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Corte di Cassazione, Sentenza n. 20576/2025 del 22-07-2025

... disposta c.t.u., all'e sito della quale il ### ordinò la sospensione dei lavori limitatamente al muro di contenimento, al terrapieno retrostante e alle opere ad esso connesse, e ordinò alle parti, ciascuno per il proprio impegno, di provvedere alle attività di consolidamento. Con sentenza del 19 ottobre 1988, lo stesso ### dichiarò la propria incompetenza per valore a decidere il merito della causa, rimettendo le parti avanti al Tribunale di #### e ### riassunser o il giudizio nei confronti di ### e ### e, assum endo che i danni lamentati erano conseguenti allo sbancamento effettuato dai convenuti per la realizzazione di un fabbricato sul loro terreno, e che nella realizzazione di questo erano state violate le disposizioni relative alle distanze legali imposte dal piano di fabbricazione del 3 di 15 Comune di Mi silmeri, chi esero l'abbattimento delle fabbriche fino alla distanza prevista dallo strumento urbanisti co, nonch é il risarcimento dei danni subiti. I co nvenuti, costituitisi in giudizio, cont estarono l'assunto degli attori, as sumendo che gli asseriti d anni er ano conseguenza della carenza struttura le del fabbricato di questi ultimi e del maggior peso di cui essi lo avevano (leggi tutto)...

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. ###/2019 R.G. proposto da #### E e #### rappre sentati e difesi dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avv. ### - ricorrenti contro ### rappresentato e di feso dall' avv. ### presso i l cui studio in ### via ### n. 19, è elettivamente domiciliato; -controricorrente ######### O, ######## e ### -intimati
Oggetto: Distanze 2 di 15 per la cassazione della sentenza n. 818/2019 resa dalla Corte di appello di ### il ###, pubb licata il ### e non notificata; udita la relazione della ca usa svolta alla pubblica udienza del 29/5/2025 dalla dott.ssa ### lette le concl usioni del ### procuratore generale ### che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le memorie depositate da entrambe le parti; Fatti di causa 1. Con ricorso del 10 dicembre 1986 al ### di #### e ### denunciarono che, a seguito di una nuova opera intrapresa da ### e da ### consistente nello sbancamento di un terreno li mitrofo al fabbricato di loro proprietà, er ano stati causati danni all a struttu ra di questo immobile, e chiesero che dette lavorazioni venissero sospese e che venissero poste in essere opere che garantissero la stabilità. 
Venne disposta c.t.u., all'e sito della quale il ### ordinò la sospensione dei lavori limitatamente al muro di contenimento, al terrapieno retrostante e alle opere ad esso connesse, e ordinò alle parti, ciascuno per il proprio impegno, di provvedere alle attività di consolidamento. 
Con sentenza del 19 ottobre 1988, lo stesso ### dichiarò la propria incompetenza per valore a decidere il merito della causa, rimettendo le parti avanti al Tribunale di #### e ### riassunser o il giudizio nei confronti di ### e ### e, assum endo che i danni lamentati erano conseguenti allo sbancamento effettuato dai convenuti per la realizzazione di un fabbricato sul loro terreno, e che nella realizzazione di questo erano state violate le disposizioni relative alle distanze legali imposte dal piano di fabbricazione del 3 di 15 Comune di Mi silmeri, chi esero l'abbattimento delle fabbriche fino alla distanza prevista dallo strumento urbanisti co, nonch é il risarcimento dei danni subiti. 
I co nvenuti, costituitisi in giudizio, cont estarono l'assunto degli attori, as sumendo che gli asseriti d anni er ano conseguenza della carenza struttura le del fabbricato di questi ultimi e del maggior peso di cui essi lo avevano gravato, per aver costruito abusivamente un quarto pi ano non previsto nel progetto, e chiesero il rigetto del le domande. 
Nel corso del giudizio, gli attori chi esero e ottenner o di essere autorizzati a chiamare in gi udizio ### e ### na, ### e #### e #### cenzo e #### e ### o ### a, acquirenti degli app artamenti realizzati dai convenuti, i quali si costi tuirono, eccependo la loro mancanza di legittimazione passiva in re lazione al chiesto risarcimento del danno e concludendo per il rigetto delle domande attrici. 
Con sentenza n. 4714/2002 del 21 ottobre 2002, il Tribunale ordinò ai co nvenuti ### e ### di realizzare a propria cura e spese le opere indicate dal c.t.u. Ing. Benzi alle pagg. 21-22 della relazione, entro sei mesi dal la notifica della sentenza, e, in mancanza, diede facoltà agli attori di provvedervi a propria cura e a spese dei convenuti; condannò questi ultimi al risarcimento del danno e rigettò tutte le rimanenti domande formulate nei confronti dei convenuti e dei chiamati in giudizio, ivi compresa quella di demolizione delle parti di manufatto asser itamente realizzate in violazione delle distanze legali dal confine e tra gli edifici. 
Il giudizio di gravame, instaurato da ### e ### si concluse, nel la resistenza dei convenuti, che propos ero anche ap pello incidentale, con la sentenza n. 545/2009, con la 4 di 15 quale la Corte d'Appello di ### confermò la sentenza di primo grado, ril evando, quanto alla domanda di demolizione, che il ### di ### del Comune di ### prevedeva una distanza minima tra fabbricati con pareti finestrate di mt. 10 e una distanza dal confine di mt. 5, che la demolizione non poteva essere disposta, non essendo il fabbricato dei convenuti frontistante, ma posto in posizione obliqua rispetto a quello degli attori, con distanza dal confine variabile da mt. 5 a mt. 3, che il D.M. n. 1444 del 1968 non era immediata mente operativo nei rapporti tra privati e che la cond anna er a inopponibile ai terzi acquirenti, stante la mancata trascrizione della domanda giudiziale prima del loro atto di acquisto. 
Il gi udizio di legittimità, in staurato da ### etro e ### si concluse con la sentenza n. 10499 del 21/5/2015, con la quale questa Corte cassò la sentenza impugnata in relazione ai primi due motivi e rinviò alla Corte d'Appello di ### in diversa composizione, enunciando i seguenti principi di diritto: 1) le norme dei regolamenti edilizi che stabiliscono le distanze tra le co struzioni, e di esse dal confi ne, sono volte non so lo ad evitare la fo rmazione di interc apedini nocive tra edi fici frontistanti, ma anche a tutelare l' assetto urban istico di un a data zona e la densi tà edifi catoria in relazione all'am biente, sicché, ai fini del rispetto di tali norme, rileva la distanza in sé, a prescindere dal fatto che le costruzioni si fronteggino; 2) il D.M. n. 1444 del 1968, in quanto emanato su delega dell'art.  41-quinquies inserito nella legge 17 agosto 1942, n. 1150, dalla legge 6 agosto 1967, n. 765, art. 17, ha eff icacia di legge, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di distanza tra i fabbricati, cui i ### sono tenu ti a conformar si nella redazione o revisione dei loro strumenti urbanistici, prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, alle 5 di 15 quali si sostitui scono per in serzione automatica, con conseguente loro diretta operatività nei rapporti tra privati; 3) la sentenza pronunziata sul la domanda di actio n egatoria servitutis, diretta a denunziare la violazione delle distanze legali ad oper a del proprietario del fondo vicino e a ottener e l'arretramento della sua costruzione, ha effetto anche nei confronti dell'acquirente a ti tolo particolare della costruzione, che sia stato parimenti convenuto nel giudizio instaurato contro il suo dante causa, così assumendo la qu alità di parte del processo, senza che la mancata trascr izione della do manda giudiziale a norma dell'art. 2653, n.1 o n. 5, cod. civ. conferisca al med esimo acquirente il diritto di mantenere la distanza inferiore a quella legale.  ### etro e ### riassunser o il giudizi o nei confronti di #### e ### quali eredi di ### deceduto nelle more, e di tutti i terzi chiamati quali aventi causa a titolo particolare dei convenuti. 
Con la sentenza n. 818/2019, pu bblicata il ### 9, la Corte d'Appello di ### cond annò ### o e ### quali eredi di ##### etro, #### chio ###### Fav aró ##### io e ### in solido tra loro, al ripristino dello stato dei lu oghi n el rispetto delle distanze legali e, per l'effetto, a demolire le porzioni del fabbricato oggetto di causa esistenti a una distanza inferiore di mt. 5 dal confine col fondo di ### e ### e di mt. 10 dalla parete del fabbricato di proprietà di questi ultimi; dichiarò che #### To marchio Gi useppe, ###### 6 di 15 ### e ### o Giu seppa avevano diritto ad essere garantiti da ### e ### quali eredi di ### e da ### in solido tra loro, degli effetti pregiudizievoli derivanti dalla presente pronuncia e confermò per il resto l'impugnata sentenza.  2. Avve rso la suddetta sentenza ### o, ### onte ### e ### propongono ricors o per cassazione affidato a due motivi. ### resiste con controricorso, illustrato anche con memoria, mentre ### etro, #### To marchio #### ura #### ncenzo, ##### Far inella ### e ### son o rimasti intimati. 
Entrambe le parti hanno depositato memorie. 
Motivi della decisione 1. Occorre innanzitutto esaminare l'eccezione di inammissibilità del ricorso, proposta dal co ntroricorrent e, per non essere stato lo stesso notificato agl i eredi di ### decedut o il ###, prima della pubblicazione della sentenza impugnata, ma della cui morte - e dell'identità del relativo erede - i ricorrenti erano stati resi edotti in forma ufficiale attraverso la notificazione di atti giudiziari relativi a questo giudizio, ossia in seguito al ricorso per ese cuzione degli obblighi di far e derivanti dalla sentenza di primo grado, emessa dal Tr ibunale di Pal ermo n. 4/9 de l 21/10/2002, proposto da ### e ### quale erede di ### e notificato agli odierni ricorrenti, i quali si erano costituiti nel processo esecutivo con comparsa del 27/9/2017 anche nei confronti della medesima ### nella sua qualità di erede, co n conseguente in esistenza della notifica e ffettuata al procuratore costituito di ### non essendo applicabile il principio della c.d. ultrattività del mandato. 7 di 15 Tale eccezione non dà luogo all'inammissibilità del ricorso, essendo stato lo stesso c orrettamente notificato ad uno dei litisconsorti, ossia ### che si è difes o con controricorso, e dovendosi semmai disporre l'in tegrazione del contra ddittorio nei confronti degli eredi di ### Purtuttavia, il rispetto del diritto fondamentale a una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo a una sollecita definizi one dello stesso, tra i qu ali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché no n giustificate dal la struttura dialettica del processo e, in parti colare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzi e di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato a produrre i suoi effetti. Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti , disporre la fissazione di un termine per l'integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la conces sione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giud izio di cassazio ne senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell'effettività dei diritti processuali delle parti (Cass., Sez. 6-3, 17/6/201 9, n. 16141; Cass., Sez. 2, 21/5/2018, n. 12515). 
Quanto all a seconda ecce zione di inammissibilit à del ricorso, sollevata dal controricorrente, in ra gione della man cata applicazione dei criteri della sinteticità e specificità nella redazione dello stesso, si osserva che il ma ncato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva degli atti processuali, pur esprimendo un principio generale del diritto pro cessuale, espone 8 di 15 il ricorrente al risc hio di una declarator ia di inammi ssibilità dell'impugnazione, non già per l'irragionevole estensione del ricorso, non essendo tale violazione normativame nte sanzionata, ma in quanto rischia di pregiudicare l'intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l'esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse all a sentenza gravata, rid ondando nella violazione delle prescrizioni di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 366 cod.  proc. civ., ass istite - queste sì - da un a sanzione testuale di inammissibilità (in tal senso, Cass., Sez. 5, 21/03/2019, n. 8009). 
Il ricorso per cassazione deve, infatti, ess ere mo dulato, in conformità alle indicazioni della sentenza ### del 28 ottobre 2021 (causa Su cci ed altri c/###, secondo cri teri di sinteticità e chiarezza, realizzati dal richiamo essenziale degli atti e dei documenti per la parte d'interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l'atti vità del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certe zza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte e il diritto di accesso del la parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass., Sez. 3, 14/3/2022, n. 8117). 
Quest'ultimo principio trova, tuttavia, concreta appli cazione nell'esame delle singole censure, non potendo la sua violazione per una sola di esse atting ere automaticamente l' intero ricorso, ancorché lungo e articolato, specie quando, come in questo caso, il ricorso dà conto dell'andamento dei diversi gradi del giudizio e delle questioni negli stessi affrontate. 
Stesso discorso vale anche con riguardo all a terza eccezione d i inammissibilità, fondata sulla natura meritale delle questioni proposte, dovendo la stessa essere verifi cata co n riguardo a ciascuna censura. 9 di 15 2.1 Venendo al merito, con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli ar tt. 872, 873 cod. civ., del D.M. 2 aprile 1968, n. 9, e dei ### comunali in vigore, in relazione all'art. 360, primo com ma, n. 3, cod. proc . civ., per violazione, falsa ed errata interpretazion e delle indicate norme legislative; l'erronea interpre tazione delle conseguenze derivanti dall'applicazione della sentenza della Corte di Cassazione 10499/2015 alla luce delle violazioni urbanistiche effettuate dagli appellanti in riassunzione e con riferi mento alla normativa di cui all'art. 31, comm a 3, d. P.R. 6 giugno 2001, n. 3 80, nonché dell'attuale inesistenza della titolarità del titolo giustificativo da parte di ### e ### I ricorrenti hanno in particolare rilevato che i du e edifici limitrofi formavano una “chiostrina” non accessibile da terzi e che in tale fattispecie non era rilevabile alcuna violazione di distanza a car ico dei convenuti in riassunzione, né dei loro aventi causa. 
Peraltro, er a venuta meno la titolarità dell'a zione in capo agli originari attori e la stessa possibilità di dare esecuzione al giudicato per quanto riguarda la riduzione in pristino e le relative demolizioni, in quanto la loro unità immobiliare, eseguita in difformità dal titolo edilizio, era stata investit a dall'ordin anza di demolizione n. 4 del 21/8/2018 emessa dal Comune di Mi silmeri (non sos pesa, né riformata dall'adito T.A.R. Sicilia), la quale, rimasta in esegui ta come da accer tamento del 2/4/2019, prot. 11716, era stata seguita dall'ordinanza n. 3 del 2/4/2019, con la quale il medesimo Comune aveva in giunto ai predetti il pagamento della sanzione amministrativa di euro 20.000,00, sicché il bene, a norma dell'art.  31 d.P.R. n. 380 del 2001, era divenuto ope legis di proprietà del Comune allo sca dere del t ermine fissato per la sua demolizione. 
Infine, ad avviso dei ricorrenti, l'accertamento della Corte d'Appello 10 di 15 era risultato lacunoso, erroneo e contraddittorio su punti fondamentali della controversia.  2.2 Il primo motivo è infondato. 
Quanto alla questione della chiostrina, il motivo non si confronta con la ratio decidendi fondata sulla violazi one della distanza tra pareti finestrate, la quale è stata accertata con efficacia di giudicato interno, senza che però sia stata formulata alcuna specifica censura sulla violazione del giudicato. 
Va, peraltro, ricordato che, in tema di distanze tra costruzioni, l'art.  9, comma 2, del d.m. n. 1444 del 1968, essendo stato emanato sulla base dell'art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942 (cd.  legge urbanistica), aggiunto dall'art. 17 del la legge n. 765 del 1967, ha efficacia di legge dello Stato, sicché le sue disposizioni in tema di limiti ind erogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostitui scono per inserzione automatica (Cass., Sez. 2, 15/1/2021, n. 624), così come si estendono anche ai comuni dotati di regolamento edilizio, se esso è privo di norme disciplinanti i distacchi tra costruzi oni, fermo restando, per i regolamenti approvati dopo l'entrata in vigore della legge n. 765, l'obbligo di rispettare la norma sul distacc o minimo di dieci metri tra pareti finestrate, stabilito dal d.m. n.1444 del 1968, potend o detti regolam enti solo preveder e un distacco maggiore (Cass., Sez. 2, 07/06/2006, n. 13 338; Cass., Sez. 2, 10/09/2013, n. 2 0713). Ne consegue che sarebbe illegittima una previsione regolamentare che imponga il rispetto di una distanza minima di dieci metri tra pareti soltanto per i tratti dotati di fin estre, con esoner o di quelli ciechi (C ass., Sez. 2, 02/03/2018, n. 5017).  2.3 Con riguardo alla seconda questione proposta, va, innanzitutto, rilevato che i ricorrenti han no depositato, unitamente al ricorso, 11 di 15 l'ordinanza di demolizione n. 4 del 21/8/201 8 del Comune di ### l'ordinanza di rigetto della chiesta sospensiva sul ricorso 2012/2018 depositata dal T.A.R. Sicilia-Sez. ### pubblicata il ###; l'ord inanza di rigetto del Consiglio di ### zia ### della ### della chiesta riforma della superiore ordinanza cautelare del T.A.R. n. ###/2018, pubblicata il ###; la memoria di costituzione del Comune di ### nel giudizio 2012/2018 davanti al T.A.R., Sez. 2, di ### i motivi aggiunti al ricorso T.A.R. Rg. 2012/2018, depositati nell'interesse di ### tonino e consorti in d ata 30/5/2019, attestanti la mancata ottemperanza all'or dine di demolizione n. 4 del 21/8/2018, in virtù di accertamento de 2/4/2019, prot. 11716, documenti che non risultano prodotti nel giudizio di rinvio. 
In relazione a ciò, assume, dunque, rilievo l'ammissibilità (o meno) delle nuove produzioni documentali attinenti alla permanenza della proprietà, in capo ai controricorrenti, dell'immobile interessato dalla violazione delle distanze a opera della costruz ione realizzata nel fondo confinante dai ricorrenti. 
Al riguardo, si osserva che, come già affermato da questa Corte, nel giudi zio di legittimità, secondo quanto di sposto dall'art. 372 cod. proc. civ., non è ammesso il deposito di atti e documenti che non siano stati prodotti nei precedenti gradi del processo (Cass., Sez. 1, 12/11/2018, n. 2 8999; Cass., Sez. 1, 31/03/2011, 7516), ove concernano la fondatezza nel merito della pretesa, per far valere i quali, se rinvenuti dopo la scadenza dei termini, la parte che ne assuma la decisività può esperire esclusivamente il rimedio della revocazione straordinaria ex art. 395, n. 3, cod. proc.  (Cass., Sez. L, 12/07/2018, n. 18464), mentre è ammesso quando i documenti riguardino l'ammissibilità del ricorso e del controricorso ovvero concernan o nullità inficianti direttam ente la decisione impugnata (Cass., Sez. 1, 12/11/2018, n. 2899 9; Cass., 12 di 15 Sez. 1, 31/03/2011; 7516), ov vero attengano, nonostante il testuale riferimento alla sola inammissibi lità del ricorso, alla proponibilità, procedibilità e proseguibilità del ricorso medesimo, inclusi quelli di retti a evidenziare la cessazione del la materia del contendere per fatti so pravvenuti che elidano l'interesse alla pronuncia sul ricorso, pu rché riconosciuti e ammessi da tutti i contendenti (Cass., Sez. 2, 29/2/2016, n. 3934; conf.  25/5/1987, n. 4693; Cass., Sez. 1, 10/03/1980, n. 1579), nel qual caso essi vanno prodotti entro il termine stabilito dall'art. 369 cod.  proc. civ., rim anendo inammissibile la loro produzione in allegato alla memoria difen siva di cui all'art. 378 cod. proc. civ. (Cass ., Sez. 1, 12/11/2018, n. 2 8999; Cass., Sez. 1, 31/03/2011, 7516). 
Nella specie, il sopravven uto difetto di interesse, alla cui valutazione tende la censura, non è riconosciuto e ammesso dai contendenti, come richiesto dai principi sopra ricordati, avendo essi contestato l'inammissibilità della questione dedotta, peraltro ancora soggetta, a loro dire, al vaglio del giudice amministrativo. 
Ne co nsegue l'inammissibili tà del motivo, potendo la questione essere sollevata in sede ###il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 384 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione, falsa ed errata interpretazione del D.M. 2 aprile 1968, n. 9, n onché dei ### comunali richi amati, con conseguente mancato accertamento istruttorio, per avere i giudici di merito ritenu to di non dover procedere ad alcun accertamento ulteriore, richiamando la preclusione di cui all'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., e ritenendo irrilevante la dedotta inaccessibilità dell'in tercapedi ne esistente tra i fabbricati da parte di terzi e l'inferiorità del le distanze calcolate rispetto a quelle mini me previste dal 13 di 15 Regolamento edilizio del Comune di ### e dal D.M. n. 1444 del 1968, senza considerare che le risultanze dell'accertamento del c.t.u. ### dove vano essere integrate o considerate nella loro interezza, oltreché rivalutate, dopo trent'anni, alla luce di eventuali modifiche agli strumenti urbanistici. Ad avviso dei ricorrenti, infatti, i giudici non avevano considerato che i due edifici formavano una chiostrina non accessibile da terzi, secondo le dimensioni descritte nel ### di ### del Comune, che non imponeva il rispetto di distanze e che avrebbe imposto un supplement o di perizia.  2.2 Il secondo motivo è parimenti inammissibile. 
Il giudizio di rinvio costituisce, infatti, un processo chiuso tendente ad un a nuova statuizione (nell'ambito fissato dalla sentenza di cassazione) in sostituzione di quella cassata, nel quale oggetto e limiti sono delimitati dalla sentenza di ann ullamento (ad es. da ultimo Cass. Sez. 5, 09/06/2020, n. 10953). 
In particolare, i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o fal sa appli cazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a pu nti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ex art. 384, primo comma, cod.  proc. civ., al principio di diritt o enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificar e l'accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; mentre, nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statui zione da rendere in sostituzi one di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza, infine, la sua potestas iu dicandi, oltre ad estrin secarsi nell'applicazione del principio di diritto, p uò comportare la 14 di 15 valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione, nel rispetto del le preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita in base alle direttive impartite dalla decisione di legittimità (Cass. Sez. L., 6/4/2004, n. 6707; Cass. Sez. 1, 7/8/2014, n. 17790; conf. Cass. n. 13719 del 2006; Cass. Sez. L., 24/10/2019, n. 27337; Cass. Sez. 2, 14/1/2010, 448). 
Nella specie, rileva la prima situazione, avendo ques ta Corte espresso alcuni principi di diritto, ai quali i giudici del rinvio erano tenuti a uniformarsi alla stregua della situazione di fatto già rimasta accertata. 
La censura investe, peraltro, un tema non devoluto al giudice di rinvio ed è di tipo esplorativo, oltre che priva di specificità.  3. In conclusi one, dichiarata l'infondatezza del prim o motivo e l'inammissibilità del secondo, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio, li quidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e devono essere poste a carico dei ricorrenti. 
Considerato il tenore del la pronuncia, va dato atto - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 - della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione del l'impugnazione, se dovuto.  P.Q.M.  Rigetta il ricorso. ### i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in ### 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfet tarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in ### 200,00 ed agli accessori di legge. 
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la 15 di 15 sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso in ### il ###.   

