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Corte d'Appello di Palermo, Sentenza n. 188/2025 del 16-11-2025

... -determinare in via equitativa l'ammontare dei danni da usura psico-fisica causato dalla società “### S.r.l.” alla sig.ra ### stante la compromissione dell'integrità psicofisica e della vita di relazione della lavoratrice che il datore di lavoro ha realizzato nei suoi confronti a causa dei comportamenti vessatori, accertamento per il” quale “si chiede la nomina di Pag.7 una CTU medica e, per l'effetto, condannare la convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale da usura psico-fisica e da mobbing”. ### s.r.l. in confisca definitiva si è costituita in giudizio con memoria depositata il ###, resistendo al gravame. Alla prima udienza del 7.11.2024 parte appellante è stata onerata “di ridepositare il proprio fascicolo di parte del giudizio di primo grado inserendo ciascun documento in un file separato e nominato, corredando altresì il deposito di un separato file indice” (cfr. verbale in atti). Indi, all'odierna udienza, previa discussione, la causa è stata decisa come da dispositivo in atti. 2) Il primo ed il terzo motivo di gravame, da trattarsi congiuntamente in ragione della loro connessione, devono essere disattesi. Per come emerge dalla piana lettura del ricorso (leggi tutto)...

testo integrale

###1 Repubblica Italiana IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Palermo, sezione controversie di lavoro, previdenza ed assistenza, composta dai signori magistrati: 1) dott. ### 2) dott. ### 3) dott. ### relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n° 973 R.G.A. 2022 promossa in grado di appello #### rappresentata e difesa dall'Avv.to ### presso il cui studio in ### via ### n.221 è elettivamente domiciliata appellante #### s.r.l. in confisca definitiva rappresentata e difesa dall'Avv.to ### presso il cui studio in ### via ### n.122 è elettivamente domiciliata appellato all'udienza del 6 febbraio 2025 i procuratori delle parti costituite hanno concluso come da verbale in atti ### E ### 1) Con sentenza n.2675/2022, emessa in data ###, il Tribunale G.L di ### rigettava il ricorso col quale ### - dipendente della ### s.r.l. dal 10.12.2012 al 3.8.2020 con contratto di lavoro part-time di 20 ore settimanali - aveva chiesto la condanna di controparte al pagamento delle differenze retributive pari ad €11.146,57 (in relazione al rivendicato diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da 20 a 24 ore settimanali) o, in alternativa, ad €54.090,28 (in relazione al rivendicato diritto alla trasformazione del rapporto di
Pag.2 lavoro da tempo parziale a tempo pieno), nonché al risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa, in ragione delle condotte vessatorie subite in costanza di rapporto che avevano compromesso la sua integrità psicofisica. 
Quanto alla domanda di “differenze retributive” fondata sulla pretesa estensione del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno, il primo Giudice, dopo aver evocato l'art. 5, comma 2, del D.Lg.vo n.61/2000, riteneva inesistente “il diritto vantato dalla Mangano” atteso che il “contratto di lavoro individuale della lavoratrice … non attribuiva a quest'ultima alcuna precedenza rispetto al nuovo personale eventualmente assunto”. 
Rilevava, in ogni caso, che parte resistente avesse “dimostrato che i dipendenti ### e Bonura” erano “stati assunti con contratti a tempo parziale”. 
Sul presupposto, poi, che spettasse “al lavoratore che agisce in giudizio allegare con precisione i fatti costitutivi del proprio diritto”, osservava che non erano state contestate le “puntuali considerazioni … svolte dalla resistente in merito all'omessa assunzione di altro personale a tempo pieno adibito a mansioni equivalenti rispetto a quelle” della ricorrente. 
Quanto alla pretesa riguardante il diritto di prestare servizio per 24 ore settimanali, riteneva che, anche a “prescindere da ogni considerazione circa l'opponibilità all'odierna convenuta dell'accordo sindacale del 9 agosto 2012 …. l'eventuale inadempimento del datore di lavoro obbligato” non avrebbe potuto “comportare automaticamente né il diritto alle differenze retributive (testualmente richieste in ricorso), visto che il pagamento della retribuzione presuppone lo svolgimento di attività lavorativa (nella fattispecie pacificamente non svolta), né il diritto al risarcimento del danno parametrato al medesimo importo (considerato che il pregiudizio economico concretamente ristorabile non coincide con il mancato guadagno: in caso contrario il lavoratore che non ha prestato alcun servizio si vedrebbe riconosciuto un vantaggio superiore a quello che avrebbe percepito lavorando, senza neppure considerare quanto percepito dalla lavoratrice a titolo di lavoro supplementare/straordinario e che si andrebbe indebitamente ad aggiungere al risarcimento ambito)”. 
In relazione alla domanda “relativa al mobbing”, il Tribunale premetteva che “secondo la prospettazione attorea la condotta illecita della ### s.r.l. sarebbe consistita, da un lato, nell'impiego della lavoratrice in un numero di ore inferiore a quello imposto dall'accordo sindacale dell'agosto 2012 e nella violazione del diritto di precedenza nell'estensione del rapporto da part time a tempo pieno e, dall'altro lato, nel reiterato ricorso a contestazioni disciplinari pretestuose”.
Pag.3 Ciò posto, rilevava che “l'esame complessivo dei superiori comportamenti” non poteva “in alcun modo condurre all'accertamento di un intento persecutorio da parte della società” in quanto, da un lato, “il mancato adempimento dell'obbligazione assunta circa l'estensione del part time non” denotava “alcun intento discriminatorio o persecutorio nei confronti della lavoratrice”, dall'altro, “buona parte delle contestazioni disciplinari” risultavano “basate su fatti materiali esistenti (cfr. le contestazioni disciplinari e le relative giustificazioni prodotte come allegato n. 9 del ricorso), seppur talvolta privi di rilevanza disciplinare (cfr. allegato n. 11 della memoria di costituzione per le plurime sanzioni irrogate alla lavoratrice, compreso, da ultimo, il licenziamento per giusta causa comminato per l'abbandono definitivo del posto di lavoro)”. 
Osservava, inoltre, che la ricorrente non aveva “offerto alcuna prova circa il nesso di causalità tra la condotta datoriale (di per sé priva di carattere mobbizzante o stressogeno) e le patologie lamentate (cfr. certificati di cui all'allegato n. 9 del ricorso), rimanendo irrilevanti sia il certificato medico del 21 gennaio 2020 (comprovante tutt'al più l'alterco con il direttore del punto vendita, ma non certo una condotta datoriale unitaria e lesiva dell'integrità psico-fisica dedotta nell'atto introduttivo), sia il documento rilasciato dal ### (cfr. allegato n. 12 del ricorso), che a ben guardare nulla” attestava “circa l'eziologia delle patologie da cui” era “affetta la Mangano”. 
Sotto quest'ultimo aspetto, evidenziava “come, da un lato, lo stato d'ansia (neppure specificamente diagnosticato)” appariva “particolarmente lieve (visto il trattamento farmacologico prescritto: ### cioè un blando ansiolitico, ogni sera e ### solo al bisogno: cfr. certificato medico del 27 maggio 2020) e, dall'altro lato, le altre patologie (cioè obesità grave, noduli tiroidei, ascesso perianale con emorroidi, edemi agli arti inferiori e diabete mellito: certificato del 2 febbraio 2021) non” risultavano “univocamente riconducibili da un punto di vista eziologico allo stress da lavoro”. 
Avverso tale decisione ha interposto appello ### con ricorso depositato in cancelleria in data ###. 
Col primo motivo, concernente il diritto “ad avere esteso il numero di ore contrattuali a 24 come sancito dall'accordo sindacale”, censura la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che “l'eventuale inadempimento del datore di lavoro obbligato non potrebbe comportare automaticamente né il diritto alle differenze retributive (testualmente richieste in ricorso), visto che il pagamento della retribuzione presuppone lo svolgimento di attività lavorativa”.
Pag.4 Osserva che, “nonostante il disposto dell'accordo sindacale che prevedeva che tutti i lavoratori transitati alle dipendenze della ### srl, compresa la sig.ra ### dovessero avere il diritto di svolgere almeno 24 ore di lavoro settimanali, il giudice ha ritenuto non sussistente il diritto a rivendicare le relative differenze retributive da mancato innalzamento dell'orario”. 
Ritiene tale affermazione “priva di pregio in quando secondo la regola generale, il datore di lavoro non può ridurre unilateralmente l'orario di lavoro in quanto la stessa ha un impatto sulla retribuzione e su tutte le voci accessorie”. 
Sostiene, inoltre, che nemmeno ha fondamento “l'eccezione di controparte circa l'esistenza del protocollo d'intesa sottoscritto dal datore di lavoro ed allegato al n.3 della memoria difensiva” atteso che lo stesso prevedeva che sarebbe rimasto “inalterato l'orario di lavoro di ciascun dipendente riferito alla data odierna”. 
Che, pertanto, “in base al predetto protocollo d'intesa” ella “aveva diritto anche dopo il detto protocollo al mantenimento delle precedenti condizioni contrattuali che, così come concordate dalle parti in sede sindacale nel 2012 e mai derogate con un successivo accordo, prevedevano lo svolgimento di almeno 24 ore alla settimana”. 
Sotto altro concorrente profilo di doglianza, riferita all'assunzione “di molti altri dipendenti sia a tempo parziale (24 ore ###, sia a tempo pieno (40 h settimanali)”, rileva che tale questione “avrebbe potuto essere dimostrata nel corso del giudizio di primo grado dalla ricorrente, solamente con prova testimoniale oppure con l'esibizione in giudizio dei ### del ### da parte del datore”. 
Che “al contrario, il giudice ha ritenuto sufficienti le mere affermazioni di controparte formulate nella memoria difensiva, così come ha ritenuto sufficiente l'allegazione del datore dei contratti di lavoro dei sigg.ri ### e ### che, secondo la ricostruzione del giudice, comprovano il reale orario di lavoro dei dipendenti assunti successivamente alle ripetute richieste di adeguamento dell'orario di lavoro” da ella “formulate”. 
Soggiunge di non aver “domandato il diritto di essere assunta precedentemente ad altri colleghi. Semplicemente ha osservato come, avendo diritto per contratto (rectius -accordo sindacale) a poter svolgere 24 ore settimanali, l'assunzione di altri dipendenti pur non violando nessuna precedenza in diritto, viola di fatto il diritto della ricorrente a svolgere il numero minimo di ore per cui è stata assunta palesandosi, in tal modo, anche il comportamento vessatorio del datore”. 
Col secondo motivo, lamenta che il Tribunale “non solo non ha ritenuto vessatorio l'insieme dei comportamenti posti in essere dal datore, ma nemmeno ha ritenuto sussistente il
Pag.5 nesso eziologico tra tali comportamenti ed i danni psico-fisici patiti dalla ricorrente e risultanti dalla certificazione del centro anti-mobbing”. 
Sostiene che “se il giudice avesse ammesso le chieste prove per testimoni così come l'esibizione del ### si sarebbe potuto provare il fatto che la ricorrente era l'unica tra i dipendenti transitati alla ### srl in forza del citato accordo sindacale del 2012, a non aver ottenuto l'aumento delle ore a 24. Tutti gli altri dipendenti invece hanno ricevuto l'aumento delle ore ed addirittura, il datore, ha assunto nuovi dipendenti a tempo pieno”. 
Deduce che “a tale comportamento datoriale, si sarebbero dovuti sommare tutti i procedimenti disciplinari assolutamente privi di fondamento posti in essere solamente per isolare la dipendente e farla apparire inadempiente agli occhi di un futuro, possibile, esame giudiziale dei fatti”. 
Che avendo lo stesso primo Giudice ritenuto che “…. talune sanzioni erano talvolta prive di rilevanza disciplinare”, doveva ritenersi sussistente il comportamento vessatorio; che un tanto si sarebbe potuto dimostrare ove “fosse stata ammessa la prova testimoniale articolata in ricorso, così come con lo svolgimento dell'interrogatorio formale”. 
Quanto al nesso eziologico “tra tali comportamenti datoriali e le patologie psico-fisiche insorte”, ritiene, “contrariamente a quanto sostenuto dal giudice in sentenza”, che la “certificazione medica prodotta dal centro anti-mobbing … pone con evidenza l'accento sui comportamenti del datore quale causa delle patologie della ricorrente”.   Che “sarebbe quindi stato più logico che il giudice, anziché ricercare nella perizia de qua improbabili certezze assolutistiche circa l'eziologia del danno, avesse nominato un consulente tecnico d'ufficio con competenze mediche per verificare l'assunto del centro anti-mobbing”. 
Col terzo motivo, ribadisce che “l'accordo sottoscritto in data ### tra la ### e l'Avv. ### ha piena efficacia giuridica proprio per la qualità che quest'ultimo ricopriva al momento della sottoscrizione, e cioè quella di ### pro tempore delle ### del ### Giacalone”. 
Che, pertanto, “nel momento in cui l'Avv. ### ha sottoscritto l'accordo sindacale aveva i pieni poteri per farlo e, conseguentemente, la sig.ra ### (soggetto terzo in buona fede rispetto all'accordo stesso) aveva pieno diritto a farvi affidamento e da richiederne la applicazione”. 
Precisa che in “data 09.08.2012 … il predetto amministratore ### si determinò a procedere all'affitto dei rami di azienda delle ### S.r.l., ### s.r.l. e ### s.r.l.”; che ella prima “di essere dipendente della ### … era stata dipendente della
Pag.6 ### s.r.l., facente parte del ### “### Battista”, gruppo che, a seguito di indagini, era stato posto in ### Giudiziaria”; che ella con “la ### s.r.l. … aveva intrattenuto un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”; che dopo “il licenziamento patito dalla ### s.r.l., e visto il coinvolgimento di numerosi lavoratori anche di altre società del ### si stipulò un accordo che prevedeva la riassunzione di numerose unità presso i punti vendita ### di #### e ### di ### e, pertanto, ad opera della ### s.r.l., come poi effettivamente avvenne”; che le “riassunzioni dovevano avvenire secondo determinate modalità inserite nel testo dell'accordo”; che la “stipula del contratto di lavoro del 10.12.2012 (doc. n.2) è la dimostrazione che fu data concreta applicazione all'accordo per cui è causa e il contratto veniva sottoscritto, oltre che dalla ricorrente, dall'### della ### S.r.l., Avv. ### Geraci”. 
Sostiene, pertanto, che “la ### quale soggetto avente causa (in quanto ha poi effettivamente proceduto alla assunzione dei lavoratori citati nell'accordo)” era “vincolata alla osservanza delle clausole ivi indicate”. 
Per tali ragioni spiega le seguenti domande: “condannare la società' “### S.r.l. -in confisca definitiva”, a pagare in favore della sig.ra ### per le causali meglio dedotte in narrativa del ricorso di primo grado e dei successivi atti di causa, la complessiva somma lorda di €.11.146,57o quella di €.54.090,28, o quell'altra maggiore o minore che risulterà in corso di causa, per la determinazione della quale si chiede la nomina di un ### d'### oltre rivalutazione ed interessi sulle somme rivalutate, come per legge; oppure, -condannare la società' “### S.r.l. -in confisca definitiva”, a pagare in favore della sig.ra ### per le causali meglio dedotte in narrativa del ricorso di primo grado e dei successivi atti di causa, la complessiva somma lorda di €.11.146,57o quella di €.54.090,28, a titolo di risarcimento del danno per equivalente, per la mancata estensione di n.4 ore di lavoro alla settimana per il periodo di lavoro alle dipendenze dell'appellata e dedotto in ricorso, per la determinazione della quale si chiede la nomina di un ### d'### -determinare in via equitativa l'ammontare dei danni da usura psico-fisica causato dalla società “### S.r.l.” alla sig.ra ### stante la compromissione dell'integrità psicofisica e della vita di relazione della lavoratrice che il datore di lavoro ha realizzato nei suoi confronti a causa dei comportamenti vessatori, accertamento per il” quale “si chiede la nomina di
Pag.7 una CTU medica e, per l'effetto, condannare la convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale da usura psico-fisica e da mobbing”.  ### s.r.l. in confisca definitiva si è costituita in giudizio con memoria depositata il ###, resistendo al gravame. 
Alla prima udienza del 7.11.2024 parte appellante è stata onerata “di ridepositare il proprio fascicolo di parte del giudizio di primo grado inserendo ciascun documento in un file separato e nominato, corredando altresì il deposito di un separato file indice” (cfr. verbale in atti). 
Indi, all'odierna udienza, previa discussione, la causa è stata decisa come da dispositivo in atti.  2) Il primo ed il terzo motivo di gravame, da trattarsi congiuntamente in ragione della loro connessione, devono essere disattesi. 
Per come emerge dalla piana lettura del ricorso di primo grado la ### - sul presupposto che l'accordo del 9.8.2012 avesse stabilito, ai fini della riallocazione del personale in esubero e/o licenziato, che l'orario di lavoro, in caso di sua riduzione, non sarebbe comunque mai andato al di sotto delle 24 ore settimanali - aveva lamentato che sin dalla stipula del contratto di lavoro con la ### s.r.l.  (avvenuta il ###) l'orario di lavoro era stato determinato in 20 ore settimanali. 
Per tale ragione aveva rivendicato (cfr. pag. 3 ricorso di primo grado) le “differenze retributive non corrisposte” pari alla differenza tra quelle lavorate (20 ore) e quelle (24 ore) previste dall'accordo dell'agosto del 2012. 
Segnatamente aveva sostenuto che: il “mancato regolare riconoscimento dello svolgimento di 24 ore settimanali nonché di un contratto a tempo indeterminato, ha generato numerose differenze retributive, sia quelle relative al mancato guadagno tra le 20 e le 24 ore settimanali, sia, in subordine, quelle che avrebbe maturato qualora il suo contratto avesse preveduto lo svolgimento di 40 ore settimanali. A tutt'oggi, pertanto, la sig.ra ### va creditrice nei confronti della società ### s.r.l., per i titoli sopra esposti, della complessiva somma lorda di €.11.146,57, qualora il suo contratto fosse stato adeguato a 24 ore settimanali e di €.54.090,28 qualora il suo contratto avesse previsto lo svolgimento di 40 ore settimanali, orario concesso ai nuovi assunti ma non a lei che risultava firmataria del citato accordo sindacale”.
Pag.8 Per tali ragioni aveva chiesto la condanna della “società' “### A ### in confisca con socio unico l'erario”, in persona del legale rapp.te pro tempore, a pagare in favore della sig.ra ### per le causali meglio dedotte in narrativa, la complessiva somma lorda di €.11.146,57 o quella di €.54.090,28, o quell'altra maggiore o minore che risulterà in corso di causa, per la determinazione della quale si chiede sin da adesso la nomina di un ### d'### oltre rivalutazione ed interessi sulle somme rivalutate, come per legge”. 
Orbene, a fronte di siffatta prospettazione, il Tribunale, ha evidenziato, anzitutto, che non sussistesse alcun diritto “all'estensione del rapporto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno”. 
Ciò, sia in ragione del fatto che il contratto individuale di lavoro del 10 dicembre 2012 non contemplava alcun diritto di precedenza rispetto al nuovo personale eventualmente assunto, sia perché parte resistente aveva dimostrato che i dipendenti ### e ### erano stati assunti con contratti a tempo parziale. 
Il primo Giudice ha, inoltre, rilevato che parte ricorrente non aveva contestato le “puntuali considerazioni … svolte dalla resistente in merito all'omessa assunzione di altro personale a tempo pieno adibito a mansioni equivalenti rispetto a quelle” della ricorrente. 
Trattasi di percorso motivazionale che questa Corte condivide pienamente, in quanto il Tribunale ha ### tenuto conto della posizione processuale assunta dalle parti nei rispettivi atti difensivi. 
Infatti, a fronte della specifica deduzione (fatta nell'atto introduttivo del giudizio) che la parte datoriale avesse assunto a tempo pieno e indeterminato i lavoratori ### e ### la ### s.r.l. aveva replicato in memoria (e documentato mediante produzione dei relativi contratti - cfr. doc. n.6 e 7 fascicolo di parte) che i dianzi citati lavoratori erano stati, in realtà, assunti con contratti a termine ed a tempo parziale, in sostituzione di dipendenti in ferie. 
Inoltre, la precisa allegazione, contenuta nella memoria di primo grado, di aver assunto un solo dipendente (### con contratto a tempo pieno, con inquadramento nel livello II e mansioni di responsabile del punto vendita (ossia, in mansioni diverse e superiori rispetto a quelle dell'odierna appellante), non è stata specificamente contestata dalla ### - per come correttamente affermato dal Tribunale in sentenza - nel corso del giudizio di prime cure.
Pag.9 In ogni caso, rileva questa Corte, dirimente di ogni altra considerazione, rispetto alle pretese differenze retributive, si disvela il fatto che il primo Giudice ha disatteso la corrispondente domanda con autonoma argomentazione (seppur riferita al preteso orario di lavoro settimanale pari a 24 ore), di per sé sufficiente a sorreggere l'impianto motivazionale, che non risulta in alcuna parte scalfita dai motivi di gravame. 
Ha affermato, infatti, il Tribunale: “A prescindere da ogni considerazione circa l'opponibilità all'odierna convenuta dell'accordo sindacale del 9 agosto 2012 (cfr. memoria di costituzione), la pretesa ora in esame non merita di essere condivisa. 
Infatti, s'è vero che con il predetto accordo sembrerebbe essere stato attribuito alla lavoratrice il diritto di lavorare per un orario settimanale non inferiore a ventiquattro ore, questo giudice ritiene che l'eventuale inadempimento del datore di lavoro obbligato non potrebbe comportare automaticamente né il diritto alle differenze retributive (testualmente richieste in ricorso), visto che il pagamento della retribuzione presuppone lo svolgimento di attività lavorativa (nella fattispecie pacificamente non svolta), né il diritto al risarcimento del danno parametrato al medesimo importo (considerato che il pregiudizio economico concretamente ristorabile non coincide con il mancato guadagno: in caso contrario il lavoratore che non ha prestato alcun servizio si vedrebbe riconosciuto un vantaggio superiore a quello che avrebbe percepito lavorando, senza neppure considerare quanto percepito dalla lavoratrice a titolo di lavoro supplementare/straordinario e che si andrebbe indebitamente ad aggiungere al risarcimento ambito). 
In altri termini, il giudicante ha rilevato che la domanda di differenze retributive (per come spiegata in ricorso) non fosse invocabile; che, al contrario, se del caso e ricorrendo i presupposti di allegazione prova, fosse percorribile quella del risarcimento del danno, ossia una domanda non contenuta in ricorso. 
Ad ogni evidenza, dunque, il gravame, sul punto, non si confronta adeguatamente con (e non censura la) motivazione della sentenza impugnata, risultando in definitiva carente delle ragioni per cui la ### non condivide le argomentazioni poste dal Giudice a base della sua pronuncia, sì da consentire a questa Corte di valutarne l'eventuale fondatezza. 
Va da sé, dunque, che non vi è spazio alcuno, in questa sede, per procedere alla disamina di una ### domanda (ossia quella risarcitoria per equivalente) mai
Pag.10 spiegata in prime cure (e formulata in aggiunta e per la prima volta, come tale in maniera inammissibile, nelle conclusioni dell'atto gravame). 
