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N. 165/2020 R.G. CORTE DI APPELLO DI MESSINA Prima Sezione Civile REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Messina, ###, riunita in camera di consiglio, composta dai sigg.ri magistrati: Dott. ####ssa ### relatore ha emesso la seguente ### causa civile iscritta al n. 165/2020 R.G.: giudizio di rinvio ex art. 392 c.p.c. a seguito sentenza n. ###/2019 depositata in data ### della Suprema Corte di Cassazione di annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Messina, della sentenza 435/2014 dell'8.05.2014, pubblicata in data ### (nell'ambito del giudizio iscritto al 223/2008 NRG). vertente: TRA ### (quale erede di ### nata a #### il ### (C.F.: ###) e residente ###, elettivamente domiciliat ###, presso lo studio degli avv.ti ### (C.F.: ### - #### - ####) e ### (C.F.: ### - #### - Fax: ###) che la rappresentano e difendono giusta procura in atti; Attrice in riassunzione (già appellante)- c o n t r o ### nata a ### il ### CF ### rappresentata e difesa dall'Avv. ### del foro di ### (#####) per procura speciale in calce al presente atto ed elettivamente domiciliato in #### n° 54, pec ###; Convenuta in riassunzione (già appellata) ### nato a ### il ### e residente in ### del ### 2/C ##### rappresentato e difeso da se stesso ed elettivamente domiciliato in #### n° 54, pec ###; Convenuto in riassunzione (già appellato) ### nata a ### il ### e residente in ### 54 CF ### rappresentata e difesa dall'Avv. ### del foro di ### (#####) per procura speciale in calce al presente atto ed elettivamente domiciliata in #### n° 54, pec ### Convenuta in riassunzione (già appellata) ### nata a ### il ### e residente in ##### rappresentata e difesa da se stessa, nonché per procura in calce al presente atto dall'Avv. ### del foro di ### e ed elettivamente domiciliata in #### n° 54, pec ### Convenuta in riassunzione (già appellata) ### nata a ### il ### (c.f. ###) rappresentata e difesa dall'avv. ### (c.f. ###) giusta procura rilasciata in atti (nuovo procuratore costituito con comparsa del 29.11.2021, a seguito rinuncia al mandato del precedente procuratore, Avv. ###, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in ### via ### n. 50; Convenuta in riassunzione (già appellata) E nei confronti di: ### n.q. di amministratore pro tempore del ### di #### n. 54, con studio in ####. ### Convenuto in riassunzionecontumace (già appellato) ### nata a ### il ### (C.F.: ###) e residente ###; Convenuto in riassunzionecontumace (già appellata) ### nata a ### l'11.06.1950 (C.F.: ###) in proprio e nella qualità di erede di ### ved. ### residente ###/18; Convenuta in riassunzione-contumace (già appellante) Conclusioni dei procuratori delle parti Per la ricorrente in riassunzione ### “1) ritenere ammissibile l'appello avanzato da ### e, facendo ciò che avrebbe dovuto fare il Tribunale, 2) rigettare la denuncia di nuova opera proposta il 7 aprile 2001; 3) conseguentemente e per l'effetto, in accoglimento della domanda riconvenzionale, ritenere e dichiarare il diritto della ### nella qualità di erede di ### ad eseguire i lavori per l'installazione dell'ascensore; 4) in via istruttoria, ritenere valida ed efficace la produzione della delibera condominiale del 19 Aprile 2001 o, in subordine, ammetterne la produzione quale prova nuova indispensabile ex art. 345 co. 3 c.p.c. ; 5) emettere ogni altra statuizione necessaria e/o conseguenziale; 6) con vittoria di spese e compensi di tutti i gradi del giudizio (anche di legittimità) e restituzione di quanto pagato dalla ### in favore delle controparti in esito alla sentenza n.230/2008 del 30.1.2008 del Tribunale di ### confermata dalla sentenza d'appello che ha posto a carico della ### pure le spese di #### ogni altro diritto” Per i resistenti in riassunzione ###### “1) Accertare il giudicato formatosi in relazione alle posizioni dei signori ##### e ### e confermare la sentenza di primo grado per ### S.p.A. ### 3 Serial#: 2dadfd582e37a867e474245d3a2220b5 9 irrealizzabilità dell'ascensore nel sito individuato per violazione, in ogni caso, del disposto di cui all'art. 1102 cc, per l'impossibilità di demolire o modificare parti strutturali dell'edificio e per l'assenza di sbarchi ai piani primo e secondo; 2) Con vittoria di spese compensi di difesa del giudizio di appello, cassazione e del presente di rinvio”.
Per la resistente in riassunzione, ### “1) riformare la sentenza n° 230/2008 resa dal Tribunale di ### 2) per l'effetto consentire l'esecuzione dei lavori per l'installazione dell'ascensore all'interno del condominio di via ### n. 54 di ### 3) emettere ogni altra statuizione necessaria e/o consequenziale; 4) con vittoria di spese e compensi del presente grado di giudizio”. ### ricorso per denunzia di nuova opera, ex art. 1171 c.c., depositato il 7.04. 2001, ###### e ### chiedevano al Tribunale di ### di ordinare, inaudita altera parte, ai sigg.ri ### e ### di sospendere i lavori intrapresi nel condominio di via ### n. 54, sito in ### consistenti nella installazione di un ascensore, da edificarsi ai sensi della normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, in un piccolo cortile (rectius, cavedio) posto all'ingresso dello stabile e, conseguentemente, condannarli alla riduzione in pristino dell'androne condominiale e di tutte le altre parti eventualmente interessate dai lavori ed al risarcimento dei danni da quantificarsi in corso di causa. ###.I. con decreto sospendeva i lavori e fissava l'udienza di comparizione delle parti.
Espletato accertamento peritale, con ordinanza del 5.09.2002, veniva confermata la sospensione dei lavori e rinviata la causa per la trattazione. Tale ordinanza veniva reclamata ma il Tribunale rigettava. Nel giudizio si costituivano anche ### e ### intervenendo in giudizio, in quanto succeduti nei diritti dell'originaria ricorrente, ### All'esito di tale fase cautelare, con atto di citazione del 15.10.2002, gli originari ricorrenti (### e ### citavano in giudizio, dinanzi il Tribunale di ### gli originari resistenti per accertare la fondatezza delle domande avanzate con la denunzia di nuova opera.
Quindi, le sigg.re ### (vedova ### e ### nonché il sig. ### resistevano nel predetto giudizio, proponendo anche domanda riconvenzionale finalizzata all'accertamento del proprio diritto ad eseguire i lavori per la realizzazione dell'ascensore.
Nel corso del giudizio, le convenute #### proponevano ricorso ex 700 c.p.c., chiedendo di essere autorizzate ad eseguire in via immediata ed urgente le opere per la realizzazione dell'ascensore, la cui esecuzione era stata sospesa.
Disposta ed espletata la consulenza tecnica d'ufficio, con ordinanza del 21 settembre 2005, la domanda cautelare proposta veniva rigettata.
Tale ultima ordinanza veniva reclamata, con atto depositato il 14 ottobre 2005, dalle sigg.re ### e ### quindi, con ordinanza del 29 Novembre - 9 Dicembre 2005, il reclamo veniva dichiarato inammissibile.
Pertanto, all'udienza del 1 febbraio 2007, i procuratori delle parti precisavano le conclusioni e la causa veniva assunta in decisione con la concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche.
