testo integrale
#######. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA ai sensi dell'art. 281 sexies comma 3 cpc nella causa iscritta al N. R. G. 4977/2023 TRA ### in proprio e n. q. di moglie convivente di #### in proprio e n. q. di erede di ### nonché n. q. di genitore esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore #### in proprio e n. q. di erede di ### nonché ###### e ### tutti in proprio e n. q. di eredi di ### rapp.ti e difesi, giusta mandato in calce al ricorso, dall'avv. ### ed elett.te dom.ti presso lo studio di detto difensore in ### alla via ### n. 60 P.co dei ##### 1 Centro, in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa, giusta procura a margine della comparsa di costituzione, dall'avv. ### ed elett.te dom.ta con detto difensore presso il ### affari giuridico-legali della ### 1 Centro RESISTENTE NONCHE' ### con residenza come in ricorso RESISTENTE CONTUMACE OGGETTO: risarcimento danni da responsabilità medica. CONCLUSIONI: come da atti di causa e da verbale d'udienza del 9.9.2025.
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda avanzata dai ricorrenti è fondata e va accolta, tuttavia nei limiti e per i motivi di seguito precisati.
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, gli odierni istanti, deducevano quanto segue: che, in data ###, il de cuius ### con diagnosi di “ sospetta otite orecchio sinistro”, veniva visitato all'### di Napoli, dal quale era dimesso lo stesso giorno; che, sempre il ###, al mattino, ritornava presso il medesimo nosocomio, dove gli veniva diagnosticata una “ farongodinia”, e subito dopo dimesso; che, alle ore 14.04 di quella giornata, si rendeva necessario il ritorno al ### con nuova diagnosi di “ probabile ascesso faringeo”; che, il giorno 4.7.2020, era trasferito all'### del ### con diagnosi di “mediastinite”, e sottoposto ad intervento chirurgico di “ cervicotomia con drenaggio”; che, durante il ricovero, dall'esame colturale del 25.7.2020, era segnalata la presenza di “ acinetobacter baumenii”, mentre l'esame colturale del 2.9.2020 faceva rilevare la presenza di “ ### pneumoniae”; che, in data #### purtroppo decedeva; che, già prima del ricovero ospedaliero, i familiari del de cuius si erano rivolti, per le cure, al medico di fiducia dott. ### il quale, tuttavia, non avrebbe correttamente inquadrato le patologie da cui il paziente era affetto; che, nell'assunto di essi ricorrenti, la morte di ### sarebbe ascrivibile alla negligenza e/o imperizia dei sanitari intervenuti ( sia del dott. ### medico privato che già l'aveva in cura, sia dei sanitari dell'### sanitaria resistente), nonché ad una responsabilità ascrivibile alla struttura sanitaria in quanto tale.
In particolare, assumevano che il decesso de cuius sarebbe dipeso, in primo luogo, da un errore nella somministrazione dei farmaci al momento del ricovero, avendo essi sanitari somministrato, ad un soggetto gravemente diabetico, “ una fiala di Bentelan da 4 mg”, con aggravamento della già compromessa condizione immunitaria del paziente; in secondo luogo, la responsabilità sarebbe ascrivibile alla struttura ospedaliera in quanto tale, in ragione della contrazione, da parte del paziente, all'interno dell'ambiente ospedaliero, di batteri ccdd. “ mangiacarne”, e precisamente l' “ acinetobacter baumanii” e la“ ### pneumoniae”.
In ragione di tanto, essi istanti invocavano il risarcimento dei danni iure hereditatis ( nella forma del danno biologico e del danno da perdita di chances occorsi al de cuius), in qualità dunque di eredi del ### nonché dei danni iure proprio, per la perdita del cd. rapporto parentale conseguente al decesso del de cuius.
Si costituiva l'### 1 Centro, la quale, in primo luogo, deduceva la mancanza di prova, in capo agli istanti, della propria qualità di eredi; nel merito, contestava la domanda, chiedendone il rigetto, ritenendo insussistente la dedotta colpa medica in capo ai sanitari operanti presso detta ### ospedaliera.
Il resistente ### nonostante la notifica, a mezzo raccomandata a/r, dell'atto introduttivo ( v. relata del 8.11.2023), non si costituiva né altrimenti compariva, per cui ne va dichiarata la contumacia.
Nel corso del giudizio, veniva espletata CTU medico-legale con la nomina di un Collegio peritale; all'udienza del 9.9.2025, le parti concludevano chiedendo decidersi la causa; a detta udienza la causa, ai sensi del comma 3 dell'art. 281 sexies cpc, veniva riservata a sentenza.
In via del tutto preliminare, va ribadito che, nel giudizio de quo, vi è stata regolare instaurazione del contraddittorio, in ragione di quanto di seguito precisato.
In primo luogo, infatti, va rilevato come, a verbale d'udienza del 23.5.2024, l'Asl resistente deduceva che, nel caso di specie, difetterebbe agli atti di causa la prova del perfezionamento della notifica nei confronti dell'altro resistente, dott. ### prova, di contro, per quanto già detto agevolmente rinvenibile in atti, giusta allegazione dell'avviso di ricevimento della raccomandata a/r del 8.11.203.
Ancora, nel medesimo verbale d'udienza, la resistente Asl deduce che “ la competenza territoriale asserita in libello, ravvisabile nell'astratta connessione soggettiva/oggettiva a causa delle prestazioni … rese da tale medico, senza che ve ne sia peraltro alcuna traccia documentale, è servita unicamente a sradicare la competenza del ### di Napoli, altrimenti foro naturale per la domanda avanzata”.
Sul punto deve dirsi, in via preliminare, che, secondo il più recente avviso del Giudice di legittimità, la valutazione, da parte del giudice di merito, circa la sussistenza o meno della propria competenza, va fatta sulla base delle mere risultanze emergenti dagli atti introduttivi e dalle produzioni documentali effettuate con essi ( v. Cass. n. 20553/2019).
Orbene, tutto ciò premesso, venendo al caso di specie, non può non rilevarsi che, stando al tenore dell'atto introduttivo, i ricorrenti hanno dedotto ( v. pag. 2) uno specifico profilo di responsabilità in capo al resistente ### ( residente, per quanto dedotto da essi ricorrenti, in ### Comune rientrante nel circondario dell'intestato ### con conseguente radicamento della competenza territoriale di quest'ultimo ex art. 18 cpc), allorquando assumono che esso professionista, “ da tempo seguiva ( il paziente, ndr) sotto l'aspetto sanitario generale”, e dava a questi “ rassicurazioni sul proprio stato di salute”; trattasi, a ben vedere, di un contegno omissivo di per sé rilevante, quanto meno sotto il profilo assertivo.
Non può non rilevarsi, peraltro, come, in sede di comparsa di costituzione, non è stata sollevata, specificamente, eccezione di incompetenza territoriale dell'adìto ### invocando la competenza territoriale di un diverso ### giudiziario con riguardo alla residenza, ai sensi dell'art. 18 cpc, dell'ulteriore resistente ### è noto, sul punto, che, in tema di competenza territoriale nelle cause relative a diritti di obbligazione ( e, nel caso che ci occupa, esso resistente è stato evocato in giudizio quale libero professionista esercente la professione sanitaria, di tal che l'invocata responsabilità va qualificata, anche dopo l'entrata in vigore della ### come responsabilità di natura contrattuale), la disciplina dettata dall'art. 38 c.p.c. impone al convenuto, al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 28 c.p.c., l'onere non solo di indicare in comparsa di risposta il giudice ritenuto competente ma anche di contestare la competenza del giudice adito con riferimento a tutti i criteri concorrenti previsti dagli artt. 18, 19 e 20 c.p.c., la cui scelta è rimessa alla discrezione dell'attore ( v. Cass. n. 16284/2019).
Né, va precisato, nel caso di specie si verte in un'ipotesi di competenza territoriale inderogabile ex art. 28 cpc; invero, ai fini della competenza territoriale, nella controversia avente ad oggetto il pagamento di somme di danaro da parte degli enti pubblici, le norme di contabilità degli enti pubblici, che fissano il luogo di adempimento delle obbligazioni in quello della sede di tesoreria dell'ente, valgono ad individuare il "forum destinatae solutionis" eventualmente in deroga all'art. 1182 cod. civ., ma non rendono detto foro né esclusivo, né inderogabile. ###.A. convenuta che intenda, pertanto, eccepire la incompetenza del giudice adito, diverso da quello della sede della tesoreria, ha l'onere di contestare specificamente tutti i possibili fori, indicando le ragioni giustificative dell'esclusione di ogni momento di collegamento idoneo a radicare la competenza ( v.