In ogni caso, si osserva non può neanche condividersi, nel merito, quanto sostenuto dall'appellante secondo cui “il datore di lavoro non può ridurre unilateralmente l'orario di lavoro in quanto la stessa ha un impatto sulla retribuzione e su tutte le voci accessorie” e che non avrebbe fondamento “l'eccezione di controparte circa l'esistenza del protocollo d'intesa sottoscritto dal datore di lavoro ed allegato al n.3 della memoria difensiva” in quanto lo stesso prevedeva che sarebbe rimasto “inalterato l'orario di lavoro di ciascun dipendente riferito alla data odierna”. 
Nella vicenda che occupa, invero, risulta documentalmente provato - al di là di quanto concordato in via programmatica nell'accordo dell'agosto del 2012 (nel corpo del quale, per altro, le parti avevano stabilito che “la modifica sopra indicata (### anziché ### presuppone comunque il preventivo benestare della società affiliante (### S.p.a.)” - che la ### venne assunta dalla ### s.r.l. a tempo indeterminato e parziale per 20 ore settimanali, con contratto sottoscritto (senza riserve) il ### (cfr. doc. fasc. di parte). 
Essendo, dunque, questo il momento genetico del rapporto di lavoro instaurato con la ### s.r.l. (dopo il licenziamento del 9.8.2012 a causa della cessazione dell'attività della precedente parte datoriale ### s.r.l., per come dedotto in ricorso), alcuna riduzione unilaterale dell'orario lavorativo può rinvenirsi nella vicenda che occupa. 
Né argomenti favorevoli alla prospettazione di parte appellante possono trarsi dal protocollo d'intesa del 29.2.2016 (cfr. doc. fasc. di parte), atteso che tale atto, nella parte in cui ha stabilito che “rimarrà inalterato l'orario di lavoro di ciascun dipendente riferito alla data odierna”, non ha fatto altro che cristallizzare e legittimare, per tutti i dipendenti all'epoca in organico (tra cui la ###, l'orario di lavoro esistente al momento della sua stipula; orario di lavoro che, per quanto riguarda a ### era (già) stato (come detto) stabilito in 20 ore settimanali col contratto di lavoro sottoscritto il ###. 
Al contrario, si osserva, il detto protocollo d'intesa (firmato anche dalla ### quale componente RSA - cfr. doc. fasc. di parte) dimostra - diversamente da quanto sostenuto dall'appellante - che il rapporto di lavoro in essere dovesse ormai svolgersi, a regime, proprio secondo tale orario.
Pag.11 A quanto or ora esposto, va ulteriormente aggiunto che parte appellata (già) in primo grado aveva documentalmente provato che anche altri dipendenti (inquadrati come la ### nel 4° livello con mansioni di “cassiera”), pure rientranti nell'accordo del 9.8.2012, avevano, poi, sottoscritto (proprio il ###, come l'appellante) con la ### s.r.l. contratti di lavoro a tempo indeterminato e parttime per 20 ore settimanali (cfr. contratti ##### e ### - doc. fasc. di parte). 
Circostanza, questa, anche riscontrata dal verbale del 5.2.2018 (già prodotto in prime cure dalla società appellata e ridepositato in questa sede ###), che non fa altro che confermare, da un lato, l'insussistenza di una condotta asseritamente discriminatoria posta in essere nei ### confronti della ### dall'altro, la disponibilità della parte datoriale “compatibilmente con le esigenze aziendali” ad “incrementare temporaneamente … a 24 ore sino al 14.2.2018 l'orario di lavoro delle quattro unita ##### e ### Mangano” e di prolungarne l'efficacia “fino al 14/05/2018”. 
Che, poi, la ### fosse stata, effettivamente, destinataria dell'estensione oraria da 20 a 24 ore settimanali in taluni periodi (dal 15.8.2016 al 30.10.2016, dall'1.12.2016 all'8.1.2017, dal 18.12.2017 al 13.5.2018), è un fatto allegato e adeguatamente provato dalla ### s.r.l. (cfr. doc. 4, 5, 20, 21, 22, 23 fascicolo di parte appellata), oltre che non specificamente contestato. 
Nel quadro fin qui delineato, pertanto, tenuto ### conto delle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata (nella parte in cui, lo si ripete, ha affermato che “l'eventuale inadempimento del datore di lavoro obbligato non potrebbe comportare automaticamente … il diritto alle differenze retributive (testualmente richieste in ricorso), visto che il pagamento della retribuzione presuppone lo svolgimento di attività lavorativa (nella fattispecie pacificamente non svolta)”), del tutto irrilevanti devono reputarsi le richieste istruttorie reiterate in questa sede ###quanto le stesse (vertenti, in parte, su fatti apprezzabili documentalmente e, in altra parte, su circostanze non specifiche, giacchè riferite genericamente ad asserite nuove assunzioni e ad estensioni degli orari di lavoro di dipendenti non meglio individuati) non sarebbero ### idonee a mutare le sorti della decisione.
Pag.12 3) Parimenti infondato è il secondo motivo di gravame riguardante il risarcimento del danno da asserite condotte vessatorie subite in costanza di rapporto. 
Come è noto, il fenomeno del mobbing è il frutto di elaborazione giurisprudenziale che, seppur con varietà di contenuti, ha ritenuto di poterlo individuare nella condotta vessatoria, reiterata e duratura, individuale o collettiva, rivolta nei confronti di un lavoratore ad opera di superiori gerarchici (mobbing verticale) e/o colleghi (mobbing orizzontale), oppure anche da parte di sottoposti nei confronti di un superiore (mobbing ascendente), talora corrispondente ad una precisa strategia aziendale finalizzata all'estromissione del lavoratore dall'azienda ###. 
Ciononostante, allo stato, i contributi della dottrina e della giurisprudenza non sono stati recepiti e/o non si sono tradotti in un testo normativo. 
Pertanto, è proprio su questo terreno mobile dell'elaborazione giurisprudenziale che deve muoversi l'interprete nel tentativo di individuare gli strumenti, in termini di diritto positivo, di tutela. 
Trattasi per vero di fenomeno tutt'altro che nuovo nell'esperienza giuridica italiana. 
All'uopo è sufficiente ricordare l'enorme sforzo dottrinale, prima, giurisprudenziale, poi, operato alla fine degli anni ‘80 sui c.d. diritti della personalità, che, secondo l'impostazione tradizionale dell'epoca, non trovavano tutela nel corpo del codice civile del 1942, fortemente ispirato ad una concezione individualistica e proprietaria del diritto privato. Soltanto una rilettura costituzionalmente orientata consentì, come è noto, di individuare negli artt.2043, 2059 e, addirittura, nell'art.844 c.c. gli “strumenti” di tutela dei nuovi diritti della persona in quanto tale. 
Analogamente, oggi, va concretizzandosi, in un contesto di riconosciuta esplicazione della personalità umana ### nel luogo di lavoro, la figura del mobbing quale pratica lesiva dei diritti del lavoratore. 
Ciò è tanto vero che gli istituti ritenuti idonei a garantire la tutela del lavoratore sono stati individuati (come si è detto con varietà di decisioni) proprio negli articoli 2043, 2059 e 2087 c.c.. norme che, come è noto, nell'ottica del legislatore del 1942, erano ben lontani dal tutelare danni diversi da quelli patrimoniali (l'art. 2059,
Pag.13 infatti, si riteneva fosse applicabile soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge e, in particolare, da fatti costituenti reato). 
Va da sé, pertanto, che non possa più discutersi sulla risarcibilità del danno, in senso lato, alla persona. 
Purtuttavia, è d'obbligo, nell'operatore del diritto, il rigore nell'applicare norme di c.d. “diritto vivente”. 
Ne sono riprova le numerose pronunce che di volta in volta hanno individuato nell'art.2087 c.c. ovvero nell'art.2043 c.c. i riferimenti normativi da cui trarre la responsabilità del datore di lavoro. 
Più in generale secondo la Suprema Corte (cfr. Cass. n.89/2025, n.3785/2009, Cass. n.12048/2011) “per mobbing si intende comunemente una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell'ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l'emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità. Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro sono, pertanto, rilevanti: a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l'evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del superiore gerarchico e il pregiudizio all'integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell'elemento soggettivo, cioè dell'intento persecutorio”. 
Stabilito, dunque, che il mobbing rappresenta quella forma di “terrorismo” psicologico attuato nei confronti del lavoratore va poi precisato che esso (come autorevolmente detto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.359/2003) può configurarsi anche mediante l'adozione di atti (che presi singolarmente si presentino come) legittimi. 
Tuttavia, si osserva, la Corte delle ### lungi dal limitarsi ad affermare l'irrilevanza della legittimità dell'atto datoriale, ha ritenuto doveroso aggiungere e precisare che la condotta datoriale deve essere “caratterizzata nel suo insieme dall'effetto e talvolta, secondo alcuni, dallo scopo di persecuzione e di emarginazione”. 
Per configurarsi il mobbing, pertanto, non può prescindersi dal fine, o meglio, dall'atteggiamento psicologico (animus nocendi) che sottende il compimento degli atti
Pag.14 datoriali, che devono essere finalizzati (siano essi formalmente legittimi e/o illegittimi) alla pura persecuzione del lavoratore ### “scomodo”. 
La necessita di cogliere l'elemento psicologico, si osserva, non muta anche muovendosi nell'alveo della responsabilità contrattuale ex art. 2087 c.c., giacchè se è vero, in questo caso, che il datore di lavoro deve provare di essere esente da colpa nell'inadempimento, è parimenti vero che il fatto illecito debba essere rigorosamente provato dall'attore. 
Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha, infatti, osservato: “in tema di mobbing e risarcimento del danno, affinché risultino violate le disposizioni ex art. 2087 c.c. è necessario l'effetto lesivo sull'equilibrio psico-fisico del dipendente, che dunque deve riuscire a dimostrare l'intento persecutorio sotteso a una serie di vessazioni, poste in essere in modo sistematico e prolungato, e la relazione causale fra la condotta e il pregiudizio alla sua integrità…” (Cassazione Civile, sezione lavoro, 26.3.2010 n.7382). 
Di talchè, anche nell'ambito della responsabilità contrattuale, rimane fermo l'onere di dimostrare la sussistenza dell'intento vessatorio. 
In ogni caso, si osserva, non basta che gli effetti ### dannosi cadano nel raggio di cognizione di chi agisce giacchè - come ha insegnato in fattispecie analoghe la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. pen. n. 8802 del 1996) - occorre che essi costituiscano l'elemento polarizzante della sua volontà, per modo che si potrà ritenere sussistente l'illecito solo se si accerti che l'unica ragione della condotta è consistita nel procurare un danno al lavoratore, mentre bisognerà escluderlo in caso contrario, indipendentemente dall'eventuale prevedibilità e occorrenza in concreto di simili effetti. 
Una restrizione del genere, se permette per un verso di rinvenire nel mobbing un'ulteriore manifestazione del divieto di agire intenzionalmente a danno altrui, che costituisce canone generale del nostro ordinamento giuridico e fondamento dell'exceptio doli generalis (Cass. n. 5273 del 2007), consente per altro verso di escludere dall'orbita della fattispecie tutte quelle vicende in cui fra datore di lavoro e lavoratore si registrano semplicemente posizioni divergenti o perfino conflittuali, affatto connesse alla fisiologia del rapporto di lavoro. 
Quanto al profilo risarcitorio, posta l'astratta potenzialità lesiva della condotta mobbizzante, deve precisarsi che la produzione di un pregiudizio in capo al lavoratore che ne sia vittima è soltanto eventuale.
Pag.15 Dall'inadempimento datoriale e dalla illegittimità degli atti assunti nella gestione del rapporto di lavoro non discende automaticamente (e perciò solo) un danno in capo al lavoratore, danno che non è infatti ravvisabile in re ipsa, bensì è pur sempre un danno-conseguenza e come tale esige, a sua volta, una specifica allegazione e prova. 
Non è, in altri termini, sufficiente dedurre e dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo piuttosto sul lavoratore l'onere di fornire la prova del danno e del nesso di causalità con l'inadempimento datoriale (v. Cass. 17 settembre 2010, n. 19785; Cass. 19 marzo 2013, n. 6797; Cass. 5 dicembre 2017, n. 29047, Cass. n.13484/2018, Cass. n.7487/2020, n.###/2024). 
E se è vero che la dimostrazione del danno può essere data in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento e, quindi, anche per presunzioni (coerentemente risalendo, dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti attraverso un prudente apprezzamento, al fatto ignoto, quale appunto l'esistenza del danno), non può trascurarsi che tanto presuppone che il danno in parola sia stato oggetto di specifica allegazione da parte del lavoratore. 
La più autorevole giurisprudenza di legittimità, infatti, si è ormai consolidata nel senso di ritenere che la prova del danno su cui si fonda la pretesa risarcitoria, deve essere fornita in concreto e deve essere particolarmente rigorosa non essendo “dunque sufficiente la prova della dequalificazione, dell'isolamento, della forzata inoperosità, dell'assegnazione a mansioni diverse ed inferiori a quelle proprie, poiché questi elementi integrano l'inadempimento del datore ma, dimostrata questa premessa, è poi necessario dare la prova che tutto ciò, concretamente ha inciso in senso negativo nella sfera soggettiva del lavoratore, alterandone gli equilibri e le abitudini di vita” (cfr. in particolare Cassazione S.U. n. 6575 del 24/03/2006 - anche Cass. n.23837/2015).  ### gli stessi giudici di legittimità “in tema di danno da demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, dell'esistenza di un pregiudizio (di natura meramente emotiva e interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare reddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto
Pag.16 all'espressione e realizzazione della sua personalità nel modo esterno. Tale pregiudizio non è conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, sicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore l'onere di fornire la prova del danno e del nesso di causalità con l'inadempimento datoriale” (cfr. Cassazione Civile, sezione lavoro, 14.11.2016 n.23146 - anche Cassazione Civile, sezione lavoro, 5.12.2017 n. 29047). 
Nel medesimo solco, le ### hanno affermato che “…nelle patologie aventi carattere comune ad eziologia c.d. multifattoriale, il nesso di causalità fra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e intensità dell'esposizione a rischio” (Cassazione Civile, sezioni unite, 17.6.2004 n.11353). 
Resta, dunque, a carico del lavoratore un preciso onere di allegazione e prova del tipo ed entità del danno e del nesso di causalità con l'eventuale inadempimento datoriale. 
In altri termini, in casi del tipo di quello che occupa, l'eventuale illegittimità della condotta posta in essere nei confronti della ### nel periodo oggetto di causa non è, di per sé, destinata ad esaurire né, tampoco, ad assorbire quella che investe il ### diverso profilo dell'esistenza (in concreto) di un danno risarcibile e la riconducibilità dello stesso (in termini di causalità efficiente) all'illecito di parte datoriale. 
Tanto premesso, si osserva quanto segue. 
Per come sinteticamente (ma correttamente) osservato nella sentenza qui impugnata, la ### nel corpo del ricorso di primo grado, aveva posto a sostegno della domanda risarcitoria le seguenti circostanze: - che, nonostante l'accordo del 9.8.2012, il suo orario di lavoro, al contrario dei colleghi, non era “mai stato adeguato” a 24 ore settimanali e che, anzi, la società aveva assunto altri lavoratori full-time provvedendo “ad estendere a 40 ore settimanali tutti gli orari di lavoro degli altri lavoratori”; - che tale condotta manifestava “un atteggiamento ostruzionistico e discriminante del datore volto chiaramente alla emarginazione” della stessa;
Pag.17 - che il comportamento vessatorio del datore di lavoro si era anche manifestato con numerosissimi procedimenti disciplinari, pretestuosi e inconsistenti, iniziati il ###; - che tali contestazioni le erano state comunicate in spregio ai criteri di cui all'art.7 della legge n.300/1970 in ragione del fatto che gli addebiti “si riferivano ad episodi che venivano descritti in modo impreciso e privo di ogni specificità”; - che gran parte degli “addebiti disciplinari (sempre seguiti dalle relative giustificazioni … per iscritto o in sede di audizione sindacale)” erano stati “smentiti da una serie di dichiarazioni, scritte e orali, offerte dai clienti del punto vendita ...”; - che nonostante, negli anni, avesse “subito circa 13 contestazioni disciplinari” le era stata irrogata “esclusivamente una sanzione disciplinare con provvedimento del 21.2.2020 … consistente nella sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per soli 3 giorni”; - che, infine, il ### le era stata contestata una condotta riferita ad un episodio occorso il ### che in realtà costituiva “l'ennesimo atteggiamento vessatorio subito …. e realizzato ai suoi danni dal direttore del punto vendita, sig. ### e dal preposto, sig. ### Drago”; episodio che descriveva nella sua dimensione fenomenica e che, a suo dire, ne aveva comportato il “tracollo” psicofisico. 
Orbene, per quel che riguarda il mancato adeguamento del contratto di lavoro da 20 a 24 ore di lavoro, questa Corte ritiene di dover condividere quanto affermato dal Tribunale nella sentenza impugnata (“il mancato adempimento dell'obbligazione assunta circa l'estensione del part-time non denota alcun intento discriminatorio o persecutorio nei confronti della lavoratrice”). 
A quanto affermato dal primo Giudice, deve qui solo aggiungersi come in realtà la prospettazione della ### secondo cui il suo orario di lavoro non era “mai stato adeguato” a 24 ore settimanali, risulta smentita dalle allegazioni e dai documenti prodotti dalla parte datoriale (tra cui anche il verbale del 5.2.2018 - doc. n.20) che dimostrano, da un lato, la disponibilità (anche se temporanea) all'estensione dell'orario lavorativo, dall'altro, l'effettivo prolungamento (come si è già esposto al punto 2 della presente sentenza) a 24 ore settimanali, in taluni periodi. 
Atteggiamento, questo, che non appare compatibile con un intento persecutorio.
Pag.18 Che poi non vi fosse una condotta caratterizzata, nel complesso, dallo scopo di persecuzione e di emarginazione nei confronti della ### risulta viepiù suffragato dal fatto che anche altre sue colleghe (con le medesime mansioni e che rientravano nel bacino dei lavoratori di cui all'accordo dell'agosto 2012), erano state assunte il ### con contratto di lavoro part-time di 20 ore settimanali (ossia ##### e ###. 
Talchè, risulta pure smentita la testi sostenuta dall'appellante, ossia che “la ricorrente era l'unica tra i dipendenti transitati alla ### srl in forza del citato accordo sindacale del 2012, a non aver ottenuto l'aumento delle ore a 24 …”. 
Non è dato, dunque, comprendersi sotto quale profilo questa Corte dovrebbe giungere alle conclusioni auspicate dalla ### e ritenere, dunque, dimostrato che il mancato recepimento dell'accordo del 2012 (in punto di orario di lavoro) si fondasse sulla precisa ed unica intenzione della parte datoriale di discriminare e/o vessare la #### Né a diversa conclusione deve pervenirsi con riferimento ai procedimenti disciplinari. 
Anzitutto, va osservato che, contrariamente a quanto affermato in ricorso, la ### risulta essere stata destinataria, in costanza di rapporto, di almeno tre sanzioni disciplinari che, tuttavia, non risulta che siano state mai impugnate ( lettera del 15.12.2017 contenente rimprovero scritto per fatti contestati il ###; lettera del 18.2.2020 contenente la sospensione per 3 giorni senza retribuzione per fatti contestati con missive del 5-10-18 luglio e 16 settembre 2019; lettera del 3.8.2020 contenente il licenziamento disciplinare per giusta causa per fatti contestati il ### - doc. fasc. di parte appellata). 
In particolare, si rileva, i fatti di cui alla lettera del 18.2.2020, che hanno comportato la sospensione per 3 giorni (sanzione, si ribadisce, che non risulta sia stata mai impugnata), rientrano proprio tra quelli evocati col ricorso di primo grado, per come è evincibile dai documenti prodotti dalla stessa ### Residuano, pertanto, le contestazioni del 6.5.2014, del 18.2.2015, del 28.5.2015, del 10.8.2017, del 12.2.2018, del 27.2.2018 e del 7.2.2020 le quali, tuttavia, appaiono null'altro che fisiologica espressione del potere disciplinare esercitato dal datore di lavoro nell'ambito di un rapporto di tipo subordinato.
Pag.19 Deve, invero, escludersi che le contestazioni operate con tali missive siano state formulate in maniera pretestuosa o con l'intento di vessare la ### al contrario di quanto assertivamente sostenuto dall'appellante, infatti, risultano espressamente indicati e descritti i fatti addebitati e pure concessi alla lavoratrice, nel rispetto dell'art.7 dello Statuto dei lavoratori, i termini per fornire le proprie giustificazioni. 
Ciò è tanto vero che la ### per come risulta dai documenti prodotti, ha puntualmente esercitato il diritto di difesa, presentando le proprie controdeduzioni che, evidentemente, sono state pure accolte non avendo, la parte datoriale, irrogato (per tali casi) alcuna sanzione disciplinare. 
Del tutto corretta, dunque, deve reputarsi la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che “buona parte delle contestazioni disciplinari risultano basate su fatti materiali esistenti … seppur talvolta privi di rilevanza disciplinare”; dovendosi chiaramente intendere quest'ultima espressione riferita al fatto che la parte datoriale ha ritenuto, all'esito dei procedimenti incoati, di non dover irrogare alcuna sanzione nei confronti della lavoratrice. 
Né, d'altro canto, l'appellante ha allegato (prima ancora che provato e chiesto di provare) che la ### s.r.l., nel periodo oggetto di causa, non avesse esercitato, con analoga modalità e frequenza, l'azione disciplinare anche nei confronti degli altri dipendenti, al fine di avvalorare la tesi che, sottese alle contestazioni, vi fosse un mero intento persecutorio dispiegato nei suoi confronti. 
Quanto, infine, all'ultimo episodio del 19.1.2020 (di cui alla lettera di contestazione del 7.2.2020), è appena il caso di osservare che l'odierna parte appellante non ha neanche chiesto di provare che i fatti si fossero svolti nei termini descritti alle pagine 7 e 8 del ricorso di primo grado. 
Nel quadro fin qui delineato, in definitiva, deve categoricamente escludersi che nella vicenda oggetto di causa sia stata fornita la prova di un intento persecutorio e, dunque, il compimento di condotte mobbizzanti imputabili alla ### s.r.l., rimanendo, così, irrilevante la disamina del motivo di gravame che si appunta sul nesso di causalità (pure escluso in prime cure) col prospettato danno alla salute psico-fisica. 
Consegue la conferma della sentenza impugnata.
Pag.20 4) Le spese del presente grado di giudizio seguono il principio della soccombenza e si liquidano in favore di parte appellata nei termini di cui in parte dispositiva.  P.Q.M.  definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, conferma la sentenza n.2675/2022 emessa dal Tribunale G.L. di ### in data ###. 
Condanna parte appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore dell'appellata che liquida in complessivi euro 3.473,00 per compensi professionali oltre iva, cpa e spese generali come per legge.  ### 6 febbraio 2025 il ### estensore

