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Corte d'Appello di Roma, Sentenza n. 605/2025 del 13-02-2025

... per tutti i dipendenti del comparto sanità; che egli non aveva fruito del servizio mensa poiché l'Asl di ### con delibera n. 342 del 22.3.2000, ha adottato un ### che escludeva, illegittimamente, da tale servizio il personale turnista; 2. tanto esposto, rassegnava le seguenti conclusioni: <<1. ritenere e dichiarare la sussistenza del diritto di esercizio del servizio mensa o del servizio con modalità sostitutive, riconoscendolo a tutti i dipendenti in conformità dell'art. 29 CCNL del 20/09/2001 così come integrato e modificato dall'art. 4 del CCNL del 31/07/2009 in combinato disposto dell'art. 8 D.Lgs. n. 66/2003, con cui è stata data piena attuazione alla direttiva n. 93/104/CE; 2. per l'effetto ritenere e dichiarare il diritto della ricorrente, quale dipendente dell'### (leggi tutto)...

R.G. 2903/2024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI ROMA ### E #### composta dai signori ### 1) dott. ### rel.  2) dott.ssa ### 3) dott. ### ha pronunciato la seguente ### nella causa iscritta sul ruolo generale lavoro sotto il numero d'ordine 2903 dell'anno 2024 TRA ### assistita e difesa dall'avv. ### - appellante - E ### assistito e difeso dagli avv. ### e ### - appellato - ### E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con ricorso depositato in data 9 gennaio 2024, ### esponeva: che era dipendente, con qualifica di ### dell'### in servizio c/o U.###, con orario di servizio 7-14, 14-21, 21-7 presso l'### che la normativa vigente riconosce il diritto al servizio mensa o, in alternativa, alla fruizione con modalità sostitutive, come l'erogazione dei buoni pasto per tutti i dipendenti del comparto sanità; che egli non aveva fruito del servizio mensa poiché l'Asl di ### con delibera n. 342 del 22.3.2000, ha adottato un ### che escludeva, illegittimamente, da tale servizio il personale turnista; 2. tanto esposto, rassegnava le seguenti conclusioni: <<1. ritenere e dichiarare la sussistenza del diritto di esercizio del servizio mensa o del servizio con modalità sostitutive, riconoscendolo a tutti i dipendenti in conformità dell'art. 29 CCNL del 20/09/2001 così come integrato e modificato dall'art. 4 del CCNL del 31/07/2009 in combinato disposto dell'art. 8 D.Lgs. n. 66/2003, con cui è stata data piena attuazione alla direttiva n. 93/104/CE; 2. per l'effetto ritenere e dichiarare il diritto della ricorrente, quale dipendente dell'### resistente, alla fruizione dei buoni pasto, quale modalità sostitutiva del servizio mensa, adottata dall'ASL di ### per ogni turno lavorativo che ecceda le 6 ore; 3. ritenere e dichiarare il diritto della ricorrente al risarcimento del danno corrispondente al valore dei buoni pasto, non erogati, per il periodo pregresso dal 05 maggio 2018 al 31 maggio 2023, che si quantifica nella misura di €.3.762,43; 4. per l'effetto condannare l'### di ### in persona del legale rappresentante protempore, a pagare in favore della ricorrente la complessiva somma di €.3.762,43, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, dalla data di maturazione dei singoli crediti fino all'effettivo soddisfo>>.  3. Nel rituale contraddittorio delle parti, il Tribunale di ### con sentenza del 22 aprile 2024, accoglieva integralmente la domanda, sul rilievo: 3.1 che, come affermato dalla S.C., <<in tema di pubblico impiego privatizzato, l'attribuzione del buono pasto, in quanto agevolazione di carattere assistenziale che, nell'ambito dell'organizzazione dell'ambiente di lavoro, è diretta a conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del dipendente, al fine di garantirne il benessere fisico necessario per proseguire l'attività lavorativa quando l'orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente previsto per la fruizione del beneficio, è condizionata all'effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore, osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato" (Cass. n. 5547 del 2021)” (così, Cass. n. 15629/2021)>>; che contrariamente a quanto sostenuto dall'### il ### del servizio di mensa, adottato con ### n. 342 del 22.3.2000 <<non prende in considerazione il personale turnista, del quale il ricorrente fa parte essendo incontestata l'articolazione del suo orario di lavoro su 3 turni (7.00-14.00, 14.00- 21.00 e 21.00-7.00)>>; 3.2 che <<il personale turnista infatti, da un lato, non è ricompreso nelle categorie di lavoratori ammesse ad usufruire del servizio di mensa di cui all'art. 5 (o in quella di coloro che prolungano l'orario pomeridiano in orario notturno, per la quale è previsto il cestino sostitutivo) e, dall'altro, non rientra nel personale che non presta la propria attività presso le strutture ospedaliere, per il quale è attivato il servizio sostitutivo attraverso buoni-pasto (art. 11) nelle ipotesi di cui all'art. 12. 
Tale rilievo, desumibile dalla lettera degli artt. 5, 11 e 12, è avvalorato dalla dichiarazione del rappresentante sindacale ### posta in calce al ### in forza della quale “Il sottoscritto…### non firma il presente verbale perché risulta mancante della parte inerente il personale turnista”>>; che <<la disciplina aziendale citata, pertanto, conferma la deduzione attorea della mancata previsione in favore del personale turnista del servizio di mensa e di un servizio sostitutivo>>; 3.3 che <<quanto, poi, alla concreta possibilità per il ricorrente di fruire della mensa. Essa va esclusa per il turno notturno (21.00-7.00), per il turno pomeridiano (14.00-21.00) e per i turni nei giorni festivi. Per quanto affermato dalla stessa ### infatti, la mensa è aperta fino alle 15.00 dal lunedì al sabato ed esclusi i festivi, sicché al termine dei predetti turni il ricorrente non può fruire del servizio mensa. Né l'Ausl ha provato la concreta possibilità per il ricorrente di fruire del “cestino sostitutivo”, ipotesi astrattamente contemplata dal ### citato solo per chi “prolunga l'orario pomeridiano in orario notturno” e non per i lavoratori turnisti. 
Relativamente al turno diurno (7.00-14.00), il ricorrente deduce che, per comprovate esigenze lavorative, non può recarsi a mensa per consumare il pasto. L'### per contro, afferma che il ricorrente, non svolgendo il proprio turno da solo, ben potrebbe fare la pausa e recarsi a mensa durante l'orario lavorativo, senza per ciò solo recare pregiudizio all'esigenza di assistenza dei pazienti. 
Invero tale deduzione dell'### è rimasta sfornita di un qualsiasi supporto probatorio, non avendo la ### prodotto alcuna documentazione a supporto>>; 3.4 che <<l'attribuzione del buono pasto è condizionata all'effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, solo che il lavoratore, osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato, intervallo pacificamente riconosciuto dalla medesima Corte di Cassazione ai lavoratori turnisti in aziende ospedaliere come il ricorrente>>; 3.5 che l'art. 27, comma 4, del ### comparto sanità 2016-2018 (### la prestazione di lavoro giornaliera ecceda le sei ore, il personale, purché non in turno, ha diritto a beneficiare di una pausa di almeno 30 minuti al fine del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto, secondo la disciplina di cui all'art. 29 del ### integrativo del 20/9/2001 e all'art.4 del ### del 31/7/2009) <<non fa che confermare che i lavoratori in turno, in ragione della particolare articolazione del loro orario di lavoro resa necessaria dalle esigenze organizzative aziendali, sono impossibilitati a svolgere la pausa dopo sei ore lavorative consecutive, con conseguente impossibilità di fruire della mensa e conseguente diritto al buonopasto sostitutivo>>.  4. Con ricorso del 22 ottobre 2024 l'ASL interponeva appello.  ### resisteva. 5. Con il primo motivo, l'ASL denuncia la nullità dell'impugnata sentenza per vari vizi motivazionali e si dilunga nella descrizione degli stessi.  6. Con il secondo motivo, l'appellante si duole della mancata ammissione della richiesta prova testimoniale. 
Assume l'azienda che i testi avrebbero potuto confermare: - che il ### aziendale riconosce la fruibilità del servizio mensa e del pasto da asporto anche ai lavoratori turnisti; - che il locale cucina era aperto tutti i giorni, anche domeniche e festivi, dalle ore 7,00 alle ore 9,00 e dalle ore 11,00 alle ore 14,30, nonché dalle ore 17,00 alle ore 20,00 e che durante tali fasce orarie i dipendenti potevano prenotare, ritirandolo o ricevendolo in reparto prima o dopo il loro turno, il pasto da asporto; - che l'originario ricorrente, in qualità di turnista in servizio presso il presidio di ### ove è sempre indiscutibilmente stato attivo il servizio mensa con modalità sostitutive per i festivi e i notturni, ha sempre avuto la possibilità per ciascun turno diurno festivo svolto (tanto di mattina, tanto di pomeriggio) e ciascun turno notturno svolto tanto nei giorni feriali che festivi di recarsi o telefonare in mensa o nel locale cucina e chiedere e ricevere il pasto confezionato da asporto, da consumare, ugualmente, subito prima dell'inizio o subito dopo la fine del proprio turno; - che nessuno gli ha mai impedito di fruire del servizio de quo o ha mai negato la preparazione di un pasto da asporto>>.  7. Con il terzo motivo, l'appellante denuncia “### interpretazione e conseguente violazione e/o falsa applicazione da parte del Giudice di prime cure della disciplina normativa, contrattualcollettiva e regolamentare dettata in materia di diritto ai buoni pasto da parte del pubblico dipendente: art. 8 D. Lgs.  66/2003, artt. 29 ### 2001 e 4 ### 2009 e art. 5 ### sul servizio mensa istituito con ### n. 342 del 22.3.2000”. 
Deduce l'ASL: che <<può ipotizzarsi un diritto alla mensa in capo al lavoratore, anche attraverso modalità sostitutive (v.  erogazione dei buoni pasto o cestino sostitutivo), solo e a condizione che tale diritto sia stato definito (ai sensi dell'art. 2 del D. Lgs. n. 165/2001) a livello di contrattazione collettiva (aziendale nei limiti di quanto previsto da quella nazionale), specificamente volta a determinare i requisiti di accesso al diritto e le modalità di fruizione>>; che l'art. 29 ### 20 settembre 2001 per il personale del ### come modificato dall'art. 4 del ### biennio economico 2008-2009, sottoscritto in data ###, ha <<rimesso dunque alla determinazione aziendale tanto l'istituzione del servizio mensa, tanto le indicazioni sulle modalità di fruizione del servizio, eventualmente anche sostitutive, con ciò escludendo qualsiasi ipotesi di costituzione di un diritto immediato in favore dei lavoratori>>; che <<la Suprema Corte (sentenza n. 5547/2021 e ordinanza n. 15629 del 4 giugno 2021) ha definito quello alla mensa o al suo sostitutivo un diritto non più legato all'orario di consumazione pasto, ma alla durata del turno di lavoro comunque eccedente le 6 ore, osservando che: - la consumazione del pasto deve avvenire nell'ambito di un intervallo non lavorato; - la “particolare articolazione dell'orario di lavoro” è quella collegata alla fruizione di una pausa; - qualora l'orario di lavoro ecceda le 6 ore, avendo il lavoratore diritto ad un intervallo per il recupero delle energie psico-fisiche, la pausa può coincidere o meno con la fruizione del pasto; così riconducendo il diritto alla mensa al diritto alla pausa>>; che <<la contraddittorietà del ragionamento svolto dalla Suprema Corte è lampante>>, perché <<confliggente con la ratio: - dell'art. 8 del D. Lgs. n. 66/2003, che impone una riflessione sul rinvio compiuto da parte del ### alla contrattazione collettiva in ordine alla specifica individuazione delle concrete modalità di fruizione del servizio in esame (rinvio che risulta del tutto vanificato dall'impostazione interpretativa della sentenza impugnata); - degli artt. 29 ### 2001 e 4 ### 2009 secondo cui il diritto alla mensa e alle modalità sostitutive è concesso al dipendente solo in presenza di “particolari condizioni di lavoro”; - dell'art. 5 del ### aziendale del servizio mensa, di cui alla ### n. 342 del 22.3.2000, secondo il quale - in ossequio al contrato collettivo - sono ammessi a fruire del servizio i dipendenti che prolunghino il loro orario di lavoro, per esigenze di servizio, nel pomeriggio per almeno due ore>>.  8. Con il quarto motivo, l'appellante lamenta “errata valutazione da parte del Giudice di prime cure del ### aziendale istitutivo della mensa - di cui alla ### n. 342 del 22.3.2000 - applicabile al personale turnista”. 
Sostiene l'### che <<nell'art. 5 del ### del servizio mensa, non v'è alcuna esclusione - né implicita, né tanto meno esplicita - dell'applicazione del servizio in contestazione al personale turnista>>; che <<l'orario della mensa, dal lunedì al sabato, è dalle 12,30 alle 15 e copre, quindi, i turni diurni (turni che terminando alle 14 ben consentono di fruire della mensa)>>; che <<per la domenica ed i giorni festivi è prevista la possibilità di asporto del pasto previa prenotazione (come da art. 7 citato ###, al momento della cui effettuazione viene consegnato al dipendente un buono-mensa>>; che la fruizione del servizio mensa è consentita ai dipendenti che si trovano a svolgere il proprio lavoro nelle modalità più dettagliatamente declinate dall'art. 5 del citato ### In particolare, è dirimente precisare che in aggiunta al richiamato art. 5 (in calce al ### e scritto a mano, come pure riconosciuto dal Tribunale) è stabilito che: “… chi prolunga l'orario pomeridiano in orario notturno ha diritto al “cestino” sostitutivo del pasto ...”>>.  9. Con il quinto motivo, l'appellante censura l'impugnata sentenza per “omessa pronuncia in ordine alla contestazione formulata dall'### in relazione alla quantificazione della pretesa avversaria”. ### ripropone la tesi secondo cui <il diritto alla corresponsione del buono pasto potrà avvenire, al più, esclusivamente per i soli turni notturni effettivamente svolti, per i quali non era possibile o comunque non era agevole per il ### fruire del servizio mensa con la modalità di asporto>>.  10. La doglianza espressa con il primo motivo non ha specifica rilevanza ai fini della definizione della controversia. 
Come è noto, al di fuori delle tassative ipotesi previste dagli artt. 353 (ora abrogato) e 354 c.p.c., non è consentita la rimessione della causa al primo giudice. 
Ne consegue che, in ogni altra ipotesi di nullità della sentenza, il giudice del gravame non può limitarsi a dichiarare la nullità ma deve pronunciarsi nel merito (ex multis, Cass. ###/2023; 24089/2019). 
Deve, dunque, procedersi, in ogni caso, all'esame delle altre censure.  11. Premesso che è infondata l'eccezione di nullità del ricorso introduttivo, atteso che sono bene delineati sia la causa petendi (mancata fruizione del servizio mensa) sia il petitum (risarcimento del danno commisurato al valore dei buoni pasto, non erogati, per il periodo 5 maggio 2018 - 31 maggio 2023), tutti i restanti motivi possono essere trattati congiuntamente perché connessi. 
Cass. 24271/2024 ha ribadito il consolidato principio secondo cui “in tema di pubblico impiego privatizzato l'attribuzione del buono pasto, in quanto agevolazione di carattere assistenziale che, nell'ambito dell'organizzazione dell'ambiente di lavoro, e diretta conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane dei dipendenti, al fine di garantirne il benessere fisico necessario per proseguire l'attività lavorativa quando l'orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente previsto per la fruizione del beneficio, è condizionata all'effettuazione di una pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato"; il diritto alla fruizione del ticket mensa va riconosciuto anche per il turno notturno come per gli altri turni lavorativi eccedenti le sei ore nel periodo
Il buono pasto è una componente del generale trattamento economico da riservare al lavoratore (ancorché avente funzione preminentemente assistenziale) e la sua mancata erogazione dà titolo al dipendente alla corresponsione, a titolo risarcitorio, del relativo valore”.  ### la stessa ### (nel parere citato da entrambe le parti) anche il personale turnista ha diritto alla pausa pasto perché stabilito e garantito, per tutto il personale che abbia svolto prestazioni eccedenti le sei ore di lavoro, dall'art 29 del ### integrativo del 20 settembre 2001, come modificato dall'art 4 del ### del 31 luglio 2009, sicché ove le esigenze di servizio non abbiano consentito di fruire della relativa pausa permane il diritto al buono pasto sostitutivo.  12. Orbene, l'art. 5 del ### dell'ASL di ### prevede che sono ammessi a fruire del servizio mensa presso le strutture ospedaliere tutti i dipendenti che: prolungano l'orario di lavoro nel pomeriggio per esigenze di servizio per almeno due ore con l'effettuazione della relativa pausa pranzo; effettuano l'orario settimanale su cinque giorni con almeno n. 2 rientri pomeridiani e limitatamente ai giorni di rientro; sono chiamati ad effettuare lavoro straordinario per almeno due ore immediatamente dopo l'orario ordinario e la pausa. 
Gli art. 11 e 12 del ### stabiliscono poi: che hanno diritto al servizio sostitutivo della mensa attraverso i buoni pasto i dipendenti che non prestano la propria attività presso le strutture ospedaliere; che hanno diritto ai buoni pasto i dipendenti che: prolungano l'orario di lavoro nel pomeriggio per esigenze di servizio per almeno due ore con l'effettuazione della relativa pausa pranzo; effettuano l'orario settimanale su cinque giorni con almeno n. 2 rientri pomeridiani e limitatamente ai giorni di rientro; sono chiamati ad effettuare lavoro straordinario per almeno due ore immediatamente dopo l'orario ordinario e la pausa.  13. Come ben si vede, l'appellata, con orario di servizio turnario 7-14, 14-21, 21-7, pur prestando la propria attività per più di sei ore, non rientra nella platea degli aventi diritto al servizio mensa. 
Né è previsto che, all'interno del turno, il dipendente possa fruire della pausa pranzo. 
Ha allegato la stessa ASL che per il personale turnista <<non può essere contemplata l'interruzione dell'orario di servizio dopo le 6 ore lavorative, in quanto l'eventuale pausa configurerebbe un'interruzione di pubblico servizio>> (punto 13 della memoria di costituzione in giudizio). 
Dunque, la tesi dell'ASL è che il turnista debba fruire della pausa pranzo prima dell'inizio del turno o dopo la fine del turno di 7 ore (o di 10, se notturno). 
Ma è evidente che ciò contrasta con la finalità della pausa. 
Non può il datore di lavoro pretendere che il dipendente si rechi in servizio (senza essere retribuito) prima dell'inizio del turno ovvero che sosti in azienda (sempre senza retribuzione) dopo che ha finito di rendere la sua prestazione. 
La pausa pranzo deve essere osservata all'interno dell'orario di lavoro, ancorché trattasi di un intervallo non lavorato e non retribuito. 
Questo spiega perché gli artt. 5, 11 e 12 del regolamento prevedono il servizio mensa o l'erogazione del buono pasto sostitutivo in favore dei dipendenti che osservano un orario di lavoro prolungato dopo l'effettuazione della relativa pausa pranzo. 
Il lavoro turnista non ha diritto ad alcuna pausa, di tal che, in definitiva, l'ASL pretende che il turnista debba avvalersi del servizio mensa non all'interno ma al di fuori dell'arco lavorativo, essendo concettualmente insostenibile che la pausa (ossia l'intervallo nella prestazione lavorativa, quando l'orario superi sei ore) venga osservata quando il turno non è ancora iniziato o è già finito.
E come ha espressamente affermato la S.C. (vd. sent. cit., nonché Cass. 22478/2024; ###/2022 e 5547/2021), l'attribuzione del buono pasto è condizionata all'effettuazione di una pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, un intervallo non lavorato. 
Né rileva l'integrazione del ### a firma del ### generale, che estende il diritto alla fruizione del servizio mensa o del servizio sostitutivo a coloro che effettuano turni sulle 12/24 ore, giacché non è prevista, in ogni caso, una pausa pranzo.  14. In conclusione, incontestata la impossibilità per il personale turnista di fruire di una pausa pranzo, sussiste il diritto dell'appellato alla fruizione del ticket mensa per il periodo oggetto di causa, per tutti i turni lavorativi eccedenti le 6 ore. 
Tanto accertato, la prova per testi articolata dall'Asl si rivela inconferente.  15. ### va, pertanto, rigettato. 
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.  P.Q.M.  LA CORTE DI APPELLO DI ROMA area lavoro e previdenza terza sezione rigetta l'appello proposto, con ricorso depositato in data 22 ottobre 2024, dall'### nei confronti di ### avverso la sentenza del Tribunale del lavoro di ### in data 22 aprile 2024. 
Condanna l'### appellante al pagamento, in favore dell'appellato, del compenso per il presente grado del giudizio che liquida in complessivi €.1.500,00, oltre rimborso forfettario spese generali del 15%, IVA e CAP come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell'appellante dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto. 
Così deciso in ### il 12 febbraio 2025 ### estensore dott.

