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Tribunale di Trapani, Sentenza n. 735/2025 del 04-11-2025

... dal dì del sinistro e sino all'effettivo soddisfo e rivalutazione monetaria come per legge”. Nonostante la rituale notifica dell'atto di citazione, il Comune di ### del ### non si è costituito, sicché ne va dichiarata la contumacia. La causa è stata istruita documentalmente, mediante prove testimoniali (assunti all'udienza del 2.10.2024) e tramite c.t.u. medico-legale, depositata in data ###. ***** Ciò posto, in punto di diritto, secondo l'orientamento della Suprema Corte - condiviso da questo giudice - “La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all'art. 2051 cod. civ., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l'amministrazione liberata dalla medesima responsabilità ove dimostri che l'evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione (nella specie, una macchia d'olio, presente sulla ### il: 14/11/2025 n.1711/2025 importo 1534,00 pavimentazione stradale, che aveva provocato la rovinosa caduta di un motociclista) (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI TRAPANI SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa ### all'esito della scadenza dei termini concessi ex art. 127- ter c.p.c., ha pronunciato e pubblicato la seguente SENTENZA (ex art. 281 sexies c.p.c.) nella causa iscritta al n. 2052/2023 del ### degli ### civili contenziosi vertente TRA ### rappresentata e difesa dall'avv. ### giusta procura in atti ### Comune di ### del ### in persona del ### pro tempore Convenuto Contumace MOTIVI DELLA DECISIONE ### ha chiesto il risarcimento dei danni quantificati in € 57.301,66, asseritamente patiti in seguito al sinistro occorsole il ###, alle ore 10 circa, in ### del ### nella via ### all'altezza del civico n.9, dovuto ad una caduta causata da una buca presente sul manto stradale, non visibile e non segnalata. 
Parte attrice ha dedotto che a seguito di tale evento è stata condotta al P.S.  di Alcamo e da qui, stante la gravità delle lesioni accertate veniva inviata all'ospedale ### di ### ove le è stata refertata una ### il: 14/11/2025 n.1711/2025 importo 1534,00 “frattura trimalleolare-lussazione caviglia sx”, e successivamente sottoposta ad “intervento chirurgico di riduzione e stabilizzazione con F.E.A” e in seguito a “intervento chirurgico di rimozione F.E.A e osteosintesi con placca e viti” in data ###. 
Pertanto, parte attrice, allegando a supporto della domanda anche ctp medico legale, ha chiesto al Tribunale di: “- accertare e dichiarare la responsabilità del Comune di ### del ### per i danni subiti dalla sig.ra ### a causa del sinistro verificatosi in data 12 giugno 2021, ai sensi dell'art. 2051 c.c.; - in via subordinata, qualora il Giudice adito dovesse ritenere non applicabile l'art. 2051 c.c., accertare e dichiarare la responsabilità del Comune di ### del ### per i danni subiti dall'odierna attrice in relazione al citato sinistro, ai sensi dell'art. 2043 c.c.; - conseguentemente, condannare l'odierno convenuto al risarcimento di tutti i danni subiti dalla sig.ra ### quantificati in complessivi €. 57.301,66; il tutto oltre interessi legali dal dì del sinistro e sino all'effettivo soddisfo e rivalutazione monetaria come per legge”. 
Nonostante la rituale notifica dell'atto di citazione, il Comune di ### del ### non si è costituito, sicché ne va dichiarata la contumacia. 
La causa è stata istruita documentalmente, mediante prove testimoniali (assunti all'udienza del 2.10.2024) e tramite c.t.u. medico-legale, depositata in data ###.  ***** 
Ciò posto, in punto di diritto, secondo l'orientamento della Suprema Corte - condiviso da questo giudice - “La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, di cui all'art. 2051 cod. civ., opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, con riguardo, tuttavia, alla causa concreta del danno, rimanendo l'amministrazione liberata dalla medesima responsabilità ove dimostri che l'evento sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero da una situazione (nella specie, una macchia d'olio, presente sulla ### il: 14/11/2025 n.1711/2025 importo 1534,00 pavimentazione stradale, che aveva provocato la rovinosa caduta di un motociclista) la quale imponga di qualificare come fortuito il fattore di pericolo, avendo esso esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l'intervento riparatore dell'ente custode”( cfr. Cass. n.6101/ 2013; conformi Cass. n.15042/2008 e n.12449/2008). 
Peraltro, come ben chiarito nelle sentenze da ultimo citate n.15042 e 12449 del 2008, l'esenzione da responsabilità prescinde dalla maggiore o minore estensione dei beni demaniali e dalla possibilità di un effettivo controllo su essi, dovendosi avere riguardo, appunto, alla causa concreta del danno. 
Si legga, da ultimo, anche la massima di Cass. n. 6651/2020 secondo cui “il danneggiato che agisca per il risarcimento dei danni subiti mentre circola sulla pubblica via è tenuto alla dimostrazione dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, ma non anche dell'imprevedibilità e non evitabilità dell'insidia o del trabocchetto, né della condotta omissiva o commissiva del custode, gravando su quest'ultimo, in ragione dell'inversione dell'onere probatorio che caratterizza la peculiare fattispecie di cui all' art. 2051 c.c. , la prova di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire che il bene demaniale potesse presentare, per l'utente, una situazione di pericolo occulto, nel cui ambito rientra anche la valutazione della sua prevedibilità e visibilità rispetto alle concrete condizioni in cui l'evento si verifica”. 
Va, infatti, rammentato che in tema di riparto dell'onere delle prova la più recente giurisprudenza ha sostenuto che “La responsabilità di cui all'art.  2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode” ( Cass. S.U. 20943/2022). 
Nella specie, è assodato che il sinistro si è verificato in una porzione di ### il: 14/11/2025 n.1711/2025 importo 1534,00 suolo demaniale e, precisamente, sulla sede di una strada cittadina, in prossimità di un marciapiede e quindi potenzialmente destinata anche al transito pedonale, sicché la condotta del Comune avrebbe dovuto assumere tutte le cautele volte a soddisfare le aspettative di sicurezza ed affidabilità degli utenti. Ed invero, l'impossibilità per il Comune convenuto di controllare contemporaneamente l'intero tessuto viario e di impedire l'insorgenza di eventi lesivi può essere predicata solo per gli agenti lesivi a questa estranei che si connotino per la loro subitanea e repentina -ancorché non imprevedibileinsorgenza (quale ad esempio lo spargimento d'olio), mentre deve essere affermata la responsabilità dell'ente proprietario quando il danno sia originato da elementi connaturati alla struttura della strada (quali l'apposizione di tombini, l'esistenza di pendenze, dossi, spartitraffico o dislivelli cagionati dall'ammaloramento della sede del marciapiedi), o da anomalie prodottesi nel tempo e dunque percepibili con il diligente assolvimento l'attività di manutenzione delle strade. 
Nel caso di specie, le ritrazioni fotografiche allegate dall'attrice danno contezza dell'ammaloramento della sede stradale prossima al marciapiede, fornendo un chiaro riscontro visivo della buca che ha causato il sinistro. 
Peraltro, le testimonianze assunte nel corso del giudizio - del tutto convergenti nel contenuto - confermano che, nelle circostanze di tempo e di luogo indicate dall'attrice, quest'ultima è rovinata a terra per aver messo il piede in una buca presente sul manto stradale. 
Dalle deposizioni rese emerge in modo chiaro che la buca, priva di segnalazione, era presente da tempo e presentava dimensioni tali da costituire un concreto pericolo per i pedoni. I testimoni hanno inoltre riferito che al momento del sinistro non vi erano condizioni metereologiche avverse che potessero aver inciso sulla dinamica dell'evento e che la buca è rimasta scoperta anche successivamente, senza che siano stati adottati interventi d messa in sicurezza (cfr. dichiarazioni dei testi #### e ### all'udienza del 2.10.2024). 
La veridicità di tali dichiarazioni è indubbia, sia per l'univocità e precisione di quanto asserito, che per l'oggettivo riscontro che tali asserzioni trovano nelle ritrazioni fotografiche dei luoghi di causa e nella ### il: 14/11/2025 n.1711/2025 importo 1534,00 ulteriore documentazione allegata (ad esempio, la circostanza che la odierna attrice fosse in gravidanza è confermata dalla scheda di accesso al pronto soccorso). 
Per converso, sarebbe spettato al Comune convenuto fornire la prova o del concorso causale nel sinistro dell'attrice, ovvero della sussistenza del caso fortuito. Posto che la parte convenuta, regolarmente citata, non si è costituita, tale onere non è stato assolto. 
Passando alla quantificazione dei danni subiti, il C.T.U. incaricato nel corso del giudizio ha accertato - tramite la redazione di una relazione coerente e lineare, logicamente sviluppata e pienamente esaustiva rispetto ai quesiti proposti, i cui risultati vanno pertanto in questa sede condivisi - che l'attrice ha riportato nelle circostanze di tempo, modo e luogo descritte “frattura lussazione trimalleolare alla caviglia sinistra trattata chirurgicamente con mezzi di sintesi in atto in situ”. 
Chi giudica ritiene, quindi, di condividere le conclusioni cui è pervenuto il CTU in punto di quantificazione dell'incidenza percentuale delle lesioni accertate e poste in relazione causale col sinistro, reputandosi congrue sia la percentuale dell'11% complessivamente indicata per i postumi residuati, sia la durata dell'inabilità (intesa come limitazione delle attitudini generata dalle sofferenze conseguenti alle lesioni patite dal danneggiato) temporanea assoluta di gg. 30, di quella parziale 50% di giorni 60, e di quelle al 25% di giorni 30. 
Per la liquidazione equitativa del danno come sopra riconosciuto questo Tribunale aderisce ai criteri fatti propri dalle più recenti pronunce della Corte di Cassazione in materia; in particolare, per la liquidazione del danno da postumi stabilizzati il Tribunale (non trattandosi di evento rientrante nell'alveo applicativo della ### valevole per i fatti verificatisi dopo il ###) adotta i parametri ed i valori indicati nelle ### già in uso presso il Tribunale di Milano cui i giudici di legittimità hanno riconosciuto una “vocazione” nazionale, indicandoli come parametri equi, cioè idonei a garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti peculiarità che suggeriscano di incrementarne o ridurne l'entità (Cass. Civ., Sez. 3, ### il: 14/11/2025 n.1711/2025 importo 1534,00 sent. n. 14402 del 30 giugno 2011; conf. Cass. Civ., Sez. 3, sent. n. 12408 del 7 giugno 2011). 
