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Tribunale di Roma, Sentenza n. 17549/2025 del 15-12-2025

... - veniva argomentato -, “insorgeva nel piede una sepsi post operatoria”, all'esito della quale il dott. ### suggeriva la revisione chirurgica della fistola e la rimozione delle viti metalliche, mediante un ulteriore intervento chirurgico da eseguirsi presso la ### di cura ### S.r.l.; 2. nonché di aver ricevuto un inadeguato trattamento medico altresì presso quest'ultima struttura, ove, ricoverato il ### con la diagnosi di “necrosi ossa tarsali posttraumatica”, gli venivano rimossi, in modo solo parziale, i mezzi di osteosintesi contaminati dall'infezione, salva l'esecuzione del secondo trattamento chirurgico del 13.02.2004 di rimozione della vite utilizzata per l'artrodesi dell'astragalo a fronte della necessità della “rimozione dei mezzi di sintesi infettatisi a seguito di intervento eseguito presso il S. Eugenio”; 3. di essere stato dimesso, in data ###, con la diagnosi di “osteomielite cronica calcagno” impeditiva della correzione della supinazione del piede. All'esito, parte attrice argomentava altresì di essersi sottoposta a scintigrafia, eseguita presso il ### I, in data ###, la quale rivelava la “presenza di processo flogistico leucocito-mediato”. Per (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI ROMA -###- In persona del giudice unico Dott. ### ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 75074 del ### dell'anno 2012, ritenuta in decisione su conclusioni precisate all'udienza del giorno 16/09/2025, vertente TRA ### (C.F. ###), rappresentato e difeso dagli avv.ti ### e ##### C (C.F. ###), in persona de legale rappresentante p.t., (C.F. ###), rappresentata e difesa dall'avv. ##### (C.F. ###), rappresentato e difeso dall'avv.  ##### S.L.R. (C.F. ###), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. ###### (C.F. ###), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. #### E ### S.P.A. (P.IVA ###), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. #### Oggetto: Responsabilità professionale ### come da verbali in atti. 
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E ### DELLA DECISIONE ### citava in giudizio, dinanzi il Tribunale di ### l'### C (e, per essa, l'### S. ###, la ### di cura ### S.r.l., nonché il dott.  ### per sentire accertata la responsabilità medica di questi ultimi, e, per l'effetto, per ottenere condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti (e cioè: danno biologico, danno esistenziale, perdita di chance nonché danno da perdita della capacità lavorativa specifica). 
In particolare, il ### deduceva di essersi sottoposto, in seguito ad incidente stradale avvenuto il ###, ad un primo intervento chirurgico presso l'### di ### al fine della riduzione di una “frattura pluriframmentaria dell'astragalo con lussazione antero posteriore. Frattura pluriframmentaria del calcagno sul versante distale in prossimità del cuboide. Frattura del terzo distale della tibia”, salvo doversi rivolgere, visto l'esito infruttuoso del suddetto intervento, all'### S. ### di ### in vista della guarigione. 
Ivi ricoverato il ### con la diagnosi di “### supinato post-traumatico destro”, il ### sosteneva: 1. di aver contratto, invero, in conseguenza dell'intervento chirurgico di “tenotomia del tendine di ### destro, artrodesi astragalo scafoidea destra e sottoastragalica destra, prelievo osseo dalla cresta iliaca destra”, eseguito il ### dal dott. ### in qualità di capo chirurgo, presso la “### gessi” (in luogo di quella operatoria) della struttura sanitaria, un'osteomielite del piede destro, la quale non veniva curata secondo le leges artis del caso. 
In particolare, sarebbero state disattese le prescrizioni dell'infettivologo funzionali alla sospensione della terapia antibiotica in vista dell'effettuazione delle emocolture volte a rilevare la presenza di focolai infettivi al momento del picco febbrile manifestatosi nelle immediatezze del suddetto intervento chirurgico (v. pag. 59 della cartella clinica versata in atti), in luogo dei soli due unici prelievi realizzati in costanza della terapia antibiotica. 
Di fatto - veniva argomentato -, “insorgeva nel piede una sepsi post operatoria”, all'esito della quale il dott. ### suggeriva la revisione chirurgica della fistola e la rimozione delle viti metalliche, mediante un ulteriore intervento chirurgico da eseguirsi presso la ### di cura ### S.r.l.; 2. nonché di aver ricevuto un inadeguato trattamento medico altresì presso quest'ultima struttura, ove, ricoverato il ### con la diagnosi di “necrosi ossa tarsali posttraumatica”, gli venivano rimossi, in modo solo parziale, i mezzi di osteosintesi contaminati dall'infezione, salva l'esecuzione del secondo trattamento chirurgico del 13.02.2004 di rimozione della vite utilizzata per l'artrodesi dell'astragalo a fronte della necessità della “rimozione dei mezzi di sintesi infettatisi a seguito di intervento eseguito presso il S. Eugenio”; 3. di essere stato dimesso, in data ###, con la diagnosi di “osteomielite cronica calcagno” impeditiva della correzione della supinazione del piede. 
All'esito, parte attrice argomentava altresì di essersi sottoposta a scintigrafia, eseguita presso il ### I, in data ###, la quale rivelava la “presenza di processo flogistico leucocito-mediato”. 
Per l'effetto, parte attrice domandava, sul rilievo dell'accertamento medico di cui alla perizia medico-legale, il risarcimento di “un maggior danno temporaneo pari a giorni 150 al 75% ed un maggior danno di invalidità permanente inquadrabile fra il 30 e il 45%, consistente in un attendibile stato ansioso reattivo conseguente sia alle lunghe cure patite sia alla perdita di chances di miglioramento, un aggravamento della limitazione articolare e della deformità del collo del piede destro a maggiore ripercussione sulla dinamica deambulatoria”; unitamente al risarcimento del danno estetico e del danno esistenziale nonché del danno da lesione della capacità lavorativa specifica, motivati sulla scorta della riduzione della capacità di deambulazione a sua volta determinativa di un riduzione della capacità reddituale dello ### all'epoca dei fatti imprenditore ed amministratore di società. 
Si costituiva in giudizio il dott. ### il quale domandava e otteneva la chiamata in causa della propria compagnia ### S.p.a. in virtù della polizza assicurativa n. ###; nel merito, adduceva l'infondatezza della domanda attorea, sulla scorta dei seguenti rilievi: ### dell'adeguatezza della scelta, a quest'ultimo non imputabile, della “### gessi” come luogo idoneo all'esecuzione del trattamento chirurgico; ### della riferibilità della scelta di mancata sospensione della terapia antibiotica, per l'effettuazione degli esami di emocoltura consigliati dall'infettivologo, al ### o al ### sala del nosocomio S.  #### dell'inattaccabilità, sotto il profilo medico, della decisione di rimozione dei mezzi di sintesi, praticata presso il ### in ragione della necessità di “una revisione chirurgica della fistola e di rimozione delle viti metalliche”, al fine di contrastare l'infezione osteomielitica in essere. 
Si costituiva in giudizio anche la ### S.p.a., in qualità di terza chiamata in causa dal dott. ### la quale eccepiva: ### l'inoperatività della polizza n. ###, poiché “annullata” in virtù dell'esercizio del diritto di recesso in seguito a sinistro a decorrere dal 20.05.2011, e dunque, non più vigente al momento della ricezione della richiesta risarcitoria del dott. ### pervenuta alla compagnia in data ###.2011; ### in subordine, l'efficacia della copertura assicurativa solo “a secondo rischio”, nel caso in cui fossero state stipulate dall'assicurato e/o da altra struttura sanitaria convenuta nel giudizio de quo, ulteriori polizze a garanzia del medesimo rischio; e comunque, pro quota, nei limiti del massimale pattuito. 
Si costituiva in giudizio altresì l'### C, la quale domandava il rigetto della domanda, perché infondata nell'an e nel quantum. 
In particolare, in relazione all'an debeatur, la tesi della struttura sanitaria convenuta si incentrava: ### sull'assenza di causalità tra l'intervento chirurgico (eseguito presso il S.  ### in data ###) e lo sviluppo dell'infezione ossea, qualificabile come una complicanza post-operatoria dovuta al trauma riportato all'esito dell'incidente stradale, al trattamento già eseguito presso il nosocomio di ### ed altresì alle caratteristiche fisiche del paziente; ### sulla correttezza, nel caso di specie, della procedura di gestione delle infezioni da parte della struttura ospedaliera. 
Si costituiva in giudizio altresì la ### di cura ### S.r.l., la quale domandava e otteneva, la chiamata in causa, ai fini della manleva, della propria compagnia assicurativa ### S.p.a.. 
Nel merito, la suddetta struttura sosteneva il rigetto della domanda attorea, perché del tutto generica in relazione all'addebito di responsabilità degli interventi del 5.12.2003 e del 13.02.2004, nonché infondata nel merito, giacchè “la pulizia chirurgica dei tessuti ossei necrotici e la rimozione dei mezzi di sintesi costitui[va] la scelta terapeutica indicata a seguito dell'insuccesso delle terapie mediche [pregresse]”, ed altresì nel quantum debeatur, attesa la compresenza di patologie sofferte dallo ### (quali obesità, diabete e cardiopatia con pregresso infarto, unitamente al trauma riportato all'esito del sinistro) nonché alla “cronicizzazione dello stato infettivo” già cristallizzatosi all'epoca degli interventi eseguiti presso la ### di cura convenuta. 
Si costituiva in giudizio, in qualità di terza chiamata in causa dalla ### di cura ### S.r.l., anche la compagnia ### S.p.a., la quale eccepiva: ### la prescrizione quinquennale del credito risarcitorio di parte attrice nei confronti del dott.  ### in virtù l'applicabilità alla fattispecie del cd. “###”, con la conseguente qualificazione della presunta responsabilità professionale della ### S.r.l. in termini altrettanto extracontrattuali e prescrizione del suddetto credito anche nei confronti della compagnia assicurativa; ### nel merito, domandava il rigetto della domanda, sulla scorta del mancato assolvimento ad opera dell'attore dell'onere della prova del nesso di causalità materiale tra la condotta dei sanitari e il danno evento lamentato. 
Così instaurato il contraddittorio, il giudice assegnava i termini per il deposito delle memorie ai sensi dell'art. 183, comma 6, c.p.c.. 
Quindi, la causa era istruita con la consulenza tecnica d'ufficio del dott. ### del 30.12.2014, nonché con la relativa integrazione (resa in data ###) al quesito sulla quantificazione della consistenza dell'invalidità residuata allo sviluppo dell'osteomielite. 
All'udienza del giorno 11 gennaio 2018, il giudice tratteneva la causa in decisione con termini di legge per gli scritti conclusivi.
Con ordinanza in data 25 luglio 2018, il giudice rimetteva la causa sul ruolo in vista del supplemento della suddetta consulenza tecnica medico-legale, che tuttavia non veniva espletato a causa delle plurime rinunce dei consulenti d'ufficio, di volta in volta, a ciò nominati; quindi il ### in temporanea sostituzione, sospendeva, con ordinanza del 10.06.2024, le operazioni peritali, e disponeva, con provvedimento del 10.07.2024, la rimessione del fascicolo al Presidente di ### per gli opportuni provvedimenti. 
Il nuovo giudice assegnatario, con ordinanza ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c. sostitutiva dell'udienza del 12.11.2024, tratteneva in decisione la causa, con l'assegnazione dei termini di legge ai sensi dell'art. 190 c.p.c.. 
Con ordinanza in data 31 dicembre 2024 di rimessione della causa sul ruolo, il giudicante osservava che <<nella ### pur congruamente motivata sotto altri aspetti - e quindi dovendosi confermare la revoca della non giustificata rinnovazione integrale della CTU - tuttavia non sono stati valutati né l'invalidità complessiva del paziente, in relazione alle sue condizioni di salute, secondo criteri medico-legali (barèmes ###, né la menomazione complessiva correlata all'articolazione interessata dal politraumatismo (per cui è causa), né l'entità presumibile della stessa menomazione in assenza di complicanze legate alle osteomielite, in altri termini il danno iatrogeno differenziale eventualmente accertabile in relazione al risultato ragionevolmente atteso dall'intervento presso il ### (ricovero del 05/07/2003) ove rettamente eseguito (come già riconosciuto dalla ### ma in assenza di complicanze legate all'infezione>>. 
Depositata la C.T.U. integrativa in data ### (### collegiale ad opera della dott.ssa ### del dott. ### e del dott. ###, all'udienza indicata in epigrafe la causa è stata trattenuta e decisa da questo giudice con nuova assegnazione di termini ex art. 190 c.p.c..  ******  1. Preliminarmente, va rilevato che la vicenda sanitaria, in relazione alla quale, secondo la prospettazione attorea, si sarebbe sostanziata la condotta colpevole delle strutture sanitarie e del medico evocati in giudizio, risale al periodo 2002-2004 e, quindi, prima dell'entrata in vigore del D.L. n. 158/2012, convertito con modificazioni nella L. n. 189/2012 (“### Balduzzi”) e della L. n. 24/2017 (“### Bianco”). ### il consolidato orientamento giurisprudenziale conforme ai principi generali sull'efficacia nella legge nel tempo stabiliti dall'articolo 11 delle preleggi <<in tema di responsabilità sanitaria le norme poste dall'articolo 3 comma 1 del decreto-legge 158 del 2012, convertito con modificazioni nella legge n. 189 del 2012, e dall'articolo 7 comma 3 della legge n. 24 del 2017 non hanno efficacia retroattiva e non sono applicabili ai fatti verificatisi anteriormente alla loro entrata in vigore>> (cfr. Corte di Cass. n. 28994/2019 e Cass. n. 28881/2019).  2. Ciò necessariamente premesso relativamente al diritto ratione temporis applicabile, è utile rammentare, in via prioritaria e sintetica, la cornice normativa e giurisprudenziale applicabile alla presente fattispecie.  2.1. Versandosi in materia di responsabilità sanitaria, per i fatti precedenti l'entrata in vigore della L. n. 24/2017 (c.d. legge ###, tanto i medici che la struttura da cui dipendono o con cui collaborano, rispondono a titolo di responsabilità contrattuale. 
Sul versante dell'onere della prova in tema di risarcimento del danno in materia sanitaria, ove sia dedotta la responsabilità contrattuale per l'inadempimento delle prestazioni sanitarie con la dovuta diligenza professionale (rispetto delle linee guida e della buona pratica clinica) e con la conseguente lesione dell'integrità psico-fisica (diritto alla salute), è stato chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (tra le molte: n. 14702/2021, Cass. n. 4864/2021, Cass. n. 28991/2019, Cass. n. 24073/2017, Cass. 15993/2011, Cass., SS.UU., n. 577/2008) che sarà onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità (secondo il criterio del “più probabile che non”) tra l'insorgenza della nuova patologia o l'aggravamento della patologia preesistente e la condotta dei sanitari e della struttura in cui operano, mentre spetterà alla parte pretesa danneggiante dimostrare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, l'esatta esecuzione della prestazione ovvero la causa imprevedibile ed inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione. 
Più specificatamente, la struttura sanitaria e/o il medico andrà esente da responsabilità solo se fornisce la prova rigorosa di aver tenuto una condotta conforme alle leges artis, restando a tale fine irrilevante che l'evento indesiderato sia classificato quale complicanza e che l'evento di danno sia in astratto imprevedibile ed inevitabile, perché quel che rileva è se fosse prevedibile ed evitabile nel caso concreto: <<Nel giudizio di responsabilità medica, per superare la presunzione di cui all'art. 1218 c.c. non è sufficiente dimostrare che l'evento dannoso per il paziente costituisca una "complicanza", rilevabile nella statistica sanitaria, dovendosi ritenere tale nozione - indicativa nella letteratura medica di un evento, insorto nel corso dell'iter terapeutico, astrattamente prevedibile ma non evitabile - priva di rilievo sul piano giuridico, nel cui ambito il peggioramento delle condizioni del paziente può solo ricondursi ad un fatto o prevedibile ed evitabile, e dunque ascrivibile a colpa del medico, ovvero non prevedibile o non evitabile, sì da integrare gli estremi della causa non imputabile>> (tra le molte, a titolo paradigmatico, Cass. n. ###/2022).  2.2. Particolari fattispecie sono poi quelle di lesioni dipendenti da infezioni ospedaliere, un rischio prospetticamente assai rilevante per la continua crescita delle infezioni ospedaliere da microrganismi antibiotico-resistenti, che spesso incidono su (ed aggravano) quadri patologici dei pazienti già complessi. 
Sul punto vale richiamare la giurisprudenza di legittimità più recente (cfr. Cass. 6386/2023, riguardante un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale per decesso, ma cui i principi di valenza generale sono comunque applicabili al caso di specie), che ha enucleato gli oneri di allegazione e prova del paziente e della struttura sanitaria. 
Nell'ambito della responsabilità contrattuale, resta pure sempre onere per l'attore di provare - anche presuntivamente (cfr. Cass. n. ###/2024) - che l'infezione sia stata contratta in ospedale e sia causalmente riconducibile al ricovero e quindi o alla responsabilità dei sanitari o a carenze direttamente riconducibili alla struttura sanitaria; la responsabilità di quest'ultima non è mai comunque oggettiva - proprio per la diffusione delle infezioni nosocomiali, contenibili ma non eradicabili - e, quando sia dimostrata, anche con criteri probabilistici, l'origine nosocomiale della patologia infettiva, la struttura sanitaria può provare, per andare esente da responsabilità, che il contagio non discenda da negligenze specifiche del personale sanitario (di cui comunque risponderebbe) e di aver adempiuto esattamente la propria prestazione e dunque di aver adottato, sia in generale che nel caso concreto, tutte le cautele previste dalle vigenti normative e dalle leges artis per prevenire le infezioni. 
Nell'ambito dell'onere probatorio di parte attrice, l'accertamento della responsabilità della struttura sanitaria dev'essere effettuato (sempre secondo Cass. n. 6386/2023 già citata) sulla base dei criteri temporale (relativo al numero di giorni trascorsi dopo le dimissioni dall'ospedale prima della contrazione della patologia), topografico (correlato all'insorgenza dell'infezione nel sito chirurgico interessato dall'intervento, in assenza di patologie preesistenti e di cause sopravvenute eziologicamente rilevanti, da valutarsi secondo il criterio della cd. probabilità prevalente) e clinico (in ragione del quale, a seconda della specificità dell'infezione, dev'essere verificato quali misure di prevenzione sarebbe stato necessario adottare da parte della struttura sanitaria). 
Con riferimento, invece, alla prova liberatoria a carico della struttura sanitaria, sempre la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 16900/2023) ha specificato che <<In tema di infezioni nosocomiali, la responsabilità della struttura sanitaria non ha natura oggettiva, sicché, a fronte della prova presuntiva, gravante sul paziente, della contrazione dell'infezione in ambito ospedaliero, la struttura può fornire la prova liberatoria di aver adottato tutte le misure utili alla prevenzione delle stesse, consistente nell'indicazione: a) dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali; b) delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria; c) delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami; d) delle caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande; e) delle modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti; f) della qualità dell'aria e degli impianti di condizionamento; g) dell'avvenuta attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica; h) dei criteri di controllo e di limitazione dell'accesso ai visitatori; i) delle procedure di controllo degli infortuni e della malattie del personale e delle profilassi vaccinali; j) del rapporto numerico tra personale e degenti; k) della sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio; l) della redazione di un "report" da parte delle direzioni dei reparti, da comunicarsi alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella; m) dell'orario delle effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio>>.  3. Passando all'esame delle risultanze istruttorie, si osserva quanto segue.  3.1. Occorre richiamare i rilievi tecnici posti a fondamento della CTU espletata nel corso dell'istruttoria del presente procedimento da specialista in ortopedia e traumatologia (dott. ### del 30.12.2014). 
In particolare, la consulenza tecnica muove dalla considerazione della correttezza della diagnosi (ossia di: “### supinato post-traumatico dx”), dell'adeguatezza del trattamento medico-chirurgico in relazione alle specificità del caso concreto e in conformità all'esperienza medico-chirurgica, nonché dell'esecuzione medesima dell'intervento. Più precisamente, il suddetto trattamento era descritto, in cartella clinica, nel modo seguente: “A. Si riprende l'incisione del precedente intervento chirurgico. Revisione della precedente osteotomia. Lo scafoide è lussato medialmente. 
Riduzione dello scafoide. Si cruenta l'astragalo-scafoidea. Innesto osseo prelevato dalla cresta iliaca. Osteosintesi con due ### 4,5mm. B. Incisione della sottoastragalica. Si riduce il calcagno sotto l'astragalo. Innesto osseo nel seno del tarso. 
Osteosintesi con vite di ### 6mm. Sutura, tre drenaggi […]”. 
Tanto descritto - viene argomentato dal consulente d'ufficio in relazione al quesito medico-legale sulla sussistenza del nesso di causalità materiale tra la condotta ascritta ai sanitari e l'evento sofferto dallo ### -, si doveva ritenere evidente che l'insorgenza dell'infezione, concretizzatasi in seguito all'intervento chirurgico eseguito presso il S. ### in data ###, fosse di origine nosocomiale, giacché le terapie, pur adottate, si erano rivelate inidonee a rivelare lo stato settico in essere, con la conseguente impossibilità di eseguire un'osteotomia correttiva delle fratture dell'astragalo e del calcagno del piede destro, e così pregiudicando il recupero della funzionalità del relativo arto inferiore, già oggetto di un grave trauma all'esito dell'incidente stradale dedotto nel giudizio de quo. 
Più precisamente, dall'esame della cartella clinica versata in atti dell'### C - ### S. ### era dato evincere in relazione alle terapie adottate ma rivelatesi inidonee a prevenire il processo infettivo osteomielitico, che in data ### lo specialista infettivologo aveva suggerito l'effettuazione di emocolture da eseguire per un totale di quattro prelievi, nell'arco di 48h, con la contestuale sospensione della terapia antibiotica; in data ###, veniva, quindi, richiesto ### infettivologo, il cui contenuto consisteva nella conferma dell'indicazione di sospensione della terapia antibiotica in attesa delle risposte dei prelievi colturali funzionali a diagnosticare la presenza (o no) di infezioni in corso. 
A tale riguardo, come precisato dal consulente medesimo in sede di integrazione della consulenza (resa in data ###), veniva, invece, prelevato in occasione del primo intervento chirurgico del luglio del 2003, materiale intraoperatorio per esame colturale, che, a causa della mancata prescritta sospensione della terapia antibiotica da parte dello specialista, risultava negativo. Sul punto, il consulente osservava che solo successivamente, in data ###, il dott. ### aveva consigliato “in considerazione della fistola cutanea secernente in sede di intervento, la revisione chirurgica della fistola e la rimozione delle viti metalliche”, con il conseguente necessario ricovero dello ### per il trattamento della frattura, giacché l'esame obiettivo evidenziava la presenza di secrezione sieropurulenta a livello delle cicatrici sul dorso del piede.  3.2. Il consulente stimava, di conseguenza, il maggior danno in una lesione temporanea, quantificata in relazione all'invalidità temporanea assoluta in sei mesi (### 6 mesi) e quanto all'invalidità temporanea relativa in dodici mesi (### 12 mesi), poiché da un lato, “la patologia infettiva sopraggiunta all'intervento non [aveva] consentito la giusta correzione del piede”, e dunque, era ravvisabile un danno di natura temporanea; dall'altro non era riscontrato un danno biologico permanente, in quanto l'arco di tempo intercorso tra l'insorgenza di flogosi e/o delle fistole secernenti in qualità di segni clinici di un'osteomielite in atto ed il giorno della visita peritale (31.10.2014) confermava uno stato di benessere caratterizzato dall'assenza di ricomparsa dell'infezione. 
In altri termini, il consulente non riteneva configurabile l'ipotesi di valutazione dell'eventuale invalidità permanente patita dall'attore, giacché al momento della visita peritale non era possibile stimare la futura ed improbabile ripresa dell'infezione osteomielitica, sul rilievo per cui lo stesso ### aveva riferito la completa chiusura della fistola calcaneare, in seguito ad alcune sedute di camera iperbarica, circa due anni dopo l'esecuzione dell'intervento del 13.02.2004 presso la ### di cura ### 3.3. In sede di C.T.U. collegiale integrativa (depositata in data ### per rispondere allo specifico profilo dell'invalidità), dopo aver delineato l'invalidità dello ### sono stati stimati gli attuali esiti nella misura del 30%, nonché il politraumatismo iniziale di caviglia e di piede (doppia frattura malleolare e scoppio dell'astragalo) riportato nell'incidente stradale del 31 ottobre 2002, a cui sarebbe reliquato un danno del 24%, se non si fosse verificata la complicanza infettiva contratta nel luglio 2003 presso l'### (causa di un rimaneggiamento delle ossa tarsali). Quindi, il collegio peritale ha concluso nel senso che <<### che l'osteomielite non ha permesso la correzione delle deformità post-traumatiche ed ha determinato un peggioramento delle stesse reliquando un piede e retropiede destro in posizione viziata (causa di: zoppia, limitazione deambulatoria e dolore cronico), a ciò si riconosce maggior danno nella misura del 6% valutato in differenziale tra 24 e 30%>>.  4. Procedendo, ora, alla valutazione delle richiamate risultanze istruttorie secondo i parametri di responsabilità civilistica in premessa richiamati, si osserva quanto segue. 
Deve concludersi nel senso che può ritenersi raggiunta la prova della responsabilità sanitaria nei confronti dell'### S. ### (### C) sia pure, nei termini illustrati infra, per quanto di ragione. 
Tale affermazione è coerente alle conclusioni della C.T.U. (vale a dire l'elaborato originario in ordine al profilo della responsabilità), che questo Giudice condivide e fa propri, atteso che non presentano apprezzabili criticità sotto il profilo della coerenza logica, del rigore metodologico e della razionalità del percorso mentale seguito.  ### parte, il C.T.U. ha fornito congrue risposte alle osservazioni critiche. 
A tale riguardo, le osservazioni critiche dei consulenti di parte attrice sono sintetizzabili nel modo seguente: il consulente non avrebbe fornito alcuna spiegazione in merito al riconoscimento del dott. ### racchiuso nella comparsa di costituzione, di avere eseguito l'intervento chirurgico in ### gessi anziché in ### operatoria, né in relazione alla domanda di risarcimento e alla conseguente quantificazione del danno biologico permanente sofferto dall'attore; così come non avrebbe erroneamente riconosciuto, in subordine, la perdita di chance della guarigione perduta. 
Ulteriormente, in sede di controdeduzioni alle note critiche di parte attrice, il consulente evidenziava: ### in relazione alla presunta esecuzione, in ### gessi, dell'intervento chirurgico del 7.07.2003, che [era] presente l'atto confermativo dell'esecuzione dell'intervento nella camera operatoria del ### e non della ### gessi; ### in ordine alla richiesta di liquidazione della voce di danno biologico permanente, che il solo maggiore danno configurabile era di natura temporanea, giacché non erano residuati postumi a carico del danneggiato, sul rilievo per cui il “risultato ottenuto, legato all'infezione, [era] sovrapponibile allo stato iniziale del paziente”; ### quanto all'invocata perdita di chance, che la relativa valutazione non costituiva oggetto dell'indagine tecnico-specialistica demandata; ### che in ogni caso non erano individuabili profili di responsabilità in capo alla ### di cura ### S.r.l., ove, con gli interventi del 5.12.2003 e del 13.02.2004, erano stati rimossi i mezzi di osteosintesi infetti a fronte dell'infezione concretizzatasi presso il S. ###
Nel caso di specie, da un lato può ritenersi raggiunta la prova del nesso di causalità materiale tra la condotta realizzatasi presso il nosocomio S. ### e l'evento lesivo sofferto dall'attore, consistente nell'insuccesso dell'intervento di tenotomia del tendine destro, a causa della contrazione di un'osteomielite in corrispondenza del sito e/o della ferita chirurgica post-intervento del 7.07.2003. 
In particolare, gli indici di infezione nosocomiale sono rappresentati - sul rilievo dell'allegazione fornita dall'attore -, dal riscontro, nella fattispecie, dei seguenti criteri: ### cronologico, giacché l'intervallo di tempo incorrente tra il primo intervento chirurgico (eseguito presso il S. ### nel luglio del 2003) a causa del trauma riportato dall'attore in seno ad incidente stradale e l'esecuzione del successivo effettuato presso la ### di cura S. ### del 5.12.2003 (ove era ricoverato con la diagnosi di “### ossa tarsali post-traumatica”), nonché del secondo trattamento chirurgico del 13.02.2004 - eseguito anch'esso presso il S. ### - in vista della “rimozione dei mezzi di sintesi infettatisi a seguito di intervento eseguito presso il S. Eugenio” appare ragionevolmente confermativo della contrazione dell'infezione presso il nosocomio S.  ### ove fu eseguito il primo intervento. E infatti, sul punto, nel maggio del 2004, il dott. ### prescriveva la posa di un plantare nonché l'astensione da sedute fisioterapiche, giacché non era stato possibile correggere la supinazione del piede destro a causa delle complicanze osteomielitiche insorte presso il S. #### topologico e tipologico, poiché l'infezione osteomielitica - non debellata in base alle risultanze della CTU a causa della mancata sospensione della terapia antibiotica in attesa delle risposte degli esami di emocoltura (pur prescritti, nelle immediatezze dell'intervento del 7.07.2003, dallo specialista infettivologo) - corrobora, in base ad un giudizio probabilistico, l'apprezzamento secondo cui la suddetta infezione dell'osso del piede (id est: criterio tipologico) si è sviluppata in corrispondenza del sito e/o della ferita incisa dal già citato trattamento chirurgico eseguito presso il S. ### (id est: criterio topologico). 
Dall'altro lato, la struttura sanitaria ### C (e per essa il nosocomio S.  ### presso cui fu eseguito il suddetto intervento chirurgico-fatto generatore dell'infezione nulla ha provato, in armonia all'orientamento granitico della giurisprudenza di legittimità, in ordine alla presenza e/o alla predisposizione di presidi sanitari astrattamente idonei ad evitare il rischio di infezioni nosocomiali, e neppure ha fornito prova dell'esistenza di una causa sopravvenuta che ha reso impossibile l'esecuzione fruttuosa, in vista del miglioramento o della guarigione del paziente, della prestazione medica.  5. In relazione alla responsabilità del dott. ### la domanda non merita accoglimento, giacché parte attrice non ha allegato profili di colpa in relazione alla prestazione medica del medico chirurgo convenuto e al correlato presunto errore sanitario relativo alla contrazione dell'infrazione in ragione dell'esecuzione del trattamento chirurgico. 
Si intende sottolineare per un verso che la responsabilità del dott. ### in qualità di medico-chirurgo esecutore dell'intervento è stata dedotta da parte attrice in modo del tutto generico e aspecifico, perché non consente di individuare gli eventuali profili di responsabilità individualizzata del chirurgo in relazione allo sviluppo dell'infezione osteomielitica; per l'altro, che il consulente d'ufficio ha evidenziato, invero, non soltanto la correttezza della diagnosi di “### supinato post-traumatico destro”, ma altresì della scelta e dell'esecuzione del trattamento medico-chirurgico in conformità alle leges artis e all'esperienza medico-chirurgica (pag. 9-10 della consulenza tecnica). 
Inoltre, si rammenta che, in tema di infezioni nosocomiali, la giurisprudenza ha avuto il merito di definire la consistenza di ciascuna tipologia di responsabilità professionale delle principali figure sanitarie (tra le quali non si annovera quella del medico-chirurgo mero esecutore, a tali fini, del trattamento medico), precisando in particolare che: “Il dirigente apicale è tenuto a dimostrare di avere indicato le regole cautelari da adottarsi, in attuazione del proprio potere-dovere di sorveglianza e verifica; il direttore sanitario di averle attuate e avere organizzato gli aspetti igienico e tecnico-sanitari, vigilando altresì sull'attuazione delle indicazioni fornite; il dirigente di struttura complessa, esecutore finale dei protocolli e delle linee-guida, di avere collaborato con gli specialisti microbiologo, infettivologo, epidemiologo e igienista, essendo tenuto ad assumere precise informazioni sulle iniziative degli altri medici ovvero a denunciare le eventuali carenze della struttura” (Cass., 3.03.2023, n. 6386).  6. La domanda va rigettata anche in relazione all'evocata responsabilità della struttura convenuta ### di ### S.r.l, giacché non risulta raggiunta la prova del nesso di causalità tra la condotta medica (eseguita rispettivamente con gli interventi del 5.12.2003 e 13.02.2004) di rimozione dapprima parziale e poi totale dei mezzi di osteosintesi risultati coinvolti in un processo infettivo già in essere e l'evento lesivo di sviluppo di osteomielite generatosi con l'esecuzione dell'intervento chirurgico 7.7.2003 posto in essere presso l'### S. ### In altri termini, sul rilievo del condivisibile accertamento del consulente d'ufficio, l'infezione era stata trattata, in modo inadeguato, presso il nosocomio S. ### perché non prevenuta attraverso la (pur suggerita) sospensione della terapia antibiotica, ad opera dell'infettivologo, funzionale a rivelarne la presenza con gli esiti delle emocolture, laddove la condotta sanitaria successivamente attuata presso la ### di cura S. ### non poteva che consistere nel trattamento dell'infezione in essere, attraverso la rimozione dei mezzi di osteosintesi infetti.  6. Alla luce di tali considerazioni, la domanda di manleva, promossa dal dott. ### nei confronti della compagnia ### risulta assorbita; così come è assorbita, per la medesima ragione, la domanda di manleva avanzata dalla ### di cura ### S.r.l. nei confronti della ### S.p.a..  7. Accertata, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1218 c.c., la responsabilità della sola struttura sanitaria convenuta ### C (e del nosocomio S. ###, occorre evidenziare i danni effettivamente sofferti da parte attrice. 
Nella fattispecie, vi è la peculiarità di un primo elaborato tecnico, da seguire in ordine al profilo della responsabilità (consulenza tecnica d'ufficio del dott. ### del 30.12.2014, nonché con la relativa integrazione resa in data ###), ma da integrare con un secondo accertamento tecnico collegiale (depositata in data ###).  7.1. A questo punto, va premesso che, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale occorre far riferimento al sistema di liquidazione elaborato dal Tribunale di ### Non ignora questo giudicante che con sentenza n. 12408/2011 la Suprema Corte ha riconosciuto alle ### milanesi la valenza di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni contenute negli artt. 1226 e 2056 c.c., salva la sussistenza in concreto di circostanze idonee a giustificare il ricorso ad un diverso criterio nell'ottica di assicurare una uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi.
Si ritiene, tuttavia, che l'esigenza di garantire la parità di trattamento di casi analoghi possa essere del pari soddisfatta attraverso l'utilizzo dei parametri contenuti nella tabella uniformemente utilizzata dal Tribunale di ### elaborata in relazione alla media dei risarcimenti liquidati in loco secondo un sistema di risarcimento non standardizzato (come quello milanese che offre limitati spazi di personalizzazione) in cui viene individuato un valore base fisso del danno biologico (secondo indici parametrati all'età ed ai postumi riportati dal danneggiato) che viene integrato, in una prospettiva di ampia personalizzazione, mediante il potere equitativo del giudice applicato in ragione del caso concreto e dei fatti allegati e provati dalla parte. 
Va d'altronde osservato che in passato la giurisprudenza di legittimità (Cass. 1524/2010) ha precisato come non sussista per il danneggiato il diritto a pretendere la liquidazione del danno mediante l'applicazione di una tabella in uso a un determinato ufficio giudiziario piuttosto che a un altro, sebbene il giudice che si discosti dall'applicazione delle tabelle in uso nel proprio ufficio è tenuto a dare ragione della diversa scelta (Cass. n. 13130/2006).  7.2. Per quanto concerne l'I.T., il primo elaborato ha riconosciuto ITA pari a 6 mesi e ITP pari a 12 mesi. 
A tale riguardo, è utile rammentare che: “La liquidazione del danno biologico deve tener conto della lesione dell'integrità psicofisica del soggetto sotto il duplice aspetto dell'invalidità temporanea e di quella permanente; quest'ultima è suscettibile di valutazione soltanto dal momento in cui, dopo il decorso e la cessazione della malattia, l'individuo abbia riacquistato la sua completa validità con relativa stabilizzazione dei postumi, mentre, ai fini della liquidazione del danno da invalidità temporanea, laddove il danneggiato si sia dovuto sottoporre a periodi di cure, necessarie per conservare o ridurre il grado di invalidità residuato al fatto dannoso e/o impedire il suo aumento, gli va riconosciuto un danno da inabilità temporanea totale o parziale per tali periodi, inteso come privazione della capacità psico-fisica in corrispondenza di ciascun periodo e in proporzione al grado effettivo di inabilità sofferto” (tra le molte, Cass., 2021, 7126). 
Ritiene questo giudice che la valutazione dell'invalidità temporanea formulata nel primo elaborato (ITA pari a 6 mesi e ITP pari a 12 mesi) sia esorbitante e sottenda un'impostazione volta ad estendere l'invalidità temporanea rispetto alla negazione dell'invalidità permanente, a cui finisce per sovrapporsi parzialmente. 
Invero, dall'analisi delle risultanze documentali risulta che in data ### l'infezione era venuta meno, sicché (tenendo conto della data dell'operazione del 5/12/2003) è riconoscibile - secondo un giudizio necessariamente equitativo - un'invalidità temporanea parziale al 75% pari a 150 giorni (negli stessi termini di quanto specificato in atto di citazione sulla base di perizia allegata), monetizzabile - secondo le ### del Tribunale di ### - in € 14.653,50 (€ 97,69x150). 
A tale voce di danno va, quindi, aggiunto un danno iatrogeno differenziale pari al 6% in un soggetto leso di anni 53 alla data dell'evento. 
Ai fini della liquidazione del danno biologico, occorre considerare che <<In tema di responsabilità medica, allorché un paziente, già affetto da una situazione di compromissione dell'integrità fisica, sia sottoposto ad un intervento che, per la sua inesatta esecuzione, determini un esito di compromissione ulteriore rispetto alla percentuale che sarebbe comunque residuata anche in caso di ottimale esecuzione dell'intervento stesso, ai fini della liquidazione del danno con il sistema tabellare, deve assumersi come percentuale di invalidità quella effettivamente risultante, alla quale va sottratto quanto monetariamente indicato in tabella per la percentuale di invalidità comunque ineliminabile, e perciò non riconducibile alla responsabilità del sanitario>> (cfr. Cass. n. 21261/2024). 
Detto risarcimento da danno iatrogeno differenziale, secondo l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 26117/2021; Cass. n. 28387/2022) non va quantificato sottraendo il grado percentuale di invalidità idealmente ascrivibile all'errore medico, dal grado percentuale di invalidità complessiva effettivamente residuato; va invece determinato monetizzando l'una e l'altra invalidità, e sottraendo dal controvalore monetario della seconda il controvalore monetario dell'invalidità che comunque sarebbe residuata all'infortunio. 
Invero, la ratio di tale procedimento di calcolo risiede (cfr. Cass. n. 29549/2024) nella progressione geometrica e non aritmetica del punto tabellare di invalidità, per cui il risultato di tale operazione risulterà inevitabilmente superiore a quello relativo allo stesso valore percentuale che si ricaverebbe in caso di frazionamento della causalità materiale (nella specie il 6%).
Tanto premesso sui criteri che devono presiedere il calcolo e alla luce delle nuove tabelle di ### (anno 2025), considerando una percentuale di invalidità permanente complessiva nella misura del 30% (per un danno biologico risarcibile pari ad € 111.095,59) e sottraendovi una percentuale del 24% (per un danno quantificabile in € 76.124,58), percentuale di invalidità che sarebbe comunque residuata anche nel caso di diligenti cure, ed in considerazione infine dell'età del danneggiato all'epoca dell'intervento (53 anni), si ottiene una somma di € 34.971,01. 
Sempre a titolo del risarcimento del danno non patrimoniale subìto, inteso quale “sofferenza morale soggettiva” (di cui le tabelle romane riconoscono l'autonoma risarcibilità, abbracciando un'impostazione dualistica del danno patrimoniale in ossequio al più recente indirizzo giurisprudenza di legittimità; cfr. Cass. n. 339/2016), appare, inoltre, equo aumentare la somma sopra indicata rispettivamente di € 11.000,00 (pari a circa il 25% del danno biologico riconosciuto), in considerazione dei patemi d'animo e del disagio subìti dall'attore a seguito del dolore e dei trattamenti terapeutici e sanitari a cui si è dovuto sottoporre, non potendosi ritenere tali voci adeguatamente risarcite con la sola applicazione dei valori monetari-tabellari sopra indicati. 
In assenza di elementi (che dovevano essere allegati dalla parte) idonei a dimostrare l'esistenza di altre sofferenze causalmente riconducibili al sinistro, rispetto a quelle già considerate mediante l'applicazione dei parametri tabellari, non può essere operata alcuna ulteriore personalizzazione nella liquidazione del danno.  7.3. Non è fondata, invece, la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance. 
A tale riguardo, l'elaborazione della giurisprudenza è consolidata nel ritenere che il fatto costitutivo del diritto risarcitorio alla cd. perdita di chance è essenzialmente la natura incerta dell'evento dannoso, ossia la perdita della possibilità di un risultato migliore, e soltanto eventuale. Come afferma la giurisprudenza: “In tema di risarcimento del danno, la "chance" è integrata dalla seria e consistente possibilità di ottenere il risultato sperato, la cui perdita, distinta dal risultato perduto, è risarcibile, trattandosi di una situazione giuridica a sé stante e suscettibile di autonoma valutazione patrimoniale, a condizione che di essa sia provata la sussistenza, tenendo, peraltro, conto che l'accertamento del nesso di causa avente ad oggetto la perdita di "chance" di conseguire un risultato utile non richiede anche l'accertamento della concreta probabilità di conseguire il risultato” (Cass. n. 24050/2023).
Nel caso concreto, la consulenza tecnica non è attinta dai rilievi critici di parte attrice ed ha evidenziato la sussistenza del nesso di causalità materiale tra la condotta posta in essere presso il nosocomio S. ### e la concretizzazione dell'evento lesivo (e cioè: la mancata riduzione della frattura a carico del piede dovuta alla sviluppo di infezione nosocomiale) patito dall'attore, non residuando, dunque, in costanza del suddetto accertamento, uno spazio di riconoscimento dell'invocata perdita di chance.  7.4. Non meritano accoglimento altresì le generiche domande risarcitorie del danno estetico e della lesione della capacità lavorativa specifica, poiché non supportate da alcuna specifica allegazione probatoria. 
In relazione alla risarcibilità del danno estetico, è utile rammentare che: “I postumi di carattere estetico conseguenti ad un fatto lesivo della persona possono ricevere un autonomo trattamento risarcitorio, sotto l'aspetto strettamente patrimoniale, quando provochino ripercussioni negative su un'attività lavorativa già svolta o su un'attività futura, precludendola o rendendola di più difficile conseguimento, in relazione all'età, al sesso del danneggiato ed ad ogni altra utile circostanza particolare; in tutti gli altri casi, il danno estetico non potrà mai essere considerato una voce di danno a sé, aggiuntiva ed ulteriore rispetto al danno biologico” (tra le molte, Cass., n. 14246/2020). 
Quanto alle lesione della capacità lavorativa specifica, è altrettanto granitica l'affermazione secondo cui: “Il danno di natura patrimoniale derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica richiede un giudizio prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona mentre il danno da lesione della "cenestesi lavorativa", di natura non patrimoniale, consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento, dell'attività lavorativa, non incidente, neanche sotto il profilo delle opportunità, sul reddito della persona offesa, risolvendosi in una compromissione biologica dell'essenza dell'individuo” (cfr. Cass. n. n. 17411/2019). 
Nel caso di specie, parte attrice non ha fornito allegazione della specifica compromissione reddituale sofferta in conseguenza dell'intervento chirurgico del 7.07.2003, ma solo genericamente allegato la presunta diminuzione reddituale dello ### all'epoca dei fatti qualificatosi come imprenditore, né ha provato, sotto il profilo non patrimoniale, circostanze peculiari del caso concreto tali da giustificare una personalizzazione del danno biologico a titolo di danno estetico; le prospettate domande risarcitorie non risultano, quindi, esaminabili nel merito.  7.5. Conclusivamente, il danno complessivamente riportato dall'attore in conseguenza del sinistro è pari ad euro 60.624,51 (€ 14.653,50 a titolo di invalidità temporanea, € 34.971,01 a titolo di invalidità permanente, € 11.000,00 a titolo di danno morale), già all'attualità. 
Vanno poi riconosciute le spese mediche sostenute pari ad euro 10.223,00, così raggiungendosi la somma complessiva, all'attualità, di € 70.847,51. 
Da detto importo va detratto quanto corrisposto in via stragiudiziale (€ 60.000,00, in data ###, come lettura del verbale di udienza del 10.01.2018). 
Ai fini di tale calcolo, occorre applicare il seguente principio <<### prima della liquidazione definitiva del danno da fatto illecito, il responsabile versi un acconto al danneggiato, tale pagamento va sottratto dal credito risarcitorio attraverso un'operazione che consiste, preliminarmente, nel rendere omogenei entrambi (devalutandoli, alla data dell'illecito ovvero rivalutandoli alla data della liquidazione), per poi detrarre l'acconto dal credito e, infine, calcolando, gli interessi compensativi - finalizzati a risarcire il danno da ritardato adempimento - sull'intero capitale, per il periodo che va dalla data dell'illecito al pagamento dell'acconto, solo sulla somma che residua dopo la detrazione dell'acconto rivalutato, per il periodo che va dal suo pagamento fino alla liquidazione definitiva>> (Cass. n. 6347/2014). 
Occorre pertanto rivalutare alla data attuale l'acconto versato (di € 60.000,00, in data ###, che si eleva ad € 72.840,00) e detrarre dall'importo risarcitorio riconosciuto l'acconto rivalutato. All'esito di tale operazione (condotta sulla base dell'Indice dei prezzi al consumo per famiglie operai e impiegati) si giunge alla conclusione della piena satisfattività dell'offerta formulata.  8. Sulla scorta delle superiori considerazioni, pur accertata la responsabilità sanitaria della convenuta ### C, va rigettata per le ragioni sopra espresse la domanda risarcitoria nei confronti di tutti i convenuti, con assorbimento conseguente delle domande di manleva. 
Si ritiene di compensare le spese di lite in tutti i rapporti processuali, in ragione della peculiarità della fattispecie e del carattere recente (soprattutto rispetto all'anno di proposizione della domanda) dei precedenti giurisprudenziali posti a base della decisione. 
Le spese di ### liquidate in separato provvedimento, devono rimanere definitivamente a carico della parte che le ha anticipate.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni diversa istanza, deduzione od eccezione, così provvede: - rigetta le domande risarcitorie promosse da parte attrice; - compensa integralmente le spese di lite in tutti i rapporti processuali; - pone le spese di ### liquidate in separato provvedimento, definitivamente a carico della parte che le ha anticipate. 
Così deciso in ### addì 15/12/2025. 
Il giudice