causa n. 2903/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Nettis Vito Francesco

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Corte d'Appello di Roma, Sentenza n. 97/2025 del 14-01-2025

... del ### del personale del comparto sanità del 7.4.1999, modificato dall'art. 4 del ### del 31.7.2009 e dell'art. 27, comma 4, del ### 2016-2018, letti in combinato disposto con l'art. 8 del D. Lgs. n. 66/2003. Si costitutiva in giudizio l'### formulando le seguenti conclusioni: “1. In via preliminare: dichiarare la nullità del ricorso per difetto di allegazione e prova; 2. Nel merito: sulla scorta di tutto quanto qui dedotto, eccepito e dimostrato, rigettare integralmente il ricorso proposto dal sig. ### contro la ### in quanto infondato in fatto e in diritto. 3. In via istruttoria: rigettare tutte le istanze in tal senso formulate giacché irrilevanti e/o inammissibili, per tutto quanto sopra dedotto; 4. con vittoria, in ogni caso, delle spese di lite”. L'### deduceva di aver (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'#### composta dai ### dr. ### - Presidente dr.ssa ### - ### dr. ### - ### relatore all'esito del deposito delle note di trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c., come introdotto con d.lgs. 149/2022, in sostituzione dell'udienza del 14.1.2025 nella causa civile di II grado iscritta al n. R.G. 783/2023, avente ad oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Viterbo, in funzione di giudice del lavoro, n. 89/2023, vertente TRA ### UNITÀ ### rappresentata e difesa dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliat ###/B; #### rappresentato e difeso dagli Avv.ti ### e ### ed elettivamente domiciliat ###; APPELLATO ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 281 sexies, 352 ultimo comma c.p.c. nel testo vigente ratione temporis alla data odierna ha pronunciato la seguente ###: come in atti.  RAGIONI DI FATTO E ### Con ricorso depositato in data ###, ### adiva il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, formulando le seguenti conclusioni: “1) per le causali di cui in narrativa, ritenere e dichiarare il diritto del concludente all'erogazione dei buoni-pasto, ovvero ad altra modalità sostituiva, per ogni turno lavorativo che ecceda le 6 ore; 2) ritenere e dichiarare che l'istante, per i titoli e le causali di cui in narrativa, è ancora creditore, nei confronti dell'### UNITÀ ### in persona del legale rappresentante pro tempore, per il periodo a partire dal 19.10.2021, della somma complessiva di € 2.651,46, ovvero nella maggiore e/o minore somma che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi di legge, nonché al riconoscimento in favore del predetto del diritto all'erogazione dei buoni pasto per ogni turno lavorativo eccedente le sei ore a far tempo dalla data della domanda, il tutto entro il valore di € 5000,00”. Il ricorrente deduceva di essere infermiere presso l'### di ### U.O. di Urologia, con orario di servizio 7.00-14.00, 14.00-21.00 e 21.00-7.00; che l'Asl aveva istituito il servizio di mensa, aperto tutti i giorni fino alle ore 15.00/15.30, ad eccezione dei festivi; che i dipendenti turnisti durante il turno serale e quello festivo non godevano del diritto di accedere alla mensa né di modalità sostitutive; che durante i turni antimeridiani e pomeridiani, per esigenze di servizio, svolgevano turni eccedenti le sei ore, senza avere la possibilità di recarsi in mensa; che in data ### il ricorrente trasmetteva all'### lettera via PEC con la quale chiedeva che gli venisse riconosciuto il diritto alla erogazione dei buoni pasto per ogni turno di lavoro eccedente le sei ore, nonché, per il periodo pregresso e nei limiti della prescrizione, il diritto al pagamento delle somme dovute a titolo di risarcimento dei danni per aver dovuto provvedere a proprie spese ai pasti nei giorni con turni di lavoro eccedenti le sei ore. In diritto, rilevata la propria impossibilità ad accedere al servizio pasto nel turno serale per chiusura della mensa e nei turni antimeridiano e pomeridiano per comprovate esigenze di servizio, nonché l'assenza di modalità sostitutive, deduceva il proprio diritto a fruire dei buoni pasto ai sensi dell'art. 29 CCNL integrativo del ### del personale del comparto sanità del 7.4.1999, modificato dall'art. 4 del ### del 31.7.2009 e dell'art. 27, comma 4, del ### 2016-2018, letti in combinato disposto con l'art. 8 del D. Lgs. n. 66/2003. Si costitutiva in giudizio l'### formulando le seguenti conclusioni: “1. In via preliminare: dichiarare la nullità del ricorso per difetto di allegazione e prova; 2. Nel merito: sulla scorta di tutto quanto qui dedotto, eccepito e dimostrato, rigettare integralmente il ricorso proposto dal sig. ### contro la ### in quanto infondato in fatto e in diritto. 3. In via istruttoria: rigettare tutte le istanze in tal senso formulate giacché irrilevanti e/o inammissibili, per tutto quanto sopra dedotto; 4. con vittoria, in ogni caso, delle spese di lite”. L'### deduceva di aver approvato con delibera n. 342 del 22.3.2000 il Regolamento del servizio mensa, prevedendo nel medesimo: a) l'apertura della mensa dal lunedì al sabato dalle 12.30 alle 15.00, con copertura dei turni diurni, b) la possibilità di asporto del pasto previa prenotazione con consegna di un buono-mensa per la domenica ed i giorni festivi, c) il diritto al cestino sostitutivo del pasto per i lavoratori che prolungassero l'orario pomeridiano in orario notturno; che, pertanto, il ricorrente aveva sempre avuto garantita la possibilità di consumare il pasto presso la mensa oppure con modalità sostitutive; che il ricorrente non svolgeva il proprio turno da solo, nulla ostando al fatto che, superate le sei ore di lavoro continuativo, il medesimo potesse recarsi a mensa durante il turno diurno; che, per i turni festivi e notturni, il ### prevedeva la possibilità di prenotare il pasto presso “punti di prenotazione” o il diritto al cestino sostitutivo del pasto; che il ### riconosceva il diritto ai buoni-pasto solo per i dipendenti non impiegati presso i presidi ospedalieri; che il ricorrente, in ogni caso, non aveva attivato la procedura per l'erogazione dei buoni pasto prevista dall'art. 13 del ### che il medesimo, come risultante dal report e dai cartellini marcatempo, aveva talvolta consumato i pasti impropriamente presso la mensa, consumando il pasto prima dell'inizio del turno pomeridiano, sicché detti giorni non potevano essere conteggiati tra quelli per i quali era stata avanzata domanda giudiziale.
Con la sentenza indicata in oggetto il Tribunale di ### ritenuto che “i lavoratori in turno, in ragione della particolare articolazione dell'orario di lavoro resa necessaria dalle esigenze organizzative aziendali, sono impossibilitati a svolgere la pausa dopo sei ore lavorative consecutive, con conseguente impossibilità di fruire della mensa” avevano diritto al buono-pasto sostitutivo. Valutato che “Nel caso di specie è pacifico che il ricorrente svolga turni che si articolano su più di sei ore lavorative consecutive” ne accertava il diritto “all'erogazione del buono pasto per ogni turno di lavoro”, condannando la ### di ### sua datrice di lavoro, alla corresponsione in favore dell'### di “€ 2.651,46 a titolo di risarcimento del danno per aver dovuto provvedere a proprie spese al pasto nei giorni di turno nel periodo 19.10.2016-19.10.2021 (data quest'ultima di ricezione da parte dell'### della PEC di messa in mora)”. 
Con ricorso depositato in data ###, l'### ha proposto appello avverso la decisione del Tribunale di ### Si è costituito ### opponendosi all'avverso gravame, in quanto infondato.   Invero, con il proprio atto di appello, l'### censura la sentenza indicata in oggetto per: 1. non aver preso in considerazione o, comunque, non essersi pronunciata sulla preliminare eccezione di nullità del ricorso formulata in sede di costituzione di primo grado. ### sostiene che “In ogni caso, anche nella denegata ipotesi in cui si dovesse ritenere che il Tribunale abbia sul punto deciso in maniera implicita, rigettando la predetta eccezione, non può non rilevarsi come la sentenza impugnata difetti del tutto di una adeguata motivazione al riguardo … ### correttamente affrontando la questione relativa alla mancata allegazione da parte del #### della domanda da questi svolta il Giudice di prime cure avrebbe potuto e dovuto rigettare in limine litis la domanda avversaria per difetto assoluto di prova”; 2. “avere il Tribunale aderito ad un orientamento giurisprudenziale del tutto errato, del quale si auspica l'inversione”. Asserisce, al riguardo, l'appellante che “il Tribunale avrebbe dovuto decidere la controversia tenendo a mente il fatto che non ogni pausa concessa al lavoratore è finalizzata alla consumazione di un pasto e che il diritto alla mensa può essere riconosciuto al lavoratore non ogniqualvolta svolga un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, ma esclusivamente in presenza di specifiche condizioni lavorative, concretamente individuate a livello aziendale … ### - come sembra fare il Tribunale nella sentenza impugnata - che ogni qualvolta il dipendente abbia diritto di fruire di una pausa, automaticamente tale pausa debba essere volta a consentirgli di mangiare (e, dunque, comporti il suo diritto, se non lo fa, ad ottenere il buono pasto) è del tutto irragionevole e in aperto contrasto con la ratio sottesa al citato art. 8 del D. Lgs. n. 66/2003”; 3. aver erroneamente ritenuto che il ### aziendale non prendeva in considerazione il personale turnista, atteso che quest'ultimo rientrava nella platea dei lavoratori che potevano fruire del servizio mensa o del cestino sostitutivo ai sensi del detto ### Dice l'appellante: “diversamente da quanto statuito nella sentenza impugnata, nella previsione regolamentare sopra citata e, in particolare, nell'art. 5 del ### del servizio mensa (doc. n. 3 fascicolo di parte del giudizio di primo grado), non v'è alcuna esclusione - né implicita, né tanto meno esplicita - dell'applicazione del servizio in contestazione al personale turnista. Sul punto l'### in sede di costituzione di primo grado, aveva specificamente chiarito che, diversamente da come rappresentato in ricorso, la Asl ha sempre garantito al dipendente la possibilità di consumare il pasto a mensa oppure con modalità sostitutive. Ed infatti: • ### della mensa, dal lunedì al sabato, è dalle 12,30 alle 15 e copre, quindi, i turni diurni (turni che terminando alle 14 ben consentono di fruire della mensa). Per la domenica ed i giorni festivi è prevista la possibilità di asporto del pasto previa prenotazione (come da art. 7 citato ###, al momento della cui effettuazione viene consegnato al dipendente un buono-mensa. • La fruizione del servizio mensa è consentita ai dipendenti che si trovano a svolgere il proprio lavoro nelle modalità più dettagliatamente declinate dall'art. 5 del citato ### In particolare, è dirimente precisare che in aggiunta al richiamato art. 5 (in calce al ### e scritto a mano, come pure riconosciuto dal Tribunale) è stabilito che: “… chi prolunga l'orario pomeridiano in orario notturno ha diritto al “cestino” sostitutivo del pasto ...”. ### parte, che il diritto in parola sia inteso in senso indubbiamente estensivo nei confronti dei lavoratori turnisti è circostanza che, non solo, come già detto, non è negata dal ### appena citato, ma è addirittura chiarita dall'orientamento applicativo reso dall'### in data ###”; 4. “Errata interpretazione e conseguente violazione e/o falsa applicazione da parte del Giudice di prime cure dei principi di cui all'art. 2697 c.c. e all'art. 116 c.p.c., che regolano l'onere della prova a carico delle parti e l'assunzione della prova nel giudizio civile, per avere dichiarato l'impossibilità del #### di usufruire nei turni diurno, pomeridiano e notturno del servizio mensa … ### infatti, come detto, l'originario ricorrente a dover dimostrare di non avere davvero e concretamente potuto recarsi a mensa o ricevere il cestino sostitutivo, circostanze entrambe che, alla luce delle deduzioni sopra richiamate, sono risultate del tutto sconfessate. Ed infatti: - partendo dal presupposto per cui il ### aziendale riconosce la fruibilità del servizio mensa e del cestino sostitutivo anche ai lavoratori turnisti; - ritenendo pacifico che la mensa era aperta tutti i giorni dalle ore 12.30 alle ore 15/15.30 e il Sig. ### vi si poteva, dunque, recare sia prima che dopo il proprio turno (tanto che alle volte lo ha fatto); - considerato che nessuno ha mai impedito di fruire dell'uno o dell'altro servizio al #### (né v'è alcuna prova al riguardo); il Tribunale sarebbe dovuto giungere alla conclusione di ritenere perfettamente fruibile da parte dell'originario ricorrente il servizio mensa o il cestino sostitutivo; conseguentemente, avrebbe dovuto negare al #### il diritto ai buoni pasto nel periodo in contestazione”; 5. per palese contraddittorietà, avendo “il Tribunale, da una parte, dichiarato l'impossibilità del #### di usufruire della mensa in tutti i turni lavorati (diurno, pomeridiano e notturno) ed avere, dall'altra, riconosciuto l'avvenuta fruizione del predetto servizio da parte dell'originario ricorrente per ben 45 volte nel corso del periodo in contestazione (ottobre 2016-ottobre 2021”.  ### è infondato.
Infondato è il primo motivo di gravame perché la sollevata eccezione di nullità del ricorso, sebbene non sia stata esplicitamente trattata dal Tribunale certamente lo stesso ne ha implicitamente ritenuto la infondatezza (e correttamente secondo il Collegio), benché non espressamente trattata, dichiarando l'accoglimento dello stesso e senza che l'assenza di motivazione espressa, al riguardo. possa inficiare la validità della pronuncia giudiziale impugnata. 
Infondati sono anche gli altri motivi di appello, come già evidenziato da questa Corte con sentenza n. 741/2024, secondo cui “per le ragioni esposte in identica fattispecie da questa Corte di Appello nella sentenza n. 947/2023, ragioni cui il Collegio intende dare continuità e che richiama anche ai sensi dell'art. 118 att. cpc. 8. 