I valori tabellari in questione tengono, infatti, conto dei principi espressi dalle ### della Suprema Corte nelle note pronunce dell'11.11.2008 (nn. 26972, 26973, 26974 e 26975), muovendo proprio dall'esigenza di addivenire ad una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale comprensiva della componente relativa alla lesione dell'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico - legale e del danno conseguente alle medesime lesioni in termini di dolore e sofferenza soggettiva, da ritenersi provato in via presuntiva con riferimento al tipo di lesione patita, al grado della menomazione permanente, alla durata del periodo di malattia, ai trattamenti chirurgici e alle terapie praticate, alle ripercussioni degli uni e degli altri sulle normali abitudini di vita della persona. 
Le tabelle milanesi inglobano, quindi, anche la liquidazione della componente del danno non patrimoniale costituita dal pregiudizio morale, che costituisce pur sempre una voce descrittiva di alcuni dei possibili pregiudizi connessi al fare areddituale del soggetto leso. 
Esclusa, dunque, la possibilità di un separato ed autonomo risarcimento di specifiche tipologie di sofferenza (danno morale, alla vita di relazione, estetico, esistenziale) patite dal danneggiato, che costituirebbero vere e proprie duplicazioni risarcitorie, delle peculiari e specifiche modalità di atteggiarsi del danno non patrimoniale nel singolo caso concreto il Giudice ha il dovere di tener conto in sede di liquidazione della prestazione risarcitoria tramite l'eventuale incremento personalizzante della somma a tale titolo dovuta. 
In applicazione di tali criteri, tenuto conto dell'iter clinico resosi necessario per la riabilitazione funzionale dell'arto interessato, della prolungata sottoposizione ad accertamenti specialistici, esami strumentali ed appropriate terapie, con riferimento al periodo di inabilità temporanea assoluta e relativa, così come accertato dal C.T.U., va equitativamente liquidata - in conformità ai valori indicati dalle tabelle milanesi nell'edizione dell'anno 2024 - la somma di € 115,00 al giorno, per un ### il: 14/11/2025 n.1711/2025 importo 1534,00 totale di € 16.170,00 per i giorni di inabilità temporanea assoluta e parziale. 
Per l'invalidità permanente, tenuto conto dell'età della parte lesa (32 anni), del grado di invalidità (11%), del valore per punto di “danno non patrimoniale (omnicomprensivo nel senso sopra chiarito), e applicando un incremento personalizzante pari al 20%- atteso il documentato stato di gravidanza alla trentesima settimana della ### al momento del fatto, circostanza tale da rendere certamente presumibili ulteriori ripercussioni di natura psicologica in capo alla danneggiata - va liquidata la somma pari ad € 38.708,40. 
Il risarcimento del danno non patrimoniale (omnicomprensivo nel senso sopra chiarito) complessivamente spettante alla danneggiata ascende, dunque, a complessivi euro 46.470,90. 
Spetta, infine, alla parte attrice il ristoro del danno rappresentato dalla mancata disponibilità del quantum dovutogli a titolo risarcitorio, derivante dal ritardo con cui viene liquidato al creditore danneggiato l'equivalente in denaro del bene leso. 
A tal proposito va osservato che in caso di risarcimento del danno, se la liquidazione viene effettuata per equivalente - e cioè con riferimento al valore del bene perduto dal danneggiato all'epoca del fatto illecito, espresso poi in termini monetari che tengano conto della svalutazione intervenuta fino alla data della decisione - è dovuto - se adeguatamente allegato dal creditore - anche il danno da ritardo e cioè il lucro cessante provocato dal ritardato pagamento della somma, danno che, in considerazione dell'entità delle presta-zioni risarcitorie dovute, può in via presuntiva ravvisarsi nell'impossibilità di investire proficuamente il danaro. 
La rivalutazione della somma liquidata e gli interessi sulla somma rivalutata assolvono, invero, a due funzioni diverse, mirando la prima alla reintegrazione del danneggiato nella situazione patrimoniale anteriore all'illecito, mentre gli interessi hanno natura compensativa, con la conseguenza che questi ultimi sono compatibili con la rivalutazione. 
Tale voce di danno deve essere provata dal creditore e, solo in caso negati### il: 14/11/2025 n.1711/2025 importo 1534,00 vo, il giudice, nel liquidare il risarcimento ad essa relativo, può fare riferimento, quale criterio presuntivo ed equitativo, ad un tasso di interesse che, in mancanza di contrarie indicazioni suggerite dal caso concreto o di specifiche allegazioni circa gli impieghi maggiormente remunerativi cui le somme sarebbero state destinate ove tempestivamente conseguite, può essere fissato in un valore prossimo all'interesse legale del periodo intercorrente tra la data del fatto e quella attuale della liquidazione. 
Inoltre, secondo un indirizzo ormai consolidato, tali interessi, cosiddetti compensativi, vanno calcolati non sulla somma rivalutata in un'unica soluzione alla data della sentenza, ma sulla somma capitale (determinata nel giorno dell'insorgenza del credito) via via rivalutata, conformemente all'insegnamento espresso nella nota pronuncia a sezioni unite della Suprema Corte n. 1712\95 (conformi, tra le tante, Cass. 3666/96, 8459/96, 2745/97, 492/01; 18445/05). 
Nell'effettuare il relativo calcolo, bisogna tener presente che è necessaria una devalutazione nominale degli importi liquidati in valuta attuale (nel caso di specie, quelli relativi al danno non patrimoniale), sì da rapportarli all'equivalente alla data di insorgenza del danno medesimo e procedere poi alla successiva rivalutazione sì da conteggiare gli interessi sulle somme che progressivamente si incrementano per effetto della rivalutazione, con cadenza annuale alla stregua della variazione degli indici ### gli interessi così ottenuti vanno accantonati e cumulati tra loro senza rivalutazione. 
Operati i conteggi secondo gli esposti criteri parte convenuta va condannata a pagare alla parte attrice l'importo di € 51.148,27. 
Su tale importo decorreranno interessi, nella misura prevista dalla legge, dalla decisione all'effettivo pagamento. 
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo ai sensi del DM 147/22. Le spese di CTU - liquidate in misura pari al disposto acconto di € 400 oltre iva e cpa (cfr. ordinanza del 29.10.24) ex art. 21 del Decreto del ### della Giustizia del 30.5.2002 e art. 52 dm 55/14 - vanno poste definitivamente a carico di parte convenuta.   P.Q.M.  ### il: 14/11/2025 n.1711/2025 importo 1534,00
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione respinta: in accoglimento della domanda di ### condanna il Comune di ### del ### al pagamento in suo favore della somma di € 51.148,27, oltre interessi legali dalla data della sentenza fino al soddisfo; condanna il Comune di ### del ### al pagamento delle spese di lite in favore dell'attrice, liquidate in complessivi € 4.660,00 oltre € 786,00 per esborsi, oltre iva, cpa e spese generali come per legge, da distrarsi in favore del procuratore di parte attrice; pone le spese di c.t.u. definitivamente a carico del Comune di ### del #### 4.11.2025 ### il: 14/11/2025 n.1711/2025 importo 1534,00

causa n. 2052/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Lipari Federica Emanuela

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Tribunale di Cosenza, Sentenza n. 1888/2025 del 05-12-2025

... indicati, con riconoscimento anche di interessi legali e rivalutazione monetaria ex art. 429, comma 3, c.p.c., atteso che tali accessori costituiscono parte inscindibile del credito di lavoro e vanno riconosciuti d'ufficio, a prescindere da specifica domanda del lavoratore (cfr. Cass. SS. UU. 16036/2010). Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo con la chiesta distrazione, richiamandosi principalmente le considerazioni svolte sull'adesione irrituale di parte resistente alla domanda. P.Q.M. Il Tribunale di ### in composizione monocratica, in funzione di Giudice del ### definitivamente pronunciando sulla causa pendente tra le parti indicate in epigrafe, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattese, così provvede: accoglie la domanda e, per l'effetto, dispone l'attribuzione della carta docente in favore del ricorrente per un valore corrispondente a quello perduto per gli anni scolastici 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023, oltre interessi o rivalutazione, ai sensi dell'art. 22, comma 36, della legge 724/1994 dalla data del diritto all'accredito alla concreta attribuzione; condanna il Ministero resistente al pagamento, in favore della parte (leggi tutto)...

testo integrale

TRIBUNALE DI COSENZA ### REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Cosenza in composizione monocratica, in persona del dott. ### quale Giudice del ### ha emesso la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 4522/2023 R.G.A.L. vertente TRA ### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ### che lo rappresenta e difende - ricorrente ###'#### in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliat ###, rappresentato e difeso ex art. 417 bis c.p.c. dai Dott.ri ### e ### - resistente ### carta elettronica del docente. 
Conclusioni di parte ricorrente: “… - ### e dichiarare il diritto della parte ricorrente di percepire per tutti i periodi di supplenza ut indicati in narrativa ed allegati al presente atto (contratti aa.ss. 2019/2020; 2020/21; 2021/22; 2022/23), la linea di credito pari ad € 500 annuali di cui alla ### del docente, ex art. 1, comma 121, L. 107/2015, ovvero alla maggiore o minore somma da accertarsi in corso di causa; - Per l'effetto condannare il Ministero dell'### e del ### in p.M.p.t., ad accreditare al ricorrente, il beneficio economico corrispondente alla linea di credito della ### del Docente per tutti i periodi indicati in narrativa, (aa.ss. 2019/2020; 2020/21; 2021/22; 2022/23), ovvero per i periodi ritenuti idonei, in misura pari alla somma di € 500 annuali. - Con vittoria di spese e competenze di lite da distrarsi …”.
Conclusioni di parte resistente: “… - Si chiede il rigetto della domanda di carta elettronica per gli aa.ss. 2019/2020,2020/2021; - Si aderisce alla domanda di carta elettronica per gli aa.ss. 2021/2022, 2022/2023 con compensazione delle spese di lite…”. 
