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Tribunale di Ragusa, Sentenza n. 1154/2025 del 23-07-2025

... giudizio ### deducendo che: - si è rivolta allo studio veterinario di quest'ultimo il 31 gennaio 2019, a seguito di tre fratture che la propria cagnolina, esemplare meticcio di ### nata il 06 marzo 2018, aveva riportato all'omero per essere sottoposta al relativo intervento chirurgico; - in conseguenza dell'intervento chirurgico e della errata installazione dell'impianto protesico, lo stato di salute dell'animale sarebbe peggiorato, con una persistente zoppia e con una mancata cicatrizzazione della zona interessata dall'intervento, con ripercussioni nella deambulazione, nonché inevitabili complicanze nel soddisfacimento dei propri bisogni elementari (nutrirsi, pulirsi, ecc.); - la condotta professionale del convenuto è stata negligente e non conforme alle regole della perizia, determinando anche sulla persona della ### uno stato di sofferenze per le conseguenze patite dal proprio animale, con compromissione del proprio equilibrio personale, familiare e coniugale e determinazione di una situazione di pericolo per il proprio stato di salute; la qualità di vita dell'animale e dell'attrice a causa del comportamento professionale del convenuto è inevitabilmente peggiorata per il progressivo (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di RAGUSA Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. R.G. 2077/2020 avente ad oggetto responsabilità professionale, promossa da: ### nata a #### il ###, C.F. ###, con il patrocinio dell'avv. ### presso il cui studio è elettivamente domiciliat ###atti; #### nato a ### il ###, C.F. ###, con il patrocinio dell'avv. ### presso il cui studio è elettivamente domiciliat ###atti.  ###'udienza del 11/03/2025, sostituita dal deposito di note di trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c., la causa veniva posta in decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per le comparse conclusionali e le memorie di replica sulle seguenti conclusioni delle parti: ### al Tribunale 1) accertare e dichiarare a qualunque titolo la responsabilità della parte convenuta per i fatti per cui è causa, come in premessa indicati, condannandola al risarcimento in favore della ###ra ### per tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali sofferti; 2) condannare parte convenuta al pagamento in favore della ###ra ### della somma di euro 800,00 a titolo di danni patrimoniali da questa subita, per spese mediche, di viaggio e soggiorno sopportate oltre ad euro 900,00 quale ripetizione spese versate al Dott. ### per il compenso versato per l'attività professionale prestata; 3) condannare altresì la parte convenuta, al risarcimento in favore dell'istante, del danno patrimoniale da perdita dell'attività di direzione, gestione e programmazione della vita familiare svolta dalla parte lesa nel periodo oggetto della malattia (casalinga di anni 23 dal momento in cui ha avuto inizio la malattia e per i successivi 18 mesi) pari ad euro 12.600,00 o di quell'altra maggiore o minore somma che sarà ben visa a questo decidente; 4) condannare il convenuto, al risarcimento in favore della odierna parte attrice, per i motivi e le causali in premessa indicati, dei danni non patrimoniali da questi direttamente subiti pari ad euro 40.982,66 o in quella maggiore o minore somma che codesto Tribunale vorrà determinare; 5) in subordine riconoscere tutte le voci di danno patrimoniale e non patrimoniale di cui innanzi come dovute in conseguenza della violazione da parte del Dott. ### del dovere di informazione medica; 6) sulle somme riconosciute all'istante a titolo di danno patrimoniale e di danno non patrimoniale, riconoscere alla parte attrice gli interessi e la rivalutazione a partire dal giorno dell'evento lesivo e sino al soddisfo; 7) condannare il convenuto al pagamento delle spese e dei compensi di lite.  ### al Tribunale Nel merito: rigettare tutte le richieste di parte attrice in quanto infondate in fatto e in diritto ed in accoglimento della spiegata riconvenzionale condannare l'attrice al pagamento del saldo dovuto e di cui alla scrittura privata del 21/2/2019 a firma dell'attrice; condannare l'attrice ex art. 96 cpc per responsabilità aggravata e colpa grave anche in considerazione che la stessa risulta essere stata ammessa al patrocinio a spese dello stato; Con vittoria di spese e di compensi da distarsi ex art. 93 in favore del sottoscritto avvocato che sin d'ora dichiara di avere rispettivamente anticipato e non riscosso.
ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato ### ha convenuto in giudizio ### deducendo che: - si è rivolta allo studio veterinario di quest'ultimo il 31 gennaio 2019, a seguito di tre fratture che la propria cagnolina, esemplare meticcio di ### nata il 06 marzo 2018, aveva riportato all'omero per essere sottoposta al relativo intervento chirurgico; - in conseguenza dell'intervento chirurgico e della errata installazione dell'impianto protesico, lo stato di salute dell'animale sarebbe peggiorato, con una persistente zoppia e con una mancata cicatrizzazione della zona interessata dall'intervento, con ripercussioni nella deambulazione, nonché inevitabili complicanze nel soddisfacimento dei propri bisogni elementari (nutrirsi, pulirsi, ecc.); - la condotta professionale del convenuto è stata negligente e non conforme alle regole della perizia, determinando anche sulla persona della ### uno stato di sofferenze per le conseguenze patite dal proprio animale, con compromissione del proprio equilibrio personale, familiare e coniugale e determinazione di una situazione di pericolo per il proprio stato di salute; la qualità di vita dell'animale e dell'attrice a causa del comportamento professionale del convenuto è inevitabilmente peggiorata per il progressivo affaticamento, la pesantezza fisica e per i dolori che non consentivano all'animale di poter ottemperare alla sua attività quotidiana con inevitabili ripercussioni anche sull'attività lavorativa dell'attrice, tenuta ad assistere il proprio animale; il convenuto avrebbe arrecato all'attrice danni sia a titolo di responsabilità contrattuale per l'inesatta esecuzione della prestazione pattuita sia a titolo di responsabilità aquiliana stante la colposa lesione del bene salute subita dalla propria cagnolina; - il comportamento negligente del convenuto avrebbe determinato una invalidità permanente all'animale nell'ordine del 9%, oltre ad un'invalidità temporanea assoluta pari a gg. 200 e un'invalidità temporanea parziale pari a gg. 100 al 75 %, 100 al 50 % e 100 al 25 % e, quindi, secondo una valutazione medico legale un danno biologico di € 14.579,91, nonché, vertendosi in tema di lesioni colpose, anche un danno morale nella misura del 33% del danno biologico; - la ### avrebbe inoltre subito un danno patrimoniale rappresentato dalle spese mediche necessarie pari ad € 800,00, a quelle corrisposte per l'intervento pari ad € 900,00, nonché un danno da perdita dell'attività di direzione, gestione e programmazione della vita familiare nella misura di € 12.600,00. 
Ha chiesto pertanto al Tribunale di condannare il convenuto al risarcimento del danno patrimoniale, pari a € 14.300,00, e del danno non patrimoniale, pari a € 40.982,66, oltre interessi e rivalutazione. 
Si è costituito in giudizio mediante comparsa di risposta ### deducendo l'infondatezza della domanda dell'attrice, avendo lo stesso eseguito correttamente l'intervento ortopedico sul cane, e precisando che l'attrice aveva versato solo un acconto di € 300,00 a fronte del compenso pattuito di € 800,00; in ogni caso il danno non patrimoniale, così come quello patrimoniale da perdita del reddito da lavoro, non sarebbero stati risarcibili. 
Ha chiesto pertanto al Tribunale di rigettare la domanda dell'attrice e, in via riconvenzionale, di condannare ### al pagamento della somma di € 500,00 quale saldo della fattura 1 dell'8/2/2019 relativa all'intervento.
Assunte prove orali ed espletata ### all'udienza del 11/03/2025, sostituita dal deposito di note di trattazione scritta ex art. 127-ter c.p.c., la causa veniva posta in decisione con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per le comparse conclusionali e le memorie di replica sulle conclusioni delle parti precisate come in atti. 
Tanto premesso in punto di fatto, il presente giudizio va deciso esaminando la questione assorbente relativa alla prova del danno richiesto dall'attrice; come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, “In applicazione del principio processuale della "ragione più liquida", desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell'evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare ai sensi dell'art. 276 c.p.c.” (Cass. Sez. unite n. 9936/14, ### V n. 363/19, 11458/18). 
Giova osservare che in mancanza della prova dell'esistenza e dell'ammontare dei danni derivanti dall'asserito inadempimento da parte del convenuto del contratto d'opera professionale, diventa superfluo affrontare il problema dell'esistenza e della natura dell'inadempimento medesimo. 
Invero, nella responsabilità contrattuale, come in quella extracontrattuale, incombe sul danneggiato l'onere di provare il danno del quale chiede il risarcimento, la cui prova costituisce presupposto necessario anche per chiedere la liquidazione in via equitativa. 
Come rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, anche per ottenere la liquidazione del danno in via equitativa, sono comunque necessarie la specifica allegazione e la prova dell'esistenza del danno e della sua concreta natura, considerato che l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa non ricomprende anche l'accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l'onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l'entità materiale del danno, né esonera la parte stessa dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinché l'apprezzamento equitativo sia per quanto possibile ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell'iter della determinazione dell'equivalente pecuniario del danno stesso ( Cass. Sez. II n. 16202/02, n. 6329/03, n. 13761/04). 
Nel caso di specie l'attrice ha dedotto in citazione un danno non patrimoniale, nelle sue componenti del danno biologico e del danno morale, per l'invalidità riportata dal suo cane, esemplare meticcio di ### rimasto zoppo con difficoltà alla deambulazione, asseritamente in conseguenza della inesatta esecuzione della prestazione professionale del convenuto, quale veterinario. 
Giova al riguardo osservare che, secondo l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, “Il ferimento dell'animale d'affezione a seguito del fatto illecito altrui non è riconducibile ad alcuna categoria di danno non patrimoniale in quanto essa non è qualificabile come danno esistenziale consequenziale alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente tutelata, non potendo essere sufficiente, a tal fine, la deduzione di un danno in re ipsa, con il generico riferimento alla «qualità della vita»” (Cass. n. 26770/2018; nello stesso senso Cass. n. 14846/2007).
Solo la perdita dell'animale d'affezione potrebbe, in ipotesi, determinare la lesione di un interesse giuridicamente rilevante della persona, riguardante la tutela della sfera relazionale e affettiva, in quanto il rapporto tra il proprietario e l'animale esprime un elemento significativo per la formazione e lo sviluppo della personalità individuale. In ogni caso, non si tratterebbe di un danno in re ipsa per cui il danneggiato dovrebbe dimostrare l'effettivo pregiudizio subito in termini di sofferenza conseguente alla perdita dell'animale potendo anche ricorrere a presunzioni gravi, precise e concordanti che dimostrino il turbamento emotivo e relazionale derivante dall'evento lesivo. 
Non vertendosi nell'ipotesi di perdita dell'animale d'affezione e non avendo l'attrice, comunque, provato alcun pregiudizio subito, devono essere rigettate sia la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale sia la domanda di risarcimento del danno patrimoniale da perdita di occasioni di lavoro; rispetto a quest'ultimo mancherebbe in ogni caso il nesso di causalità tra le difficoltà di deambulazione del cane e la circostanza che l'attrice non abbia svolto attività lavorativa. 
Deve parimenti essere rigettata la domanda di ripetizione della somma di € 900,00 non avendo l'attrice provato di averla sborsata. 
Deve infine essere accolta la domanda riconvenzionale del convenuto di pagamento della somma di € 500,00 quale saldo della fattura n. 1 dell'8/02/2019 di € 800,00. 
Risulta invero dagli atti che ### con dichiarazione sottoscritta il ###, ha riconosciuto di essere debitrice di tale somma nei confronti del dott. ### per le prestazioni medico-veterinarie sul cane di sua proprietà. 
In considerazione della ricognizione di debito, opera la relevatio ab onere probandi ex art.  1988 c.c. in favore del convenuto rispetto al credito in questione. 
Alla luce di quanto esposto, devono essere rigettate le domande dell'attrice e quest'ultima deve essere condannata a corrispondere a ### la somma di € 500,00. 
Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e si liquidano come da dispositivo utilizzando le tabelle del D.M. n. 55/2014, come successivamente aggiornate, secondo il valore della controversia corrispondente alla somma oggetto della domanda rigettata, disponendo la distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore del procuratore antistatario del convenuto.  P.Q.M.  Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. R.G. 2077/2020: RIGETTA le domande dell'attrice.  ### a corrispondere a ### la somma di € 500,00.  ### l'attrice a rimborsare al convenuto le spese di lite, che si liquidano in € 7.616,00 per compenso, oltre a rimborso spese generali, Iva e ### disponendone la distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore dell'avv. ### Ragusa, 23/07/2025. 
Il Giudice dott.