In data ###, il Tribunale di ####, in persona del G.M., decidendo in via definitiva sulle domande proposte da ### e ### attrici, contro ##### convenuti, e contro ### n.q., ### convenuti contumaci, nonché nei confronti di #### e ### terzi intervenuti, con sentenza n. 230/2008, depositata in cancelleria in data ###, ha deciso come segue “ ### ogni contraria istanza, eccezione e difesa …. In accoglimento delle domande degli attori dichiara che la nuova opera intrapresa da ### e ### nel condominio di via S. ### is. 304 di ### è lesiva dei diritti di proprietà degli attori e degli intervenuti aventi ad oggetto i singoli appartamenti siti nello stesso stabile; ### il provvedimento emesso dal Tribunale di ### in data 5 Settembre 2002 in esito al procedimento instaurato con ricorso depositato in data 7 Aprile 2001 nel procedimento recante n. 667/2001 R.G.; ### i convenuti ### e ### alla riduzione in pristino dell'androne condominiale e delle parti dell'edificio interessate dai lavori oggetto di sospensione; ### la domanda riconvenzionale; ### tutti i convenuti in solido a rifondere le spese di giudizio ad attori e terzi in intervento” queste ultime liquidate come da sentenza.
Avverso detta sentenza #### e ### hanno proposto appello (iscritto al NRG 223/2008) con atto del 22 Marzo 2008 (notificato il 25 Marzo 2008) deducendo, in sintesi, che la sentenza impugnata avrebbe errato a) nel qualificare come vedute vere e proprie quelle che si affacciano sul cavedio nel quale sarebbe stato allocato l'ascensore; b) nel ritenere nel caso di specie non derogabili le distanze legali di cui all'art. 907 c.c.; c) nel ritenere non utilizzabile perché tardiva la produzione della delibera condominiale del 19.04.2001; d) nel considerare che le pretese delle controparti, in una interpretazione costituzionalmente orientata della legge 13/1989, potessero prevalere sul diritto all'abbattimento delle barriere architettoniche; e) nel ritenere, infine, che la realizzazione dell'ascensore avrebbe comportato lesione dei diritti individuali di altri condomini (in relazione alla violazione delle distanze, alla compressione del diritto di veduta e al deprezzamento delle unità immobiliari interessate); chiedendo in ultimo la condanna delle controparti al pagamento delle spese del giudizio.
Con comparsa di costituzione con appello incidentale del 22.05.08 si sono costituiti in giudizio ### e ### chiedendo di: “1) in via preliminare rigettare la richiesta di inibitoria; 2) ritenere e dichiarare inammissibile l'appello proposto dalle signore ### e ### per formazione del giudicato; 3) rigettare ed in parte dichiarare inammissibile, comunque, l'appello proposto in quanto infondato in fatto e in diritto; 4) in via incidentale e subordinata dichiarare inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dalle signore ### - ### 5) in via incidentale riformare nei confronti del ### ovvero in via subordinata, anche nei confronti delle signore ### - ### la pronunzia di condanna alle spese del giudizio, determinando le stesse distintamente in relazione all'attività svolta ed alle diverse fasi e gradi del giudizio; 6) condannare gli appellanti al pagamento delle spese e dei compensi del giudizio”.
Con comparsa di costituzione con appello incidentale del 23.5.2008 si è costituita in giudizio ### chiedendo quanto segue: “1) ritenere dichiarare la nullità del giudizio di primo grado e della sentenza impugnata; in subordine: 2) ritenere e dichiarare il difetto di legittimazione passiva della dott.ssa ### nel giudizio di primo grado e, in conseguenza, riformare la sentenza impugnata nella parte in cui condanna i convenuti in solido alla rifusione delle spese di giudizio, ponendole erroneamente ed ingiustamente anche a carico dell'odierna comparente; 3) comunque, riformare la sentenza impugnata nella parte in cui, erroneamente ed ingiustamente, condanna anche l'odierna comparente alla rifusione delle spese di giudizio; 4) assegnare termine per l'eventuale notifica della presente comparsa agli appellati che dovessero restare contumaci; 5) con vittoria delle spese del presente grado di giudizio".
Gli altri appellati, regolarmente citati, non si sono costituiti in giudizio.
Con sentenza n. 435/2014 dell'8.05.2014, pubblicata in data ###, la Corte di Appello di #### ha così statuito: “… P.Q.M…la Corte di Appello di ### sezione seconda civile, definitivamente pronunciando sia sull'appello proposto, con atto notificato il ###, da ### da ### vedova ### e da ### sia sull'appello incidentale proposto, con atto depositato il ###, da ### e da ### sia sull'appello incidentale proposto, con atto depositato il ###, da ### contumace nella riassunzione, avverso la sentenza n. 230/08 emessa dal giudice unico presso il Tribunale di ### in data ###, depositata il 30 successivo e notificata, ad iniziativa di ### alla ### in data ### ed al ### il 25 successivo, con appellati anche i contumaci ##### n.q., e ### così provvede: 1) dichiara inammissibili, perché tardivi, l'appello principale di ### e l'appello incidentale di ### nei riguardi della medesima ### 2) dichiara inammissibile l'appello incidentale di ### in quanto non mantenuto a seguito della di lei contumacia nella riassunzione; 3) rigetta, perché infondato, l'appello principale del ### e della ### 4) in accoglimento dell'appello incidentale di ### pone definitivamente a carico dei tre appellanti principali, in solido, gli esborsi per le consulenze tecniche d'ufficio espletate in primo grado (fase cautelare e di merito), con diritto alla ripetizione delle somme a tale titolo anticipate dalla ### 5) in accoglimento dell'appello incidentale di ### pone definitivamente a carico degli appellanti principali ### e ### in solido, gli esborsi per le consulenze tecniche d'ufficio espletate in primo grado (fase cautelare e di merito), con diritto alla ripetizione delle somme a tale titolo anticipate dal predetto ### 6) conferma nel resto la sentenza gravata; 7) dichiara equamente compensate tra le parti costituite le spese processuali del presente grado; 8) niente per le stesse spese rispetto ai contumaci …”.
§ Giudizio di cassazione
Avverso tale sentenza ### nella qualità di erede di ### nelle more deceduto, proponeva ricorso in Cassazione del 25.05.2015, iscritto al N.R.G. 14294/2015. Con controricorso dell'8.07.2015 hanno resistito ### e ### La Corte Suprema di Cassazione, con sentenza n. ###/2019 depositata in data ###, ha accolto il ricorso proposto dalla ### cassando la sentenza impugnata e rinviando a diversa ### della Corte di Appello di ### anche per le spese del giudizio di legittimità.
§ Giudizio di rinvio ex art. 392 c.p.c.
Con atto di citazione in riassunzione, riassumeva il giudizio la ### nella qualità di erede di ### chiedendo l'accoglimento delle seguenti conclusioni: “1) ritenere ammissibile l'appello avanzato da ### e, facendo ciò che avrebbe dovuto fare il Tribunale, 2) rigettare la denuncia di nuova opera proposta il 7 aprile 2001; 3) conseguentemente e per l'effetto, in accoglimento della domanda riconvenzionale, ritenere e dichiarare il diritto della ### nella qualità di erede di ### ad eseguire i lavori per l'installazione dell'ascensore; 4) in via istruttoria, ritenere valida ed efficace la produzione della delibera condominiale del 19 Aprile 2001 o, in subordine, ammetterne la produzione quale prova nuova indispensabile ex art. 345 co. 3 c.p.c. ; 5) emettere ogni altra statuizione necessaria e/o conseguenziale; 6) con vittoria di spese e compensi di tutti i gradi del giudizio (anche di legittimità)”.
