall'attrice - il versamento di somme mensili rivolte, anzitutto, a remunerare il godimento del bene accordatole medio tempore dai due comproprietari, salva un'imputazione parziale delle mensilità già corrisposte a tale fine al prezzo d'acquisto, allorquando i contraenti fossero addivenuti alla compravendita concordata, chiaro risultando, del resto, in tal senso anche il confronto con quanto pattuito - altrettanto testualmente - nella loro ulteriore scrittura sottoscritta in pari data, afferente le altre somme che sarebbero state versate dalla ### in pendenza del termine per la compravendita, queste ultime da imputare, si è detto, interamente al corrispettivo d'acquisto (cfr. ancora doc. cit.).   Ciò detto in merito alla natura e al contenuto del contratto di cui trattasi, si è già anticipato, poi, che l'attrice ha allegato, sin dall'atto introduttivo, di avere provveduto regolarmente al versamento degli importi tempo per tempo dovuti in ragione € 1.200,00/mese, a fronte della fruizione da lei pacificamente conseguita dell'immobile compromesso in vendita, unitamente a un pagamento ulteriore di € 5.000,00, in virtù della seconda delle scritture sopra indicate, e tali circostanze sono rimaste, a ben vedere, del tutto incontestate, in linea di fatto, da parte dei ### (oltre ad essere state comunque suffragate mediante il deposito a cura della ### delle relative distinte di pagamento: cfr. doc. 20 fasc. attoreo), e così, parimenti, è risultato incontroverso che la promissaria acquirente abbia proseguito nel versamento delle mensilità pattuite anche dopo l'iscrizione al ruolo del giudizio, sino a quando l'immobile non è stato da lei rilasciato, in data ### (cfr. doc. 7, allegato alla memoria istruttoria attorea, e doc. 4 fasc. convenuti).   Quel che è stato, invece, oggetto delle rispettive contestazioni dei contendenti è che la ### si sarebbe resa inadempiente, a dire dei convenuti, all'obbligo da lei assunto di provvedere al rilascio della fideiussione bancaria o assicurativa da stipulare - come si è anticipato - a garanzia del pagamento di un importo corrispondente a un'annualità per l'occupazione del villino, inadempimento in virtù del quale è documentato che i ### abbiano inviato, in particolare, una diffida ad adempiere ai sensi dell'art. 1454 c.c., con missiva del 30.04.2018, e che è stato contestato, per converso, da parte dell'attrice, si sia effettivamente verificata o abbia, comunque, assunto la gravità prospettata dai promittenti venditori, tale da giustificare la loro pretesa di considerare risolto il vincolo contrattuale.   Dal canto suo, la promissaria acquirente ha sostenuto, invece, che sarebbero stati i ### a rendersi inadempienti rispetto agli obblighi assunti, essendo emerso, nel procedimento di mediazione avviato dagli stessi a seguito dell'anzidetta missiva dell'aprile 2018, che il bene oggetto del preliminare fosse, in realtà, viziato da abusi edilizi insanabili, tali da legittimare - secondo quanto prospettato dalla ### nel suo atto introduttivo - l'operatività della garanzia per vizi di cui all'art. 1490 c.c., ovvero da far configurare - come poi opinato dalla stessa nella sua prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. - una fattispecie di cd. aliud pro alio, giustificando, in quanto tali, la sua pretesa allo scioglimento del rapporto in virtù del recesso manifestato con la sua domanda giudiziale ed il conseguente pagamento del doppio della caparra versata, ai sensi dell'art. 1385 Con riferimento a tale pretesa attorea volta a sentire dichiarato lo scioglimento del preliminare del 01.12.2016, in ragione del recesso esercitato dalla ### per l'inadempimento che sarebbe stato perpetrato ai suoi danni dai promittenti venditori, ritiene però il giudicante che la stessa si sia rivelata infondata e non possa, pertanto, trovare accoglimento, in virtù delle ragioni che subito si diranno. Non diversamente, è inoltre da disattendere, ad avviso del decidente, la domanda proposta in via riconvenzionale dal ### per la declaratoria della risoluzione contrattuale a fronte del suddetto inadempimento ascrivibile alla ### per la mancata consegna della polizza fideiussoria, tenuto conto delle considerazioni che seguono.   Ed invero, in punto di diritto, è d'uopo anzitutto rammentare che, in tema di compravendita immobiliare, nel caso in cui l'acquirente lamenti l'inadempimento dell'alienante per essere risultato il bene consegnato affetto da difformità edilizie, è possibile configurare una responsabilità di quest'ultimo da ricondurre, in linea generale, alla disciplina di cui all'art. 1489 c.c., mentre non trova, in realtà, applicazione la cd. garanzia per vizi, di cui agli artt. 1490 e ss.   Come è stato evidenziato, infatti, anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità, un “vizio” in senso proprio, suscettibile di rilevare ai sensi degli artt. 1490 e ss. cit., presupporrebbe che la cosa presenti una o più anomalie di tipo strutturale, mentre l'esistenza di pretesi abusi dell'immobile attiene a una condizione di irregolarità dello stesso sotto il profilo giuridico, che vale ad assoggettarlo al potere repressivo della P.A. (in termini di demolizione del manufatto o di pagamento di una sanzione pecuniaria), giustificando così l'operatività dell'art. 1489 c.c., dettato in tema di “oneri” (o di diritti altrui) gravanti sul bene e che ne diminuiscano il libero godimento e/o il valore e la commerciabilità (si v. tra le molte, Cass. civ. n. 11218/ 1991, Cass. civ.  4786/2007 e, da ultimo, Cass. civ. n. 27559/2023, che ha evidenziato, appunto, che “in ipotesi di compravendita di costruzione realizzata in difformità della licenza edilizia, non è ravvisabile un vizio della cosa, non vertendosi in tema di anomalie strutturali del bene, ma trova applicazione l'art. 1489 c.c., in materia di oneri e diritti altrui gravanti sulla cosa medesima”).   Alla riconduzione dell'irregolarità edilizia dell'immobile alla disciplina dell'art. 1489 c.c. - da ritenere senz'altro applicabile, del resto, anche ove si sia in presenza di un preliminare di compravendita: cfr. tra le altre, Cass. civ. n. 5336/2019, nonché Cass. civ. n. 19812/2004 - consegue, così, che al fine di esercitare i rimedi contemplati da tale disposizione, di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo e/o di risarcimento dei danni, l'interessato debba specificamente allegare e dimostrare, in primo luogo, la lamentata condizione di abusivismo del bene, costituendo quest'ultima, evidentemente, il presupposto stesso dell'operatività di tali rimedi, ed inoltre, alla luce di quanto previsto dall'art. 1489 cit., è comunque da escludere che la stessa possa essere invocata nel caso in cui risulti accertato che gli abusi fossero già noti all'acquirente al momento della stipula o siano stati, comunque, “apparenti”, se non addirittura “dichiarati nel contratto” (cfr. da ultimo, anche Cass. civ. n. 17148/2024).   Non solo, ma con specifico riferimento al rimedio della risoluzione del contratto è stato da tempo precisato, altresì, che quest'ultima non consegue affatto, in maniera automatica, all'accertamento dell'esistenza dell'onere insistente sul bene, dal momento che l'art. 1489 cit. rinvia, a sua volta, a tal proposito, al dettato dell'art. 1480 c.c., alla stregua del quale la parte può far valere la risoluzione del rapporto negoziale soltanto “quando deve ritenersi, secondo le circostanze, che non avrebbe acquistato la cosa senza quella parte di cui non è divenuto proprietario; altrimenti può solo ottenere una riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno”. Di guisa che, ove risulti eventualmente acclarato che l'immobile sia gravato da un onere che ne limiti apprezzabilmente il godimento o ne diminuisca il valore e tale onere non sia stato conosciuto o immediatamente conoscibile da parte dell'acquirente, ciò non implica, nondimeno, che vada senz'altro affermata la fondatezza di una sua pretesa risolutoria, regolamentando gli artt. 1489 e 1480 cit.  l'apprezzamento che deve essere operato, al riguardo, della gravità di tale specifica inadempienza e “dovendosi stabilire, ai sensi dell'art. 1480 cod. civ., secondo le circostanze, che il compratore non avrebbe acquistato la cosa gravata dall'onere” (cfr. tra le più recenti, Cass. civ. n. 5336/19 cit.; si v. inoltre, Cass. civ. n. 11218/ 91 cit., e già Cass. civ. n. 2890/1984).   Per quel che attiene, poi, l'ipotesi della cd. consegna di aliud pro alio - come detto prospettata dalla ### con la sua memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c. e, da ultimo, richiamata anche nei suoi scritti conclusivi - osserva il decidente che la stessa può configurarsi, in via generale, soltanto nel caso in cui “il bene consegnato sia completamente eterogeneo rispetto a quello pattuito, per natura, individualità, consistenza e destinazione, cosicché, appartenendo ad un genere diverso, si riveli funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere allo scopo economico-sociale della res promessa e, quindi, a fornire l'utilità presagita” (cfr. da ultimo, Cass. civ. n. 13214/2024).   Il presupposto per il riconoscimento di una simile fattispecie - estranea anch'essa alla sfera applicativa degli artt. 1490 e ss. cit. - è infatti individuato, tradizionalmente, nell'esistenza di una condizione del bene - non importa, in tal caso, se in virtù di un'anomalia strutturale dello stesso o per la sua particolare situazione giuridica - che sia tale da farlo ascrivere a un genere del tutto diverso da quello proprio della cosa promessa o che, comunque, ne pregiudichi totalmente l'idoneità ad assolvere alla sua funzione naturale o a quella che sia stata ritenuta essenziale dai contraenti, ciò solo giustificando senz'altro, in ragione della gravità di tale inadempienza, l'operatività del rimedio generale della risoluzione del contratto per inadempimento, sottratto alle limitazioni che sarebbero, invece, previste dalla speciale disciplina dettata in materia di compravendita dagli artt. 1470 e ss. c.c. (cfr. ancora Cass. civ. n. 13214/24 cit., nonché già, tra le altre, Cass. civ. n. 23547/2017, Cass. civ. n. 10665/2020).   Ed ancora, tenuto conto che, nel caso che occupa, si verte in presenza di una risoluzione per inadempimento invocata da parte attrice tramite lo strumento di cui all'art. 1385 c.c., è opportuno evidenziare che i rilievi sin qui operati valgano, tal quali, anche rispetto all'esercizio del recesso previsto da tale disposizione, atteso che - come è stato chiarito già da tempo, anche sul punto, dal giudice di legittimità - il recesso di cui all'art. 1385 cit. “…costituisce null'altro che uno speciale strumento di risoluzione negoziale per giusta causa, alla quale lo accomunano tanto i presupposti (l'inadempimento della controparte) quanto le conseguenze (la caducazione ex tunc degli effetti del contratto)” (cfr. per tutte, già Cass. civ. S.U. n. 553/2009).   Affinché possa darsi luogo a un legittimo esercizio di tale diritto ai termini di cui all'art. 1385 cit. è necessario, pertanto, in linea generale, che sussista un inadempimento imputabile all'altra parte suscettibile di essere qualificato come di “non scarsa importanza”, ai sensi dell'art.  1455 c.c., ed analogamente, non sembra revocabile in dubbio che, nel caso in cui il rimedio in parola venga azionato in virtù dell'asserita consegna di un “aliud pro alio” o sull'assunto di un onere insistente sul bene per la presenza di irregolarità edilizie, debbano ricorrere, del pari, i medesimi presupposti ai quali sarebbe condizionata anche un'azione di risoluzione giudiziale, condividendone, appunto, il recesso la medesima funzione e distinguendosene soltanto in virtù della possibilità che lo stesso attribuisce alla parte di svincolarsi unilateralmente dal rapporto, senza la necessità di una previa pronuncia giudiziale (si v. al riguardo, tra le più recenti, Cass. civ.  23605/2023, ove è stato affermato, su tale scorta, con specifico riferimento all'ipotesi della consegna di aliud pro alio, che non assume, per l'appunto, rilevanza la circostanza che un simile inadempimento sia invocato con il recesso di cui all'art. 1385 c.c., invece che con un'azione di risoluzione ex art. 1453 c.c., posto che in difetto dei presupposti necessari per la configurabilità dell'ipotesi in parola comunque non può darsi luogo a uno scioglimento del contratto per inadempimento, sia esso invocato con il recesso o la risoluzione giudiziale; cfr. inoltre, con riferimento alla previsione di cui all'art. 1489 c.c. e all'applicabilità della stessa anche in ipotesi di recesso ex art. 1385 cit., Cass. civ. n. 17148/24 cit.).   Ora, tanto premesso in diritto, osserva il decidente, in fatto, che è risultato, in effetti, documentato che l'immobile di cui discute si sia rivelato affetto da talune difformità rispetto al relativo titolo edilizio, per come emergenti, in particolare, dal sopralluogo effettuato in data ### dal Corpo di ### e dal successivo verbale d'accertamento prot.  ###/2019 del 03.10.2019, emesso a carico dei ### successivamente all'esposto che - è pacifico - è stato presentato dalla stessa attrice, seguito, poi, dall'adozione da parte del Comune dell'ordinanza n. ### di demolizione degli abusi rilevati, n. prot. 53406 del 19.10.2019 (cfr. doc.  1, 2, 4, in allegato alla memoria attorea ex art. 183 co. 6 n. 2 c.p.c.).   A dispetto di quanto opinato dalla ### anche nell'ambito dei suoi scritti conclusivi, emerge, però, da tale documentazione che le difformità di cui si tratta abbiano riguardato, in verità, soltanto l'avvenuta realizzazione di un ampliamento in corrispondenza del piano terra del villino, operato tramite la chiusura in muratura di una porzione della veranda prospicente il fabbricato, per appena 3,50 mq. di estensione complessiva, oltre a un ampliamento di tale veranda e all'installazione di una tettoia sul balcone del primo piano (quest'ultima di soli 3,00 mq.  complessivi) e di un locale tecnico posto in giardino, chiusura - quella suindicata, relativa alla porzione antistante il villino, al piano terra, ed interessante uno dei vani interni a quest'ultimo - che è stata, inoltre, ritenuta dal Comune come non sanabile - e che è stata pertanto rimossa, poi, pacificamente, dai convenuti a seguito dell'ordinanza anzidetta - non già per una (non meglio specificata) “rilevanza” dell'abuso perpetrato (quale quella che è stata genericamente invocata, da ultimo, dall'attrice nella sua comparsa conclusiva), ma per l'ubicazione del fabbricato in “zona “### satura” dove “non sono consentiti ampliamenti”… ma solamente demolizione e ricostruzione totale dell'immobile”, secondo quanto risultante, a ben vedere, persino dalla stessa documentazione depositata dalla ### in allegato al suo atto introduttivo (cfr. ancora doc. 2 cit., nonché doc. 19 fasc. attoreo e doc. 19, 20 fasc. convenuti).   Con riferimento alle restanti difformità riscontrate nel villino, inerenti le coperture esterne e il locale tecnico già sopra richiamati, è rimasto, poi, del tutto incontroverso - in difetto di specifiche allegazioni in senso contrario, mai operate dall'attrice nei suoi scritti difensivi - ed è risultato, comunque, sufficientemente comprovato, che le stesse siano state, invece, sanate dai convenuti successivamente alla riacquisizione della disponibilità materiale dell'immobile, essendosi gli stessi muniti di titolo sia per la copertura al piano terra del fabbricato, sia per il locale tecnico posto sulla corte esclusiva, ed essendo stata rimossa, per il resto, la sola tettoia posta sulla terrazza del primo piano, anch'essa, peraltro, di assai ridotta consistenza, giacché avente un'estensione pari, come detto, ad appena 3 mq. (cfr. ancora doc. 19, 20, 21, 22 fasc. convenuti) Tenuto conto di tali risultanze, si presenta, così, senz'altro smentito l'assunto attoreo secondo cui gli abusi avrebbero determinato - così come da lei sbrigativamente opinato - l'“abbattimento di una consistente cubatura interna”, con la “eliminazione di una stanza” al piano terra, oltre all'eliminazione della tettoia in legno posta al piano superiore, quale doglianza che, per la verità, risulta contraddetta persino dalle perizie di parte versate in atti dalla stessa ### (nelle quali è stata riportata, infatti, relativamente al piano terra del villino, soltanto l'esistenza di un mero ampliamento di uno dei suoi vani, sia pure per un'estensione, ivi indicata, asseritamente maggiore rispetto a quella effettivamente riscontrata alla luce degli accertamenti operati dall'amministrazione locale; cfr. doc. 3, allegato alla memoria istruttoria attorea), e tantomeno può ravvisarsi un “aliud pro alio”, emergendo dagli elementi sin qui richiamati che l'irregolarità del fabbricato sia rimasta confinata, in realtà, a una difformità obiettivamente assai esigua, come è quella consistita nell'ampliamento di un solo vano tra quelli ivi presenti, per appena 3 mq. circa, in rapporto alla complessiva consistenza del villino (di due piani fuori terra e di oltre 100 mq. di superficie, oltre all'annessa corte esclusiva), o quella afferente la tettoia in legno al primo piano, anche quest'ultima di entità alquanto modesta ed invero trascurata, non a caso, financo nelle stesse prospettazioni attoree, avuto riguardo a quanto solo è stato lamentato dalla ### nei termini per le cd. preclusioni assertive (si v. atto di citazione, nonché prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c.).   