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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 35844/2022 del 06-12-2022

... vizio. Irragionevolezza, irrazionalità ed illogicità. Violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. Il ricorre nte riesamina i fatti di causa pe r evidenziare l'irrazionale ricostruzione operata dalla corte d'appello con specifico riferimento alla tardività della denuncia rientrando tra cui i vizi non rilevabile attraverso un abile sommario esame della cos a per il quale il termine pe r la den unzia decorre dal m omento de lla scoperta e, dunqu e, allorché il compratore abb ia acquisi to la certezza oggettiva dell'esistenza del vizio. La consegna del cucciolo dichiarato in buono stato di salute espone il venditore all'azione di garanz ia senza alcun onere di denuncia a carico dall'acquirente se eme rge ch e la condizione patologica dell'animale era conosciut a ed è stata occu ltata. ### aveva una tosse p ersistente fastidiosa al momento dell'acquisto, dunque, vi è st ato un comportamento negligentemente omissivo del venditore. Il g iudice dell'appello avrebbe errato nel ritenere il ### decaduto dalla garanzia per vizi in ragio ne di una presunta tardiva denun zia avendo la controparte ammesso di aver avuto contezz a della p atologia d el cucciolo. ### medico e il veterinario avrebbero (leggi tutto)...

testo integrale

ORDINANZA sul ricorso iscritto al n. 9040/2018 R.G. proposto da: ### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avvocato ### (###) che lo rappresenta e difende; - ricorrente - contro ### elettiva mente domiciliato in ### TRIESTE, 140, presso lo studio dell'avvocat o ### CASTELLANI (###) che lo rappresenta e difende; - controricorrente - nonché contro ### - intimata - Ric. 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 avverso la ### della CORTE D'### 5746/2017 depositata il ###; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/10/2022 dal #### 1. ### conveniva in giudizio dinanzi il Tribunale di ### la società ### del ### di ### & C. e ### al fine di sentirli condannare in solido, a titolo di responsabilità contrattuale o extra contrattuale, al risarcimento dei danni subiti, quantificati nella complessiva somma di euro 5200 a titolo di spese mediche, danni e riduzione del prezzo, in relazione all'acquisto di un cane di razza bulldo g inglese che, sin dal momento della vendita, era affetto da malattia diagnosticata come broncopolmonite con pleurite pericardite.  ### l'attore, la socie tà convenuta, che gestiva un allevamento, era inadempiente per aver consegnat o un animale affetto da un vizio tale da renderlo inidoneo all'uso cui era destinato o tale da diminuirne in m odo app rezzabile il valore, mentre il dottor ### nell'esercizio della propria attività professionale di veterinario, era stato negligente per aver diagnosticato all'animale una banale influenza, invece della ben più grave patologia riscontrata.  2. Si costituivano in giudizio i convenuti contestando quanto dedotto, eccepen do la tardività della den unzia d el vizio e chiedendo il rigetto della domanda.  3. Il giu dice di primo grado, disposta consulenza tecnica d'ufficio, accoglieva la domanda e condannava i convenuti in solido ### 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 al risarcimen to dei danni nella misura complessiva di euro 4800 oltre interessi e rivalutazione sul rilievo che la società convenuta fosse incorsa in un inadempimento di natura contrattuale e che il veterinario fosse incorso in responsabilità di natura aquiliana.  4. La società ### d el ### di ### la ### & C . e ### proponevano appello avverso la suddetta sentenza.  5. ### resisteva chiedendone il rigetto.  6. La Corte d'### di ### accoglieva l'impugnazione e, in riforma integrale della sentenza, rigettava le domande proposte da ### nei confronti degli appellanti. In particolare, la Corte d'### riteneva fondato e assorbente il secondo motivo di appello concernente l'erronea valutazione della tempestività della denunzia del vizio. Il giudice di primo grado aveva ritenuto di superare l'eccezione di decade nza in quanto la ste ssa società convenuta aveva ammesso di a ver riportato il cane presso l'allevamento 15 giorni dopo l'acquisto perché affetto da apparente rinite. In tale occasi one, l'attore aveva denunzia to che l'animale era ammalato, fatto ammesso dalla parte convenuta. Il cane era stato visitato presso l'allevamento ed ivi erano stati prescritti farmaci. 
La Corte d'App ello, premesso che gli anima li devono essere considerati beni mobili, che il loro commercio è disciplinato dal codice civile e che sul venditore g rava l'obbligo di garantire che l'animale sia esenti d a vizi, riteneva applicabile alla f attispecie l'articolo 1490 c.c.. ### la Corte d'### nel caso specifico non era stata d ata alcu na prova che la pat ologia contratta dall'animale avesse determinato una sua definitiva incapacità funzionale, essendosi la parte appellata limitata a dedurre che la lunga e grave malattia patita, per di più sin dai primi mesi di vita, ### 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 aveva compromesso la solida struttura fisica d ell'animale, rendendolo più delicato e bisognoso di una vita meno provante di quella di cane da guardia per la quale era st ato acquis tato. 
Peraltro, il vizio, per essere coperto dalla garanzia, doveva esistere al mom ento del contratto. Pertanto, pur ammessa la natura invalidante della malattia contratta dall'animale, doveva osservarsi che il vizio era costituito dalla tracheobronchite che il consulente aveva dichiarato essere verosimilme nte di natura infettiva e complicata da patogeni secondari tipo ### e corona respiratori.  6.1 In caso di eccezione di d ecadenza per vizi era il compratore onerato della prova della tempestività della denuncia da effettuarsi entro otto giorni dalla scoperta del vizio. ### non aveva articolato in citazione alcuna prova in tal senso, né aveva insistito per la stessa in sede di precisazione della conclusione, né poteva valere quanto detto al giudice di primo grado circa il fatto che l'allevamento aveva ammesso l'esistenza del vizio, in quanto a quella data erano già decorsi 15 giorni mentre per il termine per la denunzia era di otto giorni. Dove va pertant o dimostrarsi che i primi sintomi della malattia si fossero manifestati nei sette giorni dopo l'acquisto, ma di ciò non vi era alcuna prova.  ### la Corte d'### pertanto, mancava la prova circa la tempestività della denuncia. Ad analoghe considerazioni doveva pervenirsi anche in appli cazione della giurisprud enza second o la quale il termine pe r la den uncia dei vizi, nel caso di vendita di animali, decorre da quando i sintomi siano divenuti inequivocabili. 
Nella specie, in occasione del ricovero dell'animale il 30 dicembre 2016, il veter inario respo nsabile della strut tura sanitaria aveva diagnosticato una broncopolmonite con pleurite pericardite ma la denuncia rappresentata dalla raccomandata a firma dell'avvocato ### 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 ### datata 27 febbraio 2007, era stata inviata alla società ben oltre il termine di otto giorni prescritto dalla legge.  6.2 Il giudice di primo grado, con riferimento alla posizione del ### aveva affermato che l'attore non aveva allegato di aver concluso un contratto d'opera professionale. Pertanto, raggiunta la prova che il ### aveva prescritto l'antibiotico ### curativo della diagnost icata rinite, non avvedendosi della più grave patologia sofferta all'animale, doveva essere ritenuto responsabile del danno patrimoniale sofferto dall'attore a titolo di responsabilità extra contrattuale. Il comportamento causativo del danno, secondo il Tribunale, era consist ito in un'errata diagnosi nella somministrazione di una cura inefficace.  6.3 ### la Corte d'### doveva ritenersi accertato che, dopo la prescrizione dell'antibiotico risalente orientativamente alla data del 22 dicembre, il ### non aveva avuto più occasione di visitare o essere notiziato delle condizioni dell'animale. Non vi era alcuna prova dell'inidoneità delle prescrizioni farmaceutiche tanto che lo stesso consu lente aveva indutt ivamente accertato che il cucciolo aveva contratto la tracheobronchite infettiva proprio perché dopo l'acquisto era stata consi gliata su carta intestata all'allevamento la terapia antibiotica fin alizzata alla cura de lla patologia riscontrata. Lo stesso consulente della parte appellata aveva affermato ch e la terapia somministrata dal dottor ### dopo la visita non era scorret ta, ma non ben puntualizz ata, mancando una ricetta valida in cui l'antibiotico fosse descritto nella posologia. Pertanto, la mancata adozione di più massicci interventi terapeutici nei giorni successivi non p oteva dirsi cau sativa dell'aggravamento dell'animale in quanto solo un esame diretto da parte del veterinario avrebbe potuto consentire una modifica o un ### 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 rafforzamento della cura prescritta. In difetto di un interve nto clinico dell'appellante ### in epoca successiva al 22 dicembre non poteva affermarsi la negligenza o responsabilità dello stesso per una cura inidonea. Doveva disporsi pertanto la restituzione delle somme pagate dal ### in esecuzione della senten za impugnata.  7. ### ha prop osto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di cinque motivi.  8. ### duranti ha resistito con controricorso.  9. Entrambe le parti costitu ite , con m emoria depositata in prossimità dell'udienza, hanno insistito nelle rispettive richieste.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 1496 e 1495 c.c. e dell'articolo 132 del d.  lgs. n. 207 del 2005. Pretesa tardività de lla denuncia del vizio. 
Insussistenza.  ### il ricorrente la Corte di ### di ### nel sancire la tardività della denuncia del ### avrebbe errato in quanto, anche qualora fosse coincisa con la nota del 27 febbraio 2007 e non con il ritorno del ricorren te presso l'allevame nto a pochi giorni dall'acquisto, la denunzia dal vizio sarebbe comunque intervenuta tempestivamente, dovendosi applicare al caso di specie l'articolo 132 del d. lgs. n. 207 del 2005 che fissa in due mesi il termine per la denuncia e a mente del quale qualora i difetti di conformità si manifestino entro sei mesi dalla consegna del bene si presume che questi esistessero già a tale data e il compratore non ha l'onere di provare che il difetto esistesse già prima dell'acquisto.  1.2 Il primo motivo di ricorso è fondato. Ric. 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 Di recente, questa Corte in vicenda analoga, ha affermato il seguente principio di diritto: «In tema di compravendita di animali, la perso na fisica che acquista un animale da compag nia (o d'affezione), per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata, va qualificato a t utti gl i effetti "consumatore", così come va qualificato "venditore", ai sensi del codice del consumo, chi, nell'esercizio del commercio o di altra attività imprenditoriale, venda un animale da compagnia che, a sua volta, in quanto "cosa mobile" in senso giuridico, cost ituisce "bene d i consumo". Ne consegue che la denuncia d el difet to della cosa venduta è soggetta, ai sensi dell'art. 132 c. cons., al termine di decadenza di due mesi dalla data di scoperta del difetto» (### 2, Sentenza 22728 del 25/09/2018, Rv. 650374 - 01). 
A fini di completezza si riporta in sintesi la motivazione della pronuncia ora citata. In tale occasione si è detto che: «l'art. 810 cod. civ. definisce i be ni come «le cose che possono formare oggetto di diritti»; e il diritto civile indubbiamente, sulla scia della tradizione romanistica, considera gli animali come mere "cose mobili", beni giuridici ch e possono costituire "o ggetto" di diritti reali (cfr. artt. 812, 816 , 820, 92 3, 924, 925, 92 6, 994, 1160, 1161, 2052 cod. civ.) ovvero di rapporti negoziali (cfr. artt. 1496, 1641, 1642, 1643, 1644, 1645 cod. civ.) . Gli animali, perciò, possono costituire oggetto di compravendita (art. 1470 cod. civ.); e lo stesso codice civile disciplina specificamente la compravendita di animal i nell'apposita fat tispecie di cui all'art. 1496 cod.  (denominata appunto "### di animali"). 
La diffusione degli animali da compagnia in fasce sempre più larghe di popola zione ha dato luogo, in tempi recenti, ad un ### 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 fenomeno commerciale di non poco rilievo e si sono prospettate, con rifer imento al commercio di animali d'affe zione (su cu i specificamente l'art. 8 della richiamata ### europea per la protezione degli animali da compagnia), problematiche di tutela giuridica un tempo ignote. 
La d isciplina codicistica della compraven dita è stata profondamente incisa dalla normativa sopravvenuta introdotta a tutela del consumatore; a partire dal d.lgs. 2 febbraio 2002 n. 24, che, recependo le direttive europee in materia di beni di consumo, ha inserit o nuovi articoli nel codic e civile (art. 1519 bis e segg.  cod. civ.) finalizzati a garantire al consumatore un maggiore grado di protezione; fino al successivo d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206 (c.d. codice del consumo), che ha stralciato le nuove disposizioni dal codice civile per collocarle nell'ambito di una autonoma legge organica posta a tu tela del consumato re. Orbene, non è dubbio che l'interpretazione dell'art. 1496 cod. civ. (su cui Cass., Sez. 3, n. 604 del 06/03/1971, relativamente alla gerarchia tra le norme applicabili) non può rimanere cristallizzata al tempo della adozione del codice civile, ma deve tener conto dell'evoluzione del sistema normativo nel suo complesso e, in particolare, della sopravvenuta disciplina posta a tutela del consumatore e del suo riflesso sulle norme codicistiche che regolano la compravendita.  ###. 135, comma 2, del codice del consumo stabilisce che, in tema di contratto di vendita, le disposizioni del codic e civile si applicano «per quanto no n previsto dal p resente titolo»; e che l'art. 1469 bis cod. civ., introdo tto dall'art. 142 del cod ice del consumo, stabilisce che le disposizioni del codice civile contenute nel titolo "Dei contratti in generale" «si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal codice del consumo o da altre ### 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 disposizioni più favorevoli per il consum atore». Esiste, dunque, nell'attuale assetto normativo della disciplina della compravendita, una chiara preferenza del legislatore per la normativa del codice del consumo re lativa alla vendita e d un conseguente ruolo "sussidiario" assegnato alla disciplina codicistica (relativa tanto al contratto in generale che alla compravendita): nel senso che, in tema di vendita di beni d i consumo, si ap plica innanzi tutto la disciplina del codice del consumo (artt. 128 e segg.), pote ndosi applicare la disciplina del codice civile solo per quanto non previsto dal codice del consumo.  ###. 128 del codice del consumo stabi lisce che, ai fini dell'applicazione delle norme contenute nel capo I del titolo III dello stesso codice dal titolo "### vendita dei beni di consumo", per "bene di consumo" si intende «qualsiasi bene mobile» e per "venditore" si intende «qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell'esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di cui al comma 1» (contratti di vendita, permuta, somministrazione, appalto etc.). 
Ai sensi dell'art. 3 del codice del consumo, per "consumatore" si inte nde poi «la persona fisica che agisce per scopi e stranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta». E, in proposito, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha spiegato che la qualifica di "consumatore" di cui all'art. 3 del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 - rilevante ai fini della identificazione del soggetto legittimato ad avvalersi della tutela di cui all'art. 33 del citato d.lgs. - spetta alle sole persone fisiche allorché concludano un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quot idiana estranee all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata, dovendosi invece ### 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 considerare professionista il soggetto che stipuli il contratto nell'esercizio di una siffatta attivit à o per uno scopo a que sta connesso (Cass., Sez. 6 - 3, n. 5705 del 12/03/2014; ### 6 - 1, n. 21763 del 23/09/2013). 
Orbene, considerate le ampie nozioni di "con sumatore", di "bene di consu mo" e d i "venditore" adott ate dal codice d el consumo, non può dubitarsi che la persona fisica che acquista un animale da compagnia (o d'aff ezione), per la soddisfazione d i esigenze della vita quotidiana estranee all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata, vada qualificata a tutti gli effetti "consumatore"; e che vada qualificato "venditore", ai sensi del codice del consumo, chi nell'esercizio del commercio o di altra attività im prenditoriale venda un animale da compagnia; quest'ultimo, peraltro, quale "cosa mobile" in senso giuridico, costituisce "bene di consumo". In altri termini, considerato che la disciplina del codice del consumo è prevalente - laddove è applicabile - su quella del codice civile e considerato che, alla stregua di quanto sopra osservato, la compravendita di animali da compagnia non è, di per sé, esclusa dalla disciplina del codice del consumo, non v'è ragione per negare all'acquirente di un animale da compagnia la maggior tutela riconosciuta da tale ultimo codice quando risultino sussistenti i presupposti per la sua applicabilità. E la magg ior tutela, nel caso oggetto della presente controversi a (con riferime nto alla quaestio iuris al centro della materia del contendere), si coglie con riferimento al disposto dell'art. 132 del codice del consumo, che, derogando alla disciplina dell'art. 1495 cod. civ., stabilisce che il consumatore decade dalla garanzia per i vizi della cosa venduta, «se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha ### 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 scoperto il difett o». A tutela del consumatore - ove un consumatore vi sia - deve applicarsi, dunque, non il breve termine di decadenza di otto giorni dalla scoperta del vizio previsto dall'art.  1495 cod. civ., ma il più lungo termine di due mesi dalla scoperta previsto dall'art. 132 del codice del consumo. 
La perfetta sovrapponibilità della fattispecie in esame impone l'accoglimento del primo motivo di ricorso con l'affermazione dei medesimi principi di diritto aff ermati dalla sentenza n.22728 del 2018: «La compravendita di animali da compagnia o d'affezione, ove l'acquisto sia avvenuto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata dal compratore, è regolata dalle norme del codice del consumo, salva l'applicazione delle norme del codice civile per quanto non previsto»; - «### compravendita di animali da compagnia o d'affezione, ove l'acquirente sia un consumatore, la den uncia del difetto della cosa ve nduta è soggetta, ai sensi dell'art. 132 del codice del consumo, al termine di decadenza di due mesi dalla data di scoperta del difetto». 
Resta assorbita la questione posta dalla parte controricorrente secondo la quale la Corte d'App ello avrebbe affermato l'insussistenza del vizio prima ancora della tardività dell a sua denuncia. 
La Corte d'### in fatti, nel giudizio di rinvio dovrà esaminare la fattispecie - nei limiti della domanda e dell e allegazioni della parte at trice - facendo applicazione della complessiva disciplina del codice del consumo che prevede un più ampio sistem a di garanzie e rimedi a tutela del consumato re rispetto a quelle già contenute e regolate nel codice civile a favore ### 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 del contraente non professionista nella vendita avente ad oggetto beni di consumo.  2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa un fatto decisiv o per il giudizi o concernente la pretesa tardività della denuncia del vizio. Irragionevolezza, irrazionalità ed illogicità. Violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. 
Il ricorre nte riesamina i fatti di causa pe r evidenziare l'irrazionale ricostruzione operata dalla corte d'appello con specifico riferimento alla tardività della denuncia rientrando tra cui i vizi non rilevabile attraverso un abile sommario esame della cos a per il quale il termine pe r la den unzia decorre dal m omento de lla scoperta e, dunqu e, allorché il compratore abb ia acquisi to la certezza oggettiva dell'esistenza del vizio. 
La consegna del cucciolo dichiarato in buono stato di salute espone il venditore all'azione di garanz ia senza alcun onere di denuncia a carico dall'acquirente se eme rge ch e la condizione patologica dell'animale era conosciut a ed è stata occu ltata.  ### aveva una tosse p ersistente fastidiosa al momento dell'acquisto, dunque, vi è st ato un comportamento negligentemente omissivo del venditore. Il g iudice dell'appello avrebbe errato nel ritenere il ### decaduto dalla garanzia per vizi in ragio ne di una presunta tardiva denun zia avendo la controparte ammesso di aver avuto contezz a della p atologia d el cucciolo. ### medico e il veterinario avrebbero ammesso in più di un'occasio ne che il ri corrente aveva la mentato la condizione di sofferenza del cucciolo di bulldog richiedendo l'intervento degli stessi nella d iagnosi e cura di qu ello che l'acquirente ignorava essere un morbo di tale gravità. Nessun'altra iniziativa l'acquirente avrebbe dovuto assumere dal momento che ### 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 la den uncia dei vizi della cosa venduta non richiede special i formalità né formule sacrament ali e può e ssere effettuata con qualsiasi mezzo idoneo di trasmissione. ### parte, non poteva certo richiedersi all'acquirente una particolare competenza medica che avrebbe consentito di ricondurre il sintomo ad una specifica malattia. Peraltro, la diag nosi era stata espressa soltanto il 30 dicembre 2006, momento in cui l'acquirente aveva avuto certezza del vizio che comunque preesisteva manifestandosi per gradi ed in tempi successivi. 
In conclusi one, il ricorre nte evidenzia le carenze argomentative e l'irrazionalità della sent enza imp ugnata, non sostenuta da adeguata motivazione nella parte in cui ha sancito la tardività della denuncia del vizio.  3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa un fatto deci sivo ai fini della deci sione. Violazione e falsa applicazione degli articoli 1496 1495 c.c., 115 e 116 c. p.c. 
Insussistenza dell'onere di denunzia a carico dell'acquirente. 
Riconoscimento dell'esistenza del vizio. 
La censura at tiene ancora u na volta alla sussi stenza del sintomo sin dal momento dell'acquisto e alla sua negligente e mancata riconduc ibilità alla specifica patologia. Tale circ ostanza sarebbe stata del tutto obliterata dalla Corte d'### che avrebbe omesso qualsiasi in dagine sul punto decisivo ai fini della definizione della controversia.  3.1 Il secondo e il te rzo motivo di ricorso sono assorbiti dall'accoglimento del primo motivo.  4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti circa il car attere p resuntiva mente non negligent e del ### 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 comportamento posto in essere dal d ottor ### e l'asserita assenza di danno. 
La censura ha ad oggetto la ritenuta assenza di negligenza, imperizia e imprudenza imputabile al veterinario nella mancat a diagnosi di patologia respiratoria che affliggeva il cucciolo sin dal momento dell'acquisto. ### il ricorrente la Corte d'### avrebbe ignorato la regola logica del rapporto di necessaria presupposizione o d i esclusio ne o p robabile consequenzialità. Vi sarebbe dunque un salto logico nella motivazione della sentenza che tende rebbe ad interpretare le indicazioni del consulente tecnico materia in modo del tutto incoerente rispetto ai rili evi espressi in altra parte dell'elaborato peritale. La somministrazione dell'antibiotico, che rappresenta u n elemento costitut ivo del ragionamento deduttivo della Corte d'### non costituirebbe un elemento sufficiente viste anche le complicanze dovute alla scarsa capacità immunitari a del cucciolo. Du nque, anche volendo escludere che l'elaborato peritale certifichi l'ina deguatezza della prescrizione del dottor ### a fronte della condizione patologica del cucciolo, certamente dovrebbe ritenersi insufficiente a giustificare l'adeguatezza delle cu re predisposte. Sussisterebbero tutti i presupposti applicativi della responsabilità extracontrattuale del veterinario compreso il danno.  4.1 Il quarto motivo di ricorso è inammissibile. 
Ai sensi d ell'art. 3 60 n. 5 c.p.c., nel testo introdot to dalla legge n. 134 del 2012, il vizio denunciabile è limitato all'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione fra le parti, essendo stata così sostituita la precedente formulazione (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controver so e decisivo per il giu dizio). ###. 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p. c., deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art.  12 delle preleggi, come riduzione al "minim o costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia m otivaziona le che si t ramuta in violazione di legge costitu zionalment e rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugn ata (a prescindere dal confronto con le risultan ze processuali). Tale anom alia si e saurisce nell a "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione appare nte", nel "contrast o irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa q ualunque rilevanza del semplice difett o di "sufficienza" della motivazione ( cfr. S.U.  8053/2014). Pertanto, non possono essere sollevate doglianze per censurare, ai sensi dell'art. 360 n. 5 citato, la correttezza logica del percorso argomentativo della sentenza, a meno che no n si a denunciato come incomprensibile il ragionament o o vvero che la contraddittorietà delle argomentazioni si risolva nella assenza o apparenza della motivazione (in tal caso, il vizio è deducibile quale violazione della legge processuale ex art. 132 c.p.c.).  ### specie il r icorrente non indica alcu n fatto specifico omesso dalla Corte d'### e decisivo ai fini della decisione. La censura, pertan to, si risolve in un'inammissibile richie sta di rivalutazione in fatto della condotta posta in essere dal ### al fine di affermare la sua responsabilità extracontrattuale nella cura del cucciolo di cane. 
La Corte d'### con ampia ed esaustiva motivazione, ha escluso tale responsabilità evidenziando che il “contatto” intercorso ### 2018 n.9040 sez. ### - ud. 21/10/2022 tra il veterinario e il cane del V ecchi si è verificat o in un'unica occasione nella quale, peraltro, il ### ha prescritto anche cure adeguate alla patologia de ll'animale. Risulta evidente, pertanto, l'inammissibilità del motivo in esame.  5. Il qui nto mo tivo di ricorso è così rubricato: violaz ione dell'articolo 91 c.p.c. in relazione alla liquidazione delle spese di lite. 
La censura at tiene alla liquidaz ione delle spese del doppio grado di giudizio a carico del ### con una liquidazione più alta della media tariffaria senza mot ivazione de lla ragione dello scostamento.   5. Il quinto motivo di ricorso è assorbito dall'accoglimento del primo, spett erà alla Corte d'### provvedere ad una nuo va liquidazione delle spese del giudizio in ragione della soccombenza.  6. In conclusione la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il q uarto, dichiara assorbiti i rest anti, cassa la sente nza impugnata e rinvia alla Corte d'App ello di ### in diversa composizione che provvede rà anche sulle spese del giudizio di legittimità.  P.Q.M.  La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il quarto, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'App ello di R oma in diversa composizione ch e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità ### deciso in ### nella cam era di consigl io della 2^ Sezione civile in data ###.   ### 