Ragioni di fatto e di diritto della decisione La parte ricorrente ha agito in giudizio assumendo di aver prestato servizio alle dipendenze del Ministero resistente come docente per gli anni scolastici 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022, 2022/2023 e 2023/2024 con contratti a tempo determinato non usufruendo della carta elettronica del docente; che l'art. 1, comma 121, della legge 107/2015 prevedeva la carta elettronica del docente per l'aggiornamento e la formazione dei docenti per l'importo di €. 500,00 per ciascun anno scolastico; che i D.P.C.M. del 23.9.2015 e del 28.11.2016 prevedevano la carta docente elettronica solo per i docenti assunti con contratto a tempo indeterminato; che la mancata previsione dell'assegnazione della carta elettronica anche per i docenti assunti con contratto a tempo determinato era privo di ragioni oggettive e violativo del principio di non discriminazione tra lavoratori con contratto a tempo indeterminato e lavoratori con contratto a tempo determinato, anche sul rilievo per cui l'art.  64 CCNL scuola 2018, nel disciplinare gli obblighi di formazione, non distinguevano tra personale a tempo determinato e a tempo indeterminato; che il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1842/2022, aveva affermato che, secondo una interpretazione conforme agli artt. 3, 35 e 97 Cost., la carta elettronica spettava anche ai docenti assunti con contratto a tempo determinato; che la ### con ordinanza del 18.5.2022, aveva statuito che la clausola 4, punto 1 dell'accordo quadro allegato alla ### 1999/70/CE ostava alla normativa nazionale che attribuiva solo ai docenti assunti con contratto a tempo indeterminato la carta elettronica del docente; che la Corte di ### con la pronuncia 29961/2023 aveva affermato il diritto oggetto di giudizio. Su tali premesse, sinteticamente riportate, ha formulato le conclusioni sopra trascritte. ### convenuto si è costituito in giudizio assumendo di “aderire” alla domanda di parte ricorrente per gli anni scolastici 2021/2022 e 2022/2023 e contestando la domanda per gli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021 sul rilievo per cui la ricorrente aveva svolto solo supplenze brevi e saltuarie e non aveva avuto incarico fino al 30 giugno. Su tali premesse, sinteticamente riportate, ha formulato le conclusioni sopra trascritte. 
Per il presente procedimento è stata disposta la sostituzione dell'udienza di discussione, fissata all'11.11.2025, con il deposito di note scritte ex art. 127 ter c.p.c.. 
La parte ricorrente ha depositato note scritte. 
Si provvede in data odierna al deposito della sentenza sulla base della previsione dell'art.  127 ter c.p.c. citato, secondo cui il Giudice provvede entro il termine di 30 giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note scritte. 
La domanda deve considerarsi limitata agli anni scolastici 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023, come da espressa indicazione delle conclusioni rassegnate. 
Deve rilevarsi l'irritualità del comportamento processuale della parte resistente, che ha inteso aderire alla domanda per gli anni scolastici 2021/2022 e 2022/2023 senza provvedere all'attribuzione della prestazione oggetto di giudizio (in merito, con ordinanza dell'11.5.2024 sono stati chiesti, senza esito, chiarimenti sulla condotta processuale del Ministero resistente). 
È evidente, in merito, che la domanda di parte ricorrente è finalizzata alla condanna del Ministero convenuto, in modo tale che una eventuale cessazione della materia del contendere (solo in quest'ambito l'adesione di parte resistente potrebbe trovare una astratta giustificazione processuale) potrebbe conseguire solamente all'effettiva attribuzione della prestazione chiesta, mentre, con l'adesione compiuta dalla parte resistente, l'effetto processualmente paradossale è quello di confermare la fondatezza dell'azione pur non provvedendo all'attribuzione della prestazione oggetto di giudizio.
Ciò posto, per gli anni scolatici 2021/2022 e 2022/2023 vi è stato il richiamato riconoscimento del diritto (oltre che la mancata contestazione delle circostanze di fatto indicate dalla parte ricorrente) da parte del Ministero e deve trovare applicazione Cass. Lav. 29961/2023, intervenuta ex art. 363 bis c.p.c. e che integralmente si richiama, secondo cui: “… 1) ### di cui alla L. 107 del 2015, art. 1, comma 121, spetta ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali fino al 31.8, ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, o incarichi per docenza fino al termine delle attività di didattiche, ovverosia fino al 30.6, ai sensi della L.  n. 124 del 1999, art. 4, comma 2, senza che rilevi l'omessa presentazione, a suo tempo, di una domanda in tal senso diretta al Ministero. 2) Ai docenti di cui al punto 1, ai quali il beneficio di cui alla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 121, non sia stato tempestivamente riconosciuto e che, al momento della pronuncia giudiziale sul loro diritto, siano interni al sistema delle docenze scolastiche, perché iscritti nelle graduatorie per le supplenze, incaricati di una supplenza o transitati in ruolo, spetta l'adempimento in forma specifica, per l'attribuzione della ###, secondo il sistema proprio di essa e per un valore corrispondente a quello perduto, oltre interessi o rivalutazione, ai sensi della L. n. 724 del 1994, art. 22, comma 36, dalla data del diritto all'accredito alla concreta attribuzione …”, evidenziandosi che non è in contestazione che la parte ricorrente è attualmente in servizio (sicché, si aggiunge, la documentazione irritualmente depositata da parte ricorrente con le note scritte depositate il ### è irrilevante). 
In relazione agli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021, l'esigenza di escludere ogni illegittima discriminazione nei confronti di un lavoratore che risulti pienamente comparabile con altri lavoratori avvantaggiati - come affermata dalla giurisprudenza richiamata - deve condurre alla piena assimilazione delle posizioni lavorative caratterizzate dallo svolgimento del servizio in maniera sostanzialmente continua per l'anno scolastico in assenza di significative soluzioni di continuità tra contratti a tempo determinato nell'ambito dell'anno scolastico (in merito, si richiama la sentenza della Corte di ### n. 268 del 3.7.2025: “La clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/Ce del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro #### e ### sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che: essa osta a una normativa nazionale, come interpretata da un giudice nazionale supremo, che riserva il beneficio della carta elettronica dell'importo nominale di € 500 annui che consente l'acquisto di diversi beni e servizi destinati a sostenere la formazione continua dei docenti, ai docenti di ruolo e ai docenti non di ruolo che effettuano supplenze per la durata dell'anno scolastico, ad esclusione dei docenti non di ruolo che effettuano supplenze di breve durata, a meno che tale esclusione non sia giustificata da ragioni oggettive ai sensi di tale disposizione. Il solo fatto che l'attività di questi ultimi non sia destinata a protrarsi fino al termine dell'anno scolastico non costituisce una siffatta ragione oggettiva”). 
Nel caso in esame, dalla documentazione allegata risulta che la ricorrente ha svolto attività lavorativa da gennaio 2020 a giugno 2020 e da ottobre 2020 a giugno 2021, sicché vi deve essere il riconoscimento del diritto anche per gli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021. 
La domanda, dunque, deve essere accolta nei termini indicati, con riconoscimento anche di interessi legali e rivalutazione monetaria ex art. 429, comma 3, c.p.c., atteso che tali accessori costituiscono parte inscindibile del credito di lavoro e vanno riconosciuti d'ufficio, a prescindere da specifica domanda del lavoratore (cfr. Cass. SS. UU. 16036/2010). 
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo con la chiesta distrazione, richiamandosi principalmente le considerazioni svolte sull'adesione irrituale di parte resistente alla domanda.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### in composizione monocratica, in funzione di Giudice del ### definitivamente pronunciando sulla causa pendente tra le parti indicate in epigrafe, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattese, così provvede: accoglie la domanda e, per l'effetto, dispone l'attribuzione della carta docente in favore del ricorrente per un valore corrispondente a quello perduto per gli anni scolastici 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022 e 2022/2023, oltre interessi o rivalutazione, ai sensi dell'art. 22, comma 36, della legge 724/1994 dalla data del diritto all'accredito alla concreta attribuzione; condanna il Ministero resistente al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese di lite, che si liquidano in €. 49,00 per esborsi ed €. 1.100,00 per compenso, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore costituito. 
Si comunichi ### 5.12.2025 IL GIUDICE dott.

causa n. 4522/2023 R.G. - Giudice/firmatari: Salvatore Bloise

M

Corte d'Appello di Brescia, Sentenza n. 1051/2025 del 29-10-2025

... fede o buona fede del percipiente come per legge e rivalutazione monetaria nei limiti di quanto ### consentito dall'art.1224 cc, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, da quantificarsi tenuto conto del dettato dell'art.1284 cc, ivi compreso, tra l'altro, il penultimo comma, fermo il diritto, oltre che all'accertamento del saldo, in accoglimento di ogni proposto appello incidentale, alla ripetizione delle sole rimesse solutorie non prescritte (che risultino tali dopo il ricalcolo del saldo), nel denegatissimo caso in cui il conto fosse ritenuto tuttora aperto; #### (EVENTUALMENTE, #### 1. in sede di ricalcolo del saldo, tenere conto anche degli estratti prodotti dall'appellante in forma più leggibile dall'apertura del contratto di conto corrente, stornando tutte le rimesse che, tolto ogni addebito che risulti privo di giustificazione in virtù della nullità parziale del contratto di conto corrente, risultino ripristinatorie oppure solutorie ma non prescritte (tenuto conto dell'interruzione della prescrizione, come già dedotto in primo grado e qui ribadito); 2. accertare e dichiarare, nel solo caso di previo rilievo d'ufficio, la nullità delle pattuizioni di cui al (leggi tutto)...

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REPUBBLICA ITALIANA I N N O M E D E L P O P O L O I T A L I A N O La Corte d'Appello di Brescia, ### civile, composta dai ###: Dott. ##### rel.est.  ha pronunciato la seguente ### nella causa civile n. 368/2022 R.G. promossa con atto di citazione notificato in data ### e posta in decisione all'udienza collegiale del 28.5.2025 d a ####.C. - con sede ###### in via ### 51 e sede ###via ### n. 17 - codice fiscale ### - in persona del ### e legale rappresentante, assistita, rappresentata e difesa, anche in via disgiunta tra di loro, per procura alle liti in calce al presente atto ex art. 83, comma ### cod. proc. civ., dagli avvocati ### e ### -ed elettivamente R.Gen. N. 368/2022 OGGETTO: ### (deposito bancario, apertura di credito, cassetta di sicurezza) domiciliat ####### in via ### n. 20.e APPELLANTE c o n t r o ### S.R.L., società con socio unico, codice fiscale e partita IVA ### con sede in 24050 Ghisalba ###, via ### n.30 A, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa in giudizio, come da procura in atti espressamente conferita anche per il presente grado di giudizio, dall'### del ### di ### con studio in 25086 Rezzato ###, in via ### n.29, e presso quest'ultimo elettivamente domiciliat ###punto: appello a sentenza del Tribunale di Bergamo n.243/22 pubblicata in data #### l'appellante In parziale riforma della sentenza n. 243/2022, emessa dal Tribunale di Bergamo, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa e reietta, voglia la Corte d'Appello adita accogliere le seguenti conclusioni: In via principale: respingersi tutte le domande, ivi compreso l'appello incidentale, avanzate dalla società ### S.r.L. nei confronti della ### di ### dell'### e del ### s.c. per tutte le ragioni esposte nell'atto introduttivo di questo giudizio, siccome palesemente inammissibili oltre che nulle, prescritte (quanto meno per tutto il periodo antecedente il 2010) nonché infondate sia in fatto che in diritto. 
