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TRIBUNALE DI NAPOLI ### REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli, ### e ### in funzione del giudice monocratico dr.ssa ### ha pronunciato, in data ###, la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 19040/2022 del R.G.A.C. Sez. ### e #### rappresentato e difeso, come in atti, dall'avv. ### con la quale è elettivamente domiciliat ###atti RICORRENTE E ### s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., rapp.to e difeso, come in atti, dall'avv. ### con il quale è elettivamente domiciliato in Napoli alla via ### n° 45 RESISTENTE NONCHE' I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, in virtù di giusta procura ad lites per ### del 21.07.15 repertorio n. 80974, rogito 21569, dall'avv. ### con la quale è elett.te domiciliato in Napoli presso la sede ### di via A. ###, RESISTENTE OGGETTO: accertamento rapporto e spettanze ### come in atti RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data ### parte ricorrente in epigrafe indicata esponeva di aver prestato attività lavorativa subordinata alle dipendenze della società ### srl, in qualità di operaio, con mansione di elettricista, senza soluzione di continuità dal 1 aprile del 2012 al 25 febbraio del 2021, allorquando aveva rassegnato le dimissioni per giusta causa; di aver svolto la propria attività lavorativa presso la sede operativa di ####, alla via ### n. 209/D e di aver sempre osservato un orario lavorativo articolato, dal lunedì al venerdì ,dalle ore 8:30 alle ore 19:00 (con un'ora per la pausa pranzo); di aver svolto, per tutto l'arco temporale indicato, attività di elettricista consistente nell'assemblaggio e cablaggio di apparecchi di illuminazione e eventuale montaggio di essi fuori sede nonché nell'esecuzione di tutte le attività attinenti alla elettricità (quali esemplificativamente riparazione di impianti guasti ovvero creazione di nuovi impianti), con diritto all'inquadramento nel livello 3 del ### - ### di aver percepito, a titolo di retribuzione ed a mezzo bonifici bancari, una somma non corrispondente a quella indicata in busta paga essendo stato costretto dal proprio datore di lavoro, sig. ### alla restituzione, ogni mese, nelle mani di ### e ### dipendenti della società, della somma di € 500,00, come era evincibile (quantomeno presuntivamente) dalle copie degli estratti conto del periodo dalle quali si evinceva un prelievo costante di € 500,00 ogniqualvolta riceveva lo stipendio; che la restituzione della somma suindicata era avvenuta dall'assunzione e fino al mese di maggio del 2020, allorquando si era ribellato alla pratica illegittima; di aver diritto, per l'anno 2019, a complessivi € 4.076,23 e, più precisamente, a una differenza per lavoro straordinario diurno per complessivi € 2902,23 (€ 394,07 per maggio, € 397,08 per giugno, € 324,28 per luglio, € 198,48 per agosto, 397,08 per settembre, 397,08 per ottobre, 397,08 per novembre e 397,08 per dicembre) e a una differenza retributiva per ferie non godute (gestione oraria) per € 1.174,00, per l'anno 2020 a complessivi € 10.368,46 e più precisamente, a una differenza per lavoro straordinario diurno per complessivi € 3.857,78 (€ 397,08 per gennaio, € 397,08 per febbraio, € 224,60 per marzo, € 405,61 per giugno, € 405,57 per luglio, € 405,57 per agosto, € 405,57 per settembre, € 405,57 per ottobre, e 405,57 per novembre, € 405,57 per dicembre), a una differenza per lavoro supplementare (lavori parttime) per complessivi € 5.711,28 ( € 951,88 per luglio, € 951,88 per agosto, € 951,88 per settembre, € 951,88 per ottobre, € 951,88 per novembre, € 951,88 per dicembre) e a una differenza retributiva per ferie non godute (gestione oraria) per € 799,39, per l'anno 2021 a complessivi € 1.906,24 e, più precisamente, a una differenza di € 55,81 rispetto al minimo contrattuale dovuto, a una differenza di € 50,00 per scatti di anzianità non corrisposti, a una differenza di € 405,57 per lavoro straordinario diurno e a una differenza di complessivi € 1.394,86 (€ 951,88 per gennaio e € 442,98 per febbraio); che, sebbene l'illegittimità del trattamento ricevuto riguardasse tutto il periodo lavorativo indicato, il presente ricorso era finalizzato alla regolarizzazione del rapporto contrattuale (in termini retributivi e contributivi) e al soddisfacimento dei diritti relativi per il solo periodo maggio 2019- febbraio 2021, in quanto, periodicamente, per il periodo precedente, era stato “costretto” dal datore di lavoro a firmare verbali di conciliazione sindacale; di aver diritto, in definitiva, a complessivi € 16.350,94 a titolo di differenze retributive, oltre ad € 1.221,74 per TFR ed € 6.000,00 per avvenuta illegittima restituzione di € 500,00 mensili dal mese di maggio 2019 al mese di aprile del 2020 sul netto indicato in busta paga, per un totale di € 23.572,68, il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Tanto premesso conveniva la società resistente dinanzi all'adito Tribunale al fine di ottenere l'adozione dei seguenti provvedimenti di giustizia: ““ a) accertare e dichiarare, per tutto quanto esposto in atto, la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato ordinario e a full-time, senza soluzione di continuità dal 1 maggio 2019 al 25 febbraio 2021; b) accertare e dichiarare, sempre per tutto quanto esposto in atti, che il ricorrente non ha ricevuto per tutto il periodo lavorativo sopra indicato la adeguata retribuzione prevista dal ### settore ### - aziende industrialidel quale si allega copia in estratto, e comunque una retribuzione commisurata alla quantità e qualità della prestazione resa; c) per l'effetto, condannare la società ### srlc.f. ###-, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle differenze retributive (differenze paga, straordinario, tredicesima, indennità di ferie e permessi non goduti) e al pagamento del trattamento di fine rapporto lavoro per il periodo maggio 2019 - febbraio 2021 per un totale di € 19.182,73 oltre € 6.000,00 per avvenuta restituzione di € 500,00 mensili al datore di lavoro sulla retribuzione (per il periodo maggio 2019-maggio 2020), ovvero per la complessiva somma di € 23.572,68, il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria, per le causali analiticamente sopra esposte e comunque dettagliatamente riportate nel prospetto conteggi, allegato al ricorso e che forma parte integrante e sostanziale del presente ricorso o alla somma maggiore o minore che verrà determinata in corso di causa; d) ordinare a carico della società ### srlc.f. ###-, in persona del legale rappresentante pro tempore, la ricostituzione della posizione previdenziale ed assistenziale del ricorrente presso l'### mediante il versamento dei contributi dovuti per legge per il periodo maggio2019-febbraio 2021, in ragione dell'effettivo rapporto di lavoro ordinario e a full-time intercorso tra le parti”; il tutto con vittoria di spese di lite.