Giudice/firmatari: Di Virgilio Rosa Maria, Varrone Luca

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Corte di Cassazione, Ordinanza n. 14862/2024 del 28-05-2024

... condotta del fallito; iii) la cointestazione di un conto corrente tra i coniugi non valeva ad attribuire la legittimazione ad agire del cointestatario per l'operazione effett uata dall'altro; iv) le risultanze d elle scritture contabili così come il rappo rto «### ligence» d ella Ge l ### redatto dalla società ### non erano opponibili alla ### che, in quanto rappresentante della massa dei creditori, è terzo rispetto all'imprenditore fallito e nessun elemento convincente era stato fornito a dimostrazione sia del versamento che dell'utilizzo da parte della società delle somme asseritamente erogate dalla ### v) non era stata fornita la prova del titolo della ### dazione ossia che le som me fossero state date a mut uo o a titolo di conferimento né trovava ap plicazione l'invocat o art. 46 del T.U. 917/86, disposizione applicab ile nell'ambito tributario ma non utilizzabile ai fini della qualificazione - a titolo di finanziamento o apporto del socio al p atrimonio della societ à- dell'erogazione di denaro effettuato dal socio della società. 3 di 7 2 ### ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi; il ### non ha svolto difese. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.Il primo mo (leggi tutto)...

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ORDINANZA sul ricorso nr. ###/2017 proposto da ### elettivamente domiciliata in ### all a ### 29 presso lo ### dell'avv. ### Z acheo (###), rappresentata e difesa dal l'avv. ### do ### (###) , - ricorrente - contro #### srl; -intimato avverso la sentenza nr.1029/2016 depositata in data ### dalla Corte d'Appello di Lecce; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2024 dal cons. ###.  ### 2 di 7 1.La Corte d'Appello di Lecce, con sentenza depositata 25/10/2016, ha rigettat o il gravame proposto da ### a vverso la sentenza del Tribunale di Lecce che ne aveva respinto l'opposizione al decre to di esecutività dello st ato pass ivo del ##### che aveva escluso il credito per € 25.000, insinuato per un finanziamento concesso in favore della società in bonis.  1.1 Le argoment azioni che sorreg gono la decisione sono le seguenti: i) nessun vizio c irca la composizione del Collegio affliggeva la sentenza di primo grado in quanto il precedent e giudice delegato, dr. ### era stato assegnato ad altro incarico e, con provvedimento presidenziale del 2/4/2008, la causa in oggetto era stata assegnata a diverso giudice, il dr. ### che aveva composto ### egio decidente; ii) era inammissibile la richiesta di ammis sione d el giuramento decisorio del curatore il quale non poteva riferire su vicende appartenenti alla condotta del fallito; iii) la cointestazione di un conto corrente tra i coniugi non valeva ad attribuire la legittimazione ad agire del cointestatario per l'operazione effett uata dall'altro; iv) le risultanze d elle scritture contabili così come il rappo rto «### ligence» d ella Ge l ### redatto dalla società ### non erano opponibili alla ### che, in quanto rappresentante della massa dei creditori, è terzo rispetto all'imprenditore fallito e nessun elemento convincente era stato fornito a dimostrazione sia del versamento che dell'utilizzo da parte della società delle somme asseritamente erogate dalla ### v) non era stata fornita la prova del titolo della ### dazione ossia che le som me fossero state date a mut uo o a titolo di conferimento né trovava ap plicazione l'invocat o art. 46 del T.U.  917/86, disposizione applicab ile nell'ambito tributario ma non utilizzabile ai fini della qualificazione - a titolo di finanziamento o apporto del socio al p atrimonio della societ à- dell'erogazione di denaro effettuato dal socio della società. 3 di 7 2 ### ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi; il ### non ha svolto difese.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1.Il primo mo tivo denuncia violazio ne dell'art. 158 c.p.c . in relazione all'art. 360 1° comma nr 3 c.p.c.; si sostiene che, ai sensi degli artt. 98 e 99 l.fall. ante riforma del 2006, la competenza a trattare ed istruire la causa di opp osizione allo stato pass ivo appartiene in via esclusiva e inderogabile al giudice delegato; ciò non era avvenuto nel caso in esame in quanto g li atti giud iziali erano «stati posti in essere, anziché dal Giudice Del egato, da persona estranea all'uff icio e non i nvestita della funzione esercitata» con conseguente nullità della sentenza di primo grado, non sanabile, per vizio di costituzione del giudice.  1.1 Il motivo è inammissibile per una palese carenza di specificità ex art. 366 comma 1, n. 6 e 369, comma 2, n. 4 c.p.c.  1.2 A suffragio del pro prio assunto la ricorrente, al di là d i generiche affermazioni, non offre alcun documento (certificazione della cancelleria, ordini di servizio o disposizioni tabellari).  1.3 In ogni caso, secondo l'orientamento di questa Corte, il vizio di irregolare costituzione del giudice, da cui deriva la nullità insanabile e rilevabile d'ufficio ex art. 158 c.p.c. della sentenza, è integrato nel caso di carenza totale di legittimazione di uno o più componenti dell'organo giurisdizionale o di loro assoluta inidoneità a farne parte così da determinare la inconciliabilità dell'organo stesso con quello previsto dalla legge (cfr. Cass. S.U. 973/98 e 5339/80).  1.4 È stato, inoltre, precisato che, essendo il vizio di costituzione del giudice riscontrabile solo quando gli att i giurisdizionali siano posti in essere da persona estranea all'ufficio e non investita della funzione esercitata (cfr. Cass. 8737/00, 5941/00) la nullità non è ravvisabilequando si verifichi una sostituz ione tra giud ici di pari competenze e pari funzioni (cfr. Cass nr. 13980/99 e 6953/97) sì che il vizio medesimo è stato escluso in ipotesi i) di sostituzione tra 4 di 7 giudici di pari funzione, ap partenenti al medesimo ufficio ( 11191/1995, 2212/1990, 5755/1982); ii) di senten za emessa, in causa relativa ad uno dei rapporti indicati nell'art. 409 c.p.c., da sezione dive rsa da quella dest inata alla cognizione delle controversie di lavoro (Cass. 5755/1982 cit.); iii) di assegnazione, nell'ambito del medesimo ufficio giudiziario, dell'opposizione all'esecuzione in materia di lavoro alla cognizione del giudice del lavoro (Cass. 3272/1979). Nella stessa direttiva, si è pure ritenuto che l'irregolarità del provvedimento di nomina del giudice istruttore non sia, di per sé, produttiva di nullità del procedimento e della sentenza che lo ha concluso (Cass. 3580/1956) e che anche l'assoluta mancanza del pro vvedimento non incide sulla costituzione del giudice (Cass. 1253 e 534/1966).  1.5 Ciò premesso, afferma il Tribunale «dagli atti del fascicolo di primo grado emer ge che il pre cedente giudice delega to, dott.  ### era stato assegnato ad altro incarico e, con provvedimento presidenziale del 2. 4.2008, la causa è stata assegnata al dott. ### il q uale ha ritualmente composto il ### che ha emesso la decisione impugnata».  1.6 Ne discend e che qualsiasi irregolarità della designazione del nuovo giudice istruttore (qui non documentata ma solo allegata) si esaurisce all'interno dell'organizzazione dell'ufficio e giammai opera all'esterno, in termini di costituzione del giudice e come causa di nullità del giudizio e della sentenza.  2 Il seco ndo mo tivo deduce violazione dell'art. 233 c.p. c., in relazione all'art. 360 nr 3 c.p.c. pe r avere la Corte, nel ritenere inammissibile il giuramento de veritate, trascurato di considerare che l'appellan te aveva, in via subordinata, deferito anche il giuramento de scientia.  2.1 Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.  2.2 La sentenza, nel rigettare l'appello, presenta plurime rationes decidendi: una delle quali è costituita dal mancato assolvimento da 5 di 7 parte del ### dell'on ere probatorio de lla destinazione del versamento di denaro in favore della società da parte della socia a titolo di mutuo piuttosto che di finanziamento in conto capitale, dazione quest'ultima che non attribuisce al socio conferente alcun diritto alla restituzione.  2.3 Al riguardo la Corte di merito ha precisato che la prova della natura dell'erogazione non può essere tratta dalle scritture contabili della società che, peraltro, non sono opponibili a l curatore del fallimento, il quale agisca, come nel caso di specie, non in via di successione di un rapporto precedentemente facente capo al fallito, ma nella sua funzione di gestore del patrimonio del medesimo.  2.4 Ora, la ricorrente non ha sottoposto a specifica censura tali argomentazioni, autonomamente idonee a sorreggere la decisione, sicché la circostanza, trascritta nel corpo del ricorso, sulla quale il curatore sarebbe chiamato a rendere giuramento de scientia «giuro e giurando affermo essere vero che dalla documentazione agli atti del fallimento ### e, in particolare, dalla contabilità aziendale risulta che gli ass egni sopra elen cati sono stati consegnati da ### per un titolo diverso dal finanziamento effettuato dalla socia ### è del tutto irrile vante ai fini del decidere il quanto il curatore dovrebb e dichiarare fatti che ha appreso dalla documentazione ritenuta inopponibile alla curatela.  3 Il terzo motivo, che oppone violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., è anch'esso inammissibile.  3.1 Con tale mezzo vengono censurati i capi della sentenza, riprodotti nel ricorso, che ha nno negato la legittimazione attiva della ### per non avere la stessa sostenuto l'esborso monetario ed hanno ritenuto non provato il t itolo del versament o, semplicemente trascrivendo i motivi dell'appello senza confrontarsi con il decisum e la critica si risolve nella pedissequa reiterazione delle argomentazioni già dedotti in appello e pun tualmente disattese dalla corte di merito. E' eviden te che le cens ure non 6 di 7 possono considerarsi speci fiche ma sostan zialmente apparenti, in quanto omettono di assolvere alla tip ica funzione di critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.  3.2 Il motivo, poiché non si correla alla ratio decidendi è, dunque, inammissibile alla stregua del principio di diritto (già affermato da Cass. n. 359 del 2005, seguita da numerose conformi, e ribadito di recente da Cass., Sez. Un., nn. 16598 e 22226 del 2016), 3.3 Questa Corte h a ripetutamente affermato che «Il mot ivo d'impugnazione è rappresentato dall'enun ciazione, second o lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, della o dell e ragioni per le quali, seco ndo chi eserci ta il diritt o d'impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che… per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, l'esercizio del diritto d'impugnazione di un a decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell'esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidon eità al raggiungimento dello scopo. I n riferime nto al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un "non motivo", è espre ssamente sanzionata con l'inammissibilità ai sensi dell'art. 366 c.p.c. , n. 4» (cfr.  359/2005, 16598/2016, 22226/2016 e 7074/2017).  3.4 Per il resto la dog lianza si riversa nel merito cont estando le valutazioni e gli accertamenti della Corte.  4 Il quinto motivo prospetta violazione e falsa applicazione dell'art.  91 c.p.c. in relazione all'art. 360 nr 3 c.p.c. per avere la Corte illegittimamente posto a carico della soccombente l'IVA sui compensi liquidati in quanto il ### essendo soggetto 7 di 7 passivo di imposta, avrà diritt o a detrarre l'IVA pagat a cosicché l'imposta non rappresenta un costo.  4.1 Anche tale motivo non supera il vaglio di ammissibilità.  4.2 La statuizione sulle spese da parte del giudice che condanna la parte soccom ben te al pagamento dei compensi in favore d ella controparte che le ha an ticipate deve prevede re anche l'### essendo la prestazione professionale soggetta a tale imposta. La questione poi circa l'individuazione del soggetto su cui ricade il peso economico dell'imposta, secondo il noto principio di neutralità dell'### viene in rilievo in una fase successiva nei rapporti tra il legale, il suo assistito e la parte tenuta al carico delle spese 5 In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.  6 Nulla è da statuire sulle spese del presente giudizio non avendo la curatela svolto difese.  P.Q.M.  La Corte dichiara inammissibile il rico rso; dà atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/20 02, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, de lla l. n. 228/2012 , della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. 
Cosi deciso in Rom a nella ### di ### glio del 17 ap rile il ### 

Giudice/firmatari: Ferro Massimo, Crolla Cosmo

M
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Tribunale di Roma, Sentenza n. 11933/2025 del 20-11-2025

... Accertare e dichiarare l'abuso del contratto a termine in violazione della normativa di settore (D. Lvo 368/01, D. Lvo 165/01 e ### 1999/70/CE) e per l'effetto, 8. condannare l'###1, in persona del ### p.t., al pagamento del danno subito dalla ricorrente, quale indennizzo nella misura pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, ex art. 32 L. 183/2010, o di quella diversa somma che sarà ritenuta di giustizia, oltre gli interessi legali dal dovuto all'effettivo soddisfo. In via residuale: 9. Accertare e dichiarare l'indebito arricchimento dell'###1 ex art. 2041 c.c. con relativo depauperamento patrimoniale della ricorrente e per l'effetto; 10. Condannare l'###2 al pagamento dell'indennizzo per la somma totale di € 149.606,98 quantificate nelle differenze retributive e contributive dovute per il periodo dal 01.04.2010 al 31.12.2019, o liquidata in via equitativa oltre interessi legali dal dovuto al soddisfo, o per quella diversa somma che si riterrà di giustizia. 11. Con vittoria di spese e competenze in favore degli avvocati che si dichiarano anticipatari e distrattari”. ###. S. D'### per l'### 1: “### l'###mo Tribunale adito, contrariis rejectis: 1) in via principale (leggi tutto)...