Con distinte comparse depositate in atti, rispettivamente in data ###, 14.07.2020, 04.02.2021 e 15.02.2021, si costituivano in giudizio ##### e ### resistendo alle domande avverse ed eccependo i primi due (### e ### in via preliminare la mancanza dei termini minimi a comparire e la nullità della citazione in riassunzione, mentre tutti eccepivano, altresì l'avvenuto passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di ### nei confronti della ###ra ### della signora ### nonché della signora ### e del ### Chiedevano, quindi, chiedendo: “1) Nel merito accertare il giudicato formatosi in relazione alle posizioni dei signori ##### e ### e confermare la sentenza di primo grado per irrealizzabilità dell'ascensore nel sito individuato per violazione, in ogni caso, del disposto di cui all'art. 1102 cc, per l'impossibilità di demolire o modificare parti strutturali dell'edificio e per l'assenza di sbarchi ai piani primo e secondo; 2) Con riserva di modificare e precisare le domande e difese a seguito della rinnovazione della citazione in riassunzione; 3) Con vittoria di spese compensi di difesa”.
Si costituiva, altresì, con comparsa depositata in data ###, ### (rimasta contumace nei precedenti gradi di giudizio) la quale premetteva che già con comparsa di costituzione con appello incidentale depositata nella precedente fase di appello, datata 23.05.2008, aveva manifestato la sua contrarietà a quanto deciso con la sentenza oggetto di gravame ma che successivamente all'interruzione del giudizio di appello per la scomparsa del procuratore costituito, non si era più costituita nel giudizio riassunto, venendo così dichiarata contumace. Con l'atto di costituzione nel giudizio di rinvio, quindi, preliminarmente dichiarava di prestare completa adesione a tutto quanto dedotto e richiesto, con l'atto di appello proposto dalla ricorrente e ciò anche in considerazione delle particolari condizioni fisiche in cui ella si trovava in quanto riconosciuta “invalida al 100% con limitate capacità di movimento e necessità di assistenza continua”.
Chiedeva, quindi, “1) riformare la sentenza n. 230/2008 resa dal Tribunale di ### 2) per l'effetto consentire l'esecuzione dei lavori per l'installazione dell'ascensore all'interno del condominio di via ### n. 54 di ### 3) emettere ogni altra statuizione necessaria e/o consequenziale; 4) con vittoria di spese e compensi del presente grado di giudizio. ### ed impregiudicato ogni altro diritto”.
All'udienza del 23.07.2020, rilevata la mancata osservanza dei termini minimi a comparire, la Corte di Appello rinviava la causa all'udienza del 01.03.2021, fissando il termine perentorio del 30.10.2020 per la rinnovazione della notifica dell'atto di riassunzione alle parti non costituite e disponendo la rimessione della causa al ### della Corte ai fini dell'assegnazione della causa ad altra sezione, in conformità al deliberato della Corte di cassazione.
Assegnata la causa alla prima sezione veniva fissata l'udienza dell'1.03.2021, successivamente differita al 06.12.2021, indi, veniva disposto il rinvio per la precisazione delle conclusioni.
Dopo ulteriori rinvii di ufficio, uno dei quali disposto al fine di acquisire i fascicoli d'ufficio delle precedenti fasi, in esito all'udienza “cartolare” (ex art. 127 ter c.p.c.) del 24 aprile 2023, la causa veniva assunta in decisione, con concessione alle parti dei termini di legge (60+20) per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Con ordinanza emessa in data ###, la Corte, rilevato che alla luce dei principi espressi dalla Suprema Corte di cassazione, appariva necessario ai fini della decisione, acquisire agli atti copia della relazione di CTU redatta nel procedimento di primo grado (n. 5057/02 R.G.
Trib. ME) dal ###. #### 1/a, depositata in data ### (risultando agli atti solo il supplemento disposto a seguito incarico del 19.01.2005), nonché della CTU redatta nella fase cautelare dall'### Dell'Aglio (proc. n. 667/2001 R.G.) menzionata anche negli scritti difensivi, ma non rinvenuta agli atti del fascicolo, rimetteva la causa sul ruolo, invitando le parti a provvedere alla relativa produzione e rinviava quindi per la precisazione delle conclusioni all'udienza “cartolare” del 24 giugno 2024.
Con successiva ordinanza dell'1.10.2024, la Corte, sciogliendo la riserva assunta a tale udienza “cartolare”, preso atto delle produzioni documentali delle parti, ritenuto che la causa appariva matura per la decisione, rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni alla data del 25.11.2024, con le forme della trattazione scritta, ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c.; Infine, in esito a tale udienza “cartolare”, sulla scorta delle conclusioni scritte formulate dalle parti, la Corte assumeva la causa in decisione, assegnando alle parti i termini di gg. 45 per il deposito delle comparse conclusionale e di successivi gg. 20 per il deposito delle memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE § 1. Preliminarmente va dichiarata la contumacia delle parti non costituite nel presente giudizio di rinvio, nonostante la regolarità della notifica del ricorso in riassunzione entro il termine perentorio fissato dalla Corte con l'ordinanza emessa in esito all'udienza del 23.07.2020, ossia di ### n.q. di amministratore pro tempore del ### di ##### in proprio e nella qualità di erede di ### vedova ### Invero, il giudizio di rinvio non è configurabile quale continuazione di quello in esito al quale è stata emessa la decisione impugnata, ma come una nuova, autonoma fase del giudizio. Ne consegue la necessità di una nuova costituzione delle parti, con l'osservanza delle norme relative a tale atto. Pertanto, la mancata costituzione di una di esse ne comporta la contumacia, anche se la stessa parte si era costituita nelle precedenti fasi del giudizio ( Cassazione civile, sez. 1, sentenza n. 15489 del 06.12.2000).
Del resto, è pacifico che «l'onere della riassunzione del giudizio di rinvio non implica che vi debbano provvedere, separatamente e distintamente, tutte le parti interessate alla prosecuzione, tenuto conto del carattere non impugnatorio, ma di mero impulso, dell'atto di riassunzione e del litisconsorzio necessario processuale nel giudizio di rinvio fra le stesse parti di quello di cassazione, con la conseguenza che, una volta avvenuta la detta riassunzione ad opera di una delle parti, le altre possono ritualmente assumere le conclusioni di merito di cui all'art. 394, comma 3, c.p.c. anche mediante comparsa e pur dopo la scadenza per esse del termine annuale previsto per la medesima riassunzione. Il giudice del rinvio è, quindi, tenuto a riesaminare "ex novo" la controversia, nel rispetto del principio di diritto formulato dalla cassazione, per gli aspetti rimasti impregiudicati o non definiti nei precedenti gradi, senza che assuma rilievo l'eventuale contumacia della parte, che non implica rinuncia od abbandono delle richieste già specificamente rassegnate od acquisite» (### . 2 - , Sentenza n. 5741 del 27/02/2019 (Rv. 652770 - 01).
§ 2. Sempre in via preliminare, dovendosi circoscrivere l'odierna disamina alle parti della sentenza cassata con la citata ordinanza della S.C., deve ritenersi fondato il rilievo dei convenuti in riassunzione, secondo il quale la sentenza della Corte di Appello di ### è passata in cosa giudicata per quanto attiene ai punti della statuizione non intaccati dalla pronuncia della S.C. per non essere stato proposto dalle parti alcuna impugnazione e segnatamente nei confronti delle parti ### (ora erede ### e ### in ordine alla pronuncia di declaratoria di inammissibilità dei relativi appelli incidentali.