La società resistente si costituiva in giudizio ed esponeva che il ricorrente era stato assunto alle sue dipendenze con contratto di lavoro di apprendistato professionalizzante con decorrenza dall'11.4.2012, della durata di n. 36 mesi e con scadenza al 10.4.2015, convertito, al termine della sua durata, in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con inquadramento al III liv. del ### in applicazione in azienda; che, in merito all'orario di lavoro, nel corso del rapporto era stata fatta dal ricorrente stesso una richiesta di riduzione dello stesso giustificata dalla necessità di partecipare alla nuova iniziativa imprenditoriale della moglie che gestiva un'attività di vendita e noleggio di scooter elettrici; che, a far data dal 1° maggio 2015, l'orario di lavoro, su sua richiesta, era stato ridotto a n. 30 ore settimanali, dalle 9:00 alle 16:00, dal lunedì al venerdì; che, a partire dal 1° aprile 2016, gli era stato aumentato a n. 34 ore settimanali; che dal 1° marzo 2018 era stato riportato a n. 30 ore settimanali e dal 1° maggio 2018 era stato nuovamente trasformato in rapporto full time; che, solo a partire dal 1° luglio 2020 e fino alla sua cessazione, il rapporto di lavoro del ricorrente era stato nuovamente trasformato, sempre su sua richiesta, in part time per n. 20 ore settimanali, dal lunedì al venerdì, dalle 9:00 alle 13:00; che giammai i sig.ri ### e ### avevano riscosso somme dal ricorrente né, tantomeno, lo avevano fatto in nome e per conto del sig. ### da considerarsi del tutto estraneo alla asserita vicenda restitutoria coì come descritta nel corpo del ricorso ed in relazione alla quale si eccepiva, in ogni caso, anche la carenza di legittimazione passiva in quanto, a tutto concedere, il versamento da parte del ricorrente delle suindicate somme al sig. ### sarebbe stato fatto alla persona in quanto tale e non certo alla società, per cui la restituzione dell'indebito avrebbe dovuto, casomai, essere richiesto alla persona fisica e non certo alla società la quale aveva, in ogni caso, assolto alla sua obbligazione derivante dal sinallagma contrattuale; che, infine, l'invocata presunzione circa l'effettuazione di prelievi mensili dal proprio conto corrente di somme equivalenti a € 500,00 non poteva considerarsi affatto tale dal momento che era comune esperienza il prelievo di somme in contanti dal proprio conto corrente; che si contestavano i conteggi effettuati in quanto scorretti e sproporzionati essendo comprensivi anche di specifici periodi in cui il ricorrente aveva usufruito di ferie o malattia e dai quali andavano, in ogni caso, scorporati gli importi previsti in busta paga a titolo di trasferta e rimborso spese avendo costui riconosciuto nell'atto introduttivo del giudizio di aver reso la sua prestazione lavorativa sempre presso la sede della società.
Concludeva, pertanto, per il rigetto della domanda attorea con vittoria di spese di lite.
A seguito di ordine giudiziale di integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c. si costituiva in giudizio l'### il quale, a sua volta, formulava le seguenti conclusioni chiedendo “ il rigetto del ricorso, nonché dichiararsi il difetto di legittimazione passiva dell'### per i profili attinenti al prestazione lavorativa e la regolarizzazione contributiva; - - dichiararsi la prescrizione quinquennale dei contributi; decennale del diritto alla costituzione della rendita vitalizia e del risarcimento del danno, nonché quinquennale del diritto al tfr ed ad eventuali ratei di pensione; - in via subordinata, e nella denegata ipotesi codesto giudice dovesse accogliere il presente ricorso, ed aderendo in parte alla domanda di regolarizzazione contributiva svolta dal ricorrente (ove il Tribunale, accerti la fondatezza dei fatti dedotti in ricorso), che si condanni il datore di lavoro al pagamento in favore dell'### della contribuzione che risulterà effettivamente evasa/omessa in relazione al rapporto di lavoro intercorso con il ricorrente, oltre sanzioni civili ed interessi ex lege, nei limiti della prescrizione rilevabile d'ufficio”; il tutto con vittoria di spese di lite.
In corso di causa era ammessa ed espletata la prova testimoniale ed, all'esito della stessa, si procedeva ad una consulenza tecnico-contabile.
All'odierna udienza il Tribunale osserva che: La domanda è parzialmente fondata nei limiti di cui alla presente motivazione.
Nella fattispecie di cui è causa risulta documentalmente provata oltre che pacifica tra le parti l'esistenza di un rapporto di lavoro connotato nei termini della subordinazione per effetto dell'avvenuta assunzione del ricorrente con contratto di lavoro di apprendistato professionalizzante con decorrenza dall'11.4.2012, della durata di n. 36 mesi e con scadenza al 10.4.2015, convertito, al termine della sua durata, in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con inquadramento dell'istante, come operaio, nel 3 livello del ### di ### - ### ( cfr. buste paga; modulo di dimissioni) Tanto premesso, parte ricorrente lamenta, innanzitutto, in questa sede ###orario lavorativo ben superiore rispetto a quello risultante dalle buste paga in atti articolato dal lunedì al venerdì dalle ore 8:30 alle ore 19:00 (con un'ora per la pausa pranzo) e di aver, pertanto percepito una retribuzione del tutto inadeguata rispetto alla quantità del lavoro svolto.
A fronte di ciò la società resistente ha eccepito di averlo sempre adeguatamente retribuito sulla base delle ore di lavoro effettivamente prestate così come risultanti dalle buste paga in atti.
Tanto premesso in fatto, in punto di diritto, facendo applicazione dei principi giurisprudenziali relativi al riparto dell'onere della prova, si devono distinguere - tra i vari titoli ### indicati nei conteggi dalla odierna parte ricorrente - quelli in riferimento ai quali la medesima parte era gravata soltanto dall'onere di provare l'esistenza del singolo titolo (il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro subordinato) e di mera deduzione delle proprie pretese fondate su di esso e quegli altri in relazione ai quali la parte ricorrente era gravata da un onere della prova dell'esistenza di altri fatti costitutivi del diritto vantato.
