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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 8291/2022 del 21-09-2022

... medio del 1% annuo da calcolarsi dalla data del fatto ( gennaio 2005) alla pronunzia della presente sentenza sulla somma dapprima originariamente devalutata alla data dell'illecito e poi incrementata anno per anno nominalmente fino all'importo liquidato in base ai coefficienti ### i rigetta la domanda riconvenzionale spiegata dal ### spiegata nei confronti dell'attrice; i condanna il convenuto ### al pagamento delle spese di lite in favore del procuratore dell'attrice per dichiaratone anticipo; spese che si liquidano in 796,43 per spese vive, € 2.417,5 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed Iva e Cpa se dovute come per legge; i rigetta la domanda di garanzia spiegata dal convenuto nei confronti di ### dac; i compensa le spese di lite tra ### e la ### dac; i condanna (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di NAPOLI 8 SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 3716/2017 promossa da: #### rappresentata e difesa dall'Avv. ### presso il quale elettivamente domicilia ATTORE/I contro ### rappresentata e difesa dall'Avv. ### presso il quale elettivamente domicilia CONVENUTO/I ### (C.F. ), con il patrocinio dell'avv. ### presso il quale elettivamente domicilia ### CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da verbale dell'udienza di precisazione delle conclusioni del 30/5/22 e memorie conclusionali e di replica.   Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato in data ### al dott. #### conveniva in giudizio il predetto sanitario, al fine di ottenere una pronuncia di condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, patiti in conseguenza delle lesioni subite per una prestazione medica asseritamente errata. 
In particolare, l'istante premetteva: - che, nel mese di gennaio del 2005 si recava presso lo studio dell'odontoiatra dott. ### per la risoluzione di problematiche legate all'esistenza di protesi inamovibile di due elementi in metallo ceramica a carico degli incisivi centrali superiori per paradontopatia diffusa all'arcata inferiore con mobilità del gruppo incisivo. Il sanitario, dopo avere visionato gli esami radiografici dell'istante, prospettava per il recupero estetico funzionale degli elementi interessati, un piano di trattamento consistente in 12 elementi di protesi fissa inferiore su 8 impianti osteintegrati in titanio.  - che dopo sei mesi, le veniva applicata protesi fissa all'arcata inferiore (costo € 12.000,00).  - che dopo circa due mesi dall'applicazione di detta protesi comparivano segni di recessione gengivale con comparsa di sintomatologia dolorosa che progrediva durante il primo anno.  - che nelle successive visite di controllo l'istante veniva tranquillizzata sul normale decorso degli interventi subiti; - che nei due anni seguenti alla protesizzazione si manifestava mobilità intensa del manufatto protesico ed accentuazione della sintomatologia dolorosa sia spontanea che accentuata dalla masticazione; - che nel 2007 veniva praticata all'istante estrazione di alcuni elementi dentari superiori con inserimento di 8 impianti post-estrattivi ed applicazione di protesi provvisoria ed a distanza di pochi mesi le veniva applicata protesi monoblocco di 13 elementi con comparsa immediata di recessione gengivale e mobilità preternaturale.  - che nel 2012 il dott. ### procedeva in un'unica seduta, alla rimozione manuale degli impianti inferiori, lasciando in sede ###emiarcata inferiore destra ed un impianto in regione incisiva, applicando due mini impianti in emiarcata inferiore sinistra ed una protesi mobile inferiore in resina acrilica; - che a distanza di 15 giorni dalla protesizzazione avveniva l'espulsione dell'impianto anteriore e nell'anno 2014 l'espulsione degli impianti in arcata sinistra e destra. Sempre nel 2014 gli impianti inseriti in arcata superiore andavano incontro ad espulsione spontanea; - che a seguito di tale gravissima situazione l'istante si sottoponeva a visita dai dott. ### de ### e dott. ### specialisti in medicina legale che redigevano apposita relazione medica legale; - che da tale ultimo elaborato risultava che la ### a seguito dei sopra descritti interventi aveva subito ingenti danni, ed aveva riportato lesioni di carattere permanente. 
Tanto premesso la ### chiedeva, previo accertamento della responsabilità sanitaria del dott. ### il riconoscimento dei danni subiti a seguito della malpractice sanitaria, per lo effetto chiedeva la condanna al risarcimento di tutti i danni patiti; in particolare deduceva, allegando apposita relazione medica, di avere subito un danno biologico del 17-18%, oltre ITT per gg. 20 ed una ITP pari a 30 gg. al 50% oltre ad ITP per 90 gg al 25%; richiedeva, inoltre, il riconoscimento del danno morale per importo di € 41.902,38, oltre al riconoscimento delle spese mediche sostenute e di quelle future da sostenere nella misura di € 17.990,00. Per un totale risarcitorio pari ad € 143.758,15. Il tutto con vittoria di spese di lite in favore del procuratore dichiaratosi antistatario. 
Si costituiva, in data ###, il dott. ### il quale deduceva la manifesta infondatezza della domanda in fatto e diritto. Spiegava domanda riconvenzionale, chiedendo la condanna dell'attrice al pagamento della somma di € 17.500,00 per costo di materiali e compensi non versati per l'opera professionale prestata. Chiedeva, inoltre di essere autorizzato alla chiamata in causa della compagnia assicurativa ### In via subordinata, in caso di soccombenza, chiedeva di essere manlevato dalla terza chiamata. Il tutto con vittoria di spese di lite. 
Il precedente Giudice Istruttore, con decreto 06.06.2017, autorizzava la chiamata in causa della compagnia ### e rinviava all'uopo all'udienza del 04.01.2017. 
Si costituiva, in data ###, la ### la quale nel merito chiedeva il rigetto della domanda deducendo, in via principale, l'assenza di responsabilità in capo al convenuto sanitario; in via subordinata, nella denegata ipotesi di riconoscimento di una responsabilità risarcitoria, deduceva la inoperatività della polizza. Nel caso poi, di riconoscimento di operatività della polizza stessa chiedeva di riconoscere la garanzia e l'indennizzo nei limiti e termini della polizza stessa. Il tutto con vittoria di spese di lite. 
Passando all'esame del merito della presente controversia, non essendoci eccezioni preliminari da trattare, occorre individuare i parametri giurisprudenziali di riferimento in punto di responsabilità del medico e della struttura sanitaria. 
La qualificazione in termini contrattuali della relazione qualificata sanitario - paziente fonda genera importanti ricadute in tema di onere probatorio. 
Dalla detta natura contrattuale in un recente passato conseguiva sotto il profilo dell'onere probatorio (Cass., 15 gennaio 1997, n. 364, in Foro It., 1997, I, 771) che, qualora il trattamento o l'intervento non fossero di difficile esecuzione, il mero aggravamento della situazione patologica del paziente o l'insorgenza di nuove patologie eziologicamente collegabili ad essi comportava, a mente dell'art. 1218 c.c., una presunzione semplice in ordine all'inadeguata o negligente prestazione; in conseguenza, il paziente che chiedeva il risarcimento del danno subito assolveva all'onere probatorio che gli incombeva dimostrando: a) l'aggravamento delle sue condizioni o l'insorgenza di nuove patologie; b) il rapporto causale tra le stesse ed il trattamento o l'intervento. 
Spettava, quindi, all'obbligato - sia esso il sanitario o la struttura - fornire la prova che la prestazione professionale fosse stata eseguita in modo idoneo e che quegli esiti peggiorativi fossero stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile. 
Si faceva in altre parole applicazione del principio (già affermato nel diritto anglosassone) della res ipsa loquitur inteso come evidenza circostanziale che crea una deduzione di negligenza (Cass., 22 gennaio 1999, n. 589).  ### della prova veniva quindi ripartito tra le parti nel senso che spettava al medico provare che il caso fosse di particolare difficoltà e al paziente quali fossero le modalità di esecuzione inidonee, ovvero a questi spettava provare che la prestazione fosse di facile esecuzione ed al medico che l'insuccesso non fosse dipeso da suo difetto di diligenza (Cass. 19 maggio 1999, n. 4852; Cass. 4 febbraio 1998, n. 1127; Cass. 30 maggio 1996, n. 5005; Cass. 16 febbraio 2001, n. 2335; 16 novembre 1988, n. 6220). 
I risultati sopra riassunti sono stati, però, riletti dalla più recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 28 maggio 2004, n. 10297, nonché, in senso sostanzialmente conforme, le successive Cass. 11 giugno 2004, 11488, e Cass. 29 luglio 2004, n. 14488; Cass. 23 settembre 2004, n. 19133) in coerenza con il principio enunciato in termini generali dalle ### della Suprema Corte con la sentenza 30 ottobre 2001, 13533, in tema di onere della prova dell'inadempimento e dell'inesatto adempimento. 
Con la richiamata pronunzia le ### hanno risolto un contrasto di giurisprudenza tra le sezioni semplici in tema di onere probatorio in materia contrattuale, che vedeva attestata la giurisprudenza su una distinzione basata sull'oggetto della domanda: si riteneva, cioè, che, nel caso in cui chiedesse l'esecuzione del contratto e l'adempimento delle relative obbligazioni, l'attore dovesse provare soltanto la fonte del rapporto dedotto in giudizio, ossia l'esistenza del negozio e quindi dell'obbligo che assumeva inadempiuto; mentre nel caso in cui avesse domandato la risoluzione del contratto ovvero il risarcimento del danno dovesse provare anche il fatto su cui la domanda era fondata, ossia l'inadempimento, spettando al convenuto di dare la prova della non imputabilità di esso (Cass., 9 gennaio 1997, n. 124; Cass., 24 settembre 1996, n. 8435). 
Tale orientamento, tuttavia, è stato sottoposto a rigorosa critica, osservandosi come la distinzione fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale implichi oneri probatori diversi circa l'individuazione dei fatti costitutivi della pretesa, rimanendo così irragionevole differenziare l'onere probatorio in funzione delle differenti domande che l'attore intendesse proporre in via contrattuale; e ciò anche perché il criterio della cd. vicinanza della prova, secondo cui l'onere della prova di un fatto deve essere posto a carico della parte cui esso si riferisce, impone di ritenere che l'inadempimento, che nasce e si consuma nella sfera di azione del debitore, non possa essere provato dal creditore, dovendo, viceversa, essere il debitore a provare l'inimputabilità. 
Sulla scorta di quanto innanzi il supremo giudice di nomofilachia ha statuito che il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo, costituito dall'avvenuto adempimento. 
Analogamente è stato disposto con riguardo all'inesatto adempimento, rilevandosi che al creditore istante è sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell'obbligo di diligenza, o per difformità quantitative o qualitative dei beni), gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto esatto adempimento. 
Applicando, allora, questo principio all'onere della prova nelle cause di responsabilità professionale del medico ovvero della struttura sanitaria deve ritenersi che il paziente, che agisce in giudizio deducendo l'inesatto adempimento dell'obbligazione sanitaria, deve provare il contratto ed allegare l'inadempimento del sanitario o della struttura, restando a carico del debitore l'onere di provare l'esatto adempimento. 
Più precisamente, consistendo l'obbligazione professionale in un'obbligazione di mezzi, il paziente dovrà provare l'esistenza del contratto e l'aggravamento della situazione patologica o l'insorgenza di nuove patologie per effetto della prestazione sanitaria, restando a carico del sanitario o dell'ente ospedaliero la prova che la citata prestazione sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto ed imprevedibile (così anche Cass. 4210/04, rel. Segreto, secondo cui la prova della mancanza di colpa deve essere fornita dal debitore della prestazione, per cui dell'incertezza sulla stessa se ne deve giovare il creditore; si tratta, come detto, del principio di vicinanza della prova, inteso come apprezzamento dell'effettiva possibilità per l'una o per l'altra parte di offrirla e non vi è dubbio che la prova sia vicina a chi ha eseguito la prestazione; così da ultimo Cass., 11 novembre 2005, 22894, secondo cui, appunto: in tema di responsabilità civile nell'attività medico chirurgica, il paziente che agisce in giudizio deducendo l'inesatto adempimento dell'obbligazione sanitaria deve provare il contratto e/o il contatto e allegare l'inadempimento del professionista, che consiste nell'aggravamento della situazione patologica del paziente o nell'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento, restando a carico dell'obbligato -sia esso il sanitario o la struttura la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile). 
In tale ottica mette conto all'uopo richiamare la parte motiva di Cass., 19 maggio 2004, n. 9471, rel. 
Travaglino, secondo cui si è giunti a chiedere al danneggiato soltanto la prova del nesso causale e della facilità di esecuzione dell'intervento (intervento cd. routinario), mentre la colpa, anche lieve, si presume sussistente ogni volta che venga accertato un risultato peggiorativo delle condizioni del paziente. La colpa medica giunge così a sfiorare, capovolgendo la situazione originaria di protezione speciale del professionista, una dimensione paraoggettiva della responsabilità, salva la prova di aver eseguito la propria prestazione con la dovuta diligenza, con la trasformazione dell'obbligazione del professionista da obbligazione di mezzi in obbligazione di risultato, di modo che, prosegue il S.C., il detto accertamento deve indirizzarsi: a) sulla natura facile o non facile dell'intervento del professionista; b) sul peggioramento o meno delle condizioni del paziente; c) sul nesso causale e sulla sussistenza della colpa (lieve nonché presunta, se in presenza di operazioni di routine o ben codificate, grave, se relativa ad operazione che trascende la preparazione media ovvero non sufficientemente studiata o sperimentata, con l'ulteriore limite della particolare diligenza richiesta in questo caso, e dell'elevato tasso di specializzazione nel ramo imposto al sanitario; d) sul corretto adempimento dell'onere di informazione circa gli esiti dell'intervento e sull'esistenza del conseguente consenso del paziente. 
A tale quadro ermeneutico deve aggiungersi la sentenza delle ### (11 gennaio 2008, n. 576, Presidente ###tema di nesso causale, che accoglie, quanto alla configurabilità di quest'ultimo in sede civile, la regola probatoria del ‘‘piu` probabile che non'', espressamente adottata dalla epigrafata pronuncia di cui a Cass. 16 ottobre 2007, n. 21619, accantonando definitivamente il criterio dell' 'oltre il ragionevole dubbio'' di cui alla sentenza ### delle ### penali. 
In effetti, la Cassazione, nella sua più alta composizione, reputa che il danno rilevi sotto due profili diversi: come evento lesivo e come insieme di conseguenze risarcibili, il primo dato va valutato alla stregua del criterio della causalità materiale, mentre il secondo è da vagliarsi secondo il criterio della causalità giuridica. 
Orbene, per la teoria della regolarità causale, ciascuno è responsabile soltanto delle conseguenze della sua condotta (attiva o omissiva) che appaiano sufficientemente prevedibili al momento in cui ha agito, escludendosi in tal modo la responsabilità per le conseguenze assolutamente atipiche o imprevedibili. 
E tale valutazione della prevedibilità obbiettiva deve compiersi ex ante, e va compiuta in astratto e non in concreto: non in base alla conoscenza dell'uomo medio, ma alle migliori conoscenze scientifiche del momento (poiché ‘‘non si tratta di accertare l'elemento soggettivo, ma il nesso causale''), sicché ciò che rileva non è che l'evento sia prevedibile da parte dell'agente, ma (per così dire) da parte delle regole statistiche e/o scientifiche, dalla quale prevedibilità discende da parte delle stesse un giudizio di non improbabilità dell'evento. 
Le profonde differenze morfologiche e funzionali tra accertamento dell'illecito civile e accertamento di quello penale si ripercuotono, dunque, sul diverso regime probatorio, che attiene alla fase giudiziale successiva la verificarsi del fatto dannoso: muta sostanzialmente, tra il processo penale e quello civile, la regola probatoria, in quanto nel primo vige la regola della prova ‘‘oltre il ragionevole dubbio'', nel secondo quella della preponderanza dell'evidenza, ossia del ‘‘più probabile che non''. 
Ora, Cass., n. 975 del 16 gennaio 2009 (Rv. 606129) (Presidente: ### P. #### M.) ha confermato che in tema di responsabilità civile nell'attività medico-chirurgica, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e/o del medico per l'inesatto adempimento della prestazione sanitaria, il danneggiato deve fornire la prova del contratto (o del "contatto") e dell'aggravamento della situazione patologica (o dell'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento) e del relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari, restando a carico dell'obbligato - sia esso il sanitario o la struttura - la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile; tuttavia, l'insuccesso o il parziale successo di un intervento di routine, o, comunque, con alte probabilità di esito favorevole, implica di per sé la prova dell'anzidetto nesso di causalità, giacché tale nesso, in ambito civilistico, consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio, ispirato alla regola della normalità causale, del "più probabile che non". 
In tempi ancora più recenti il Giudice di legittimità sembra avere mutato nuovamente indirizzo in termini di maggiore garanzia della posizione dei sanitari e di contraltare di maggiore rigore probatorio in capo al paziente. 
In particolare, le pronunzie più vicine in termini temporali hanno ribadito i principi enunciati dalle ### civili, ai punti 4.3 e 4.7 della parte motiva della sentenza 11 novembre 2008 n. 26973. 
Più precisamente, le sezioni ### citate hanno precisato che nell'ambito della causalità di contatto sociale, la parte lesa ha l'onere di dare la prova del rapporto sanitario, della esistenza di una prestazione sanitaria negligente e della lesione della salute, secondo un riparto di onere della prova che imputa alla parte asseritamente inadempiente la deduzione di cause giustificative di tale inadempimento, di guisa che il criterio della causalità non è quello proprio della imputazione penale secondo il criterio rigoroso della quasi certezza, ma è quello civilistico e probabilistico, già espresso dalle S.U. civili nella sentenza n. 577 del 11 gennaio 2008. 
Onere di offrire - in termini di allegazione puntuale - prova della esistenza di una prestazione sanitaria negligente ribadito anche da ultimo Cass. 19024/18 e Cass. 14/11/2017, n. 26824; Cass. 07/12/2017, n. 29315; 13/01/2016, n. 344; Cass. 20/10/2015, n. 21177; Cass. 31/07/2013, n. 18341; Cass. Sez.U. 30/10/2001, 13533; Cass. 26/07/2017, n. 18392; Cass. Sez. U. 11/01/2008, n. 577. 