Giudice/firmatari: Orilia Lorenzo, Pirari Valeria

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Corte di Cassazione, Sentenza n. 4523/2022 del 11-02-2022

... quarto comma, c.c. Rimedio, quest'ultimo, a contenuto cautelare e preordinato ad assicurare al legittimario la sospensione del termine per la proposizione della domanda di restituzione di cui al già richiamato art. 563, primo comma, Dalle esposte considerazioni discende che l'azione di accertamento della natura simulata di un negozio giuridico dissimulante una donazione si atteggia diversamente, a seconda che essa sia proposta in relazione ad una domanda di riduzione della liberalità, ovvero all'esercizio del rimedio di cui al richiamato art. 563, quarto comma, c.c. Nel primo caso, l'azione è esperibile solo dopo la morte del donante, e l'erede è tenuto a fornire la prova dell'effettiva lesione del suo diritto di legittima; nel secondo caso, invece, il coniuge o il parente in linea retta del disponente non deve dimostrare l'esistenza della lesione delle sue aspettative successorie, essendo sufficiente l'idoneità, in astratto, dell'atto ad incidere sulle predette aspettative. Il differente regime della prova nelle due ipotesi si giustifica in considerazione della diversità degli effetti che si producono a carico del donatario, o dei suoi aventi causa. ### vittorioso dell'azione di (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE ### Composta dagli ###mi Sigg.ri Magistrati: ###. ### - Presidente - ###. ### - ### - Dott. ### - ### - Ud. 20/10/2021 - ###. ### - ### - R.G.N. 3735/201
Dott. ### - ###- Rep.  ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 3735-2016 proposto da: ### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avvocato ### TESTA, che lo rappresenta e difende un itam ente agli avvocati ### E ### - ricorrente - contro ### e ### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avvocato ### : #### pubblicazione: 11/02/###orte di Cassazione - copia non ufficiale 2 di 14 ### rappresentati e difesi dall'avvocato ### CHIARELLI - controricorrenti - avverso la sentenza n. 1746/2015 della CORTE ### di VENEZIA, depositata il ###; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/10/2021 dal #### viste le conclusioni scritte depositate dal P.G., nella persona del #### il quale ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l'### per la parte ricorrente, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso; udito l'### per la parte controricorrente, che ha concluso per il rigetto del ricorso ### atto di citazione notificato il #### evocava in giudizio i genitori ### e ### innanzi il Tribunale di Padova, invocando l'accertamento della natura simulata di due atti di trasferimento immobiliari con i quali gli stessi avevano acquistato, in parti uguali, nel 1972 e nel 1973, diverse porzioni di un immobile di pregio, denominato palazzo ### sito in #### l'attore, il bene era stato acquistato con denaro di esclusiva proprietà del padre, notaio in ### e di conseguenza l'acquisto dissimulava in realtà una donazione, da parte del padre ed in favore della madre, della metà indivisa dell'immobile. ### invocava dunque l'accertamento della reale natura liberale dell'operazione, nonché della potenzialità lesiva che detto atto avrebbe potuto arrecare ai suoi diritti di legittimario in relazione alla successione paterna, per la tutela dei quali egli aveva notificato e trascritto atto di opposizione ai sensi dell'art. 563, quarto comma, Corte di Cassazione - copia non ufficiale 3 di 14 Si costituivano con separate comparse i convenuti, resistendo alla domanda ed eccependo entrambi l'inammissibilità della domanda di simulazione per difetto di legittimazione ad agire del ### l'abuso dello strumento processuale; il difetto di integrità del contraddittorio, per il caso in cui la domanda fosse interpretata come diretta a far accertare una interposizione fittizia di persona, in conseguenza della mancata evocazione in giudizio dei venditori dell'immobile oggetto di causa; l'infondatezza, nel merito, della domanda. In via riconvenzionale, entrambi i convenuti invocavano la condanna del ### al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c., evidenziando che il palazzo era stato ceduto a terzi per un valore notevolmente inferiore a quello di mercato, anche in conseguenza delle trascrizioni derivanti dalle iniziative giudiziarie poste in essere dal predetto. La sola ### invocava inoltre l'accertamento dell'intervenuto acquisto a suo favore, per usucapione, della metà indivisa dell'immobile oggetto di causa. 
Con sentenza n. 760/2014 il Tribunale dichiarava inammissibile la domanda principale di simulazione, ordinando la cancellazione della trascrizione dell'atto introduttivo del giudizio. 
Interponeva appello l'originario attore avverso tale decisione e la Corte di Appello di Venezia, con la sentenza impugnata, 1746/2015, definita non definitiva e pronunciata nelle forme di cui all'art. 281 sexies c.p.c., rigettava il gravame, confermando la carenza di legittimazione ad agire in capo all'appellante. ### la Corte di Appello, il giudice di primo grado aveva correttamente rilevato che il rimedio previsto dall'art. 563, quarto comma, c.c. si applica soltanto alle donazioni dirette, e non anche a quelle indirette, e solo a condizione che detti atti siano stati conclusi e trascritti dopo l'entrata in vigore della ### n. 80 del 2015. 
Sempre secondo la Corte distrettuale, pur considerando che, a norma dell'art. 1415, secondo comma, c.c., il terzo può far valere Corte di Cassazione - copia non ufficiale 4 di 14 la simulazione nei confronti delle parti, quando l'atto pregiudica i suoi diritti, il figlio non avrebbe legittimazione attiva, prima dell'apertura della successione dei suoi genitori, in relazione alla domanda di simulazione di una donazione compiuta dal genitore, ancora in vita, in favore di un terzo. Ciò, perché al figlio non competerebbe alcun diritto sul patrimonio dei genitori prima dell'apertura della loro successione, neanche in qualità di futuro legittimario. Inoltre, la Corte di Appello ha ritenuto che, nel caso di donazione indiretta, il cespite non entra a far parte del patrimonio del disponente, ragion per cui il legittimario i cui diritti siano lesi da tale genere di liberalità non avrebbe comunque titolo per esercitare il rimedio di cui all'art. 563, quarto comma, c.c., che è teso ad assicurare il recupero alla massa del bene che sia stato donato a terzi dal de cuius in vita. Al massimo, egli potrebbe proporre l'azione di riduzione della donazione, per far valere, nei confronti degli eredi del disponente, un diritto di credito avente ad oggetto il controvalore in denaro del bene oggetto di liberalità indiretta. 
Propone ricorso per la cassazione di detta sentenza ### affidandosi ad un unico motivo.  ### e ### (quest'ultima, erede di ### resistono con controricorso. 
Il ricorso è stato chiamato una prima volta all'adunanza camerale del 18 maggio 2021, in prossimità della quale la parte ricorrente ha depositato memoria, e rinviato a nuovo ruolo affinché fosse trattato in udienza pubblica. 
In prossimità di quest'ultima, la parte ricorrente ha depositato ulteriore memoria, chiedendo la discussione orale, ai sensi di quanto previsto dal D. L. n. 137 del 2020, convertito in ### 176 del 2020.  ###.G., nella persona del #### ha depositato conclusioni scritte, concludendo per il rigetto del ricorso. 
Corte di Cassazione - copia non ufficiale 5 di 14 RAGIONI DELLA DECISIONE Con l'unico motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello, confermando la statuizione del Tribunale, ha ravvisato la sua carenza di legittimazione ad agire. 
Ad avviso del ricorrente, infatti, l'azione era stata proposta ai sensi dell'art. 563 c.c., come modificato per effetto dell'entrata in vigore della ### n. 80 del 2005, e pertanto avrebbe dovuto essere considerata utilmente esperibile, dal legittimario, anche prima dell'apertura della successione del disponente. In sostanza, il legittimario in pectore avrebbe diritto di conseguire, mediante l'azione di simulazione della liberalità indiretta compiuta dal proprio genitore in vita, la facoltà di esercitare il rimedio di cui all'art. 563, quarto comma, c.c. ### di simulazione, infatti, consentirebbe di recuperare il bene al patrimonio del disponente e di esercitare sullo stesso la pretesa di restituzione, anche dopo il decorso del termine di vent'anni dal compimento e dalla trascrizione dell'atto donativo, che costituisce l'effetto del rimedio di cui all'art. 563, quarto comma, c.c. In altri termini, per effetto della novella del 2005, che ha introdotto il predetto rimedio, il legittimario non dovrebbe più -come primaattendere il decesso del proprio dante causa per far valere la natura simulata di un determinato atto di liberalità eseguito in vita dal genitore in favore di terzi, ma potrebbe attivarsi subito esercitando -e trascrivendo sull'immobile tanto la domanda di simulazione, che l'opposizione di cui all'art.  563 c.c. La prima domanda, infatti, costituirebbe il presupposto logico per il ricorso al rimedio di cui all'art. 563 c.c., poiché l'effetto recuperatorio assicurato da quest'ultimo, anche in relazione alle donazioni eseguite e trascritte oltre vent'anni prima del decesso del disponente, si produrrebbe solo a condizione che sia stata accertata la natura, appunto, donativa di un diverso negozio giuridico compiuto in vita dal de cuius. 
La censura è infondata. 
Corte di Cassazione - copia non ufficiale 6 di 14 ### proposta dall'odierno ricorrente si fonda sul presupposto, in fatto, che il compendio immobiliare oggetto dei due atti di compravendita contestati, risalenti rispettivamente al 13.12.1972 e al 19.4.1973, in virtù dei quali i suoi genitori ne avevano acquistato, in parti uguali tra loro, la piena proprietà, fosse stato, in realtà, pagato per intero con denaro di proprietà esclusiva del padre. ### della metà indivisa del bene a favore della madre, pertanto, avrebbe integrato -nell'ipotesi prospettata dall'odierno ricorrenteun atto di liberalità da parte del padre in favore della madre. Rispetto a tale donazione il ricorrente -in quanto figlio, e dunque parente in linea retta, del disponente avrebbe titolo per esperire, anche prima dell'apertura della successione del disponente, l'azione prevista dall'art. 563 c.c., come novellato per effetto dell'entrata in vigore della ### n. 80 del 2005. Tale disposizione, in particolare, autorizza il coniuge ed i parenti in linea retta del disponente alla notificazione ed alla trascrizione di un atto di opposizione alla donazione, opponibile sia al donatario che ai suoi aventi causa, allo scopo di impedire il decorso del termine di vent'anni dalla trascrizione della donazione, entro il quale, a norma dell'art. 563, primo comma, c.c., il legittimario, salva la preventiva escussione dei beni del donante, può chiedere la restituzione dell'immobile anche agli aventi causa del donatario. 
Per inquadrare correttamente la questione occorre considerare innanzitutto la natura dell'opposizione di cui all'art. 563, quarto comma, c.c. Essa non assicura alcuna tutela attuale al legittimario, ma gli consegna soltanto un risultato ipotetico e futuro: per effetto dell'opposizione, infatti, il legittimario potrà esercitare, anche in relazione alle donazioni eseguite del suo dante causa e trascritte da oltre vent'anni, l'azione di riduzione della liberalità e, in caso di buon esito di quest'ultima, potrà esigere la restituzione del bene donato anche nei confronti del donatario o, nell'incapienza di Corte di Cassazione - copia non ufficiale 7 di 14 questi, dei suoi aventi causa, giusta la disposizione di cui art. 563, primo comma, c.c. In altri termini, con l'opposizione di cui all'art.  563, quarto comma, c.c., il legittimario si pone nella condizione per cui, se al momento di apertura della successione del suo dante causa la donazione risulterà effettivamente lesiva della quota di legittima, se verrà pertanto esperita fruttuosamente l'azione di riduzione di detto atto liberale, e se il donatario risulterà incapiente, allora egli legittimario potrà agire nei confronti degli aventi causa del donatario per pretendere, ai sensi dell'art. 563, primo comma, c.c., la restituzione del cespite oggetto della liberalità. Perché il legittimario possa esercitare la domanda di cui al ridetto primo comma dell'art. 563, dunque, devono concorrere tutte le suindicate condizioni, e deve esser stata eseguita e trascritta l'opposizione di cui al quarto comma della citata disposizione. 
Quest'ultima, dunque, rappresenta un rimedio a contenuto essenzialmente cautelare, finalizzato ad assicurare, in favore del legittimario pretermesso, o leso nelle sue aspettative ereditarie, la possibilità di esercitare, nella ricorrenza di una serie di condizioni previste dalla norma, il diritto di seguito sul cespite donato dal proprio dante causa. Con l'opposizione di cui all'art. 563, quarto comma, c.c., in definitiva, il coniuge o parente in linea retta del disponente evita che sul bene conteso si possano, per effetto degli atti di disposizione compiuti dal donatario, consolidare diritti di terzi, acquirenti di buona fede. 