Infatti, secondo la detta pronuncia, “I motivi d'appello, che possono essere unitariamente trattati perché strettamente connessi, sono infondati. 3.1.Sul primo motivo d'appello si osserva che non può trovare accoglimento l'affermazione che i ricorrenti non abbiano provato che durante il turno notturno fruiscono di una pausa. ### 8, comma 1, del d.lgs. 66/2003 prevede che “### l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo”. Il verbo “deve” evidenzia che la pausa dopo sei ore di lavoro è obbligatoria, e la disposizione può essere derogata, ai sensi dell'articolo 17 del medesimo decreto, solamente da apposita previsione dei contratti collettivi stipulati a livello nazionale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. ### 27 del ### comparto sanità 2016 - 2018, che riguarda l'orario di lavoro, al comma 4 prevede che “### la prestazione di lavoro giornaliera ecceda le sei ore, il personale, purché non in turno, ha diritto a beneficiare di una pausa di almeno 30 minuti al fine del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto, secondo la disciplina di cui all'art. 29 del ### integrativo del 20/9/2001 e all'art.4 del ### del 31/7/2009 ###. La durata della pausa e la sua collocazione temporale, sono definite in funzione della tipologia di orario di lavoro nella quale la pausa è inserita, nonché in relazione alla disponibilità di eventuali servizi di ristoro, alla dislocazione delle sedi dell'### o Ente nella città, alla dimensione della stessa città. Una diversa e più ampia durata della pausa giornaliera, rispetto a quella stabilita in ciascun ufficio, può essere prevista per il personale che si trovi nelle particolari situazioni di cui al precedente comma lett. g”. 7 La disposizione, quindi, richiama chiaramente la previsione dell'articolo 8 del d.lgs. 66/2003, né prevede deroga espressa alla stessa. ### “purché non in turno” non costituisce, ad avviso di questa Corte, una deroga espressa alla norma di cui all'articolo 8 del d.lgs. 66/2003 che avrebbe avuto bisogno di ben altra chiarezza e precisione. ###, quindi, sta a significare unicamente che, per il personale in turno la pausa può essere diversamente articolata per le esigenze di servizio, ma non esclusa. La norma contrattuale collettiva rinvia, per la consumazione del pasto, alla disciplina dell'articolo 29 del ### integrativo del 20 settembre 2001 e dell'articolo 4 del ### del 31 luglio 2009. ### di tali ultime disposizioni contrattuali, in relazione al diritto a fruire della consumazione del pasto, è stata oggetto di recenti arresti della Suprema Corte. Con la sentenza n. 5547 del 1° marzo 2021 la Suprema Corte ha affermato “6. Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, il diritto alla fruizione del buono pasto non ha natura retributiva ma costituisce una erogazione di carattere assistenziale, collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, avente il fine di conciliare le esigenze di servizio con le esigenze quotidiane del lavoratore (Cass. 28.11.2019 nr. ### e giurisprudenza ivi citata); proprio per la suindicata natura il diritto al buono pasto è strettamente collegato alle disposizioni della contrattazione collettiva che lo prevedono (da ultimo, Cass. 21 ottobre 2020 nr. 22985). 7. 
Nella fattispecie di causa viene dunque in rilievo l'art. 29 del ### 20 settembre 2001, integrativo del ### del 7 aprile 1999, a tenore del quale: 1. Le aziende, in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, possono istituire mense di servizio o, in alternativa, garantire l'esercizio del diritto di mensa con modalità sostitutive. 2. Hanno diritto alla mensa tutti i dipendenti, ivi compresi quelli che prestano la propria attività in posizione di comando, nei giorni di effettiva presenza al lavoro, in relazione alla particolare articolazione dell'orario. 3. Il pasto va consumato al di fuori dell'orario di lavoro. Il tempo impiegato per il consumo del pasto è rilevato con i normali mezzi di controllo dell'orario e non deve essere superiore a trenta minuti. 4. Il costo del pasto determinato in sostituzione del servizio mensa non può superare L. 10.000. Il dipendente è tenuto a contribuire in ogni caso nella misura fissa di L. 2000 per ogni pasto. Il pasto non è monetizzabile. 5. Sono disapplicati il D.P.R. n. 270 del 1987, art. 33 e D.P.R. n. 384 del 1990, art. 68, comma 2. 8. Tale disposizione è stata poi modificata, nei commi 1 e 4, dall'articolo 4 del ### del 31 luglio 2009 (biennio economico 2008-2009), nei seguenti sensi: 1. Le aziende, in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, possono istituire mense di servizio o, in alternativa, garantire l'esercizio del diritto di mensa con modalità sostitutive. In ogni caso 8 l'organizzazione e la gestione dei suddetti servizi, rientrano nell'autonomia gestionale delle aziende, mentre resta ferma la competenza del ### nella definizione delle regole in merito alla fruibilità e all'esercizio del diritto di mensa da parte dei lavoratori. … 4. ###, sulla base di rilevazioni relative al costo della vita nei diversi ambiti regionali e al contesto socio-sanitario di riferimento, possono fornire alle aziende indicazioni in merito alla valorizzazione - nel quadro delle risorse disponibili - dei servizi di mensa nel rispetto della partecipazione economica del dipendente finora prevista. Nel caso di erogazione dell'esercizio del diritto di mensa con modalità sostitutive, queste ultime non possono comunque avere un valore economico inferiore a quello in atto ed il dipendente è tenuto a contribuire nella misura di un quinto del costo unitario del pasto. Il pasto non è monetizzabile. 9. Non è invece conferente al giudizio la norma dell'articolo 45 ### 14.9.2000, richiamata dalla , in quanto relativa al diverso comparto ### ed 10. Così esposte le previsioni contrattuali, la questione di causa consiste nello stabilire quale sia la «particolare articolazione dell'orario» che, ai sensi del comma 2 del richiamato articolo 29 ###, attribuisce il diritto alla mensa ai dipendenti presenti in servizio. 11. ### 26 del ### 1998/2001, del 7.4.1999, sull'orario di lavoro, non contiene utili indicazioni sul punto, in quanto si limita a stabilire un orario di lavoro settimanale di 36 ore ed a fissare i criteri generali per la sua distribuzione. 12. Un chiaro indice interpretativo si trae, comunque, dalla disposizione del comma 3 del medesimo articolo 29 ### 20.9.2001, a tenore del quale il pasto va consumato al di fuori dell'orario di lavoro ed il tempo a tal fine impiegato è rilevato con i normali strumenti di controllo dell'orario e non deve essere superiore a 30 minuti. 13. 
Da tale norma si ricava che la fruizione del pasto -ed il connesso diritto alla mensa o al buono pastoè prevista nell'ambito di un intervallo non lavorato; diversamente, non potrebbe esercitarsi alcun controllo sulla sua durata. 14. Si può dunque convenire sul fatto che la «particolare articolazione dell'orario di lavoro» è quella collegata alla fruizione di un intervallo di lavoro. 15. Di qui il rilievo del D.Lgs. 8 aprile 2003 nr. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro), articolo 8, a tenore del quale il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto; le modalità e la durata della pausa sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro ed, in difetto ###7 ### [...] 9 di disciplina collettiva, la durata non è inferiore a dieci minuti e la collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo. 16. Anche nel testo legislativo, dunque, la consumazione del pasto è collegata alla pausa di lavoro ed avviene nel corso della stessa. 17. La stessa difesa di parte ricorrente lega il diritto alla mensa ad una obbligatoria sosta lavorativa ma assume che la norma contrattuale richiederebbe, altresì, che la attività lavorativa sia prestata «nelle fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto»; una eventuale volontà delle parti sociali in tal senso sarebbe stata, tuttavia, chiaramente espressa, con l'indicazione di fasce orarie di lavoro che danno diritto alla mensa, fasce che non sono, invece, previste.” (conforme anche la recentissima decisione della Suprema Corte n. ### del 31 ottobre 2022 con riferimento a dipendenti turnisti dell' ). La Corte Suprema, ai fini del riconoscimento del buono pasto a un dipendente adibito a turni orari, ha, quindi, considerato coessenziale alle "particolari condizioni di lavoro" di cui all'art. 29 del ### del comparto sanità del 20 settembre 2001, il diritto a usufruire della pausa di lavoro, a prescindere dal fatto che la stessa avvenga in fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto o in fasce per le quali il pasto possa essere consumato prima dell'inizio del turno. Ha quindi affermato che l'attribuzione del buono pasto è condizionata all'effettuazione della pausa di lavoro che, a sua volta, presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore, osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato. Da ciò il rilievo del d.lgs. 8 aprile 2003 nr. 66, articolo 8, a tenore del quale il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto. Questa Corte condivide l'approdo cui è pervenuta la giurisprudenza di legittimità, né ravvisa motivi per andare in contrario avviso. Il primo motivo d'appello deve, quindi, essere respinto. 3.2.Il secondo motivo d'appello è parimenti infondato perché il giudice di primo grado non ha arbitrariamente esteso l'applicazione delle circolari in precedenza richiamate a casi in essi non previsti -come dedotto dall' appellante-, bensì ne ha tenuto conto esclusivamente per l'importo del buono pasto di € 7,00 nelle stesse previsto e della quota a carico del dipendente di € 1,03. Solo a tali limitati fini è stata utilizzata dal giudice di prime cure la documentazione aziendale prodotta. Né l' appellante ha chiarito perché, nei casi di cui alle circolari, i dipendenti avessero diritto di fruire di un buono pasto di € 7,00 e, nel caso degli odierni appellati, invece, di un buono pasto di € 5,16. Parte_2 #### 10 3.3.Anche il terzo motivo d'appello non merita accoglimento. Sull'importo del buono pasto vale quanto già esposto in relazione al secondo motivo d'appello: l' afferma che il valore del buono pasto sarebbe pari ad € 5,16, di cui € 4,13 a carico dell'### ed il residuo a carico del dipendente, ma non chiarisce il perché, nei casi di cui alle due circolari, l'importo del buono pasto è indicato in € 7,00, di cui a carico del dipendente € 1,03, né chiarisce per quali motivi i dipendenti destinatari delle circolari predette avessero diritto ad un buono di importo più elevato rispetto a quello affermato nel presente giudizio. Anche il ### attuativo dell'articolo 49 del ### 2002 - 2005 del comparto ### (doc. 1 del fascicolo di primo grado dei ricorrenti), seppure afferente ad un diverso comparto pubblico, conferma l'importo di € 7,00 del buono pasto applicato nella pubblica amministrazione. Nell'odierno grado di giudizio, a fronte dello specifico motivo d'appello proposto dall' , gli appellati hanno prodotto la copia di un buono pasto con scadenza al 31 dicembre 2021, erogato dall' odierna appellante, che reca l'importo di € 7,00. Questa Corte ritiene ammissibile il documento ai sensi dell'articolo 437 c.p.c., perché decisivo per l'accertamento dell'importo del buono pasto. Riguardo all'ammissibilità della nuova produzione, si richiama la consolidata giurisprudenza che afferma che, nel rito del lavoro, la produzione di documenti successivamente al deposito degli atti introduttivi è ammissibile solo nel caso di documenti formati o giunti nella disponibilità della parte dopo lo spirare dei termini preclusivi ovvero se la loro rilevanza emerga in ragione dell'esigenza di replicare a difese altrui; peraltro, l'acquisizione documentale può essere disposta d'ufficio, anche su sollecitazione di parte, se i documenti risultino indispensabili per la decisione, cioè necessari per integrare, in definizione di una pista probatoria concretamente emersa, la dimostrazione dell'esistenza o inesistenza di un fatto la cui sussistenza o insussistenza, altrimenti, sarebbe destinata ad essere definita secondo la regola sull'onere della prova (Cass. ###/2019). La nuova produzione reca la certezza che l'importo del buono pasto erogato dall' appellante è pari a € 7,00, come già indicato nelle circolari n. ### del 23 maggio 2008 e n. ### del 19 maggio 2014 prese a riferimento dalla sentenza impugnata per la suddetta quantificazione…”. 
Peraltro, Cass. n. 15629/2021 ha specificato nella parte motivazionale che “questa Corte si è già pronunciata in fattispecie sovrapponibile, confermando la decisione di merito che, ai fini del riconoscimento del buono pasto ad un dipendente adibito a turni orari 13/20 e 20/07, aveva considerato coessenziale alle "particolari condizioni di lavoro" di cui all'art. 29 del contratto collettivo integrativo del comparto ### del 20 settembre 2001, il diritto a usufruire della pausa di lavoro, a prescindere dal fatto che la stessa avvenisse in fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto o in fasce per le quali il pasto potesse essere consumato prima dell'inizio del turno; con tale principio si è affermato che "In tema di pubblico impiego privatizzato, l'attribuzione del buono pasto, in quanto agevolazione di carattere assistenziale che, nell'ambito dell'organizzazione dell'ambiente di lavoro, è diretta a conciliare le esigenze del servizio con le esigenze quotidiane del dipendente, al fine di garantirne il benessere fisico necessario per proseguire l'attività lavorativa quando l'orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente previsto per la fruizione del beneficio, è condizionata all'effettuazione della pausa pranzo che, a sua volta, presuppone, come regola generale, solo che il lavoratore, osservando un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore, abbia diritto ad un intervallo non lavorato"(Cass. n. 5547 del 2021)”; ###. n. 5547/2021 ha, altresì, precisato che “Di qui il rilievo del D.Lgs. 8 aprile 2003 nr. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro), articolo 8, a tenore del quale il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto; le modalità e la durata della pausa sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro ed, in difetto di disciplina collettiva, la durata non è inferiore a dieci minuti e la collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo. 16. Anche nel testo legislativo, dunque, la consumazione del pasto è collegata alla pausa di lavoro ed avviene nel corso della stessa. 17. La stessa difesa di parte ricorrente lega il diritto alla mensa ad una obbligatoria sosta lavorativa ma assume che la norma contrattuale richiederebbe, altresì, che la attività lavorativa sia prestata «nelle fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto»; una eventuale volontà della parti sociali in tal senso sarebbe stata, tuttavia, chiaramente espressa, con l'indicazione di fasce orarie di lavoro che danno diritto alla mensa, fasce che non sono, invece, previste. 18. La interpretazione esposta, secondo cui il diritto alla mensa ex articolo 29, comma 2, ### 20.9.2001 è legato al diritto alla pausa, è coerente con i principi già enunciati da questa Corte, con sentenza 28 novembre 2019 nr. ###, in relazione alle previsioni dell'articolo 40 ### 28 maggio 2004 del ### FISCALI”.  ### va quindi respinto. 
Le spese del giudizio di secondo grado seguono la soccombenza (art. 91 cpc) e sono liquidate come da dispositivo ex D.M. n. 147/2022 a carico dell'### appellante. 
Infine, deve darsi atto che sussistono i presupposti oggettivi per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.   PQM - rigetta l'appello; - condanna l'appellante al pagamento in favore dell'appellato delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in € 962,00, oltre 15% spese generali, IVA e ### - dà atto che sussistono i presupposti oggettivi per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.  ### 14.1.2025 ####