causa n. 973/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Carmelo Ioppolo, De Maria Michele

M

Corte d'Appello di Genova, Sentenza n. 191/2025 del 01-07-2025

... ecc., che si deterioravano rapidamente per la continua usura, disperdendo nell'ambiente circostante polveri contenenti amianto; - che, come indicato nella dichiarazione aziendale, il sig. Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 ### aveva sempre lavorato come elettricista, effettuando interventi di riparazione, manutenzione e pronto intervento sull'impianto di agglomerazione destinato al procedimento di produzione della ghisa, rimuovendo i rivestimenti coibentati e rimontandoli ad intervento finito; - che anche i quadri elettrici su cui aveva operato il sig. ### erano termicamente isolati con pannelli in amianto; - che gli elettricisti avevano in dotazione bende in amianto con cui rivestivano i fasci di cavi maggiormente esposti ad alta temperatura; - che nel corso delle attività, spesso la coibentazione usurata che veniva rimossa si sbriciolava e le polveri si disperdevano nell'aria; - che i materiali che residuavano dagli interventi di manutenzione (vecchi pannelli in amianto deteriorati e sbriciolati e detriti) venivano caricati e movimentati all'interno del reparto senza che venissero osservate le misure minime per contenere l'enorme dispersione di polveri e fibre (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'#### Composta da: #### rel.  ### ha pronunciato la seguente ### nella causa iscritta al n. 78/2024 R.G.L. promossa da: ### S.P.A. , c.f. ###, rappresentata e difesa dall'avv.to ### per procura allegata al ricorso in appello ### ed ##### (c.f. ###), ### (c.f. ###) e ### (c.f.  ###), rappresentati e difesi dagli Avv.ti ### e ### per procura allegata alla memoria di costituzione in appello ### ed ### a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025
Oggetto: Risarcimento danni: altre ipotesi ### Le parti concludono come da note di trattazione scritta tempestivamente depositate entro il termine del 11/06/2025 ### 1. Con ricorso al Tribunale di Genova gli odierni appellati, congiunti ed eredi del sig. ### deceduto in data ### a causa di un mesotelioma pleurico diagnosticatogli nel giugno 2016, esponevano: -che il loro dante causa aveva lavorato alle dipendenze di ### dal 15/5/1961 al 31/3/1985, dapprima come operaio e poi come tecnico addetto alla manutenzione elettromeccanica degli impianti, assegnato al reparto ### dell'area a caldo presso lo stabilimento siderurgico ### di ### -che il predetto lavoratore, nello svolgimento del lavoro, era stato quotidianamente a contatto con materiali contenenti amianto, all'epoca impiegato per le coibentazioni degli impianti utilizzati nei processi ad alte temperature; - che infatti fino alla bonifica avvenuta negli anni ‘90, la coibentazione degli impianti era costituita principalmente da componenti in amianto sotto forma di pannelli, materassini, coppelle, trecce, cascami ecc., che si deterioravano rapidamente per la continua usura, disperdendo nell'ambiente circostante polveri contenenti amianto; - che, come indicato nella dichiarazione aziendale, il sig. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 ### aveva sempre lavorato come elettricista, effettuando interventi di riparazione, manutenzione e pronto intervento sull'impianto di agglomerazione destinato al procedimento di produzione della ghisa, rimuovendo i rivestimenti coibentati e rimontandoli ad intervento finito; - che anche i quadri elettrici su cui aveva operato il sig.  ### erano termicamente isolati con pannelli in amianto; - che gli elettricisti avevano in dotazione bende in amianto con cui rivestivano i fasci di cavi maggiormente esposti ad alta temperatura; - che nel corso delle attività, spesso la coibentazione usurata che veniva rimossa si sbriciolava e le polveri si disperdevano nell'aria; - che i materiali che residuavano dagli interventi di manutenzione (vecchi pannelli in amianto deteriorati e sbriciolati e detriti) venivano caricati e movimentati all'interno del reparto senza che venissero osservate le misure minime per contenere l'enorme dispersione di polveri e fibre nell'ambiente circostante; - che in generale, la presenza di amianto in tutti gli stabilimenti genovesi dell'### era ubiquitaria e tale minerale veniva trattato senza alcuna cautela alla stregua di un qualsiasi materiale inerte; - che, nel corso degli anni di attività del sig. ### non venne mai fatta alcuna misurazione dei livelli di inquinamento dell'aria all'interno dello stabilimento, nonostante il reparto ### fosse considerato uno dei più inquinanti a causa Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 dello sviluppo di fumi contenenti diossina; - che l'azienda ### non aveva mai fornito al sig. ### ed ai suoi colleghi mezzi di protezione dalle polveri e dalle fibre; - che non vi erano sistemi di aspirazione localizzata, di abbattimento ed isolamento alla fonte delle polveri che si producevano durante le lavorazioni, né vennero adottate misure organizzative per separare le lavorazioni comportanti produzione di polveri nocive dalle altre attività; - che il sig. ### al pari dei colleghi di lavoro, non aveva mai utilizzato mascherine contro l'inalazione di polveri nocive, né era stato informato circa la pericolosità delle polveri contenenti fibre di amianto e sulle cautele da adottare in presenza di tali polveri; - che all'interno dello stabilimento non è mai stata esercitata alcuna vigilanza sull'effettivo uso dei mezzi individuali di protezione contro le polveri nocive; - che le istruzioni lavorative impartite dalla stessa azienda ### imponevano per molte lavorazioni l'uso di amianto grezzo e in manufatti (da trattare anche con getti di aria compressa per la pulizia dei pezzi) senza alcuna specifica misura protettiva atta a limitare almeno gli effetti nocivi dell'inalazione di fibre disperse; - che l'INAIL aveva riconosciuto l'origine professionale della patologia “mesotelioma pleurico” del sig. ### liquidando i ratei della rendita diretta maturati fino al decesso in favore degli eredi e la rendita ai superstiti alla vedova; Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 - che dei danni lamentati doveva ritenersi attualmente responsabile ### S.p.a., quale società nella quale erano confluiti i rapporti giuridici riconducibili alle vecchie gestioni “pubbliche” degli stabilimenti di ### ed in particolare di quello di ### nel quale il ricorrente aveva lavorato; - che, fino a qualche anno prima, la responsabilità di ### non era mai stata contestata dalla medesima società , che aveva individuato se stessa come soggetto responsabile per i danni occorsi agli ex lavoratori di società riconducibili alle vecchie società a partecipazione statale del settore siderurgico; - che solo ultimamente la difesa della società aveva introdotto l' eccezione di carenza di titolarità passiva del rapporto giuridico con il sig. ### con argomentazioni prive di fondamento, dovendosi la legittimazione della convenuta agevolmente ricavare dal susseguirsi delle vicende societarie di “### S.p.a.” ed in particolare dalla incorporazione per fusione in ### S.p.a. del 31.12.1990, dalla incorporazione per fusione di ### S.p.a. in “Iritecnica” del 31.10.1993 e dalla successiva fusione per incorporazione di “Iritecnica” in ### nonché da alcuni atti di conferimento di capitale del 19.9.1981 e del 29.7.1987, oltre che dall'atto di scissione parziale di ### “pubblica” del 31.10.1993. 
I ricorrenti hanno dunque chiesto che venisse accertata la responsabilità della datrice di lavoro, ai sensi dell'art. 2087 c.c., nell'insorgenza della patologia tumorale che aveva cagionato il decesso del loro congiunto, con conseguente condanna di ### quale soggetto da ultimo subentrato ad ### al Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 risarcimento del danno da essi subito iure proprio per perdita del rapporto parentale, nonché del danno non patrimoniale patito in vita dal defunto, trasmissibile agli eredi pro quota.  2. Costituitasi in giudizio, ### ha preliminarmente chiesto dichiararsi il difetto di legittimazione passiva e/o di titolarità passiva e comunque la propria estraneità ai fatti di causa, in particolare deducendo che le vicende societarie della originaria proprietaria dello stabilimento in cui aveva lavorato il sig.  ### non portavano affatto a sé, evidenziando altresì che la stessa società era stata citata in giudizio per rispondere dei danni provocati al lavoratore ai sensi degli artt. 2087 c.c. o 2043 c.c. e non ai sensi dell'art. 2560 c.c., come, invece, sarebbe stato coerente con la ricostruzione delle vicende societarie di ### domanda né proposta, né comunque di competenza del giudice del lavoro. 
In subordine ha chiesto dichiararsi l'incompetenza per materia del Giudice del lavoro in merito alla domanda di risarcimento del danno jure proprio, nonché alle domande fondate sul disposto di cui all'art. 2043, essendo competente il giudice ordinario. 
Nel merito, la convenuta ha contestato la correttezza della diagnosi di mesotelioma maligno e ha negato la sussistenza del nesso causale tra l'attività lavorativa svolta dal de cuius e la malattia che ne cagionò il decesso.  3. Il Tribunale, espletata istruttoria con l'escussione di testimoni sui capitoli di prova dedotti in ricorso e disposte due consulenze tecniche medico-legali d'ufficio, con sentenza n. 996/2023 ha Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 ritenuto che ### fosse il soggetto attualmente responsabile dei danni lamentati dai ricorrenti, condannandola ai seguenti pagamenti: €. 99.225,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data della sentenza al saldo, a favore degli eredi, pro quota, per il danno biologico terminale e catastrofale subito in vita dal sig.  ### €. 235.550,00 a favore della vedova ### per la perdita del legame coniugale; €. 211.995,00 a favore della figlia ### ed €.  218,725,00 a favore del figlio ### per la perdita del legame filiale; Il tutto con le spese di lite, liquidate a favore dei ricorrenti in €.  28.000,00, oltre gli accessori di legge. 
Infine le spese di C.T.U. sono state poste definitivamente a carico della società convenuta.  4. ### propone appello alla sentenza n. 996/2023 e gli appellati resistono, proponendo a loro volta appello in via incidentale.  5. Esperito infruttuosamente il tentativo di conciliazione e acquisita la perizia di stima allegata all'atto di conferimento del 29.7.1987, la Corte decide come segue all'esito della camera di consiglio tenutasi a seguito delle note scritte depositate dalle parti in sostituzione dell'udienza entro il termine del 11.6.2025.  RAGIONI DELLA DECISIONE 6. ### principale si snoda sui seguenti motivi: 6.1. ### censura anzitutto l'erronea valutazione da parte Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 del primo giudice in punto legittimazione passiva per mancata considerazione degli effetti giuridici degli atti di conferimento intervenuti negli anni 1981, 1985 e 1987, nonché dell'operazione di scissione di ### “pubblica” del 1993; atti che, se correttamente interpretati, portavano ad escludere che ### dovesse rispondere delle sopravvenienze passive relative agli stabilimenti siderurgici genovesi, tra cui quello di ### Più specificamente, l'appellante ribadisce che in questa fattispecie (relativa a un lavoratore il cui rapporto, cessato il ###, era di pertinenza dell' area a caldo dello stabilimento di ###, la stessa non poteva rispondere degli eventuali danni subiti dal lavoratore e dai suoi congiunti; ciò in quanto il predetto stabilimento era stato trasferito (a seguito del primo conferimento del 1981) dalla prima ### alla ### e successivamente, nell'aprile 1985, a seguito di un conferimento dei reparti dell'area a caldo presso i quali lavorava il sig. ### dalla ### ad altra società privata, ### s.p.a poi denominata ### di ### s.p.a. che, in data ###, venne fusa per incorporazione in ### s.p.a. del ###. Conseguentemente, erano solo le società incorporanti di queste ultime società che avrebbero potuto rispondere, direttamente o in solido, dei danni asseritamente subiti dal de cuius e dai loro congiunti. 
§§§ 6.1.2. La ricostruzione di ### sottoposta al vaglio di merito da parte di questa Corte di Appello, non è stata condivisa in numerose sentenze (v. per tutte sentenza n. 53/2022 CdA GE) che Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 hanno respinto l'eccezione di carenza di titolarità passiva di tale società; titolarità passiva che la stessa Corte di Cassazione non ha escluso, dichiarando inammissibili i relativi motivi di impugnazione proposti da ### Particolare rilevanza assume al riguardo l'ordinanza della Suprema Corte n. 27574/24 che ha ritenuto non sindacabile in sede ###quanto congrua e non esorbitante dai limiti stabiliti dalla normativa in materia di fusione e scissione societaria e di titolarità dei debiti, la interpretazione operata da questa Corte dei trasferimenti - tutti avvenuti a titolo universale - tra le varie società pubbliche che si sono susseguite nella titolarità degli stabilimenti siderurgici genovesi, tra cui quello di ### ove operava il sig. ### 6.1.3. Pare tuttavia utile un esame più dettagliato, con riferimento alla specifica posizione lavorativa del sig. ### il cui rapporto di lavoro è cessato in data ###, delle operazioni societarie che hanno riguardato lo ### di ### e, specificamente, l'area a caldo comprendente il reparto ### Rileva in primo luogo l'atto di conferimento del 1981, con il quale, come indicato nella visura camerale di ### agli atti, ### s.p.a. ha trasferito l'intero suo complesso aziendale a ### s.p.a, tra cui evidentemente anche il rapporto di lavoro con il #### pacificamente cessato in data ###, appena un mese prima del conferimento dell'area a caldo a ### avvenuto in data ###. 
Pare dunque evidente che il rapporto di lavoro in questione non è Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 passato a ### rimanendo la datrice di lavoro ### s.p.a. il soggetto principalmente obbligato delle eventuali sopravvenienze derivanti da tale rapporto cessato prima della traslazione al gruppo ### dell'area a caldo. 
Non coglie infatti nel segno la ricostruzione giuridica effettuata dalla società odierna appellante (e ribadita nelle note di trattazione scritta depositate ex art. 127 ter c.p.c.) secondo cui la società ### sarebbe subentrata, ex art. 2560 cc, negli eventuali crediti del sig. ### sempre se iscritti nelle scritture della cedente.  ### infatti, come confermato nella relazione di stima acquisita agli atti, l' area a caldo di ### (dove il de cuius aveva lavorato sino a fine marzo 1985) non fu oggetto del successivo conferimento del 1987 dalla ### ad ### (denominata nuovamente ###, in quanto già trasferita nel 1985 a ### Ciò che rileva non è la sorte del reparto ### in cui lavorava il sig. ### bensì quella del rapporto giuridico con il predetto soggetto (e suoi danti causa) che non è mai passato a ### avendo il lavoratore cessato l'attività un mese prima del trasferimento dell'area a caldo a tale società; ne consegue che il rapporto di lavoro si è estinto alle dipendenze di ### che è rimasta la debitrice principale dei crediti del lavoratore sopravvenuti in conseguenza del predetto rapporto. 
Il fatto che il sig. ### avesse lavorato in un reparto che, al momento del conferimento d'azienda del 1987, non era più nella disponibilità della conferente ### perché Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 precedentemente ceduto nel 1985 a ### insieme a tutta l'area caldo, non assume alcuna rilevanza ai fini della esclusione di ### quale soggetto responsabile degli asseriti danni; ciò che rileva è che le conseguenze dannose in capo al sig. ### si sono verificate a causa dell'attività lavorativa dallo stessa svolta alle dipendenze di ### e ### poi confluita in ### pubblica divenuta ### ed infine ### Ed allora, anche ad ammettere una eventuale responsabilità solidale di ### quale cessionario del reparto ### dell'area a caldo dello ### di ### (nei limiti stabiliti dall'art. 2560 c.c.), deve comunque ritenersi che il soggetto obbligato principale fosse ### s.p.a., in quanto datore di lavoro, sino alla sua cancellazione dal Registro delle ### e con essa - in solido - anche le successive società che sono state costituite per subentrare ad essa nel corso degli anni.  6.1.3. Tali sono stati i successivi eventi traslativi: In data 29 luglio 1987 ### ha conferito tutti i suoi beni aziendali ed i relativi rapporti giuridici alla c.d. “### Italsider”. 
Nell'atto di conferimento si legge che vengono ceduti “tutti i complessi aziendali costituenti l'intera azienda della conferente, nella universalità di tutti i rapporti attivi e passivi e di tutti i beni che li compongono e che ad essi sono pertinenti, nulla escluso ed eccettuato”, con la sola esclusione di due cespiti che in questa sede non rilevano (la partecipazione azionaria di ### s.p.a. e i debiti verso amministratori e sindaci); Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 tale clausola prosegue prevedendo che “### derogare alla ricordata universalità del conferimento, si precisa a solo titolo esemplificativo che in esso sono tra l'altro compresi:… f) i debiti ed i crediti con le relative garanzie…; g) i diritti, gli obblighi, gli interessi e le aspettative nei confronti di chiunque”. 
In diritto, va anzitutto rilevato che - come correttamente evidenziato dalla difesa della società appellante - il conferimento di azienda non è tra gli atti tipici che possono dar luogo ad una successione universale, quali sono - nel nostro ordinamento - la successione ereditaria, la fusione societaria (art. 2504 bis c.c.) e la scissione ereditaria (art. 2506 quater c.c.). 
Il principio è ormai consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui “nel caso di conferimento di azienda, come in ogni caso di cessione di azienda, dal punto di vista civilistico, non si ha un fenomeno di successione a titolo universale ma a titolo particolare”. (v. Cass n. 22060 del 12 luglio 2022 che richiama Cass. 13/09/2016, n. 17959; 29/11/2005, n. 25952). 
Conseguentemente deve ritenersi - sempre in via generale - che il soggetto conferitario non subentra automaticamente in tutti i rapporti giuridici del conferente, avvenendo il subentro nei limiti stabiliti dalla legge; in particolare, per i debiti, l'art. 2560 c.c. dispone che il conferitario risponde solo di quelli annotati nei libri contabili obbligatori. 
Tuttavia - ed è qui che la Corte intende discostarsi dal ragionamento di ### - deve ritenersi che nel caso di specie Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 si è in presenza di una situazione peculiare in cui la società conferente e quella conferitaria (entrambe interamente partecipate dallo Stato) hanno inteso dar luogo ad un trasferimento globale di tutti i rapporti attivi e passivi, con la sola esclusione dei due cespiti sopra indicati; il tutto pur sempre senza liberazione della conferente ### sino alla sua estinzione. 
La tesi della società appellante secondo cui, essendosi verificato un trasferimento a titolo particolare con effetto traslativo selettivo e non globale, la “seconda” ### non poteva subentrare nel debito oggetto di causa perché non iscritto nei libri contabili della conferente, non coglie nel segno in quanto al momento del conferimento del 1987 il debito neppure esisteva, trattandosi di una obbligazione risarcitoria insorta dopo molti anni dalla cessazione del rapporto di lavoro con il #### e dai successivi trasferimenti dello ### Va ulteriormente evidenziato che la Corte di Cassazione, con ordinanza del 21 aprile 2016 n. 8090, ha chiarito che la ratio sottesa al disposto di cui all'art. 2560 c.c. consiste nell'evitare che il cessionario possa rispondere di debiti non conoscibili dallo stesso (in quanto non risultanti dalle scritture contabili) in sede di acquisto dell'azienda con conseguente sbilanciamento a suo danno del sinallagma contrattuale. Ma questi principi - secondo la Corte di Cassazione - trovano un limite proprio nel caso di assenza di effettiva alterità fra i soggetti titolari dell'azienda. Nel caso esaminato dalla Suprema Corte si era trattato di un conferimento di azienda da un'impresa individuale Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 ad una società unipersonale dello stesso soggetto che dunque era evidentemente a conoscenza diretta dei rapporti giuridici in fieri; in tal caso la società conferitaria doveva rispondere dei debiti futuri anche in assenza di alcuna loro annotazione nei libri contabili, non essendo necessario proteggere il nuovo acquirente proprio per assenza di alterità rispetto al soggetto cedente. 
Analogamente, nel caso in esame, i vari passaggi societari degli stabilimenti siderurgici da una ### all'altra sono avvenuti tra società appartenenti al medesimo soggetto (appunto lo ###) per addivenire ad un risanamento del complesso aziendale mediante un contestuale aumento di capitale con finanziamento pubblico. In questo caso, dunque, la ratio di tutela dell'acquirente e della circolazione dei beni non è certamente ravvisabile, in quanto le società che si sono via via succedute nella titolarità dell'azienda erano sicuramente a conoscenza di tutti i rapporti giuridici intervenuti con le cedenti, stante la loro identità soggettiva sostanziale. 
Nel caso concreto appare dunque evidente che la “seconda” ### alla quale sono stati conferiti nel 1987 gli stabilimenti siderurgici genovesi all'epoca gestiti da ### non poteva non essere a conoscenza del rischio che alcuni lavoratori, cessati dal rapporto di lavoro in epoca pregressa, potessero successivamente gravemente ammalarsi a causa della insalubrità dell'ambiente di lavoro e della presenza di amianto utilizzato quale materiale di coibentazione degli impianti; tanto è vero che - come risulta dalla relazione di stima allegata al Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 conferimento di azienda sopra citata - la conferente aveva stanziato un fondo per far fronte a eventuali sopravvenienze passive, quali quelle oggetto di causa. 
La formalistica impostazione di ### non tiene conto della peculiarità delle vicende societarie in questione, trattandosi - lo si ribadisce - di trasferimenti avvenuti tra soggetti giuridici partecipati in misura integrale dallo Stato, ai fini di un risanamento del settore siderurgico in crisi per un evidente interesse generale. Ed il fatto che le parti abbiano inteso trasferire tutti i rapporti giuridici attivi e passivi (comprese dunque le sopravvenienze) dalla conferente alla conferitaria si ricava - come sopra già rilevato - proprio dalla stessa relazione di stima all'atto di conferimento, acquisita dalla Corte su richiesta della stessa ### nella quale, al punto n. 4.2.13 di pag. 62 si è dato atto della predisposizione di un ### nel bilancio di ### per complessivi 27.770 milioni di lire stanziati per far fronte a future eventualità dannose di varia natura, tra cui - in primis - quelle derivanti dal contenzioso del lavoro. 
Ciò significa che tramite questo fondo, pacificamente trasferito alla conferitaria insieme con tutti gli altri fondi specificamente indicati nella relazione, le parti hanno inteso attribuire alla “seconda” ### la responsabilità per le sopravvenienze passive a carico del conferente (c.d. debiti futuri) derivanti dai contenziosi di lavoro.  6.1.4. Tutti gli altri passaggi societari risultano di più semplice interpretazione: nel 1990 la “seconda” ### è stata Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 incorporata da ### s.p.a. Roma (c.d. ### pubblica) e quindi cancellata dal Registro delle imprese. 
Si è trattato dunque di una fusione societaria che - ai sensi dell'art. 2504 bis c.c. - ha dato luogo ad un trasferimento a titolo universale di tutti i beni e i rapporti attivi e passivi in capo ad ### pubblica, la quale è stata poi incorporata in ### s.p.a.  divenuta infine ### s.p.a., nei cui confronti gli eredi del sig. ### hanno legittimamente agito per far valere i loro diritti risarcitori. 
§§§ 6.2. Con il secondo motivo l'appellante censura la sentenza nella parte in cui il giudice ha ritenuto provate dall'istruttoria espletata le circostanze dedotte in ricorso, sostenendo che i testimoni non avevano invece confermato - come erroneamente ritenuto dal primo giudice - i fatti ricostruiti in sentenza. 
Più specificamente ### sostiene che sia il teste ### collega di lavoro di ### che il teste ### responsabile dal 1975 della sicurezza nell'area a caldo dello stabilimento, avevano dichiarato che nel reparto ### già dal 1967 erano stati adottati sistemi di abbattimento delle polveri e che i dipendenti, sempre informati sulla pericolosità dell'amianto, avevano in dotazione dispositivi di protezione, tra cui le maschere antipolvere; inoltre dal 1970 l'azienda eliminò gli indumenti composti in amianto (tute, guanti e altri rivestimenti) e dal 1974 anche per le coibentazioni degli impianti l'amianto venne sostituito con altro materiale refrattario.  ### censura poi la sentenza per aver omesso di Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 considerare la testimonianza resa dal ### Munari in altro giudizio (RG 1350/2018), che aveva dato conto dei sistemi di captazione delle polveri presenti nei vari reparti dello stabilimento di ### sin dagli anni 60. 
In conclusione, nel presente processo, era emerso che i datori di lavoro del sig. ### avevano adottato tutte le misure prescritte dalla normativa all'epoca vigente a tutela della salute dei lavoratori e che avevano adottato tutti i presidi che la tecnica di allora aveva messo a disposizione. 
§§§ 6.2.1. Il motivo è infondato. 
Si rileva anzitutto un errore di base nella difesa di ### secondo cui dall'istruttoria non sarebbe emersa la prova di una mancanza datoriale in punto protezione dei lavoratori; non erano i ricorrenti a dover provare l'inadempimento datoriale, spettando al datore di lavoro (e ai suoi aventi causa) l'onere di dimostrare l'adozione di adeguate misure per la tutela della salute dei lavoratori, ex art. 2087 c.c.. 
In ogni caso, la Corte ritiene che il primo giudice abbia correttamente valutato le risultanze istruttorie da cui si ricava che nel reparto ### i dipendenti, tra cui gli elettricisti quali il #### lavoravano in un ambiente saturo di amianto (presente nelle coibentazioni e nelle dotazioni di protezione quali guanti e grembiuli) e che - soprattutto nel primo decennio di lavoro del sig. ### (anni '60) - ### aveva omesso di predisporre adeguati mezzi di protezione dei lavoratori per limitare il più possibile (seppur con le tecnologie Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 dell'epoca) la dispersione delle fibre di amianto nell'aria. 
Va al riguardo evidenziato che le dichiarazioni dei testi sulla predisposizione di alcune misure di protezione (e non certo tutte quelle all'epoca già possibili) si riferiscono per lo più agli anni '80; nulla è invece emerso sulle precauzioni adottate negli anni '60, mentre per gli anni '70 si è fatto riferimento alla dotazione di mascherine ### che tuttavia non venivano utilizzate dai dipendenti. 