Difatti il diritto vivente - nell'applicare i principi di cui agli artt. 1218,1453 ss. e 2697 c.c. - ha chiarito che, in materia contrattuale, "### del creditore dall'onere di provare il fatto negativo dell'inadempimento in tutte le ipotesi di cui all'art. 1453 c.c. (e non soltanto nel caso di domanda di adempimento), con correlativo spostamento sul debitore convenuto dell'onere di fornire la prova del fatto positivo dell'avvenuto adempimento, è conforme al principio di riferibilità o di vicinanza della prova.
In virtù di tale principio, che muove dalla considerazione che il creditore incontrerebbe difficoltà, spesso insuperabili, se dovesse dimostrare di non aver ricevuto la prestazione, l'onere della prova viene, infatti, ripartito tenuto conto, in concreto, della possibilità per l'uno o per l'altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione.
Ed appare coerente alla regola dettata dall'art. 2697 c.c., che distingue tra fatti costitutivi e fatti estintivi, ritenere che la prova dell'adempimento, fatto estintivo del diritto azionato dal creditore, spetti al debitore convenuto, che dovrà, quindi, dare la prova diretta e positiva dell'adempimento, trattandosi di fatto riferibile alla sua sfera di azione" (Cassazione civile SS. UU. 30 ottobre 2001 n. 13533; in senso conforme cfr. Cass. 982/2002; Cass. 13925/2002; Cass. 18315/2003; Cass. 6395/2004; 8615/2006; Cass. 13674/2006; Cass. 1743/2007).
Pertanto il creditore che agisce per l'adempimento o per la risoluzione o per il risarcimento del danno da inadempimento ha solo l'onere di dimostrare l'esistenza del titolo ### - cioè l'esistenza del contratto stipulato con il debitore o del rapporto di lavoro - e di dedurre lo specifico fatto costitutivo della propria domanda, gravando, poi, sul debitore l'onere di dimostrare di aver già adempiuto o che il proprio inadempimento è di scarsa importanza (art. 1455 c.c.) o che il termine di adempimento già inutilmente decorso non aveva natura essenziale per il creditore (art. 1457 c.c.) o che l'inadempimento o il ritardo sono stati determinati da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore (art. 1218 c.c.).
Sono assoggettate a tale ### criterio di riparto dell'onere di deduzione e di prova le pretese relative alla retribuzione ordinaria, alla 13°, alla 14°, al ### a tutto ciò che il ### di settore riconosce al lavoratore senza prevedere ulteriori specifiche condizioni, all'indennità di mancato preavviso (laddove le dimissioni del lavoratore siano state cagionate proprio dall'inadempimento del datore di lavoro alla obbligazione retributiva).
Laddove la parte convenuta non abbia fornito in giudizio la prova dell'esistenza di fatti estintivi o impeditivi delle pretese vantate dalla parte ricorrente per tali titoli spetta, quindi, alla parte ricorrente il relativo pagamento.
Sono, invece, assoggettate al criterio generale in materia di onere della prova ex art. 2697 (affirmanti incumbit probatio) le seguenti voci: lavoro straordinario e/o supplementare, maggiorazione lavoro festivo e domenicale, festività, ferie non godute e non retribuite, permessi retribuiti non goduti e non pagati.
Inoltre occorre evidenziare che, in caso di contumacia della parte convenuta, opera la c.d. ficta contestatio dei fatti dedotti dalla parte ricorrente (cfr. art. 115 c.p.c.) e che, pertanto, grava, interamente, su quest'ultima l'onere di provare l'esistenza di fatti costitutivi delle proprie domande.
Tuttavia - nel caso in cui le buste paga redatte dal datore di lavoro indichino l'esistenza di lavoro straordinario o supplementare, di lavoro festivo e domenicale, di ferie non godute e di permessi retribuiti non goduti - ad esse va attribuita efficacia probatoria di confessione stragiudiziale ex artt. 2730 e ss. (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 30/01/2017, n. 2239) e, dunque, grava sul datore di lavoro l'onere di provare l'avvenuto pagamento di tali componenti retributive.
Parimenti, per quanto riguarda il valore probatorio delle buste paga in atti, è, poi, opportuno richiamare testualmente quanto sostenuto in una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, alla quale questo giudice ritiene di aderire pienamente, laddove si è statuito che “ l'art. 1 della legge 5 gennaio 1953 n. 4 impone al datore di lavoro l'obbligo, anche penalmente sanzionato (art. 5), di consegnare ai lavoratori dipendenti, all'atto della corresponsione della retribuzione, un prospetto contenente l'indicazione di tutti gli elementi costitutivi della retribuzione medesima. Siffatto obbligo, secondo l'indirizzo già espresso da questa Corte (v. Cass. 13 aprile 1992 n. 4512, conforme a Cass. 6 marzo 1986 n. 1484), oltre a non implicare l'invalidità dei pagamenti eseguiti in violazione di esso, non attiene neppure alla prova di tali pagamenti, ond'è che, avendone l'onere (art. 2697 c.c.), compete, tuttavia, al datore di lavoro stesso, il quale non possa provare la corresponsione di quanto dovuto al dipendente a titolo di retribuzione mediante la normale documentazione liberatoria data dalle regolamentari buste paga recanti la firma dell'accipiente, fornire la prova rigorosa dei relativi pagamenti che abbia in effetti eseguito in relazione ai singoli crediti vantati dal lavoratore e della cui sussistenza sia stata acquisita la dimostrazione. In altra non dissimile fattispecie, questa stessa Corte (v. Cass. 13 giugno 1987 n. 5227) ha, altresì, osservato che le annotazioni sui prospetti paga non costituiscono, ove il lavoratore contesti che esse rispecchino la reale situazione di fatto, elemento idoneo, di per sè solo, a sorreggere l'assunto del datore di lavoro dell'effettiva corresponsione di determinati emolumenti o dell'effettiva sussistenza della causa giustificativa di determinate trattenute operate sulla retribuzione. Da un siffatto contesto normativo ed interpretativo si evince chiaramente il principio secondo cui, non solo non sussiste preclusione di sorta al diritto del lavoratore che non abbia esposto contestazioni all'atto del ricevuto pagamento, quanto poi che non esiste affatto una presunzione assoluta (o di "piena fede") di corrispondenza della retribuzione percepita rispetto a quella risultante dai prospetti paga, neppure allorquando questi ultimi rispondano ai requisiti di normale documentazione liberatoria (riscontro nei libri paga o registri equipollenti e quietanze). Dal ché l'ulteriore rilievo che, l'onere probatorio dimostrativo di quella non corrispondenza può incombere sul lavoratore soltanto in presenza di provata regolarità della documentazione liberatoria e del rilascio di quietanze da parte del lavoratore medesimo. In caso diverso, quindi, per quanto si è visto, spetta al datore di lavoro fornire la prova rigorosa dei relativi pagamenti che abbia in effetti eseguito”. (Cassazione civile, sez. lav., 04 febbraio 1994, n. 1150.