causa n. 783/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Bonanni Roberto, Alberto Celeste

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 30-12-2023

... dal decreto del ### della sanità 22 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 150 alla ### n. 216 del 14 settembre 1996»; tra le prestazioni specialistiche indicate nel decreto del ### della sanità 22 luglio 1996 sono comprese anche quelle di emodialisi (cfr., in particolare, alle note codice nn. 39.95.1, 2, 3, 4, 9, nonché 89.03 dell'allegato 1 di detto decreto ministeriale). 2.3.2 Per la ### il ### della ### n. 1977 del 28 settembre 2007 ha recepito integralmente tale normativa nazionale, senza eccezioni (art. 1: «le tariffe massime applicabili nel territorio della ### siciliana per la remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, a far data dall'1 ottobre 2007, sono quelle previste dall'articolo 3 del decreto del Ministero della (leggi tutto)...

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE composta dai signori magistrati: ### dott. ###.A.  #### TARIFFE dott. ### dott. ### dott. ### relatore Ad. 18/12/2023 dott. ### R.G. n. 17130/2020 ha pronunciato la seguente ### _________________ ORDINANZA sul ricorso iscritto al numero 17130 del ruolo generale dell'anno 2020, proposto da ### S.r.l. (C.F.: ###), in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa, giusta procura all egata al ricorso, dall'avvocato ### (C.F.: ###) -ricorrente nei confronti di ### (C.F.: ###), in persona del legale rappresentante pro tempore -intimata per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di ### n. 42/2020, pubblicata in data 29 gennaio 2020 (e notificata in data 30 gennaio 2020); udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 18 dicembre 2023 dal consigliere ### Fatti di causa ### S.r.l. ha ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti dell'### (A.S.P.) di Messina, per l 'importo di € 46.007,28, a titolo di saldo del ### n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 2 di 15 pagamento delle prestazioni sanitarie di emodialisi erogate in regime di convenzione nel mese di dicembre 2009.  ### dell'ente ingiunto è stata accolta dal Tribunale di ### La Corte d'appello di ### ha confermato la decisione di primo grado.  ### S.r.l., sulla base di cinque motivi. 
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l'ente intimato. 
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c.. 
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 380 bis.1 c.p.c..  ### si è riservato il deposito dell'ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio. 
Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia «violazione di legge e/o nullità della sentenza e/o procedimento ex art. 360 c.p.c. 1. nn. 3 e 4 - travisamento di fatti che, vertendo su un punto decisivo ha messo in crisi in modo irreversibile il percorso argomentativo del giudice - omessa pronuncia ex art. 360 c.p.c.  1. n 5».  1.1 La Corte osserva, preliminarmente, che le censure di cui al motivo di ricorso in esame non risultano esposte con la necessaria chiarezza e risultano, pertanto, di non agevole intelligibilità. 
In particolare, la censura di violazione di legge, ai sensi dell'art.  360, comma 1, n. 3, c.p.c., viene formulata senza uno specifico riferimento alle disposizioni normative che sarebbero state violate ed è, per ciò solo, senz'altro inammissibile.  1.2 Per quanto riguarda le ulteriori censure, secondo la ricorrente, dalla motiv azione della pr onuncia impugnata, «non emerge quale è la vera contesa, ossia che l'### a fronte di un credito certo, liquido ed esigibile, portato dalla distinta ### n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 3 di 15 riepilogativa di dicembre 2009, non contestato (tant'è che il giudice del primo grado ha ritenuto che sul punto non ci fosse contesa), per le prestazioni rese nel mese di dicembre 2009, avesse omesso di pagare la predetta mensilità, operando una compensazione con un presunto credito per gli sconti tariffari relativi a tutto il 2009». A suo avviso, «dai fatti come esposti dal giudice di merito non emerge che l'Asp abbia attuato un recupero sulla mensilità di dicembre 2009, per recuperare tutto lo sconto 2009» e « pertanto è rimasta priva di ris contro la prima censura di cui all'atto di appello, secondo cui nella fattispecie mancava un atto autoritativo che permettesse tale recupero». 
Conclude, pertanto, affermando che «tale travisamento dei fatti e dei documenti a supporto delle rispettive posizioni processuali hanno portato a far ritenere che fosse stata la ### a non applicare lo sconto e di avere richiesto il pagamento con giudizio monitorio, così da avere determinato un capovolgimento dei fatti e del relativo onere probatorio», mentre, d'altra parte, la corte territoriale avrebbe «sorvolato sulla legittimità o meno delle previsioni contenute nella circolare n. ### del 09/12/2009 e del la nota prot. n. 3928 del 28/12/ 2009 dell'A.S.P.».  1.3 Si tratta di censure formulate, come premesso, in modo non del tutto chiaro, per cui appare arduo anche ricostruirne l'effettivo e compiuto senso logico e giuridico. 
Per quanto, comunque, è possibile intendere per questa Corte, la ricorrente pare lamentare un travisamento dei fatti e delle contestazioni avanzate in relazione alla vicenda sostanziale e a quella processuale, da parte della corte d'appello, che avrebbe determinato una decisione non coerente con queste ultime. 
Ric. n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 4 di 15 1.4 La corte territoriale ha correttamente ricostruito sia la vicenda sostanziale che quella processuale ed ha emesso una statuizione che risulta del tutto coerente, sul piano logico e giuridico, rispetto ai fatti, alle domande ed eccezioni avanzate nel giudizio e, quindi , alle contrapposte posizio ni difensive delle parti. 
In particolare, emerge chiaramente, dalla decisione impugnata: - che la A.S.P., nel corrispondere alla società ricorrente il pagamento dovuto per le prestazioni di cui alla distinta riepilogativa delle prestazioni rese nel mese di dicembre 2009, aveva operato una compensazione con il proprio credito avente ad oggetto la restituzione degli importi precedentemente corrisposti in eccedenza, in quanto non decurtati dello “sconto” del 2% oggetto di controversia, per le prestazioni di cui alle distinte riepilogative dell'intero anno 2009, versando, pertanto, esclusivamente la differenza tra le contrapposte pretese; - che la società accreditata aveva, quindi, domandato, in sede monitoria, il pagamento del residuo importo a suo dire ancora dovuto per la distinta riepilogativa del mese di dicembre 2009, cioè per una somma esattamente corrispondente al predetto sconto, per l'intero anno 2009, contestando la legittimità della compensazione operata dalla A.S.P. 
Altrettanto chiaramente, nella decisione impugnata viene affermato che tale compensazione doveva - a giudizio della corte territoriale - ritenersi legittima, in quanto lo “sconto” in contestazione, sulle tariffe applicabili alle prestazioni rese per conto del ### sanitario nazionale dalle strutture private accreditate, era direttamente previsto dalla legge finanziaria nazionale per il 2007 (legge n. 296 del 2006), recepita nella regione ### lia con il ### n. 1977 del 28 settembre 2007, la cui applicazione era stata semplicemente sospesa, co n il ### n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 5 di 15 successivo ### n. 336 del 27 febbraio 2008, in attesa della definizione dei giudizi amministrativi nei quali ne era stata contestata la legittimità, ma con espressa riserva di ripetizione di quanto frattanto corrisposto in eccedenza, onde, essendo stati infine definiti quei giudizi con il rigetto delle impugnative, da una parte, non vi era bisogno di alcun ulteriore atto autoritativo che disponesse espressamente la suddetta restituzione e, dall'altra parte, non poteva condividersi l'assunto della società ricorrente per cui sarebbe stata disposta una illegittima applicazione in via retroattiva di tariffe più svantaggiose per le strutture sanitarie, sulla base di mere circolari e note esplicative emesse nel dicembre 2009 (segnatamente, la circolare n. ### del 9 dicembre 2009 e la nota prot. n. 3928 del 28 dicembre 2009 dell'A.S.P., richiamate dalla ricorrente). 
Contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, si tratta di un percorso argomentativo logico e del tutto coerente sia con le vicende di fatto che hanno dato luogo alla controversia, sia con le rispettive allegazioni difensive delle parti: devono pertanto escludersi il «travisamento dei fatti e dei documenti a supporto delle rispettive posizioni processuali», nonché il «capovolgimento dei fatti e del relativo onere probatorio» dedotti con il motivo di ricorso in esame.  2. Con il secondo motivo si denunzia «violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 796. lett. O), L. n. 311 del 2004, art. 1. comma 170, D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8 sexies, D.G.R.C. n. 1874 del 1998 e D.G.R.C. n. 1269 del 2009, DA n. 1977 del 28 settembre 2007, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., 1, n. 3 e 5 ancora omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia». 
Con il terzo motivo si denunzia «violazione di legge ed in particolare dell'art. 3 Cost., sotto il profilo della lesione del principio di irretroattività della legge ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3». Ric. n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 6 di 15 Il secondo e il terzo motivo sono logicamente e giuridicamente connessi e possono, quindi, essere esaminati congiuntamente. 
Essi sono in parte inammissibili ed in parte infondati.  2.1 In primo luogo, va evidenziato che la censura di «omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia» non è ammissibile, per come formulata, in quanto il mero vizio di motivazione non costituisce più uno dei possibili motivi di ricorso per cassazione, secondo l'attuale formulazione dell'art. 360 c.p.c., applicabile nel presente giudizio, ratione temporis.  2.2 Ciò premesso, con le ulteriori censure di cui ai motivi di ricorso in esame, la società ricorrente sostiene una tesi riassumibile nei seguenti termini: - il cd. “sconto tariffario” del 2% introdotto dall'art. 1, comma 796, lett. o), della legge n. 296 del 2006, per la remunerazione delle prestazioni rese per conto del ### sanitario nazionale dalle strutture private accreditate, non sarebbe stato immediatamente recepito, dalla ### per l e prestazioni di emodialisi, in ragione della «loro particolare natura ed importanza»; - le prestazioni dei centri di dialisi, infatti, sarebbero da ritenersi escluse dal “recepimento”, nella regione ### delle disposizioni sopra richiamate della legge nazionale n. 296 del 2006, operato con il ### (D.A.) n. 1977 del 2007; - tale recepimento sarebbe, in realtà, avvenuto solo nel 2009, ma illegittimamente, sia perché inizialmente disposto in virtù di mere circolari e note esplicative interne (e, solo successivamente, con il ### n. 170 del 2013), sia per il suo carattere retroattivo.  2.3 Gli assunti della ricorrente sono infondati.  2.3.1 ###. 1, comma 796, lett. o), della legge n. 296 del 2006 ha previsto che « … a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge le strutt ure private accredit ate, ai fini della ### n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 7 di 15 remunerazione delle prestazioni rese per conto del ### sanitario nazionale, praticano uno sconto pari al 2 per cento degli importi indicati per le prestazioni specialistiche dal decreto del ### della sanità 22 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 150 alla ### n. 216 del 14 settembre 1996»; tra le prestazioni specialistiche indicate nel decreto del ### della sanità 22 luglio 1996 sono comprese anche quelle di emodialisi (cfr., in particolare, alle note codice nn. 39.95.1, 2, 3, 4, 9, nonché 89.03 dell'allegato 1 di detto decreto ministeriale).  2.3.2 Per la ### il ### della ### n. 1977 del 28 settembre 2007 ha recepito integralmente tale normativa nazionale, senza eccezioni (art. 1: «le tariffe massime applicabili nel territorio della ### siciliana per la remunerazione delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, a far data dall'1 ottobre 2007, sono quelle previste dall'articolo 3 del decreto del Ministero della salute del 12 settembre 2006, pubblicato nella ### della Repubblica italiana 289 del 13 dicembre 2006, nonché dall'art. 1, comma 796, lett.  o), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), di cui all'allegata tabella "A" che fa parte integrante del presente decreto»). 
In base al decreto assessoriale di recepimento in ### delle previsioni tariffarie della legge n. 296 del 2006, dunque, lo sconto del 2% deve ritenersi applicabile a tutte le prestazioni rese per conto del ### sanitario, ivi incluse quelle di emodialisi.  2.3.3 Successivamente, peraltro, in virtù del ### riale n. 336 del 27 febbraio 2008, è stata disposta una sospensione provvisoria dell'applicazione di tali disposizioni normative in ### anche in ragione delle contestazioni giudiziarie pendenti davanti al giudice amministrativo, che avevano condotto all'emissione di provvedimenti giurisdizionali di sospe nsiva ### n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 8 di 15 delle nuove tariffe dell'assistenza specialistica ambulatoriale e delle prestazioni di emodialisi, ma con espressa salvezza della successiva ripetizione degli importi corrisposti in eccedenza. 