causa n. 2077/2020 R.G. - Giudice/firmatari: Claudio Maggioni

M

Corte d'Appello di Napoli, Sentenza n. 4978/2024 del 06-12-2024

... invece ammesso di essersi avvalso dell'opera del medico veterinario dott.ssa ### per le cure dei cavalli ad egli riconducibili, per il tramite di proprio “fiduciario”, tale ### presso la cui struttura i detti cavalli erano tenuti, tuttavia solo per l'anno 2010, per il quale egli avrebbe anche corrisposto somme in favore della opposta per le prestazioni da ella resa. Ebbene, occorre osservare in merito che dalle dette scarne e contraddittorie difese spiegate dell'attoreopponente, non è risultato seriamente posto in discussione il rapporto professionale intercorso con parte opposta, seppur per il tramite del ### (che, per stessa ammissione del ### ha agito quale vero e proprio suo mandatario rappresentante, se non addirittura quale proprio mero nuncius), per la cura di cavalli ad egli riconducibili. Altrettanto generica ed indeterminata si è rivelata l'eccezione proposta dall'opponente, laddove lo stesso ha contestato che non tutti i cavalli oggetto di intervento fossero di sua proprietà. Invero, di fronte alle analitiche note spese prodotte in atti da parte opposta -in cui risultano essere indicati, con estremo dettaglio, non solo tutti gli interventi eseguiti nel corso dei vari anni in (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Napoli - ottava sezione civile - in persona dei magistrati Dr. ##### est.  riunita in camera di consiglio, ha pronunziato la seguente ### nella causa in grado di appello iscritta al n. 2212 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2019 con ### opposizione a decreto ingiuntivo e vertente TRA ### nato a Napoli il ### (CF: #####) ed ivi elettivamente domiciliat ###presso l'avv. ### (CF: #####) da cui è rappresentato e difeso in virtù di procura in calce all'atto di opposizione a decreto ingiuntivo.  #### nata a ### il ### (CF: #####) ed elettivamente domiciliat ###/K presso l'avv. ### (CF: #####) che la rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente agli avv.ti ### (CF: #####) e ### (CF: #####), in virtù di procura a margine della comparsa di risposta depositata in primo grado.  ###'APPELLANTE: “### è presente l'avv. ### il quale, nell'impugnare e contestare estensivamente ogni avversa argomentazione, infondata in fatto ed in diritto, si riporta integralmente a tutto quanto già rilevato, dedotto ed eccepito, sia in atti che nei verbali di udienza, nonché alla documentazione già depositata nei termini di legge, già oggetto di valutazione, sia pur sommaria, da parte di codesto ###mo Collegio nell'accoglimento della istanza cautelare di sospensione dell'esecutività della sentenza impugnata. Si chiede che la causa venga decisa, con concessione dei termini di legge”.  ###'APPELLATA: “La dr.ssa ### come sopra rappresentata e difesa, precisa le proprie conclusioni come segue e chiede la concessione dei termini di legge per il deposito delle difese conclusive: “Piaccia all'###mo Giudice adito, dato atto che la concludente non ha formulato appello incidentale né domanda alcuna tale da comportare l'onere del pagamento del contributo unificato, contrariis reiectis: 1. In via preliminare dichiarare l'inammissibilità dell'appello ex art. 348 bis c.p.c. per i motivi indicati in comparsa di costituzione e risposta. 2. Nel merito respingere integralmente l'avversaria impugnazione, in quanto infondata in fatto e in diritto, con integrale conferma dell'appellata sentenza. Con vittoria di spese ed onorari del presente grado, ### IVA e rimborso forfettario 15% compresi”.  RAGIONI DI FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ex artt. 633 e ss. c.p.c. depositato innanzi al Tribunale di ### la veterinaria ### ha chiesto di ingiungere a ### il pagamento della somma di € 8.558,14 oltre interessi al tasso legale maturati dalla ricezione, in data ###, della raccomandata di costituzione in mora del debitore. 
A sostegno della pretesa fatta valere in via monitoria, la ricorrente ha riferito di aver eseguito, negli anni 2010, 2011 e 2012, gli interventi veterinari di cui alle fatture pro forma n. 1 del 10.08.10, n. 1 del 18.07.11 e n. 1 del 10.07.12 maturando un compenso professionale di € 8.558,14, determinato tenendo conto degli acconti di € 849,94 e di € 650,42 versatile dal ### che veniva ritenuto congruo dal Consiglio dell'Ordine dei ### di ### con parere del 09.05.2013. 
Ha ancora riferito la ricorrente di aver sollecitato il pagamento delle prime due fatture pro forma innanzi indicate con e-mail del 31.05.2011, del 19.07.2011 e dell'11.11.2011 alle quali ### rispondeva riconoscendo l'esistenza delle ragioni di credito dell'istante con e-mail del 23.11.2011 nella quale si leggeva quanto segue: «### al più presto cercherò di inviarLe un acconto sui pagamenti da Lei giustamente sollecitati. Purtroppo è un periodo lungo di grande difficoltà, ovviamente questa non è una giustificazione! Sto provvedendo alla dismissione di un bene per far fronte alla sopravvenuta scarsa liquidità». 
Il provvedimento monitorio, emesso il ### con n. 3108/2015 e notificato il ###, è stato tempestivamente opposto dall'ingiunto il quale ne ha chiesto la revoca deducendo di non aver mai conferito alla dr.ssa ### l'incarico di eseguire le prestazioni veterinarie elencate nelle fatture depositate, concordando i relativi prezzi, e di non averle mai neppure autorizzate o ratificate in via successiva.  ### ha inoltre dedotto che soltanto alcuni dei cavalli indicati nelle parcelle vidimate dall'ordine professionale di appartenenza della dr.ssa ### erano di sua proprietà per cui le prestazioni di cui era richiesto il pagamento erano in parte anche relative ad animali altrui. 
Con riguardo alla propria e-mail del 23.11.2011 l'opponente ha infine dedotto che essa era da riferire soltanto a talune prestazioni eseguite dall'opposta nell'anno 2010 e per un importo di gran lunga inferiore a quello domandato.  ### per la cura dei propri cavalli nel triennio 2010-2012, si era infatti servito, e tuttora si serviva, di una persona di propria fiducia, di nome ### a cui si era rivolto in seguito alla ricezione dei solleciti di pagamento e che gli aveva confermato che la dr.ssa ### nel solo anno 2010, aveva effettivamente eseguito alcuni interventi veterinari sui cavalli dell'opponente. Ciò aveva indotto l'esponente ad inviare alla veterinaria la e-mail di risposta menzionata nel ricorso per ingiunzione. Successivamente il ### confrontandosi col ### si era tuttavia ricordato di aver già effettuato dei pagamenti in favore dell'opposta, a fronte delle prestazioni professionali dalla stessa eseguite, corrispondendogli la somma di € 1.500,36 come riconosciuto dalla stessa ### nel ricorso ex art. 633 c.p.c. 
Ritenendo tali pagamenti idonei a tacitare pienamente la pretesa creditoria avversaria, a fronte della mancata pattuizione del corrispettivo delle prestazioni ricevute, l'opponente non aveva quindi dato seguito alla propria e-mail del 23 novembre 2011 richiamata dalla ricorrente. 
La dr.ssa ### costituitasi in giudizio, ha chiesto il rigetto dell'opposizione deducendo che gli incarichi professionali in questione le erano stati conferiti da ### titolare di un'azienda agricola dedita all'allevamento di cavalli dove erano accuditi anche quelli di parte opponente, il quale aveva operato come mandatario con rappresentanza del ### e le aveva richiesto gli interventi sulle fattrici e sui puledri menzionati nelle fatture pro forma allegate al ricorso monitorio pattuendo di volta in volta il corrispettivo delle prestazioni richieste. Ciò con la piena consapevolezza dell'opponente che, secondo quanto confermato nell'atto di opposizione, aveva provveduto anche ad effettuare dei pagamenti parziali in adempimento del rapporto professionale per tale via istauratosi. 
Quanto poi alla generica deduzione dell'opponente di non essere proprietario di taluni dei cavalli su cui la dr.ssa ### era intervenuta, l'opposta ha dedotto che la circostanza risultava irrilevante dal momento che le prestazioni professionali erano state comunque richieste dal ### e che gli animali in questione, in base alle certificazioni rilasciate dall'### istituita presso il Ministero delle ### e ### risultavano appartenere o a lui o alla moglie dell'opponente ### o alla figlia ### La causa, rigettata l'istanza di concessione della provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo opposto, è stata rinviata all'udienza del 16.02.2017 assegnando alle parti i termini di cui all'art. 183 co. 6 c.p.c. per ultimare in forma scritta la trattazione, produrre documenti ed articolare mezzi di prova diretti e contrari. 
Nessuna memoria veniva depositata dall'opponente il quale neppure compariva all'udienza fissata per l'ammissione dei mezzi di prova. 
Con la seconda memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. l'opposta curava invece il deposito di altri documenti (certificazioni anagrafiche comprovanti il rapporto di coniugio esistente tra l'opponente e la sig.ra ### ed ulteriori certificazioni dell'### articolando in pari tempo una prova testimoniale e per interpello a riprova dei propri assunti. Con ordinanza adottata fuori udienza in data ### il tribunale ammetteva sia l'interrogatorio formale che la prova per testimoni articolati dall'opposta sui medesimi capi fissando per il raccoglimento del solo interrogatorio l'udienza del 16.10.2017. 
All'udienza così fissata il ### non compariva per rendere l'interrogatorio formale a lui deferito sicché il giudice, revocata la precedente ordinanza, fissava l'udienza di precisazione delle conclusioni, dopo aver “ritenuto superfluo procedere all'ulteriore istruzione della causa, stante la detta mancata comparizione e la causa matura per la decisione”. 
All'udienza di conclusioni è poi comparso il difensore del ### che ha chiesto procedersi al raccoglimento dell'interrogatorio formale del proprio assistito il quale si dichiarava disposto a renderlo. 
Detta richiesta veniva disattesa dal giudice non avendo parte opponente addotto nessun legittimo impedimento a comparire alla precedente udienza del 16.10.17, fissata per raccogliere l'interrogatorio. 
La causa è stata quindi decisa con sentenza pubblicata il ### e notificata il ### la quale ha rigettato l'opposizione ed ha dichiarato esecutivo il decreto ingiuntivo condannando ### al rimborso delle spese di lite avversarie, liquidate in € 3.700,00 per compensi professionali, nonché al pagamento in favore di ### dell'ulteriore somma di € 3.000,00, ai sensi dell'art. 96 co. 3, c.p.c., in forza della seguente motivazione: “… Con difese altamente contraddittorie tra loro, l'opponente, nel proprio atto di citazione in opposizione (peraltro unico atto processuale depositato dalla detta parte in tutto il corso del giudizio, come in appresso meglio si specificherà), da un lato ha contestato in radice la sussistenza di qualsivoglia rapporto contrattuale di incarico professionale intercorso con la opposta e, dall'altro lato, ha invece ammesso di essersi avvalso dell'opera del medico veterinario dott.ssa ### per le cure dei cavalli ad egli riconducibili, per il tramite di proprio “fiduciario”, tale ### presso la cui struttura i detti cavalli erano tenuti, tuttavia solo per l'anno 2010, per il quale egli avrebbe anche corrisposto somme in favore della opposta per le prestazioni da ella resa. 
Ebbene, occorre osservare in merito che dalle dette scarne e contraddittorie difese spiegate dell'attoreopponente, non è risultato seriamente posto in discussione il rapporto professionale intercorso con parte opposta, seppur per il tramite del ### (che, per stessa ammissione del ### ha agito quale vero e proprio suo mandatario rappresentante, se non addirittura quale proprio mero nuncius), per la cura di cavalli ad egli riconducibili. 
Altrettanto generica ed indeterminata si è rivelata l'eccezione proposta dall'opponente, laddove lo stesso ha contestato che non tutti i cavalli oggetto di intervento fossero di sua proprietà. 
Invero, di fronte alle analitiche note spese prodotte in atti da parte opposta -in cui risultano essere indicati, con estremo dettaglio, non solo tutti gli interventi eseguiti nel corso dei vari anni in contestazione (dal 2010 al 2012), bensì ogni singolo cavallo sui quali i detti interventi furono eseguiti - parte opponente si è limitata a genericamente dedurre che “soltanto alcuni dei cavalli indicati dall'odierna opposta” erano effettivamente di sua proprietà, senza, tuttavia, neppure la precisa individuazione e indicazione dei cavalli (tra tutti quelli precisamente indicati dalla opposta) di cui egli ha contestato la riconducibilità a sé. 
La detta contestazione, pertanto, non può ritenersi in alcun modo aver raggiunto quella soglia di sufficiente specificità prevista dall'art. 115 c.p.c., al fine di poter far ritenere il fatto effettivamente posto in discussione dall'opponente, e non già provato ai sensi del disposto del comma 1 del menzionato articolo. 
Non appare superfluo ulteriormente osservare in merito - come peraltro costantemente affermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza più attente sul punto - che l'applicazione del c.d. principio di non contestazione…va valutato sia in un'ottica di proporzionalità (nel senso che trova il suo limite nel corrispondente grado di specificità che assume il fatto oggetto di contestazione) sia in ragione della diversa relazione che sussiste tra il fatto da provare e la parte nei confronti della quale l'allegazione è diretta (c.d.  principio di vicinanza della prova). 
Ne consegue che quanto più viene ad essere dettagliata la deduzione in fatto della parte, tanto più specifica ed altrettanto dettagliata occorre che sia la contestazione della controparte avverso la quale la deduzione è rivolta, e ciò a maggior ragione quando la negazione del fatto o la controprova confutativa dello stesso sia nella pronta e materiale disponibilità del contestante, in applicazione del principio di vicinanza. 
Ora, come innanzi detto, non solo parte opponente non risulta in alcun modo aver compiutamente esposto la propria generica contestazione ma, anzi, parte opposta, attraverso la produzione delle analitiche schede degli equini oggetto di prestazioni professionali da parte sua, ha concretamente anche dimostrato la loro riconducibilità direttamente in capo all'opponente o a suoi diretti familiari. 
A tutto ciò deve aggiungersi, inoltre, che essendo intercorso tra le parti, ed essendo stato dedotto in giudizio, un mero rapporto obbligatorio, non era affatto necessario che fosse stato inequivocabilmente dimostrato un rapporto giuridico di natura reale tra i cavalli presi in cura dalla opposta e l'opponente stesso, essendo sufficiente anche l'accertamento di un rapporto di mero fatto (qualificabile in termini di mera detenzione, o gestione di fatto) tra l'opponente ed i cavalli per i quali la opposta risulta aver reso le prestazioni professionali da egli richieste. 
Rapporto di mero fatto che è sicuramente emerso nel caso di specie, avendo affermato lo stesso opponente (peraltro contraddicendo le proprie precedenti difese, come già osservato) che, in effetti, tutti i cavalli oggetto delle note pro-forma prodotte dalla opposta (senza esclusione alcuna di specifici animali) erano tutti da egli tenuti presso la struttura del ### e, per il tramite di quest'ultimo, affidati alle cure della dott.ssa ### Ancora generica e priva di sostegno probatorio si è rivelata la contestazione sollevata da parte opponente secondo cui le prestazioni rese dalla opposta sui propri cavalli sarebbero circoscritte al solo anno 2010 e non anche ai successivi anni 2011 e 2012, pur oggetto di richieste di pagamento da parte di quest'ultima. 
Da un lato occorre osservare che, dall'esame delle difese spiegate sul punto, l'opponente pare non aver messo radicalmente in discussione, sul piano strettamente analitico-fattuale, le prestazioni pur specificamente indicate dalla opposta sin dalla fase monitoria per le annualità in contestazione (contestando, ad esempio, che i propri cavalli non risultavano aver effettivamente beneficiato dei trattamenti indicati dalla opposta nella analitica notula depositata), quanto piuttosto fonda la propria scarna deduzione sulla mera circostanza che fu il ### stesso a riferirgli che le dette prestazioni furono eseguite esclusivamente per l'anno 2010 (cfr. pag. 4 e 5 dell'atto di citazione in opposizione). 
Ne consegue che anche la detta contestazione si è rivelata tutt'altro che specifica, per quanto innanzi già osservato. 
Inoltre, dall'esame degli atti di causa e dalla documentazione versata in atti da parte opposta sin dalla fase monitoria, è emerso: a) che i pagamenti eccepiti dall'opponente per euro 1.500,36 risultano essere stati già tenuti in debita considerazione dalla opposta sin dalla fase monitoria, nel cui ricorso, anzi, la detta parte espressamente rappresentava i pagamenti ricevuti dall'opponente per euro 849,94 ed euro 650,42 (per un totale, appunto, di euro 1.500,36), di cui alle parcelle n. 6/2012 e 14/2012, provvedendo, quindi, a scomputarli dal residuo totale richiesto; b) che pur volendo dar credito alle affermazioni dell'opponente, ed esclusi i pagamenti già eseguiti e scomputati, lo stesso non risulta aver provveduto neppure a saldare il residuo non contestato per le prestazioni rese dalla opposta per l'anno 2010; c) che, in ogni caso, le prestazioni rese anche per le successive annualità 2011 e 2012 sono ampiamente dimostrate in atti dallo scambio di email intercorso tra le parti (e, in particolare, dalla mail del 23/11/2011 inoltrata alla opposta dal ### e da quest'ultimo mai contestata, e di cui, di contro, la propria difesa si è limitata a proporre una alternativa, quanto inattendibile, lettura, per le ragioni che seguono), ed in cui, ai solleciti di pagamento inoltrati dalla opposta per le prestazioni rese negli anni 2010 e 2011 (e, dunque, non solo del 2010, come, invece, acriticamente dedotto dall'opponente), il ### rispondeva promettendo un futuro acconto e rappresentando una propria situazione di difficoltà economica, e giammai contestando le somme richieste ed i periodi di riferimento delle prestazioni, di fatto riconosciute; d) che mai il ### prima dell'instaurazione del presente giudizio, risulta aver…contestato, o in altro modo posto in discussione, le pretese creditorie avanzate dalla opposta nei suoi confronti con le numerosissime missive da quest'ultima prodotte in atti (e relative proprio alle prestazioni per le annualità 2010, 2011 e 2012), di cui l'opponente non ha neppure mai contestato la ricezione. 
A tutto quanto innanzi osservato occorre, altresì, aggiungere che la pretesa creditoria azionata dalla opposta, come anche tutti i presupposti posti a suo fondamento, sono risultati ampiamente dimostrati nel corso del presente giudizio di opposizione alla luce del contegno processuale tenuto dalla stessa parte opponente. 
Ed invero, la stessa non compariva all'udienza del 16 ottobre 2017, che pure era stata fissata per il proprio interrogatorio formale sulle circostanze ammesse con l'ordinanza istruttoria del 03 marzo 2017 (e che riguardavano proprio tutti gli aspetti della pretesa creditoria azionata dalla opposta, innanzi indicati). 
Ebbene, ai sensi del disposto dell'art. 232 c.p.c., dalla detta mancata comparizione, valutata unitamente a tutti gli ulteriori elementi di prova innanzi già illustrati, ben può derivarsi la sostanziale ammissione dei fatti dedotti nell'articolato interpello formale. Ed invero, non appare ultroneo, altresì, osservare come, dopo la proposizione dell'atto di opposizione, l'opponente abbia tenuto una condotta processuale assolutamente inerte per tutto il corso del giudizio, non avendo presenziato ad alcuna udienza oltre la prima (fatta eccezione per le ultime due del 09 luglio e del 13 dicembre 2018, fissate per la precisione delle conclusioni), non avendo depositato alcuna delle memorie di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c. (nei cui termini la stessa parte si era riservata, nel proprio atto di citazione, di meglio precisare e provare le deduzioni in fatto poste a sostegno della propria opposizione), né avendo depositato la comparsa conclusionale e la memoria di replica negli assegnati termini di cui all'art. 190 c.p.c., e non avendo, quindi, in definitiva, in alcun modo contrastato tutte le puntuali difese, deduzioni ed elementi istruttori ulteriori forniti dalla opposta nel corso del presente giudizio di opposizione. 
Anzi, solo all'udienza del 09 luglio 2018 (fissata originariamente per la precisazione delle conclusioni) presenziava nuovamente il difensore di parte attrice-opponente per chiedere, in modo oltremodo tardivo, che il proprio assistito fosse sottoposto ad interrogatorio formale e non adducendo, tuttavia - come già osservato alla detta udienza del 09 luglio 2018 - alcun legittimo impedimento a comparire alla precedente udienza effettivamente fissata per il detto incombente istruttorio. 
Per tutto quanto innanzi osservato, quindi, l'opposizione va integralmente rigettata, con la consequenziale conferma del decreto ingiuntivo opposto, il quale, per l'effetto, va dichiarato definitivamente esecutivo ai sensi dell'art. 653 c.p.c. 
Le spese di lite seguono strettamente la soccombenza e sono liquidate, come da dispositivo, in virtù del D.M. Giustizia 55/2014, in relazione al valore della controversia (rientrante nello scaglione da euro 5.200,01 ad euro 26.000,00 del detto D.M., in relazione al valore del credito portato dal decreto ingiuntivo opposto) e all'attività concretamente esercitata dal difensore costituito per parte convenuta-opposta (estrinsecatasi nella fasi di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale del D.M. cit.) e tenuto conto della nota spese depositata telematicamente dalla detta difesa in data 01 marzo 2019 (con la richiesta della liquidazione di valori anche inferiori ai parametri medi del detto D.M.). 
Infine, secondo il prudente apprezzamento di questo Giudice, sussistono, nel caso di specie, altresì i presupposti per la pronuncia di una statuizione di condanna, in danno della medesima parte soccombente, ### al pagamento di una ulteriore somma, a favore della parte opposta vittoriosa, ai sensi del disposto di cui all'art. 96, comma 3, c.p.c. Invero l'art. 45, comma 12, L. 18 giugno 2009 n. 69, aggiungendo un comma 3 all'art. 96 c.p.c., ha introdotto una vera e propria ipotesi di pena pecuniaria a carico della parte che abbia abusato del processo, avendo agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, indipendente sia dalla domanda di parte, sia dalla allegazione e dalla prova di un danno causalmente derivato dalla condotta processuale “abusiva” dell'avversario (cfr. Cass. civ. sez. I, 30/7/2010, n. 17902). Si tratta, in altri termini, di una norma che inserisce nell'ordinamento giuridico italiano una forma di danno punitivo o esemplare…per scoraggiare l'abuso del processo in pregiudizio della parte vittoriosa e per preservare la funzionalità del sistema giustizia, ciò che esclude la necessità di un danno di controparte, pur se la condanna è prevista a titolo di indennizzo in favore di quest'ultima e non dello Stato (…). 
Per quanto, poi, riguarda i presupposti e i requisiti per pervenire alla pronuncia di condanna ai sensi della norma in commento, essa presuppone, sotto il profilo oggettivo, solo la soccombenza della parte (che deve essere totale ed unitaria) e, sotto quello soggettivo, il requisito della malafede o della colpa grave, che concretizzano la temerarietà della lite (requisiti che, seppur non esplicitamente richiamati dalla norma in commento, ma richiamati dal solo coma 1 del medesimo art. 93 c.p.c., si ritiene debbano essere estesi anche alla diversa ipotesi di cui al comma 3). Come già osservato, invece, la norma in commento non presuppone né la domanda di parte né la dimostrazione in capo alla parte vittoriosa di aver subito un concreto danno risarcibile dalla condotta processuale “abusiva” tenuta dalla controparte. Ciò si desume dall'inciso iniziale dello stesso comma 3 art. cit. che esordisce con un “in ogni caso”, che va inteso, appunto, nel senso di escludere la sussistenza di un danno risarcibile nonché dell'istanza di parte, e ciò al fine di differenziare la fattispecie da quella disciplinata dal comma 1, tradizionalmente configurata come una species del genus della responsabilità extracontrattuale di cui all'art. 2043 c.c. (c.d. illecito processuale). 
Tutto ciò premesso, nel caso di specie, quand'anche non volesse considerarsi raggiunta la piena prova definitiva della vera e propria mala fede dell'opponente - intesa come difesa in giudizio accompagnata dalla piena consapevolezza dell'infondatezza delle proprie ragioni - ben può dirsi ricorrere, quantomeno, la colpa grave di quest'ultimo nell'aver introdotto un giudizio di opposizione rivelatosi meramente dilatorio per non avere, la detta parte, in alcun modo successivamente sviluppato e coltivato le proprie difese, rimaste radicalmente infondate anche per la totalmente inerte e passiva condotta processuale da egli tenuta: segnale, questo, di una negligente e superficiale valutazione circa la possibile fondatezza delle proprie difese... 
Ai fini della liquidazione in concreto della somma dovuta per lite temeraria, in mancanza di parametri normativi certi ed obiettivamente verificabili in ordine alla determinazione dell'entità della sanzione - atteso che il rimedio di cui all'art. 96, comma 3, c.p.c. rimanda genericamente all'equità e prescinde anche dall'effettività del danno (come innanzi già precisato) - mentre è evidente la natura afflittiva della nuova misura…e che la sanzione si aggiunge alla pronuncia sulle spese, la quale ne costituisce il presupposto oggettivo, il principale parametro per orientare la discrezionalità del giudice nella determinazione del quantum debeatur, al fine di evitare che l'equità si trasformi in arbitrio, non può che essere l'importo liquidato ai sensi dell'art. 91, comma 1, c.p.c. in favore della parte vittoriosa per le spese del giudizio, sul quale innestare una valutazione basata sul grado e sull'intensità della colpevolezza, vale a dire sul presupposto soggettivo necessario per l'applicazione della sanzione, nonché sulla durata del processo e soprattutto sul valore della controversia… ### fattispecie concretamente in esame, pertanto, la sanzione viene liquidata, per l'appunto equitativamente, ex art. 96, comma 3, c.p.c., in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00)”. 
Con atto notificato il ### ed iscritto a ruolo il #### ha tempestivamente appellato tale sentenza chiedendo a questa Corte di riformarla integralmente, previa sospensione della sua efficacia esecutiva, accogliendo l'opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo n. 3108/2015 e condannando ### al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio da distrarre in favore del difensore dichiaratosi antistatario. 
Si è costituita ### la quale ha chiesto di dichiarare l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art. 348 bis c.p.c., perché privo di una ragionevole probabilità di accoglimento, e nel merito di rigettare integralmente l'impugnazione, in quanto infondata, con integrale conferma dell'appellata sentenza. 