Peraltro, Cass. 27855/2013 ha chiarito come nelle cause di responsabilità professionale medica, il paziente non può limitarsi ad allegare un inadempimento, quale che esso sia, ma deve dedurre l'esistenza di una inadempienza, per così dire, vestita, astrattamente efficiente, cioè, alla produzione del danno, di talché, solo quando lo sforzo probatorio dell'attore consenta di ritenere dimostrato il contratto (o contatto sociale) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia, con l'allegazione di qualificate inadempienze in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, scatterà l'onere del convenuto di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia può essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non ha avuto alcuna incidenza eziologica nella produzione del danno. 
Da ultimo i giudici di legittimità hanno chiarito come sia nei giudizi di risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale, sia in quelli di risarcimento del danno da fatto illecito, la condotta colposa del responsabile ed il nesso di causa tra questa ed il danno costituiscono l'oggetto di due accertamenti concettualmente distinti; la sussistenza della prima non dimostra, di per sè, anche la sussistenza del secondo, e viceversa; l'art. 1218 c.c., solleva infatti il paziente della obbligazione che si afferma non adempiuta dall'onere di provare la colpa del debitore inadempiente, ma non dall'onere di provare il nesso di causa tra la condotta del debitore ed il danno di cui domanda il risarcimento; è infatti onere dell'attore danneggiato, dimostrare l'esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno di cui chiede il risarcimento; tale onere va assolto dimostrando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del "più probabile che non", la causa del danno; (in tal senso, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 18392 del 26/07/2017, Rv. 645164-01 e Cass., sez. 3, 14/11/2017, (ud. 13/09/2017, dep.14/11/2017), n. 26824, da ultimo ord. n. 192014/2018). 
Questo orientamento in tema di onere della prova è stato da ultimo confermato, per cui è pacifico che spetti al paziente dimostrare la sussistenza del nesso causale tra la condotta colposa del medico ed il danno. 
Infatti, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che non comporta automaticamente il riconoscimento della responsabilità del medico agente il mancato assolvimento dell'onere di dimostrare l'esattezza della prestazione medica e l'assenza di incidenza causale dell'inadempimento della prestazione sanitaria sulla produzione dei danni subìti da un paziente, poiché è necessario accertare previamente l'ottemperamento dell'onere probatorio attoreo che consiste nel dimostrare la condotta colposa del responsabile, il nesso di causa tra quest'ultima ed il danno sofferto, elementi che pertanto costituiscono accertamenti distinti. ( Cassazione civile sez. III, 20/11/2018, n.29853 e da ultimo Cass. sent. n. 6593/19). 
Tanto premesso in diritto, può passarsi al concreto esame della fattispecie rimessa alla delibazione di questo Giudice. 
A mente di quanto in epigrafe esposto, è da esaminare l'esito dell'istruttoria. 
In particolare, si rileva come la consulenza tecnica espletata dai Dott. ### specialista in ### e ### e dott. ### specialista in ### abbia carattere di completezza argomentativa e linearità logica, tale da essere ritenuta completamente attendibile negli esiti da questo Giudice. 
In particolare, la perizia ha chiarito quanto segue: - che la ### si recava nel gennaio del 2005 presso lo studio dell'odontoiatra dott. ### per risolvere alcune precarie condizioni di salute orale, portando con sé e consegnando allo studio alcune indagini radiografiche effettuate esternamente; - che la paziente era già portatrice di una protesi fissa nell'arcata superiore, realizzata presso altro studio medico, mentre nell'arcata inferiore era presente una parodontopatia diffusa con mobilità di alcuni elementi; - che il dr. ### intraprese un piano di trattamento implantoprotesico nell'arcata inferiore che dimostrò fin dai primi mesi della sua realizzazione diverse problematiche con sintomatologia dolorosa legata ad intensi fenomeni infiammatori in corrispondenza delle mucose da cui emergevano i pilastri implantari. Lo stesso sanitario sottopose la ### ad una riabilitazione implantoprotesica parziale anche a livello dell'arcata superiore; - che nel frattempo, i fenomeni infiammatori che coinvolgevano l'arcata inferiore incrementavano con la comparsa di forte recessione gengivale in corrispondenza dell'emergenza dei monconi implantari, con la persistenza di un'intensa sintomatologia dolorosa accentuata dalla masticazione; - che tale condizione è progredita nell'arco di tre anni in una abnorme mobilità del manufatto protesico che è sfociato poi nel 2013 nel fallimento completo del trattamento tale da costringere il dr. ### a rimuovere quasi tutti gli impianti in arcata inferiore.  - che nel 2014 anche gli impianti inseriti nell'arcata superiore andarono incontro a fallimento; - che da quel momento la ### dovette rivolgersi ad altri sanitari per risolvere le sue problematiche. I trattamenti prestati si presentavano utili e necessari, seppur differibili.  - Il caso in esame è da considerarsi di facile e routinaria esecuzione non essendo connotato da carattere di straordinarietà ed eccezionalità e non implicando la risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà - i danni lamentati sono etiologicamente imputabili al mancato rispetto del sanitario resistente di quelle regole precise acquisite per comune consenso e costituenti il necessario corredo del professionista che si dedichi al settore della medicina in esame e vi è nesso etiologico tra la condotta omissiva e l'evento lesivo; - tutti i pregiudizi arrecati alla ### sono conseguenza immediate e diretta dell'errata esecuzione della prestazione professionale eseguita”; - l'esercente la professione sanitaria non si è attenuto alle buone pratiche clinico-assistenziali; - che non è ipotizzabile alcuna compromissione della capacità lavorativa; - che le cure-terapie riabilitative e gli interventi protesici-terapeutici già effettuati e ricavati dagli atti sono da ritenersi congrui e non ne sono ipotizzabili di ulteriori per il futuro.  - che sono ipotizzabili spese odontoiatriche da sostenersi in futuro pari a € 9.570,00 a titolo di saldo per i trattamenti effettuati al fine di emendare il danno patito; - che il totale delle spese mediche sostenute e documentate pari complessivamente a € 17.835,25. 
In conclusione, in base alla perizia di ufficio - che per il carattere completo ed esaustivo e per la sua chiarezza argomentativa è fatta propria da questo Giudice - si riscontrano condotte colpose di danno da addebitare al dott. ### che ha prestato la assistenza tecnico - medica alla ### Inoltre, del tutto esaustiva è la relazione peritale anche con riguardo alla risposta alle controdeduzioni formulate dal CT del convenuto dott. ### dott. ### ritenute dal Collegio peritale non condivisibili; ad essa, pertanto integralmente si rinvia (cfr. pg. 10 e ss.). 
Per l'effetto, accertato l'errore medico, il Collegio peritale ha ritenuto che nel caso in esame non si sia realizzato né un danno biologico permanente né un danno biologico temporaneo totale. Può però considerarsi realizzatosi un danno biologico temporaneo parziale al 25% per 180 giorni, ovvero il periodo necessario e sufficiente al fine di emendare il danno conseguente al fallimento protesico conseguente al mancato tempestivo trattamento della perimplantite. 
Pertanto, in applicazione della "### danno biologico per lesioni di lieve entità", aggiornata con D.M. 22 luglio 2019, in G.U. 13 agosto 2019, n. 189 e s.m. € 2.285,55 di ITP per 180 giorni al 25%. Risultano agli atti spese mediche documentate per un importo pari ad € 17.835,00, di tale importo possono essere riconosciute solo € 1.820,00 perché la restante parte (€ 16.015,00) sono state corrisposte allo stesso convenuto dott. ### per le prestazioni erogate e non sono in questa sede ###quanto difetta in atti una domanda di risoluzione e di conseguente restituzione della prestazione.   In merito si osserva come qualora il committente non abbia chiesto la risoluzione per inadempimento, ma solo il risarcimento dei danni, il professionista mantiene il diritto al corrispettivo della prestazione eseguita, in quanto la domanda risarcitoria non presuppone lo scioglimento del contratto e le ragioni del committente trovano in essa adeguata tutela" e del resto "la domanda di risoluzione del contratto non può ritenersi implicitamente contenuta nella richiesta, formulata dalla parte convenuta di condanna della controparte al risarcimento del danno" (cfr da ultimo Cassazione civile sez. I, 12/06/2020, (ud.  06/02/2020, dep. 12/06/2020), n.11348, Cassazione civile sez. III, 10/07/2018, (ud. 30/05/2018, dep.  10/07/2018), n.18086, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 6886 del 24/03/2014, Rv. 630230 - 01; ### 2 -, Ordinanza n. 29218 del 06/12/2017, Rv. 646538 - 01; ### 3, Sentenza n. 6926 del 08/05/2012, Rv.  622814 - 01; ### 2, Sentenza n. 6009 del 17/04/2012, Rv. 621959 - 01; ### 3, Sentenza n. 23820 del 24/11/2010, Rv. 614843 - 01; ### 1, Sentenza n. 23273 del 27/10/2006, Rv. 593455 - 01; ### 1, Sentenza n. 11103 del 11/06/2004, Rv. 573580 - 01; ### 2, Sentenza n. 5496 del 17/04/2002, Rv. 553773 - 01; ### 2, Sentenza n. 644 del 23/01/1999, Rv. 522577 - 01). 
Tuttavia, l'accertato inadempimento è utile a fondare il rigetto della domanda di adempimento spiegata in via riconvenzionale dal dottore. 
Letta la CTU pag. 14 sono poi riconoscibili spese odontoiatriche da sostenersi in futuro pari ad € 9570,00. 
Per l'effetto, il totale risarcitorio è pari ad € 13.675,55. 
Non si è realizzata alcuna compromissione della capacità lavorativa (cfr. CTU pag. 14) Ed infine, non può, invece, accogliersi la domanda di risarcimento di una voce di danno non patrimoniale sub specie di personalizzazione ovvero di danno morale diversa ed aggiuntiva rispetto a quella già riconosciuta nella precedente liquidazione. 
In merito si osserva come deve farsi applicazione di quanto statuito dalla Corte di Cassazione (###) nr.  26972, 26973, 26974, 26975 del 2008, cui questo Giudice aderisce con convinzione e sulla cui scorta è a ritenersi che: i palesemente non meritevoli dalla tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale, ai quali ha prestato invece tutela la giustizia di prossimità. Non vale, per dirli risarcibili, invocare diritti del tutto immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva il diritto ad essere felici. Al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo la lesione di un diritto inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità risarcitoria non patrimoniale; i al danno biologico va riconosciuta portata tendenzialmente omnicomprensiva confermata dalla definizione normativa adottata dal d. lgs. n. 209/2005, recante il ### delle assicurazioni private ("per danno biologico si intende la lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica della persona, suscettibile di valutazione medico-legale, che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito"), suscettibile di essere adottata in via generale, anche in campi diversi da quelli propri delle sede ###cui è stata dettata, avendo il legislatore recepito sul punto i risultati, ormai generalmente acquisiti e condivisi, di una lunga elaborazione dottrinale e giurisprudenziale. In esso sono quindi ricompresi i pregiudizi attinenti agli "aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato". ###à consente il ricorso alle cd. tabelle per il ristoro del danno; i è compito del Giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione. Il giudice, però, deve evitare duplicazioni e, per la liquidazione, far riferimento ad una unica voce di danno non patrimoniale inteso nei sensi descrittivi degli artt. 138, 138 codice delle assicurazioni; i in particolare, ha chiarito sotto tale profilo il supremo Giudice di nomofilachia che viene in primo luogo in considerazione, nell'ipotesi in cui l'illecito configuri reato, la sofferenza morale. 
Definitivamente accantonata la figura del ed. danno morale soggettivo, la sofferenza morale, senza ulteriori connotazioni in termini di durata, integra pregiudizio non patrimoniale. Deve tuttavia trattarsi di sofferenza soggettiva in sé considerata, non come componente di più complesso pregiudizio non patrimoniale. Ricorre il primo caso ove sia allegato il turbamento dell'animo, il dolore intimo sofferti, ad esempio, dalla persona diffamata o lesa nella identità personale, senza lamentare degenerazioni patologiche della sofferenza. Ove siano dedotte siffatte conseguenze, si rientra nell'area del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica, per sua natura intrinseca costituisce componente. Determina quindi duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale nei suindicati termini inteso, sovente liquidato in percentuale (da un terzo alla metà) del primo. Esclusa la praticabilità di tale operazione, dovrà il Giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza. 
Egualmente determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, nella sua rinnovata configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente ed unitariamente ristorato. 
Tali posizioni sono state ribadite dalla sentenza n. 21939/2017 della Corte di Cassazione, in base alla quale il Giudice deve procedere ad una adeguata personalizzazione del danno là dove si profilino aspetti che attengano a una specifica e particolare sofferenza interiore patita dalla vittima dell'illecito. 
A mente di quanto sopra va, quindi, evidenziato che nessun elemento di personalizzazione è stato offerto da parte attrice a questo Giudice per garantire, ad integrale ristoro del patito danno non patrimoniale, una somma decisamente ulteriore rispetto a quella riconosciuta a titolo di risarcimento del danno patrimoniale. 
Difatti, considerata l'entità del danno subito, valutate le conseguenze individuate dal ### queste si rilevano ‘ordinarie', cioè pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe. 
Peraltro, il Collegio peritale d'ufficio ha evidenziato che nel caso di specie non si è realizzato un danno biologico permanente per cui non è configurabile il presupposto per riconoscimento di un danno non patrimoniale aggiuntivo. 
Dal sin qui detto deriva il rigetto della domanda di risarcimento di tale voce di danno non essendo nulla convincentemente stato allegato e provato in merito in questa sede. 
Per quanto concerne la domanda riconvenzionale spiegata dal dott. ### per compensi e costi di materiali non pagati dall'attrice per le prestazioni odontoiatriche eseguite, occorre osservare preliminarmente che, da un lato non sono state prodotte né fatture comprovanti il costo dei materiali né richieste di pagamento inviate all'istante, dall'altro, l'attrice non ha però contestato specificatamente tale richiesta. 
Tuttavia, acclarata la responsabilità del sanitario nel caso de quo, letta da ultimo Cassazione n. 5440 del 2022 che chiarisce che il professionista inadempiente non ha diritto al compenso per l'opera prestata quando la prestazione sia inutiliter data, tale domanda deve essere integralmente rigettata. 
Con riferimento alla domanda di garanzia proposta dal ### nei confronti della compagnia ### dac occorre esaminare le eccezioni spiegate dalla compagnia in merito l'operatività della polizza. 
Circa l'operatività della copertura assicurativa contratta dal ### con ### dac, essa deve essere valutata in base alla polizza n. RCPODONTOCLUB/###/1/493, la cui scheda di polizza e le cui condizioni generali del contratto sono state prodotte sia dal sanitario assicurato che dalla compagnia medesima (cfr. all. 4 e 5 produzione dott ### all. 4 e 5 produzione compagnia). 
Ebbene tale polizza ha avuto decorrenza a partire dal 31.12.2015 al 31.12.2016 (cfr. scheda di polizza sopra cit.). 
Poiché la malpractice medica subita dalla ### ha inizio nel 2008 fino al 2014 sostanziandosi in più interventi effettuati dal sanitario, si impone, preliminarmente, di verificare i presupposti dell'applicazione retroattiva della polizza. ###. 19 delle condizioni generali del contratto di assicurazione prevede “l'assicurazione vale per le richieste di risarcimento pervenute all'assicurato e da lui denunciate alla ### durante il periodo di efficacia del contratto indipendentemente dalla data dell'errore o della negligenza commessa.” (cfr. condizioni di polizza pag. 9 sopra cit) e l'art 18 delle stesse condizioni, rubricato “Esclusioni” prevede che l'assicurazione non vale per le richieste di risarcimento e/o atti e/o fatti già noti all'assicurato prima dell'inizio del periodo di assicurazione (cfr. cfr. condizioni di polizza pag. 9 sopra cit) Pertanto, posto che vi è prova in atti che il ### conoscesse o avesse modo di aspettarsi la richiesta risarcitoria della ### per la malpractice medica del 2005 ( cfr raccomandate del 22.10.2014 e del 15.05.2015 , doc. n.2 produzione attorea) deve ritenersi che le condotte de quibus non siano coperte dalla garanzia dalla garanzia assicurativa. 
In conclusione, la garanzia non può ritenersi operante e, pertanto, la compagnia non è tenuta a farsi carico delle obbligazioni derivanti dalla condotta del dott. ### In ordine alle spese, si statuisce come segue. 
Per quanto concerne la domanda attorea, andrebbe applicata la terza fascia della tabella n. 2 (giudizi ordinari di cognizione davanti al Tribunale) del decreto ministeriale n. 55/2014; tuttavia, la richiesta di una somma risarcitoria enormemente superiore (di circa 10 volte) rispetto a quella effettivamente riconosciuta determina il convincimento nella scrivente della opportunità di effettuare una compensazione delle spese di lite nella misura del 50 % (cfr., Cass. n. 3438 del 2016). 
Per quanto concerne la domanda di garanzia, le spese andrebbero riconosciute in applicazione della terza fascia della tabella n. 2 (giudizi ordinari di cognizione davanti al Tribunale) del decreto ministeriale 55/2014 a carico del convenuto; tuttavia considerato che la causa veniva iscritta nel 2017 e considerati gli importanti mutamenti giurisprudenziali avutisi in materia di validità delle clausole assicurative, si dispone ex art. 92 comma 2 cpc la compensazione integrale delle spese di lite tra il convenuto dott. ### e la ### dac.  P.Q.M.  Il Tribunale di Napoli, definitivamente pronunziando nella causa promossa come in narrativa, ogni altra istanza respinta o disattesa, così provvede: i accoglie la domanda attorea nei limiti di quanto in parte motiva e per l'effetto condanna il ### a versare in favore della ### la somma di € 13.675,55; su tale somma decorrono interessi compensativi ad un tasso medio del 1% annuo da calcolarsi dalla data del fatto ( gennaio 2005) alla pronunzia della presente sentenza sulla somma dapprima originariamente devalutata alla data dell'illecito e poi incrementata anno per anno nominalmente fino all'importo liquidato in base ai coefficienti ### i rigetta la domanda riconvenzionale spiegata dal ### spiegata nei confronti dell'attrice; i condanna il convenuto ### al pagamento delle spese di lite in favore del procuratore dell'attrice per dichiaratone anticipo; spese che si liquidano in 796,43 per spese vive, € 2.417,5 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed Iva e Cpa se dovute come per legge; i rigetta la domanda di garanzia spiegata dal convenuto nei confronti di ### dac; i compensa le spese di lite tra ### e la ### dac; i condanna ### al pagamento delle spese di ### Napoli, 21/09/2022 