In via istruttoria: attesa la integrale contestazione della relazione tecnica depositata dal C.T.U. Dr. ### per tutte le ragioni esposte in primo grado dal Consulente di ### nonché dalla difesa della ### di ### dell'### e del ### s.c. e dettagliatamente descritte e riformulate nell'atto di appello di questo giudizio, disporsi la riconvocazione del predetto C.T.U. o a suo giudizio assegni ad altro ### d'### e ciò affinché la Corte d'Appello ordini la rinnovazione del procedimento di consulenza tecnica d'ufficio. 
Con vittoria di spese e competenze professionali di entrambi i gradi del giudizio. 
Per l'appellata ### rejectis, spese del presente grado di giudizio rifuse, con IVA e CPA come per legge, ### la Corte di Appello di ###ma: ###: Dichiarare inammissibile l'appello ex adverso proposto ex art.342 cpc, in accoglimento di quanto eccepito al punto 1 (diviso in parti) della comparsa di costituzione e risposta; #### PRINCIPALE (####: in accoglimento delle medesime domande proposte in primo grado, come da ultimo precisate con note del 9.11.2021 (doc.1v), nonché tenuto conto dell'avvenuto condizionamento, in sede di comparsa conclusionale, della domanda di nullità totale del contratto di mutuo n.ri 99417 e 52639 del 23.4.2015, al previo rilievo d'ufficio, ex art.1422 cc, della suddetta per mancanza di causa, con riguardo alla concreta funzione economicoindividuale del finanziamento, ovvero, come meglio si preciserà in sede di atti difensivi finali, tenuto conto di uno scopo comune alle parti, quello della destinazione dell'intera somma di cui la prestito al ridimensionamento del saldo passivo di conto corrente, per rendere possibile modificare il limite dell'apertura di credito (senza che ve ne fosse effettiva necessità, tolte le rimesse prive di giustificazione), nonché, come già dedotto in sede di comparsa di risposta, del collegamento tra il mutuo e la modifica al fido, come attestato dal doc.C -006-richiesta rinnovazione fido ###S.r.l. pag. 3 del relativo pdf, ovvero “### di concessione di fido del 10 marzo 2015” prodotto da controparte in sede ###particolare dai termini, riferiti al contratto di mutuo per cui è causa, “destinato alla riduzione dell'apertura in c/c da 1.200.000,00 a 600.000,00”, da leggere, quale prova dell'accordo tra le parti ex art.1325 cc n.1, unitamente a ###2bis__d.c._ec._o._s.__da_11_98_a_12_05__I.pdf prodotto in sede costituzione da parte convenuta appellata (pag.11 del file pdf ): accertare e dichiarare, nel solo caso di esercizio del relativo potere di rilievo d'ufficio, la nullità del contratto di mutuo fondiario n.ri 99417 e 52639 del 23.4.2015, nonché della modifica del medesimo avvenuta nel 2016, in accoglimento di quanto dedotto nel punto 3a della parte in diritto della comparsa di costituzione e risposta, per conseguenza ricalcolando il saldo del conto corrente n. 2980/70 stornando tanto l'accredito della somma erogata, quanto l'addebito delle relative rate; #### SUBORDINATA: Preso atto dell'avvenuta chiusura del mutuo da parte della banca, già prima dell'introduzione del giudizio di primo grado con raccomandata erroneamente datata 6.4.2020, ma spedita il ### prodotta dall'appellante in detto giudizio come doc.1 , considerato anche l'esito dell'interrogazione del sito delle ### di cui al doc.1bis, entrambi contenuti nel doc.1a nel presente grado, oppure in virtù dell'esercizio del diritto di recesso avvenuto a opera della banca con lettera del 26.11.2020, e/o in considerazione della email pec dell'8.2.2022 di ### per le ragioni più diffusamente esposte in atti (cfr. il punto 2 della parte in diritto della comparsa di costituzione e risposta), previa detrazione, dal dovuto, come già richiesto in primo grado, se del caso, considerata anche la diffida ad adempiere dell'8.2.2022 (nei limiti del possibile, come più diffusamente dedotto in atti e in sede di compensazione impropria; paragrafi 3b e 4 della parte in diritto del medesimo atto difensivo), quanto spettante alla banca in virtù del mutuo n.ri 99417 e 52639 del 23.4.2015, qualora sia ritenuto valido, operata la decurtazione e/o compensazione impropria di cui ai già citati paragrafi del medesimo primo atto nel presente giudizio (fatta ogni debita considerazione circa l'applicabilità o meno dell'art.1458 cc, nella parte relativa ai contratti di durata, al mutuo e tenuto conto della retroattività o meno della diffida, con ogni conseguenza sulla necessità o meno di stornare l'erogazione della somma piuttosto che le rate già pagate) ai sensi e per gli effetti di cui all'art.2033 cc o altra norma applicabile (jura novit curia), condannare l'istituto di credito appellante alla corresponsione della differenza eventualmente risultante in favore di ### S.r.l., con interessi dal pagamento o dalla domanda di primo grado, a seconda della ritenuta mala fede o buona fede del percipiente come per legge e rivalutazione monetaria nei limiti di quanto ### consentito dall'art.1224 cc, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, da quantificarsi tenuto conto del dettato dell'art.1284 cc, ivi compreso, tra l'altro, il penultimo comma, fermo il diritto, oltre che all'accertamento del saldo, in accoglimento di ogni proposto appello incidentale, alla ripetizione delle sole rimesse solutorie non prescritte (che risultino tali dopo il ricalcolo del saldo), nel denegatissimo caso in cui il conto fosse ritenuto tuttora aperto; #### (EVENTUALMENTE, #### 1. in sede di ricalcolo del saldo, tenere conto anche degli estratti prodotti dall'appellante in forma più leggibile dall'apertura del contratto di conto corrente, stornando tutte le rimesse che, tolto ogni addebito che risulti privo di giustificazione in virtù della nullità parziale del contratto di conto corrente, risultino ripristinatorie oppure solutorie ma non prescritte (tenuto conto dell'interruzione della prescrizione, come già dedotto in primo grado e qui ribadito); 2. accertare e dichiarare, nel solo caso di previo rilievo d'ufficio, la nullità delle pattuizioni di cui al contratto n.2583 del 19.8.2020 relative alla commissione di disponibilità fondi e alla penale di sconfinamento, per violazione dell'art.2 bis del D.L. 185 del 2008, convertito in legge 2 del 2009 e per conseguenza stornare anche le rimesse relative, in sede di ricalcolo del saldo. 
In via istruttoria: si chiede che sia disposto un supplemento di perizia di ufficio per tenere conto di: - l'eventuale rilievo della nullità d'ufficio del mutuo, con conseguente accoglimento dell'appello incidentale sul punto a ciò condizionato; - l'eventuale rilievo della nullità delle condizioni contrattuali relative a commissione di disponibilità fondi (che tale è, anche se impropriamente denominata ### e penale di sconfinamento, con conseguente accoglimento dell'appello incidentale sul punto a ciò condizionato; - necessità di tener conto della compensazione, anche impropria, tra il credito dell'appellata e rate di mutuo scadute e a scadere, se ritenuto valido, in modo diverso a seconda che il mutuo sia ritenuto nullo oppure valido ma risolto; - necessità di considerare anche le risultanze degli estratti conto prodotti dall'apertura del rapporto (1996) dalla convenuta, in forma ffmaggiormente leggibile, dato che a ciò mai ci si è opposti e neppure ora ci si oppone, prestando anzi il consenso ex art.198 cpc, come già avvenuto nel precedente grado, per il caso in cui fosse stata riaperta l'istruttoria.  ### atto di citazione in data #### s.r.l. citava in giudizio, avanti il Tribunale di Bergamo, ### di ### dell'### e del ### ed esponeva di aver acceso nell'anno 1996 contratto di conto corrente bancario presso la ### di ### di ### ora fusa nella convenuta e, successivamente nell'anno 2015 (rep.99417, racc. 52639 ###, un contratto di mutuo fondiario. Deduceva che nel corso di tali rapporti erano state addebitate somme illegittime a titolo di commissioni di massimo scoperto e di commissioni sostitutive, mai pattuite e comunque prive di causa, che erano stati applicati interessi anatocistici e che le condizioni contrattuali erano rimaste indeterminate. Lamentava inoltre la nullità del mutuo perché stipulato solo al fine di ripianare altri debiti verso la banca, nonché con applicazione di tassi usurari e indeterminati a causa della pattuizione della clausola floor. 
Chiedeva pertanto accertarsi la nullità delle clausole del conto corrente in essere e, quanto al rapporto di mutuo, chiedeva dichiararsene la nullità o comunque l'usurarietà delle pattuizioni relative agli interessi, nonché la condanna della controparte alla restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto a quelle legittimamente dovute. 
Si costituiva in giudizio in data ### la ### di ### dell'### e del ### contestando integralmente le avverse pretese ed evidenziando la validità delle clausole relative alle c.m.s indicate nel rapporto di conto corrente e di capitalizzazione trimestrale degli interessi; rilevava la piena legittimità del mutuo sia con riferimento alla giustificazione della erogazione delle somme sia con riguardo agli interessi applicati; eccepiva in ogni caso l'inammissibilità della domanda attorea relativa al conto corrente in quanto priva d'interesse, perché il conto era ancora aperto, ed in ogni caso la prescrizione del diritto a ripetere ogni addebito avvenuto prima del decennio dall'introduzione del giudizio. 
Chiedeva pertanto il rigetto delle avverse domande. 
Esperita consulenza tecnica d'ufficio depositata in data ###, la causa era posta in decisione all'udienza in data ### con termini per il deposito di conclusionali e repliche. In quella sede, la società correntista rinunciava alle doglianze relative alla nullità del mutuo, sollecitando una pronuncia d'ufficio in tal senso. 
Con sentenza del 28.1.2022 n. 243/2022 il Tribunale di Bergamo in composizione monocratica accertava e dichiarava l'illegittimità di parte degli addebiti in conto corrente e il conseguente saldo a credito della correntista pari a € 673.376,96 e la validità del contratto di mutuo, compensando le spese di giudizio e di consulenza per un quarto e ponendo la parte restante a carico della banca convenuta. 