In altre parole, considerando la natura e l'assai lieve entità delle difformità di cui si tratta, è evidente, ad avviso del giudicante, che le stesse non abbiano inciso, nel presente caso, sull'idoneità dell'immobile compromesso in vendita a soddisfare la funzione abitativa sua propria, né è stato specificamente allegato e dimostrato (o richiesto di dimostrare) da parte dell'attrice (anche tenuto conto del carattere valutativo e generico o dell'inconferenza, per come articolati, dei capitoli di prova testimoniale richiesti dalla stessa nella sua memoria istruttoria) alcunché di concreto e specifico in diverso senso, essendosi la medesima limitata al riguardo, in definitiva, soltanto a un astratto richiamo di pronunce giurisprudenziali relative ad ipotesi affatto diverse da quella che occupa (quale è, in particolare, il precedente di cui a Cass. civ. n. 10297/2017, ripetutamente richiamato dalla ### afferente a fattispecie nella quale veniva lamentata, piuttosto, innanzi al giudice di legittimità, la nullità del preliminare di vendita di un immobile abusivamente sopraelevato, o il precedente menzionato nella sua comparsa conclusiva, di cui a Cass. civ. n. 8749/2024, relativo a un preliminare avente ad oggetto un appartamento realizzato, in quel caso, in aree urbanisticamente destinate a palestre e piscine e connotato da violazioni tali da incidere sulle necessarie condizioni di igiene, salubrità e sicurezza, con la sua conseguente inidoneità a soddisfare la pattuita destinazione abitativa, condizioni che, nel caso oggetto dell'odierno contenzioso, non risulta invece, né è stato comunque lamentato, mancassero per il villino compromesso in vendita, pacificamente abitato e goduto, oltretutto, per anni, dalla promissaria acquirente secondo la funzione sua propria), e che, comunque, nulla dicono - come è ovvio - rispetto alla fattispecie oggetto della presente causa e all'effettiva e concreta gravità, quantitativa e qualitativa, e alla conseguente incidenza sul sinallagma, da allegare e provare a cura dell'attrice, dell'inadempimento da lei lamentato ai fini dell'invocato recesso dal contratto del 01.12.2016.   Né, a tal proposito, potrebbe darsi rilevanza, d'altro canto, all'asserita “incommerciabilità” dell'immobile, prospettata dalla ### nei suoi scritti difensivi in relazione alle difformità presenti nello stesso, o a una pretesa impossibilità per la medesima, in ragione di tali abusi, di conseguire il finanziamento previsto per reperire la provvista necessaria al suo acquisto, quale opinata anche nell'ambito della sua perizia di parte, peraltro senza che sia stata mai specificamente allegata, prima ancora che dimostrata, l'effettiva avvenuta presentazione, da parte della promissaria acquirente, di una richiesta volta all'ottenimento di un simile finanziamento, di certo dovendosi escludere che possa rilevare, sul punto, il solo contenuto della suddetta perizia (in ragione della sua natura di mera allegazione di parte) e rivelandosi, in tal senso, l'assunto in parola meramente apodittico e congetturale. Al contrario, come è stato precisato anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità, l'esistenza di difformità del bene rispetto al relativo titolo edilizio non determina, in realtà, un'incommerciabilità del bene stesso, tenuto conto che non è dato configurare, in tal caso, una nullità del contratto per illiceità o impossibilità dell'oggetto e l'invalidità che è specificamente prevista, al riguardo, per i contratti di compravendita - o per gli altri negozi inter vivos ad effetti reali, richiamati dall'art. 46 d.P.R. 380/2001 - concerne la sola ipotesi in cui il contratto abbia ad oggetto un immobile del tutto sprovvisto del necessario titolo autorizzativo, mentre “in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato”, potendo tale difformità ridondare, semmai, sul piano dell'adempimento ed assumere rilevanza - come si è già anticipato - se e nei limiti in cui siano ravvisabili i presupposti della tutela di cui all'art. 1489 c.c. (cfr. ancora, tra le altre, Cass. civ. n. 17148/2024).   Non diverse considerazioni devono essere, inoltre, operate, nel caso che occupa, proprio avendo riguardo a tale ultima disposizione e al rimedio della risoluzione contrattuale che è contemplato dalla stessa, e ciò, tenuto conto che - anche prescindendo dal richiamo impropriamente operato dalla ### alla diversa disciplina della garanzia per vizi - alcunché di concreto e specifico è stato offerto, anche a tali fini, da parte dell'onerata, onde far concludere per l'essenzialità dell'esigua porzione del villino che è risultata oggetto dell'abusivo ampliamento, in rapporto all'economia complessiva del rapporto e alla realizzazione dell'assetto di interessi con esso concordato, di là dalla pretesa e indimostrata “eliminazione di una stanza” che sarebbe derivata dalla demolizione di tale abuso, dovendosi escludere - come si è detto - che la sola esistenza, in sé, di una difformità edilizia valga a far pervenire, automaticamente, a una risoluzione negoziale e dovendosi, di contro, dimostrare da parte dell'interessato che il contratto non sarebbe stato da lui verosimilmente concluso ove avesse avuto conoscenza dell'effettiva condizione del bene.   Con riferimento all'odierna fattispecie, avuto riguardo alla natura ed assai modesta entità dell'ampliamento realizzato all'interno di una delle stanze del piano terra del fabbricato, è peraltro da ritenere - quantomeno in assenza di alcun congruo elemento offerto in diverso senso - che il bene, ancorché lievemente difforme dal relativo titolo edilizio, si sia presentato, comunque, del tutto idoneo a soddisfare le finalità sottese al contratto del 01.12.16, e analogamente è a dirsi, a fortiori, con riferimento all'abuso afferente la tettoia già sopra menzionata, donde la conseguente esclusione dei presupposti per una risoluzione del contratto ai termini di cui agli artt. 1489 e 1480 c.c. .   E che le suddette difformità non abbiano assunto, nella specie, una rilevanza tale da legittimare una pretesa risolutoria quale quella invocata dalla ### con il suo recesso ex art. 1385 c.c. risulta avvalorato, d'altra parte, anche dal contegno da lei concretamente tenuto, non potendosi effettivamente trascurare, sul punto, neppure la peculiare tempistica con la quale la medesima avrebbe appreso, a suo dire, degli abusi dell'immobile, a fronte di indagini commissionate, singolarmente, a un proprio tecnico soltanto nel dicembre 2018, successivamente ai contrasti insorti con i promittenti venditori per il mancato rilascio della polizza e alle missive inviatele da questi ultimi al riguardo sin dall'aprile 2018 (cfr. doc. 4, 5, 7 fasc. attoreo, e doc. 1, 2, 3, allegati alla costituzione del ###, per di più a fronte della documentata disponibilità, già da tempo ottenuta dalla prima, della piantina catastale recante il differente stato del bene originariamente assentito (si v. comunicazione del 20.03.2018, sub doc. 14 fasc. convenuti), e in assenza, comunque, di alcuna effettiva iniziativa da lei assunta per l'ottenimento di un finanziamento per il suo acquisto (iniziativa di cui, infatti, nulla è stato specificamente allegato, né provato, da parte dell'attrice, risultando al contrario dalle sue stesse produzioni che l'accertamento in ordine alle irregolarità sia stato, piuttosto, effettuato dal suo tecnico al di fuori di qualsivoglia istruttoria relativa all'ottenimento di un mutuo; cfr. doc. 15, allegato all'atto di citazione).   Ed inoltre, è risultato pacifico che, anche a seguito dell'asserita avvenuta scoperta delle difformità, l'attrice abbia continuato ad occupare e a godere del cespite, manifestando la propria volontà di acquistarlo pur a fronte dei lamentati abusi, tenuto conto di quanto emerge, a tal proposito, proprio dalla documentazione depositata dalla predetta, afferente il procedimento di mediazione avviato dai convenuti nell'ottobre 2018 per i contrasti e le missive già sopra menzionati ed al contegno da lei assunto in quella sede ###la conseguente inoperatività, in parte qua, dell'eccezione d'inutilizzabilità spiegata dai ### ai sensi dell'art. 10 d.lgs. n. 28/2010, trattandosi, per l'appunto, del comportamento e delle dichiarazioni operate in quel procedimento dalla stessa ### che tale documentazione ha versato in atti), ove la medesima ha, in realtà, lungamente coltivato il proprio intendimento di proseguire nel rapporto contrattuale nonostante gli abusi dai lei asseritamente appresi a seguito del sopralluogo effettuato dal suo tecnico già dal dicembre 2018, financo assumendo, su di sé, l'impegno di anticipare le spese per la relativa regolarizzazione, da decurtare poi dal prezzo dovuto per l'acquisto dell'immobile (cfr. doc. 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, allegati all'atto di citazione, nonché doc. 15, 16, recanti, rispettivamente, copia della relazione redatta dal perito attoreo nel gennaio 2019, successivamente al sopralluogo da lui effettuato nell'immobile nel dicembre 2018, e successiva richiesta dell'aprile 2019, presentata dalla ### al Comune di ### di conferma degli abusi rilevati dal predetto).   Il che, come è evidente, contribuisce ulteriormente a smentire il generico assunto attoreo in ordine all'avvenuta consegna di un “aliud pro alio”, o che le suddette difformità siano state realmente idonee a compromettere la realizzabilità della causa del contratto e l'interesse della ### alla sua conclusione, agli effetti di cui agli artt. 1489 e 1480 c.c., essendo stato tale interesse persino confermato espressamente da quest'ultima a fronte degli anzidetti abusi, salva soltanto una riduzione del corrispettivo dovuto per l'acquisto del bene in ragione delle spese che si sarebbero rese necessarie per ovviare agli stessi.   Ed infine, anche trascurando l'inutilizzabilità che, come detto, è stata eccepita dai ### ai sensi dell'art. 10 d.lgs. n. 28/10, per le dichiarazioni rese dai medesimi nel corso del procedimento di mediazione, deve escludersi che possa assumere rilevanza, ai fini della legittimità della pretesa attorea di risolvere il preliminare per il loro inadempimento, l'assunto che questi ultimi avrebbero, se non altro, mancato di attivarsi per porre rimedio agli abusi, essendo rimaste le deduzioni svolte dall'attrice sul punto del tutto generiche e trovando anch'esse, per la verità, congrua smentita nelle emergenze istruttorie acquisite, da cui risulta che i ### si siano, al contrario, attivati in tal senso quando la ### era ancora, pacificamente, nel godimento del villino, tanto da averle anche richiesto, a seguito dell'accertamento del 03.10.2019 e dell'ordinanza del Comune del 19.10.2019, di potervi accedere per provvedere ai lavori ed avendo, poi, concretamente posto in essere questi ultimi successivamente al rilascio ad opera della prima, allorquando era ancora pendente, peraltro, il termine previsto per la stipula del definitivo (cfr. doc. 4, 5, 6, in allegato alla memoria istruttoria attorea, nonché doc. 19 e ss. fasc. convenuti).   In virtù dei rilievi che precedono, la domanda della ### volta a sentire dichiarato lo scioglimento contrattuale, in virtù del suo recesso, per l'inadempimento perpetrato dai promittenti venditori, deve essere, dunque, conclusivamente disattesa.   Del pari da respingere è, poi, anche la contrapposta domanda proposta dal ### in via riconvenzionale, avente ad oggetto la risoluzione del contratto del 01.12.2016 per l'inadempimento della promissaria acquirente.   Ed invero, anzitutto, occorre premettere che, sebbene tale convenuto non abbia richiamato espressamente il dettato dell'art. 1454 c.c., è del tutto evidente che la pretesa risolutoria da lui esercitata vada sussunta, comunque, entro tale disposizione, desumendosi dal tenore della sua comparsa di risposta e dalle richieste ivi avanzate che lo stesso abbia ancorato la sua domanda di risoluzione alla diffida ad adempiere indirizzata da lui e dal fratello ### sin dal 30.04.2018, alla ### al fine di intimarle l'adempimento dell'obbligo di consegnare la fideiussione prevista dall'art. 9 del contratto di cui si tratta.   Rileva, infatti, in tal senso, l'espresso riferimento che è stato operato dal convenuto, sin dalla sua costituzione in giudizio, alla suddetta diffida - già versata in atti dall'attrice, in allegato al suo atto di citazione - e alla successiva missiva del 23.07.2018, con la quale i promittenti venditori hanno poi contestato alla promissaria acquirente di avere omesso di adempiere a quanto pattuito anche a seguito della loro diffida, comunicandole quindi la risoluzione e chiedendole, conseguentemente, il rilascio dell'immobile, da effettuare nei successivi 45 giorni ex art. 11 del preliminare (cfr. doc. 4 fasc. attoreo, nonché doc. 2, allegato alla comparsa del ###.   Inoltre, depone per la qualificazione di cui si è detto anche la circostanza che il convenuto abbia ancorato, non a caso, la sua ulteriore pretesa volta all'ottenimento della penale di cui all'art.  11 del contratto alla mancata restituzione del bene, da lui computata a far tempo dal decorso del suddetto termine di 45 giorni decorrenti dal ricevimento (per compiuta giacenza) della missiva del luglio 2018, emergendo anche qui in maniera chiara e inequivoca la sua pretesa di far risalire alla diffida lo scioglimento del vincolo negoziale, asseritamente legittimato dall'omessa consegna, ad opera della ### di un'idonea polizza, in conformità con quanto tra loro pattuito.   Posta, dunque, tale qualificazione giuridica della domanda di risoluzione proposta dal ### è d'uopo rammentare, poi, in punto di diritto, che la risoluzione di cui all'art. 1454 c.c. non si sottrae comunque, neppure essa, ai presupposti ai quali è subordinato di volta in volta l'utile esperimento dell'azione di risoluzione giudiziale, distinguendosi da quest'ultima soltanto per la sua natura di cd. risoluzione di diritto, funzionale a consentire al contraente che abbia patito l'inadempimento dell'altra parte di sciogliersi unilateralmente dal vincolo negoziale, senza la necessità di una previa pronuncia giudiziale di carattere costitutivo, nel caso in cui il medesimo conservi ancora un interesse ad ottenere dalla controparte la prestazione dovutagli ed intenda intimarle, pertanto, in via ultimativa, l'esatta esecuzione di quest'ultima, risolvendosi il contratto automaticamente per l'eventualità in cui tale prestazione non venga, poi, eseguita esattamente dall'obbligato neppure nel termine ultimo assegnatogli a tale fine ai sensi dell'art. 1454 cit.   