Con ordinanza depositata il ###, resa a scioglimento della riserva assunta all'udienza di prima comparizione, è stata accolta l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, fatta salva ogni più approfondita valutazione in sede decisoria delle questioni prospettate dall'appellante, e la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni fissando un'udienza poi sostituita dalla concessione di un termine perentorio per deposito telematico di note scritte ai sensi dell'art. 127-ter c.p.c. 
Scaduto il termine per il deposito di tali note, il cui contenuto è stato trascritto in epigrafe, ed acquisito il fascicolo di primo grado, la causa è stata introitata in decisione disponendo il deposito delle difese finali nei termini di cui all'art. 190 c.p.c. ridotti a complessivi sessanta giorni (40 gg. per le comparse conclusionali e 20 gg. per le memorie di replica). 
§§§§§§ In via del tutto preliminare va evidenziato come la facoltà del giudice di emettere un'ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità dell'appello ex art. 348 bis c.p.c., ossia per assenza di una ragionevole probabilità di accoglimento dello stesso, in base a quanto previsto dall'art. 348 ter co. 1 c.p.c. va necessariamente esercitata in prima udienza all'esito delle verifiche previste dall'art. 350 co. 2 c.p.c. e prima di dare ingresso alla trattazione. In ipotesi di compimento di dette verifiche con rinvio della causa ad altra data, come è avvenuto nel caso di specie, tale possibilità resta dunque definitivamente preclusa e non è più possibile definire la lite con un'ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità che, se adottata successivamente, risulterebbe affetta da nullità per violazione della legge processuale (cfr. in termini cass. n. 10409/2020 e n. 4696/2016). 
Ciò premesso, occorre procedere al vaglio dei primi due motivi dell'appello proposto da ### che risultano suscettibili di esame congiunto perché tra loro intimamente connessi. Assume in primo luogo l'appellante che il tribunale ha mal interpretato la propria narrazione dei fatti, la quale non è per nulla contraddittoria, pervenendo al rigetto dell'opposizione benché la controparte non abbia fornito alcuna prova dell'esistenza del rapporto contrattuale posto a base della sua pretesa creditoria e dell'effettuazione delle prestazioni di cui è richiesta la remunerazione su dei cavalli di proprietà dell'ingiunto. 
Nessuna contraddittorietà sarebbe infatti ravvisabile nelle difese del ### il quale, con l'atto di opposizione, affermava a chiare lettere di non aver mai conferito incarichi alla dottoressa ### e di non aver mai autorizzato né ratificato in via successiva le attività elencate nelle parcelle depositate limitandosi, in via successiva, a riconoscere che l'opposta, nel solo anno 2010, aveva eseguito delle prestazioni su alcuni dei propri cavalli per le quali era stata già retribuita e che non coincidevano con quelle di cui era chiesto il pagamento. 
Deduce l'appellante che ad essere affetta da contraddittorietà ed incoerenza è invece la sentenza impugnata in quanto il giudice ha effettuato due valutazioni diametralmente opposte e tra loro antitetiche delle proprie difese. Con l'ordinanza adottata in data ### il tribunale aveva infatti rigettato l'avversa richiesta di concessione della provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo rilevando che “con la proposta opposizione parte attrice ha contestato la stessa sussistenza del rapporto contrattuale posto a base dell'azionato credito, il cui onere probatorio non può che ricadere in capo a parte convenuta (attrice in senso sostanziale nel presente giudizio di opposizione)” mentre con la sentenza finale il tribunale ha immotivatamente ribaltato la propria valutazione dei fatti narrati in citazione con ciò minando in nuce la logicità della propria decisione. 
Con riferimento all'appartenenza dei cavalli su cui erano state eseguite le prestazioni il giudice aveva poi motivato in modo assolutamente incomprensibile la propria decisione perdendo di vista la circostanza fondamentale che era l'opposta a dover dimostrare l'esistenza di un tale collegamento. 
Prosegue l'appellante affermando che il giudice ha sindacato in maniera del tutto arbitraria la propria strategia processuale traendo da essa degli elementi probatori a favore dell'opposta del tutto inesistenti. 
Non era infatti sindacabile la propria scelta difensiva di non depositare le memorie di cui all'art. 183 co.  6 c.p.c. in quanto: a) dalle difese svolte dall'opposta con la comparsa di risposta non erano emersi elementi tali da condurre ad una precisazione delle proprie eccezioni, difese e conclusioni attraverso la redazione della prima di dette memorie; b) la redazione della seconda memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. era stata ritenuta superflua nella piena consapevolezza che l'onere della prova gravava sulla controparte a fronte della negazione dell'esistenza del rapporto contrattuale: c) la terza memoria di cui all'art. 183 co. 6 c.p.c. non era stata redatta ritenendo la prova diretta articolata ex adverso del tutto conferente al fine di pervenire all'accertamento dei fatti di causa. 
Quanto poi alla mancata comparizione all'udienza del 16.10.2017, fissata per il raccoglimento del proprio interrogatorio formale, essa era dipesa dalla mancata ricezione da parte del difensore costituito, a causa di un disguido tecnico, della PEC di comunicazione dell'ordinanza resa fuori udienza con cui, sciogliendo la riserva, il tribunale ammetteva il suddetto mezzo istruttorio. 
Tale circostanza era stata fatta presente al giudice nell'udienza immediatamente successiva, con contestuale richiesta di procedere all'assunzione dell'interrogatorio, ma, ciò nonostante, il tribunale aveva deciso in confermare la precedente ordinanza con cui aveva disposto il rinvio della causa per la precisazione delle conclusioni “ritenuto superfluo procedere all'ulteriore istruzione della causa, stante la detta mancata comparizione e la causa matura per la decisione”. 
La scelta di non depositare la comparsa conclusionale, anch'essa incensurabile, era infine dipesa dal fatto che nessuna attività istruttoria era stata posta in essere nell'intero corso del giudizio per cui le argomentazioni e le conclusioni contenute nell'atto introduttivo sarebbero state pedissequamente ripetute. 
Erronea era stata, infine, l'applicazione del disposto dell'art. 232 c.p.c. che recita: “Se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere senza giustificato motivo, il collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio”. 
Nel caso di specie l'opponente aveva infatti non solo rappresentato al giudicante il motivo per cui non era comparso a rendere l'interrogatorio nell'udienza all'uopo fissata ma aveva anche dichiarato la propria disponibilità ad essere ascoltato per cui la sua audizione era necessaria, in vista della ricerca della verità dei fatti, e non risultava preclusa (non trattandosi di un'istanza istruttoria tardiva) né avrebbe nuociuto alla celerità del processo dal momento che lo stesso giudice, per esigenze di ruolo, non introitava immediatamente la causa in decisione ma fissava un'altra udienza di precisazione delle conclusioni. 
La mancata comparizione dell'interrogando, per giurisprudenza unanime, costituiva poi solo un elemento integrativo per la prova dei fatti dal momento che l'art. 232 c.p.c. non ricollega a tale condotta l'effetto di una confessione ma dà solo al giudice la facoltà di ritenere ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio imponendogli, al contempo, di valutare ogni altro elemento di prova. 
La mancata comparizione non può dunque assurgere ad unico elemento di prova fondante la decisione, come sarebbe avvenuto nel caso di specie. Ciò in quanto il contegno processuale e la strategia difensiva delle parti, costituendo espressione del diritto di difesa tutelato dall'art. 24 della ### devono risultare liberi da ogni condizionamento con conseguente impossibilità di essere utilizzati dal giudice quali elementi di prova per la decisione della causa. 
Nessun elemento di prova potrebbe, infine, essere tratto dalla pretesa contraddittorietà della citazione e dal comportamento tenuto dall'opponente prima dell'istaurazione del giudizio (mancata contestazione delle e- mail e delle altre richieste stragiudiziali di pagamento ricevute) in quanto tali fatti sono stati valutati in maniera contrastante dallo stesso tribunale che, nel rigettare dell'istanza di provvisoria esecuzione, non ha ravvisato alcuna contraddizione nell'atto di opposizione e tanto meno nella condotta tenuta ante causam dal ### §§§§§§ Le censure sin qui esposte risultano del tutto infondate imponendosi la piena conferma della sentenza di rigetto dell'opposizione a decreto ingiuntivo. 
Sul punto occorre innanzi tutto evidenziare come l'esistenza di una discrasia tra le valutazioni alla base dell'ordinanza del 21.07.2016, che ha rigettato la richiesta di concessione della provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo assegnando alle parti i termini di cui all'art. 183 co. 6 c.p.c., e la sentenza impugnata, che ha respinto l'opposizione confermando il provvedimento monitorio, non costituisce un elemento destinato ad inficiare la decisione finale, aprioristicamente tacciata dall'appellante di “evidente contraddittorietà ed incoerenza” per aver “effettuato due valutazioni diametralmente opposte e antitetiche”. 
Il principio di cui all'art. 177 co. 1 c.p.c., secondo il quale “le ordinanze, comunque motivate, non possono mai pregiudicare la decisione della causa” comporta, infatti, l'impossibilità di attribuire valore decisorio alla soluzione di una determinata questione affrontata e risolta con il provvedimento ordinatorio in quanto detta soluzione si traduce in un antecedente logico del provvedimento stesso, non rilevante autonomamente ma solo ai fini delle disposizioni istruttorie da rendere, quale che sia la consistenza e la diffusione della motivazione alla base dell'ordinanza (cfr. in termini già cass. n. 5812/1982). 
Le ordinanze emesse nel corso del giudizio hanno, in altri termini, un'efficacia del tutto provvisoria e non comportano alcun effetto preclusivo, in quanto adempiono ad una funzione meramente strumentale rispetto alla decisione finale, con la conseguenza che il giudice del merito, pur in presenza di tali ordinanze, può sempre revocarle e modificarle, anche per implicito e pure se si tratta di ordinanze irrevocabili ex art. 177 co. 3 c.p.c.  (essendo le stesse, comunque, insuscettibili di acquisire autorità di giudicato), fondando il proprio convincimento finale su elementi sopravvenuti rispetto alla loro adozione (cfr. ex multis cass. n. 11183/2000, cass. n. 1596/2007 e cass. n. 1148/1982). 
Ciò è proprio quanto risulta essersi verificato nella fattispecie in esame non potendosi considerare privo di ogni rilevanza il corso del processo successivo all'adozione dell'ordinanza del 21.07.2016 che ha condotto all'acquisizione di ulteriori elementi di giudizio suscettibili di condurre ad un diverso e più meditato apprezzamento anche dei dati iniziali.  ### di tali elementi è senz'altro la mancata comparizione dell'opponente all'udienza del 16.10.2017 per rendere l'interrogatorio formale a lui deferito dall'opposta con la seconda memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. ed ammesso con ordinanza resa fuori udienza il ###. 
A tal proposito, va innanzi tutto evidenziato come non sia affatto vero che l'assenza dell'interrogando all'udienza fissata per l'assunzione del mezzo di prova sia dipesa dalla mancata ricezione, da parte del suo difensore, della PEC di comunicazione dell'ordinanza ammissiva a causa di un disguido tecnico. 
Dalla consultazione del P.C.T. risulta, infatti, che l'ordinanza di ammissione dell'interrogatorio e di fissazione dell'udienza deputata alla sua assunzione è stata ritualmente comunicata in data ### all'avv.  ### difensore anche in primo grado di ### Allo stesso modo non è affatto vero che la verificazione di tale disguido sia stata fatta presente al giudice nell'udienza immediatamente successiva, fissata per la precisazione delle conclusioni e tenutasi il ###, in cui la difesa del ### chiedeva procedersi al raccoglimento dell'interrogatorio del suo assistito. 
Il contenuto di detto verbale di udienza è infatti, testualmente, il seguente: “### 09 luglio 2018, alle ore 10:43, innanzi al Giudice, dott…sono comparsi: per parte attrice-opponente, ### l'Avv. ### il quale preliminarmente chiede di procedersi all'interrogatorio formale dell'opponente che si dichiara disposto a sottoporsi allo stesso; per parte convenuta-opposta, ### l'Avv. ### per delega dell'Avv. ### e dell'Avv. ### il quale impugna la richiesta formulata da controparte e chiede confermarsi i precedenti provvedimenti dell'istruttore, chiedendo confermarsi il rinvio della causa per la precisazione delle conclusioni. 
Il Giudice preso atto di quanto precede, rilevato che parte attrice non ha dedotto alcun legittimo impedimento a comparire alla precedente udienza del 16 ottobre 2017, fissata per l'interrogatorio formale dello stesso; rilevato l'elevato numero di cause già incamerate in decisione, e da incamerare nell'immediato, di più risalente iscrizione a ruolo rispetto al procedimento in epigrafe indicato, rinvia la causa, per la precisazione delle conclusioni, all'udienza del 13 dicembre 2018”. 
Resta dunque confermato che la mancata comparizione del ### all'udienza del 16.10.2017 non fu giustificata con conseguente applicabilità dell'art. 232 c.p.c. che recita: “Se la parte non si presenta o rifiuta di rispondere, senza giustificato motivo, il collegio, valutato ogni altro elemento di prova, può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio”. 
Non è inoltre condivisibile l'assunto dell'appellante secondo cui la comparizione dell'interrogando all'udienza successiva a quella immotivatamente disertata avrebbe dovuto indurre il tribunale ad assumere ugualmente l'interrogatorio non essendosi verificata alcuna preclusione e non nuocendo una tale opzione alla celerità del processo dal momento che il giudice, per esigenze di ruolo, fissava in ogni caso un'udienza in prosieguo conclusioni. 
Accedere ad una tale tesi equivarrebbe, infatti, a rendere le parti arbitre delle sorti del processo conferendo loro il potere di determinare “ad libitum” la sua regressione ad una fase ormai esaurita e di modificare, senza alcuna oggettiva giustificazione, gli effetti processuali di condotte già tenute sulla base di un calcolo di mera convenienza effettuato a posteriori. 
E' infatti indubitabile che il ripensamento alla base della scelta del ### di comparire in un'udienza successiva a quella ingiustificatamente disertata sia motivato dal tentativo di “correre ai ripari” dopo la lettura dell'ordinanza del 16.10.2017 con cui il giudice, dato atto del suo mancato interrogatorio, riteneva superfluo procedere all'ulteriore istruzione della causa (con assunzione anche della prova testimoniale articolata dall'opposta sugli stessi capi ed ammessa con ordinanza del 03.03.17) giudicando la causa matura per la decisione e fissando, perciò, l'udienza di precisazione delle conclusioni. 
Ciò premesso, occorre osservare come la valutazione ex art. 232 c.p.c. della mancata risposta all'interrogatorio formale rientra nell'ampia facoltà del giudice di merito di desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel processo ai sensi dell'art. 116 c.p.c. Più in particolare, il giudice può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio, quando la parte non si presenti a rispondere senza giustificato motivo, procedendo alla valutazione di ogni altro elemento probatorio che non deve risultare “ex se” idoneo a fornire la prova del fatto contestato poiché, in tal caso, sarebbe superflua ogni considerazione circa la mancata risposta all'interrogatorio, ma deve soltanto fornire elementi di giudizio integrativi, idonei a determinare il convincimento dei giudice sui fatti dedotti nell'interrogatorio medesimo (cfr. così cass. 10494/2006 e cass. n. 10099/2013). 
Già in forza di tale principio appare evidente l'infondatezza dell'assunto dell'appellante secondo cui “il contegno processuale e la strategia difensiva posta in essere da ciascuna delle parti, rientrando nelle facoltà del diritto di difesa, costituzionalmente garantito dall'art. 24 della Costituzione…non possono assurgere ad elementi di prova utilizzati dal giudice per determinare la propria decisione della causa”. È infatti lo stesso art.  116 co. 2 c.p.c. ad affermare che “Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli danno a norma dell'articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinato e, in generale dal contegno delle parti stesse nel processo”. 
Il comportamento processuale delle parti ben può dunque essere valutato ai fini decisori potendo anche costituire l'unica, sufficiente fonte di convincimento del giudice, e non già solo un mezzo di valutazione degli elementi probatori già acquisiti al processo, con possibilità per il giudicante di trarre elementi di convincimento, ai fini dell'accertamento dei fatti controversi, anche dalle contraddizioni che si colgono nell'assunto difensivo di uno dei soggetti della lite e dalla circostanza che, con riferimento all'oggetto del processo, siano state ammannite successivamente versioni diverse, in violazione del dovere di lealtà e probità, espressamente sancito dall'art 88 c.p.c. (cfr. così cass. n. 2815/2006). Anche un contegno processuale particolarmente lassista può dunque essere sintomatico del fatto di non aver argomentazioni da contrapporre alle asserzioni avversarie. 
Non ci si può esimere a questo punto dal rilevare che i capi di interrogatorio ammessi avevano ad oggetto circostanze determinanti ai fini della decisione della controversia. Con essi l'opposta aveva infatti inteso provare i seguenti fatti: “1) Vero che nel triennio 2010/2012 il sig. ### titolare dell'### denominata “###”, sita in ####, località ### n. 38, ha operato, in qualità di uomo di fiducia, ovvero, come mandatario con rappresentanza del sig. ### per quanto concerne la cura degli equini in appresso indicati: a) ####; b) ### '12 ###, successivamente rinominato ### c) ####; d) ####; e) ####; f) AMANDRA ###; g) ####; h) ####; i) ####; ####. 2) Vero che nel triennio 2010/2012 il sig. ### Giuseppe…in nome e per conto del sig. ### ha incaricato la Dr.ssa ### di occuparsi delle fattrici e dei puledri menzionati nelle note pro-forma n. 1 del 10/8/2010 (doc 1), n. 1 del 18/7/2011 (doc 2) e n. 1 del 10/7/2012 (doc 3), che si rammostrano, dopo aver concordato con la stessa la natura e i corrispettivi delle prestazioni che la professionista avrebbe ed ha reso. 3) Vero che tutte le prestazioni professionali dettagliatamente indicate nelle note pro-forma della Dr.ssa ### n. 1 del 10/8/2010 (doc 1), n. 1 del 18/7/2011 (doc 2) e n. 1 del 10/7/2012 n. 1 del 10/8/2010 (doc 1), n. 1 del 18/7/2011 (doc 2) e n. 1 del 10/7/2012, che si rammostrano, sono state richieste alla Dr.ssa ### ed autorizzate, nel triennio 2010-2012, dal sig. ### in nome e per conto del sig. ### presso l'### denominata “###” sita in ####, località ### n. 38”. 
Dette circostanze, come correttamente ritenuto dall'autore della sentenza impugnata, possono ritenersi ammesse alla luce dei seguenti elementi integrativi di giudizio: A) il carattere volutamente vago, ambiguo, sfuggente e sostanzialmente contraddittorio delle difese svolte dall'opponente che da un lato nega in radice di aver conferito incarichi veterinari alla dr.ssa ### di aver autorizzato le sue attività o di averle ratificate e, dall'altro: 1. afferma di aver effettuato dei pagamenti in contropartita di talune sue prestazioni professionali riferibili all'anno 2010 che, tuttavia, sarebbero diverse da quelle per cui si è agito in via monitoria (senza però chiarire quali esse siano); 2. riconosce di servirsi, quale persona di fiducia per la cura dei propri animali, del sig.  ### al quale, dopo la ricezione della richiesta di pagamento avanzata dall'opposta con mail dell'23.11.2011, avrebbe chiesto una conferma delle prestazioni eseguite dalla dr.ssa ### rispondendo, dopo averla ottenuta, con la e-mail del 23.11.2011 che recita: “### al più presto cercherò di inviarLe un acconto sui pagamenti da ### giustamente, sollecitati. Purtroppo è un periodo lungo di grande difficoltà, ovviamente questa non è una giustificazione! Sto provvedendo alla dismissione di un bene per far fronte alla sopravvenuta scarsa liquidità. Ricambio i cordiali saluti e spero quanto prima di darle buone notizie”. B) la confessione parziale indubbiamente insita in tale e-mail che, contrariamente a quanto assume l'appellante, non può intendersi riferita solo ad alcune prestazioni del 2010 dal momento che essa è stata redatta in risposta alla e- mail della dr.ssa ### dell'11.11.2011 che recita: ### Avv. ### Le invio in allegato le proforma di parcella relative la mia prestazione professionale della stagione 2010 e 2011, purtroppo mi trovo costretta a sollecitarle il pagamento…”. C) la stessa esistenza di detti pagamenti parziali; D) il fatto che il ### non abbia avvertito l'esigenza di replicare, redigendo la prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c., all'affermazione contenuta nella comparsa di risposta avversaria secondo cui il sig. ### operava come suo mandatario con rappresentanza e tanto meno di articolare una prova contraria rispetto a tale circostanza con la seconda o la terza memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c., nonostante la prova diretta richiesta sul punto dalla dr.ssa ### con la conseguenza che il fatto può ritenersi addirittura pacifico. E) il fatto che il ### benché pienamente consapevole di quali siano i propri cavalli, non li abbia puntualmente individuati, negando espressamente di aver mai commissionato prestazioni relative ai restanti animali (che sono poi risultati di proprietà di suoi familiari), ma abbia preferito assumere un atteggiamento sfuggente trincerandosi dietro la vaga affermazione che “soltanto alcuni dei cavalli indicati dall'odierna opposta nella specifica delle competenze professionali richieste e vidimate dal Consiglio dell'Ordine di appartenenza sono effettivamente di proprietà dell'odierno opponente”.   Per nulla incomprensibile è, infine, l'affermazione del tribunale secondo cui “essendo stato dedotto in giudizio un mero rapporto obbligatorio, non era affatto necessario che fosse stato inequivocabilmente dimostrato un rapporto giuridico di natura reale tra i cavalli presi in cura dall'opposta e l'opponente stesso”. 
Ai fini della legittimazione a contrarre un'obbligazione che prevede come contropartita l'esecuzione di una prestazione afferente a un determinato bene, quale è appunto un animale, non è infatti necessario esserne il proprietario né chi si è obbligato al pagamento della prestazione richiesta può opporre alla controparte negoziale la propria mancanza di titolarità di un diritto reale sulla cosa per sottrarsi all'adempimento degli obblighi nascenti dal contratto concluso (cfr. ad es. cass. n. 3121/1999 e n. cass. 27910/2023 che escludono la necessaria coincidenza tra chi stipula un contratto di appalto o di locazione ed il proprietario del bene locato o su cui l'appaltatore deve intervenire). 
§§§§§§ Con il terzo ed ultimo motivo di gravame l'appellante deduce che il giudice di primo grado ha interpretato in maniera distorta l'art. 96 co. 3 c.p.c. trattandosi di una disposizione normativa che - a detta dell'appellante - sarebbe “assolutamente inconferente alla fattispecie che ci occupa” in quanto il ### “non ha dato impulso ad un'azione giudiziaria, bensì si è difeso da un provvedimento giudiziale notificatogli dall'odierna appellata”.  ### l'appellante, inoltre, la proposizione dell'opposizione a decreto ingiuntivo non potrebbe ritenersi connotata da colpa grave tant'è che lo stesso tribunale, con l'ordinanza del 21.07.2016, riteneva la stessa non infondata rigettando la richiesta di concessione della provvisoria esecuzione al provvedimento monitorio.   Anche tale motivo deve essere rigettato perché infondato. Se infatti i requisiti della mala fede e della colpa grave, pur se richiamati dal solo comma 1 dell'art. 96 c.p.c., devono ritenersi estesi anche alla diversa ipotesi di cui al comma 3 della disposizione normativa in parola, come ripetutamente affermato dalla Suprema Corte anche a ### (cfr. Cass. S.U. n. 22405/2018), appare evidente che tale estensione operi con riferimento all'intero inciso del comma 1 che recita: Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o con colpa grave”. Ciò a maggior ragione se si considera la ratio della condanna ex art. 93 co. 3 c.p.c. che, come chiarito dalla pronuncia di legittimità innanzi richiamata, “è volta a salvaguardare finalità pubblicistiche, correlate all'esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi nonché interessi della parte vittoriosa a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall'art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso della potestas agendi”.   È infatti evidente come un abuso della potestas agendi possa realizzarsi sia attraverso la promozione di un giudizio senza il doveroso impiego di quella diligenza che consenta di avvertire agevolmente l'infondatezza della propria domanda che attraverso una resistenza in giudizio meramente dilatoria e come anche quest'ultima possa pregiudicare l'interesse pubblicistico di evitare il proliferare ed il protrarsi di contenziosi privi di una valida ragion d'essere.   A parte quanto già chiarito in merito all'impossibilità che un'ordinanza istruttoria possa pregiudicare l'esito della lite, è infine indubbio che la natura meramente dilatoria di una resistenza in giudizio basata sulla negazione della pretesa creditoria avversaria possa essere compiutamente apprezzata solo all'esito del giudizio stesso valutando le sue risultanze.   Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo con riconoscimento dei compensi medi previsti, in relazione al valore della controversia, dal D.M. n. 147 del 13.08.2022.   Occorre infine dare atto dell'applicabilità, a carico di ### della sanzione prevista dall'art. 13 co.  1 quater D.P.R. 30.05.02 n. 115 che ha per oggetto il versamento, da parte di chi ha proposto un'impugnazione rigettata nel merito o dichiarata inammissibile, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione stessa.  P. Q. M.  La Corte di Appello di Napoli - ottava ### civile - con definitiva pronunzia sulla causa di appello di cui in narrativa, così provvede: 1) Rigetta l'appello proposto da ### avverso la sentenza del Tribunale di ### n. 836/2019 pubblicata il ###.  2) ### al rimborso delle spese del giudizio di appello sostenute da ### che si liquidano in € 5.809,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfettario in misura pari al 15% dei compensi ed accessori di legge.  3) Dà atto dell'applicabilità, a carico di ### di una sanzione di importo pari al contributo unificato dovuto per la proposizione dell'appello. 
Così deciso in Napoli, in camera di consiglio, il #### Dr. #### 