Il Tribunale riteneva segnatamente che: - risultava prodotto in atti (doc.2 bis parte attrice) il contratto di apertura di conto corrente n.2980/70 acceso in data ### presso la filiale di ### della banca convenuta. Erano stati altresì allegati al fascicolo di parte attrice gli estratti conto relativi al periodo decorrente dal primo trimestre 1996 al terzo trimestre 2020, di cui alcuni (31.3.1996-30.9.1998, 31.12.1998 1 31.12.1999) riscontrati non leggibili da parte del consulente, nonchè lettere di concessione di affidamento datate 4.2.1999, 30.6.2000, 27.2.2001, 9.7.2002, 20.2.2006, 8.1.2008 e una lettera-contratto di apertura di credito in data ###. Da tali documenti e sino a quello ultimo indicato non emergevano specificatamente determinati i tassi attivi e passivi applicati al rapporto né le modalità di relativa applicazione, ne conseguiva l' indeterminatezza dei tassi stessi con conseguente necessaria applicazione del tasso sostitutivo Bot per il relativo periodo (31.3.1996- 19.8.2010); le condizioni contrattuali relative ai tassi, presenti secondo la prospettazione della ### nel contratto con richiamo di quelle in vigore dal 7.11.1994 e dall'1.1.1995 asseritamente allegate al contratto di conto corrente non erano dimostrate, non risultando adeguata prova dell'allegazione del documento al contratto nè, tanto meno, esso risultava sottoscritto dalla parte attrice nella parte relativa all'indicazione dei tassi e nella veste di legale rappresentante della società; - d'altra parte, essendo stato il contratto stipulato in data ### avrebbero dovuto applicarsi le condizioni con decorrenza 1.1.1995, le quali tuttavia tacevano in merito al tasso di interesse attivo e passivo applicabile al rapporto; infine l'indicazione di ‘tassi passivi - su tutte le forme di raccolta dalla clientela T.U.S. -7,00% e tassi attivi su tutte le forme di impiego dalla clientela ### rate… ###…' risultava assolutamente generica sia in ordine al tipo di operazione per la quale il tasso è applicato sia in merito alla forbice in concreto utilizzata; - analogamente fino alla data del 19.8.2010 non risultava alcuna pattuizione adeguata in merito alla commissione di massimo scoperto o ad essa sostitutiva: segnatamente, quella contenuta nella comunicazione in data ### non riportava le modalità di calcolo ed applicazione dell'onere; - non risultava alcuna nuova pattuizione in merito all'applicazione di interessi anatocistici; determinando tale applicazione un peggioramento delle condizioni del cliente essa doveva essere pattuita ai sensi dell'articolo 7 della delibera ### del 2 febbraio 2000; pertanto detti addebiti dovevano essere espunti, perché non era intervenuta alcuna nuova pattuizione successiva alla delibera; - in punto all'eccezione di prescrizione, fermo che la mancata contestazione degli estratti conto non precludeva l'esame delle doglianze attoree, e ferma la sussistenza di aperture di credito, non si rilevavano rimesse solutorie prescritte; - non ostava all'ammissibilità della domanda di accertamento il fatto che il conto fosse ancora aperto, in quanto l'interesse della correntista sussisteva, sul piano pratico, al fine della esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime, del ripristino, da parte della correntista, di una maggiore estensione dell'affidamento concessole, siccome eroso da addebiti contra legem, nonché per l'escussione di un saldo maggiore alla chiusura del conto; - la domanda di ripetizione era, invece, inammissibile in quanto l'attrice non aveva provato di aver chiuso il conto prima dell'instaurazione del giudizio: non aveva prodotto la cartolina di ricevimento della raccomandata in data ### spedita alla banca convenuta, né poteva ritenersi all'uopo idonea la produzione dell'esito dell'interrogazione del sito internet delle ### atteso che, da un lato, esso indicava data di spedizione (4 aprile) antecedente a quella riportata sulla lettera (6 aprile) e, da altro lato, dal predetto esito non risultava il soggetto che aveva in concreto ritirato il plico e dunque la qualifica di incaricato alla relativa ricezione. Infine, un'eventuale presunzione di consegna non poteva essere affermata neppure alla luce della movimentazione del conto da parte della cliente: risultava infatti che in data #### aveva effettuato un giroconto per € 100 su tale rapporto e che in data ### era stato depositato sul medesimo conto l'importo di un assegno di € 14.500 alla stessa intestato; - il mutuo era valido, poiché ### non aveva provato che la somma mutuata non era stata messa a sua disposizione dalla banca ma che era stata immediatamente destinata al ripianamento dei debiti sussistenti nei confronti della banca; non era peraltro chiaro il saldo a debito nel rapporto di mutuo e con quali modalità nel tempo esso si era determinato in senso riduttivo rispetto alla cifra inizialmente indicata come mutuata; la somma precettata risultava peraltro contestata in atti, e una consulenza tecnica in tal senso sarebbe stata esplorativa; le domande in punto di usurarietà del mutuo non erano state riportate in sede di precisazione delle conclusioni. 
Avverso la sentenza proponeva appello la ### chiedendo la riforma della sentenza ed il rigetto delle domande proposte da ### srl. 
Si costituiva ### srl e contestava la fondatezza dell'appello chiedendone il rigetto; inoltre, proponeva appello incidentale relativamente alla mancata prova della chiusura del conto e alla mancata compensazione, sollecitando inoltre una pronuncia d'ufficio relativamente alla validità del mutuo. 
Senza ulteriore istruttoria, all'udienza del 28.5.1025 le parti precisavano le conclusioni e la Corte tratteneva la causa in decisione assegnando i termini ex art. 190 c.p.c.  MOTIVI DELLA DECISIONE ### spa ha eccepito l'inammissibilità dell'appello ai sensi dell'art.342 cpc.  ### è infondata dal momento che l'atto introduttivo del presente grado contiene l'esposizione di tutti gli elementi richiesti dalla citata norma nel testo vigente ratione temporis, essendo possibile individuare sia le opposte censure mosse alla sentenza appellata, tanto in punto di ricostruzione dei fatti, quanto in punto di diritto, sia gli argomenti che l'appellante intende contrapporre a quelli adottati dal giudice di primo grado a sostegno della decisione. Va ricordato che in questo senso si è già pronunciata la Cassazione a sezioni ### (27199/2017) che ha chiarito che <<Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l.  83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata>>.  ### va, quindi, disattesa. 
Procedendo, quindi, all'esame dei motivi di appello proposti dalla ### con il primo motivo essa lamenta che il Tribunale non abbia tenuto conto del comportamento processuale di ### nel corso del processo di primo grado, che sarebbe stato sanzionabile ai sensi dell'art.116 cpc, così violando l'art 112 cpc. 
Segnatamente, la società avrebbe dato corso a plurime produzioni documentali irrituali e pertanto inammissibili, oltre la scadenza dei termini di cui al codice di rito; inoltre, avrebbe omesso di produrre gli estratti conto sin dall'apertura del conto (avvenuta nel 1996) fino al 31.10.1998, pur avendoli a disposizione come risulterebbe dall'elaborato peritale di parte oltre che dalla loro mancata richiesta in sede di mediazione, dall'esame dei quali avrebbe potuto evincersi che le condizioni di cui alla delibera ### del 2000 erano già state applicate dalla ### prima della sua stessa entrata in vigore, con la conseguenza che l'introduzione della circolare del 9.2.2000 non avrebbe comportato aggravamento delle condizioni in precedenza applicate. 
In secondo luogo, la domanda di mediazione prodotta dalla società appellata non sarebbe stata quella originale, nella quale, tra gli allegati, risultavano gli scalari da giugno 1996 in poi, ma sarebbe stata alterata. 
Infine, la società appellante avrebbe irritualmente depositato una pec datata 13.11.2021 con allegata una perizia del dott. ### del 2018 non avente data certa. 
Tutto ciò configurerebbe un vero e proprio abuso del processo. 
Il motivo è infondato. 
La nuova documentazione prodotta dalla difesa di ### alla udienza di precisazione delle conclusioni nel presente grado (doc.ti 10, 10 bis e 11) è ammissibile in quanto di formazione successiva alla proposizione dell'appello: essa risulta, tuttavia, irrilevante ai fini del decidere, in quanto la vicenda in sede penale e disciplinare, pur avendo avuto origine dal presente procedimento, è del tutto estranea alle questioni agitate nel presente giudizio e non può, dunque, essere valorizzata ai sensi dell'art. 116 cpc. 
Parimenti irrilevante è la questione relativa alla differenza tra i due moduli di domanda di mediazione prodotti dalla correntista posto che l'appellante non contesta la regolarità del procedimento di mediazione e la procedibilità della domanda, ma solo una pretesa condotta processuale scorretta derivante dal fatto che in uno di essi risulterebbero indicati, tra gli allegati, anche gli estratti conto dal 1996 al 1998 in poi, non prodotti in giudizio, e ciò avrebbe impedito alla banca di potere dimostrare l'applicazione della pari periodicità della capitalizzazione anche ante 2000.  ## disparte la considerazione che la produzione incompleta da parte del correntista non impediva alla banca di produrre gli estratti conto e la documentazione mancante, di cui essa aveva certamente la disponibilità, ove ritenuta essenziale al fine di provare la periodicità della capitalizzazione applicata ante 2000, come peraltro l'istituto di credito ha fatto, rileva il Collegio che la loro produzione da cui si evincerebbe la applicazione di fatto della periodicità della capitalizzazione, contrariamente a quanto ritiene l'appellante, non sarebbe comunque valsa ad escludere la nullità della capitalizzazione ante delibera ### 2000, derivante dalla violazione dell'art. 1283 cc, e la conseguente necessità di una specifica pattuizione per la sussistenza di un peggioramento delle precedenti condizioni per i motivi che più diffusamente si esporranno in occasione dell'esame del quarto motivo di appello. 
Quanto al fatto che la perizia di parte del dott. ### risulterebbe indicata quale allegato solo in uno dei due moduli di domanda di mediazione in atti e che quindi non ne sarebbe provata la data, appare sufficiente evidenziare che la perizia di parte è qualificabile come mero atto difensivo e non rientra, pertanto, nel novero dei nuovi mezzi di prova e non soggiace quindi al divieto dei “nova” previsto dall'art. 345 cpc, ma può essere prodotta in ogni momento, anche per la prima volta in appello (cfr.  28.06.2024 n. 17851), a nulla quindi rilevando a quando essa risalga e se fosse stata o meno già allegata alla domanda di mediazione originale. 
Nessun abuso del processo è, pertanto, configurabile, con conseguente rigetto del primo motivo di gravame. 
Con il secondo motivo l'appellante censura la decisione del primo giudicante nella parte in cui essa stabilisce che dai documenti prodotti non risultavano determinati i tassi attivi e passivi applicati al rapporto né le loro modalità di applicazione, che non vi era adeguata prova che le condizioni richiamate dal contratto prodotto e ad esso allegate fossero quelle in vigore dal 7.11.1994 e dall'1.1.1995, né risultava che il documento contenente tali condizioni fosse stato sottoscritto da parte attrice relativamente all'indicazione dei tassi né da un soggetto legale rappresentante della società; inoltre, essendo stato il contratto stipulato in data ### avrebbero dovuto trovare applicazione le condizioni con decorrenza in data ###, le quali non dicevano nulla in merito all'interesse attivo e passivo derivante dal rapporto; la formula con riferimento a prime rate e top rate era assolutamente generica e non forniva indicazioni rispetto alla formula utilizzata in concreto per la determinazione del tasso.  ### la banca appellante, invece, le condizioni economiche allegate alla convenzione di conto corrente del 16 aprile 1996 farebbero esplicito riferimento al ### di ### (###, ossia il tasso con cui ### d'### concedeva prestiti agli ### di ### poi sostituito con il TUR (tasso ufficiale di riferimento) nel 2003, disponendo che la determinazione si realizzi attraverso una maggiorazione o riduzione di tale tasso. Il tasso, dunque, sarebbe determinato o comunque determinabile per relationem, ma il Tribunale non ne avrebbe tenuto conto, in violazione dell'art. 112 cpc. 