Non diversamente da quanto già evidenziato con riferimento al recesso di cui all'art. 1385 c.c., anche la cd. risoluzione su diffida non elimina, pertanto, la necessità che ricorra, nel singolo caso concreto, un inadempimento imputabile all'altra parte, sotto il profilo soggettivo, e che quest'ultimo si presenti, altresì, di gravità tale da giustificare lo scioglimento del rapporto, alla stregua della valutazione che, in via generale, è prevista come detto dall'art. 1455 c.c., dovendo l'interessato pur sempre prospettare, conseguentemente, sotto il profilo oggettivo, che vi sia stata un'inadempienza di “non scarsa importanza”, avuto riguardo alla situazione verificatasi alla scadenza del termine assegnato con la diffida, in rapporto all'entità obiettiva di tale inadempienza e al suo interesse a un esatto e puntuale adempimento, nel quadro dell'economia generale del rapporto contrattuale (cfr. tra le altre, Cass. civ. n. 7463/2020).   Inoltre, se la gravità dell'inadempimento e la sua idoneità a legittimare la pretesa del contraente che lo abbia subìto a risolvere il vincolo negoziale può risultare agevolmente riscontrabile ove si tratti in un'inadempienza di natura definitiva ed afferente le obbligazioni principali, di contro, nel caso in cui la stessa concerna prestazioni meramente accessorie, incombe sul predetto un onere allegatorio e probatorio ben più gravoso, dovendo emergere ancor di più le concrete ragioni per le quali una simile inadempienza avrebbe determinato un'irrimediabile alterazione del sinallagma e legittimato la perdita del suo interesse alla prosecuzione del rapporto, pur a fronte della regolare esecuzione di quest'ultimo con riferimento alle sue prestazioni essenziali (cfr. tra le altre, Cass. civ. n. 16084/2007).   Ebbene, ciò detto, si è anticipato, con riferimento all'odierna fattispecie, che i ### abbiano lamentato, sin dalla loro diffida ad adempiere del 30.04.18, l'omessa consegna della fideiussione che la promissaria acquirente avrebbe dovuto procurare loro presso una banca o un'impresa assicurativa, a garanzia del pagamento di un importo di € 14.400,00, corrispondente a un'annualità delle somme da versare per l'occupazione dell'immobile, e a fronte di quanto allegato al riguardo dalla ### è risultato, in effetti, incontroverso che tale polizza non sia stata dai lei consegnata nel termine contrattualmente previsto di 90 giorni e sino al ricevimento dell'anzidetta diffida.   A dispetto di quanto opinato dall'attrice nei suoi scritti difensivi, inoltre, non può ritenersi dimostrato che tale obbligazione sia stata da lei ottemperata, se non altro, successivamente a tale diffida, dal momento che è pacifico che la stessa si sia limitata, a tale fine, a trasmettere ai ### nel giugno 2018, soltanto un documento a suo dire proveniente dalla ### da cui non risulta, però, neppure una qualche sottoscrizione riferibile a tale ente e che sarebbe stato rilasciato alla medesima quale “socia” , nonostante che la stessa non svolga alcuna attività commerciale, secondo quanto lamentato dai convenuti sin dalla loro comparsa di risposta e in alcun modo contestato dall'attrice in corso di causa, con la conseguente inidoneità di tale documento a dar prova, da sé solo, dell'effettivo avvenuto rilascio, ad opera del suddetto ente consortile, della garanzia di cui si tratta (cfr. doc. 6, allegato all'atto di citazione, nonché doc. 1, in allegato alla comparsa di costituzione del ###.   Dal documento in parola - così come fondatamente lamentato, ancora, dai ### - non emergono, poi, le condizioni negoziali alla stregua delle quali il suddetto consorzio avrebbe rilasciato l'asserita garanzia, recando lo stesso, a ben vedere, soltanto l'indicazione di una mera “dichiarazione di impegno a costituirsi garante del socio”, donde la sua inidoneità, anche per tale via, a dimostrare l'avvenuta assunzione da parte di alcuno di una garanzia immediatamente azionabile dai convenuti, atta ad assicurargli il pagamento della somma concordata nel preliminare, e così, ulteriormente, alcuna allegazione, né prova, è stata offerta dalla ### anche rispetto alla contestazione circa la qualità dell'ente che si sarebbe impegnato a rilasciare la polizza di cui si tratta, in rapporto alla previsione del contratto del 01.12.16 della necessaria consegna di una fideiussione di natura bancaria o assicurativa (cfr. ancora doc. cit.).   Se è acclarato, quindi, in virtù di tanto, che la promissaria acquirente non abbia adempiuto l'obbligazione afferente la consegna della polizza fideiussoria, occorre però osservare, al contempo, che un simile inadempimento non risulta affatto avere assunto una gravità tale da giustificare una pretesa risolutoria quale quella invocata dal ### con il richiamo alla diffida del 30.04.18 e alla missiva del 23.07.2018, ove tale inadempienza è stata contestata a carico dell'attrice ed è stato, dunque, comunicato che il contratto avrebbe dovuto intendersi risolto, con la conseguente richiesta rivolta alla stessa a provvedere alla liberazione del villino (si v. ancora doc.  4 cit. fasc. attoreo, nonché doc. 12, 13 fasc. convenuti).   Ed infatti, in primo luogo, non può non rilevarsi che la prestazione in parola, di natura indubbiamente accessoria nel complessivo assetto del contratto del 01.12.16, sia rimasta del tutto inattuata dalle parti per un rilevante intervallo temporale, tenuto conto del lungo periodo trascorso dalla scadenza del termine pattuito per la consegna della polizza (90 giorni dopo la sottoscrizione del preliminare), e ciò, senza che siano stati specificamente allegati, a ben guardare, o siano stati comunque dimostrati, iniziative e solleciti concretamente intrapresi dai promittenti venditori onde ottenerne il rilascio, prima della loro diffida dell'aprile 2018, atteso che alcunché emerge sul punto anche dalla corrispondenza scambiata inter partes, da cui si evincono soltanto solleciti di pagamento per fatture relative alle utenze, nonché richieste rivolte dai ### al compagno dell'attrice, ### onde ottenere ulteriori versamenti in anticipo sul corrispettivo d'acquisto, quali previsti nella scrittura già sopra menzionata, conclusa a latere del preliminare sempre il ### (cfr. doc. 14 fasc. convenuti).   Risulta dunque smentito, in tal senso, il generico assunto dei convenuti secondo cui la mancata consegna della polizza sarebbe stata più volte lamentata e che la stessa si sarebbe, pertanto, presentata “grave”, essendo tale gravità indubbiamente contraddetta dal contegno concretamente assunto dai medesimi nel lungo intervallo trascorso dalla stipula del 01.12.16, mentre alcuna rilevanza può annettersi, ad avviso del giudicante, all'ulteriore doglianza dei ### circa l'omesso pagamento degli acconti aggiuntivi dovutigli dalla promissaria acquirente in virtù dell'anzidetta scrittura a latere, quale prospettazione introdotta, invero, tardivamente, soltanto nell'ambito della loro memoria autorizzata del 21.02.2024, e tuttavia relativa - come è evidente - a un'asserita inadempienza che è diversa e ulteriore rispetto a quella da loro lamentata in comparsa di costituzione e nella prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c., ove le sole deduzioni operate dai convenuti hanno riguardo, per l'appunto, unicamente il mancato rilascio della fideiussione.   E d'altra parte, in aggiunta al rilievo appena operato, non può non osservarsi che il versamento, ad opera della ### di ulteriori quote da imputare ad acconto prezzo neppure sia stato fatto oggetto, nell'ambito della scrittura suindicata, di una specifica previsione recante anche gli importi di tali ulteriori pagamenti, oltre che i termini entro i quali questi sarebbero divenuti esigibili, essendosi tale scritto atteggiato, in definitiva, soltanto quale mera manifestazione di un generico intendimento delle parti acché venissero operati versamenti aggiuntivi a titolo di acconto sul prezzo, rimessi a una libera determinazione della promissaria acquirente quanto a tempi e ad ammontare, o dovendosi se non altro escludere, anche qui, che una simile prestazione abbia assunto una rilevanza essenziale nell'economia generale del rapporto, tanto da essere stata prevista, non a caso, con una mera pattuizione a latere, del contenuto assai generico di cui si è appena dato conto.   In secondo luogo, si è già osservato, poi, come sia rimasto incontestato che la promissaria acquirente abbia provveduto, invece, all'esatto adempimento dei pagamenti dovuti mensilmente della somma di € 1.200,00, prevista in contratto a suo carico a fronte dell'anticipata immissione nel godimento del bene, il che - come è evidente - vale a contraddire la generica doglianza dei ### in merito a una “scarsa solvibilità” dell'attrice, avendo quest'ultima sempre provveduto, per l'appunto, ai versamenti pattuiti a tale titolo, nell'ampio periodo trascorso sin dalla conclusione del contratto del 01.12.2016, oltre che all'ulteriore pagamento di € 5.000,00, da imputare integralmente ad anticipo del prezzo secondo la scrittura a latere di cui si è detto.   Né, in virtù di tanto, potrebbe darsi, del resto, rilevanza all'ulteriore obiezione secondo cui il mancato rilascio della polizza avrebbe, comunque, dimostrato l'incapacità della ### di ottenere anche un finanziamento presso istituti di credito, avuto riguardo, per un verso, alla finalità di tale polizza (volta a garantire il pagamento delle indennità per l'occupazione dell'immobile) e, per altro verso, all'entità del termine ancora pendente, alla data della diffida e della successiva comunicazione del luglio 2018, per la stipula del contratto definitivo e il saldo del corrispettivo d'acquisto, in vista del quale l'attrice avrebbe poi dovuto procurarsi, se del caso, un simile finanziamento.   Inoltre, a tale ultimo proposito, si è già osservato che il contratto abbia “bilanciato” la disponibilità manifestata dai promittenti venditori rispetto alle esigenze della promissaria acquirente di differire il termine per la conclusione del rogito e di ottenere, ciò nondimeno, l'anticipata immissione nel godimento del bene, mediante la previsione, oltre che del pagamento ad opera della stessa delle anzidette mensilità, anche dell'irripetibilità di tali pagamenti per l'eventualità in cui il contratto definitivo non fosse risultato stipulabile per circostanze non imputabili alle parti, ivi incluso il mancato ottenimento del suddetto finanziamento, presidiando, poi, l'interesse dei convenuti a fronte dell'anticipata occupazione del loro immobile financo con la pattuizione di una penale per il suo eventuale ritardato rilascio.   Di guisa che, tenuto conto di tutti i rilievi che precedono, è evidente che la mancata consegna della polizza fideiussoria, sulla quale - soltanto - è stata fondata la pretesa risolutiva ex art. 1454 c.c., non sia valsa, in effetti, a legittimare una simile risoluzione, non ravvisandosi affatto la gravità di tale inadempimento, imposta a tal uopo dall'art. 1455 Ed infine e per concludere sulla domanda riconvenzionale di risoluzione proposta dal ### neppure può darsi seguito a quanto da lui sostenuto in merito ai danneggiamenti che sarebbero stati arrecati al bene dalla ### anteriormente al suo rilascio, danneggiamenti che, a suo dire, avrebbero integrato una violazione dell'obbligo di custodia gravante sulla stessa e che legittimerebbero, anch'essi, lo scioglimento del vincolo negoziale.   Al riguardo, non sembra infatti che possa prescindersi dal rilievo che un simile inadempimento neppure è stato specificamente indicato a fondamento della pretesa risolutoria azionata da tale convenuto, basata, a ben guardare, unicamente sulla mancata consegna della polizza e sull'inottemperanza alla diffida ad adempiere inviata al riguardo alla ### nell'aprile 2018. Inoltre, come si dirà meglio nel prosieguo in relazione alla domanda risarcitoria proposta dal ### è rimasto, in realtà, privo di sufficiente dimostrazione in quali termini il bene sia risultato danneggiato in occasione della sua restituzione, il che vale, dunque, a far escludere, anche per tale via, che ricorra comunque un inadempimento dell'attrice idoneo a giustificare lo scioglimento negoziale ai termini dell'art. 1455 cit.   Considerato quanto suesposto, neppure la domanda di risoluzione proposta dal ### può, pertanto, trovare accoglimento.   Posta l'acclarata infondatezza delle pretese risolutorie esercitate dalle parti per gli inadempimenti rispettivamente addebitati dall'una all'altra, vi è ora da richiamare, peraltro, il principio ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui “### i contraenti richiedano reciprocamente la risoluzione del contratto, ciascuno attribuendo all'altro la condotta inadempiente, il giudice deve comunque dichiarare la risoluzione del contratto, atteso che le due contrapposte manifestazioni di volontà, pur estranee ad un mutuo consenso negoziale risolutorio, in considerazione delle premesse contrastanti, sono tuttavia dirette all'identico scopo dello scioglimento del rapporto negoziale” ( tra le più recenti, Cass. civ. n. 19569/2021).   Come è stato evidenziato, infatti, a fronte delle reciproche domande dei contraenti volte a sentire pronunciata la risoluzione del rapporto per colpa della controparte, il giudice, escluso che l'una o l'altra domanda possano trovare accoglimento, non può che dare atto, comunque, dell'impossibilità dell'esecuzione del contratto, avuto riguardo alla scelta manifestata dagli stessi nel senso dello scioglimento del vincolo negoziale, scelta che, in quanto manifestata da entrambe le parti, preclude, del resto, una successiva loro contraria manifestazione di volontà nel senso del prosieguo del rapporto, avuto riguardo al principio sancito dall'art. 1453 co. 2 c.c. (cfr. ancora Cass. civ. n. 19569/21 cit., nonché già Cass. civ. n. 10389/2005, e Cass. civ. n. 19706/2020).   Con riferimento al presente caso, tenuto conto delle rispettive pretese esercitate dai contendenti, nel senso dello scioglimento del contratto del 01.12.16, in virtù del recesso invocato dalla ### ovvero della risoluzione che sarebbe derivata, per colpa di quest'ultima, dalla diffida ad adempiere fatta valere con la sua domanda dal ### alla quale anche il ### ha preteso di aderire, consegue, quindi, in conformità con il principio appena richiamato, che tale contratto vada comunque dichiarato risolto, dovendosi inevitabilmente prendere atto che nessuno dei contraenti abbia inteso ottenerne l'esecuzione.   Relativamente alle residue domande delle parti volte ad ottenere, quanto alla ### la restituzione di tutto quanto da lei già versato sino al rilascio del 30.01.2020 e il pagamento di un corrispondente ammontare ai sensi dell'art. 1385 c.c. e, quanto al ### il versamento della penale contrattuale per la ritardata restituzione dell'immobile, le stesse devono essere, inoltre, apprezzate alla luce di quanto sin qui evidenziato in ordine alle rispettive pretese risolutorie delle parti, oltre che tenendo conto del principio appena richiamato, derivando comunque dalla risoluzione, come è ben noto, l'operatività degli effetti restitutori di cui all'art. 1458 c.c. ( ancora Cass. civ. n. 19569/21 cit.).   Ebbene, per quanto attiene la richiesta attorea volta ad ottenere il doppio della caparra di cui all'art. 1385 cit., deve escludersi che competa alla ### un simile pagamento, presupponendo la debenza del doppio della caparra confirmatoria versata che ricorrano, nel singolo caso concreto, i presupposti per il legittimo esercizio del diritto di recesso ad opera del contraente in virtù dell'inadempimento perpetrato dalla sua controparte.   Con riferimento, poi, alla più limitata restituzione del quantum corrisposto dall'attrice sino al rilascio del villino, osserva il giudicante che, per quanto la sua domanda senz'altro ricomprenda anche tale restituzione, sul rilievo che - come è stato evidenziato, anche qui, dal giudice di legittimità - “il meno… non può che essere contenuto nel più che si era domandato” (cfr. per tutte, Cass. civ. n. 21262/2020), tuttavia è da escludere che la stessa le sia dovuta con riferimento ai pagamenti effettuati in virtù del contratto del 01.12.16 a titolo di mensilità per l'anticipata occupazione e il godimento del villino, stante che, a tal proposito, le parti risultano avere specificamente regolato la sorte che tali pagamenti avrebbero avuto nell'eventualità in cui non fosse stato poi concluso il rogito, prevedendo, come detto, che “l'integrale importo versato mensilmente resterà nella disponibilità dei sig.ri ### e ### e non sarà ripetibile” (si v. ancora doc. 1, allegato all'atto di citazione).   