causa n. 2212/2019 R.G. - Giudice/firmatari: Cucciniello Carmen, Cocchiara Alessandro

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Tribunale di Salerno, Sentenza n. 1429/2024 del 14-03-2024

... service di ### chiamato direttamente dall'utente ed il veterinario dell'Asl di ### dottor ### il quale riferiva che l'animale da privo di microchip e si riservava di trasmettere al comando il verbale di constatazione e di smaltimento della carcassa. Veniva poi rilevato e precisato dagli stessi agenti della ### “…che al km 7.530 è regolarmente installata la recinzione perimetrale ma è inefficiente in quanto il passaggio degli animali può avvenire al di sotto della recinzione”. Limitatamente a tale circostanza, opera la disciplina dettata dall'art. 2700 c.c. in quanto l'inefficienza della recinzione è stata accertata dai ### intervenuti, non lasciando discrezionalità al giudicante sull'accertamento di tale fatto, che si considera causa unica dell'evento dannoso. Dal contenuto del suddetto verbale, unitamente all'esame della documentazione fotografica, è possibile ricondurre l'evento dannoso all'inidonea recinzione perimetrale che, nonostante la regolare installazione, consente il passaggio di animali al di sotto di essa, emergendo pertanto l'inevitabilità dell'evento dannoso. Di contro, se la recinzione perimetrale fosse stata efficientemente installata e custodita, avrebbe impedito (leggi tutto)...

testo integrale

###esito della camera di consiglio dopo la discussione orale lo scrivente pubblica la seguente sentenza ex art 281 sexies c.p.c. da intendersi facente parte integrante del verbale dell'odierna udienza del 14.03.24 R E P U B BL I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SALERNO - ### - Il Tribunale di Salerno, in composizione monocratica, in persona del giudice dr. ### all'esito della discussione orale nell'udienza del 14.03.24 ha pronunciato la seguente ### art 281 sexies c.p.c. a definizione della causa iscritta al numero n. 5118 del R.G. dell'anno 2022 vertente TRA ### nato a #### il 3 ottobre 1986, c.f.: ###, rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avv. ### presso il cui studio è elettivamente domiciliat #######, alla ### 88; - Attore - e ### in persona del legale rapp.te p.t. CF: ### con sede in ### alla ### 10 - ###, rapp.ta e difesa dall'avv. ### domiciliat ###atti; - Convenuta - ### S.r.l. , in persona del legale rapp.te p/t con sede in #### P.Iva.  ###, non costituita.  -terzo chiamato contumace - OGGETTO: risarcimento danni.  pag. 2/11 CONCLUSIONI: come da rispettivi atti introduttivi e note conclusionali.  MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, ### conveniva in giudizio ### S.p.a. per sentirla condannare al risarcimento di tutti i danni patiti a cagione dell'evento dannoso verificatori in ### il 25 novembre 2021, allorquando, mentre percorreva il raccordo autostradale ### (###), in direzione ### nei pressi della progressiva chilometrica 7+750 intorno alle ore 20:45, alla guida della ### targata ### di sua proprietà, impattava contro uno di alcuni cani comparsi sulla carreggiata da lui percorsa. 
Assumeva l'attore che a seguito dell'investimento provvedeva a richiedere l'intervento della ### la quale sopraggiungeva poco dopo ed effettuati i necessari rilievi, constatava il decesso dell'animale, accertava che a delimitare la carreggiata autostradale nei pressi del tratto in cui è avvenuto l'impatto (in particolare al km 7+530) vi era una recinzione atta a separare la carreggiata dal fondo attiguo, ma la stessa era inefficiente allo scopo in quanto consentiva l'attraversamento di animali dal di sotto di essa. 
A seguito dell'evento l'auto del sig. ### riportava danni a tutta la parte anteriore sinistra come descritta nel verbale stilato dalla ### Chiedeva, pertanto, la condanna nei confronti di ### S.p.A., ritenuta responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c., a risarcire il danno in misura di €. 5.900,00 o per l'importo maggiore o minore che dovesse risultare dovuto, oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi compensativi al saggio legale sul capitale oltre al rimborso delle spese di lite. 
Si costituiva in giudizio A.N.A.S. S.p.A. che eccepiva in primis il difetto di legittimazione passiva, deducendo che la responsabilità del sinistro era da attribuirsi alle ASL e/o ai ### competenti essendo, l'evento, causato da animale randagio; eccepiva nel merito l'infondatezza della domanda assumendo che il sinistro si verificava per caso fortuito derivante dalla presenza di animali randagi e prima che l'ente proprietario o gestore potessero intervenire, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata. Eccepiva, in subordine, l'assenza di responsabilità ex art. 2051 c.c., ed ulteriore subordine il concorso di colpa dell'attore ex art. 1227 comma 1 A supporto dell'eccezione di carenza di legittimazione passiva assumeva che la gestione e manutenzione del tratto di carreggiata de qua agitur era in capo alla ### pag. 3/11 S.R.L, in forza del contratto di appalto ### 2969 del 21 settembre 2021, del quale otteneva l'autorizzazione alla chiamata in causa ex art. 107 c.p.c., al fine di esserne manlevata in caso di accoglimento della domanda attorea. 
Autorizzata la chiamata in causa della ### S.R.L - che ritualmente evocata in giudizio, rimaneva contumace -, e, concessi i termini di cui all'art. 183 comma 6 c.p.c., lo scrivente giudicante, con ordinanza del 4 ottobre 2023, ritenuta superflua la prova orale richiesta da parte attrice, rinviava direttamente all'udienza del 14.03.24 per discussione orale e decisione ex art 281 sexies c.p.c. con autorizzazione al deposito di memorie conclusionali fino a 15 giorni prima.   Ricostruiti così i fatti di causa e l'iter processuale, la dinamica dell'evento è stata provata attraverso la documentazione allegata con particolare riguardo al verbale di accertamento redatto dalle autorità intervenute sul posto. 
Segnatamente, dall'analisi dei rilievi fotografici depositati da parte attrice e raffiguranti il tratto di strada teatro del sinistro, si evince effettivamente l'inefficiente recinzione perimetrale sul raccordo autostradale 5 ### (###), in direzione ### nei pressi svincolo ### progressiva chilometrica 7+750, che configura un'insidia idonea a far emergere la responsabilità dell'### S.p.A. deputata alla manutenzione della strada. 
A ciò si unisce il verbale di rilevamento di incidente stradale, prot. 25471/220.20 redatto dalla ### di ### il 25 novembre 2021 che assurge, rispetto alla circostanza della “inefficienza della recinzione perimetrale”, valore di prova privilegiata ai sensi dell'art. 2700 ### pubblico costituisce una prova legale, vincolando la valutazione del giudice e non lasciandogli alcuna discrezionalità nella decisione riguardante i fatti provati. Il documento fa "piena prova" della provenienza dal pubblico ufficiale che lo ha formato e del fatto che le dichiarazioni delle parti siano avvenute in sua presenza, tuttavia tale efficacia probatoria non si estende al vero e proprio contenuto delle dichiarazioni delle parti che possono perciò essere impugnate con la querela di falso. 
Orbene, gli agenti intervenuti sul posto accertavano che: “…il giorno 25 novembre 2021 verso le ore 20.45 ### alla guida della propria autovettura ### kadjar targata ga671jh percorreva il raccordo autostradale 05 proveniente da ### e distretto a ### Giunto nei pag. 4/11 pressi della progressiva chilometrica sette più 750 della carreggiata ### dove la strada si presenta in rettilineo è leggermente in discesa improvvisamente si trovava la corsia normale di marcia invasa da alcuni cani. Nonostante viaggiasse a velocità moderata non riusciva ad evitare l'impatto con uno di questi investendolo con la parte anteriore sinistra del veicolo nei pressi della striscia longitudinale di mezzeria. Il punto d'urto veniva individuato al chilometro 7.750 ove sulla sede stradale venivano rilevati parti di plastica di colore nero riconducibili al paraurti del veicolo e sulla banchina a ridosso della striscia longitudinale di margine sinistro l'animale esanime punto dopo l'urto il conducente proseguiva la marcia per fermarsi sulla banchina ed esattamente al km 7.200 dove controllava l'entità dei danni e chiamava i soccorsi. Nell'occorso Maggiore non riportava le lesioni. Sul posto interveniva il soccorso stradale car service di ### chiamato direttamente dall'utente ed il veterinario dell'Asl di ### dottor ### il quale riferiva che l'animale da privo di microchip e si riservava di trasmettere al comando il verbale di constatazione e di smaltimento della carcassa. 
Veniva poi rilevato e precisato dagli stessi agenti della ### “…che al km 7.530 è regolarmente installata la recinzione perimetrale ma è inefficiente in quanto il passaggio degli animali può avvenire al di sotto della recinzione”. Limitatamente a tale circostanza, opera la disciplina dettata dall'art. 2700 c.c. in quanto l'inefficienza della recinzione è stata accertata dai ### intervenuti, non lasciando discrezionalità al giudicante sull'accertamento di tale fatto, che si considera causa unica dell'evento dannoso. 
Dal contenuto del suddetto verbale, unitamente all'esame della documentazione fotografica, è possibile ricondurre l'evento dannoso all'inidonea recinzione perimetrale che, nonostante la regolare installazione, consente il passaggio di animali al di sotto di essa, emergendo pertanto l'inevitabilità dell'evento dannoso. Di contro, se la recinzione perimetrale fosse stata efficientemente installata e custodita, avrebbe impedito ad eventuali animali il superamento della stessa. 
Ciò posto, sotto il profilo della qualificazione della fattispecie, va innanzitutto detto che non può trovare ingresso, nel caso di specie, le disciplina della ### n. 281/1991, e 3 dell'11/04/2019 emessa dalla la ### in materia di randagismo, posto che la causa dell'evento va ravvisata unicamente nell'inefficienza della recinzione perimetrale che ha proprio l'obiettivo di impedire il passaggio di animali sulla carreggiata al fine di garantire la sicurezza degli automobilisti.  pag. 5/11 Tale fattispecie va viceversa ricondotta nell'ambito applicativo dell'art. 2051 c.c., in base all'orientamento giurisprudenziale più recente, per il quale la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall'art. 2051 cod. civ., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia: una volta provate queste circostanze, il custode, per escludere la sua responsabilità, ha l'onere di provare il caso fortuito, ossia l'esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale. Tuttavia, nei casi in cui il danno non sia l'effetto di un dinamismo interno alla cosa, scatenato dalla sua struttura o dal suo funzionamento (scoppio della caldaia, scarica elettrica, frana della strada o simili), ma richieda che l'agire umano, ed in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, essendo essa di per sé statica e inerte, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno.  ### hanno tuttavia chiarito che, la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva ed hanno escluso la responsabilità presunta (Cass. 2477/2018; 2483/2018; Cass. SS.UU. 20943/2022). La teoria della presunzione di responsabilità in capo al custode si fonda sul principio che, se la cosa fosse stata ben controllata, non avrebbe arrecato alcun danno. Detta teoria è ormai superata, in quanto la capacità di controllo e vigilanza sulla res non è un elemento costitutivo della fattispecie. Infatti, il custode può liberarsi dalla responsabilità fornendo la prova liberatoria che consiste nella dimostrazione del caso fortuito e non nella dimostrazione di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (come, invece, avviene in altre fattispecie, si pensi alla responsabilità per l'esercizio di attività pericolose (art. 2050 c.c.) e alla responsabilità per la circolazione dei veicoli (art. 2054 c.c.) ###. 2051 c.c. prevede l'esenzione di responsabilità del custode solo nell'ipotesi del caso fortuito che può dipendere da fatto naturale o del terzo, le cui caratteristiche sono l'imprevedibilità e l'inevitabilità da un punto di vista oggettivo, senza che assuma alcuna importanza la diligenza del custode. Il caso fortuito può derivare anche dalla condotta del danneggiato, allorché essa abbia un'efficienza causale nella produzione dell'evento. In altre pag. 6/11 parole, il comportamento del danneggiato esclude la responsabilità del custode allorché, da sola, abbia costituito l'unica causa per cui si è verificato il danno. 
La condotta del danneggiato, che entri in rapporto con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso. Si applica l'art.  1227 c. 1 c.c. a mente del quale, se il fatto colposo del danneggiato ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. In tal senso il comportamento del danneggiato viene in rilievo nella disposizione in commento quale dovere generalizzato di cautela riconducibile al principio di solidarietà (art. 2 Cost.). 
In particolare, questi ultimi concetti vanno intesi, come già chiarito dalla stessa Corte, non nel senso della assoluta impossibilità di prevedere l'eventualità di una condotta imprudente, negligente o imperita della vittima (che è, ovviamente, sempre possibile), ma nel senso del rilievo delle sole condotte “oggettivamente” non prevedibili secondo la normale regolarità causale, nelle condizioni date, in quanto costituenti violazione dei doveri minimi di cautela la cui osservanza è normalmente prevedibile (oltre che esigibile) da parte della generalità dei consociati e la cui violazione, di conseguenza, è da considerarsi, sul piano puramente oggettivo della regolarità causale (non quindi, con riferimento al piano soggettivo del custode), non prevedibile, né prevenibile. 
Su tali premesse, la Cassazione ha ribadito che la questione della soggettiva prevedibilità o meno della condotta colposa della vittima, in particolare da parte del custode, non entra affatto nella struttura logica e giuridica della fattispecie del caso fortuito, la quale opera esclusivamente sul piano oggettivo e causale. 
Merita di essere segnalata altresì la sentenza della Corte di ### 17443/2019 secondo cui «quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte dello stesso danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando lo stesso comportamento, benché astrattamente prevedibile, sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale».  pag. 7/11 Ora, rispetto all'effettiva dinamica del sinistro, come detto, il verbale di rilevamento di incidente stradale, prot. 25471/220.20 redatto dalla ### di ### il 25 novembre 2021, in uno ai rilievi fotografici prodotti dall'attore, sono sostanzialmente idonei ha dimostrare che l'attore, nella data e nell'arco temporale come precedentemente definito, nel percorrere il raccordo autostradale 5 ### (###), in direzione ### a moderata velocità, improvvisamente trovava sulla carreggiata alcuni cani che erano riusciti ad oltrepassare la recinzione perimetrale ivi posta perché inefficiente, e pertanto, non riusciva ad eludere l'impatto con uno dei predetti cani. 
E' emersa pertanto la responsabilità ex art 2051 c.c., posto che l'evento dannoso era imprevedibile e non tempestivamente evitabile. Parte attrice ha provato l'esistenza di una reale inefficienza della recinzione perimetrale del tratto di strada teatro del sinistro, quale causa dell'investimento dell'animale, ed ha dimostrato quindi il nesso causale, sia materiale che fonda la responsabilità del custode e quindi l'illecito, sia giuridico descrittivo della responsabilità che configura il danno, tra la cosa in custodia e il danno ad essa conseguente. 
Di contro, la convenuta non ha fornito la prova liberatoria del caso fortuito che avrebbe, ai sensi dell'art. 1227 cc, interrotto il nesso causale tra cosa e danno, limitandosi ad eccepire la propria legittimazione passiva e, genericamente, l'infondatezza in fatto dell'evento cosi come descritto nell'atto introduttivo. 
In particolare, l'improvvisa invasione della carreggiata da parte dei cani non può essere considerato come un caso fortuito, ossia come evento esterno alla sfera d'azione del custode e come tale del tutto eccezionale, imprevedibile e non prevenibile, poiché essa è dipesa da colpa del custode del tratto dell'autostrada e precisamente dalla installazione di una recinzione stradale inefficiente che consentiva per l'appunto agli animali di passarvi al disotto. 
Si perverrebbe allo stesso risultato anche configurando la responsabilità dell'### come illecito aquiliano ex art 2043 c.c. Infatti parte attrice ha assolto ai propri oneri probatori con la documentazione allegata (foto dell'auto danneggiata; fattura dei costi sostenuti per la riparazione; verbale dei pubblici ufficiali) e dal rapporto già più volte menzionato emerge anche l'elemento soggettivo della responsabilità extracontrattuale della società che gestiva il tratto autostradale, ossia la colpa di non aver collocato una recinzione stradale idonea ad impedire agli animali di raggiungere la carreggiata dell'autostrada.  pag. 8/11 Occorre adesso soffermarsi sulla questione della legittimazione passiva dei convenuti citati in giudizio al fine di individuare il soggetto su cui deve gravare l'obbligazione risarcitoria. 
A tale scopo giova evidenziare che ### S.p.A. ha in concessione la gestione della rete stradale nazionale, come disciplinata dal decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 461 così come modificato dal D.P.C.M. del 21 settembre 2001 e da altri provvedimenti successivi, provvedendo anche alla manutenzione, della rete viaria di interesse nazionale, o meglio strade statali e di autostrade, svincoli e strade di servizio, tra cui svincoli e complanari, ovvero strade di servizio e allacci stradali della propria rete che permettono il raccordo tra la viabilità statale e locale. Ne consegue che il raccordo autostradale 5 ### (###), progressiva chilometrica 7+750, direzione ### teatro del sinistro, è di proprietà di A.N.A.S alla quale compete pertanto il compito garantire le migliori condizioni di sicurezza per i clienti e conservare efficienti nel tempo le infrastrutture. (cfr. contratto di appalto ### 2969 del 21 settembre 2021). 
La stipula di un contratto di appalto non è una causale di esenzione di responsabilità del custode, poiché, diversamente, si eluderebbe la funzione della disciplina della responsabilità per i danni causati dalle cose prevista dall'art. 2051 c.c. Invero l'appalto a terzi non comporta la perdita della custodia della res ma è un modo di esercizio di quest'ultima. Merita sul punto di essere evidenziata la sentenza della Corte di ### del 17 marzo 2021 n. 7553 che ha ribadito il principio ormai consolidato secondo cui “…il committente sia sempre gravato della responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. nei confronti dei terzi che subiscano dei danni a seguito dell'esecuzione del contratto di appalto. La consegna dell'immobile all'appaltatore, ai fini dell'esecuzione delle opere stesse, non esclude la custodia del bene. Infatti, l'unico limite per tale forma di responsabilità è rappresentato dal caso fortuito…”; pertanto, legittimato passivo è senza dubbio ### S.p.A., responsabile dell'evento di cui è causa, gravando su di essa l'obbligo di custodia delle strade nelle rispettive aree di competenza. 
Analizzando il contratto di appalto intercorso tra ### S.p.A. e ### S.r.l. (Rep.  2969 del 21 settembre 2021) avente ad oggetto ### di ### per il ripristino della rete di recinzione autostradale in tratti saltuari lungo il R.A. 05 “### - Potenza” ### 2021, si rileva che i lavori interessanti l'intero tracciato autostradale, in esso compreso il Km 7+750, direzione ### scenario del sinistro (### n. 10 produzione di pag. 9/11 parte convenuta), iniziavano in data ### e venivano ultimati in data ### come da Verbale di consegna lavori (### n. 11 e n. 12 produzione di parte convenuta) e ### di ultimazione dei lavori (### n. 13). 
Detto contratto di appalto prevedeva, tra le altre cose, all'art. 12 che “### tiene indenne ### S.p.A. da ogni responsabilità per danni a persone ed a cose, sia per quanto riguarda i propri dipendenti ed i materiali di sua proprietà, sia per quanto riguarda i danni che esso dovesse arrecare a terzi in conseguenza dell'esecuzione dei lavori e delle attività connesse e, in ogni caso, per qualunque altro rischio di esecuzione da qualsiasi causa determinato. ### assume altresì la responsabilità per i danni subiti da ### S.p.A. a causa del danneggiamento o della distruzione totale o parziale di impianti ed opere, anche preesistenti, verificatisi nel corso della realizzazione dei lavori. 
Orbene, dall'analisi della documentazione depositata dalla convenuta, il diritto di ### S.p.A. di essere manlevata e tenuta indenne da ogni responsabilità per i danni a terzi, è stato provato considerato che il sinistro per cui è causa si verificava il ###, ed il contratto di appalto aveva ad oggetto, tra le altre cose l'obbligo dell'appaltatore (### S.r.l.) di tenere indenne il committente (### S.p.A.) da ogni responsabilità per danni a terzi. 
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, la responsabilità nei confronti dell'attore, ### per l'evento dannoso rimane in capo all'### quale custode del tratto stradale, ma stante il rapporto interno di garanzia tra la predetta società e l'appaltatore, quest'ultimo è tenuto a tenerla indenne e quindi ad eseguire concretamente l'obbligazione risarcitoria in favore dell'utente stradale danneggiato. 
Passando all'analisi del quantum debeatur, dalla documentazione versata in atti, risulta che l'autovettura ### targata ### di proprietà dell'attore (come da verbale di rilevamento di incidente stradale, prot. 25471/220.20 in atti) subiva dei danni, quantificati in € 5.900,00 come da fattura ###/### del 21 dicembre 2021 emessa da ### e figli s.r.l. (allegato 3 produzione parte attrice) bonifici di pagamento del 20 dicembre 2021 e 7 febbraio 2022 (allegato 4 produzione parte attrice); in particolare danni paraurti risultato spaccato, faro sx fuori sede, parafango sx introflesso, mascherina rotta, passaruota asportato, cofano motore leggermente introflesso (danni per altro documentati con foto scattate dalla ### allegate al verbale di rilevamento di sinistro in atti).  pag. 10/11 In assenza di specifiche contestazioni da parte dei convenuti, si ritiene di poter prendere in considerazione tale fattura come fonte di prova, in quanto sostenuta dalle due ricevute di bonifico prodotte da parte attrice idonee a dimostrare l'effettivo pagamento. 
Merita di essere segnalata sul punto la sentenza della Corte di ### civile, sez. VI, del 12/02/2018 n° 3293, che conferma la giurisprudenza ormai consolidata sul punto, secondo cui: “in caso di sinistro stradale, la fattura del carrozziere prodotta in giudizio non è sufficiente a dimostrare il danno cagionato al veicolo incidentato, tanto più se proviene dalla stessa parte che intende utilizzarla e se non è accompagnata da una quietanza. Inoltre, la mera dizione di “quietanza” apposta sulla fattura non dimostra che il pagamento sia stato effettuato; a tal fine, occorre allegare la prova dell'effettiva dazione del dovuto”; prova che risulta offerta dall'attore. 
Sulle somme liquidate andranno poi calcolati gli interessi legali sulle somme spettanti per il risarcimento espresse all'attualità, dalla pubblicazione della sentenza al saldo, nonché sulla minor somma risultante dalla loro divisione per il coefficiente ### corrispondente alla data del fatto (25.11.2021), via via annualmente rivalutata sulla base degli stessi indici, con esclusione degli interessi sugli interessi legali, a far data dal giorno del fatto a quello delle pronuncia. 
Le spese di lite, seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.  P.Q.M.  Il Tribunale di #### in persona del Giudice dott. ### definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da ### ogni contraria istanza ed eccezione rigettata e/o disattesa, così definitivamente provvede: ### accertamento della responsabilità ex art 2051 c.c. dell'### per il sinistro verificatosi il 25 novembre 2021, accoglie la domanda attorea e per l'effetto condanna l'### S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore dell'attore della somma di € 5.900,00 a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali, oltre interessi e rivalutazione come da parte motiva; H in accoglimento della domanda di manleva formulata dall'### nei confronti della ### S.r.l, dispone che quest'ultima sia tenuta ad eseguire a favore dell'attore l'obbligazione risarcitoria di cui al capo precedente in luogo dell'#### altresì la ### S.r.l - obbligata in manleva dell'### S.p.A. - in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento, in favore dell'attore pag. 11/11 delle spese di lite che si liquidano in 264,00 per spese vive ed € 2.540,00 per compensi professionali forensi, oltre rimborso forfettario di spese generali in misura del 15%, IVA e CPA come per legge da calcolarsi sull'onorario; Così deciso in ### 14 marzo 2024 