causa n. 75074/2012 R.G. - Giudice/firmatari: Gianluca De Cristofaro Sciarrotta

M

Tribunale di Firenze, Sentenza n. 2430/2021 del 30-09-2021

... pancreas, vie biliari e tubo digerente evolvendo verso la sepsi con interessamento anche a livello pleuropolmonare bilaterale sino al decesso della ### La rilevanza attribuita dai CTU al mancato svolgimento di esami ematochimici nella fase post intervento implica anche la responsabilità diretta della struttura sanitaria che , in base a quanto risulta dalle indagini dei ### non aveva a disposizione presso di sé un laboratorio che consentisse di svolgere tali esami, rendendo quindi necessario per la struttura avvalersi di laboratori esterni. Alla luce delle considerazioni svolte risultano quindi provate sia la responsabilità contrattuale che quella extracontrattuale , artt. 2043 e 2049 c.c., della struttura sanitaria. Per quanto concerne il danno iure hereditatis , avuto riguardo alle tabelle del Tribunale di Milano, per il danno non patrimoniale cosiddetto “terminale” sofferto dalla ### nel periodo di 30 giorni compreso tra l'intervento del 14.6.10 ed il decesso del 14.7.10, anche in ragione delle altre patologie da cui la ### era affetta , appare equo riconoscere in via equitativa ed onnicomprensiva ad oggi un danno di € 25.000,00: per un importo di € 12.500,00 spettante ad ogni (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di FIRENZE 02 ### sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 17825/2013 promossa da: ### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. #### e dell'avv. ### (###) ; elettivamente domiciliato in ### 1 50124 FIRENZEpresso il difensore avv. ##### (C.F. ###), con il patrocinio dell'avv. #### e dell'avv. ### (###) ; , elettivamente domiciliato in ### 1 50124 FIRENZEpresso il difensore avv. ##### contro ### “### SOLE” ### (C.F. ), con il patrocinio dell'avv. #### e dell'avv. , elettivamente domiciliato in ### 9 ###.NOpresso il difensore avv. ##### (C.F. ###) rappresentato e difeso dall'avv. #### e dell'avv. elettivamente domiciliato in ###. MONACO 48 52100 AREZZO presso il difensore avv. #### (C.F. ###) rappresentato e difeso dall'avv. #### e dell'avv. elettivamente domiciliato in L.#### FIRENZE presso il difensore avv. #### (C.F. ###) rappresentato e difeso dall'avv. #### e dell'avv. ### (###) ### D'### 10 50129 FIRENZE; elettivamente domiciliato in ### 3 58100 GROSSETO presso il difensore avv. #### (C.F. ###) rappresentato e difeso dall'avv.  ### e dell'avv. ### (###) ### SPEZIALI 1 50123 FIRENZE; ### (###) ### elettivamente domiciliato in ##### MODENA presso il difensore avv.  #### (C.F. ###) rappresentato e difeso dall'avv. ### e dell'avv. elettivamente domiciliato in ### ALINARI 4 50123 FIRENZE presso il difensore avv. #### (C.F. ) rappresentato e difeso dall'avv. ### e dell'avv.  ### (###) ### 6 50129 FIRENZE; elettivamente domiciliato in ### 6 50129 FIRENZE presso il difensore avv. #### (C.F. ) rappresentato e difeso dall'avv. ### e dell'avv.  ### (###) ### 219 50129 FIRENZE; elettivamente domiciliato in ### 9 57126 LIVORNO presso il difensore avv.  #### (C.F. ###) rappresentato e difeso dall'avv. ### e dell'avv.  ### (###) ### 1 40121 BOLOGNA; elettivamente domiciliato in ### 17 50127 FIRENZE presso il difensore avv. ##### (C.F. ###) rappresentato e difeso dall'avv.  ### e dell'avv. ### (###) ### elettivamente domiciliato in ### presso il difensore avv. #### (C.F. ###) rappresentato e difeso dall'avv. ### e dell'avv. elettivamente domiciliato in ### 80 50129 FIRENZE presso il difensore avv.  ##### parti hanno concluso come da verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni.  MOTIVI DELLA DECISIONE ### e ### convenivano in giudizio ### srl (### per sentirla condannare al risarcimento dei danni quale responsabile della morte di ### ,moglie del primo e madre del secondo, avvenuta il ###. 
Esponevano gli attori a fondamento della domanda: che in data ### la ### ( affetta da insufficienza renale cronica in terapia dialitica trisettimanale da circa due anni, mieloma multiplo, coronaropatia in pregresso infarto, ipertensione arteriosa, diabete mellito, ipotiroidismo) veniva ricoverata presso la ### di ### di ### per sottoporsi ad intervento artroscopico ; che nel giorno suddetto la ### veniva sottoposta ad intervento di “sinoviectomia e lavaggio artroscopico” che terminava alle ore 11,15 ; che dopo l'intervento la ### accusava ripetuti cali pressori e dalla colorazione bluastra della schiena emergeva una emorragia interna; che la ### alle ore 21 circa veniva quindi trasferita presso il ### dell'### di ### e da qui, alle ore 22,12, al reparto di terapia ### dello stesso ### che nella notte la ### veniva sottoposta a trasfusioni che ristabilivano adeguati valori pressori ed il giorno 16.6.10 era quindi trasferita presso il ### di ### dell'### di ### che per i peggioramenti del quadro clinico e l'insorgenza di pancreatite edematosa in data ### veniva eseguito intervento di ### colangio-pancreatografia retrograda endoscopica) ; che la ### decedeva il ###; che nel certificato di morte veniva affermato:”###: pancreatite acuta, colecistite,BAV 3° grado; ###:occlusione intestinale; ###:shock refrattario”; che il procedimento penale si era concluso con archiviazione; che la ### dovendo rispondere anche dell'operato dei sanitari che avevano operato a vario titolo presso la stessa, era da considerare responsabile della morte della ### in quanto: la ### era stata sottoposta ad intervento con dubbie indicazioni di opportunità in ragione del complesso quadro patologico di cui era portatrice; il consenso informato all'intervento risultava generico ed il rischio anestesiologico sottostimato; la FRS non era risultata adeguatamente organizzata per fronteggiare complicanze post operatorie; nel corso dell'intervento fu commesso errore iatrogeno con lesione vascolare e quadro emorragico che determinò grave ipovolemia e conseguente danno multiorgano dimostratosi irreversibile nonostante il corretto trattamento operato presso l'### di #### resisteva alla domanda contestando la sussistenza della propria responsabilità per il decesso della ### e richiamando a fondamento della propria tesi le risultanze della perizia medico legale espletata nel procedimento penale; per l'ipotesi di accoglimento della domanda chiedeva la condanna dei medici dott.ri ######## nonché di ### spa ( AXA ) , di cui chiedeva la chiamata in causa, a tenerla indenne ; in ipotesi chiedeva la condanna di ### - ### per l'### a tenerla indenne. 
I suddetti terzi ,chiamati in causa, ad eccezione del ### ,che non si costituiva, resistevano alle domande proposte nei loro confronti e i dott. ### e ### chiamavano in causa le rispettive assicurazioni per la responsabilità civile. 
FRS, in ragione delle eccezioni sollevate da AXA e da ### riguardo all'operatività della garanzia assicurativa, chiamava in causa ### srl in liquidazione(###, che aveva operato quale broker riguardo alla conclusione dei contratti di assicurazione con le compagnie suddette, per sentirla condannare a tenere indenne la convenuta nel caso di rigetto delle domande proposte nei confronti delle stesse.  ### con sede ###causa, eccepiva l'incompetenza per territorio del giudice adito e deduceva l'infondatezza della domanda. 
La causa, espletata consulenza medico legale, è stata quini ritenuta in decisione. 
Gli attori agiscono in giudizio sia iure proprio, quali prossimi congiunti della ### che iure hereditatis, quali eredi della stessa, e chiedono il risarcimento dei conseguenti danni patrimoniali e non patrimoniali. 
La natura della responsabilità della struttura sanitaria varia tra la domanda proposta dagli attori iure proprio e quella proposta iure hereditatis. 
Nel primo caso si tratta di responsabilità extracontrattuale poiché i prossimi congiunti non sono stati parti del rapporto contrattuale tra la ### e la struttura sanitaria e nella fattispecie in esame non sussistono elementi peculiari , come nel caso del rapporto tra gestante e nascituro,che consentano di individuare gli attori quali terzi cui si estende l'efficacia protettiva del contratto( Cass. 14258/20).  ### proposta dagli attori iure hereditatis ha invece certamente natura contrattuale. 
In primo luogo deve essere tenuto presente che anche nel periodo precedente all'entrata in vigore della L.n. 24/17-non applicabile alla fattispecie in esame ratione temporisnella giurisprudenza si era formato orientamento consolidato nel senso della natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria verso il paziente. 
E' stato così affermato che il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura ( o ente ospedaliero) ha la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo , da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo , insorgono a carico della struttura sanitaria , accanto a quelli di tipo latu sensu alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario , del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie , anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze:ne consegue che la responsabilità della struttura sanitaria nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire , ai sensi dell'art. 1218 c.c., all'inadempimento della prestazione medico professionale svolta direttamente dal sanitario , quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato( art. 1228 c.c.), comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo che il sanitario risulti essere anche di fiducia dello stesso paziente o comunque dal medesimo scelto(Cass. 22.9.15 n. 18610;Cass. 13.4.07 8826; Cass. 28989/19). 
Riguardo alla ripartizione dell'onere probatorio, secondo il più recente orientamento della giurisprudenza, è onere dell'attore provare il nesso di causalità tra l'insorgenza o l'aggravamento della patologia e la condotta del sanitario e, una volta fornita tale prova, è onere del sanitario provare che l'evento dannoso è stato determinato da causa ad esso non imputabile (Cass. n. 28989/19 ; Cass. 18392/17). 
Al fine di accertare la correttezza dei trattamenti sanitari praticati sulla ### presso FRS e per verificare la sussistenza del nesso di causa tra gli stessi e la morte della ### è stata espletata in corso di causa consulenza tecnica medico legale. 
Nel parere dei consulenti tecnici d'ufficio (### risulta esposto:che la ### , 71 anni di età,all'epoca dell'intervento presso FRS era affetta da una pluralità di patologie tra cui insufficienza renale cronica terminale da reni policistici in trattamento dialitico settimanale da circa due anni, mieloma multiplo in periodico controllo, coronaropatia in pregresso infarto del miocardio , trattato mediante rivascolarizzazione con stent nel 2008, ipertensione arteriosa, calcolosi della colecisti, pregressa ulcera gastrica , diabete mellito, ipotiroidismo ; che il ### la ### veniva sottoposta ad intervento chirurgico artroscopico di sinoviectomia e lavaggio artroscopico della spalla destra ;che nel periodo post-operatorio la ### andava incontro a ripetute crisi ipotensive conseguenti ad importante emorragia a partenza dalla sede ###riconosciuta dai sanitari della ### la ### nelle analisi preoperatorie aveva evidenziato 3,11 milioni/ml di globuli rossi ed Hb 10,6 g/dl mentre al ricovero presso il PS di ### dopo l'intervento presentava 1,71 milioni/ml di globuli rossi ed Hb 5,7 g/dl) , che evolveva con insorgenza di blocco cardiaco, iperkaliemia e sofferenza da shock multiorgano ; che nonostante il trasferimento in strutture ospedaliere pubbliche attrezzate presso le quali venivano adottate tutte le misure terapeutiche suggerite dalle linee guida , la grave sofferenza multiorgano evolveva successivamente sino alla morte della paziente avvenuta il ###. 
In sostanza , secondo i ### il “primum movens” di tutta la catena di eventi che ha condotto la paziente a morte è stata la massiva emorragia post-operatoria , probabilmente favorita da coagulopatia da insufficienza renale cronica e da mieloma multiplo:emorragia che non è stata diagnosticata dai sanitari intervenuti presso la FRS nella fase post-operatoria e non è stata quindi adeguatamente trattata. 
Pertanto i CTU addebitano ai sanitari , non tanto il verificarsi dell'emorragia , che costituisce una delle complicanze più frequenti anche nella chirurga artroscopia della spalla, bensì la mancata tempestiva diagnosi ed il mancato trattamento terapeutico della stessa , trattamento, finalizzato a ristabilire i valori pressori e l'adeguata capacità di veicolazione dell'ossigeno da parte del sangue circolante, di non difficile esecuzione secondo i ### In particolare i CTU hanno evidenziato: che i primi sintomi di emorragia registrati in cartella clinica risalivano alle ore 18,45 del 14.6.10, quando si verificava il primo episodio ipotensivo (PA=55) con tachicardia; che la somministrazione di lattato e di ossigenoterapia portava la pressione a valori 100/60; che circa un'ora e mezzo dopo la crisi si ripeteva con PA=55 e bradicardia di 30 bpm; che già alle ore 18,45 l'emorragia avrebbe potuto essere adeguatamente trattata quando le condizioni emodinamiche erano ancora favorevoli;che in mancanza di trattamento l'emorragia era quindi proseguita sino a ridurre il volume circolante e la capacità ematica di trasporto dell'ossigeno al punto da indurre effetti metabolici gravi a carico degli organi, anche a causa delle gravi patologie da cui era affetta la ### la sofferenza indotta a livello degli organi centrali dall'ipoperfusione e dall'incapacità del sangue di veicolare adeguate quantità di ossigeno determinavano l'insorgenza di sindrome da shock multiorgano che poi portava al decesso della ### Dagli atti secondo i CTU emerge quindi la responsabilità dei sanitari di FRS per non aver considerato adeguatamente i rischi che l'intervento chirurgico presentava per la ### in ragione delle molteplici patologie da cui la stessa era affetta ( sottovalutazione che d'altronde aveva portato anche a classificare il rischio anestesiologico-operatorio della ### quale ### , mentre , in ragione delle patologie da cui la ### era affetta, per i CTU era più appropriata una classificazione di ASA 3, nonché ad eseguire l'intervento , in paziente quale la ### affetta da insufficienza renale cronica terminale in dialisi trisettimanale, a due giorni di distanza dall'ultima seduta dialitica, mentre, secondo i ### sarebbe stato raccomandabile eseguire l'intervento ad un solo giorno di distanza e dopo avere eseguito esami ematici) e non aver proceduto pertanto a programmare un appropriato continuo monitoraggio delle funzioni vitali ( pressione arteriosa, elettrocardiogramma in continuo ,esami ematochimiciad es.  emegasanalisi arteriosa) , neppure dopo le crisi ipotensive manifestate dalla ### , sintomatiche della possibile emorragia in corso. 
In effetti risulta dagli atti che fin dalle ore 13,30 , dopo circa due ore dall'intervento, iniziarono a manifestarsi episodi lipotimici , sintomatici dell'emorragia in corso: episodi che risultano riportati nella cartella infermieristica e confermati dagli accertamenti svolti dai ### v. doc. 10 attori). 
Il primo è quello verificatosi alle ore 13,30 e di cui hanno riferito ai NAS l'infermiere ### nonché ### cognato della ### il quale ha dichiarato che il medico presente in reparto, intervenuto( diverso da quelli chiamati in causa) , riferì che si era verificata una crisi ipotensiva con forte abbassamento della pressione arteriosa e che non c'era da preoccuparsi perché poteva capitare in persona dializzata come la ### Una nuovo episodio lipotimico si verificava intorno alle ore 15 ed anche in questo caso intervenivano infermiere e altro medico il quale riferiva al ### che si era trattato di una nuova crisi ipotensiva.   Riguardo al nesso di causa tra il non corretto trattamento sanitario praticato presso FRS e la morte della ### le cui cause nel certificato di morte( doc. 4 attori) sono così indicate : causa iniziale pancreatite acuta colecistite ###°grado; causa intermediaocclusione intestinale; causa terminale shock refrattario ; altri stati morbosi rilevanti :uremia terminale dialisi, mieloma multiplo, cardiopatia ischemica post-infatuale ipotiroidismo) i CTU hanno in particolare specificato: nel caso della ### si è verificata un'emorragia massiva , con quadro clinico in evoluzione peggiorativa che avrebbe richiesto l'infusione di adeguati volumi di espansori del volume plasmatico circolante e di farmaco stimolante dell'apparato cardiocircolatorio; il non adeguato trattamento dello shock ipovelemico ed il BAV hanno avuto effetti negativi sul circolo splancnico; ciò è evidenziato dal fatto che i valori preoperatori delle transaminasi erano nella norma mentre durante il ricovero presso l'### di ### è stata rilevata la presenza di calcolosi della colecisti e di pancreatite e gli esami ematochimici hanno rilevato livelli elevati di transaminasi, ad indicare l'aggravamento delle patologie epato-biliopancreatiche, così come il livello di bilirubina di 2,7 mg/dl a fronte di valori normali di 0,2-1,1 rilevato il ### segnalava il persistere di uno stato ostruttivo biliare indicativo di un quadro clinico non in via di risoluzione; gli effetti dell'ipoperfusione del circolo splancnico durante le shock ipovolemico si sono ripercossi sulla funzionalità della colecisti e la sindrome ostruttiva ne è stata la conseguenza;l'ostruzione del coledoco con conseguente evoluzione in shock settico , cui si è cercato di far fronte con l'intervento di ### ha rappresentato una complicanza della catena di eventi patologici indotti che hanno visto come primus movens lo shock ipovolemico; la sofferenza generata dalla marcata ipoperfusione degli organi addominali ha quindi innescato l'insorgenza di una sindrome da disfunzione multiorgano che ha interessato in sequenza pancreas, vie biliari e tubo digerente evolvendo verso la sepsi con interessamento anche a livello pleuropolmonare bilaterale sino al decesso della ### La rilevanza attribuita dai CTU al mancato svolgimento di esami ematochimici nella fase post intervento implica anche la responsabilità diretta della struttura sanitaria che , in base a quanto risulta dalle indagini dei ### non aveva a disposizione presso di sé un laboratorio che consentisse di svolgere tali esami, rendendo quindi necessario per la struttura avvalersi di laboratori esterni.   Alla luce delle considerazioni svolte risultano quindi provate sia la responsabilità contrattuale che quella extracontrattuale , artt. 2043 e 2049 c.c., della struttura sanitaria. 
Per quanto concerne il danno iure hereditatis , avuto riguardo alle tabelle del Tribunale di Milano, per il danno non patrimoniale cosiddetto “terminale” sofferto dalla ### nel periodo di 30 giorni compreso tra l'intervento del 14.6.10 ed il decesso del 14.7.10, anche in ragione delle altre patologie da cui la ### era affetta , appare equo riconoscere in via equitativa ed onnicomprensiva ad oggi un danno di € 25.000,00: per un importo di € 12.500,00 spettante ad ogni singolo attore. 
Per quanto concerne i danni non patrimoniali subiti dalla ### nessun danno è stato specificamente dedotto in atto di citazione riguardo alla questione di una pretesa mancanza del consenso informato: in effetti i danni subiti dalla ### sono stati dedotti solo con riferimento alle lesioni subite ed alle conseguenze patite. 
Gli attori, in ragione dello stretto rapporto di parentela e familiare con la ### hanno certamente diritto iure proprio al risarcimento del danno non patrimoniale presumibilmente subito per perdita del rapporto parentale e la conseguente sofferenza interiore. 
Per la liquidazione del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale devono essere considerate l'età della ### alla data del fatto, 72 anni, l'età degli attori ed in particolare del coniuge convivente , ### , 72 anni, nonchè del figlio, 46 anni, non convivente con i genitori ma pur sempre residente ###una presumibile frequentazione con la madre, nonché le gravi patologie da cui era già affetta la ### che secondo i CTU ne determinavano una inabilità permanente nella misura del 75%, ### base di tali elementi e della presumibile sofferenza soggettiva patita dalle parti ritiene il giudicante di liquidare ad oggi il danno subito da ### in € 180.000,00 e da ### in € 170.000,00. 
Il coniuge chiede altresì il risarcimento del danno patrimoniale derivante dalla perdita del contributo economico che la ### arrecava alle esigenze familiari in ragione della pensione percepita di € 9.994,79 annui( doc. 7). 
Presumendo che almeno il 40% del reddito venisse destinato dalla ### alle esigenze familiari, per una quota annua di €.4.000,00 e in considerazione dei coefficienti di capitalizzazione delle rendite ### di cui al DM 22.11.16( la giurisprudenza esclude l'applicazione dei coefficienti di cui al RD n. 1403/22 in quanto non più aderenti all'allungamento della vita media ed agli attuali tassi di interesse- 20615/15; Cass. 10499/17) , considerando l'età della ### alla data della morte , 72 anni, e la pressochè identica età del ### ritiene il giudicante di liquidare in via equitativa il danno in questione in € 40.000,00. 
Risultano altresì documentate spese per € 6.957,50 sostenute da ### per consulenza tecnica medico legale stragiudiziale ( doc. 6) ed €. 1.000,00 sostenute da ### per servizio funebre( doc. 6) per un valore ad oggi rispettivamente di € 7.341,69 ed € 1.160,00. 
Non hanno diritto invece gli attori al rimborso delle spese sostenute nell'ambito del procedimento penale che si è concluso con provvedimento di archiviazione: si tratta di spese riconducibili esclusivamente a scelta autonomamente operata dagli attori .  ### ha diritto di conseguire a titolo di risarcimento danni da FRS il pagamento della somma di € 233.660,00 e ### la somma di € 189.841,69 oltre interessi compensativi dal 14.7.10 alla data odierna e da calcolare nel modo seguente alla stregua dei principi sanciti da n. 1712/95: dal 14.7.10 al 13.7.11 sulla somma rispettivamente inizialmente dovuta di € 208.811,43 ed € 169.652,98( applicato indice di svalutazione 1,119) ; dal 14.7.11 alla data odierna sulla somma risultante annualmente dovuta in base alla rivalutazione secondo gli indici ### degli importi suddetti.Dalla data della sentenza al saldo gli interessi sono dovuti sulla somma liquidata. 
Per l'ipotesi di accoglimento della domanda degli attori la FRS ha chiesto di chiamare in causa i medici che nelle diverse fasi seguirono la ### per esercitare azione di regresso: il dott. ### che eseguì la visita anestesiologica, il dott. ### quale chirurgo ed il Dott. ### quale aiuto chirurgo, il dott. ### quale anestesista, il dott.### che seguì la fase post-operatoria ed il dott. ### ,medico di guardia. 
Alla luce delle considerazioni svolte si configurano elementi di responsabilità esclusivamente a carico del dott. ### chirurgo che operò la ### e che, nonostante la grave situazione patologica preesistente della stessa , con specifico rischio di emorragia in considerazione di tali patologie e col rischio ulteriore derivante dal tempo trascorso dall'ultima dialisi, non impartì disposizioni per adeguati controlli delle condizioni della stessa nella fase post operatoria e del dott. ###responsabile ### e ### medico di guardia in servizio nella struttura durante la fase post operatoria e che risulta essere in concreto intervenuto in occasione degli episodi di cali pressori delle ore 13,30 e 18,45. 
Peraltro, anche alla luce di quanto è stato esposto, sia per quanto concerne la responsabilità contrattuale che riguardo alla responsabilità extracontrattuale il diritto di regresso di FRS è solo parziale. 
Riguardo alla responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, di cui agli artt. 1228 e 1218 c.c., la giurisprudenza ha affermato il principio che in tema di danni da malpractice medica nel regime anteriore alla L. n. 24/17 , anche nell'ipotesi di colpa esclusiva del medico la responsabilità dev'essere paritariamente ripartita tra struttura e sanitario, nei conseguenti rapporti tra gli stessi, eccetto che negli eccezionali casi d'inescusabilmente grave , del tutto imprevedibile e oggettivamente improbabile devianza dal programma condiviso di tutela della salute cui la struttura risulti obbligata( 28987/): ciò in quanto la struttura sanitaria è comunque soggetta al rischio connaturato all'utilizzazione dei terzi nell'adempimento dell'obbligazione . 
Orbene , nel caso in oggetto ,si configura comunque la responsabilità della struttura sanitaria che, come già è stato osservato, ( v. risultanze indagini ### doc. 10) , non aveva a disposizione i mezzi tecnici di laboratorio necessari per svolgere direttamente le analisi mediche ( ad esempio del sangue) e doveva quindi rivolgersi a laboratori esterni: ciò che può concorrere a spiegare anche perché gli esami ematici non siano stati tempestivamente compiuti sulla ### per verificare lo stato di ipovolemia. 
Ritiene pertanto il giudicante che il regresso di FRS nei confronti del ### e del ### sia per la responsabilità contrattuale che per la extracontrattuale, debba riguardare ciascuno nella misura del 20% di quanto pagato agli attori a titolo di risarcimento danni.  ### ha chiesto altresì la condanna di AXA a tenerla indenne: ciò in ragione di convenzione assicurativa conclusa con AXA da ### cui aderisce anche ### AXA ha però eccepito che la garanzia assicurativa sussiste solo nel caso di prima richiesta risarcitoria pervenuta entro il ###.  ### è fondata. 
Il contratto di assicurazione in oggetto rientra tra quelli del tipo claims made e non è contestato che la garanzia assicurativa vale per le richieste risarcitorie pervenute a FRS entro e non oltre il ###. 
Non rileva quindi la questione di quando sia stata fatta la denuncia del sinistro da parte dell'assicurato.Quel che rileva è la data in cui perviene all'assicurato la richiesta risarcitoria.   Nel caso in oggetto la richiesta risarcitoria è pervenuta a FRS con l'atto di citazione notificato nel novembre del 2013 e quindi dopo la scadenza del periodo assicurativo.  ### ha eccepito l'inoperatività della garanzia assicurativa, però ai sensi dell'art. 1892 c.c.. 
Tale norma dispone al primo comma che le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente , relative a circostanze tali che l'assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose , sono causa di annullamento del contratto quando il contraente ha agito con dolo o colpa Il secondo comma precisa che l'assicuratore decade dal diritto d'impugnare il contratto se, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l'inesattezza della dichiarazione o la reticenza, non dichiara al contraente di volere esercitare l'impugnazione.Al riguardo peraltro la giurisprudenza afferma il principio che l'onere imposto dall'art. 1892 c.c.all'assicuratore di manifestare , allo scopo di evitare la decadenza, la propria volontà di esercitare l'azione di annullamento del contratto , per le dichiarazioni inesatte o reticenti dell'assicurato , entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto la causa dell'annullamento , non sussiste quando il sinistro si verifichi prima che sia decorso il termine suddetto ed ancora più quando il sinistro si verifichi prima che l'assicuratore sia venuto a conoscenza dell'inesattezza o reticenza della dichiarazione, essendo sufficiente in tali casi, per sottrarsi al pagamento dell'indennizzo, che l'assicuratore stesso invochi , anche mediante eccezione , la violazione dolosa o colposa dell'obbligo posto a carico dell'assicurato di rendere dichiarazioni complete e veritiere sulle circostanze relative alla rappresentazione del rischio( Cass. 16406/10). 
Nel contratto concluso da FRS risulta appunto la condizione particolare di cui al n. 10, specificamente approvata per iscritto da ### con la quale la stessa, agli effetti di quanto disposto dagli artt. 1892 - 1893-1894 c.c., dichiarava di non essere a conoscenza di fatti e circostanze che potessero dare luogo a richieste di risarcimento indennizzabili ai sensi dell'assicurazione. 
Orbene, risulta dagli atti che la FRS era invece certamente a conoscenza dei fatti relativi alla vicenda in questione quando il ### stipulava il contratto di assicurazione con ### Infatti risulta dagli atti che a seguito di querela presentata dagli attuali attori il PM emise decreto di esibizione nei confronti di ### doc. 2 ### ) , che fu notificato al legale rappresentante della stessa in data ###, allorchè fu anche acquisita in originale tutta la documentazione relativa alla ### ivi compresa la cartella clinica, così come la documentazione autorizzativa della casa di cura e quella relativa al personale medico che aveva seguito la ### doc. 10 attori).Tant'è che in data ### la FRS provvide a trasmettere ai sensi dell'art. 6 della polizza assicurativa a ### e AXA avviso scritto avente ad oggetto il sinistro relativo alla ### (doc.2).Si aggiunga che riguardo alla stessa vicenda veniva instaurato procedimento penale nei confronti di diversi medici operanti presso ### nell'ambito del quale veniva disposto incidente probatorio e che si concludeva solo col provvedimento dell'8.11.12 col quale il GIP respingeva l'opposizione alla richiesta di archiviazione del PM( doc. 11-14 attori).  ### al momento della conclusione della polizza con ### era certamente a conoscenza del fatto in questione quale possibile causa di richiesta risarcitoria in sede civile : legittimamente quindi ### eccepisce la violazione da parte di FRS del disposto dell'art. 1892 c.c.. 
FRS, per il caso di accoglimento delle eccezioni sollevate da AXA e ### ha chiamato in causa ### , che ha operato in relazione ai contratti in questione in qualità di broker.  ### ha preliminarmente eccepito l'incompetenza per territorio di questo Giudice in quanto nella fattispecie in esame non sarebbe applicabile il disposto dell'art. 32 c.p.c.( la domanda di garanzia può essere proposta al giudice competente per la causa principale affinché sia decisa nello stesso processo), trattandosi di garanzia impropria, fondata cioè su titolo distinto rispetto a quello della domanda principale.  ### è priva di fondamento. 
Ciò in ragione della pronuncia di Cass. SU n. 24707/15 che, mutando il precedente orientamento della giurisprudenza, ha affermato che la distinzione tra garanzia propria ed impropria non ha alcun fondamento normativo ed ha valore meramente descrittivo e deve quindi essere abbandonata agli effetti dell'art. 32 c.p.c.. 
Nel merito la domanda è comunque infondata. 
La giurisprudenza afferma che il broker assicurativo ( v. prima L. n. 792/84 e poi ### svolge accanto all'attività imprenditoriale di mediatore di assicurazione un'attività di collaborazione intellettuale con l'assicurando nella fase che precede la messa in contatto con l'assicuratore, durante la quale non è equidistante dalle parti, ma agisce per iniziativa dell'assicurando e come consulente dello stesso, analizzando i modelli contrattuali sul mercato , rapportandoli alle esigenze del cliente , allo scopo di riuscire ad ottenere una copertura assicurativa il più possibile aderente a tali esigenze e, in generale, mirando a collocarne, i rischi nella maniera e alle condizioni più convenienti per lui(Cass.27.5.10 12973). 
Senonchè FRS, avuto riguardo ai motivi per i quali è stata ritenuta non operante la garanzia assicurativa nel caso in oggetto riguardo ai rapporti con AXA e ### , non ha dedotto le specifiche ragioni e le condotte per le quali in concreto si configurerebbe la responsabilità di ### ha evidenziato che ### in base alle clausole contrattuali era incaricata della gestione dei rapporti tra la stessa FRS e gli assicuratori: deve essere però osservato che in relazione alla ritenuta esclusione della garanzia della copertura assicurativa come sopra motivata non risultano avere avuto alcun rilevo le modalità con cui ### ha gestito i rapporti tra FRS e gli assicuratori . 
Le spese di lite seguono la soccombenza avuto riguardo alle domande degli attori e in ragione della somma riconosciuta, dell'opera svolta e dei parametri di cui al DM 55/14 , vengono liquidate come da congrua richiesta degli stessi in complessivi € 15.921,50, di cui € 477,00 per spese, € 13.430,00 per compenso ed € 2.014,50 per spese generali. 
Equa appara la compensazione nei rapporti tra tutte le altre parti in ragione della complessità delle questioni tecniche medico legali e di natura assicurativa esaminate . 
Le spese di consulenza tecnica d'ufficio vanno a carico di parte convenuta.   PQM Il Tribunale condanna ### srl a pagare in favore di ### la somma di € 233.660,00 ed in favore di ### la somma di € 189.841,69 oltre interessi dal 14.7.10 al saldo come da motivazione; condanna ### e ### a rimborsare ciascuno in favore di ### srl il 20% di quanto pagato dalla stessa in favore degli attori a titolo di risarcimento danni ; respinge per il resto le domande proposte da ### srl nei conforti dei chiamati in causa; condanna la convenuta a rimborsare in favore degli attori le spese di lite che liquida in complessivi € 15.921,50; compensa le spese riguardo alle altre parti; pone le spese di consulenza tecnica d'ufficio a carico di parte convenuta. 
Firenze, 28.9.21 Il Giudice dott. ##### S.P.A. ### 3 Serial#: 1f5b47f65f9312ed3201b006ff537061