Il capo della sentenza impugnata sarebbe viziato anche per inesistenza della motivazione. Segnatamente sarebbe errata la parte della pronuncia in cui il giudice non avrebbe considerato provate le condizioni relative ai tassi, in quanto il documento originale relativo alle condizioni contrattuali, unico foglio fronte-retro, sarebbe stato sottoscritto dal sig. ### quale legale rappresentante di ### srl nella stessa data (16 aprile 1996) della sottoscrizione della convenzione di c/c; inoltre, in tale documento sarebbero riportate tre date a cui farebbero riferimento tre blocchi di condizioni (interessi attivi e passivi, commissioni di tenuta conto e valute, spese per operazione): dunque i tassi sarebbero stati correttamente determinati per relationem come ritenuto ammissibile dalla Suprema Corte. 
Il motivo è infondato. 
Nessuna omessa motivazione è, innanzitutto, configurabile avendo il giudice espressamente dato atto del perché ha ritenuto di non tenere conto della determinazione del tasso per relationem, affermando, con riferimento alla tesi difensiva della ### secondo cui le condizioni contrattuali relative ai tassi sarebbero state presenti nel contratto con richiamo a quelle in vigore dal 7.11.1994 e dall'1.1.1995 allegate al contratto di conto corrente, che di tale allegazione inscindibile al contratto non vi fosse adeguata prova in atti e che essendo stato il contratto stipulato in data ### avrebbero dovuto trovare applicazione le condizioni con decorrenza 1.1.1995 le quali tuttavia nulla dicevano in merito al tasso di interesse attivo e passivo applicabile al rapporto.  ### del tribunale risulta, peraltro, condivisibile. 
Ai sensi dell'art. 117, comma 4, ### i contratti devono indicare il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati ed in caso di inosservanza di tale disposizione si applica il tasso previsto al comma 7 del medesimo articolo. 
Il contratto di conto corrente n. 2980/70 del 16.04.1996 (cfr. doc. 3) prevedeva che esso sarebbe stato regolato “dalle condizioni economiche riportate nell'allegato prospetto, che forma parte integrante e sostanziale della lettera di cui sopra”. 
Sin dall'atto di citazione in giudizio ### che lo ha prodotto unitamente alla perizia di parte versata in atti, ha contestato che il doc. 3 bis ottenuto dalla banca a seguito dell'istanza ex art 119 TUB, costituisse il prospetto richiamato nel contratto di conto corrente o fosse comunque mai stato ad esso allegato, spettando quindi alla banca provare il contrario. 
Ritiene il Collegio, come già affermato dal Tribunale, che tale prova non sia stata fornita. 
Manca, infatti, nel contratto di conto corrente, qualsiasi indicazione che permetta di individuare quali sarebbero state le condizioni economiche applicabili e quale sarebbe stato il prospetto allegato, né vi è alcun riferimento alle condizioni economiche in quel momento vigenti o ai “### e condizioni in vigore dal 7/11/1994” e “dal 01/01/95”, né infine vi è il richiamo al doc. 3 bis riportante questi ultimi tassi. 
Parimenti, in quest'ultimo documento non vi è alcun riferimento alla società correntista e/o al c/c n. 2980 del quale esso, in tesi, avrebbe dovuto costituire il prospetto allegato. Non vi sono, inoltre, altri indizi che possano anche solo fare presumere che il suddetto documento coincidesse con l'”allegato prospetto” al contratto di conto corrente, come ad esempio la data corrispondente a quella di stipula del contratto di conto corrente (16.4.1996) o la numerazione progressiva delle pagine, non essendo datato nè numerato. 
Irrilevante è, infine, la circostanza, più volte richiamata dalla banca, che tale documento risulti sottoscritto, trattandosi di documento che è stato prodotto in giudizio in primis dalla stessa correntista che sin dall'inizio ha contestato trattarsi del documento richiamato dal contratto e la sua estraneità alla vicenda contrattuale e tenuto conto che la previsione dell'art. 214 cpc opera solo nel caso in cui il documento sottoscritto sia stato prodotto dalla controparte (cfr. in questo senso Cass. 1.12.2016 24539; Cass. 19.09.2022 n. 27362). 
Quanto, infine, al fatto che le condizioni contrattuali sarebbero state contenute negli estratti conto comunicati alla correntista è priva di rilievo non potendo tale comunicazione unilaterale sostituire la previsione contrattuale prevista a pena di nullità, e ciò rende irrilevante anche la mancanza di contestazione degli estratti conto da parte della correntista. 
Non vi è, dunque, prova, come già ritenuto dal primo giudice, che tale documento fosse allegato al contratto di c/c n. 2980 e ciò appare sufficiente a giustificare il rigetto della doglianza. 
Con il terzo motivo l'appellante si duole dell'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ritiene insussistente, fino alla data del 19.08.2010, una pattuizione adeguata delle commissioni di massimo scoperto, poiché la comunicazione resa in data ### non riportava le modalità di applicazione e calcolo di tale onere e non recava la sottoscrizione della società correntista. 
I parametri di riferimento al contrario sarebbero stati pattuiti nella predetta comunicazione: la commissione sarebbe stata determinata nel minimo (0,125%) e nel massimo (0,500%), così come sarebbero stati determinati i giorni valuta; gli interessi creditori sarebbero stati capitalizzati annualmente e quelli debitori trimestralmente. 
Il motivo è infondato. 
Dirimente appare la considerazione che nessun riferimento alla cms è contenuto nel contratto di conto corrente n. 2890/70 (ed invero neppure nel doc. 3 bis richiamato, infondatamente, dalla ### quale parte integrante di esso) con la conseguenza che la successiva comunicazione del 8.1.2008, non sottoscritta dalla correntista, anche ove ritenuta determinata, non potrebbe sanare la mancata previsione originaria in contratto. Non può, infatti, utilmente richiamarsi la clausola n. 16 del contratto di conto corrente che prevedeva la possibilità di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali tramite comunicazione semplice con lettera al correntista in quanto la successiva comunicazione delle condizioni contrattuali non può sanare e colmare la carenza originaria di qualsiasi previsione in ordine alla cms. 
La facoltà di variare il tasso di interesse, commissioni e spese spetta, infatti, all'istituto di credito solo allorchè esse siano state validamente pattuite all'atto del sorgere del rapporto ovvero, in seguito, tramite accordo sottoscritto da entrambe le parti, accordo nella specie carente sin dall'origine con riguardo alla cms. 
Il motivo va, quindi, respinto. 
Con il quarto motivo l'appellante si duole dell'erroneità della pronuncia relativa all'anatocismo, segnatamente nella parte in cui il primo giudicante non lo ritiene pattuito, neppure a seguito della delibera ### del febbraio 2000. 
Sostiene l'appellante che la ### avrebbe, al contrario, applicato la medesima periodicità di capitalizzazione degli interessi attivi e passivi già prima dell'entrata in vigore della delibera ### del 2000, come risulterebbe dagli scalari di giugno 1996, marzo 1997 e giugno 1997. Pertanto non sarebbe stato necessario, dopo la delibera del ### del 9.2.2000, un ulteriore consenso espresso del cliente, in quanto le condizioni applicate post-2000 non comportavano alcun peggioramento rispetto alle precedenti, fermo l'adempimento dell'onere di pubblicazione in ### e di comunicazione per iscritto alla clientela, regolarmente eseguito dalla ### Il motivo è destituito di fondamento.  ### ha allegato che dopo l'entrata in vigore della ### 9 febbraio 2000, ha provveduto ad adeguare la capitalizzazione degli interessi effettuando la pubblicazione delle nuove condizioni (capitalizzazione trimestrale sia per gli interessi passivi che per quelli attivi) nella ### e inviando alla società correntista la comunicazione delle modifiche nell'estratto conto, e di non avere, invece, stipulato un'apposita convenzione scritta, al pari di quella richiesta per la stipulazione dei contratti soggetti alla nuova disciplina, non sussistendo alcun peggioramento rispetto alle condizioni precedenti, stante l'applicazione di fatto della capitalizzazione trimestrale anche per gli interessi attivi. 
La tesi non può essere accolta. 
E', infatti, noto e consolidato il principio espresso dalla celebre sentenza della Corte di Cassazione del 16.3.1999 n. 2374 (e le successive n. 3096 e n. 3845) e successivamente ribadito dalle ### della Suprema Corte con sentenza n. 21095/2004 (nello stesso senso successivamente: Cass. SS.UU. n. 24418/2010; Cass. 17.08.2016 n. 17150; Cass. 14.3.2018 n. 6251) che ritiene illegittima la prassi dell'anatocismo bancario in quanto rispondente ad un mero uso negoziale e non normativo, vietato ai sensi dell'art. 1283 c.c., con conseguente nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi per il contrasto con il divieto di anatocismo sancito dall'art. 1283 c.c., e necessità di ricalcolare gli interessi a debito del correntista senza operare capitalizzazione alcuna; la SC ha successivamente affermato che l'art. 1283 cc osta anche ad una eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale e non può essere ipotizzato come esistente un uso, anche non normativo, di capitalizzazione con quella cadenza o comunque con applicazione di una capitalizzazione con periodicità più estesa di quella trimestrale (cfr.  SS.UU n. 24418/2010. Cfr. in senso conforme Cass. 3.9.2013 n. 20172 e Cass. 6.5.2015 n. 9127). 
Stante la illegittimità della previsione della capitalizzazione degli interessi per violazione del divieto di anatocismo previsto dall'art. 1283 cc a nulla rileva, pertanto, che la ### nonostante l'espressa previsione di cui all'art. 7 del contratto di conto corrente n. 2980/70, di capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e annuale per gli interessi attivi, abbia applicato di fatto la medesima periodicità anche per gli interessi attivi, ciò non valendo a sanare la nullità della clausola anatocistica. 
Tutte le questione sollevate dall'appellante in ordine alla allegazione degli estratti conto dal 1996 al 1998 alla domanda di mediazione e alla loro mancata produzione in giudizio da parte della società correntista, nonché alla illeggibilità degli scalari 1996/1998 prodotti dalla banca, come già anticipato in occasione dell'esame del primo motivo di gravame, rimangono dunque assorbite. 