Né, relativamente a tale clausola, è stato dedotto, del resto, alcunché di specifico dall'attrice, pur a fronte del puntuale richiamo della stessa operato dai convenuti sin dalla loro comparsa di costituzione in aderenza a quanto previsto nel contratto tra loro stipulato, al di là dell'obiezione sollevata dalla ### secondo cui le mensilità via via corrisposte dovessero intendersi, in virtù di tale contratto, quale “caparra confirmatoria per l'anticipata immissione nel possesso del bene”, che però non toglie, a tacer d'altro, l'espressa pattuizione in ordine alla loro imputazione a corrispettivo per tale godimento in ipotesi di mancata stipula del definitivo, o di quella relativa all'ammontare dell'imposta di registro e all'indicazione dei versamenti a cui i ### avrebbero dovuto procedere, allora, a dire dell'attrice, nella loro dichiarazione annuale dei redditi, trattandosi di deduzione priva di rilevanza ai fini che interessano.   Considerata la clausola suindicata, per di più coerente con gli effetti restitutori che sarebbero comunque derivati, si è detto, dallo scioglimento del rapporto ai sensi dell'art. 1458 (comprensivi, nel caso in cui il promissario acquirente sia stato anticipatamente immesso nella disponibilità dell'immobile in pendenza del termine per la stipula del definitivo, non solo della restituzione del bene stesso, ma anche della corresponsione dei frutti di tale anticipato godimento, quali effetti che si verificano indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempimento: si v. ancora, al riguardo, Cass. civ. n. 19569/21 cit. e, tra le altre, anche Cass. civ. n. ###/2022), non è dovuta, dunque, alla ### la restituzione delle mensilità versate ai ### sino alla restituzione del villino, da lei già effettuata il ###, mentre deve riconoscersi, per converso, il diritto della stessa alla ripetizione della residua somma di € 5.000,00, trattandosi, in questo caso, di un pagamento ulteriore, pacificamente ricevuto dai convenuti, a mero titolo d'acconto sul prezzo d'acquisto e che a quest'ultimo avrebbe dovuto essere interamente imputato al momento della conclusione del definitivo in virtù di quanto previsto nella scrittura integrativa già richiamata, del 01.12.16 (si v. ancora doc. 3 cit., allegato all'atto di citazione).   I ### vanno dunque condannati, in solido, alla restituzione in favore dell'attrice dell'importo appena indicato, di € 5.000,00, con esclusione, di contro, delle suddette ulteriori somme richieste in pagamento dalla stessa, nonché di quelle da lei pretese relative alle spese di registrazione del contratto e a quelle che sarebbero state sostenute per la polizza fideiussoria, trattandosi in quest'ultimo caso di esborsi che non possono essere imputati a una responsabilità dei primi per la mancata stipula del definitivo, alla luce di quanto sopra evidenziato in ordine all'ingiustificato recesso esercitato dalla ### dal preliminare del 01.12.16.   Sono invece dovute all'attrice le spese che ha documentato le siano state richieste in pagamento per la procedura di mediazione avviata dai convenuti, di € 813,74, dal momento che tale procedimento è stato occasionato dall'infondata pretesa di questi ultimi avente ad oggetto la risoluzione del contratto prodottasi in virtù della loro diffida ad adempiere dell'aprile 2018 ( doc. 7, 14, allegati all'atto di citazione).   In relazione alle ulteriori domande riconvenzionali del ### ritiene poi il decidente che vada integralmente respinta quella relativa al pagamento della penale contrattuale, deponendo in tal senso sia l'infondatezza della pretesa risolutiva fondata dal convenuto sull'inadempimento ascritto all'attrice con la diffida ex art. 1454 c.c. - con la conseguente inesistenza di un suo diritto al rilascio del bene quale quello fatto valere a far tempo dalla scadenza del termine di 45 giorni dal ricevimento della successiva comunicazione del luglio 2018 - sia la già avvenuta restituzione dell'immobile effettuata dalla ### in data ###, anteriormente al deposito da parte del primo della sua comparsa di costituzione in questa sede. Per quanto tale restituzione derivi, senz'altro, dalla presa d'atto dello scioglimento del rapporto in conseguenza della volontà manifestata in tal senso da entrambe le parti contraenti, è infatti evidente che la stessa fosse già intervenuta allorché i convenuti si sono costituiti in giudizio e hanno rappresentato la loro volontà nel senso di tale scioglimento, il che vale a far escludere, conseguentemente, che possa comunque ravvisarsi un ritardo dell'attrice nella restituzione del villino, mentre resta assorbita, per l'effetto, ogni ulteriore questione anche in ordine all'eccessività della penale di cui si tratta, fatta oggetto della rilevazione ufficiosa in corso di causa onde assicurare ai contendenti l'esercizio del contraddittorio anche sul punto.   Infine, restano da scrutinare le domande proposte dal ### per il risarcimento dei danni per i danneggiamenti che sarebbero stati, a suo dire, arrecati dalla ### all'immobile, in uno al rimborso da lui preteso per le spese condominiali e per quelle esborsate per il procedimento di mediazione già sopra menzionato, domande che, peraltro, devono essere anch'esse disattese.   Ed invero, in primo luogo, deve evidenziarsi che dall'istruttoria espletata siano residuati seri dubbi in ordine alle condizioni nelle quali il bene è stato rilasciato da parte dell'attrice, tenuto conto che alcuna specifica contestazione è stata elevata al riguardo dai convenuti in sede di restituzione dell'immobile (si v. infatti doc. 4, allegato alla comparsa di risposta di ### recante copia dell'attestazione di restituzione di tutte le chiavi, da cui non risulta alcuna contestazione sollevata dai due comproprietari, bensì soltanto una “riserva” a formulare, se del caso, successivamente eventuali doglianze, mentre è inconferente l'ulteriore doc. 6, depositato sempre con tale comparsa, relativo a dichiarazioni provenienti dallo stesso convenuto, essendo state, di contro, le firme poste in calce a tale scritto da terzi testualmente rivolte soltanto ad attestare la loro presenza insieme al primo, presso lo stabile, alla data del rilascio).   Le dichiarazioni assunte dal teste ### il solo risultato presente proprio in occasione di rilascio (si v. infatti dichiarazioni dell'ulteriore teste ### verbale ud.  14.09.2023), sono valse, poi, soltanto a confermare il generale stato di disordine nel quale è risultato versare l'immobile a quella data, quale risultante dalle fotografie versate in atti dai convenuti, e dalle stesse emerge, per la verità, in maniera chiara, soltanto la presenza di oggettistica di vario genere lasciata abbandonata all'interno di alcuni vani e l'esistenza di fogliame e di taluni rifiuti per lo più accatastati nella corte del villino (cfr. dich. teste ### verbale ud.  25.05.2023, nonché doc. 9, 10, 11 fasc. convenuti), fogliame e rifiuti vari per i quali il convenuto ha richiesto, in questa sede, il ristoro per costi di asporto e di invio a discarica senza offrire, tuttavia, alcuna specifica allegazione (prima ancora che alcuna prova) in ordine alla loro specifica natura ed ammontare, considerata la sola “riserva” rinvenibile al riguardo nei suoi scritti depositati nei termini per le cd. preclusioni assertive.   Del tutto insufficiente a fondare la pretesa risarcitoria di cui si tratta è, inoltre, la sola ulteriore circostanza riferita dal teste ### relativamente all'avvenuta rimozione, ad opera del compagno della #### di una delle piante cycas presenti nel giardino (l'unica sulla quale il testimone ha saputo riferire, non essendo stata confermata, invece, né dal ### né dagli altri testimoni escussi, l'asportazione di ulteriori piante ivi esistenti anteriormente al rilascio), non avendo, comunque, i convenuti fornito alcun congruo e conducente riscontro in ordine al concreto stato nel quale tale pianta versava prima dell'instaurazione del rapporto per cui è causa e alla sua conseguente plausibile vita residua (rispetto alla quale è obiettivamente insufficiente, d'altro canto, il solo fatto che il teste abbia ricordato che si trattasse di pianta “rigogliosa”, oltretutto alla luce della riferita esistenza in loco anche di altre piante di analoga specie e dell'incertezza dei ricordi conservati dal medesimo in merito alle vicende di cui si discute, stante il mancato riconoscimento da parte sua del difensore della ### presente in aula in occasione della sua escussione, quale soggetto che aveva pacificamente presenziato, anch'egli, al rilascio), né in merito al suo reale valore economico, di cui nulla è stato allegato (prima ancora che dimostrato) da parte del ### (o del ### in comparsa di risposta o nella successiva memoria ex art. 183 co. 6 n. 1 c.p.c. (si v. ancora verbale ud. 25.05.23 cit.).   Ed ancora, non diverse considerazioni valgono con riferimento al più generale stato del giardino e alla condizione nella quale sarebbero stati rinvenuti i vani interni del villino (ove i ### hanno lamentato, fin troppo genericamente, stando alla suddetta comparsa e alla successiva loro prima memoria ex art. 183 co. 6 cit., soltanto non meglio precisate “rotture” di “alcuni arredi e pavimenti”, oltre ai rifiuti e all'oggettivista di vario genere di cui si è già detto), anche tenuto conto che è senz'altro da escludere che possano rilevare, ai presenti fini, meri ammaloramenti riconducibili alla normale usura, quali sono le macchie rinvenute su muri o pavimenti a seguito dello spostamento della mobilia ivi precedentemente allocata o il deterioramento di modeste porzioni di una parete o del pavimento di uno dei vani del fabbricato, non eccedendo gli stessi - se non altro in difetto di specifiche e conducenti allegazioni in diverso senso - l'ordinario utilizzo della cosa concesso all'occupante (arg. art. 1590 c.c.).   Né può annettersi, in effetti, alcuna rilevanza, sotto ulteriore profilo, alla luce di quanto solo è stato prospettato dagli onerati entro i termini per le preclusioni assertive, al distinto pregiudizio che sarebbe stato da loro patito per il minor prezzo conseguito dalla vendita dell'immobile al terzo ### considerato che tale pregiudizio non risulta essere stato allegato dagli stessi nelle loro comparse di risposta, del 06.04.21 e del 24.09.21, o nella prima memoria del 04.04.22, per quanto tale vendita fosse, oltretutto, già intervenuta a quella data (cfr. infatti doc.  15.1 fasc. convenuti, recante copia del relativo contratto di compravendita del 18.01.2021).   Di guisa che, tenuto conto dei soli pregiudizi tempestivamente lamentati dagli onerati in termini di danneggiamenti materialmente arrecati al bene e di spese per la sua sistemazione, ne deriva la sicura inconferenza, in via assorbente, delle dichiarazioni rese dal teste ### inerenti il suddetto diverso pregiudizio, e così, analogamente, anche dello scritto già firmato dalla stessa in pendenza (ed in funzione) del presente giudizio, versato in atti dai ### in allegato alla loro memoria ex art. 183 co. 6 n. 2 c.p.c. (cfr. doc. 16 fasc. convenuti).   Ed infine, avuto riguardo a quanto sin qui evidenziato, non può accedersi, nella specie, a una liquidazione del danno in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., quale quella invocata dai convenuti nei loro scritti conclusivi, considerato che una simile liquidazione non può ovviare, come noto, al mancato assolvimento degli oneri di allegazione e di prova che incombono sull'interessato ai sensi dell'art. 2697 c.c. (cfr. per tutte, Cass. civ. n. 15478/2014), e tantomeno potrebbe rilevare al riguardo - lo si precisa - la penale contrattualmente pattuita, oltretutto funzionale a forfettizzare un pregiudizio ben diverso, quale è quello per l'eventuale ritardato rilascio del bene.   La domanda risarcitoria del ### va, pertanto, conclusivamente disattesa.   Del pari da respingere è, inoltre, come si è anticipato, la pretesa di tale convenuto volta al rimborso delle spese condominiali e quella avente ad oggetto gli esborsi per la mediazione.   Con riferimento alla seconda di tali ulteriori pretese, osserva infatti il decidente che, sebbene si tratti di richiesta avanzata sin dalla sua comparsa di risposta (cfr. pag. 7 di tale comparsa), tuttavia, alcun rimborso può riconoscersi al predetto per spese afferenti un procedimento che è stato avviato in virtù di una pretesa - quella relativa all'asserita avvenuta risoluzione per l'inottemperanza dell'attrice alla diffida ex art. 1454 c.c. - rivelatasi non fondata all'esito del presente giudizio, trattandosi di un esborso che non può ritenersi, in tal senso, determinato, neppure esso, dal comportamento tenuto dalla promissaria acquirente.   Con riferimento, invece, alle spese condominiali, è dirimente evidenziare che - così come lamentato da parte attrice - alcun obbligo risulta previsto al riguardo, a carico della ### nel contratto del 01.12.16, e ciò, pur a fronte della regolamentazione ivi concordata per altre spese correlate all'immobile, quali quelle di manutenzione o quelle afferenti le utenze poste a servizio dello stesso. Considerata tale regolamentazione e la significativa non menzione di somme dovute dalla promissaria acquirente anche a titolo di “quote condominiali”, ne consegue, dunque, che è da escludere che queste ultime possano ritenersi dovute dall'attrice, mentre è inconferente il solo richiamo operato al riguardo dai ### alle comunicazioni scambiate con il soggetto che sarebbe stato, a loro dire, incaricato dell'amministrazione condominiale, recanti il “convincimento” di quest'ultimo che il ### fosse proprietario dell'unità indicata come “F/4” e che sarebbe stato sollecitato, quindi, da tale amministratore, al pagamento di oneri condominiali (cfr. doc.  1, allegato alla comparsa di costituzione del ###.   Nemmeno la domanda volta al rimborso di tali spese può trovare, dunque, accoglimento.   Tenuto conto dell'esito complessivo del giudizio, che ha condotto a disattendere entrambe le pretese risolutorie esercitate dai contendenti in virtù dell'inadempimento da ascrivere alla rispettiva controparte, in uno al riconoscimento del diritto della ### alla restituzione della sola somma di € 5.000,00 e al rigetto, per converso, delle ulteriori domande rispettivamente proposte dalle parti, le spese processuali devono essere, infine, integralmente compensate tra le stesse, ravvisandosi nella specie un'ipotesi riconducibile a quella della soccombenza reciproca, prevista dall'art. 92 c.p.c.   Sempre in virtù dell'esito del giudizio, non sussistono, inoltre, i presupposti per una condanna dei convenuti o dell'attrice per cd. responsabilità processuale aggravata, quale quella fatta valere, reciprocamente, dai contendenti, necessitando la stessa, in via assorbente, dell'integrale soccombenza della rispettiva controparte, ex art. 96 c.p.c., nella specie non ricorrente.  P.Q.M.  ### di Velletri, definitivamente pronunciando sulla causa civile indicata in epigrafe, ogni ulteriore e diversa istanza, eccezione e deduzione assorbita o disattesa, così provvede: - Rigetta le domande proposte da ### di recesso dal contratto del 01.12.2016 e di condanna dei convenuti ### e ### al pagamento del doppio della caparra confirmatoria versata, ai sensi dell'art. 1385 c.c.; - Rigetta le domande riconvenzionali proposte dal ### volte alla declaratoria della risoluzione del contratto del 01.12.2016 per l'inadempimento di ### al risarcimento dei danni da parte della stessa e al rimborso delle spese condominiali e per il procedimento di mediazione; - Dichiara la risoluzione del contratto concluso tra ### da un lato, e ### e ### dall'altro lato, in data ###, in virtù della volontà manifestata da tutte le parti di scioglimento del rapporto negoziale; - ### e ### in solido tra loro, alla restituzione in favore di ### della somma di € 5.000,00, nonché al rimborso di € 813,74 per le spese del procedimento di mediazione da loro avviato anteriormente al presente giudizio; - Rigetta ogni ulteriore richiesta di pagamento proposta da ### - Compensa integralmente tra le parti le spese processuali; - Rigetta le rispettive domande proposte dalle parti ai sensi dell'art. 96 c.p.c. 