§ 3. Nel merito, per comprendere appieno i limiti dell'odierna trattazione, occorre ripercorrere i passaggi salienti della sentenza della Suprema Corte di cassazione, la quale - come detto - con sentenza n. ###/2019 depositata in data ### ha accolto il ricorso proposto dalla ### cassando la sentenza impugnata e rinviando a diversa ### della Corte di Appello di ### anche per le spese del giudizio di legittimità.
Per far ciò appare utile richiamare la normativa applicabile in materia di abbattimento delle barriere architettoniche. ###. 1 della L. 13/89 prevede che: 1. I progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici, ovvero alla ristrutturazione di interi edifici, ivi compresi quelli di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata, presentati dopo sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge sono redatti in osservanza delle prescrizioni tecniche previste dal comma 2. Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, il ### dei lavori pubblici fissa con proprio decreto le prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata. 3. La progettazione deve comunque prevedere: a) accorgimenti tecnici idonei alla installazione di meccanismi per l'accesso ai piani superiori, ivi compresi i servoscala; b) idonei accessi alle parti comuni degli edifici e alle singole unità immobiliari; c) almeno un accesso in piano, rampe prive di gradini o idonei mezzi di sollevamento; d) l'installazione, nel caso di immobili con più di tre livelli fuori terra, di un ascensore per ogni scala principale raggiungibile mediante rampe prive di gradini. 4. È fatto obbligo di allegare al progetto la dichiarazione del professionista abilitato di conformità degli elaborati alle disposizioni adottate ai sensi della presente legge.
Per quanto attiene l'adattamento degli edifici esistenti, l'art. 78 del Testo unico edilizia (DPR 6 giugno 2001, n. 380) riproduce l'art. 2 della L. 13/89 introducente “### per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati” stabilendo che: “1. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'articolo 27, primo comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, ed all'articolo 1 del decreto del ### della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, nonché la realizzazione di percorsi attrezzati e la installazione di dispositivi di segnalazione atti a favorire la mobilità dei ciechi all'interno degli edifici privati, sono approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall'articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile. 2. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 1, i portatori di handicap, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del codice civile, possono installare, a proprie spese, servoscala nonché strutture mobili e facilmente rimovibili e possono anche modificare l'ampiezza delle porte d'accesso, al fine di rendere più agevole l'accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe delle autorimesse. 3. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile.
Mentre il successivo art. 79 (Opere finalizzate all'eliminazione delle barriere architettoniche realizzate in deroga ai regolamenti edilizi) del medesimo DPR 380/01, riproduce l'art. 3 della citata L. 13/89, statuendo che: 1. Le opere di cui all'articolo 78 possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a più fabbricati. 2. È fatto salvo l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune.
La Corte di Cassazione, richiamando la pronuncia della Corte di Appello, premette che con quest'ultima era stato respinto il gravame principale ritenendo, in primo luogo, che in relazione alla installazione di un ascensore in ambito condominiale operassero comunque le norme in tema di distanze legali.
In particolare, la Corte di appello ha precisato che non essendo in discussione la violazione delle distanze, la questione atteneva alla natura degli aggetti, nel senso di accertare se costituissero una veduta, sia perché prospicienti verso parti interne dell'edificio, sia per il ridotto e marginale visus, accertamento che comunque veniva superato dal rilievo che l'ingombro della torre dell'ascensore non era limitato all'atrio di ingresso di comune proprietà, ma - anche se per un spazio di circa mq. 0,50, - insisteva su adiacente cortile di proprietà privata (eredi ###, non violabile, oltre ad interferire più direttamente con la veduta "in quanto prossima alla medesima".
Con l'affermata conseguenza che, se non possono essere lesi da delibere dell'assemblea condominiale, adottate a maggioranza, i diritti dei condomini attinenti alle cose comuni, a maggior ragione non possono essere lesi, da delibere non adottate all'unanimità, i diritti di ciascun condomino sulla porzione di proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative, richiamando all'uopo copiosa giurisprudenza di legittimità.
La Corte d'appello ha quindi osservato che il manufatto realizzando dagli appellanti principali non rispettava il limite stabilito dal codice civile in materia di distanze legali tra costruzioni, come accertato dal c.t.u.
La Corte territoriale ha, ancora, escluso che una deroga alla disciplina sulle distanze potesse essere rinvenuta nella disciplina contenuta nella L. n. 13 del 1989, art. 3 (oggi trasfuso nell'art. 79 del d.p.r. n. 380 del 2001) e ciò sul rilievo che il citato art. 3, comma 1, dispone che le opere di cui all'art. 2 possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi che disciplinano le distanze dal confine e tra fabbricati, ma non menziona la normativa codicistica sulle vedute che deve, a contrario, ritenersi applicabile, giacché, al comma 2, prevede l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli artt. 873 e 907 nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune.
In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto che tale norma si riferisca al caso in cui tra il manufatto da realizzare e i fabbricati non compresi nel condominio (e quindi, alieni) manchi uno spazio o un'area di proprietà o di uso comune, consentendo in contrario la deroga nel caso in cui vi sia l'interposizione di uno spazio o di un'area di proprietà o di uso comune.
Più specificatamente ha affermato la Corte di Appello che nel caso in esame non si porrebbe unicamente una problematica di rapporti tra il diritto ### del singolo condomino rispetto a proprietà condominiale di cui si faccia uso comune. Qualora la torre ascensore avesse impegnato esclusivamente area comune condominiale, si sarebbe posta quella problematica dei rapporti tra il diritto del singolo condominio e l'interesse all'uso della cosa comune, restando allora la disciplina sulle distanze subordinata rispetto alla prevalente normativa sull'uso comune (cfr. pag. 11 della sentenza cassata).
Ciò in quanto nella fattispecie concreta “non viene in discussione un affaccio su area di proprietà comune che venga legittimamente utilizzata da altro condomino, bensì una servitù di affaccio viene “subita” (od anche e comunque primariamente subita) da altra area di proprietà esclusiva, il cui titolare non può, direttamente od anche indirettamente, concedendola ad un terzo, limitare o ledere la medesima veduta esercitata dal fondo dominante” (cfr. pag. 12 della sentenza cassata).
Ha quindi escluso che da una disciplina specifica sia ricavabile un principio di carattere generale nel senso della disapplicazione della normativa sulle distanze legali tutte le volte in cui vengano realizzate le opere di cui alla L. n. 13 del 1989.
§ Ciò premesso, con il primo motivo di ricorso (proposto da ### vedova ed erede ### veniva lamentata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 873, 900, 907 1102 e 1120 c.c. con riferimento ai nn. 3 e 5 dell'art. 360 c.p.c., per avere la corte territoriale erroneamente escluso l'applicabilità al caso di specie del principio di cui all'art. 2 legge n. 13 del 1989, senza tenere conto della esiguità dell'area di proprietà esclusiva occupata e della circostanza che i proprietari di siffatto spazio avessero concesso autorizzazione per la costruzione dell'ascensore.