Il Giudice
dott.ssa ###


causa n. 3716/2017 R.G. - Giudice/firmatari: Console Francesca, Montefusco Luca

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Giudice di Pace di Firenze, Sentenza n. 1513/2024 del 17-06-2024

... a tergo dei buoni sarebbe di fatto inutiliter data. Tale argomentazione non può essere condivisa, in considerazione del fatto che la modifica legislativa richiamata dall'opponente è intervenuta precedentemente alla sottoscrizione dei buoni fruttiferi oggetto di causa, per cui, a prescindere dalla conoscibilità dei tassi e degli importi indicati nelle tabelle allegate al D.M., il dato di fatto oggettivo ed incontrovertibile consiste nell'avvenuta apposizione, a tergo dei buoni medesimi, di una tabella dei rendimenti, che, per quel che in questa sede rileva, prevedeva espressamente, per il periodo successivo al ventesimo anno, l'applicazione di un importo di £. 25.815 per ogni bimestre successivo. Dunque, ### ha offerto i buoni fruttiferi in menzione garantendo il pagamento di rendimenti (leggi tutto)...

RG 3496 / 2019 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE #### di ### di ### in persona dell'Avv. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 3496 R.G.A.C. dell'anno 2019, vertente TRA ### s.p.a., c.f. ###, p.i. ###, con sede ###, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. ### giusta procura notarile in atti, elettivamente domiciliat ###, presso la propria ### - opponente - E IOVINO Avv.  ### , nato a Napoli il ###, c.f. ###, residente ###, rappresentato da sé medesimo, ex art. 86 c.p.c., nonché, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, dall'Avv. ### nel cui studio, in #### n. 184, è elettivamente domiciliato; - opposto - Conclusioni I procuratori delle parti precisavano le rispettive conclusioni come da verbale d'udienza, da intendersi qui integralmente trascritte.
Motivazioni di fatto e di diritto La presente decisione viene emessa ai sensi del novellato art. 132, co. 2, n. 4), c.p.c., con concisa esposizione delle sole ragioni di fatto e di diritto della decisione.  ### proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 940/19 D.I., con il quale il ### di ### di ### le aveva ingiunto il pagamento della somma di €. 2.109,58, oltre oneri accessori e spese legali, in favore di ### quale somma a questi dovuta in forza di due Buoni Postali Fruttiferi trentennali della serie P, trasformati in serie Q/P, sottoscritti in data ###. Sosteneva l'opponente l'inesattezza della somma ingiunta, in quanto, per il periodo compreso tra il ventesimo ed il trentesimo anno, non sarebbe stato applicabile l'importo fisso bimestrale indicato nella tabella stampata a tergo dei buoni stessi, pari a £. 25.815, bensì la minor somma di £. 13.127, come stabilito dal D.M. del Ministero del ### del 13.6.1986. 
Trattandosi di modifica legislativa sosteneva doversi escludere l'applicabilità del principio dell'apparenza del diritto e della c.d. tutela dell'affidamento, in quanto il reale importo avrebbe potuto essere verificato con l'ordinaria diligenza. Pertanto, la somma complessivamente dovuta per i buoni fruttiferi in oggetto ammonterebbe ad €. 1.287,40, importo non liquidabile se non a seguito di presentazione del titolo allo sportello. Costituitosi in giudizio, l'opposto replicava che, in relazione all'importo fisso dovuto per il periodo in contestazione, il citato D.M. nulla avrebbe statuito oltre il ventesimo anno, prevedendo anzi, all'art. 4, che le “somme complessivamente dovute per capitale ed interessi risultano dalle tabelle riportate a tergo dei buoni medesimi”. 
Nel caso di specie, a tergo dei buoni sarebbe stata per l'appunto prevista l'applicazione di un importo fisso bimestrale pari a £. 25.815. Evidenziava, altresì, come i buoni in oggetto, riportanti sul retro le tabelle di calcolo invocate dall'opposto, fossero stati peraltro sottoscritti nel dicembre 1986, e quindi successivamente all'entrata in vigore del richiamato D.M., per cui, in ogni caso, l'espressa previsione riportata dai buoni in merito all'applicazione di un determinato importo non potrebbe essere disattesa invocando norme precedenti all'emissione dei titoli. Concessa l'esecuzione provvisoria del decreto, limitatamente alle somme non contestate (€. 1.287,48), la causa era rinviata per precisazione delle conclusioni. In tale sessione veniva trattenuta in decisione, previo deposito di memorie conclusionali.  ### è infondata.  ### ha invocato l'applicazione degli importi stabiliti dalle tabelle allegate al D.M. 13.6.1986, e nello specifico £. 13.127 per ogni bimestre successivo al ventesimo anno. 
Tali disposizioni sarebbero state conosciute, o quantomeno conoscibili, da parte del creditore, per cui la diversa indicazione contenuta nella tabella a tergo dei buoni sarebbe di fatto inutiliter data. Tale argomentazione non può essere condivisa, in considerazione del fatto che la modifica legislativa richiamata dall'opponente è intervenuta precedentemente alla sottoscrizione dei buoni fruttiferi oggetto di causa, per cui, a prescindere dalla conoscibilità dei tassi e degli importi indicati nelle tabelle allegate al D.M., il dato di fatto oggettivo ed incontrovertibile consiste nell'avvenuta apposizione, a tergo dei buoni medesimi, di una tabella dei rendimenti, che, per quel che in questa sede rileva, prevedeva espressamente, per il periodo successivo al ventesimo anno, l'applicazione di un importo di £. 25.815 per ogni bimestre successivo. 
Dunque, ### ha offerto i buoni fruttiferi in menzione garantendo il pagamento di rendimenti specificamente indicati, che oggi non vorrebbe riconoscere invocando l'applicazione delle tabelle allegate al D.M. 13.6.1986, entrato in vigore ben prima della sottoscrizione dei buoni e di cui essa stessa aveva completa contezza. A parere di chi scrive, è inappropriato il richiamo all'inapplicabilità della tutela in forza del principio dell'apparenza del diritto o dell'affidamento, in quanto tale questione, a prescindere dalla fondatezza della tesi offerta dall'opponente, si sarebbe posta nell'ipotesi in cui i buoni fossero stati sottoscritti precedentemente rispetto alla modifica legislativa e, quindi, i rendimenti fossero stati variati successivamente rispetto a quanto riportato sui buoni, ragione per cui deve ritenersi inconferente la giurisprudenza citata da ### riguardante ipotesi di interventi legislativi successivi alla sottoscrizione dei buoni. Nel caso di specie, si controverte invece della sottoscrizione di buoni avvenuta nella vigenza del richiamato D.M., per i quali ### pur nella piena consapevolezza dell'esistenza delle tabelle allegate al decreto ministeriale, ha tuttavia stampigliato sul retro dei buoni una tabella nella quale ha garantito la corresponsione, per gli anni compresi tra il ventesimo ed il trentesimo, di uno specifico importo, e cioè £. 25.815 per ogni bimestre. Sotto ulteriore profilo, non può farsi a meno di evidenziare come, lo stesso D.M., all'art. 4, abbia previsto che “le somme complessivamente dovute per capitale ed interessi risultano dalle tabelle riportate a tergo dei medesimi”, sostanzialmente attribuendo una chiara patente di legittimità ai rendimenti di fatto risultanti dalle tabelle riportate a tergo dei titoli. A nulla rileva, infine, la distinzione tra titoli di legittimazione e non di credito ovvero la precisazione che ### sarebbe mera collocatrice di titoli emessi da ### e ### circostanze che non possono certo rappresentare motivo di deroga e/o esonero rispetto agli obblighi derivanti dalla sottoscrizione dei buoni e, in particolare, dalla corresponsione dei rendimenti espressamente riconosciuti e garantiti da ### In forza delle precedenti considerazioni, ritenuta l'infondatezza dei motivi di opposizione, si impone la reiezione della domanda, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza dell'opponente e sono liquidate come in dispositivo.  P . Q . M .  “### di ### di ### ogni ulteriore istanza, deduzione ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da ### s.p.a. nei confronti di ### avente ad oggetto opposizione avverso il decreto ingiuntivo 940/2019 D.I., così provvede: a) Respinge l'opposizione e per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo opposto; b) Condanna l'opponente alla rifusione delle spese del giudizio, che liquida in €.  850,00 per compensi, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, nonché, se dovute, a C.a. ed I.v.a.”. 
Così deciso in ### li 15 giugno 2024 ### di

causa n. 3496/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Blasi Pierpaolo

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Tribunale di Frosinone, Sentenza n. 326/2022 del 25-03-2022