IL GIUDICE
Dr. ###


causa n. 5118/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Gustavo Danise

M

Tribunale di Perugia, Sentenza n. 49/2023 del 21-02-2023

... dell'### di ### prevede che l'### “…si dota di un ### veterinario per l'espletamento dell'attività formativa teorico-pratica correlata al ### di ### di ### ai sensi delle vigenti disposizioni di legge…”, che dal punto di vista didattico si articola in dipartimenti (art. 37) e che fra gli organi dei dipartimenti vi sono i consigli di dipartimento ed il direttore. Il segretario amministrativo di dipartimento è tra i componenti del consiglio di dipartimento e partecipa alle sedute con funzioni consultive e di verbalizzazione (art. 38), coadiuva il direttore, provvede agli adempimenti necessari ad assicurare l'esecuzione delle delibere degli organi del dipartimento e ne è responsabile e che “…è altresì responsabile della gestione e dell'organizzazione amministrativa del dipartimento…” (art. 41). Il regolamento del ### di ### prevede che il ### è dotato di “…### (### e ### (###…il funzionamento, gli obiettivi e i rapporti di tali strutture con il ### sono definiti in appositi regolamenti…” (art. 1). Il regolamento dell'### definisce il nosocomio “…struttura con funzione di supporto alle attività didattiche del ### di ### ed eroga servizi veterinari clinici, (leggi tutto)...