Aggiungeva la ricorrente che l'interpretazione adottata dalla Corte sul concetto di condominio quale sinonimo di comproprietà sarebbe limitativo, ben potendo investire anche le proprietà individuali poste in un ambito condominiale. Del resto, anche le norme sulle distanze e sulle vedute sono subordinate alla compatibilità delle stesse non solo con la disciplina in materia di condominio, ma anche ad una valutazione di complessiva ragionevolezza. In altri termini, ad avviso della ricorrente la corte distrettuale avrebbe dovuto effettuare una valutazione dell'area sulla quale l'ascensore andrebbe ad insistere, oggetto della ritenuta veduta vantata dagli ### Con il secondo motivo la ricorrente lamentava la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 3 della legge n. 13 del 1989, con riferimento ai nn. 3 e 5 art. 360 c.p.c., per avere la corte territoriale interpretato la normativa doppiamente speciale di cui alla legge n. 13 cit. in contrasto con la sentenza della Corte costituzionale n. 167 del 1999 e con la medesima disciplina, ai sensi della quale gli unici limiti sono afferenti alla tutela di interessi pubblici ovvero ad interessi privati, ma solo se compressi in maniera tale da comportarne l'azzeramento.
§ Tali motivi sono stati ritenuti meritevoli di accoglimento da parte della S.C. di Cassazione.
I giudici di legittimità esordivano con il precisare che nella sua assolutezza l'affermazione circa la violazione delle distanze legali contenuta nella sentenza della Corte di Appello appariva avulsa da ogni riferimento al caso di specie, nel quale i lavori per la installazione dell'ascensore erano dichiaratamente volti alla eliminazione delle barriere architettoniche, ai sensi della L. n. 13 del 1989.
In particolare, secondo la Cassazione la Corte territoriale non aveva adeguatamente apprezzato che, nella valutazione del legislatore, quale si desume dalla citata L. n. 13 del 1989, art. 1 (operante a prescindere dalla effettiva utilizzazione degli edifici considerati da parte di persone portatrici di handicap: Corte cost. n. 167 del 1999), l'installazione dell'ascensore o di altri congegni, con le caratteristiche richieste dalla normativa tecnica, idonei ad assicurare l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici, costituisce elemento che deve essere necessariamente previsto dai progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici, ovvero alla ristrutturazione di interi edifici, ivi compresi quelli di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata, presentati dopo sei mesi dall'entrata in vigore della legge.
Da tale indicazione si desume agevolmente che, nella valutazione del legislatore, e contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata, l'ascensore o i congegni similari costituiscono dotazione imprescindibile per l'approvazione dei relativi progetti edilizi; in altri termini, l'esistenza dell'ascensore può senz'altro definirsi funzionale ad assicurare la vivibilità dell'appartamento, cioè assimilabile, quanto ai principi volti a garantirne la installazione, agli impianti di luce, acqua, riscaldamento e similari.
Vero è che tale qualificazione è dal legislatore imposta per i nuovi edifici o per la ristrutturazione di interi edifici, mentre per gli edifici privati esistenti valgono le disposizioni di cui alla L. n. 13 del 1989, art. 2; tuttavia, la assolutezza della previsione di cui all'art. 1 non può non costituire un criterio di interpretazione anche per la soluzione dei potenziali conflitti che dovessero verificarsi con riferimento alla necessità di adattamento degli edifici esistenti alla prescrizioni dell'art. 2.
Di tal che, nel valutare il contrasto delle opere, cui fa riferimento l'art. 2 della legge 13/1989, con la specifica destinazione delle parti comuni, sulle quali esse vanno ad incidere, occorre tenere conto altresì del principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell'ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati (Cass. 18334 del 2012).
Da ciò discende, secondo la S.C. che non vi è ragione per escludere, in via di principio, come ha fatto la Corte di appello, l'operatività, anche riguardo all'ascensore, del principio secondo cui negli edifici condominiali l'utilizzazione delle parti comuni con impianto a servizio esclusivo di un appartamento esige non solo il rispetto delle regole dettate dall'art. 1102 c.c., comportanti il divieto di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, ma anche l'osservanza delle norme del codice in tema di distanze, onde evitare la violazione del diritto degli altri condomini sulle porzioni immobiliari di loro esclusiva proprietà.
Tale disciplina, tuttavia, non opera nell'ipotesi dell'installazione di impianti che devono considerarsi indispensabili ai fini di una reale abitabilità dell'appartamento, intesa nel senso di una condizione abitativa che rispetti l'evoluzione delle esigenze generali dei cittadini e lo sviluppo delle moderne concezioni in tema di igiene, salvo l'apprestamento di accorgimenti idonei ad evitare danni alle unità immobiliari altrui (Cass. n. 7752 del 1995; Cass. n. 6885 del 1991; Cass. n. 11695 del 1990).
Ritiene, quindi, la S.C. fondato il denunciato vizio in ordine alla affermazione della non applicabilità della disciplina speciale al caso in esame.
Inoltre, secondo i giudici di legittimità le censure della ricorrente dovevano ritenersi fondate anche con riferimento alla questione della applicabilità, nel caso di specie, delle norme sulle distanze dalle vedute, di cui all'art. 907 c.c., precisando che nella giurisprudenza della Corte si è affermato il principio per cui le norme sulle distanze sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l'applicazione di quest'ultima non sia in contrasto con le prime; nell'ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze che, nel condominio degli edifici e nei rapporti tra singolo condomino e condominio, è in rapporto di subordinazione rispetto alla prima.
Pertanto, la S.C. richiama l'orientamento secondo il quale, ove il giudice constati il rispetto dei limiti di cui all'art. 1102 c.c., deve ritenersi legittima l'opera realizzata anche senza il rispetto delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue, sempre che venga rispettata la struttura dell'edificio condominiale (nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto applicabili alla costruzione di un balcone le norme in tema di vedute e non anche quella dell'art. 1102 c.c.: Cass. n. 6546 del 2010).
La Corte d'appello non poteva quindi ritenere violato, nel caso di specie, l'art. 907 c.c., senza previamente accertare se il manufatto realizzando dalla ricorrente su cose comuni (parte del cortile comune) avesse rispettato i limiti posti dall'art.1102 c.c. nell'uso della cosa comune, non apparendo a tal fine sufficiente l'affermazione che il manufatto determina lo sconfinamento in proprietà esclusiva di altro condomino per lo spazio di circa mq 0,50, limitandone la veduta.
Nè può ritenersi che la disciplina di cui all'art. 907 c.c. potesse operare per effetto del richiamo ad essa contenuto nella L. n. 13 del 1989, art. 3, comma 2. In proposito, deve rilevarsi che l'art. 3 citato dispone, al comma 1, che le opere di cui all'art. 2 possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, anche per i cortili e le chiostrine interni ai fabbricati o comuni o di uso comune a più fabbricati e, al comma 2, che è fatto salvo l'obbligo di rispetto delle distanze di cui agli artt. 873 e 907 nell'ipotesi in cui tra le opere da realizzare e i fabbricati alieni non sia interposto alcuno spazio o alcuna area di proprietà o di uso comune. Nel suo complesso, tale disposizione non può ritenersi applicabile all'ipotesi in cui venga in rilievo, non un fabbricato distinto da quello comune, ma una unità immobiliare ubicata nell'edificio comune. In sostanza, il richiamo contenuto nell'art. 3, comma 2, ai "fabbricati alieni" impone di escludere che la disposizione stessa possa trovare applicazione in ambito condominiale. Difetta, dunque, secondo la S.C., nel caso di specie, il presupposto di fatto per l'operatività della richiamata disposizione di cui all'art. 907 c.c., e cioè l'altruità del fabbricato dal quale si esercita la veduta che si intende tutelare (V. Cass. 14096/2012 e 10892/2014).