causa n. 17825/2013 R.G. - Giudice/firmatari: Zazzeri Fiorenzo

M

Tribunale di Napoli, Sentenza n. 10348/2025 del 10-11-2025

... dell'art. 1218 c.c., che può consistere nella difettosa sepsi degli ambienti ospedalieri, nella carente od omessa predisposizione di macchinari, strutture e presidi terapeutici, nell'omessa predisposizione di turni efficienti relativi al personale, nonché nella culpa in vigilando e in eligendo (ossia nella colposa scelta dell'ausiliario e nella colposa vigilanza sul suo operato). A tal proposito, la novella normativa introdotta con la L. 24/17 (c.d. “###-Bianco”) ha confermato i principi giurisprudenziali consolidatisi negli anni precedenti, in forza dei quali la struttura sanitaria, pubblica o privata che sia, risponde a titolo contrattuale nei confronti del paziente. Ne consegue che, ove la sua responsabilità venga invocata per fatto del dipendente, per ottenere la condanna, il danneggiato avrà solo l'onere di dimostrare che il danno è stato provocato da un medico nell'esercizio delle mansioni attribuitegli dall'ospedale. Il rapporto che si instaura tra paziente ed ente ospedaliero, difatti, ha fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo (contratto di spedalità), da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del (leggi tutto)...