Tanto chiarito in punto di diritto, con riferimento alla fattispecie concreta oggetto del presente giudizio e con specifico riferimento al maggiore orario lavorativo che parte ricorrente assume di aver prestato rispetto a quello risultante dalle buste paga in atti, come già innanzi evidenziato, il lavoratore che agisce per ottenere il compenso per il lavoro svolto in eccedenza, rispetto all'orario originariamente pattuito a seguito di richiesta formulata dal datore nell'esercizio del potere direttivo e organizzativo in capo a quest'ultimo, ha, innanzitutto, l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro e, ove egli riconosca di aver ricevuto una retribuzione ma ne deduca l'insufficienza, come nel caso di specie, è altresì tenuto a provare il numero di ore effettivamente svolte, con specifico riferimento alla collocazione cronologica delle prestazioni lavorative eccedenti il normale orario di lavoro.
Consolidate e condivisa giurisprudenza di legittimità ha sostenuto che la prova può essere fornita dal lavoratore con qualunque mezzo, ma non si può sostituire alla stessa il giudizio equitativo del giudice che potrà intervenire esclusivamente dinnanzi ad un diritto del lavoratore provato e, quindi, certo ( Cass. n. 9906/2015; n. 19299/2014; n. 1389/2013). Ebbene, il rigore della prova esige il preliminare adempimento dell'onere di una specifica allegazione, dalla parte che ad essa sia tenuta, del fatto costitutivo (nel caso di specie: diritto al compenso per lavoro straordinario): secondo la circolarità, propria del processo del lavoro, tra oneri di allegazione, di contestazione e di prova (Cass. s.u. 17 giugno 2004, n. 11353; Cass. 9 febbraio 2012, n. 1878; Cass. 4 ottobre 2013, n. 22738)" (Cass. 16150/2018).
Ed ancora: "il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per il lavoro straordinario ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro, senza che possa farsi ricorso, nel relativo accertamento, al criterio equitativo di cui all'art. 432 c.p.c., atteso che tale norma riguarda la valutazione del valore economico della prestazione lavorativa e non già la sua esistenza (cfr. Cass. 4668 del 1993; Cass. n. 14466 del 1999; Cass. n. 1389 del 2003) (...) la valutazione sull'assolvimento dell'onere probatorio in ordine al lavoro straordinario prestato costituisce accertamento di fatto ( n. 12434 del 2006; Cass. n. 3714 del 2009), così come quello in ordine alla mancata fruizione di permessi e ferie" (Cass. n. 16951/2018).
In ordine alla fruizione delle ferie e delle festività soppresse va, poi, rammentato che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per il lavoro feriale, straordinario, ovvero l'indennità sostitutiva delle ferie non godute, ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro e/o durante il periodo destinato alla fruizione delle ferie e, ove riconosca di aver ricevuto una retribuzione ma ne deduca l'insufficienza, è altresì tenuto a provare il numero di ore effettivamente svolto (cfr., ex plurimis, Cass. Civ., Sez. Lav., 16 febbraio 2009, n. 3714; 25 maggio 2006, n. 12434; 3 febbraio 2005, n. 2144; 29 gennaio 2003, 1389). ###, inoltre, ha avuto modo di chiarire che, spettando al lavoratore dare la prova dell'effettiva prestazione del lavoro straordinario e/o feriale, non può ritenersi come dato acquisito al processo l'avvenuta prestazione di attività lavorativa oltre il normale orario ovvero nel periodo coincidente con quello feriale per il solo fatto che manchino contestazioni sul punto da parte del datore di lavoro: la controparte, infatti, non ha l'onere di fornire alcuna prova contraria se l'attore viene meno al suo onere probatorio (cfr., al riguardo, la sent. n. 3714/2009 cit., che ha precisato che neppure eventuali - ma non decisive - ammissioni del datore di lavoro sono idonee a determinare una inversione dell'onere della prova).
Ciò posto, nella vicenda de qua, passando all'esame delle deposizioni testimoniali assunte in corso di causa, il primo teste di parte ricorrente, ### ha dichiarato: “Indifferente. Conosco il ricorrente in quanto sono stato suo collega di lavoro presso la società resistente dal 2017 al 2020, se ben ricordo fino al 20 gennaio 2020. Il mio rapporto di lavoro è cessato in data ### per le dimissioni da me rassegnate per mie motivazioni personali. Non ho mai intentato alcun giudizio nei confronti della società resistente. Quando io ho cominciato a lavorare nel 2017 il ricorrente era già in servizio, mentre, se ben ricordo, il suo rapporto di lavoro cessò qualche mese prima che io andassi via nel gennaio 2020. Io ero addetto al montaggio e all'assemblaggio di apparecchi di illuminazione da design. Il mio orario lavorativo era articolato dal lunedì al venerdì, dalle 8.00 - 8.15 fino alle 19.00- 19.30, con un'ora per la pausa pranzo. A seconda delle esigenze datoriali ho lavorato anche di sabato dalle 8.00 - 8.15 alle 13.30- 14.00, con un minimo di due volte al mese e a volte anche di più a richiesta del datore di lavoro. ### lavorativo di parte ricorrente è stato articolato esattamente come il mio e non ha mai subito variazioni nel corso degli anni. Sia io che il ricorrente abbiamo generalmente usufruito di una o due settimane di ferie nel corso del mese di agosto”.