Resta tuttavia fermo che sia l'azione di riduzione della donazione (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4021 del 21/02/2007, Rv. 595399) che quella di restituzione di cui all'art. 563, primo comma, c.c. sono esperibili dal legittimario soltanto dopo l'apertura della successione del suo dante causa, poiché solo in quel momento sarà, in concreto, possibile verificare se l'atto di liberalità oggetto Corte di Cassazione - copia non ufficiale 8 di 14 dell'opposizione possa, o meno, rivelarsi lesivo delle aspettative ereditarie del legittimario stesso. 
Ciò posto, occorre verificare se questo schema sia applicabile, ed in quali limiti, agli atti di liberalità che siano realizzati dal disponente, in vita, con ricorso a strumenti diversi dalla donazione. 
Va infatti considerato che lo scopo donativo può essere realizzato anche attraverso la conclusione di negozi giuridici aventi caratteristiche formali non corrispondenti al tipo legale della donazione. 
Sul punto, questa Corte ha ammesso l'esperibilità dell'azione finalizzata all'accertamento della natura simulata di un negozio giuridico dissimulante una donazione, anche prima dell'apertura della successione del donante, allo scopo di poter esercitare utilmente il rimedio di cui all'art. 563 c.c. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11012 del 09/05/2013, Rv. 626337, in motivazione, pagg. 16 e s.). Per poter utilmente trascrivere un atto di opposizione alla donazione asseritamente lesiva delle sue aspettative, infatti, il coniuge o parente in linea retta del disponente, le cui aspettative successorie siano poste a rischio da un atto di liberalità realizzato attraverso uno strumento negoziale diverso dal tipo legale della donazione, deve previamente ottenere un accertamento giudiziale della natura sostanzialmente donativa del predetto negozio. In tale evenienza, l'azione di simulazione non è finalizzata all'esercizio dell'azione di riduzione -insieme alla quale essa rimane pacificamente esperibile dopo l'apertura della successione del disponente, senza le limitazioni probatorie previste per le parti dall'art. 1417 c.c., in ragione della qualità di terzo del legittimario, rispetto al contratto simulato (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14562 del 30/07/2004, Rv. 575126; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24134 del 13/11/2009, Rv. 610015; Cass. Sez. 3, Sentenza 8215 del 04/04/2013, Rv. 625756; Cass. Sez. 2, Ordinanza 15510 del 13/06/2018, Rv. 649176 )- né a quella di restituzione di Corte di Cassazione - copia non ufficiale 9 di 14 cui all'art. 563, primo comma, c.c., ma è diretta al più circoscritto scopo di conseguire una pronuncia di accertamento che costituisca, a sua volta, il presupposto necessario affinché il coniuge, o parente in linea retta, del disponente possa notificare, e soprattutto trascrivere, sul bene immobile oggetto del negozio dissimulato di donazione, l'atto di opposizione di cui all'art. 563, quarto comma, c.c. Rimedio, quest'ultimo, a contenuto cautelare e preordinato ad assicurare al legittimario la sospensione del termine per la proposizione della domanda di restituzione di cui al già richiamato art. 563, primo comma, Dalle esposte considerazioni discende che l'azione di accertamento della natura simulata di un negozio giuridico dissimulante una donazione si atteggia diversamente, a seconda che essa sia proposta in relazione ad una domanda di riduzione della liberalità, ovvero all'esercizio del rimedio di cui al richiamato art. 563, quarto comma, c.c. Nel primo caso, l'azione è esperibile solo dopo la morte del donante, e l'erede è tenuto a fornire la prova dell'effettiva lesione del suo diritto di legittima; nel secondo caso, invece, il coniuge o il parente in linea retta del disponente non deve dimostrare l'esistenza della lesione delle sue aspettative successorie, essendo sufficiente l'idoneità, in astratto, dell'atto ad incidere sulle predette aspettative. 
Il differente regime della prova nelle due ipotesi si giustifica in considerazione della diversità degli effetti che si producono a carico del donatario, o dei suoi aventi causa. ### vittorioso dell'azione di riduzione implica infatti l'inefficacia dell'atto di liberalità nei confronti dell'erede che agisce in riduzione, e dunque comporta un diretto pregiudizio, sia per il donatario, che, nell'incapienza di quest'ultimo, per i suoi aventi causa, nei confronti dei quali il legittimario pretermesso o leso nella sua quota riservata può esercitare l'azione di cui all'art. 563, primo comma, c.c. Al contrario, l'opposizione di cui all'art. 563, quarto comma, c.c. ha il Corte di Cassazione - copia non ufficiale 10 di 14 solo scopo di sospendere il decorso del termine ventennale per l'esercizio dell'azione di restituzione prevista dal primo comma della disposizione da ultimo richiamata. 
Per completezza, occorre anche considerare che l'intento liberale può, in concreto, essere realizzato mediante la messa a disposizione, da parte del disponente, di una somma di denaro necessaria a consentire, da parte del ricevente, l'acquisto di un bene immobile. In tali ipotesi, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, occorre distinguere il caso in cui la liberalità abbia ad oggetto il denaro, poi eventualmente utilizzato dal donatario per l'acquisto di un immobile, da quello -diversoil cui il donante fornisca il denaro, quale mezzo per l'acquisto dell'immobile, che -in tale evenienzacostituisce esso stesso l'oggetto della donazione, in funzione dello stretto collegamento esistente tra elargizione del denaro ed acquisto del cespite ( Sez. U, Sentenza n. 9282 del 05/08/1992, Rv. 478443; Sez. 2, Sentenza n. 5310 del 29/05/1998, Rv. 515917; Sez. 2, Sentenza n. 12563 del 22/09/2000, Rv. 540389; Sez. 2, Sentenza n. 13619 del 30/05/2017, Rv. 644326). Solo nella ricorrenza della seconda ipotesi, evidentemente, si potrebbe ipotizzare un margine di esperibilità del rimedio di cui all'art. 563, primo comma, c.c., poiché esso -nell'assicurare la restituzione del benepresuppone logicamente che la liberalità abbia ad oggetto quest'ultimo, e non il denaro utilizzato per il suo acquisto. Dal che consegue che, per poter esercitare l'azione di accertamento della natura simulata di un negozio dispositivo avente ad oggetto un immobile, in funzione dell'esperimento del rimedio di cui all'art.  563, quarto comma, c.c., a sua volta finalizzato al successivo avvio della domanda di restituzione ex art. 563, primo comma c.c., l'attore è tenuto a dimostrare che la liberalità indiretta abbia avuto ad oggetto direttamente il bene, e non invece il denaro, o altro Corte di Cassazione - copia non ufficiale 11 di 14 valore, utilizzato per realizzare il successivo acquisto di un immobile. 
In linea teorica, quindi, l'azione di simulazione di un contratto dissimulante una donazione di un bene immobile può essere esperita, dal coniuge o dal parente in linea retta del disponente, anche prima dell'apertura della successione di quest'ultimo, allo specifico scopo di consentire l'opposizione di cui all'art. 563, quarto comma, c.c. e di rendere, in futuro, possibile l'esperimento della domanda di restituzione del bene donato di cui all'art. 563, primo comma, c.c. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22457 del 09/09/2019, Rv. 655219). 
A ciò, tuttavia, non consegue l'accoglimento della censura proposta dal ### Quest'ultimo, infatti, ha proposto, con atto di citazione notificato il ###, l'azione di simulazione nei confronti di due atti di compravendita, rispettivamente rogati il ### (atto a rogito del notaio ### in ### rep.  60.416, fasc. 11.535) e al 19.4.1973 (atto a rogito del medesimo notaio, rep. 61.435, fasc. 11.755) e debitamente trascritti. Al momento dell'esercizio della domanda, quindi, era ampiamente decorso il termine di venti anni dal compimento e dalla trascrizione dell'atto di liberalità, o presunto tale. 
Il ricorrente, sul punto, dà atto che la novella del 2005 non ha previsto alcuna disposizione transitoria e propone, in coerenza con l'interpretazione che di tale norma ha fornito una parte della dottrina, una lettura evolutiva, nel senso di ritenere che il nuovo sistema si applichi a tutte le donazioni eseguite prima dell'entrata in vigore della legge n. 80 del 2005, a prescindere dalla loro data. 
Il termine ventennale entro il quale il legittimario pretermesso, o leso nei suoi diritti, può esercitare il rimedio di cui all'art. 563, primo comma, c.c., dunque, decorrerebbe dalla data di entrata in vigore della richiamata novella del 2005 (cfr. pag. 19 del ricorso). 
La nuova disciplina, in sostanza, non inciderebbe “… sulla Corte di Cassazione - copia non ufficiale 12 di 14 donazione come fatto in sé considerato, bensì sul diritto del legittimario in pectore a neutralizzare gli effetti lesivi della donazione stessa, imponendogli un onere di opposizione ove voglia conservare integra la possibilità futura di agire in restituzione nei confronti dei terzi acquirenti senza limiti temporali” (cfr. pag. 17 del ricorso). ### viene ripreso anche nella memoria depositata dal ### in prossimità dell'udienza pubblica, con la quale il ricorrente risponde alle conclusioni scritte depositate dal P.G. ### quest'ultimo, il rimedio di cui all'art.  563 c.c. sarebbe certamente applicabile anche alle donazioni eseguite prima dell'entrata in vigore della legge n. 80 del 2005, proprio a causa dell'assenza di norme di diritto intertemporale, ma soltanto a condizione che, in relazione a detti atti, non sia ancora decorso il termine di venti anni previsto dal primo comma del richiamato art. 563 c.c. (cfr. pag. 3 delle conclusioni del P.G.). Il ricorrente contesta tale interpretazione, sostenendo che la disposizione di cui all'art. 563, quarto comma, c.c., in quanto finalizzata alla salvaguardia non di un diritto, ma di una mera aspettativa, del legittimario, avrebbe necessariamente ad oggetto posizioni soggettive preesistenti tanto all'apertura della successione che all'entrata in vigore della novella del 2005. Il termine ventennale, dunque, non potrebbe che essere computato a decorrere dal momento in cui il rimedio di cui all'art. 563 c.c., nel testo derivante dalla predetta novella del 2005, è divenuto esperibile, e quindi dalla data di entrata in vigore della predetta nuova disciplina. 
La tesi non è fondata. ### logico del ricorrente, in realtà, presupporrebbe l'esistenza di una norma di diritto intertemporale, che autorizzasse l'esperimento del rimedio previsto dalla novella del 2005 a tutte le donazioni anteriori, senza alcun limite di tempo, purché entro il termine di venti anni dall'entrata in vigore della nuova normativa. ### di una simile disposizione, Corte di Cassazione - copia non ufficiale 13 di 14 riconosciuta anche dallo stesso ricorrente, non consente tuttavia di accedere a tale ipotesi, poiché il tenore letterale della norma evidenzia che l'unico termine previsto per il ricorso all'opposizione di cui al quarto comma dell'art. 563 c.c. è quello indicato dal primo comma, ovverosia venti anni dalla trascrizione della donazione. 
Termine che, nel caso di specie, era ampiamente decorso al momento dell'introduzione della domanda del ### In definitiva, va affermato che l'opposizione di cui all'art. 563, quarto comma, c.c., è esperibile, in relazione alle donazioni compiute dal disponente e potenzialmente lesive dei diritti del legittimario, anche prima dell'apertura della successione del primo. 
Quando essa ha ad oggetto un atto di liberalità indiretta, inoltre, il legittimario è titolato ad agire per ottenere l'accertamento della natura simulata del negozio dissimulante la liberalità potenzialmente lesiva delle sue aspettative. Tuttavia, poiché l'azione di restituzione prevista dall'art. 563, primo comma, c.c., è ammessa soltanto qualora non siano decorsi vent'anni dalla trascrizione della donazione, e considerato che l'opposizione di cui al quarto comma del richiamato art. 563 c.c. è tesa ad assicurare, in favore del coniuge o parente in linea retta del disponente, unicamente la sospensione del termine ventennale di cui al primo comma, l'esercizio della stessa non è consentito in relazione ad atti di liberalità, diretti o indiretti, che siano stati trascritti da oltre venti anni. Non avrebbe, infatti, alcun senso logico ipotizzare, a favore del legittimario, l'esercizio di uno strumento cautelare finalizzato all'esperimento di una domanda non più proponibile. 
Il ricorso va pertanto rigettato. 
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. 
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell'art.  13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore Corte di Cassazione - copia non ufficiale 14 di 14 importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione, se dovuto.  PQM la Corte riget ta il ricorso e condanna la parte ricorre nte al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 7.500, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge. 
Ai sensi d ell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Così deciso in ### nella ca mera di consiglio della seconda sezione civile, in data 20 ottobre 2021 ### (R.M. #### (S. ### Numero registro generale 3735/2016
Numero sezionale 2238/2021
Corte di Cassazione - copia non ufficiale