Diversamente da quanto sostenuto da ### il teste ### ha dichiarato che gli interventi di manutenzione con la rimozione delle coibentazione avvenivano almeno due volte la settimana senza alcuna misura precauzionale, con interventi necessariamente rapidi per non fermare gli impianti. Il teste ha poi riferito che nello stabilimento l'amianto fu presente fino ad una certa data, quando i lavoratori vennero informati che l'amianto non poteva più essere acquistato; da quel momento vennero utilizzate solo le scorte di magazzino. Ciò significa che solo nel 1992, quanto il legislatore vietò l'utilizzo di tale materiale con L. n. 257/92, ### cominciò ad informare i lavoratori della particolare nocività di questa sostanza e della necessità di usare cautela nel maneggiarla, imponendo ai tecnici e agli operai che intervenivano sugli impianti l'uso delle mascherine antipolvere. In epoca precedente, invece, non risulta che il datore di lavoro avesse adottato precauzioni e fornito informazione sulla nocività dell'amianto. 
E' poi vero che il teste ha riferito che già nel 1967 vi erano sistemi di abbattimento delle polveri, ma si trattava di Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 apparecchi che servivano solo a toglierle dal luogo di lavorazione per spostarle altrove e non ad aspirarle per rendere l'aria meno inquinata. 
Anche il teste ### responsabile dal 1975 dell'### di ### dell'### a caldo (cokeria, agglomerato ed alto forno) delle ### di ### ha riferito che la dismissione dell'amianto fu graduale nel tempo ed iniziò, sugli impianti, non prima del 1975; prima del 1970 non vi era alcun impianto di aspirazione e solo tra il 1970 e il 1975 sono state - molto gradualmente - installate cappe aspiranti in prossimità dei punti di caduta del materiale. Solo intorno agli anni 1980 - 1982 (e quindi negli ultimi anni di lavoro del sig. ### l'amianto venne progressivamente rimosso e sostituito nel reparto agglomerato da altro materiale. Il teste inoltre non ha confermato che l'azienda avesse informato i lavoratori specificamente sulla pericolosità delle polveri contenenti fibre di amianto, né ha indicato quali specifiche cautele vennero adottate in presenza di tali polveri, non essendo neppure stato in grado di riferire se il ### abbia mai utilizzato maschere protettive. 
Alla luce di tali risultanze, anche la deposizione del ### Munari in altro giudizio e prodotta da ### non è idonea all'assolvimento dell'onere probatorio imposto dall'art. 2087 c.c., avendo il teste riferito della presenza di sistemi di captazione delle polveri che negli anni 60 avveniva mediante gettiti di acqua nebulizzata; sistema totalmente inadeguato ed anzi controproducente perché sortiva l'effetto, ancor più nocivo, Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 di disperdere le fibre di amianto nell'aria. 
Ben diverse erano dunque le misure precauzionali che l'azienda - per essere esonerata da responsabilità ex art. 2087 c.c. - avrebbe dovuto adottare nel periodo (dal 1961 al 1985) in cui il sig. ### lavorò nel reparto ### quali - in particolare - l'isolamento delle lavorazioni di smontaggio e montaggio delle coibentazioni, da effettuarsi con i sistemi di rilevazione delle polveri nell'aria all'epoca già esistenti e con l'utilizzo di tecniche di sostituzione dei materiali in blocco, senza dover effettuare alcun taglio di adattamento; ma tutte queste avvertenze erano evidentemente incompatibili con l'urgenza della manutenzione, che avveniva - come spiegato dal teste ### - senza chiudere l'impianto per evidenti ragioni di produzione e di economicità delle attività produttive, a scapito della salute dei lavoratori. 
§§§ 6.3. Con il terzo motivo ### impugna la sentenza in punto sussistenza del nesso causale tra la nocività dell'attività lavorativa e dell'ambiente di lavoro e la patologia contratta dal sig. ### avendo il giudice recepito le conclusioni del CTU ### Traversa che aveva collegato all'attività lavorativa del sig.  ### la patologia che causò il decesso, non essendo emerse altre possibili fonti possibile esposizione ad amianto.  ### l'appellante, il giudice avrebbe dovuto invece considerare che il sig. ### prima di lavorare nello stabilimento di ### era stato dipendente per quasi dieci anni di altra impresa e che, dopo essersi licenziato nel 1985 da Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 ### all'età di soli cinquant'anni, continuò a lavorare come elettricista, svolgendo in proprio un'attività che all'epoca era notoriamente ad alto rischio di esposizione ad amianto, contribuendo così all'insorgere della propria malattia ex art. 1227 cc. 
Il giudice, inoltre, avrebbe dovuto verificare se, all'epoca dei fatti di causa, la ricerca scientifica fosse così avanzata da rendere noto anche ai datori di lavoro del sig. ### la particolare pericolosità dell'amianto quale causa non solo dell'asbestosi, ma anche del mesotelioma pleurico, che solo di recente la scienza medica aveva ritenuto correlabile ad una anche minima inalazione di fibre ultra fini d'amianto. 
Inoltre - ad avviso dell'appellante - il Tribunale ha errato a sostenere che già negli anni ‘60 vi fosse una diffusa conoscenza della pericolosità dell'amianto, per cui addossare la colpa al datore di lavoro significava introdurre un ulteriore caso, non previsto dalla legge, di responsabilità oggettiva nei confronti del soggetto danneggiato. 
§§§ 6.3.1. Anche questo motivo va integralmente respinto.  6.3.2. In punto eventuale responsabilità ex art. 1227 c.c., si rileva che dagli atti di causa non è affatto emerso che il sig.  ### abbia potuto subire altre esposizioni ad amianto al di fuori dal rapporto di lavoro con ### In ogni caso, anche ad ammettere che vi siano state altre situazioni di contatto con l'amianto, vige il principio della equivalenza delle concause di cui agli artt. 40 e 41 c.p., per cui il soggetto danneggiante Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 risponde integralmente del danno, salvo il diritto di regresso nei confronti degli altri eventuali danneggianti. Né può ritenersi che l'eventuale esposizione ad amianto subita da ### in altri contesti possa dar luogo ad una riduzione del risarcimento del danno ex art. 1127 c.c., non essendo ravvisabile alcuna colpa del danneggiato nell'intraprendere altre attività lavorative come elettricista.  6.3.3. Per quanto riguarda la questione relativa alla insussistenza, all'epoca dei fatti di causa, di dotazioni di protezione dalla inalazione delle fibre ultra sottili di amianto, particolarmente responsabili della insorgenza del mesotelioma pleurico, si rileva quanto segue: La questione riguarda essenzialmente l'insufficienza delle misure precauzionali in uso in quegli anni (mascherine di stoffa e mezzi di aspirazione ) che erano state concepite per abbattere il livello delle polveri durante le lavorazioni, ma non erano idonee ad impedire l'aspirazione delle fibre di amianto c.d. ultra fini ed invisibili; fibre sottili che - secondo la scienza medica più accreditata ( vedi studi epidemiologici dei ### G. 
Chiappino e R. Puntoni) - sarebbero le più pericolose ai fini dell'insorgenza del mesotelioma pleurico, perché idonee a trapassare la pleura inserendosi nei tessuti più profondi. 
Si rileva tuttavia che i dispositivi facciali in uso fino agli anni ‘80 erano comunque idonei a proteggere dalle fibre rotonde ed avrebbero potuto - se utilizzati correttamente - prevenire la malattia. 
Inoltre, secondo giurisprudenza costante (v. Corte di cassazione Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 n. 1853 del 2016), il datore di lavoro è sempre tenuto ad attivarsi per conoscere le situazioni di rischio e le fonti di pericolosità dell'attività lavorativa espletata, per cui avrebbe dovuto documentarsi ed informare il lavoratore della insidiosità soprattutto delle polveri ultrafini ed invisibili. 
Quanto sopra esposto assume altresì rilevanza per rispondere alla doglianza relativa alla mancata conoscenza del datore di lavoro della particolare nocività dell'amianto (anche a bassissima concentrazione), al di là delle patologie asbestosiche per le quali erano state introdotte dal legislatore tutte le misure precauzionali di abbattimento delle polveri. 
Al riguardo soccorre la ormai risalente giurisprudenza della Corte di Cassazione che, proprio in materia di esposizione ad amianto, ha ritenuto che il datore di lavoro era tenuto ad adottare tutte le precauzioni necessarie non solo per evitare l'inalazione di polveri visibili ma anche di quelle invisibili; si legge in Cass. pen. Sez. 4, Sentenza n. ### del 10/06/2010, che "in tema di reati colposi, la regola cautelare di cui all'art.  21 d.P.R. n. 303 del 1956 non mira a prevenire unicamente l'inalazione di polveri moleste (di qualunque natura), ma anche a prevenire le malattie che possono conseguire all'inalazione". 
Deve pertanto ritenersi che - al contrario di quanto sostenuto dall'appellante - l'adozione delle misure protettive all' epoca vigenti non aveva soltanto lo scopo di inibire la diffusione di polveri fisicamente avvertibili; il lavoratore aveva invece diritto ad essere protetto, in base alla legge, da tutte le polveri di cui si doveva conoscere l'esistenza e la nocività (fini o ultrafini; Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 visibili od invisibili che fossero).  6.3.4. E che già al momento dell'assunzione del sig. ### nel 1961, gli imprenditori dovessero essere a conoscenza di tutti gli effetti nocivi alla salute dell'inalazione di fibre di amianto utilizzato nei propri cicli produttivi è un principio più volte ribadito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione ( v. 
Cassazione Sez. IV ###/2010 e Cass. Sez. IV 43786/2010 e altre successive conformi), non solo ai fini della prevenzione dell'asbestosi, ma di tutte le malattie amianto correlate; ed è notorio al riguardo che la letteratura scientifica già negli anni ‘60 aveva pubblicato vari studi epidemiologici che dimostravano la natura cancerogena dell'amianto e la riconducibilità del mesotelioma pleurico all'inalazione di fibre di amianto anche in modiche quantità, dato che i primi studi al riguardo risalgono agli anni '50 da parte del patologo J.C. 
Wagner. 
Nella specie, quindi, può dirsi acquista non solo la prova della sussistenza del nesso causale fra attività lavorativa e la malattia, ma anche della colpevole violazione da parte dell'appellante della generale disposizione di cui all'art. 2087 c.c., per non avere preteso l'utilizzo dei dispositivi di sicurezza, pur se messi a disposizione del lavoratori e - soprattutto - per aver consentito (anzi imposto) che gli interventi di rimozione delle coimbentazioni in amianto per la riparazione degli impianti avvenissero a ciclo produttivo attivo, senza alcun isolamento degli impianti stessi per contenere la fuoriuscita di fibre di amianto. Non è dunque vero che, seguendo questa Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 impostazione, l'unico sistema per tutelare i lavoratori sarebbe stato quello di non utilizzare l'amianto, come suggestivamente affermato dalla difesa di ### in quanto il datore di lavoro avrebbe dovuto organizzare le lavorazioni di manutenzione degli impianti a ciclo produttivo fermo, utilizzando appositi sistemi di contenimento della fuoriuscita di fibre di amianto. 
§§§ 6.4. Con il 4° motivo ### censura la sentenza in punto risarcimento dei danni liquidati iure hereditatis e iure proprio ai ricorrenti, laddove il giudice ha riconosciuto ai congiunti del sig. ### ed in particolare ai figli ultracinquantenni, la ingente somma complessiva di €. 765.495,00 oltre gli accessori di legge.  ### l'appellante, a tale esorbitante somma il giudice era giunto eseguendo una errata liquidazione del danno, male applicando il proprio potere discrezionale ed eccessivamente valorizzando le dichiarazioni rese dall'unica testimone neppure particolarmente attendibile (la nipote sig.ra ###, che aveva riferito sullo stato d'animo del sig. ### durante la malattia e sui rapporti dello stesso con i figli e la moglie; tali dichiarazioni non legittimavano una liquidazione dei danni così elevata. 
Più specificamente, per quanto riguarda il danno subito dalla vittima primaria riconosciuto agli eredi, l'appellante sostiene che il giudice ha errato nel riconoscere una invalidità temporanea totale per tutto il lungo periodo di sopravvivenza, discostandosi dalle valutazioni del ### che aveva invece Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 accertato - per il periodo intermedio - una invalidità temporanea inferiore al 100%. 
La sentenza aveva poi erroneamente liquidato il danno c.d.  catastrofale, dovendosi tale voce di danno riconoscersi solo nel caso in cui si raggiunga una rigorosa prova - non raggiunta nel caso in esame - sulla sofferenza patita dal danneggiato che lucidamente e coscientemente assiste allo spegnimento della propria vita; né potevano condividersi i principi richiamati in una sporadica sentenza di Cassazione (Cass. ord.  ###/2022), in adesione alla quale il giudice si era discostato dalle tabelle milanesi sul danno terminale, ulteriormente aggiungendo a tale liquidazione (già di per sé eccessiva) l'ulteriore voce di danno morale catastrofale con una personalizzazione del 50%, così pervenendo ad una ingiusta locupletazione. 
In ogni caso, alla luce dei principi della S.C., anche a S.U., richiamati dagli estensori delle tabelle milanesi, il c.d. danno terminale doveva ritenersi onnicomprensivo di ogni categoria di danno, anche di quello catastrofale. 
Chiede quindi, in subordine, una sensibile riduzione del danno iure hereditatis liquidato in sentenza in complessivi €.  99.225,00, di cui €. 79.380,00 a titolo di danno terminale e € 19.845,00 a titolo di danno catastrofale. 
§§§ 6.4.1. Il motivo, seppur basato su corrette argomentazioni, non porta al risultato richiesto, essendo stato il danno biologico liquidato - al contrario - in misura insufficiente, a causa di un Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 errore di calcolo evidenziato dagli eredi con l'appello incidentale. 
In punto di diritto, si rileva che, in base ai recenti approdi della Corte di Cassazione correttamente richiamati nella sentenza appellata, i danni non patrimoniali risarcibili agli eredi di un soggetto deceduto a causa delle lesioni subite alla propria integrità psicofisica, consistono: - nel "danno biologico" (cd. "danno terminale") determinato dalla lesione al bene salute quale danno-conseguenza consistente nella invalidità psicofisica - intesa come stato di incapacità determinato dall'inevitabile decorso della patologia con esito letale contratta a causa della lesione alla salute - perdurata nel periodo che va dal momento della lesione (che si caratterizza appunto per non essere emendabile e dunque non consente guarigione, in quanto letale) fino all'exitus; - nel "danno morale cd. soggettivo" (cd. "danno catastrofale"), consistente nello stato di sofferenza spirituale per intima paura o patema d'animo sopportato dalla vittima nell'assistere alla progressiva distruzione della propria condizione esistenziale verso l'ineluttabile fine-vita: in questo caso l'accertamento in fatto dell'"an", ossia della esistenza del danno-conseguenza, presuppone la prova della "cosciente e lucida percezione", da parte del soggetto leso, dell'ineluttabilità della propria fine. 
Dunque, non solo in caso di patologia che conduca la vittima alla morte senza possibilità di guarigione e/o stabilizzazione dei postumi, ma, più in generale, in tutti i casi di lesione del benesalute, deve tenersi conto, secondo le più recenti indicazioni dei Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025
Giudici di legittimità, della “duplice componente fenomenologica del danno non patrimoniale, avuto riguardo sia agli effetti che la lesione del diritto della salute ha comportato nella dimensione dinamico-relazionale del soggetto danneggiato, sia alle conseguenze subite dallo stesso nella sua sfera interiore, sub specie di sofferenza, di paura, di angoscia, di disperazione” (Cass. ord. n. ###/2022). 
Ciò premesso in diritto, si rileva tuttavia che il giudice ha liquidato il danno biologico terminale e catastrofale trasmissibile agli eredi con un criterio equitativo non conforme ai parametri individuati dalle aggiornate ### di ### che questa Corte intende invece recepire. 
Ciononostante, proprio a causa del rilevante errore di calcolo nella determinazione del danno catastrofale (specificamente censurato dagli eredi del de cuius con l'appello incidentale), il Tribunale ha liquidato il danno iure hereditatis in un importo (€.  99.225,00) inferiore rispetto a quello risultante dalla corretta applicazione delle predette ### Tale liquidazione deve quindi essere corretta in parziale accoglimento dell'appello incidentale, come meglio specificato al punto 7.1. della presente motivazione. 
§§§ 6.5. Con il quinto motivo, ### sostiene che il giudice ha altresì erroneamente applicato le ### di ### per la liquidazione del danno iure proprio dei congiunti per perdita del rapporto parentale, quantificandolo in complessivi €. 666.270,00, senza tener conto del fatto che il de cuius era deceduto ad una età ormai avanzata (88 Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 anni), lasciando la moglie vedova all'età di 77 anni e i figli ormai adulti ### e da parecchi anni totalmente autonomi. 
Pertanto, per la liquidazione del danno iure proprio in questa particolare vicenda, il giudice avrebbe dovuto discostarsi dalle tabelle milanesi anziché applicarle in eccesso, a tutto favore dei ricorrenti, tenuto conto dei riscontri probatori in cui la sig.ra ### aveva soltanto dichiarato che la moglie ed i figli avevano assistito il malato, senza indicare i reali rapporti tra gli stessi e indicare quale fosse l'intensità del loro legame. 
Pertanto, in via subordinata, l'appellante chiede la riforma della sentenza anche in punto liquidazione del danno iure proprio. 
§§§ 6.5.1. Il motivo è solo in minima parte fondato. 
Il Tribunale ha applicato i criteri indicati nelle ### di ### basate sul "sistema a punti", che prevedono, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza. 
Più specificamente, mentre i parametri A), B), C) e D) sono oggettivi, il parametro E) è soggettivo, perché il punteggio previsto (sino a 30) dipende dalle qualità ed intensità della relazione affettiva del rapporto parentale perduto e richiede la prova di elementi particolari ed ulteriori rispetto alla normalità di tale legame parentale tali da giustificare una ulteriore personalizzazione del danno risarcibile. 
Nella fattispecie in esame il giudice ha ritenuto di attribuire alla Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 moglie ed ai figli un punteggio vicino al massimo (25 alla moglie e 20 ai figli) senza che dall'istruttoria fosse emersa una situazione concreta peculiare rispetto alla normalità dei legami affettivi, tenuto conto dell'età avanzata del de cuius (88 anni al momento del decesso) e ormai matura dei figli ultracinquantenni. 
Ritiene la Corte che, in assenza di specifiche circostanze idonee a comprovare un legame particolare tra la vittima ed i suoi congiunti superstiti, sia equo attribuire per il fattore E) un punteggio medio di 15 punti per i figli e di 20 punti per la moglie, tenendo conto - per quest'ultima - che si è trattato - come correttamente argomentato dal primo giudice - della perdita del compagno di una vita, con cui ebbe due figli e visse sino al decesso della vittima primaria. 
Il punteggio complessivo attribuito in sentenza deve dunque essere ridimensionato nei seguenti termini : 65 punti (al posto di 70) alla moglie ### 60 punti (al posto di 65) al figlio ### e 58 punti (al posto di 63) alla figlia ### Il danno iure proprio va quindi monetizzato nei seguenti termini: €. 218.725 (€. 3.365 x 65) a favore di ### €. 201.900 (€. 3.365 x 60) a favore di ### €. 195.170 (€. 3.365 x 58) a favore di ### Il tutto oltre gli accessori di legge come liquidati in dispositivo. 
§§§ 6.6. Con il sesto motivo, ### censura la sentenza per aver il giudice omesso qualsiasi pronuncia sulla domanda dalla stessa proposta in via subordinata, di riduzione del risarcimento del danno ex art. 1227 cc, essendo emerso dalle testimonianze rese in questa causa che il #### seppur costantemente invitato Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 all'utilizzo delle mascherine dai propri superiori, era solito disattendere l'ordine, per cui doveva ritenersi in tutto o in parte responsabile del danno verificatosi. 
§§§ 6.5.1. Il motivo, in parte già proposto nelle precedenti censure, è palesemente infondato. 
Si richiamano al riguardo le motivazioni contenute al punto 6.2.1.  sulla inidoneità dei mezzi di protezione utilizzati da ### a tutela dei lavoratori ex art. 2087 c.c. Dall'istruttoria è emerso che le mascherine, seppur già in dotazione verso la fine degli anni ‘60, non venivano utilizzate per prassi e che i capi reparto non ne imposero l'utilizzo se non a partire dagli anni'90 quando entrò in vigore la legge sul divieto di utilizzo dell'amianto. 
§§§ 7. Gli appellati si difendono contestando tutti i motivi di appello e propongono a loro volta appello incidentale in punto liquidazione del danno iure hereditatis. 
Anzitutto, come sopra accennato, rilevano che il giudice ha commesso un errore materiale nell'eseguire la moltiplicazione indicata in motivazione per la quantificazione del danno c.d.  catastrofale, laddove ha indicato in 19.845,00 il prodotto di 735 x 27 x 10 che invece fa 198.450,00; conseguentemente il danno complessivo iure hereditatis avrebbe dovuto essere liquidato - in applicazione degli stessi criteri seguiti dal giudice - in €.  277.830,00 e non nel minor importo indicato in sentenza, pari ad €.  99.225,00. 
Inoltre gli eredi contestano comunque i criteri utilizzati dal giudice Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 nella quantificazione del danno terminale e catastrofale, proponendo - in applicazione dei principi elaborati nella stessa pronunzia della Corte di Cassazione (ordinanza ### Lav.  ###/22) che il Tribunale ha ritenuto di recepire - una personalizzazione massima del 300%, in considerazione della particolare penosità delle sofferenze che per così lungo tempo il sig. ### ha dovuto subire. 
Chiedono quindi che, in riforma della sentenza, il danno iure hereditatis venga complessivamente liquidato a favore degli eredi, pro quota, in € 370.440,00, di cui € 185.220,00 per danno biologico terminale (735 giorni x € 84 = € 61.740 x 300% di personalizzazione) ed €. 185.220,00 a titolo di danno catastrofale. 
§§§ 7.1. ### incidentale è solo parzialmente fondato. 
Come sopra esposto, il giudice, dopo aver richiamato i recenti principi giurisprudenziali sulla necessità di distinguere il danno biologico c.d. terminale da quello soggettivo catastrofale, ha poi utilizzato dei criteri equitativi di liquidazione del danno biologico che non sono in linea con quelli indicati dall'### sulla ### di ### il cui metodo tabellare è stato elaborato proprio per guidare le future liquidazioni nel rispetto del principio di ragionevole omogeneità a fronte di situazioni analoghe sul piano fattuale. 
L'### ha infatti ritenuto che il danno terminale debba avere una durata massima limitata di 100 giorni, oltre la quale non può prolungarsi, tornando ad esser risarcibile il solo danno biologico temporaneo ordinario. 
Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025
Tale periodo di 100 giorni di invalidità, da computarsi a ritroso dal decesso al momento della diagnosi, viene così monetizzato: - per i primi 3 gg (rectius gli ultimi tre giorni di vita) non personalizzabili e già comprensivi di danno morale e catastrofale: €. 35.247,00; - per i successivi 97 giorni: €. 62.544,00, con un aumento massimo di personalizzazione del 50% anche per danno catastrofale. 
Gli ulteriori giorni di sopravvivenza vanno invece liquidati con l'indennità temporanea standard pari a €. 115 al giorno in caso di invalidità totale (di cui €. 84 per danno biologico e €. 31 per danno morale), ulteriormente personalizzabile al massimo con il 50% sempre per danno catastrofale. 
Con la personalizzazione di cui sopra, l'### ha inteso attribuire rilevanza anche alla sofferenza da lucida agonia (c.d.  danno catastrofale) nell'ambito del complessivo danno biologico trasmissibile agli eredi, nel rispetto dei principi recentemente elaborati dalla Corte di Cassazione sopra richiamati. 
Recependo tali criteri, dunque, nel caso in esame il danno biologico trasmissibile agli eredi va liquidato nei seguenti termini: a) €. 35.247,00 per gli ultimi tre giorni a titolo di danno terminale e catastrofale; b) €. 62.544,00 a titolo di danno terminale per i precedenti 97 giorni di sopravvivenza, con un aumento - a titolo di danno catastrofale - di una percentuale che si stima equo determinare nel 25% alla luce delle risultanze istruttorie e tenuto conto dell'età molto avanzata della vittima al momento del decesso; e così complessivi €. 113.427,00; Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 c) per i restanti 635 giorni di sopravvivenza, occorre tener conto delle risultanze della CTU che ha riconosciuto una invalidità al 70% per i primi 609 giorni e per gli altri 26 giorni al 100%. 
Operando i dovuti abbattimenti, si arriva ad una liquidazione di €. 52.014,50 (609 x 80,5 + 26 x 115). Tale importo va ulteriormente maggiorato del 25% a titolo di danno catastrofale (così quantificato per i motivi di cui sopra), con il conseguente risultato di €. 65.018,125. 
Si arriva dunque ad un totale, arrotondato per difetto, di €.  178.445,00. 
Ne deriva che, in parziale accoglimento dell'appello incidentale, ### dev'essere condannata al pagamento a favore degli eredi, pro quota, della complessiva somma di €. 178.445,00, in luogo della minor somma indicata in sentenza, oltre gli accessori di legge come indicati in dispositivo.  8. Tenuto conto della soccombenza di ### in base all'esito finale della causa, la predetta società va condannata a rifondere agli appellati le spese di lite sostenute in entrambi i gradi, come liquidate in dispositivo.  P. Q. M.  Visti gli artt. 127 ter e 437 c.p.c., in parziale accoglimento degli appelli principale ed incidentale, condanna ### s.p.a. a corrispondere agli appellati principali, pro quota, quali eredi del sig. ### a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale patito in vita dal congiunto, la somma complessiva di €. 178.445,00 in luogo della minor somma liquidata dal Tribunale, oltre interessi e Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025 rivalutazione monetaria dalla data della presente sentenza al saldo; condanna ### s.p.a. a corrispondere agli appellati principali, jure proprio, il danno per perdita del congiunto, quantificato per ### in €. 218.725,00, per ### in €.  195.170,00 e per ### in €. 201.900,00, in luogo delle maggiori somme liquidate dal Tribunale, oltre interessi di legge dalla data della presente sentenza al saldo; condanna ### s.p.a. a rifondere agli appellati principali le spese di lite che liquida - per il primo grado - in complessivi €.  28.000,00, e - per il presente grado - in €. 20.000,00; il tutto oltre rimborso spese generali, ### CPA rimborso c.u., con distrazione delle stesse in favore dei difensori antistatari ### B.  ### e ### Così deciso nella camera di consiglio del 13.6.2025 ##### a verbale (art. 127 ter cpc) del 01/07/2025