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 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI ROMA ### ❖➢ in persona del giudice, dott. ### all'esito dell'udienza del 18 novembre 2025, sostituita dal deposito di note scritte ex art. 127-ter c.p.c., ha pronunciato la seguente ### nella causa civile iscritta al n. 16171 del ### dell'anno 2023, vertente #### elettivamente domiciliata in ### al viale ### 35, presso lo studio degli avv.ti ### ed ### che la rappresentano e difendono in virtù di procura in calce al ricorso introduttivo RICORRENTE - ### E ### 1 - in persona del legale rappresentante pro tempore, dott. ### seppe Quintavalle - elettivamente domiciliata in ### al viale delle ### n. 9, presso lo studio dell'avv. ### D'### che la rappresenta e difende giusta procura allegata alla memoria di costituzione #### É I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. ### in virtù di procura generale alle liti in data ###, Rep. n. ###, per atto a rogito notaio ### elettivamente domiciliat ###, presso l'### di CONVENUTO ### E.N.P.A.M. - in persona del suo presidente e legale rappresentante pro tempore, dott. ### - rappresentata e difesa dall'avv.  ### giusta procura in calce alla memoria di costituzione ### - ### OGGETTO: pubblico impiego - impugnazione contratti di collaborazione ### Gli avv.ti L. ### ed E. ### per la ricorrente: “…### PRINCIPALE 1. accertare e dichiarare la nullità, l'illegittimità e l'illiceità dei contratti co.co.co. stipulati e reiterati, l'illegittimità di tutti i termini finali apposti, tra la dott.ssa ### e l'Asl Rm1 dal 01.04.2010 al 31.12.2019, con relativo accertamento della natura subordinata del suddetto rapporto ex 2094 e 2126 c.c. e art. 36, co. 5, D. Lgs. 165/2001, o per il diverso periodo di lavoro ritenuto di giustizia; 2. accertare e dichiarare le dovute differenze retributive e indennità maturate per il periodo di lavoro co.co.co, calcolate dal 01.04.2010 al 31.12.2019 per € 149.606,98 (comprensive del ### e di € 7.678,81 quale controvalore netto del buono pasto, per tutti i turni eccedenti le 6 ore espletati dalla ricorrente come da ### o nella diversa somma e/o per il diverso periodo, ritenuti di giustizia e per l'effetto; 3.  condannare l'###1 al pagamento di € 110.5335,25 (quali differenze retributive e indennità maturate decurtato il valore del ### e di € 7.678,67 quale somma netta per il controvalore dei buoni pasto, in favore della dott.ssa ### o della diversa somma e/o per il diverso periodo ritenuti di giustizia, oltre agli interessi legali dal dovuto di ogni singola debenza al soddisfo. 4. Accertare e dichiarare dovute le differenze contributive calcolate dal 01.04.2010 al 31.12.2019 per €26.307,81 o per la diversa somma e diverso periodo ritenuti di giustizia, con conseguente condanna dell'###1 al versamento degli stessi presso gli istituti previdenziali di competenza e al ri congiungimento presso l'### dei contributi previdenziali versati all'### con condanna dell'ASL resistente al pagamento dei relativi oneri economici; 5. accertare e dichiarare le dovute differenze relative al TFR per € 39.071,73 calcolate dal 01.04.2010 al 31.12.2019, o alla diversa somma e/o diverso periodo ritenuti di giustizia, con conseguente condanna dell'###1 all'accantonamento dello stesso in favore della ricorrente. 6. Condannare l'###1 alla ricostruzione dell'anzianità di servizio della ricorrente, relativamente al periodo di lavoro dal 01.04.2010 al 31.12.2019, o al diverso periodo ex art. 109 ### triennio 16-18. 7. Accertare e dichiarare l'abuso del contratto a termine in violazione della normativa di settore (D. 
Lvo 368/01, D. Lvo 165/01 e ### 1999/70/CE) e per l'effetto, 8. condannare l'###1, in persona del ### p.t., al pagamento del danno subito dalla ricorrente, quale indennizzo nella misura pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, ex art. 32 L. 183/2010, o di quella diversa somma che sarà ritenuta di giustizia, oltre gli interessi legali dal dovuto all'effettivo soddisfo. In via residuale: 9. Accertare e dichiarare l'indebito arricchimento dell'###1 ex art. 2041 c.c. con relativo depauperamento patrimoniale della ricorrente e per l'effetto; 10. Condannare l'###2 al pagamento dell'indennizzo per la somma totale di € 149.606,98 quantificate nelle differenze retributive e contributive dovute per il periodo dal 01.04.2010 al 31.12.2019, o liquidata in via equitativa oltre interessi legali dal dovuto al soddisfo, o per quella diversa somma che si riterrà di giustizia.  11. Con vittoria di spese e competenze in favore degli avvocati che si dichiarano anticipatari e distrattari”.  ###. S. D'### per l'### 1: “### l'###mo Tribunale adito, contrariis rejectis: 1) in via principale rigettare tutte le domande proposte dalla ricorrente con il ricorso; 2) in via subordinata, nell'ipotesi in cui sia accertata e dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro di natura subordinata a tempo determinato tra la dott.ssa ### e l'###1, e ricono sciuto il diritto della stessa alle differenze retributive, contributive e alle altre voci richieste, a) in via preliminare accertare e dichiarare l'estinzione del diritto della ricorrente ad ottenere la corresponsione delle somme così come richieste per il periodo anteriore al 25.5.2018 (dall'1.4.2010 al 24.5.2018) o in via gradata per il periodo anteriore al'1.3.2018 (dall'1.4.2010 al 28.2.2018) per le ragioni indicate al punto 1) della presente memoria, rigettando le relative domande; b) accertare e dichiarare l'erroneità delle differenze retributive/contributive nonché di tutte le altre indennità/voci richieste e dei conteggi relativi al calcolo degli interessi e rivalutazione contenute nel ricorso, rigettando le relative domande e in ogni caso rigettando la domanda di cumulo di rivalutazione e interessi per le ragioni indicate al punto 2.6.; 3). sempre in via subordinata, nell'ipotesi in cui venga accertato e dichiarato il diritto della ricorrente al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 36, comma 5, D. Lgs.  165/2001, a) in via preliminare accertare e dichiarare l'estinzione del diritto della ricorrente al risarcimento del danno per il periodo dall'1.4.2010 al 24.5.2018 ovvero in via gradata per il periodo dall'1.4.2010 al 28.2.2018 per decorrenza del termine di prescrizione ### per le ragioni indicate ai punti 1- 3.1. della presente memoria, rigettando le relative domande; b) accertare e dichiarare estinto il diritto della ricorrente al risarcimento stesso per intervenuta assunzione a tempo indeterminato della ricorrente medesima; c) in via ulteriormente subordinata accertare il danno stesso nella misura minima prevista dall'art. 31, comma 5, L. n. 183/2010 ovvero nella diversa misura che sarà ritenuta dall'###mo Tribunale tenendo conto delle ragioni esposte al punto 3.3. della presente memoria; 4). sempre in via subordinata, nell'ipotesi in cui sia ritenuta ammissibile e fondata la domanda di arricchimento senza causa proposta dalla ricorrente, accertare e dichiarare l'estinzione del diritto della ricorrente medesima ad ottenere la corresponsione delle somme così come richieste per il periodo anteriore al 25.5.2013 per decorrenza del termine di prescrizione decennale. Con vittoria del compenso e delle spese, oltre il rimborso delle spese generali (15%), della ### denza Avvocati e dell'IVA”.  ###. M. F. ### “nell'ipotesi di riconoscimento della fondatezza della domanda, l'### si dichiara fin d'ora disponibile a dare seguito alla decisione del Giudice, ottemperando agli obblighi di sua spettanza. Con salvezza delle spese”.  ###. A. A. ### per la ### “### l'###mo Tribunale adito, contrariis reiectis, nel merito, qualora il ricorso venisse rigettato, confermare la debenza/dovutezza, da parte del ricorrente, dei contributi in favore della gestione “### B” del ### di previdenza generale della ### zione per il periodo oggetto di causa e, quindi, a titolo di domanda riconvenzionale: - condannare il ricorrente al versamento, in favore dell'### dell'importo di euro 7.632,13 a titolo di contributi e sanzioni, per l'anno di reddito 2016 (con contributi previdenziali da versare nel 2017); - per i restanti anni del periodo oggetto di causa, ossia per gli anni 2010, 2011, 2012, 2013, 2014, 2015, 2017, 2018 e 2019, confermata la debenza/dovutezza, da parte del ricorrente, dei relativi contributi previdenziali in favore della gestione “### B” del ### di previdenza generale dell'### condannare il ricorrente al versamento degli stessi in favore della suddetta gestione Enpam. A tal proposito, si precisa che la ### potrà quantificare l'importo complessivo dovuto dalla professionista, a titolo di contributi e sanzioni, solo all'esito del giudizio; - con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio”.  ### ricorso depositato il 16 maggio 2023, ### ha esposto che ha lavorato dal 1° aprile 2010 al 31 dicembre 2019, formalmente in virtù di una serie di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, in favore della ### 1, svolgendo mansioni di medico; che il 1° gennaio 2020, a seguito di partecipazione ad un concorso, è stata assunta a tempo inde terminato dalla ASL di ### che la ### 1, mediante utilizzo di graduatoria di concorso straordinario espletato dall'### l'ha assunta come dirigente medico a tempo indeterminato a decorrere dal 16 novembre 2020; che, di fatto, nel detto periodo 1.4.2010-31.12.2019 ella ha sempre prestato la sua attività in regime di subordinazione osservando turni di lavoro stabiliti dall'### fruendo di ferie, previa richiesta ai suoi responsabili, secondo il piano organizzato per il periodo giugno-settembre di ogni anno; che non ha mai avuto alcun margine di autonomia nell'espletamento delle sue mansioni; che è stata inserita stabilmente nell'organizzazione aziendale utilizzando materiali ed attrezzature del datore di lavoro; che ha ricevuto una remunerazione fissa mensile; che ha attestato la sua presenza fino al 2012 utilizzando un badge e poi mediante fogli firma; che l'attività lavorativa, lungi dall'essere rivolta al raggiungimento di un risultato o alla realizzazione di un progetto, è sempre stata finalizzata all'assolvimento delle ordinarie esigenze di servizio; che, pur prestando attività in turni sempre superiori a sei ore giornaliere, non ha mai ricevuto i buoni pasto; e che, a mezzo PEC del 1° marzo 2023, ha chiesto all'### l'accertamento della natura subordinata del rapporto ed il pagamento delle spettanze retributive e contributive. 
Tanto premesso, la ricorrente ha affermato che di fatto ella ha lavorato alle dipendenze della ### che, stante la nullità dei contratti di collaborazione, ha diritto di ricevere il trattamento stabilito dai contratti collettivi che si sono succeduti nel tempo; che ha quindi maturato il credito di complessivi €110.533,25, oltre €7.678,98 quale controvalore dei buoni pasto; che, inoltre, il datore di lavoro ha l'obbligo di accantonare, quali quote di trattamento di fine rapporto, la somma di €39.071,73; che deve altresì ricostruire la posizione previdenziale versando all'### a titolo di contributi per il periodo aprile 2010 - dicembre 2019 la somma di €26.307,81 e provvedendo al ricongiungimento presso detto ### dei contributi versati alla ### che deve essere ricostruita l'anzianità di servizio dovendosi tener conto, ai sensi dell'art. 109 del ### dell'### 2016-2018, del periodo di lavoro reso tra il 1° aprile 2010 ed il 31 dicembre 2019; che, inoltre, stante l'abusivo ricorso a contratti precari, l'### è tenuta a risarcire il c.d. danno comunitario da determinarsi nella misura di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, ex art. 32 l. n. 183/2010, ovvero nella diversa misura ritenuta di giustizia; e che, in subordine, è tenuta a corrispondere indennizzo per ingiustificato arricchimento ai sensi degli artt. 2041 e 2042 c.c. da quantificarsi nell'importo di €149.606,98, pari alle differenze retributive e contributive per il periodo aprile 2009 - dicembre 2019, o in altra somma ritenuta di giustizia. 
Ha quindi rassegnato le conclusioni sopra trascritte.  ### 1, costituitasi il 22 giugno 2023, ha preliminarmente eccepito la prescrizione del diritto della ricorrente ad ottenere la corresponsione delle somme richieste per il periodo anteriore al 25.5.2018 (1.4.2010 - 24.5.2018) (considerando la data di notifica del ricorso) ovvero, in via gradata, per il periodo anteriore all'1.3.2018 (1.4.2010-28.2.2018) (considerando la data della diffida dell'1.3.2023). 
Ha poi dedotto che la domanda non può essere accolta poiché la ricorrente ha omesso di confrontare le caratteristiche del contratto di collaborazione con quello di lavoro subordinato a tempo determinato, di cui chiede l'accertamento, analizzando i tratti distintivi delle due fattispecie contrattuali e, cioè, non ha illustrato le ragioni per le quali l'attività professionale da lei espletata non sia riconducibile al contratto di collaborazione e sia inquadrabile invece nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato; che le allegazioni relative alle modalità di svolgimento del lavoro sono molto generiche ed inidonee a configurare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato poiché non consentono di individuare in che cosa sarebbe consistito e da quali elementi fattuali dovrebbe trarsi l'elemento determinante dell'eterodirezione e dell'assoggettamento al potere direttivo e di controllo della ### che, comunque, non risulta che la lavoratrice avesse obbligo di osservare un orario di lavoro, né che vi fosse obbligo di assicurare una presenza nei turni, rimessi alla sua autonoma scelta, né che le ferie dovessero essere autorizzate e concordate e le assenze giustificate; che il contratto di collaborazione stipulato tra le parti, avuto riguardo alla disciplina di legge all'epoca vigente, era pienamente legittimo e non vi era alcun divieto di proroghe; che i conteggi sono errati sotto più profili; che non sussiste diritto alla ricostruzione dell'anzianità di servizio; che è infondata la domanda di risarcimento danni ex art. 36 d.lgs.  165/2001 - e comunque prescritto il vantato diritto risarcitorio per i periodi per i quali opera la prescrizione dei crediti retributivi - sia perché il contratto di collaborazione è stato perfettamente valido, sia perché nessuna norma prevede che spetti un risarcimento in caso di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, sia perché la ricorrente non ha prospettato le ragioni della domanda sotto il diverso profilo della illegittimità e/o dell'abuso del termine apposto ai contratti in violazione della normativa, sia perché non è stato osservato il termine di decadenza di 60 giorni previsto dall'art. 32, comma 4, lett.  a), della l. n. 183 del 2010, sia ancora perché la ricorrente è stata immessa in ruolo superando un concorso straordinario per il quale è stata determinante la circostanza di aver già maturato un'anzianità di servizio di tre anni, come stabilito dal bando di concorso; che, in subordine, in considerazione del fatto che la ricorrente è stata assunta a tempo indeterminato, il risarcimento dovrebbe essere contenuto nella misura minima di 2,5 mensilità; e che la domanda subordinata di indennizzo ex artt. 2041 e 2042 c.c. è inammissibile e comunque infondata. 
L'### costituitosi il 29 giugno 2023, ha dedotto che, qualora sia riconosciuta la natura subordinata del rapporto di lavoro con conseguenti differenze retributive, su queste deve essere effettuata la relativa regolarizzazione contributiva e previdenziale. Ha poi, in via preliminare, eccepito la prescrizione dei contributi relativi a periodi antecedenti al quinquennio. ### costituitasi il 22 giugno 2023, ha dedotto che i compensi erogati ai medici chirurghi ed agli odontoiatri in virtù di contratti di collaborazione coordinata e continuativa sono imponibili presso la gestione “### B” del ### di previdenza generale ### ai sensi dell'art. 3, comma 2, lett. g), del Regolamento del ### che i relativi contributi devono quindi essere versati direttamente dal professionista e non dal committente (nella specie l'### sanitaria); che, invero, non risulta pervenuta alcuna dichiarazione da parte della dott.ssa ### relativa ai redditi professionali prodotti dal 2010 al 2019, e, di conseguenza, non è stato effettuato alcun versamento; che, a mezzo pec del 6 giugno 2023, è stato richiesto alla ricorrente il pagamento dei contributi relativi all'anno 2016 che avrebbero dovuto essere versati nel 2017, tanto anche al fine di interrompere il termine di prescrizione; che i contributi che si asserisce in ricorso siano stati versati alla ### sono soltanto quelli minimi dovuti alla gestione “### A” e non sono connessi allo svolgimento di attività professionale e dovuti, in base all'art. 8, comma 1, del ### del ### per tutta la durata di iscrizione all'albo professionale; e che, pertanto, in caso di accoglimento della domanda proposta dalla ricorrente nei confronti della ### 1, quest'ultima sarà tenuta a versare all'### tutti i relativi contributi, mentre, in caso di rigetto della detta domanda, dovrà dichiararsi l'obbligo di versamento dei contributi in favore della gestione “### B” per il periodo oggetto di causa e dovrà essere condannata la ricorrente al pagamento della somma di €7.632,13 a titolo di contributi e sanzioni per l'anno 2016 nonché al pagamento dei contributi per i restanti anni oggetto di causa, che potranno essere quantificati solo all'esito del giudizio. 
Con memoria depositata il 27 luglio 2023 (sulla cui ammissibilità, contestata dall'### all'udienza del 26.9.2023, v., ex multis, Cass. civ. Sez. ###., 21/10/2009, n. 22289), la ricorrente, ribadito quanto contenuto nell'atto introduttivo, ha eccepito la prescrizione dei contributi previdenziali pretesi dall'### per gli anni 2010-2017 giacché l'unico atto interruttivo del rela tivo termine è rappresentato dalla stessa memoria di costituzione, per cui potrebbero essere dovuti, in caso di rigetto della domanda principale, soltanto i contributi relativi al periodo 21.6.2018 - 2019. Ha poi osservato che ella, in assoluta buona fede, non ha versato la quota contributiva richiesta in quanto le somme da lei percepite erano assimilate fiscalmente ai redditi da lavoro dipendente, né l'Ente ha mai richiesto alcun pagamento; e che, in caso di rigetto della propria domanda, anche per i soli anni 2018 e 2019 non sono dovute sanzioni, stante la sua legittima convinzione di non dovere alcuna somma all'### Con sentenza non definitiva n. 11510/2024 emessa il 14 novembre 2024, il Tribunale: 1) accertata la nullità del contratto di collaborazione stipulato tra la ricorrente e la ### 1 il 1° aprile 2010 e delle successive proroghe, ha dichiarato che la medesima ha prestato, in regime di subordinazione alle dipendenze della ### 1, attività di dirigente medico dal 01.04.2010 al 31.12.2019; 2) ha altresì dichiarato che la ricorrente ha diritto alle differenze retributive maturate nel periodo 1° marzo 2018 - 31 dicembre 2019 tra quanto spettante a titolo di trattamento economico fondamentale nonché a titolo di indennità lavoro notturno e quanto di fatto percepito quale remunerazione mensile fissa; 3) ha dichiarato, infine, che ha diritto al trattamento di fine rapporto maturato dal 1° aprile 2010 al 31 dicembre 2019; 4) ha condannato l'### al pagamento, in favore dell'### dei contributi previdenziali sulle differenze retributive spettanti alla ricorrente nel periodo dal 22 agosto 2017 al 31 dicembre 2019; 5) ha condannato inoltre l'### al pagamento, a favore della lavoratrice, a titolo risarcitorio, di una somma pari a sei mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto spettante ad un dirigente medico del contratto collettivo dell'### oltre interessi legali, sul dovuto al netto delle ritenute previdenziali, assistenziali ed erariali, dal 16 maggio 2023 fino al soddisfo; 6) ha rigettato le domande di condanna al pagamento di somme a titolo di indennità di ferie non godute e controvalore dei buoni pasto; 7) ha rigettato la domanda di condanna della ### 1 al ricongiungimento presso l'### dei contributi previdenziali versati alla ### 8) ha rigettato la domanda di condanna della ### 1 alla ricostruzione dell'anzianità di servizio della ricorrente, relativamente al periodo di lavoro dal 01.04.2010 al 31.12.2019. 
Nel prosieguo del giudizio è stata disposta ed espletata consulenza tecnica d'ufficio al fine di quantificare i crediti riconosciuti con la citata sentenza non definitiva.  MOTIVI DELLA DECISIONE 1. - Posto quanto statuito con la sentenza non definitiva del 14.11.2024, devono quantificarsi le differenze retributive tra quanto spettante per i titoli già individuati (ovvero quanto spettante a titolo di trattamento economico fondamentale nonché a titolo di indennità lavoro notturno) e quanto di fatto percepito. 
Il trattamento economico fondamentale di un dirigente medico comprende anche l'indennità di esclusività per i dirigenti con rapporto di lavoro esclusivo, ove spettante (v., ad es., art. 60 del ### dell'area sanità - ### 2019-2021 sottoscritto il 23 gennaio 2024). 
Appare corretta l'inclusione, nella specie, di tale emolumento - invece contestato dall'### con le osservazioni critiche alla relazione di CTU depositata l'8 giugno 2025 e ribadito nelle note di trattazione scritta - poiché, a norma di legge, il rapporto di lavoro di un dirigente medico è esclusivo, salvo che non sia previsto diversamente. 
Infatti, l'art. 15-quater, del D.lgs. 30/12/1992, n. 502, rubricato “### vità del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario”, dispone, al comma 1, “I dirigenti sanitari, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato, con i quali sia stato stipulato il contratto di lavoro o un nuovo contratto di lavoro in data successiva al 31 dicembre 1998, nonché quelli che, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, abbiano optato per l'esercizio dell'attività libero professionale intramuraria, sono assoggettati al rapporto di lavoro esclusivo”. 
Occorre invece espressa dichiarazione del sanitario per passare al regime di non esclusività (v. comma 4 stesso art. 15-quater). 
In difetto, pertanto, di allegazioni dell'### circa lo svolgimento, da parte della ricorrente, di altre attività professionali, deve valere la presunzione di legge della esclusività, la quale deve ritenersi operante anche in caso di nullità del rapporto, come nella specie, dovendo riconoscersi al lavoratore, ai sensi dell'art. 2126 c.c., il medesimo trattamento economico di cui avrebbe fruito se fosse stato regolarmente assunto. 
Appare anche corretto il riferimento all'indennità spettante ai dirigenti che abbiano un'anzianità compresa tra 5 e 15 anni, poiché, se è vero che l'anzianità che matura nel corso di un rapporto nullo non rileva ai fini di successive assunzioni o di avanzamenti di carriera (Cass. civ. Sez. lavoro Ord., 05/11/2021, n. ###, già citata nella sentenza non definitiva), non può non essere presa in considerazione laddove essa, nel corso del rapporto di fatto, rilevi per determinare la retribuzione spettante in proporzione alla quantità e qualità del lavoro svolto. 
Pertanto, facendo riferimento ai conteggi elaborati dal CTU nella relazione depositata l'8 giugno 2025 e nella relazione integrativa depositata l'11 novembre 2025, devono quantificarsi le differenze retributive spettanti nel periodo 1° marzo 2018 - 31 dicembre 2019 in €41.213,29 oltre interessi legali computati fino al 30 aprile 2025 nella somma di €2.829,46, oltre i successivi fino al soddisfo. 
Per quanto riguarda il trattamento di fine rapporto, il cui diritto è stato già accertato in relazione all'intero periodo di lavoro precedente la formale assunzione, cioè dal 1° aprile 2010 al 31 dicembre 2019, esso deve essere quantificato in base alle disposizioni dell'art. 2120 cod. civ. (escludendo dalla base di calcolo quindi soltanto compensi occasionali e rimborsi spese) ed alle regole peculiari per i dipendenti pubblici (v. D.P.C.M. 20.12.1999). 
Posto che con la sentenza non definitiva il Tribunale si è limitato ad accertare il diritto al TFR maturato alla data del 31 dicembre 2019, è in questa sede irrilevante la questione circa il soggetto che lo debba erogare, senza considerare che, comunque, è in giudizio anche l'### e, quindi, qualora il pagamento fosse a carico dell'### di previdenza, fermo l'onere del datore di lavoro di costituire i necessari fondi, l'accertamento del quantum ora compiuto farebbe stato anche nei confronti dell'### Irrilevante, in questa sede ###attuale, anche la questione sollevata dall'### circa l'obbligo che su di essa potrebbe gravare di operare trattenute, a titolo di quote di ### sulle differenze retributive dovute in forza della presente decisione.  ### maturato nell'intero periodo 1° aprile 2010 - 31 dicembre 2019 è pari, come da relazione depositata l'8 giugno 2025, ad €37.936,49. 
I contributi previdenziali di legge dovuti sulle differenze retributive spettanti dal 22 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 ammontano, come computati nella relazione integrativa depositata l'11 novembre 2025, a complessivi €12.327,37.  2. - Le spese di lite, quanto al rapporto tra la ricorrente e la ### 1, liquidate come in dispositivo, possono essere compensate in ragione della metà, in considerazione del parziale accoglimento del ricorso. 
Quanto al rapporto tra l'### e la ### 1 le spese seguono la soccombenza. 
Sono a carico della ricorrente le spese di lite sostenute dalla ### essendo stato escluso ogni onere per la ### di far confluire i contributi ricevuti nella gestione ### Si precisa che le stesse sono determinate tenuto conto 1) delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, 2) dell'importanza, della natura, delle difficoltà e del valore dell'affare, 3) delle condizioni soggettive del cliente, 4) dei risultati conseguiti, 5) del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate, nonché delle previsioni delle tabelle allegate al decreto del ### della Giustizia n. 55 del 10.3.2014. Si fa riferimento alle dette tabelle nel loro valore medio (per controversie di valore compreso tra €26.000,00 ed €52.000,00, applicabile anche alle cause di valore indeterminato o indeterminabile) per quanto riguarda il rapporto tra la ricorrente e l'### e nel valore minimo (delle tabelle per cause previdenziali) per quanto riguarda il rapporto tra l'### e l'### e tra la ### e la ricorrente. Ai compensi si aggiunge il rimborso forfetario delle spese generali pari al 15% degli stessi (art. 2 del D.M.), oltre I.V.A., C.P.A. e contributo unificato versato dalla ricorrente, come per legge. 
Le spese di consulenza, liquidate con separato decreto, sono poste interamente a carico della ### 1.  P . Q . M . 
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da ### con ricorso depositato il 16 maggio 2023, così provvede: 1. - condanna la ### 1 al pagamento, in favore di ### della complessiva somma di €44.042,75#, di cui €41.213,29 a titolo di sorte ed €2.829,46 a titolo di interessi, oltre ulteriori interessi legali sul capitale, al netto delle ritenute previdenziali, assistenziali ed erariali, dal 1° maggio 2025 fino al soddisfo; 2. - dichiara che la ricorrente ha diritto al pagamento della somma di €37.936,49# a titolo di TFR maturato alla data del 31 dicembre 2019; 3. - condanna la ### 1 al pagamento, in favore dell'### dei contributi previdenziali sulle differenze retributive spettanti alla ricorrente nel periodo dal 22 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 ammontanti ad €12.327,37#; 4. - condanna la ### 1 al pagamento, in favore degli avv.ti ### ed ### procuratori antistatari, della metà delle spese di lite che liquida, per l'intero, in complessivi €10.646,00# di cui €1.389,00# per spese generali, ed €9.257,00# per compensi, oltre ### CPA e contributo unificato di €379,50#, dichiarando compensata la restante parte sull'intero sopra determinato; 5. - condanna la ### 1 al pagamento, in favore dell'### delle spese di lite che liquida in complessivi €5.332,00# di cui €695,00# per spese generali, ed €4.637,00# per compensi, oltre IVA e ### 6. - condanna ### al pagamento, in favore della ### ne E.N.P.A.M., delle spese di lite che liquida in complessivi €5.332,00# di cui €695,00# per spese generali, ed €4.637,00# per compensi, oltre IVA e ### 7. - pone definitivamente a carico della ### 1 le spese della consulenza tecnica d'ufficio, liquidate con separato decreto; 8. - manda alla ### per la comunicazione ai procuratori costituiti.  ### 20 novembre 2025 Il Giudice dott.