causa n. 3735/2016 R.G. - Giudice/firmatari: Di Virgilio Rosa Maria, Oliva Stefano, D'Urso Giuseppina

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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 20225/2025 del 19-07-2025

... seguenti sanzioni d iscip linari: a) la censura; b) la sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio fino a un mese; c) la sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio da oltre un mese a sei mesi; d) la sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio per un periodo di sei mesi e l'utilizzazione, trascorso il tempo di sospensione, per lo svolgime nto di com piti diversi d a quelli inerenti alla funzione docente o direttiva; e) la destituzione». Le sanzioni previste dalle lettere a), b), c) e d) sono, allora, di carattere conservativo presu pponendo la permanenza del rapporto lavorativo , la sanzione della destituzione, pre vista dalla lettera e) della stessa disposizione è di carattere definitivo dando luogo alla risoluzione del rapporto e alla destituzione dal pubblico impiego. 2.1. ###. 501 del testo unico, n el disciplinare la riabilitazione stabilisce: «1 . Trascorsi due anni dalla data dell'atto con cui fu inflitta la sanzione disciplinare, il dipendente che, a giudizio del comitato per la valutazione del servizio, abbia mantenuto condotta meritevole, può chiedere che siano resi nulli gli effetti della sanzione, esclusa ogni efficacia retroattiva. 2. Il termine di cui al comma 1 è (leggi tutto)...