Trattasi di una deposizione testimoniale da ritenersi, a parere della scrivente, particolarmente attendibile in quanto resa da un soggetto non solo a diretta conoscenza dei fatti di causa per essere stato ex collega di lavoro del ricorrente ma, allo stesso tempo, totalmente estraneo ad entrambe le parti in causa e del tutto disinteressato all'esito del presente giudizio essendosi dimesso dalla società resistente per motivazioni personali senza intentare alcun giudizio nei confronti della stessa.
Le sue dichiarazioni sono state, altresì, confermate anche dai due ulteriori testi di parte ricorrente.
Ed, infatti, il teste ### ha riferito: “ ### il padre del ricorrente. Mio fratello era titolare di un'impresa edile di nome ### se non ricordo male, e lì ho lavorato come operaio alle dipendenze di mio fratello dal 2011 al 2017. Mio fratello si chiama ### La società resistente si è avvalsa della ditta individuale, gestita da mio fratello, per la realizzazione di alcuni lavori attinenti all'edilizia. Preciso che per la ### sono stati ristrutturati tre capannoni nonché gli uffici della società, tutti situati presso la sede ###### alla via ### che affaccia anche a via Napoli, dove c'è un accesso pedonale. Si tratta di lavori che sono stati eseguiti in diversi archi temporali, che non so indicare in maniera precisa ed in ordine ai quali posso solo dire che avevano una durata da un minimo di un mese a un massimo di tre mesi. Per l'esecuzione di questi lavori ci recavamo presso la sede della ### dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 17, con un'ora di pausa per il pranzo e a volte anche il sabato dalle 8 alle 13. In queste circostanze, allorquando anche io ho lavorato presso la sede della resistente, ho sempre visto mio figlio in servizio. Mio figlio arrivava al lavoro alle 8.30 anzi 8.15 e restava lì in servizio quando io andavo via alle 17. Preciso che arrivava alle 8.15 per poi cominciare a svolgere la propria attività alle 8.30. Mio figlio si occupava del cablaggio dei lampadari. Non ho mai frequentato la sede della ### al di fuori delle circostanze che ho prima riferito. Non ricordo se con la ditta di mio fratello abbiamo o meno effettuato lavori per la resistente anche nel periodo estivo”.
Ed, infine, la terza teste di parte ricorrente, ### ha dichiarato: ADR “### la moglie del ricorrente, in separazione dei beni. Anch'io ho lavorato alle dipendenze della società resistente per un paio di mesi, che non so meglio collocare temporalmente, ma che è in ogni caso sono compresi tra il 2019 e il 2021. In quel frangente mi occupavo del cablaggio degli apparecchi elettronici, prelevavo il lavoro occorrente dai locali aziendali e lo effettuavo a casa. Mi recavo, pertanto, presso l'azienda circa una volta a settimana, quando terminavo il materiale per prelevare quello per il lavoro successivo e mi trattenevo all'incirca mezz'ora o al massimo un'ora. Non ho avuto occasione di frequentare i locali aziendali in un altro frangente temporale. Mi è capitato, invece, all'incirca tre o quattro volte a settimana, di accompagnare mio marito al lavoro alle ore 8:30 e di andarlo a riprendere alla fine del suo orario di lavoro intorno alle ore 19:30- 20:00, in quanto avevamo una sola macchina ed, avendo due bambini piccoli, mio marito era solito lasciarla a me. In questi casi lasciavo mio marito fuori al cancello dell'azienda, dove, poi, l'aspettavo all'uscita. Se ben ricordo mio marito ha sempre usufruito di un periodo di ferie durante i mesi estivi pari a 7-15 giorni mentre non ha usufruito di ferie nel restante periodo dell'anno”.
Dal complesso delle dichiarazioni testimoniali rese dai testi di parte ricorrente è, pertanto, risultato confermato l'orario lavorativo così come dedotto nel corpo del ricorso introduttivo e, pertanto, dal lunedì al venerdì dalle ore 8:30 alle ore 19:00 (con un'ora per la pausa pranzo).
Né, al fine di pervenire a diverse conclusioni, possono rilevare le dichiarazioni rese dai testi di parte resistente.
Ed, infatti, il primo teste di parte resistente, ### ha dichiarato: “Indifferente. Conosco i fatti di causa in quanto sono dipendente della società resistente dal 5 agosto 2005 ad oggi. Se ben ricordo, il ### ha cominciato a lavorare per la resistente negli anni 2012/2013 fino a febbraio del 2021. ### da sempre impiegata amministrativa, con un orario di lavoro che è stato sempre articolato, dall'inizio ad oggi, dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00. Non ho mai lavorato di sabato perché l'attività aziendale è chiusa in quella giornata. Se ben ricordo nel 2019 l'orario lavorativo del ### era full-time e, quindi, era articolato come il mio e questo fino ai primi mesi del 2020; successivamente e fino al febbraio 2021 l'orario lavorativo del ### è stato part-time, articolato, cioè, dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00. ###à aziendale è sempre restata chiusa nel corso degli anni per circa 2-3 settimane ad agosto e, se ben ricordo, solo per una settimana ad agosto nel 2020 a causa del Covid”.
Il secondo teste di parte resistente, ### ha dichiarato: “ Indifferente. ### un dipendente della società resistente da venti anni. Ho conosciuto il ricorrente allorquando costui ha cominciato a lavorare per la ### dal 2012. Io sono sempre stato impiegato come magazziniere, con un orario lavorativo articolato dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 17.30. A volte ho lavorato anche il sabato, a seconda delle esigenze datoriali, all'incirca un paio di volte al mese, dalle ore 8.30 alle 13.00. ### ha osservato il mio medesimo orario lavorativo, per cui anche lui come me arrivava la mattina circa cinque-dieci minuti prima per parcheggiare la macchina e, poi, prendere servizio. Andavamo via insieme alle ore 17.30. Sia io che il ricorrente abbiamo usufruito di tre settimane di ferie nel corso del mese di agosto, oltre a qualche altro residuo giorno nel periodo natalizio….###à aziendale iniziava alle 8.30 e cessava alle 17.30. Se ben ricordo, per circa un anno o due anni, non so essere più preciso al riguardo, il ricorrente ha osservato un orario lavorativo ridotto nel senso che finiva la propria attività lavorativa alle ore 16.00 poiché la moglie aveva aperto una propria attività commerciale e il ricorrente la aiutava”.