causa n. 78/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Grillo Pasquarelli Federico Maria, Melandri Giuliana

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Tribunale di Avellino, Sentenza n. 469/2021 del 24-03-2021

... su base annua si attestava a 10,89% ed il tasso di usura per il 4° trimestre 2008 relativo alle operazioni di "### rateale beni di consumo e revolving" per l'importo finanziato di € 30.000,00 era stabilito nella misura del 16,34%, dunque superiore anche al tasso di mora pattuito. Diversamente, per la linea di credito con carta revolving, trattandosi di contratto multi-conto, era stabilito un diverso tasso, parametrato alla linea di credito correlata, per un importo massimo di 5.000,00 euro; anche il tasso concordato per tale operazione non superava il tasso di usura, atteso che il tasso di usura per il 4° trimestre 2008 relativo alle operazioni di "### rateale beni di consumo e revolving" per l'importo di € 5.000,00 era stabilito nella misura del 25,77%. Per il contratto n.1681613 del 28.11.2005, il TAN è pari a 8,85% ed il ### a 9,46%, non superava il tasso di usura. Il tasso di usura per il 4° trimestre 2005 relativo alle operazioni di "### rateale beni di consumo e revolving" per l'importo di € 25.000,00 era stabilito nella misura del 15,42%. Il motivo di opposizione è pertanto infondato. § Né può ritenersi raggiunta la prova dell'approfittamento dello stato di bisogno (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di AVELLINO ### Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I ### iscritta al n. r.g. 4246/2016 promossa da: ### c.f. ###, rappresentato e difeso dall'Avv. ### C.F. ###, elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in ### al ### 161 ATTORE/opponente contro ### S.p.A. (C.F. ### - P. I.V.A. ###), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti ### (C.F.  ### - pec ###; fax n. 045.8097010) e ### (C.F. ### - pec ###; fax n. 045.8097010), entrambi con ### in ### via ### n. 3, con domicilio eletto presso lo ### dell'Avv. ### (C.F. ### pec ###), in 83100 #### n.15 CONVENUTO ### S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti ### (C.F. ### - pec ###; fax n. 045.8097010) e ### (C.F. ### - pec ###; fax n. 045.8097010), entrambi con ### in ### via ### n. 3, con domicilio eletto presso lo ### dell'Avv. ### (C.F.  ### pec ###), in 83100 #### n.15 ### parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d'udienza di precisazione delle conclusioni. 
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato ### proponeva opposizione avverso il decreto ### il: 19/12/2023 n.5118/2023 importo 208,75 ingiuntivo n. 998/2016 con il quale l'intestato Tribunale gli ingiungeva il pagamento in favore di ### S.p.A. della somma di € 46.577,76, oltre interessi come da domanda, in solido con la ### limitatamente alla minor somma di € 41.738,54; oltre al pagamento delle spese di procedura, lamentando l'omesso esperimento della procedura di mediazione e l'usurarietà, soggettiva ed oggettiva, del tasso di interesse applicato al contratto di finanziamento oggetto del ricorso monitorio, con domanda di risarcimento danni e di restituzione delle somme indebitamente versate, vinte le spese di lite. 
Con comparsa di costituzione si costituiva in giudizio la ### opposta, evidenziando la correttezza del tasso ### indicato in contratto (11,21%) - come anche del Tan (10,45%) entrambi inferiori al tasso soglia, chiedendo il rigetto della proposta opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo. 
Evidenziava che ### in qualità di cessionaria del solo credito e non del contratto, era subentrata unicamente nel diritto al pagamento del corrispettivo del contratto stesso, pertanto non potendosi ritenere responsabile per eventuali inadempimenti o violazioni di norme concernenti la corretta formazione ed esecuzione del contratto.  ### di prima comparizione veniva differita all'08.03.2018 per trattative pendenti. 
Stante l'esito negativo delle trattative il precedente giudicante disponeva che le parti dessero corso alla procedura di mediazione, con rinvio all'udienza del 05.07.2018. 
Nelle more, il ###, interveniva la società ### S.p.A. facendo proprie le eccezioni, le difese e le conclusioni di ### Concessa la provvisoria esecuzione dell'opposto decreto, senza ulteriore attività istruttoria, il giudizio veniva rinviato per la precisazione delle conclusioni ed, all'udienza dell'11 novembre 2020 la scrivente lo tratteneva per la decisione con i termini di legge. 
Parte opponente in sede di conclusioni, ha insistito per la declaratoria di cessazione della materia del contendere, assumendo che vi sia stata una transazione tra le parti. ###, diversamente, ha insistito per il rigetto dell'opposizione e la conferma del titolo monitorio. 
§ Sulla cessazione della materia del contendere Si osserva sul punto che la corrispondenza prodotta in atti non consente di ritenere abbandonata la domanda azionata in via monitoria, in assenza di una formale rinuncia agli atti da parte dell'opposta. 
Si richiama in tal senso il principio espresso da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 149 del 08/01/2014 La dichiarazione congiunta di "cessata materia del contendere per intervenuta transazione" è inidonea ad integrare sia la rinuncia agli atti del giudizio, sia la manifestazione di cessazione della materia del contendere, quando provenga da difensori privi della procura speciale conferente il potere di rinunciare agli atti del giudizio e di accettare la rinuncia. 
Quanto detto vale a fortiori laddove la stessa stipula della dedotta transazione sia inficiata dalla mancata formalizzazione, perché trattasi di proposta proveniente da soggetto sfornito dei relativi poteri ed in assenza della corrispondente richiesta in tal senso in giudizio da parte del procuratore costituito per il creditore.  ### il: 19/12/2023 n.5118/2023 importo 208,75
Invero, laddove vi sia contrasto tra le parti sulla necessità di dichiarare cessata la materia del contendere, spetta al giudice valutare se vi sia ancora interesse alla pronuncia.   Si è infatti precisato che deve essere dichiarata, anche d'ufficio, cessata la materia del contendere in ogni caso in cui risulti acquisito agli atti del giudizio che non sussiste più contestazione tra le parti sul diritto sostanziale dedotto e che conseguentemente non vi è più la necessità di affermare la volontà della legge nel caso concreto (Cass. Sez. 2 - , Ordinanza n. 19845 del 23/07/2019), diversamente il giudice deve pronunciare sulle questioni di fatto e di diritto in lite; in senso conforme si veda ### L, Sentenza n. 2063 del 30/01/2014 : La cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale, dedotta in giudizio, e precisino al giudice conclusioni conformi in tal senso. Ne consegue che l'allegazione di un fatto sopravvenuto, assunto da una sola parte come idoneo a determinarla - e oggetto di contestazione dalla controparte - comporta la necessità che il giudice ne valuti l'idoneità a determinare cessata la materia del contendere e, qualora non la reputi sussistente, pronunci su tutte le domande e le eccezioni delle parti.). 
In applicazione dei suesposti princìpi, in difetto di una concorde volontà delle parti in tal senso, si ritiene che il dedotto accordo transattivo, non formalizzato tra gli aventi diritto ed in assenza della estinzione del debito, non sia di per sé idoneo a dichiarare cessata la materia del contendere. 
Occorre pertanto pronunciarsi sulle eccezioni e deduzioni delle parti, avendo a mente l'orientamento di legittimità per il quale l'opposizione a decreto ingiuntivo introduce un processo ordinario di cognizione di primo grado, il quale non costituisce un autonomo e distinto procedimento rispetto alla fase sommaria, bensì un'ulteriore fase di svolgimento a cognizione piena ed in contraddittorio tra le parti, con la conseguenza che, sul piano sostanziale, la qualità di attore è propria del creditore che ha richiesto l'ingiunzione ed, in base ai principi generali in materia di prova, incombe su di lui l'onere di provare l'esistenza del credito, mentre spetta, invece, all'opponente quello di provarne i fatti estintivi, modificativi od impeditivi (ex multis, Cassazione civile, sentenza n. 12765/2007). 
§ Sulla eccezione di improcedibilità Il principio di diritto affermato dalle ### nella pronuncia n.19596/2020, ha chiarito che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, relativo a controversie soggette a mediazione obbligatoria, una volta decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione grava sulla parte opposta, con la conseguenza che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità dell'opposizione conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo. 
Nella specie la condizione di procedibilità risulta assolta, avendo le parti esperito con esito negativo il tentativo di mediazione. Il giudizio va pertanto deciso nel merito. 
§ Nel merito Va rilevato che, nel rispetto dei criteri di riparto dell'onere probatorio ex art. 2697 c.c., l'opposta, attrice sostanziale, ha provato la sussistenza della pretesa creditoria; diversamente l'opponente avrebbe dovuto ### il: 19/12/2023 n.5118/2023 importo 208,75 allegare e provare gli asseriti fatti estintivi e/o modificativi dell'obbligazione; le contestazioni mosse al finanziamento in lite afferiscono all'applicazione di interessi ultralegali. 
Orbene, si rileva che il contratto di finanziamento revolving n. ### agli atti risulta stipulato in data ### con le seguenti condizioni: TAN 10,45% e ### 11.21% per il finanziamento con interessi di mora del 15,46% su base annua e TAN 17,76% E 19,24% per la linea di credito concessa contestualmente con carta revolving. 
Trattasi di un'ipotesi di credito al consumo, disciplinato dagli artt. 121 e ss. del D.L.vo n. 385 del 1993 (### delle leggi in materia bancaria e creditizia) e successive modifiche e integrazioni (il testo applicabile, ratione temporis, è quello modificato dal D.L.vo 6 febbraio 2004 n. 37 e dal D.L.vo 6 settembre 2005 n. 206, anteriore alle successive modiche apportate dal D.L.vo 13 agosto 2010 n. 141, dal D.L.vo 14 dicembre 2010 n. 218 e dal D.L.vo 19 settembre 2012 n. 169). Il prestito può essere erogato anche mediante lo strumento della carta di credito. 
Dalle rilevazioni trimestrali della banca d'### emerge che il tasso medio su base annua si attestava a 10,89% ed il tasso di usura per il 4° trimestre 2008 relativo alle operazioni di "### rateale beni di consumo e revolving" per l'importo finanziato di € 30.000,00 era stabilito nella misura del 16,34%, dunque superiore anche al tasso di mora pattuito. 
Diversamente, per la linea di credito con carta revolving, trattandosi di contratto multi-conto, era stabilito un diverso tasso, parametrato alla linea di credito correlata, per un importo massimo di 5.000,00 euro; anche il tasso concordato per tale operazione non superava il tasso di usura, atteso che il tasso di usura per il 4° trimestre 2008 relativo alle operazioni di "### rateale beni di consumo e revolving" per l'importo di € 5.000,00 era stabilito nella misura del 25,77%. 
Per il contratto n.1681613 del 28.11.2005, il TAN è pari a 8,85% ed il ### a 9,46%, non superava il tasso di usura. 
Il tasso di usura per il 4° trimestre 2005 relativo alle operazioni di "### rateale beni di consumo e revolving" per l'importo di € 25.000,00 era stabilito nella misura del 15,42%. 
Il motivo di opposizione è pertanto infondato. 
§ Né può ritenersi raggiunta la prova dell'approfittamento dello stato di bisogno in relazione alla cd.  usura soggettiva. 
Sul punto si richiama quanto affermato dalla giurisprudenza (cfr. Corte d'Appello di Milano, n.1001 del 09.03.2017) a mente della quale non vale a dimostrare lo stato soggettivo di approfittamento, la mera allegazione di una situazione di difficoltà economica o finanziaria del cliente della banca, cosi come lo stesso non può essere desunto sic et simpliciter dalla misura elevata del tasso di interesse pattuito, considerato che i tassi di interesse applicati dagli intermediari finanziari oscillino in rapporto inversamente proporzionale rispetto alla solidità economica del cliente essendo collegati al rischio imprenditoriale corso dal mutuante di non riuscire a ottenere la restituzione di quanto erogato. 
La ricorrenza di sopravvenienze sfavorevoli, se non può assumere rilevanza alcuna rispetto a pattuizioni contrattuali antecedenti, non può considerarsi sufficiente neppure con riferimento a nuove ### il: 19/12/2023 n.5118/2023 importo 208,75 pattuizioni, a meno che non si provi che le stesse non siano il frutto di una mera valutazione di mercato ricollegata al mutato merito creditorio del cliente, ma siano invece attribuibile a un atteggiamento soggettivo di vero e proprio approfittamento, con l'imposizione di tassi non altrimenti giustificabili. 
In difetto di tale rigorosa prova (l'opponente non ha articolato alcuna istanza istruttoria oltre alla richiesta di ctu contabile), anche tale domanda va disattesa. 
In definitiva, l'opposizione va rigettata, con conferma del d.i. opposto. 
Ogni altra domanda resta assorbita nel rigetto dell'opposizione.  2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, in applicazione dei paramenti medi di cui al D.M. n. 55/2014, al netto della fase istruttoria, di fatto non tenutasi.  P.Q.M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - rigetta la domanda e dichiara definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo n. 998/2016 del Tribunale di ### - condanna la parte opponente a rimborsare a ciascuna parte opposta le spese processuali che si liquidano in € 3.235,00, oltre i.v.a., c.p.a. e spese generali al 15%.  ### 23 marzo 2021 Il Giudice dott.ssa ### il: 19/12/2023 n.5118/2023 importo 208,75

causa n. 4246/2016 R.G. - Giudice/firmatari: De Sapio Daniela, Di Matteo Aureliana

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Tribunale di Napoli Nord, Sentenza n. 3240/2025 del 21-09-2025