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ORDINANZA sul ricorso 27056-2022 proposto da: ### rappresentata e difesa dall'avvocato ### SANTULLI; - ricorrente - contro ###'#### (già ###, in persona del ### pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall'###; - controricorrente - avverso la senten za n. 4 15/2022 della ####'APPELLO di MILANO, depositata il ### R.G.N. 65/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/05/2025 dal ###. ####.G.N. 27056/2022 Ud. 22/05/2025 ### di causa: 1. Con ricorso innanzi al Tribunale di Pavia, in funzione di giudice del lavoro, ### conveniva in giudizio il ### ed esponeva di essere entrata in servizio nel 2006 quale docente di scuola primaria a seguito di concorso, di aver prestato attività quale docente per due anni e di avere di seguito usufruito di aspettative dal 2009 al 2017, di aver rasseg nato le proprie dimissioni nel 2017, che il Dirigente scolastico aveva respinto l'istanza di dimissioni e aveva intimat o alla lavoratrice di prendere servizio e, non avendo ripreso servizio la ricorrente, era stato attivato provved imento disciplinare ed e ra stata comminata la destituzione dal pubblico impiego ai sensi dell'art.  498, comma 1, lettere a) e b) del d.lgs. 297/1994 e dell'art. 55- quater, comma 1 , lett. b ), del d.l gs. n. 16 5/2001; che la ricorrente aveva presentato istan za di riabilitazione e di riammissione in servizio ai sensi dell'art . 516 del d.lg s.  297/1974 e che il Dirigente dell'### o scolastico regionale aveva negato la riammissione in servizio. La ricorrente concludeva chiedendo pron unciarsi l'illegittimità del provvedimento di diniego della riammissione e dell a riabilitazione adottato dal la amministrazione resistente e ordinarsi, anche in via cautelare, la riammissi one in servizio della #### si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale di Pavia rigettava la domanda.  2. ### proponeva appello; il ### si costituiva nel secondo grado di giudizio chiedendo il rigett o dell'impugnazione. Con la sentenza n. 415/2022 depositata il ### la ### di Appello di Milan o, sezione la voro, rigettava l'appello. 3 3. Avverso detta sentenza ha pro posto ricorso per cassazione ### articolando un motivo di impugnazione.  ### ha depositato controricorso.  4. Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 22 maggio 2025. 
Ragioni della decisione: 1. Con l'unico motivo di ricorso la difesa di ### deduce violazione ed e rrata applicazione de ll'art. 501 d.lgs.  297/1974 in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c..  ### la parte ricorren te la sen tenza impug nata avrebbe errato nel considerare inapplicabile l'istituto della riabilitazione per difett o di istanza amministrativa da parte del dato re di lavoro perché l'istanza proposta dalla ricorrente riguardava sia la riammissione sia la riabilitazione e comunque erano rispettate le for malità necessarie al la valutazione dell 'istanza di riabilitazione. La sentenza imp ugnata, secondo la parte ricorrente, avrebbe ancora errato nell'escludere l'applicazione dell'istituto della riabilitazione al lavoratore colp ito dalla massima sanzione della destituzione mentre dal tenore e dal contesto dell'art. 50 1 d.lgs. 297/1974 si trarre bbe la conclusione della applicabilità della riabilitazione a ogni tipo di sanzione prevista per il dipendente del ### 1.1. Il motivo d i ricorso ver te, essenzialmente, sulla possibilità di applicare la riabilitazione prevista dall'art. 501 d.lgs. 297/1994 alla sanzione della destituzione atteso che questa è la questione sulla quale si sono pronunciati i giudici di merito attraverso entrambi i gradi di giudizio e questa è la motivazione decisiva per il rigetto della domanda dell a ricorrente.  1.2. La sentenza della ### di Appello ha escluso che la riabilitazione possa essere ap plicata dopo la destituzione 4 prevista dall'art. 492 dello stesso d.lgs. 297/1994 atteso che tale istituto presupporrebbe una sanzione conservativa.  2. Per valutare il motivo di ricorso va premesso che l'art.  492, comma 2, del t esto u nico delle disposizioni leg islative vigenti in materia, relative alle scuole di ogni ordine e grado, indica le sanzioni irrogabili al personale direttivo e docente e recita: «nel caso di violazione dei propri doveri, possono essere inflitte le seguenti sanzioni d iscip linari: a) la censura; b) la sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio fino a un mese; c) la sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio da oltre un mese a sei mesi; d) la sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio per un periodo di sei mesi e l'utilizzazione, trascorso il tempo di sospensione, per lo svolgime nto di com piti diversi d a quelli inerenti alla funzione docente o direttiva; e) la destituzione». Le sanzioni previste dalle lettere a), b), c) e d) sono, allora, di carattere conservativo presu pponendo la permanenza del rapporto lavorativo , la sanzione della destituzione, pre vista dalla lettera e) della stessa disposizione è di carattere definitivo dando luogo alla risoluzione del rapporto e alla destituzione dal pubblico impiego.  2.1. ###. 501 del testo unico, n el disciplinare la riabilitazione stabilisce: «1 . Trascorsi due anni dalla data dell'atto con cui fu inflitta la sanzione disciplinare, il dipendente che, a giudizio del comitato per la valutazione del servizio, abbia mantenuto condotta meritevole, può chiedere che siano resi nulli gli effetti della sanzione, esclusa ogni efficacia retroattiva.  2. Il termine di cui al comma 1 è fissato in cinque anni per il personale che ha riportato la sanzione di cui all'articolo 492, comma 2, lettera d)».  2.2. Ad avviso del Collegio è esatta l'interpretazione delle disposizioni offerta dalla ### di Appello secondo la quale la 5 riabilitazione non può e ssere disposta in cas o di sanzione definitiva della destituzione.  2.3. Sebbene l'art. 501 si riferisca in generale alla sanzione disciplinare («### due anni dalla data dell'atto con cui fu inflitta la sanzione disci plinare») senza effettuare esplicite esclusioni circa le sanzioni per le quali può essere effettuata l'istanza di riabilitazione, sussistono evidenti ragioni di natura letterale e sistematica per ritenere l'art. 501 applicabile solo alle prime quat tro sanzioni, conservative, pre viste dall'art. 492, comma 2, del testo u nico. Si con sideri, infatti, che la disposizione attribuisce esplicitamente la legittimazione attiva a chiedere la riabilitazione al «dipendente», segno di un rapporto di lavoro persistente idon eo a mantenere la qualifica di dipendente in capo al soggetto colpito d alla sanzione disciplinare. La disposi zione stabilisce, poi, che il dipe ndente possa «chiedere che siano resi nulli gli effetti della sanzione, esclusa ogni effi cacia retroattiva», e cioè gli effetti de lla riabilitazione, ove abbia tenuto una «condotta meritevole» da sottoporsi «al comitato per la valutazione del servizio»: per questa vi appare chiaro che deve essere valutato il servizio reso dal dipendente e che sulle modalità di espletamento del servizio deve esprimersi il comitato competente. La disp osizione è palesemente non applicabile a chi, aven do subito la destituzione, non sia più in servi zio perché la sua condot ta, evidentemente extra-lavorativa, non potrebbe essere utilmente ed obiettivamente valutata dal comitato.   2.4. La sentenza imp ugnata so ttolinea, del tutt o esattamente, anche un altro elemento letterale che milita per l'esclusione della destituzione dalle sanzioni per le quali possa chiedersi la riabilitazione: l'art. 501, comma 2, del testo unico prevede che il termine di necessaria osservazione del servizio e 6 di valutazione della condotta del dipendente, previsto in due anni per tutte le altre sanzioni, è fissato in cinque anni per il personale che ha riportato la sanzione di cui all'articolo 492, comma 2, lettera d), e cioè per la p iù grave delle sanzioni conservative e cioè per la sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio per un periodo di sei mesi. Volendosi ammettere alla riabilitazione anche il soggetto destituito dal servizio dovrebbe concludersi, con evidente cont raddizio ne, che il periodo di osservazione della condotta da applicarsi sarebbe di due anni ai sensi del comma 1 piuttosto che di cinque anni come previsto dal comma 2 per la sanzione, meno grave della destituzione, della sospensione per il termine d i sei mesi.   3. ### sto unico d elle disposizioni concern enti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, recato dal d.P.R. 10/01/1957, n. 3, off re ulteriori in dicazioni che valgon o a sostenere l'interpretazione a fondamento della senten za impugnata e criticata nel ricorso.  3.1. Si consideri che l'art. 87 recita: «trascorsi due anni dalla data dell'atto con cui fu inflitta la sanzione disciplinare e sempre che l'impiegat o abbia riportato nei due ann i la qualifica di ottimo, possono essere resi nulli gli effetti di essa, esclusa ogni efficacia retroattiva; possono altresì essere modificati i giudizi complessivi riportati dall'impiegato dopo la sanzione ed in conseguenza di questa. Il provvedimento è adottato con decreto ministeriale, sentiti il Consiglio d i amministrazione e la ### di disciplina».  3.2. Anche in ragione di questa disposizione, riguardante il sistema sanzionatorio previsto per gli impiegati dello Stato, può concludersi che la riabilitaz ione è un isti tuto ap plicabile alle sanzioni di natura conservativa e che si fonda su un periodo di valutazione del servizio ido neo a dimost rare che la condotta 7 lavorativa del dipendente successiva alla sanzione è esente da ulteriori censure e tale da rendere meritevole il dipendente di emenda dal precedente disciplinare e dalle sue conseguenze. 
Anche per questa disposizione la riabilitazione è esclusa per la sanzione definitiva che, facendo cessare il rapporto di lavoro, esclude qualsiasi ipotesi di rivalutazione del servizio.  4. Può, a llora, affermarsi il seguent e principio di diritt o: «nell'ambito del sistema sanzionatorio previsto per il personale della scuola dal testo unico delle disposizioni legislative vigenti in mate ria, relative alle scuole di og ni ordine e grado d.lgs.  16/04/1994, n. 297, l'istituto della riabili tazione previsto dall'art. 501 è applicabile alle sole sanzioni conservative previste dall'art. 492, comma 2, lettere a), b), c) e d) del medesimo testo unico e non è applicabile ai dipendenti cessati dal servizio in ragione d ella ap plicazione della massima sanzione della destituzione prevista dall'art. 492, comma 2, lettera e)».  5. La sentenza impugnata ha esattamente interpretato le disposizioni di rilievo e ha applicato il principio di diritto che da dette disposizioni può trarsi e, per questa via, va esente da censure.  6. Il ricorso deve, allora, essere integralmente respinto.  7. Le spe se del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.  P.Q.M.  rigetta il ricorso, condanna parte ricorren te al p agamento delle spese del giudizio di legittimit à che liq uida in euro 4.000,00 oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi d ell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R.  115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo 8 a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### 

Giudice/firmatari: Tria Lucia, Rosetti Riccardo

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Corte d'Appello di Roma, Sentenza n. 7373/2025 del 08-12-2025