Nelle premesse di cui al D.A. n. 336/2008, dopo il richiamo ai provvedimenti di sospensiva emanati dal T.A.R. di Palermo, è, infatti, espressamente previsto quanto segue: «ritenuto di doversi conformare, nelle more della definizione del giudizio di merito e con riserva di ripetizione, al contenuto delle superiori ordinanze giudiziali, per l'effetto delle quali, in atto, rivivono nel territorio della ### siciliana i valori tariffari previgenti di cui al decreto n. 24059 dell'11 dicembre 1997 e successive modifiche ed integrazioni ed al decreto n. 7104 del 29 dicembre 2005, concernenti le tariffe dell'assistenza specialistica ambulatoriale e delle prestazioni di emodialisi …».  2.3.4 La sospensione prevista dal D.A. n. 336/2008 è, successivamente, venuta meno, essendo stati rigettati i ricorsi proposti al T.A.R. e, con il ### n. 170 del 2013, ne è stato dato atto espressamente, imponendo altresì alle A.S.P.  della regione di procedere al recupero delle maggiori somme frattanto erogate alle strutture (l'art. 1 di tale decreto assessoriale prevede quanto segue: «si dà atto che sono venuti meno i presupposti del D.A. n. 336/08, con rimozione dei suoi effetti sospensivi e conseguente ripristino con effetto retroattivo dei valori tariffari di cui al decreto assessoriale n. 1977 del 28 settembre 2007»; l'art. 2, a sua volta, prevede quanto segue: «È fatto obbligo alle aziende sanitarie provinciali di procedere al recupero nei confronti delle strutture specialistiche delle eventuali maggiori somme erogate rispetto a quelle che sarebbero state corrisposte in applicazione del D.A. n. 1977/07, fermo restando che per le prestazioni di emodialisi le stesse dovranno tenere conto dei val ori tariffari ridet erminati dal D.A.  1676/09 del 20 agosto 2009, per come integrato e modificato dal D.A. n. 835/11 del 12 maggio 2011, secondo la decorrenza ### n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 9 di 15 temporale stabilita dall'art. 7 di quest'ultimo decreto, decurtati dello sconto previsto ai sensi dell'art. 1 comma 796 lett. o) della legge n. 296/06»).  2.4 Sulla base del quadro normativo appena ricostruito, non può attribuirsi rilievo alla circostanza, di mero fatto, che, per le prestazioni specialistiche divers e da quelle di emodialisi, lo “sconto tariffario” previsto dalla ### del 2007 sia stato, in concreto, immediatamente applicato nella ### cilia, mentre per le prestazioni di emodialisi esso, in un primo momento, non sia stato di fatto applicato e che, successivamente, lo sia stato solo con riguardo alle prestazioni rese nel 2009, in man canza di esp resse disposizi oni normativ e che avessero disposto tale diversa o, comunque, differita applicazione degli sconti tariffari per le diverse tipologie di prestazioni e per gli anni precedenti al 2009. 
Deve, di conseguenza, altresì escludersi che le riduzioni tariffarie per le prestazioni di emodialisi erogate nell'anno 2009 siano state disposte illegittimamente, con carattere retroattivo: esse devono, al contrario, r iteners i immediatamente riconducibil i alle disposizioni normative emanate nel 2006 e nel 2007 (legge nazionale n. 296 del 2006; D.A. n. 1977 del 2007, per la Regione ### e l a loro applicaz ione deve ritene rsi semplicemente sospesa, in via provvisoria, per il periodo successivo al D.A. n. 336/2008 (ovvero in virtù dei precedenti provvedimenti giudiziari, nei limiti della lo ro effetti va efficacia), ma con espressa riserva della ripetizione dei maggiori importi frattanto erogati.  2.5 In definitiva, la tesi della ricorrente, secondo la quale lo “sconto tariffario” del 2% introdotto dalla ### n. 296/2006 non sarebbe stato recepito per la ### con il D.A.  1977/2007, non trova alcun effettivo riscontro nel contenuto delle disposizioni normative applicabili alla fattispecie: essa fa leva sulla val orizzazione, in co ntrasto con tali disposizioni ### n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 10 di 15 normative, di una mera circostanza di fatto (alla quale si vorrebbe in qualche modo attribuire una valore para-normativo), e cioè la constatazione che gli sconti previsti dalla ### finanziaria per il 2007 per le prestazioni di emodialisi non siano stati subito applicati in c oncreto, ma lo siano stati so lo a par tire dall'anno 2009. 
Poiché, però, il D.A. n. 1977/2007 non prevede alcuna eccezione nel recepimento della legge nazionale del 2006, la circostanza di fatto che ad esso non sia stata data immediata applicazione concreta per i centri di dialisi non può valere a modificarne il contenuto normativo. Del resto, la ritardata attuazione dello stesso si spiega, da una parte, con i contrasti interpretativi che erano sorti sul suo ambito di efficacia e, dall'altra parte, con la espressa sospensione della sua applicazione, dapprima in via giudiziaria (almeno per le strutture che avevano promosso i giudizi amministrativi davanti al T.A.R. Palermo) e poi, in via generalizzata, con il decreto assessoriale n. 336/2008, che peraltro contiene l'espressa riserva di ripetizione dei maggiori importi frattanto erogati, all'esito della definizione di quei giudizi.  2.6 Non altera la sostanza del quadro normativo fin qui delineato, né consente di mutare le conclusioni appena esposte, neanche la circostanza che nella ### siano stati previsti, per le prestazioni di emodialisi, “valori tariffari omnicomprensivi”, in deroga alle previsioni tariffarie di cui al D.M. del 1996, restando comunque applicabile lo sconto tariffario del 2% di cui si discute nel presente giudizio. 
Tali specifici provvedimenti tariffari risultano, del resto, espressamente richiamati nel D.A. n. 170/2013, il quale ha imposto il recupero delle maggiori s omme erogate dalle A.S.P., p recisando però che, per le prestazioni di emodialisi, si sarebbe dovuto tener conto dei valori tariffari «rideterminati dal D.A.  1676/09 del 20 agosto 2009, per come integrato e modificato ### n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 11 di 15 dal D.A. n. 835/11 del 12 maggio 2011, secondo la decorrenza temporale stabilita dall'art. 7 di quest'ultimo decreto, decurtati dello sconto previsto ai sensi dell'art. 1 comma 796 lett. o) della legge n. 296/06». 
In effetti, la stessa società ricorrente (per quanto l'esposizione di cui al ricorso non risulti del tutto chiara e lineare, come ripetutamente sottolineato) non pare neanche sostenere che siano state trattenute in ripetizione, dalla A.S.P. di ### somme maggiori di quanto le sarebbe spettato in applicazione di tali valori tariffari omnicomprensivi decurtati del 2%, ma pare richiamarli al solo scopo di fornire ulteriori argomenti alla tesi secondo la quale in realtà, per le prestazioni di emodialisi, non sarebbero state immediatamente recepite, con il D.A.  1977/2007, le tariffe con lo sconto del 2% di cui alla legge 296/2006, essendo previste diverse specifiche tariffe regionali. 
Neanche si precisa adeguatamente, nel ricorso, se tale questione (che nella sent enza impugnata non viene affrontata) fosse stata già avanzata nel corso del giudizio di merito (e, in tal caso, in quali atti difensivi ed in quali esatti termini), onde parrebbe trattarsi di questione nuova, proposta per la prima volta in sede di legit timità, come tale inammis sibile, r ichiedendo anche valutazioni di fatto. 
In ogni caso, l'assunto non potrebbe ritenersi fondato in diritto, una volta ribadito che il recepimento della ### statale n. 296 del 2006 operato in ### con il D.A. n. 1977 del 2007 era stato integrale, con la conseguenza che lo sconto del 2% previsto in tali atti normativi riguardava anche le prestazioni di emodialisi e che esso era stato solo provvisoriamente sospeso (ma con riserva di ripetizione) nel 2008.  2.7 In definitiva, vanno condivise le conclusioni di cui alla sentenza impugnata, secondo cui l'applicazione dello “sconto tariffario” del 2% alle prestazioni di emodialisi rese nel 2009 non è riconducibile ai provvedimenti amministrativi del 2009 (aventi ### n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 12 di 15 carattere meramente ricognitivo e informativo) ma deriva direttamente dai provvedimenti normativi del 2006 e del 2007 e deve ritenersi solo provvisoriamente sospesa nel 2008, ma con riserva di ripetizione. 
Di conseguenza, l'applicazione di detto “sconto tariffario”, dopo la cessazione della sospensione, non comporta il carattere retroattivo della tariffa, ma esclusivamente l'obbligo, per le strutture sanitarie, di restituire i maggiori importi frattanto indebitamente ricevuti, rispetto a quanto effettivamente loro spettante. 
Ne deriva, altresì, che effettivamente alla A.S.P. controricorrente spettava il diritto di recuperare le maggiori somme erogate per le prestazioni di emodialis i, anche relativamente all'anno 2009, come del resto espressamente previsto dal D.A.  n. 170 del 2013.  3. Con il quarto motivo si denunzia «violazione di legge, erronea interpretazione del citato articolo 1, comma 796, lettera O), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), che espressamente disciplina “la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2007-2009 efficacia temporanea dello sconto tariffario, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3».  ### la società ricorrente, l'operatività dello “sconto tariffario” del 2% previsto dalla legge n. 296/2006 aveva una efficacia temporalmente limitata e non poteva operare oltre il termine del 31 dicembre 2008, previsto dal decreto-legge n. 248/2007, convertito in legge 28 febbraio 2008 n. 31, all'art. 8, come termine massimo per l'aggiornamento delle tariffe delle prestazioni sanitarie. 
Il motivo è infondato.  ### l'indirizzo di questa Corte, cui si ritiene di dover dare continuità, «in tema di remunerazione delle prestazioni rese per conto del ### io sanitario naz ionale dalle strutture priv ate ### n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 13 di 15 accreditate, lo sconto da praticare, ai sensi dell'art. 1, comma 796, lett. o), della l. n. 296 del 2006, è limitato al triennio 2007- 2009» (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 10582 del 04/05/2018, Rv.  648596 - 01; ### 6 - 1, Ordinanza n. 27007 del 05/10/2021, Rv. 662736 - 01).  ###à degli sconti tariffari di cui alla legge n. 296/2006 anche per l'anno 2009 (cioè, l'ultimo anno del triennio 2007- 2009) è, del resto, implicitamente, ma inequivocabilmente, riconosciuta nei richiamati precedenti di questa Corte (in particolare, cfr.: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 10582 del 04/05/2018, Rv. 648596 - 01; ### 3, Sentenza n. 25845 del 31/10/2017), che - in controversie tra ### e strutture sanitarie - hanno escluso le riduzioni tariffarie in questione per il solo anno 2010, confermandole, invece, in relazio ne alle prestazioni re se nell'anno 2009. 
Nelle suddette decisioni vengono altresì richiamate, a sostegno dell'assunto per cui gli sconti tariffari hanno operato per l'intero triennio 2007/2009, anche le pronunzie n. 739, del 1° febbraio 2017, del Consiglio di Stato, nonché n. 94, del 2 aprile 2009, della Corte Costituzionale, dalle quali (sebbene invocate dalla società ricorrente a sostegno dei suoi contrari assunti) deve ritenersi emergere, in effetti, la sostanziale conferma che l'applicabilità degli sconti tariffari disposti dalla legge n. 296 del 2007 ha efficacia temporalmente limitata, ma estesa all'intero triennio 2007/2009 (quindi, essa opera fino al 31 dicembre 2009), mentre il termine del 31 dicembre 2008 è riferito alla sola necessità dell'aggiornamento delle tariffe, senza peraltro incidere direttamente sulla applicabilità del suddetto sconto nelle more, purché nell'ambito del triennio 2007/2009.  4. Con il quinto motivo si denunzia «IV violazione degli artt.  112 e 346 c.p.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. 
Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia». Ric. n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 14 di 15 4.1 In primo luogo, va ribadito che la censura di «omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia» non è ammissibile, per come formulata, in quanto il mero vizio di motivazione non costituisce più uno dei possibili motivi di ricorso per cassazione, secondo l'attuale formulazione dell'art. 360 c.p.c., applicabile nel presente giudizio, ratione temporis.  4.2 Neanche possono accogliersi le ulteriori censure, di violazione degli artt. 112 e 346 c.p.c.. 
Dalla complessiva motivazione della sentenza impugnata emergono, infatti, le ragioni per le quali la corte d'appello ha ritenuto conforme a diritto la compensazione operata dalla A.S.P. nel liquidare le prestazioni di cui alla distinta riepilogativa del mese di dicembre 2009. 
Avendo chiarito che il recupero da parte della A.S.P. dei maggiori importi versati in ragione della provvisoria sospensione degli sconti tariffari era del tutto lecito e che era addirittura imposto dal D.A. n. 170/2013, è evidente che la corte territoriale abbia inteso, implicitamente ma inequivocabilmente, affermare che era, altresì, legittima la compensazione operata dalla stessa A.S.P. tra il relativo credito ed il debito avente ad oggetto la remunerazione delle prestazioni di cui alla distinta riepilogativa del mese di dicembre 2009, senza che ciò potesse dirsi impedito dalla mera contestazione della controparte, trattandosi di un credito certo, liquido ed esigibile, quindi certamente opponibile in compensazione, ai sensi dell'art. 1243 c.c., e senza che potesse ritenersi necessaria un'azione giudiziale autonoma, ovvero un previo contraddittorio stragiudiziale o altre forme di interlocuzione, le quali avrebbero di fatto finito per impedire tale compensazione.  5. Il ricorso è rigettato. 
Nulla è a dirsi in ordine alle spese del giudizio, non avendo l'ente intimato svolto attività difensiva. Ric. n. 17130/2020 - ### 3 - Ad. 18 dicembre 2023 - Ordinanza - ### 15 di 15 Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) di cui all'art. 13, co. 1 quater, del D.P.R.  30 maggio 2002 n. 115.  Per questi motivi La Corte: - rigetta il ricorso. 
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) di cui all'art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. 
Così deciso nella camera di consiglio della ###  

Giudice/firmatari: Rubino Lina, Tatangelo Augusto

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 07-03-2025

... applicazione del c.c.n.l. comparto sanità (in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di riprodurre in dispositivo l'obbligo della ### di ### e ### s.p.a. di tenere indenne la ### da ogni somma dovuta in esecuzione della sentenza di condanna anche in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al comparto sanità, in forza del quale le aziende sanitarie sono tenute ad assumere iniziative per garantire la copertura assicurativa della responsabilità civile dei propri dipendenti (anche dirigenti) per le eventuali conseguenze derivanti dalle azioni giudiziarie di terzi relativamente alla loro attività; il motivo è inammissibile; osserva preliminarmente il Collegio come dalla lettura degli atti relativi (leggi tutto)...