... luogo ad una pronuncia giudiziale inutiliter data. Di qui l'inammissibilità dell'eccezione in esame e l'assorbimento della verifica circa la sua fondatezza o meno ( in relazione all'effettiva portata della cit. sentenza di questo Tribunale 186/06 ed all'eventuale concreto seguito, o meno, che sia stato dato alle sue statuizioni ). Nel merito, il G.I. osserva che l'o.d.g. dell'assemblea condominiale del 12/7/14 recava al primo punto il seguente oggetto: “esame richiesta condomino per realizzazione di una passerella… o soluzioni alternative”. Gli odierni attori esprimevano il loro dissenso alla costruzione della passerella, anche richiamando la lettera del loro legale già depositata in prima convocazione il ###, con la quale avevano evidenziato tra l'altro che tale deliberazione avrebbe (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI FROSINONE Il Tribunale di Frosinone, nella persona del G.I. in funzione di G.U. dr. ### ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. del ruolo generale 3815/14 TRA ed , rappresenta ti e difesi dalle avv .  ### e ### giusta procura in calce all'atto di citazione ### E ( convenuta ) e ( intervenuto ), rappresentati e difesi dall'avv. ### giusta procura a mergine della comparsa di risposta e atto d'intervento del 10/2/15 CONVENUTO ED INTERVENUTO CONCLUSIONI: come da verbale di udienza del 3/12/21.  RAGIONI DELLA DECISIONE La presente causa inerisce alla domanda giudiziale proposta da ed nei confronti del con atto di citazione notificato in data ###. Gli attori hanno esposto di essere proprietari di un appartamento al primo piano nel complesso immobiliare sito in ### . I mpugnavano la deliber a dell'assemblea in seconda convocazione in data ### del convenuto nella parte in cui, a maggioranza semplice e nel dissenso di essi attori, il condomino veniva autorizzato a realizzare una passere lla esterna al fabbricato; in particolare si dolevano che l'opera, seppure volta al superamento e all'eliminazione delle barriere architettoniche nell'edificio, costituiva un'innovazione vietata ex art. 1120 c.c. in quanto arrecava pregiudizio alla sicurezza del fabbricato, ne alterava il decoro architettonico, ne modificava i prospetti e rendeva alcune parti dell'edificio condominiale inservibili all'uso e al godimento dei condomini. Sostenevano che, per come era stata posizionata sulla ### 2 porzione di corte comune tra il muro di sostegno e la (limitrofa al condominio) per arrivare a sbalzo sul balcone del la passerella provocava all'appartamento degli attori una riduzione della luminosità e della privacy, con conseguente pregiudizio e deprezzamento dell'immobile. 
Sostenevano che per un'opera di tale fattezza era mancato il quorum deliberativo in quanto, trattandosi di lesione di diritti esclusivi di singoli condomini, era necessaria l'unanimità dei voti. Concludevano chiedendo la declaratoria di nullità dell'impugnata delibera condominiale, o il suo annullamento, e la conseguente emanazione di ordine di rimozione della passerella, riservandosi di agire in separato giudizio per il risarcimento dei danni. 
Il ### e ### si costituivano unitariamente in giudizio, con comparsa di risposta e atto di intervento ex art. 105 c.p.c., resistendo all'avversa pretesa giudiziale e chiedendone la reiezione. Eccepivano il difetto di legittimazione passiva del , sostenen do che l'impugnat a delibera ineriva solo alla palazzina , trattandosi di due distinti ed autonomi ### come da sentenza di questo Tribunale 186/06. Nel merito rilevavano che la passerella era stata installata a cure e spese dal in forza dell'autorizzazione di cui all'impugnata delibera condominiale, al fine di eliminare le barriere architettoniche che ostacolavano la piena fruizione del suo appartamento in relazione alle gravi patologie di cui era affetta sua moglie nonché un suo nipote. 
Sostenevano che tale opera costituiva una mera modificazione necessaria per il miglior godimento della cosa ex art. 1102 c.c. e non già un'innovazione vietata ex art. 1120 c.c., dal momento che non arrecava alcun pregiudizio alla sicurezza del fabbricato, non ne alterava il decoro architettonico, né rendeva alcune parti dell'edificio condominiale inservibili all'uso o godimento dei condomini: per tali ragioni non era necessaria nella specie la sua adozione con l'unanimità dei condomini. Concludevano chiedendo in via preliminare dichiararsi il difetto di legittimazione passiva del , nel merito il rigetto dell'avversa domanda giudiziale e, in subordine, per l'ipotesi di suo accoglimento, l'accertamento dell'obbligo del di manlevare il convenuto in relazione a qualsiasi esborso il medesimo dovesse essere dichiarato tenuto. 
Con la memoria n. 1 gli attori hanno tra l'altro contestato l'avversa predetta eccezione di difetto di legittimazione passiva, sostenendo che la sentenza ex adverso citata si era limitata sic et simpliciter a disporre la gestione separata delle spese sulle parti comuni tra e , ma senza che siano stati creati due distinti soggetti giuridici. 
La causa è stata istruita a mezzo della documentazione rispettivamente prodotta dalle parti, di una C.T.U., dell'interrogatorio formale del leg. rapp.te del convenuto e di prove testimoniali. 
Nelle more del giudizio con decreto del Presidente del Tribunale di Frosinone del 3/10/18 il sottoscritto Giudice veniva nominato nuovo G.I. della presente causa. 
Precisate dalle parti le rispettive conclusioni all'udienza del 3/12/21, la causa veniva trattenuta per la decisione previa assegnazione alle parti di termini ex art.  190 c.p.c. di giorni 60 + 20. 
Va innanzitutto esaminata l'eccezione preliminare sollevata dal convenuto e dall'intervenuto. ### 3 ### è inammissibile, in quanto il ### stesso si è costituito nel presente giudizio auto-denominandosi “, id est esattamente con la denominazione con resente giudizio dagli attori. Viceversa l'asserito distinto soggetto giuridico denominato non risulta essere in concreto parte della presente causa ( non vi è stato convenuto, né ivi si è costituito in giudizio ), onde un eventuale accoglimento dell'eccezione in oggetto darebbe luogo ad una pronuncia giudiziale inutiliter data. Di qui l'inammissibilità dell'eccezione in esame e l'assorbimento della verifica circa la sua fondatezza o meno ( in relazione all'effettiva portata della cit. sentenza di questo Tribunale 186/06 ed all'eventuale concreto seguito, o meno, che sia stato dato alle sue statuizioni ). 
Nel merito, il G.I. osserva che l'o.d.g. dell'assemblea condominiale del 12/7/14 recava al primo punto il seguente oggetto: “esame richiesta condomino per realizzazione di una passerella… o soluzioni alternative”. Gli odierni attori esprimevano il loro dissenso alla costruzione della passerella, anche richiamando la lettera del loro legale già depositata in prima convocazione il ###, con la quale avevano evidenziato tra l'altro che tale deliberazione avrebbe dovuto essere presa all'unanimità. Nonostante la predetta opposizione il approvava a maggioranza semplice “la realizzazione della passerella di cui all'o.d.g.”, riportando espressamente la volontà del ### di manlevare e tenere indenne il da qua lsiasi responsabilità economica e giuri dica derivante dalla possibile impugnazione della delibera. 
Gli attori in data ### presentavano domanda di mediazione, nonostante la quale nel settembre 2014 il provvedeva a sue cure e spese all'installazione della passerella. 
Ciò posto, il Giudice rammenta che, per giurisprudenza pacifica, “deve ritenersi la nullità della delibera di installazione dell'impianto di ascensore adottata nell'interesse comune, se da essa consegua la violazione dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva” ( così 12930 del 24/7/12; cfr. anche, da ultimo, Cass. 23076 del 26/9/18 ). 
In primo luogo occorre osservare come la giurisprudenza sull'applicabilità dell'art.  1120 c.c. relativamente all'installazione di manufatti volti all'abbattimento delle barriere architettoniche ha sancito il principio in virtù del quale sia gli interventi deliberati dall'assemblea ai sensi dell'art. 1120 c.c., sia peraltro quelli posti in essere dal singolo condomino ai sensi dell'art. 1102 c.c., incontrano il medesimo limite dettato da norma imperativa: il divieto di incidere negativamente sui diritti individuali dei singoli condomini, oppure di ledere il decoro architettonico del fabbricato, oppure infine di provocare pregiudizio alla sua stabilità o sicurezza. 
Se, invero, l'innovazione sia lesiva di uno qualsiasi dei predetti limiti, ed indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative, la stessa sarà vietata ai sensi dell'art. 1120 c.c., co. 4, in quanto le innovazioni dirette ad eliminare le barriere architettoniche non derogano all'art. 1120 c.c. ma soltanto alla maggioranza richiesta dall'art. 1136 c.c. ( cfr., in particolare, 23076 del 26/9/18, emessa in relazione ad una fattispecie nella quale è stata ritenuta la nullità della delibera condominiale perché ne era seguita la realizzazione “nella comune corte interna dell'edificio, [ di ] un ascensore che aveva ridotto la luce e l'aria dell'appartamento, posto al piano terra, della ricorrente e impedito a quest'ultima l'uso di una porzione rilevante della stessa corte” ). ### di una struttura fissa, qual è nel caso di specie la passerella oggetto di causa, realizzata per il superamento di barriere architettoniche incontra invero il limite di cui all'art. 1120, co. 4, c.c., e ciò ai sensi dell'art. 2, commi 1 e 2, L. 13/89 nella formulazione vigente al momento ### 4 dell'approvazione della delibera oggetto di causa: per il generale principio di irretroattività delle norme di legge, derogabile soltanto in forza di diversa specifica disposizione nella norma stessa, non sono applicabili alla fattispecie oggetto del presente giudizio le modifiche introdotte dalla L. 120/20, invocate in comparsa conclusionale dai convenuti, in quanto appunto non contenenti alcuna clausola di retroattività ( e dunque assorbito il rilievo per un verso della permanente sussistenza del richiamo al limite del “pregiudizio alla … sicurezza del fabbricato”, per altro verso della dubbia costituzionalità dell'eliminazione - apparente, e laddove non frutto di svista legislativa - del richiamo al limite della lesione dei diritti individuali dei singoli condomini ). 
Nella specie l'installazione della passerella in ferro ha violato l'art. 1120, co. 4, c.c. sotto vari e plurimi profili, ciascuno di per sé solo sufficiente a determinare la nullità della delibera: 1) è stato alterato “il decoro architettonico del fabbricato”, stante il forte e negativo impatto visivo della passerella rispetto alle linee di sviluppo del fabbricato, come desumibile ex se dall'esame delle fotografie in atti e dalle condivisibili valutazioni in proposito formulate dal C.T.U. ( “…altera le linee architettoniche e si riflette negativamente sull'aspetto armonico della palazzina condominiale, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l'edificio”: bozza di relazione peritale, pag. 6 ), il quale ha anche evidenziato - con valutazione condivisa dal G.I. - “che il già compromesso aspetto architettonico della palazzina non giustifica la realizzazione di ulteriori opere peggiorative” ( relazione peritale definitiva, pag. 4 ); 2) sussistenza di pericolo di “pregiudizio alla sicurezza dell'edificio”, in ragione della realizzazione della passerella senza le prescritte autorizzazioni relative alla normativa antisismica ( cfr. relazione peritale definitiva, pag. 3 ); 3) lesione del diritto di proprietà individuale degli attori in relazione all'appartamento di loro proprietà, in ragione della derivatane riduzione della luminosità del vano cucina del loro appartamento come desumibile in via immediata dall'esame delle fotografie in atti nonché come risulta dalla valutazione in proposito svolta dal C.T.U. ( I relazione, pag. 11, confermata nella relazione definitiva ) e dalla testimonianza resa da ( sorella dell'attrice e cognata dell'attore, e nondimeno da ritenersi attendibile in difetto di qualsivoglia elemento di prova che possa indurre a ritenere la falsità della sua testimonianza ), qui aggiungendosi - seppure del tutto ad abundantiam - che l'esame delle fotografie rende palese anche la diminuzione dell'aria e della visuale di cui prima godeva la cucina dell'appartamento degli attori. 
La questione della sussistenza o meno di alternative all'installazione della passerella per l'eliminazione delle barriere architettoniche in questione, pure molto discussa tra le parti nel presente giudizio, è del tutto irrilevante ai fini del decidere, in quanto anche nell'ipotesi in cui non sussistessero ipotesi alternative ciò comunque non avrebbe legittimato la realizzazione di un'opera in violazione della norma imperativa di cui all'art. 1120, co. 4, c.c. ( e dunque assorbito il rilievo che è pacifico inter partes che una soluzione alternativa vi era, avendo l'intervenuto ### qui argomentato sic et simpliciter in ordine al suo eccessivo costo ). 
In conclusione va dichiarata la nullità della delibera condominiale nella parte qui impugnata e per l'effetto va ordinata al convenuto ed all'intervenuto - in solido tra loro - la rimozione della passerella in ferro realizzata da quest'ultimo, con il conseguente ripristino dello stato dei luoghi ex ante. 
Nei rapporti interni tra il convenuto ed il va dichiarata come in dispositivo la manleva del primo da parte del secondo, giusta esplicita e congiunta domanda giudiziale svolta in proposito dai medesimi. ### 5 La regolamentazione delle spese di lite avviene infine con applicazione del principio di soccombenza della lite e pertanto il convenuto ed il vanno condannati in solido a rifondere agli a ttori le spese di lit e, liquidate come in dispositivo e da distrarsi in favore dei loro due difensori ( dichiaratisi antistatari ). Parimenti è da dirsi per le spese di c.t.u., poste in corso di causa a provvisorio carico degli attori. Anche in relazione alle predette complessive spese giudiziali va dichiarata la predetta manleva del da parte del P.Q.M.  Il Tribunale di Frosinone, definitivamente pronunciando sulla causa proposta da ed nei confronti del con atto di citazione notificato in data ###, con l'intervento di effettuato con la comparsa del 10/2/15, così provvede: a) dichiara l'inammissibilità dell'eccezione convenuta di difetto di legittimazione passiva del ; b) accerta e dichiara la nullità della delibera emessa dal in data ### nella par te in cui ha autorizzato alla realizzazione della passerella in ferro, e per l'effetto ordina all'intervenuto ed al ### convenuto, in solido tra loro, la rimozione della passerella; c) condanna e il in solido tra loro, a rifondere agli attori le spese di lite, che liquida in € 545 per anticipazioni ed € 7.500 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie 15 % ed oltre I.V.A. e C.A. come per legge, ordinandone il pagamento diretto a mani delle avv. ### e ### nella loro qualità di difensori antistatarie degli attori; d) pone le spese di C.T.U., come liquidate con decreto G.I. del 19/4/19, a carico solidale di e del e) dichiara che è obbligato a manlevare e tenere indenne il in relazione a lle statuizioni contenute nei capi b), c) e d) della presente sentenza. 
Così deciso in ### il ###.   Il G.I.   ( dr ### ) ### 

causa n. 3815/2014 R.G. - Giudice/firmatari: N.D.

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Tribunale di Latina, Sentenza n. 222/2022 del 03-02-2022

... depositava note di trattazione in data 27 gennaio 2021 e parte convenuta in data 27 gennaio 2021 atti da intendersi in questa sede ###prosieguo riassunti. PREMESSO IN FATTO Con atto di citazione in data 28 febbraio 2017 e convenivano in giudizio il deducendo: a) di essere proprietari di due immobili all'interno del , sito in ### alla In particolare, il sig. è proprietario dell'appartamento sito al piano , i nterno n .4, c on sovrastante locale sottotetto al terzo piano, comprensivo di ogni ulteriore diritto, il tutto pari a millesimi mentre, il sig. è proprietario, dell'appartamento sito al piano , interno n.6, con sovrastante locale sottotetto al piano, comprensivo di ogni ulteriore diritto, il tutto pari a m illesimi; b) che con comunicazioni inviate a mezzo P.E.C., in data ###, (leggi tutto)...