... ristorare il danno corrispondente alla sofferenza soggettiva interiore di cui l'attore ha specificamente domandato il risarcimento, e la sussistenza di tale pregiudizio deve ritenersi, anche in via presuntiva, sussistente, in considerazione dell'entità delle lesioni, del trauma connesso al verificarsi del sinistro, della sottoposizione a plurimi interventi chirurgici, del lungo periodo di convalescenza. Non compete, invece, ad avviso del Tribunale alcuna personalizzazione della somma volta a risarcire il danno dinamico relazionale, essendo risultata del tutto carente l'allegazione, da parte del danneggiato, di una incidenza dei postumi permanenti ad esso residuati maggiore rispetto a quelle ordinariamente conseguenti al tipo di lesione in concreto sofferta, come pure la deduzione della compromissione di specifiche attitudini personali, ovvero di pratiche sportive, ludiche o ricreative, tali da poter giustificare la personalizzazione degli indicati importi (cfr. in termini, ex multis, Cassazione civile, sez. III, 31/01/2019, n. 2788). Pertanto, valutati i postumi permanenti nella misura del 53%, questo giudicante, in applicazione dei parametri sopra menzionati ed in considerazione (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di ###, ### nella persona del Giudice dott.ssa ### ha pronunziato la seguente: SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 168 del Ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2022, avente ad oggetto “lesione personale”, e vertente TRA ### nato a #### il 07 maggio 1969, C.F. ###, attualmente residente ad #### alla ### nr.08, rapp.to e difeso dall'avv. ### C.F. ###, ed elett.te dom.to presso il suo studio in #### alla ###. Coppola nr.12 #### S.P.A., (C.F. ###) in persona del legale rappresentante p.t., con sede in #### via ### 14, rappresentata e difesa dall'avv.to ### (c.f. ### - p.i. ###) con studio in ### n. 257, ed ivi elettivamente domiciliata, giusta procura generale alle liti, allegata, per ### di ### del 26 luglio 2017, rep. n. 3999 / racc. n. 2141, conferita dal dr. ### n.q. di ### & ### and ### di ### S.p.A. e procuratore, e dal dr. ### n.q di Dirigente e procuratore di ### S.p.###: per parte attrice: a) accogliere la domanda, previa declaratoria di esclusiva responsabilità del conducente del veicolo pirata nella produzione del sinistro per cui è causa e, per l'effetto, condannare la convenuta compagnia di assicurazione ###ni ### al risarcimento di tutti i danni, in favore dell'attore, diretti e indiretti, patrimoniali e non, comunque consequenziali all'evento lesivo descritto, nella misura di euro 567.976,00 di cui €.1.752,00 per spese mediche documentate, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria ex art. 1224 c.c., dalla data del sinistro al soddisfo.  b) condannare, inoltre, la convenuta compagnia di assicurazione ###ni ### al pagamento delle spese di ### c) condannare, inoltre, la convenuta compagnia di assicurazione ###ni ### al pagamento delle spese, diritti ed onorari di causa, oltre ### CPA e 15,00 % spese generali con attribuzione al sottoscritto procuratore antistatario.  per parte convenuta: a)rigettare ogni avversa pretesa formulata nei confronti di ### nella spiegata qualità, essendo la domanda infondata in fatto e diritto nonché sfornita di prova certa e rigorosa. b) Nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda attorea, l'eventuale condanna dovrà esser contenuta entro i limiti di una giusta reintegrazione patrimoniale del danneggiato, nonché nei limiti di cui all'art. 283 del D.Lgs. 209/2005, escludendo per le causali sopra esposte, il pagamento dei danni non patrimoniali non provati. Con vittoria di spese e compenso di lite.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, ### conveniva in giudizio dinanzi all'intestato Tribunale, ### s.p.a. quale impresa designata per la liquidazione dei sinistri a carico del ### di ### della ### al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali (biologico, morale, esistenziale) da quantificarsi in corso di causa anche a mezzo ### per le lesioni personali riportate nel sinistro verificatosi in data ###, alle ore 16:30 circa, in ### via ### per esclusiva responsabilità del conducente di un veicolo rimasto sconosciuto.
A fondamento della domanda, l'attore esponeva che mentre percorreva la detta strada in direzione ### tenendosi sul margine destro, a bordo della propria bicicletta di colore bianco modello ### 20, veniva tamponato da un veicolo rimasto sconosciuto che percorreva la stessa strada nella medesima direzione; che a seguito dell'impatto, l'istante veniva scaraventato in avanti e finiva nel fossato sulla destra della strada; che a seguito del sinistro il conducente del veicolo pirata prima faceva cenno di fermarsi ma poi, invece, proseguiva la propria marcia verso la ### verso #### senza fermarsi e senza prestare il dovuto soccorso, e senza dare la possibilità ad alcuno di rilevare il numero di targa rimanendo sconosciuto; che in conseguenza del sinistro il signor ### è stato soccorso ed accompagnato al pronto soccorso dell'### “### Moscati” di ### dove, giunto verso le ore 17:06 i sanitari lo ricoveravano immediatamente, con codice giallo, per: “trauma cranico commotivo, escoriazioni al volto, alla mano dx e al ginocchio destro, flc avambraccio dx con perdita di sostanza e sospetta interessamento vascolo nervoso e tendineo, episodio convulsivante con movimenti tonico clonici, accesso venoso e prelievi, si assiste a progressiva scomparsa dei movimenti atipici si procede a toilette della ferita e rimozione dei corpi estranei, frammenti di vetro"; che l'istante veniva sottoposto a ### poiché a seguito di consulenza ortopedica lo specialista riscontrava: “vasta flc in sede ###presenza di corpi estranei - vetro - con sospetta lesione nervosa, tendinea e vascolare, si pratica emostasi, rimozione di corpi estranei visibili, sutura per strati, contusione escoriate multiple per il corpo, episodio di lipotimia, medicazione e bendaggio, si richiedono esami strumentali e si propone ricovero”; che nella diagnosi di uscita, veniva prescritto e raccomandato un controllo ortopedico e soprattutto un controllo neurochirurgico a causa della crisi epilettica che aveva aggredito l'istante durante il ricovero, il quale non ne aveva mai sofferto in precedenza; che, in seguito, l'attore si è sottoposto a varie visite mediche specialistiche, trattamenti diagnostici e terapie anche a causa dell'aggravarsi dei sintomi legati alle crisi epilettiche; che in data 21 maggio 2018 l'istante sporgeva denuncia querela depositandola alla ### della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, con protocollo n. 2402/18, segnalando, oltre la dinamica del sinistro, il furto della propria bicicletta e il procedimento è stato archiviato come risulta dalla certificazione del 23/01/2020; infine che con lettera raccomandata trasmessa a mezzo pec del 17 febbraio 2019 l'attore denunciava formalmente il sinistro e inviava la richiesta risarcimento danni alla ### ed alla ### ma nonostante l'apertura del sinistro l'impresa designata non provvedeva alla liquidazione dei danni. 
Si costituiva in giudizio la ### s.p.a. eccependo l'improponibilità e l'improcedibilità della domanda ai sensi degli artt. 283, I comma, lettera b), 287, 145 e 148 del CdA e nel merito l'infondatezza della domanda attesa la mancata prova della legittimazione passiva del fondo di garanzia, la genericità della descrizione della dinamica del sinistro, la mancata prova del nesso di causalità tra le lesioni riportate e il sinistro descritto in citazione nonchè delle lesioni riportate e infine, dei presupposti per la personalizzazione del risarcimento. 
In via preliminare, va rilevata la proponibilità della domanda risarcitoria avanzata dall'attore, stante l'ottemperanza al disposto dell'art. 287 del ### 7 settembre 2005, n. 209, dimostrata mediante la produzione, in atti, di copia delle richieste inviate a mezzo pec con relativo avviso di ricevimento, inviate all'impresa designata convenuta in giudizio del 17.2.2019, dunque, più di novanta giorni prima della proposizione della domanda giudiziale, avvenuta mediante atto di citazione notificato in data 31 dicembre 2021. 
Le predette missive risultano redatte in piena osservanza dei requisiti contenutistici contemplati dal comma 1 dello stesso art. 148 del ### 7 settembre 2006, n. 209, con la conseguenza che l'impresa designata è stata posta in condizioni di istruire la richiesta stragiudiziale di risarcimento dei danni avanzata dall'attrice (cfr. in tal senso, Cass. civ., III, 5 maggio 2011, n. 9912). Come chiarito dalla più recente giurisprudenza di merito, “La condizione di proponibilità della domanda prevista dall'art. 145 del d.lg. 7 settembre 2005 n. 209 (cod. ass.) deve ritenersi rispettata, ogni qual volta il danneggiato presenti una richiesta risarcitoria contenente gli elementi essenziali di cui all'art. 148, tali da consentire da parte dell'assicuratore una valutazione della richiesta, secondo un giudizio da svolgersi non “ex ante”, bensì “ex post”, alla luce del contegno di entrambe le parti da valutare ex fide bona.” [cfr., all'uopo, Tribunale di Palermo, sez. dist. di Bagheria ###, 23 aprile 2012, n. 43, che ha altresì posto in rilievo come “l'incompletezza non sia espressamente prevista dall'art. 145 cod. ass. come causa d'improponibilità della domanda. Difatti, tale disposizione detta in capo al danneggiato un onere di osservanza in ordine a “modalità e contenuti” previsti dall'art. 148. 
Ora, é vero che l'art. 148 contiene l'elenco dei dati da comunicare all'assicuratore; ma è anche vero che, quanto alle modalità, tale norma al comma 5 statuisce che in caso di richiesta incompleta l'impresa di assicurazione debba richiedere al danneggiato le necessarie integrazioni, ed in tal caso i termini entro cui l'assicuratore dovrà presentare una proposta, decorreranno nuovamente dalla data di ricezione dei dati o dei documenti integrativi. Da ciò consegue che il combinato disposto di cui agli art. 145 e 148 cod. ass., ha ampliato la portata della condizione di proponibilità precedentemente prevista dall'art. 22 della l. n. 990/69, ma non tanto in senso oggettivo, bensì in senso soggettivo, richiedendo una partecipazione attiva dell'assicurazione, il cui comportamento non può essere inerte, dovendo senz'altro conformarsi ai parametri della buona fede precontrattuale rilevante ex artt. 1337 c.c.”]. Tale interpretazione risulta conforme alla “ratio” ispiratrice della norma che introduce la condizione di proponibilità, che è quella di consentire all'assicuratore di valutare l'opportunità di un accordo con il danneggiato e prevenire premature domande giudiziali, con conseguente dispendio economico ed “a condizione che l'assicuratore sia stato messo a conoscenza del sinistro, della volontà del danneggiato di essere risarcito ed abbia potuto valutare le responsabilità e la fondatezza delle richieste” (cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. III, 5 maggio 2011, n. 9912). 
Nel merito, la domanda è fondata e deve essere accolta per quanto di ragione. 
Orbene, le circostanze di fatto descritte, con riguardo alla dinamica del sinistro stradale, nell'atto di citazione introduttivo della presente controversia, sono state tutte ampiamente confermate dalle risultanze documentali versate in atti nonché dalle deposizioni fornite dai testimoni escussi nel corso della fase istruttoria. 
Sotto quest'ultimo profilo, osserva il ### che i testimoni escussi in corso di causa (### e ###, da ritenere attendibili per avere fornito una deposizione circostanziata, immune da contraddizioni e sostanzialmente concorde con la dinamica esposta in citazione, hanno assistito al sinistro mentre si trovavano in auto a percorrere la strada teatro del sinistro nella direzione opposta di marcia rispetto a quella percorsa dalla bicicletta. Riferiva infatti, il teste ### “### che era fine aprile del 2018 intorno alle 16.30 e mi trovavo a bordo della mia auto a percorrere via ### in ### in direzione da ### verso ### Si tratta di una strada con carreggiata a due corsie una che va verso ### e una verso ### Ad un certo punto ho notato sulla corsia dell'opposto senso di marcia un ciclista che percorreva la strada tenendosi a destra che veniva tamponato dal conducente di un'auto, modello punto grigia il quale inizialmente si fermava un po' più avanti mettendo le quattro frecce e poi riprendeva la marcia allontanandosi. ADR subito dopo essersi accorto del tamponamento il conducente della punto ha sterzato quasi invadendo la corsia da me percorsa e mi stava quasi venendo addosso. Poi mi sono fermato e sono andato a soccorrere il ciclista il quale era caduto nel fossato sopra bicicletta e noi l'abbiamo aiutato a mettersi sul ciglio della strada. Non c'è guard rail sui lati della strada. ADR la bici era una mountain bike bianca e nera. ADR il ciclista non aveva il casco e dopo l'urto è caduto in avanti nel fossato. ADR il ciclista lamentava dolore al braccio destra da cui usciva sangue e infatti ho usato una maglietta per tamponarlo. Si sono fermate diverse persone che dicevano che l'ambulanza sarebbe arrivata con ritardo e allora insieme a un amico ### che era in macchina con me lo abbiamo accompagnato in ospedale. ADR la bici l'abbiamo lasciata sul posto abbiamo caricato solo il ciclista. ADR alla guida della punto vi era una persona adulta di circa sessanta anni e come ho detto procedeva nello stesso senso di marcia del ciclista e ricordo che non andava a velocità sostenuta ma forse di circa 50 km orari. Il ciclista si trovava nel senso di marcia opposto a quello da me percorso. ADR lo abbiamo accompagnato al pronto soccorso di ### e poi appena preso in carico dagli infermieri siano andati via non abbiamo assistito alle dichiarazioni ivi rese. ADR il ciclista perdeva sangue dalla testa e aveva dolore ed era semicosciente. Nessuno ci ha chiesto al ### soccorso cosa fosse successo”. 
Sostanzialmente concorde risulta la dichiarazione del teste ### il quale ha confermato le circostanze relative alla dinamica del sinistro e al tamponamento subito dalla bicicletta da parte della ### grigia rimasta sconosciuta (“### mi trovavo in auto ho visto che vi era una bicicletta che percorreva la stessa strada percorsa da noi, ma nell'opposto senso di marcia, tenendosi sul lato destro e una ### che la seguiva del tipo vecchio di colore grigio, che urtava con la propria parte anteriore destra la parte posteriore della bici la quale a seguito dell'impatto cadeva in un fossato sul lato destro, poiché quella strada è sprovvista di guardrail. ### dire che l'auto non stava compiendo alcuna manovra d sorpasso ma si trovava in marcia dietro la bicicletta e dopo l'urto si fermò alcuni metri più avanti accendendo le 4 frecce ma nessuno è sceso dall'auto per prestare soccorso” ) precisando ulteriormente le circostanze che avevano impedito l'identificazione del veicolo coinvolto nel sinistro (“preciso che quando siamo scesi dall'auto per vedere la persona caduta nel fossato, la ### che lo aveva colpito era ancora ferma un po' più avanti con le 4 frecce accese, ma il tempo di vedere le condizioni del ciclista che quando siamo risaliti la macchina non c'era più”). 
A tale ultimo proposito, ai fini della ricostruzione della vicenda per cui è causa, giova anche richiamare i principi affermati dalla giurisprudenza in tema di sinistri stradali causati da veicoli non identificati. 
In caso di azione proposta per il risarcimento dei danni nei confronti dell'impresa designata dal ### di ### per le vittime della strada, la prova che il danneggiato è tenuto a fornire che il danno sia stato effettivamente causato da veicolo non identificato, può essere offerta mediante la denuncia o querela presentata contro ignoti alle competenti autorità, ma senza automatismi, sicché il giudice di merito può sia escludere la riconducibilità della fattispecie concreta a quella del danno cagionato da veicolo non identificato, pur in presenza di tale denuncia o querela, sia affermarla, in mancanza della stessa. 
La mancata denunzia (ovvero la denunzia incompleta) non può costituire, a priori un elemento ostativo al risarcimento del danno, ma solo una circostanza che unita ad altri elementi consente al giudice di valutare la complessiva attendibilità dei fatti sottoposti al suo giudizio e quindi la fondatezza dell'azione. Ciò comporta anche che non è consentito pervenire a configurare a carico del danneggiato medesimo un obbligo di collaborazione "eccessivo" rispetto alle sue "risorse", che finisca con il trasformarlo "in un investigatore privato o necessariamente in un querelante". Pertanto, la circostanza che la vittima, nell'immediatezza del sinistro, abbia presentato una denuncia penale priva dell'indicazione di testimoni, mentre tali testimoni abbia poi intimato nel giudizio civile di risarcimento del danno, non costituisce di per sé motivo di rigetto della domanda, mentre può essere liberamente valutata dal giudice di merito quale indice sintomatico della inattendibilità dei testimoni stessi.  (cfr. Cass. Civ. nn. 9939/2012; 24449/2005); la presentazione di una denuncia o di una querela contro ignoti non è condizione di proponibilità dell'azione di risarcimento del danno esperita, ai sensi dell'art. 19 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 ("ratione temporis" applicabile), nei confronti dell'impresa designata dal ### di garanzia per le vittime della strada, né il danneggiato è tenuto ad attivarsi per identificare il veicolo in quanto l'accertamento giudiziale, nel cui contesto la presentazione o meno della denuncia o della querela costituisce un mero indizio, non riguarda la diligenza della vittima nel consentire l'individuazione del responsabile, ma la circostanza che il sinistro stesso sia stato effettivamente provocato da un veicolo non identificato ( Sez. 3, Sentenza n. 23434 del 04/11/2014). 
Tali essendo i principi ai quali il ### ritiene di doversi attenere, giova rilevare che, nella specie, il danneggiato ha indubbiamente fatto quanto nelle sue possibilità per permettere l'identificazione del responsabile del sinistro denunciando il fatto dell'investimento e dell'omissione di soccorso nonché del furto della biciletta alla procura della repubblica il ###. 
Né del resto, la mancata indicazione dei testimoni nella denuncia presentata alla procura costituisce indice di inattendibilità delle relative dichiarazioni, dal momento che dall'istruttoria espletata è emerso che l'istante è venuto a conoscenza del nominativo delle persone che lo avevano soccorso dopo la presentazione della denuncia (cfr. dichiarazione del teste ### “poi è successo che dopo il periodo estivo dello stesso anno, ho visto il ciclista che si recava in farmacia proprio di fronte la pescheria dove lavoro e gli ho chiesto come stava e lui sul momento non mi ha riconosciuto. Poi gli ho spiegato che lo avevo soccorso quando aveva avuto l'incidente e allora mi ha fatto parlare con la moglie la quale mi ha chiesto di lasciare i miei dati e si è fatto la foto del mio documento e mi ha chiesto i dati della persona che era con me in macchina. ADR è la prima volta che rendo testimonianza in un giudizio”). 
Tanto premesso, ritiene il Tribunale che la responsabilità per la produzione causale del sinistro deve attribuirsi, in via esclusiva, ai sensi degli artt. 2043 e 2054 cod. civ., al conducente del veicolo non identificato, dovendosi escludere qualsivoglia condotta colposa del velocipede il quale è stato tamponato mentre percorreva la strada tenendosi strettamente a destra. 
Invero, il conducente del veicolo non identificato non osservava il disposto di cui agli artt. 140,141, e 149 Codice della strada, a tenore dei quali gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale (art 140); il conducente deve regolare la velocità del veicolo in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada, del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile, nonché regolare la velocità nei tratti di strada a visibilità limitata e nelle curve (art 141); durante la marcia i veicoli devono tenere, rispetto al veicolo che precede, una distanza di sicurezza tale che sia garantito in ogni caso l'arresto tempestivo e siano evitate collisioni con i veicoli che precedono (149). 
Come chiarito dalla giurisprudenza, ai sensi dell'art. 149, comma 1, del d.lgs.  n. 285 del 1992, il conducente di un veicolo deve essere in grado di garantire in ogni caso l'arresto tempestivo dello stesso, evitando collisioni con il veicolo che precede, per cui l'avvenuto tamponamento pone a carico del conducente medesimo una presunzione "de facto" di inosservanza della distanza di sicurezza; ne consegue che, esclusa l'applicabilità della presunzione di pari colpa di cui all'art. 2054, comma 2, c.c., egli resta gravato dall'onere di fornire la prova liberatoria, dimostrando che il mancato tempestivo arresto del mezzo e la conseguente collisione sono stati determinati da cause in tutto o in parte a lui non imputabili (cfr. da ultimo Cass. civ., Ordinanza 31 maggio 2017 n. 13703). 
Nella specie, in applicazione dei principi appena riportati, deve ritenersi che la condotta del conducente del veicolo ### rimasto sconosciuto abbia avuto efficacia causale assorbente nella produzione dell'evento dannoso urtando alla parte posteriore la bicicletta condotta dall'attore. 
Passando alla quantificazione dei danni, dalla documentazione in atti e dall'espletata ### del medico nominato dal Tribunale, dott.  ### cui questo Tribunale ritiene di prestare adesione per la correttezza dei criteri seguiti, risulta che, a seguito del sinistro stradale dedotto in lite, al ### sono residuati i seguenti postumi “ In seguito all'incidente stradale occorso al #### si riconosce una epilessia generalizzata con cadenza pluri-mensile nonostante il trattamento antiepilettico bi-farmacologico. Un grave danno sensitivomotorio dei nervi mediano e ulnare da localizzare al terzo medio dell'avambraccio destro, con relativa cicatrice ben visibile trasversale a tale livello”. 
Le suddette lesioni, pienamente corroborate dagli esami strumentali (TC e RM) i cui referti sono stati depositati in atti e da tutte le certificazioni rese da medici di struttura sanitaria pubblica e privata e sulla cui genuinità non vi è motivo di dubitare, sono state ritenute dal CTU compatibili con le modalità del sinistro descritte dall'attore. 
Il dott. ### ha, poi, descritto i postumi permanenti residuati a carico dell'attore quantificandoli nella misura complessiva del 53%, ed indicando in 60 giorni il periodo di invalidità temporanea totale e in giorni 120 il periodo di invalidità temporanea parziale al 75%. 
Ciò posto, ai fini della liquidazione, deve darsi conto dell'adozione, avvenuta con ### del Presidente della Repubblica 13 gennaio 2025, n. 12, pubblicato sulla ### n. 40 del 18 febbraio 2025, del ### recante la tabella unica del valore pecuniario da attribuire a ogni singolo punto di invalidità tra dieci e cento punti, comprensivo dei coefficienti di variazione corrispondenti all'età del soggetto leso, ai sensi dell'articolo 138, comma 1, lettera b), del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, la cui entrata in vigore risale al 5 marzo 2025. 