Così deciso in ### in data ###.  

Il Giudice
dott.ssa ###


causa n. 7251/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Nardi Federica

M
9

Tribunale di Napoli, Sentenza n. 11095/2025 del 28-11-2025

... C.R.S. nei confronti di ### e ### avente ad oggetto la risoluzione per inadempimento del contratto di cessione dei crediti pro solvendo del 20.12.2005 che nulla ha a che vedere con l'oggetto del presente giudizio, nel quale si fa riferimento a crediti maturati per prestazioni rese nel novembre 2009, che, come è stato documentato, esulano dal suddetto contratto di cessione di credito pro solvendo e dalle successive scritture. Ad evidenziare la grave colpa dell'A.S.L., il terzo chiamato, depositava il parere ottenuto dall'### per la ### in ordine all'efficacia del suddetto contratto di cessione di crediti. In particolare si chiedeva di conoscere se detto contratto di cessione doveva ritenersi cessato ed improduttivo di effetti per i crediti dell'istante verso l'A.S.L. nascenti per prestazioni successive all'anno 2007. Il parere, che l'A.S.L. conosceva perché acquisito in data ### era nel senso di ritenere lecite le cessioni dei crediti futuri in massa dell'istante nei confronti dell'A.s.l. solo fino all'anno 2007 e non efficaci per quei crediti sorti successivamente a tale anno. Ne conseguiva che, persistendo il mancato pagamento da parte dell'A.S.L. ### 1 delle somme oggetto del suddetto (leggi tutto)...

testo integrale

N. 10228/2023 R.G.A.C.  ### nome del Popolo Italiano Il Tribunale di Napoli - II sezione civile in composizione monocratica, ### nel giudizio iscritto al n. 10228.23 R.G., e vertente tra ### locale A.S.L. Napoli 1 Centro, in persona del legale rappresentante pro tempore, dott. ###con sede ###### del ### 13/a, 80145 Napoli, P.I. ### rappresentata e difesa dall'avv. #### ed elettivamente domiciliata presso il di Lei studio sito in Napoli, alla ### n.6 la quale ai sensi e per gli effetti della vigente normativa dichiara di voler ricevere le comunicazioni inerenti la presente procedura al seguente indirizzo di posta elettronica certificata: ### - Attrice contro ### S.P.A. (CF ###) con sede ###/20 (iscritta presso il registro delle ### di ### al REA 222528 - capitale sociale di € 1.443.925.305 interamente versato) iscritta all'### presso la ### d'### al n. 4932, capogruppo dell'omonimo #### dei ### n. 5387/6, in persona del procuratore speciale ### nato a #### il ### (C.F. ###), autorizzato giusta procura speciale del 11.3.2023 a ministero ### (### n. 50144/15086 - ### A) società incorporante la #### in virtù di atto di fusione per ### di ### in data ### rep. n. 46294/14108 e con decorrenza degli effetti giuridici e civilistici dal 20.11.2017 a sua volta società incorporate la ####- ### S.P.A. - #### S.p.A. in ### in virtù di atto di fusione per ### di ### in data ### rep. n. 52672/26249, registrato a ### 5 il ### al 11214 serie ### con decorrenza degli effetti giuridici e civilistici dal 1.8.2016 rappresentata e difesa giusta procura speciale che si versa in atti, dall'avv.  ### (CF ###) con studio in Napoli alla ### za Vanvitelli n 15 rappresentata e difesa, giusta procura versata nel fascicolo telematico dall'avvocato ### (C.F. ### pec: ###) - Convenuta - E ### S.R.L., con sede ###Napoli alla ### n. 67, partita iva ### in persona del legale rappresentante p.t. ### nato a ### di Napoli il ###, codice fiscale ###, difeso ed assistito, in virtù di mandato in calce al presente atto, dall'avv. ### (c.f.  ###) ed elettivamente domiciliat ###Napoli alla ### n. 58 (il procuratore indica il numero di fax ### e l'indirizzo di posta elettronica certificata paolodevincen###); ### chiamato ### Le parti hanno concluso come in atti. 
Per l'attrice: “accertare e dichiarare l'indebita percezione oggettiva da parte della ### ca convenuta, delle somme pagate dall'A.s.l. Napoli 1 ### con il mandato di pagamento n. 12 del 05.09.2013 per le motivazioni di cui alla narrativa e per l'effetto condannare la ### dell'### alla ripetizione dell'importo di €: 485.902,82 (Euro qutroventoottantacinquemila novecentodue e centesimi ottantadue) oltre interessi moratori ex ### 231/2002 e succ. mod dalla data dell'indebito pagamento al reale soddisfo oltre rivalutazione monetaria. 
In via gradata e nella denegata ipotesi accertare e dichiarare l'ingiustificato arricchimento della ### convenuta a seguito del pagamento effettuato dall'A.s.l. Napoli 1 ### con il mandato di pagamento n. 12 del 05.09.2013 per le motivazioni di cui alla narrativa e per l'effetto condannare la ### dell'### alla ripetizione dell'importo di €: 485.902,82 (Euro qutroventoottantacinquemila novecentodue e centesimi ottantadue) oltre interessi moratori ex ### 231/2002 e succ. mod dalla data dell'indebito pagamento al reale soddisfo oltre rivalutazione monetaria; Con vittoria di spese anche generali Per la convenuta: “dichiari inammissibile ovvero rigetti le domande dell'attrice in quanto infondate in fatto ed in diritto; rigetti ogni contestazione e difesa spiegata dalla C.R.S.  condanni essa attrice e la stessa chiamata alla refusione delle spese di lite”. 
Per il terzo chiamato: “In via preliminare, previa modifica e/o revoca dell'ordinanza del 30.04.2024, dichiarare l'inammissibilità della richiesta di chiamata in causa per violazione dell'art. 171 ter n. 1) c.p.c., con ogni provvedimento connesso e conseguente ivi compreso l'estromissione dell'odierno esponente dal presente giudizio, con vittoria di spese e compensi di giudizio; - in via gradata, rigettare tutte le domande spiegate dall'attrice nei confronti dell'odierna esponente di cui all'atto di chiamata in causa in quanto infondate in fatto e diritto e, comunque, non provate, con vittoria di spese e compensi di giudizio”.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione regolarmente notificato, l'### locale A.S.L. Napoli 1 ### (da ora attrice, A.S.L.) adiva il tribunale in intestazione per sentir accogliere le conclusioni su rassegnate, nei confronti della convenuta ### S.P.A. (da ora banca, convenuta, ###. 
In fatto e diritto allegava quanto segue: in data ### ha ricevuto la notifica del ### 4396/2010 dell'importo complessivo di €: 455.636,68 a richiesta della ### S.R.L., (da ora terzo chiamato, ### a fronte del mancato pagamento di prestazioni fornite dalla società ingiungente in regime di convenzione. 
Il decreto ingiuntivo, è divenuto definitivo in data ### per mancata opposizione, in data ###, dovendo procedere al pagamento del prefato decreto ingiuntivo, l'A.S.L. attrice ha disposto con mandato n.12/2013 la corresponsione dell'importo di € 485.902,82 con bonifico bancario sul seguente #######. 
Successivamente la CRS proponeva azione esecutiva rubricata con RGE 17865 dell'anno 2013 per conseguire il pagamento del cennato ### giuntivo n. 4396 che comportava l'assegnazione delle relative somme ottemperata con disposizione di pagamento n. 32 del 14.01.2015 A seguito di successive verifiche amministrative l'A.s.l. identificava il doppio pagamento, e conseguentemente provvedeva a disporre le dovute procedure di recupero delle somme indebitamente percepite. 
Pertanto convocava il legale rappresentate della CRS onde cercare di definire bonariamente l'insorta vertenza. 
In tale incontro, i cui contenuti venivano riportate in specifico verbale emergeva che il pagamento, effettuato dall'A.S.L. in data ### con mandato di pagamento n. 12 era stato effettuato erroneamente su coordinate bancarie non riconducibili alla ### A seguito di tale dichiarazione l'A.S.L. ha provveduto a svolgere le doverose verifiche all'esito delle quali è emerso che l'iban ###### era riconducibile alla società ### e ### società che successivamente alla data del pagamento era stata acquistata dalla ### di ### di ### a sua volta incorporata dalla ### dell'####.S.L. pertanto provvedeva a richiedere la ripetizione delle somme erroneamente pagate ed indebitamente percepite dall'allora ### e ### oggi ### tenuta alla ripetizione dell'indebito pagamento a seguito dell'incorporazioni susseguitesi nel tempo.  ### di credito ha rigettato la richiesta motivando con l'argomentazione fondata sulla presenza di un contratto di cessione del credito all'epoca esistente tra il centro CRS e la ### e ### che la CRS non aveva adempiuto avendo quest'ultima continuato ad incassare le somme riconducibili ai crediti ceduti in favore della ### e ### il versamento effettuato dall'A.S.L., conseguentemente era da ritenersi un rimborso delle somme anticipate alla CRS con la conseguenza che la ### non riteneva di dover ripetere nessun importo. 
Ciò dedotto, sul presupposto che il pagamento eseguito dall'A.S.L. con il mandato n. 12/2013 del 05.09.2013 integrasse un caso di indebito pagamento oggettivo ex art. 2033 c.c. chiedeva condannarsi la convenuta alla ripetizione delle somme indebitamente percepite dalla società incorporata di cui risulta essere successore. 
Deduceva inoltre che la mancata comunicazione del presunto rapporto di cessione di credito intercorso tra ### e ### e ### all'A.S.L.  ha impedito che la stessa maturasse tale consapevolezza conseguentemente disponesse il pagamento con la necessaria conoscenza di effettuare un pagamento dovuto ad un soggetto effettivamente creditore nei suoi riguardi e legittimato a ricevere le somme ed a trattenerle. 
In via subordinata, prospettava la riconduzione, per la sua evidente assenza di causa nella fattispecie di cui all'art. 2041 c.c. quale in ingiustificato arricchimento ottenuto dalla società convenuta tenuta quindi alla restituzione dell'indebito arricchimento ottenuto oltre gli interessi e la rivalutazione maturati. 
Nel costituirsi parte convenuta, chiedeva rigettarsi l'avversa domanda. 
Deduceva in fatto e diritto quanto segue. 
Con atto di cessione di crediti pro solvendo del 20.12.2005 interveniva la seguente cessione dei crediti a titolo oneroso. 
Poteva leggersi dal contratto: “il ### (poi divenuto ### s.r.l.) premesso che «intende cedere alla cessionaria tutti i crediti nascenti nei confronti della ### 1 … per le fatture riportate nel prospetto allegato sub a) per un totale di ### 2.087.169,33, nonché tutti i crediti futuri che essa cedente maturerà per prestazioni da effettuare dal mese di dicembre 2005 …» ha ceduto alla ##### i crediti di quelle fatture elencate ed emesse nel 2005”. 
Precisava la convenuta che il contratto venne sottoscritto al dichiarato intento della «cedente di chiedere alla cessionaria versamenti anticipati…» del prezzo della cessione che, viceversa avrebbe dovuto essere versato all'atto dell'incasso dei crediti ceduti, e che. 
Il contratto prevedeva che il debitore ceduto avrebbe effettuato esclusivamente i pagamenti in dipendenza della cessione esclusivamente a favore della cessionaria mediante accredito sul conto corrente intestato a ### e ### e ### presso la ### di ### di ### - ### di ### - conto corrente n. 60/01 ABI 6155 CAB 3400. 
Nel corso del tempo, la CRS ha ceduto alla ### E ### le ulteriori fatture emesse nel corso del tempo, nei confronti della A.S.L. NA 1, chiedendo ed ottenendo il pagamento anticipato del controvalore di vendita, avendo cura di indicare in ogni fattura, acquisita e timbrata dall'A.S.L., “Pagabile con accredito su ### : #### 60 ##### - ### e finanza ### e fact.”. 