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Latina SEZIONE II CIVILE in persona del giudice dott. ### ha emesso la seguente SENTENZA ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. nella causa civile di primo grado iscritta al 1516/2017 del R.G.A.C., decisa nell'udienza del 3 febbraio 2022 e vertente TRA - e rappresentati e difesi dall'avv. ### per delega a margine dell'atto di citazione; ### E - ( rappresento e difeso dall'avv. ### per delega a margine della comparsa di costituzione; ### OGGETTO: impugnazione delibera assembleare. ### P. ### CONCLUSIONI Per l'odierna udienza di discussione a trattazione scritta parte attrice depositava note di trattazione in data 27 gennaio 2021 e parte convenuta in data 27 gennaio 2021 atti da intendersi in questa sede ###prosieguo riassunti. 
PREMESSO IN FATTO Con atto di citazione in data 28 febbraio 2017 e convenivano in giudizio il deducendo: a) di essere proprietari di due immobili all'interno del , sito in ### alla In particolare, il sig. è proprietario dell'appartamento sito al piano , i nterno n .4, c on sovrastante locale sottotetto al terzo piano, comprensivo di ogni ulteriore diritto, il tutto pari a millesimi mentre, il sig. è proprietario, dell'appartamento sito al piano , interno n.6, con sovrastante locale sottotetto al piano, comprensivo di ogni ulteriore diritto, il tutto pari a m illesimi; b) che con comunicazioni inviate a mezzo P.E.C., in data ###, l'amministratore convocava, per la quarta volta, presso il proprio studio in ### per l'08/01/2017 alle ore 23,45 e per il ### alle ore 19,00, l'assemblea condominiale, per il deliberare al punto n.02, il seguente: “ … ORDINE DEL GIORNO 1) … [omissis]… . 2) Analisi ed approvazione per l'istallazione, all'interno della corte condominiale, di una piattaforma elevatrice automatica, da parte del condomino per garantire l'accessibilità al suo studio odontoiatrico da parte di pazienti diversamente abili, con ridotta o impedita capacità motoria come previsto dalla L.n.13 del 09/01/1989 e dal D.M. 236/89. NB. I condomini interessati possono visionare, presso lo studio dell'amministratore, il nuovo progetto con tutta la documentazione di tale opera, così come depositata dal condomino ol tre ch e p oter visionare la richiesta di conciliazione.”; c) che l'ordine del giorno inserito nell'avviso di convocazione era incompleto ed insufficiente, tanto è vero che, non solo non è stato considerato che le opere ### coinvolgono la proprietà di una parte comune, oggetto di transito e di un utilizzo condominiale anche carrabile, trascurando le conseguenze relative : 1.  alle responsabilità per eventuali danni; 2. al vigente contratto di assicurazione R.C.; 3. ed alle tabelle millesimali; - ma non è stato neanche considerato che l'intervento in questione, comporta: 1. una diminuzione della sicurezza verso l'immobile del 2. u na violaz ione de lle distanze legali relative alle vedute obblique, rispetto all'immobile del 3. un aumento dei balconi del 4. una modifica del muro maestro; 5. una modifica del solaio; 6. una modifica della facciata; 7. una modifica del cortile in base alla misura della fossa dell'impianto; 8. una divisione di una parte comune dell'edificio; 9. una innovazione che altera il decoro architettonico dell'edificio: 10. una inservibilità all'uso o al godimento dei condomini del cortile comune, non solo della parte direttamente occupata dalla piattaforma per circa ml x ml , ma anche di quella parte del cortile che, retrostante alla piattaforma, sarebbe irraggiungibile per la diminuzione della larghezza del cortile, ridotta da ml, ad appena ml.  1,50; d) che i condomini, e , erano assenti sia all'assemblea dell'08/01/2017 che a quella del 10/01/2017; e) che, in data ### ed in data ###, a mezzo P.E.C., veniva notificato il verbale di approvazione dell'assemblea condominiale; f) che con detto verbale, l'assemblea, relativamente al secondo punto all'ordine del giorno, ha deliberato, con la maggioranza prescritta dall'art.1136 c.c., di approvarlo “ ... all'unanimità di voto dai condomini presenti.”, dopo che, il Presidente dando atto della presenza di alcuni dei proprietari costituenti il condominio e della seguente situazione millesimale : “ - … Int.1 ### …. [millesimi] 118,023 - … ###2 …. [millesimi] 118,023 - … ###3 …. [millesimi] 118,023 - … ###5 …. [millesimi] 122,860 - … ###7 …. [ millesimi] 103,220 - … ###8 …. [millesimi] 103,220 - … Int.9 …. [millesimi] 103,220 “, ha constatato la validità e la regolare costituzione dell'assemblea condominiale, verbalizzando che il “totale proprietari convocati: 5 (9 unità immobiliari), ### proprietari presenti: 3 (7 unità immobiliari) di cui personalmente: 1 (3 unità immobiliari), di cui per delega:2 (4 unità immobiliari). Situazione millesimi per validità assemblea: - ####A/Generale, totali 1000,000, presenti 786,589, presenti il 78,66% dei millesimi e il 60,00% dei proprietari.” e che “ risultando un numero di presenze corrispondente ad un valore millesimale tale come disposto dall'art.1136 del C.C., per la validità delle deliberazioni degli argomenti da trattarsi posti all'ordine del giorno, il Presidente dichiara regolarmente costituita l'### per deliberare e quindi aprire la discussione sul sopracitato ordine del giorno.”; g) che avviato dagli attori, in data ###, presso l'### di ### C.R.I.S.I. di ### il procedimento di mediazione n.13/2017, questo si concludeva in data ###, con esito negativo [#### N.3]; h) che la delibera, relativamente all'approvazione del punto n.2 dell'Ordine del ### è illegittima, nulla ed annullabile per violazione degli articoli 1117, 1118, 1119 e 1120, tutti del Codice Civile. Infatti, poiché in base all'art. 1117 del C.C., sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, quali il suolo, i muri maestri, l'ingresso, i cortili, le facciate e le aree destinate a parcheggio; secondo l'art.68 delle d.a.c.c. il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi; ex articolo 1118 c.c., il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, è proporzionale a detto valore dell'unità immobiliare che gli appartiene; ed ancora, per gli articoli 1119 e 1120 c.c., le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che non vi sia il consenso di tutti i partecipanti del condominio e sono vietate quelle innovazioni che alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni inservibili all'uso o al godimento anche di uno solo dei condomini, è indiscutibile che la impugnata delibera, relativamente all'oggetto di cui punto n.2 dell'ordine del giorno, sia in merito alla regolarità della costituzione dell'assemblea che all'approvazione della stessa, poiché deliberata, in virtù della maggioranza prescritta dall'art.1136 c.c., con un numero di voti dei condomini presenti che rappresentano un valore delle unità immobiliari di 786,589 millesimi, pari al 78,66% dei millesimi ed il 60,00% dei proprietari, è illegittima ed invalida, non solo perché doveva essere approvata all'unanimità con il consenso di tutti i condomini non solo presenti, ma anche perché, tenuto conto, in via analogica, delle disposizioni dettate dall'art.1117 ter C.C. in merito alle modalità ed ai termini di affissione e di invio della raccomandata della convocazione, non poteva essere approvata in base ad un avviso di convocazione, comunicato con le modalità ed i termini dettati dall'art.66 delle d.a.c.c..  i) la delibera, relativamente all'oggetto di cui al punto n.2 dell'ordine del giorno, è illegittima ed invalida, anche per la errata determinazione, ex art.1123 c.c., circa la regolare costituzione dell'assemblea, essendo stati considerati, nel caso di specie, i millesimi relativi alla ###A/Generale, anziché quelli relativi alla ###C/Generale parziale. Pertanto, nella determinazione della situazione millesimale necessaria alla validità dell'assemblea non doveva essere considerato né il condomino né la quota della sua proprietà, in quanto quest'ultimo è estraneo a quella parte comune del cortile e/o dell'ingresso e/o dell'area destinata a parcheggio, sulla quale si è deliberata l'esecuzione delle opere di cui al punto n.2 dell'ordine del giorno. Vero è che il quorum che doveva essere considerato per la validità dell'assemblea era quello relativo alla somma dei valori millesimali attinenti alle sole proprietà dei condomini per 131,000, per 171,000, per 513,000 (171,000 x 3) e per 178,000, il cui risultato, in funzione della corretta situazione proprietaria e millesimale così rappresentata: 131,###,###,###,###,###,000 sarebbe stato il seguente: - proprietari presenti: 2 (6 unità immobiliari) - ###C/Generale parziale = 1000,00 millesimi, pari al 100 % - presenti 691,000 millesimi, pari al 69,10 %. Quindi, la delibera assembleare è illegittima ed invalida perché adottata sulla base di una errata rappresentazione millesimale della proprietà e con il contributo di soggetti che non potevano votare il punto n.2 dell'O.d.G. ; j) la delibera viola anche il principio di corretta e preventiva informazione dei condomini previsto dagli articoli 1105 del C.C. e 66 delle d.a.c.c.. Poiché dal comma 3 dell'articolo 1105 C.C., secondo cui i partecipanti devono essere stati preventivamente informati dell'oggetto della deliberazione e dall'art.66 delle d.a.c.c., secondo cui l'avviso di convocazione deve contenere specifica indicazione dell'ordine del giorno, è ricavabile il principio, a pena di annullabilità, dell'obbligo di preventiva informazione dei condomini, circa la completezza del contenuto degli argomenti posti all'ordine del giorno dell'assemblea, tenuto conto che, nella specie, non sono state fornite le ### informazioni relative alle responsabilità per eventuali danni, al vigente contratto di assicurazione R.C., alle tabelle millesimali, alla diminuzione della sicurezza verso l'immobile del al la v iolazione delle distanze legali relative alle vedute obblique, rispetto all'immobile del all'aumento de balconi del alla modifica del muro maestro, alla modifica del solaio, alla modifica della facciata, alla modifica del cortile in base alla misura della fossa dell'impianto, alla diversa disciplina della piattaforma elevatrice rispetto all'ascensore, alla divisione di una parte comune dell'edificio, all'alterazione del decoro architettonico dell'edificio ed alla quasi totale inservibilità all'uso o al godimento dei condomini del cortile comune, è indiscutibile che la delibera impugnata, al punto n.2 dell'O.d.G., è illegittima ed invalida anche per la incompleta e per la insufficiente preventiva informazione dei condomini circa il contenuto dell'Ordine del ### IV° k) le innovazioni che le addizioni, ai sensi degli articoli 1120 e 1122 c.c., se pregiudicano il decoro architettonico dell'edificio, sono sempre e, comunque, vietate anche se realizzate nell'unità immobiliare di proprietà del condomino, ovvero, pure se realizzate nella parte comune, anche se a ### attribuita in proprietà esclusiva, nella specie, si osserva quanto segue. La delibera viola l'art.1117 ter c.c., il quale prevede che l'assemblea può modificare la destinazione d'uso delle parti comuni esclusivamente per soddisfare le esigenze di interesse condominiale purché la convocazione dell'assemblea venga affissa per non meno di trenta giorni consecutivi prima della data della stessa, la raccomandata pervenga ai condomini almeno venti giorni prima di detta convocazione ed il verbale dell'assemblea contenga l'espressa dichiarazione di aver compiutamente eseguito detti adempimenti. Inoltre, giova sottolineare che l'assemblea così validamente convocata e costituita ex art.1117 ter c.c., deve deliberare con una maggioranza che sia pari ad un numero di voti che rappresentino almeno i quattro quinti dei partecipanti al ed i quattro quinti del valore dell'edificio. Quindi, nel caso di specie, la delibera è illegittima ed invalida, sia perché l'intervento in questione rientra in quelle modificazioni che alterano il decoro architettonico, espressamente vietate sia dall'art.1117 ter c.c. che dagli articoli 1120 e 1122 del C.C., sia perché, pur volendo considerare l'ipotesi della modifica della destinazione d'uso della parte comune, non solo è inesistente la finalità di interesse condominiale, ma ### risultano ripetutamente violate anche le disposizioni relative alla regolare convocazione, costituzione, approvazione e validità della deliberazione.  l) infine, poiché l'art. 3 della L.13/1989, rinvia al rispetto della distanza prescritta dall'art.907 c.c. per le vedute obblique, occorre contestare che l'opera, oggetto della impugnata delibera, viola anche la prescritta distanza legale di tre metri rispetto alla linea sotto la soglia, della finestra del Per quanto sopra esposto, gli attori concludevano: 1) dichiarare nulla, annullare e comunque di nessun effetto giuridico, relativamente al punto n.2 dell'ordine del giorno, la delibera dell'assemblea del d ell'08/01/2017 e del 10/01/2017, approvata nella seconda convocazione del 10/01/2017, notificata a mezzo PEC il ### al ed il ### al , impugnata e/o di qualsiasi altro atto che sia o possa considerarsi antecedente, presupposto, connesso, consequenziale e successivo ad esso e descritto in premessa, compreso la relativa convocazione notificata a mezzo PEC il ###, per i motivi tutti sopra riportati.  2) vittoria di spese, diritti ed onorari di causa, disponendo ai sensi dell'art.93 cpc la distrazione in favore del sottoscritto procuratore, antistatario. 
Si costituiva con comparsa depositata il 7 luglio 2017 il convenuto deducendo: a) i lavori per l'installazione nella corte condominiale di una piattaforma elevatrice automatica richiesti dal condomino titolare di uno studio odontoiatrico erano necessari e urgenti per garantire l'accesso al predetto studio ai pazienti diversamente abili alcuni dei quali ne avevano fatto espressa richiesta allegata dall'amministratore al progetto sottoposto all'assemblea; b) non vi era altra possibilità di installare la piattaforma poiché nel sottoscala non c'era spazio sufficiente e la scala è larga soltanto ml. 1.10; c) è stata fatta applicazione dell'art. 1120 codice civile e della legge n. 13 del 9 gennaio 1989 in materia di eliminazione delle barriere architettoniche da approvare con la maggioranza prevista dall'art. 1136 comma secondo codice civile; ### d) l'opera non rientra tra quelle vietate dall'art. 1120 c.c. perché non altera il decoro architettonico e non rende la corte condominiale inservibile all'uso o al godimento anche di uno solo dei condomini; e) il cortile rimane integro nella sua funzionalità e anche la parte retrostante alla piattaforma resta facilmente raggiungibile e utilizzabile dai condomini poiché la larghezza residua del cortile è di ml e non di ml come sostenuto dagli attori; f) non impedisce il transito pedonale a carrabile perché il cancello misura circa ml 2 mentre lo spazio residuo rimane ; g) il richiamo all'art. 1119 codice civile, che riguarda l'indivisibilità, per sostenere che la delibera andava approvata all'unanimità è errato poiché nessuna divisione del cortile viene effettuata né è stata richiesta all'assemblea; h) la delibera è pertanto legittima poiché l'art. 1136 comma secondo codice civile prevede un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio e la delibera è stata approvata da tutti i condomini presenti , e per un totale parti al 78,66 dei millesimi; i) risulta errato anche il riferimento all'art. 1117 ter c.c. poiché non viene in alcun modo modificata la destinazione d'uso della corte condominiale e pertanto non doveva essere adottata la procedura aggravata di convocazione prevista da detta disposizione; j) risulta errato anche il richiamo all'art. 1123 codice civile poiché i costi dell'opera sono stati posti a carico del solo ; k) i millesimi dei partecipanti all'assemblea sono stati correttamente considerati poiché il condomino è proprietario di tutti i magazzini del piano terra ed è pertanto comproprietario delle parti comuni e la piattaforma interessa direttamente il muro maestro di uno dei magazzini poiché il montacarichi si appoggia al detto muro maestro; l) gli attori si contraddicono perché prima affermano che l'opera comporta una modifica del muro maestro e poi sostengono che il proprietario di quel muro maestro non poteva partecipare all'assemblea; m) inoltre, il , è comproprietario anche del solaio e ne può usufruire e ciò comporta che per accedervi possa utilizzare le scale e il cortile comune; ****** ********* ### n) non sussiste violazione degli articoli 1105 e 66 disp. att. codice civile poiché i condomini sono stati correttamente informati dell'oggetto della deliberazione poiché nell'avviso di convocazione dell'assemblea è stato indicato con precisione l'argomento da trattare; o) non sussiste la violazione dell'art. 1117 ter c.c. perché i lavori approvati non comportano alcuna modifica della destinazione d'uso del cortile, il cortile r imane tale e quale senza essere trasformato in giardino e la funzionalità e l'utilizzo di questo spazio non subisce modifiche sicché ogni condomino potrà farne l'uso che ne faceva prima. La corte misura mq e la piattaforma ne occupa , lo spazio si riduce da , e non come indicato dagli attori, consentendo l'accesso di un veicolo anche nella parte retrostante poiché l'opera misura x e non x 3,30; p) il cortile non ha mai avuto un utilizzo carrabile, al cancello dal quale si accede non c'è uno scivolo ma un gradino di 15 centimetri e inoltre vi è un cartello di divieto di introdurre i motorini e, a maggior ragione, le autovetture; q) non vi è alcun pregiudizio del decoro architettonico poiché la piattaforma non si trova sul fronte strada ma interessa una parte interna e poco visibile del palazzo che non è ubicato nel centro storico o in zona soggetta a vincoli e non è un palazzo d'epoca e il design è pensato per armonizzarsi con il contesto ed attribuirgli maggior valore; r) non sussiste violazione della legge 13/89 e dell'art. 907 c.c. poiché tra la finestra dell'attore e la piattaforma rimane una distanza superiore ai tre metri ed inoltre l'art. 907 c.c. non trova applicazione al caso in esame poiché l'art. 3 della legge 13/89 stabilisce che le modifiche dirette ad eliminare le barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze di cui agli artt. 873 e 907 c.c. ; s) risulta infondato l'ulteriore rilievo di parte attrice circa i possibili danni a terzi poiché la piattaforma sarà munita di assicurazione per la responsabilità civile che copre danni a persone e cose a carico del condomino t) l'opera infine non comporta alcuna diminuzione della sicurezza dell'immobile di non avendo alcun rapporto con detto immobile, non determina alcun aumento dei balconi del ed anzi il balcone dove poggia verrà ridotto di mq. .  ### convenuta concludeva pertanto chiedendo il rigetto della domanda. ### Con la memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c. primo termine del 20 ottobre 2017 parte attrice deduceva: a) il riferimento all'urgenza è inconferente visto che, nella specie, non solo le opere non riguardano lavori condominiali ad oggetto beni comuni, ma non ricorre neanche la necessità immediata ed impellente (### Cass. Civ. 2046/2006) e/o il pericolo di danno (### Cass. Civ. 20151/2013); b) la soluzione di installare un servoscala proposta dagli attori, ne consente il montaggio su scale con una larghezza minima di appena 89 cm. Peraltro, tale soluzione, non solo, in base ai punti 4.1.13 e 8.1.13 del D.M. 236/89 è, insieme alla piattaforma elevatrice, una soluzione alternativa all'ascensore, ma la stessa risolve anche le esigenze dell'intero condominio; c) contrariamente a quanto dedotto ex adverso, il riferimento al miglioramento ed all'uso più comodo delle cose comuni, non consente, in ogni caso, quelle innovazioni che, rendendo alcune parti comuni inservibili all'uso o al godimento anche di uno solo dei condomini, rende illegittime quelle assegnazioni di parte di beni comuni che fatte in via esclusiva e per un tempo indefinito, al singolo condomino, determinano una limitazione dell'uso e del godimento che gli altri condomini hanno diritto di esercitare sul bene comune destinato alla fruizione collettiva (### Cass. Civ. Sez.II 27/05/2016 n.11034). 