... iuris e del periculum in mora richiesto ai fini della sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo. Concludeva chiedendo: di dichiarare l'intervenuta cessazione della materia del contendere; di rigettare la richiesta di sospensione dell'efficacia esecutiva dei titoli; di rigettare l'opposizione in quanto infondata in fatto ed in diritto, confermando la validità del precetto; in subordine, di dichiarare la validità dell'opposto precetto nella minor misura di € 35.157,12; di rigettare la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. Con vittoria di spese, anche forfettarie, e compenso di causa, oltre C.P.A. ed I.V.A. come per legge. All'udienza del 13.2.2018, il Giudice, valutati i motivi di opposizione relativi solo al quantum debeatur-, rigettava l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo. Formulava alle parti una proposta di conciliazione ex art. 185 bis c.p.c. e rinviava la causa all'udienza del 17.4.2018, ove concedeva i termini di cui all'art. 183 co. 6 c.p.c. A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 24.7.2018, con ordinanza depositata in data ###, ritenuta la causa matura per la decisione, il Giudice rinviava la causa per la precisazione delle (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'#### così composta: ### est.  riunita in camera di consiglio, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di appello iscritta al n. 517 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2020, trattenuta in decisione all'udienza del 26.6.2025, con assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, vertente TRA ### (C.F. ###), elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv.  ### che lo rappresenta e difende in forza di procura in calce all'atto di citazione in appello appellante ###'### (C.F. ###), elettivamente domiciliat ###0, presso lo studio dell'Avv.  ### che la rappresenta e difende in forza di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta in appello appellata ### appello alla sentenza del Tribunale di ### n. 22676/2019 - opposizione a precetto.  ### da rispettivi atti introduttivi ### 1. Con atto di citazione ritualmente notificato, ### proponeva opposizione avverso il precetto notificatogli in data ###, con il quale la moglie D'### gli aveva intimato il pagamento di euro 49.138,39 a titolo di assegni di mantenimento non versati. Tale importo trovava titolo nell'accordo di separazione intercorso tra i due ex coniugi, omologato dal Tribunale di ### in data ###, munito di formula esecutiva in data ###, nonché nel provvedimento del Tribunale di ### emesso in data 7 luglio 2016 nel giudizio di divorzio di cui al R.G.  n. 1193/2016, munito della formula esecutiva in data ###, atti questi ultimi entrambi notificati insieme al precetto.  ### contestava, a tal riguardo: l'intervenuta estinzione dei crediti maturati tra il 2001 ed il giugno 2012, illegittimamente rivendicati dalla D'### nonostante il decorso del termine quinquennale di prescrizione; di aver già adempiuto agli obblighi assunti in sede di separazione, avendo la D'### preteso somme in gran parte percepite; la sopraggiunta caducazione dei presupposti su cui l'assegno di mantenimento si fondava, tenuto conto dello stato di difficoltà economica in cui versava il ### all'epoca dell'opposizione e, per altro verso, dell'autonomia economica acquisita dai due figli della coppia - originariamente beneficiari dell'assegno di mantenimento insieme alla ex moglie - i quali ultimi non vivevano più nella casa familiare. 
Concludeva chiedendo: in via cautelare, di sospendere l'efficacia esecutiva di entrambi i titoli indicati nell'atto di precetto opposto; in via preliminare, di dichiarare la prescrizione del credito rivendicato, con riguardo agli anni dal 2001 al 2012; nel merito, di dichiarare l'illegittimità, l'inammissibilità, l'infondatezza della pretesa creditoria; di condannare la D'### ai sensi dell'art. 96 c.p.c., con vittoria di spese e compensi di lite, oltre ### CPA e spese generali, da distrarsi in favore del difensore antistatario. 
Si costituiva in giudizio D'### contestando integralmente la ricostruzione dei fatti proposta dall'opponente e nello specifico affermava: l'intervenuta cessazione della materia del contendere per perenzione del precetto non eseguito; il diritto dell'opposta a riscuotere l'intero importo intimato al ### essendo il decorso della prescrizione tra coniugi sospeso ai sensi dell'art. 2941, co. 1, n. 1, c.c. sino al passaggio in giudicato della pronuncia di divorzio; la mancata soddisfazione dell'onere probatorio gravante sull'opponente, essendo rimasto privo di riscontro l'adempimento - soltanto asserito ma indimostratoda parte del ### degli obblighi di mantenimento; in ogni caso, la validità del precetto quanto meno per la minore somma di euro 35.157,12; l'assenza dei presupposti richiesti dall'art. 96 c.p.c. in materia di lite temeraria, non essendo stata dimostrata l'esistenza di alcun danno prodotto dal comportamento processuale dell'opposta né il dolo o colpa grave di quest'ultima; infine, l'insussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora richiesto ai fini della sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo. Concludeva chiedendo: di dichiarare l'intervenuta cessazione della materia del contendere; di rigettare la richiesta di sospensione dell'efficacia esecutiva dei titoli; di rigettare l'opposizione in quanto infondata in fatto ed in diritto, confermando la validità del precetto; in subordine, di dichiarare la validità dell'opposto precetto nella minor misura di € 35.157,12; di rigettare la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. 
Con vittoria di spese, anche forfettarie, e compenso di causa, oltre C.P.A.  ed I.V.A. come per legge. 
All'udienza del 13.2.2018, il Giudice, valutati i motivi di opposizione relativi solo al quantum debeatur-, rigettava l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo. Formulava alle parti una proposta di conciliazione ex art. 185 bis c.p.c. e rinviava la causa all'udienza del 17.4.2018, ove concedeva i termini di cui all'art. 183 co. 6 c.p.c. A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 24.7.2018, con ordinanza depositata in data ###, ritenuta la causa matura per la decisione, il Giudice rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni. All'udienza del 9.4.2019, la causa veniva trattenuta in decisione concedendo i termini di legge ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica, decorrenti dal 1.5.2019. 
Il Tribunale di ### con la sentenza n. 22676/2019, disattesa e assorbita ogni diversa istanza ed eccezione, dichiarava l'efficacia del precetto opposto per la minore somma residua di euro 35.428,24 (comprensiva dei compensi dell'atto di precetto), oltre interessi legali; condannava l'opponente al rimborso in favore di parte opposta delle spese di lite, liquidate in euro 4.600,00 per compensi, oltre spese generali, oneri previdenziali e fiscali come per legge.  2. Nell'atto di appello ritualmente notificato, ### contestava le conclusioni cui era addivenuto il Giudice di primo grado. In particolare, criticava: 2.a) la violazione e/o falsa e/o errata applicazione del combinato disposto degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. La sentenza del Tribunale avrebbe erroneamente determinato la pretesa creditoria della D'### limitandosi ad escludere dal quantum debeatur soltanto i crediti prescritti antecedenti a giugno 2012. Il Giudice di prime cure avrebbe dovuto negare anche il diritto dell'odierna appellata alla riscossione degli assegni di mantenimento a beneficio dei due figli maturati tra gennaio 2016 - ossia a partire dall'introduzione del procedimento divorzile - ed il 23 giugno 2017 - data della notifica dell'atto di precetto. Tali crediti, difatti, sarebbero stati revocati retroattivamente nel procedimento volto alla declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimonio (R.G. n. 1193/2016), instaurato tra le parti nelle more del presente giudizio, in forza dell'ordinanza emessa dal Tribunale di ### depositata in data ###, con cui il Giudice istruttore avrebbe ritenuto entrambi i figli economicamente indipendenti, sulla “scorta di dichiarazioni dei figli della coppia, rese in sede istruttoria ed apparse ictu oculi di chiara collocazione temporale”. Ne discenderebbe che “dalla suddetta data di deposito del ricorso per divorzio (cfr. all. 01) alla notifica dell'atto di precetto di pagamento al sig. ### avvenuta il ### (cfr. all.ti opponente in primo grado) - ed, ovviamente, per il futuro - nulla sia più dovuto, a qualsivoglia titolo, alla odierna appellata”.  2.b) la violazione e/o falsa e/o errata applicazione dell'art. 167 co. 1 c.p.c. 
La sentenza di primo grado sarebbe ulteriormente meritevole di riforma poiché “la tesi dell'opponente medesimo non è mai stata contestata - ripetesi, quantomeno in ordine alla inammissibilità della pretesa creditoria della sig.ra D'### dal Gennaio 2016 in poi - da controparte”, ossia con riguardo al mantenimento dovuto per i due figli maggiorenni. Tanto è vero che la D'### nel giudizio divorzile non proponeva reclamo ex art. 708, comma 4°, c.p.c. avverso il provvedimento presidenziale del 7.7.2016 né ricorso ex art. 709, comma 4° c.p.c. avverso l'ordinanza del Giudice istruttore depositata in data ###, provvedimenti questi ultimi in cui il diritto al mantenimento sarebbe stato negato dall'autorità giudiziaria, prima parzialmente e poi integralmente.  2.c) la violazione e/o falsa e/o errata applicazione degli artt. 91, 92 e 96 c.p.c. Parimenti meritevole di censura sarebbe l'operato del Giudice di primo grado con riguardo alle spese di lite. ### a precetto, alla luce di quanto argomentato dall'opponente, avrebbe dovuto trovare più ampio accoglimento, escludendo dalla pretesa della D'### non soltanto i crediti prescritti, ma anche “quello richiesto ex adverso in quanto, asseritamente, maturato dal Gennaio 2016 al Giugno 2017” poiché divenuto inesigibile a seguito dei provvedimenti del ### e del Giudice istruttore citati in precedenza e non impugnati; di conseguenza, la pretesa creditoria oggetto di precetto sarebbe ampiamente infondata - e non in misura minima, come sostenuto dal Tribunale - con conseguente riflesso sulle spese di giudizio. Non adeguatamente valorizzata, inoltre, sarebbe stata la circostanza che l'odierna appellata avrebbe rivendicato un credito in gran parte già prescritto. Il Tribunale avrebbe dovuto tener conto di tali elementi in sentenza al fine di assicurare una adeguata quantificazione ed imputazione delle spese ed una accorta valutazione della condotta tenuta da parte opposta in applicazione degli artt. 91, 92 e 96 c.p.c. 
Concludeva chiedendo, in riforma della sentenza impugnata: di dichiarare l'illegittimità, inammissibilità, infondatezza della pretesa creditoria dell'opposta - nella misura di euro 9.495,86 - e, comunque, l'inefficacia dell'atto di precetto opposto; di condannare parte appellata ai sensi dell'art.  96 c.p.c.; in ogni caso, di condannare parte appellata al rimborso in favore dell'appellante delle spese, compensi e spese generali del doppio grado di giudizio, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.  3. Si costituiva in giudizio D'### ribadendo: l'assoluta irrilevanza ai fini del presente giudizio degli esiti del separato procedimento divorzile pendente tra le parti; la necessità, ai fini di una revoca retroattiva dell'assegno di mantenimento, di una indicazione espressa da parte del Giudice, nel caso di specie mancante, in conformità con gli approdi della giurisprudenza di legittimità; di aver contestato integralmente sin dai primi atti difensivi le eccezioni sollevate da controparte, senza quindi alcuna ammissione implicita, non potendo a tal fine rilevare neanche la mancata impugnazione di provvedimenti giurisdizionali emessi in autonomi procedimenti; la corretta determinazione delle spese, tenuto conto della incidenza minima prodotta dal parziale accoglimento dell'opposizione sulla pretesa creditoria spettante all'odierna appellata, essendo stati esclusi i soli crediti prescritti, e della eventualità che la mancata eccezione di parte avrebbe potuto in astratto consentire all'opposta di trarre beneficio dalla domanda, stante la non rilevabilità d'ufficio della prescrizione, così rendendo concreto - e non pretestuoso - il suo interesse all'intimazione di pagamento dell'importo ormai prescritto. Concludeva chiedendo, in via preliminare, l'accoglimento delle richieste istruttorie non ammesse in primo grado e di dichiarare l'inammissibilità e, comunque, di rigettare l'appello perché destituito di fondamento giuridico e fattuale. Con condanna di parte appellante alle spese e competenze professionali difensive del doppio grado di giudizio, oltre rimborso forfettario al 15% e onere di legge.  4. All'udienza del 15.10.2020, la Corte rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni. All'udienza del 26.6.2025, la causa era trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.  MOTIVI DELLA DECISIONE 5. Preliminarmente va rigettata la richiesta di declaratoria di inammissibilità dell'appello. Nel caso di specie, il gravame presenta gli elementi richiesti dagli artt. 342 c.p.c., da intendersi - secondo l'orientamento prevalente della Suprema Corte (v. ex multis sentenza 2681/2022) - nel senso che l'impugnazione deve contenere la chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo Giudice.  6. Con riguardo al merito, l'appello è parzialmente fondato. 