A riguardo, sebbene la disposizione transitoria contenuta nell'art. 5 dello stesso decreto, - a tenore della quale “Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano ai sinistri verificatisi successivamente alla data della sua entrata in vigore” - sia ostativa rispetto ad un'applicazione diretta delle dette tabelle alla fattispecie in esame, il Tribunale osserva, in adesione ad un recente arresto del Giudice di legittimità, che non sia preclusa la possibilità di fare delle dette tabelle un utilizzo indiretto “.. quale parametro di riferimento nella ricerca di valori il più possibile idonei ad assicurare quella uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi che costituisce indispensabile declinazione della regola equitativa di cui all'art. 1226 cod. civ. (Cass. n. 12408 del 07/06/2011) ..” (cfr. Cass. civ., Sez. 3 - , Sentenza n. 11319 del 29/04/2025; nonché nella giurisprudenza di merito Corte di Appello di Napoli 4213 del 12.09.2025). 
Del resto, come affermato dalla condivisibile giurisprudenza di merito appena poco sopra richiamata, se la liquidazione da parte del Giudice del danno non patrimoniale deve necessariamente essere operata in via equitativa, trattandosi di tradurre in termini monetari le conseguenze delle lesioni dell'integrità psicofisica e della sofferenza morale patita dal leso, il ricorso all'applicazione analogica della tabella unica nazionale, anche a sinistri ratione temporis esclusi dal suo ambito di applicazione diretta, appare conforme ad equità. 
Infatti, tra i possibili criteri di liquidazione utilizzabili, quello che si richiama ad una tabella approvata dal legislatore è per definizione il più equo, tenuto anche conto del fatto che la tabella unica nazionale è, per espressa previsione legislativa, stata adottata in continuità "dei criteri di valutazione del danno non patrimoniale ritenuti congrui dalla consolidata giurisprudenza di legittimità", prevedendo anch'essa un sistema a punto variabile in funzione decrescente dell'età e crescente in modo più che proporzionale rispetto all'aumento percentuale assegnato ai postumi. 
È stato poi ancora osservato (Corte di Appello di Napoli cit. 4213/2025) che la suddetta tabella unica nazionale, recependo le indicazioni dell'ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, ha confermato la distinzione tra punto del danno biologico ed incremento per danno morale, prevedendo un meccanismo in base al quale il valore monetario del punto di invalidità può variare in funzione della sofferenza morale provocata dall'infortunio, secondo quattro gradi (nessuno, minimo, medio o massimo); questa variazione si ottiene moltiplicando il valore base del punto per un coefficiente denominato moltiplicatore morale, che cresce più che proporzionalmente all'aumentare della percentuale di invalidità. Tale variazione però non è indefettibile: sarà il giudice, caso per caso, a valutare se essa debba essere applicata nella misura minima, media o massima o del tutto negata. Per la invalidità temporanea, analogamente, è previsto un incremento ricompreso tra il 30 e il 60 per cento del danno biologico temporaneo (art. 3, co. 2, D.P.R. n. 12 del 2025). 
Peraltro, come stabilito dall'art. 138, comma 3 del CAP novellato, il Giudice può aumentare l'importo del risarcimento calcolato in base alla ### fino al 30% nel caso in cui la menomazione accertata incida in "maniera rilevante" su specifici aspetti "dinamico-relazionali" personali del danneggiato, purché documentati e obiettivamente accertati. Si tratta, a ben vedere, del meccanismo che consente eventualmente l'ulteriore personalizzazione del risarcimento per tenere conto e valorizzare l'irripetibile singolarità del caso concreto.
È evidente, dunque, che il legislatore abbia affermato il principio della autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, atteso che il sintagma "danno morale" 1) non è suscettibile di accertamento medico-legale; 2) si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d'animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto (pur potendole influenzare) dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato ( nello stesso senso la giurisprudenza ha ritenuto che la voce di danno morale mantiene la sua autonomia e non è conglobabile nel danno biologico, trattandosi di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, e perciò meritevole di un compenso aggiuntivo al di là della personalizzazione prevista per gli aspetti dinamici compromessi Cass. n. 910/2018, Cass. n. 7513/2018, Cass. 28989/2019). 
Pertanto, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 25164 del 2020) nel procedere alla liquidazione del danno alla salute, il giudice di merito dovrà: 1) accertare l'esistenza, nel singolo caso di specie, di un eventuale concorso del danno dinamico-relazionale e del danno morale; 2) in caso di positivo accertamento dell'esistenza ### di quest'ultimo, determinare il quantum risarcitorio applicando integralmente le tabelle di ### che prevedono la liquidazione di entrambe le voci di danno, ma pervengono (non correttamente, per quanto si dirà nel successivo punto 3) all'indicazione di un valore monetario complessivo (costituito dalla somma aritmetica di entrambe le voci di danno); 3) in caso di negativo accertamento, e di conseguente esclusione della componente morale del danno (accertamento da condurre caso per caso, secondo quanto si dirà nel corso dell'esame del quarto motivo di ricorso), considerare la sola voce del danno biologico, depurata dall'aumento tabellarmente previsto per il danno morale secondo le percentuali ivi indicate, liquidando, conseguentemente il solo danno dinamico-relazionale, 4) in caso di positivo accertamento dei presupposti per la cd. personalizzazione del danno, procedere all'aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico, depurato, analogamente a quanto indicato al precedente punto 3, dalla componente morale del danno automaticamente (ma erroneamente) inserita in tabella, giusta il disposto normativo di cui al già ricordato art. 138, punto 3, del novellato codice delle assicurazioni. (…) In questo campo la prova presuntiva può costituire anche l'unica fonte di convincimento del giudice, pur essendo onere del danneggiato l'allegazione di tutti gli elementi che, nella concreta fattispecie, siano idonei a fornire la serie concatenata dei fatti noti, onde consentire di risalire al fatto ignoto (così definitivamente superandosi la concezione del danno in re ipsa, secondo la quale il danno costituirebbe una conseguenza imprescindibile della lesione, tale da rendere sufficiente la dimostrazione di quest'ultima affinchè possa ritenersi sussistente il diritto al risarcimento). Con specifico riguardo alle conseguenze pregiudizievoli causalmente riconducibili alla condotta, l'attività assertoria deve consistere nella compiuta descrizione di tutte le sofferenze di cui si pretende la riparazione (mentre all'onere di allegazione dei danni non corrisponde un onere di qualificazione giuridica, ovvero il loro inquadramento sub specie iuris, alla luce del principio iura novit curia). Ad un così puntuale onere di allegazione - la cui latitudine riflette la complessità e multiformità delle concrete alterazioni in cui può esteriorizzarsi il danno non patrimoniale che, a sua volta, deriva dall'ampiezza contenutistica dei diritti della persona investiti dalla lesione ingiusta - non corrisponde, pertanto, un onere probatorio parimenti ampio. 
Esiste, difatti, nel territorio della prova dei fatti allegati, un ragionamento probatorio di tipo presuntivo, in forza del quale al giudice è consentito di riconoscere come esistente un certo pregiudizio in tutti i casi in cui si verifichi una determinata lesione - sovente ricorrendosi, a tal fine, alla categoria del fatto notorio per indicare il presupposto di tale ragionamento inferenziale, mentre il riferimento più corretto ha riferimento alle massime di esperienza (i fatti notori essendo circostanze storiche concrete ed inoppugnabili, non soggette a prova e pertanto sottratte all'onere di allegazione). 
Nel caso che qui ci occupa, può riconoscersi all'istante l'incremento, da calcolarsi in misura media, al fine di ristorare il danno corrispondente alla sofferenza soggettiva interiore di cui l'attore ha specificamente domandato il risarcimento, e la sussistenza di tale pregiudizio deve ritenersi, anche in via presuntiva, sussistente, in considerazione dell'entità delle lesioni, del trauma connesso al verificarsi del sinistro, della sottoposizione a plurimi interventi chirurgici, del lungo periodo di convalescenza. 
Non compete, invece, ad avviso del Tribunale alcuna personalizzazione della somma volta a risarcire il danno dinamico relazionale, essendo risultata del tutto carente l'allegazione, da parte del danneggiato, di una incidenza dei postumi permanenti ad esso residuati maggiore rispetto a quelle ordinariamente conseguenti al tipo di lesione in concreto sofferta, come pure la deduzione della compromissione di specifiche attitudini personali, ovvero di pratiche sportive, ludiche o ricreative, tali da poter giustificare la personalizzazione degli indicati importi (cfr. in termini, ex multis, Cassazione civile, sez. III, 31/01/2019, n. 2788). 
Pertanto, valutati i postumi permanenti nella misura del 53%, questo giudicante, in applicazione dei parametri sopra menzionati ed in considerazione dell'età dell'infortunato al momento del sinistro (48 anni), applicando il punto base pari ad euro 4.202,60, incrementato del 36,6% (valore medio per una IP del 22%), pari ad euro 1.538,15, per compensare il danno morale, e stimato, quindi, in euro 5.740,75 il punto base del danno non patrimoniale, tenuto conto del coefficiente di riduzione per età pari allo 0,871, il Tribunale ritiene di determinare il “quantum debeatur”, all'attualità per il danno biologico residuato all'istante nella somma di €. 298.041,11 di cui € 77.490,68 per il pregiudizio morale. 
Venendo al danno biologico temporaneo, applicando per ciascun giorno di ITT l'importo di euro 80,10, ottenuto applicando l'indennità giornaliera di base di euro 55,24 incrementata per il danno morale del 45% (valore medio tra il 30 ed il 60%) e le proporzionali riduzioni per il periodo di ### va riconosciuta la somma di € 4.805,88 per 60 giorni di ### di € 7.208,82 per 120 giorni di ITP al 75 % per complessivi € 12014,70. 
All'istante compete, inoltre, a titolo di danno patrimoniale, la rifusione dell'importo di euro 1752,00, per il rimborso delle spese medico sanitarie documentate. 
Non vi è poi spazio per il risarcimento del danno per perdita della capacità lavorativa generica sia in quanto la stessa non è stata specificamente allegata in citazione sia in quanto di essa il CTU non ha operato alcun riconoscimento deducendo invece che il danno subito dall'attore per effetto del sinistro occorso incide sulla capacità lavorativa specifica (voce di danno neppure richiesta), non determinando però in che percentuale. 
A riguardo bisogna distinguere l'incapacità lavorativa generica che impedisce, anche potenzialmente, ad una persona di svolgere una qualsiasi attività e, quindi, di produrre un reddito dall' incapacità lavorativa specifica che colpisce chi non può più continuare a fare il lavoro svolto fino a quel momento. 
Risponde ad orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità che all'interno del risarcimento del danno alla persona il danno da riduzione della capacità lavorativa generica non attiene alla produzione del reddito, ma si sostanzia (in quanto lesione di un'attitudine o di un modo d'essere del soggetto) in una menomazione dell'integrità psico-fisica risarcibile quale danno biologico (v. Cass., 25/8/2014, n. 18161; Cass., 6/8/2004, n. 15187). Il danno da riduzione della capacità lavorativa specifica è viceversa generalmente ricondotto nell'ambito non già del danno biologico bensì del danno patrimoniale (cfr. in particolare Cass., 9/8/2007, n. 17464 e Cass., 27/1/2011, n. 1879), precisandosi peraltro al riguardo che l'accertamento dell'esistenza di postumi permanenti incidenti sulla capacità lavorativa specifica non comporta l'automatico obbligo di risarcimento del danno patrimoniale da parte del danneggiante, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di un'attività produttiva di reddito e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso (v. Cass., 25/8/2006, n. 18489, Cass., 8/8/2007, n. 17397, e Cass., 21/4/2010, n. 9444). La Suprema Corte ha altresì prospettato che allorquando trattasi di postumi di lieve entità, o comunque manchino elementi concreti dai quali desumere una incidenza della lesione sulla attività di lavoro attuale o futura del soggetto leso, vanno escluse l'esistenza e la risarcibilità di qualsiasi danno da riduzione della capacità lavorativa, mentre va privilegiato un meccanismo di liquidazione (quello del danno alla salute) idoneo a cogliere, nella sua totalità, il pregiudizio subito dal soggetto nella sua integrità psicofisica (v. Cass., 24/2/2011, n. 4493). La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha recentemente ribadito (ordinanza 12 giugno 2023, n. 16628) che il danno di natura patrimoniale derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica richiede un giudizio prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona, mentre il danno da lesione della cenestesi lavorativa, di natura non patrimoniale, consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell'attività lavorativa, non incidente, neanche sotto il profilo delle opportunità, sul reddito della persona offesa, risolvendosi in una compromissione biologica dell'essenza dell'individuo. Tale tipologia di danno va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto (così la sentenza 28 giugno 2019, n. 17411, in linea con le precedenti ordinanze 9 ottobre 2015, n. 20312, e 22 maggio 2018, n. 12572; v. pure la sentenza 4 luglio 2019, n. 17931). 
La Suprema Corte ha tuttavia evidenziato come - se è esatto affermare che il danno derivante dalla lesione della capacità lavorativa generica deve essere risarcito in termini di danno biologico, eventualmente con un appesantimento del punto - tale criterio non è sempre utilizzabile quando il danno alla salute supera una certa soglia. La Corte di Cassazione, con la pronuncia 17411/19, ha ritenuto che tale tipologia di danno, configurabile solo ove non si superi la soglia del 30 % del danno biologico, va liquidata omnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il Giudice - che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità - anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto. 
Sulla base di tali principi si è affermato che in tema di danni alla persona, l'invalidità di gravità tale da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro, e/o comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, pur integrando (non già la lesione di un modo di essere del soggetto rientrante nell'aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, bensì) un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di chance, costituisce, tuttavia, un danno patrimoniale ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica (e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica), il quale, sempre che ne sia accertata la sussistenza, anche in base ad elementi utili ad un giudizio prognostico presuntivo prospettati dal danneggiato, va stimato con valutazione necessariamente equitativa ex art.  1226 cod. civ. (cfr., tra le più recenti, Cass. 13/06/2023, n. 16844; 12/07/2023, n. 19922; Cass. 15/9/2023, n. 26641). Invece, il distinto danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri in relazione al lavoro svolto al momento dell'evento dannoso, va provato dal danneggiato mediante la dimostrazione che il sinistro abbia determinato la cessazione del rapporto lavorativo in atto e la riduzione del reddito. 
Ciò posto, nel caso di specie - esclusa la possibilità di riconoscere la riduzione della capacità lavorativa generica come appesantimento del danno biologico per l'elevata percentuale di invalidità riconosciuta - è da ritenersi che il difetto di adeguate allegazioni e prova impedisca l'accoglimento della richiesta attorea di risarcimento della detta voce di danno atteso che - al netto della circostanza che non è stato neppur chiarito quale fosse l'attività lavorativa svolta dall'attore al momento del sinistro o se fosse disoccupato - non è stato dedotto quale fosse il suo titolo di studio e profilo professionale, né il percorso di studio seguito, né se in precedenza avesse svolto attività lavorativa e percepito redditi, né sono state addotte circostanze concrete per potersi affermare che il danneggiato in assenza della menomazione avrebbe cercato e trovato un lavoro confacente al proprio profilo professionale e che i postumi residuanti all'infortunio non consentono invece lo svolgimento di un lavoro al detto profilo confacente. Tale difetto di allegazioni rende impossibile un giudizio anche prognostico sulla capacità futura di guadagno e la sua eventuale riduzione determinando il rigetto della domanda in parte qua. 
Del resto, dal tenore della parte motiva e delle conclusioni dell'atto di citazione (e delle note conclusionali) è evidente che parte attrice abbia inteso richiedere il risarcimento del danno non patrimoniale (biologico, morale, esistenziale) e patrimoniale per spese mediche simulando anche la relativa liquidazione mediante il ricorso alle tabelle di ### In definitiva, dunque, il risarcimento spettante all'attore ascende a complessivi € 389.298,49. 
All'importo sopra indicato deve, poi, aggiungersi il lucro cessante, consistente nel pregiudizio subito dal danneggiato per la ritardata corresponsione di quanto ad esso dovuto a titolo risarcitorio. La quantificazione del danno anzidetto può essere operata, alla stregua dell'autorevole insegnamento delle sezioni unite della Suprema Corte ( diffusamente, sent. 17 febbraio 1995 n.1712 con la tecnica degli interessi, con la precisazione, tuttavia, che detti interessi non debbono essere calcolati né sulla somma originaria, né su quella rivalutata al momento della liquidazione, dovendo gli stessi computarsi, piuttosto, o sulla somma originaria progressivamente rivalutata, anno per anno, ovvero in base ad un indice di rivalutazione medio (cfr., in tal senso ed ex multis, Cass. civ., un., 17 febbraio 1995, n. 1712, nonché Cass. 10 marzo 2000, n. 2796). 
Giova, infine, rammentare il principio, più volte evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, nei debiti di valore (qual è senz'altro l'obbligazione risarcitoria) sia gli interessi legali ### sulla somma liquidata in favore del danneggiato, che la rivalutazione monetaria decorrono di diritto ed il giudice deve attribuirli d'ufficio anche in assenza di una specifica domanda della parte, senza con ciò incorrere in un vizio di ultrapetizione, quando quest'ultima abbia richiesto la condanna del debitore (cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. III, 27 marzo 1997, n. 2745). Del resto, altrettanto ricorrente è l'affermazione in base alla quale “La rivalutazione monetaria e gli interessi costituiscono una componente dell'obbligazione di risarcimento del danno e possono essere riconosciuti dal giudice anche d'ufficio e in grado di appello, pur se non specificamente richiesti, atteso che essi devono ritenersi compresi nell'originario “petitum” della domanda risarcitoria, ove non ne siano stati espressamente esclusi.” (Cass. civ., sez. III, 2 dicembre 1998, n. 12234; Cass. civ., sez. II, 30 marzo 2012, n. 5144). 
Nel caso di specie, al fine di ristorare il pregiudizio da ritardata liquidazione del risarcimento, competono all'attore gli interessi cd. compensativi al tasso legale, da calcolare sulla citata somma previamente devalutata in applicazione degli indici ### al 26/04/2018, data di verificazione dell'evento dannoso, ed anno per anno rivalutata, secondo i predetti indici, dal 26.4.2019 sino alla pubblicazione della presente sentenza. 
Dal momento della pubblicazione della presente sentenza e fino all'effettiva corresponsione, infine, dovranno essere corrisposti, sulla somma totale sopra liquidata a titolo risarcitorio, gli ulteriori interessi al tasso legale suddetto, ai sensi dell'art. 1282 cod. civ., posto che, al momento della pubblicazione della sentenza, l'obbligazione risarcitoria, che ha natura di debito di valore, si trasforma in debito di valuta, con conseguente applicabilità degli istituti tipici delle obbligazioni pecuniarie in senso stretto, sulla somma globale composta da capitale, rivalutazione e coacervo degli interessi maturati fino alla data predetta (pubblicazione della sentenza: cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 1999, n. 13470; Cass. civ., sez. III, 21 aprile 1998, n. 4030). 
In applicazione del principio della soccombenza, la convenuta va condannata alla rifusione, in favore dell'attore, delle spese processuali, liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al DM 55/2014 con attribuzione in favore dell'avv.to ### dichiaratosi antistatario. 
Pone l'acconto riconosciuto al CTU definitivamente a carico della parte soccombente. Non si fa luogo alla liquidazione del saldo in difetto di tempestiva istanza depositata nel fascicolo telematico.  PQM Il Tribunale di ### definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza e deduzione disattesa, così provvede: a) dichiara l'esclusiva responsabilità del conducente del veicolo non identificato nella causazione del sinistro e, per l'effetto, in accoglimento della domanda, condanna ### s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., quale ### designata per la
Campania alla definizione dei sinistri a carico del ### di ### della ### al pagamento, in favore di ### dell'importo di euro € 389.298,49, oltre interessi computati dalla data dell'evento dannoso sull'importo pari al capitale devalutato, in base all'indice ### delle variazioni dei prezzi al consumo per le famiglie di impiegati ed operai (cosiddetto indice ###, alla data del decesso e rivalutata anno per anno in base all'indice ### fino al momento della pubblicazione della presente decisione, nonchè su tale importo interessi al tasso previsto dall'art. 1284, comma primo, cod. civ., dalla data di pubblicazione della presente ordinanza, fino all'effettiva corresponsione; b) condanna ### s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., quale ### designata per la ### alla definizione dei sinistri a carico del ### di ### della ### al pagamento, in favore della parte attrice, delle spese processuali, che liquida in euro 1713,00 per esborsi, euro 22.457,00 per compenso, oltre Iva e CPA come per legge, con distrazione in favore dell'avv. ### dichiaratosi anticipatario; a) Pone a carico della convenuta l'acconto liquidato al #### 12.9.2025 