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TRIBUNALE DI NAPOLI VIII SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Napoli, in persona del Giudice, Dott.ssa ### ha pronunciato, ai sensi degli artt. 281 sexies e 281 terdecies c.p.c., la seguente ### causa iscritta al n. 5612/2024 del R.G.A.C., avente ad oggetto ### professionale, pendente TRA #### (c.f. ###) #### (c.f. ###) #### (c.f. ###) #### (c.f. ###) #### (c.f. ###) #### (c.f. ###) #### (c.f. ###), tutti nella qualità di prossimi congiunti ed alcuni di eredi del de cuius ### nato a Napoli l'1/3/1953 e deceduto il ###, rappresentati e difesi dall'avv. ### (C.F. ###), giusta mandato in calce al ricorso e tutti elettivamente domiciliati presso lo studio della stessa in ###. Porzio, n. 4 - ###. ### - Napoli; #### NAPOLI (C.F ###) in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'### dello Stato di Napoli (C.F. ######), domiciliat ###Napoli alla via ### 11; RESISTENTE ### note sostitutive dell'udienza del 3/11/2025, le parti costituite hanno concluso riportandosi a tutti i propri atti e scritti difensivi ed alle conclusioni ivi rassegnate. 
FATTI DI CAUSA E MOTIVI DELLA DECISIONE La presente decisione viene adottata ai sensi degli artt. 281 sexies e terdecies c.p.c. e, dunque, prescindendo dalle indicazioni contenute nell'art. 132 c.p.c. (cfr. Cass. n. 22409/06). 
Con ricorso depositato il ###, ritualmente notificato, ####, ####, ####, ####, ####, #### e ####, tutti nella loro qualità di prossimi congiunti ed alcuni in qualità di eredi del de cuius ### convenivano in giudizio l'#### - NAPOLI, premettendo quanto segue: 1) in data ###, alle ore 11:48, il signor ### con anamnesi positiva per aneurisma dell'aorta trattato nel 2009, ### e ipertensione arteriosa, accedeva presso il ### del ### di ### per un dolore dorsale con riflesso gastrico ed un formicolio agli arti inferiori; 2) all'esame obiettivo veniva documentata PA 170/60 mmHg, oltre a polsi non apprezzabili e incontinenza sfinterica; 3) alle ore 13:56, nel sospetto di dissezione aortica, veniva eseguita TC torace e addome e angio TC dell'aorta che documentava “…flap intimale a livello dell'arto aortico che si estende causalmente l'origine dell'arteria succlavia di sinistra fino (…)”; 4) alla luce di tali risultanze diagnostiche, veniva disposto il trasferimento presso la cardiochirurgia della AOU ### di Napoli; 5) qui veniva ricoverato con diagnosi di ingresso di “dissecazione aortica tipo B” e, dopo i necessari accertamenti, alle ore 18:00 dell'11/10/2016, veniva sottoposto ad intervento di impianto di protesi endovascolare ### con copertura volontaria dell'arteria succlavia sinistra; 6) alle ore 22:45 della stessa giornata, veniva effettuata consulenza ORL urgente per epistassi posteriore; nei giorni successivi il paziente era sedato, apiretico, emodinamica stabile, in corso di trattamento di ultrafiltrazione; 7) in data ### veniva effettuata una nuova consulenza ### lo specialista provvedeva a rimuovere i tamponi nasali precedentemente posizionati e si assisteva alla ripresa di epistassi anteriore bilaterale maggiore a sinistra, per cui veniva effettuato nuovo posizionamento di tampone nasale; 8) agli esami ematochimici del 12/10/2016 era documentata una severa piastrinopenia associata a valori della coagulazione modificati in senso pro-emorragico. 
Tale assetto coagulativo in senso proemorragico rimaneva, seppure con minime modifiche, invariato nelle giornate successive; 9) in data ###, veniva eseguita nuova consulenza ### che documentava la presenza di coaguli ematici nel cavo orale, venivano rimossi i tamponi con ripresa di epistassi per cui venivano nuovamente applicati tamponi nasali, infine veniva richiesto emocromo completo. In tale data agli esami ematochimici veniva segnalato: “tempo di tromboplastina ### non proporzionato”; 10) sempre nella stessa giornata, il paziente presentava emodinamica stabile, anurico, apiretico e venivano richiesti oltre agli esami ematochimici anche broncolavaggio; 11) il giorno 22/10/2016, si rendeva necessaria la trasfusione di due sacche di emazie concentrate, mentre il giorno seguente le condizioni generali venivano descritte come critiche ma stazionarie, GCS 9. La terapia farmacologica segnata in diaria prevedeva, tra gli altri farmaci, anche terapia antibiotica, albumina a giorni alterni, ### 6000 UI. ### coagulativo agli esami ematochimici era ancora proemorragico con valori di PLT 82x10^3/ml vn 130-400; ### 42,0 sec vn 25-40; antitrombina III 60,7% vn 70-120; 12) in data ### l'esame colturale su BL era positivo per la presenza di ### albicans; 13) il giorno 28/10/2016 veniva eseguita consulenza ORL che rilevava la presenza di alcuni coaguli ematici nel cavo orale, alla palpazione del naso si apprezzava la fuoriuscita di sangue; pertanto, si consigliava di lasciare i tamponi nasali in sede ###attesa di poter ridurre la posologia con eparina”. ### colturale su sangue dava esito negativo per la presenza di microorganismi; 14) il giorno successivo il paziente presentava picco febbrile; 15) in data ### veniva eseguita consulenza neurologica che documentava un paziente “vigile, cosciente, esegue ordini semplici, risposte a domande semplici labialmente senza voce… dubbia asimmetria della rima bucale, trisma… non protrude la lingua. Collo rigido. Capo deviato a sn. Non muove i 4 arti né spontaneamente né dietro comando a parte piccoli movimenti alle dita … ROT assenti in tutti i distretti… si consiglia RM encefalo o in alternativa TC cranio…”; 16) nella stessa giornata si assisteva ad episodi di marcata desaturazione per cui veniva effettuata ### 17) in data ###, il paziente era descritto come risvegliabile, poco collaborante, tracheostomizzato, emodinamica stabile; in terapia veniva ancora annotata la prescrizione di ### 6000 UI; nella stessa giornata veniva eseguita consulenza ORL per la rimozione dei tamponi senza presenza di sanguinamento; 18) il ### il paziente era soporoso, poco vigile, non responsivo pienamente agli stimoli verbali; 19) il giorno successivo (7/11/2016), l'esame colturale su punta di catetere per ### mostrava positività per P.  aeruginosa e ### baumanii; 20) in data 8 e 9/11/2016, le condizioni cliniche erano stabili nella loro gravità, il paziente era sedato, emodinamica sostenuta da inotropi e diuresi stimolata da ### 21) in data ### veniva iniziata terapia con ### 22) in data ###, pur nell'assenza di descrizioni e altre annotazioni della diaria del giorno, veniva constatato il decesso del paziente; 23) il decesso del signor ### ha determinato notevoli afflizioni a carico dei congiunti che si sono visti privare rispettivamente della figura del coniuge, del padre, del fratello, deceduto a causa della condotta colposa dei sanitari che lo ebbero in cura; 24) pertanto, veniva incardinato presso il Tribunale di Napoli giudizio a mezzo di ricorso per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis cpc, recante RG nr 22501/2022, regolarmente notificato nei termini di cui al decreto di fissazione dell'udienza, al fine di ottenere la nomina di un Collegio tecnico, con competenze specialistiche, anche di medicina legale, che potesse accertare e determinare la responsabilità dell'AOU ### di Napoli di quanto occorso nei confronti del de cuius ### e dei parenti tutti, per i danni tutti patiti; 25) il collegio peritale nominato depositava la relazione tecnica dalla quale emergeva incontrovertibilmente la responsabilità della ### di Napoli per quanto occorso al signor ### e ai parenti tutti, per i danni tutti patiti; 26) difatti, i ### nominati efficacemente stigmatizzavano, nel rispondere ai quesiti, che “(…) si ritiene nel caso specifico che il sig. ### abbia perduto, a causa del descritto comportamento omissivo della struttura sanitaria, la possibilità apprezzabile, seria e consistente di un risultato migliore, se non di una guarigione, in termini di chances di sopravvivenza che sono state ridotte orientativamente di circa il 40%. In ordine ai successivi quesiti, l'analisi della documentazione sanitaria non appare rispettosa degli obblighi di buona tenuta e compilazione della cartella clinica, elemento di cui parrebbero responsabili i sanitari medesimi”.  27) alla luce di tali considerazioni conclusive, dunque, nel caso in esame emerge incontrovertibilmente la responsabilità, sia ai sensi dell'art. 1218 c.c. che dell'art.  1228 c.c., dell'### di Napoli nei confronti del signor ### di quanto occorso, e dei parenti tutti, per i danni tutti, chiedendo che venga dichiarata, pertanto, l'acclarata responsabilità della struttura sanitaria resistente e disposto agli istanti il giusto risarcimento di tutti i danni patiti, sia di natura patrimoniale che non patrimoniali. 
Tanto premesso, i ricorrenti eccepivano l'evidenza della condotta negligente, nonché l'imperizia e/o l'imprudenza dei sanitari che ebbero in cura ### per: 1) le inadeguatezze terapeutiche (scorretta somministrazione di eparina a basso peso molecolare in presenza di grave piastrinopenia a partire dal 4/11/2016, con conseguente peggioramento dello stato discoagulativo); 2) la carente attivazione delle misure di prevenzione del rischio infettivo, concretamente realizzatosi con l'acquisizione di un quadro di infezione nosocomiale sostenuto da ### e da ### baumanni; 3) la non corretta tenuta della cartella clinica. 
Evidenziavano che tali condotte, imprudenti e negligenti, avevano cagionato il decesso del paziente, configurando la responsabilità della resistente, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., avendo tale condotta determinato la perdita della possibilità apprezzabile, seria e consistente di un risultato migliore, se non di una guarigione, in termini di chances di sopravvivenza che sono state ridotte orientativamente di circa il 40%”. 
Con riguardo ai danni risarcibili, i ricorrenti richiedevano il risarcimento del: 1. danno non patrimoniale iure proprio - danno da morte del congiunto e/o danno da grave lesione del rapporto parentale e/o danno da perdita anticipata del rapporto parentale.  2. danni non patrimoniali iure hereditatis: danno biologico terminale, danno tanatologico e danno catastrofale; 3. danno da perdita di chances. 
I ricorrenti concludevano, pertanto, chiedendo: A) in via preliminare, di accertare e dichiarare la condotta negligente, l'imprudenza e l'imperizia dei sanitari dell'AOU ### di Napoli e per l'effetto, di accogliere la spiegata domanda di risarcimento dei danni nei confronti della struttura sanitaria resistente responsabile del decesso del signor ###
B) di dichiarare che le gravissime lesioni, le sofferenze ed i traumi patiti dal signor ### ed il suo decesso si sono verificati per fatto, responsabilità e colpa esclusiva dell'### di Napoli e dei sanitari ivi in servizio; C) di condannare la parte resistente, in favore degli istanti, in proprio e nella qualità di eredi legittimi di ### al risarcimento di tutti i danni derivanti dalle lesioni personali, dalle sofferenze, dai traumi e dal decesso cagionati al sig.  ### quali danni patrimoniali e non, compresi il danno biologico, morale, esistenziale, da mancato guadagno e da perdita di chance, menomazione della qualità di vita da relazione, oltre ai danni connessi tutti all'evento lesivo morte di cui è causa anche quale danno biologico terminale da liquidarsi nella misura tabellare (Tribunale di Milano) massima, da liquidarsi iure successionis in favore degli istanti, quali eredi legittimi, ovvero secondo diversi criteri in attuazione, il tutto oltre gli interessi, ex art. 1284 c. 4 c.c., e la rivalutazione monetaria; D) di condannare la parte resistente, in favore dei ricorrenti, al risarcimento del danno iure proprio e di tutti i danni derivanti dalle lesioni personali, dalle sofferenze e dai traumi cagionati al de cuius e per la perdita del congiunto, ### quali danni patrimoniali e non, compresi il danno biologico, morale, esistenziale, da mancato guadagno e perdita di chance, menomazione della qualità di vita da relazione, oltre ai danni connessi tutti all'evento lesivo di cui è causa nella misura prevista dalle ### di ### per la perdita del congiunto, riconoscendo il massimo valore delle ### per ciascuno dei rapporti parentali, anche in ragione del vincolo familiare e della convivenza in essere, oltre rivalutazione monetaria ed interessi ex art. 1284 c.4 c.c., sino al soddisfo; E) di condannare la resistente al risarcimento del danno da perdita di chance patito dal signor ### per quanto argomentato, e da riconoscersi in favore dei ricorrenti, nella misura stabilita dal Giudice; F) di condannare la resistente in ogni caso al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio, nonché al pagamento delle spese comprese spese CTU (acconto e saldo), diritti ed onorari del procedimento di ### tutte con attribuzione alla procuratrice anticipataria; G) di emettere ogni altro provvedimento del caso. 
In data ###, si costituiva nel giudizio #### - NAPOLI eccependo: 1) preliminarmente, la prescrizione quinquennale dei diritti vantati iure proprio da ### sorella del de cuius, considerando che tra il dies a quo, individuato al più tardi al momento del decesso (9/11/2016), e la data di deposito o notifica del ricorso per a.t.p. (5- 20.10.2022), risultavano trascorsi più di cinque anni e che in quel lasso di tempo il decorso della prescrizione non è stata interrotto da #### messa in mora prodotta, inviata nell'anno 2019, non comprendeva ### tra le parti istanti e rappresentate dal procuratore, per cui essa non poteva giovarsene, non essendo il diritto vantato di natura solidale.  2) nel merito, l'infondatezza delle domande avverse, avendo i periti del Tribunale concluso accertando l'esclusione del nesso di causa tra le condotte dei sanitari e l'evento dannoso, escludendo la responsabilità della struttura sanitaria per l'evento dannoso verificatosi, ritenendo che tali condotte avessero al più inciso a titolo di perdita di chance, pur tenendo conto della probabilità del 40% individuata dai ### la qualificazione della responsabilità del danno iure proprio come illecito extracontrattuale, con conseguente applicazione del relativo onere della prova. 
Parte resistente concludeva, pertanto chiedendo: - di dichiarare la prescrizione quinquennale del diritto vantato da ### - di rigettare il ricorso attesa l'inammissibilità e l'infondatezza delle avverse domande ed il difetto di prova delle pretese delle parti ricorrenti; spese secondo giustizia.  1. Questioni preliminari. 
Con riguardo all'eccezione preliminare di prescrizione sollevata in relazione ai danni iure proprio fatti valere da ### va rilevato che, secondo la Cassazione, solo il paziente, in quanto titolare del rapporto contrattuale di spedalità, è legittimato ad agire per il risarcimento dei danni cagionatigli dall'inadempimento della struttura sanitaria con azione contrattuale ex art. 1218 Al contrario, fatta eccezione per l'ambito dei rapporti afferenti a prestazioni inerenti alla procreazione (in cui vi è identità tra l'interesse del paziente e l'interesse del terzo), la pretesa risarcitoria vantata dai congiunti per i danni da essi autonomamente subìti, in via mediata o riflessa, in conseguenza del medesimo contegno inadempiente, rilevante nei loro confronti come illecito aquiliano, si colloca nell'ambito della responsabilità extracontrattuale ed è soggetta alla relativa disciplina ( 11320/2022). 
Muovendo il proprio ragionamento dal principio di relatività degli effetti del contratto, secondo cui il contratto ha efficacia limitata alle parti, la Cassazione nega che i congiunti del paziente siano terzi protetti del contratto dal contratto di spedalità concluso tra il paziente e la struttura. 
In merito all'eccezione di prescrizione sollevata dalla resistente, è doveroso il richiamo alla disposizione contenuta nell'art. 2947 c.c., il quale, all'ultimo comma, disciplina l'ipotesi in cui un illecito civile sia considerato dalla legge anche come reato. Questo articolo stabilisce che, se un reato ha un termine di prescrizione più lungo, tale termine si applica anche all'azione civile per il risarcimento, indipendentemente dall'azione penale. 
Nel caso di specie, all'epoca del decesso, il termine di prescrizione per il reato di omicidio colposo era di 6 anni (artt. 589 c.p. e 157 c.p.) Pertanto, tale termine non era ancora decorso alla data di deposito del ricorso per ATP (20/10/2022), tenuto conto del dies a quo, decorrente dalla data del decesso (9/11/2016), come confermato dalla Cassazione (ord. 24075/2025).  ### di prescrizione va, pertanto, disattesa.  2, Sul merito. 
In premessa, va rammentato che le prestazioni fornite dal sanitario in regime ospedaliero costituiscono adempimento dell'obbligazione della struttura sanitaria stessa, sicché l'inadempimento di tali prestazioni costituisce di per sé inadempimento dell'ospedale, la cui colpa si presume. 
Ed invero, la struttura sanitaria può essere chiamata a rispondere nei confronti del paziente sia per il fatto colposo commesso dal medico suo dipendente o incaricato, ai sensi dell'art. 1228 c.c., sia per il fatto colposo proprio, ai sensi dell'art. 1218 c.c., che può consistere nella difettosa sepsi degli ambienti ospedalieri, nella carente od omessa predisposizione di macchinari, strutture e presidi terapeutici, nell'omessa predisposizione di turni efficienti relativi al personale, nonché nella culpa in vigilando e in eligendo (ossia nella colposa scelta dell'ausiliario e nella colposa vigilanza sul suo operato). 
A tal proposito, la novella normativa introdotta con la L. 24/17 (c.d. “###-Bianco”) ha confermato i principi giurisprudenziali consolidatisi negli anni precedenti, in forza dei quali la struttura sanitaria, pubblica o privata che sia, risponde a titolo contrattuale nei confronti del paziente. 
Ne consegue che, ove la sua responsabilità venga invocata per fatto del dipendente, per ottenere la condanna, il danneggiato avrà solo l'onere di dimostrare che il danno è stato provocato da un medico nell'esercizio delle mansioni attribuitegli dall'ospedale. 
Il rapporto che si instaura tra paziente ed ente ospedaliero, difatti, ha fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo (contratto di spedalità), da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo (che, si badi, ben può essere adempiuta dal paziente, dall'assicuratore ovvero dal servizio sanitario nazionale), insorgono a carico dell'Ente, accanto a quelli di tipo lato sensu alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni o emergenze. 
Con riferimento al profilo probatorio, nella responsabilità contrattuale, su di un piano generale, secondo il consolidato insegnamento delle sezioni unite della S.C., spetta al creditore l'onere di fornire la prova del contratto, e di allegare inadempimento (Cass. s.u. 13533/2001). 
Dopo tale, generale inquadramento, va, peraltro, osservato che, secondo il più recente insegnamento della Corte di legittimità (Cass. 18392/2017 e successive conformi) nella responsabilità scaturente da un facere professionale (###. C. si è espressa in tema di responsabilità sanitaria con due successive pronunce, la 28990 e 28991 del 2019), è necessario distinguere, in capo al creditore della prestazione, un interesse presupposto ed un interesse strumentale, con la conseguenza, tra l'altro, che la prova del nesso causale tra la condotta colposa del professionista e l'evento di danno (i.e., l'inadempimento) va offerta dal creditore, trattandosi di un fatto costitutivo dell'illecito, secondo l'ordinario riparto degli oneri probatori previsti dal codice di rito. 
In caso di responsabilità professionale, è, pertanto, onere del creditore/danneggiato dimostrare non solo la fonte dell'obbligazione, ma anche il nesso di causa tra il danno sofferto e la condotta del medico con un grado prossimo al “più probabile che non”. 
Il ricorrente è tenuto a provare, anche attraverso presunzioni, il nesso di causalità materiale intercorrente tra la condotta del medico e l'evento dannoso (nel nostro caso, la morte); è, invece, onere del resistente, ove il predetto nesso di causalità materiale sia stato dimostrato, provare o di avere eseguito la prestazione con la diligenza, la prudenza e la perizia richieste nel caso concreto, o che l'inadempimento (ovvero l'adempimento inesatto) è dipeso dall'impossibilità di eseguirla esattamente per causa ad essi non imputabile (Cass. 10500/2022). 
Occorre a questo punto verificare, nel caso di specie, l'assolvimento dell'onere probatorio a carico delle parti. 
È stata dimostrata (ne è altrimenti dubitabile) l'esistenza del rapporto contrattuale tra ### e la resistente, a seguito e in occasione del ricovero del primo, in data ###, presso il reparto di cardiochirurgia della ### di Napoli. 
Venendo alla ### espletata, questa può ritenersi certamente condivisibile in considerazione della correttezza dei criteri logici e tecnici seguiti, avendo gli ausiliari adottato un metodo di indagine serio e razionale, procedendo all'indagine tecnica secondo le direttive impartite secondo i quesiti posti in sede di affidamento dell'incarico, sicché possono trarsi elementi utili per la formazione del convincimento del giudice in ordine alla ricostruzione della vicenda de quo. 
Al fine di esaminare la condotta dei sanitari che ebbero in cura il ### dobbiamo ripercorrere l'iter che ha condotto al decesso.  ### uomo di 63 anni, affetto da obesità, cardiopatia e polivasculopatia (pregresso IMA trattato con ### e stent, entoprotesi aorto-bisiliaca per aneurisma aortoaddominale), in data ### veniva trasportato presso la UO di ### dell'### di Napoli con diagnosi di dissecazione aortica tipo B complicata da mal perfusione ed ischemia degli arti inferiori. In pari data lo stesso veniva sottoposto a intervento di impianto di protesi endovascolare ### con copertura volontaria dell'arteria succlavia sinistra. Veniva successivamente trasferito presso reparto di terapia intensiva ove le condizioni risultavano stabilmente gravi, fino al decesso, avvenuto in data ###. 
In primo luogo, va evidenziato come i ### abbiano ritenuto l'intervento indicato per il quadro in discussione e correttamente condotto, con mantenimento di emodinamica stabile, a garanzia di adeguata perfusione cerebrale. 
I consulenti hanno ritenuto una generale correttezza delle cure prestate, risultando corretta la scelta operatoria, eseguita nel rispetto delle buone pratiche e parimenti corrette le gestioni delle complicanze occorse (l'insufficienza renale e la piastrinopenia con episodi di epistassi).  ### i ### sono, però, emersi due aspetti di cura non sufficientemente adeguati, rappresentati: da un lato, dalla somministrazione dell'eparina a far data dal 4/11/2016, allorché si registravano valori di PLT configuranti una piastrinopenia grave, con eccessivo rischio emorragico; dall'altro, dalla carente attivazione della struttura in ordine alla prevenzione del rischio infettivo, concretamente realizzatosi con instaurazione di un quadro di infezione nosocomiale sostenuto da ### pneumoniae e da ### baumannii. 
Con riguardo alle infezioni da ### pneumoniae e da ### baumannii, evidenziate dalla emocoltura da CVC del 2/11/2016, hanno affermato che il paziente in anamnesi patologica remota non presentava altre patologie di rilievo che potessero compromettere le sue difese immunitarie e che al momento del ricovero non erano presenti segni o sintomi di infezioni in atto o in incubazione, con la conseguenza che le infezioni da ### pneumoniae e da ### baumannii hanno natura certamente nosocomiale sia per le modalità cronologiche di comparsa sia per le caratteristiche dei germi isolati e per il loro profilo di resistenza agli antibiotici. 
Hanno aggiunto che le indagini di laboratorio chimiche e microbiologiche richieste, come pure le consulenze effettuate, erano state corrette e razionali. Anche le varie terapie antibiotiche e antimicotiche erano state adeguate e tempestive.
I consulenti hanno affermato che non fosse possibile affermare con sufficiente probabilità che il decesso fosse da far risalire ad uno stato settico. 
Hanno affermato che si era verificata una insufficienza multiorgano forse di prevalente origine cardiaca ed una insufficienza midollare con grave leucopenia, piastrinopenia e moderata anemia e che le infezioni nosocomiali abbiano contribuito parzialmente all'evoluzione letale. 
Hanno concluso escludendo il nesso causale tra l'exitus e la gestione sanitaria, seppur censurabile, dei sanitari. 
Né rileva a tal fine la non corretta compilazione della cartella clinica, che non ha inciso sull'accertamento del nesso causale.  ### la Cassazione (Cass. 11224/2024), infatti, l'eventuale incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l'esistenza di un valido legame causale tra l'operato del medico e il danno patito dal paziente allorché proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l'accertamento del relativo nesso eziologico e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare la lesione. 
I ### hanno, altresì, ritenuto che le inadeguatezze terapeutiche descritte abbiano determinato una perdita delle chances di sopravvivenza stimata orientativamente pari a circa il 40%. 
Non hanno poi ritenuto costantemente rispettati gli obblighi di buona tenuta e compilazione della cartella clinica. 
Risulta, pertanto, provata la condotta colposa ed il danno. 
Con riguardo al nesso di causalità tra la condotta dei sanitari e la morte, esso è stato escluso dai ### Occorre questo punto esaminare la questione della perdita di chances. 
Il modello di riferimento della perdita di chance (la cui matrice essenzialmente giurisprudenziale è conseguenza del silenzio normativo sul punto, fatte salve le numerose elaborazioni dottrinali sul punto) è stato il danno patrimoniale, essendo essenzialmente dibattuta la sua sola qualificazione come danno emergente o come lucro cessante. 
Storicamente, l'evoluzione giurisprudenziale sul tema della chance prenderà le mosse dalla pronuncia n. 6506/1985 della sezione lavoro della Corte di Cassazione, che si espresse (così cassando la sentenza di merito) a favore della risarcibilità del danno allegato da uno dei partecipanti ad un concorso al quale, dopo aver brillantemente superato la prova scritta, fu impedita la partecipazione ai successivi orali. 
I principi posti a fondamento della decisione del 1985 furono: a) ogni individuo ha diritto all'integrità del proprio patrimonio; b) la speranza di un guadagno futuro costituisce una entità risarcibile (testualmente, "una ricchezza"); c) la perdita della speranza di conseguire un risultato utile costituisce lesione dell'integrità del patrimonio, e quindi un danno risarcibile; d) il danneggiato ha l'onere di provare che la chance perduta presenti una percentuale di successo probabile, e cioè pari ad almeno il 50%, poiché, "in presenza di una possibilità sfavorevole superiore a quella favorevole, non vi è ragione alcuna che possa giustificare la prevalenza della seconda sulla prima, e quindi la sussistenza di un danno". 
La portata di quella decisione traeva sostanza, in realtà, non dalla individuazione di un nuovo "bene" oggetto di tutela, bensì dalla formulazione di un 'vero e proprio principio causale (al tempo in cui la causalità civile seguiva le orme di quella penale, i.e. la "certezza processuale", poi divenuta, a seguito della storica sentenza ###/2002 delle sezioni unite penali, "alto grado di probabilità logica/alto grado di credenza razionale"). 
Il modello patrimonialistico della chance non è però del tutto sovrapponibile alla perdita della possibilità di conseguire, per il soggetto che si dichiari danneggiato da una condotta commissiva (o più spesso omissiva) colpevole, un risultato migliore sul piano non patrimoniale, sebbene siano individuabili alcune coordinate comuni. 
Su di un piano morfologico, mutuando alcuni concetti in uso al diritto amministrativo, la chance patrimoniale può essere assimilata all'interesse legittimo pretensivo - anche se se ne differenzia per il fatto che, mentre nell'ipotesi dell'interesse legittimo pretensivo, inteso come pretesa alla legittimità dell'azione amministrativa, il “bene” (i. e. la situazione soggettiva della quale si invoca tutela) preesiste alla stessa, la chance patrimoniale viene in rilievo quando essa, intesa come possibilità di conseguire un risultato migliorativo della situazione preesistente, è stata già perduta, postulando la preesistenza di una situazione “positiva”, su cui andrà ad incidere sfavorevolmente la condotta colpevole del danneggiante, impedendone la possibile evoluzione migliorativa. 
La chance non patrimoniale è invece una chance “non pretensiva” (in particolare nel campo della responsabilità sanitaria), che diverge dalla chance “pretensiva”, non presentando una preesistente situazione “positiva”, volta che l'apparire del sanitario sulla scena della vicenda patologica del paziente si innesta su di una preesistente situazione “non favorevole” ( e cioè patologica) e coincide con la creazione stessa della chance, non essendovi un pregresso “positivo” individuabile ex ante, essendo il paziente portatore di una condizione di salute che, prima dell'intervento del medico, rappresenta un pejus rispetto all'auspicata evoluzione favorevole della malattia, essendo la chance inesistente senza l'intervento del medico. 
Altra distinzione tra la chance patrimoniale e quella non patrimoniale si rinviene sul piano risarcitorio: mentre nella liquidazione della chance patrimoniale spesso è possibile fare riferimento, nella liquidazione del danno, a criteri ###oggettivi, nella perdita di chance non patrimoniale il criterio di liquidazione non potrà essere certo parametrato al risultato perduto, ma andrà commisurato, in via equitativa, alla possibilità perduta di realizzare il risultato positivo. 
Per integrare gli estremi del danno risarcibile, la perdita di chance (giusta l'insegnamento delle ### in tema di danno non patrimoniale n. 26792/2008), la perdita di chance dovrà attingere ai parametri di apprezzabilità, serietà e consistenza, onde distinguere la concreta possibilità dalla mera speranza. 
Ai fini della configurabilità della perdita di chance, come nel caso di ogni condotta illecita, occorre accertare preliminarmente la relazione eziologica tra la condotta e l'evento, dovendo il giudice muovere dalla previa disamina della condotta (e della sua colpevolezza) e dall'accertamento della relazione causale tra tale condotta e l'evento di danno (la possibilità perduta, ossia il sacrificio della possibilità di conseguire un risultato migliore). 
Occorre, pertanto, accertare la sussistenza della condotta colposa (omessa, erronea o ritardata diagnosi), la lesione di un diritto (il diritto alla salute), l'evento di danno (il sacrificio della possibilità di un risultato migliore) e le conseguenze dannose risarcibili. ### la Cassazione (### III 28993/2019) possono configurarsi le seguenti ipotesi: 1. la condotta colpevole (commissiva o più spesso omissiva) del sanitario ha cagionato la morte del paziente, mentre una diversa condotta (diagnosi corretta e tempestiva) ne avrebbe consentito la guarigione: in tal caso l'evento (conseguenza del concorso di due cause, la malattia e la condotta colpevole) sarà attribuibile interamente al sanitario, chiamato a rispondere del danno biologico cagionato al paziente e del danno da lesione del rapporto parentale cagionato ai familiari; 2. la condotta colpevole ha cagionato non la morte del paziente (che si sarebbe comunque verificata) bensì una significativa riduzione della durata della sua vita ed una peggiore qualità della stessa per tutta la sua minor durata: in tal caso il sanitario sarà chiamato a rispondere dell'evento danno costituito dalla perdita anticipata della vita e dalla sua peggior qualità, senza che tale danno integri una fattispecie di perdita di chance, essendo l'evento caratterizzato non dalla possibilità di un risultato migliore bensì dalla certezza (o rilevante probabilità) di aver vissuto meno a lungo, patendo maggiori sofferenze fisiche e spirituali; 3. la condotta colpevole del sanitario non ha avuto alcuna incidenza causale sullo sviluppo della malattia, sulla sua durata e sull'esito finale, rilevando di converso, in pejus, sulla sola e diversa qualità ed organizzazione della vita del paziente, essendo l'evento di danno (e il danno risarcibile) rappresentato da tale diversa e peggiore qualità della vita, conseguente alla lesione del diritto di autodeterminazione; 4. la condotta colpevole del sanitario non ha avuto alcuna incidenza causale sullo sviluppo della malattia, sulla sua durata, sulla qualità della vita medio tempore e sull'esito finale: la mancanza, sul piano eziologico, di conseguenze dannose della pur colpevole condotta medica impedisce qualsiasi risarcimento; 5. la condotta colpevole del sanitario ha avuto, come conseguenza, un evento di danno incerto (le conclusioni della CTU risultano espresse in termini di insanabile incertezza rispetto all'eventualità di maggior durata della vita e di minori sofferenze, ritenute soltanto possibili alla luce delle conoscenze scientifiche delle metodologie di cura del tempo): tale incertezza eventistica (la sola che consenta di discorrere legittimamente di chance perduta) sarà risarcibile equitativamente come possibilità perduta, se provato con certezza il nesso causale, secondo gli ordinari criteri civilistici, tra la condotta e l'evento incerto della possibilità perduta, ove risultino comprovate conseguenze pregiudizievoli che presentino la necessaria dimensione di apprezzabilità, serietà, consistenza. 
Pertanto, ove risulti provato, sul piano eziologico, che la mancata diagnosi di una patologia abbia cagionato la morte anticipata del paziente, che sarebbe ### sopravvissuto significativamente più a lungo e in condizioni di vita (fisiche e spirituali) diverse e migliori, non di “maggiori chance di sopravvivenza” sarà lecito discorrere, bensì di un evento di danno rappresentato, in via diretta e immediata, dalla minore durata della vita e dalla sua peggiore qualità fisica e spirituale (cfr.  n. 5641/18). 
Nel caso, invece, di incertezza del risultato si configura la fattispecie della perdita di chance, intesa, come già evidenziato, in termini di possibilità perduta di un risultato sperato, ovviamente dopo che sia stata accertata, in termini di certezza, la relazione causale tra condotta ed evento (Cass. 26851/2023, ove pure una complessa ricostruzione dei rapporti, non solo di incompatibilità, sia pur in via eccezionale, tra perdita di chance e perdita anticipata della vita). 
Occorre, pertanto, distinguere la dimensione della causalità da quella dell'evento di danno, dovendosi previamente accertare il nesso causale tra la condotta colpevole e l'evento secondo un criterio di certezza, essendo l'evento inteso come possibilità di un risultato migliore. Occorre, pertanto, che la condotta abbia con certezza privato il paziente della possibilità di un risultato migliore rispetto a quello verificatosi (Cass. 5641/2018, 28993/2019.  26851/2023). 
Il danno da perdita di chance di sopravvivenza sarà, pertanto, risarcito, equitativamente, volta che, da un lato, vi sia incertezza sull'efficienza causale della condotta illecita quoad mortem, ma, al contempo, vi sia certezza eziologica che la condotta colpevole abbia cagionato la perdita della ### possibilità di vivere più a lungo. 
Questo Giudice ritiene che le riportate conclusioni dei ### d'### consentano di ritenere sussistente in termini di certezza il nesso causale tra la condotta colposa dei sanitari e la possibilità perduta di sopravvivenza. 
Per quantificare il risarcimento è rilevante l'idoneità della chance a produrre il risultato utile, nel senso che l'entità del risarcimento andrà commisurata al danno quantificato in ragione della maggiore o minore possibilità di ottenere quel risultato, misurata eventualmente in termini percentuali, che nel caso di specie è del 40%. 
Il danno da perdita di chance fatto valere dagli eredi iure successionis, è, pertanto, risarcibile in quanto provato il nesso causale, secondo gli ordinari criteri civilistici della relazione tra la condotta e l'evento incerto (la possibilità perduta), essendo risultate comprovate le conseguenze pregiudizievoli (quali ripercussioni nella sfera non patrimoniale del paziente) aventi necessaria dimensione di apprezzabilità, serietà, consistenza. 
Per la liquidazione di siffatta voce di danno, non può che darsi ingresso ad una stima equitativa che tenga conto, in primo luogo, dell'età del paziente e delle sue generali condizioni di salute e preesistenti comorbidità. 
Non esistendo criteri obiettivi per monetizzare l'ipotetico danno da perdita della propria vita, da utilizzare quale parametro per liquidare adeguatamente la chance di sopravvivenza, si ritiene equo utilizzare quale mero riferimento parametrico il valore monetario minimo posto dalla recentissima tabella unica nazionale approvata dal CDM del 25/11/2024 e pubblicata in G.U. in data 18 febbraio 2025, attualmente in vigore e dunque applicabile, per una inabilità totale del 100% in persona dello stesso sesso e della stessa età della vittima (uomo di 63 anni), riconoscendo un risarcimento in misura percentuale pari alla corrispondente entità della chance perduta (40% nel caso di specie). 
Partendo dunque da un valore ipotetico di € 719.697,61, il 40% di siffatto valore consente di giungere ad una liquidazione nella misura di € 287.879,04 all'attualità, che corrisponde dunque al danno da perdita di chance patito da defunto in proprio e trasmesso agli eredi iure successionis. 
La morte di un prossimo congiunto determina per i prossimi congiunti superstiti un danno iure proprio da perdita del rapporto parentale (Cass, 18284/2021, Cass., 30/8/2019, n. 21837). Si configura, come sopra evidenziato, un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, spettando al danneggiato provare tutti gli elementi costitutivi dell'illecito. 
Nel caso di specie, come affermato, i ricorrenti hanno assolto l'onere probatorio loro richiesto. 
La morte di un congiunto può cagionare ai congiunti danni di carattere patrimoniale e, in particolar modo, non patrimoniale, in conseguenza dell'irreversibile venir meno del godimento del rapporto personale con il congiunto defunto (c.d. danno da perdita del rapporto parentale) anzitutto (anche se non solo) nel suo essenziale aspetto affettivo o di assistenza morale (cura, amore) cui ciascun componente del nucleo familiare ha diritto nei confronti dell'altro, come per i coniugi in particolare previsto dall'art. 143 c.c. (dalla relativa violazione potendo conseguire l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza e l'addebitabilità della separazione personale); per il genitore dall'art. 147 c.c., e ancor prima da un principio immanente nell'ordinamento fondato sulla responsabilità genitoriale (v. Corte Cost., 13/5/1998, n. 166), da considerarsi in combinazione con l'art. 8 L. Adoz. (la violazione dell'obbligo di cura o assistenza morale determinando lo stato di abbandono del minore che ne legittima l'adozione); per il figlio nell'art. 315 c.c., valorizzabile secondo tale orientata lettura (v. 
Cass., 12/6/2006, n. 13546). 
Tale evento determina per i congiunti superstiti la perdita di un sistema di vita basato sull'affettività, sulla condivisione, sulla quotidianità dei rapporti tra moglie e marito, tra madre e figlio, tra fratello e fratello, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonché nell'alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti (v. 
Cass., 9/5/2011, n. 10107), con conseguente violazione di interessi essenziali della persona quali il diritto all'intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia e alla libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito della peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, di diritto o di fatto, che trovano rispettivo riconoscimento nelle norme di cui agli artt. 2,29 e 30 Cost. (v. Cass. 907/2018 e 13546/2006)
La Suprema Corte ha, altresì, chiarito che in tema di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, la sussistenza di effettivi rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il congiunto è assistita da una presunzione "iuris tantum", fondata sulla comune appartenenza al medesimo "nucleo familiare minimo", che può essere superata dalla prova contraria fornita dal convenuto, anch'essa imperniata su elementi presuntivi tali da far venir meno (ovvero attenuare) la presunzione suddetta, dovendo in ogni caso il giudice procedere, ai sensi dell'art. 2729 c.c., a una valutazione complessiva della gravità, precisione e concordanza degli elementi indiziari a sua disposizione (### 3 - , Sentenza 9010 del 21/03/2022). 
Con riguardo al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale vanno, applicati, al caso di specie, i principi ripetutamente affermati dalla Corte di Cassazione (da ultimo ord.  26826/2025), che non solo ha ritenuto legittimati i componenti del consorzio familiare a far valere una pretesa risarcitoria che trova fondamento negli artt. 2043 e 2059 cod. civ. in relazione agli artt.  2,29 e 30 Cost., nonché - ai sensi della norma costituzionale interposta costituita dall'art. 8 CEDU, che dà rilievo al diritto alla protezione della vita privata e familiare - all'art. 117, comma 1, ### (in tal senso, funditus, Cass. 27 marzo 2019, n. 8442), ma ha anche chiarito che tale tipo di pregiudizio rileva nella sua duplice, non sovrapponibile dimensione morfologica "della sofferenza interiore eventualmente patita, sul piano morale soggettivo, nel momento in cui la perdita del congiunto è percepita nel proprio vissuto interiore, e quella, ulteriore e diversa, che eventualmente si sia riflessa, in termini dinamico-relazionali, sui percorsi della vita quotidiana attiva del soggetto che l'ha subita": così, Cass. 901/2018, 7513/2018, 2788/2019, nonché, funditus, Cass. 11 novembre 2019, n. 28989. 
Il ristoro pecuniario del danno non patrimoniale non può, come per il danno patrimoniale, corrispondere alla relativa esatta commisurazione, imponendosene pertanto sempre la valutazione equitativa (v. Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972, cit.; Cass., 31/5/2003, n. 8828. E già Cass., 5/4/1963, n. 872. Cfr. altresì Cass., 10/6/1987, n. 5063; Cass., 1 /4/1980, n. 2112; Cass., 11/7/1977, n. 3106). 
La valutazione equitativa è volta a determinare "la compensazione economica socialmente adeguata" del pregiudizio, quella che "l'ambiente sociale accetta come compensazione equa" (in ordine al significato che nel caso assume l'equità v. Cass., 7/6/2011, 12408) e deve essere dal giudice condotta con prudente e ragionevole apprezzamento di tutte le circostanze del caso concreto, considerandosi in particolare la rilevanza economica del danno alla stregua della coscienza sociale e i vari fattori incidenti sulla gravità della lesione (v. Cass., 14/7/2015, n. 14645). 
Come già affermato a più riprese dalla Corte di Cassazione e di recente confermato dall'ordinanza 26826/2025, sopra citata, sotto il profilo della liquidazione del danno parentale, occorre far riferimento alle ### del Tribunale di ### in applicazione doverosa applicazione di una giurisprudenza di legittimità costantemente e univocamente orientata, ampiamente motivata, ed ormai ultradecennale, i cui principi non appaiono in alcun modo scalfiti da un'unica e distonica pronuncia recente (Cass. n. 24349 del 2025, ove si opina essere "del tutto evidente - nonostante una giurisprudenza l'abbia affermato, ma senza alcuna oggettiva base, suscitando da ultimo un intervento specifico del legislatore che non poteva essere supplito - che le c.d. tabelle milanesi, come quelle di qualunque altro ### non hanno alcun valore normativo, non provenendo da un soggetto dotato di potestà legislativa e/o regolamentare: si tratta, in effetti, di una mera proposta di usualità equiparativa"). 
Il valore paranormativo delle ### di ### risulta, infatti, affermato da numerose pronunce (da ultimo, Cass. Sez. lavoro 16/03/2025, n.6981; tra le numerosissime altre, funditus, 25164/2020) che prendono tutte lo spunto dalla fondamentale sentenza 12408/2011, volta a porre fine a una ormai intollerabile anarchia risarcitoria che pervadeva la giurisprudenza di merito. 
Si affermarono così, con alto livello di approfondimento e di consapevolezza della questione, il principio secondo il quale l'equità va intesa anche come parità di trattamento, onde la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell'integrità psico-fisica presuppone l'adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi, da individuarsi in quelli tabellari elaborati presso il Tribunale di ### da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto; il principio secondo il quale, allorché si lede l'integrità psicofisica di una persona, arrecandole anche un danno non patrimoniale, si incide negativamente su diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, di tal che, ritenute la marcata, frequentissima disparità e l'empirismo dei metodi di riferimento, di valutazione e di liquidazione riscontrabili nella giurisprudenza di merito, ritenute le pletoriche, accentuate varietà e le non lievi divergenze riscontrabili, finora, in seno ai cd. valori tabellari, ritenuta la sussistenza, anche a parità di condizioni, di una giurisprudenza diversificata per zone territoriali, con violazione dei principi di uguaglianza, di equità, di certezza del diritto, con incremento della litigiosità e del contenzioso e con notevole, inaccettabile casualità delle aspettative e delle risultanze risarcitorie, a tutto discapito anche della necessaria c.d. morigeratezza processuale, ritenute le controindicazioni che tarano negativamente le varie medie aritmetiche adottate, ritenuta la carenza, finora, di una tabella unica di riferimento e di valutazione per la stima e la quantificazione del danno non patrimoniale e del correlativo risarcimento, ritenuto l'ineludibile ruolo nomofilattico assegnato, istituzionalmente, alla S.C.C., ritenuta la plausibilità e l'attendibilità, sotto ogni punto di vista, delle tabelle di riferimento e valutazione elaborate dal Tribunale di ### e caratterizzate dall'adozione articolata di criteri uniformi e più diffusi sul territorio nazionale, ebbene, quanto sopra ritenuto e premesso, sono comunemente applicabili e vincolanti, de futuro, perché valide ed attendibili, le sole tabelle milanesi, potendo il giudice e l'interprete discostarsene solo con esplicita, adeguata, esaustiva motivazione imposta dagli elementi e dalle circostanze del singolo caso. 
Come affermato dall'ordinanza sopra citata, tali principi, conservano intatta la loro persuasività e la loro forza esplicativa, giuridica e non, anche all'indomani dell'emanazione, da parte del governo, delle c.d. TUN, a distanza di vent'anni dalla data prevista dal codice delle assicurazioni, restando conseguentemente intatta la ratio della relativa necessità applicativa per tutte le altre fattispecie di danni, diversi da quello alla salute, puntualmente previste dalle tabelle milanesi. Di tutto ciò è prova il costante riferimento, e la altrettanto costante, proficua interlocuzione della Corte di legittimità con l'organo deputato all'elaborazione delle tabelle milanesi -interlocuzione, sia pur indiretta, di cui è prova proprio la sentenza 26300/2021 (e, prima ancora, la pronuncia 10579/2021) che stigmatizzò l'inadeguatezza della tabella milanese con riguardo al danno parentale per mancanza di parametri (era prevista, all'epoca, soltanto una liquidazione cd. "a forbice"). Adeguandosi a tali pronunce, nel maggio del 2022 l'Osservatorio di ### elaborò le nuove tabelle integrate a punti, ricevendo, in tutte le pronunce successive di questa stessa Corte, una rinnovata e incontestata legittimazione, a riprova che i principi della sentenza del 2011 estendevano la loro preziosa portata ben oltre la fattispecie del danno biologico. 
Nella specie, tuttavia, in base a quanto fin qui esposto, viene in primo luogo in rilievo un danno da perdita di chance di godere del rapporto parentale, data la rilevata incertezza sulla effettiva sopravvivenza del de cuius in caso di corretto comportamento dei sanitari, sicché dovrà tenersi conto ai fini della liquidazione del pregiudizio non patrimoniale sofferto dai congiunti, della sola percentuale pari alla corrispondente entità della chance perduta (40% nel caso di specie). 
Anche in tal caso la liquidazione va effettuata in via equitativa e la sua sussistenza richiede l'accertamento degli stessi presupposti richiesti per il riconoscimento del danno da perdita o lesione del rapporto parentale. Tali tabelle prevedono un sistema di attribuzione di un punteggio numerico che varia in ragione della presumibile entità del danno, sulla base di una serie di parametri di riferimento, ovvero la relazione di parentela con il de cuius (dovendo presumersi che il danno sarà tanto maggiore quanto più stretto è tale rapporto), l'età della vittima e l'età del congiunto (il danno sarà tanto maggiore quanto minore è l'età di vittima e congiunto, siccome il pregiudizio è destinato a protrarsi per un tempo maggiore), la convivenza con la vittima e la composizione del nucleo familiare. Si è dunque ritenuto di fare ricorso ad un sistema di calcolo non fondato su un'entità risarcitoria di base da variare in più o in meno, ma sul modello “a punto”, vale a dire attribuendo un certo numero di punti per ciascuno dei parametri di riferimento sopra considerati e moltiplicando il punteggio finale per una somma di denaro (valore del punto) che costituisce il valore ideale di ogni punto di danno non patrimoniale. Il valore a punto (da moltiplicarsi, come si è detto, per un'entità numerica variabile a seconda dei cinque parametri sopra menzionati), è convenzionalmente stabilita nella tabella elaborata per il 2024, in via equitativa, sulla base della media di un campione di decisioni adottate dal Tribunale di ### Pertanto, per la liquidazione suddetta, si adottano i valori monetari previsti dalla ### milanese, il cui “valore punto” per il caso di perdita del coniuge ovvero del genitore in € 3.911,00, valutando altresì le circostanze del caso concreto, quali l'età della vittima primaria e secondaria, la sussistenza del rapporto di convivenza con la moglie e la figlia ### (documentato dal certificato di residenza in atti), la sopravvivenza di altri congiunti del nucleo familiare primario del de cuius, la qualità e l'intensità della relazione affettiva del rapporto parentale perduto. 
Nel caso di specie, tenuto conto della non pregnanza della documentazione prodotta ### e dell'assenza di ulteriori richieste probatorie, volte a dimostrare l'intensità della relazione affettiva, la stessa può essere quantificata come “minima”. 
Pertanto, alla luce dei criteri enunciati, si stima equo liquidare il danno da perdita del rapporto parentale in favore di: - ####, in € 145.489,20 (€ 242.482,00 - 40%); - ####, in € 154.875,6 (€ 258.126,00 - 40%); - ####, in € 117.330,00 (€ 195.550,00 - 40%); - ####, in € 20.376,00 (€ ###,00 - 40%); - ####, in € 20.376,00 (€ ###,00 - 40%); - ####, € 22.413,60 (€ 37.356,00- 40%) - ####, € 18.338,40 (€ ###,00 - 40%). 
Da ultimo, con riferimento alle somme innanzi riconosciute, va, altresì, tenuto conto del nocumento finanziario (lucro cessante) subìto dai soggetti danneggiati a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento, la quale, se tempestivamente corrisposta, avrebbe potuto essere investita per ricavarne un lucro finanziario; tale danno, invero, ben può essere liquidato con la tecnica degli interessi, con la precisazione, tuttavia, che detti interessi non debbono essere calcolati né sulla somma originaria, né su quella rivalutata al momento della liquidazione, dovendo gli stessi computarsi, piuttosto, o sulla somma originaria via via rivalutata anno per anno, ovvero in base ad un indice di rivalutazione medio (###, ex multis, ### n. 1712/95, Cass. n. 2796/00).
Orbene, per ottenere l'effetto pratico del riconoscimento degli interessi calcolati sulla somma rivalutata in base ad un indice di rivalutazione medio questo ### reputa opportuno ordinare il pagamento, in favore dei ricorrenti, degli interessi al tasso legale previsto dal ### civile: dalla data dell'evento sull'importo liquidato a ciascuno dei ricorrenti, somma che deve essere devalutata, in base agli indici ### al 9/11/2016 - quale momento dell'evento lesivo - e, quindi, anno per anno, e a partire dal 9/11/2016 fino al momento del deposito della presente decisione, sulla somma di volta in volta risultante dalla rivalutazione di quella sopra precisata, con divieto di anatocismo. 
Dal momento della pronunzia della presente sentenza e sino all'effettivo soddisfo, infine, con la trasformazione dell'obbligazione di valore in debito di valuta, dovranno essere corrisposti, sulla somma totale sopra liquidata, gli ulteriori interessi al tasso legale ex art. 1282 c.c. (cfr. Cass. n. 13470/99; Cass. n. 4030/98).  3. Sulle spese di lite. 
Le spese del presente giudizio e quelle del giudizio di ### liquidate sulla base del decisum, seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. 
Le spese di CTU vengono poste definitivamente a carico della ### - NAPOLI.  P.Q.M.  definitivamente pronunciando, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., nella causa iscritta al n. 5612/2024 del R.G.A.C., avente ad oggetto ### professionale, pendente tra ########## e #### - NAPOLI, ogni contraria istanza disattesa, così provvede: 1. accoglie parzialmente il ricorso; 2. condanna l'#### - NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore di ### di ### di ### di ### di ### e di ### della somma € 287.879,04, oltre interessi come in motivazione; 3. condanna l'#### - NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle somme di € 96.992,8, in favore di ### di € 103.250,4 in favore di ### di € 78220,00, in favore di ### di € 13584,00 in favore di ### di € 13584,00 in favore di ### di € 14942,4 in favore di ### di € 12225,60 in favore di ### oltre interessi come in motivazione; 4. condanna l'#### - NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore dei ricorrenti delle spese di lite del presente giudizio, che si liquidano in € 518,00 per spese ed € 15.659,00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, IVA e ### come per legge, con attribuzione al difensore anticipatario; 5. condanna l'#### - NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore di ##### delle spese delle spese di lite del giudizio di ### che si liquidano in € 259,00 per spese ed € 7.691,00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%, IVA e ### come per legge, con attribuzione al difensore anticipatario; 6. pone definitivamente a carico dell'#### - NAPOLI, le spese della CTU espletata in sede ###Napoli, il ### Il Giudice Dott.ssa