Inoltre, nel caso di specie l'art.1120 c.c. risulta violato anche laddove, prescrivendo che la richiesta dell'intervento presentata dal condomino deve contenere l'indicazione specifica dell'intervento e delle relative modalità di esecuzione, l'amministratore, non ha invitato il condomino proponente, a fornire le necessarie integrazioni, visto che, quest'ultimo, si è limitato a depositare, senza alcuna documentazione tecnica dell'ascensore, una semplice planimetria con una sola foto. Peraltro, l'amministratore, non ha neanche considerato che i documenti allegati, non rappresentavano fedelmente l'intervento in questione; d) il convenuto ha omesso di riportare sia l'effettiva misura degli spazi del cortile occupati dalla struttura, sia che le relative opere invadono l'impianto dello scarico delle acque, sia che, infine, queste incidono anche sulle attuali pendenze del cortile. La reale lunghezza della struttura, tenuto conto delle ulteriori rientranze di circa 10 cm del muro di confine e di circa 7 cm della sporgenza relativa alla cornice del solaio, è di ml.3,36. Di conseguenza, poiché la larghezza ### residua del cortile, non è di ml. , ma di circa 184 cm ovvero, di appena 44 cm, è indiscutibile che la funzionalità e la utilizzabilità della parte retrostante del cortile, risulterà totalmente compromessa in caso di realizzazione dell'opera; e) la luce netta del cancello di ingresso è di ml e l'uso carrabile del cortile è stato sempre gestito in modo che tutti i condomini potessero utilizzarlo, per esempio per il carico e scarico, per i traslochi, per il parcheggio delle biciclette e motocicli, il cui divieto, è riferito ai clienti degli studi professionali e non, certamente, agli stessi condomini. A quanto detto va aggiunto che per il condomino l'accesso fino alla fine del cortile condominiale, in corrispondenza della propria ed unica finestra, rappresenta anche l'unico modo per utilizzare una scala meccanica in caso di trasloco; f) il condomino , proprietario del locale al piano terra, non ha nessun solaio dove accedere, tanto più dal cortile e/o dalla scala. Ciò è tanto vero se si considera che non ha mai partecipato ad alcuna spesa, né di manutenzione ordinaria e straordinaria, né di esecuzione dei relativi lavori, né di pagamento del passo carrabile, ecc.; g) il criterio dell'accessibilità richiamato dal convenuto, risulta contraddetto. 
Infatti, il conseguente obbligo di installazione di un ascensore in caso di accessibilità, non derogabile con altre soluzioni alternative, viene poi confuso con l'installazione di una piattaforma elevatrice. Inoltre, anche a voler considerare la diversa soluzione della piattaforma elevatrice, la progettata soluzione risulta anche essere non conforme alle prescrizioni dettate dal punto 8.1.13 del decreto 236/89, laddove quest'ultimo, prescrive che, qualora una piattaforma elevatrice sia installata all'esterno, deve essere protetta dagli agenti atmosferici; h) se un immobile deve rispettare il criterio di accessibilità previsto dalla L.13/89 e dal D.M. 236/89, non è sufficiente che le opere siano limitate alla installazione dell'ascensore, ma queste devono essere tali da garantire la totale fruizione degli ambienti, in conformità alle varie ed ulteriori prescrizioni ivi dettate. 
Nella specie, in base alla definizione del criterio di accessibilità, riportata dalla lettera G) dell'art.2 del decreto 236/89, è appena il caso di rilevare come lo studio del condomino viola tutte quelle ulteriori prescrizioni dettate in tema di servizi igienici, porte, balconi, scale, rampe, spazi esterni ed arredi fissi; *** *** ### i) essendo la reale lunghezza della struttura di ml. , è evidente che la superficie occupata dalla piattaforma non è di mq. , così come indicato ex adverso, ma è di mq. ; 10) il comma 1 dell'art.3 della L.13/89, oggi comma 1 dell'art.79 del DPR 380/01, riferisce che le opere riportate all'art.2 della citata legge, oggi art.78 del DPR 380/01, possono essere realizzate anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a più fabbricati, in deroga solamente alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi. Il legislatore, in merito alla disciplina sulle distanze dettate in generale dalla L.  13/1989, poi trasfuse negli articoli 78 e 79 del d.P.R.380/2001, con i citati articoli, ha risolto la questione ritenendo di privilegiare il diritto alla salubrità delle costruzioni, che secondo lo stesso, viene garantita dal rispetto di una distanza non inferiore ai tre metri. In base al doppio rinvio operato, dapprima dall'art.2 della legge 13/89, oggi art.78 del Dpr 380/01 e poi, dall'art.27 primo comma della legge 118/71, si rileva che in primis la deroga stabilita dal comma 1 dell'art.3 della L.13/89 è - per l'espresso rinvio alle deliberazioni condominiali previste dall'art.2 e dai commi 1 e 2 dell'art.3 citati - riferita all'ambito condominiale e che, in secundis, tale deroga è limitata alle sole opere richiamate dalla circolare del ministero del 15/06/1968 ed alla sola disciplina sulle distanze prevista dai regolamenti edilizi. La limitata inapplicabilità della disciplina sulle distanze a quella indicata dai regolamenti edilizi comunali e, quindi, solamente alla seconda parte della disposizione dell'art.873 c.c., verrebbe frustrata - e dunque la previsione che la contiene sarebbe inutiliter data - ove si ritenesse che l'inapplicabilità generale degli articoli 873 e 907 c.c. in ambito condominiale, deriverebbe dalla conseguente interpretazione dell'espresso richiamo degli articoli 873 e 907 c.c., operato dal comma 2 dell'art.3 della L.13/89, oggi comma 2 dell'art. 79 cit., alla sola ipotesi di immobili alieni, in quanto non appartenenti al condominio. Tale risultato, in violazione dei principi “ ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit ” e di interpretazione della legge, comporterebbe una generale ed assoluta deroga all'applicabilità della disciplina delle distanze legali stabilite dal codice civile, e, quindi, una deroga, non solo alla disciplina dettata dalla seconda parte dell'art.873 c.c., ma anche alla disciplina generale dettata dalla prima parte dell'art.873 e dell'art.907 c.c..   *** *** ***
Con la memoria ex art. 183 comma 6 primo termine del 16 novembre 2017 parte convenuta rilevava che la necessità e l'urgenza di procedere alla installazione di una piattaforma elevatrice automatica nasce da numerose richieste di pazienti diversamente abili, con ridotta o impedita capacità motoria, che da anni chiedono di poter accedere allo studio odontoiatrico in modo agevole e sicuro Con la memoria ex art. 183 coma 6 terzo termine in data 7 dicembre 2017 parte convenuta opponendosi alla richiesta di CTU di parte attrice rileva: a) in primo luogo, va detto che il progetto depositato in occasione dell'### per consentire ai condomini di prenderne visione, e quello inserito negli atti di causa, rappresenta in maniera chiara e precisa sia l'intervento da realizzare che il cortile ### misura errata si ritrova nella pianta del cortile (allegato n. 7) che è una nostra aggiunta, estranea al ### e riguarda lo spazio residuo fra la piattaforma e il muro di confine. Infatti, noi abbiamo indicato erroneamente m. 3,21 mentre lo spazio effettivo e di m. 2,00. Detto errore nasce dal fatto che noi abbiamo preso per buona la misura indicata dagli ### nell'atto di ### (pag.2) in cui si dice che la larghezza del cortile è di m.5,00. Quindi, sono gli ### a dire che il cortile era largo 5,00 m.l., noi ci siamo fidati in buona fede e con questa misura sbagliata abbiamo fatto i nostri calcoli (m. 5,00 - 1,79 = 3,21). Tuttavia, noi non abbiamo nessun problema a correggere questa misura, in quanto lo spazio residuo di 2 metri ( - = ) è più che sufficiente per accedere nella parte retrostante, laddove si trova una rastrelliera per le bici. In realtà, la nuova opera non impedisce a nessuno dei condomini di continuare a utilizzare la corte condominiale, perché si trova dopo il portone di ingresso. Inoltre, anche lo spazio retrostante resterà comodamente accessibile per tutti gli usi oggi consentiti. Il progetto in atti è molto dettagliato, è fedele alla realtà, è completo in tutti i suoi aspetti, i documenti allegati rappresentano fedelmente l'intervento in questione, con l'indicazione specifica delle misure della piattaforma.  b) l'area effettivamente occupata dalla piattaforma elevatrice è di mq. x ) su una superficie totale della corte di mq. . ### parlano, invece, di una superficie occupata dalla piattaforma di mq. ( x ). Questa superficie deriva dal fatto che gli ### collocano a fianco dell'opera una “piattaforma antistante la cabina” che misura circa m. x (planimetria degli ###. Va detto subito con assoluta certezza che detta struttura non esiste ### nel ### approvato, non viene riportata da nessun elaborato, non esiste nella realtà. Trattasi di una pura e semplice invenzione, per cercare di far credere che lo spazio a fianco della nuova opera verrebbe tutto occupato, impedendo ai condomini di passare. Ma un progetto del genere non sarebbe mai stato approvato dal ### c) nel ### sono ben visibili attraverso il ### - le sporgenze del muro di confine, che non rivestono alcuna importanza per la realizzazione dell'opera, visto che non sono posizionate in corrispondenza della piattaforma, ma prima o dopo; - la sporgenza di 6 cm. della cornice del solaio, che non ha alcun rilievo perché la piattaforma appoggia ad essa e verrà spostata di soli 6 cm. dal muro; - la rastrelliera per le biciclette, che rimane facilmente raggiungibile; - la griglia per la raccolta delle acque piovane del cortile, che continuerà a svolgere la sua funzione, anche se fosse parzialmente occupata dalla piattaforma, in tal caso l'acqua continuerà a defluire a fianco e davanti la cabina visto che non saranno modificate le pendenze del cortile.  d) per quanto riguarda il cancello, nella comparsa si è detto che la parte carrabile misura circa 2 m., infatti, la misura effettiva è di m. e non , come dicono gli ### e) la planimetria depositata dagli ### non è attendibile e veritiera, perché inserisce nel ### approvato un corpo estraneo davanti alla porta della piattaforma elevatrice. Trattasi, come predetto, di una struttura denominata “### antistante la cabina” di cui non vi è alcuna traccia negli elaborati approvati. Ciò rende detta ### del tutto inverosimile, arbitraria e fuori dalla realtà. Inoltre, la larghezza del cancello nella parte carrabile non è di m.  2,40 ma di 2,23, a meno che ogni volta che apriamo il cancello non togliamo i pilastri di ferro che lo sorreggono.  f) la richiesta di perizia, così come formulata, appare completamente inutile ai fini del decidere e dilatoria. ### viene collocata dopo il portone, quindi, tutto il cortile dal cancello a dopo il portone, che rappresenta lo spazio maggiore, rimane invariato. ## spazio dietro la piattaforma, di fatto poco utilizzato, rimane ugualmente raggiungibile e utilizzabile passando a fianco della piattaforma, laddove rimane uno spazio di due metri. Senza dimenticare che nel cortile non è mai entrata una macchina, come testimonia il gradino di 15 cm.  esistente vicino al cancello di ingresso (foto nn. 13, 14, 15 e 16). Se ci fosse stato ****** un uso carrabile del cortile, l'accesso sarebbe stato a scivolo verso la strada comunale. Anche in questo caso, non ci vuole un ### per dirci che lì esiste un gradino. Ne deriva che la richiesta di C.T.U. non può essere accolta.  g) gli ### hanno depositato una scheda tecnica di un servoscala, come soluzione alternativa alla piattaforma elevatrice, che potrebbe risolvere anche le esigenze del condominio senza mai portare in ### questa proposta di installare un servoscala..  h) la piattaforma elevatrice è necessaria e urgente, in relazione ai pazienti con impedita o ridotta capacità motoria che hanno bisogno di cure immediate e non rinviabili. ### che sia degno di questo nome, deve farsi carico di tutti i problemi sollevati dagli inquilini del palazzo, nel rispetto delle leggi. In questo caso, il entra in gioco perché la piattaforma va installata, necessariamente, nella corte comune. Ogni condomino ha il diritto di apportare delle innovazioni, senza danneggiare i beni comuni. 
Con ordinanza in data 22 febbraio 2018 il giudice non ammetteva la CTU richiesta da parte attrice e ritenuta la causa matura per la decisione rinviava per la discussione.  ### attrice depositava note conclusive in data 13 gennaio 2022 con le quali ribadiva le proprie difese ed insisteva per l'accoglimento della domanda.  MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda è fondata e deve pertanto essere accolta.  ### 1120 ultimo comma codice civile stabilisce che “sono vietate le innovazioni che….rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino”. ### 1119 codice civile stabilisce che “le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio”. 
Nel caso in esame è pacifico ed incontestato tra le parti che la delibera impugnata prevede che una parte del cortile venga destinata alla installazione della piattaforma e in tal senso, si legge nella comparsa di risposta del convenuto, che di 126mq di estensione della corte “la piattaforma ne occupa ”. E' altresì pacifico ed incontestato tra le parti che detta piattaforma sia destinata non all'uso comune dei condomini bensì all'uso esclusivo di uno di essi che ne deve infatti sopportare l'intero costo. Ne consegue pertanto che la delibera in oggetto si traduce in ### un atto avente natura ablatoria in danno degli altri condomini tipico di procedure pubblicistiche, consentito nei casi strettamente previsti dalla legge, trovando la proprietà privata tutela costituzionale (art. 42 comma secondo ### non essendo consentito, al contrario, in altri ambiti ove vige il principio negoziale del consenso cui è informato il diritto civile che esclude, per tale ragione “autorità private”. La delibera impugnata determina infatti la divisione di parte del bene comune, in particolare del cortile attribuendo una porzione di esso al possesso esclusivo di uno dei condomini che ne diventa pertanto unico beneficiario. In proposito Cassazione sezione seconda con ordinanza n. 6090 del 4 marzo 2020 ha stabilito che “la deliberazione condominiale con la quale vengono assegnate parti comuni (nella specie, una caldaia) in proprietà esclusiva ad alcuni condomini richiede l'unanimità degli stessi, incidendo sulla pregressa comproprietà originaria "ex lege" di parti comuni e comportando l'esclusione dal vincolo reale di alcuni dei condomini”. Negli stessi termini è prevista l'unanimità laddove la delibera condominiale stabilisca a carico del condominio un diritto reale di godimento. In questo senso Cassazione sezione seconda con sentenza n. 4501 del 5 marzo 2015 ha stabilito che “in tema di uso della cosa comune, è illegittima l'apertura di un varco praticata nel muro perimetrale dell'edificio condominiale da un comproprietario al fine di mettere in comunicazione un locale di sua proprietà esclusiva, ubicato nel medesimo fabbricato, con altro immobile pure di sua proprietà ma estraneo al condominio, comportando tale utilizzazione la cessione del godimento di un bene comune in favore di soggetti non partecipanti al condominio, con conseguente alterazione della destinazione, giacché in tal modo viene imposto sul muro perimetrale un peso che dà luogo a una servitù, per la cui costituzione è necessario il consenso scritto di tutti i condomini”. Ciò premesso in punto di principi applicabili, il richiamo operato nella delibera impugnata e negli scritti difensivi di parte convenuta alla legge 9 gennaio 1989 n. 13 recante “disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche” ed in particolare all'articolo 2 comma 1 di detta legge appare improprio poiché le maggioranze delle deliberazioni assembleari condominiali previste dalla menzionata disposizione possono trovare applicazione soltanto per le opere di ristrutturazione appunto “condominiali” dei quali potranno fruire tutti i condomini e non certo per le opere destinate alla fruizione ad uno soltanto di essi perché ciò comporterebbe appunto un “esproprio” in danno degli altri condomini non consentito dai principi generali e da norme di rango costituzionale. ### In applicazione del principio della ragione più liquida (Cassazione civile sez. VI 28 maggio 2014 n. 12002; Cassazione civile ### 8 maggio 2014 n. 9936) si omette l'esame degli altri vizi denunciati nell'atto di citazione. 
La soccombenza del convenuto nel merito della domanda regola le spese del presente giudizio, che vengono liquidate, nella misura media, come in dispositivo sulla base del D.M. 55/14 considerato che non è stata svolta attività istruttoria in relazione allo scaglione fino ad euro 26mila come dichiarato da parte attrice.  P.Q.M.  il Tribunale di Latina, monocraticamente e definitivamente pronunciando nella causa n 1516/2017, ogni diversa domanda rigettata così provvede: - accoglie la domanda ed annulla la delibera dell'assemblea del dell'08/01/2017 e del 10/01/2017, approvata nella seconda convocazione del 10/01/2017, relativamente all'approvazione del punto n.2 dell'Ordine del ### - condanna il al pagamento delle spese di lite, che liquida in € 237,00 per esborsi e in € 3.235,00 per compensi, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge in favore dell'avvocato ### dichiaratasi antistataria; Latina 3 febbraio 2022.  