testo integrale

### nome del Popolo italiano TRIBUNALE DI PERUGIA Sezione Lavoro Il Tribunale, in persona del Giudice del ### dott. ### nella causa civile n. 1022/2021 ###. Lav. Prev. Ass., promossa da ### (avv.ti #### e ### - ricorrente - contro UNIVERSITA' ### (avv.ra dello Stato) - resistente ha emesso e pubblicato, ai sensi dell'art. 429 c.p.c, all'esito dell'udienza del 21.2.2023, la seguente SENTENZA 1. ### si è rivolta a questo Tribunale, con ricorso depositato in data ###, per ottenere l'annullamento della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio irrogatale dall'### procedimenti disciplinari dell'### di ### alle dipendenze della quale presta servizio e la condanna dell'### al rimborso della retribuzione trattenutale nonché al risarcimento del danno all'immagine. 
La ricorrente ha riferito di essere stata punita per non avere vigilato - in qualità di segretario amministrativo del dipartimento di ### nel corso del biennio antecedente alla segnalazione del 9.10.2020 - sulla gestione amministrativocontabile dell'### (### e, in particolare, sulla fase di incameramento e contabilizzazione delle entrate provenienti dalle attività svolte per conto di terzi, concorrendo, in tal modo, a cagionare un ammanco quantificato “…in misura superiore ad € 221.000…”. Ha allegato che l'### è una struttura di supporto alle attività didattiche del ### di ### e che, in quanto tale, costituisce un “### gestionale”, destinato a raccogliere e contabilizzare le risorse acquisite nell'espletamento della propria attività ed ha aggiunto che la sua attività è coordinata da un comitato di gestione presieduto dal direttore sanitario e composto dai responsabili dei reparti, da un rappresentante del personale tecnico/amministrativo e dal segretario amministrativo di dipartimento o un suo delegato che partecipa alle sessioni con compiti consultivi, di verbalizzazione e coordinamento per dare attuazioni alle decisioni in materia amministrativo-contabile. 
Ha dato atto che l'### è munito di uno “sportello unico”, detto anche “accettazione”, affidato ad un responsabile, al quale è demandato il compito di espletare tutte le pratiche amministrative correlate ai servizi dell'### offerti all'utenza nonché di gestire e contabilizzare gli incassi “…con obbligo di corretta imputazione soggetta al controllo ed alla verifica da parte del ### di ### dell'Ateneo…” e che l'incarico in questione è stato ricoperto, sin dal 1.1.2014, da ###. Ha specificato che la responsabilità contabile descritta è associata ad una responsabilità materiale della gestione dell'incasso, giacché la ### è depositaria (unitamente alle collaboratrici ###### e ### delle chiavi della cassaforte in cui è custodito il denaro contante destinato ad essere depositato in banca. Ha allegato che il segretario del dipartimento di ### invece, deve provvedere agli adempimenti necessari ad assicurare l'esecuzione delle delibere degli organi di dipartimento e ne è responsabile e che l'organigramma pubblicato sul sito web mostra che l'### è retto dal ### di gestione e che non si evince alcuna relazione gerarchica tra il suo ufficio e quello della ### Ciò premesso, ha esposto che il ###, ha riferito al direttore del ### al ### e al direttore generale che, “…in occasione di una verifica condotta nel quadro delle attività di supporto…”, si era avveduta di ammanchi negli incassi riferibili alle fatture emesse dallo sportello unico dell'### Nel rispondere alla richiesta di precisazioni avanzata dal direttore generale, ha chiarito che era emerso che il responsabile dello sportello unico ### a decorrere dal 7.5.2020, aveva interrotto l'iscrizione nella contabilità “…della regolarizzazione per l'incasso delle fatture emesse per l'attività resa dall'### in favore di terzi per prestazioni di assistenza ospedaliera…”, che, a fronte del rifiuto dell'interessata di fornire spiegazioni plausibili, ulteriori controlli avevano fatto emergere che la stessa aveva imputato i pagamenti ricevuti per via telematica attraverso il c.d. POS nei primi mesi del 2020 alla regolarizzazione dell'incasso delle fatture contabilizzate negli ultimi mesi del 2019 e che i “sospesi” in giacenza erano di ammontare non sufficiente a regolarizzare l'incasso delle fatture che aveva emesso, quietanzato e non regolarizzato dal 7.5 al 30.9.2020. Gli ammanchi erano, pertanto, riferibili all'appropriazione indebita, da parte del responsabile dell'accettazione dell'### dei corrispettivi versati in contanti che avrebbe dovuto essere custoditi nella cassaforte e poi versati nel conto, per il biennio 2018-19 la situazione era sostanzialmente regolare e la ### centrale, con cui il responsabile dello sportello si relazionava, non aveva formulato alcun rilievo. Ha censurato la legittimità della sanzione irrogatale in quanto non esisteva, alla luce del “mansionario”, dell'organigramma estratto dal sito web e delle declaratorie contrattuali delle qualifiche di inquadramento, alcuna relazione gerarchica che onerasse il responsabile della segreteria di eseguire controlli sull'attività del responsabile dello sportello unico dell'### ha evidenziato che la segnalazione che aveva effettuato esulava da un dovere di controllo ed ha stigmatizzato la svalutazione, da parte dell'U.P.D., del mansionario e dell'organigramma che ella aveva prodotto. Ha, inoltre, prospettato l'illegittimità della sanzione per carenza di motivazione in quanto non erano state tenute in considerazione le giustificazioni addotte dalla dipendente e per violazione del termine perentorio previsto dal comma 4 dell'art. 55 bis del d.lgs. 165/2001.  2. Costituitasi con memoria depositata in data ###, l'### degli ### ha confutato il fondamento delle pretese avanzate dalla ricorrente difendendo la correttezza del proprio operato, ha evidenziato la carenza di allegazioni circostanziali a sostegno della domanda di risarcimento danni ed ha richiesto la cancellazione di alcune espressioni del ricorso ritenute sconvenienti ed offensive. 
L'### ha osservato che la vicenda trae origine da una segnalazione che la ### ha inviato alle ore 19.53 di venerdì 9.10.2020 al direttore generale e che ha registrato nel protocollo alle ore 21.17 e quindi in orario di chiusura degli uffici ed in giornata che precede la chiusura degli uffici medesimi per il fine settimana, sicché i fatti sono stati resi conoscibili solamente a partire dal successivo lunedì 12.10.2020 ed ha dato atto che pendono, per la vicenda in esame, un procedimento penale ed uno dinanzi alla ### giurisdizionale regionale della Corte dei ### per danno erariale e che sono stati aperti due procedimenti disciplinari separati, uno a carico della ### (sospeso in attesa di definizione del procedimento penale) in cui è stata prospettata l'ipotesi del licenziamento senza preavviso per appropriazione indebita e uno a carico della ricorrente per culpa in vigilando, concluso con l'irrogazione della sospensione dal servizio eseguita nel mese di luglio 2021 al rientro della dipendente da un periodo di assenza per malattia. 
Ha sostenuto, in primo luogo, che l'### non costituisce un centro gestionale come dimostrato dalla mancanza di provvedimenti istitutivi e di organizzazione delle modalità con cui detto organismo opera e che, di contro, lo statuto dell'### nonché il regolamento per l'amministrazione, la finanza e la contabilità chiariscono che si tratta di una mera articolazione interna di supporto al dipartimento di ### (cui afferisce senza distinzione il personale assegnato anche all'### e, in secondo luogo, che il segretario di dipartimento si trova in una posizione funzionale di tipo apicale (i suoi atti non sono avocabili neppure dal direttore di dipartimento) anche se non di supremazia gerarchica rispetto al resto del personale tecnico-amministrativo e che è responsabile anche della gestione e dell'organizzazione amministrativa dell'### ivi compreso il c.d. ciclo attivo concernente l'incameramento delle somme provenienti dalle attività diagnostiche, terapeutiche e cliniche erogate in favore di terzi. 
Ha argomentato che l'organigramma che compare nel sito web del ### di ### non è che una rappresentazione grafica, non priva di imprecisioni, dell'assetto organizzativo della struttura sprovvista di valore precettivo e che la dichiarazione con cui il direttore p.t. del dipartimento ### nel 2018, ha indicato i compiti assegnati alla ### (impropriamente definita mansionario dalla ricorrente), non esonera la medesima dai doveri di vigilanza gravanti sulla medesima alla luce delle previsioni dello statuto dell'### e delle disposizioni di fonte regolamentare, come dimostrato dai fatti visto che proprio la dipendente ricorrente ha accertato gli ammanchi da cui la vicenda ha tratto origine. Ha rilevato che, da verifiche effettuate con l'istituto bancario affidatario del servizio di tesoreria, la ### è risultata essere l'unica persona autorizzata ad operare sul conto corrente del dipartimento, sicché l'attività della ### è stata possibile in ragione di una delega conferita dalla prima. Ha, infine, negato il fondamento dei vizi formali denunciati dalla ricorrente, sostenendo che la sanzione impugnata è corredata di motivazione, ha individuato correttamente la normativa applicabile ed è stata irrogata tempestivamente ed ha sottolineato che la richiesta di risarcimento del danno all'immagine è stata avanzata senza alcuna allegazione di supporto. 
All'udienza del 20.12.2022, è stata accolta la richiesta di rinvio avanzata dalla difesa della ricorrente al fine di verificare se, in seguito all'intervenuta discovery degli atti di indagine preliminare, potessero emergere elementi di prova rilevanti ai fini dell'odierna decisione con autorizzazione alla produzione documentale, effettuata il ###.  3. Il ricorso è infondato e va respinto.  3.1 Con nota del 9.10.2020 indirizzata al ### al direttore generale dell'### e al direttore del dipartimento di ### la ### ha comunicato, in vista dell'adozione dei provvedimenti “…istruttori, amministrativi ed eventualmente disciplinari e giudiziari previsti ex lege…”, che “…durante l'attività di controllo periodico e di rendicontazione degli incassi dipartimentali verificavo la presenza di ammanchi sul conto corrente dipartimentale rispetto alle somme effettivamente incassate sulla base delle fatturazioni emesse nel corrente anno….”, riservandosi di effettuare un rendiconto più preciso e rilevando che, a decorrere dall'1.1.2020, “…l'incarico di responsabile amministrativo dello sportello unico accettazione ### è stato conferito alla ###ra ### Serenella…”. Con nota di replica del 13.10.2020, indirizzata anche al direttore del dipartimento, il direttore generale, vista la genericità della segnalazione, ha chiesto una dettagliata relazione contenente la rendicontazione delle somme che risultavano fatturate ma non incassate, chiedendo di precisare, fra l'altro, i nominativi dei soggetti legittimati ad operare sul conto corrente, le procedure contabili seguite, la tempistica dei controlli periodici, ruolo e competenze del responsabile dello sportello unico di accettazione dell'### invitando il direttore del dipartimento all'adozione delle iniziative cautelative utili ad evitare medio tempore ulteriori pregiudizi. Il successivo 15.10.2020, la ricorrente ha indicato in € 221.671,38 l'importo delle somme fatturate e non incassate ed ha precisato di avere effettuato una verifica sul sistema “U-GoV” dalla quale era emersa l'interruzione, dal 7.5.2020, della regolarizzazione per l'incasso delle fatture emesse e che quella del periodo precedente era avvenuta utilizzando giroconti Pos relativi a periodi successivi. Ha dato atto di avere chiesto spiegazioni a ### “…che da tempo si occupa della contabilità dell'OVUD…occupandosi delle fatturazioni, degli incassi e delle regolarizzazioni dei sospesi della Tesoreria…”, gestendo direttamente le relazioni con gli uffici contabilità dell'### ricevendo spiegazioni - e segnatamente ritardi dovuti al fatto che presso gli uffici centrali v'era personale in regime di smart working - non persuasive, di avere verificato che i sospesi presso la tesoreria erano inferiori agli incassi da regolarizzare, di avere chiesto alla ### di aprire la cassaforte per verificare la consistenza della liquidità presente senza esito positivo poiché la dipendente interpellata aveva abbandonato il dipartimento. Ha chiarito che tutte le attività contabili (fatturazioni, gestione della cassa contanti, versamenti di tesoreria, regolarizzazione incassi) di competenza dell'### sono state svolte da anni da ### per effetto di incarichi conferiti con decreto direttoriale, da ultimo, il n. 15/2020, non senza precisare che “…il soggetto legittimato ad operare nel conto è il segretario amministrativo ma de facto, come detto, la sig.ra ### era autorizzata e delegata ad operare sul conto corrente in questione, dal momento che si occupava della contabilizzazione delle fatture che caricava sulla piattaforma U-### occupandosi come detto sia degli incassi che di effettuare i versamenti delle somme incassate sul conto corrente…”, imputando sempre alla collega menzionata la gestione amministrativa e contabile dell'attività svolta dall'### per conto terzi e che “…i controlli da me effettuati sulle fatturazioni avvenivano attraverso l'esame delle fatture contabilizzate sulla piattaforma U-Gov al fine di verificare che tutte le fatturazioni risultassero contabilizzate nel bilancio ed in occasione della redazione dei conti consuntivi annuali non ho evidenziato incongruenze…”. 
Con nota del 26.10.2020, la ### ha fornito ulteriori chiarimenti sollecitati dal direttore generale in merito al dettaglio contabile delle fatture emesse e relativi incassi non regolarizzati, precisando, nei limiti di interesse, che il fenomeno aveva avuto inizio probabilmente già nel 2018 e che era poi proseguito nel 2019, ma era stato abilmente occultato, in quanto gli incassi non effettuati di un certo periodo erano stati “coperti” con le transazioni telematiche effettuate tramite il dispositivo POS del periodo successivo sino a che, a decorrere dal 7.5.2020 la contabilizzazione si era interrotta. Ha precisato che l'apertura della cassaforte era avvenuta grazie alla collaborazione dell'addetta ### appositamente chiamata e che all'interno erano stati rinvenuti denaro contante per circa 10.000,00 euro e una cartella relativa ai c.d.  “sospesi” che il personale addetto all'### aveva attribuito all'esclusiva disponibilità della ### e che era stata consegnata al direttore del dipartimento. Ha anche affermato che “…si precisa che il limite entro il quale si espletano le attività della sig.ra ### avuto riguardo al fatto che le stesse non possono travalicare o eccedere rispetto a quelle di stretta ed esclusiva competenza della sottoscritta, è delineato rispettivamente dalle schede compiti assegnati a firma del #### richieste dalla ricognizione annuale di cui all'art. 33 del d.lgs. n. 165/2001, come sostituito dall'art. 16 della legge 12.11.2011 n. 183 che si allegano alla presente (all. n. 8 scheda ### (all. n. 9 scheda ###….”. Ha illustrato il dettaglio dell'iter seguito da ogni utente della struttura dall'accesso sino alle prassi seguite per le varie opzioni di pagamento, spiegando, inoltre, che i versamenti in banca relativi all'anno 2019 erano avvenuti ogni 45 giorni e quelli del 2020 con periodicità trimestrale e che la ### le aveva riferito del timore con cui usciva, dovendo portare con sé il denaro, specialmente durante il periodo del c.d. lockdown. 
Con nota del 6.11.2020, l'### per i procedimenti disciplinari, dopo avere riepilogato i fatti, ha contestato all'### di “…non avere, nell'esercizio del Suo incarico di segretario amministrativo del dipartimento di ### controllato e verificato con la dovuta diligenza, quantomeno nel corso del biennio antecedente la Sua segnalazione del 9.10.2020, la gestione amministrativo-contabile dell'### e in particolare la fase di incameramento e contabilizzazione delle entrate provenienti dall'espletamento delle relative attività in conto terzi, così concorrendo a cagionare all'### un ammanco di cassa attualmente quantificato in misura superiore a € 221.000,00…”, convocandola per rendere le proprie giustificazioni il ###. Nella lettera è evidenziato, in particolare, che la gestione amministrativocontabile dell'### struttura ritenuta, ai sensi del regolamento, priva di autonomia amministrativa, era stata caratterizzata da gravi e diffuse irregolarità inerenti all'incasso dei pagamenti, come attestato dal rinvenimento in cassaforte di assegni non datati, post datati o non intestati, nonché al versamento degli incassi presso il tesoriere (dimostrato dal denaro contante riferito a prestazioni anche risalenti nel tempo rinvenuto in cassaforte e all'enorme ammanco di cassa registrato in relazione alle fatture emesse e quietanzate nell'ultimo biennio) e alla contabilizzazione dei medesimi (riscontrato dall'imputazione di pagamento telematici a fatture di periodi precedenti già quietanzate e dall'interruzione della regolarizzazione degli incassi dal 7 maggio).  ###.P.D. ha precisato che le irregolarità erano da attribuire, in primis, a ### che aveva ammesso di essersi appropriata delle somme incassate e di non averle versate sul conto del dipartimento, ma che, a causa dell'assenza di autonomia amministrativa dell'### non era esclusa una corresponsabilità della ### sotto il profilo della culpa in vigilando. 
Il ### la ricorrente ha presentato all'U.P.D. le proprie giustificazioni, in forma scritta ed orale con l'assistenza degli avv.ti ### e ### I difensori hanno evidenziato che l'### è struttura autonoma che, per la parte amministrativo-contabile, si relaziona direttamente con la ### centrale, alla quale appartengono le competenze in materia di flussi di entrata, sicché un rimprovero di omessa vigilanza avrebbe dovuto essere mosso a quest'ultima ed hanno eccepito la decadenza dal potere disciplinare per tardività della contestazione di addebito. Al rilievo dell'### secondo cui proprio la ### aveva fatto riferimento ad un'attività di controllo periodico, i difensori hanno replicato che il segretario supporta l'attività del direttore di dipartimento, sicché si era limitato ad eseguire una sua richiesta e che sull'### la dipendente aveva la responsabilità delle procedure e non delle attività e che non v'erano irregolarità atteso che le fatture erano regolarmente contabilizzate mentre competeva alla ### verificare la congruenza fra iscrizione delle fatture e contabilizzazione dell'incasso. 
Con provvedimento del 26.2.2021, l'U.P.D., riepilogate la vicenda e le fasi del procedimento e richiamate la lettera di contestazione di addebito e le difese della ricorrente, ha irrogato a quest'ultima la sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni. Nel provvedimento, in particolare, si conferma che il dipartimento di ### è centro di responsabilità al quale affluiscono anche tutte le entrate dell'### sicché il segretario è responsabile anche della gestione e dell'organizzazione amministrativa della struttura in questione. 
Ha, perciò, superato le difese esposte dalla ricorrente, sottolineando l'assenza di previsioni regolamentari ed atti organizzativi dei competenti organi accademici che qualificassero l'### come centro gestionale, rimarcando che l'unico interlocutore possibile del servizio di ### è il segretario amministrativo di dipartimento sul quale ricade l'obbligo e la responsabilità di verifiche da eseguire con continuità ed ha concluso che proprio la mancanza di verifiche continue ha consentito che le condotte appropriative venissero reiterate nel tempo aggravando l'illecito. Ha anche osservato che il c.d. mansionario è dichiarazione redatta al solo scopo di adempiere l'obbligo di ricognizione del fabbisogno e sono altre le fattispecie normative e regolamentari deputate ad individuare gli obblighi del personale, mentre l'organigramma contiene errori e non supporta le tesi della ricorrente e che la sanzione disciplinare è stata irrogata entro il termine di legge, decorrente dal momento in cui l'amministrazione ha acquisito cognizione adeguata dei fatti. Ha concluso irrogando la sanzione impugnata dopo aver dichiarato la responsabilità della ### per l'illecito disciplinare di cui al c.disp. dei commi 3, lett. d) e 4, lett. b) dell'art. 13 del ### e ### del 16.4.2018.  3.2 Vanno, innanzitutto, disattese le eccezioni di natura formale/procedurale sollevate dalla ricorrente.  ###. 55 bis, commi 4 e 9 ter, del d.lgs. 165/2001 c.d. T.U.P.I., nei limiti di interesse, prevede che “4. ### restando quanto previsto dall'articolo 55-quater, commi 3-bis e 3-ter, per le infrazioni per le quali è prevista l'irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale, il responsabile della struttura presso cui presta servizio il dipendente, segnala immediatamente, e comunque entro dieci giorni, all'ufficio competente per i procedimenti disciplinari i fatti ritenuti di rilevanza disciplinare di cui abbia avuto conoscenza. L'### competente per i procedimenti disciplinari, con immediatezza e comunque non oltre trenta giorni decorrenti dal ricevimento della predetta segnalazione, ovvero dal momento in cui abbia altrimenti avuto piena conoscenza dei fatti ritenuti di rilevanza disciplinare, provvede alla contestazione scritta dell'addebito e convoca l'interessato, con un preavviso di almeno venti giorni, per l'audizione in contraddittorio a sua difesa…” e che “…La violazione dei termini e delle disposizioni sul procedimento disciplinare previste dagli articoli da 55 a 55- quater, fatta salva l'eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall'azione disciplinare ne' l'invalidità degli atti e della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente, e le modalità di esercizio dell'azione disciplinare, anche in ragione della natura degli accertamenti svolti nel caso concreto, risultino comunque compatibili con il principio di tempestività. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 55-quater, commi 3-bis e 3-ter, sono da considerarsi perentori il termine per la contestazione dell'addebito e il termine per la conclusione del procedimento…”. 
Come s'è detto sub 3.1, l'U.P.D. ha formulato la contestazione di addebito il ### e perciò entro il termine di trenta giorni decorrente dalla data del 26.10.2020 in cui, avendo il direttore generale dell'### ricevuto la seconda relazione a chiarimenti redatta dalla ricorrente, poteva ritenersi pienamente a conoscenza della vicenda da cui ha tratto origine l'iniziativa disciplinare. Il riferimento fatto dalla ### alla propria segnalazione del 9.10.2020 come dies a quo per la decorrenza del termine è erroneo perché il contenuto dell'atto in questione non permetteva di intraprendere alcuna iniziativa disciplinare nei suoi confronti. ### di tardività della contestazione, pertanto, è infondata.  ### di difetto di motivazione per carente indicazione delle fonti normative e per omessa considerazione delle giustificazioni dell'incolpato, non ha alcuna attinenza con la fattispecie in esame, nella quale il provvedimento che ha definito il procedimento consta di undici pagine nelle quali è contenuta una dettagliatissima ricostruzione della vicenda, sono indicate le disposizioni di fonte collettiva che l'amministrazione ha inteso applicare e le considerazioni per le quali sono state disattese le giustificazioni dell'incolpato.  3.3 Nel merito residuo, le censure mosse dalla ricorrente sono infondate.  ###. 3, comma 4, dello ### dell'### di ### prevede che l'### “…si dota di un ### veterinario per l'espletamento dell'attività formativa teorico-pratica correlata al ### di ### di ### ai sensi delle vigenti disposizioni di legge…”, che dal punto di vista didattico si articola in dipartimenti (art. 37) e che fra gli organi dei dipartimenti vi sono i consigli di dipartimento ed il direttore. Il segretario amministrativo di dipartimento è tra i componenti del consiglio di dipartimento e partecipa alle sedute con funzioni consultive e di verbalizzazione (art. 38), coadiuva il direttore, provvede agli adempimenti necessari ad assicurare l'esecuzione delle delibere degli organi del dipartimento e ne è responsabile e che “…è altresì responsabile della gestione e dell'organizzazione amministrativa del dipartimento…” (art. 41). 
Il regolamento del ### di ### prevede che il ### è dotato di “…### (### e ### (###…il funzionamento, gli obiettivi e i rapporti di tali strutture con il ### sono definiti in appositi regolamenti…” (art. 1). Il regolamento dell'### definisce il nosocomio “…struttura con funzione di supporto alle attività didattiche del ### di ### ed eroga servizi veterinari clinici, diagnostici ed assistenziali. Ferme rimanendo le prerogative del ### di ### quale struttura di riferimento, il funzionamento dell'### sotto il profilo organizzativo e gestionale è demandato al ### e al ### di gestione secondo le disposizioni del presente regolamento…” (art. 1) e stabilisce che “…L'### non gode di autonomia amministrativa e gli importi introitati a qualsiasi titolo verranno contabilizzati all'interno del bilancio unico di ### - CDR (### di #### di ### Viene istituito uno sportello unico (di seguito indicato come ###, in cui vengono espletate tutte le pratiche amministrative correlate ai servizi dell'### offerti all'utenza. L'### registra gli introiti derivanti dalle attività conto terzi, che verranno contabilizzati, secondo le modalità di cui al presente cpv, ai reparti di competenza…” (art. 4). 
Il regolamento per l'amministrazione, la finanza e la contabilità dell'### di ### stabilisce che “…I centri gestionali sono unità organizzative che utilizzano le risorse a loro disposizione e rispondono della corretta gestione di queste e del raggiungimento degli obiettivi programmati…”. Sono identificati come centri gestionali “…I centri istituzionali, ovvero i ### e i ### di ### qualora per questi ultimi sia espressamente prevista e attribuita l'autonomia gestionale, nonché i ### di ### Le altre strutture di supporto (quale ##### di ### eccetera) potranno atteggiarsi come ### gestionali ove ciò sia espressamente disposto dai competenti organi accademici e previsto nel relativo regolamento di funzionamento. I ### di ### potranno essere riconosciuti come ### gestionali solo all'esito delle procedure di riorganizzazione degli stessi previsti dal ### generale di Ateneo…”.  ### incrociato della normativa statutaria e regolamentare - in assenza di provvedimenti organizzativi ulteriori - dimostra che l'### didattico, anche se eroga servizi a pagamento a beneficio di terzi, è una mera struttura di supporto delle attività del ### di ### dalla quale dipende per ogni aspetto, dalla messa a disposizione dei locali e del personale necessario a garantirne il funzionamento, all'organizzazione amministrativa e contabile in discussione. Non corrisponde a verità, dunque, l'affermazione della ricorrente, secondo cui l'### costituisce un centro di gestione deputato ad occuparsi autonomamente del proprio “ciclo attivo”, rientrando, quindi, nella competenza del ### di ### sovrintendere, anche per la propria struttura di supporto didattico, a: “…a) di tutte le fasi del processo di acquisizione delle risorse e relativa conferma del budget. A tal fine certifica la formale assegnazione dei contributi in ambito istituzionale o l'effettivo svolgimento delle prestazioni da parte della struttura in ambito commerciale; b) della corretta indicazione al ### di ### della natura dei ricavi/entrate al fine della loro esatta imputazione a ### nonché della eventuale loro destinazione (costi/uscite)….”, competendo, invece, al servizio ### centrale la responsabilità “…per il ciclo attivo della corretta contabilizzazione dei ricavi/entrate…” (art.  21). 
Quanto al riparto delle attribuzioni, è pacifico tra le parti in causa (ed è anche oggetto di dichiarazioni confessorie rilasciate dall'indagata al ### nel corso delle indagini preliminari1) che la responsabilità degli ingenti ammanchi di denaro è da imputarsi all'assegnataria dell'incarico di sportello unico-accettazione ### che si sarebbe appropriata di elevate somme di denaro contante cercando di “coprire” le distrazioni del contante con i pagamenti telematici effettuati mediante il c.d. Pos (acronimo di ### of sale) per transazioni di epoca successiva. Tuttavia, l'### ha sanzionato la ### ritenendo che ella abbia omesso di vigilare, con la continuità necessaria, sulla regolarizzazione delle fatture quietanzate e i flussi di cassa, concorrendo colposamente ad aggravare le conseguenze dell'illecito doloso della collega. La ricorrente obietta che non era onerata da alcun dovere di controllo non avendo prerogative di supremazia gerarchica sul responsabile dello sportello unico, l'attività della quale doveva essere controllata direttamente dal servizio di ragioneria dell'### Orbene, è la stessa ### ad avere smentito la fondatezza della tesi che ha sostenuto in giudizio, la formulazione della quale appare come un venire contra factum proprium: come notato dal direttore generale dell'### nel corso dell'audizione difensiva del 9.12.2021, la genesi della vicenda è costituita da un esposto con cui la ricorrente ha riferito di essersi avveduta degli ammanchi nell'ambito di un'attività di controllo periodico2, che ella, dunque, era in grado di svolgere, disponendo di tutti gli strumenti informatici ed applicativi necessari e di fatto ha svolto, ma in assenza della continuità necessaria. Nella prima relazione inviata a chiarimenti, fra l'altro, come riportato sub 3.1, la ricorrente ha dato atto - ancor prima e a prescindere dalla nota informativa redatta dall'istituto bancario affidatario del servizio di ### - che l'unico soggetto 1 Si fa rinvio ai docc. 30 e 31 fasc. ric., che contengono verbali di interrogatorio nei quali ### ha ammesso di avere compiuto ingenti e reiterate condotte appropriative delle somme di denaro riscosse quale responsabile dell'accettazione dell'### spendendole nel gioco e, in particolare, partecipando a concorsi a premi come “### e Vinci”.  2 Dagli atti di indagine depositati dalla ricorrente è emerso, nel dettaglio, che la verifica da cui ha tratto origine la presente vicenda è scaturita da una iniziativa di controllo contabile proveniente dalla Corte dei ### legittimato ad operare sul conto corrente del ### sul quale affluivano anche gli introiti dell'### (che come detto non aveva alcuna autonomia) è il segretario amministrativo e cioè la stessa ### e che solo di fatto la ### era delegata3 ad operare su detto conto occupandosi del versamento degli incassi e della relativa contabilizzazione. 
Tale situazione di fatto corrisponde, ad avviso di chi scrive, all'assetto normativo ed organizzativo del ### di ### - che non è ovviamente evincibile dall'organigramma che compare sul sito web - ma dalle fonti applicabili che, come evidenziato al punto precedente, individuano detto plesso quale centro di gestione competente anche per il ciclo contabile e finanziario delle attività facenti capo all'### Inoltre, lo ### dell'### attribuisce al segretario la responsabilità della gestione e dell'organizzazione amministrativa del dipartimento e ciò significa, ai fini che ci occupano, anche quella dell'### che del dipartimento costituiva un organo ausiliario. 
Non contraddice certamente detta prospettazione la circostanza - pacifica ed ampiamente riscontrata dagli atti di indagine prodotti nel fascicolo - che il direttore del ### p.t. aveva affidato alla ### il compito di responsabile dello sportello unico/accettazione dell'### e quindi l'espletamento di tutte le relative pratiche amministrative perché in alcun modo tale provvedimento ha inteso (né poteva) derogare alla precitata disposizione di rango statutario che attribuisce al segretario del dipartimento, attribuendo a detta figura un rilievo anche esterno, la responsabilità amministrativa e contabile generale del plesso nella sua interezza, ivi compreso, quindi l'### ed il relativo ciclo finanziario. In altri termini, la circostanza - rappresentata anche dal documento organizzativo redatto dall'amministrazione ai sensi del primo comma dell'art. 6 del d.lgs. 165/2001 - che la ### fosse stata delegata ad occuparsi della cassa dell'### e della gestione dei c.d. sospesi non esonerava la ### dal compito di vigilare sull'attività del delegato, che discende dalla natura della responsabilità istituzionale che le era stata attribuita. Ne costituisce riscontro, tra 3 Alcun rilievo può assumere il fatto che la delega ad operare sul conto fosse conferita alla ### proprio dalla ### come appare più probabile o da altre figure del ### quale appendice dell'attribuzione del compito di occuparsi della gestione di tutte le pratiche amministrative dello sportello unico/accettazione dell'### l'altro, il fatto che la sola ### fosse titolare del conto corrente del ### ed avesse la responsabilità del controllo dei flussi di entrata nei quali erano ricompresi anche quelli facenti capo all'### Da ultimo, ma non per importanza, va evidenziato che, secondo l'art. 31 dello ### dell'ente, agli uffici che si occupano dei servizi di ragioneria compete interessarsi, per quanto concerne il ciclo attivo, unicamente della contabilizzazione dei ricavi e delle entrate, operazione, questa, finalizzata alla esatta redazione del bilancio totalmente diversa e posta a valle rispetto alla vigilanza sulla regolarità dei flussi di cassa e sulla corretta associazione tra pagamenti e documenti contabili di cui si discute nella presente controversia. 
Alla luce delle considerazioni precedenti, considerato che è pacifico tra le parti che, quantomeno dal 2019, alcuni pagamenti telematici ricevuti dall'### sono stati usati per coprire ammanchi di denaro contante riferiti a transazioni del 2020 e che, alla data del 30.9.2020, l'importo delle fatture emesse e incassate per le quali al momento del controllo dovevano ancora essere emessi gli ordinativi di incasso ammontava addirittura ad € 385.077,00, è fondato l'addebito rivolto alla ### di essere stata negligente nell'esecuzione di attività di vigilanza di sua competenza e la fattispecie è da considerarsi di notevole gravità visto il lungo arco temporale in cui l'inadempienza si è protratta, contribuendo causalmente all'aggravamento di un danno prodotto dall'illecito doloso di un terzo, sicché, ai sensi dell'art. 13, commi 4, lett. b e 3 lett. d), è legittima l'irrogazione della misura della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per dieci giorni. Ne consegue la reiezione del ricorso, anche con riferimento alla domanda di risarcimento danni articolata in via conseguenziale dalla ricorrente, in assenza, peraltro, di allegazioni circostanziali di corredo idonee a concretizzare il pregiudizio apoditticamente lamentato.  4. La difesa erariale ha chiesto, ai sensi dell'art. 89 c.p.c., che il Tribunale ordini la cancellazione di una serie di espressioni che i difensori della ricorrente avrebbero utilizzato per evidenziare l'intento persecutorio che avrebbe animato l'### degli ### di ### - l'U.p.d. avrebbe “…scrupolosamente evitato di riferirsi all'unica fattispecie astrattamente attinente” (pag. 11 ricorso); - si sarebbero realizzate una “voluta disapplicazione della disciplina collettiva” nonché uno “strabiliante salto logico, organizzato per estendere arbitrariamente una responsabilità chiaramente riferita alla sola preposta alla gestione della contabilità dell'### (pag. 12 ricorso); - “accanimento punitivo”, “modellare il pretesto per creare una sorta di capo espiatorio da bersagliare” (pag. 13 ricorso); - in definitiva l'### sarebbe mosso da un “proposito persecutorio gravissimo” (pag. 14 ricorso).  ### è infondata e va respinta perché la prosa utilizzata appare rivolta, con l'uso di un linguaggio polemico e graffiante, ad accreditare la tesi che il datore di lavoro abbia voluto perseguitare la ### ed è perciò intranea al diritto di difesa, secondo l'orientamento consolidato espresso dal S.C. sul punto: “La cancellazione delle espressioni offensive o sconvenienti contenute negli scritti difensivi, prevista dall'art. 89 cod. proc. civ. e che può essere disposta anche nel giudizio di legittimità, rientrando tra i poteri officiosi del giudice, va esclusa allorquando le espressioni in parola non siano dettate da un passionale e scomposto intento dispregiativo e non rivelino perciò un intento offensivo nei confronti della controparte (o dell'ufficio), ma, conservando pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive, siano preordinate a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento dell'avversario, la scarsa attendibilità delle sue affermazioni. (Nella specie, poiché le espressioni ritenute offensive erano dirette ad evidenziare le lacune del ricorso, la S.C. ne ha escluso l'intento dispregiativo, considerandole come esercizio del diritto di difesa).” (Cass., sez. III, 10288/2009, cfr anche, Cass., lavoro, 21031/2016).  5. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in base al D.M. 147/22 e s.m., tenendo conto del valore della controversia degli incombenti effettivamente espletati e dell'impegno professionale richiesto.  P.Q.M.  definitivamente pronunciando: - respinge il ricorso; - condanna la ricorrente a rifondere alla resistente le spese di lite, che qui si liquidano nella somma di € 3.000,00 per compenso professionale, oltre r.f. 15%, Iva e Cap come per legge.  ### lì 21.2.2023 