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE CIVILE Composta dagli ###mi Sigg.ri Magistrati: ###. ### - Presidente - RESPONSABILITÀ ###. ### - ### - Dott. ### - #### - Adunanza del 20/1/2025 - ###.ssa ### - ### - R.G.N. 2237/2022 Dott. ### - ### - Rep.  ha pronunciato la seguente ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 2237/2022 proposto da: ### rappresentata e difesa dall'avv. ### GALLUZZO (###); - ricorrente - contro ### in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. ### SPRIO (###); - controricorrente e ricorrente incidentale - e ### rappresentata e difesa dagli avv.ti ### AZZARELLO (###) e ### (###); - controricorrente - Camera di consiglio del 20 gennaio 2025 - R.G. n. 2237/2022 - ### Rel. ### nonché ### S.P.A.; #### E ### S.P.A.; - intimati - avverso la sentenza n. 1842/2021 della CORTE D'###, depositata in data ###; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/1/2025 dal ### dott. ### ritenuto che, con sentenza resa in data ###, la Corte d'appello di Palermo, in accoglimento degli appelli principale e incidentale rispettivamente proposti da ### e dalla ### s.p.a. e in parziale riforma della decisione di primo grado, ha condannato l'### di ### e ### in solido tra loro, al pagamento, in favore della ### della somma di euro 40.827,76, oltre accessori, a titolo di risarcimento dei danni subiti dalla ### in conseguenza dell'inesatto adempimento delle prestazioni mediche eseguite dalla ### in favore della ### presso le strutture dell'### di ### con la stessa decisione, la corte territoriale ha rigettato la domanda proposta da ### per la condanna della ### s.p.a. a tenere indenne la ### di quanto dovuto in favore della ### a titolo risarcitorio, con la conseguente condanna dell'### di ### a restituire alla ### s.p.a. quanto da quest'ultima corrisposto in adempimento della non dovuta prestazione indennitaria; a fondamento della decisione assunta, per quel che ancora rileva in questa sede, la corte territoriale - dopo aver riformulato i criteri di ### di consiglio del 20 gennaio 2025 - R.G. n. 2237/2022 - ### Rel. ### liquidazione del danno da riconoscere in favore della ### rispetto a quelli erroneamente seguiti dal giudice di primo grado - ha rilevato come la garanzia prestata da ### s.p.a. in favore di ### era stata stipulata ‘a secondo rischio', ossia condizionata al superamento del massimale di polizza assicurato dall'### di ### con la società ### di ### e ### per la responsabilità civile dei dipendenti; ciò posto, non essendo risultato il superamento del massimale garantito dalla polizza assicurativa stipulata dalla ### di ### e ### s.p.a. con l'### di ### la domanda di manleva avanzata dalla ### nei confronti della ### s.p.a., originariamente accolta dal giudice di primo grado, doveva essere disattesa, con la conseguente condanna dell'### di ### a restituire alla ### s.p.a. quanto dalla stessa indebitamente prestato; avverso la sentenza d'appello, ### propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d'impugnazione; l'### di ### ha depositato controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale articolato su due motivi d'impugnazione; ### resiste con controricorso; la ### s.p.a. e la ### di ### e ### s.p.a. non hanno svolto difese in questa sede; l'### di ### ha depositato memoria; considerato che, con il primo motivo del ricorso principale, ### censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell'art. 161 ### di consiglio del 20 gennaio 2025 - R.G. n. 2237/2022 - ### Rel. ### c.p.c. (in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di riprodurre in dispositivo quanto viceversa stabilito in motivazione circa l'obbligo della ### di ### e ### s.p.a. di tenere indenne anche la ### da ogni somma dovuta in esecuzione della condanna pronunciata in favore della ### il motivo è infondato; osserva il Collegio come, diversamente da quanto asserito dalla ricorrente principale, il giudice d'appello non abbia affatto affermato, in motivazione, che la ### dovesse tenere indenne ### la ### da ogni somma dovuta in esecuzione della condanna pronunciata in favore della ### essendosi il giudice d'appello limitato a rilevare, unicamente in relazione alla posizione di ### l'impegno di quest'ultima a rivalere la ### solo ‘a seconda richiesta' (ossia, a condizione del superamento del massimale garantito dalla ###, rilevando altresì la mancata dimostrazione dell'avvenuto superamento del massimale garantito dalla polizza che la ### aveva concluso con l'A.S.P. di ### proprio in forza di tali premesse, il giudice a quo ha condannato l'A.S.P. di ### a restituire alla ### quanto dalla stessa indebitamente percepito, non essendosi verificata la condizione alla quale era stata subordinata l'operatività della garanzia prestata da tale compagnia; deve dunque ritenersi esclusa alcuna violazione dell'art. 161 c.p.c., in relazione al preteso contrasto tra la motivazione e il dispositivo del provvedimento impugnato per l'asserita mancata riproduzione, in quest'ultimo, di quanto viceversa affermato nella prima, giacché, dalla lettura della motivazione della sentenza d'appello, non appare ### di consiglio del 20 gennaio 2025 - R.G. n. 2237/2022 - ### Rel. ### desumibile alcuna affermazione avente ad oggetto l'obbligo della ### di tenere indenne, oltre l'A.S.P., anche la ### con il secondo motivo, ### censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione del c.c.n.l. comparto sanità (in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di riprodurre in dispositivo l'obbligo della ### di ### e ### s.p.a.  di tenere indenne la ### da ogni somma dovuta in esecuzione della sentenza di condanna anche in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al comparto sanità, in forza del quale le aziende sanitarie sono tenute ad assumere iniziative per garantire la copertura assicurativa della responsabilità civile dei propri dipendenti (anche dirigenti) per le eventuali conseguenze derivanti dalle azioni giudiziarie di terzi relativamente alla loro attività; il motivo è inammissibile; osserva preliminarmente il Collegio come dalla lettura degli atti relativi all'odierno giudizio di legittimità non risulti che la ### abbia mai proposto, nel corso dell'intero giudizio in esame, alcuna domanda avente ad oggetto il riconoscimento dell'obbligo della ### di tenerla indenne di quanto dalla stessa eventualmente dovuto in favore della ### avendo, anzi, la ### concluso in appello per il rigetto dell'impugnazione proposta dalla ### senza minimamente contestare la sentenza di primo grado che tale obbligo della ### (di manleva della ### non aveva in alcun modo affermato; né, dei contenuti di tale domanda, appare riscontrabile alcuna menzione nella sentenza impugnata in questa sede; al riguardo, è appena il caso di evidenziare come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui ### di consiglio del 20 gennaio 2025 - R.G. n. 2237/2022 - ### Rel. ### non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di puntuale e completa allegazione del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (cfr., ex plurimis, ### 2, Sentenza n. 20694 del 09/08/2018, Rv. 650009 - 01; ### 6 - 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018, Rv. 649332 - 01); non avendo la ricorrente principale in alcun modo provveduto alle ridette allegazioni (non risultando allegate e prodotte, in particolare, né la domanda originariamente proposta in sede di costituzione nel giudizio di primo grado, eventualmente contenente la domanda di manleva nei confronti della ### né la comparsa di costituzione in appello contenente eventualmente la domanda di manleva nei confronti della ###, il ricorso deve ritenersi per ciò stesso inammissibile; con il primo motivo del ricorso incidentale, l'### di ### si duole della nullità della sentenza d'appello per violazione dell'art. 301 c.p.c. (in relazione all'art. 360 co.1 n. 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale emesso la propria sentenza (in data ###) dopo che il difensore dell'azienda sanitaria era stato cancellato dall'albo degli avvocati di ### con delibera del 15/10/2021 (depositata il successivo 19/10/2021) del ### dell'Ordine degli avvocati di ### in violazione del principio che prevede l'interruzione del processo dal giorno della cancellazione del difensore dall'### degli avvocati; il motivo è infondato; ### di consiglio del 20 gennaio 2025 - R.G. n. 2237/2022 - ### Rel. ### osserva il Collegio come al caso di specie trovi applicazione il precetto ripetutamente osservato nella giurisprudenza di legittimità, in forza del quale, il principio secondo cui la morte dell'unico difensore (a cui la cancellazione dall'albo degli avvocati deve ritenersi equiparata: v. Sez. U, Sentenza n. 3702 del 13/02/2017, Rv. 642537 - 02 e successive conformi), a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, determina l'automatica interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, con conseguente nullità degli atti successivi, presuppone il concreto pregiudizio arrecato al diritto di difesa (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 29195 del 12/11/2024, Rv.  672854 - 01; ### 3, Sentenza n. 6838 del 08/04/2016, Rv. 639335 - 01); nel caso di specie, l'evento che ha determinato la perdita della capacità di stare in giudizio del difensore dell'azienda sanitaria si è verificato un giorno prima dell'emissione della sentenza da parte della corte d'appello, senza che il fatto - verificatosi ormai a contraddittorio definitivamente chiuso - abbia provocato la benché minima lesione delle prerogative difensive della parte, e senza che, peraltro, l'odierna ricorrente incidentale abbia in ogni caso provveduto ad allegare il ricorso di alcun concreto pregiudizio al riguardo; con il secondo motivo proposto con il proprio controricorso, l'### di ### si duole della nullità della sentenza d'appello per violazione dell'art. 342 c.p.c. (in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale omesso ogni riferimento, nel proprio dispositivo, all'obbligo della ### e ### s.p.a. di tenere indenne l'azienda sanitaria di quanto dovuto in favore della ### in conseguenza dell'emissione della sentenza d'appello; il motivo è inammissibile; ### di consiglio del 20 gennaio 2025 - R.G. n. 2237/2022 - ### Rel. ### osserva il Collegio come, secondo quanto riportato nella sentenza d'appello, il giudice di primo grado, tra le altre statuizioni, ha dichiarato l'obbligo della ### di ### e ### s.p.a.  di tenere indenne l'A.S.P. di ### da ogni somma versata in esecuzione della pronuncia (cfr. pag. 5 della sentenza d'appello); sempre secondo quanto riportato nella sentenza d'appello, questa statuizione non risulta impugnata dalla ### di ### e ### s.p.a. (cfr. pag. 5 par. 10 della sentenza impugnata); ciò posto, non avendo l'odierna ricorrente incidentale allegato alcuna documentazione processuale contrastante con quanto risultante dalla sentenza impugnata (né avendo, peraltro, l'azienda sanitaria contestato tali circostanze) deve ritenersi che la questione relativa all'obbligo della ### di tenere indenne l'A.S.P. di ### costituisca oggetto di un giudicato interno, con la conseguente esclusione di alcun interesse dell'odierna ricorrente incidentale a ottenere la ripetizione, in sede d'appello, di quanto già definitivamente stabilito dal giudice di primo grado; sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza di tutte censure esaminate, dev'essere pronunciato il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale; la sostanziale reciprocità della soccombenza giustifica l'integrale compensazione delle spese relative al rapporto processuale tra ### e l'### di ### nel resto, le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo; si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a ### di consiglio del 20 gennaio 2025 - R.G. n. 2237/2022 - ### Rel. ### quello, ove dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-quater, dell'art. 13 del d.p.r. n. 115/2002; P.Q.M.  Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. 
Dichiara integralmente compensate le spese di lite tra ### e l'### di #### e l'### di ### al rimborso, in favore ### delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 2.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00, e agli accessori come per legge. 
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-quater, dell'art. 13 del d.p.r. n. 115/2002. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### della Corte Suprema di Cassazione del 20 gennaio 2025.   ### 

causa n. 2237/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Giacomo Travaglino