Chiariva anche che per molte di quelle fatture tempo cedute pro solvendo, come previsto nel contratto del 2005, la CRS chiese ed ottenne, poi, di trasformare il rapporto in pro-soluto, al fine di escludere la garanzia della solvenza e di incassare, immediatamente, il saldo prezzo della relativa vendita.   Inoltre, con successivi contratti del 11.07.2008 e dell'1.12.2008, per la trasformazione in pro soluto della pregressa cessione pro solvendo di altre fatture emesse nel 2006 e 2007, tutti sulla comune premessa che tra le parti sopra costituite, “con atto autenticato dal notaio ### in data 20 dicembre 2005, rep n. 23150, racc. n. 8507 (l'atto di cessione ### notificati all'ente debitore azienda sanitaria locale ### (il debitore ceduto) in data 23 dicembre 2005, è intervenuta una cessione pro solvendo dei crediti esistenti e futuri vantati dal cedente per prestazioni effettuate in favore del ### tore Ceduto”. 
Si prevedeva in particolare “ con la presente scrittura (“il contratto”), le ### intendono modificare ed integrare l'### di cessione ### allo scopo di eliminare la garanzia della solvenza del ### nel medesimo atto, ed introdurre alcune ulteriori disposizioni …”. 
Inoltre, quanto ai rapporti con la ### rilevava che quest'ultima citava dinanzi al Tribunale di ### la ### E ### S.P.A., lamentando vari inadempimenti contrattuali di cui al contratto di cessione, l'applicazione di ingiustificate commissioni ecc. e chiedeva la declaratoria di risoluzione e la condanna della cessionaria al pagamento di somme a vario titolo. 
Ne seguiva sentenza n. 9379/2017 pubblicata in data ### (con sentenza n. 403/2022 pubblicata il ###, la Corte di Appello, ha confermato la decisione di primo grado) con cui il Tribunale di ### riconosciuta l'esistenza e validità delle cessioni, riconosciuto il subentro dalla ### alla ### interpretati contratti, ha rigettato tutte le domande dell'attrice riconoscendo la correttezza dell'operato della ### E ### Ribadiva che laddove fosse provata in giudizio l'esecuzione del bonifico sul conto di pertinenza di ### e ### tale conto corrente sarebbe proprio quello esatto ed indicato in esecuzione del contratto di cessione intervenuto tra la convenuta e ### La convenuta evidenziava come l'azione in realtà, fosse un tentativo mal riuscito di recuperare altre somme - queste si - erroneamente versate a seguito della procedura esecutiva in data ### in favore di ### Ciò perché, inoltre, la CRS, indicava di volta in volta, nelle fatture emesse a carico della A.S.L., l'iban corrispondente ad un conto della ### e ### configurandosi così una delegazione di pagamento della CRS indirizzata alla A.S.L. ed in favore della ### e ### Ne consegue che la A.S.L., che era venuta a conoscenza della cessione, fosse necessariamente consapevole di eseguire la prestazione nei confronti del cessionario, all'epoca ### cio e ### il quale legittimamente aveva comprato il credito e ne incassava l'importo. 
La convenuta contestava anche la difesa di parte attrice secondo cui la cessione dei crediti sarebbe dovuta avvenire nella forma scritta sulla base del tenore degli art. 69 e 70 del R.D. n. 2440 del 1923. 
Infatti, tali richiami non dovevano ritenersi operanti atteso che, l'A.S.L.  non poteva riconoscersi come ente statale o pubblico territoriale e che il divieto, in ogni caso, non operava per la cessione di crediti estranei a contratti di appalto e somministrazione quali quelli scaturenti da regimi di accreditamento. 
In sede di prima memoria ex art. 171 ter c.p.c. parte attrice, nel contestare le avverse difese della convenuta, chiedeva estendersi il contraddittorio nei confronti della CSR allegando quanto segue:” ### denegata ipotesi che il depositato contratto di cessione del credito depositato dalla ### convenuta venga ritenuto valido, efficace ed opponibile anche nei riguardi dell'A.S.L.  odierna attrice e conseguentemente l'effettuato pagamento intervenuto con il mandato di pagamento n. ORS/### del 05.09.2013 giustificato e dovuto alla ### con la conseguenza che lo stesso non debba essere ripetuto, appare chiaro che il pagamento indebito e da ripetersi sia quello ottenuto in executivis dalla ### a seguito della notifica del DI n. 4396/2010”. 
Ciò premesso, alle conclusioni già formulate, parte attrice aggiungeva le ulteriori richieste: “in via gradata ### l'ill.mo Tribunale adito accertare e dichiarare l'indebita percezione oggettiva da parte della ### convenuta, delle somme pagate dall'A.s.l. ### 1 ### con il mandato di pagamento n. 32 del 14.01.2015 per le motivazioni di cui alla narrativa e per l'effetto condannare la detta società alla ripetizione dell'importo di €: 485.902,82oltre interessi moratori ex ### 231/2002 e succ. mod dalla data dell'indebito pagamento al reale soddisfo oltre rivalutazione monetaria, nonché le spese processuali indebitamente percepite. 
In via ulteriormente gradata e nella denegata ipotesi accertare e dichiarare l'ingiustificato arricchimento della ### convenuta a seguito del pagamento effettuato dall'A.s.l. ### 1 ### con il mandato di n. 32 del 14.01.2015 per le motivazioni di cui alla narrativa e per l'effetto condannare la ### alla ripetizione dell'importo di €: 485.902,82 oltre interessi moratori ex ### 231/2002 e succ. mod dalla data dell'indebito pagamento al reale soddisfo oltre rivalutazione monetaria nonché le spese processuali indebitamente percepite. 
Con ordinanza del 30.4.25, il giudice ai sensi dell'art. 107 c.p.c., ritenuta l'opportunità di estendere il contraddittorio nei confronti del terzo ### autorizzava l'estensione del giudizio nei riguardi del terzo. 
Costituitosi tempestivamente ### in via preliminare chiedeva dichiararsi inammissibile l'estensione del contraddittorio nei suoi confronti (eccezione invero sollevata nel corso del giudizio anche dalla convenuta ) e nel merito, atteso che le somme in suo favore erano state incassate a seguito di ordinanza di assegnazione del tribunale di ### sezione v, del 13-17.12.2013 rep.  7128/2014 in esecuzione del decreto ingiuntivo n. 4396/2010 del tribunale di ### del 12.05.2010, non opposto. 
Precisava che in data ### ricorreva al Tribunale di ### affinché ingiungesse alla A.S.L. ### 01 il pagamento in proprio favore della somma di euro 455.636,68 oltre interessi e spese, in relazione a fatture emesse nell'anno 2009 e specificamente quelle indicate nel ricorso per decreto ingiuntivo, che veniva accolto con emissione del ### di ### n. 4396/2010 del 12.05.2010. 
Detto decreto ingiuntivo, regolarmente notificato alla debitrice A.S.L. non veniva opposto divenendo, pertanto, definitivo in data ###. 
Aggiungeva che, con atto stragiudiziale del 09.05.2012 notificato a mezzo di ufficiale giudiziario a mani proprie in data ### l'odierna istante invitava la debitrice A.S.L. ### 1 a prendere atto che i crediti sorti per prestazione erogate a far data dal 20.12.2007 (e, quindi, anche quelli compresi nel suddetto ### relativi a fatture per prestazioni rese nel novembre 2009) erano di esclusiva titolarità dell'istante medesima e diffidava la A.S.L. dal compiere pagamenti in favore di terzi (### e ### evidenziando che eventuali pagamenti in favori di terzi sarebbero risultati inidonei all'estinzione dei relativi debiti. 
Nello specifico, l'istante rappresentava alla debitrice A.S.L. ### 1 Centro che con atto del 20.12.2005, cedeva alla ### e ### S.p.a i crediti vantati nei confronti della A.S.L. ### 01 ### di cui alle fatture per prestazioni erogate in favore degli assistiti dal S.S.N., rappresentando che i crediti oggetto di cessione erano quelli esistenti alla data della cessione, riportati nell'### A al suddetto contratto, nonché, quelli futuri. 
Rappresentava, altresì, nel suddetto atto stragiudiziale notificato a mani proprie a mezzo ufficiale giudiziario, che per i crediti futuri l'efficacia di detta cessione era limitata ex lege al termine specifico dell'art. 3 comma III della L.  52/1991 ossia limitata ai 24 mesi successivi al contratto di cessione del 20.12.2005 con la conseguenza che la cessione avrebbe avuto per oggetto solo i crediti scaturenti da prestazioni rese fino al 20.12.2007, corrispondente al ventiquattresimo mese successivo alla data di cessione dei crediti futuri. 
Pertanto, già nella suddetta comunicazione, la C.R.S. invitava la A.S.L.  ### 1 ### a prendere atto che i crediti sorti relativi a fatture per prestazioni da essa erogate a far data dal 20.12.2007 erano di esclusiva titolarità dell'istante e contestualmente diffidava la medesima ### dal compiere pagamenti in favore di soggetti terzi evidenziando che eventuali pagamenti a terzi sarebbero stati considerati inidonei all'estinzione dei relativi debiti. 
Inoltre, contestava la documentazione depositata dalla banca ai docc. 2 e 3 in quanto è costituita da fatture relative a crediti dell'anno 2008-2009 che non sono mai state oggetto di cessione, né vi è alcuna prova della cessione di tali crediti. 
Del tutto irrilevante è quanto dedotto da ### circa l'indicazione dell'### contenuta nelle suddette fatture, in quanto tale indicazione non prova affatto che quei crediti siano stati oggetto di cessione, tanto più che successivamente alla trasmissione delle fatture la C.R.S. s.r.l. espressamente comunicava alla debitrice A.S.L. ### 1 (con atto notificato a mezzo ufficiale giudizio a mani proprie il ### ) di non pagare a ### e ### tutte le fatture emesse per prestazioni successive al dicembre 2007 in quanto relative a crediti non oggetto di cessione a ### e ### Precisava infine che le Sentenze di primo e secondo grado relative ad un giudizio tra la C.r.s. e la ### e ### citate dalla convenuta, si riferivano ad un'azione a suo tempo promossa dalla C.R.S. nei confronti di ### e ### avente ad oggetto la risoluzione per inadempimento del contratto di cessione dei crediti pro solvendo del 20.12.2005 che nulla ha a che vedere con l'oggetto del presente giudizio, nel quale si fa riferimento a crediti maturati per prestazioni rese nel novembre 2009, che, come è stato documentato, esulano dal suddetto contratto di cessione di credito pro solvendo e dalle successive scritture. 
Ad evidenziare la grave colpa dell'A.S.L., il terzo chiamato, depositava il parere ottenuto dall'### per la ### in ordine all'efficacia del suddetto contratto di cessione di crediti. 
In particolare si chiedeva di conoscere se detto contratto di cessione doveva ritenersi cessato ed improduttivo di effetti per i crediti dell'istante verso l'A.S.L. nascenti per prestazioni successive all'anno 2007. Il parere, che l'A.S.L. conosceva perché acquisito in data ### era nel senso di ritenere lecite le cessioni dei crediti futuri in massa dell'istante nei confronti dell'A.s.l. solo fino all'anno 2007 e non efficaci per quei crediti sorti successivamente a tale anno. 
Ne conseguiva che, persistendo il mancato pagamento da parte dell'A.S.L.  ### 1 delle somme oggetto del suddetto decreto ingiuntivo, l'odierna istante notificava atto di precetto all'A.S.L. in data ###. 
Venuta a conoscenza dell'intervenuto ed erroneo pagamento in favore di ### e ### in data ###, la CRS comunicava all'A.S.L., con nota del 30.11.2013 acquisita dall'A.S.L. con prot. n. ###/2013, che il pagamento effettuato era da considerarsi completamente erroneo e sollecitava ancora una volta il pagamento delle somme di cui al decreto ingiuntivo e conseguente precetto, avvisando che in mancanza sarebbe stata promossa l'azione esecutiva. 
Al termine dei numerosi atti con cui si avvertiva l'A.S.L. di quale fosse il reale ed unico debitore, avvertimenti rimasti senza esito, la CRS proponeva azione esecutiva innanzi al ### di ### r.g.e. 17865/2013 che si concludeva con l'### di assegnazione del ### di ### del 13- 17.12.2014 come da progetto di distribuzione allegato (doc. 7), somme che venivano poi ricevute dall'odierno istante solo in data ###. 
Per quanto su espresso, e considerato che la stessa attrice deduceva di aver pagato per errore, come tra l'altro indicato nella missiva al documento n. 6 dell'2.12.21 indirizzata alla convenuta -in produzione della A.S.L. - dal seguente tenore “il mandato di pagamento n. 12 del 05.09.2013 accreditato alla ### e ### S.p.a. per mero errore materiale nel caricamento dell'### di conto corrente in fase di emissione del mandato, iban che era presente nell'anagrafica del fornitore. Tale pagamento è stato effettuato da questa A.S.L. a fronte del D.I. 4396/2010 del ### di ### richiesto da C.R.S. 
Sollo”, chiedeva il rigetto anche della domanda proposta ai sensi dell'art.  2041 Acquisita la documentazione e ritenuta l'irrilevanza delle prove orali articolate dalle parti, la causa veniva assegnata in decisione con ordinanza del 29.10.25.  ### del terzo ex art. 107 c.p.c. e l'ammissibilità dell'integrazione del contraddittorio nei confronti della società ### s.r.l. 
Con ordinanza del 30.04.24, il giudice istruttore disponeva l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 107 c.p.c. 
Non veniva quindi accolta l'istanza di parte attrice formulata in sede di prima memoria ex art. 171 ter c.p.c. ma veniva discrezionalmente esteso il contraddittorio ai sensi dell'art. citato, si effettuava una valutazione di opportunità. 
Il non accoglimento della domanda di allargamento del contraddittorio, elemento non ostativo all'applicazione dell'art. 107 c.p.c. in sintesi, e per quanto si dirà, è una conseguenza della valutazione secondo cui parte attrice, per la documentazione depositata dalla convenuta, non poteva non essere già al corrente e prima dell'inizio della controversia, che il credito vantato, il diritto controverso, aveva ambiti di sovrapposizione con la posizione del terzo chiamato ### s.p.a.  ### chiamato in causa unicamente la convenuta, senza chiarire la complessità del rapporto instauratosi anche nei confronti della CRS - come chiaramente emergente dalla documentazione in atti - e soprattutto la soltanto successiva richiesta di estensione del contraddittorio nei confronti del terzo, non consente di ritenere che l'esigenza in capo all'attrice sia sorta dalla defese della convenuta. Appare univoco ed evidente che la ASL conoscesse anche quanto accaduto nei confronti di CRS e che abbia omesso circostanze decisive ai fini della valutazione dell'intera vicenda processuale. 
La non configurabilità dell'art. 171 ter n. 1 che consente all'attore di chiedere di essere autorizzato a chiamare in causa un terzo, “se l'esigenza è sorta a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta” tuttavia, non impedisce l'applicazione del c.d. intervento iussu iudicis. 
La ratio dell'intervento per ordine del giudice consiste nel permettere il simultaneus processus sia per ragioni di economia processuale , sia per evitare un possibile contrasto di giudicati. 