causa n. 5612/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Guerrera Paola, Esposito Lucia

M

Tribunale di Napoli Nord, Sentenza n. 4287/2024 del 23-10-2024

... dell'art. 1218 c.c., che può consistere nella difettosa sepsi degli ambienti ospedalieri, nella carente o omessa predisposizione di macchinari, strutture e presidi terapeutici, nella omessa predisposizione di turni efficienti di personale, nella culpa in vigilando ed in eligendo (ovvero nella colposa scelta dell'ausiliario e nella colposa vigilanza sul suo operato). Ergo, l'ospedale, sia pubblico che privato, anche a seguito della riforma di cui alla L. 24/2017 risponde sempre a titolo contrattuale nei confronti del paziente: ove la sua responsabilità venga invocata per fatto del dipendente, il danneggiato per ottenere la condanna dell'ospedale avrà solo l'onere di dimostrare che il danno è stato provocato da un medico nell'esercizio delle mansioni attribuitegli dall'ospedale. Ciò in ragione del rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura privata (o ente ospedaliero), ovvero sia che si tratti di una casa di cura privata o di un ospedale pubblico il quale rinviene la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal (leggi tutto)...

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n. 1741/2021 r.g.a.c. N. 1741/2021 R.G.A.C.   REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di ###, ###, nella persona della dott.ssa ### quale giudice unico ha emesso la seguente ### causa iscritta al N. 1741/2021 R. Gen. ###., avente ad oggetto: Responsabilità professionale, pendente TRA ### (C.F. ###) nata ad #### il ### e residente in #### alla ### is. ###I, sc. B, elett.te dom.ta in Casoria ###, alla via ### di ### n. 55, presso lo studio dell'Avv. ### (C.F. ###), dalla quale è rapp.ta e difesa in virtù di mandato allegato all'atto introduttivo -parte attrice
CONTRO ### dell'Ordine dei ### degli ### - ### della ### con sede ###rocco n. 9 nella qualità di Ente proprietaria del P.O. ### della ### di ### con sede ###, (part. I.V.A. ### in persona del legale rapp.te p.t., ### elett.te domiciliata in S.  #### alla via M. Serao n. 13, presso lo studio degli Avv.ti ### (c.f. ###) ed ####) dai quali è rappresentata e difesa, in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione in sostituzione -parte convenuta ***  CONCLUSIONI: ### da note di trattazione scritta depositate in vista dell'udienza del 20.6.2024 e come da comparse conclusionali e memorie di replica in atti.  ***  MOTIVI DELLA DECISIONE La presente decisione viene redatta ai sensi degli artt. 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., come novellati dalla l. 69/2009, in virtù di quanto previsto dall'art. 58, comma 2, l. cit.  1. Con atto di citazione notificato in data ### a mezzo posta certificata ai sensi della L.53/94 la parte attrice ### conveniva in giudizio innanzi l'intestato Tribunale il P.O. ### di ### onde ottenere il risarcimento dei danni che asseriva derivati da un intervento chirurgico di “sleeve gastrectomy” eseguito in data ### presso la convenuta struttura ospedaliera ad opera del Dott. ### A sostegno della pretesa risarcitoria, l'istante rappresentava che: in data ###, affetta da obesità grave, veniva sottoposta ad intervento chirurgico N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. di “sleeve gastrectomy” presso il ### “S. ### della Pietà” di ####, ad opera del Dott. ### nel post-operatorio presentava sin da subito, gravissime complicanze, con vomito frequente e conseguente disidratazione associati a tosse e difficoltà respiratorie. Per tali ragioni, le venivano somministrati elevati dosaggi di antibiotici, che le cagionavano un'insufficienza renale acuta; che, ciò nonostante, in data ###, l'istante veniva dimessa, nonostante il perdurante verificarsi di episodi di vomito e la persistente insufficienza renale. 
Rilevava che nei giorni seguenti non presentava alcun miglioramento, pertanto che, in data ###, veniva ricoverata presso il reparto di ### del ### di Napoli, ove all'atto del ricovero, presentava astenia marcata e dolori muscolari e riferiva diarrea e vomito da diversi giorni. 
Pertanto, ricevute le cure richieste ed effettuati gli opportuni esami, veniva sottoposta a terapia dialitica urgente, durante la quale, però, l'inarrestarsi del vomito, le impediva persino di alimentarsi. 
Stante il peggioramento progressivo della sintomatologia, in seguito ad altro trasferimento presso il ### “S. ### della Pietà” di ### veniva sottoposta ad un nuovo intervento di revisione della sleeve gastectomy. 
Tale intervento veniva praticato in data ###; in seguito a quest'ultimo intervento, continuavano a verificarsi ripetuti episodi di vomito e la ricorrente veniva sottoposta a tre sedute di emodialisi (in data 01.08, 03.08, 05.08.2012). 
Al fine di porre rimedio alle conseguenze già gravose, visto il mancato miglioramento del quadro clinico, si riteneva opportuno eseguire un ulteriore intervento di revisione della sleeve gastrectomy, programmato in data ###. Tale ultimo intervento si rivelava non risolutivo e generava nuove complicanze. La paziente continuava a lamentare forti dolori muscolari, soprattutto agli arti inferiori, e l'insufficienza renale aveva raggiunto livelli notevoli. Pertanto, l'istante veniva sottoposta a numerosi cicli di dialisi. 
Deduceva che, pur non essendo completamente guarita, veniva dimessa dal ### “S. ### della Pietà” in data ###, con diagnosi finale “insufficienza renale acuta e sub stenosi antrale gastrica”. 
In relazione ai fatti sopra esposti, stante l'asserito decorso post-operatorio lungo e difficoltoso, in data ###, veniva depositato presso il Tribunale di ### ricorso per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.pc. iscritto al n. rg. 2359/2013, al fine di ottenere la nomina di un CTU che accertasse la natura e l'entità dei danni, nonché il nesso di causalità tra l'evento lesivo e la condotta medica, imprudente, imperita e negligente, nonché ottenere la quantificazione del danno; veniva nominato quale consulente il Dott. ### medico-chirurgo. Sulla scorta delle risultanze della relazione peritale, citava il convenuto presidio ospedaliero a comparire innanzi l'intestato Tribunale all'udienza del 16.6.21, per sentir accogliere le seguenti conclusioni : accertare e dichiarare che il danno subito dall'istante è riconducibile ad un comportamento colposo del Dott. ### e comunque alla violazione degli obblighi contrattualmente assunti dai convenuti; -disporre la rinnovazione e/o integrazione della consulenza medico-legale al fine di quantificare il danno biologico subito dall'istante considerata la mancata quantificazione del predetto danno nell'elaborato peritale del ### Dott. ### nominato in sede di accertamento tecnico preventivo; -### i convenuti, solidalmente, oppure congiuntamente, oppure separatamente, od anche uno di essi, al pagamento in favore dell'istante di quella somma che sarà precisata nel corso del giudizio in relazione ai danni morali per le lesioni subite, il tutto nel limite massimo il tutto nel limite massimo di € 26.000,00 con rinuncia N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. all'eventuale residuo; ### gli stessi convenuti al pagamento in favore dell'istante, delle spese, diritti e onorario del giudizio, oltre il rimborso forfettario del 15% delle spese generali, iva e cpa come per legge, con attribuzione al sottoscritto procuratore anticipatario Si costituiva la ### dell'ordine dei ### degli ### nella qualità di Ente proprietaria del P.O. ### della ### di ### contestando tutto quanto ex adverso dedotto. All'uopo eccepiva, in merito alla prospettazione dei fatti attorea, non sussistere profili di responsabilità addebitabili in via diretta ai sanitari intervenuti nella cura dell'istante, sia nel corso degli interventi chirurgici, che rilevava eseguiti nel rispetto dei criteri fissati dalla scienza medica, sia nel post -operatorio, avendo l'istante beneficiato di tutte le cure del caso dal personale in servizio. Segnatamente eccepiva, che alcun addebito poteva essere mosso al personale medico e paramedico che aveva prestato le cure all'istante e per l'effetto alcuna responsabilità poteva essere addebitata seppur in via indiretta al P.O. ### Inoltre, contestava che nel giudizio di ATP il Ctu dott. ### aveva stabilito che dall'intervento non residuavano postumi invalidanti e permanenti quantificabili. 
Ribadiva l'assenza di nesso di causalità tra il danno lamentato e i fatti contestati e all'uopo, riteneva mancare nel caso in esame una condotta imperita, imprudente o negligente da parte dei medici che avevano avuto in cura l'istante tale da far sorgere il dubbio ragionevole che l'evento non si sarebbe verificato se si fosse tenuta una condotta diversa. ### convenuto riteneva altresì che la diversa condotta che poteva essere tenuta, avrebbe dovuto essere prospettata dalla controparte e basata su dati concreti. Sul punto richiamava il ### (D.L. 158/2012, conv . in L 189/2012) onde sostenere che in materia di responsabilità dei sanitari vale il principio secondo cui l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, non risponde penalmente per colpa lieve. Richiamava il tenore letterale dell'art. 3 comma 1 della legge ### onde sostenere che la responsabilità del medico (e quella degli altri esercenti professioni sanitarie) per condotte che non costituiscono inadempimento di un contratto d'opera, è da inquadrare nell'alveo della responsabilità da fatto illecito ex art. 2043 c.c. (e non più nella responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.) e che, dunque, l'obbligazione risarcitoria del medico possa scaturire solo in presenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito aquiliano (che il danneggiato ha l'onere di provare) e soggiace al regime di prescrizione quinquennale. 
Eccepiva dunque nel caso di specie, l'assenza di responsabilità della struttura sanitaria ex art. 1218 C.C. c.c., in quanto rilevava non essere imputabile alla casa di cura alcuna inadempienza per insufficienza delle apparecchiature a disposizione od omissione di terapie. ### della ### rilevava aver ottemperato pienamente al suo dovere di controllo sia preliminarmente all'intervento chirurgico, sia nel post -operatorio, eseguendo tutti gli accertamenti di routine con adeguata terapia medica. Riteneva pertanto provata l'assenza di colpa del ### in considerazione del fatto che la stessa aveva garantito al paziente impianti e attrezzature adeguate al tipo di intervento da effettuare, nonché personale medico ed ausiliario adeguato ed idoneo ad affrontare ogni situazione di emergenza che potesse insorgere nel corso dell'intervento chirurgico. 
Concludeva: - rigettare la domanda attrice perché infondata in fatto ed in diritto con conseguente condanna al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio; - N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. accertare l'assenza di responsabilità del P.O. ### della ### nella causazione dei danni lamentati da parte istante; rigettare la richiesta di nuova ### costituendo tale consulenza una duplicazione di quella già espletata in sede di ### inutile ed antieconomica; - in via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda ridurre drasticamente le somme richieste a titolo di risarcimento mediante l'eliminazione delle voci che costituiscono una duplicazione o non dovute. 
La prima udienza veniva fissata alla data del 17.6.21 secondo le modalità telematiche previste dall'art. 83, comma 7, lett. h), D.L. 18/2020 (conv. in Legge n. 27/2020) come modificato dall'art. 221 D.L. 34/2020; concessi i termini ex art. 183 comma 6 cpc, la causa veniva rinviata al 31.3.22, per la valutazione delle eventuali deduzioni istruttorie. Ammessa la prova testimoniale per come articolata da parte attrice, il giudizio veniva rinviato ai fini del relativo espletamento alla data dell'11.5.23. Compariva e veniva escussa ### genitrice dell'attrice. Da ultimo ritenuta la controversia matura per la decisione, veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni alla data del 20.6.24 e trattenuta in decisione ,con concessione dei termini di cui all'art 190 cpc.  2.Nel merito la domanda appare parzialmente fondata e va accolta per quanto di ragione. 
In diritto, stante il richiamo dell'ente convenuto alla legge ### e la prospettazione difensiva sulla stessa incentrata, mette conto evidenziare che la legge “Balduzzi” che all'art. 3 comma 1 d.l. n. 158/2012 convertito con modificazioni dalla l. n. 189/2012, poi abrogato dalla l. n. 24/2017, stabiliva che “l'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo” . La Suprema Corte ha chiarito che con la legge ### in verità nulla è cambiato, quanto a titolo di responsabilità, rispetto al quadro interpretativo consolidatosi in materia di colpa sanitaria. Ha infatti affermato che, pur dopo la legge ### “la materia della responsabilità civile segue le sue regole consolidate e non solo per la responsabilità aquiliana del medico, ma anche per la c.d.  responsabilità contrattuale del medico e della struttura sanitaria, da contatto sociale” ( Cass. n. 4030/2013). Il concorso della responsabilità ex art. 1228 c.c. della struttura e quella per “contatto sociale” del medico che operi nel suo ambito ha carattere solidale. In breve con la legge ### resta fermo il quadro interpretativo che riserva l'area contrattuale alle ipotesi di colpa medica. In via generale, si rammenta tuttavia che la materia della responsabilità medica ha subito un rinnovato assetto normativo a seguito della introduzione della ### 8.03.2017, n. 24, che, in aperto contrasto con la ricostruzione giurisprudenziale della responsabilità da contatto sociale del medico, ha qualificato quest'ultima esplicitamente come extracontrattuale. In particolare, l'art. 7, comma 3 ha stabilito che “l' esercente la professione sanitaria che operi all'interno dei strutture sanitarie private o pubbliche risponde del proprio operato ai sensi dell'art. 2043 del codice civile”: e lo stesso deve dirsi quando la prestazione sanitaria sia svolta “in regime di libera professione intramuraria ovvero nell'ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il ### sanitario nazionale nonché attraverso la telemedicina” (art. 7, comma 3 e 2). Viene, dunque, generalizzato lo statuto normativo della responsabilità aquiliana del medico (non della struttura sanitaria), tranne nel caso in cui l'esercente la professione sanitaria abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. Ne deriva N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. che la nuova disciplina ribalta sul paziente l'onere di provare la colpa del medico.  ### parte, va considerato che le prestazioni fornite dal medico ospedaliero costituiscono adempimento dell'obbligazione non sua ma dell'ospedale, pertanto l'inadempimento di tali prestazioni costituisce di per sé inadempimento dell'ospedale, la cui colpa invece si presume. E tanto perché la struttura sanitaria pubblica può essere chiamata a rispondere nei confronti del paziente sia per il fatto colposo commesso dal medico suo dipendente o incaricato, ai sensi dell'art.  1228 c.c., sia per il fatto colposo proprio, ai sensi dell'art. 1218 c.c., che può consistere nella difettosa sepsi degli ambienti ospedalieri, nella carente o omessa predisposizione di macchinari, strutture e presidi terapeutici, nella omessa predisposizione di turni efficienti di personale, nella culpa in vigilando ed in eligendo (ovvero nella colposa scelta dell'ausiliario e nella colposa vigilanza sul suo operato). 
Ergo, l'ospedale, sia pubblico che privato, anche a seguito della riforma di cui alla L. 24/2017 risponde sempre a titolo contrattuale nei confronti del paziente: ove la sua responsabilità venga invocata per fatto del dipendente, il danneggiato per ottenere la condanna dell'ospedale avrà solo l'onere di dimostrare che il danno è stato provocato da un medico nell'esercizio delle mansioni attribuitegli dall'ospedale. Ciò in ragione del rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura privata (o ente ospedaliero), ovvero sia che si tratti di una casa di cura privata o di un ospedale pubblico il quale rinviene la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall'assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgono a carico della casa di cura (o dell'ente), accanto a quelli di tipo "lato sensu" alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze. 
Pertanto la responsabilità della casa di cura (o dell'ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale, e può conseguire, ai sensi dell'art.1218 c.c., all'inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, ai sensi dell'art.1228 c.c., all'inadempimento della prestazione medico - professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche "di fiducia" dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto (vedi per tutte Cass.22.9.2015 n.18610; 14.6.2007 n.13953; 26.1.2006 n.1698; 14.7.2004 n.13066). 
Va considerato, altresì, ai fini del riparto degli oneri probatori, che l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto con la struttura sanitaria (o il contatto sociale con il medico) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante. 
In sostanza il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze, in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del debitore convenuto l'onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno”. (Cass.SS.UU. 11.1.2008 n.577; 21.7.2011 n.15993; 30.9.2014 n.20547; 13.10.2017 n.24073). 
In altre parole, il creditore deve provare il contratto (o contatto sociale), il danno subito ed il nesso causale, limitandosi ad allegare il c.d. inadempimento qualificato del debitore (nel caso di specie, la struttura sanitaria e il chirurgo operatore), con indicazione dell'errore del professionista, indice della non corretta esecuzione della prestazione ricevuta; per contro, spetta a quest'ultimo, per il c.d. principio di vicinanza o prossimità della prova, dimostrare il diligente adempimento ovvero, in caso di inadempimento, l'irrilevanza dello stesso sotto il profilo eziologico. 
In tema di responsabilità civile della colpa medica, il paziente che agisce in giudizio deducendo l'inesatto adempimento dell'obbligazione sanitaria deve provare il contratto o il "contatto sociale" ed allegare l'inadempimento del professionista, che consiste nell'aggravamento della situazione patologica del paziente o nell'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento, restando a carico dell'obbligato - sia esso il sanitario o la struttura - la dimostrazione dell'assenza di colpa e, cioè, la prova del fatto che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile (Cass. civ., sez. III, 28 maggio 2004, n. 10297). 
Con la precisazione, altresì, che, pur gravando sull'attore l'onere di allegare i profili concreti di colpa medica posti a fondamento della proposta azione risarcitoria, tale onere non si spinge fino alla necessità di enucleazione e indicazione di specifici e peculiari aspetti tecnici di responsabilità professionale, conosciuti e conoscibili soltanto agli esperti del settore (Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2004, n. 9471). 
Nondimeno, a fronte dell'allegazione dell'attore di inadempimento od inesatto adempimento, a carico del sanitario, o dell'ente, resta sempre l'onere probatorio relativo sia al grado di difficoltà della prestazione (Cass. civ., sez. III, 9 novembre 2006, n. 23918), sia all'inesistenza di colpa; in proposito è stato anche di recente ribadito che è a carico del debitore (sanitario e/o ente) dimostrare che l'inadempimento non vi è stato o che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante (Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577; Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2008, n. 3520). 
Resta, invece, sempre a carico dell'attore la dimostrazione dell'esistenza del nesso di causalità tra l'intervento chirurgico e la lesione del diritto alla salute, atteso che, come chiarito anche dalla recente giurisprudenza di legittimità, "In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l'onere di provare il nesso di causalità tra l'evento di danno (aggravamento della patologia preesistente ovvero insorgenza di una nuova patologia) e l'azione o l'omissione dei sanitari, non potendosi predicare, rispetto a tale elemento della fattispecie, il principio della maggiore vicinanza della prova al debitore, in virtù del quale, invece, incombe su quest'ultimo l'onere della prova contraria solo relativamente alla colpa ex art. 1218 cod. civ." (cfr., all'uopo, Cass. civ., sez. III, 20 agosto 2018, n. 20812). 
Così ricostruita la fattispecie, la struttura certamente risponde, in via contrattuale, non solo delle obbligazioni direttamente poste a proprio carico (servizio alberghiero, attrezzature, eccetera), ma anche dell'opera svolta dai propri dipendenti ovvero ausiliari (personale medico e paramedico), secondo lo schema proprio dell'art. 1228 cod.  N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. A tale proposito, peraltro, la Suprema Corte, con la sentenza 8 gennaio 1999, 103 (ma cfr. anche, più recentemente, Cass. civ., sez. III, 22 marzo 2007, 6945), applicando in ambito sanitario principi già costantemente esposti nell'ordinario ambito contrattuale, ha ulteriormente chiarito - così sgombrando il campo da qualsivoglia dubbio ed equivoco - che rispetto al detto inquadramento dogmatico non rileva la circostanza per cui il medico sanitario che eseguì la diagnosi fosse o meno inquadrato nell'organizzazione aziendale del centro diagnostico , né se lo stesso fosse stato scelto dal paziente ovvero fosse di sua fiducia (cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. III, 14 giugno 2007, n. 13593; Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2006, n. 1698), posto che la prestazione del medico è comunque indispensabile al centro medico per adempiere l'obbligazione assunta con il paziente e che, ai fini qualificatori predetti, è sufficiente la sussistenza di un nesso di causalità tra l'opera del suddetto ausiliario e l'obbligo del debitore (cfr., in tal senso, Cass. 11 maggio 1995, n. 5150). 
Ad ulteriore precisazione di quanto precede ritiene questa ### che il positivo accertamento della responsabilità dell'istituto postuli pur sempre la colpa del medico esecutore dell'attività che si assume illecita, non potendo detta responsabilità affermarsi in assenza di colpa, poiché l'art. 1228 cod.  presuppone, comunque, un illecito colpevole dell'autore immediato del danno (cfr., in tal senso, anche Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2007, n. 5846); e che, nella eventuale situazione di incertezza sulla sussistenza di colpa, della stessa deve giovarsi il creditore - paziente e non certo il debitore - medico (cfr. Cass. civ., sez. III, 4 marzo 2004, n. 4400). 
Rimane pertanto ininfluente, almeno dal punto di vista dell'allocazione dell'onere della prova, lo scrutinio in merito alla difficoltà della prestazione, la quale assurge a mero parametro di valutazione della diligenza nell'adempimento (così Cass. n. 18307/2015), fermo restando che la limitazione della responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave prevista dall'art. 2236 c.c. attiene alle sole ipotesi di imperizia, che possano essere giustificate dalla particolare complessità o novità dell'opera richiesta, e non si estende alle ipotesi in cui la prestazione sia stata viziata da negligenza o imprudenza, cioè una violazione della diligenza professionale media esigibile ex art. 1176, secondo comma, c.c., rispetto a cui rileva anche la colpa lieve (cfr. Cass. civ. n. 5506/2014, n. 6093/2013, 5846/2007 e 9085/2006). 
In ordine poi al criterio alla stregua del quale accertare la sussistenza del rapporto di causalità tra la condotta del medico e il danno allegato dal paziente, i giudici di legittimità hanno affermato che “in tema di responsabilità civile, il nesso causale è regolato dal principio di cui agli art. 40 e 41 c.p., per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base del quale, all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano - ad una valutazione "ex ante" - del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell'accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non", mentre nel processo penale vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio”. 
In materia civile, quindi, l'accertamento della causalità materiale richiede una certezza di natura eminentemente probabilistica. Ed invero, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, che questa Giudice ritiene di condividere, il nesso causale fra il comportamento del medico e il pregiudizio N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. subito dal paziente è configurabile qualora, attraverso un criterio necessariamente probabilistico, si ritenga che l'opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto serie ed apprezzabili probabilità di 3.Tanto premesso, non vi è dubbio che dalla documentazione allegata risulti provato nel caso di specie il titolo contrattuale della invocata responsabilità, che invero neppure è contestato, ovvero che l'attrice ### in data ###, presso il ### di ### del P.O. “S. ### della pietà” di ### veniva sottoposta dal Dott. ### ad intervento chirurgico di ### per obesità patologica. 
Quanto alla res controversa, alla contestata responsabilità professionale dei ### del P.O “S. ### della Pietà” di ### ed in particolare del Dott.  ### trattasi di una sindrome da vomito post-operatorio con disidratazione associata ad un'insufficienza renale acuta, di natura presumibilmente farmacologica e necessitante emodialisi, conseguente a stenosi gastrica conseguente ad intervento chirurgico di ### per via laparoscopica praticato per obesità patologica. 
Ciò posto, occorre dunque procedere all'accertamento della sussistenza del nesso causale tra la condotta attiva o omissiva dei sanitari e l'evento di danno indicato ed alla verifica del se la condotta dei sanitari sia stata conforme alle “leges artis” ed alla diligenza dell'homo eiusdem generis et condicionis, ovvero se siano stati realizzati gli inadempimenti qualificati specificamente indicati e descritti nell'atto introduttivo del presente giudizio. ### del nesso causale è passaggio logicamente e cronologicamente precedente all'accertamento della colpa, in quanto solamente qualora sia dimostrato che la condotta attiva od omissiva del sanitario sia stata causa dell'evento lesivo subito dal paziente, è possibile procedere ad accertare se questa condotta sia contraria alle “leges artis”.  ### risulta dall'insegnamento giurisprudenziale, il nesso di causalità materiale tra condotta ed evento è quello per cui ogni comportamento antecedente (prossimo, intermedio, remoto) che abbia generato, o anche solo contribuito a generare l'evento, deve considerarsi “causa” dell'evento stesso. La valutazione di questo nesso, sotto il profilo della dipendenza dell'evento dai suoi antecedenti fattuali, va compiuta secondo criteri di probabilità scientifica. 
Anche nell'illecito civile, quindi, la cosiddetta "causalità materiale" trova disciplina negli artt. 40 e 41 c.p., ossia nel criterio della "condicio sine qua non" riempito di contenuto dalla teoria della sussunzione sotto leggi scientifiche.  ### da ultimo chiarito dal supremo organo di nomofilachia, insomma, il nesso di causalità materiale, tra condotta ed evento lesivo, anche nella responsabilità da illecito civile, deve essere accertato secondo i principi penalistici di cui agli artt.  40 e 41 cod. pen., per cui un evento è causato da un altro se non si sarebbe verificato in assenza del secondo. 
Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha ulteriormente precisato come una causalità materiale non sia sufficiente per avere una causalità giuridicamente rilevante, la quale impone di attribuire rilievo, secondo la teoria della regolarità causale o della causalità adeguata - con cui va integrata la teoria della “condicio sine qua non” - a quei soli accadimenti che, al momento in cui si produce l'evento causante il danno, non siano inverosimili e imprevedibili, secondo un giudizio “ex ante” (di cosiddetta “prognosi postuma”), da ricondurre al momento della condotta e da effettuare secondo le migliori conoscenze N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. scientifiche disponibili (cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n 581).  ### chiarito dalle ### della Suprema Corte, però, pur essendo gli stessi i principi che regolano il procedimento logico - giuridico, ai fini della ricostruzione del nesso causale, ciò che muta tra il processo penale e quello civile è la regola probatoria, in quanto nel primo vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio”, mentre, nel secondo, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non" (cfr., al riguardo, la già citata civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581). 
In materia civile, quindi, l'accertamento della causalità materiale richiede una certezza di natura eminentemente probabilistica. 
Ed invero, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, che questa Giudice ritiene di condividere, il nesso causale fra il comportamento del medico e il pregiudizio subito dal paziente è configurabile qualora, attraverso un criterio necessariamente probabilistico, si ritenga che l'opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto serie ed apprezzabili probabilità di evitare il danno verificatosi (cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. III, 17 gennaio 2008, n. 867; Cass. civ., sez. III, 23 settembre 2004, n. 19133). 