causa n. 16171/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Antonio Maria Luna

M
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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 9282/2025 del 16-12-2025

... ricorrente né, tantomeno, lo avevano fatto in nome e per conto del sig. ### da considerarsi del tutto estraneo alla asserita vicenda restitutoria coì come descritta nel corpo del ricorso ed in relazione alla quale si eccepiva, in ogni caso, anche la carenza di legittimazione passiva in quanto, a tutto concedere, il versamento da parte del ricorrente delle suindicate somme al sig. ### sarebbe stato fatto alla persona in quanto tale e non certo alla società, per cui la restituzione dell'indebito avrebbe dovuto, casomai, essere richiesto alla persona fisica e non certo alla società la quale aveva, in ogni caso, assolto alla sua obbligazione derivante dal sinallagma contrattuale; che, infine, l'invocata presunzione circa l'effettuazione di prelievi mensili dal proprio conto corrente di somme equivalenti a € 500,00 non poteva considerarsi affatto tale dal momento che era comune esperienza il prelievo di somme in contanti dal proprio conto corrente; che si contestavano i conteggi effettuati in quanto scorretti e sproporzionati essendo comprensivi anche di specifici periodi in cui il ricorrente aveva usufruito di ferie o malattia e dai quali andavano, in ogni caso, scorporati gli importi previsti in (leggi tutto)...