IL GIUDICE
dott. ####


causa n. 1516/2017 R.G. - Giudice/firmatari: N.D.

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Corte di Cassazione, Ordinanza del 17-10-2023

... solo Comune di ### si concluse con la sentenza n. 1243/2011, depositata il 27 luglio 2011, che rigettò la domanda, mentre il giudizio di appello, incardinato dal medesimo ### no ### nel quale si si costituì il Comune di ### proponen do appello incidentale in 3 di 20 ordine alla liquidazione delle spese, si concluse con la sentenza 486/2019, che respinse gli appelli princip ale e incide ntale, liquidando le spese in favore del Comune di ### 2. Contro la predetta sentenza ### o ### propone ricorso per cassazione sulla base di sette motivi, illustrati anche con memoria. Si dife nde con controricorso ### Gli altri intimati non hanno svolto difese. Considerato che: 1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt. 81, 100 e 167 cod. proc. civ., 2697 cod. civ. e 115 cod. (leggi tutto)...

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 15853/2019 R.G. proposto da ### rappresentato e difeso dall'avv. ### ed elettivament e domiciliat ###### via ### n. 105, presso lo studio dell'avv. ### - ricorrente - contro ### rappresentat a e difesa dall'avv. ### e Garritano nel cui stu dio in ### vi ale F. e G. F alcone, n. 182, è elettivamente domiciliata; -controricorrente
COMUNE DI COSENZ A, ####### E, ##### S ##### eredi di ### -intimati
Oggetto: Usucapione.  2 di 20 Avverso la sentenza n. 486/2019 della Corte d'Appello di Catanzaro, pubblicata il ### e notificata il ###; udita la relazione d ella causa svolta nella came ra di consiglio d el 28/9/2023 dalla dott.ssa ### Rilevato che: 1. Con att o citazione del 14 Marzo 2 006, ### premesso di aver posseduto uti dominus , pacif icamente e ininterrottamente, alcuni terreni ubicati nel Comune di ### in catasto al foglio 23, particella frazionata 43/b di mq. 507, derivante dalla particella 43, ### 23, particella 46 di mq. 1120, foglio 23, particella frazionata 46 1/2 di mq. 520, derivante da ex via ### foglio 23, particella frazionata 184 /b, di mq.103 , derivante dalla particella 184, intestate rispettivamen te la particella n. 43 ai germani ### e ### la particella 46 a ### per averla acquistata con atto del 19 dicembre 1986 dalla ### e le altre al Comune di ### facendo parte dei terreni residuati dai lavori di bon ifica dei fiu mi ### e Bu sento, che l'amministrazione demaniale aveva alienato al Comune di ### con atto del 13 Febbraio 1911, convenne in giudizio il Comune di ########### e ### perché fosse dichiarato l'acquisto della proprietà per intervenuta usucapione in su o favore dei predetti immobili. 
Il giudizio di primo grado, nel quale si costituì il solo Comune di ### si concluse con la sentenza n. 1243/2011, depositata il 27 luglio 2011, che rigettò la domanda, mentre il giudizio di appello, incardinato dal medesimo ### no ### nel quale si si costituì il Comune di ### proponen do appello incidentale in 3 di 20 ordine alla liquidazione delle spese, si concluse con la sentenza 486/2019, che respinse gli appelli princip ale e incide ntale, liquidando le spese in favore del Comune di ### 2. Contro la predetta sentenza ### o ### propone ricorso per cassazione sulla base di sette motivi, illustrati anche con memoria. 
Si dife nde con controricorso ### Gli altri intimati non hanno svolto difese. 
Considerato che: 1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt. 81, 100 e 167 cod. proc. civ., 2697 cod. civ. e 115 cod. proc.  civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., e 112, cod. proc. civ., perché la Corte d'appello, c on riguardo all'eccezione di carenza di legittim azione passiva sollevata dal Comune ancorché tardivamente costituito, aveva ritenuto immune da vizi la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva sostenuto che la titolarità del diritto, dal lato attivo e passivo, rientrasse tra i fatti costitutivi della domanda, sicché la parte che ne eccepiva la carenza non svolgeva alcuna eccezione in senso stretto, ma proponeva una mera difesa, consistente nella negazione di un fatto costitutivo posto a b ase della domanda, così da non incorrer e in alcuna delle preclusioni contemplate dall'arti colo 167 cod. proc. civ., come affermato dalla sentenza delle ### unite della Corte di cassazione n. 2951/ 2016. I giudici non avevano, invece, tenut o cont o della differenza esistente tra carenza di legittimazione passiva e titolarità del diritto sostanziale, in quanto avevano posto a base della decisione i certificati catastali e la nota dell'### di finanza, prodotti dal Comune, il quale, nell'obiettare che la particella 184 del Fg. 33, 4 di 20 apparteneva al demanio pubblico dello Stato, che le particelle 46, 43 e 184 del Fg. 23 non erano state oggetto di compravendita tra Stato e Comune e che l'atto di compravendita del 1911 si riferiva ad altri terreni, non aveva approntato una mera difesa, ma aveva sollevato un'eccezione in senso stretto, soggetta, in quanto tale, ai termini di decadenza ex art. 167 cod. proc. civ., nella specie violati. Inoltre, una siffatta difesa sarebbe stata proponibile n on dal Comune, ma dalla sola ### finanziaria, che era onerata della relativa prova, sicché l'errore era consistito non soltanto nella violazione del principio della distribuzione d ell'onere della prova, ma anche nel mancato rilievo dell'asse nza di legittimazione del Comune a eccepire la demanialità del bene e nel man cato esame de lla questione, nonostante il motivo proposto in merito.  2. Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, e 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito omesso di valutare le prove offerte dall'appellante e l'attività assertiva da lui svolta. La conclusione cui era gi unto il giudice di primo grado, secondo cui l'atto del 13 febbraio 1911 non conteneva i dati catastali della particella 184 e non consentiva, dunque , di accertare l'inclusione di questa nel compendio venduto al ### e, era, infatti, erronea in quanto fondata su una disamina superficiale dell'atto. All'epoca del rogito, invero, non era stato ancora istituito il nuovo catasto, mentre il rogito costituiva in sé prova indiziaria, posto che la partic ella 184 era pacificamente compresa tra i quozienti di terreno costituenti i residui fluviali posti a destra del fiume ### che tutti i reliquati fluv iali erano stati trasferiti dal de manio al ### con il medesimo atto e che, in seguito all'ultimazione della bonifica, i quozienti di terreno demaniali di quella zona erano stati tacitamente 5 di 20 sdemanializzati per rinuncia alla funzione pubblica da parte della pubblica amministrazione, stante l'impossibilità di un loro utilizzo in ragione dell'ampia arteria stradale che li separava dal letto del fiume. 
Inoltre, i giudici di merito avevano fondato la decisione sui documenti prodotti dal ### senza accertarne l'utilizzabi lità e il valore probatorio e senza esaminare le prove offerte dall'attore-appellante, ossia i certificati catastali allegati alla consulenza ### e l'ispezione ipotecaria dell'11 novemb re 2008, con conseguente null ità d ella sentenza per omesso esam e di argomentazion i decisive, rappresentate dai motivi di gravame, e violazione dell'art. 112 cod.  proc. civ., olt re ad avere redatt o una sentenza gravemen te contraddittoria, in ordine ai contenuti dell'atto del 1911 e all'estensione delle medesime argome ntazioni anche alle p articelle intestate ai ### e ### e incomprensibile, non essendo chiaro se il giud izio di demanialità fosse stato est eso a tutto il compendio o soltanto alla particella 184.  3. Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell'art.  2697 cod. civ. e dell'art. 115, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché i giudici di merito avevano ritenuto l'atto pubblico de l 1911 inidone o a dimostrare l'avvenuta cessione delle particelle 43, 46 e 184 al ### di ### senza considerare che l'onere della prova della mancata inclusione di quei beni nell'atto pubblico sarebbe dovuta gravare sul medesimo ### e non sull'attore che, invece, producendo quell'atto, aveva assolto al proprio.  4. Con il quarto motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell'art.  115, cod. proc. civ., e l'omesso e same di document i, la violazione dell'art. 132, secondo comma, n. 4, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza, la violazione 6 di 20 dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, 3, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ritenuto non provata l'appartenenza ai privati convenuti delle particelle oggetto di causa, non essendo a ci ò idonee le pro dotte visure ipocata stali asseritamente non costituenti prova d ella titolarità d el diritto di proprietà in capo ai convenu ti ### da e ### cos ì mette ndosi in contrasto con le risultanze dell'ispezione ipotecaria e con i certificati catastali versati in causa, da cui emergeva che la particella 46 era pervenuta a #### e ### in seguito a succession e dal p adre ### che lo aveva acquistato dalla ### a con atto del 1 9 dicembre 1986.  ###, ad avviso del ricorrente, p oteva e ssere denunci ata in cassazione in quanto riguardava un punto decisivo della controversia, idoneo a dimostrare con certezza le circostanze del giudizio. Inoltre, stante l'oggetto del la causa, il rico rrente non era neppure onerato dalla prova dell'appartenenza ai convenuti dei terreni in catasto.  5. Con il quinto motivo di ricorso, si lamenta la violazione dell'art.  132 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod.  proc. civ., la motivazione apparente, la nullità della sentenza, vizi di motivazione per mancato o inesatto esame di documenti, per avere la Corte d'Appello affermato che il mancato superamento dell'eccezione sulla natura d emaniale dei beni oggetto di causa precludesse l'accoglimento della domanda di usucapione, s alvo prova della sdemanializzazione, non fornita nella specie, arguendo tale considerazione 1) dalle visure catastali e dalla nota dell'### di ### del 30 Marzo 1987, con la quale veniva chiesto al ### di ### di procede re all'acquis izione del fabbricato re alizzato dal ricorrente ai sensi dell'art. 15 della legge 23 novembre 1977, n. 10, prodotti dal ### di ### 2) dal fatto che le particelle 43, 46 e 7 di 20 184 ricadessero ne lla maggiore consistenza tra i beni immob ili appartenenti allo Stato e 3) che la particella 46 fosse asservita da concessione rilasc iata in favore del ricorrente e di ### , autorizzante l'uso della stessa a deposito per l'attività commerciale ed artigiana da realizzarsi a mezzo di struttura amovibile, e sostenendo che l'atto pubblico del 1911, avente ad oggetto la cessione dei terreni al ### ne di ### fosse inidoneo ad escludere la natura demaniale dei beni ogg etto di causa, non essendovi questi ultimi espressamente inclusi, e che non fosse stata dimostrata l'appartenenza ai privati convenuti delle parti celle rivendicate, no n essendo a tal fine sufficienti le prodotte visure ipocatastali in quanto non costituenti prova della titolarità del diritto di proprietà. Ad avviso del ricorrent e, la Corte d'Appello aveva reso una m otivazione apparente, in quanto si era lim itata a conf ermare acriticamente le considerazioni svolte dal giudice di primo grado, senza svolgere alcun esame critico dei motivi di gravame, che si era limitata a riassumere.  6. Con il sesto motivo di ricorso, si l amenta la violazione degli artt. 81 cod. proc. civ., 823 cod. civ., degli artt. 115 e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essere incorsi il Tribunale e la Corte d'appello in evid ente errore di percezione, in quant o avevano fondato la decisione su prove ritenute esist enti, m a in realtà ma i acquisite al processo, atteso che i certificati catastali e la nota dell'### di ### non erano ut ilizzabili in giudi zio, essendo sta ti prodotti dal ### in violazione degli artt . 823 cod. civ. (che riserva alla pubblica amministrazione la tutela dei beni demaniali) e 81 cod. proc.  civ. (che limita i casi di sostituzione processuale a quelli previsti dalla legge), che contrastavano con i consolidati principi giurisprudenziali che riservano al demanio l'eccezione di demanialità, e che erano privi 8 di 20 di valore probatorio, giacché la demanialità non era stata affermata in base a preventiva individuazione legislativa o per l'intrinseca natura o finalizzazione del bene al perseguimento di interessi della collettività, ma sulla base di un mero certificato catastale e di un'inconfe rente nota dell'Intendente di ### al ### di ### del 1987.  7. Con il settimo motivo di ricorso, si lamenta A) la violazione degli artt. 486 e 2697 cod. civ., 110, 303 e 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 , primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., e B) la violazione degli artt. 1158 e 2697 cod. civ., e 115 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360 , primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; C) la violazione degli artt. 116 e 132, secondo comma, n. 4, cod. proc.  civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. per omesso esame di d ocumenti, per avere la Corte d'appe llo ritenuto indimostrata l'appartenenza ai privati convenuti dei terreni oggetto di causa, stante l'inidoneità, in tal senso, delle visure ipocatastali prodotte, siccome non costituenti tito lo proprietario, mentre il Tribunale aveva deciso nei medesimi termini ma soltanto in quanto non era stato d imostrato che i convenuti ### fossero eredi di ### Poich é il motivo di gravame era tutto in centrato su quest'ultimo profilo, i giudici d'appello avevano violato l'art. 112, cod.  proc. civ., in quanto avevano deciso su questione non dedotta come motivo di impugnazione. 
Peraltro, l'estraneità al giu dizio degli eredi ### non po teva essere rilevata d'ufficio, ma doveva essere fatta valere dai predetti attraverso la loro rituale costituzione in giudizio. Infatti, l'asserzione, secondo la quale non era stata dimostrata l'appartenenza dei beni ai signori ### e ### si poneva in contrasto con la giurisprudenza, secondo cui l'azione d i usucapione de ve essere esercitata nei confronti di chi cont esti il t itolo vantand one uno proprio e non 9 di 20 dimostrando l'appartenenza del bene al convenuto, non dovendo vertere su questo la prova ai sensi dell'art. 1158 cod. civ.. Il rapporto processuale doveva, perciò, dirsi correttamente instaurato, evocando in giud izio gli intestatari catast ali dei be ni che ne erano oggetto, atteso che spettava solo ai convenuti, attraverso la loro costituzione in giudizio, contestare la loro chiamata in causa in quanto intestatari catastali, non trovando applicazione i princ ipi sul valore probatorio attribuiti dalla giurisprudenz a di legittimità ai certificati catastali quando ad essi viene aff idata la p rova della tit olarità del diritto d i proprietà nei giudizi d i rivendica o di u sucapione, per l'assoluta diversità esistente tra la questione di legittimazione, rilevante nella specie, e la prova da fornire per ottenere il riconoscimento giudiziale del diritto di proprietà a titolo originario o derivativo. 
Infine, il mancato esame del d ocumento catastale costituiv a ulteriore motivo di nullità della sentenza.  8.1. Ritiene innanzitutto il Collegio che non sia necessario disporre l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari processuali ### e M arino ### dovendo trovare applicazione il principio, già affermat o da qu esta Corte, secondo cui, nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un'evidente ragione d'inammissibilità del ricorso o di sua infondatezza prima facie, di def inire con immediatezza il pro cedimen to, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un'attività processuale del tutt o ininfluent e sull'esito del giudizio e non essendovi, in concreto, esig enze d i tutela del contraddittorio, delle garanzie di dif esa e del dirit to alla partecipazione a l processo in 10 di 20 condizioni di parità (in tal senso, Cass., Sez. 2, 10/5/2018, n. 11287; Cass., Sez. 3, 17/6/2013, n. 15106).  8.2 Venendo al merito, i motivi, da trattare congiuntam ente in quanto strettamente connessi, presentano profili di inammissibilità e di infondatezza. 
Occorre innanzitut to evidenziare come tutte le censure siano incentrate sulla sol a questione dell'affe rmata demanialità, da parte della Corte d'Appello, delle aree oggetto di giudizio, affrontata sotto vari profi li principalmente vertenti sull'assenza di legittimazione del ### a fornire qualsiasi prova documentale, essendo egli decaduto ex art. 167 cod. proc. civ. e spettando il predetto rilievo al solo Stato; sulla ritenu ta incongruità della prova do cumentale offerta dal ricorrente a dimostrazione della proprietà delle aree (rogito del 1911 e certif icati catastali) e sull'ome sso esame della stessa; sul riparto dell'onere della prova sul punto tra le parti e, infine, sulla incongruità della motivazione i n merito, siccome acriticamente appiattita sulle argomentazioni del giudice di primo grado, oltreché incerta in merito all'estensione, su una porzione o sull'intero, della proprietà demaniale del bene rivendicato. 