E' noto altresì che successivamente alla pronuncia di incostituzionalità dell'art. 25, comma 3, D.Lgs. n. 342 del 1999, <<le clausole anatocistiche inserite in contratti di conto corrente conclusi prima dell'entrata in vigore della delibera ### 9 febbraio 2000 sono radicalmente nulle, con conseguente impraticabilità del giudizio di comparazione previsto dal comma 2 dell'art. 7 della delibera del ### teso a verificare se le nuove pattuizioni abbiano o meno comportato un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, sicché in tali contratti perché sia introdotta validamente una nuova clausola di capitalizzazione degli interessi, è necessaria una espressa pattuizione formulata nel rispetto dell'art. 2 della predetta delibera>> (Cass., n. 9140/2020; Cass., n. 29420- 2020)” (cfr Cass. 2.4.2024 n. 8639. Cfr anche Cass. 21 ottobre 2019, 26769, non massimata; Cass. 21 ottobre 2019, n. 26779, non massimata). 
Sull'interpretazione dell'art. 7, secondo comma, delibera ### 9 febbraio 2000, era, peraltro, sorto recentemente un contrasto all'interno della ### della Cassazione (cfr. ord 5054 e 5064 del 2024 e ord.  interlocutoria n.13167 del 14 maggio 2024), che è stato risolto dalla recentissima pronuncia della SC n. 28215 del 4.11.2024, la quale ha affermato come non vi siano ragioni per discostarsi dal consolidato precedente orientamento espresso dalla sentenza della SC n. 9140 del 2020 sopra riportato (e dalle successive ordinanze conformi) che ha <<escluso la possibilità per le banche di procedere all'adeguamento contrattuale mediante la pubblicazione nella ### e la comunicazione al correntista non già in ragione di una valutazione comparativa espressiva del carattere peggiorativo delle nuove condizioni rispetto a quelle precedenti, esito della nullità di queste ultima e, dunque, dell'assenza di una valida ed efficace pattuizione anatocistica, quanto in virtù della impraticabilità di una siffatta comparazione discendente proprio dalla mancanza di uno dei termini di raffronto a causa della nullità della relativa previsione negoziale>>. 
Alla luce del principio sopra esposto, gli adempimenti posti in essere dalla ### appellante (pubblicazione in GU e invio di comunicazione) non sono sufficienti per il periodo successivo al 2000, ad assicurare la legittimità degli addebiti a titolo di capitalizzazione degli interessi, a tal fine occorrendo un'apposita convenzione scritta, al pari di quella richiesta per la stipulazione dei contratti soggetti alla nuova disciplina, che le parti nella specie non hanno stipulato. 
Ne discende la illegittimità degli addebiti a titolo di capitalizzazione degli interessi a debito applicati dalla ### anche per il periodo successivo al 30 giugno 2000. 
Giustamente quindi il Tribunale, in ossequio agli orientamenti giurisprudenziali sopra riportati, ha epurato il conto corrente n. 2980/70 da ogni capitalizzazione per tutta la durata del rapporto. 
Con il quinto motivo l'appellante si duole dell'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui essa ha ritenuto che i pagamenti fossero tutti ripristinatori e non solutori e che, pertanto, l'eccezione di prescrizione fosse infondata. 
Al contrario, secondo la banca appellante, poichè l'atto di citazione era stato notificato in data ###, tutti gli addebiti eventualmente illegittimi effettuati in epoca anteriore al 4.6.2010 dovrebbero ritenersi inattaccabili per intervenuta prescrizione in quanto le rimesse annotate in epoca anteriore sarebbero state effettuate su conto scoperto e dovrebbero ritenersi solutorie; i documenti 4 e 4bis prodotti dalla ### infatti, non costituivano aperture di credito ma mere comunicazioni, per ammissione della cliente stessa, con eccezione dell'apertura di credito in data ### che corrispondeva a un negozio con tutti gli elementi necessari, inclusa la sottoscrizione. 
Ne discende la inattendibilità della consulenza tecnica che non ha rilevato rimesse solutorie (oltre ad avere ritenuto illeggibili solo gli estratti conto del 1996, 1997 e 1998 prodotti dalla banca) e la necessità di riconvocare il ctu al fine di effettuare nuovi conteggi che tengano conto della prescrizione. 
Il motivo è infondato. 
Il Tribunale ha fatto corretta applicazione dell'orientamento ormai consolidato della Suprema Corte secondo cui il correntista che agisca per la ripetizione delle somme a suo dire indebitamente corrisposte dalla banca e alla quale quest'ultima abbia eccepito la prescrizione del diritto alla ripetizione dell'indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, grava l'onere di dimostrare il carattere meramente ripristinatorio e non solutorio delle rimesse effettuate sul conto corrente e, ancor prima, l'onere di provare l'esistenza di un contratto di apertura di credito, che consenta di qualificare tutti o alcuni versamenti come meramente ripristinatori della disponibilità accordata (cfr. sul punto, tra le tante: Cass. ord n. 8035 del 26.3.2025; Cass. sent. sez. I n. 2660 del 30.01.2019; Cass. n. 27704 del 30.10.2018). A tal fine, peraltro, la SC ha ritenuto che il giudice possa valorizzare la prova della stipula di un contratto di apertura di credito ritualmente acquisita anche in difetto di specifica allegazione del correntista, in quanto la deduzione circa l'esistenza di un impedimento al decorso della prescrizione determinato dalla esistenza di un'apertura di credito costituisce una eccezione in senso lato e non in senso stretto ( Cass. 8053/25 cit; Cass. ord. n. 3127 del 6.12.2019). 
Ciò posto, l'orientamento di legittimità più recente, da cui non vi è ragione di discostarsi, ha affermato che ai fini della prova della natura ripristinatoria delle rimesse non può ritenersi insussistente una apertura di credito per il solo fatto che il correntista non abbia fornito la prova della stipulazione del contratto in forma scritta, in quanto la rilevazione del vizio di nullità per difetto del requisito di cui all'art. 117, comma primo, del d.lgs. n. 385 del 1993, non corrisponde all'interesse della correntista al quale resterebbe in tal modo precluso l'accoglimento della domanda di ripetizione imponendo di attribuire natura solutoria a tutti i versamenti effettuati sul conto corrente nel corso del rapporto. 
Non essendo dunque rilevabile d'ufficio la nullità, deve ritenersi che non sia preclusa alla società correntista la possibilità di fornire la prova della concessione dell'affidamento attraverso mezzi diversi dalla produzione del documento contrattuale con ogni mezzo, quali gli estratti conto o i riassunti scalari, attestanti il reiterato adempimento da parte della ### di ordini di pagamento impartiti dalla correntista, anche in assenza di provvista, le risultanze del libro fidi attestanti l'esistenza di una delibera di concessione di un finanziamento, la segnalazione alla ### dei ### della ### d'### la stabilità dell'esposizione, l'entità del saldo debitore, la previsione di una commissione di massimo scoperto, le voci quali “spese gestione fido” e “revisione fido”, nella misura in cui essi, anche in compresenza, possano essere considerati idonei a dimostrare, in via di presunzione, l'esistenza di un accordo tra le parti per l'utilizzazione da parte della correntista d'importi eccedenti la disponibilità esistente sul conto ed i limiti di tale utilizzazione (cfr. in tal senso Cass. 24.01.2024 4621; Cass. ord. 8035/25) . 
Nella specie tale prova, come giustamente ritenuto dal Tribunale, emerge dalle comunicazioni inviate dalla ### alla società correntista e prodotte sub all. 4bis, in cui si dà atto della richiesta di affidamento da parte di ### srl rivolta alla banca e in cui quest'ultima comunica che il competente ### ha concesso la linea di credito a valere sul c/c n. 2980, indicandone l'importo (euro 1.600.000,00 con comunicazione del 30.06.2000, reiterata con comunicazione del 27.02.2001; euro 826.000 per il fido di conto corrente generico ed euro 500.000,00 per MT fondiari con comunicazione del 9.7.2002; euro 1.200.000,00 fino a revoca con comunicazione in data ###). Da tali comunicazioni si ricava, inequivocabilmente, che il conto era affidato nonché i limiti dell'affidamento concesso. 
Nessuna critica specifica è stata mossa ai conteggi del ctu che, sulla base del corretto presupposto che il conto corrente era affidato, non ha rilevato rimesse solutorie ma solo ripristinatorie. Non può quindi essere accolta la richiesta di richiamo del ctu per procedere al riconteggio del saldo ritenendo il conto corrente non affidato. 
Il motivo va quindi respinto. 
Con il sesto motivo l'istituto di credito appellante si duole della decisione di primo grado di considerare ammissibile la domanda di accertamento della nullità delle clausole, nonostante il conto corrente risultasse ancora aperto.  ### proposta da ### srl sarebbe stata infatti sostanzialmente un'azione di condanna finalizzata al pagamento o alla restituzione di somme corrisposte indebitamente: l'azione di ripetizione dell'indebito, infatti, anche quando consequenziale a una previa azione di accertamento della nullità parziale del contratto, sarebbe comunque soggetta all'onere di allegazione e prova delle somme indebitamente versate; nel caso di specie l'unico pagamento rilevante sarebbe il versamento del saldo finale, a seguito della chiusura del conto. Dunque il correntista potrebbe sempre agire anche a conto aperto per l'accertamento della nullità parziale del contratto, ma qualora voglia agire per la ripetizione delle rimesse solutorie dovrebbe individuare i singoli versamenti aventi funzione solutoria. Nel caso di specie, la correntista non aveva, invece, individuato i singoli versamenti di cui ha domandato la restituzione. 
Pertanto, l'inammissibilità della domanda di ripetizione travolgerebbe anche la domanda di accertamento negativo, essendo la seconda strumentale alla prima.  ### di accertamento di un credito irripetibile sarebbe inoltre inammissibile per carenza di interesse ai sensi dell'art.100 cpc in quanto si tratterebbe di azione volta ad ottenere l'accertamento di un fatto e non di un diritto. 
Non sarebbe comunque provata, secondo l'appellante, la chiusura del conto in quanto ### srl non aveva provato la ricezione della raccomandata di recesso del 6.4.2020 non avendo mai prodotto la cartolina di ritorno; inoltre, pur essendo la lettera datata 6 aprile 2020, il tagliando delle poste riportava come data di spedizione quella di due giorni prima (4 aprile 2020); l'esito di spedizione recava ### quale indirizzo di consegna, quando la lettera doveva invece essere consegnata a ### la stessa società aveva versato sul conto un assegno per € 14.500,00 in data ### e aveva continuato a utilizzare la procedura di home banking, infine non poteva ravvisarsi abuso nella condotta della banca che aveva continuato ad addebitare sul conto corrente le rate del mutuo perché così era previsto in contratto. 