In giurisprudenza è frequente l'enunciazione del principio secondo il quale, se il convenuto eccepisce di non essere titolare del lato passivo del rapporto dedotto in giudizio e indichi come tale il terzo, il giudice, con valutazione discrezionale e non sindacabile in sede di legittimità, può ordinare l'intervento in causa del terzo, in tal modo costituendosi un simultaneus processus diretto alla individuazione del titolare passivo del credito azionato, al terzo estendendosi in via automatica la domanda dell'attore ( tra le tante Cass. 13907/2007).  ### disposto in attuazione della norma in esame, c.d. "iussu iudicis", risponde quindi “all'interesse superiore della giustizia ad attuare l'economia dei giudizi e ad evitare i rischi di giudicati contraddittori - come tale di ordine pubblico e trascendente quello delle stesse parti originarie del giudizio o di terzi, - ben può essere disposto (sulla base di una valutazione che costituisce espressione di un potere discrezionale riservato al giudice del primo grado, il cui esercizio non è suscettibile di sindacato nelle fasi successive, né, in particolare, in sede di legittimità) anche nel caso in cui, di fronte a difese del convenuto dirette a far accertare la propria estraneità al rapporto controverso, il giudice ritenga di dover indurre od autorizzare chi agisce ad estendere la propria domanda nei confronti del terzo indicato come titolare del rapporto medesimo (tra le tante Cass. 13/07/2004, n. 12930). 
Per quanto detto appare evidente l'esigenza di instaurare il contraddittorio nei confronti anche di ### per accertare la titolarità passiva di un rapporto obbligatorio, a fronte di due apparenti e presunti debitori della medesima prestazione. 
Nel merito si osserva quanto segue. 
Preliminarmente risulta incontestato e documentale che ai rapporti di ### mercio E ### S.P.A. ### E ### è succeduta la parte convenuta perché società incorporante la ### a sua volta società incorporate la ### E ### S.P.A. - ### E ### S.P.A. in ###. 
Così come la ### S.R.L., è una società frutto di scissione dalla C.R.S. ### con conferimento di azienda e successione, in ordine al rapporto controverso, alla ### Inoltre, la figura della cessione dei crediti relativi a prestazioni eseguite per il ### crediti verso le ### non è soggetta al divieto di cui all'articolo 70 terzo comma del ### decreto n. 2440 del 1923 e l'art. 9 legge n. 2248/1865 all. E, che prevedono l'autorizzazione della pubblica amministrazione alla cessione dei crediti che la riguardano. 
La norma, oltre a riferirsi a rapporti di durata, come l'appalto o la somministrazione, e non si applica alle distinte prestazioni d'opera (Cass. 18339/ 2014; Cass. 24758/ 2021) disciplina unicamente le amministrazioni statali, categoria a cui le ASL non appartengono (Cass. 29420/ 2023). 
Potrà quindi procedersi all'esame del merito delle pretese, sul presupposto della validità delle intervenute cessioni seppur nei limiti per quanto si dirà, con la precisazione sin d'ora, la comunicazione alla ASL circa l'intervenuta cessione tra le altre parti del giudizio, non è un elemento costitutivo della cessione e per tanto irrilevante ai fini della ricostruzione necessaria che si effettuerà. 
I rapporti tra la A.S.L. e ### s.r.l. 
A seguito di decreto ingiuntivo n. 4396/2010, notificato in data ###, divenuto definitivo in data ### per mancata opposizione, CRS procedeva in via coatta ai danni dalla A.S.L. finendo per vedersi assegnataria in sede esecutiva le somme pari ad euro 455.636,68 pari all'importo di n. 5 fatture rispettivamente n. 637 -638 -639 -640 -641 tutte dell'anno 2009, per prestazioni sanitarie eseguite in regime di convenzione di accreditamento per conto del ### Il decreto divenuto inopponibile, e cristallizzato nel passaggio in giudicato, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, (tra le tante Corte di ### ordinanza n. 8937/2024) copre il dedotto ed il deducibile, ovvero, secondo altra formulazione “fa stato” in ordine al credito azionato ed anche in relazione al titolo, posto a fondamento dello stesso. 
Ne consegue che quanto attiene alle ragioni che hanno condotto la CRS all'incasso della su menzionata somma, esse non possono essere più oggetto di sindacato da questo tribunale, dovendo riconoscere come definitivamente fondata la ragione creditoria in capo alla CRS nei confronti della A.S.L. 
I rapporti tra la A.S.L. ### 1 ### e la ### S.P.A. 
La tesi dichiarata dalla parte attrice, è nel senso che dovendo procedere al pagamento del decreto ingiuntivo n. 4396/2010, ha disposto con mandato n.12/2013 un bonifico dell'importo di €: 485.902,82 in data ###, sull'### con numerazione ######. 
Solo in epoca successiva all'assegnazione di somme nel corso del processo esecutivo ( eseguita in data ### oltre 16 mesi dopo il pagamento) azionato da ### “a seguito di successive verifiche amministrative l'A.S.L.  identificava il doppio pagamento, e conseguentemente provvedeva a disporre le dovute procedure di recupero delle somme indebitamente percepite”. 
Tale prospettazione, appare essere frutto di estrema semplificazione, con omissione di circostanze assai rilevanti che emergono dalla documentazione e difese delle altre parti. 
Invero, l'esame della controversia de quo, prescinde dall'evidente estrema superficialità nella gestione di pubbliche risorse dell'ente attore, (tardiva esecuzione di prestazioni solo ed in parte dopo il passaggio in giudicato di un titolo giudiziale non opposto, se non nella fase esecutiva, duplicazione di pagamenti nonostante espresso avvertimento di una delle parti etc… ), e concerne unicamente se esista o meno il diritto del percettore della somma ### di trattenerla, così come se esista il dovere dell'A.S.L. di effettuare il corrispettivo della cessione in favore della convenuta. 
In altri termini, se esista il profilo delineato dall'istituto dell'indebito oggettivo che, prescindendo dall'elemento soggettivo dell'esecutore, come anche dell'accipiens, si limita a disciplinare gli effetti restitutori di una prestazione eseguita senza giustificazione causale. 
Occorrerà quindi esaminare gli effetti del contratto di cessione intervenuto tra le parti ### e CRS in data ###.  ### del contratto non risulta precluso - come invece sostiene la convenuta - dalla decisione di cui alla sentenza n. 9379/2017 del ### di ### confermata dalla sentenza 403/2022 pubblicata il ### della ### te di Appello di ### Invero, da un lato manca la prova che essa sia passata in giudicato, - sul punto si richiama il principio evincibile dall'arresto di cui alla Sentenza ### del 28/12/2023, secondo cui la prova del passaggio di un provvedimento deve essere data mediante produzione della certificazione di cui all'art. 124 disp. att. c.p.c., anche nel caso di non contestazione della controparte, restandone, viceversa, esonerata solo nel caso in cui quest'ultima ammetta esplicitamente l'intervenuta formazione del giudicato esterno - (mentre risulta provato che il decreto ingiuntivo sia passato in giudicato, essendone intervenuta l'esecuzione forzata) manca in atti un'attestazione da cui posa trarsi tale conclusione per la sentenza n. 9379/2017 del ### di ### dall'altro, sempre a supporto della possibile valutazione del rapporto intercorso tra ### e ### l'oggetto della sentenza su citata confermata in secondo grado, è la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto del 2005, (sia di alcuni accordi modificativi che successivamente sono stati raggiunti per iscritto con tra le parti, il ###, e l'1.12.2008) proposta dall'allora ### di ### nei confronti di ### e ### S.P.A. ### e ### Oltre tale domanda, si contestava la validità di alcune clausole, che addebitavano commissioni ed interessi ed il ruolo di gestore e riscossore dei crediti derivanti dall'attività di recupero. 
La sentenza contiene la statuizione di rigetto delle domande proposte da CRS di risoluzione e nullità degli accordi intervenuti e successive modifiche e di inammissibilità di altre domande. 
Ciò evidenziato, ne consegue la considerazione che nulla impedisce al tribunale nel presente giudizio di esaminare i limiti ed il reale contenuto dei contratti di cessione (tra l'altro nel presente giudizio è depositato un contratto aggiuntivo intercorso tra le parti rispetto a quelli di cui alla sentenza del tribunale di ###, soprattutto ai fini della verifica in ordine a se e quali fatture siano state cedute in favore della ### ad opera del dante causa ### Ultima considerazione altrettanto dirimente, la si ricava dalla circostanza che il contratto ed il suo contenuto, viene esaminato nei rapporti tra A.S.L. e ### la prima del tutto estranea al giudizio richiamato dalla convenuta. 
Risulta chiarito quindi che il presupposto per l'accertamento dell'inesistenza di causa giustificativa del pagamento della A.S.L. alla ### è costituito dall'essere il credito per la somma pari ad euro 455636,68 di cui alle fatture rispettivamente n. 637 638 639 640 641 dell'anno 2009 ceduto o meno dalla CRS alla ### (in primis alla sua dante causa per quanto accennato). 
Orbene, alla pagina 1 del contratto di cessione del 20.12.05, si legge che, oggetto del contratto sono tutti i crediti derivanti dalle prestazioni (effettuate dal ### poi divenuto ### s.r.l. in favore della A.S.L. ### N 1) e risultanti tutti nel prospetto allegato al contratto, “nonché tutti i crediti futuri che la cedente maturerà per prestazioni da effettuare dal dicembre 2005”. 
Quindi a fronte di crediti individuati in apposito allegato (dalla cui lettura si rileva che le fatture cedute vanno dal luglio 2005 al 12 dicembre 2005), identificati sin dalla data del contratto, le parti, con portata normativa, regolano anche il rapporto per il futuro, prevedendo la possibilità di cedere crediti maturati dopo il dicembre 2005 perché derivanti da prestazioni future e poste in essere al di là di tale data. 
Si legge inoltre all'art. 5 che le parti così regolavano: “Il cedente consegnerà al cessionario tutti i documenti probatori dei rispettivi crediti che sono in suo possesso”. 
Si legge ancora all'art. 7 che i pagamenti che il debitore ceduto effettuerà in esecuzione del contratto, dovranno essere effettuati presso accredito sul intestato a ### e ### s.p.a. L. e F (da ora anche ### e Finanza). presso la ### di risparmio di #### di ### c.c. n. 60/1 ABI 6144 CAB 3400.  ### produzione della convenuta, vi è un secondo documento contrattuale (allegato 4 alla comparsa) la cui data, presumibilmente risale al 5.7.07, (vi è un timbro con data non immediatamente leggibile e comunque con data successiva al dicembre 2006 per quanto si dirà) sempre intervenuto tra ### e ### e ### s.p.a. L. e F.. 
Tale contratto, nel richiamare in premessa il precedente regolamento già intervenuto il ###, ha ad oggetto altri crediti, nelle more maturati dopo il dicembre 2005 (risalgono infatti al periodo fatturato febbraio - dicembre 2006) per un totale di euro 1.557.180,24. I crediti sono indicati in modo specifico in apposito allegato al contratto. 
Significativa risulta anche l'ulteriore premessa. Per i crediti di cui alle su menzionate fatture emesse nel 2006, per prestazioni effettuate per conto della A.S.L. il cedente, ovvero (all'epoca ) il ### aveva azionato ricorso per decreto ingiuntivo non opposto (ne risultano indicati n. 10). Quindi il cedente, aveva in un primo momento agito come titolare del credito in via monitoria, una volta ottenuto il decreto ingiuntivo e non opposto, quindi una volta passato in giudicato, aveva inteso stipulare apposito contratto di cessione dei crediti maturati. Infatti, logica conseguenza di tale circostanze è la previsione contenuta nel contratto secondo cui la cedente CRS s'impegna a proseguire le azioni legali (evidentemente già iniziate) ed ad intraprendere altre, come anche a sostituire i propri procuratori con quelli di fiducia della cessionaria, disposizioni chiaramente riconducibili alla circostanza che erano già stati proposti direttamente ed in nome proprio dalla CRS i ricorsi per decreti ingiuntivi per crediti maturati verso la ### non erano stati opposti ed occorreva comunque portare avanti le ulteriori azioni per l'incasso dei crediti. 
All'allegato n. 5 della produzione, la convenuta deposita una terza regolamentazione contrattuale con data leggibile 9.11.2007. Anche tale regolamentazione ha ad oggetto crediti nelle more maturati dal ### per prestazioni effettuate per conto della A.S.L., crediti risultanti anch'essi da ricorsi per decreto ingiuntivo per i quali pendevano all'epoca i giudizi di opposizione (ne risultano indicati n. 4 ) per un totale di euro 307.394,42. Dalla lettura del contratto si legge che i decreti ingiuntivi attengono a fatture emesse in parte nel 2006 ed in parte nel 2007. Anche in questo caso quindi, il cedente, prima della cessione, aveva azionato in autonomia i propri crediti, per poi cederli in corso di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. Quindi il cedente, aveva in un primo momento agito come titolare del credito in via monitoria, una volta ottenuto il decreto ingiuntivo aveva inteso stipulare apposito e successivo contratto di cessione dei crediti maturati.   Infatti, logica conseguenza di tale circostanze è anche qui la clausola secondo cui la cedente CRS s'impegna a proseguire le azioni legali (evidentemente già iniziate) ed ad intraprenderne altre, come anche a sostituire i propri procuratori con quelli di fiducia della cessionaria, disposizioni chiaramente riconducibili alla circostanza che pendevano giudizi antecedentemente incardinati dalla ### in nome proprio e per conto proprio. 
Entrambi tali ultimi due contratti, prevedono l'obbligo del cedente, per l'ipotesi che la A.S.L. ceduta abbia effettuato i pagamenti erroneamente al cedente e non al cessionario, di dirottare la somma incassata verso il conto corrente intestato a ### e ### s.p.a. L. e F. presso la ### di risparmio di #### di ### c.c. n. 60/1 ABI 6144 CAB 3400. 
Infine alla produzione della convenuta, al documento n. 6, vi è ulteriore e quarta sopravvenuta regolamentazione intercorsa in data ### ancora tra le originarie parti ### e ### e ### s.p.a. L. e F. avente ad oggetto ulteriori e sopravvenute fatture, per crediti di un controvalore di euro 576.440,49 maturati in occasione del medesimo rapporto di convenzione di accreditamento con la A.S.L. dal ### di ### zione ### corrispondenti alle fatture specificatamente indicate nel anche qui presente allegato al contratto (fatture relative al periodo marzo settembre 2007). 
Anche in questo caso è indicato per i versamenti in favore della ### e ### s.p.a. L. e F. il conto corrente presso la ### di risparmio di ### ra, ### di ### c.c. n. 60/1 ABI 6144 CAB 3400 di cui stavolta si trascrive l'### per intero ###### (l'### su cui è stata versata la somma di cui è causa). 
Ciò premesso, dalla lettura dei 4 contratti redatti dalle parti danti causa dei contraddittori nel presente giudizio emerge in modo chiaro che, da un lato con il contratto del 20.12.05 le parti hanno inteso regolare la cessione dei crediti esistenti alla data dello stesso, con l'intesa di addivenire anche in futuro ad altre cessioni per crediti sopravvenuti al dicembre 2005, cessioni che tuttavia, venivano poi di volta in volta attuate tramite apposita regolamentazione, con allegato elenco delle singole fatture cedute. 