Cass. Ordinanza n. 11781 del 18/06/2020); di tal che, secondo l'inequivoco disposto di cui al novellato art. 38 cpc, la deduzione circa l'incompetenza territoriale ### non è rilevabile d'ufficio, ma rimessa all'eccezione di parte, da proporsi, tempestivamente, nella comparsa di risposta.
In ragione di quanto detto, dunque, la spiegata eccezione, come anticipato, sollevata solo a verbale d'udienza del 23.5.2024, va dichiarata inammissibile poiché tardiva; sul punto, il giudice di legittimità ( v. Cass. n. 20553/2019) ha chiarito che l'eccezione di incompetenza territoriale del convenuto non introduce nel processo un tema sul quale è possibile lo svolgimento di un'istruzione secondo le regole della fase dell'istruzione in funzione della decisione nel merito, di modo che il giudice non può procedere alla decisione su di essa sulla base di prove costituende o documentali introdotte nel giudizio all'esito dello svolgimento di detta fase; essa, infatti, deve essere decisa sulla base delle risultanze emergenti dagli atti introduttivi e dalle produzioni documentali effettuate con essi, o in replica o controreplica alla prima udienza di cui all'art. 183 c.p.c. ( nel caso di specie, udienza ex art. 281 duodecies comma 1 cpc), salvo il caso in cui, in ragione di quanto reso necessario dal tenore dell'eccezione del convenuto o del rilievo del giudice, il rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa non esiga, secondo quanto prevede l'art. 38, ultimo comma, c.p.c., un'eventuale istruzione di natura sommaria "in limine litis", se del caso anche non documentale, diretta a chiarire il contenuto di quanto già risulta dagli atti. Tale istruzione, però, deve essere non solo sollecitata dalla parte interessata, ma deve aver luogo nella stessa prima udienza del giudizio o, se non sia possibile, in un'eventuale udienza appositamente fissata in breve, restando invece esclusa ogni possibilità di un suo svolgimento su sollecitazione successiva di una delle parti.
Quanto alla spiegata eccezione di improcedibilità della domanda, emerge dagli atti di causa l'avvenuto espletamento, in data ###, del tentativo di mediazione, conclusosi con verbale negativo.
Ancora, è in parte fondata e va accolta, nei limiti di seguito precisati, la deduzione, sollevata dalla resistente ### 1, di difetto della prova, in capo agli odierni ricorrenti, della loro qualità di eredi; va precisato che, secondo consolidato avviso del giudice di legittimità, il possesso della qualità di erede, in quanto incide sulla titolarità del diritto fatto valere in giudizio, non integra una questione di legittimazione in senso proprio, ma attiene al merito della causa ( v. Cass. ord. n. ### del 2 dicembre 2019).
Sul punto, deve dirsi che, secondo il giudice di legittimità, il soggetto che promuove l'azione nella asserita qualità di erede di un altro soggetto, indicato come originario titolare del diritto fatto valere, deve allegare la propria legittimazione e deve dimostrare sia il decesso della parte originaria sia l'asserita qualità di erede ( v. Cass. n. 21436/2018), rappresentando la qualità di erede un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio ( v. Cass. n. 16814/2018).
Nondimeno, la stessa S. C. ( v. Cass. n. 868/2017, ### VI) ha chiarito che, per quanto concerne la delazione di eredità, tale onere è idoneamente adempiuto con la produzione degli atti dello stato civile, dai quali è dato coerentemente desumere qual rapporto di parentela con il de cuius che legittima alla successione ex art. 565 ss. cc; il concetto è stato ribadito in tal senso anche nell'ordinanza della S. C. del 22 novembre 2019, n. ###, in cui si precisa che la qualità di erede non può essere dimostrata utilizzando come prova solo la denuncia di successione, ma è necessaria la presentazione di certificazioni anagrafiche, ovvero atti dai quali si evince il rapporto di parentela con il de cuius ( v. anche App. Genova, n. 932/2019).
Peraltro, aggiunge la S. C., con riguardo all'accettazione dell'eredità, poiché ai sensi dell'art. 476 cc l'accettazione tacita può desumersi dall'esplicazione di un'attività personale del chiamato incompatibile con la volontà di rinunciarvi, l'accettazione è implicita nell'esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie che - come nel caso di specie - essendo volte al ristoro dei danni occorsi al de cuius, non rientrano negli atti conservativi e di gestione dei beni ereditari consentiti dall'art. 460 cc, sicchè, trattandosi di azioni che travalicano il semplice mantenimento dello stato di fatto attuale quale esistente al momento dell'apertura della successione, il chiamato non avrebbe diritto di proporle e, proponendole, dimostra di aver accettato la qualità di erede.
Ciò premesso, venendo al caso di specie, emerge che soltanto i ricorrenti #### e ### tutti n. q. di eredi di ### hanno versato in atti, nel corso del giudizio, documentazione ( anche integrativa della documentazione anagrafica già allegata al ricorso) da cui si evince, anzitutto, l'avvenuto decesso del de cuius ### ( v. certificato di morte del 28.4.2025) - circostanza, questa, peraltro giammai contestata dalla resistente ed evincibile comunque dalla documentazione medica versata in atti in allegato al ricorso introduttivo -, nonché documentazione anagrafica ( v. certificati di famiglia allegati al ricorso introduttivo, estratti di nascita depositati il ###, integrativi di quelli già allegati al ricorso introduttivo, certificato di matrimonio con la ricorrente ### da cui si desume il rapporto di parentela e/o coniugio sussistente tra essi ricorrenti, da un lato, e il de cuius ### dall'altro.
Sul punto, deve dirsi peraltro che, ad avviso di chi scrive, il deposito ( documentale integrativo) effettuato dai ricorrenti in data ### deve ritenersi ammissibile, in ragione di quanto di seguito precisato.
Invero, è noto che, secondo consolidato avviso del giudice di legittimità, ribadite anche in un recentissimo arresto ( v. Corte di Cassazione, ### ordinanza 12 luglio 2024, n. 19226), le norme che pongono preclusioni e decadenze devono interpretarsi in modo restrittivo, di tal che non può condividersi la soluzione che ritiene di ricavare una perdita delle facoltà delle parti in via meramente interpretativa, ed in assenza di una esplicita manifestazione di volontà del legislatore; in particolare, aggiunge la S. C., nel rito sommario di cognizione ( oggi, procedimento semplificato di cognizione), è possibile integrare successivamente al deposito dell'atto introduttivo le proprie richieste istruttorie o introdurle ex novo e la circostanza che esse non siano state inserite nell'atto iniziale non può ridondare in danno della parte sotto forma di decadenza, e ciò in quanto il procedimento sommario di cognizione ( oggi, procedimento semplificato di cognizione) non prevede alcuna sanzione processuale nel caso di cui l'attore e il convenuto nei rispettivi atti (ricorso e comparsa di risposta) non indichino i mezzi di prova di cui intendano valersi né alleghino i documenti, per cui è ammissibile la produzione documentale successiva al deposito del primo atto difensivo e fino alla pronuncia dell'ordinanza di cui all'art. 702-ter c.p.c. ( oggi, provvedimento decisorio ex art. 281 terdecies cpc, ndr).
Nondimeno, già nella vigenza del procedimento ex artt. 702 bis ss cpc il giudice di legittimità aveva chiarito che, poiché l'art. 702 bis c.p.c., commi 1 e 4, non prevede ( va) alcuna specifica sanzione processuale, nè in relazione al mancato rispetto del requisito di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti di cui il ricorrente e il resistente intendano, rispettivamente, avvalersi, nè in relazione alla mancata allegazione di detti documenti al ricorso o alla comparsa di risposta, è ammissibile la produzione documentale eseguita, nell'ambito del procedimento sommario disciplinato dagli artt. 702 bis e ss. c.p.c., successivamente al deposito del primo atto difensivo e fino alla pronuncia dell'ordinanza di cui all'art. 702 ter c.p.c. ( v. Cassazione civile, sez. VI, 07 Gennaio 2021, n. 46).