Questa Corte ritiene meritevole di accoglimento la censura sub 2a). 
A tal riguardo, va valorizzata la circostanza, già riferita nello svolgimento del processo, rappresentata dalla ordinanza del Tribunale di ### depositata in data ### nel giudizio divorzile di cui al R.G. 1193/2016, di revoca dell'assegno di mantenimento imposto al ### per il sostentamento della propria prole, dando così seguito al provvedimento ### del 7.7.2016 che aveva già ridotto l'importo per l'autonomia reddituale acquisita dai figli. Nello specifico, il Giudice istruttore nel provvedimento suindicato riconosceva che il secondogenito (###, pur coabitando ancora con la madre D'### aveva raggiunto all'epoca dei fatti la propria indipendenza economica, mentre il figlio maggiore (### disponeva di entrate sufficienti al proprio mantenimento già dall'agosto 2016, periodo quest'ultimo rientrante nell'ampio arco temporale in ordine al quale la D'### aveva chiesto il pagamento dell'assegno all'ex marito. 
In punto di diritto, secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, la modifica con effetti ex tunc dei provvedimenti economici tra coniugi o ex coniugi è generalmente soggetta alla regola della ripetibilità ex art. 2033 c.c. La non spettanza ab origine degli importi richiesti a titolo di mantenimento determina l'insorgenza, a beneficio dell'obbligato, del diritto alla ripetizione di quanto versato indebitamente; ciò a condizione che il credito non presenti natura strettamente alimentare (Cass. civ., S.U. n. ### del 2022; Cass. ordinan. n. 477 del 2023; Cass. civ n. 3659 del 2020; Cass. civ. n. 21675 del 2012). In tal senso, ove “venga escluso in radice e «ab origine» (non per fatti sopravvenuti) il presupposto del diritto al mantenimento, separativo o divorzile, per la mancanza di uno «stato di bisogno» del soggetto richiedente (inteso, nell'accezione più propria dell'assegno di mantenimento o di divorzio, come mancanza di redditi adeguati), ovvero si addebiti la separazione al coniuge che, nelle more, abbia goduto di un assegno con funzione non meramente alimentare, non vi sono ragioni per escludere l'obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite, ai sensi dell'art. 2033 c.c. (con conseguente piena ripetibilità)” (Cass. civ., S.U. n. ### del 2022). 
Nel caso in esame, dall'insussistenza originaria dei presupposti del mantenimento - così come accertato con l'ordinanza del 8.8.2018 - consegue il diritto dell'obbligato a non erogare l'importo oggetto di precetto, con conseguente declaratoria di parziale inefficacia del precetto limitatamente a quanto preteso in forza di credito ab origine inesistente.  ###, opinare diversamente, costringendo il ### al pagamento nonostante l'insussistenza degli elementi costitutivi del diritto all'assegno, costringerebbe quest'ultimo, per far valere l'inesistenza del credito, ad agire in ripetizione in un autonomo giudizio, con inutile dispendio di risorse ed energie processuali e con i rischi connessi alla perdita della disponibilità materiale della somma. 
La circostanza per cui la revoca del contributo (seppure per un periodo molto breve rispetto a quello interessato dal decreto ingiuntivo) trova il proprio titolo in provvedimenti interinali e, comunque, non definitivi, non scalfisce la validità di tali conclusioni. È infatti opportuno ricordare che l'ultrattività di tali provvedimenti è espressamente sancita dall'art. 189 delle disposizioni di attuazione del codice di rito civile, secondo il quale le ordinanze in questione conservano la propria efficacia anche dopo l'estinzione del processo; ciò sino a quando non vengano sostituiti “con altro provvedimento emesso dal presidente o dal giudice istruttore a seguito di nuova presentazione del ricorso per separazione personale dei coniugi”. Vi è di più. Nell'ambito del procedimento di separazione o divorzio, l'ordinanza con cui il ### del Tribunale o il Giudice istruttore adotta ex art. 708 c.p.c. provvedimenti temporanei ed urgenti nell'interesse del coniuge e dei figli costituisce di per sé titolo esecutivo. 
Per l'insieme di tali ragioni è possibile concludere che le ordinanze in esame, pur di regola rebus sic stantibus, danno luogo ad una regolamentazione potenzialmente stabile e duratura dei rapporti tra i membri della famiglia, fondandosi su di un accertamento a cognizione piena. 
Ne discende che l'ordinanza emessa dal Giudice istruttore in data ### nel separato giudizio di divorzio configura titolo idoneo ad agire in executivis e, di conseguenza, titolo sufficiente per incidere parzialmente, limitatamente al periodo interessato (da agosto 2016), su quanto preteso nel presente giudizio dalla D'### in forza del precetto notificato in data ###, limitandone parzialmente l'efficacia. 
A tal fine, non è necessario attendere l'irrevocabilità del provvedimento, in quanto le statuizioni a contenuto economico nei procedimenti di separazione e divorzili vengono modificate già dalla sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva; ciò per effetto dell'art. 4 della l.  898/1970, come novellata dalla l. n. 74/1987, disposizione quest'ultima in vigore ancor prima della riforma dell'art. 282 c.p.c. Da tale quadro normativo consegue l'immediata efficacia di tali provvedimenti, nonostante la loro inidoneità strutturale a divenire giudicato. 
Questa Corte, inoltre, non ritiene di dar seguito all'asserita natura alimentare del credito invocata dalla D'### assunto da cui discenderebbe, alla luce di quanto ricordato in precedenza, l'irripetibilità dell'assegno e quindi l'impossibilità di incidere sull'efficacia del precetto de quo. Difatti, il credito in esame risulta a beneficio di soggetto divenuto maggiorenne ed economicamente autosufficiente e, con riguardo al primogenito, non più convivente con la D'### Tali circostanze escludono trattarsi di credito alimentare stante essendo venuta meno, in concreto, la componente assistenziale del mantenimento, dimostrando, piuttosto, l'avvenuto superamento delle esigenze di protezione della prole, non più parte debole del nucleo familiare, con sopraggiunto venir meno delle ragioni solidaristiche che giustificavano l'obbligo del ### con riguardo al figlio maggiore, a partire dall'agosto 2016.
Nello stesso senso, la Cass. civ., sez. I, n. 3659/2020 secondo cui “in caso di modifica giudiziale delle condizioni economiche del regime postconiugale, intervenuta in ragione della raggiunta indipendenza economica dei figli, il genitore obbligato può esercitare l'azione di ripetizione ex art. 2033 c.c. anche con riferimento alle somme corrisposte in epoca antecedente alla domanda di revisione, allorché la causa giustificativa del pagamento sia già venuta meno, atteso che la detta azione ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi di inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa”; in tal senso “l'irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato all'ex coniuge si giustifica solo ove gli importi riscossi abbiano assunto una concreta funzione alimentare, che non ricorre ove ne abbiano beneficiato figli maggiorenni ormai indipendenti economicamente in un periodo in cui era noto il rischio restitutorio”. Tali principi espressi con riguardo al diritto alla ripetizione delle somme già versate, come ricordato in precedenza, sono perfettamente applicabili anche al caso di specie ove la lite ha ad oggetto somme pretese ma non riscosse, allo scopo di limitare parzialmente l'efficacia del precetto in sede di opposizione. 
Questa Corte, dunque, alla luce del quadro giurisprudenziale richiamato, ritiene di condividere la prospettazione dell'appellante limitatamente alla quota di assegno destinata al mantenimento del figlio ### rispetto al quale è stato accertato - nell'ordinanza dell'8.8.2018 - l'insussistenza retroattiva dei presupposti per l'erogazione a partire dall'agosto 2016, ossia dal momento in cui il Giudice istruttore ha riconosciuto l'avvenuta indipendenza economica del beneficiario. Più puntualmente, avendo il provvedimento presidenziale del 7.7.2016 destinato l'assegno esclusivamente ai due figli della coppia - con esclusione della D'### - ed essendone stato, altresì, rideterminato l'importo in complessivi euro 500,00 mensili è possibile imputare al mantenimento del singolo figlio la somma di euro 250,00, ossia la percentuale pari al 50% del contributo suindicato. Tale importo deve esser rapportato all'arco temporale in cui il figlio maggiore è stato ritenuto indipendente a livello economico, ossia a partire quanto meno dall'agosto 2016 sino al giugno 2017, momento quest'ultimo in cui è avvenuta la notifica del precetto de quo - ossia per un totale di 11 mesi. Ne discende, in questa sede, la parziale inefficacia del precetto opposto per l'importo totale di euro 2.750,00, cifra risultante dalla mera moltiplicazione aritmetica della quota di assegno destinata al singolo figlio (euro 500/2=euro 250) per il numero di mensilità non spettanti a causa dell'accertata autonomia finanziaria del beneficiario (11 mesi), considerato l'arco temporale nel quale ### avrebbe dovuto versare l'assegno oggetto della richiesta di decreto ingiuntivo della D'### Diversamente, non coglie nel segno il motivo di gravame sub 2b). Questa Corte ritiene, infatti, che l'odierna appellata ha sufficientemente assolto il proprio onere di contestazione in tutti gli scritti difensivi e per l'intero iter processuale in corso di svolgimento. 
Il motivo 2c) è assorbito, stante la modifica effettuata dalla Corte in punto di regolamentazione delle spese, per il parziale accoglimento del gravame.  7. Valutato unitariamente l'esito del giudizio, le spese processuali sono compensate per un terzo e per i residui due terzi poste a carico del ### Ciò in quanto il ### risulta non aver versato, per oltre 10 anni, in modo completo l'assegno di mantenimento, trovando così riscontro il diritto di credito azionato in sede monitoria dalla D'### a tal riguardo va precisato che, pur trattandosi di somme in parte prescritte, rimane fermo il dato per il quale ### tenuto a versare il mantenimento per i figli in virtù di provvedimento giudiziale, non ottemperava a tale obbligo per molti anni e per una somma complessiva ingente (oltre 50mila euro); né risulta dimostrato il suo stato di necessità, tale da impedirgli di soddisfare le esigenze assistenziali degli stretti congiunti. Per altro verso, pur accogliendo l'eccezione di prescrizione per una parte dei crediti azionati e, in sede di appello, quella relativa al venir meno dell'obbligo di mantenimento per un figlio a partire dall'agosto 2016, il ### risulta soccombente per un importo significativo in quanto la somma dovuta, detratto l'importo di euro 2.750,00 per l'accoglimento del motivo di appello 2.a), è di complessivi euro 32.678,24, comprensiva dei compensi dell'atto di precetto, oltre interessi legali (ovvero euro 35.428,24, sottratto l'importo di euro 2.750,00). 
Pertanto, compensate le spese per un terzo, ### va condannato al pagamento a favore della ex moglie: per il giudizio di primo grado, della somma di euro 3000,00 oltre spese generali al 15% oltre accessori di legge; per quello di appello (esclusa la fase istruttoria) all'importo di euro 2900,00, oltre spese generali al 15% oltre accessori di legge oltre accessori di legge.  8. Va rigettata la richiesta condanna dell'appellata ai sensi dell'art. 96 c.p.c., non potendosi riscontrare nel comportamento tenuto dalla D'### indici da cui desumere un contegno illecito assunto con dolo o colpa grave; né ricorrono nel caso di specie i requisiti di legge per l'esercizio del potere officioso giudiziale di cui al comma 3° del suindicato articolo.  PQM.  La Corte d'Appello, definitivamente pronunciando nella causa civile in epigrafe indicata, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, accoglie parzialmente l'appello proposto da ### avverso la sentenza del Tribunale di ### n. 22676/2019 nei confronti di D'### e, per l'effetto, dichiara l'efficacia del precetto opposto notificato in data 23 giugno 2017 per la minor somma di euro 32.678,24 comprensiva dei compensi dell'atto di precetto (anzichè quella di euro 35.428,24), oltre interessi legali.
Compensa tra le parti le spese del giudizio di primo grado e di quello di appello per un terzo, mentre per i residui due terzi le pone a carico di ### condannato al pagamento a D'### per il giudizio innanzi al Tribunale, della somma di euro 3000,00 oltre spese generali al 15% oltre accessori di legge e, per quello di appello, al pagamento di euro 2900,00, oltre spese generali al 15% oltre accessori di legge. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio tenuta il #### est.  ### provvedimento è stato redatto con il contributo del MOT dott. ###