Tutto ciò necessariamente e preliminarmente chiarito, nel caso di specie, dall'istruttoria condotta e dalle conformi asserzioni formulate dalle parti nei rispettivi atti processuali, incontestata la prospettazione di fatti così come rappresentata dalla parte ricorrente, la ricorrenza dell'evento dannoso e del nesso di causalità è dimostrata dalle produzioni documentali di parte ricorrente, suffragata altresì dalle risultanze cui è pervenuto il perito incaricato nel procedimento per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 bis c.pc. recante n. rg. 2359/2013, ritualmente acquisito agli atti del presente giudizio di merito. 
In proposito questa giudicante ritiene di condividere le valutazioni espresse nella relazione peritale a firma del medico chirurgo Dr. ### redatta all'esito delle operazioni peritali che avevano inizio in data ###, per la idoneità e completezza degli accertamenti eseguiti, la coerenza logica e correttezza scientifica delle valutazioni ivi espresse e la congruenza delle stesse con gli atti di causa e la documentazione medica ed ospedaliera prodotta dall'attrice. 
Ed invero nella suddetta relazione peritale, il tecnico incaricato, esaminata la documentazione agli atti, visitata la perizianda, espletata ogni altra opportuna indagine, compresa anamnesi ed esame obiettivo, perveniva alle seguenti conclusioni circa la natura ed entità dell'intervento da cui scaturivano le complicanze e i danni lamentati dalla ricorrente: “Le complicanze della sleeve gastrectomy, -da intendersi tanto come eventi avversi non operatoredipendente, quanto come errore di tecnica terapeutica, sono tanto generali ( tipiche di ogni intervento chirurgico) quali complicanze legate all'anestesia, embolia polmonare postoperatoria, flebiti tanto specifiche di quest'intervento come emorragie, fistole, stenosi gastrica, reflusso gastro esofageo, dilatazione dello stomaco residuo e carenze vitaminiche. Ciò premesso, appare opportuno esprimere considerazioni in merito alle complicanze ed eventi avversi che si associano all'intervento di ### condotta per via laparoscopica. La sub stenosi e/o stenosi gastrica post ### è una complicanza chirurgica non frequente per questo tipo d'intervento, la quale, secondo diversi studi, interviene in una percentuale compresa tra lo 0.7 e 4% dei casi dei pazienti operati (K r aw c z y ko w s ki D . L a sl ee v e ga st r e c t o m y . A ct a En d o s c 2008;38:###—62.) ed interviene principalmente sia per l' utilizzo di un tubo di calibrazione di diametro più ridotto rispetto ai 34 Fr abitualmente utilizzati, sia ad N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. un'eccessiva trazione praticata dal chirurgo operatore durante, tipicamente, la sezione gastrica longitudinale con suturatrice lineare sia, in casi più rari, dall'utilizzo di una sutura di rinforzo, sopraggitto, praticata da alcuni specialisti per ridurre il rischio, da un lato d'incidenza di fistole gastriche post operatorie e, dall'altro, per un ottimale controllo emostatico. Esistono, tuttavia accorgimenti per ridurre al minimo l'incidenza di tali lesioni. Fondamentale appare, l'utilizzo di un tubo di ### di calibro adatto (34 Fr), prima di procedere alla sezione gastrica, nonché evitare un'eccessiva trazione sullo stomaco durante le sezioni longitudinali (in direzione dell'angolo di ### con suturatrice lineare oppure, in rari casi, evitare un'eccessiva tensione durante il confezionamento di una sutura continua ###, utilizzato per ridurre l'incidenza di fistole post operatorie , con conseguente riduzione del lume gastrico residuo, , come avviene nel caso del quale discutiamo. Procedendo all'analisi dei principali criteri del nesso causale può ritenersi che essi siano soddisfatti nel ricondurre la stenosi gastrica ad una modesta imperizia tecnica intraoperatoria del chirurgo. In particolare, la stenosi deve essere addotta, verosimilmente, ad un'eccessiva tensione della sutura continua ### sulla linea di sutura gastrica, ipotesi avallata dal duplice re intervento chirurgico durante il quale il Dott. ### “libera” il lume gastrico procedendo alla sezione del sopraggitto stesso. Quest'ultima rappresenta una condotta colposa omissiva non giustificabile, rappresentando il primum movens causale nel determinismo del danno.” (cfr. relazione atp, produzione parte attrice, pag 7 e 8) . 
Posti i già richiamati principi in materia, si osserva che, nel caso che qui ci occupa, giova a questo punto richiamare per tali rilievi il consolidato principio espresso in materia (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 9 giugno 2011, n. 12686, proprio in tema di responsabilità professionale del medico) alla stregua del quale “è configurabile il nesso causale tra il comportamento omissivo del medico ed il pregiudizio subito dal paziente qualora, attraverso un criterio necessariamente probabilistico, si ritenga che l'opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno verificatosi” (ex multis cfr. anche Cass. Civ., 11 maggio 2009, n. 10743). 
Dunque, il perito concludeva: “### peraltro, rispettati anche i restanti principali criteri del rapporto causale, giacchè la stenosi antrale gastrica si è manifestata clinicamente dopo un tempo congruo rispetto all'atto laparoscopico e sussistendo anche la corrispondenza topografica tra la sede di azione del chirurgo e la sede di insorgenza della malattia. Da tutto quanto sopra si perviene al riconoscimento della sussistenza di profili di responsabilità a carico del chirurgo operatore che procedette all'intervento di ### per via laparoscopica, per modesta imperizia chirurgica intraoperatoria. Un cenno a parte merita la condotta, quantomeno dubbiosa ed imprudente, nella scelta dell'utilizzo della gentamicina, farmaco antibiotico che tra i suoi effetti collaterali annota l'insorgenza di casi d'insufficienza renale, in una paziente che si presenta in una situazione clinica di vomito e disidratazione e pertanto già esposta ad un elevato rischio di riduzione della capacità funzionale renale. Altrettanto imprudente, secondo lo scrivente, appare la scelta di confermare la dimissione ospedaliera in data ###, durante il primo ricovero, essendo presenti episodi di vomito con tosse e difficoltà respiratorie e la seconda dimissione in data ### in quanto gli esami ematochimici effettuati in data ### non risultavano completamente conformi ai riferiti criteri di normalità biologica” (pag.9 e 10 relazione ###. 
Orbene, applicando i canoni ermeneutici sopra espressi in tema di nesso di causalità omissiva, mette conto evidenziare che possa dirsi sussistente il nesso causale tra il comportamento colposo, riconducibile alla struttura convenuta, del medico-chirurgico ed il pregiudizio subito dalla paziente atteso che, come N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. evidenziato dalle conclusioni dell'ausiliario: “In data ###, la Sig.ra ### si sottoponeva ad intervento chirurgico di ### (### e tubulizzazione del lume gastrico) nel corso di suddetto intervento chirurgico venne a prodursi la lesione (stenosi antrale gastrica) casualmente riferibile alla errata condotta intra operatoria del chirurgo operatore. • Gli interventi successivi di revisione della ### (31.07.2012 e 06.08.2012) si sono resi necessari come conseguenza dell'imperfetta esecuzione del primo intervento (### del 16.07.2012). • ### praticato può essere definito come routinario e pertanto non può invocarsi l'ipotesi di una prestazione d'opera gravata da problemi tecnici di speciale difficoltà...” (pag.10 Atp). 
La convenuta, struttura sanitaria, di contro, non ha fornito alcuna prova liberatoria alla stessa richiesta, consistente, come già chiarito, nella dimostrazione della diligente esecuzione della prestazione medica, sia nella fase di studio e di diagnosi antecedente alla scelta terapeutica, sia in quella relativa ai ritardi e alle omissioni compiute in sede di diagnosi, ovvero della riconducibilità degli esiti peggiorativi di cui si è detto ad un evento imprevisto ed imprevedibile. 
Invero, sul punto, la Suprema Corte ha chiarito che una cosa è il concetto medico di “complicanza” che costituisce un evento prevedibile ma non evitabile di un intervento o trattamento terapeutico, altra cosa è il concetto giuridico di “causa non imputabile”, ossia un evento non prevedibile né evitabile che esclude la responsabilità del creditore. Di conseguenza, un evento non prevedibile o non evitabile costituisce causa non imputabile della verificazione dell'evento dannoso, anche se la letteratura medica non lo annovera tra le complicanze; specularmente, un evento prevedibile ed evitabile non fa andare esente il medico da responsabilità, anche se indicato come complicanza statisticamente frequente dell'intervento realizzato dal sanitario. In conclusione, dunque, si è ritenuto che la prova della prevedibilità e inevitabilità del danno non possa arrestarsi su un piano puramente teorico o meramente statistico, ma deve essere fornita nel caso concreto (Cass. Civ. 13328/15). 
Ne deriva, pertanto, l'accoglimento della domanda risarcitoria proposta dall'attrice nei confronti della convenuta, la quale, come già sopra chiarito, risponde a titolo contrattuale per fatto dei dipendenti ovvero degli ausiliari, ex art. 1228 cod. civ., con riferimento all'inadempimento della prestazione medico - professionale svolta dal personale sanitario operante nella propria struttura.  4.Quanto alla quantificazione del danno. Sulla base delle argomentazioni esposte merita accoglimento la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla lesione del diritto alla salute del soggetto danneggiato ed alla compromissione della sua integrità fisica seppur non in misura permanente. 
Sul punto occorre precisare che il danno non patrimoniale, quale pregiudizio di carattere non economico, può sussistere - oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge ed in caso di esistenza di una fattispecie di reato - anche nell'ipotesi di lesione di un valore essenziale della persona, costituzionalmente rilevante e quindi tutelato (v. per tutte Cass. SSUU 26972/08). Tra i diritti inviolabili della persona costituzionalmente tutelati rientra certamente il diritto alla salute ex art 32 cost. la cui lesione può generare un pregiudizio alla persona risarcibile consistente, nel caso di specie, nella menomazione peggiorativa dello stato di integrità fisica della vittima. Sul punto, possono richiamarsi i consolidati principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, la quale statuisce che il danno non patrimoniale costituisce una categoria giuridicamente anche se non fenomenologicamente unitaria, con ciò significando che qualsiasi pregiudizio N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. non patrimoniale è soggetto alle medesime regole e ai medesimi criteri risarcitori (artt. 1223c.c., 1226c.c., 2056c.c., 2059c.c.); nella liquidazione del danno non patrimoniale il giudice deve da un lato, prendere in esame tutte le conseguenze dannose dell'illecito (principio di integralità del risarcimento), dall'altro, evitare di attribuire nomi diversi a pregiudizi identici (scongiurando sperequazioni e duplicazioni risarcitorie); in presenza di un danno permanente alla salute costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno biologico e l'attribuzione di un ulteriore somma a titolo di risarcimento dei pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente (quali ad esempio i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale: ovvero il danno dinamico relazionale); in presenza di un danno permanente alla salute la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema del c.d. punto variabile) può essere aumentato solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale e peculiari; le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l'id quod plerumque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non può non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento (Cass. Ord. n. 7513/2018 c.d. ###). 
Va precisato inoltre che, perché possa configurarsi il diritto al risarcimento in capo al soggetto danneggiato, è necessario che la lesione del bene giuridico sia seria e il pregiudizio conseguente non sia di ridotta rilevanza, assumendo carattere di gravità. 
Nel caso di specie, i postumi anche temporanei costituiscono un danno alla persona in astratto risarcibile. Orbene, tale danno è risarcibile anche in concreto atteso che da tale lesione, avente il carattere della gravità necessario ai fini risarcitori, conseguono postumi valutabili pecuniariamente con il parametro tabellare ed esprimenti l'insieme delle compromissioni dinamico relazionali della vita del soggetto danneggiato ordinariamente derivanti da una tale lesione fisica seppur temporanea; trattasi, nel caso che ci occupa di : una ITT di 40 giorni (corrispondente ai giorni di documentata degenza ospedaliera per il trattamento della insorta complicanza operatore-dipendente), seguita da una ### progressivamente decrescente e mediamente valutabile sul 50% per ulteriori giorni 20 giorni e sul 25% per altri 60 giorni (quale sintesi di un più lungo documentato periodo di malattia post-traumatica) (relazione Atp , pag. 12). 
Ciò posto, sulla base di tutti i dati a disposizione è possibile, quindi, procedere alla quantificazione del giusto risarcimento spettante ad essa ### tenendo conto delle voci di danno riportate dal consulente. 
Questa Giudice ritiene, pertanto, che sussistano tutti gli elementi per riconoscere la risarcibilità del danno biologico subito dall'attrice, quale danno all'integrità psicofisica della persona umana e quale lesione della salute, interesse primario tutelato dall'art. 32 della ###. Dal momento, poi, che, come insegna la Suprema Corte, il danno, sia esso patrimoniale che non patrimoniale, altro non è che un pregiudizio subito dal danneggiato, questo giudicante ritiene applicabili, in via equitativa, i parametri di liquidazione attualmente adottati mutuati dalle tabelle elaborate presso il Tribunale di Milano. Infatti, la liquidazione del risarcimento, sebbene abbia natura essenzialmente equitativa, deve, affinché non si traduca in un arbitrio, essere comunque ancorata ad un N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. parametro di orientamento e di controllo che può essere individuato, quanto al danno permanente, nel valore medio del punto, calcolato sulla base delle cosiddette tabelle milanesi (alle quali la Suprema Corte di Cassazione riconosce, in applicazione dell'art 3 della ### la valenza, in linea generale, di parametro di conformazione della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c.). A tal proposito la Suprema Corte con sent. del 7 giugno 2011 n. 12408, testualmente ha statuito “La liquidazione equitativa del danno non patrimoniale conseguente alla lesione dell'integrità psico-fisica deve essere effettuata da tutti i giudici di merito, in base a parametri uniformi, che vanno individuati (fatta eccezione per le lesioni di lieve entità causate dalla circolazione di veicoli e natanti, per le quali vige un'apposita normativa) nelle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, da modularsi secondo le circostanze del caso concreto”. 
Per la liquidazione del danno non patrimoniale, ritiene questa giudice di optare per il criterio di liquidazione ispirato alla giurisprudenza del Tribunale di Milano di più recente aggiornamento come quello che appare più consono e meglio rispondente alle indicazioni sia della Cassazione che della Corte Costituzionale. 
Tale criterio ha anche il conforto di significative assonanze con analoghe esperienze straniere. Nella versione rielaborata alla luce dell'orientamento espresso dalle sentenze della Corte di Cassazione a ### nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 del 11/11/2008, a cui questo giudice si conforma, il detto procedimento di liquidazione prevede la valutazione congiunta del danno non patrimoniale conseguente a “lesione permanente dell'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale”. 
Va tenuto conto del danno, sia nei suoi risvolti anatomo-funzionali che del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di “dolore”, “sofferenza soggettiva”, anche in via presuntiva con riferimento al tipo di lesione, vale a dire la liquidazione congiunta dei pregiudizi che in passato erano liquidati a titolo di cd danno biologico “standard”, e di personalizzazione - per particolari condizioni soggettive - del danno biologico, cd danno morale. 
Ebbene, utilizzando tali parametri può correttamente rapportarsi l'entità del risarcimento ad un valore progressivo con riferimento all'incremento dei punti di invalidità e con una funzione regressiva di decurtazione con riferimento all'elevarsi dell'età del danneggiato al momento dell'evento, e che prevedono l'aumento di una percentuale ponderata in riferimento al valore di liquidazione "medio" della componente di danno non patrimoniale relativa alla "sofferenza soggettiva"- (danno morale), prevedendo percentuali massime di aumento da utilizzarsi in via di personalizzazione. 
Pertanto, in applicazione dei parametri sopra menzionati ed in considerazione, nel caso di specie, del tipo di lesioni subite, del sesso, dell'età e di ogni altro elemento connesso - in particolare della presenza di una cicatrice ombelicale normointroflessa, sebbene non deturpante ed in assenza di certificazioni attestanti conseguenze psicologiche o psichiatriche riconducibili all'evento de quo -, questa giudice ritiene equo fissare l'equivalente pecuniario del danno biologico temporaneo, con riferimento ai valori di cui alle tabelle del Tribunale di Milano di più recente aggiornamento, nella somma di € 4.600,00 a titolo di I.T.T. (40 gg x €115) cui vanno aggiunti euro 1.150,00 a titolo di ITP al 50% (20gg) ed infine euro 1.840,00 a titolo di ITP al 25% (60gg) , per un totale di danno temporaneo pari ad euro 7.590,00. 
Naturalmente, le tabelle di cui si tratta, fondate su una sapiente applicazione del cosiddetto appesantimento del valore suscettibile di essere attribuito al punto N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. tabellare di invalidità, lasciano salva (ed, anzi, addirittura espressamente contemplano) la possibilità di riconoscere percentuali di aumento dei valori medi da esse previste, da utilizzarsi - onde consentire una adeguata “personalizzazione” complessiva della liquidazione - laddove il caso concreto presenti peculiarità che vengano allegate e provate (anche in via presuntiva) dal danneggiato, in particolare, sia quanto agli aspetti anatomo - funzionali e relazionali sia quanto agli aspetti di sofferenza soggettiva. 
Pertanto, nel caso in esame questa Giudice ritiene che si debba procedere alla liquidazione personalizzata del danno non patrimoniale e che essa vada determinata equitativamente in misura percentuale alla somma liquidata a titolo di danno biologico permanente nei limiti di seguito indicati, visto che debbono considerarsi sussistenti sia le presumibili limitazioni pratiche poste all'agire quotidiano, sia la reale sofferenza provata dall'attrice. Valutando, quindi, anche tale “voce” di danno e tenendo conto del grado assunto dalla malattia, il danno non patrimoniale può essere determinato, in via equitativa, riconoscendo un appesantimento della somma già sopra indicata, a titolo di danno biologico permanente, a titolo di personalizzazione, considerata l'età, la degenza, le sofferenze e le lesioni subite, Per il danno biologico relativo al periodo di malattia temporanea, va quindi liquidata la somma anzidetta. 
In definitiva, può affermarsi che nel caso di lesioni lievi e temporanee, il Giudice debba comunque garantire l'integrale risarcimento del danno alla salute e qualora ritenga che la "voce" del danno non patrimoniale, intesa come "sofferenza soggettiva", non sia adeguatamente ristorata, con la sola applicazione dei valori monetari contemplati dall'art. 138 Cod. delle Assicurazioni per il danno biologico, dovrà operare un' "adeguata personalizzazione" del danno non patrimoniale, liquidando, congiuntamente ai valori monetari di legge, una somma ulteriore che risarcisca integralmente il pregiudizio patito dalla vittima; per altro verso tale personalizzazione potrà avvenire se e nella misura in cui il danneggiato abbia in concreto allegato tutte le circostanze utili ad apprezzare la concreta incidenza della lesione patita in termini di sofferenza/turbamento e della prova delle stesse. In tal senso, del resto, il comma 3 del predetto art. 138 cit.  5.All'importo sopra indicato deve, poi, aggiungersi il lucro cessante, consistente nel pregiudizio subito dal danneggiato per la ritardata corresponsione di quanto ad esso dovuto a titolo risarcitorio. La quantificazione del danno anzidetto può essere operata, alla stregua dell'autorevole insegnamento delle sezioni unite della Suprema Corte (cfr. diffusamente, sent. 17 febbraio 1995 n.1712 con la tecnica degli interessi, con la precisazione, tuttavia, che detti interessi non debbono essere calcolati né sulla somma originaria, né su quella rivalutata al momento della liquidazione, dovendo gli stessi computarsi, piuttosto, o sulla somma originaria progressivamente rivalutata, anno per anno, ovvero in base ad un indice di rivalutazione medio (cfr., in tal senso ed ex multis, Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 1995, n. 1712, nonché Cass. 10 marzo 2000, n. 2796). Giova, infine, rammentare il principio, più volte evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nei debiti di valore (qual è senz'altro l'obbligazione risarcitoria) sia gli interessi legali ### sulla somma liquidata in favore del danneggiato, che la rivalutazione monetaria decorrono di diritto ed il giudice deve attribuirli d'ufficio anche in assenza di una specifica domanda della parte, senza con ciò incorrere in un vizio di ultrapetizione, quando quest'ultima abbia richiesto la condanna del debitore (cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. III, 27 marzo 1997, 2745). Del resto, altrettanto ricorrente è l'affermazione in base alla quale “###. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. rivalutazione monetaria e gli interessi costituiscono una componente dell'obbligazione di risarcimento del danno e possono essere riconosciuti dal giudice anche d'ufficio e in grado di appello, pur se non specificamente richiesti, atteso che essi devono ritenersi compresi nell'originario “petitum” della domanda risarcitoria, ove non ne siano stati espressamente esclusi.” (Cass. civ., sez. III, 2 dicembre 1998, n. 12234; Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2012, n. 5144).   Nel caso di specie, per ottenere l'effetto pratico del riconoscimento degli interessi calcolati sulla somma rivalutata in base ad un indice di rivalutazione medio la convenuta impresa designata va condannata al pagamento, in favore dell'attrice degli interessi al tasso legale previsto dall'art. 1284 cod. civ., dalla data dell'evento dannoso sull'importo pari alla somma devalutata, in base all'indice ### delle variazioni dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai (cosiddetto indice “FOI”), alla data del 16.07.2012 - data del primo intervento - di quella sopra riconosciuta a titolo risarcitorio e, quindi, anno per anno, ed a partire dal, fino al momento della pubblicazione della presente decisione, sulla somma di volta in volta risultante dalla rivalutazione di quella sopra appena indicata, sempre in base all'indice ### menzionato (“FOI”), con divieto di anatocismo. 
Pertanto, in favore dell'attrice deve essere riconosciuta la ulteriore somma a titolo di interessi calcolata alla stregua dei criteri di calcolo sopra indicati, somma che va ad aggiungersi alla sorta capitale dovuta all'attualità (e comprensiva della rivalutazione monetaria). 
Dal momento della pubblicazione della presente sentenza e fino all'effettiva corresponsione, infine, dovranno essere corrisposti, sulla somma totale sopra liquidata a titolo risarcitorio, gli ulteriori interessi al tasso legale suddetto, ai sensi dell'art. 1282 cod. civ., posto che, al momento della pubblicazione della sentenza, l'obbligazione risarcitoria, che ha natura di debito di valore, si trasforma in debito di valuta, con conseguente applicabilità degli istituti tipici delle obbligazioni pecuniarie in senso stretto, sulla somma globale composta da capitale, rivalutazione e coacervo degli interessi maturati fino alla data predetta (pubblicazione della sentenza: cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 1999, n. 13470; Cass. civ., sez. III, 21 aprile 1998, n. 4030). 
Peraltro, è appena il caso di rammentare il principio, più volte evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nei debiti di valore (qual è senz'altro l'obbligazione risarcitoria) sia gli interessi legali ### sulla somma liquidata in favore del danneggiato, che la rivalutazione monetaria decorrono di diritto ed il giudice deve attribuirli d'ufficio anche in assenza di una specifica domanda della parte, senza con ciò incorrere in un vizio di ultrapetizione, quando quest'ultima abbia richiesto la condanna del debitore (cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. III, 27 marzo 1997, n. 2745). Del resto, altrettanto ricorrente è l'affermazione in base alla quale “La rivalutazione monetaria e gli interessi costituiscono una componente dell'obbligazione di risarcimento del danno e possono essere riconosciuti dal giudice anche d'ufficio e in grado di appello, pur se non specificamente richiesti, atteso che essi devono ritenersi compresi nell'originario “petitum” della domanda risarcitoria, ove non ne siano stati espressamente esclusi.” (Cass. civ., sez. III, 2 dicembre 1998, 12234; Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2012, n. 5144).  6.Quanto al riparto delle spese di lite tra le parti va osservato quanto segue. Per quanto riguarda il rapporto processuale venutosi a creare tra la parte attrice e l'ente convenuto, data la integrale soccombenza di quest'ultimo nei confronti della prima, lo stesso va condannato alla rifusione delle spese di lite in favore N. 1741/2021 R.G.A.C.  n. 1741/2021 r.g.a.c. dell'attrice ai sensi dell'art. 92 c.p.c. Tutte le dette spese sono liquidate, come da dispositivo, in virtù del D.M. Giustizia 55/2014, in relazione al valore della controversia (determinato in virtù del decisum e non già del disputandum — Cass. 3903/2016; Cass. SS.UU. 19014/2007 —) e all'attività concretamente esercitata dai difensori costituiti per le parti vittoriose, rapportata altresì al tenore delle difese svolte.  P.Q.M.  Il Tribunale di ###, II sezione civile, nella persona del g.u. dott.ssa ### decidendo la controversia come in epigrafe indicata avente oggetto “responsabilità professionale in materia sanitaria” -, ogni contraria istanza disattesa, così provvede: 1. in accoglimento della domanda giudiziale proposta da parte attrice, dichiara l'esclusiva responsabilità dell'ente convenuto, in persona del legale rapp.te p.t., nella produzione dell'evento dannoso indicato e descritto nell'atto di citazione introduttivo del giudizio e, per l'effetto, condanna il predetto ente convenuto al risarcimento dei danni patiti dall'attrice quantificati ex art 1226 c.c. in complessivi euro 7.590,00, oltre interessi compensativi e moratori da computarsi secondo i criteri e con le decorrenze specificate in parte motiva; 2. condanna l'ente convenuto, al pagamento, in favore di parte attrice, delle spese di lite per il presente giudizio, che si liquidano in euro 2.540,00, per compensi professionali ed euro 264,00 per spese vive, oltre rimborso forfettario spese generali, nella misura del 15%, oltre IVA e ### come per legge con attribuzione al procuratore di parte attorea dichiaratosi antistatario; 3. pone definitivamente le spese di ATP a carico della parte convenuta, come già liquidate con separato decreto in sede preventiva. 
Così deciso in ### 22/10/2024 IL GIUDICE (dott.ssa #### di questo provvedimento è un documento informatico sottoscritto con firma digitale (artt. 1, lett. s, 21 e 24 D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82) e depositato telematicamente nel fascicolo informatico ai sensi degli artt. 15 e 35, comma 1, D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, come modificato dal D.M. 15 ottobre 2012 n. 209, e succ. mod..  

causa n. 1741/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Boccia Matilde

M

Tribunale di Torre Annunziata, Sentenza n. 2213/2025 del 13-10-2025

... paziente sia giunto in ### sano e non con un'evidente sepsi batterica”. Si deve concludere, allora, che la deduzione secondo cui, in ragione delle condizioni del paziente al momento del ricovero, la somministrazione di cortisone non sarebbe stata adeguata, non trova riscontro nelle risultanze cliniche, da cui emerge, di contro, che, proprio al momento del ricovero all'### del ### non poteva sicuramente discettarsi di una infezione virale in capo al de cuius, ma di una diversa ipotesi di infezione batterica, rectius sepsi batterica, come tale, secondo la letteratura medica, non incompatibile con la somministrazione di cortisone, il cui dosaggio, peraltro, nei pazienti diabetici ( come lo ###, può essere facilmente controllato con le terapie insuliniche. Ciò detto in ordine alla dedotta ( ma non provata) condotta asseritamente negligente in capo ai sanitari intervenuti, deve tuttavia ritenersi, sulla scorta del materiale istruttorio raccolto, che il decesso del de cuius ### si dipeso da una pluralità di cause, tra cui, oltre alle sue condizioni endogene già presenti al momento del ricovero, la contrazione, da parte dello stesso, di infezioni nosocomiali che hanno sicuramente favorito, sia (leggi tutto)...