Tribunale di Roma, Sentenza n. 4991/2023 del 16-05-2023

... POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA ### dinanzi al giudice del lavoro, in composizione monocratica, dott. ### nella causa R.G. n. 11868/2022 lav. ha pronunciato, in trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c., fuori udienza, la seguente SENTENZA ^^^^^ TRA ### nato a ### il ###, ivi residente, via ### 62, elettivamente domiciliat ###, nello studio dell'Avv. ### che lo rappresenta e difende per procura in calce al ricorso; RICORRENTE E ### in persona del legale rappresentante protempore, con sede in via dell'### 9 - ### - elettivamente domiciliata e assistita dall'Avv. ### per procura in atti, con studio in ### via ### n. 52; RESISTENTE ^^^^^ Con ricorso ex art. 414 c.p.c. depositato in data ###, ritualmente notificato, l'istante in epigrafe concludeva come segue: “in via (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA ### dinanzi al giudice del lavoro, in composizione monocratica, dott. ### nella causa R.G. n. 11868/2022 lav. ha pronunciato, in trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c., fuori udienza, la seguente SENTENZA ^^^^^ TRA ### nato a ### il ###, ivi residente, via ### 62, elettivamente domiciliat ###, nello studio dell'Avv.  ### che lo rappresenta e difende per procura in calce al ricorso; RICORRENTE E ### in persona del legale rappresentante protempore, con sede in via dell'### 9 - ### - elettivamente domiciliata e assistita dall'Avv. ### per procura in atti, con studio in ### via ### n. 52; RESISTENTE ^^^^^ Con ricorso ex art. 414 c.p.c. depositato in data ###, ritualmente notificato, l'istante in epigrafe concludeva come segue: “in via principale, annullare: - il verbale/provvedimento 3.12.2020, comunicato il ###, con il quale è stata irrogata al sig. ### la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per giorni 11 ### ai sensi dell'art. 66, comma 8, del ### 21.5.2018 ###à, con conseguente annullamento dei provvedimenti del 13.1.2021 e del 11.2.2021 con cui l'### - ### ha disposto nei confronti del ricorrente il recupero della somma di € 4.840,00 percepita in relazione agli incarichi conferitigli dalle ### “Hollister” s.p.a., “###” s.r.l. e “###” s.r.l. e, per l'effetto, condannare la resistente al pagamento degli emolumenti stipendiali non corrisposti al ricorrente in ragione della illegittima sospensione dal servizio, nonché alla restituzione della somma di ### 4.840,00 illegittimamente percepita dalla predetta azienda ospedaliera e relativa ai compensi versati dalle suddette aziende al ricorrente; in via subordinata: - in caso di ritenuta legittimità di uno o più degli incarichi svolti dal ricorrente in quanto ricompresi nell'ambito delle esimenti ex art. 53, comma 6, d.lgs. 165/2011 lett. a) - lett. f/bis), rideterminare la sanzione irrogata in altra di minore gravità tra quelle previste dal ### e, in caso di riduzione dei giorni di sospensione dal servizio, condannare per l'effetto la resistente al pagamento dei corrispondenti emolumenti stipendiali non corrisposti al sig. ### nonché alla restituzione della corrispondente somma illegittimamente percepita dall'azienda ospedaliera e relativa ai compensi versati dalle citate aziende al ricorrente. Con ogni riserva istruttoria e di presentare motivi aggiunti ed integrazioni delle difese. Con vittoria di spese ed onorari di lite”. 
Instauratosi ritualmente il contraddittorio, l'#### così concludeva: “### l'###mo Giudice adito: a) in via preliminare e nel merito rigettare tutte le richieste di parte Ricorrente perché infondate in fatto ed in diritto ed accertare e dichiarare che il provvedimento disciplinare contestato è legittimo, congruo e proporzionato ai fatti contestati e condannarlo al pagamento delle somme accertate come indebitamente percepite per € 6.050,00 (al netto € 4.840,00) o per la minor somma che ancora non dovesse essere stata versata. con tutte le conseguenze anche economiche del caso. Con vittoria di spese di giudizio”. 
All'udienza del 13/10/2022, il Tribunale concedeva termine al ricorrente, sino a 10 giorni prima della udienza rinviata al 26/1/2023, e 5 giorni alla parte convenuta, per il deposito di note autorizzate in merito alla richiesta, da parte del ricorrente, di cancellazione, ai sensi dell'art. 89 c.p.c., delle affermazioni riportate nella memoria difensiva. In particolare, la richiesta di cancellazione si riferiva alle numerose affermazioni espresse in forma assertiva in merito alla segnalazione presentata dalla sig.ra ### alla ### dell'### ospedaliera da cui, poi, originava l'accertamento della ### di ### e successivamente il procedimento disciplinare. 
Il ricorrente asseriva che le affermazioni formulate dall'### come sopra denunciate, attengono ad un fatto che non è stato oggetto né del procedimento disciplinare di cui al presente giudizio né di altro e autonomo procedimento disciplinare e/o di diverso procedimento civile e/o amministrativo nei confronti del sig. ### Parte ricorrente affermava che le dichiarazioni assertive della resistente laddove deduce per certi, in memoria difensiva, i fatti segnalati dalla sig.ra ### e, dunque, fondati e provati i fatti da quest'ultima narrati risultano essere affermazioni con contenuto sconveniente ed offensivo nei confronti del ### stante il loro evidente contenuto diffamatorio. 
All'odierna udienza del 26/01/2023 il Tribunale, all'esito della camera di consiglio, osserva quanto segue. ### di cancellazione ex art. 89 c.p.c.  formulata da parte ricorrente non può trovare accoglimento, atteso che: a) come chiarito da un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità "la sussistenza dei presupposti per la cancellazione di espressioni sconvenienti ed offensive contenute negli scritti difensivi prevista dall'art. 89 cod. proc. civ. va esclusa allorquando le espressioni contenute negli scritti non siano dettate da un passionale e incomposto intento dispregiativo e non rivelino perciò un proposito offensivo nei confronti della controparte, ma, conservando pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive, siano preordinate a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento della controparte, la scarsa attendibilità delle sue tesi e affermazioni" (v. Cass. n. 805/2004, Cass. n. 12309/2004, 10288/2009, Cass. n. 28195/2011); b) in questa prospettiva la ### ad esempio, ha escluso l'applicabilità dell'art. 89 c.p.c. per le seguenti espressioni, ritenute non esulanti dalla materia del contendere e dalle esigenze difensive: "un'incredibile persecuzione giudiziaria", "persecuzione", “invenzioni processuali", "tendenziose", "abili manovre", "gratuite affermazioni", “frode" (così Cass. n. 805/2004); "La Corte sembra aver dato credito unicamente alle suggestioni create dall'atto di appello incidentale, alle affermazioni ivi contenute, non provate, spesso assurde e addirittura al limite del mero pettegolezzo" (così Cass. n. 12309/2004); "subdolamente" (così Cass. 26195/2011); c) il fondamentale principio del contraddittorio ex art. 101 c.p.c. e di lealtà e probità processuale ex art. 88 c.p.c. fanno sì che ciascuna delle parti si assuma la responsabilità dei fatti allegati al giudizio, nel proprio atto difensivo, sul piano della verosimiglianza e dell'inerenza al petitum ed alla causa petendi di talché il provvedimento col quale il Giudice, ad istanza di parte, si pronuncia sulla richiesta ex art. 89 c.p.c. di cancellazione di espressioni sconvenienti ed offensive, contenute negli scritti difensivi, costituisce una extrema ratio e comunque una determinazione eminentemente discrezionale e, come tale, mai ricorribile per Cassazione ex art. 360 c.p.c. Opinando diversamente si consentirebbe alla parte che invoca l'art. 89 c.p.c. di far “tagliare” dei pezzi dell'atto processuale della controparte sì da renderlo del tutto inutilizzabile.  ^^^^^ Venendo al merito della causa si evidenzia l'evidente mancato rispetto delle norme di legge contrattuali, e dei regolamenti aziendali in materia di espletamento di attività libero professionale da parte del ricorrente con conseguente applicazione da parte dell'azienda di una sanzione disciplinare di sospensione dal servizio e dalla retribuzione di undici giorni, sanzione irrogata in misura assai modesta, rispetto al massimo comminabile (sei mesi). Infatti, il ricorrente ha mancato di rispettare l'obbligo di preventiva richiesta ed autorizzazione amministrativa per lo svolgimento di incarichi compatibili col rapporto di lavoro.  ###. 53, commi 6-13 del D. Lgs. n. 165/2001, avente ad oggetto la normativa relativa alla richiesta di autorizzazione in vista di incarichi extra istituzionali compatibili con il rapporto di lavoro, prevede che possano essere svolti incarichi saltuari, retribuiti o gratuiti, al di fuori dei doveri istituzionali, ma che per tale svolgimento debba essere previamente richiesta ed acquisita un'autorizzazione amministrativa, utilizzando il “### richiesta autorizzazione” ai sensi dell'art. 53 D. Lgs. n. 165/2001. 
Il codice disciplinare, normato dall'art. 66 del ### del 2018, al comma 8, prevede che per il mancato rispetto delle norme di legge contrattuali, e dei regolamenti aziendali si applica la sanzione disciplinare della sospensione da 11 giorni a sei mesi. Nel caso di specie, il datore di lavoro ha inflitto la pena base, per le plurime infrazioni commesse da parte del lavoratore che, con continuità e disinteresse per la norma che prevedeva appunto la previa richiesta e l'ottenimento di un'autorizzazione, non ha presentato la relativa domanda, tutte le volte che ha accettato e svolto incarichi extraistituzionali. 
Questa circostanza, ovvero che il ### abbia svolto non uno ma diversi incarichi retribuiti senza autorizzazione, non solo non è contestata, ma è stata addirittura accertata da un'indagine della ### di ### e la trasmissione della relativa relazione, il ###, è stato proprio l'incipit della contestazione disciplinare notificata in data ###. 
È con la relazione della ### inviata alla resistente in data ###, che questa veniva a sapere delle diverse attività extraistituzionali esercitate dal proprio dipendente, ### senza previa autorizzazione. 
Di primaria importanza appare sottolineare che dal timbro presente sopra la ### della ### di ### si può verificare anche la tempestività (contestata dal lavoratore) con cui l'azienda ha agito nei confronti del dipendente (03/08/2020), rispettando il termine di legge di 30 gg, che deve certamente partire dalla data di trasmissione della relazione da parte della ### che nel caso di specie risulta datata 23/07/2020. 
Sul punto, preme chiarire che è agli atti ed è anche confermato dal lavoratore, che la resistente comunicava al ricorrente in data ### l'avvio della procedura sanzionatoria nei suoi confronti con riferimento all'attività svolta in favore delle società ### S.r.l., ### s.p.a.  e ### S.r.l. contestando l'illecito disciplinare ai sensi dell'art. 53 comma 7 del D.lgs. n. 165/2001 e s.m.i. e con cui veniva convocato in audizione per la data del 24/09/2022. 
Quindi, solo a seguito della trasmissione della relazione della ### di ### con PEC del 03/08/2020 (conclusiva di indagini iniziate nel 2018), l'odierno resistente veniva a conoscenza dei plurimi rapporti intrattenuti dal suo lavoratore con le tre società, rapporti prima solo forse ipotizzabili dal datore di lavoro, e che, senza l'ausilio della ### di ### e senza l'accesso alla banca dati dell'### delle ### non avrebbe mai potuto scoprire. 
La relazione di cui si sta dicendo chiarisce ogni aspetto della questione ed è proveniente non dal datore di lavoro, ma da un'### dotata di fede privilegiata. 
È accertato senza dubbio che il sig. ### aveva avuto rapporti di lavoro con la ### S.r.l., una società fabbricatrice di medicinali e altri preparati farmaceutici, sui quali rapporti la Gdf ha accertato che “il lavoratore aveva ricoperto n. 3 incarichi retribuiti in assenza di preventive autorizzazioni rilasciate dall'amministrazione di appartenenza di quest'ultimo” (all. 6 documentazione relativa ai rapporti con ###. 
Dalla relazione della ### di ### si evidenziavano anche i rapporti lavorativi con la ### “per la quale il lavoratore aveva ricoperto 3 incarichi retribuiti in assenza di preventive autorizzazioni”, richiesta in un solo caso, ma non concessa, per riscontrate incompatibilità. 
Infine, con riferimento ai rapporti con la società di organizzazione di eventi, la ### della GDF faceva emergere i rapporti con la ### S.r.l., “la quale aveva conferito nell'anno 2018 n. 1 incarico retribuito al pubblico dipendente ### in assenza della preventiva autorizzazione rilasciata dall'amministrazione di appartenenza di quest'ultimo” (all. 8 documentazione relativa ai rapporti con la ###. 
Un altro documento importante e rilevante è il verbale di audizione del 05/10/2020, con cui al lavoratore veniva fornita la possibilità di chiarire la propria posizione davanti alla commissione disciplinare, assistito da un difensore di fiducia. 
Nel verbale in questione si legge che in data ###, si riuniva presso la sede ###, la ### dell'### ospedaliera ### per l'audizione del dipendente ### relativamente al procedimento disciplinare comminato con prot. n. 28507 del 03/08/2020, in cui ogni componente aveva sottoscritto l'atto digitalmente. 
Si ritiene che per tutte le motivazioni addotte e le allegazioni in atti, il provvedimento disciplinare adottato secondo l'art. 66, comma 8, del ### 21/05/2018, sfociato nella sanzione comminata nel minimo previsto di 11 giorni di sospensione (a dispetto del massimo fissato in sei mesi di sospensione) è certamente congruo e porzionato ai fatti contestati. 
Ricostruita la premessa che il ricorrente nei fatti non ha smentito, ci si riporta dunque a tutte le considerazioni in diritto già svolte e come segue riassunte per pronta lettura. 
In ordine alla dedotta nullità / inesistenza del provvedimento disciplinare per asserita mancanza di sottoscrizione del verbale del 03/12/2020 da parte della commissione. Osserva controparte che il verbale/provvedimento 03/12/2020 con cui l'UPD procedente ha ritenuto di irrogare al ricorrente la contestata sanzione risulterebbe privo della sottoscrizione da parte dell'intero collegio sia in forma autografa che in formato digitale. La deduzione avversaria è inveritiera ed infondata ed il verbale/provvedimento è invece regolarmente sottoscritto in formato digitale, essendosi riunita la commissione da remoto, durante le emergenze e restrizioni dell'epidemia ### - 19.  ### il ricorrente, il messaggio di posta certificata inoltrato in data ### tramite PEC dalla resistente al ricorrente include, infatti, un file in formato pdf avente ad oggetto: “dipendente ### CPS - infermiere. Procedimento disciplinare di cui alla contestazione di addebito prot. n. 28507 del 03/08/2020. Irrogazione sanzione” nel quale soltanto la nota di trasmissione risulta firmata digitalmente dal Presidente dell'### per i ### Nel documento citato si legge chiaramente che i componenti della commissione disciplinare, i dottori ##### hanno firmato il verbale telematicamente con il sistema ### Sulla dedotta tardività dell'avvio del procedimento disciplinare rispetto ai fatti contestati.  ### preliminare del ricorrente è sorretta da una ricostruzione confusa. Infatti, deve essere chiaro che al ricorrente non sono stati contestati fatti conosciuti dalla Dott.ssa Corsetti e riferiti alla G.D.F. nel 2018. All'epoca i fatti si potevano forse solo supporre e una supposizione non poteva sorreggere una contestazione tanto grave, come quella di aver agito in concorrenza sleale con l'azienda e in suo danno all'immagine. 
Deve essere chiaro che è stata la GdF a confermare le supposizioni e a far emergere degli ulteriori fatti a carico del ricorrente per cui la segnalazione del 2018 era solo la punta dell'iceberg di tutta la vicenda. È già chiaro quindi che la GdF solo durante l'indagine accertava i fatti contestati dalla ### con la PEC del 03/08/2020. 
La proporzionalità della sanzione rispetto alla condotta del resistente. Il range da undici giorni a sei mesi. 
Guardando ai singoli incarichi svolti si può verificare l'assenza di giustificazione, in ordine alla mancata richiesta di autorizzazione. 
Per quel che riguarda i rapporti con la ### S.r.l., la ### di ### accertava che il lavoratore aveva ricoperto per la stessa n. 3 incarichi retribuiti in assenza di preventive autorizzazioni da parte dell'amministrazione di appartenenza di quest'ultimo che si concretizzavano nella redazione di vari articoli, ma come si può verificare dal contenuto dei relativi testi, non a carattere di divulgazione scientifica, ma pubblicitario dei prodotti sanitari della società in questione. ### di ### ha anche allegato quanto verificato, appurando sia l'assenza di autorizzazioni, sia il fatto che gli articoli erano scritti “incontrovertibilmente” per fini pubblicitari, tra l'altro spendendo anche il nome della Resistente. 
Nella relazione medesima si specificano nel dettaglio gli incarichi ricoperti. 
A partire dal 03/11/2015 (e successivamente in data ### e 03/04/2018) la ### S.r.l. conferiva incarichi per attività di consulenza professionale, consistenti nella stesura di vari articoli da pubblicare su distinte riveste e/o siti internet. Per lo svolgimento di tali attività, il sig. ### non presentava alcuna domanda di autorizzazione né inviava comunicazioni all'amministrazione di appartenenza, considerando tali incarichi tra quelli ricadenti nell'ambito dell'esimente di cui all'articolo 53, comma 6, D. Lgs. n. 165/2001. Per ciascuna delle tre prestazioni effettuate, poi, la società committente erogava al sig. ### un compenso lordo di € 1.250,00, come si evince dalle varie ricevute di prestazione occasionale emesse dal medesimo dipendente pubblico (riportanti come causale consulenza professionale), nonché dalle certificazioni bancarie (distinte di pagamento) pervenute dalla ### S.r.l. (All. 6 e 7; 10 e 11; 14 e 15 relazione ###. 
Gli articoli scritti dal ### invitavano l'utenza ad acquistare i prodotti farmaceutici fabbricati dalla ### con incontrovertibile carattere pubblicitario. Alla fine degli stessi, poi, vi era l'indicazione di contattare lo stesso ### presso l'### “### Addolorata”. 
Il danno all'immagine è evidente, come anche la sleale concorrenza. È evidente altresì il carattere pubblicitario e non divulgativo dell'articolo e quindi la necessità della previa autorizzazione prevista ex lege. 