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TRIBUNALE DI NAPOLI ### REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Napoli, ### e ### in funzione del giudice monocratico dr.ssa ### ha pronunciato, in data ###, la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 19040/2022 del R.G.A.C. Sez. ### e #### rappresentato e difeso, come in atti, dall'avv. ### con la quale è elettivamente domiciliat ###atti RICORRENTE E ### s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., rapp.to e difeso, come in atti, dall'avv. ### con il quale è elettivamente domiciliato in Napoli alla via ### n° 45 RESISTENTE NONCHE' I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, in virtù di giusta procura ad lites per ### del 21.07.15 repertorio n. 80974, rogito 21569, dall'avv.  ### con la quale è elett.te domiciliato in Napoli presso la sede ### di via A. ###, RESISTENTE OGGETTO: accertamento rapporto e spettanze ### come in atti RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data ### parte ricorrente in epigrafe indicata esponeva di aver prestato attività lavorativa subordinata alle dipendenze della società ### srl, in qualità di operaio, con mansione di elettricista, senza soluzione di continuità dal 1 aprile del 2012 al 25 febbraio del 2021, allorquando aveva rassegnato le dimissioni per giusta causa; di aver svolto la propria attività lavorativa presso la sede operativa di ####, alla via ### n. 209/D e di aver sempre osservato un orario lavorativo articolato, dal lunedì al venerdì ,dalle ore 8:30 alle ore 19:00 (con un'ora per la pausa pranzo); di aver svolto, per tutto l'arco temporale indicato, attività di elettricista consistente nell'assemblaggio e cablaggio di apparecchi di illuminazione e eventuale montaggio di essi fuori sede nonché nell'esecuzione di tutte le attività attinenti alla elettricità (quali esemplificativamente riparazione di impianti guasti ovvero creazione di nuovi impianti), con diritto all'inquadramento nel livello 3 del ### - ### di aver percepito, a titolo di retribuzione ed a mezzo bonifici bancari, una somma non corrispondente a quella indicata in busta paga essendo stato costretto dal proprio datore di lavoro, sig. ### alla restituzione, ogni mese, nelle mani di ### e ### dipendenti della società, della somma di € 500,00, come era evincibile (quantomeno presuntivamente) dalle copie degli estratti conto del periodo dalle quali si evinceva un prelievo costante di € 500,00 ogniqualvolta riceveva lo stipendio; che la restituzione della somma suindicata era avvenuta dall'assunzione e fino al mese di maggio del 2020, allorquando si era ribellato alla pratica illegittima; di aver diritto, per l'anno 2019, a complessivi € 4.076,23 e, più precisamente, a una differenza per lavoro straordinario diurno per complessivi € 2902,23 (€ 394,07 per maggio, € 397,08 per giugno, € 324,28 per luglio, € 198,48 per agosto, 397,08 per settembre, 397,08 per ottobre, 397,08 per novembre e 397,08 per dicembre) e a una differenza retributiva per ferie non godute (gestione oraria) per € 1.174,00, per l'anno 2020 a complessivi € 10.368,46 e più precisamente, a una differenza per lavoro straordinario diurno per complessivi € 3.857,78 (€ 397,08 per gennaio, € 397,08 per febbraio, € 224,60 per marzo, € 405,61 per giugno, € 405,57 per luglio, € 405,57 per agosto, € 405,57 per settembre, € 405,57 per ottobre, e 405,57 per novembre, € 405,57 per dicembre), a una differenza per lavoro supplementare (lavori parttime) per complessivi € 5.711,28 ( € 951,88 per luglio, € 951,88 per agosto, € 951,88 per settembre, € 951,88 per ottobre, € 951,88 per novembre, € 951,88 per dicembre) e a una differenza retributiva per ferie non godute (gestione oraria) per € 799,39, per l'anno 2021 a complessivi € 1.906,24 e, più precisamente, a una differenza di € 55,81 rispetto al minimo contrattuale dovuto, a una differenza di € 50,00 per scatti di anzianità non corrisposti, a una differenza di € 405,57 per lavoro straordinario diurno e a una differenza di complessivi € 1.394,86 (€ 951,88 per gennaio e € 442,98 per febbraio); che, sebbene l'illegittimità del trattamento ricevuto riguardasse tutto il periodo lavorativo indicato, il presente ricorso era finalizzato alla regolarizzazione del rapporto contrattuale (in termini retributivi e contributivi) e al soddisfacimento dei diritti relativi per il solo periodo maggio 2019- febbraio 2021, in quanto, periodicamente, per il periodo precedente, era stato “costretto” dal datore di lavoro a firmare verbali di conciliazione sindacale; di aver diritto, in definitiva, a complessivi € 16.350,94 a titolo di differenze retributive, oltre ad € 1.221,74 per TFR ed € 6.000,00 per avvenuta illegittima restituzione di € 500,00 mensili dal mese di maggio 2019 al mese di aprile del 2020 sul netto indicato in busta paga, per un totale di € 23.572,68, il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria. 
Tanto premesso conveniva la società resistente dinanzi all'adito Tribunale al fine di ottenere l'adozione dei seguenti provvedimenti di giustizia: ““ a) accertare e dichiarare, per tutto quanto esposto in atto, la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato ordinario e a full-time, senza soluzione di continuità dal 1 maggio 2019 al 25 febbraio 2021; b) accertare e dichiarare, sempre per tutto quanto esposto in atti, che il ricorrente non ha ricevuto per tutto il periodo lavorativo sopra indicato la adeguata retribuzione prevista dal ### settore ### - aziende industrialidel quale si allega copia in estratto, e comunque una retribuzione commisurata alla quantità e qualità della prestazione resa; c) per l'effetto, condannare la società ### srlc.f. ###-, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle differenze retributive (differenze paga, straordinario, tredicesima, indennità di ferie e permessi non goduti) e al pagamento del trattamento di fine rapporto lavoro per il periodo maggio 2019 - febbraio 2021 per un totale di € 19.182,73 oltre € 6.000,00 per avvenuta restituzione di € 500,00 mensili al datore di lavoro sulla retribuzione (per il periodo maggio 2019-maggio 2020), ovvero per la complessiva somma di € 23.572,68, il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria, per le causali analiticamente sopra esposte e comunque dettagliatamente riportate nel prospetto conteggi, allegato al ricorso e che forma parte integrante e sostanziale del presente ricorso o alla somma maggiore o minore che verrà determinata in corso di causa; d) ordinare a carico della società ### srlc.f. ###-, in persona del legale rappresentante pro tempore, la ricostituzione della posizione previdenziale ed assistenziale del ricorrente presso l'### mediante il versamento dei contributi dovuti per legge per il periodo maggio2019-febbraio 2021, in ragione dell'effettivo rapporto di lavoro ordinario e a full-time intercorso tra le parti”; il tutto con vittoria di spese di lite. 
La società resistente si costituiva in giudizio ed esponeva che il ricorrente era stato assunto alle sue dipendenze con contratto di lavoro di apprendistato professionalizzante con decorrenza dall'11.4.2012, della durata di n. 36 mesi e con scadenza al 10.4.2015, convertito, al termine della sua durata, in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con inquadramento al III liv. del ### in applicazione in azienda; che, in merito all'orario di lavoro, nel corso del rapporto era stata fatta dal ricorrente stesso una richiesta di riduzione dello stesso giustificata dalla necessità di partecipare alla nuova iniziativa imprenditoriale della moglie che gestiva un'attività di vendita e noleggio di scooter elettrici; che, a far data dal 1° maggio 2015, l'orario di lavoro, su sua richiesta, era stato ridotto a n. 30 ore settimanali, dalle 9:00 alle 16:00, dal lunedì al venerdì; che, a partire dal 1° aprile 2016, gli era stato aumentato a n. 34 ore settimanali; che dal 1° marzo 2018 era stato riportato a n. 30 ore settimanali e dal 1° maggio 2018 era stato nuovamente trasformato in rapporto full time; che, solo a partire dal 1° luglio 2020 e fino alla sua cessazione, il rapporto di lavoro del ricorrente era stato nuovamente trasformato, sempre su sua richiesta, in part time per n. 20 ore settimanali, dal lunedì al venerdì, dalle 9:00 alle 13:00; che giammai i sig.ri ### e ### avevano riscosso somme dal ricorrente né, tantomeno, lo avevano fatto in nome e per conto del sig. ### da considerarsi del tutto estraneo alla asserita vicenda restitutoria coì come descritta nel corpo del ricorso ed in relazione alla quale si eccepiva, in ogni caso, anche la carenza di legittimazione passiva in quanto, a tutto concedere, il versamento da parte del ricorrente delle suindicate somme al sig. ### sarebbe stato fatto alla persona in quanto tale e non certo alla società, per cui la restituzione dell'indebito avrebbe dovuto, casomai, essere richiesto alla persona fisica e non certo alla società la quale aveva, in ogni caso, assolto alla sua obbligazione derivante dal sinallagma contrattuale; che, infine, l'invocata presunzione circa l'effettuazione di prelievi mensili dal proprio conto corrente di somme equivalenti a € 500,00 non poteva considerarsi affatto tale dal momento che era comune esperienza il prelievo di somme in contanti dal proprio conto corrente; che si contestavano i conteggi effettuati in quanto scorretti e sproporzionati essendo comprensivi anche di specifici periodi in cui il ricorrente aveva usufruito di ferie o malattia e dai quali andavano, in ogni caso, scorporati gli importi previsti in busta paga a titolo di trasferta e rimborso spese avendo costui riconosciuto nell'atto introduttivo del giudizio di aver reso la sua prestazione lavorativa sempre presso la sede della società. 
Concludeva, pertanto, per il rigetto della domanda attorea con vittoria di spese di lite. 
A seguito di ordine giudiziale di integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c. si costituiva in giudizio l'### il quale, a sua volta, formulava le seguenti conclusioni chiedendo “ il rigetto del ricorso, nonché dichiararsi il difetto di legittimazione passiva dell'### per i profili attinenti al prestazione lavorativa e la regolarizzazione contributiva; - - dichiararsi la prescrizione quinquennale dei contributi; decennale del diritto alla costituzione della rendita vitalizia e del risarcimento del danno, nonché quinquennale del diritto al tfr ed ad eventuali ratei di pensione; - in via subordinata, e nella denegata ipotesi codesto giudice dovesse accogliere il presente ricorso, ed aderendo in parte alla domanda di regolarizzazione contributiva svolta dal ricorrente (ove il Tribunale, accerti la fondatezza dei fatti dedotti in ricorso), che si condanni il datore di lavoro al pagamento in favore dell'### della contribuzione che risulterà effettivamente evasa/omessa in relazione al rapporto di lavoro intercorso con il ricorrente, oltre sanzioni civili ed interessi ex lege, nei limiti della prescrizione rilevabile d'ufficio”; il tutto con vittoria di spese di lite. 
In corso di causa era ammessa ed espletata la prova testimoniale ed, all'esito della stessa, si procedeva ad una consulenza tecnico-contabile. 
All'odierna udienza il Tribunale osserva che: La domanda è parzialmente fondata nei limiti di cui alla presente motivazione. 
Nella fattispecie di cui è causa risulta documentalmente provata oltre che pacifica tra le parti l'esistenza di un rapporto di lavoro connotato nei termini della subordinazione per effetto dell'avvenuta assunzione del ricorrente con contratto di lavoro di apprendistato professionalizzante con decorrenza dall'11.4.2012, della durata di n. 36 mesi e con scadenza al 10.4.2015, convertito, al termine della sua durata, in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con inquadramento dell'istante, come operaio, nel 3 livello del ### di ### - ### ( cfr. buste paga; modulo di dimissioni) Tanto premesso, parte ricorrente lamenta, innanzitutto, in questa sede ###orario lavorativo ben superiore rispetto a quello risultante dalle buste paga in atti articolato dal lunedì al venerdì dalle ore 8:30 alle ore 19:00 (con un'ora per la pausa pranzo) e di aver, pertanto percepito una retribuzione del tutto inadeguata rispetto alla quantità del lavoro svolto. 
A fronte di ciò la società resistente ha eccepito di averlo sempre adeguatamente retribuito sulla base delle ore di lavoro effettivamente prestate così come risultanti dalle buste paga in atti. 
Tanto premesso in fatto, in punto di diritto, facendo applicazione dei principi giurisprudenziali relativi al riparto dell'onere della prova, si devono distinguere - tra i vari titoli ### indicati nei conteggi dalla odierna parte ricorrente - quelli in riferimento ai quali la medesima parte era gravata soltanto dall'onere di provare l'esistenza del singolo titolo (il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro subordinato) e di mera deduzione delle proprie pretese fondate su di esso e quegli altri in relazione ai quali la parte ricorrente era gravata da un onere della prova dell'esistenza di altri fatti costitutivi del diritto vantato. 
Difatti il diritto vivente - nell'applicare i principi di cui agli artt. 1218,1453 ss. e 2697 c.c. - ha chiarito che, in materia contrattuale, "### del creditore dall'onere di provare il fatto negativo dell'inadempimento in tutte le ipotesi di cui all'art. 1453 c.c. (e non soltanto nel caso di domanda di adempimento), con correlativo spostamento sul debitore convenuto dell'onere di fornire la prova del fatto positivo dell'avvenuto adempimento, è conforme al principio di riferibilità o di vicinanza della prova. 
In virtù di tale principio, che muove dalla considerazione che il creditore incontrerebbe difficoltà, spesso insuperabili, se dovesse dimostrare di non aver ricevuto la prestazione, l'onere della prova viene, infatti, ripartito tenuto conto, in concreto, della possibilità per l'uno o per l'altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione. 
Ed appare coerente alla regola dettata dall'art. 2697 c.c., che distingue tra fatti costitutivi e fatti estintivi, ritenere che la prova dell'adempimento, fatto estintivo del diritto azionato dal creditore, spetti al debitore convenuto, che dovrà, quindi, dare la prova diretta e positiva dell'adempimento, trattandosi di fatto riferibile alla sua sfera di azione" (Cassazione civile SS. UU. 30 ottobre 2001 n. 13533; in senso conforme cfr. Cass. 982/2002; Cass. 13925/2002; Cass. 18315/2003; Cass. 6395/2004; 8615/2006; Cass. 13674/2006; Cass. 1743/2007). 
Pertanto il creditore che agisce per l'adempimento o per la risoluzione o per il risarcimento del danno da inadempimento ha solo l'onere di dimostrare l'esistenza del titolo ### - cioè l'esistenza del contratto stipulato con il debitore o del rapporto di lavoro - e di dedurre lo specifico fatto costitutivo della propria domanda, gravando, poi, sul debitore l'onere di dimostrare di aver già adempiuto o che il proprio inadempimento è di scarsa importanza (art. 1455 c.c.) o che il termine di adempimento già inutilmente decorso non aveva natura essenziale per il creditore (art. 1457 c.c.) o che l'inadempimento o il ritardo sono stati determinati da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore (art. 1218 c.c.). 
Sono assoggettate a tale ### criterio di riparto dell'onere di deduzione e di prova le pretese relative alla retribuzione ordinaria, alla 13°, alla 14°, al ### a tutto ciò che il ### di settore riconosce al lavoratore senza prevedere ulteriori specifiche condizioni, all'indennità di mancato preavviso (laddove le dimissioni del lavoratore siano state cagionate proprio dall'inadempimento del datore di lavoro alla obbligazione retributiva). 
Laddove la parte convenuta non abbia fornito in giudizio la prova dell'esistenza di fatti estintivi o impeditivi delle pretese vantate dalla parte ricorrente per tali titoli spetta, quindi, alla parte ricorrente il relativo pagamento. 
Sono, invece, assoggettate al criterio generale in materia di onere della prova ex art. 2697 (affirmanti incumbit probatio) le seguenti voci: lavoro straordinario e/o supplementare, maggiorazione lavoro festivo e domenicale, festività, ferie non godute e non retribuite, permessi retribuiti non goduti e non pagati. 
Inoltre occorre evidenziare che, in caso di contumacia della parte convenuta, opera la c.d. ficta contestatio dei fatti dedotti dalla parte ricorrente (cfr. art. 115 c.p.c.) e che, pertanto, grava, interamente, su quest'ultima l'onere di provare l'esistenza di fatti costitutivi delle proprie domande. 
Tuttavia - nel caso in cui le buste paga redatte dal datore di lavoro indichino l'esistenza di lavoro straordinario o supplementare, di lavoro festivo e domenicale, di ferie non godute e di permessi retribuiti non goduti - ad esse va attribuita efficacia probatoria di confessione stragiudiziale ex artt. 2730 e ss. (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 30/01/2017, n. 2239) e, dunque, grava sul datore di lavoro l'onere di provare l'avvenuto pagamento di tali componenti retributive. 
Parimenti, per quanto riguarda il valore probatorio delle buste paga in atti, è, poi, opportuno richiamare testualmente quanto sostenuto in una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, alla quale questo giudice ritiene di aderire pienamente, laddove si è statuito che “ l'art. 1 della legge 5 gennaio 1953 n. 4 impone al datore di lavoro l'obbligo, anche penalmente sanzionato (art. 5), di consegnare ai lavoratori dipendenti, all'atto della corresponsione della retribuzione, un prospetto contenente l'indicazione di tutti gli elementi costitutivi della retribuzione medesima. Siffatto obbligo, secondo l'indirizzo già espresso da questa Corte (v. Cass. 13 aprile 1992 n. 4512, conforme a Cass. 6 marzo 1986 n. 1484), oltre a non implicare l'invalidità dei pagamenti eseguiti in violazione di esso, non attiene neppure alla prova di tali pagamenti, ond'è che, avendone l'onere (art. 2697 c.c.), compete, tuttavia, al datore di lavoro stesso, il quale non possa provare la corresponsione di quanto dovuto al dipendente a titolo di retribuzione mediante la normale documentazione liberatoria data dalle regolamentari buste paga recanti la firma dell'accipiente, fornire la prova rigorosa dei relativi pagamenti che abbia in effetti eseguito in relazione ai singoli crediti vantati dal lavoratore e della cui sussistenza sia stata acquisita la dimostrazione. In altra non dissimile fattispecie, questa stessa Corte (v. Cass. 13 giugno 1987 n. 5227) ha, altresì, osservato che le annotazioni sui prospetti paga non costituiscono, ove il lavoratore contesti che esse rispecchino la reale situazione di fatto, elemento idoneo, di per sè solo, a sorreggere l'assunto del datore di lavoro dell'effettiva corresponsione di determinati emolumenti o dell'effettiva sussistenza della causa giustificativa di determinate trattenute operate sulla retribuzione. Da un siffatto contesto normativo ed interpretativo si evince chiaramente il principio secondo cui, non solo non sussiste preclusione di sorta al diritto del lavoratore che non abbia esposto contestazioni all'atto del ricevuto pagamento, quanto poi che non esiste affatto una presunzione assoluta (o di "piena fede") di corrispondenza della retribuzione percepita rispetto a quella risultante dai prospetti paga, neppure allorquando questi ultimi rispondano ai requisiti di normale documentazione liberatoria (riscontro nei libri paga o registri equipollenti e quietanze). Dal ché l'ulteriore rilievo che, l'onere probatorio dimostrativo di quella non corrispondenza può incombere sul lavoratore soltanto in presenza di provata regolarità della documentazione liberatoria e del rilascio di quietanze da parte del lavoratore medesimo. In caso diverso, quindi, per quanto si è visto, spetta al datore di lavoro fornire la prova rigorosa dei relativi pagamenti che abbia in effetti eseguito”.  (Cassazione civile, sez. lav., 04 febbraio 1994, n. 1150. 
Tanto chiarito in punto di diritto, con riferimento alla fattispecie concreta oggetto del presente giudizio e con specifico riferimento al maggiore orario lavorativo che parte ricorrente assume di aver prestato rispetto a quello risultante dalle buste paga in atti, come già innanzi evidenziato, il lavoratore che agisce per ottenere il compenso per il lavoro svolto in eccedenza, rispetto all'orario originariamente pattuito a seguito di richiesta formulata dal datore nell'esercizio del potere direttivo e organizzativo in capo a quest'ultimo, ha, innanzitutto, l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro e, ove egli riconosca di aver ricevuto una retribuzione ma ne deduca l'insufficienza, come nel caso di specie, è altresì tenuto a provare il numero di ore effettivamente svolte, con specifico riferimento alla collocazione cronologica delle prestazioni lavorative eccedenti il normale orario di lavoro. 
Consolidate e condivisa giurisprudenza di legittimità ha sostenuto che la prova può essere fornita dal lavoratore con qualunque mezzo, ma non si può sostituire alla stessa il giudizio equitativo del giudice che potrà intervenire esclusivamente dinnanzi ad un diritto del lavoratore provato e, quindi, certo ( Cass. n. 9906/2015; n. 19299/2014; n. 1389/2013). Ebbene, il rigore della prova esige il preliminare adempimento dell'onere di una specifica allegazione, dalla parte che ad essa sia tenuta, del fatto costitutivo (nel caso di specie: diritto al compenso per lavoro straordinario): secondo la circolarità, propria del processo del lavoro, tra oneri di allegazione, di contestazione e di prova (Cass. s.u. 17 giugno 2004, n. 11353; Cass. 9 febbraio 2012, n. 1878; Cass. 4 ottobre 2013, n. 22738)" (Cass. 16150/2018). 
Ed ancora: "il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per il lavoro straordinario ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro, senza che possa farsi ricorso, nel relativo accertamento, al criterio equitativo di cui all'art. 432 c.p.c., atteso che tale norma riguarda la valutazione del valore economico della prestazione lavorativa e non già la sua esistenza (cfr. Cass. 4668 del 1993; Cass. n. 14466 del 1999; Cass. n. 1389 del 2003) (...) la valutazione sull'assolvimento dell'onere probatorio in ordine al lavoro straordinario prestato costituisce accertamento di fatto ( n. 12434 del 2006; Cass. n. 3714 del 2009), così come quello in ordine alla mancata fruizione di permessi e ferie" (Cass. n. 16951/2018). 
In ordine alla fruizione delle ferie e delle festività soppresse va, poi, rammentato che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per il lavoro feriale, straordinario, ovvero l'indennità sostitutiva delle ferie non godute, ha l'onere di dimostrare di aver lavorato oltre l'orario normale di lavoro e/o durante il periodo destinato alla fruizione delle ferie e, ove riconosca di aver ricevuto una retribuzione ma ne deduca l'insufficienza, è altresì tenuto a provare il numero di ore effettivamente svolto (cfr., ex plurimis, Cass. Civ., Sez. Lav., 16 febbraio 2009, n. 3714; 25 maggio 2006, n. 12434; 3 febbraio 2005, n. 2144; 29 gennaio 2003, 1389).  ###, inoltre, ha avuto modo di chiarire che, spettando al lavoratore dare la prova dell'effettiva prestazione del lavoro straordinario e/o feriale, non può ritenersi come dato acquisito al processo l'avvenuta prestazione di attività lavorativa oltre il normale orario ovvero nel periodo coincidente con quello feriale per il solo fatto che manchino contestazioni sul punto da parte del datore di lavoro: la controparte, infatti, non ha l'onere di fornire alcuna prova contraria se l'attore viene meno al suo onere probatorio (cfr., al riguardo, la sent. n. 3714/2009 cit., che ha precisato che neppure eventuali - ma non decisive - ammissioni del datore di lavoro sono idonee a determinare una inversione dell'onere della prova). 
Ciò posto, nella vicenda de qua, passando all'esame delle deposizioni testimoniali assunte in corso di causa, il primo teste di parte ricorrente, ### ha dichiarato: “Indifferente. Conosco il ricorrente in quanto sono stato suo collega di lavoro presso la società resistente dal 2017 al 2020, se ben ricordo fino al 20 gennaio 2020. Il mio rapporto di lavoro è cessato in data ### per le dimissioni da me rassegnate per mie motivazioni personali. Non ho mai intentato alcun giudizio nei confronti della società resistente. Quando io ho cominciato a lavorare nel 2017 il ricorrente era già in servizio, mentre, se ben ricordo, il suo rapporto di lavoro cessò qualche mese prima che io andassi via nel gennaio 2020. Io ero addetto al montaggio e all'assemblaggio di apparecchi di illuminazione da design. Il mio orario lavorativo era articolato dal lunedì al venerdì, dalle 8.00 - 8.15 fino alle 19.00- 19.30, con un'ora per la pausa pranzo. A seconda delle esigenze datoriali ho lavorato anche di sabato dalle 8.00 - 8.15 alle 13.30- 14.00, con un minimo di due volte al mese e a volte anche di più a richiesta del datore di lavoro. ### lavorativo di parte ricorrente è stato articolato esattamente come il mio e non ha mai subito variazioni nel corso degli anni. Sia io che il ricorrente abbiamo generalmente usufruito di una o due settimane di ferie nel corso del mese di agosto”. 