§ § 3.1. Centrale appare, quindi, in aderenza al dictum della S.C. accertare se, nel caso in esame, il manufatto realizzando ### sia stato progettato nel rispetto dei limiti posti dall'art. 1102 c.c. sull'uso della cosa comune, ferma restando sempre l'essenzialità della verifica circa la non alterazione della struttura dell'edificio condominiale ### in particolare, l'art. 1102 c.c., primo comma, che “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”.
Il rispetto dei limiti previsti dall'art. 1102 c.c. va letto anch'esso alla luce del principio di solidarietà condominiale.
In sostanza per stabilire se l'utilizzo più intenso del singolo della cosa comune sia consentito ai sensi dell'art. 1102 c.c. deve aversi riguardo non all'uso concreto fatto dagli altri condomini in un determinato momento (potendo gli stessi non avere - in un dato momento storico - le stesse esigenze del condomino che ha assunto l'iniziativa) ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno (in questo senso: ### Cass. 16.04.2018, n. 9278).
In tale ottica si è affermato che l'ascensore installato "ex novo", per iniziativa ed a spese di alcuni condomini, successivamente alla costruzione dell'edificio, non rientra nella proprietà comune di tutti i condomini, ma appartiene a quelli, tra costoro, che l'hanno impiantato, dando luogo ad una particolare comunione parziale, distinta dal condominio stesso; tale è il regime proprietario finché tutti i condomini non decidano, successivamente, di partecipare alla realizzazione dell'opera, con l'obbligo di pagarne "pro quota" le spese all'uopo impiegate, aggiornate al valore attuale, secondo quanto previsto dall'art. 1121, comma 3, c.c., non assumendo rilievo giuridicamente rilevante, ai fini della natura condominiale dell'innovazione, la circostanza che questa sia stata, di fatto, utilizzata anche a servizio delle unità immobiliari di proprietà di coloro che non avevano inizialmente inteso trarne vantaggio (Così Cassazione civile, sezione 6-2, Ordinanza n. 10850 dell'08.06.2020).
Appare dirimente, quindi, in questo contesto accertare se l'installazione dell'ascensore, secondo il realizzando progetto, messo in opera e sospeso a seguito della proposizione della denuncia di nuova opera, ex art. 1171 c.c., incida sul diritto dei singoli condomini rispetto alla possibilità di successivo utilizzo dello stesso bene (previa ovviamente corresponsione della quota parte delle spese sostenute per la sua realizzazione, aggiornate al valore dell'opera al momento dell'effettivo utilizzo), ossia se l'uso dell'opera insistente sul bene comune sia suscettibile di essere esteso a tutti i condomini, specie se si considera che, avuto riguardo alla natura dell'opera, non è neanche immaginabile o ipotizzabile la contemporanea o successiva installazione di altro manufatto a servizio delle rimanenti proprietà.
Ciò in ossequio agli stessi principi di solidarietà condominiale che hanno orientato l'interpretazione estensiva della citata normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, che implica il contemperamento di vari interessi, tra i quali deve includersi in primis quello delle persone disabili all'eliminazione delle barriere architettoniche, trattandosi di un diritto fondamentale che prescinde dall'effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati e che conferisce comunque legittimità all'intervento innovativo, purché lo stesso non determini una limitazione dell'altrui proprietà incompatibile con la realizzazione dell'opera.
In sostanza, reputa la scrivente Corte di Appello che, ai fini del riconoscimento della legittimità della nuova opera, ossia del rispetto dei limiti sanciti dall'art. 1102 c.c., secondo i parametri indicati dalla S.C. nella sentenza di annullamento con rinvio in esame, ciò che occorre verificare è se il bene, così come progettato ed in procinto di essere realizzato, soddisfi anche le potenziali pari esigenze degli altri comproprietari, ossia sia suscettibile di essere dagli stessi parimenti utilizzato, nonostante i predetti, allo stato, non abbiano inteso aderire all'iniziativa dei condomini procedenti alla realizzazione dell'opera.
Sotto tale profilo occorre prendere in considerazione le obiettive caratteristiche strutturali e funzionali che l'opera intrapresa avrebbe assunto sulla scorta degli elaborati progettuali in atti, atteso che al momento della sospensione dei lavori gli unici interventi eseguiti erano quelli descritti dal CTU dell'### nella prima perizia in atti e raffigurati nella foto n. 16 allegata alla medesima perizia, e segnatamente “taglio della balaustra per circa ml. 1,70 e realizzazione, a piano terra, del vano corsa di circa mt. (1,70x1,50)” (cfr. CTU dell'ing. ### depositata nel procedimento 667/01, pag. VII, e foto n. 16 allegata).
Ebbene, quantunque emerga pacificamente che lo spazio occupato dal manufatto (l'ingombro della struttura sull'atrio condominiale è di circa mq. 1,90, mentre una residua superficie -come dettoricade su porzione di cortile di proprietà privata) non arrechi pregiudizio nell'uso di tale ambiente da parte dei condomini, analoghe positive valutazioni non possono esprimersi avuto riguardo al potenziale uso di tale nuova struttura e alla sua accessibilità da parte di tutti i comproprietari, ed in particolare, per quanto qui rileva, dei convenuti - già appellati - ### il cui immobile ricade al primo piano del fabbricato (analoga censura viene mossa anche dall'appellata-oggi convenuta in riassunzione ####.
In sostanza, l'ascensore, così come progettato ed in corso di realizzazione al momento dell'intervento giudiziario che ne ha sospeso la costruzione, non soddisfa, a parere della Corte, i presupposti di cui all'art. 1102 c.c. e quindi la sua opera, nel rispetto dei principi e delle indicazioni della S.C., non può ritenersi legittimamente intrapresa alla luce di quanto appresso si dirà.
La questione, quantunque non attenzionata dai precedenti giudici di merito, è stata scrutinata sotto il profilo tecnico dai consulenti che nelle varie fasi del giudizio di primo grado sono stati nominati, ragion per cui non si è ritenuto necessario in questa fase disporre altra ### Il perito #### dell'### nominato sin dalle prime battute processuali, ossia nel corso del procedimento di denuncia di nuova opera, ai sensi dell'art. 1171 c.c., premesso che dalla totalità degli elaborati progettuali rilasciatigli - su sua richiesta - dagli enti preposti, emergeva “chiaramente la carenza di dettagli legati alla logica dei percorsi, degli sbarchi e degli accessi”, dalle sezioni grafiche denominate nel progetto “### A-A” era possibile comunque riscontrare la “presenza di una passerella di collegamento per lo sbarco tra l'impianto ed il ballatoio, solo relativamente ai piani 2° ### e 3° ###”, mentre “il primo piano non sembra fruire dell'intervento di cui all'oggetto” (cfr. pag. ###.
Aggiungeva, peraltro, tale perito che fondate apparivano le osservazioni formulate da talune parti sulla stabilità dell'immobile, anche se, precisava lo stesso ### alle pagg. XI e XII dell'elaborato peritale, che sarebbe stato possibile ottenere il N.O dal ### competente previa presentazione di una variante di progetto, tanto è vero che dal punto di vista prettamente tecnico (intaccate rimanendo le valutazioni giuridiche sopra esposte, di pertinenza della Corte) concludeva che “l'intervento è realizzabile, purché vengano fatte le dovute integrazioni per la completezza al N.O. del ### competente”.