Va precisato, peraltro, che, nel caso di specie, nemmeno sono stati richiesti dalle parti, né concessi dal giudice istruttore, alla prima udienza di trattazione, i termini di cui al comma 4 dell'art. 281 duodecies cpc, i soli termini che la disposizione da ultimo indicata espressamente definisce “perentori”, il che, per quanto sopra detto in tema di inapplicabilità, in via analogica, di sanzioni processuali nel silenzio del legislatore, ridonda ulteriormente nel senso di inoperatività, nel caso de quo, di qualsivoglia preclusione istruttoria a carico della parte che abbia integrato la documentazione fino all'udienza di rimessione della causa in decisione.
Di contro, alcuna documentazione giustificativa del rapporto di parentela con il de cuius è stata depositata in atti dai ricorrenti ###### e ### tutti asseritamente fratelli e sorelle del de cuius ### difetta, cioè, agli atti, l'allegazione, in sostanza, di un certificato di famiglia storico e integrale, da cui possa evincersi la sussistenza di un vincolo di parentela ( quali fratelli e sorelle) tra essi istanti e ### di tal che la relativa domanda va rigettata nel merito.
Nondimeno, sempre in via preliminare, va dichiarato, ai sensi dell'art. 75 cpc, il difetto della legittimazione attiva in capo alla ricorrente ### n. q. di genitore esercente la potestà sulla figlia minore ### Invero, è noto che, ai sensi dell'art. 320 cc, quando l'esercizio della potestà genitoriale compete ad entrambi i genitori, questi ultimi rappresentano il figlio congiuntamente: ne deriva che all'atto debbono partecipare contestualmente entrambi i genitori, sottoscrivendo congiuntamente la domanda giudiziale proposta in suo nome.
Ciò detto, venendo al caso di specie, emerge ( v. certificato del 30.4.2025) che sulla minore ### - e non è stata allegata prova contraria rispetto alle risultanze della documentazione anagrafica - esercitano la potestà genitoriale il padre, ### e la madre ### nondimeno, in difetto, ripetesi, di allegazioni in senso contrario, nel ricorso non è indicato se la ricorrente ### abbia agito o meno, quale genitore esercente la potestà sulla figlia minore, anche in nome e per conto del di lei padre ### di tal che, come anticipato, va dichiarato il difetto di legittimazione attiva in capo a ### n. q. di genitore esercente la potestà sulla figlia minore ### Tutto ciò premesso quanto alle questioni preliminari, prima di affrontare il merito della vicenda, occorre, ad avviso di chi scrive, procedere ad una precisazione di ordine metodologico: appare necessario ricordare che, ai fini di un assai rapido inquadramento della cd. responsabilità per colpa medica, con l'entrata in vigore della cd. ### viene a tracciarsi una netta demarcazione tra la responsabilità della struttura pubblica o privata e della persona fisica del personale medico o paramedico che incorre nella responsabilità: mentre viene ad attrarsi nella responsabilità contrattuale la responsabilità della struttura e quindi soggetta alle norme dell'art. 1218 e ss. c.c., l'esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell'art. 2043 c.c., salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.
Già prima della ### invero, il rapporto che si instaura### tra paziente e casa di cura privata (o ente ospedaliero) aveva fonte in un tipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall'assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgevano a carico della casa di cura (o dell'ente), accanto a quelli di tipo lato sensu alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze ( v. Cass. n. 13953/2007; Cass. n. 13066/2004).
Ne consegue, dunque, prima come oggi, dopo la ### che la responsabilità della casa di cura (o dell'ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale, e può conseguire, ai sensi dell'art. 1218 c.c., all'inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, ai sensi dell'art. 1228 c.c., all'inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche “di fiducia” dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto.
Con l'introduzione della nuova ### dunque, si instaura un c.d. regime bipartito, attraverso la previsione di una responsabilità contrattuale per soggetti che hanno il pieno governo del proprio rischio (strutture e liberi professionisti) in base a rapporto autenticamente contrattuale o all'accettazione del paziente in ospedale, ed una responsabilità extracontrattuale per chi non ha il pieno governo del rischio (medici dipendenti o convenzionati con SSN o comunque operanti in struttura).
Stante la natura contrattuale della responsabilità delle strutture sanitarie e dei medici liberi professionisti, il danneggiato deve fornire la prova del contratto ( o del cd. contatto sociale) e dell'aggravamento della situazione patologica e del relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari, restando a carico dell'obbligato la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano derivati da un evento imprevisto ed imprevedibile ( v. Cass. n. 975 del 16.1.2009).
A tale riguardo è utile, se non altro per la estrema attualità, evidenziare la recente sentenza della S. C. n. 24073 del 13 ottobre 2017 in cui si ribadisce “il principio di diritto secondo cui, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell'onere probatorio l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo invece a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante ( Cass. Sez. UU, Sentenza n. 577 del 11/01/2008; id. Sez. 3, Sentenza n. 27855 del 12/12/2013)”.
Prima di esaminare in concreto la vicenda de quo, va altresì precisato che particolare rilievo, in tema di responsabilità medica, assume lo studio e l'analisi della sussistenza o meno, nel caso di specie, del nesso di causalità tra condotta ( attiva od omissiva) ed evento.
In primo luogo, infatti, va precisato che, secondo un recentissimo orientamento della Suprema Corte, il nesso causale in materia di responsabilità civile è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cp, per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché del criterio cd. della causalità adeguata, sulla base del quale, all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell'accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o “ del più probabile che non”, mentre nel processo penale vige la regola della prova “ oltre il ragionevole dubbio” ( v. Cass. n. 16123 del 8.7.2010).
Venendo al merito della vicenda, ritiene questo giudice che, sulla scorta della CTU versata in atti - a firma dei dott.ri ### ( specialista in infettivologia) e ### ( specialista in medicina-legale) - sono ravvisabili profili di responsabilità, in capo ai sanitari intervenuti ( in particolare, come appresso sarà evidenziato, quelli operanti presso l'### del ### in Napoli), nonché a carico della struttura ospedaliera in quanto tale, per la morte del sig. ### e ciò in ragione di quanto di seguito precisato.
In primo luogo, i nominati ### deducono che, a loro avviso, “ l'utilizzo di cortisone ad alte dosi ( betametasone e metilprednisolone) nella fase iniziale dell'assistenza al sig. ### non è stato opportuno, perché non solo non è servito a migliorare le difficoltà respiratorie, ma ha indotto picchi di glicemia, che certamente hanno contribuito alla diffusione delle infezioni; poichè fin dall'inizio era evidente la presenza di un ascesso parafaringeo e mediastinico, l'aspetto infettivo della vicenda clinica doveva essere curato con maggiore impegno, essendo del pari evidente che i ripetuti drenaggi chirurgici … non fermavano la progressione della malattia”; in sostanza, aggiungono i periti d'ufficio, “ la progressione della malattia è stata facilitata anche dalla inefficacia delle cure attuate”.
Ad avviso di chi scrive, tuttavia, in ragione di un sistematico esame degli atti di causa, le cennate conclusioni cui, sul punto, sono giunti i nominati ### non sono condivisibili, alla luce delle inequivoche controdeduzioni sollevate dal perito della resistente ### dott. ### Sul punto specifico, infatti, va oggettivamente evidenziato che, da un lato, vi fu, nel caso di specie, sin da subito “ una corretta diagnosi … di sospetto ascesso faringeo”, il che induce ad escludere la sussistenza, in capo ai sanitari intervenuti, di un errore nella diagnosi iniziale, con conseguente somministrazione di famaci non adeguati allo stato effettivo. Dall'altro lato, il perito di parte precisa che “ il cortisone è frequentemente utilizzato nelle infezioni batteriche e controindicato solo inizialmente in quelle virali; il dosaggio utilizzato nei diabetici è facilmente controllabile con le terapie insuliniche”; ne discende, allora, che “ affermare che esso sia proattivo all'infezione è come affermare che il paziente sia giunto in ### sano e non con un'evidente sepsi batterica”.
Si deve concludere, allora, che la deduzione secondo cui, in ragione delle condizioni del paziente al momento del ricovero, la somministrazione di cortisone non sarebbe stata adeguata, non trova riscontro nelle risultanze cliniche, da cui emerge, di contro, che, proprio al momento del ricovero all'### del ### non poteva sicuramente discettarsi di una infezione virale in capo al de cuius, ma di una diversa ipotesi di infezione batterica, rectius sepsi batterica, come tale, secondo la letteratura medica, non incompatibile con la somministrazione di cortisone, il cui dosaggio, peraltro, nei pazienti diabetici ( come lo ###, può essere facilmente controllato con le terapie insuliniche.