testo integrale

#######. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA ai sensi dell'art. 281 sexies comma 3 cpc nella causa iscritta al N. R. G. 4977/2023 TRA ### in proprio e n. q. di moglie convivente di #### in proprio e n. q. di erede di ### nonché n. q. di genitore esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore #### in proprio e n. q. di erede di ### nonché ###### e ### tutti in proprio e n. q. di eredi di ### rapp.ti e difesi, giusta mandato in calce al ricorso, dall'avv. ### ed elett.te dom.ti presso lo studio di detto difensore in ### alla via ### n. 60 P.co dei ##### 1 Centro, in persona del legale rapp.te p.t., rapp.ta e difesa, giusta procura a margine della comparsa di costituzione, dall'avv. ### ed elett.te dom.ta con detto difensore presso il ### affari giuridico-legali della ### 1 Centro RESISTENTE NONCHE' ### con residenza come in ricorso RESISTENTE CONTUMACE OGGETTO: risarcimento danni da responsabilità medica.  CONCLUSIONI: come da atti di causa e da verbale d'udienza del 9.9.2025. 
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda avanzata dai ricorrenti è fondata e va accolta, tuttavia nei limiti e per i motivi di seguito precisati. 
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, gli odierni istanti, deducevano quanto segue: che, in data ###, il de cuius ### con diagnosi di “ sospetta otite orecchio sinistro”, veniva visitato all'### di Napoli, dal quale era dimesso lo stesso giorno; che, sempre il ###, al mattino, ritornava presso il medesimo nosocomio, dove gli veniva diagnosticata una “ farongodinia”, e subito dopo dimesso; che, alle ore 14.04 di quella giornata, si rendeva necessario il ritorno al ### con nuova diagnosi di “ probabile ascesso faringeo”; che, il giorno 4.7.2020, era trasferito all'### del ### con diagnosi di “mediastinite”, e sottoposto ad intervento chirurgico di “ cervicotomia con drenaggio”; che, durante il ricovero, dall'esame colturale del 25.7.2020, era segnalata la presenza di “ acinetobacter baumenii”, mentre l'esame colturale del 2.9.2020 faceva rilevare la presenza di “ ### pneumoniae”; che, in data #### purtroppo decedeva; che, già prima del ricovero ospedaliero, i familiari del de cuius si erano rivolti, per le cure, al medico di fiducia dott.  ### il quale, tuttavia, non avrebbe correttamente inquadrato le patologie da cui il paziente era affetto; che, nell'assunto di essi ricorrenti, la morte di ### sarebbe ascrivibile alla negligenza e/o imperizia dei sanitari intervenuti ( sia del dott. ### medico privato che già l'aveva in cura, sia dei sanitari dell'### sanitaria resistente), nonché ad una responsabilità ascrivibile alla struttura sanitaria in quanto tale. 
In particolare, assumevano che il decesso de cuius sarebbe dipeso, in primo luogo, da un errore nella somministrazione dei farmaci al momento del ricovero, avendo essi sanitari somministrato, ad un soggetto gravemente diabetico, “ una fiala di Bentelan da 4 mg”, con aggravamento della già compromessa condizione immunitaria del paziente; in secondo luogo, la responsabilità sarebbe ascrivibile alla struttura ospedaliera in quanto tale, in ragione della contrazione, da parte del paziente, all'interno dell'ambiente ospedaliero, di batteri ccdd. “ mangiacarne”, e precisamente l' “ acinetobacter baumanii” e la“ ### pneumoniae”. 
In ragione di tanto, essi istanti invocavano il risarcimento dei danni iure hereditatis ( nella forma del danno biologico e del danno da perdita di chances occorsi al de cuius), in qualità dunque di eredi del ### nonché dei danni iure proprio, per la perdita del cd. rapporto parentale conseguente al decesso del de cuius. 
Si costituiva l'### 1 Centro, la quale, in primo luogo, deduceva la mancanza di prova, in capo agli istanti, della propria qualità di eredi; nel merito, contestava la domanda, chiedendone il rigetto, ritenendo insussistente la dedotta colpa medica in capo ai sanitari operanti presso detta ### ospedaliera. 
Il resistente ### nonostante la notifica, a mezzo raccomandata a/r, dell'atto introduttivo ( v. relata del 8.11.2023), non si costituiva né altrimenti compariva, per cui ne va dichiarata la contumacia. 
Nel corso del giudizio, veniva espletata CTU medico-legale con la nomina di un Collegio peritale; all'udienza del 9.9.2025, le parti concludevano chiedendo decidersi la causa; a detta udienza la causa, ai sensi del comma 3 dell'art. 281 sexies cpc, veniva riservata a sentenza. 
In via del tutto preliminare, va ribadito che, nel giudizio de quo, vi è stata regolare instaurazione del contraddittorio, in ragione di quanto di seguito precisato. 
In primo luogo, infatti, va rilevato come, a verbale d'udienza del 23.5.2024, l'Asl resistente deduceva che, nel caso di specie, difetterebbe agli atti di causa la prova del perfezionamento della notifica nei confronti dell'altro resistente, dott. ### prova, di contro, per quanto già detto agevolmente rinvenibile in atti, giusta allegazione dell'avviso di ricevimento della raccomandata a/r del 8.11.203. 
Ancora, nel medesimo verbale d'udienza, la resistente Asl deduce che “ la competenza territoriale asserita in libello, ravvisabile nell'astratta connessione soggettiva/oggettiva a causa delle prestazioni … rese da tale medico, senza che ve ne sia peraltro alcuna traccia documentale, è servita unicamente a sradicare la competenza del ### di Napoli, altrimenti foro naturale per la domanda avanzata”. 
Sul punto deve dirsi, in via preliminare, che, secondo il più recente avviso del Giudice di legittimità, la valutazione, da parte del giudice di merito, circa la sussistenza o meno della propria competenza, va fatta sulla base delle mere risultanze emergenti dagli atti introduttivi e dalle produzioni documentali effettuate con essi ( v. Cass. n. 20553/2019). 
Orbene, tutto ciò premesso, venendo al caso di specie, non può non rilevarsi che, stando al tenore dell'atto introduttivo, i ricorrenti hanno dedotto ( v. pag. 2) uno specifico profilo di responsabilità in capo al resistente ### ( residente, per quanto dedotto da essi ricorrenti, in ### Comune rientrante nel circondario dell'intestato ### con conseguente radicamento della competenza territoriale di quest'ultimo ex art. 18 cpc), allorquando assumono che esso professionista, “ da tempo seguiva ( il paziente, ndr) sotto l'aspetto sanitario generale”, e dava a questi “ rassicurazioni sul proprio stato di salute”; trattasi, a ben vedere, di un contegno omissivo di per sé rilevante, quanto meno sotto il profilo assertivo. 
Non può non rilevarsi, peraltro, come, in sede di comparsa di costituzione, non è stata sollevata, specificamente, eccezione di incompetenza territoriale dell'adìto ### invocando la competenza territoriale di un diverso ### giudiziario con riguardo alla residenza, ai sensi dell'art. 18 cpc, dell'ulteriore resistente ### è noto, sul punto, che, in tema di competenza territoriale nelle cause relative a diritti di obbligazione ( e, nel caso che ci occupa, esso resistente è stato evocato in giudizio quale libero professionista esercente la professione sanitaria, di tal che l'invocata responsabilità va qualificata, anche dopo l'entrata in vigore della ### come responsabilità di natura contrattuale), la disciplina dettata dall'art. 38 c.p.c. impone al convenuto, al di fuori delle ipotesi previste dall'art. 28 c.p.c., l'onere non solo di indicare in comparsa di risposta il giudice ritenuto competente ma anche di contestare la competenza del giudice adito con riferimento a tutti i criteri concorrenti previsti dagli artt. 18, 19 e 20 c.p.c., la cui scelta è rimessa alla discrezione dell'attore ( v. Cass. n. 16284/2019). 
Né, va precisato, nel caso di specie si verte in un'ipotesi di competenza territoriale inderogabile ex art. 28 cpc; invero, ai fini della competenza territoriale, nella controversia avente ad oggetto il pagamento di somme di danaro da parte degli enti pubblici, le norme di contabilità degli enti pubblici, che fissano il luogo di adempimento delle obbligazioni in quello della sede di tesoreria dell'ente, valgono ad individuare il "forum destinatae solutionis" eventualmente in deroga all'art.  1182 cod. civ., ma non rendono detto foro né esclusivo, né inderogabile. ###.A. convenuta che intenda, pertanto, eccepire la incompetenza del giudice adito, diverso da quello della sede della tesoreria, ha l'onere di contestare specificamente tutti i possibili fori, indicando le ragioni giustificative dell'esclusione di ogni momento di collegamento idoneo a radicare la competenza ( v. 
Cass. Ordinanza n. 11781 del 18/06/2020); di tal che, secondo l'inequivoco disposto di cui al novellato art. 38 cpc, la deduzione circa l'incompetenza territoriale ### non è rilevabile d'ufficio, ma rimessa all'eccezione di parte, da proporsi, tempestivamente, nella comparsa di risposta. 
In ragione di quanto detto, dunque, la spiegata eccezione, come anticipato, sollevata solo a verbale d'udienza del 23.5.2024, va dichiarata inammissibile poiché tardiva; sul punto, il giudice di legittimità ( v. Cass. n. 20553/2019) ha chiarito che l'eccezione di incompetenza territoriale del convenuto non introduce nel processo un tema sul quale è possibile lo svolgimento di un'istruzione secondo le regole della fase dell'istruzione in funzione della decisione nel merito, di modo che il giudice non può procedere alla decisione su di essa sulla base di prove costituende o documentali introdotte nel giudizio all'esito dello svolgimento di detta fase; essa, infatti, deve essere decisa sulla base delle risultanze emergenti dagli atti introduttivi e dalle produzioni documentali effettuate con essi, o in replica o controreplica alla prima udienza di cui all'art. 183 c.p.c. ( nel caso di specie, udienza ex art. 281 duodecies comma 1 cpc), salvo il caso in cui, in ragione di quanto reso necessario dal tenore dell'eccezione del convenuto o del rilievo del giudice, il rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa non esiga, secondo quanto prevede l'art. 38, ultimo comma, c.p.c., un'eventuale istruzione di natura sommaria "in limine litis", se del caso anche non documentale, diretta a chiarire il contenuto di quanto già risulta dagli atti. Tale istruzione, però, deve essere non solo sollecitata dalla parte interessata, ma deve aver luogo nella stessa prima udienza del giudizio o, se non sia possibile, in un'eventuale udienza appositamente fissata in breve, restando invece esclusa ogni possibilità di un suo svolgimento su sollecitazione successiva di una delle parti. 
Quanto alla spiegata eccezione di improcedibilità della domanda, emerge dagli atti di causa l'avvenuto espletamento, in data ###, del tentativo di mediazione, conclusosi con verbale negativo. 
Ancora, è in parte fondata e va accolta, nei limiti di seguito precisati, la deduzione, sollevata dalla resistente ### 1, di difetto della prova, in capo agli odierni ricorrenti, della loro qualità di eredi; va precisato che, secondo consolidato avviso del giudice di legittimità, il possesso della qualità di erede, in quanto incide sulla titolarità del diritto fatto valere in giudizio, non integra una questione di legittimazione in senso proprio, ma attiene al merito della causa ( v. Cass. ord. n. ### del 2 dicembre 2019). 
Sul punto, deve dirsi che, secondo il giudice di legittimità, il soggetto che promuove l'azione nella asserita qualità di erede di un altro soggetto, indicato come originario titolare del diritto fatto valere, deve allegare la propria legittimazione e deve dimostrare sia il decesso della parte originaria sia l'asserita qualità di erede ( v. Cass. n. 21436/2018), rappresentando la qualità di erede un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio ( v. Cass. n. 16814/2018). 
Nondimeno, la stessa S. C. ( v. Cass. n. 868/2017, ### VI) ha chiarito che, per quanto concerne la delazione di eredità, tale onere è idoneamente adempiuto con la produzione degli atti dello stato civile, dai quali è dato coerentemente desumere qual rapporto di parentela con il de cuius che legittima alla successione ex art. 565 ss. cc; il concetto è stato ribadito in tal senso anche nell'ordinanza della S. C. del 22 novembre 2019, n. ###, in cui si precisa che la qualità di erede non può essere dimostrata utilizzando come prova solo la denuncia di successione, ma è necessaria la presentazione di certificazioni anagrafiche, ovvero atti dai quali si evince il rapporto di parentela con il de cuius ( v. anche App. Genova, n. 932/2019). 
Peraltro, aggiunge la S. C., con riguardo all'accettazione dell'eredità, poiché ai sensi dell'art. 476 cc l'accettazione tacita può desumersi dall'esplicazione di un'attività personale del chiamato incompatibile con la volontà di rinunciarvi, l'accettazione è implicita nell'esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie che - come nel caso di specie - essendo volte al ristoro dei danni occorsi al de cuius, non rientrano negli atti conservativi e di gestione dei beni ereditari consentiti dall'art. 460 cc, sicchè, trattandosi di azioni che travalicano il semplice mantenimento dello stato di fatto attuale quale esistente al momento dell'apertura della successione, il chiamato non avrebbe diritto di proporle e, proponendole, dimostra di aver accettato la qualità di erede. 
Ciò premesso, venendo al caso di specie, emerge che soltanto i ricorrenti #### e ### tutti n. q. di eredi di ### hanno versato in atti, nel corso del giudizio, documentazione ( anche integrativa della documentazione anagrafica già allegata al ricorso) da cui si evince, anzitutto, l'avvenuto decesso del de cuius ### ( v.  certificato di morte del 28.4.2025) - circostanza, questa, peraltro giammai contestata dalla resistente ed evincibile comunque dalla documentazione medica versata in atti in allegato al ricorso introduttivo -, nonché documentazione anagrafica ( v. certificati di famiglia allegati al ricorso introduttivo, estratti di nascita depositati il ###, integrativi di quelli già allegati al ricorso introduttivo, certificato di matrimonio con la ricorrente ### da cui si desume il rapporto di parentela e/o coniugio sussistente tra essi ricorrenti, da un lato, e il de cuius ### dall'altro. 
Sul punto, deve dirsi peraltro che, ad avviso di chi scrive, il deposito ( documentale integrativo) effettuato dai ricorrenti in data ### deve ritenersi ammissibile, in ragione di quanto di seguito precisato. 
Invero, è noto che, secondo consolidato avviso del giudice di legittimità, ribadite anche in un recentissimo arresto ( v. Corte di Cassazione, ### ordinanza 12 luglio 2024, n. 19226), le norme che pongono preclusioni e decadenze devono interpretarsi in modo restrittivo, di tal che non può condividersi la soluzione che ritiene di ricavare una perdita delle facoltà delle parti in via meramente interpretativa, ed in assenza di una esplicita manifestazione di volontà del legislatore; in particolare, aggiunge la S. C., nel rito sommario di cognizione ( oggi, procedimento semplificato di cognizione), è possibile integrare successivamente al deposito dell'atto introduttivo le proprie richieste istruttorie o introdurle ex novo e la circostanza che esse non siano state inserite nell'atto iniziale non può ridondare in danno della parte sotto forma di decadenza, e ciò in quanto il procedimento sommario di cognizione ( oggi, procedimento semplificato di cognizione) non prevede alcuna sanzione processuale nel caso di cui l'attore e il convenuto nei rispettivi atti (ricorso e comparsa di risposta) non indichino i mezzi di prova di cui intendano valersi né alleghino i documenti, per cui è ammissibile la produzione documentale successiva al deposito del primo atto difensivo e fino alla pronuncia dell'ordinanza di cui all'art. 702-ter c.p.c. ( oggi, provvedimento decisorio ex art. 281 terdecies cpc, ndr). 
Nondimeno, già nella vigenza del procedimento ex artt. 702 bis ss cpc il giudice di legittimità aveva chiarito che, poiché l'art. 702 bis c.p.c., commi 1 e 4, non prevede ( va) alcuna specifica sanzione processuale, nè in relazione al mancato rispetto del requisito di specifica indicazione dei mezzi di prova e dei documenti di cui il ricorrente e il resistente intendano, rispettivamente, avvalersi, nè in relazione alla mancata allegazione di detti documenti al ricorso o alla comparsa di risposta, è ammissibile la produzione documentale eseguita, nell'ambito del procedimento sommario disciplinato dagli artt. 702 bis e ss. c.p.c., successivamente al deposito del primo atto difensivo e fino alla pronuncia dell'ordinanza di cui all'art. 702 ter c.p.c. ( v. Cassazione civile, sez. VI, 07 Gennaio 2021, n. 46). 
Va precisato, peraltro, che, nel caso di specie, nemmeno sono stati richiesti dalle parti, né concessi dal giudice istruttore, alla prima udienza di trattazione, i termini di cui al comma 4 dell'art. 281 duodecies cpc, i soli termini che la disposizione da ultimo indicata espressamente definisce “perentori”, il che, per quanto sopra detto in tema di inapplicabilità, in via analogica, di sanzioni processuali nel silenzio del legislatore, ridonda ulteriormente nel senso di inoperatività, nel caso de quo, di qualsivoglia preclusione istruttoria a carico della parte che abbia integrato la documentazione fino all'udienza di rimessione della causa in decisione. 
Di contro, alcuna documentazione giustificativa del rapporto di parentela con il de cuius è stata depositata in atti dai ricorrenti ###### e ### tutti asseritamente fratelli e sorelle del de cuius ### difetta, cioè, agli atti, l'allegazione, in sostanza, di un certificato di famiglia storico e integrale, da cui possa evincersi la sussistenza di un vincolo di parentela ( quali fratelli e sorelle) tra essi istanti e ### di tal che la relativa domanda va rigettata nel merito. 
Nondimeno, sempre in via preliminare, va dichiarato, ai sensi dell'art. 75 cpc, il difetto della legittimazione attiva in capo alla ricorrente ### n. q. di genitore esercente la potestà sulla figlia minore ### Invero, è noto che, ai sensi dell'art. 320 cc, quando l'esercizio della potestà genitoriale compete ad entrambi i genitori, questi ultimi rappresentano il figlio congiuntamente: ne deriva che all'atto debbono partecipare contestualmente entrambi i genitori, sottoscrivendo congiuntamente la domanda giudiziale proposta in suo nome. 
Ciò detto, venendo al caso di specie, emerge ( v. certificato del 30.4.2025) che sulla minore ### - e non è stata allegata prova contraria rispetto alle risultanze della documentazione anagrafica - esercitano la potestà genitoriale il padre, ### e la madre ### nondimeno, in difetto, ripetesi, di allegazioni in senso contrario, nel ricorso non è indicato se la ricorrente ### abbia agito o meno, quale genitore esercente la potestà sulla figlia minore, anche in nome e per conto del di lei padre ### di tal che, come anticipato, va dichiarato il difetto di legittimazione attiva in capo a ### n. q. di genitore esercente la potestà sulla figlia minore ### Tutto ciò premesso quanto alle questioni preliminari, prima di affrontare il merito della vicenda, occorre, ad avviso di chi scrive, procedere ad una precisazione di ordine metodologico: appare necessario ricordare che, ai fini di un assai rapido inquadramento della cd. responsabilità per colpa medica, con l'entrata in vigore della cd. ### viene a tracciarsi una netta demarcazione tra la responsabilità della struttura pubblica o privata e della persona fisica del personale medico o paramedico che incorre nella responsabilità: mentre viene ad attrarsi nella responsabilità contrattuale la responsabilità della struttura e quindi soggetta alle norme dell'art. 1218 e ss. c.c., l'esercente la professione sanitaria risponde del proprio operato ai sensi dell'art. 2043 c.c., salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente. 
Già prima della ### invero, il rapporto che si instaura### tra paziente e casa di cura privata (o ente ospedaliero) aveva fonte in un tipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall'assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgevano a carico della casa di cura (o dell'ente), accanto a quelli di tipo lato sensu alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze ( v. Cass. n. 13953/2007; Cass. n. 13066/2004). 
Ne consegue, dunque, prima come oggi, dopo la ### che la responsabilità della casa di cura (o dell'ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale, e può conseguire, ai sensi dell'art.  1218 c.c., all'inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, ai sensi dell'art.  1228 c.c., all'inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche “di fiducia” dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto. 
Con l'introduzione della nuova ### dunque, si instaura un c.d. regime bipartito, attraverso la previsione di una responsabilità contrattuale per soggetti che hanno il pieno governo del proprio rischio (strutture e liberi professionisti) in base a rapporto autenticamente contrattuale o all'accettazione del paziente in ospedale, ed una responsabilità extracontrattuale per chi non ha il pieno governo del rischio (medici dipendenti o convenzionati con SSN o comunque operanti in struttura). 
Stante la natura contrattuale della responsabilità delle strutture sanitarie e dei medici liberi professionisti, il danneggiato deve fornire la prova del contratto ( o del cd. contatto sociale) e dell'aggravamento della situazione patologica e del relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari, restando a carico dell'obbligato la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano derivati da un evento imprevisto ed imprevedibile ( v. Cass. n. 975 del 16.1.2009). 
A tale riguardo è utile, se non altro per la estrema attualità, evidenziare la recente sentenza della S. C. n. 24073 del 13 ottobre 2017 in cui si ribadisce “il principio di diritto secondo cui, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell'onere probatorio l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo invece a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante ( Cass. Sez. UU, Sentenza n. 577 del 11/01/2008; id. Sez. 3, Sentenza n. 27855 del 12/12/2013)”. 
Prima di esaminare in concreto la vicenda de quo, va altresì precisato che particolare rilievo, in tema di responsabilità medica, assume lo studio e l'analisi della sussistenza o meno, nel caso di specie, del nesso di causalità tra condotta ( attiva od omissiva) ed evento. 
In primo luogo, infatti, va precisato che, secondo un recentissimo orientamento della Suprema Corte, il nesso causale in materia di responsabilità civile è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cp, per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché del criterio cd. della causalità adeguata, sulla base del quale, all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell'accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o “ del più probabile che non”, mentre nel processo penale vige la regola della prova “ oltre il ragionevole dubbio” ( v. Cass. n. 16123 del 8.7.2010). 
Venendo al merito della vicenda, ritiene questo giudice che, sulla scorta della CTU versata in atti - a firma dei dott.ri ### ( specialista in infettivologia) e ### ( specialista in medicina-legale) - sono ravvisabili profili di responsabilità, in capo ai sanitari intervenuti ( in particolare, come appresso sarà evidenziato, quelli operanti presso l'### del ### in Napoli), nonché a carico della struttura ospedaliera in quanto tale, per la morte del sig.  ### e ciò in ragione di quanto di seguito precisato. 
In primo luogo, i nominati ### deducono che, a loro avviso, “ l'utilizzo di cortisone ad alte dosi ( betametasone e metilprednisolone) nella fase iniziale dell'assistenza al sig.  ### non è stato opportuno, perché non solo non è servito a migliorare le difficoltà respiratorie, ma ha indotto picchi di glicemia, che certamente hanno contribuito alla diffusione delle infezioni; poichè fin dall'inizio era evidente la presenza di un ascesso parafaringeo e mediastinico, l'aspetto infettivo della vicenda clinica doveva essere curato con maggiore impegno, essendo del pari evidente che i ripetuti drenaggi chirurgici … non fermavano la progressione della malattia”; in sostanza, aggiungono i periti d'ufficio, “ la progressione della malattia è stata facilitata anche dalla inefficacia delle cure attuate”. 
Ad avviso di chi scrive, tuttavia, in ragione di un sistematico esame degli atti di causa, le cennate conclusioni cui, sul punto, sono giunti i nominati ### non sono condivisibili, alla luce delle inequivoche controdeduzioni sollevate dal perito della resistente ### dott.  ### Sul punto specifico, infatti, va oggettivamente evidenziato che, da un lato, vi fu, nel caso di specie, sin da subito “ una corretta diagnosi … di sospetto ascesso faringeo”, il che induce ad escludere la sussistenza, in capo ai sanitari intervenuti, di un errore nella diagnosi iniziale, con conseguente somministrazione di famaci non adeguati allo stato effettivo.   Dall'altro lato, il perito di parte precisa che “ il cortisone è frequentemente utilizzato nelle infezioni batteriche e controindicato solo inizialmente in quelle virali; il dosaggio utilizzato nei diabetici è facilmente controllabile con le terapie insuliniche”; ne discende, allora, che “ affermare che esso sia proattivo all'infezione è come affermare che il paziente sia giunto in ### sano e non con un'evidente sepsi batterica”. 
Si deve concludere, allora, che la deduzione secondo cui, in ragione delle condizioni del paziente al momento del ricovero, la somministrazione di cortisone non sarebbe stata adeguata, non trova riscontro nelle risultanze cliniche, da cui emerge, di contro, che, proprio al momento del ricovero all'### del ### non poteva sicuramente discettarsi di una infezione virale in capo al de cuius, ma di una diversa ipotesi di infezione batterica, rectius sepsi batterica, come tale, secondo la letteratura medica, non incompatibile con la somministrazione di cortisone, il cui dosaggio, peraltro, nei pazienti diabetici ( come lo ###, può essere facilmente controllato con le terapie insuliniche. 
Ciò detto in ordine alla dedotta ( ma non provata) condotta asseritamente negligente in capo ai sanitari intervenuti, deve tuttavia ritenersi, sulla scorta del materiale istruttorio raccolto, che il decesso del de cuius ### si dipeso da una pluralità di cause, tra cui, oltre alle sue condizioni endogene già presenti al momento del ricovero, la contrazione, da parte dello stesso, di infezioni nosocomiali che hanno sicuramente favorito, sia pure in termini percentuali, il verificarsi del decesso. 
Anzitutto, sul punto i ### chiariscono che “ il decesso del de cuius è avvenuto per arresto cardiocircolatorio terminale in soggetto con insufficienza multiorganica da sepsi di germi opportunisti da infezione polmonare, che ha comportato l'atelettasia totale del polmone di destra e parziale del polmone di sinistra; tale infezione è stata determinata dall'azione congiunta dei due batteri ### pneumoniae e acinetobacter baumanii, la cui presenza è documentata dalla positività del broncoaspirato” ( v. pag. 32 della ctu). 
In particolare, essi precisano che “ l'infezione nosocomiale da agenti patogeni tipici è stata diagnosticata dopo il ricovero in ### infatti, il riscontro di acinetobacter baumanii è avvenuto in data ### sul tampone della trachestomia, mentre la positività a ### pneumoniae e ad acinetobacter è stata riscontrata sulla coltura del broncoaspirato del 2.9.2020”; orbene, “ considerato che l'ingresso in ### del sig. ### è avvenuto per la prima volta il ### al ### del ### è evidente che il contagio è avvenuto dopo il ricovero”; infatti, “ considerato che la morte del periziando … è avvenuta per shock settico, considerato che l'organo più colpito è stato il polmone ( la Tac dell'1.9.2020 evidenziava una “ atelettasia totale del polmone di destra” e del lobo superiore del polmone di sinistra), non v'è dubbio che questi due germi, che prediligono il sito polmonare, abbiano avuto un ruolo preminente nel decesso del de cuius”. 
Si tratta, a ben vedere, di “ germi opportunisti da infezione nosocomiale (acinetobacter e ### pneumoniae) … multiresistenti a sentinella di infezione correlata all'assistenza”; va peraltro aggiunto che, secondo i periti d'ufficio, “ il riscontro ( di detti germi opportunisti, ndr) è stato tardivo ( 25.7.2020 per l'### e 2.9.2020 per la ###”, di tal che può ritenersi che “ la diagnosi di infezione nosocomiale è stata molto tardiva”. 
Conclusioni, queste, contestate dai consulenti della parte resistente, secondo il cui avviso, nel caso di specie, se da un lato “ il monitoraggio clinico microbiologico del paziente è stato costante e continuo … sulla scorta degli antibiogrammi”, dall'altro deve ritenersi che, in ragione delle già gravi condizioni cliniche del paziente ( deficit immunitario), i cennati germi opportunisti sarebbero non altro che espressione di una condizione “ endogena”, frutto cioè di una “ slatentizzazione di flora batterica già presente sul soggetto”, come desumibile dai “ primi isolamenti da broncoaspirato … relativi ad una candida ( isolamento 61569 del 4.7.2020), cui segue un ulteriore isolamento di candida ( 63935 del 11.7.2020) e successivamente il primo isolamento di ### baumanii ( 65486 del 14.7.2020)”. 
Deduzione, questa, ribadita da essi consulenti di parte anche a verbale d'udienza del 9.9.2025, in cui si precisava che, “ in ragione della circostanza pe cui il paziente, al momento del ricovero, aveva già un ascesso parafaringeo, patologia che già di per sé è espressione di una infezione già esistente, vi è una probabilità del 60 % che detto microrganismo fosse già presente al momento del ricovero”. 
Ritiene chi scrive, tuttavia, che le indicate controdeduzioni siano in evidente contrasto con le risultanze oggettive ( versate in atti e vagliate dal collegio peritale), da cui può inequivocamente desumersi che, al momento del ricovero, ed in ragione dei riscontri clinici immediatamente allo stesso successivi, non è stata rinvenuta, in capo al paziente, la presenza - ad esclusione della candida - di quei batteri multiresistenti (acinetobacter e ### pneumoniae) che hanno poi concorso, unitamente ad altri fattori, a cagionarne il decesso. 
Sul punto, invero, è lo stesso CTU dott. ### a ribadire, a verbale d'udienza del 9.9.2025, che “ in data ### il paziente è stato sottoposto a broncoaspirato presso l'### del ### e ( dallo stesso, ndr) risultava “ assenza di crescita”, che equivale ad escludere la presenza di batteri, ad esclusione della candida; così come nel referto del 8.7.2020”; orbene, esso specialista ha precisato ( v. pag. 9 della ctu) che la diffusione dell'### baumanii “ nelle unità di terapia intensiva è stata attribuita alla colonizzazione del personale sanitario, alla contaminazione delle attrezzature mediche e delle soluzioni per nutrizione parenterale”, così come “ le infezioni da ### sono particolarmente diffuse in ambito ospedaliero” ( v. pag. 10 della ctu). 
Deve dirsi, allora, che le controdeduzioni sul punto sollevate dai periti della resistente Asl non sono idonee, ad avviso di chi scrive, a superare le risultanze dei dati clinici obiettivi di cui appena detto; peraltro, non può non evidenziarsi che, da un lato, nella stessa relazione di parte ci si limita a dedurre ( v. pag. 27) che i citati batteri sarebbero di “ verosimile provenienza endogena”, dall'altro, come sopra indicato, lo stesso dott. ### alla cenata udienza del 9.9.2025, ha chiarito che, in ogni caso, la valutazione della natura endogena degli stessi ( presumibilmente legata alla presenza di un ascesso parafaringeo), si fonda comunque su una percentuale del 60 %. 
In ragione di tutto quanto detto, dunque, alcun dubbio sussiste, ad avviso di chi scrive, in ordine alla responsabilità della struttura sanitaria in cui il de cuius è stato ricoverato. 
Su questo ultimo punto, invero, è noto che la legge ### (art. 1) richiama l'art. 32 della ### sottolineando l'importanza della sicurezza delle cure come parte integrante del diritto alla salute; in questo contesto, dunque, la sicurezza non si limita più al solo "rischio clinico" legato alle attività propriamente cliniche, ma si estende a tutte le attività sanitarie, socio-sanitarie, assistenziali, organizzative e gestionali connesse. 
Ancora, le direttive della ### mondiale della ### hanno definito le infezioni correlate all'assistenza come "infezioni che si possono contrarre durante il ricovero in ospedale o la permanenza in una struttura sanitaria" (###; nondimeno, i criteri per identificare un'infezione come nosocomiale includono il criterio temporale, integrato dal numero di giorni trascorsi dal paziente in ambiente ospedaliero, il criterio topografico, fondato sulla insorgenza dell'infezione nel sito chirurgico interessato dall'intervento, e il criterio clinico, legato alla specificità dell'infezione e alla verifica dell'avvenuta adozione ( o meno) di misure di prevenzione necessarie. 
Ciò premesso, quanto alla individuazione del regime di responsabilità ascrivibile alla struttura nosocomiale, la giurisprudenza di legittimità di legittimità ha da tempo chiarito che la responsabilità della stessa per le infezioni nosocomiali non è di natura oggettiva; essa struttura, però, per essere dichiarata esente da responsabilità ha l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele previste dalle normative vigenti per prevenire l'insorgenza di patologie infettive e di aver applicato i protocolli di prevenzione nel caso specifico. 
Di contro, il paziente ha l'onere di provare il nesso di causalità tra l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie) e la riconducibilità dello stesso alla insorgenza di patologie di natura nosocomiale, incombendo sulla struttura l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele previste per prevenire l'insorgenza di patologie infettive. 
È quanto, in sostanza, recentissimamente ribadito dalla ### corte ( v. Cass., sent.  6386/2023 del 3 marzo 2023), la quale, in primo luogo, ha precisato che il diritto di richiedere il risarcimento dei danni causati dall'infezione dà la stura ad un'azione ( spiegata contro la struttura ospedaliera) di sicura natura extracontrattuale; nondimeno, nel pieno rispetto del criterio di ripartizione della prova in materia di illecito aquiliano, resta onere della struttura quello di dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni necessarie a prevenire o quantomeno mitigare il rischio infettivo: si va, in sostanza, dai protocolli di sterilizzazione degli ambienti, alla disinfezione della biancheria, dallo smaltimento dei rifiuti, alla distribuzione di cibi e bevande, dalla conservazione dei disinfettanti alla manutenzione degli impianti di condizionamento, dall'attivazione dei sistemi di sorveglianza, alle limitazioni in tema di accesso dei visitatori, dal controllo della salute del personale sanitario, alla congruità del rapporto numerico medico paziente e ancora molti altri adempimenti che devono essere rispettati. 