Tale lettura tecnica trova riscontro nell'elaborato redatto dal CTU nominato nel corso del giudizio di merito (n. 5057/02 R.G.), Ing. ### il quale a pag. 4 della propria relazione precisa che “la realizzazione dell'impianto ascensore così come risulta nel progetto presentato ed approvato dagli organi competenti, comporta l'apertura di varchi, al secondo ed al terzo piano, nella muratura che separa il vano scala da uno dei due cortili anteriori. Non si prevede invece l'apertura di varchi al piano terra, essendo l'accesso all'ascensore direttamente sull'atrio condominiale, né al primo piano, non essendo in atto i proprietari delle relative unità immobiliari interessate all'uso dell'impianto ed inoltre non consentendo la ditta ### lo sbarco sul ballatoio di proprietà”.
Ciò, di per sé esclude la conformità dell'opera al disposto di cui all'art. 1102, comma 1, c.c., nella parte in cui stabilisce che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, considerato che avuto riguardo alla natura dell'opera non è neanche immaginabile la contemporanea o successiva installazione di altro manufatto al servizio delle proprietà attualmente pretermesse nel progetto in corso di costruzione, né è possibile valutare, a causa della carenza progettuale, la fattibilità, anche sotto il profilo statico, degli sbarchi ed accessi ai piani attualmente esclusi (cfr. Cassazione civile, sezione 2, sentenza n. 1756 del 24.01.2025 che ha escluso il rispetto della normativa in esame in una ipotesi di collocazione di una canna fumaria su muro condominiale, per essere stata accertata l'impossibilità di una contemporanea installazione nel muro comune di canne fumarie per smaltimento di fumi da combustione a servizio di ogni appartamento del condominio).
Analogamente condivise dal citato CTU (ing. ### sono le perplessità manifestate dal primo perito sugli effetti della realizzazione dell'opera, così come progettata, sulla stabilità dell'edificio.
A tali dubbi fa eco la difesa dei convenuti in riassunzione ###### e ### i quali hanno osservato come “la realizzazione dell'ascensore (così come progettato) richiederebbe anche la demolizione di pareti portanti per lo sbarco al terzo piano in assenza di una verifica della reale possibilità di detta demolizione con evidenti ripercussioni sulla struttura statica di un edificio progettato ad una sola elevazione fuori terra nel 1928, sopraelevato nel 1950 ed ulteriormente sopraelevato nel 1960-70”.
Ed, in effetti, a seguito degli approfondimenti svolti, l'#### risaliva ad una nota del ### nella quale, in relazione ai calcoli presentati per la sopraelevazione eseguita negli anni '50, si puntualizzava testualmente “Per quanto riguarda invece i nuovi calcoli di stabilità si osserva che il nuovo fabbricato nella parte sopraelevata presenta un solo telaio elastico essendo tutti gli altri irrigiditi, come pure irrigiditi sono i telai del fabbricato preesistente che non aveva alcun telaio elastico”.
Tale qualificata affermazione, quantunque non precisa in ordine all'individuazione dell'unico telaio elastico, è stata arricchita dal citato CTU dalla constatazione che “essendo le murature del terzo e quarto piano costituite in blocchi pieni di pomice, con spessore misurato in cm. 34, e confinante su quattro lati, debba considerarsi pressoché certa la loro funzione irrigidente”.
Siffatta osservazione confermava, in sintesi, la valutazione operata dal precedente #### che veniva, quindi, condivisa anche dal secondo ### nella parte in cui considerava tecnicamente possibile l'apertura dei progettati varchi nella muratura previa la dimostrazione da parte del progettista che “la rigidezza offerta dalla cerchiatura che stipiti ed architravi andranno a formare, sia quantomeno pari alla rigidezza offerta dal pannello di muratura interessato dall'intervento”.
Sotto tale profilo, concludeva, quindi, il perito #### che “dal punto di vista strutturale si è accertato che le pareti perimetrali dei due piani sopraelevati hanno funzione irrigidente; ciò non toglie che possano essere realizzati i varchi di progetto, previa la presentazione al G.C. di un calcolo di opportuno rinforzo sul vano in oggetto che garantisca alla struttura una rigidezza equivalente a quella fornita dalla porzione di muratura eliminata” (cfr. pag. 12 della relazione datata 01.12.2004 del CTU, ing. ###.
Richiesto dal Giudice procedente di integrare tale parte della relazione sulla scorta dei rilievi del c.t. di parte, ing. ### (c.t. di parte ###, ossia di specificare <<l'incidenza di quanto esposto al punto 3 dei rilievi di parte ed inoltre se “il calcolo approssimato” e la relativa approvazione del ### civile già eseguiti possono considerarsi sufficienti a tutelare la stabilità dell'edificio ovvero è necessario presentare al ### ulteriore calcolo di rinforzo come indicato a pag. 12 della relazione di consulenza”>>, il ### ing. ### nel supplemento di CTU depositato in atti, forniva i dovuti chiarimenti.
Nello specifico, nel richiamare quanto sul punto aveva già esplicitato il precedente ### alle cui conclusioni egli aderiva, senza che gli argomenti spesi fossero superati dalle obiezioni di parte, specificava il perito che, peraltro, a seguito dell'incontro tecnico “tra le parti del 14.03.2005, si era infine concordata l'opportunità di presentare al ### da parte dell'#### un nuovo calcolo di tipo approssimato, possibilità prevista dalle normative vigenti, effettuato però sui pannelli murari interessati dall'intervento ed assumendo la chiara ipotesi di partenza circa la funzione irrigidente degli stessi pannelli murari” non senza trascurare di aggiungere che pur apparendo probabile che il ### ove effettivamente la parte interessata avesse predisposto tale nuovo calcolo, lo avrebbe approvato, tuttavia tale eventualità non poteva essere data per certa (cfr. pag. 4 del supplemento alla C.T.U a firma dell'#### datata 16.05.2005).
Tali emergenze tecniche istruttorie, non superate da argomenti tecnici o difensivi favorevoli alle tesi dell'originario appellante, ### (cui oggi è subentrata, in veste di erede, l'attrice in riassunzione, ###, adattate al principio di diritto fissato dalla S.C. di Cassazione con la pronuncia di annullamento con rinvio della sentenza della Corte di Appello di ### n. 435/2014, secondo il quale l'opera deve ritenersi legittima solo ove il Giudice constati il rispetto dei limiti di cui all'art. 1102 c.c., anche a prescindere dalle norme dettate per regolare le distanze tra proprietà contigue, purché venga sempre rispettata la struttura dell'edificio condominiale, portano la scrivente Corte di Appello ad escludere la sussistenza dei presupposti di legittimità dell'intrapresa opera così come progettata.
Appare, infatti, evidente come le attuali citate caratteristiche progettuali, le uniche utilmente valutabili dal giudicante agli indicati fini, non superano il vaglio di conformità alle previsioni codicistiche e alla normativa speciale in materia, così come interpretati dalla Suprema Corte di Cassazione nel caso specifico, difettando da un lato il rispetto dei limiti di cui all'art. 1102 c.c. e dall'altro il rispetto della struttura dell'edificio condominiale esistente.
Di talché, sia pure per le diverse ragioni sopra articolate, elaborate alla luce delle direttive tracciate dalla S.C. di Cassazione, la sentenza di prime cure deve trovare conferma.