Trattasi di una deposizione testimoniale da ritenersi, a parere della scrivente, particolarmente attendibile in quanto resa da un soggetto non solo a diretta conoscenza dei fatti di causa per essere stato ex collega di lavoro del ricorrente ma, allo stesso tempo, totalmente estraneo ad entrambe le parti in causa e del tutto disinteressato all'esito del presente giudizio essendosi dimesso dalla società resistente per motivazioni personali senza intentare alcun giudizio nei confronti della stessa. 
Le sue dichiarazioni sono state, altresì, confermate anche dai due ulteriori testi di parte ricorrente. 
Ed, infatti, il teste ### ha riferito: “ ### il padre del ricorrente. Mio fratello era titolare di un'impresa edile di nome ### se non ricordo male, e lì ho lavorato come operaio alle dipendenze di mio fratello dal 2011 al 2017. Mio fratello si chiama ### La società resistente si è avvalsa della ditta individuale, gestita da mio fratello, per la realizzazione di alcuni lavori attinenti all'edilizia. Preciso che per la ### sono stati ristrutturati tre capannoni nonché gli uffici della società, tutti situati presso la sede ###### alla via ### che affaccia anche a via Napoli, dove c'è un accesso pedonale. Si tratta di lavori che sono stati eseguiti in diversi archi temporali, che non so indicare in maniera precisa ed in ordine ai quali posso solo dire che avevano una durata da un minimo di un mese a un massimo di tre mesi. Per l'esecuzione di questi lavori ci recavamo presso la sede della ### dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 17, con un'ora di pausa per il pranzo e a volte anche il sabato dalle 8 alle 13. In queste circostanze, allorquando anche io ho lavorato presso la sede della resistente, ho sempre visto mio figlio in servizio. Mio figlio arrivava al lavoro alle 8.30 anzi 8.15 e restava lì in servizio quando io andavo via alle 17. Preciso che arrivava alle 8.15 per poi cominciare a svolgere la propria attività alle 8.30. Mio figlio si occupava del cablaggio dei lampadari. Non ho mai frequentato la sede della ### al di fuori delle circostanze che ho prima riferito. Non ricordo se con la ditta di mio fratello abbiamo o meno effettuato lavori per la resistente anche nel periodo estivo”. 
Ed, infine, la terza teste di parte ricorrente, ### ha dichiarato: ADR “### la moglie del ricorrente, in separazione dei beni. Anch'io ho lavorato alle dipendenze della società resistente per un paio di mesi, che non so meglio collocare temporalmente, ma che è in ogni caso sono compresi tra il 2019 e il 2021. In quel frangente mi occupavo del cablaggio degli apparecchi elettronici, prelevavo il lavoro occorrente dai locali aziendali e lo effettuavo a casa. Mi recavo, pertanto, presso l'azienda circa una volta a settimana, quando terminavo il materiale per prelevare quello per il lavoro successivo e mi trattenevo all'incirca mezz'ora o al massimo un'ora. Non ho avuto occasione di frequentare i locali aziendali in un altro frangente temporale. Mi è capitato, invece, all'incirca tre o quattro volte a settimana, di accompagnare mio marito al lavoro alle ore 8:30 e di andarlo a riprendere alla fine del suo orario di lavoro intorno alle ore 19:30- 20:00, in quanto avevamo una sola macchina ed, avendo due bambini piccoli, mio marito era solito lasciarla a me. In questi casi lasciavo mio marito fuori al cancello dell'azienda, dove, poi, l'aspettavo all'uscita. Se ben ricordo mio marito ha sempre usufruito di un periodo di ferie durante i mesi estivi pari a 7-15 giorni mentre non ha usufruito di ferie nel restante periodo dell'anno”. 
Dal complesso delle dichiarazioni testimoniali rese dai testi di parte ricorrente è, pertanto, risultato confermato l'orario lavorativo così come dedotto nel corpo del ricorso introduttivo e, pertanto, dal lunedì al venerdì dalle ore 8:30 alle ore 19:00 (con un'ora per la pausa pranzo). 
Né, al fine di pervenire a diverse conclusioni, possono rilevare le dichiarazioni rese dai testi di parte resistente. 
Ed, infatti, il primo teste di parte resistente, ### ha dichiarato: “Indifferente. Conosco i fatti di causa in quanto sono dipendente della società resistente dal 5 agosto 2005 ad oggi. Se ben ricordo, il ### ha cominciato a lavorare per la resistente negli anni 2012/2013 fino a febbraio del 2021. ### da sempre impiegata amministrativa, con un orario di lavoro che è stato sempre articolato, dall'inizio ad oggi, dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00. Non ho mai lavorato di sabato perché l'attività aziendale è chiusa in quella giornata. Se ben ricordo nel 2019 l'orario lavorativo del ### era full-time e, quindi, era articolato come il mio e questo fino ai primi mesi del 2020; successivamente e fino al febbraio 2021 l'orario lavorativo del ### è stato part-time, articolato, cioè, dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00. ###à aziendale è sempre restata chiusa nel corso degli anni per circa 2-3 settimane ad agosto e, se ben ricordo, solo per una settimana ad agosto nel 2020 a causa del Covid”. 
Il secondo teste di parte resistente, ### ha dichiarato: “ Indifferente. ### un dipendente della società resistente da venti anni. Ho conosciuto il ricorrente allorquando costui ha cominciato a lavorare per la ### dal 2012. Io sono sempre stato impiegato come magazziniere, con un orario lavorativo articolato dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 17.30. A volte ho lavorato anche il sabato, a seconda delle esigenze datoriali, all'incirca un paio di volte al mese, dalle ore 8.30 alle 13.00. ### ha osservato il mio medesimo orario lavorativo, per cui anche lui come me arrivava la mattina circa cinque-dieci minuti prima per parcheggiare la macchina e, poi, prendere servizio. Andavamo via insieme alle ore 17.30. Sia io che il ricorrente abbiamo usufruito di tre settimane di ferie nel corso del mese di agosto, oltre a qualche altro residuo giorno nel periodo natalizio….###à aziendale iniziava alle 8.30 e cessava alle 17.30. Se ben ricordo, per circa un anno o due anni, non so essere più preciso al riguardo, il ricorrente ha osservato un orario lavorativo ridotto nel senso che finiva la propria attività lavorativa alle ore 16.00 poiché la moglie aveva aperto una propria attività commerciale e il ricorrente la aiutava”. 
Entrambi i testi di parte resistente hanno, pertanto, smentito l'orario lavorativo così come dedotto in ricorso rendendo, però, dichiarazioni, in ordine a tale specifico profilo, non perfettamente concordanti tra loro, così da minarne certamente l'attendibilità.   Ed, infatti, non può non considerarsi che entrambi lavorino tuttora alle dipendenze della società resistente, circostanza, quest'ultima, che seppure non determina l'incapacità di testimoniare ex art. 246 cod. proc. civ., incide notevolmente sull'attendibilità dei testi escussi e sulla verosimiglianza delle deposizioni. 
Si consideri, in proposito, che, secondo consolidata giurisprudenza (Cass. 6.4.1982, n. 2125; 22.4.1981, n. 2375; Cass. 11.4.1978, n. 1688; Cass. 20.4.1977, n. 1461; Cass. 17.3.1975, n. 1027; Cass. 27.9.1968, n. 2982; Cass. 16.7.1968, n. 2573;), l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra un testimone e la parte di un giudizio in cui il dipendente è chiamato a deporre, non costituisce, di per sé, causa di incapacità a testimoniare ex art. 246 cod.proc.civ. ma incide anch'essa notevolmente sull'attendibilità dei testi escussi e sulla verosimiglianza delle deposizioni. 
Alla stregua di tutto quanto sovra esposto spettano, pertanto, alla parte ricorrente le differenze retributive dovute alla luce del diverso orario lavorativo così come emerso dall'istruttoria testimoniale espletata in corso di causa rispetto a quello risultante dalle buste paga in atti seppure nei limiti del conteggio così come riformulato dal procuratore di parte ricorrente, in osservanza dell'ordinanza resa in data ###, per effetto dell'avvenuta esclusione, rispetto al conteggio allegato al ricorso introduttivo ed in adesione all'eccezione all'uopo sollevata dalla società resistente, delle ore di lavoro conteggiate anche in relazione alle giornate in cui il ricorrente, come da documentazione allegata alla memoria di costituzione, è risultato essere in ferie ed in malattia. 
In particolare, si è provveduto a detrarre dal conteggio le ore di lavoro calcolate per i giorni di ferie usufruiti a luglio 2019, ottobre 2020, settembre 2020, agosto 2020, maggio 2020 nonché nei periodi di malattia dal 16.7.2019 al 19.7.2019, dal 2.3.2020 al 4.3.2020, dal 5.3.2020 al 6.3.2020, dall'11.3.2020 al 13.3.2020, dal 14.3.2020 al 18.3.2020, dall'8.6.2020 al 12.6.2020, dal 21.1.2021 al 23.1.2021, dall'8.2.2021 al 10.2.2021 ( cfr. buste paga e certificati medici in atti). 
Non può, al contrario, trovare accoglimento l'eccezione sollevata dalla società resistente inerente la necessità di sottrarre ulteriormente dal dovuto i compensi indicati sotto la voce trasferta e rimborsi perché, differentemente da quanto evidenziato in memoria, lo stesso ricorrente, nel corpo dell'atto introduttivo, ha precisato di aver svolto, per tutto l'arco temporale indicato, attività di elettricista consistente nell'assemblaggio e cablaggio di apparecchi di illuminazione e eventuale montaggio di essi e ciò anche fuori sede mentre la società resistente nulla ha provato in merito ad un'eventuale falsità delle medesime risultanze di fatto evincibili, in ordine a tale specifico profilo, dalle buste paga in atti. 
Nessuna specifica contestazione è stata, invece, sollevata dalla società resistente in relazione alle restanti voci dei conteggi allegati al ricorso introduttivo quali “ retribuzione indiretta” ( anno 2020), “minimo contrattuale” e “scatti di anzianità” ( 2021), che vanno, pertanto, interamente recepiti in quanto tali. 
Alla stregua della complessiva valutazione dell'istruttoria testimoniale espletata in corso di causa spetta, poi, alla parte ricorrente, in relazione alle annualità 2019 e 2020, come da conteggio, l'indennità sostituiva delle ferie non godute considerando l'avvenuta fruizione, da parte dello stesso, di due settimane di ferie nel corso del mese di agosto. 
Nessuna rilevanza, ai fini della decisione del presente giudizio, hanno, infine, le circostanze inerenti le modalità di cessazione del rapporto di lavoro di cui è causa così come evidenziate dalla società resistente nella memoria di costituzione, essendo esse totalmente avulse dal tema di indagine in mancanza della richiesta, anche eventualmente a titolo di domanda riconvenzionale, dell'indennità sostitutiva del preavviso. 
Per quanta riguarda, invece, la retribuzione, dato per pacifico tra le parti in causa l'avvenuta corresponsione delle somme così come indicate nelle buste paga in atti, le parti controvertono in merito all'effettiva esistenza o meno dell'obbligo di restituzione, da parte del ricorrente, il giorno dopo l'accredito dello stipendio a mezzo bonifico bancario sul proprio conto corrente, della somma di € 500,00 che era, pertanto, solito prelevare a mezzo bancomat e restituire pro manibus ai dipendenti ### e ### nell'interesse del datore di lavoro ###
Trattasi di una circostanza che è stata ampiamente confermata dal teste ### sulla cui particolare attendibilità ci si è già prima soffermati, il quale ha, in proposito, dichiarato:” Io ho sempre percepito € 700,00 mensili, a titolo di retribuzione, che mi venivano versati mediante bonifico bancario. Se non mi sbaglio ero inserito nel II livello del contratto collettivo di categoria. Lo stesso ### mi ha riferito di percepire € 1.100,00 al mese, sempre a mezzo versamento con bonifico bancario. Ho personalmente verificato che esisteva all'interno dell'azienda una prassi secondo la quale i signori ### e ### erano incaricati alla restituzione, da parte della maggior parte degli operai della società resistente, tra cui anche il ### mensilmente, di parte dell'importo che era stato loro versato, mediante bonifico bancario, a titolo di retribuzione. ### era tenuto a restituire € 500 mensili, importo che ho personalmente verificato essendo presente al momento della restituzione. Ed, infatti, tutti di dipendenti interessati dalla suddetta prassi, tra cui anche il ### il giorno dopo il versamento sul bonifico bancario, si recavano presso la postazione lavorativa dei sigg.ri ### e ### per procedere alla restituzione di quanto da ciascuno di essi dovuto. Si tratta di un'operazione che durava pochi minuti e che ho visto accadere all'interno dei locali aziendali anche quando non mi ha riguardato personalmente in quanto avveniva pubblicamente. Ho verificato in merito a questa prassi che noi dipendenti, tra cui anche il ### a parità di prestazione lavorativa così come effettivamente resa, non sempre percepivamo il medesimo importo a titolo di retribuzione in busta paga, per cui, nel mio caso, allorquando mi veniva versato mediante bonifico bancario un importo maggiore rispetto agli € 700 mensili, ero tenuto alla restituzione della differenza, così come maggiormente corrispostami, ai dipendenti ### e ### suddetti. Nel mio caso questo capitava ogni due tre mesi, mentre, nel caso di ### come per altri dipendenti, era un prassi che capitava ogni mese, non so dire per quale motivo. Preciso che trattasi di una prassi che è esistita per l'intera durata del rapporto di lavoro sia mio che del #### e ### ad indicare a ciascuno dei dipendenti quanto dovevano restituire senza rilasciare alcuna ricevuta al riguardo,. Agendo per conto del sig. ### che era il titolare dell'azienda.” Trattasi, d'altronde, di una circostanza che ha trovato conferma anche nella deposizione resa dalla teste ### che ha, in proposito, dichiarato:” Ho visionato personalmente le buste paga, che venivano consegnate mensilmente a mio marito, per cui posso riferire che l'importo ivi indicato non corrispondeva a quanto di fatto da lui percepito, che era pari ad € 1.100,00. Se ben ricordo nella busta paga era riportato un importo di € 1.700,00, anche se non ricordo se fosse indicato al netto o al lordo. Mio marito era retribuito, mensilmente, mediante bonifico bancario sul suo conto corrente personale ed ogni bonifico era pari all'importo indicato in busta paga ma, ogni mese, era tenuto a restituire all'incirca € 500,00, così da avere un percepito in ogni caso pari ad € 1.100,00. In una sola occasione ho assistito personalmente alla restituzione dell'importo di € 500,00 da mio marito al titolare dell'azienda, signor ### in quanto avvenne in un frangente in cui anch'io ero presente in azienda per ritirare i materiali. In altre occasioni mi è capitato, invece, subito dopo l'accredito del bonifico, di prelevare, mediante la carta che mi veniva consegnata da mio marito, l'importo di € 500,00 che, poi, consegnavo a mio marito affinché provvedesse alla sua restituzione al titolare ### circostanza da lui stesso riferitami. Mio marito mi ha riferito che i soldi dovevano essere restituiti nelle mani del signor ### Rosa”. 
Trattasi di dichiarazioni testimoniali alle quali va riconosciuto un valore probatorio certamente determinante avendo entrambi i testi escussi riferito di una circostanza cui hanno assistito in prima persona, anche se per la ### in una sola circostanza ed alla luce dell'assoluto e totale disinteresse del teste ### all'esito del presente giudizio, così come già prima evidenziato. 
A parere della scrivente devono, pertanto, considerarsi inattendibili entrambe le deposizioni rese dai testi ### e ### i quali hanno, al contrario, radicalmente smentito l'accaduto. 
Ed, infatti, la teste ### ha dichiarato:” Non ricordo quanto percepisse ### a titolo di retribuzione. Preciso, inoltre, di non aver mai provveduto né per il ### né per altri dipendenti alla richiesta di restituzione, per conto del titolare dell'azienda, signor ### di parte dell'importo previamente versato loro a mezzo bonifico bancario. Non è mai esistita alcuna prassi di tal genere all'interno dell'azienda. Trattasi di una circostanza di cui sono venuta a conoscenza solo a seguito dell'iniziativa giudiziaria intrapresa dal ### nei confronti della società resistente per la quale non ho intrapreso alcuna azione legale. Conosco il signor ### che è stato anche lui dipendente della società resistente e confermo che non gli ho mai chiesto la restituzione di parte dell'importo versatogli a titolo di retribuzione mediante bonifico bancario. Confermo che non ho mai agito in tal senso né per il ### né per gli altri dipendenti dell'azienda e non ho mai visto accadere una cosa di questo genere nemmeno su iniziativa del signor ### La mia postazione lavorativa è da sempre situata in un ufficio all'interno dei locali aziendali che condivido con altre persone. ### invece, lavora all'interno del magazzino, come magazziniere, al quale si accede mediante una porta dal mio stesso ufficio. Si tratta di un open-space con varie porte e una di esse consente l'accesso al magazzino. ### io che mi occupo della predisposizione dei bonifici bancari in favore dei dipendenti, operazione alla quale provvedo sulla base delle buste paga che mi vengono consegnate dal ragioniere, signor ### D'### per cui ho potuto personalmente verificare che, per ciascun dipendente, l'importo netto indicato in busta paga corrispondeva esattamente a quello per il quale io, poi, provvedevo a predisporre il relativo bonifico bancario. Ero io a comunicare al ragionier D'### per ciascun dipendente, le ore lavorative sulla base delle quali quest'ultimo provvedeva, poi, alla predisposizione delle relative buste paga e non ho mai comunicato un orario di lavoro superiore a quello effettivamente reso da ciascun dipendente”.
A sua volta, il teste ### ha dichiarato:” Non ho mai chiesto al ### la restituzione di € 500.00 mensili dalla sua retribuzione né li ho mai percepiti. Non mi risulta che ciò sia avvenuto con il signor ### Nessuno di noi due ha mai chiesto soldi al ricorrente, né li ha mai ricevuti”. 
Entrambi i testi suindicati hanno, pertanto, radicalmente smentito la pratica restitutoria - così come confermata dal teste ### e dalla moglie del ricorrente - per presumibili ragioni di compiacenza nei confronti del proprio attuale datore di lavoro, ### nel cui interesse - nella sua qualità di legale rapp.te della società resistente - hanno, invece, agito, con la conseguente opportunità di trasmissione degli atti alla ### della Repubblica del Tribunale di Napoli per le valutazioni di sua competenza in ordine all'eventuale ravvisabilità, al riguardo, di una fattispecie di reato. 
In definitiva, si deve osservare, in linea generale, che, secondo consolidati orientamenti della Suprema Corte, in tema di prova spetta in via esclusiva al giudice del merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, nonchè la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni. Nè tale regola subisce eccezioni nel rito del lavoro (vedi per tutte: Cass. 15 luglio 2009, n. 16499; Cassazione civile, sez. lav.  18/03/2011 n. 6303). 
In conclusione la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (da ultimo: Cass. 21 luglio 2010. n. 17097). 
In definitiva, alla stregua di tutto quanto sovra esposto, la società resistente va, pertanto, condannata alla restituzione, in favore del ricorrente, dell'importo di € 6.000,00 per il periodo da maggio 2019 al maggio 2020, così come da conteggio, oltre accessori di legge.
Spetta, infine, alla parte ricorrente, in considerazione del maggior orario lavorativo concretamente osservato, anche la differenza rispetto all'importo maturato a titolo di TFR così come effettivamente riscosso e conteggiato sulla base dell'orario lavorativo formalmente riconosciuto. 
In definitiva, alla stregua dell'art.2099 cc e del ### di categoria - da applicarsi in via diretta considerata l'adesione ad essa di parte resistente così come si evince dall'esame delle buste paga allegate agli atti le quali riportano voci retributive di carattere tipicamente contrattuale ( ad es. scatti di anzianità) - in conformità delle retribuzioni orarie spettanti per i lavoratori inquadrati nel III livello, vanno computate le differenze di retribuzione effettivamente spettanti al ricorrente, previa detrazione dei compensi percepiti in costanza di rapporto così come risultanti dalle buste paga in atti. 
Pertanto, in parziale accoglimento della domanda giudiziale, in conformità delle risultanze istruttorie e dei conteggi analitici correttamente effettuati dal consulente tecnico-contabile in osservanza dell'ordinanza resa in data ###, ai quali si ritiene di dover aderire in quanto esenti da vizi di qualsivoglia genere e non oggetto di specifica contestazione da parte della società resistente, spetta a quest'ultimo la complessiva somma pari ad € 12.715,39 per differenze paga ed € 158,51 per trattamento di fine rapporto, il tutto per complessivi € 12.873,90. 
Per quanto riguarda, infatti, il calcolo di quanto effettivamente spettante al ricorrente, nel rito del lavoro il convenuto ha l'onere della specifica contestazione dei conteggi elaborati dall'attore, ai sensi degli art. 167, comma 1, e 416, comma 3 c.p.c., e tale onere opera anche quando il convenuto contesti in radice la sussistenza del credito, poiché la negazione del titolo degli emolumenti pretesi non implica necessariamente l'affermazione dell'erroneità della quantificazione, mentre la contestazione dell'esattezza del calcolo ha una sua funzione autonoma, sia pure subordinata, in relazione alle caratteristiche generali del rito del lavoro, fondato su un sistema di preclusioni diretto a consentire all'attore di conseguire rapidamente la pronuncia riguardo al bene della vita reclamato.( Cassazione civile, sez. lav., 18/02/2011, n. 4051; in senso conforme cfr.: Cass. 19 gennaio 2006 945; Cass. 10 giugno 2003 n. 9285). 
Su tali somme spettano, altresì, la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dalle scadenze mensili per le differenze retributive e dalla cessazione del rapporto di lavoro per il TFR e fino al soddisfo. 
La società resistente va, altresì, condannata alla regolarizzazione della posizione della ricorrente mediante il corrispondente versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi effettivamente dovuti sulle differenze retributive così come calcolate nei limiti della prescrizione quinquennale ex art.  3, comma 9, L 335/95, rilevabile anche d'ufficio e da considerarsi, nella specie, non maturata essendo la domanda giudiziale limitata all'arco temporale dal maggio 2019 al febbraio 2021.  ### della lite, solo in parte favorevole al ricorrente, giustifica la compensazione delle spese processuali nella misura di un terzo.
La restante parte segue la regola della soccombenza ed è liquidata come da dispositivo. 
Le spese di ctu sono poste, in via solidale, a carico di entrambe le parti in causa e sono liquidate come da separato decreto. 
Ed, infatti, in tema di compenso al consulente d'ufficio, l'obbligo di pagare la prestazione eseguita ha natura solidale e, di conseguenza, l'ausiliare del giudice può agire autonomamente in giudizio nei confronti di ognuna delle parti, anche in via monitoria, non solo quando sia mancato un provvedimento giudiziale di liquidazione ma anche quando il decreto emesso a carico di una parte sia rimasto inadempiuto, in quanto non trova applicazione, per essere l'attività svolta dal consulente finalizzata all'interesse comune di tutte le parti, il principio della soccombenza, operante solo nei rapporti con le parti e non nei confronti dell'ausiliare (Cassazione civile, sez. lav. 31/12/2009 28299; Cass. 15 settembre 2008 n. 23586).  PQM Il Giudice del ### definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da #### con ricorso del 26.10.2022 nei confronti della ### s.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., e dell'### in persona del legale rapp.te p.t.,così provvede: in parziale accoglimento della domanda giudiziale condanna la società resistente al pagamento, in favore di parte ricorrente, dell'importo pari ad € 12.715,39 per differenze paga ed € 158,51 per trattamento di fine rapporto, il tutto per complessivi € 12.873,90 oltre alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali dalle scadenze mensili per le differenze retributive e dalla cessazione del rapporto di lavoro per il TFR e fino al soddisfo oltre alla restituzione, in favore del ricorrente, dell'importo di € 6.000,00 per il periodo da maggio 2019 al maggio 2020, per la causale di cui alla parte motiva, oltre accessori di legge; condanna la società resistente alla regolarizzazione della posizione della ricorrente mediante il corrispondente versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi effettivamente dovuti sulle differenze retributive così come calcolate; condanna la società resistente al pagamento, nella misura dei due terzi, delle spese di lite liquidate, per l'intero, in € 2.695,00 per compenso professionale con attribuzione oltre oneri accessori come per legge; compensa le spese per la restante parte; liquida le spese di ctu come da separato decreto allegato a carico, in via solidale, di entrambe le parti in causa; dispone la trasmissione, a cura della ### del ricorso introduttivo, della memoria di costituzione, dei verbali di causa e della presente sentenza alla ### della Repubblica presso il Tribunale di Napoli per le valutazioni di sua competenza in merito all'eventuale ravvisabilità di una fattispecie di reato a carico dei testi ### e ###
Così deciso in Napoli in data ### 