Con l'ulteriore precisazione che, in detta evenienza, la prova liberatoria non è soddisfatta dalla mera astratta previsione di queste misure e di questi protocolli, ma dalla dimostrazione, in concreto, dell'effettivo rispetto delle regole nel caso specifico. 
Non può, allora, non rilevarsi come, nel caso che ci occupa, siffatta prova non sia stata affatto fornita dall'Asl resistente, i cui consulenti di parte, come sopra evidenziato, si sono limitati, sul punto, ( v. pag. 25 della ctu), a citare “ i provvedimenti aziendali vigenti all'epoca dei fatti”, provvedimenti recettivi delle prassi interne sulla gestione delle infezioni ospedaliere, e, comunque, a dedurre - senza che ciò, ad avviso di chi scrive, sia stato idoneo a suffragare l'onere probatorio di cui appena detto - che “ il monitoraggio clinico microbiologico del paziente è stato costante e continuo … sulla scorta degli antibiogrammi”. 
Non è, di contro, ravvisabile alcun tipo di responsabilità, in ragione dell'espletata istruttoria, in capo al resistente ### Sul punto, si è detto che, in sede di ricorso introduttivo, gli odierni istanti deducevano che il de cuius ### si sarebbe “ affidato alle cure del dr. ### che da tempo lo seguiva sotto l'aspetto sanitario generale, ricevendo rassicurazioni sul proprio stato di salute” ( v. pag. 2 del ricorso); nondimeno, deve rilevarsi come, nel caso di specie, siffatto assunto sia rimasto del tuto destituito di sostegno probatorio, considerato che non risulta versata in atti alcuna documentazione medica attestante la sussistenza di un percorso terapeutico -antecedente al ricoveroda tale inferire in ordine ad un rapporto professionale tra il ### ( in qualità di medico privato) e il de cuius ### Né, d'altro canto, vi è la prova di un intervento terapeutico del ### nella fase successiva al ricovero, considerato che lo stesso collegio peritale ha chiarito che “ non risulta agli atti che abbia partecipato ( esso resistente, ndr) alla visite ospedaliere o sia stato convocato dai medici ospedalieri per un consulto sul caso clinico del sig. Iovine” ( v. pag.  34 della ctu). 
Ciò detto, occorre a questo punto procedere alla individuazione delle voci di danno che vanno risarcite in favore degli istanti, e cioè gli odierni ricorrenti. 
In primo luogo, essi hanno invocato ( v. pagina 11 del ricorso ) il ristoro del danno loro occorso iure proprio, inteso come danno da essi subìto in ragione della perdita del rapporto parentale, causato dal decesso del de cuius ### in secondo luogo, essi hanno invocato il ristoro del danno, iure hereditatis, a titolo di danno biologico e di danno da perdita delle chanches di sopravvivenza, entrambi occorsi al loro dante causa. 
Ciò detto, ritiene chi scrive che, in ragione di quanto di seguito precisato, soltanto la prima voce di danno possa essere risarcita nel caso di specie, con esclusione di tutte le restanti voci, e ciò per i motivi di seguito precisati. 
In via del tutto preliminare, va precisato che, secondo il Collegio peritale, “ la perdita delle chance di sopravvivenza è stata superiore al 70 %” ( v. pag. 33 della ctu); siffatta conclusione, tuttavia, non appare pienamente condivisibile, tenuto conto, a avviso di chi scrive, non solo del complessivo esame del materiale istruttorio raccolto, ma soprattutto della verifica delle condizioni cliniche del de cuius già al momento del suo ricovero ( 2.7.2020). 
Come, infatti, ribadito più volte dai consulenti della parte resistente, e vieppiù precisato dal dott. ### a verbale d'udienza del 9.9.2025, “ comunque siamo in presenza di un paziente che era epatopatico, diabetico e con una neoplasia misconosciuta, con una probabilità di morte in un soggetto normale pari al 70 %; nel caso specifico, vi sono altre morbilità che peggiorano la prognosi, in particolare la mediastinite riscontrata già al Pellegrini”; dall'altro lato, di contro, il collegio peritale collega l'incidenza dei due batteri nosocomiali ( ### e acinetobacter) all'evento morte secondo una percentuale superiore al 70 %, tano che, sempre a verbale d'udienza del 9.9.025, lo specialista infettivologo dott. ### ribadisce che “ la ### ha avuto un effetto determinante della morte”. 
Orbene, in ragione di tutto quanto detto, ritiene chi scrive che, nel caso di specie, non possa non tenersi conto, ai fini del computo della percentuale di incidenza dei batteri nosocomiali sull'evento morte, delle pregresse, gravi, condizioni del paziente già al momento del ricovero; trattavasi, in sostanza, di un soggetto affetto da epatopatia, diabete e nefropatia, cui sono da aggiungersi le due più gravi complicanze della fascite necrotizzante e della mediastinite, per cui, ad avviso di chi scrive, può concludersi nel senso che, rispetto al decesso, l'insorgenza delle infezioni nosocomiali abbia avuto un'incidenza nel limite del 50 %, di tal che le pregresse condizioni del paziente hanno inciso sull'evento morte nella misura del 50 %. 
Ciò premesso, venendo ad esaminare le voci di danno risarcibili, chi scrive aderisce ad un orientamento, ormai consolidato presso la giurisprudenza di legittimità, e ribadito in una recente e articolata sentenza della S. C. ( v. Cass. n. 26851/2023), secondo il quale, in ipotesi - come quella in esame - di condotta colpevole del sanitario, cui sia conseguita la perdita anticipata della vita - perdita che si sarebbe comunque verificata, sia pur in epoca successiva, per la pregressa patologia del paziente - non è concepibile, né logicamente né giuridicamente, un danno da ‘perdita anticipata della vita' trasmissibile iure successionis, non essendo predicabile, nell'attuale sistema della responsabilità civile, la risarcibilità del danno tanatologico; infatti, secondo il ###, causare la morte di una persona non comporta a favore di quest'ultima un diritto al risarcimento del danno per aver perso la vita anticipatamente rispetto alle prospettive statistiche di durata della vita o rispetto a quelle fornite dalla scienza medica. 
Di contro, in tale ipotesi, è possibile risarcire il danno da perdita anticipata della vita, con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, rappresentato dal pregiudizio da minor tempo vissuto dal congiunto; per detta voce di danno, in ipotesi di morte del paziente dipendente ### dall'errore medico, qualora l'evento risulti riconducibile alla concomitanza di una condotta umana e di una causa naturale, l'autore del fatto illecito risponde in toto dell'evento eziologicamente riconducibile alla sua condotta, in base ai criteri di equivalenza della causalità materiale, potendo l'eventuale efficienza concausale dei suddetti eventi naturali rilevare esclusivamente sul piano della causalità giuridica, ai sensi dell'art. 1223 È possibile, dunque, riconoscere un danno da perdita anticipata della vita, con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, definendolo come il pregiudizio da minor tempo vissuto ( danno da perdita anticipata del rapporto parentale), ovvero da valore biologico relazionale residuo di cui non si è fruito, correlato al periodo di tempo effettivamente vissuto. 
Siffatta limitazione, invero, discende da un ormai consolidato avviso della giurisprudenza di legittimità, secondo cui ( v. SS. UU. n. 15350/2015), “perché la perdita del bene giuridico possa costituire un danno risarcibile, è necessario che sia riferibile a un soggetto legittimato a far valere il credito risarcitorio. Nel caso di morte (perdita del bene vita) la non risarcibilità deriva (non dalla natura personalissima del diritto leso, come ritenuto da Cass. n. 6938 del 1998, poiché, come esattamente rilevato dalla sentenza n. 4991 del 1996, ciò di cui si discute è il credito risarcitorio, certamente trasmissibile), ma dalla assenza di un soggetto al quale, nel momento in cui si verifica, sia collegabile la perdita stessa e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito”. 
Orbene, non vi è dubbio che il principio citato per il quale, ai fini del risarcimento del danno, è necessaria l'esistenza di un soggetto creditore che, tuttavia, nel caso della perdita del bene “vita” non esiste più, possa essere esteso anche al danno da perdita di chance di sopravvivenza, poichè tali considerazioni “debbono indubitabilmente valere anche per la perdita della possibilità di rimanere in vita: anche tale perdita, infatti, si realizza solo con la morte del soggetto e, anzi, a ben vedere, non pare poter essere realmente distinta dalla perdita della vita” ( v. Trib. Milano, sent. del 3.12.2022, Sez. I): e quanto sopra appare condivisibile anche perchè, ove si ammettesse la trasmissibilità agli eredi del risarcimento della perdita della possibilità di sopravvivere del paziente, a fortiori dovrebbe essere risarcita la perdita della certezza di sopravvivere, che altro non è, per l'appunto, che il diritto alla vita. 
Ne consegue, allora, che, nell'ipotesi di un paziente che, al momento dell'introduzione della lite, sia già deceduto - come nel caso che ci occupa -, sono concepibili e risarcibili iure hereditario, i danni conseguenti alla condotta del medico che abbia causato la perdita anticipata della vita del paziente (determinata nell'an e nel quantum), come danno biologico differenziale (peggiore qualità della vita effettivamente vissuta), considerato nella sua oggettività, e come danno morale da lucida consapevolezza della anticipazione della propria morte, eventualmente predicabile soltanto a far data dall'altrettanto eventuale acquisizione di tale consapevolezza in vita, solo se allegati e provati, il che, di contro, non si ravvisa in alcun modo nell'ipotesi di specie. 
Tutto ciò premesso quanto alle voci di danno risarcibili nella vicenda in oggetto, deve dirsi che, con riguardo al danno risarcibile iure proprio in favore dei ricorrenti, e cioè del danno da perdita anticipata del rapporto parentale, rappresentato dal pregiudizio da minor tempo vissuto dal congiunto, non vi è dubbio che il fatto di cui è causa presenta oggettivamente gli estremi del reato - colposo(cfr. Cass., 17/9/2010, n. 19816), e, come le ### del 2008 hanno avuto modo di affermare, nell'ipotesi in cui il fatto illecito si configura (anche solo astrattamente: v. già Cass., Un., 6/12/1982, n. 6651) come reato, il danno non patrimoniale sofferto dalla persona offesa e dagli ulteriori eventuali danneggiati (nel case di illecito plurioffensivo: v. Cass. 4186 del 1998; Cass., Sez. Un., n. 9556 del 2002) è risarcibile nella più ampia accezione di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica, giacché in tal caso, superato il tradizionale orientamento che limitava il risarcimento al solo danno morale soggettivo, identificato con il patema d'animo transeunte, ed affermata la risarcibilità del danno non patrimoniale nella sua più ampia accezione, anche il pregiudizio non patrimoniale consistente nel non poter fare (ma sarebbe meglio dire: nella sofferenza morale determinata dal non poter fare) è risarcibile (cosi Cass., 11/11/2008, n. 26972). 
Va ancora ribadito che il danno non patrimoniale iure proprio del congiunto, è ristorabile non solo in caso di perdita ma anche di mera lesione del rapporto parentale (cfr., con riferimento al danno morale in favore dei prossimi congiunti della vittima di lesioni colpose, v. Cass., 3/4/2008, n. 8546; Cass., 14/6/2006, n. 13754; Cass., 31/5/2003, n. 8827; Cass., Sez. Un., 1/7/2002, n. 9556; Cass., 1/12/1999, n. 13358). 
Da ultimo, in questa direzione, la S. C. ha precisato che “al prossimo congiunto di persona che abbia subito lesioni a causa di fatto illecito costituente reato spetta il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto in conseguenza di tale evento, dovendo ai fini della liquidazione del relativo ristoro tenersi in considerazione la sofferenza (o patema d'animo) anche sotto il profilo della sua degenerazione in obiettivi profili relazionali; la prova di tale danno può essere data anche con presunzioni” ( v. Cass7844/2011). 
Il danno da perdita del rapporto parentale si collega, invero, non già alla lesione del diritto costituzionale alla salute tutelato dall'art. 32 Cost., ma alla dimensione dinamicorelazionale della persona lesa dalla perdita della persona cara e, dunque, al vuoto “esistenziale” lasciato dalla scomparsa di un componente del nucleo familiare, con conseguente offesa di diritti e principi di rango costituzionale; esso va al di là del crudo dolore che la morte in sè di una persona cara provoca nei prossimi congiunti che le sopravvivono, concretandosi esso nel vuoto costituito dal non potere più godere della presenza e del rapporto con chi è venuto meno e perciò nell'irrimediabile distruzione di un sistema di vita basato sull'affettività, sulla condivisione, sulla rassicurante quotidianità dei rapporti tra stretti congiunti, nel non poter più fare ciò che per anni si è fatto, nonchè nell'alterazione che una scomparsa del genere inevitabilmente produce anche nelle relazioni tra i superstiti (cfr. Cass. civ. 31.05.2003, nn. 8827 e 8828; Corte cost. 11.07.2003 n. 233; Cass. civ. sez. un. 11.11.2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975). 
Nella giurisprudenza della ### si evidenzia la necessità di dare adeguata risposta all'esigenza di ristoro fatta valere dai prossimi congiunti della vittima primaria, che hanno perso, in conseguenza della morte di una persona, la possibilità di godere del rapporto parentale con la persona stessa in tutte le sue possibili modalità attuative (Cass. civ.  6754/2011). 
In punto di diritto, per quanto riguarda il coniuge e i figli del de cuius, si evidenzia che, in tema di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, la sussistenza di effettivi rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il congiunto è assistita da una presunzione "iuris tantum", fondata sulla comune appartenenza al medesimo "nucleo familiare minimo", che può essere superata dalla prova contraria fornita dal convenuto -nella fattispecie non fornita(cfr. Cass. civ. Sez. 3, Sent. n. 9010 del 21.03.2022). 
Riconosciuta, dunque, la legittimazione attiva sostanziale dei ricorrenti, in punto di liquidazione dello stesso si evidenzia che, in mancanza di parametri di quantificazione analitica, il danno da perdita del rapporto parentale, così come altre ipotesi di danno non patrimoniale, è liquidabile esclusivamente mediante il ricorso a criteri equitativi a norma del combinato disposto degli artt. 1226 e 2056 Proprio per assicurare l'esigenza di uniformità di trattamento in situazioni analoghe e, quindi, di certezza del diritto, sono state predisposte delle ### che individuano parametri uniformi per la liquidazione del danno non patrimoniale. ### ha avuto modo di affermare che le tabelle per la liquidazione del danno alla persona predisposte dal ### di Milano sono munite di efficacia para-normativa in quanto concretizzano il criterio della liquidazione equitativa di cui all'art. 1226 c.c (cfr .Cass. Sez. Sent. n. 8532 del 06.05.2020). Inoltre la ### di recente ha espresso il principio per cui in tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul "sistema a punti", che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella (cfr. Cass. Sez. 3, Sent. n. 10579 del 21.04.2021 e Cass. civ. sez. VI, 23.06.2022 n.20292). 
Nel 2022 l'### sulla Giustizia civile di ### ha aggiornato i criteri orientativi già elaborati per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla perdita di rapporto parentale in seguito all'orientamento recentemente espresso dalla ### di Cassazione nella sentenza n. 10579/2021; i parametri delle ### di ### sono poi stati aggiornati nell'anno 2024. 
Le tabelle del ### di ### del 2024, che fanno riferimento ad un valore punto, pari a € 3.911,00 nel caso di perdita di genitori, figli, coniuge non separato, parte dell'unione civile e convivente di fatto, pari invece a € 1.698,00 nel caso di perdita di fratelli/nipoti; fanno, inoltre, riferimento a cinque parametri (l'età della vittima primaria, l'età della vittima secondaria; la convivenza tra le due; la sopravvivenza di altri congiunti del nucleo familiare primario del de cuius nel primo caso e di altri congiunti entro il secondo grado nel secondo caso; la qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta). Partendo dal valore punto, i punti totali attribuibili sono 118 per la tabella relativa alla perdita di genitori/figli/coniuge/assimilati, e di 116 per la tabella relativa alla perdita di fratelli/nipoti, con una soglia non superabile (“cap”) di € 391.103,18 per la prima e di € 169.830,60 per la seconda. La distribuzione dei punti avviene tenendo conto dei parametri in precedenza richiamati: a. età della vittima primaria: sono distribuiti un massimo di 28 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico-relazionale); b. età della vittima secondaria: sono distribuiti un massimo di 28 punti come sopra; c. convivenza: sono attribuiti 16 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico relazionale) se le due vittime convivevano; mentre, vengono assegnati 8 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico relazionale) qualora le due vittime, benché non conviventi, abitino nello stesso stabile o complesso condominiale; d. sopravvivenza di altri congiunti: fino a 16 punti per danno non patrimoniale presumibile (sofferenza interiore e dinamico relazionale); e. qualità e intensità della relazione affettiva: sino a 30 punti. 
Per come sottolineato dalla S.C.: “La pubblicazione di due tabelle con una differente distribuzione di punti consente altresì di diversificare i criteri relativi alla perdita del parente di primo grado e coniuge/assimilati e quelli previsti per i parenti di secondo grado. Inoltre, emerge che, dei cinque parametri considerati ai fini della distribuzione a punti, quattro hanno natura oggettiva - e sono quindi dimostrabili - in guisa, va peraltro specificato, di presunzioni semplici, che consentono sempre la prova contraria - anche con documenti anagrafici, mentre il quinto ha natura soggettiva e riguarda sia gli aspetti dinamico relazionali (stravolgimento della vita della vittima secondaria in conseguenza della perdita) sia quelli da sofferenza interiore — entrambi, va ancora precisato, da allegare e provare, anche con presunzioni, non essendo predicabile, nel sistema della responsabilità civile, l'esistenza di una fattispecie di danno in re ipsa” (Cass. civ., ord. n. ### del 16.12.2022; Cass. s.u. ###/2022). Quanto alla qualità della relazione affettiva, va precisato che tale indicatore si basa oltre che su quanto desumibile dai parametri già esaminati, anche su altri elementi, quali la frequenza dei contatti, la condivisione delle festività, delle vacanze, di hobby, sull'eventuale assistenza sanitaria/domestica e anche sull'agonia patita dalla vittima primaria, laddove essa determini una maggiore sofferenza nella vittima secondaria. Alla fine, si sommano i punti attribuiti in base alle circostanze presenti nella fattispecie concreta e si ottiene il totale, poi si moltiplica il totale dei punti per il valore punto, giungendo così all'importo monetario. 
Ebbene, in applicazione delle predette nuove “tabelle milanesi integrate a punti” si devono riconoscere ai ricorrenti, per tale voce di danno, le seguenti somme: A ### - moglie del de cuius ### cinquantatrenne alla data del decesso del marito e con questi convivente ( v. stato di famiglia versato in atti) - spetta un importo pari al 50 % di € 320.702,00 (82 punti x € 3.911,00) - pari ad euro 160.351,00 -, essendo calcolati i seguenti punti: - Punti 18 in considerazione dell'età della vittima primaria, avente 54 anni alla data del decesso (lett. A della Tabella); - Punti 18 in considerazione dell'età della vittima secondaria, avente 53 alla data del decesso del marito (lett. B della Tabella); - Punti 16 tenuto conto del rapporto di convivenza con la vittima (lett. C della Tabella); - Punti 0 in considerazione della sopravvivenza di più di n. 3 superstiti del nucleo familiare primario (lett. D della Tabella); - Punti 30 in considerazione della qualità e intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale perduto (lett. E della Tabella). La stessa, difatti, viveva con il marito al momento del decesso di ### A ### - figlia del de cuius ### ventiduenne alla data del decesso del padre e con questi convivente ( v. stato di famiglia versato in atti) - spetta un importo pari al 50 % di a € 344.168,00 (88 punti x € 3.911,00) - pari ad euro 172.084,00 -, essendo calcolati i seguenti punti: - Punti 18 in considerazione dell'età della vittima primaria, avente 54 anni alla data del decesso (lett. A della Tabella); - Punti 24 in considerazione dell'età della vittima secondaria, avente 22 anni alla data del decesso del padre (lett. B della Tabella); - Punti 16 tenuto conto che conviveva con la vittima (lett. C della Tabella); - Punti 0 in considerazione della sopravvivenza di più di n. 3 superstiti del nucleo familiare primario (lett. D della Tabella); - Punti 30 in considerazione della qualità e intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale perduto (lett. E della Tabella); emerge, infatti, che, al momento del decesso, la stessa viva unitamente al padre ( v. stato di famiglia in atti), A ### - figlio del de cuius ### ventenne alla data del decesso del padre e con questi convivente ( v. stato di famiglia versato in atti) - spetta un importo pari al 50 % di a € 351.990,00 (90 punti x € 3.911,00) - pari ad euro 175.995,00 -, essendo calcolati i seguenti punti: - Punti 18 in considerazione dell'età della vittima primaria, avente 54 anni alla data del decesso (lett. A della Tabella); - Punti 26 in considerazione dell'età della vittima secondaria, avente 20 alla data del decesso del padre (lett. B della Tabella); - Punti 16 tenuto conto che conviveva con la vittima (lett. C della Tabella); - Punti 0 in considerazione della sopravvivenza di più di n. 3 superstiti del nucleo familiare primario (lett. D della Tabella); - Punti 30 in considerazione della qualità e intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale perduto (lett. E della Tabella); emerge, infatti, che, al momento del decesso, la stessa viva unitamente al padre ( v. stato di famiglia in atti). 
Ne discende che, in ragione di quanto detto, a ### spetta la somma di euro 160.351,00, oltre interessi legali codicistici sulla somma devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata secondo l'indice istat, dalla data della morte del de cuius ( 5.9.2020) a quella di pubblicazione della sentenza, in applicazione del principio giurisprudenziale affermato dalle ### della ### di Cassazione nella sentenza.  1712 del 1995, - il tutto pari ad € 176.273,89-, oltre ulteriori interessi legali da detta data di pubblicazione al soddisfo sulla somma di € 176.273,89. Non va invece riconosciuta la svalutazione monetaria in quanto la predetta stima dei danni è avvenuta all'attualità, ovvero con riferimento al loro valore attuale. 
A ### n. q. di erede quale figlia di ### spetta la somma di euro 172.084,00, oltre interessi legali codicistici sulla somma devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata secondo l'indice istat, dalla data della morte del de cuius ( 5.9.2020) a quella di pubblicazione della sentenza, in applicazione del principio giurisprudenziale affermato dalle ### della ### di Cassazione nella sentenza. n. 1712 del 1995, - il tutto pari ad € 189.172,00-, oltre ulteriori interessi legali da detta data di pubblicazione al soddisfo sulla somma di € 189.172,00. Non va invece riconosciuta la svalutazione monetaria in quanto la predetta stima dei danni è avvenuta all'attualità, ovvero con riferimento al loro valore attuale; A ### n. q. di erede quale figlio di ### spetta la somma di euro 175.995,00, oltre interessi legali codicistici sulla somma devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata secondo l'indice istat, dalla data della morte del de cuius ( 5.9.2020) a quella di pubblicazione della sentenza, in applicazione del principio giurisprudenziale affermato dalle ### della ### di Cassazione nella sentenza. n. 1712 del 1995, - il tutto pari ad € 193.471,36-, oltre ulteriori interessi legali da detta data di pubblicazione al soddisfo sulla somma di € 193.471,36. Non va invece riconosciuta la svalutazione monetaria in quanto la predetta stima dei danni è avvenuta all'attualità, ovvero con riferimento al loro valore attuale; Venendo alla regolamentazione delle spese di lite, va detto, in primo luogo, che il procuratore delle parti ricorrenti ha invocato, a verbale d'udienza del 16.9.2025, l'applicazione della maggiorazione dei compensi, in applicazione dell'art. 4 n. 2 del DM 55/2014, avendo svolto l'attività difensiva per più parti processuali: siffatta richiesta, ad avviso di chi scrive, è fondata e va accolta, tuttavia nei soli limiti di seguito precisati. 
Sul punto, invero, il giudice di legittimità ha da tempo chiarito che la fattispecie di cui al riferito comma 2 dell'art. 4 del decreto n. 55/2014 sui parametri, si riferisce all'ipotesi di pluralità di soggetti aventi nello stesso processo una posizione giuridica, sostanziale e processuale, comune (Cass. 13 dicembre 1993, n. 11203); identità di “posizione processuale” vuol dire identità di petitum e di causa petendi, come può avvenire nei giudizi di divisione o tra coeredi costituiti in giudizio (Cass. 3 aprile 1969, n. 1101), ovvero quando più parti richiedono un identico provvedimento. 
Si è precisato, tuttavia, che l'aumento del compenso per l'avvocato che assiste più parti, peraltro, rientra nel potere discrezionale del giudice, il cui mancato esercizio non è denunciabile in sede di legittimità, se motivato (Cass. 26 agosto 2015 n. 17147); è demandato, quindi, al potere discrezionale del giudice di merito stabilire, di volta in volta, l'aumento dell'unico onorario, in caso di assistenza e difesa di più parti ( o contro più parti) aventi la stessa posizione processuale ( 31 agosto 2018 n. 21495), e ciò considerato che l'applicazione della maggiorazione per l'assistenza e difesa di ogni altro soggetto oltre il primo costituisce l'esercizio di un potere discrezionale da parte del giudice (in quanto la legge dispone che il giudice “può”), che, solo se viene esercitato, come ogni altro potere discrezionale in tema di liquidazione di spese processuali, richiede specifica motivazione. 
Ciò detto, venendo al caso di specie, ritiene chi scrive che, in relazione al giudizio de quo, sia giustificata l'applicazione della maggiorazione del compenso ex art. 4 n. 2 DM 55/2014 per avere il procuratore istante prestato la propria attività professionale in sede ###favore di più parti; invero, in ragione di un complessivo esame degli atti processuali ( in particolare, il ricorso introduttivo, la documentazione versata in atti nonché le risultanze dell'espletata istruttoria), emerge inequivocamente la sussistenza di una condizione tale da ritenere dette parti portatrici di posizioni giuridiche differenti ( infatti, da un lato vi è la posizione della ricorrente ### moglie convivente con il de cuius ### al momento della di lui morte, dall'altra quella dei due figli conviventi con il de cuius al momento della di lui morte); vi è dunque la prova, ex actis, della circostanza per cui la difesa delle distinte parti abbia comportato, da parte del loro procuratore, la necessità di affrontare questioni giuridiche differenti ed ultronee, con conseguente aggravio dell'attività procuratoria dagli stessi espletata. 
Per quanto detto, i compensi vanno liquidati, tenuto conto della materia trattata, della complessità del giudizio - sviluppatosi in numerose udienze - e dell'attività procuratoria complessivamente svolta, nonché in ragione dell'entità della somma liquidata a titolo risarcitorio, in applicazione di un valore ricompreso tra i valori medi e quelli massimi previsti per lo scaglione di riferimento ( cause di valore da euro 520.000,00 ad euro 1.000.000,00), secondo il criterio del decisum, oltre una maggiorazione del 30 % per la parte oltre la prima, ex art. 4 n. 2 DM 55/2014 ( modificato dal DM 147/2022), da intendersi, qui, come parti, quelle portatrici di interessi omogenei ( dunque, la moglie convivente, da un lato, e i figli conviventi dall'altro). 
In ordine alle spese vive, parte ricorrente ha invocato il rimborso delle spese sostenute per la consulenza di parte in favore del dott. ### nella misura di euro 2.000,00, così come risulta dall'esborso effettivamente erogato in favore del cennato ctp giusta bonifico bancario del 13.9.2023. 
Ora, sul punto, è noto che, secondo il giudice di legittimità, le spese sostenute per la consulenza tecnica di parte, la quale ha natura di allegazione difensiva tecnica, rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate ( v. Cass. ord. n. ###/2019); nondimeno, ai sensi del comma 1 dell'art. 92 cpc, è facoltà del giudice di merito escludere la ripetizione delle somme a tale titolo versate se ritenute eccessive o superflue ( v. Cass. ord. n. 13799/2022), in relazione all'attività effettivamente svolta dal consulente di parte. 
Peraltro, quanto alla richiesta di rimborso delle spese stragiudiziali sostenute, si osserva, come chiarito anche di recente dalla giurisprudenza, che, se la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio, le spese legali sostenute nella fase precedente all'instaurazione del giudizio divengono una componente del danno da liquidare e come tali devono essere chieste e liquidate, sotto forma di spese vive o spese giudiziali (così Cass., 2.2.2006, n. 2275 e Cass., 21.01.2010, n. 997), da valutare tuttavia in relazione alla loro necessità e giustificazione in funzione dell'attività di esercizio stragiudiziale del diritto al risarcimento. 
Ciò premesso, venendo al caso di specie, tenuto conto dell'attività svolta del cennato ctp dott.  ### ( redazione della ctp versata in atti), ritiene chi scrive che, in applicazione del comma 1 dell'art. 92 cpc, debba essere rimborsata la somma di euro 2.000,00, ritenuta oggettivamente congrua rispetto all'attività svolta nell'interesse della parte ricorrente. 
Le spese dell'espletata ctu medico-legale vanno poste definitivamente a carico della resistente soccombente. 
Quanto ai rapporti tra resistente ### 1, da un lato, e ricorrenti ###### e ### dall'altro, le spese di lite vanno integralmente compensate, in ragione delle motivazioni fondanti il rigetto della domanda dagli stessi spiegata, ancorate e limitate all'accertamento del difetto di prova della rispettiva qualità di erede, senza verifica della fondatezza della domanda quanto all'accertamento del profilo sostanziale relativo alla colpa medica. 
Nondimeno, allo stesso modo le spese di lite vanno compensate nei rapporti tra la resistente ### 1, da un lato, e ### n. q. di genitore esercente la potestà sulla figlia minore ### dall'altro, stante la natura meramente processuale della pronuncia di difetto di legittimazione attiva in capo ad essa ricorrente. 
Nulla sulle spese nei rapporti tra i ricorrenti e resistente ### stante la contumacia di detto resistente.   P.Q.M.  1) Accoglie in parte la domanda spiegata dai ricorrenti e, per l'effetto, condanna la ### 1 Centro, in pers. del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore di ### della somma di euro 160.351,00, oltre interessi legali codicistici sulla somma devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata secondo l'indice istat, dalla data della morte del de cuius ( 5.9.2020) a quella di pubblicazione della sentenza, in applicazione del principio giurisprudenziale affermato dalle ### della ### di Cassazione nella sentenza. n. 1712 del 1995, - il tutto pari ad € 176.273,89-, oltre ulteriori interessi legali da detta data di pubblicazione al soddisfo sulla somma di € 176.273,89; 2) Condanna la ### 1 Centro, in pers. del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore di ### n. q. di erede quale figlia di ### della somma di euro 172.084,00, oltre interessi legali codicistici sulla somma devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata secondo l'indice istat, dalla data della morte del de cuius ( 5.9.2020) a quella di pubblicazione della sentenza, in applicazione del principio giurisprudenziale affermato dalle ### della ### di Cassazione nella sentenza. n. 1712 del 1995, - il tutto pari ad € 189.172,00-, oltre ulteriori interessi legali da detta data di pubblicazione al soddisfo sulla somma di € 189.172,00; 3) Condanna la ### 1 Centro, in pers. del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore di ### n. q. di erede quale figlio di ### della somma di euro 175.995,00, oltre interessi legali codicistici sulla somma devalutata alla data del fatto ed annualmente rivalutata secondo l'indice istat, dalla data della morte del de cuius ( 5.9.2020) a quella di pubblicazione della sentenza, in applicazione del principio giurisprudenziale affermato dalle ### della ### di Cassazione nella sentenza. n. 1712 del 1995, - il tutto pari ad € 193.471,36-, oltre ulteriori interessi legali da detta data di pubblicazione al soddisfo sulla somma di € 193.471,36; 4) Dichiara il difetto di legittimazione attiva in capo ### n. q. di genitore esercente la potestà sulla figlia minore ### 5) Rigetta la domanda spiegata da ### in proprio e n. q. di moglie convivente di #### in proprio e n. q. di erede di #### in proprio e n. q. di erede di ### nonché ###### e ### tutti in proprio e n. q. di eredi di ### nei confronti di ### 6) Rigetta la domanda spiegata, nei confronti dell'### 1 Centro, da ###### e ### tutti in proprio e n. q. di eredi di ### 7) Condanna la ### 1 Centro, in pers. del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore di ### in proprio e n. q. di moglie convivente di #### in proprio e n. q. di erede di #### in proprio e n. q. di erede di ### delle spese di lite, che si liquidano, unitariamente, in euro 2.048,80 per spese vive (euro 2.000,00 per spese di ctp ed euro 48,80 per oneri di mediazione) ed euro 47.439,60 per compensi, oltre rimb. forf. del 15 % sui compensi, oltre iva e cpa; 8) Compensa integralmente tra le spese di lite nei rapporti tra ### 1, da un lato, e ricorrenti ####### e ### n. q. di genitore esercente la potestà sulla figlia minore ### dall'altro; 9) Nulla sulle spese nei rapporti tra ### in proprio e n. q. di moglie convivente di #### in proprio e n. q. di erede di ### nonché n. q. di genitore esercente la potestà genitoriale sulla figlia minore #### in proprio e n. q. di erede di ### nonché ###### e ### tutti in proprio e n. q. di eredi di ### - da un lato, e resistente ### - dall'altro; 10) Pone definitivamente a carico della resistente ### 1 Centro, in pers. del legale rapp.te p.t., le spese dell'espletata #### 17.9.2025 

Il giudice
Dott. ### n. 4977/2023


causa n. 4977/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Scarpati Angelo

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