Ciò detto in ordine alla dedotta ( ma non provata) condotta asseritamente negligente in capo ai sanitari intervenuti, deve tuttavia ritenersi, sulla scorta del materiale istruttorio raccolto, che il decesso del de cuius ### si dipeso da una pluralità di cause, tra cui, oltre alle sue condizioni endogene già presenti al momento del ricovero, la contrazione, da parte dello stesso, di infezioni nosocomiali che hanno sicuramente favorito, sia pure in termini percentuali, il verificarsi del decesso.
Anzitutto, sul punto i ### chiariscono che “ il decesso del de cuius è avvenuto per arresto cardiocircolatorio terminale in soggetto con insufficienza multiorganica da sepsi di germi opportunisti da infezione polmonare, che ha comportato l'atelettasia totale del polmone di destra e parziale del polmone di sinistra; tale infezione è stata determinata dall'azione congiunta dei due batteri ### pneumoniae e acinetobacter baumanii, la cui presenza è documentata dalla positività del broncoaspirato” ( v. pag. 32 della ctu).
In particolare, essi precisano che “ l'infezione nosocomiale da agenti patogeni tipici è stata diagnosticata dopo il ricovero in ### infatti, il riscontro di acinetobacter baumanii è avvenuto in data ### sul tampone della trachestomia, mentre la positività a ### pneumoniae e ad acinetobacter è stata riscontrata sulla coltura del broncoaspirato del 2.9.2020”; orbene, “ considerato che l'ingresso in ### del sig. ### è avvenuto per la prima volta il ### al ### del ### è evidente che il contagio è avvenuto dopo il ricovero”; infatti, “ considerato che la morte del periziando … è avvenuta per shock settico, considerato che l'organo più colpito è stato il polmone ( la Tac dell'1.9.2020 evidenziava una “ atelettasia totale del polmone di destra” e del lobo superiore del polmone di sinistra), non v'è dubbio che questi due germi, che prediligono il sito polmonare, abbiano avuto un ruolo preminente nel decesso del de cuius”.
Si tratta, a ben vedere, di “ germi opportunisti da infezione nosocomiale (acinetobacter e ### pneumoniae) … multiresistenti a sentinella di infezione correlata all'assistenza”; va peraltro aggiunto che, secondo i periti d'ufficio, “ il riscontro ( di detti germi opportunisti, ndr) è stato tardivo ( 25.7.2020 per l'### e 2.9.2020 per la ###”, di tal che può ritenersi che “ la diagnosi di infezione nosocomiale è stata molto tardiva”.
Conclusioni, queste, contestate dai consulenti della parte resistente, secondo il cui avviso, nel caso di specie, se da un lato “ il monitoraggio clinico microbiologico del paziente è stato costante e continuo … sulla scorta degli antibiogrammi”, dall'altro deve ritenersi che, in ragione delle già gravi condizioni cliniche del paziente ( deficit immunitario), i cennati germi opportunisti sarebbero non altro che espressione di una condizione “ endogena”, frutto cioè di una “ slatentizzazione di flora batterica già presente sul soggetto”, come desumibile dai “ primi isolamenti da broncoaspirato … relativi ad una candida ( isolamento 61569 del 4.7.2020), cui segue un ulteriore isolamento di candida ( 63935 del 11.7.2020) e successivamente il primo isolamento di ### baumanii ( 65486 del 14.7.2020)”.
Deduzione, questa, ribadita da essi consulenti di parte anche a verbale d'udienza del 9.9.2025, in cui si precisava che, “ in ragione della circostanza pe cui il paziente, al momento del ricovero, aveva già un ascesso parafaringeo, patologia che già di per sé è espressione di una infezione già esistente, vi è una probabilità del 60 % che detto microrganismo fosse già presente al momento del ricovero”.
Ritiene chi scrive, tuttavia, che le indicate controdeduzioni siano in evidente contrasto con le risultanze oggettive ( versate in atti e vagliate dal collegio peritale), da cui può inequivocamente desumersi che, al momento del ricovero, ed in ragione dei riscontri clinici immediatamente allo stesso successivi, non è stata rinvenuta, in capo al paziente, la presenza - ad esclusione della candida - di quei batteri multiresistenti (acinetobacter e ### pneumoniae) che hanno poi concorso, unitamente ad altri fattori, a cagionarne il decesso.
Sul punto, invero, è lo stesso CTU dott. ### a ribadire, a verbale d'udienza del 9.9.2025, che “ in data ### il paziente è stato sottoposto a broncoaspirato presso l'### del ### e ( dallo stesso, ndr) risultava “ assenza di crescita”, che equivale ad escludere la presenza di batteri, ad esclusione della candida; così come nel referto del 8.7.2020”; orbene, esso specialista ha precisato ( v. pag. 9 della ctu) che la diffusione dell'### baumanii “ nelle unità di terapia intensiva è stata attribuita alla colonizzazione del personale sanitario, alla contaminazione delle attrezzature mediche e delle soluzioni per nutrizione parenterale”, così come “ le infezioni da ### sono particolarmente diffuse in ambito ospedaliero” ( v. pag. 10 della ctu).
Deve dirsi, allora, che le controdeduzioni sul punto sollevate dai periti della resistente Asl non sono idonee, ad avviso di chi scrive, a superare le risultanze dei dati clinici obiettivi di cui appena detto; peraltro, non può non evidenziarsi che, da un lato, nella stessa relazione di parte ci si limita a dedurre ( v. pag. 27) che i citati batteri sarebbero di “ verosimile provenienza endogena”, dall'altro, come sopra indicato, lo stesso dott. ### alla cenata udienza del 9.9.2025, ha chiarito che, in ogni caso, la valutazione della natura endogena degli stessi ( presumibilmente legata alla presenza di un ascesso parafaringeo), si fonda comunque su una percentuale del 60 %.
In ragione di tutto quanto detto, dunque, alcun dubbio sussiste, ad avviso di chi scrive, in ordine alla responsabilità della struttura sanitaria in cui il de cuius è stato ricoverato.
Su questo ultimo punto, invero, è noto che la legge ### (art. 1) richiama l'art. 32 della ### sottolineando l'importanza della sicurezza delle cure come parte integrante del diritto alla salute; in questo contesto, dunque, la sicurezza non si limita più al solo "rischio clinico" legato alle attività propriamente cliniche, ma si estende a tutte le attività sanitarie, socio-sanitarie, assistenziali, organizzative e gestionali connesse.
Ancora, le direttive della ### mondiale della ### hanno definito le infezioni correlate all'assistenza come "infezioni che si possono contrarre durante il ricovero in ospedale o la permanenza in una struttura sanitaria" (###; nondimeno, i criteri per identificare un'infezione come nosocomiale includono il criterio temporale, integrato dal numero di giorni trascorsi dal paziente in ambiente ospedaliero, il criterio topografico, fondato sulla insorgenza dell'infezione nel sito chirurgico interessato dall'intervento, e il criterio clinico, legato alla specificità dell'infezione e alla verifica dell'avvenuta adozione ( o meno) di misure di prevenzione necessarie.
Ciò premesso, quanto alla individuazione del regime di responsabilità ascrivibile alla struttura nosocomiale, la giurisprudenza di legittimità di legittimità ha da tempo chiarito che la responsabilità della stessa per le infezioni nosocomiali non è di natura oggettiva; essa struttura, però, per essere dichiarata esente da responsabilità ha l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele previste dalle normative vigenti per prevenire l'insorgenza di patologie infettive e di aver applicato i protocolli di prevenzione nel caso specifico.
Di contro, il paziente ha l'onere di provare il nesso di causalità tra l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie) e la riconducibilità dello stesso alla insorgenza di patologie di natura nosocomiale, incombendo sulla struttura l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele previste per prevenire l'insorgenza di patologie infettive.
È quanto, in sostanza, recentissimamente ribadito dalla ### corte ( v. Cass., sent. 6386/2023 del 3 marzo 2023), la quale, in primo luogo, ha precisato che il diritto di richiedere il risarcimento dei danni causati dall'infezione dà la stura ad un'azione ( spiegata contro la struttura ospedaliera) di sicura natura extracontrattuale; nondimeno, nel pieno rispetto del criterio di ripartizione della prova in materia di illecito aquiliano, resta onere della struttura quello di dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni necessarie a prevenire o quantomeno mitigare il rischio infettivo: si va, in sostanza, dai protocolli di sterilizzazione degli ambienti, alla disinfezione della biancheria, dallo smaltimento dei rifiuti, alla distribuzione di cibi e bevande, dalla conservazione dei disinfettanti alla manutenzione degli impianti di condizionamento, dall'attivazione dei sistemi di sorveglianza, alle limitazioni in tema di accesso dei visitatori, dal controllo della salute del personale sanitario, alla congruità del rapporto numerico medico paziente e ancora molti altri adempimenti che devono essere rispettati.