La previsione quindi, l'inciso del contratto del 20.12.2005 richiamato dalla convenuta “ il cedente intende cedere … tutti i crediti futuri che essa cedente maturerà per prestazioni da effettuare dal mese di dicembre 2005” contrariamente a quanto sostenuto dalla ### non deve essere intesa nel senso di automatica cessione di tutti i crediti sopravvenuti di volta in volta sulla base delle fatture emesse dalla ### Piuttosto, le parti avevano inteso riservarsi di volta in volta la facoltà di un ulteriore regolamentazione con lo specifico riferimento delle fatture e dei correlati crediti scelti distintamente ed in un momento successivo per una nuova e distinta cessione. 
Numerosi elementi depongono nel senso appena espresso. 
In primis, risulta che il cedente abbia ceduto anche crediti di cui a fatture per le quali abbia già azionato direttamente il ricorso per decreto ingiuntivo (contratto n. 2 e 3 nell'ordine esaminato). Risulta anche nel quarto contratto la facoltà del cedente di ricomprendervi crediti eventualmente consacrati in decreti ingiuntivi già ottenuti.   Con ciò evidenziando che i crediti per prestazioni sorte dopo il dicembre 2005, non sarebbero rientrati immediatamente nella titolarità del cessionario per il solo fatto di essere venuti ad esistenza, - non potendo altrimenti il cedente azionare il ricorso per decreto ingiuntivo in nome proprio e per suo conto - ma occorreva pur sempre, secondo il reale ed effettivo accordo tra le parti, uno specifico atto distinto di trasferimento. 
Inoltre, in ognuno dei 3 contratti esaminati e successivi al primo, le parti di volta in volta, oltre ad indicare in modo specifico quali crediti di cui alle fatture corrispondenti venivano ceduti, regolavano il prezzo, interessi, commissioni, regime delle valute per gli accrediti ed addebiti, natura della cessione (da pro solvendo a pro soluto) risultando evidente che il momento traslativo dei crediti fosse una conseguenza del singolo contratto intervenuto di volta in volta. 
Emblematico nel senso appena illustrato è l'art. 4.3 del contratto numero 4 il quale prevede che, in caso di risoluzione del contratto, il cedente rientrerà nella titolarità dei crediti ceduti, dalla data di stipula del contratto di cessione, con efficacia “ex tunc”. 
Quindi, con efficacia retroattiva, in coerenza con il principio generale della risoluzione per i contratti traslativi, retroagendo sino alla data di stipula del contratto, di quel singolo contratto e non sino alla data del 20.12.05, data del primo ed originario contratto di cessione o comunque alla data della venuta ad esistenza del credito. 
Nello stesso senso la clausola del medesimo contratto al punto 5.2 secondo cui il cedente garantisce le qualità dei crediti ceduti, alla “data di stipulazione”. 
Dirimente ed univoco, è l'art. 8.1 secondo cui il contratto produce effetti dalla data di stipulazione, con ciò risultando evidente che la cessione, il trasferimento, non si realizza alla data in cui viene ad esistenza il credito ma solo quando le parti sono addivenute alla nuova regolamentazione. 
In ultimo, l'art. 11.1 prevede che, ogni modifica dell'accordo sarà oggetto di apposita regolamentazione scritta ulteriore tra le parti.  ### del contratto del 20.12.2005 “ il cedente intende cedere … tutti i crediti futuri che essa cedente maturerà per prestazioni da effettuare dal mese di dicembre 2005” va quindi ricondotto nel più ampio fenomeno della formazione progressiva del contratto, potendo rilevare al più, come un vincolo assunto dalle parti, a decidere se - con valutazione discrezionale e facoltativa delle parti - regolare in futuro anche i crediti sopravvenuti, con ulteriori contratti di cessione di volta in volta da stipularsi, crediti pur sempre maturati dalla CRS nel corso della convenzione di accreditamento con la ### Chiarito che, dall'interpretazione dei contrati intercorsi tra le parti, il momento traslativo era ricondotto volutamente ad apposita pattuizione contenente di volta in volta i crediti trasferiti ed individuati nel singolo contratto, con effetto traslativo dal contratto intercorso e non dalla semplice esistenza del credito, anche laddove si volesse ricorrere a diversa interpretazione, nel senso affermato dalla convenuta secondo cui la cessione avrebbe effetto dalla data della venuta ad esistenza del credito perchè il contratto del 20.12.2005 avrebbe ad oggetto direttamente la cessione anche dei crediti sopravvenuti e futuri, tale cessione, avrebbe comunque effetto unicamente per i «crediti che sorgeranno da contratti da stipulare in un periodo di tempo non superiore a ventiquattro mesi». 
Infatti, si richiama l'applicazione dell'art. 3 della legge n. 52 del 1991 che, per la cessione di crediti futuri (oltre che in massa), intervenuta tra imprenditori ove il cessionario ricopre la figura di intermediario finanziario come nel caso in esame, limita l'oggetto della pattuizione solo a “crediti che sorgeranno da contratti da stipulare in un periodo di tempo non superiore a ventiquattro mesi”. 
La su citata legge, nel regolamentare alcuni aspetti del contratto atipico di factoring, (contratto riconducibile al regolamento di cui è causa) - figura contrattuale che consiste nell'acquisto da parte del cessionario - factor dei crediti presenti e futuri non ancora esigibili che le imprese, vantano nei confronti della clientela obbligandosi ad assumere diversi compiti quali gestione e/o finanziamento (in quanto anticipa all'impresa l'importo dei crediti acquistati), e/o di assicurazione laddove assuma su di sé il rischio dell'insolvenzalimita l'oggetto del contratto e la sua determinabilità, ad un preciso arco temporale nel quale possono sorgere i crediti da cedere, ovvero i crediti sorti dai contratti del cedente con il debitore ceduto, sopravvenuti ed intercorsi nei successivi 24 mesi dalla stipulazione del contratto originario di cessione. 
Tale norma, limita quindi la cessione a tutti i crediti di cui a contratti ulteriori e distinti stipulati entro 24 mesi dal contratto quadro - originario. 
Orbene in ordine al rapporto tra la CRS e la ### esso, previa verifica dei requisiti di idoneità si basa su di una convenzione unica che stabilisce le modalità operative e i rimborsi per le prestazioni erogate a carico del ### con cui la struttura, tra l'altro, si obbliga al rispetto delle tempistiche e degli standard di qualità definiti nella convenzione. 
La convenzione, ovvero il contratto dal quale nascevano i crediti della CRS nei confronti della ### preesisteva rispetto al contratto del 20.10.2005, ed in atti manca la prova di ulteriori convenzioni intercorse tra la CRS e la ASL successivamente al 2005.   I crediti della ### tuttavia nascevano di volta in volta dalle singole prestazioni effettuate nel corso del tempo, a carico del ### nale, potendo quindi ritenere che, nel caso di specie, l'inciso i «crediti che sorgeranno da contratti da stipulare in un periodo di tempo non superiore a ventiquattro mesi» possa estendersi e riferirsi unicamente a tutte le prestazioni eseguite nel corso di mesi 24 dal dicembre 2005. 
Deve quindi ritenersi l'esclusione di crediti per prestazioni effettuate nel 2009 dalla cessione regolata in data ###. Tale conclusione, risulterebbe anche coerente con la condotta delle parti che, per quanto su chiarito hanno inteso di volta in volta stipulare nuove e distinte cessioni nel corso degli anni. 
La “canalizzazione” delle fatture. 
Parte convenuta, a sostegno della tesi secondo cui la cessione del 20.12.2005 (o comunque le altre cessioni di cui ai contratti in atti) includerebbe anche le 5 fatture rispettivamente n. 637 - 638 - 639 - 640 - 641 dell'anno 2009, il cui corrispettivo è stato incassato con il bonifico del 5.9.13, evidenzia la condotta della CRS la quale ha “sempre indicato al momento dell'emissione di tutte le fatture” il conto corrente con relativo ### su cui versare l'accredito, conto corrente intestato come detto proprio a ### E #### E #### che la canalizzazione avrebbe riguardato sempre tutte le fatture emesse dalla CRS sin dall'inizio dei rapporti di cessione e quindi prima del 2009. 
Tale condotta integrerebbe gli estremi del pagamento a mezzo di un delegato, figura riconducibile all'istituto della delegazione di pagamento di cui all'art.  1269 c.c. ovvero l'ipotesi con cui il debitore delegante ### si rivolge al proprio debitore delegato ### incaricandolo di adempiere l'obbligazione, già scaduta, del delegante verso il delegatario ### E #### E ### (poi ### che riceve la prestazione. 
Orbene, anche a voler ritenere che tutte le fatture emesse tra le parti del contratto di cessione, avessero l'indicazione dell'### su indicato, resta, alla luce del quadro probatorio come sopra ricostruito, un mero elemento indiziario a favore della tesi di ### decisamente subvalente rispetto alla valutazione offerta circa l'intera disciplina - come su ricostruita - intercorsa tra CRS e ### E ### E ### in ordine alle cessioni dei crediti tra loro intercorse. 
Nel premettere in ogni caso, che CRS espressamente comunicava alla debitrice A.S.L. ### 1 con atto notificato il ### di non pagare a ### cio e ### tutte le fatture emesse per prestazioni successive al dicembre 2007 in quanto relative a crediti non oggetto di cessione a ### e Finanza, con ciò elidendo l'efficacia dell'indicazione dell'### come riconoscimento della intervenuta cessione dei crediti di cui alle fatture emesse, a conferma dell'esclusione delle fatture in esame - emesse nel 2009 - dalla cessione dei crediti intervenuta tra la ### e ### è l'art. 11.1 del quarto ed ultimo contratto intercorso tra le parti in data ### (che cede fatture emesse nel periodo marzo - settembre 2007), che prevede che ogni sopravvenuta modifica agli accordi intercorsi tra le parti debba avere la forma scritta. 
Da ciò deve arguirsi che necessariamente, ogni ulteriore cessione di crediti futuri e successivi al settembre 2007, doveva trovare necessariamente la fonte scritta, fonte in atti mancante. 
Ed inoltre, se fosse stato sufficiente ai fini della intervenuta cessione, la semplice indicazione dell'### sulle fatture, non sarebbe stato possibile per CRS azionare essa stessa e direttamente diverse procedure monitorie basate proprio sulle fatture emesse - sebbene recanti l'indicazione dell'### di cui si discute - per ottenere corrispondenti decreti ingiuntivi, né sarebbe stato possibile addivenire alla cessione dell'intero credito consacrato nei decreti emessi e non opposti dalla ASL che avrebbe necessariamente inglobato una parte di credito già nella titolarità della ### e ### (nel secondo e terzo contratto le parti hanno regolato la cessione di crediti derivanti da decreti ingiuntivi non opposti oppure con giudizio di opposizione pendente). 
Infatti, l'obbligo della CRS di intraprendere azioni giudiziali in nome e per conto della ### e ### era frutto di specifiche clausole riconducibili unicamente ai crediti indicati nel secondo e terzo contratto - per i quali la CRS aveva già agito in proprio nome e conto - e non certo un obbligo generalizzato. 
Appare evidente che solo con il contratto di cessione che regolava ed indicava singolarmente i crediti, le parti addivenivano all'effetto traslativo. 
Tanto si rileva, a prescindere poi dalla considerazione che esistono diversi approcci nel ricostruire la fattispecie della delegazione di pagamento - nel senso che il rapporto finale tra delegato e delegatario abbia o meno natura contrattuale, e dunque sulla necessità di un'adesione del creditore delegatario per il perfezionamento della fattispecie, poiché l'opinione tradizionale ritiene necessaria tale manifestazione di consenso quanto meno nel senso di un'accettazione a servirsi della delegazione mentre è stato osservato che, considerata la natura di atto dovuto del pagamento, a differenza di quanto avviene nella delegatio promittendi tra delegato e delegatario, non intercorre un vero e proprio rapporto contrattuale, con la conseguenza che l'accettazione del creditore costituirebbe elemento esterno alla fattispecie delegatoria, comunque perfezionata - atteso che, se si prediligesse il primo approccio, mancherebbe nel caso in esame ogni elemento che possa qualificarsi come intesa intercorsa tra delegato e delegatario, non potendo considerarsi tale elemento la semplice indicazione delle fatture con l'### riconducibile a ### E #### E ### Per quanto su esposto consegue che il pagamento eseguito in data ### di cui è causa, risulta eseguito in assenza di causa giustificativa, come tale indebito con conseguente obbligo restitutorio a carico di ### ed in favore della ### Gli interessi richiesti. 
Parte attrice ha richiesto anche la condanna della convenuta al pagamento degli “interessi moratori ex ### 231/2002 dalla data dell'indebito pagamento al reale soddisfo oltre rivalutazione monetaria”. 
Orbene, ai fini della data del decorso degli interessi in ipotesi di ripetizione d'indebito oggettivo, si farà applicazione della sentenza n. 15895 del 21 maggio 2019, con cui le ### della Corte di ### hanno statuito che il termine “domanda” di cui all'art. 2033 c.c., non va inteso come riferito esclusivamente alla domanda giudiziale ma comprende, anche, gli atti stragiudiziali aventi valore di costituzione in mora, ai sensi dell'art. 1219 c.c.”. 
In atti vi è messa in mora del 10.11.21 del legale della ASL nei confronti di ### per cui da tale data decorreranno gli interessi. Da tale data decorreranno gli interessi codicistici di cui all'art. 1284 c.c. primo comma, non rientrando la restituzione di somma erogata senza alcuna giustificazione causale, nella disciplina dei “ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali", per poi applicarsi gli interessi legali di cui all'art. 1284 c.c. quarto comma c.c. dalla data della notificazione della citazione al soddisfo. 
Non si aggiungerà agli interessi la rivalutazione monetaria richiesta non essendo l'obbligazione restitutoria un'obbligazione di valore ma di valuta. 
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo nei rapporti tra attrice e convenuta - ai valori minimi data la natura documentale del giudizio - con attribuzione al legale di parte attrice che ha dichiarato di averle anticipate in nome e per conto della ### mentre sono compensate data l'integrazione iussu iudicis nei rapporti tra attrice e terzo chiamato.  P.Q.M.  ### di #### definitivamente pronunziando, così provvede: - Accoglie la domanda proposta da dall'### 1 ### e dichiara l'indebita percezione oggettiva da parte della ### dell'### s.p.a. delle somme pagate dall'### 1 Centro con il mandato di pagamento n. 12 del 05.09.2013; - Assorbite le altre domande; - Per l'effetto condanna la ### dell'### s.p.a. al pagamento in favore dell'### 1 ### dell'importo di € 485.902,82 oltre interessi codicistici di cui all'art. 1284 c.c. primo comma, dal 10.11.21, oltre gli interessi legali di cui all'art. 1284 quarto comma c.c. dalla data della notificazione della citazione al soddisfo; - ### dell'### s.p.a al pagamento delle spese di lite in favore del legale di parte attrice che ha dichiarato di aver anticipato le spese in nome e per conto della dall'### 1 ### che liquida in euro 12.000,00 oltre iva cassa e spese generali ed euro 1240,00 per spese; - Compensa le spese di lite tra dall'### 1 ### e ### di ### bilitazione ### S.R.L., - ### 27.11.25 ### 

causa n. 10228/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Ragozini Diego, Liguoro Anna Paola

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