Resta assorbita ogni altra questione, ivi compresa quella relativa all'ammissione documentale della delibera condominiale del 19.04.2001, con cui - secondo quanto è dato desumere dagli atti, a maggioranza dei 505 millesimi - era stata approvata l'installazione dell'ascensore.
Sul punto, in ogni caso, è sufficiente osservare che la validità di tale delibera è esclusa dal disposto di cui all'art. 1120, comma 2, c.c. (nella formulazione applicabile al caso in esame, ratione temporis, -ora vedasi negli stessi termini, l'art. 1120, ultimo comma c.c.) a mente del quale “sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino”, a nulla rilevando, a differenza di quanto osservato dalla ricorrente in riassunzione, ### la circostanza che tale delibera non sia stata a suo tempo impugnata dai condomini aventi interesse. ### la pacifica giurisprudenza di legittimità invero «è nulla la delibera, la quale, ancorché adottata a maggioranza al fine indicato (nella specie, relativa all'installazione di un impianto di ascensore nell'interesse comune), sia lesiva dei diritti di un condomino sulle parti di sua proprietà esclusiva, e la relativa nullità è sottratta al termine di impugnazione previsto dall'art. 1137, ultimo comma, cod. civ., potendo essere fatta valere in ogni tempo da chiunque dimostri di averne interesse, ivi compreso il condomino che abbia espresso voto favorevole» (### Cassazione civile, ### 2, Sentenza n. 12930 del 24/07/2012 -Rv. 623476 - 01-); principio ribadito anche in una pronuncia più recente che ha statuito che «La deliberazione condominiale avente ad oggetto l'installazione di un ascensore inidoneo al raggiungimento dell'ultimo piano è affetta da nullità incidendo, da un lato, sul diritto del singolo (proprietario dell'ultimo piano) rispetto all'utilizzo di un bene comune ###, impedendogli in tal modo un uso pieno del bene e, dall'altro, sul valore della proprietà esclusiva, per cui la relativa impugnazione non è soggetta al rispetto del termine di decadenza di trenta giorni di cui all'art. 1137 c.c.» (Cfr. Cass. Sez. 2 - , Sentenza n. 21909 del 30/08/2019 -Rv. 655211 - 01-).
Conseguentemente non possono trovare accoglimento le istanze avanzate dalla ### con l'atto di appello con le quali ha chiesto che la Corte “volesse rigettare la denuncia di nuova opera proposta il 7 aprile 2001 e conseguentemente, in accoglimento della domanda riconvenzionale, ritenere e dichiarare il diritto della ### nella qualità di erede di ### ad eseguire i lavori per l'installazione dell'ascensore”.
§ 4. ### delle statuizioni relativamente ai residui appelli incidentali e regolamentazione spese, anche del giudizio di legittimità.
Circa il riparto delle spese processuali, la pronuncia della Corte di Appello di ### è stata intaccata dalla sentenza della Suprema Corte di cassazione, la quale ha ritenuto che il relativo motivo di ricorso avanzato dalla ### rimanesse assorbito dall'accoglimento dei primi due pregiudiziali motivi di merito, con conseguente devoluzione di ogni questione sul punto al giudizio di rinvio da svolgersi dinanzi alla Corte di Appello.
Ciò premesso, alla luce dell'esito complessivo del giudizio, non vi è ragione di sovvertire la regolamentazione delle spese contenuta nella sentenza di primo grado, neanche oggetto di specifica impugnazione sul punto. Come già osservato nella pronuncia d'appello cassata, l'atto di gravame principale proposto dal ### (ora erede ###, invero, non contiene alcun motivo a sostegno dell'eventuale compensazione (totale o parziale) delle spese.
Analogamente devono ritenersi ferme le statuizioni di cui alla pronuncia cassata relativamente all'accoglimento dell'appello incidentale di ### e di ### nella parte in cui ha rispettivamente posto definitivamente “…a carico dei tre appellanti principali, in solido, gli esborsi per le consulenze tecniche d'ufficio espletate in primo grado (fase cautelare e di merito), con diritto alla ripetizione delle somme a tale titolo anticipate dalla Intilisano” e “… a carico degli appellanti principali ### e ### in solido, gli esborsi per le consulenze tecniche d'ufficio espletate in primo grado (fase cautelare e di merito), con diritto alla ripetizione delle somme a tale titolo anticipate dal predetto Intilisano”, statuizioni non incise da specifici motivi di ricorso in Cassazione, avendo in tale sede la ricorrente dedotto genericamente la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ovvero dell'art. 91 c.p.c., con riferimento al n. 3 dell'art. 360 c.p.c.” in conseguenza dell'auspicato accoglimento degli altri motivi di gravame, invero, qui rigettati definitivamente.
Vanno qui condivisi, invero, i principi fatti propri dalla Corte d'Appello nella pronuncia cassata, secondo cui gli esborsi per le consulenze tecniche d'ufficio vanno posti a carico delle parti che hanno dato causa alla necessità di disporre tali accertamenti a seguito dell'intrapresa attività di costruzione della nuova opera, rivelatasi all'esito del giudizio non legittima.
Per quanto attiene, infine, alla regolamentazione finale delle spese del giudizio di appello, del giudizio di cassazione e dell'odierno giudizio di rinvio, ritiene la Corte che le questioni dibattute, oggetto di controversi orientamenti sorti alla luce della normativa speciale intervenuta in materia, che hanno portato l'odierna ricorrente in riassunzione, ### ad ottenere un esito vittorioso nell'ambito del giudizio di cassazione, salvo poi risultare definitivamente soccombente in esito all'odierno giudizio di rinvio, unite alla peculiarità della fattispecie concreta derivante dalle singolari caratteristiche dei luoghi ove l'installazione doveva sorgere, lascia ritenere conforme a giustizia ed equità (in aderenza alla disciplina di cui all'art. 92 c.p.c., nella formulazione ratione temporis applicabile alla fattispecie) l'integrale compensazione di esse tra le parti costituite.
Nulla sulle spese rispetto alle parti rimaste contumaci nei vari gradi di giudizio. P.Q.M. La Corte di Appello di #### uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunziando sul ricorso in riassunzione proposto da #### con cui è stato incoato il giudizio di rinvio ex art. 392 c.p.c. a seguito sentenza ###/2019 depositata in data ### della Suprema Corte di Cassazione di annullamento con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di ### della sentenza 435/2014 dell'8.05.2014, pubblicata in data ### (nell'ambito del giudizio iscritto al 223/2008 NRG), disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così provvede: - dichiara la contumacia in questo giudizio di rinvio di ### n.q. di amministratore pro tempore del ### di ##### in proprio e nella qualità di erede di ### vedova ### - decidendo sulle questioni oggetto dell'annullamento con rinvio, rigetta l'appello principale e conferma la sentenza di primo grado, per le ragioni meglio esposte in parte motiva, ferme restando le ulteriori statuizioni contenute nella sentenza di appello n. 435/2014 non ancora passate in giudicato; - dichiara integralmente compensate tra le parti costituite le spese del giudizio di appello, del giudizio di legittimità e del presente giudizio di rinvio; - nulla sulle spese per le parti rimaste contumaci.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito.
Così deciso in ### nella camera di consiglio del 22 maggio 2025 ### estensore ### (dott.ssa ### (dott. ###
causa n. 165/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Scolaro Maria Giuseppa, Gullino Massimo, Intilisano Mario