Con l'ulteriore precisazione che, in detta evenienza, la prova liberatoria non è soddisfatta dalla mera astratta previsione di queste misure e di questi protocolli, ma dalla dimostrazione, in concreto, dell'effettivo rispetto delle regole nel caso specifico.
Non può, allora, non rilevarsi come, nel caso che ci occupa, siffatta prova non sia stata affatto fornita dall'Asl resistente, i cui consulenti di parte, come sopra evidenziato, si sono limitati, sul punto, ( v. pag. 25 della ctu), a citare “ i provvedimenti aziendali vigenti all'epoca dei fatti”, provvedimenti recettivi delle prassi interne sulla gestione delle infezioni ospedaliere, e, comunque, a dedurre - senza che ciò, ad avviso di chi scrive, sia stato idoneo a suffragare l'onere probatorio di cui appena detto - che “ il monitoraggio clinico microbiologico del paziente è stato costante e continuo … sulla scorta degli antibiogrammi”.
Non è, di contro, ravvisabile alcun tipo di responsabilità, in ragione dell'espletata istruttoria, in capo al resistente ### Sul punto, si è detto che, in sede di ricorso introduttivo, gli odierni istanti deducevano che il de cuius ### si sarebbe “ affidato alle cure del dr. ### che da tempo lo seguiva sotto l'aspetto sanitario generale, ricevendo rassicurazioni sul proprio stato di salute” ( v. pag. 2 del ricorso); nondimeno, deve rilevarsi come, nel caso di specie, siffatto assunto sia rimasto del tuto destituito di sostegno probatorio, considerato che non risulta versata in atti alcuna documentazione medica attestante la sussistenza di un percorso terapeutico -antecedente al ricoveroda tale inferire in ordine ad un rapporto professionale tra il ### ( in qualità di medico privato) e il de cuius ### Né, d'altro canto, vi è la prova di un intervento terapeutico del ### nella fase successiva al ricovero, considerato che lo stesso collegio peritale ha chiarito che “ non risulta agli atti che abbia partecipato ( esso resistente, ndr) alla visite ospedaliere o sia stato convocato dai medici ospedalieri per un consulto sul caso clinico del sig. Iovine” ( v. pag. 34 della ctu).
Ciò detto, occorre a questo punto procedere alla individuazione delle voci di danno che vanno risarcite in favore degli istanti, e cioè gli odierni ricorrenti.
In primo luogo, essi hanno invocato ( v. pagina 11 del ricorso ) il ristoro del danno loro occorso iure proprio, inteso come danno da essi subìto in ragione della perdita del rapporto parentale, causato dal decesso del de cuius ### in secondo luogo, essi hanno invocato il ristoro del danno, iure hereditatis, a titolo di danno biologico e di danno da perdita delle chanches di sopravvivenza, entrambi occorsi al loro dante causa.
Ciò detto, ritiene chi scrive che, in ragione di quanto di seguito precisato, soltanto la prima voce di danno possa essere risarcita nel caso di specie, con esclusione di tutte le restanti voci, e ciò per i motivi di seguito precisati.
In via del tutto preliminare, va precisato che, secondo il Collegio peritale, “ la perdita delle chance di sopravvivenza è stata superiore al 70 %” ( v. pag. 33 della ctu); siffatta conclusione, tuttavia, non appare pienamente condivisibile, tenuto conto, a avviso di chi scrive, non solo del complessivo esame del materiale istruttorio raccolto, ma soprattutto della verifica delle condizioni cliniche del de cuius già al momento del suo ricovero ( 2.7.2020).
Come, infatti, ribadito più volte dai consulenti della parte resistente, e vieppiù precisato dal dott. ### a verbale d'udienza del 9.9.2025, “ comunque siamo in presenza di un paziente che era epatopatico, diabetico e con una neoplasia misconosciuta, con una probabilità di morte in un soggetto normale pari al 70 %; nel caso specifico, vi sono altre morbilità che peggiorano la prognosi, in particolare la mediastinite riscontrata già al Pellegrini”; dall'altro lato, di contro, il collegio peritale collega l'incidenza dei due batteri nosocomiali ( ### e acinetobacter) all'evento morte secondo una percentuale superiore al 70 %, tano che, sempre a verbale d'udienza del 9.9.025, lo specialista infettivologo dott. ### ribadisce che “ la ### ha avuto un effetto determinante della morte”.
Orbene, in ragione di tutto quanto detto, ritiene chi scrive che, nel caso di specie, non possa non tenersi conto, ai fini del computo della percentuale di incidenza dei batteri nosocomiali sull'evento morte, delle pregresse, gravi, condizioni del paziente già al momento del ricovero; trattavasi, in sostanza, di un soggetto affetto da epatopatia, diabete e nefropatia, cui sono da aggiungersi le due più gravi complicanze della fascite necrotizzante e della mediastinite, per cui, ad avviso di chi scrive, può concludersi nel senso che, rispetto al decesso, l'insorgenza delle infezioni nosocomiali abbia avuto un'incidenza nel limite del 50 %, di tal che le pregresse condizioni del paziente hanno inciso sull'evento morte nella misura del 50 %.
Ciò premesso, venendo ad esaminare le voci di danno risarcibili, chi scrive aderisce ad un orientamento, ormai consolidato presso la giurisprudenza di legittimità, e ribadito in una recente e articolata sentenza della S. C. ( v. Cass. n. 26851/2023), secondo il quale, in ipotesi - come quella in esame - di condotta colpevole del sanitario, cui sia conseguita la perdita anticipata della vita - perdita che si sarebbe comunque verificata, sia pur in epoca successiva, per la pregressa patologia del paziente - non è concepibile, né logicamente né giuridicamente, un danno da ‘perdita anticipata della vita' trasmissibile iure successionis, non essendo predicabile, nell'attuale sistema della responsabilità civile, la risarcibilità del danno tanatologico; infatti, secondo il ###, causare la morte di una persona non comporta a favore di quest'ultima un diritto al risarcimento del danno per aver perso la vita anticipatamente rispetto alle prospettive statistiche di durata della vita o rispetto a quelle fornite dalla scienza medica.
Di contro, in tale ipotesi, è possibile risarcire il danno da perdita anticipata della vita, con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, rappresentato dal pregiudizio da minor tempo vissuto dal congiunto; per detta voce di danno, in ipotesi di morte del paziente dipendente ### dall'errore medico, qualora l'evento risulti riconducibile alla concomitanza di una condotta umana e di una causa naturale, l'autore del fatto illecito risponde in toto dell'evento eziologicamente riconducibile alla sua condotta, in base ai criteri di equivalenza della causalità materiale, potendo l'eventuale efficienza concausale dei suddetti eventi naturali rilevare esclusivamente sul piano della causalità giuridica, ai sensi dell'art. 1223 È possibile, dunque, riconoscere un danno da perdita anticipata della vita, con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, definendolo come il pregiudizio da minor tempo vissuto ( danno da perdita anticipata del rapporto parentale), ovvero da valore biologico relazionale residuo di cui non si è fruito, correlato al periodo di tempo effettivamente vissuto.
Siffatta limitazione, invero, discende da un ormai consolidato avviso della giurisprudenza di legittimità, secondo cui ( v. SS. UU. n. 15350/2015), “perché la perdita del bene giuridico possa costituire un danno risarcibile, è necessario che sia riferibile a un soggetto legittimato a far valere il credito risarcitorio. Nel caso di morte (perdita del bene vita) la non risarcibilità deriva (non dalla natura personalissima del diritto leso, come ritenuto da Cass. n. 6938 del 1998, poiché, come esattamente rilevato dalla sentenza n. 4991 del 1996, ciò di cui si discute è il credito risarcitorio, certamente trasmissibile), ma dalla assenza di un soggetto al quale, nel momento in cui si verifica, sia collegabile la perdita stessa e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito”.