Entrambi i testi di parte resistente hanno, pertanto, smentito l'orario lavorativo così come dedotto in ricorso rendendo, però, dichiarazioni, in ordine a tale specifico profilo, non perfettamente concordanti tra loro, così da minarne certamente l'attendibilità. Ed, infatti, non può non considerarsi che entrambi lavorino tuttora alle dipendenze della società resistente, circostanza, quest'ultima, che seppure non determina l'incapacità di testimoniare ex art. 246 cod. proc. civ., incide notevolmente sull'attendibilità dei testi escussi e sulla verosimiglianza delle deposizioni.
Si consideri, in proposito, che, secondo consolidata giurisprudenza (Cass. 6.4.1982, n. 2125; 22.4.1981, n. 2375; Cass. 11.4.1978, n. 1688; Cass. 20.4.1977, n. 1461; Cass. 17.3.1975, n. 1027; Cass. 27.9.1968, n. 2982; Cass. 16.7.1968, n. 2573;), l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra un testimone e la parte di un giudizio in cui il dipendente è chiamato a deporre, non costituisce, di per sé, causa di incapacità a testimoniare ex art. 246 cod.proc.civ. ma incide anch'essa notevolmente sull'attendibilità dei testi escussi e sulla verosimiglianza delle deposizioni.
Alla stregua di tutto quanto sovra esposto spettano, pertanto, alla parte ricorrente le differenze retributive dovute alla luce del diverso orario lavorativo così come emerso dall'istruttoria testimoniale espletata in corso di causa rispetto a quello risultante dalle buste paga in atti seppure nei limiti del conteggio così come riformulato dal procuratore di parte ricorrente, in osservanza dell'ordinanza resa in data ###, per effetto dell'avvenuta esclusione, rispetto al conteggio allegato al ricorso introduttivo ed in adesione all'eccezione all'uopo sollevata dalla società resistente, delle ore di lavoro conteggiate anche in relazione alle giornate in cui il ricorrente, come da documentazione allegata alla memoria di costituzione, è risultato essere in ferie ed in malattia.
In particolare, si è provveduto a detrarre dal conteggio le ore di lavoro calcolate per i giorni di ferie usufruiti a luglio 2019, ottobre 2020, settembre 2020, agosto 2020, maggio 2020 nonché nei periodi di malattia dal 16.7.2019 al 19.7.2019, dal 2.3.2020 al 4.3.2020, dal 5.3.2020 al 6.3.2020, dall'11.3.2020 al 13.3.2020, dal 14.3.2020 al 18.3.2020, dall'8.6.2020 al 12.6.2020, dal 21.1.2021 al 23.1.2021, dall'8.2.2021 al 10.2.2021 ( cfr. buste paga e certificati medici in atti).
Non può, al contrario, trovare accoglimento l'eccezione sollevata dalla società resistente inerente la necessità di sottrarre ulteriormente dal dovuto i compensi indicati sotto la voce trasferta e rimborsi perché, differentemente da quanto evidenziato in memoria, lo stesso ricorrente, nel corpo dell'atto introduttivo, ha precisato di aver svolto, per tutto l'arco temporale indicato, attività di elettricista consistente nell'assemblaggio e cablaggio di apparecchi di illuminazione e eventuale montaggio di essi e ciò anche fuori sede mentre la società resistente nulla ha provato in merito ad un'eventuale falsità delle medesime risultanze di fatto evincibili, in ordine a tale specifico profilo, dalle buste paga in atti.
Nessuna specifica contestazione è stata, invece, sollevata dalla società resistente in relazione alle restanti voci dei conteggi allegati al ricorso introduttivo quali “ retribuzione indiretta” ( anno 2020), “minimo contrattuale” e “scatti di anzianità” ( 2021), che vanno, pertanto, interamente recepiti in quanto tali.
Alla stregua della complessiva valutazione dell'istruttoria testimoniale espletata in corso di causa spetta, poi, alla parte ricorrente, in relazione alle annualità 2019 e 2020, come da conteggio, l'indennità sostituiva delle ferie non godute considerando l'avvenuta fruizione, da parte dello stesso, di due settimane di ferie nel corso del mese di agosto.
Nessuna rilevanza, ai fini della decisione del presente giudizio, hanno, infine, le circostanze inerenti le modalità di cessazione del rapporto di lavoro di cui è causa così come evidenziate dalla società resistente nella memoria di costituzione, essendo esse totalmente avulse dal tema di indagine in mancanza della richiesta, anche eventualmente a titolo di domanda riconvenzionale, dell'indennità sostitutiva del preavviso.