Orbene, nel delineare i contenuti delle doglianze, il ricorrente ha omesso del tutto di considerare che la reiezione della domanda non è stata affatto fondata sulla sola mancata dimostrazione, da parte sua, della proprietà di tutti i terreni, onde stabilire se egli avesse evocato correttamente o meno in giudizio i convenu ti, ma al tresì sulla fondatezza del dedotto acquisto del la proprietà per usucapione, escluso, quanto alla particella 46, per essere rimasti indimostrati sia l'esercizio del possesso ut ile ad usucap ire, stante la compat ibilità dell'attività edificatoria, svolta su l fondo e riferita dai testi, con la concessione pacificamente rilasciata in favore del ricorrente al fine di 11 di 20 consentirgli l'uso del bene come deposito p er l'attività artigiana e commerciale da esercitarsi a m ezzo d i strutture amovibili, sia l'interversione nel possesso, necessaria per essere avvenuta l'iniziale apprensione del fondo a titolo meramente detentivo, come risultante dalla nota dell 'Intendente d i ### del 20/3/1987, e, quanto alla particella 43, per essere rimasto parimenti indimostrato il possesso utile ad usucapire, atteso ch e i testi, pur avendo a ffermato che il possesso era stato e sercitato dal 1981 attraverso l'edificazione sul fondo, non aveva no specificato q uali particelle fossero state interessate da tale attività, aspe tto questo considerato di ri lievo stante la sussistenza di un rapporto concessorio, interessante parte dell'immobile, idoneo a giustificarla. 
Tale mancanza no n può allora che det erminare l'inammissibi lità dei motivi, atteso che, in tema di impugnazioni, qualora la sentenza del giudice di merito si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l'omessa impugn azione, con ricorso per cassazione, anche di una soltanto di tali ragioni determi na l'inammissibilità, per difetto d i interesse, anche del gravam e proposto avverso le altre, in quanto l'eventuale accoglimento del ricorso non inciderebbe sulla ratio decidendi non censurata, con la conseguenza che la sente nza impugnata resterebbe, pur sempre, fondata su di essa (Cass., Sez. I, 18 aprile 1998, n. 3951; Cass., Sez. 2, 30/3/2022, n. 10257).  8.3 Purtuttavia, la questione della legittimità della prova offerta dal ### va comunque sindacata, ave ndo la reputata portata dirimente della stessa inciso, indirettamente, sulla valutazione della attendibilità dei testi sentiti. 
Orbene, le argomentazioni del ricorr ent e circa l'ass enza di legittimazione, in capo al ### ad eccepire e provare la 12 di 20 demanialità dei fondi e, prima ancora, la decadenza in cui lo stesso era incorso in ragione della sua tardiva costituzione, incidente altresì sulle deduzioni probatorie, si scontrano, innanzitut to, con l'orientamento espresso sulla questione dalle ### unite di questa Corte, di cui viene offerta un'interpretazione tutt'affatto disancorata dai contenuti effettivi della relativa decisione. 
Sul punto, occorre prendere le mosse dai principi che regolano la materia, in virtù dei quali la legittimazione passiva ad causam, rispetto alla domanda dire tta all'accertamen to dell'acquisto per usucapione della proprietà di un bene, ricollegandosi al principio di cui all'art. 81 cod. proc. civ., int eso a prevenire una sentenza inutiliter data (in tal senso Cass., Sez. 3, 26/11/2003, n. 18067; Cass., Sez. L, 3/7/2003, n. 10551), va rico nosciuta a chi contesti detta proprietà, va ntando un diritto proprio (Cass., Sez. 2, 26/5/1990, n. 4907), a chi possiede il bene o a tutti coloro che ne sono proprietari all'atto della domanda - e non anche ai precedenti danti causa, che non hanno veste di litisconsorti necessari (Cass., Sez. 6-2, 4/10/2018, n. 24260) -, in quanto detta domanda comporta l'accertamento di una situazione g iuridica (usucap ione e proprietà esclusiva) confliggente con qu ella preesistente (comproprietà degli altri), della quale il giudice può solo conoscere in contra dditorio di ogni interessato , restando altrimenti la relativa deci sione, resa a contraddittorio non integro, inutiliter data, nell 'ambito di una controversia che importi l'accertamento d i una situazione giuridica unica, oltreché inidonea a spiegare effetti nei confronti delle sole parti presenti (Cass., Sez. 2, 14/6/2018, n. 15619). 
Ciò detto, va altresì osservato come costituisca principio pacifico nella giurispruden za di legittimità quello secondo cui la q uestione relativa alla legittimazione si distingua nettamente dall'accertamento 13 di 20 in concreto che l'attore e il convenuto siano, dal lato attivo e passivo, effettivamente titolari del rapporto fatto valere in giudizio. 
Mentre la legittimazione, che costituisce espressione del principio dettato dall'art. 81 cod. proc. civ., secondo cui nessuno può far valere nel processo u n diritto altrui in nome proprio fu ori dei cas i espressamente previsti dalla legge, può esser e verificata anche d'ufficio in ogni stat o e grado del processo, con il solo limite della formazione del giudicato interno sulla questione, onde stabilire, in via preliminare al merit o, l'astratt a coincidenza dell'attore e del convenuto con i soggetti che, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in giudizio, sono destina tari degli e ffetti della pronuncia richiesta (Cass., Sez. L, 3/7/2003, n. 10551; Cass., Sez. 3, 1/3/2004, n. 4121), la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, del rapporto giurid ico controverso, in ordin e al quale si chiede al giud ice di e mettere una sentenza, att iene all'effet tiva titolarità passiva di quel rapporto, sicché, riguardando il merito e non le regole procedurali, non può essere esaminata d'ufficio, ma rientra nel potere dispositivo e nell'onere deduttivo e probatorio della parte interessata, (tra tutte , Cass., Sez. 3, 30/5/200 8, n. 144 68; Cass., Sez. 1, 9/6/2006, n. 13477, Cass., Sez. L, 03/07/2003, cit.). 
Pertanto, applicando questi principi alla domanda di accertamento dell'acquisto della proprietà per usucapione, la conclusione non può che essere q uella di ricondurre al merito e non alla legittimazione ogni questione afferente al fondamento della pretesa (Cass., Sez. 2, 26/5/1990, n. 4907), ivi compresa la titolarità formale del bene in capo al convenuto. 
Tale distinzione è stata ribadita anche da Cass., S ez. U, 16/2/2016, n. 2951, allorché ha c hiarito come la legittimazione, eccepibile in ogni grado e stato del giudizio e rilevabile anche d'ufficio 14 di 20 dal giudice, sia ancorata alla domanda, nella quale l'attore affermi di essere titolare del diritto dedotto in giudizio, indicando nel convenuto il tito lare dell'obbligo o dell a diversa situazione soggettiva passiva dedotta in giudizio, e alla prospettazi one in essa contenuta, senza porre problemi di carattere probatorio, mancando essa tutte le volte in cui da tale prospettazione astratta emerga che il diritto vantato in giudizio non appartiene all'attore o non riguardi il convenuto, mentre l'accertamento, all'esito del processo, che la parte non era titolare del diritto prospettato come suo (o che la controparte non era titolare del relativo obbligo), attiene al merito della causa e alla fondatezza della domanda, senza escludere la legit timazione a p romuovere un processo. 
Partendo poi dal p resupposto ch e la titolari tà del diritto fatto valere in giudizio, in quan to elemento costitutivo de lla dom anda, possa consistere n on solo in meri fatti, m a anche in fatt i-diritto, sussistenti allorché il diritto prospettato contempli, tra i suoi elementi costitutivi, altri diritti, le ### unite hanno sostenuto che colui che fa valere un diritto in giudizio, dovendo, in generale, allegare non solo che un dirit to esiste, ma altresì che quel diritto gli appartiene, è tenuto a provare la sussistenza di ragioni giuridiche che collegano il diritto alla sua perso na, essendo la titolarità de l diritto un fatto, appartenente alla categoria dei f atti-diritto, che costituiscono fondamento della domanda. 
Il convenuto che non condivida l'assunto dell'attore in ordine alla titolarità del diritto e ai fatti prospettati può, dal canto suo, difendersi o limi tandosi a negarli, così da svolg ere una mera difesa, o contrapponendo altri fatti che privino di efficacia i fatti costitutivi, o modifichino o estinguano il diritto. 15 di 20 Soltanto in quest'ultimo caso può dunque profilarsi un'eccezione in senso stretto, soggetta a decadenza ex art. 167 cod. proc. civ. e all'onere probatorio a carico del convenuto ai sensi dell'art. 2697 cod.  civ., ma non anche nel caso di mera difesa. 
Pertanto, la mera difesa, con la quale il convenuto si limiti a negare la titolarità del dir itto fatto valere in giudizio e, dunque , l'elemento costitutivo della domanda, non è soggetta, contrariamente alle eccezioni in senso stretto, al termine di decadenza di cui all'art.  167, secondo comma, cod. proc. civ., ma può essere fatta va lere anche oltre il termine dettato dalla predetta disposizione o sollevata d'ufficio dal giudice, senza che rilevi l'onere, sullo stesso gravante ai sensi del primo comma della medesima norma, di prendere posizione nella comparsa di rispo sta sui fatti p osti dall 'attore a fondamento della domanda, non prevedendo il primo comma, contra riamente a quanto sancito nel comma successivo, alcuna decadenza (Cass., U, 16/2/2016, n. 2951). 
Alla stregua di tali argomentazioni, le citate ### unite hanno quindi affermato che la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda e attiene al merito della decisione, sicché spetta all'attore allegarla e provarla, salvo il riconoscim ento, o lo svolg imento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto. 
A tali principi si sono at tenuti, nella specie , i giudici d i merito, allorché hanno riten uto infondata l'eccezione di difetto di legittimazione dell'appellato ### a sollevare la questione della demanialità delle aree contese e di inte rvenuta d ecadenz a della relativa eccezione per mancat o rispetto d el termine ex art. 167, secondo comma, cod. proc. civ., consid erando me ra difesa le deduzioni di parte convenuta, n on sog gette, pe rtanto, al predetto 16 di 20 termine decadenziale, si ccome rientranti tra i fatti costitutivi della domanda.  8.4 Né può profilarsi l'inidoneità della prova offerta dal ### a suffragare la propria tesi difensiva in quanto tardivamente proposta, non essendovi coincidenza temporale tra i termini concessi alle parti per le deduzioni finalizzate a delineare il thema decidendum e quelli a sua disp osizione per l'indicazione di mezzi di prova e prod uzioni documentali, essendo questi ultimi necessariamen te e normativamente successivi ai primi. 
Ferma, infatti, la tempestività delle deduzioni difensive del ### che, evidenziando la demanialità della particella 184, non ha fatto altro che negare le deduzioni attoree e non eccepire la proprietà in capo a terzi del b ene, seco ndo quanto in vece evidenziato nelle censure, deve osservarsi come il convenuto non sia incorso, nella specie, in alcuna decade nza prob atoria, avendo i giudic i di merito chiarito che la sua costituzione era avvenuta il ###, qualche giorno prima dell'ud ienza di prima compariz ione, fissata per il ###, e che il predetto aveva depo sitato p roprio in quell'occasione i documenti oggetto di cont estaz ione, sicché non vi era stata alcuna violazione dei termini per le deduzioni istruttorie, a quella data non ancora evidentemente neppure concessi.  8.5 Quanto alle questioni relative al difetto di motivazione, prevalentemente riferito alla mancata o non corretta disamina delle prove attoree, si osserva quanto segue. 
In disp arte il problema de l riparto dell 'onere della prova sugli elementi costitutivi d ella domanda, ivi compresi i fat ti-diritto e, dunque, il diritto prospettato come appartenere al ### che, alla stregua dei principi espressi dalle S ezioni unite, grava, come si è visto, sull'attore, o ccorre evidenziare come la mot ivazione sia solo 17 di 20 apparente e la sentenza si a nulla perché affe tta da error in procedendo, «qu ando, benché graficamente esiste nte, non renda, tuttavia, percepibile il fondament o della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente in idonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare al l'interprete il compit o di integrarla con le più varie, ipot etic he conget ture» (Cass., Sez. U, 03/11/2016, n. 22232); -«La riformulaz ione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertit o dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art.  12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla m otivazio ne, sicché è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. 
Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", ne lla 'motivazione apparente", n el "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa e d obiettivamente incomprensib ile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione» (Cass., Sez. U , 07/04/2014, n . 8053; Cass., Sez . 5, 6/5/2020, n. 8487), aspetti quest i non ravvisab ili nella specie, avendo i giudici di merito compiutamente e ampiamente argomentato sulle ragioni del proprio convincimento e dato risposta a tutti i rilievi sollevati con i motivi d'appello. 
Ciò consente di escludere altresì la fondatezza sia della doglianza riferita alla asserita violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., atteso che 18 di 20 il v izio di omessa pronuncia ricorre ove manchi qual sivoglia statuizione su un capo della domanda o su una eccezione di parte, così d ando luogo alla ines istenza di una decisi one sul pun to della controversia per la mancanza di un provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto , ma non può dipendere dall'omesso esame di un elemento di prova (Cass., Sez . 1, 23/3/2017, n. 7472; Cass., Sez 2, 23 /3/1995, n. 2085), come, invece, preteso ne lla specie, sia di q uella riguardante l'asserita violazione degli artt. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., ricorrendo la prima solo quando si deduca che il giudice ha dic hiarato espressamente di non dover osservare la reg ola conten uta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma dispos te di su a iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il mede simo, n el valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto ch e ad altre, e la seconda unicamen te quando il giudice di merito abbia attrib uito l'onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, ma non anche quando il ricorrente intenda lamentare che, a causa di una incongrua va lutazione delle acqu isizioni istruttorie, l a sentenza impugnata abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere (Cass., Sez. 2, 21/3/2022, n. 9055). 
Né, infine, è ammissibile la parte del sesto motivo con la quale si lamenta che i giudici non avessero valutato la natura e la funzione del bene qualificato come dem aniale, atteso che t ale questione, pur implicate un accertamento di fatto, non risulta essere stata trattata nella sentenza impugnata, sicché sarebbe stato onere del ricorrente, onde non incorrere nell'inammissibilità per novità della censura, non solo allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice 19 di 20 di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, indicare in quale atto del giudizio precedente lo avesse fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (in questi termini, ### 2 , Sentenza n. 14 477 del 06/06/20 18; Cass., Sez. 6-5, 13/12 /2019, n. ###; Cass., Sez. 2, 15/3/202 2, 12877). 
Pertanto, le doglianze proposte dal ricorrente in ordine alla valutazione delle prove e al privilegio concesso a que lla offerta da parte convenuta, risultano, all'evidenza, inammissibili in quanto volte ad un nuovo apprezzamento della prova testimoniale e documentale per accreditare innanzi a que sta Corte di legittimi tà u n nuovo e rinnovato giudizio in relazione alla questione dell'appart enenza al ### e ai privati delle aree contese e della stessa sussistenza di un possesso utile ad usucapire, e ciò senza neanche articolare, sulle questioni sopra prospettate , il vizio di omesso esame di fatto decisivo, ai sensi del novellato articolo 360, primo comma, n. 5, cod.  proc. civ., unic o strumento attrave rso il quale è possibi le oggi sindacare, con ricorso per cassazione, il tessuto argomentativo di un provvedimento impugnato in sede di legittimità, laddove quest'ultimo dovesse omettere l'esame di un “fatto storico”, oggetto di discussione tra le parti e decisivo ai fini del l'adozione della decisione g iudiziale (vedi per tutte Cass., Sez .1, 12/5/2023, n. 131 12), benché la valutazione del compendio p robatorio sia preclusa a questa Corte, essendo riservata al giudice di merito al quale spetta, in via esclusiva, il compit o di individuare le fonti del prop rio convincimento, di controllarne l'attend ibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute ma ggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così 20 di 20 liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i cas i tassativ amente previ sti dalla legge (cfr. Cass., 13/01/2020, n. 331; Cass., Sez. 1, 2/8/2016, n. 16056; Cass.,04/08/2017, n. 19547; Cass., 04/11/2013, n. 24679; Cass. , 16/12/2011, n. 27197; Cass.,07/02/2004 n. 2357). 
Consegue da quanto detto, l'inammissibilità del ricorso.  9. In conc lusione, va dichiarata l'inammissibilità del ricorso. Le spese del giu dizio, liquid ate come in dispositivo, segu ono la soccombenza e devono essere poste a carico del ricorrente.  P.Q.M.  Dichiara inammissibile il ricorso. 
Condanna la ricorrente al pagament o, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in ### 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in ### 200,00 ed agli accessori di legge. 
Ai sensi d ell'art. 1 3, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1 , comma 17, legge n. 2 28 del 2012, dichiara la sussistenz a dei pre supposti processuali per il versamento, da parte de l ricorrente, di u n ulte riore importo de l contributo unificato pre visto per il ricorso a norma dell 'art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.  ### 28/9/2023  

Giudice/firmatari: Lombardo Luigi Giovanni, Pirari Valeria

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