Successivamente, la GDF scopriva dei rapporti con la ### per la quale il lavoratore aveva ricoperto n. 3 incarichi retribuiti in assenza di preventive autorizzazioni, richiesta in un solo caso, ma non concessa per riscontrate incompatibilità e quindi non rilasciate dall'amministrazione di appartenenza di quest'ultimo. Guardando nello specifico alle prestazioni in questo caso effettuate dal ricorrente, dalla relazione della ### di ### è emerso che in data ### la ### conferiva a ### un incarico per l'esecuzione di un test post marketing ### consistente nella compilazione di brevi questionari sulla performance dei dispositivi medicinali, in relazione alla destinazione d'uso prevista; l'incarico veniva conferito e svolto in assenza della preventiva autorizzazione da parte dell'amministrazione di appartenenza, in violazione dell'articolo 53 commi 7 e 9 del D. Lgs. n. 165/2001 e, in data ###, la società committente erogava a ### per la sopracitata prestazione, un compenso lordo di € 400,00 come si evince dalla ricevuta di prestazione occasionale emessa in data ### dal medesimo dipendente pubblico, nonché dalla certificazione bancaria (distinta di pagamento) pervenuta dalla ### (### 20 e 21). Il test eseguito dal ### in questa occasione aveva contenuto pubblicitario in quanto funzionale a far acquistare determinati prodotti farmaceutici. 
Anche in questo caso è parso evidente il carattere pubblicitario e non divulgativo. Successivamente, in data ###, veniva conferito al sig.  ### un incarico di consulenza per la revisione clinica di materiali informativi riguardanti l'utilizzo della convessità nell'ambito urologico, avente per oggetto dispositivi medici; anche questo incarico veniva conferito e svolto in assenza della preventiva autorizzazione e anche per tale attività, in data ###, la società committente erogava, per la citata prestazione, un compenso lordo di € 1.000,00, come si evince dalla ricevuta di prestazione occasionale emessa in data ### dal medesimo dipendente pubblico, nonché dalla certificazione bancaria (distinta di pagamento) pervenuta dalla stessa ### (### 20 e 21). 
In data ###, veniva conferito a ### un incarico avente come scopo lo scambio di informazioni tra il medesimo e i dipendenti della ### per migliorare l'attività del servizio pazienti operativo online sulla piattaforma informatica della medesima società. Anche in questo caso l'attività veniva svolta in assenza della preventiva autorizzazione e per la prestazione veniva erogato al sig. ### un compenso quantificato in € 500,00, come si evince dalla ricevuta di prestazione occasionale emessa in data ### dal medesimo dipendente pubblico, nonché dalla certificazione bancaria (distinta di pagamento) pervenuta dalla stessa ### (all. 23 e 24). 
Infine, la GdF scopriva dei rapporti con la ### S.r.l., la quale aveva conferito nell'anno 2018 n. 1 incarico retribuito al pubblico dipendente ### in assenza della preventiva autorizzazione rilasciata dall'amministrazione di appartenenza di quest'ultimo e in particolare in data ###, la ### S.r.l. conferiva a ### l'incarico di relatore nell'ambito del corso ECM dal titolo “percorso clinico assistenziale della persona con stomie”, svolto a ### in data ###. Predetta iniziativa, di natura formativa, prevedeva la partecipazione di 25 corsisti (non necessariamente appartenenti a pubbliche amministrazioni) per la durata di 6 ore e prevedeva, dopo una verifica finale di apprendimento dei partecipanti, con relativo esame pratico, il conferimento di 7/8 crediti ###. Anche questo incarico veniva conferito e svolto in assenza della preventiva autorizzazione da parte dell'amministrazione di appartenenza, in violazione dell'articolo 53 commi 7 e 9 del D. Lgs. n. 165/2001 e per la citata prestazione, la committente erogava a ### un compenso lordo di € 300,00 come si evince dalla ricevuta di prestazione occasionale emessa in pari data dal medesimo dipendente pubblico, nonché dalla certificazione bancaria (distinta di pagamento) pervenuta dalla ### (### 26 e 27).  ###à retribuita di relatore è stata resa, dal ricorrente, nell'ambito di un corso a carattere formativo e non solo divulgativo, pertanto, anche in ragione delle espresse indicazioni fornite dalla ### del Consiglio dei ministri - ### della ### con circolare n. 10/98 del 16 dicembre 1998, tale attività deve essere ricondotta tra quelle per le quali il legislatore ha ritenuto necessaria la preventiva autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza. 
Tutto ciò considerato e alla luce della vigente normativa, il ricorrente ha certamente violato l'art. 53, commi 6 - 13 del D.lgs. n. 165/2001 con la conseguente legittima irrogazione della sanzione prevista dal comma 8. La predetta sanzione è stata applicata, nel caso di specie, nella sua previsione minima, con grandissimo beneficio per il lavoratore. 
Ed invero, il datore di lavoro, è stato largamente magnanimo in sede di quantificazione della sanzione medesima, perché il ricorrente è un coordinatore del personale sanitario infermieristico che lavora in azienda da diversi anni e conosce bene il confine tra prestazioni pubbliche e private. Egli aveva già ricevuto un provvedimento disciplinare nel 2017 per assenza ingiustificata dal servizio durante l'estate ed era stato coinvolto in una indagine interna perché durante il suo turno in ospedale si riscontravano spesso meno pazienti paganti il ticket di quelli che di fatto avevano ricevuto le prestazioni. 
Non solo, in relazione all'incarico offerto dalla ### s.p.a. per la quale doveva effettuare dei test post-vendita di prodotti farmaceutici in uso ai pazienti ospedalieri, aveva proceduto al lavoro extra - istituzionale sebbene avesse effettuato la richiesta, ma non avesse ricevuto l'autorizzazione da parte del datore di lavoro. 
Non da ultimo, se si ha cura di leggere ciò che il ricorrente chiama articolo di giornale ai fini formativi o scientifico - divulgativi, si può certamente riscontrare il carattere pubblicitario degli stessi, ciò che la ### di ### descrive come “incontrovertibilmente” a carattere pubblicitario. 
La questione ancora più grave è che la pubblicità, il ricorrente l'ha fatta non solo con il proprio nome, ma usando il nome della azienda e della ### così millantando e spendendo anche il nome dell'### appartenente al SSN senza alcuna autorizzazione, esponendola quindi a questioni molto più gravi di risarcimento del danno e concorrenza sleale. 
Per tutti i su esposti motivi si ritiene che la sanzione applicata sia assolutamente congrua e proporzionata ai fatti commessi, potendo applicarsi, anche per la recidiva una sanzione maggiore, che l'### ha risparmiato al lavoratore magnanimamente, tenendo in considerazione gli anni di servizio ed il lavoro svolto fino ad allora. Si consideri che si tratta di violazione della normativa in materia di incompatibilità e di cumulo di incarichi da parte del pubblico dipendente che prevede, in caso di inosservanza del divieto, tra l'altro oltre alla restituzione delle somme, l'applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento ai sensi dell'art.  1, comma 61 della L. 1996 n. 662. 
Gli incarichi conferiti al #### da parte della ### S.r.l. e di fatto consistenti in pubblicità commerciale di merce prodotta e commercializzata dalla ### in parola, non possono essere ricondotti tra quelli di cui all'art. 53, comma 6 - lett. a del D.lgs. n. 165/2001 e cioè tra le collaborazioni a giornali, riviste, enciclopedie e simili per lo svolgimento delle quali il legislatore ha escluso l'obbligo di chiedere l'autorizzazione all'### per quel che riguarda le attività prestate a favore della ### S.p.A. la natura delle stesse non può trovare collocazione tra quelle escluse dall'obbligo della preventiva autorizzazione dell'amministrazione ex art. 53, comma 6, del D. Lgs. 165/2001 e più precisamente in quelle indicate nella lettera c) e/o f-bis) del predetto comma. Si tratta infatti, di una mera attività di consulenza, avente come scopo l'istruzione e l'aggiornamento scientifico del personale della ### S.p.A., attività per la quale la specifica normativa di settore impone il rilascio dell'autorizzazione da parte della pubblica amministrazione. 
Con riferimento alla ### S.r.l. la natura dell'attività svolta dal sig. ### non può trovare, neppure in questo caso, collocazione tra quelle escluse dall'obbligo della preventiva autorizzazione dell'### ex art. 53, comma 6, del D. Lgs. 165/2001 e più precisamente in quelle indicate nella lettera c) e/o f-bis) del predetto comma. ###à formativa non è riconducibile a seminari e/o convegni, non è catalogabile come formazione diretta a dipendenti della pubblica amministrazione e non rientra nell'accezione di docenza.  ### rileva che il quadro normativo di riferimento per il caso de quo vieta lo svolgimento di incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'### di appartenenza del dipendente, tanto più se questi incarichi vengono conferiti in ragione dell'esperienza dallo stesso maturata nel rapporto di pubblico impiego. Lo stesso ### tuttavia, correttamente in applicazione del principio di proporzionalità della sanzione, indicato nell'art. 2106 c.c. ha valutato la gravità dei fatti contestati al dipendente CPS infermiere ### secondo una serie di parametri oggettivi, già adottati in fattispecie analoghe, come l'intensità della violazione del dovere di esclusività: nel caso di specie il dipendente ### ha violato l'art. 53 del D. Lgs. n. 165/2001 e s.m.i.  nel periodo 2015 - 2018 per un importo complessivo di € 6.050,00 (al netto € 4.840,00). Si tratta quindi di una condotta reiterata in un arco temporale di anni tre. Si può considerare anche il grado di intenzionalità̀ del comportamento nella commissione dei fatti contestati o la presenza di altre sanzioni disciplinari nel fascicolo personale del dipendente e nel caso di specie non risultavano sanzioni disciplinari irrogate a carico della #### nel biennio di riferimento sebbene si sia accertato successivamente che ce ne fosse una di 11 giorni prima per diverse assenze non giustificate avvenute nel periodo estivo.  ### con riferimento a quanto sopra indicato, ha tenuto correttamente conto di quanto dichiarato dal dipendente in sede di audizione, nella memoria difensiva scritta ed ha tenuto conto, altresì, dei procedimenti disciplinari in atti avviati e conclusi nei confronti di altri dipendenti per analoghe infrazioni, e per questo ha ritenuto anche magnanimamente di infliggere a carico del dipendente di cui trattasi, solamente la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per giorni 11 ### ai sensi dell'art. 66, comma 8 del ### 21/05/2018 e non quelle di maggiore intensità che pure potevano applicarsi alla fattispecie riscontrata. 
In materia di pubblico impiego e di sanzioni disciplinari conservative può essere utile ricordare una pronuncia della Corte di Appello di ### proprio in un giudizio tra l'### ed un altro dipendente che aveva prestato attività extra istituzionali senza autorizzazione e che per questo era stato sospeso per sei mesi, ex art. 66 Codice disciplinare, nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni in relazione alla gravità della mancanza.  ### quanto previsto dal codice disciplinare stesso, le sanzioni e il loro ammontare sono determinati in relazione ad una serie di criteri generali come: a) intenzionalità del comportamento, il grado di negligenza, imprudenza o imperizia dimostrate, tenuto conto anche della prevedibilità dell'evento; b) la rilevanza degli obblighi violati; c) le responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente; d) il grado di danno o di pericolo causato all'### o Ente, agli utenti o a terzi ovvero al disservizio determinatosi; e) la sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del lavoratore, ai precedenti disciplinari nell'ambito del biennio previsto dalla legge, al comportamento verso gli utenti; f) il concorso nella violazione di più lavoratori in accordo tra di loro. 
La sentenza della Corte d'Appello di ### e di cui si sta dicendo (sez. II, 27/09/2019, n. 3130) riguardava una vicenda analoga a quella in trattazione. In particolare, il dipendente aveva impugnato la sentenza del Tribunale di ### che aveva respinto il ricorso con il quale chiedeva annullarsi la sanzione disciplinare della “sospensione dall'attività lavorativa senza retribuzione per sei mesi” inflitta dall'### e la conseguente richiesta di restituzione della somma di € 44.709,00. 
La qualifica dei due lavoratori, quella dell'odierno ricorrente e quella del lavoratore di cui si sta dicendo, è la medesima ed il caso è certamente molto simile. Infatti, come nel caso di specie, anche in quel giudizio il lavoratore rilevava il mancato rispetto dei termini procedurali e decadenziali oltre che la episodicità/occasionalità delle prestazioni extraistituzionali contestate e la loro compatibilità con il servizio, nonché la presenza di autorizzazione avvenuta per silenzio assenso, oltre alla non proporzionalità della sanzione. 
In quel caso, l'azienda replicava che l'unica autorizzazione richiesta riguardava lo svolgimento di attività di consulenza professionale presso la ### estranea all'addebito; che il silenzio dell'amministrazione non poteva configurarsi come silenzio assenso; che l'attività lavorativa svolta dal ricorrente negli anni in contestazione non poteva definirsi saltuaria ed occasionale. 
Per tale caso, la Corte di Appello, aveva ritenuto proporzionata la sanzione della sospensione di sei mesi. Sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano valutato che la misura massima della sanzione irrogata era proporzionata in ragione della condotta reiterata per diversi anni e remunerata con importi elevati. Anche i termini della contestazione erano stati rispettati: l'art. 16 del Regolamento di ### del ### prevede che nel caso in cui l'U.P.D. riceva notizia di un'infrazione per la quale risulti applicabile una sanzione superiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni, si applica la stessa procedura prevista all'art. 15 ma con termini pari al doppio, e pertanto l'addebito deve essere contestato entro 40 giorni dall'avvenuta conoscenza dello stesso e il dirigente deve essere convocato con un preavviso di almeno 20 giorni per il contraddittorio. A tal proposito, la Corte di Appello ha chiarito che “il rispetto del termine dei 5 giorni dalla conoscenza del fatto, che nel caso di specie risale al 4.12.2013, è un termine endoprocedimentale, non perentorio, unicamente funzionale all'accelerazione della procedura nei casi di irregolarità più gravi (art. 55 bis D.lgs. n. 165/2001)”. 
La sanzione irrogata è contemplata dalla omologa previsione regolamentare di ### del ### non ### che all'art. 8 lett. i) applica la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino a un massimo di 6 mesi per “violazione dei doveri di comportamento non ricompresi specificamente nelle lettere precedenti, da cui sia comunque derivato grave danno all'### o ### agli utenti o a terzi”. Nel nostro caso undici giorni è il minimo applicabile, anche per questo il ### non ha motivo di dolersene, posto che non ha contestato di non aver richiesto l'autorizzazione o di non aver svolto l'attività extraistituzionale, né avrebbe potuto farlo. 
Come nel nostro caso, anche in quello al vaglio della Corte di Appello il lavoratore ha lamentato che la sanzione sarebbe stata irrogata per l'esercizio extra istituzionale di attività sottratte al regime autorizzativo, conformi a disposizioni di legge, regolamenti interni e comunicati dell'azienda, nonché svolte in modo sporadico ed occasionale. Anche in quel caso, come in quello che ci occupa, la censura è infondata, sotto vari profili. In ogni caso, la previsione contenuta in atti aziendali o regolamenti interni, che abbiano eventualmente liberalizzato l'assunzione di incarichi extraistituzionali (come la docenza, la formazione, l'espletamento di consulenze di parte, v. motivo di appello), non può certo costituire una deroga alle norme di rango superiore del D.lgs. n.165/2001, che dettano la diversa disciplina di cui ha fatto applicazione il primo giudice e che deve essere applicata anche nel caso di oggi. 
Anche oggi, come in quell'altro procedimento deve valutarsi la non occasionalità delle prestazioni rese fuori dall'azienda, circostanza agevolmente ricavabile dalla collocazione temporale delle stesse, protrattesi con continuità e lungo un considerevole arco di tempo, in taluni casi anche con sovrapposizione di attività presso i diversi soggetti terzi. 
Tale considerazione, non ha trovato specifica censura del ### essendosi limitato ad affermare di avere svolto queste attività fuori dall'orario di servizio e senza danno per la parte datoriale. 
Infine, le disposizioni del comma 8 dell'art. 66 del ### sono chiare e vanno applicate. “La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino ad un massimo di 6 mesi si applica, graduando l'entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per: a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nel comma 4; e) violazione di doveri ed obblighi di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti da cui sia, comunque, derivato grave danno all'### o Ente agli utenti o a terzi”. 
Al comma 8 si legge: “si applica la sanzione disciplinare della sospensione da 11 giorni a sei mesi per il mancato rispetto delle norme di legge contrattuali, e dei regolamenti aziendali”. Il ricorrente aveva nel biennio precedente ricevuto una sanzione della sospensione, come previsto dal comma 4 dello stesso articolo. 
Tra le altre motivazioni dedotte sinora, peraltro, il grave danno all'azienda si è concretizzato nel danno all'immagine, nella spendita del nome non autorizzata da parte dell'### in convegni e articoli pubblicitari di prodotti farmaceutici in violazione di legge in termini di concorrenza sleale, su un articolo di giornale contenente carattere pubblicitario e non scientifico. 
Tutto quanto considerato il ricorso di parte ricorrente deve essere rigettato. 
Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al ### n. 55/2014 e s.m.i.  P.Q.M.  Il Tribunale Ordinario di #### in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattese, così provvede: 1) rigetta il ricorso e, per l'effetto, accerta e dichiara che il provvedimento disciplinare contestato dal ricorrente è legittimo, congruo e proporzionato rispetto ai fatti contestati; 2) condanna parte ricorrente alla restituzione delle somme accertate come indebitamente percepite pari ad €. 6.050,00 (al netto €. 4.840,00); 3) condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in € 4.500,00, oltre a ### al 15%, IVA e #### 16/05/2023.  

Il Giudice
del #### n. 11868/2022


causa n. 11868/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Masi Pierpaolo, Mormile Paolo

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