Per quanta riguarda, invece, la retribuzione, dato per pacifico tra le parti in causa l'avvenuta corresponsione delle somme così come indicate nelle buste paga in atti, le parti controvertono in merito all'effettiva esistenza o meno dell'obbligo di restituzione, da parte del ricorrente, il giorno dopo l'accredito dello stipendio a mezzo bonifico bancario sul proprio conto corrente, della somma di € 500,00 che era, pertanto, solito prelevare a mezzo bancomat e restituire pro manibus ai dipendenti ### e ### nell'interesse del datore di lavoro ###
Trattasi di una circostanza che è stata ampiamente confermata dal teste ### sulla cui particolare attendibilità ci si è già prima soffermati, il quale ha, in proposito, dichiarato:” Io ho sempre percepito € 700,00 mensili, a titolo di retribuzione, che mi venivano versati mediante bonifico bancario. Se non mi sbaglio ero inserito nel II livello del contratto collettivo di categoria. Lo stesso ### mi ha riferito di percepire € 1.100,00 al mese, sempre a mezzo versamento con bonifico bancario. Ho personalmente verificato che esisteva all'interno dell'azienda una prassi secondo la quale i signori ### e ### erano incaricati alla restituzione, da parte della maggior parte degli operai della società resistente, tra cui anche il ### mensilmente, di parte dell'importo che era stato loro versato, mediante bonifico bancario, a titolo di retribuzione. ### era tenuto a restituire € 500 mensili, importo che ho personalmente verificato essendo presente al momento della restituzione. Ed, infatti, tutti di dipendenti interessati dalla suddetta prassi, tra cui anche il ### il giorno dopo il versamento sul bonifico bancario, si recavano presso la postazione lavorativa dei sigg.ri ### e ### per procedere alla restituzione di quanto da ciascuno di essi dovuto. Si tratta di un'operazione che durava pochi minuti e che ho visto accadere all'interno dei locali aziendali anche quando non mi ha riguardato personalmente in quanto avveniva pubblicamente. Ho verificato in merito a questa prassi che noi dipendenti, tra cui anche il ### a parità di prestazione lavorativa così come effettivamente resa, non sempre percepivamo il medesimo importo a titolo di retribuzione in busta paga, per cui, nel mio caso, allorquando mi veniva versato mediante bonifico bancario un importo maggiore rispetto agli € 700 mensili, ero tenuto alla restituzione della differenza, così come maggiormente corrispostami, ai dipendenti ### e ### suddetti. Nel mio caso questo capitava ogni due tre mesi, mentre, nel caso di ### come per altri dipendenti, era un prassi che capitava ogni mese, non so dire per quale motivo. Preciso che trattasi di una prassi che è esistita per l'intera durata del rapporto di lavoro sia mio che del #### e ### ad indicare a ciascuno dei dipendenti quanto dovevano restituire senza rilasciare alcuna ricevuta al riguardo,. Agendo per conto del sig. ### che era il titolare dell'azienda.” Trattasi, d'altronde, di una circostanza che ha trovato conferma anche nella deposizione resa dalla teste ### che ha, in proposito, dichiarato:” Ho visionato personalmente le buste paga, che venivano consegnate mensilmente a mio marito, per cui posso riferire che l'importo ivi indicato non corrispondeva a quanto di fatto da lui percepito, che era pari ad € 1.100,00. Se ben ricordo nella busta paga era riportato un importo di € 1.700,00, anche se non ricordo se fosse indicato al netto o al lordo. Mio marito era retribuito, mensilmente, mediante bonifico bancario sul suo conto corrente personale ed ogni bonifico era pari all'importo indicato in busta paga ma, ogni mese, era tenuto a restituire all'incirca € 500,00, così da avere un percepito in ogni caso pari ad € 1.100,00. In una sola occasione ho assistito personalmente alla restituzione dell'importo di € 500,00 da mio marito al titolare dell'azienda, signor ### in quanto avvenne in un frangente in cui anch'io ero presente in azienda per ritirare i materiali. In altre occasioni mi è capitato, invece, subito dopo l'accredito del bonifico, di prelevare, mediante la carta che mi veniva consegnata da mio marito, l'importo di € 500,00 che, poi, consegnavo a mio marito affinché provvedesse alla sua restituzione al titolare ### circostanza da lui stesso riferitami. Mio marito mi ha riferito che i soldi dovevano essere restituiti nelle mani del signor ### Rosa”.
Trattasi di dichiarazioni testimoniali alle quali va riconosciuto un valore probatorio certamente determinante avendo entrambi i testi escussi riferito di una circostanza cui hanno assistito in prima persona, anche se per la ### in una sola circostanza ed alla luce dell'assoluto e totale disinteresse del teste ### all'esito del presente giudizio, così come già prima evidenziato.
A parere della scrivente devono, pertanto, considerarsi inattendibili entrambe le deposizioni rese dai testi ### e ### i quali hanno, al contrario, radicalmente smentito l'accaduto.
Ed, infatti, la teste ### ha dichiarato:” Non ricordo quanto percepisse ### a titolo di retribuzione. Preciso, inoltre, di non aver mai provveduto né per il ### né per altri dipendenti alla richiesta di restituzione, per conto del titolare dell'azienda, signor ### di parte dell'importo previamente versato loro a mezzo bonifico bancario. Non è mai esistita alcuna prassi di tal genere all'interno dell'azienda. Trattasi di una circostanza di cui sono venuta a conoscenza solo a seguito dell'iniziativa giudiziaria intrapresa dal ### nei confronti della società resistente per la quale non ho intrapreso alcuna azione legale. Conosco il signor ### che è stato anche lui dipendente della società resistente e confermo che non gli ho mai chiesto la restituzione di parte dell'importo versatogli a titolo di retribuzione mediante bonifico bancario. Confermo che non ho mai agito in tal senso né per il ### né per gli altri dipendenti dell'azienda e non ho mai visto accadere una cosa di questo genere nemmeno su iniziativa del signor ### La mia postazione lavorativa è da sempre situata in un ufficio all'interno dei locali aziendali che condivido con altre persone. ### invece, lavora all'interno del magazzino, come magazziniere, al quale si accede mediante una porta dal mio stesso ufficio. Si tratta di un open-space con varie porte e una di esse consente l'accesso al magazzino. ### io che mi occupo della predisposizione dei bonifici bancari in favore dei dipendenti, operazione alla quale provvedo sulla base delle buste paga che mi vengono consegnate dal ragioniere, signor ### D'### per cui ho potuto personalmente verificare che, per ciascun dipendente, l'importo netto indicato in busta paga corrispondeva esattamente a quello per il quale io, poi, provvedevo a predisporre il relativo bonifico bancario. Ero io a comunicare al ragionier D'### per ciascun dipendente, le ore lavorative sulla base delle quali quest'ultimo provvedeva, poi, alla predisposizione delle relative buste paga e non ho mai comunicato un orario di lavoro superiore a quello effettivamente reso da ciascun dipendente”.
A sua volta, il teste ### ha dichiarato:” Non ho mai chiesto al ### la restituzione di € 500.00 mensili dalla sua retribuzione né li ho mai percepiti. Non mi risulta che ciò sia avvenuto con il signor ### Nessuno di noi due ha mai chiesto soldi al ricorrente, né li ha mai ricevuti”.
Entrambi i testi suindicati hanno, pertanto, radicalmente smentito la pratica restitutoria - così come confermata dal teste ### e dalla moglie del ricorrente - per presumibili ragioni di compiacenza nei confronti del proprio attuale datore di lavoro, ### nel cui interesse - nella sua qualità di legale rapp.te della società resistente - hanno, invece, agito, con la conseguente opportunità di trasmissione degli atti alla ### della Repubblica del Tribunale di Napoli per le valutazioni di sua competenza in ordine all'eventuale ravvisabilità, al riguardo, di una fattispecie di reato.
In definitiva, si deve osservare, in linea generale, che, secondo consolidati orientamenti della Suprema Corte, in tema di prova spetta in via esclusiva al giudice del merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, nonchè la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni. Nè tale regola subisce eccezioni nel rito del lavoro (vedi per tutte: Cass. 15 luglio 2009, n. 16499; Cassazione civile, sez. lav. 18/03/2011 n. 6303).