IL GIUDICE
### n. 1022/2021


causa n. 1022/2021 R.G. - Giudice/firmatari: Medoro Marco

M
1

Tribunale di Roma, Sentenza n. 7986/2020 del 03-06-2020

... la morte del cane era stata causata dall'imperita e negligente condotta della dott.ssa ### la quale, oltre ad aver formulato un'errata diagnosi e ad aver omesso ulteriori accertamenti clinici opportuni, aveva somministrato al cane una terapia farmacologica inadeguata e rivelatasi tossica al punto da portare l'animale in stato di insufficienza epatica terminale; - che, in ragione di ciò, hanno subito danni patrimoniali e non patrimoniali, in quanto ### era un membro della famiglia con il quale vi era uno stabile e duraturo rapporto affettivo, come risultante dalle numerose riproduzioni fotografiche prodotte in atti (cfr. doc. 5 attori). chiedendo che i convenuti fossero condannati al risarcimento dei danni patrimoniali subiti, consistenti nel valore del cane, quantificato in € 3.000,00, nelle spese mediche, quantificate in € 2.558,98, e del danno non patrimoniale da perdita dell'animale d'affezione, quantificato in € 20.000,00, con rivalutazione, interessi e spese; 1.2. Costituitasi tempestivamente, la dott.ssa ### in proprio e “nella qualità di titolare” dell'### (di seguito A.V.T. - cfr. pag. 2 comparsa di risposta) ha eccepito: - di non avere alcuna responsabilità in ordine (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI ROMA SEZIONE TREDICESIMA CIVILE in persona della dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al numero 16960/2015 del R.G.A.C. trattenuta in decisione all'udienza del 05.12.2019 e vertente TRA ### e ### rappresentati e difesi in giudizio dall'avv. ### per procura in calce all'atto di citazione; -attori
CONTRO ### e ### in proprio e “in qualità di ### Sanitario” (cfr. atto di citazione) dello stesso, rappresentati e difesi in giudizio dall'avv.  ### per procure in calce alla citazione notificata; -convenuti
OGGETTO: risarcimento danni da responsabilità professionale veterinaria.  ###'udienza di precisazione delle conclusioni del 05.12.2019 i procuratori delle parti concludevano come da verbale in pari data.  RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Difese delle parti.  1.1. Con atto di citazione notificato in data ###, gli attori in indicati in epigrafe hanno allegato: - di essere proprietari del cane “### Magalotti”, di razza ### e anni 4, sin dalla nascita nell'anno 2010 (cfr. doc. 3 attori); - che dal settembre 2014 al dicembre 2014, il cane è stato affidato alle cure della veterinaria dott.ssa ### presso l'A.V.T., in ragione di alcune problematiche dermatologiche per le quali, nel settembre 2014, veniva formulata diagnosi di orchite e prescritta terapia cortisonica (cfr. pag.  3 citazione e doc. 3 attori); - che, dato l'insuccesso della terapia, nel mese di ottobre 2014, la dott.ssa ### formulava diagnosi di “malattia autoimmune con reazione immunitaria di tipo II” e prescriveva terapia antibiotica, cortisonica e immunosoppressiva, che veniva modificata nei successivi mesi sino al dicembre 2014 (cfr. doc. 3 attori); - che non veniva eseguito nessun altro esame o accertamento clinico sull'animale; - che, stante il grave stato di scadimento delle condizioni di salute del cane, in data ###, decidevano di ricoverare l'animale presso l'### dove i sanitari rilevavano un'insufficienza epatica e intervenivano con apposita terapia (cfr. doc. 2 attori); - che, attese le condizioni terminali del cane, il ### si decideva di procedere ad eutanasia (cfr. doc. 1 attori); - che, pertanto, la morte del cane era stata causata dall'imperita e negligente condotta della dott.ssa ### la quale, oltre ad aver formulato un'errata diagnosi e ad aver omesso ulteriori accertamenti clinici opportuni, aveva somministrato al cane una terapia farmacologica inadeguata e rivelatasi tossica al punto da portare l'animale in stato di insufficienza epatica terminale; - che, in ragione di ciò, hanno subito danni patrimoniali e non patrimoniali, in quanto ### era un membro della famiglia con il quale vi era uno stabile e duraturo rapporto affettivo, come risultante dalle numerose riproduzioni fotografiche prodotte in atti (cfr. doc. 5 attori).  chiedendo che i convenuti fossero condannati al risarcimento dei danni patrimoniali subiti, consistenti nel valore del cane, quantificato in € 3.000,00, nelle spese mediche, quantificate in € 2.558,98, e del danno non patrimoniale da perdita dell'animale d'affezione, quantificato in € 20.000,00, con rivalutazione, interessi e spese; 1.2. Costituitasi tempestivamente, la dott.ssa ### in proprio e “nella qualità di titolare” dell'### (di seguito A.V.T. - cfr. pag. 2 comparsa di risposta) ha eccepito: - di non avere alcuna responsabilità in ordine alla morte del cane per aver correttamente e diligentemente operato sia sotto il profilo della diagnosi sia nella scelta della terapia da somministrare, precisando che, data la natura della patologia, si trattava di terapia palliativa; - il rifiuto degli attori di sottoporre il cane a biopsia, da lei suggerita e ritenuta necessaria; - che dal 2011 il cane era affetto da tumore benigno dermatologico non operato chirurgicamente per rifiuto degli attori; - che, ai sensi dell'art. 2236 c.c., trattandosi di patologia di speciale difficoltà, in suo favore opera la limitazione di responsabilità nei soli casi di dolo o colpa grave; - il difetto del nesso di causalità tra condotta ed evento, in quanto la causa del decesso è da rinvenire nell'approccio terapeutico adottato dai sanitari dell'### di Roma; - il mancato espletamento dell'autopsia e l'impossibilità di risalire alla reale causa del decesso; - l'inammissibilità e infondatezza della domanda risarcitoria del danno non patrimoniale da perdita dell'animale d'affezione; - che, sul quantum, il valore del cane è inferiore a quello dichiarato dagli attori per mancanza del pedigree; chiedendo il rigetto della domanda ovvero in subordine la condanna al minimo del risarcimento; 2. Sviluppo processuale. 
Assegnati i richiesti termini ex art. 183, co.6, c.p.c., l'istruttoria si esauriva nell'acquisizione dei documenti prodotti e nell'espletamento di ctu medico legale da parte del dott. ### medico veterinario, onde la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni di cui al verbale dell'udienza del 05.12.2019, qui richiamate e trascritte, con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c..  3. Rilievi in fatto ###esito della CTU espletata ed alla luce della documentazione prodotta può ritenersi accertato quanto segue.  3.1. Già nell'ottobre 2010 è documentato un episodio di vasculite auricolare, imputato dalla dott.ssa ### a reazione allergica, successivamente ingravescente (cfr. doc. 2 attori, doc. 3 convenuta e ctu pag. 4).  3.2. Sotto il profilo della diagnosi, nel settembre 2014, la dott.ssa ### formulava una diagnosi presuntiva di “malattia autoimmune con reazione immunitaria di tipo II” (cfr. doc. 3 attori) a fronte di sintomi clinici generici (l'unico caratterizzante era la presenza delle pustole) e omettendo i necessari ed ulteriori accertamenti clinici necessari, quali l'esame citologico, l'esame bioptico e l'esame microscopico del raschiato cutaneo e colturale (cfr. ctu pagg. 10-11- 13-15-16). 
Benché non sia possibile, ad oggi, individuare la diagnosi corretta proprio per mancanza dei suddetti accertamenti, il CTU ha ritenuto la diagnosi formulata dalla convenuta non suffragata né “dagli esami di laboratorio previsti né dall'efficacia della terapia assunta…in quanto i farmaci non hanno apportato alcun beneficio” (cfr. ctu pag. 16-17).  3.3. In ordine alla terapia somministrata, il CTU ha osservato che i dosaggi cortisonici erano inferiori a quelli prescritti dalla scienza medica in fase di attacco della patologia e ritenuti efficaci in un cane del peso di 7,5 kg (cfr. ctu pag. 19). Le ricette prodotte in atti dagli attori ( doc. 3 attori) consentono di affermare che soltanto a partire dal novembre 2014, la convenuta modificava la terapia secondo i corretti dosaggi. Successivamente, atteso l'insuccesso della terapia, il dosaggio di prednisone veniva portato a 6,6 mg/kg al dì, “dosaggio notevolmente superiore alle dosi consigliate”(cfr. ctu pagg. 20-21). 
La terapia cortisonica è stata prescritta in violazione delle linee guida condivise dalla comunità scientifica internazionale, le quali prevedono “dosaggi di attacco iniziale e successivamente a diminuire le dosi sino a raggiungere quella minima efficace”. Invece, nel caso di specie, “si è impostata la terapia utilizzando dosi iniziali non efficaci, salvo poi aumentare tali dosaggi anche oltre i limiti indicati” (cfr. ctu pag. 21). 
Pertanto, “l'inefficacia della terapia nel nostro caso può essere attribuita sia all'adozione di un non corretto protocollo terapeutico relativamente ai dosaggi indicati ma anche al fatto che, non essendo stata formulata una diagnosi di certezza, il cane ### sarebbe potuto essere affetto da una dermatosi pustolosa di origine non autoimmunitaria” (cfr. pag. 22 ctu). 
Inoltre, l'impiego dei cortisonici in siffatti dosaggi può portare ad immunosoppressione ed effetti secondari compatibili con lo scadimento fisico del cane.  3.4. ### ha poi rilevato che la convenuta, in ogni caso, ometteva di eseguire controlli ematologici periodici durante la terapia e, nonostante l'inefficacia della stessa, ometteva di modificare la diagnosi.  3.5. Quanto al nesso di causalità con il decesso del cane, la terapia prescritta, anche qualora adeguata e corretta, non avrebbe garantito con certezza la guarigione, ma, per le modalità e i dosaggi accertati, rappresenta la causa altamente probabile della grave e fatale insufficienza epatica riscontrata nell'animale (cfr. ctu pag. 25-26). 
Lo scadimento fisico del cane che ha portato all'esito fatale della malattia “è stato caratterizzato da una dermatosi pustolosa…accompagnata da una insufficienza epatica ed un quadro infiammatorio infettivo attribuibile ad un prolungato trattamento con farmaci immunosoppressori” (cfr. ctu pag. 26).  3.6. In risposta alle osservazioni critiche formulate dal CT di parte convenuta, il CTU ha ulteriormente motivato circa l'inadeguatezza della terapia cortisonica somministrata al cane, evidenziando l'assenza di prove in ordine al rifiuto dei proprietari di ### all'esecuzione della biopsia, nonché sulla non indispensabilità dell'autopsia sul cadavere del cane in ragione della chiara riscontrabilità dell'insufficienza epatica già dagli accertamenti eseguiti presso l'### (cfr. doc. 2 attori e precisazioni del CTU in atti).  4. Rilievi in diritto e conclusioni.  4.1. Procedendo gradatamente nell'esame delle questioni oggetto di giudizio - arg. ex art. 276 c.p.c. - e con il contemperamento, ove possibile e rilevante, della ‘ragione più liquida' (cfr.  civ., SS.UU., n. 9936 dell'8.05.2014; Cass., VI-L, n. 12002 del 28.05.2014), deve dichiararsi, anzitutto, il difetto di legittimazione passiva in senso processuale dell'### convenuto, in quanto del tutto privo di soggettività giuridica esterna e non destinatario di alcuna doglianza da parte degli attori.  ###à della domanda spiegata nei confronti dell'### è rilevabile d'ufficio ex actis, in quanto appare evidente che si tratti della mera denominazione dello studio medico della veterinaria convenuta, non avente né forma associativa né forma societaria, tant'è che la stessa convenuta si costituiva, oltre che in proprio, nella qualità di direttore sanitario del suddetto e non di legale rappresentante.  4.2. Tanto premesso, si rammenta che la responsabilità medica ha natura contrattuale ed è disciplinata dagli artt. 1176 e 2236 c.c. che regolano la responsabilità nella esecuzione di un contratto d'opera professionale.  4.3. Con particolare riferimento alla diligenza dovuta nell'adempimento della prestazione, per ormai consolidata giurisprudenza (cfr., per tutte, Cass. n. 23918/06) la stessa deve essere valutata, a norma dell'art. 1176, co. 2° c.c., con riguardo alla natura della specifica attività esercitata; tale diligenza è quella del debitore qualificato ai sensi dell'art. 1176 co. II c.c., che comporta il rispetto degli accorgimenti e delle regole tecniche obiettivamente connesse all'esercizio della professione e ricomprende, pertanto, anche la perizia. Quanto poi alla limitazione di responsabilità alle ipotesi di dolo e colpa grave, di cui all'art. 2236, co. II c.c., essa ricorre nelle sole ipotesi in cui la prestazione implica la soluzione di problemi di particolare difficoltà ed attiene, dunque, ai soli casi in cui è richiesta una particolare perizia che trascende la preparazione media, ovvero in cui la particolare complessità deriva dal fatto che il caso non è stato ancora studiato a sufficienza o non è stato ancora definitivamente dibattuto con riferimento ai metodi da adottare. 
Infine, l'obbligazione assunta dal professionista costituisce una obbligazione di mezzi e dunque il mancato raggiungimento del risultato non determina inadempimento; l'inadempimento, ovvero l'inesatto adempimento, consiste nell'aver tenuto un comportamento non conforme alla diligenza richiesta, mentre il mancato raggiungimento del risultato può costituire danno consequenziale alla non diligente esecuzione della prestazione ovvero alla colpevole omissione dell'attività sanitaria.  4.4. Quanto poi alla ripartizione dell'onere della prova, l'attore danneggiato deve limitarsi a provare il contratto -o il contatto socialel'aggravamento di una patologia o l'insorgenza di una affezione e il nesso di causalità tra l'evento lesivo e i pregiudizi conseguenti, allegando l'inadempimento del debitore astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato (c.d.  inadempimento qualificato); il medico, quale debitore convenuto, è invece gravato dell'onere di dimostrare il fatto estintivo, costituito dall'avvenuto esatto adempimento -secondo il criterio di diligenza specifica sopra precisatoovvero che, pur sussistendo inadempimento, esso non sia stato eziologicamente rilevante in ordine al verificarsi del dedotto evento dannoso, ovvero che gli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile a lui non imputabile (Cass. SS.UU. n. 13533/01; n. 20806/09; ### n. 577/2008). 
Analogo principio è stato affermato con riguardo all'inesatto adempimento, mediante il rilievo che al creditore istante è sufficiente la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell'obbligo di diligenza), gravando ancora una volta sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto esatto adempimento.  4.5. Deve precisarsi che la valutazione della correttezza delle procedure assistenziali diagnostiche e trattamentali, tanto sotto il profilo della conformità alle linee guida ed alla buona pratica clinica, quanto sotto il profilo della adeguata valutazione delle specifiche condizioni del paziente, non può prescindere dalla considerazione di tutti gli elementi clinici, semeiologici e strumentali considerati dai sanitari coinvolti nel momento in cui furono chiamati a prestare la loro opera professionale: il giudizio di adeguatezza delle cure deve essere infatti formulato ex ante, nel contesto delle circostanze, condizioni e con gli stessi elementi di cui disponevano al momento i sanitari coinvolti nel giudizio di che trattasi.  4.6. Nel caso di specie, si osserva che alla luce delle risultanze di causa quali sopra evidenziate in punto di fatto e tenuto conto che le conclusioni del CTU appaiono attendibili in quanto fondate su un approfondito esame della documentazione in atti e analiticamente motivate, deve ritenersi che la parte convenuta non abbia assolto l'onere di provare quanto su di essa gravante con riferimento ai criteri sopra indicati.   Ed invero, se la costituzione del rapporto contrattuale costituisce circostanza pacifica e documentalmente provata, non è dato evincere la prova dell'aver la dott.ssa ### adempiuto con perizia e diligenza la propria obbligazione. 
E' appena il caso di osservare, peraltro, con riferimento alle generiche contestazioni sollevate dalla parte convenuta con riferimento all'omessa esecuzione della biopsia sul cane ### che la mancata produzione in atti da parte della convenuta della relativa prescrizione o di ogni altro atto idoneo a provare quantomeno l'indicazione in tal senso, non consente di ritenere superato da parte del sanitario l'onere probatorio a suo carico. Manca, dunque, la prova liberatoria sia della corretta esecuzione della prestazione, sia della non imputabilità alla stessa dell'aggravamento della patologia che ha condotto il cane al decesso. 
Al contrario, dalle risultanze dell'espletata ctu emerge la responsabilità del medico veterinario che aveva in cura il cane ### per aver formulato una diagnosi presuntiva di “malattia autoimmune con reazione immunitaria di tipo II” in assenza di sintomatologia caratterizzante e omettendo di eseguire i necessari accertamenti diagnostici strumentali (citologico, istologico, esame microscopico del raschiato cutaneo), per aver somministrato al cane una terapia cortisonica e immunosoppressiva non adeguata e non conforme alle linee guida accettate dalla comunità scientifica internazionale, per aver omesso, a fronte dell'inefficacia della terapia, di modificare la stessa ovvero di modificare la diagnosi, nonché per aver omesso l'esecuzione di controlli ematologici periodici.  4.7. ### espletata consente, inoltre, di affermare che i suddetti inadempimenti sono connotati dall'elemento psicologico della colpa per imperizia nell'esecuzione di prestazione sanitaria ordinaria o comunque non richiedente la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, tenuto conto del fatto che in ogni caso non si richiede al medico il raggiungimento del risultato, ma l'uso della diligenza media c.d. qualificata in relazione alla natura dell'attività svolta dal professionista ai sensi dell'art. 1176, co.2, c.c. Inoltre, esclusa l'applicabilità dell'art.  2236 c.c., diviene irrilevante ogni accertamento in ordine al grado della colpa. 
Sotto tale aspetto, richiamando i principi di diritto esposti in precedenza e le risultanze della ctu, si ritiene che le condotte commissive e omissive del veterinario convenuto si siano discostate da quelle conformi alle best practises e alle linee guida concretamente esigibili nel caso concreto, onde gli esiti peggiorativi erano certamente non voluti, ma prevedibili ed evitabili da parte di un medico specializzato in veterinaria.  4.8. Quanto poi all'accertamento del necessario nesso di causalità, anche sul punto si premettono i consolidati principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di illecito civile, che questo giudice condivide. 
La prova della sussistenza del nesso causale non segue infatti, nel processo civile, gli stessi parametri applicati nell'accertamento della responsabilità penale. E ciò in quanto la causalità civile assume connotazioni proprie in virtù della diversa funzione svolta dal sistema della responsabilità civile: non già quella di sanzionare un comportamento colpevole a fronte della commissione di un reato, bensì, in primis, quella di riparare un danno. Sul punto la recente giurisprudenza di legittimità ha infatti precisato che: "In tema di responsabilità civile, il nesso causale è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base del quale, all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano - ad una valutazione "ex ante" - del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell'accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non", mentre nel processo penale vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio". Ne consegue, con riguardo alla responsabilità professionale del medico, che, essendo quest'ultimo tenuto a espletare l'attività professionale secondo canoni di diligenza e di perizia scientifica, il giudice, accertata l'omissione di tale attività, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell'evento lesivo e che, per converso, la condotta doverosa, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento stesso." (Cass. n. 16123/2010; cfr anche Cass. S.U. n. 576/2008; Cass. 10741/2009). 
Ne consegue che dal punto di vista delle serie causali che occorre verificare, mentre ai fini dell'affermazione della responsabilità penale il giudizio è unico ed è disciplinato dalle norme ex art. 40- 42 c.p.c., ai fini dell'affermazione della responsabilità civile il giudizio è duplice, così come si evince dalla duplice previsione dell'art. 1227 comma 1 e 2 c.c., investendo il primo l'attribuibilità di un fatto lesivo ad un determinato soggetto, con evidente analogia alla problematica della causalità penalisticamente rilevante (c.d. causalità materiale), ed investendo il secondo la selezione dei danni - conseguenze pregiudizievoli, meritevoli, secondo l'ordinamento, di essere ristorati ( c.d. causalità giuridica ).  4.9. Nel caso di specie, l'evento lesivo allegato dagli attori è rappresentato dall'aggravamento della preesistente patologia che affliggeva l'animale fino all'importante stato terminale di scadimento delle condizioni di salute dovuto alla grave insufficienza epatica, giustificativo dell'eutanasia praticatagli in data ###. Di tal ché, l'evento lesivo si è concretizzato nell'accelerazione del processo patologico e nell'anticipazione del decesso dell'animale ad un momento di gran lunga antecedente rispetto a quello ipotizzabile laddove la malattia fosse stata curata adeguatamente. 