Orbene, non vi è dubbio che il principio citato per il quale, ai fini del risarcimento del danno, è necessaria l'esistenza di un soggetto creditore che, tuttavia, nel caso della perdita del bene “vita” non esiste più, possa essere esteso anche al danno da perdita di chance di sopravvivenza, poichè tali considerazioni “debbono indubitabilmente valere anche per la perdita della possibilità di rimanere in vita: anche tale perdita, infatti, si realizza solo con la morte del soggetto e, anzi, a ben vedere, non pare poter essere realmente distinta dalla perdita della vita” ( v. Trib. Milano, sent. del 3.12.2022, Sez. I): e quanto sopra appare condivisibile anche perchè, ove si ammettesse la trasmissibilità agli eredi del risarcimento della perdita della possibilità di sopravvivere del paziente, a fortiori dovrebbe essere risarcita la perdita della certezza di sopravvivere, che altro non è, per l'appunto, che il diritto alla vita.
Ne consegue, allora, che, nell'ipotesi di un paziente che, al momento dell'introduzione della lite, sia già deceduto - come nel caso che ci occupa -, sono concepibili e risarcibili iure hereditario, i danni conseguenti alla condotta del medico che abbia causato la perdita anticipata della vita del paziente (determinata nell'an e nel quantum), come danno biologico differenziale (peggiore qualità della vita effettivamente vissuta), considerato nella sua oggettività, e come danno morale da lucida consapevolezza della anticipazione della propria morte, eventualmente predicabile soltanto a far data dall'altrettanto eventuale acquisizione di tale consapevolezza in vita, solo se allegati e provati, il che, di contro, non si ravvisa in alcun modo nell'ipotesi di specie.
Tutto ciò premesso quanto alle voci di danno risarcibili nella vicenda in oggetto, deve dirsi che, con riguardo al danno risarcibile iure proprio in favore dei ricorrenti, e cioè del danno da perdita anticipata del rapporto parentale, rappresentato dal pregiudizio da minor tempo vissuto dal congiunto, non vi è dubbio che il fatto di cui è causa presenta oggettivamente gli estremi del reato - colposo(cfr. Cass., 17/9/2010, n. 19816), e, come le ### del 2008 hanno avuto modo di affermare, nell'ipotesi in cui il fatto illecito si configura (anche solo astrattamente: v. già Cass., Un., 6/12/1982, n. 6651) come reato, il danno non patrimoniale sofferto dalla persona offesa e dagli ulteriori eventuali danneggiati (nel case di illecito plurioffensivo: v. Cass. 4186 del 1998; Cass., Sez. Un., n. 9556 del 2002) è risarcibile nella più ampia accezione di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, giacché in tal caso, superato il tradizionale orientamento che limitava il risarcimento al solo danno morale soggettivo, identificato con il patema d'animo transeunte, ed affermata la risarcibilità del danno non patrimoniale nella sua più ampia accezione, anche il pregiudizio non patrimoniale consistente nel non poter fare (ma sarebbe meglio dire: nella sofferenza morale determinata dal non poter fare) è risarcibile (cosi Cass., 11/11/2008, n. 26972).
Va ancora ribadito che il danno non patrimoniale iure proprio del congiunto, è ristorabile non solo in caso di perdita ma anche di mera lesione del rapporto parentale (cfr., con riferimento al danno morale in favore dei prossimi congiunti della vittima di lesioni colpose, v. Cass., 3/4/2008, n. 8546; Cass., 14/6/2006, n. 13754; Cass., 31/5/2003, n. 8827; Cass., Sez. Un., 1/7/2002, n. 9556; Cass., 1/12/1999, n. 13358).
Da ultimo, in questa direzione, la S. C. ha precisato che “al prossimo congiunto di persona che abbia subito lesioni a causa di fatto illecito costituente reato spetta il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto in conseguenza di tale evento, dovendo ai fini della liquidazione del relativo ristoro tenersi in considerazione la sofferenza (o patema d'animo) anche sotto il profilo della sua degenerazione in obiettivi profili relazionali; la prova di tale danno può essere data anche con presunzioni” ( v. Cass7844/2011).
Il danno da perdita del rapporto parentale si collega, invero, non già alla lesione del diritto costituzionale alla salute tutelato dall'art. 32 Cost., ma alla dimensione dinamicorelazionale della persona lesa dalla perdita della persona cara e, dunque, al vuoto “esistenziale” lasciato dalla scomparsa di un componente del nucleo familiare, con conseguente offesa di diritti e principi di rango costituzionale; esso va al di là del crudo dolore che la morte in sè di una persona cara provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi esso nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell'irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull'affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra stretti congiunti, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonchè nell'alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti (cfr. Cass. civ. 31.05.2003, nn. 8827 e 8828; Corte cost. 11.07.2003 n. 233; Cass. civ. sez. un. 11.11.2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975).
Nella giurisprudenza della ### si evidenzia la necessità di dare adeguata risposta all'esigenza di ristoro fatta valere dai prossimi congiunti della vittima primaria, che hanno perso, in conseguenza della morte di una persona, la possibilità di godere del rapporto parentale con la persona stessa in tutte le sue possibili modalità attuative (Cass. civ. 6754/2011).
In punto di diritto, per quanto riguarda il coniuge e i figli del de cuius, si evidenzia che, in tema di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, la sussistenza di effettivi rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il congiunto è assistita da una presunzione "iuris tantum", fondata sulla comune appartenenza al medesimo "nucleo familiare minimo", che può essere superata dalla prova contraria fornita dal convenuto -nella fattispecie non fornita(cfr. Cass. civ. Sez. 3, Sent. n. 9010 del 21.03.2022).
Riconosciuta, dunque, la legittimazione attiva sostanziale dei ricorrenti, in punto di liquidazione dello stesso si evidenzia che, in mancanza di parametri di quantificazione analitica, il danno da perdita del rapporto parentale, così come altre ipotesi di danno non patrimoniale, è liquidabile esclusivamente mediante il ricorso a criteri equitativi a norma del combinato disposto degli artt. 1226 e 2056 Proprio per assicurare l'esigenza di uniformità di trattamento in situazioni analoghe e, quindi, di certezza del diritto, sono state predisposte delle ### che individuano parametri uniformi per la liquidazione del danno non patrimoniale. ### ha avuto modo di affermare che le tabelle per la liquidazione del danno alla persona predisposte dal ### di Milano sono munite di efficacia para-normativa in quanto concretizzano il criterio della liquidazione equitativa di cui all'art. 1226 c.c (cfr .Cass. Sez. Sent. n. 8532 del 06.05.2020). Inoltre la ### di recente ha espresso il principio per cui in tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul "sistema a punti", che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella (cfr. Cass. Sez. 3, Sent. n. 10579 del 21.04.2021 e Cass. civ. sez. VI, 23.06.2022 n.20292).
Nel 2022 l'### sulla Giustizia civile di ### ha aggiornato i criteri orientativi già elaborati per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla perdita di rapporto parentale in seguito all'orientamento recentemente espresso dalla ### di Cassazione nella sentenza n. 10579/2021; i parametri delle ### di ### sono poi stati aggiornati nell'anno 2024.
Le tabelle del ### di ### del 2024, che fanno riferimento ad un valore punto, pari a € 3.911,00 nel caso di perdita di genitori, figli, coniuge non separato, parte dell'unione civile e convivente di fatto, pari invece a € 1.698,00 nel caso di perdita di fratelli/nipoti; fanno, inoltre, riferimento a cinque parametri (l'età della vittima primaria, l'età della vittima secondaria; la convivenza tra le due; la sopravvivenza di altri congiunti del nucleo familiare primario del de cuius nel primo caso e di altri congiunti entro il secondo grado nel secondo caso; la qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta). Partendo dal valore punto, i punti totali attribuibili sono 118 per la tabella relativa alla perdita di genitori/figli/coniuge/assimilati, e di 116 per la tabella relativa alla perdita di fratelli/nipoti, con una soglia non superabile (“cap”) di € 391.103,18 per la prima e di € 169.830,60 per la seconda. La distribuzione dei punti avviene tenendo conto dei parametri in precedenza richiamati: a. età della vittima primaria: sono distribuiti un massimo di 28 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico-relazionale); b. età della vittima secondaria: sono distribuiti un massimo di 28 punti come sopra; c. convivenza: sono attribuiti 16 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico relazionale) se le due vittime convivevano; mentre, vengono assegnati 8 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico relazionale) qualora le due vittime, benché non conviventi, abitino nello stesso stabile o complesso condominiale; d. sopravvivenza di altri congiunti: fino a 16 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico relazionale); e. qualità e intensità della relazione affettiva: sino a 30 punti.