Il Giudice
dott. ssa


causa n. 168/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Limongelli Dora Alessia

M
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Tribunale di Catanzaro, Sentenza n. 341/2024 del 14-02-2024

... contenenti la determinazione ed applicazione di interessi usurari - che venga dichiarato che nulla è dovuto a titolo di interessi e che, previa determinazione a mezzo C.T.U. dell'esatto dare ed avere, ### convenuta venga condannata alla restituzione e/o detrazione delle somme indebitamente percepite, addebitate e/o riscosse; venga altresì condannata al risarcimento dei danni R.G. n. 1628/2016 patiti patrimoniali e morali, da determinarsi anche in via equitativa; il tutto nei limiti di valore indicato ai fini del versamento del contributo unificato. Con vittoria di spese di lite da distrarsi. A sostegno della domanda parte attrice assumeva la assoluta indeterminatezza e/o indeterminabilità del tasso applicato, l'applicazione di interessi anatocistici e la usurarietà della pattuizione che rendeva nulla la clausola degli interessi determinandone un diritto restitutorio. Si costitutiva in giudizio il creditore opposto che contestava nel merito - per i motivi specificamente indicati in comparsa di risposta e qui da intendersi richiamati - tutti gli assunti di parte attrice assumendo, in particolare, che non si rilevava usura contrattuale oggettiva e/o soggettiva ab origine, né residuale, né (leggi tutto)...

testo integrale

R.G. n. 1628/2016 ### nome del Popolo italiano IL TRIBUNALE ORDINARIO DI CATANZARO ### persona del Giudice Onorario designato, dott.ssa ### ha pronunciato la seguente: ### causa iscritta al n. di R.G. 1628/2016 vertente TRA ### (C.F. ###) e ### (C.F. ###) rappresentati e difesi dall'avv. ### (C.F. ###) ed elettivamente domiciliat ###### alla via ### 9, giusta procura a margine dell'atto di citazione - parte attrice - E ### S.p.A. - ### - (già ### in persona del legale rappresentante p.t. (P.IVA ###) rappresentata e difesa dall'avv. ### (C.F. ###) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv.  ### in ### alla via A. ### in virtù di mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta e contestuale domanda riconvenzionale - parte convenuta attrice in riconvenzionale - Oggetto: contratti bancari ### delle parti: Come da atti e da verbali ### di fatto e di diritto della decisione ### controversi Con atto di citazione ritualmente notificato i signori ### e ### hanno chiesto al giudicante, in ordine al contratto di finanziamento n. ### sottoscritto in data ### con la finanziaria “ Prestitempo” oggi ### - previo accertamento della illegittimità, nullità, annullabilità totale e/o parziale del citato contratto, in relazione alle clausole contenenti la determinazione ed applicazione di interessi usurari - che venga dichiarato che nulla è dovuto a titolo di interessi e che, previa determinazione a mezzo C.T.U. dell'esatto dare ed avere, ### convenuta venga condannata alla restituzione e/o detrazione delle somme indebitamente percepite, addebitate e/o riscosse; venga altresì condannata al risarcimento dei danni R.G. n. 1628/2016 patiti patrimoniali e morali, da determinarsi anche in via equitativa; il tutto nei limiti di valore indicato ai fini del versamento del contributo unificato. Con vittoria di spese di lite da distrarsi. 
A sostegno della domanda parte attrice assumeva la assoluta indeterminatezza e/o indeterminabilità del tasso applicato, l'applicazione di interessi anatocistici e la usurarietà della pattuizione che rendeva nulla la clausola degli interessi determinandone un diritto restitutorio. 
Si costitutiva in giudizio il creditore opposto che contestava nel merito - per i motivi specificamente indicati in comparsa di risposta e qui da intendersi richiamati - tutti gli assunti di parte attrice assumendo, in particolare, che non si rilevava usura contrattuale oggettiva e/o soggettiva ab origine, né residuale, né relativamente al tasso corrispettivo, né relativamente al tasso di mora, chiedendo il rigetto della spiegata domanda; in via riconvenzionale, accertata e dichiarata la risoluzione del contratto di finanziamento e la decadenza di parte attrice dal beneficio del termine, parte convenuta chiedeva la condanna dei convenuti in solido, alla corresponsione della somma di € 19.866,13 oltre interessi convenzionali dal 20.05.2016 o della maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, a titolo di saldo del finanziamento per cui è causa. Con vittoria di spese di lite da liquidarsi anche in via equitativa. 
Radicatosi il contraddittorio, il diverso giudicante concedeva i termini per il deposito delle memorie istruttorie, rinviando ad altra udienza per i provvedimenti ammissivi. Questo giudice, ultimo assegnatario, con ordinanza del 20.11.2017, disponeva Ctu contabile nominando quale perito il dott.  ### al quale poneva i quesiti che qui di seguito vengono richiamati ( confermati in sede di accettazione dell'incarico ad eccezione del quesito numero 8 atteso il nuovo orientamento assunto dalla Corte di Cassazione a ### “ il ### previo esame della documentazione in atti, 1. Accerti, tenuto conto dei d.d.m.m. vigenti medio tempore, se al momento della pattuizione degli interessi o dell'esercizio dello ius variandi da parte della banca si sia superato il tasso soglia; 2. Ai fini del superamento del tasso soglia, tenga conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito; 3. In caso di superamento del tasso soglia, ricalcoli il rapporto di dare/avere senza alcun interesse passivo; 4. Accerti, secondo i d.d.m.m. via via intervenuti, se il tasso di interesse pattuito e calcolato secondo i criteri di cui al punto 3) che, al momento della stipula del contratto o al momento dell'esercizio dello ius variandi da parte della banca era inferiore al tasso soglia, abbia successivamente superato il tasso soglia nel corso del rapporto, a seguito delle variazioni di quest'ultimo; 5. In caso di superamento del tasso soglia, ricalcoli il rapporto di dare/avere applicando il tasso soglia per i periodi in cui vi sia stato tale superamento; 6. 
Accerti se l'interesse moratorio addebitato sia o meno conforme a quello pattuito e, in caso negativo, ricalcoli il rapporto di dare/avere tra i contraenti; 7. Accerti se l'interesse moratorio pattuito sia usurario e in caso di esito positivo ricalcoli il rapporto di dare/avere tra i contraenti senza alcun interesse, né moratorio, né corrispettivo ancorché quest'ultimo sia stato convenuto nei limiti della soglia; (cfr Ordinanza cass. Civ, ### 4.10.2017 23192; [ 8. Accerti se l'interesse moratorio pattuito sia divenuto usurario nel corso del rapporto, non per R.G. n. 1628/2016 variazione unilaterale della banca, e in caso positivo ricalcoli il rapporto di dare/avere applicando il tasso soglia per i periodi di riferimento; ] 9. Determini, ove il ### applicato non superi il tasso soglia, il tasso legale sostitutivo ai sensi e per gli effetti dei commi 6 e 7 dell'articolo 125 bis ###” Conclusa la fase istruttoria con l'acquisizione dei documenti, l'espletata Ctu ed i chiarimenti resi dal perito, questo giudice la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni. 
Quindi dopo una serie di differimenti e rinvii anche a causa dell'emergenza epidemiologica all'udienza del 25 maggio 2023 questo giudice tratteneva la causa in decisione, concedendo i termini ex articolo 190 c.p.c. 
Merito della lite ### il Tribunale che la controversia debba essere definita considerando, per evidenti esigenze di economia processuale, soltanto i profili ritenuti direttamente rilevanti ai fini della decisione. Al fine di adempiere all'obbligo della motivazione, infatti, il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri argomenti, tesi, rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente e non espressamente esaminati, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. civ. Sez. I, 15/04/2011, n. 8767; Cass. civ. Sez. III, 20/11/2009, n. 24542). La causa, pertanto, può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ai sensi dell'articolo 276 c.p.c. "( cfr. Cass. sez. un. n. 9936/2014; Cass. Sentenza 21174/2021; Cass. civ., sez. trib., n. 363/2019; Cass. n. ###/2019; Cass. sez. trib. n. 363/2019; Cass. sez. trib. n. 11458/2018 fra le altre). 
Ma ancora, la ratio decidendi della presente sentenza consiste nel dedurre da una serie di elementi noti non contestati, un elemento ignoto, all'esito di un ragionamento presuntivo e comunque frutto di un impianto logico probabilistico. Al riguardo condivide questo giudicante il principio assolutamente consolidato secondo cui, al fine di controllare la validità del ragionamento presuntivo, non è necessario che tutti gli elementi noti siano convergenti verso un unico risultato, in quanto il giudice deve svolgere una valutazione globale degli indizi, alla luce del complessivo contesto sostanziale e processuale. ### la giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, allorquando la prova addotta sia costituita da presunzioni, queste, anche da sole, possono formare il convincimento del giudice del merito (Cass. Sentenza 12002/2017; Cass. 26022/2011). 
R.G. n. 1628/2016 Nel merito la domanda di parte attrice è infondata e non può trovare accoglimento, risultando fondata la domanda in riconvenzionale spiegata da parte convenuta attesa la condivisibilità delle ragioni poste a fondamento, conformi al principio espresso di recente dalla Suprema Corte. 
Segnatamente questo Giudice richiama le risultanze, con le precisazioni di cui appresso, della espletata consulenza rilevando che il perito è pervenuto alle conclusioni che testualmente si riportano con motivazione condivisibile, senz'altro valorizzabili ai fini della decisione “[…] Il sottoscritto C.T.U., in seguito all'incarico conferitogli, rassegna le seguenti conclusioni tratte sulla base della documentazione esaminata e degli accertamenti tecnici eseguiti: 1. Ha accertato tenuto conto dei d.d.m.m. che al momento della pattuizione: a. il tasso convenzionale non ha superato il tasso soglia di usura; b. il tasso di mora non ha superato il tasso soglia di usura; c. la penale di estinzione anticipata ha superato il tasso soglia di usura. […]” Ferme tali riportate conclusioni questo giudice si discosta dalla conclusione di cui al punto c) […] la penale per estinzione anticipata convenuta al momento della sottoscrizione del contratto concorre alla determinazione di un ### che risulta superiore al tasso soglia usura […] richiamando, condividendolo, il principio di diritto enunciato da ultimo dalla Suprema Corte nell'Ordinanza n. 4597 del 14 febbraio 2023 - dirimente ai fini della decisione - secondo cui “ in tema di usura bancaria, ai fini del superamento del “tasso soglia” previsto dalla disciplina antiusura, non deve essere considerata come voce di costo la commissione di estinzione anticipata del finanziamento, non costituendo quest'ultima una remunerazione, a favore della banca, dipendente dalla durata dell'effettiva utilizzazione del denaro da parte del cliente, bensì un corrispettivo previsto per lo scioglimento anticipato degli impegni a quelli connessi” ( cfr. anche 7352/2022; Cass. 23866/2022) Conclusivamente questo giudice, alla luce del corredo probatorio documentale, richiamando l'elaborato peritale definitivo ed il principio sopra enunciato, previo rigetto della domanda attorea, perviene ad una valutazione di fondatezza della spiegata domanda riconvenzionale accertando un'esposizione debitoria degli attori a favore dell'istituto di credito convenuto riconducibile al contratto di finanziamento pari ad € 19.866,13 oltre interessi convenzionali dalla domanda al soddisfo, con condanna alla corresponsione della detta somma. 
Ogni altra questione, deduzione o doglianza si ricompone nella precedente disamina e nel concreto esito della lite, esaurendosi nella trattazione di tutti i temi decisori rilevanti. Ogni altra domanda ed eccezione spiegate in giudizio devono ritenersi assorbite. 
In ordine alle spese processuali, l'esito globale della lite ed il mutamento della giurisprudenza ne giustificano la integrale compensazione (cfr. Cass. 7 gennaio 2019 n. 169.) Le spese della espletata Ctu già liquidate con separato provvedimento vengono compensate interamente tra le parti (cfr. Cass. 24645/2021) R.G. n. 1628/2016 P.Q.M.  Il Giudice Unico del Tribunale di ### definitivamente pronunciando sulla causa in epigrafe indicata, ogni diversa istanza, domanda ed eccezione disattesa, così provvede: - Rigetta la domanda di parte attrice; - Accoglie la domanda riconvenzionale e condanna gli attori in solido al pagamento in favore di parte convenuta della somma di € 19.866,13 oltre interessi come in parte motiva; - Compensa integralmente le spese di lite, ivi comprese le spese di consulenza già liquidate con separato provvedimento.  ### 6 febbraio 2024 ###.O.   Dott.ssa ### 

causa n. 1628/2016 R.G. - Giudice/firmatari: Sciarrone Maria

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