Tali esiti peggiorativi sono da porsi in sicuro rapporto di causalità con l'operato del veterinario convenuto, in particolar modo a causa della terapia cortisonica prescritta. 
E' altresì provato che non vi erano altre rilevanti patologie o fattori causali concorrenti o alternativi, come risulta dalla documentazione in atti relativa al libretto sanitario del cane ( doc. 3 attori), al ricovero presso l'### (cfr. doc. 2 attori) e come riscontrato dallo stesso ### Infine, l'eutanasia praticata all'animale in data ### non ha rilevanza interruttiva della sequenza causale, in quanto, come sopra chiarito, il nesso causale è da porsi in relazione all'evento lesivo aggravamento della preesistente patologia e anticipazione/accelerazione del processo degenerativo delle condizioni di salute del cane fino allo stato terminale.  4.10. Accertata la responsabilità della parte convenuta, occorre procedere alla verifica dell'esistenza dei denunziati danni-conseguenza e del nesso di causalità giuridica tra questi ultimi e gli eventi lesivi sopra descritti.  4.11. In merito ai danni-conseguenza di natura patrimoniale, il codice civile del 1942, all'art.  810 c.c., qualifica gli animali come beni mobili non registrati, unitamente alle cose inanimate, da cui, in caso di ferimento o uccisione dell'animale, la certa risarcibilità del danno patrimoniale, sub specie di danno emergente, consistente nel c.d. market value dell'animale e nelle spese mediche sostenute. 
Quanto al valore del cane, tenendo conto che, come osservato da parte convenuta, la valutazione non può essere eseguita sul valore massimo in ragione della mancata produzione da parte degli attori del pedigree del cane o di altre prove, considerato il prezzo medio di acquisto sul mercato di un cucciolo di ### l'età del cane ### (4 anni) e le pregresse condizioni di salute, questo si stima in via meramente equitativa ex art. 1226 c.c. in € 300,00. 
Quanto alle spese mediche sostenute dagli attori in occasione del ricovero dell'animale presso l'### dal 01.01.2015 sino alla data del decesso per eutanasia il ###, delle quali la stessa chiede il rimborso, è da rilevare che queste sono congrue, necessarie e tutte documentate (cfr. doc. n. 5 attori). Dunque, sono dovute le spese per il ricovero del cane presso la struttura predetta, dove poi l'animale è deceduto, in quanto, come chiarito in precedenza, è stata raggiunta la prova in giudizio che il trasporto e ricovero dell'animale presso la clinica sia stato necessitato e non il frutto di libera scelta del padrone. 
Va pertanto riconosciuto agli attori l'importo di € 2.471,20, con riferimento ad una parte delle somme risultanti dalle fatture e dai documenti fiscali prodotti sub doc. n. 5. 
Non possono ritenersi dovuti, invece, gli importi relativi alla restante parte delle spese mediche in quanto non vi è sufficiente prova dell'oggetto della spesa e della sua afferenza alle cure del cane. 
Pertanto, a titolo patrimoniale, agli attori spetta, in solido tra loro, la somma complessiva ed omnicomprensiva di € 2.771,20.  4.12. Tematica molto più complessa è, invece, quella concernente la risarcibilità del danno non patrimoniale da ferimento o perdita dell'animale d'affezione domestico, per tale intendendosi il pregiudizio morale, le sofferenze d'animo e il dolore del padrone dell'animale domestico gravemente leso o deceduto a causa dell'errore colposo del veterinario o del fatto illecito del terzo.  ### contrattuale delle obbligazioni gravanti sul medico, per consolidata interpretazione giurisprudenziale, può essere causa sia di un danno patrimoniale che di un danno non patrimoniale. Elemento essenziale dell'obbligazione, infatti, è la patrimonialità della prestazione, non anche dell'interesse del creditore, che può avere natura sia materiale che morale (art. 1174 c.c.). 
La storica pronuncia delle ### della Corte di Cassazione n. 26972 del 11.11.2008, pone stringenti “paletti” alla risarcibilità dei danni non patrimoniali, al fine di contemperare due esigenze opposte: rispettare il limite di tipicità previsto dall'art. 2059 c.c. e consentire la risarcibilità delle violazioni dei diritti fondamentali della persona umana anche al di fuori delle fattispecie di reato. 
In particolare, secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., il danno non patrimoniale è risarcibile soltanto: a) a fronte di un fatto di reato; b) nelle ipotesi speciali previste dalla legge; c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale. 
Inoltre, la selezione dei danni non patrimoniali risarcibili deve essere effettuata dal giudice attraverso due criteri: la gravità dell'offesa e la serietà del danno. Da qui la non risarcibilità dei c.d. “danni bagatellari”, cioè quei pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie (ad es. il danno da errato taglio di capelli, il danno da rottura del tacco della sposa e così via). 
Tra questi ultimi, la Corte di Cassazione ha ricondotto anche il danno da perdita dell'animale d'affezione perché privo di copertura costituzionale e non afferente ai diritti inviolabili della persona umana. 
Ciò chiarito, evitando qualsiasi ridimensionamento della tematica ad una mera battaglia ideologica sul “diritto animalista”, non può sottacersi che la questione sia ad oggi controversa. 
Da un lato, la stessa Corte di Cassazione, sez. III, investita della questione relativa al danno patito dalla padrona di un gatto deceduto per erronea trasfusione da parte del veterinario, con la pronuncia n. 4493 del 25 febbraio 2009, ha affermato che il giudice di pace, nel giudizio di equità sostitutiva ex art. 113 c.p.c., non è soggetto al limite di tipicità nel risarcimento del danno non patrimoniale previsto dall'art. 2059 c.c. Di conseguenza, il giudice di pace può riconoscere tutela risarcitoria anche fuori dai casi previsti dalla legge e in presenza di lesioni non attinenti ai valori della persona umana, purché il danno sia provato. 
Dall'altro lato, si deve dare atto dell'esistenza di un orientamento giurisprudenziale di merito che, rilevando l'evoluzione della coscienza sociale italiana sul rapporto con gli animali d'affezione domestici, ha in più occasioni riconosciuto la risarcibilità del danno in esame pur mantenendo fermo il rispetto dei criteri fissati dalle ### della Corte di Cassazione. 
A sostegno, in alcune pronunce, la giurisprudenza di merito ha affermato che il rapporto d'affezione con l'animale domestico assume un valore sociale tale da elevarlo al rango di diritto inviolabile della persona umana ai sensi degli artt. 2, 32 e 42 Cost. 
In questa prospettiva, il rapporto tra padrone e animale d'affezione è stato ricostruito come “espressione di una relazione che costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale e, quindi, come vero e proprio bene della persona, tutelato dall'art. 2 della Costituzione” (cfr. Trib. Torino, App., 29.10.2012, n. 6296; Trib. Rovereto, 18.10.2009, 499; Trib. Parma, sez. I, 2.05.2018, n. 605). 
Altre e più recenti pronunce di merito hanno riconosciuto la risarcibilità del danno in parola sul presupposto che “ritenere che la perdita de qua sia futile e non integri la lesione di interesse della persona alla conservazione della propria sfera relazionale-affettiva, costituzionalmente tutelata, non sembra più rispondente ad una lettura contemporanea delle abitudini sociali e dei relativi valori” (cfr. Trib. Pavia, sez. III, 16.09.2016, n. 1266; Trib. Vicenza, 3.01.2017, n. 24). 
Il riferimento all'art. 2 Cost., tuttavia, è stato oggetto di critica da parte della dottrina e della giurisprudenza per la natura “aperta” della norma costituzionale, il cui richiamo, in materia di risarcibilità dei danni non patrimoniali, espone a rischi di strumentalizzazioni volte ad eludere il limite di tipicità di cui all'art. 2059 In altri casi, si è ritenuto invece che la copertura costituzionale fosse rinvenibile nella tutela del diritto di proprietà di cui all'art. 42 Cost., il quale, sebbene afferente ai c.d. rapporti patrimoniali, è da considerarsi diritto fondamentale della persona alla stregua dell'art. 17 della ### dei ### dell'### (c.d. ### di ### del 2000, che, sulla base dell'art. 6 del T.U.E., così come modificato dall'art. 1 del Trattato di ### ha ormai “lo stesso valore giuridico dei trattati” e per ciò, nel disegno delle fonti, si inserisce su un piano di equiordinazione con la ### (cfr. Trib. Bari, 22.11.2011; Trib. Firenze, 21.01.2011). 
Inoltre, sotto il profilo della copertura legislativa, la risarcibilità del danno da perdita dell'animale d'affezione domestico è stata riconosciuta anche sull'assunto che: - lo ###, con la legge n. 201/2010 ha ratificato la ### per la protezione degli animali da compagnia, la quale valorizza l'importanza di questi ultimi per il contributo che essi forniscono alla qualità della vita e il loro valore per la società; - l'art. 13 del Trattato di ### impone agli ### membri di salvaguardare le esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti; - il ####bis del codice penale contiene apposita disciplina penale dei “delitti contro il sentimento per gli animali”; - la l. n. 281/91 pone una serie di principi e norme volte alla protezione degli animali d'affezione e alla prevenzione del randagismo; - l'art. 16, lett. b), l. n. 220/2012 ha aggiunto un ultimo comma all'art. 1138 c.c., in materia di condominio, prevedendo che “le norme del regolamento di condominio non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”; 4.12.1. Ricostruito lo stato dell'arte e venendo al merito del caso di specie, la domanda attorea è fondata e merita accoglimento sull'assunto che il danno morale da perdita dell'animale d'affezione sia allo stato risarcibile nel pieno ed imperturbato rispetto degli irrinunciabili principi enunciati dalla storica pronuncia delle ### della Corte di Cassazione del 2008 sopra citata. 
In favore di tale soluzione militano molteplici argomentazioni logico-giuridiche. 
Anzitutto, sovviene un argomento testuale, riscontrabile nel dictum della pronuncia delle ### del 2008 in risposta al quesito posto dal punto 5 dell'ordinanza di rimessione, sulla “elasticità” della tavola di valori costituzionalmente garantita, in cui la S.C. scrive che la tutela risarcitoria non è “ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla ### nel presente momento storico, ma, in virtù dell'apertura dell'art. 2 Cost. ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all'interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l'ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana”. 
La pronuncia, dunque, ha previsto un meccanismo di adeguamento dinamico-evolutivo dei principi espressi, al fine di sterilizzare il rischio di obsolescenza della tavola di valori rilevanti nel momento storico in cui la decisione è stata adottata. 
In quest'ottica, il rapporto persona umana-animale d'affezione può a tutti gli effetti considerarsi, secondo la coscienza sociale del presente momento storico, come vera e propria formazione sociale, in virtù della medesima interpretazione valoriale-evolutiva utilizzata dalla Corte di Cassazione e dallo stesso legislatore nell'ampliare e riconoscere i diversi modelli di famiglia (cfr. ex multis: Cass. civ., sez. I, 28/02/2020, n.5606 in tema di risarcibilità del danno da morte del partner nella famiglia di fatto come formazione sociale ex art. 2 Cost. e art. 8 CEDU; la l. 20 maggio 2016, n. 76 (c.d. Cirinnà), che ha inquadrato le convivenze e le unioni civili omosessuali nelle formazioni sociali di cui all'art. 2 Cost.). 
Altro argomento a sostegno della decisione è quello ricavabile dall'interpretazione sistematica della mancanza, nella disciplina della responsabilità contrattuale, di una norma analoga all'art.  2059 c.c. dettato in materia di fatti illeciti. 
Fino alla pronuncia delle ### del 2008, tale mancanza è stata ritenuta un ostacolo alla risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale, tant'è che si ricorreva all' escamotage del cumulo di azioni. 
Superata tale lettura, fermi i principi giurisprudenziali espressi dalle ### si ritiene di aderire alla tesi che interpreta la mancanza, nella disciplina contrattuale, di una norma analoga all'art. 2059 c.c., come un'assenza significativa e non casuale, dalla quale si evince che, in sede contrattuale, il danno non patrimoniale è risarcibile in tre casi alternativi: di fronte a un fatto di reato; in presenza di un inadempimento che abbia violato diritti costituzionalmente garantiti e, infine, nel caso in cui il contratto sia finalizzato alla protezione di un diritto o di un interesse non patrimoniale ex art. 1174 In quest'ultimo caso, si ritiene che la funzionalizzazione del contratto alla tutela di un interesse non patrimoniale implichi la necessaria considerazione di tale diritto in sede di perimetrazione del danno risarcibile. In altri termini, nella cornice contrattuale, in ossequio ai principi generali per cui le parti sono i migliori giudici dei loro interessi e “chi dice contratto dice giusto”, al giudice non è consentito traslare nel contratto limiti e condizioni statuiti dal legislatore per la diversa responsabilità aquiliana ed escludere la rilevanza di interessi che evidentemente le parti hanno ritenuto rilevanti. Ne deriverebbe un'ingiustificata ingerenza nell'autonomia negoziale. 
Si aggiunge, inoltre, che in materia contrattuale l'ingiustizia del danno va oltre i confini del “contra jus”, dovendosi ravvisare anche in caso di violazione dei doveri nascenti dal contratto, con il solo limite del nesso di causalità (art.1223 c.c.) e della prevedibilità (art. 1225 c.c.). 
Tale ricostruzione si pone in continuità con i principi espressi dalle pronunce della Corte di Cassazione nelle quali si è affermato che, nel caso d'inadempimento contrattuale del datore di lavoro all'interno del rapporto di lavoro subordinato, vi è un “diretto accesso alla tutela di tutti i danni non patrimoniali, e quindi non è necessario, per superare le limitazioni imposte dall'art.  2059 cod. civ., verificare se l'interesse leso … sia meritevole di tutela in quanto protetto a livello costituzionale” (cfr. Cass., civ., SS.UU., 24.03.2006, n. 6572) e si è riconosciuto il danno non patrimoniale da lesione del diritto di credito (cfr. Cass., II, 15.10.2009, n. 21925).  4.12.2. Inoltre, il rispetto dei necessari e imprescindibili criteri di selezione delle conseguenze risarcibili posti dalla pronuncia delle ### del 2008, ossia la gravità dell'offesa e la serietà del danno, è questione strettamente processuale-probatoria ben diversa dall'astratta ammissibilità nell' an della risarcibilità del danno da perdita dell'animale d'affezione. 
Sotto il profilo probatorio, nel caso di specie, è stata raggiunta la prova dell'esistenza e dell'efficienza causale dell'errore colposo del veterinario convenuto; gli attori hanno allegato diffusamente la natura e la rilevanza del rapporto che li legava all'animale ed hanno fornito amplissima documentazione sia clinica che fotografica, riferibile al periodo che va dalla nascita del cane sino al decesso, comprovante il livello di cure, affetto e attenzione da essi rivolto all'animale, nonché lo stabile e duraturo inserimento del cane nel sodalizio familiare (cfr. docc.  2, 3 e 5 attori), da cui è consentito presumere la sicura sofferenza e il dolore provato dagli odierni attori. 
Pertanto, considerate tutte le circostanze del caso concreto, con il contemperamento della non equiparabilità della perdita dell'animale d'affezione domestico ad un “lutto” e della temporaneità del pregiudizio morale data dalla superabilità dell'evento seppure doloroso per i padroni, si ritiene che il danno lamentato dagli attori sussista e sia conseguenza normale dell'inadempimento imputabile a parte convenuta, stimandosi, in via meramente equitativa, in € 600,00 per ciascun attore. 
Considerata la mancanza di prova di ulteriori pregiudizi di naturale morale, la quale impedisce la personalizzazione e l'ulteriore valorizzazione del danno patito dagli attori, il parametro sopra indicato non può essere travalicato in quanto già comprensivo delle conseguenze pregiudizievoli ritenute ordinarie nei casi simili secondo l'id quod plerumque accidit (cfr. Cass. civ., 27 maggio 2019 n. 14364). La personalizzazione, infatti, non costituisce mai un automatismo, ma richiede l'individuazione di specifiche circostanze ulteriori rispetto a quelle ordinarie e soggette alle regole probatorie di legge.  4.13. Conclusivamente, alla luce di tutto quanto sopra rappresentato, parte convenuta deve essere condannata al pagamento, in favore degli attori, in solido, di tutti i danni patrimoniali subiti, liquidati complessivamente in € 2.771,20, e di tutti i danni non patrimoniali subiti liquidati in € 600,00 per ciascuno. Sugli importi, trattandosi di risarcimento del danno e, dunque, di debito di valore, spettano gli interessi legali e la rivalutazione monetaria. 
Oltre alla rivalutazione del credito, già determinato nel suo complessivo ammontare ai valori attuali, vanno riconosciuti gli interessi per ritardato pagamento, liquidati in conformità al consolidato orientamento assunto sul punto sulla scorta della nota pronuncia della Corte di Cassazione S.U. con la sentenza n. 1712/95. Tale sentenza da un lato ha riconosciuto la risarcibilità del lucro cessante derivato al danneggiato per la perdita dei frutti che avrebbe potuto trarre dalla somma dovuta se questa fosse stata tempestivamente corrisposta, danno liquidabile anche con l'attribuzione di interessi la cui misura va tuttavia determinata secondo le circostanze obiettive e soggettive relative al danno nel caso di specie, ad un tasso non necessariamente coincidente con quello legale; dall'altro, ha escluso che si possa assumere a base del calcolo di tale danno la somma liquidata come capitale nella misura rivalutata definitivamente al momento della pronuncia. 
In applicazione di tali criteri, ed in via necessariamente equitativa ex art. 2056, co. 2° c.c., si ritiene di determinare l'ulteriore somma dovuta a titolo di lucro cessante facendo riferimento -in assenza di elementi che consentano di ritenere nel caso di specie un investimento maggiormente remunerativo della sommaal tasso medio di redditività degli investimenti mobiliari a basso rischio (titoli di Stato, ### CCT ecc.) nel periodo in questione, ed applicando così un ulteriore 1,44% annuo, calcolato dalla data dell'evento dannoso (novembre 2010) e sino alla data della presente sentenza (cfr. Cass. S.U. 16-7-2008 n. 19499). 
In applicazione dei criteri sopra indicati tale tasso deve essere calcolato non sulla somma capitale ai valori attuali bensì con riferimento al valore medio tra il capitale al valore attuale e la somma dovuta alla data dell'illecito (novembre 2010), provvedendo ad adeguare il valore del capitale utilizzando il coefficiente ### relativo al periodo in questione.  5. Le spese di lite. 
Le spese di lite seguono la soccombenza, onde sono poste a carico di parte convenuta e liquidate in favore degli attori in solido in complessivi € 1.200,00, comprensivi di spese vive. 
Le spese di c.t.u., separatamente liquidate, sono definitivamente poste a carico della dott.ssa ### convenuta.  P.Q.M.  Il Tribunale Civile di ### definitivamente pronunciando sulla domanda in epigrafe, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così decide: - dichiara tenuta e condanna ### al pagamento in favore di ### e ### di complessivi € 2.771,20 in solido, a titolo di danno patrimoniale, e di complessivi € 600,00 ciascuno, a titolo di danno non patrimoniale, oltre agli interessi per ritardato pagamento determinati come indicato in parte motiva ed oltre agli interessi legali sulle somme complessivamente dovute dalla data della presente sentenza al saldo; - condanna ### al pagamento in favore di ### e ### delle spese di lite, che si liquidano in complessivi € 1.200,00, oltre spese forfettarie in ragione del 15% ed oneri previdenziali e fiscali come per legge; - pone definitivamente a carico di ### le spese di ctu. 
Così deciso in ### 28 maggio 2020. 
IL GIUDICE W. ### minuta del presente provvedimento è stata redatta con la collaborazione del ### (D.M. 03.01.2020). 
RG n. 16960/2015

causa n. 16960/2015 R.G. - Giudice/firmatari: Verusio Wanda

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