Per come sottolineato dalla S.C.: “La pubblicazione di due tabelle con una differente distribuzione di punti consente altresì di diversificare i criteri relativi alla perdita del parente di primo grado e coniuge/assimilati e quelli previsti per i parenti di secondo grado. Inoltre, emerge che, dei cinque parametri considerati ai fini della distribuzione a punti, quattro hanno natura oggettiva - e sono quindi dimostrabili - in guisa, va peraltro specificato, di presunzioni semplici, che consentono sempre la prova contraria - anche con documenti anagrafici, mentre il quinto ha natura soggettiva e riguarda sia gli aspetti dinamico relazionali (stravolgimento della vita della vittima secondaria in conseguenza della perdita) sia quelli da sofferenza interiore — entrambi, va ancora precisato, da allegare e provare, anche con presunzioni, non essendo predicabile, nel sistema della responsabilità civile, l'esistenza di una fattispecie di danno in re ipsa” (Cass. civ., ord. n. ### del 16.12.2022; Cass. s.u. ###/2022). Quanto alla qualità della relazione affettiva, va precisato che tale indicatore si basa oltre che su quanto desumibile dai parametri già esaminati, anche su altri elementi, quali la frequenza dei contatti, la condivisione delle festività, delle vacanze, di hobby, sull'eventuale assistenza sanitaria/domestica e anche sull'agonia patita dalla vittima primaria, laddove essa determini una maggiore sofferenza nella vittima secondaria. Alla fine, si sommano i punti attribuiti in base alle circostanze presenti nella fattispecie concreta e si ottiene il totale, poi si moltiplica il totale dei punti per il valore punto, giungendo così all'importo monetario.
Ebbene, in applicazione delle predette nuove “tabelle milanesi integrate a punti” si devono riconoscere ai ricorrenti, per tale voce di danno, le seguenti somme: A ### - moglie del de cuius ### cinquantatrenne alla data del decesso del marito e con questi convivente ( v. stato di famiglia versato in atti) - spetta un importo pari al 50 % di € 320.702,00 (82 punti x € 3.911,00) - pari ad euro 160.351,00 -, essendo calcolati i seguenti punti: - Punti 18 in considerazione dell'età della vittima primaria, avente 54 anni alla data del decesso (lett. A della Tabella); - Punti 18 in considerazione dell'età della vittima secondaria, avente 53 alla data del decesso del marito (lett. B della Tabella); - Punti 16 tenuto conto del rapporto di convivenza con la vittima (lett. C della Tabella); - Punti 0 in considerazione della sopravvivenza di più di n. 3 superstiti del nucleo familiare primario (lett. D della Tabella); - Punti 30 in considerazione della qualità e intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale perduto (lett. E della Tabella). La stessa, difatti, viveva con il marito al momento del decesso di ### A ### - figlia del de cuius ### ventiduenne alla data del decesso del padre e con questi convivente ( v. stato di famiglia versato in atti) - spetta un importo pari al 50 % di a € 344.168,00 (88 punti x € 3.911,00) - pari ad euro 172.084,00 -, essendo calcolati i seguenti punti: - Punti 18 in considerazione dell'età della vittima primaria, avente 54 anni alla data del decesso (lett. A della Tabella); - Punti 24 in considerazione dell'età della vittima secondaria, avente 22 anni alla data del decesso del padre (lett. B della Tabella); - Punti 16 tenuto conto che conviveva con la vittima (lett. C della Tabella); - Punti 0 in considerazione della sopravvivenza di più di n. 3 superstiti del nucleo familiare primario (lett. D della Tabella); - Punti 30 in considerazione della qualità e intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale perduto (lett. E della Tabella); emerge, infatti, che, al momento del decesso, la stessa viva unitamente al padre ( v. stato di famiglia in atti), A ### - figlio del de cuius ### ventenne alla data del decesso del padre e con questi convivente ( v. stato di famiglia versato in atti) - spetta un importo pari al 50 % di a € 351.990,00 (90 punti x € 3.911,00) - pari ad euro 175.995,00 -, essendo calcolati i seguenti punti: - Punti 18 in considerazione dell'età della vittima primaria, avente 54 anni alla data del decesso (lett. A della Tabella); - Punti 26 in considerazione dell'età della vittima secondaria, avente 20 alla data del decesso del padre (lett. B della Tabella); - Punti 16 tenuto conto che conviveva con la vittima (lett. C della Tabella); - Punti 0 in considerazione della sopravvivenza di più di n. 3 superstiti del nucleo familiare primario (lett. D della Tabella); - Punti 30 in considerazione della qualità e intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale perduto (lett. E della Tabella); emerge, infatti, che, al momento del decesso, la stessa viva unitamente al padre ( v. stato di famiglia in atti).
Ne discende che, in ragione di quanto detto, a ### spetta la somma di euro 160.351,00, oltre interessi legali codicistici sulla somma devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata secondo l'indice istat, dalla data della morte del de cuius ( 5.9.2020) a quella di pubblicazione della sentenza, in applicazione del principio giurisprudenziale affermato dalle ### della ### di Cassazione nella sentenza. 1712 del 1995, - il tutto pari ad € 176.273,89-, oltre ulteriori interessi legali da detta data di pubblicazione al soddisfo sulla somma di € 176.273,89. Non va invece riconosciuta la svalutazione monetaria in quanto la predetta stima dei danni è avvenuta all'attualità, ovvero con riferimento al loro valore attuale.
A ### n. q. di erede quale figlia di ### spetta la somma di euro 172.084,00, oltre interessi legali codicistici sulla somma devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata secondo l'indice istat, dalla data della morte del de cuius ( 5.9.2020) a quella di pubblicazione della sentenza, in applicazione del principio giurisprudenziale affermato dalle ### della ### di Cassazione nella sentenza. n. 1712 del 1995, - il tutto pari ad € 189.172,00-, oltre ulteriori interessi legali da detta data di pubblicazione al soddisfo sulla somma di € 189.172,00. Non va invece riconosciuta la svalutazione monetaria in quanto la predetta stima dei danni è avvenuta all'attualità, ovvero con riferimento al loro valore attuale; A ### n. q. di erede quale figlio di ### spetta la somma di euro 175.995,00, oltre interessi legali codicistici sulla somma devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata secondo l'indice istat, dalla data della morte del de cuius ( 5.9.2020) a quella di pubblicazione della sentenza, in applicazione del principio giurisprudenziale affermato dalle ### della ### di Cassazione nella sentenza. n. 1712 del 1995, - il tutto pari ad € 193.471,36-, oltre ulteriori interessi legali da detta data di pubblicazione al soddisfo sulla somma di € 193.471,36. Non va invece riconosciuta la svalutazione monetaria in quanto la predetta stima dei danni è avvenuta all'attualità, ovvero con riferimento al loro valore attuale; Venendo alla regolamentazione delle spese di lite, va detto, in primo luogo, che il procuratore delle parti ricorrenti ha invocato, a verbale d'udienza del 16.9.2025, l'applicazione della maggiorazione dei compensi, in applicazione dell'art. 4 n. 2 del DM 55/2014, avendo svolto l'attività difensiva per più parti processuali: siffatta richiesta, ad avviso di chi scrive, è fondata e va accolta, tuttavia nei soli limiti di seguito precisati.
Sul punto, invero, il giudice di legittimità ha da tempo chiarito che la fattispecie di cui al riferito comma 2 dell'art. 4 del decreto n. 55/2014 sui parametri, si riferisce all'ipotesi di pluralità di soggetti aventi nello stesso processo una posizione giuridica, sostanziale e processuale, comune (Cass. 13 dicembre 1993, n. 11203); identità di “posizione processuale” vuol dire identità di petitum e di causa petendi, come può avvenire nei giudizi di divisione o tra coeredi costituiti in giudizio (Cass. 3 aprile 1969, n. 1101), ovvero quando più parti richiedono un identico provvedimento.
Si è precisato, tuttavia, che l'aumento del compenso per l'avvocato che assiste più parti, peraltro, rientra nel potere discrezionale del giudice, il cui mancato esercizio non è denunciabile in sede di legittimità, se motivato (Cass. 26 agosto 2015 n. 17147); è demandato, quindi, al potere discrezionale del giudice di merito stabilire, di volta in volta, l'aumento dell'unico onorario, in caso di assistenza e difesa di più parti ( o contro più parti) aventi la stessa posizione processuale ( 31 agosto 2018 n. 21495), e ciò considerato che l'applicazione della maggiorazione per l'assistenza e difesa di ogni altro soggetto oltre il primo costituisce l'esercizio di un potere discrezionale da parte del giudice (in quanto la legge dispone che il giudice “può”), che, solo se viene esercitato, come ogni altro potere discrezionale in tema di liquidazione di spese processuali, richiede specifica motivazione.