causa n. 517/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Mangano Franca, Garufi Caterina

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Tribunale di Roma, Sentenza n. 17461/2025 del 12-12-2025

... a fronte della mancata formulazione della domanda cautelare di sospensione dell'efficacia esecutiva dell'ordinanza di assegnazione opposta, cosicché alcuna liquidazione delle stesse spese è stata effettuata dal giudice dell'esecuzione nell'ordinanza resa all'esito dell'udienza del 06.07.2022, nella quale lo stesso ha solo assegnato il termine perentorio per l'instaurazione della fase di merito, così come richiesto da costoro con l'unica istanza, ivi formulata. Diversamente, è da dichiarare il non luogo a provvedere in ordine alle spese di lite della fase di merito rispetto alla convenuta contumace, ### S.P.A., non avendo quest'ultima, quale terzo pignorato, dato causa all'opposizione agli atti esecutivi. P.Q.M. il Tribunale di ### - ### civile in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel merito dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, co. 2, c.p.c., promosso dalla parte creditrice procedente, #### e #### avverso l'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., emessa in data ### a definizione della procedura esecutiva mobiliare r.g.e. n. 3228/2020, riunita con la procedura esecutiva mobiliare r.g.e. n. 3362/2020, e nei confronti della debitrice esecutata, ### (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA SEZIONE CIVILE TERZA Il Tribunale Ordinario di Roma, ###, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di primo grado iscritta con il numero 49818 del ruolo generale degli affari contenziosi civili per l'anno 2022 tra #### e ### rappresentati e difesi da sé stessi ex art. 86 c.p.c. e tutti elettivamente domiciliati presso lo studio del primo, sito in ### via ### n. 47, come da procura in atti; ### e ### in persona del ### in carica pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv.  ### dell'Avvocatura capitolina ed elettivamente domiciliata presso la sede ###### via del ### di ### n. 21, come da procura in atti; ### e ### S.P.A., in persona del rappresentante legale in carica pro tempore; ### _________________ OGGETTO: Opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, co. 2, c.p.c. avverso ordinanza di assegna zione di somme di denaro, emessa ex art. 553 c.p.c..  ### 1 - Con atto di citazione gli avv.ti #### e #### nella loro qualità di creditori procedenti nelle procedure esecutive presso terzi r.g.e. n. 3228/2020 ed r.g.e. n. 3363/2020, riunite con ordinanza in data ###, hanno domandato, in accoglimento dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., la riforma dell'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., emessa in data ### a definizione delle suddette procedure esecutive riunite, e la liquidazione delle spese di esecuzione “nella misura pari al valore medio di cui ai parametri vigenti, previsti in ### 660,00, ed in ogni caso in misura non inferiore ad oltre ad ### 330,00 oltre spese (pari ad € 167,60), spese generali ed accessori di legge”, con vittoria di spese non solo della fase di merito ma anche della fase sommaria e cautelare del subprocedimento di opposizione agli atti esecutivi. ### de qua muove dall'assunto dell'erroneità della liquidazione del compenso di avvocato, operata nella misura di euro 413,60 complessivi dal giudice dell'esecuzione nell'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., in quanto: a) omnicomprensiva, ossia comprendente sia le spese vive, ivi liquidate erroneamente in euro 163,60 in luogo di euro 167,60, sia il compenso di avvocato per entrambe le procedure esecutive riunite, costituito dalla somma di euro 168,59, quindi da euro 84,29 per ciascuna singola procedura esecutiva, sia gli oneri accessori di legge (rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% del compenso, c.p.a. del 4% ed i.v.a. del 22%); b) priva di motivazione, in contrasto con i principi sanciti dalla giurisprudenza di legittimità, ivi specificamente richiamata; c) inferiore ai minimi di legge quanto al compenso di avvocato, in violazione del d.m. n. 55/2014, così come modificato con il d.m. n. 37/2018 (“l'importo indicato si pone ampiamente sotto i minimi dei parametri vigenti, che abbiamo visto essere inderogabili, consistendo piuttosto tale liquidazione, come più avanti sarà chiaro in dettaglio, come una compensazione mascherata se non addirittura nell'omessa remunerazione del lavoro del professionista, con conseguente lesione del suo decoro e della sua dignità professionale.” - pag. 3 dell'atto di citazione), e parimenti in difformità dai principi enunciati in tema dalla Suprema Corte; 4) errata nella determinazione delle spese vive, indicate nell'ordinanza nell'importo di euro 163,60, in luogo dell'importo esatto di euro 167,60.  2 - Si è costituita la convenuta ### quale debitrice esecutata, deducendo ex adverso ed eccependo l'infondatezza dell'opposizione agli atti esecutivi, alla luce della correttezza e della legittimità della liquidazione delle spese di esecuzione e, in particolare, del compenso di avvocato, effettuata dal giudice dell'esecuzione nell'ordinanza di assegnazione.  3 - Sebbene ritualmente citata, la convenuta ### S.P.A. non si è costituita in giudizio, cosicché la stessa è da dichiarare contumace.  4 - Questo Tribunale, con ordinanza del 12.02.2023, ha assegnato alle parti i termini di cui all'art. 183, co. 6, c.p.c. e disposto, d'ufficio, l'acquisizione dei fascicoli delle esecuzioni riunite; quindi, con ordinanza del 10.10.2024, una volta acquisito agli atti del processo il fascicolo d'ufficio dell'esecuzione r.g.e. n. 3228/2020, unitamente al fascicolo r.g.e. n. 3363/2020 ad esso riunito, ha rinviato la causa all'udienza del 09.06.2025 al fine della precisazione delle conclusioni, non avendo potuto trattenere la causa in decisione a causa della gravosità del ruolo istruttorio e decisorio tanto delle esecuzioni quanto del contenzioso, aggravata ancor più dall'assegnazione sopravvenuta, d'ufficio, di dieci giudizi di merito di opposizioni esecutive (ruolo dott.ssa ###, da definire in via prioritaria, in ragione dell'iscrizione a ruolo risalente agli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, nonché alla luce dell'assegnazione di numerosi altri procedimenti, esecutivi e contenziosi, da trattare in sostituzione dei giudici togati trasferiti; infine, con ordinanza pronunciata in data ###, a scioglimento della riserva assunta a seguito del deposito di note scritte ex art. 127 ter c.p.c., preso atto della precisazione delle rispettive conclusioni a cura delle difese delle parti costituite, ha trattenuto la causa in decisione, assegnando i termini di cui all'art. 190, co. 1, c.p.c..  MOTIVI DELLA DECISIONE 1 - Dall'esame degli atti acquisiti al presente giudizio e, in particolare, dell'ordinanza del 05.11.2021 con cui il giudice dell'esecuzione ha provveduto all'assegnazione ex art. 553 c.p.c.  delle somme pignorate presso il terzo ### dei ### di ### s.p.a., previa riunione della procedura esecutiva r.g.e. n. 3363/2020 alla procedura esecutiva r.g.e. n. 3228/2020, disposta nella stessa data con ordinanza separata, in base a rilevati profili di connessione soggettiva ed oggettiva, risulta quanto segue. Nella suddetta ordinanza di assegnazione il giudice dell'esecuzione ha riconosciuto l'importo di euro 392,06 complessivi per sorte capitale ed interessi legali “(di cui € 257,04 per R.G. 3228/2020 ed € 135,02 per R.G. 3363/2020)” e l'importo di euro 150,00 per spese di precetto, rideterminate ex officio, ed ha liquidato le spese di esecuzione, comprendenti spese vive, compenso di avvocato ed accessori di legge, nella somma di euro 413,60 complessivi “(di cui € 163,60 per spese del pignoramento)”. Ebbene, ferma restando la facoltà del giudice dell'esecuzione di disporre la riunione delle procedure esecutive per connessione soggettiva e/o oggettiva, ai sensi dell'art. 274, co. 1, c.p.c., nel caso concreto gli importi di euro 84,29 e di euro 84,29 liquidati effettivamente nella suddetta ordinanza a titolo di compenso di avvocato per ciascuno dei due procedimenti esecutivi instaurati ex art. 543 c.p.c., al netto delle spese vive di esecuzione e degli oneri accessori di legge, si pongono al di sotto del valore minimo previsto per le procedure esecutive mobiliari presso terzi, aventi valore inferiore ad euro 1.100,00, nel d.m. n. 55/2014, così come modificato con il d.m. n. 37/2018, ossia al di sotto del valore di euro 166,00 per la fase introduttiva e per la fase di trattazione e definizione di ciascuna procedura esecutiva, cosicché l'opposizione agli atti esecutivi si rivela fondata nel merito sotto questo profilo. A questo riguardo la Suprema Corte ha sancito il principio dell'inderogabilità dei valori minimi stabiliti nel d.m. Giustizia n. 55/2014, nella liquidazione giudiziale del compenso di avvocato (Cass. civ., sez. II, sentenza 26.06.2024, n. 17613; Cass. civ., sez. lav., ordinanza 12.11.2025, n. 29925), anche nel caso in cui siano stipulati i cosiddetti “### di intesa” tra “Presidente del Tribunale, Presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati, ### delle ### civili e penali, dirigente amministrativo” (Cass. civ., sez. II, ordinanza del 20.10.2023, n. 29184). Ora, se è vero che non è consentito al giudice di liquidare il compenso di avvocato in misura inferiore ai valori minimi previsti nel d.m. Giustizia n. 55/2014, s.s.m.i., è altrettanto vero che, in ogni caso, l'applicazione dei valori minimi rispetto ai valori medi rientra nella facoltà riconosciuta al giudice nell'art. 4, co. 1, d.m. Giustizia n. 55/2014, così come modificato con il d.m. n. 37/2018, ed è giustificata, nella fattispecie concreta, dal fatto che i creditori procedenti hanno assunto la rappresentanza processuale e la difesa di sé stessi, ai sensi dell'art. 86 c.p.c.. Ergo, l'importo da liquidare più correttamente a titolo di compenso di avvocato ammonta ad euro 332,00 complessivi per entrambi i procedimenti esecutivi, quale somma dei valori minimi previsti per ciascuna procedura esecutiva (euro 166,00 + euro 166,00) oltre agli accessori di legge, che a loro volta ammontano ad euro 152,42 complessivi, con la spettanza conseguente della somma totale di euro 484,42. A ciò si aggiunga che l'importo di euro 163,60, assegnato a titolo di spese vive di esecuzione per entrambe le procedure esecutive nell'ordinanza opposta, non corrisponde esattamente all'importo effettivo degli esborsi eseguiti ed ammontanti alla maggior somma di euro 167,60, cosicché l'opposizione agli atti esecutivi è fondata anche sotto questo profilo. Pertanto, a fronte delle somme dichiarate ex art. 547 c.p.c. dal terzo pignorato come disponibili, ossia euro 545,84 nell'una (r.g.e. n. 3363/2020) ed euro 728,87 nell'altra procedura esecutiva (r.g.e. n. 3228/2020), a modifica dell'ordinanza emessa ex art.  553 c.p.c., l'assegnazione deve essere disposta nell'importo di euro 652,02 complessivi, a soddisfo integrale delle spese di esecuzione, relative ad entrambe le procedure esecutive riunite e comprendenti spese vive, compenso di avvocato ed accessori di legge, alla luce dell'importo disponibile, dichiarato dal terzo pignorato con le due dichiarazioni in atti.  2 - La soccombenza della parte convenuta opposta, ### alla luce dell'esito del giudizio di merito (accoglimento dell'opposizione agli atti esecutivi con riforma parziale dell'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. sotto il profilo delle spese di esecuzione liquidate) ed a fronte delle difese ed eccezioni da costei proposte nel medesimo giudizio, conduce, ai sensi dell'art. 91 c.p.c., alla condanna della stessa parte opposta alla refusione delle spese di lite. 
Al fine della determinazione del compenso di avvocato sono da applicare i valori minimi previsti per lo studio della controversia, per la fase introduttiva della causa e per la fase decisoria ( civ. ordinanza 20.02.2023, n. 5289), oltre che il compenso per la fase di trattazione ed istruttoria, pur in difetto di deposito di memorie ex art. 183, co. 6, c.p.c. e pur in mancanza dello svolgimento di attività istruttoria (Cass. civ., sez. lav., ordinanza 12.11.2025, n. 29925), ai sensi del d.m. n. 55/2014, così come modificato con il d.m. n. 37/2018 e, in ultimo, con il d.m.  147/2022, con riferimento al giudizio ordinario di cognizione, e compresi nello scaglione di valore fino ad euro 1.100,00, individuato secondo l'ammontare dei crediti azionati in via esecutiva, in ragione del basso grado di complessità della causa ed alla luce dell'assunzione della rappresentanza processuale e della difesa di sé stessi, assunte dagli odierni attori. Diversamente, riguardo alla domanda di liquidazione delle spese anche della fase sommaria del subprocedimento di opposizione agli atti esecutivi, formulata dagli attori opponenti nell'atto di citazione, nulla è dovuto, a fronte della mancata formulazione della domanda cautelare di sospensione dell'efficacia esecutiva dell'ordinanza di assegnazione opposta, cosicché alcuna liquidazione delle stesse spese è stata effettuata dal giudice dell'esecuzione nell'ordinanza resa all'esito dell'udienza del 06.07.2022, nella quale lo stesso ha solo assegnato il termine perentorio per l'instaurazione della fase di merito, così come richiesto da costoro con l'unica istanza, ivi formulata. Diversamente, è da dichiarare il non luogo a provvedere in ordine alle spese di lite della fase di merito rispetto alla convenuta contumace, ### S.P.A., non avendo quest'ultima, quale terzo pignorato, dato causa all'opposizione agli atti esecutivi.  P.Q.M.  il Tribunale di ### - ### civile in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel merito dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, co. 2, c.p.c., promosso dalla parte creditrice procedente, #### e #### avverso l'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., emessa in data ### a definizione della procedura esecutiva mobiliare r.g.e. n. 3228/2020, riunita con la procedura esecutiva mobiliare r.g.e. n. 3362/2020, e nei confronti della debitrice esecutata, ### convenuta costituita, e del terzo pignorato #### S.P.A., convenuta contumace; ogni diversa domanda, eccezione ed istanza disattesa, così decide: 1) accoglie, nel merito, l'opposizione agli atti esecutivi e per l'effetto, in riforma parziale dell'ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. opposta, dispone la liquidazione e l'assegnazione della somma di euro 652,02 complessivi, a soddisfo integrale delle spese di esecuzione, relative ad entrambe le procedure esecutive riunite e comprendenti spese vive, compenso di avvocato ed accessori di legge, oltre alle spese successive di copia, notificazione e registrazione dell'ordinanza di assegnazione, nei limiti della somma complessiva dichiarata disponibile ai fini delle suddette procedure esecutive dal terzo pignorato, ai sensi dell'art. 547 c.p.c.; 2) condanna la convenuta opposta costituita, ### a rifondere agli attori ##### e ### in solido, le spese del presente giudizio di merito che liquida in euro 43,00 per spese vive ed in euro 332,00 a titolo di compenso di avvocato, oltre agli accessori di legge; 3) dichiara il non luogo a provvedere sulle spese di lite rispetto alla convenuta contumace, ### S.P.A.. 
Manda alla ### per gli adempimenti di competenza. 
Così deciso in ### in data ###.   

Il Giudice
dott. ### n. 49818/2022


causa n. 49818/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Guariniello Luigi

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