Il Giudice
del ###ssa


causa n. 19040/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Dell'Erario Matilde

M
1

Corte d'Appello di Genova, Sentenza n. 958/2025 del 01-08-2025

... puntuale ed inequivoco riscontro anche negli estratti del conto corrente della società dal 2013 al 2017 (docc. 12 e 13 di parte convenuta), che riportano un saldo costantemente negativo di circa ### 25.000, a dimostrazione che gli utili erano stati già tutti distribuiti in misura eccedente rispetto al dovuto pertanto “Gli eredi del sig. ### non hanno e non avevano alcun diritto a percepire gli utili relativi al periodo 2013 - 12/09/2017, stante la presenza, alla data del 12/09/2017, di rilevanti perdite ex art. 2303 c.c., per un ammontare accertato di ### 134.000,00” (appello pagg. 15 ed s.). ### I) Preliminarmente, si deve dare atto che le parti appellanti hanno espressamente dichiarato di non impugnare il capo della sentenza di primo grado relativo alla determinazione del valore della quota sociale e che pertanto tali statuizioni sono passate in giudicato. II) ### gli appellanti, il giudice di prime cure avrebbe calcolato l'ammontare degli utili senza tenere in debito conto il fatto che la società era in perdita in violazione dei divieti stabiliti dagli artt. 2261 e 2303 c.c. e che, comunque, i soci avevano già prelevato gli utili ed avevano distribuito gli utili extra bilancio. III) (leggi tutto)...