Ciò detto, venendo al caso di specie, ritiene chi scrive che, in relazione al giudizio de quo, sia giustificata l'applicazione della maggiorazione del compenso ex art. 4 n. 2 DM 55/2014 per avere il procuratore istante prestato la propria attività professionale in sede ###favore di più parti; invero, in ragione di un complessivo esame degli atti processuali ( in particolare, il ricorso introduttivo, la documentazione versata in atti nonché le risultanze dell'espletata istruttoria), emerge inequivocamente la sussistenza di una condizione tale da ritenere dette parti portatrici di posizioni giuridiche differenti ( infatti, da un lato vi è la posizione della ricorrente ### moglie convivente con il de cuius ### al momento della di lui morte, dall'altra quella dei due figli conviventi con il de cuius al momento della di lui morte); vi è dunque la prova, ex actis, della circostanza per cui la difesa delle distinte parti abbia comportato, da parte del loro procuratore, la necessità di affrontare questioni giuridiche differenti ed ultronee, con conseguente aggravio dell'attività procuratoria dagli stessi espletata.
Per quanto detto, i compensi vanno liquidati, tenuto conto della materia trattata, della complessità del giudizio - sviluppatosi in numerose udienze - e dell'attività procuratoria complessivamente svolta, nonché in ragione dell'entità della somma liquidata a titolo risarcitorio, in applicazione di un valore ricompreso tra i valori medi e quelli massimi previsti per lo scaglione di riferimento ( cause di valore da euro 520.000,00 ad euro 1.000.000,00), secondo il criterio del decisum, oltre una maggiorazione del 30 % per la parte oltre la prima, ex art. 4 n. 2 DM 55/2014 ( modificato dal DM 147/2022), da intendersi, qui, come parti, quelle portatrici di interessi omogenei ( dunque, la moglie convivente, da un lato, e i figli conviventi dall'altro).
In ordine alle spese vive, parte ricorrente ha invocato il rimborso delle spese sostenute per la consulenza di parte in favore del dott. ### nella misura di euro 2.000,00, così come risulta dall'esborso effettivamente erogato in favore del cennato ctp giusta bonifico bancario del 13.9.2023.
Ora, sul punto, è noto che, secondo il giudice di legittimità, le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate ( v. Cass. ord. n. ###/2019); nondimeno, ai sensi del comma 1 dell'art. 92 cpc, è facoltà del giudice di merito escludere la ripetizione delle somme a tale titolo versate se ritenute eccessive o superflue ( v. Cass. ord. n. 13799/2022), in relazione all'attività effettivamente svolta dal consulente di parte.
Peraltro, quanto alla richiesta di rimborso delle spese stragiudiziali sostenute, si osserva, come chiarito anche di recente dalla giurisprudenza, che, se la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio, le spese legali sostenute nella fase precedente all'instaurazione del giudizio divengono una componente del danno da liquidare e come tali devono essere chieste e liquidate, sotto forma di spese vive o spese giudiziali (così Cass., 2.2.2006, n. 2275 e Cass., 21.01.2010, n. 997), da valutare tuttavia in relazione alla loro necessità e giustificazione in funzione dell'attività di esercizio stragiudiziale del diritto al risarcimento.
Ciò premesso, venendo al caso di specie, tenuto conto dell'attività svolta del cennato ctp dott. ### ( redazione della ctp versata in atti), ritiene chi scrive che, in applicazione del comma 1 dell'art. 92 cpc, debba essere rimborsata la somma di euro 2.000,00, ritenuta oggettivamente congrua rispetto all'attività svolta nell'interesse della parte ricorrente.
Le spese dell'espletata ctu medico-legale vanno poste definitivamente a carico della resistente soccombente.
Quanto ai rapporti tra resistente ### 1, da un lato, e ricorrenti ###### e ### dall'altro, le spese di lite vanno integralmente compensate, in ragione delle motivazioni fondanti il rigetto della domanda dagli stessi spiegata, ancorate e limitate all'accertamento del difetto di prova della rispettiva qualità di erede, senza verifica della fondatezza della domanda quanto all'accertamento del profilo sostanziale relativo alla colpa medica.
Nondimeno, allo stesso modo le spese di lite vanno compensate nei rapporti tra la resistente ### 1, da un lato, e ### n. q. di genitore esercente la potestà sulla figlia minore ### dall'altro, stante la natura meramente processuale della pronuncia di difetto di legittimazione attiva in capo ad essa ricorrente.
Nulla sulle spese nei rapporti tra i ricorrenti e resistente ### stante la contumacia di detto resistente. P.Q.M. 1) Accoglie in parte la domanda spiegata dai ricorrenti e, per l'effetto, condanna la ### 1 Centro, in pers. del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore di ### della somma di euro 160.351,00, oltre interessi legali codicistici sulla somma devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata secondo l'indice istat, dalla data della morte del de cuius ( 5.9.2020) a quella di pubblicazione della sentenza, in applicazione del principio giurisprudenziale affermato dalle ### della ### di Cassazione nella sentenza. n. 1712 del 1995, - il tutto pari ad € 176.273,89-, oltre ulteriori interessi legali da detta data di pubblicazione al soddisfo sulla somma di € 176.273,89; 2) Condanna la ### 1 Centro, in pers. del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore di ### n. q. di erede quale figlia di ### della somma di euro 172.084,00, oltre interessi legali codicistici sulla somma devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata secondo l'indice istat, dalla data della morte del de cuius ( 5.9.2020) a quella di pubblicazione della sentenza, in applicazione del principio giurisprudenziale affermato dalle ### della ### di Cassazione nella sentenza. n. 1712 del 1995, - il tutto pari ad € 189.172,00-, oltre ulteriori interessi legali da detta data di pubblicazione al soddisfo sulla somma di € 189.172,00; 3) Condanna la ### 1 Centro, in pers. del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore di ### n. q. di erede quale figlio di ### della somma di euro 175.995,00, oltre interessi legali codicistici sulla somma devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata secondo l'indice istat, dalla data della morte del de cuius ( 5.9.2020) a quella di pubblicazione della sentenza, in applicazione del principio giurisprudenziale affermato dalle ### della ### di Cassazione nella sentenza. n. 1712 del 1995, - il tutto pari ad € 193.471,36-, oltre ulteriori interessi legali da detta data di pubblicazione al soddisfo sulla somma di € 193.471,36; 4) Dichiara il difetto di legittimazione attiva in capo ### n. q. di genitore esercente la potestà sulla figlia minore ### 5) Rigetta la domanda spiegata da ### in proprio e n. q. di moglie convivente di #### in proprio e n. q. di erede di #### in proprio e n. q. di erede di ### nonché ###### e ### tutti in proprio e n. q. di eredi di ### nei confronti di ### 6) Rigetta la domanda spiegata, nei confronti dell'### 1 Centro, da ###### e ### tutti in proprio e n. q. di eredi di ### 7) Condanna la ### 1 Centro, in pers. del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore di ### in proprio e n. q. di moglie convivente di #### in proprio e n. q. di erede di #### in proprio e n. q. di erede di ### delle spese di lite, che si liquidano, unitariamente, in euro 2.048,80 per spese vive (euro 2.000,00 per spese di ctp ed euro 48,80 per oneri di mediazione) ed euro 47.439,60 per compensi, oltre rimb. forf. del 15 % sui compensi, oltre iva e cpa; 8) Compensa integralmente tra le spese di lite nei rapporti tra ### 1, da un lato, e ricorrenti ####### e ### n. q. di genitore esercente la potestà sulla figlia minore ### dall'altro; 9) Nulla sulle spese nei rapporti tra ### in proprio e n. q. di moglie convivente di #### in proprio e n. q. di erede di ### nonché n. q. di genitore esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore #### in proprio e n. q. di erede di ### nonché ###### e ### tutti in proprio e n. q. di eredi di ### - da un lato, e resistente ### - dall'altro; 10) Pone definitivamente a carico della resistente ### 1 Centro, in pers. del legale rapp.te p.t., le spese dell'espletata #### 17.9.2025 Il giudice
Dott. ### n. 4977/2023
causa n. 4977/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Scarpati Angelo