In conclusione la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (da ultimo: Cass. 21 luglio 2010. n. 17097).
In definitiva, alla stregua di tutto quanto sovra esposto, la società resistente va, pertanto, condannata alla restituzione, in favore del ricorrente, dell'importo di € 6.000,00 per il periodo da maggio 2019 al maggio 2020, così come da conteggio, oltre accessori di legge.
Spetta, infine, alla parte ricorrente, in considerazione del maggior orario lavorativo concretamente osservato, anche la differenza rispetto all'importo maturato a titolo di TFR così come effettivamente riscosso e conteggiato sulla base dell'orario lavorativo formalmente riconosciuto.
In definitiva, alla stregua dell'art.2099 cc e del ### di categoria - da applicarsi in via diretta considerata l'adesione ad essa di parte resistente così come si evince dall'esame delle buste paga allegate agli atti le quali riportano voci retributive di carattere tipicamente contrattuale ( ad es. scatti di anzianità) - in conformità delle retribuzioni orarie spettanti per i lavoratori inquadrati nel III livello, vanno computate le differenze di retribuzione effettivamente spettanti al ricorrente, previa detrazione dei compensi percepiti in costanza di rapporto così come risultanti dalle buste paga in atti.
Pertanto, in parziale accoglimento della domanda giudiziale, in conformità delle risultanze istruttorie e dei conteggi analitici correttamente effettuati dal consulente tecnico-contabile in osservanza dell'ordinanza resa in data ###, ai quali si ritiene di dover aderire in quanto esenti da vizi di qualsivoglia genere e non oggetto di specifica contestazione da parte della società resistente, spetta a quest'ultimo la complessiva somma pari ad € 12.715,39 per differenze paga ed € 158,51 per trattamento di fine rapporto, il tutto per complessivi € 12.873,90.
Per quanto riguarda, infatti, il calcolo di quanto effettivamente spettante al ricorrente, nel rito del lavoro il convenuto ha l'onere della specifica contestazione dei conteggi elaborati dall'attore, ai sensi degli art. 167, comma 1, e 416, comma 3 c.p.c., e tale onere opera anche quando il convenuto contesti in radice la sussistenza del credito, poiché la negazione del titolo degli emolumenti pretesi non implica necessariamente l'affermazione dell'erroneità della quantificazione, mentre la contestazione dell'esattezza del calcolo ha una sua funzione autonoma, sia pure subordinata, in relazione alle caratteristiche generali del rito del lavoro, fondato su un sistema di preclusioni diretto a consentire all'attore di conseguire rapidamente la pronuncia riguardo al bene della vita reclamato.( Cassazione civile, sez. lav., 18/02/2011, n. 4051; in senso conforme cfr.: Cass. 19 gennaio 2006 945; Cass. 10 giugno 2003 n. 9285).
Su tali somme spettano, altresì, la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dalle scadenze mensili per le differenze retributive e dalla cessazione del rapporto di lavoro per il TFR e fino al soddisfo.
La società resistente va, altresì, condannata alla regolarizzazione della posizione della ricorrente mediante il corrispondente versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi effettivamente dovuti sulle differenze retributive così come calcolate nei limiti della prescrizione quinquennale ex art. 3, comma 9, L 335/95, rilevabile anche d'ufficio e da considerarsi, nella specie, non maturata essendo la domanda giudiziale limitata all'arco temporale dal maggio 2019 al febbraio 2021. ### della lite, solo in parte favorevole al ricorrente, giustifica la compensazione delle spese processuali nella misura di un terzo.
La restante parte segue la regola della soccombenza ed è liquidata come da dispositivo.
Le spese di ctu sono poste, in via solidale, a carico di entrambe le parti in causa e sono liquidate come da separato decreto.
Ed, infatti, in tema di compenso al consulente d'ufficio, l'obbligo di pagare la prestazione eseguita ha natura solidale e, di conseguenza, l'ausiliare del giudice può agire autonomamente in giudizio nei confronti di ognuna delle parti, anche in via monitoria, non solo quando sia mancato un provvedimento giudiziale di liquidazione ma anche quando il decreto emesso a carico di una parte sia rimasto inadempiuto, in quanto non trova applicazione, per essere l'attività svolta dal consulente finalizzata all'interesse comune di tutte le parti, il principio della soccombenza, operante solo nei rapporti con le parti e non nei confronti dell'ausiliare (Cassazione civile, sez. lav. 31/12/2009 28299; Cass. 15 settembre 2008 n. 23586). PQM Il Giudice del ### definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da #### con ricorso del 26.10.2022 nei confronti della ### s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., e dell'### in persona del legale rapp.te p.t.,così provvede: in parziale accoglimento della domanda giudiziale condanna la società resistente al pagamento, in favore di parte ricorrente, dell'importo pari ad € 12.715,39 per differenze paga ed € 158,51 per trattamento di fine rapporto, il tutto per complessivi € 12.873,90 oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali dalle scadenze mensili per le differenze retributive e dalla cessazione del rapporto di lavoro per il TFR e fino al soddisfo oltre alla restituzione, in favore del ricorrente, dell'importo di € 6.000,00 per il periodo da maggio 2019 al maggio 2020, per la causale di cui alla parte motiva, oltre accessori di legge; condanna la società resistente alla regolarizzazione della posizione della ricorrente mediante il corrispondente versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi effettivamente dovuti sulle differenze retributive così come calcolate; condanna la società resistente al pagamento, nella misura dei due terzi, delle spese di lite liquidate, per l'intero, in € 2.695,00 per compenso professionale con attribuzione oltre oneri accessori come per legge; compensa le spese per la restante parte; liquida le spese di ctu come da separato decreto allegato a carico, in via solidale, di entrambe le parti in causa; dispone la trasmissione, a cura della ### del ricorso introduttivo, della memoria di costituzione, dei verbali di causa e della presente sentenza alla ### della Repubblica presso il Tribunale di Napoli per le valutazioni di sua competenza in merito all'eventuale ravvisabilità di una fattispecie di reato a carico dei testi ### e ###
Così deciso in Napoli in data ### Il Giudice
del ###ssa
causa n. 19040/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Dell'Erario Matilde