testo integrale

### nome del Popolo Italiano
LA CORTE DI APPELLO DI GENOVA
Sezione Prima civile riunita in camera di consiglio e così composta Dott. ### -###. ### -###. ### -### relatore ha pronunciato la seguente ### nella causa n. 413/2023 R.G. promossa da ### & C. S.N.C. (COD. FISC: ###); ### (### FISC: ###) nato in ### GRECO il ###; ### (### FISC: ###) nata in ### il ### ; elettivamente domiciliat ###### 6/4 16121 GENOVA - rappresentati e difesi dall'Avv. ### appellanti nei confronti di ### (### FISC. ###) nata in ### il ###; ### (### FISC. ###) nato in ### il ###; ### (### FISC. ###) nato in ### il ###; elettivamente domiciliat ###### D'### 3/3 SCALA ### rappresentati e difesi dall'Avv. ### appellati ### gli appellante ### & C. S.N.C.  #### “### la ###ma Corte d'Appello adita, in accoglimento del presente atto di appello ed in riforma dell'impugnata sentenza n. 538/2023 emessa ex art. 281 sexies c.p.c. dal Tribunale Ordinario di ### in data ###, nella causa n. 12245/2019 R.G., notificata in data ###, In via preliminare, a) A norma degli artt. 351 e 283 c.p.c., sospendere l'efficacia esecutiva della sentenza di primo grado relativamente ai capi della stessa impugnati, con particolare riferimento alla pronuncia di condanna al pagamento degli utili - domanda sub. a), alla restituzione del finanziamento /mutuo - domanda sub. b) ed alla condanna in punto spese legali e spese di ### Nel merito: b) Dichiarare non fondato, escluso ed insussistente il diritto degli eredi ### ad ottenere il riconoscimento degli utili sociali relativi al periodo 1/01/2013 - 12/09/2017. 
Per l'effetto dichiarare che nulla è dovuto dagli appellanti a tale titolo e ragione.  c) Dichiarare non fondato, escluso ed insussistente il diritto degli eredi ### ad ottenere il rimborso del mutuo/finanziamento di euro 34.592,80 unitamente al saggio di interesse annuo del 3,5%. Per l'effetto dichiarare che nulla è dovuto dagli appellanti a tale titolo e ragione.  d) Nella denegata e non creduta ipotesi in cui venisse riconosciuto il diritto ad ottenere il rimborso del mutuo/finanziamento, valutare la sussistenza di un conflitto di interessi, con le declaratorie meglio viste e ritenute; in ogni caso, dichiarare nulla e priva di effetto la pattuizione del saggio di interesse annuo del 3,5% e disporre che la quota del 50% dell'importo eventualmente determinato in restituzione, pari ad euro 17.296,40 (34.592,80/2) o quella meglio vista e ritenuta, venga posta in detrazione alla liquidazione della quota sociale della ### spettante agli degli eredi ### e) Dichiarare la carenza di legittimazione passiva dei soci ### e ### in relazione domanda di liquidazione della quota sociale da parte degli eredi del sig. ### f) Nella denegata e non auspicata ipotesi di condanna, limitare la condanna solidale dei soci ### e ### alla loro quota interna di responsabilità, ex art. 2263 g) Disciplinare le spese del primo grado di giudizio in ragione della soccombenza reciproca.  h) Con vittoria di spese e competenze del giudizio di secondo grado”. 
Per gli appellati: “### la Corte di ###, contrariis reiectis e previa ogni più opportuna pronuncia, - respingere l'appello ex adverso proposto e la relativa istanza di sospensiva. 
Con vittoria delle spese” ### da sentenza impugnata: “### in fatto e considerato in diritto: - che #### E ### citavano in giudizio ### & C. S.N.C., ### e ### - che gli attori allegavano di agire in qualità di eredi di ### ex socio di ### chiedendo: a) la corresponsione degli utili sociali relativi al periodo 1/1/2013-12/9/2017, oltre interessi legali, risultanti: - dai bilanci della società fino al momento del decesso del de cuius (12/9/2017), - dalla contabilità parallela tenuta dai soci fino al momento del decesso del de cuius (docc. 16 e 17 attore); b) la liquidazione della quota sociale spettante al de cuius, ai sensi degli artt. 2284 e 2289 c.c., oltre interessi “moratori”; c) il rimborso dei finanziamenti effettuati da ### alla società; - che gli attori dichiaravano di aver già ricevuto dalla società convenuta la somma di euro 61.000,00 a titolo di “pagamento in acconto”, da detrarsi dalla somma complessiva di euro 521.569,24 chiesta nel presente giudizio; - che ### e ### non si costituivano; - che si costituiva in giudizio ### & C. 
S.N.C. chiedendo il rigetto delle domande attoree e: - quanto alla corresponsione degli utili, negando l'esistenza di un rendiconto approvato, affermando di non aver conseguito nessun utile negli anni 2013-2017 (docc. 12 e 14 convenuta), di non aver tenuto alcuna contabilità parallela e comunque eccependo la prescrizione; - quanto alla richiesta di liquidazione della quota sociale, allegando di aver già pagato agli eredi la somma di 61.000,00 euro, alla luce della stima del valore della quota effettuata dal dott. ### (doc. 6 convenuto); - allegando di non essere a conoscenza di alcun finanziamento effettuato da ### ▪ dall'anticipazione operata dalla società in favore di ### di euro 17.201,55 derivanti dal pagamento: ➢ del debito che il de cuius aveva verso ### pari ad euro 475,00 mensili per 19 mensilità (9.025,00 euro) ➢ di due modelli ### del 30/11/2017 riferiti a ### (34,00 euro e 495,55 euro); ➢ dell'IMU del ### per euro 297,00; ➢ di euro 1.500 richiesti da ### per il pagamento dell'imposta di successione; ➢ di ulteriori somme non specificate ▪ dal pagamento di un abbonamento telefonico in uso ad ### (figlio di ### per euro 289,00; ▪ dal controvalore di alcune forniture di derrate effettuate in favore di ### per euro 20.000,00; ▪ dal pagamento di imposte della società per l'anno 2017 riferibili per il 50% al de cuius (11.698,16 euro); - che inoltre in via riconvenzionale la società convenuta eccepiva in compensazione un proprio credito, pari ad euro 53.448,01 derivante: - che nel corso del processo veniva espletata ### venivano reso interrogatorio formale da parte di ### venivano escussi come testimoni ##### ed ### e veniva reso giuramento decisorio dai convenuti ### e ### Perrusio”. 
Il Tribunale di ### con sentenza n. 538/2023 pubbl. il ###, così decideva: “1. dichiara la contumacia di ### e ### 2. condanna ### di ### & C. nonché i soci ### e ### al pagamento in favore: • di ### dell'importo di euro 77.990,15 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo, • di ### di euro 72.504,15 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo • di ### di euro 77.701,15 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo; 3. condanna ### di ### c### & C. nonché i soci ### e ### alla rifusione - in favore di #### e ### - delle spese processuali che qui si liquidano complessivamente in euro 15.000,00 (scaglione infra 260.000 euro) oltre rimborso forfettario e accessori di legge; 4. pone definitivamente a carico di ### di ### & C. nonché dei soci ### e ### le spese di ### già provvisoriamente liquidate” Avverso tale decisione, proponeva appello dinanzi a questa #### & C. S.N.C., ### e ### con atto notificato in data ###. 
Con comparsa si costituivano #### e ### i quali instavano per il rigetto dell'appello. 
Con ordinanza del 20.09.2023, la ### rigettava l'istanza di sospensione della provvisoria esecutività della sentenza impugnata. 
Con ordinanza in data ### il ### rinviava all'udienza del 14.05.2025 per rimessione della causa in decisione assegnano alle parti i termini perentori di cui all'art. 352 comma 1 nn. 1, 2 e 3 c.p.c.; all'esito della quale udienza, con ordinanza del 20.06.2025visto l'art. 352 comma 2 c.p.c., il ### riservava la decisione al collegio.  #### È #####.  ### Gli appellanti (…) intendono impugnare, come in effetti impugnano, il ### della decisione di primo grado - sub. a) con cui ha determinato in euro 105.007,47 l'ammontare degli utili societari relativi agli anni 2014-2017 spettanti agli eredi del sig. ### ed ha condannato la società ### & C. snc, in solido con i soci ### e ### a corrispondere la relativa somma.  ### gli appellanti “Il Tribunale di ### (…), non si è pronunciato in punto an debeatur, sulla debenza degli utili, ma si è limitato a condividere i risultati della ### facendoli propri, che ha quantificato gli utili utilizzando come parametri di riferimento i dati della contabilità ufficiale ### e quelli rinvenuti nell'agenda dell'anno 2016 (doc. 16 di parte attrice).” (appello pag. 7). Tali calcoli a parere degli appellanti contengono un errore materiale “in quanto il 25% di euro 95.440,62 è pari ad euro 23.860,15 e non ad euro 24.814,56”. 
Per gli appellanti, sulla base dell'analisi della giurisprudenza e dalla dottrina in materia, nel caso in esame gli eredi del socio defunto non avrebbero diritto ad ottenere il riconoscimento degli utili della società dagli anni 2013-207. ### gli appellanti infatti: a) Non si ha (…) un utile quando, pur essendosi verificato in un determinato esercizio un incremento patrimoniale rispetto all'esercizio precedente, questo incremento non valga a colmare le perdite degli esercizi precedenti; b) ### non deve cioè essere valutato con riferimento ai singoli esercizi, ma deve essere valutato con riferimento al patrimonio iniziale della società e, solo quando rispetto a questo patrimonio sia si verificato un incremento, il supero può essere diviso tra i soci; c) In presenza di perdite non si può dar luogo alla ripartizione di utili, pena, in difetto, l'inefficacia della distribuzione con il conseguente sorgere, in capo ai soci, dell'obbligazione di restituzione delle somme, anche qualora riscosse in buona fede, in deroga a quanto previsto dall'art. 2321 c.c.; d) In presenza di perdite considerate a bilancio, si deve ritenere, al di là di ogni possibile dubbio che gli utili siano già stati prelevati dai soci in misura illegittima ed eccedente rispetto a quelli effettivamente conseguiti.” (appello pag. 14). 
Dall'esame della CTU contabile “si può affermare che la ### al 12/09/2017 avesse un credito verso i ### (a titolo di restituzione utili indebitamente ed illegittimamente percepiti) per un importo che, in base agli elementi a disposizione, si può quantificare in ### 134.062,00 (ovvero pari alla misura del predetto disavanzo derivante dalle poste patrimoniali certe ed inconfutabili come determinate con i CTP di parte attrice e di parte convenuta) (…) ### se il ### in accordo con i ### ha concretamente e correttamente verificato l'esistenza - alla data del decesso del sig. ### (12/9/2017) - di un credito della società nei confronti dei ### a titolo di restituzione di utili illegittimamente prelevati, da tale considerazione, logica incontestabile e concordata con i ### derivano le seguenti conseguenze: - Gli eredi del sig.  ### non hanno e non avevano alcun diritto a percepire gli utili relativi al periodo 2013 - 12/09/2017, in quanto gli stessi erano già stati prelevati, addirittura in misura superiore a quella dovuta”. La predetta circostanza, ossia il deficit patrimoniale presente alla data del 12/9/2017, e le affermazioni del teste sig. ### trovano puntuale ed inequivoco riscontro anche negli estratti del conto corrente della società dal 2013 al 2017 (docc. 12 e 13 di parte convenuta), che riportano un saldo costantemente negativo di circa ### 25.000, a dimostrazione che gli utili erano stati già tutti distribuiti in misura eccedente rispetto al dovuto pertanto “Gli eredi del sig.  ### non hanno e non avevano alcun diritto a percepire gli utili relativi al periodo 2013 - 12/09/2017, stante la presenza, alla data del 12/09/2017, di rilevanti perdite ex art. 2303 c.c., per un ammontare accertato di ### 134.000,00” (appello pagg. 15 ed s.).  ### I) Preliminarmente, si deve dare atto che le parti appellanti hanno espressamente dichiarato di non impugnare il capo della sentenza di primo grado relativo alla determinazione del valore della quota sociale e che pertanto tali statuizioni sono passate in giudicato. 
II) ### gli appellanti, il giudice di prime cure avrebbe calcolato l'ammontare degli utili senza tenere in debito conto il fatto che la società era in perdita in violazione dei divieti stabiliti dagli artt. 2261 e 2303 c.c. e che, comunque, i soci avevano già prelevato gli utili ed avevano distribuito gli utili extra bilancio. 
III) Dalla lettura piana della CTU emerge che le “perdite” cui gli appellanti fanno riferimento debbano essere ricondotte ad un credito della società nei confronti dei soci: “Sul punto, peraltro, si osserva che, tenuto conto del pregresso andamento economico della ### caratterizzato da risultati costantemente positivi e mai in perdita, non è plausibile pensare che la medesima ### avesse alla data del 12/09/2017 un deficit patrimoniale di tale ammontare. In base ai documenti reperiti nel fascicolo di causa, si ritiene, quindi, che detto sbilancio abbia necessariamente la sua contropartita in un credito della ### nei confronti dei ### per un importo quantomeno corrispondente, derivante da prelevamenti di utili effettuati in misura eccedente rispetto a quelli dichiarati. Di conseguenza, si può affermare che la ### al 12/09/2017 avesse un credito verso i ### per un importo che, in base agli elementi a disposizione, si può quantificare in ### 134.062,00 (ovvero pari alla misura del predetto disavanzo derivante dalle poste patrimoniali certe ed inconfutabili come determinate con i CTP di parte attrice e di parte convenuta) e di cui si ritiene che dovrà tenersi conto nella determinazione della somma di denaro ancora da liquidare agli eredi del sig.  ### ex art. 2289 c.c. In termini numerici, questo significa che, alla data di riferimento del 12/09/2017, il capitale economico della ### (### 474.100,00), se ridotto dell'importo dei crediti della stessa nei confronti dei ### (### 134.062,00), ammontava ad ### 340.038,00. Siccome la quota di partecipazione al capitale ed agli utili di entrambi i ### come risultante dalla visura camerale agli atti (produzione n. 1 del fascicolo di parte convenuta), era al 12/09/2017 pari al 50% ciascuno, si può allo stato presumere che il suddetto importo (### 340.038,00) debba essere imputato nella stessa misura ad ognuno di essi e, quindi, che la quota di competenza del sig.  ### sia pari ad: ### 340.038,00 * 50% = 170.019,00, che viene arrotondato ad ### 170.000,00.” (CTU pag. 28 ed s.). 
IV) Per il ### dunque, non vi era un reale “deficit” e pertanto non sussiste violazione dei criteri stabiliti dall'art. 2303 c.c.. La determinazione degli utili è stata effettuata dal CTU basandosi sulla contabilità “ufficiale” e su quella “parallela” (cfr. CTU pag. 41): Per l'anno 2017, in particolare, diversamente da quanto opinato da parte appellante, gli utili al 12.09.2017 sono stati così rideterminati: Si noti che, in relazione a tale aspetto della relazione, il CT di parte convenuta non svolgeva alcuna osservazione, così come non svolgeva alcuna osservazione in ordine al punto 1 del quesito [1) quale fosse il valore della partecipazione di ### alla data del 12.9.2017]. 
V) Correttamente pertanto il Tribunale ha ritenuto: «- che quanto al punto sub a) è stata demandata al CTU (i cui risultati sono integralmente condivisi e fatti propri dal Giudice atteso il rigore metodologico adottato) la determinazione dell'ammontare degli utili derivanti sia dalla contabilità ufficiale della società convenuta sia dalla contabilità parallela; - che la necessità di considerare anche gli utili risultanti dalla contabilità parallela è diretta conseguenza delle dichiarazioni rese in sede di istruttoria da ### (socio di ###, ### (ex socio di ###, ### e ### (dipendenti di ### e da ### (ex compagna di ###, che hanno confermato l'esistenza di una contabilità parallela annotata su un'agenza redatta a mano, in cui venivano riportati gli incassi e anche le spese (cfr. verbale udienza 11/6/2021 pagg. 1, 2, 3 e 4 e verbale udienza 16/9/2021); - - che con riferimento agli anni 2014-2016 il CTU ha dapprima determinato l'ammontare degli utili derivanti dai bilanci sociali relativi a tali annualità (docc. 6-8- parte attrice) e degli utili derivanti su dalla contabilità informale (docc. 10 e 16 parte attrice); - che il CTU ha successivamente calcolato lo scostamento tra i ricavi risultanti dalla contabilità informale e i ricavi dichiarati nella contabilità ufficiale ottenendo gli utili d'esercizio (cfr. pag. 14 relazione ### da dividersi tra i soci, utili che: • per l'anno 2014 ammontano ad euro 103.981,32; • per l'anno 2015 ammontano ad euro 95.440,62; • per l'anno 2016 ammontano ad euro 112.501,88; - che con riferimento al periodo 1/1/2017-12/9/2017 il CTU ha rilevato che non risultano dati riconducibili ad una contabilità parallela ed ha determinato l'utile d'esercizio in euro 51.832,77;». 
VI) Tale valutazione delle risultanze della ### ad avviso della ### è pienamente condivisibile, considerando anche gli appellanti non svolgono censure idonee ad inficiare tale valutazione. 
VII) In ogni caso, nell'elaborato peritale non si rileva alcun vizio di “logicità” o “tecnicità”. E' principio giurisprudenziale ripetutamene affermato che la consulenza tecnica non costituisce un mezzo di prova, ma un mezzo di controllo dei fatti costituenti la prova, che deve essere data dalle parti a sostegno delle rispettive posizioni giuridiche, di modo che la consulenza non è rimessa alla disponibilità delle parti medesime, ma al potere discrezionale del giudice di merito; il quale, d'altra parte, deve ammetterla solo in relazione alla sua limitata funzione di risolvere questioni di fatto presupponenti cognizioni di ordine tecnico, e non al fine di supplire alla deficienza della prova, ovvero per compiere indagini esplorative alla ricerca di elementi di fatto non provati. ### depositata non si rileva alcuna palese devianza dalle correnti nozioni della scienza nella materia in esame od omissione degli accertamenti necessari alla formulazione di una corretta conclusione. Al di fuori di tale ambito, le censure delle parti costituiscono mero dissenso: esse non sono attinenti a vizi del processo logico formale della relazione, ma solo alle conclusioni, manifestando disapprovazione rispetto ad esse come formulate dal consulente di ufficio. In forza di tale mero dissenso non si può giungere ad una decisione che si ponga in contrasto con gli esiti della ### Peraltro la ### ha statuito che“ in materia che richiede un elevato livello di cognizioni tecniche specifiche è consentito astenersi dall'effettuare considerazioni personali determinanti e valutazioni comparative che mancherebbero del supporto d'un'appropriata preparazione scientifica, tanto più ove le argomentazioni dell' esperto nominato dall'ufficio, assistite dalla presunzione d'imparzialità, si contrappongano a quelle degli esperti di parte, comunque meno attendibili se non altro in quanto influenzate dall'esigenza di sostenere le ragioni del preponente” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23362 del 2012). 
VIII) Per quanto attiene al presunto errore materiale nella determinazione degli utili relativi al 2015 “in quanto il 25% di euro 95.440,62 è pari ad euro 23.860,15 e non ad euro 24.814,56” (pag. 5 sentenza impugnata), non ne viene chiesta la correzione IX) Il motivo è palesemente infondato, al limite dell'inammissibilità.  ### Gli appellanti, inoltre, intendono impugnare, come in effetti impugnano, il ### della decisione di primo grado - sub. c), con cui il Tribunale ha riconosciuto il diritto degli eredi ### al rimborso della somma di euro 34.582,80, asseritamente finanziata dal loro dante causa in favore della società, oltre agli interessi pari al 3,5%, per un totale di euro 38.679,49, ed ha condannato la società ### & C. s.n.c. nonché i soci ### e ### a corrispondere la relativa somma. 
Gli appellanti censurano la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha riconosciuto il diritto degli eredi del socio defunto al rimborso della somma di euro 34.592,80 ed alla corresponsione degli interessi nella misura del 3.5%, in virtù di asseriti finanziamenti erogati da ### alla società.  ### gli appellanti (cui le difese sono comuni) la decisione sarebbe erronea per due ordini di motivi: a) mancato assolvimento onere probatorio: “### disamina del materiale documentale e dall'istruttoria espletata, in effetti, non è dato rilevare: - ### fosse la somma asseritamente finanziata dal sig. ### e quando la stessa sarebbe stata versata in favore della società; - ### siano state le modalità di erogazione delle somme (contanti, assegni, bonifici ecc.); - ### fosse il titolo per il quale le somme sarebbero state finanziate e/o mutuate; - ### e come la società ed in persona di chi avrebbe assunto l'impegno alla restituzione; - ### fossero le modalità di restituzione. ### la ### (n. 6240/2019), ai fini della prova del contratto di mutuo, non basta la semplice consegna del denaro (non provata): il semplice passaggio del denaro è insufficiente. Ed allora, tale lacuna probatoria (che certamente non può essere supplita dal doc. 17 e/o dalla deposizione del teste ### peraltro uscito dalla società il ###) riveste una valenza decisiva per l'integrale rigetto della domanda. Il doc. 17 allegato da parte attrice, nulla prova, neanche alla luce della deposizione del teste ### il quale riconosce la propria grafia sui primi quattro fogli e relativamente alle prime due righe del foglio n. 5 (MAO 22.523,53 14-06-15) (appello pagg. 20 ed s.); “Il sig. ### riferisce solo di un prestito di euro 8500, come sembrerebbe risultare dal foglio n. 3 del doc. 17, e riconosce di aver scritto personalmente che in data ### sarebbero stati resi euro 1.000, a definizione di qualsiasi pregresso debito (“### 0”). Nessuna prova, invece, è stata fornita in merito al finanziamento della somma di euro 34.592,80. Il foglio n. 5 del doc. 17 risulta incomprensibile e la grafia, ad eccezione della prima e seconda riga, non è stata riconosciuta da nessuno, né ascritta ad alcuno” (appello pagg20 ed s.); non sarebbe stata fornita alcuna prova sulla debenza degli interessi e, in ogni caso, il contratto di mutuo prevedendo interessi superiori a quelli legali avrebbe dovuto essere stipulato per iscritto; il contratto sarebbe stato concluso in conflitto di interessi ed in ogni caso non sarebbe stata fornita la prova del fatto che non si trattasse di un conferimento; b) l'importo ove ritenuto sussistente il finanziamento avrebbe dovuto “essere posto in deduzione della quota di liquidazione di competenza degli stessi (di euro 170.000), nella misura del 50%, pari alla quota di partecipazione sociale del sig. ### al momento del decesso, e quindi di euro 17.296,40 (34.592,80:2), con una determinazione finale della quota societaria di euro 152.703,60” (appello pag. 23).  ### I) Le questioni relative: i) alla mancata deduzione del finanziamento dalla quota di liquidazione (in ordine alla quale come visto non è stata fatta alcuna contestazione in sede di ###; ii) alla presenza di un conflitto di interessi sono state sollevate, come eccepito dalle parti appellate, per la prima volta nelle note conclusionali del giudizio di primo grado. 
II) Si tratta di questioni nuove, inammissibili perché formulate in tali note conclusive, destinate soltanto a illustrare le domande e difese già svolte nel corso giudizio e non certo a introdurre domande nuove. Analogamente a quanto previsto per le memorie finali ex art. 190 c.p.c., per costante Giurisprudenza: “### 190, comma 2, c.p.c., prescrivendo che le comparse conclusionali devono contenere le sole conclusioni già precisate dinanzi al giudice istruttore e il compiuto svolgimento delle ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano, mira ad assicurare che non sia alterato, nella fase decisionale del procedimento, in pregiudizio dei diritti di difesa della controparte, l'ambito obiettivo della controversia, quale precisato nella fase istruttoria. Tale norma non impedisce, perciò, che l'attore, senza apportare alcuna aggiunta o modifica alle conclusioni precisate in precedenza, e, soprattutto, senza addurre nuovi fatti, esponga, nella comparsa conclusionale, una nuova ragione giustificativa della domanda rivolta al giudice adito, basata su fatti in precedenza accertati o su acquisizioni processuali mai oggetto di contestazione tra le parti” (Cass. Sez. 1, 02/05/2019, n. 11547, Rv.  653741 - 01). 
III) ### il non essersi il Tribunale pronunciato su tali questioni, irritualmente introdotte per le ragioni indicate e quindi inammissibili, non configura il vizio di omessa pronuncia. Né si rende, a maggior ragione, necessario pronunciarsi in questa sede, trattandosi a tutti gli effetti di questioni non ritualmente introdotte in primo grado e, come tali, da considerarsi a tutti gli effetti inammissibili anche in appello ai sensi dell'art. 345 c.p.c. 
IV) Quanto invece alle questioni relative all'asserita carenza probatoria in relazione alle condizioni del finanziamento ed alla natura giuridica (se si tratti di finanziamenti o di “incrementi del patrimonio netto della società, come tali non costituenti oggetto di un diritto alla restituzione dello stesso” (appello pag. 22), come correttamente ritenuto dal giudice di prime cure, con il documento 17 (pagine presenti nel quaderno della “contabilità parallela”), gli attori hanno assolto all'onere probatorio relativo all'esistenza della concessione di un finanziamento alla società da parte del socio defunto. Nel “quaderno” venivano annotati i finanziamenti concessi dai soci alla società con l'indicazione della data, della causale, degli interessi pattuiti (o della concessione di un prestito senza interessi), annotando per ciascuno le eventuali restituzioni e le relative date. 
V) In particolare, per quanto attiene a ### viene correttamente ritenuto dal Tribunale a pag. 8: «che la prassi di annotare le somme prestate dai soci su apposito quaderno è stata confermata dal teste ### (già socio fino al 22/12/2015) - che ha dichiarato “preciso che noi annotavamo su un quaderno quanto prestavamo a titolo personale alla società, applicando un interesse che come posso vedere dai fogli che mi vengono rammostrati era pari al 3.5%”, specificando che “i diminutivi [MAO per ### sono quelli indicati nel quaderno doc. 17” - e dal teste ### (ex compagna di ### figlio del de cuius), che si è dichiarata a conoscenza della prassi di scrivere “su un quaderno i prestiti che effettuavano al panificio con denaro personale” (cfr. verbale udienza 11/6/2021); - che pertanto l'esistenza di finanziamenti effettuati personalmente dai soci trova riscontro sia nelle dichiarazioni rese in sede di istruttoria nel presente giudizio sia nella prova documentale consistente nell'estratto del quaderno (doc. 17 parte attrice) sul quale veniva annotata la contabilità parallela della società convenuta, recante il diminutivo associato a ### (“MAO”), l'indicazione della somma di 34.592,80 euro “prestati”, con “interessi al 1-1-18 1210,00 presi”». 
VI) Le censure dell'appellante, che si riducono alla generica asserzione relativa al mancato assolvimento dell'onere probatorio da parte degli attori e attuali appellati, sono del tutto inidonee a inficiare tale analitica e approfondita motivazione, basata sulle risultanze dei documenti prodotti (in particolare v. pag. 5 del doc. 17, ove viene riportato l'ammontare del prestito pari a € 34.592,80 e quello degli interessi pari al 3,5%$) e dell'istruttoria espletata (dichiarazioni dei testi che corroborano il contenuto del documento prodotto), mentre il riferimento al prestito di 8.500 euro (senza interessi), che è stato estinto, è del tutto irrilevante. In particolare, il teste #### già socio del ### fino al 2015 sentito all'udienza dell'11.06.2021 ha confermato quanto risulta dal quaderno, in particolare: a) che era prassi annotare sul “quaderno” i prestiti effettuati “a titolo personale”; b) che il diminutivo “MAO”, utilizzato nel quadernetto, corrispondeva a ### VI) Il motivo è palesemente infondato, al limite dell'inammissibilità.  ### Gli appellanti, inoltre, intendono impugnare, come in effetti impugnano, il ### della decisione di primo grado nella parte in cui ha ritenuto legittimati passivi i soci ### e ### in relazione alla domanda di liquidazione della quota di una società di persone, nonché nella parte in cui ha condannato i medesimi soci in solido con la società ### di ### & C s.n.c., al pagamento delle somme riconosciute come dovute in favore degli eredi ###
Il motivo è articolato in due diverse censure. 
A) Sotto un primo profilo, per le parti appellanti la sentenza di primo grado sarebbe errata in quanto avrebbe esteso la condanna in via solidale ai soci: «La responsabilità illimitata del socio opera esclusivamente nei rapporti con i terzi; e non invece anche nell'ambito dell'organizzazione sociale. Ne dà conferma la stessa collocazione dell'art.  2267 c.c. - il cui primo comma sancisce la responsabilità illimitata dei soci per le obbligazioni sociali - all'interno della sezione III intitolata, appunto, “Dei rapporti con i terzi”. Sicché la responsabilità illimitata del socio della società in nome collettivo non lo obbliga, per ciò stesso, a coprire le perdite d'esercizio; ma unicamente, secondo le modalità di cui all'art. 2304 c.c., e dunque soltanto dopo la preventiva escussione del patrimonio sociale, a pagare i debiti sociali in favore del terzo creditore (Cass. civ., Sez. I, Sentenza, 16/01/2009, n. 1036). Nelle società di persone (nella specie, società in nome collettivo), la responsabilità illimitata e solidale tra i soci è stabilita a favore dei terzi che vantino crediti nei confronti della società e non è applicabile alle obbligazioni della società nei confronti dei soci medesimi, conformemente alla regola generale secondo cui, nei rapporti interni, l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi: pertanto, nel giudizio intrapreso dagli eredi del socio per la liquidazione della quota spettante al "de cuius", la condanna dei soci superstiti va limitata alla loro quota interna di responsabilità, che può essere determinata dal giudice ai sensi dell'art. 2263 cod. civ..  (Cass. civ., Sez. I, 23/05/2006, n. 12125 Cass. civ., Sez. I, 05/05/2004, n. 8531). … Ne deriva che la condanna dei soci va limitata alla loro quota interna di responsabilità ex art. 2263 c.c. che, salvo prova contraria, si presumono uguali» (appello pag. 24). 
B) Sotto un secondo profilo, per gli appellanti «La domanda di liquidazione della quota di una società di persone, da parte del socio receduto, fa valere un'obbligazione non degli altri soci, ma della società, e, pertanto, ai sensi dell'art 2266 c.c., va proposta nei confronti della società medesima, quale soggetto passivamente legittimato; non sono, invece, legittimati passivi gli altri soci, in quanto il regime della responsabilità solidale illimitata dei soci, ai sensi dell'art. 2191 c.c., opera solo a favore dei terzi, od anche dello stesso socio, ma per altri fatti non contrattuali (come il pagamento dell'indebito o l'illecito aquiliano), archetipo in cui non rientra il diritto alla liquidazione della quota.  (Cass. civ., Sez. I, 15/01/2009, n. 816). ### di carenza di legittimazione passiva costituisce una contestazione di mera difesa svincolata da limiti cronologici di ammissibilità (Cass. civ., Sez. III, Sentenza, 21/06/2016, n. 12729)» (appello pag. 25). 
Gli appellanti tutti (compreso il ### chiedono pertanto che: la eventuale condanna dei soci ### e ### sia contenuta nei limiti della quota interna (ex art. 2263 c.c.) e che venga dichiarato il difetto di legittimazione passiva dei soci superstiti in relazione alla domanda di liquidazione della quota.  ### I) ### proposto sul punto dal ### deve ritenersi quale appello adesivo, non avendo la società un autonomo interesse ad impugnare la condanna disposta nei confronti dei soci. 
II) Quanto alla domanda relativa applicazione della disciplina dell'art. 2263 c.c., nella sentenza di primo grado non viene disposta in alcun punto la condanna in via solidale dei soci superstiti. Tuttavia: “La presunzione di solidarietà ex art 1294 c.c., posta in generale per le obbligazioni con pluralità di debitori, è applicabile anche - salva l'ipotesi di condanna alle spese giudiziali ai sensi dell'art 97 c.p.c. - nel caso di obbligazione che sia posta a carico di più persone da una sentenza. (In applicazione del principio la S.C. ha affermato la sussistenza della responsabilità solidale fra gli eredi condannati con sentenza al rimborso dei frutti percetti sul bene caduto in successione, in assenza di indicazioni di segno contrario)” (Cass. Sez. 2, 11/08/2023, n. 24543, Rv. 669004 - 02). 
III) ###, in applicazione dell'art. 2263 c.c., ha statuito che “### società di persone (nella specie, società in nome collettivo), la responsabilità illimitata e solidale tra i soci è stabilita a favore dei terzi che vantino crediti nei confronti della società e non è applicabile alle obbligazioni della società nei confronti dei soci medesimi, conformemente alla regola generale secondo cui, nei rapporti interni, l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi: pertanto, nel giudizio intrapreso dagli eredi del socio per la liquidazione della quota spettante al "de cuius", la condanna dei soci superstiti va limitata alla loro quota interna di responsabilità, che può essere determinata dal giudice ai sensi dell'art. 2263 cod. civ., secondo il quale, salvo prova contraria, le quote si presumono uguali” (Cass. Sez. 1, 16/01/2009, n. 1036, Rv. 606497 - 01). 
IV) E' stato, quindi, precisato che “Il principio della responsabilità solidale illimitata dei soci per le obbligazioni sociali, desumibile dall'art. 2291 c.c., non si applica nei rapporti tra i soci medesimi, a prescindere dal titolo dell'azione intrapresa contro la società, perché da ritenersi dettato ed operante esclusivamente a tutela degli interessi dei terzi estranei a quest'ultima, avendo così l'ordinamento inteso favorire ed agevolare l'attività di enti, quali le società di persone o le associazioni non riconosciute, dotati di mera soggettività giuridica e di un fondo comune, ma sprovvisti del riconoscimento della personalità giuridica perfetta, prevedendo che, nei confronti dei terzi, per le obbligazioni ad essi imputabili rispondano solidalmente ed illimitatamente tutti i soci o gli associati (o alcuni di loro), sul cui patrimonio personale, pertanto, oltre che sul predetto fondo comune, i primi possono fare affidamento”. (Cass. Sez. 3, 19/10/2016, n. 21066, Rv. 642936 - 01). 
V) ### essere pertanto disposto che i soci sono condannati in proporzione alle rispettive quote che si presumono uguali. 
VI) Quanto all'eccepito difetto di legittimazione (eccezione proponibile anche nel grado di appello trattandosi di mera difesa), si richiama la giurisprudenza secondo la quale “### i soci superstiti, qualora siano solidalmente e illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali, possono essere convenuti nel giudizio intrapreso dal socio uscente o dagli eredi per la liquidazione della quota sociale, sebbene non siano in esso litisconsorti necessari”. (Cass. Sez. 1, 16/01/2009, n. 1040, Rv. 606370 - 01). Precisa la ### in motivazione che “### del litisconsorzio necessario tra la società ed i soci rimasti, quando si discuta del debito sociale per liquidazione della quota spettante ad un socio uscente o agli eredi di un socio defunto, d'altronde, non significa mancanza di titolo di responsabilità anche a carico dei soci che tuttora siano tali, ben potendo costoro essere chiamati in giudizio nel caso in cui siano solidalmente ed illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali ( 11298/01, cit.). Ed è poi appena il caso di aggiungere che, per pacifica giurisprudenza di questa corte, il beneficio d'escussione previsto dal citato art. 2304 c.c. ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società, ma non impedisce allo stesso creditore d'agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest'ultimo, sia per poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito (cfr., tra le altre, Cass. 26 novembre 1999, n. 13183, e Cass. 4 marzo 2003, n. 3211)”. Nello stesso senso anche la pronuncia citata dagli appellanti che in motivazione ha cura di precisare come “dalla legittimazione della società non può ricavarsi il difetto di legittimazione dei soci.  ### riconoscendo, come si vedrà più avanti, che la regola della solidarietà tra i soci è stabilita a favore dei terzi che vantino crediti nei confronti della società, e non è applicabile alle obbligazioni della società nei confronti dei soci medesimi, conformemente alla regola generale secondo cui nei rapporti interni l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di taluno di essi, ancora resta da pronunciare sulla domanda nei limiti della quota interna di responsabilità di ciascun socio (Cass. 5.5.2004, n. 8531)”.  #### parti appellanti lamentano che la sentenza di primo grado in virtù della soccombenza reciproca non abbia compensato quanto meno parzialmente le spese. 
Contrariamente a ciò che sostengono gli appellanti non vi è soccombenza reciproca, ma accoglimento parziale della domanda attorea: a fronte della richiesta attorea di condanna per una somma di € 521.569,24, la domanda viene accolta per l'importo di € 233.970,72 e le spese vengono liquidate con riferimento al decisum.  ###, ###, ##### I #### Poiché, nonostante l'accoglimento parziale dell'appello, viene sostanzialmente confermato l'esito del giudizio di primo grado, non deve essere modificata la statuizione sulle spese contenuta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 3, 29/10/2019, n. 27606, Rv. 655640 - 01; Cass. Sez. 3, 19/12/2024, n. ###, Rv. 673210 - 01). 
Per quanto attiene al presente grado, le spese seguono il principio della soccombenza e sono poste a carico di ### & C. S.N.C., ### e ### liquidate come di seguito secondo i parametri di cui al d.m. 55/2014 e successive modifiche, applicando i valori medi delle relative tabelle. 
Tabelle: 2022 (D.M. n. 147 del 13/08/2022) Competenza: corte d' appello ### della causa: da € 52.001 a € 260.000 1. fase di studio € 2.977,00=; 2. fase di introduzione € 1.911,00=; 3. fase di trattazione € 4.326,00=; 4. fase decisionale € 5.103,00= TOTALE 14.317,00= per compensi di avvocato.  P. Q. M.  ### di Appello, ogni diversa o contraria domanda, eccezione e deduzione disattesa e reietta, definitivamente pronunciando: in parziale accoglimento dell'appello, in parziale riforma dell'impugnata sentenza pronunciata inter partes dal Tribunale di ### in composizione monocratica 1) condanna in solido ### di ### & C. per l'intero e i soci ### e ### questi ultimi in proporzione alle rispettive quote di partecipazione, al pagamento in favore: • di ### dell'importo di euro 77.990,15 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo, • di ### di euro 72.504,15 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo • di ### di euro 77.701,15 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo 2) dichiara tenuti e condanna ### & C. 
S.N.C., ### e ### in solido tra loro alla rifusione delle spese di lite del presente grado di giudizio sostenute da #### e ### che liquida in € 14.317,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso forfettario (15%), iva e cpa come per legge; ### 23/07/2025 ### estensore Dott. ##### riunita in camera di consiglio e così composta ###ssa ###ssa ###ssa ### ha pronunciato la seguente ### procedimento R.G. 413-1/2023 promosso da: ##### Avv. ### ricorrenti nei confronti di ### & C. S.N.C. #### Avv. ### resistenti A scioglimento della riserva assunta all'udienza collegiale in data ###; Verificata la regolarità della notifica del ricorso e del decreto di fissazione di udienza; Udito il relatore ed esaminati gli atti; Letta l'istanza presentata in data ### con la quale il difensore di #### e ### dopo aver premesso che: “La lettura del dispositivo potrebbe indurre a quantificare la decorrenza degli interessi sulle somme dovute agli esponenti, dalla data della sentenza di secondo grado, mentre non essendovi stato appello, né pronuncia, né riforma, in punto interessi, i medesimi devono decorrere dalla sentenza di primo grado.  - Appare però evidente, dal confronto tra il PQM della sentenza del Tribunale e quello della ### di ### che sia stato riportato, nella seconda, il medesimo passaggio contenuto nel dispositivo della prima, con la volontà di confermarlo.  - La mancata sostituzione della dizione “dalla data odierna al saldo” con quella “dalla data della Sentenza di primo grado al saldo”, è stato un evidente lapsus calami, meritevole di correzione, quale errore materiale” chiedeva alla ### di “correggere il dispositivo della Sentenza n. 958 pubblicata l'1/8/2025 nel giudizio r.g. n. 413/2023, nella parte in cui recita: “1) condanna in solido ### di ### & C. per l'intero e i soci ### e ### questi ultimi in proporzione alle rispettive quote di partecipazione, al pagamento in favore: • di ### dell'importo di euro 77.990,15 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo, • di ### di euro 72.504,15 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo, • di ### di euro 77.701,15 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo”. 
Così sostituendola: “1) condanna in solido ### di ### & C.  per l'intero e i soci ### e ### questi ultimi in proporzione alle rispettive quote di partecipazione, al pagamento in favore: • di ### dell'importo di euro 77.990,15 oltre interessi legali, dalla data della pubblicazione della Sentenza di primo grado al saldo • di ### di euro 72.504,15 oltre interessi legali, dalla data della pubblicazione della Sentenza di primo grado al saldo, • di ### di euro 77.701,15 oltre interessi legali, dalla data della pubblicazione della Sentenza di primo grado al saldo”. Lasciando invariate le restanti parti del dispositivo medesimo”.  ### che le parti resistenti si sono rimesse a giustizia; Ritenuto: - che nel caso in esame gli interessi così come stabiliti dal Tribunale non avevano costituto oggetto di impugnazione; - che dunque tali errori, indicati dal ricorrente e rilevabili dalla piana lettura del provvedimento, costituiscono evidenti errori materiali, ai sensi dell'art. 287 c.p.c., e non inficiano il percorso logico-giuridico che sorregge la decisione, - che alla correzione può provvedersi con il procedimento di cui agli art. 287 e 288 c.p.c., alla luce dei principi costantemente affermati dal S.C.; P.Q.M.  Dispone correggersi la sentenza n. 958/2025 pubblicata l'1/8/2025 nella causa R.G. 413/2023 dalla ### d'### di ####, modificando il dispositivo come segue come segue: - a pag. 22 della sentenza al punto 1 del dispositivo dopo il P.Q.M. dalla riga quattro di pag. 22 alla riga due di pag. 23, sostituire la dicitura: « • di ### dell'importo di euro 77.990,15 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo, • di ### di euro 72.504,15 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo, • di ### di euro 77.701,15 oltre interessi legali dalla data odierna al saldo» con la dicitura corretta: « • di ### dell'importo di euro 77.990,15 oltre interessi legali, dalla data della pubblicazione della Sentenza di primo grado al saldo; • di ### di euro 72.504,15 oltre interessi legali, dalla data della pubblicazione della Sentenza di primo grado al saldo; • di ### di euro 77.701,15 oltre interessi legali, dalla data della pubblicazione della Sentenza di primo grado al saldo.».  - Dispone che sia apposta annotazione del presente provvedimento sull'originale del provvedimento corretto.  ### 3.12.2025 ###ssa #####: 222b017e71a8c3b0acc364479764b33c

causa n. 413/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Francesca Traverso, Galizia Lucrezia, Baudinelli Riccardo, Silvestri Rosella

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