Quest'ultimo motivo va esaminato unitamente al primo motivo di appello incidentale proposto dalla società ### s.r.l., con cui la società appellata si duole dell'erronea statuizione del primo giudice in merito alla mancata chiusura del conto corrente, con conseguente inammissibilità della domanda di ripetizione, poiché la cartolina di ricevimento della raccomandata spedita in data ### non era stata prodotta, né poteva rilevare l'interrogazione al sito di ### che indicava una data di spedizione antecedente a quella riportata sulla lettera e non dava riscontro dell'avvenuta ricezione del plico, ferma la sussistenza di accrediti e addebiti sul conto anche in data successiva. 
Sostiene, infatti, la società che, ai sensi dell'art.7 ultimo paragrafo del contratto di conto corrente, era prevista la possibilità per il correntista di recedere dal contratto di conto corrente e dalla convenzione d'assegno, facendo addebitare le rate su altro conto, tramite semplice raccomandata, e non necessariamente raccomandata con ricevuta di ritorno. 
Ai sensi della corrente giurisprudenza, inoltre, la schermata del sito di ### avrebbe valore probatorio relativamente all'avvenuto invio della missiva, da cui conseguirebbe la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art 1335 cc, conoscenza mai smentita dall'### Quanto all'indicazione sulla missiva del luogo di “Martinengo” quale indirizzo di ricezione sarebbe dovuta solo al fatto che a ### ove si trova la sede ###vi sarebbe più un ufficio postale, dunque, l'invio sarebbe stato comunque evaso presso l'ufficio postale di #### srl aveva inoltre inviato una raccomandata di recesso ulteriore in data ### prodotta in allegato alla memoria di cui all'art.183 c.VI n.1, doc.32 in primo grado, anticipata da pec, per cui il conto sarebbe stato comunque da ritenersi chiuso a quella data e l'addebito delle rate sul conto corrente dopo tale data sarebbe stato comunque indebito e abusivo. Infine la ### stessa aveva prodotto una raccomandata datata 26.11.2020 in cui essa stessa recedeva dai contratti di conto corrente e d'assegno, oltre che dal mutuo (doc. 14 BCC). 
Il conto doveva quindi considerarsi chiuso almeno alla data del 20.10.2020, con conseguente ammissibilità della domanda di ripetizione del saldo allora pari a € 943.932,45, o al più tardi alla data del 27.11.2020, con saldo calcolabile solo una volta acquisiti gli estratti conto mancanti: tale acquisizione sarebbe possibile in quanto sarebbe già stata esperita la richiesta di cui all'art.119 TUB. 
Il motivo di appello incidentale è fondato nei limiti che si espongono, mentre è infondato il quinto motivo di appello principale. 
Ai sensi dell'art. 1422 cc <<l'azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione, salvi gli effetti dell'usucapione e della prescrizione dell'azione di ripetizione>>. E' pertanto soggetta a prescrizione l'azione di ripetizione dell'indebito (art.2033 cc), mentre quella di accertamento della nullità, totale o parziale, del contratto, o di singole clausole di esso, è da ritenersi imprescrittibile. 
Con ordinanza n. 21646 del 5.9.2018, la Suprema Corte, investita del ricorso avverso la pronuncia con cui il giudice del merito aveva affermato che il rigetto della domanda relativa all'indebito - ritenuta inammissibile a rapporto di conto corrente aperto - avrebbe travolto anche le domande presupposte aventi ad oggetto la richiesta di accertamento della nullità di clausole contrattuali e la rideterminazione del saldo, in quanto strumentali all'accoglimento della domanda di condanna, non potendo l'esame di tali domande ed il connesso interesse ad esse prescindere dalla richiesta restitutoria, ha affermato che “Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte distrettuale … il correntista, in una situazione quale quella in esame, contrassegnata dall'assenza di rimesse solutorie da lui eseguite, ha comunque un interesse di sicura consistenza a che si accerti, prima della chiusura del conto, la nullità o validità delle clausole anatocistiche, l'esistenza o meno di addebiti illegittimi operati in proprio danno e, da ultimo, l'entità del saldo ### ricalcolato, depurato delle appostazioni che non potevano aver luogo. Tale interesse rileva, sul piano pratico, almeno in tre direzioni: quella della esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime; quella del ripristino, da parte del correntista, di una maggiore estensione dell'affidamento a lui concesso, siccome eroso da addebiti contra legem; quella della riduzione dell'importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere a seguito della cessazione del rapporto (allorquando, cioè, dovranno regolarsi tra le parti le contrapposte partite di debito e credito). Sotto questi tre profili la domanda di accertamento di cui si dibatte prospetta, dunque, per il soggetto che la propone, un sicuro interesse, in quanto è volta al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile, che non può attingersi senza la pronuncia del giudice. Come lucidamente osservato dalle ### di questa Corte, il correntista, sin dal momento dell'annotazione in conto di una posta, avvedutosi dell'illegittimità dell'addebito in conto, ben può agire in giudizio per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell'addebito si basa e, di conseguenza, per ottenere una rettifica in suo favore delle risultanze del conto stesso: e potrà farlo, se al conto accede un'apertura di credito bancario, proprio allo scopo di recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti del fido concessogli”(Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418, in motivazione; nel medesimo senso, sempre in motivazione, Cass. 15 gennaio 2013, n. 798. In senso conforme, di recente, si è espressa Cass. 16602/2024, in motivazione). 
Correttamente, quindi, il primo giudice ha statuito sul merito delle domande di accertamento proposte, giacché l'acclarata l'insussistenza di rimesse solutorie non escludeva un interesse della correntista rispetto alle pronunce invocate. 
Ritiene, peraltro, il Collegio, qui discostandosi dalla sentenza impugnata, che il conto corrente 2980/70 fosse in realtà da ritenersi già chiuso prima della introduzione del giudizio o comunque nel corso dello stesso. 
Non si condivide, infatti, la conclusione del Tribunale secondo cui la società correntista non avrebbe fornito la prova di essere receduta dal rapporto di conto corrente con la lettera raccomandata datata 4 aprile 2020 non avendo prodotto la cartolina ricevimento della raccomandata. 
La Suprema Corte, con principio ormai consolidato, ritiene che <<la produzione in giudizio di un telegramma, o di una lettera raccomandata, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, costituisce prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la relativa ricevuta, dalla quale consegue la presunzione dell'arrivo dell'atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art. 1335 c.c., fondata sulle univoche e concludenti circostanze della suddetta spedizione e sull'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico>> (cfr. Cass. 10.01.2025 656; Sez. L. n. 24015, 12/10/2017, Rv. 646099; conf. Cass. nn. 511/2019, 17204/2016, 17417/2007, 8073/2002, 758/2006, 23920/2013). 
A questo principio non si è conformata la decisione qui gravata. 
Al fine di vincere la presunzione di ricezione della predetta raccomandata non appare dirimente la circostanza che la data riportata sulla lettera di recesso (6 aprile 2020) sia di due giorni successiva a quella riportata nella ricevuta di spedizione (4 aprile 2020), ben potendo tale discordanza ricondursi ad un mero errore materiale non avendo, del resto, la ### neppure allegato di avere ricevuto una diversa missiva da parte della correntista datata 4 aprile 2020 o con data immediatamente antecedente. 
Nulla dimostra poi il fatto che dalla interrogazione del sito ### (cfr. doc. 1 bis della correntista) risulti la indicazione, quale destinatario, dell'### di ### anziché di ### poiché lo stesso è avvenuto con riferimento sia alla successiva raccomandata del 19/20.11.2020 inviata dalla correntista (cfr. timbro dell'ufficio di ### apposto sull'avviso di ricevimento) con cui è stato notificato l'atto di precetto allegato dall'appellata sub 2 alla nota di deposito dell'11.10.2021 (doc. 1u), anch'essa consegnata dall'### postale di ### (come si evince dal timbro stampigliato), la cui consegna al destinatario è pacifica. 
Rileva, peraltro, la Corte che, anche a volere diversamente ritenere valorizzando, come fatto dal Tribunale, la successiva operatività della correntista sul conto rimasto aperto (a giustificazione della quale, in effetti, nulla di convincente ha dedotto la correntista), varrebbe comunque il recesso esercitato da ### con la successiva raccomandata A/R del 19.10.2020, consegnata alla banca il giorno successivo, come da avviso di ricevimento prodotto in atti sub doc. 1n, e la cui ricezione è peraltro confermata dalla stessa banca nella missiva di risposta del 26.11.2020. 
Quand'anche, infine, si volesse accogliere l'obiezione della ### in ordine alla necessità di regolare preventivamente il rapporto di mutuo concesso prima di potere procedere alla chiusura del conto corrente su cui venivano regolate le rate, giova sottolineare che la stessa ### con missiva inviata a mezzo PEC in data 26 novembre 2020, ha comunicato il recesso e la chiusura del conto corrente n. 2980 nonché la revoca e la decadenza dal beneficio del termine del mutuo fondiario in essere. 
Non vi è dubbio, dunque, che il conto corrente n. 2980 sia stato chiuso al più tardi nel corso del presente giudizio e ciò rende ammissibile la domanda di ripetizione dell'indebito sin dall'inizio regolarmente introdotta dalla correntista, essendo sufficiente che il conto sia chiuso al momento della decisione (cfr. in questo senso Cass. 15.6.2018 n. 15797 che a sua volta richiama Cass. 18.12.2014 n. 26769, secondo cui “è sufficiente che la condizione dell'azione sussista al tempo della decisione, poichè la sua sopravvenienza rende proponibile l'azione "ab origine", indipendentemente dal momento in cui si verifichi"). 
Con il secondo motivo d'appello incidentale ### srl lamenta l'omessa pronuncia del giudice di primo grado in merito alla nullità del mutuo, pur sussistendo i requisiti per una pronuncia d'ufficio e ferma la rinuncia alla domanda di nullità. Segnatamente il giudice avrebbe errato nel ritenere sussistente un difetto di allegazione in merito alla circostanza per cui il mutuo sarebbe stato immediatamente destinato a ripianare una situazione debitoria preesistente. 
Al contrario la società avrebbe allegato a pag.2 della citazione in primo grado la sussistenza di un saldo negativo sul conto corrente (dove poi sarebbe stato erogato il mutuo) per oltre un milione di euro. Sarebbe inoltre provato l'immediato impiego della somma per il ripianamento del debito della società in quanto il passivo del conto, successivamente alla data dell'erogazione, si era ridotto ad € 600.000,00, il che sarebbe evidenza dell'immediato impiego delle somme per il pagamento del preesistente debito. Tale situazione, poiché soggetta a rilievo d'ufficio, non incontrerebbe le preclusioni di allegazione imposte alle parti. 
Sussisterebbe inoltre un collegamento negoziale tra il mutuo e la modifica dell'apertura di credito: entrambi i negozi sarebbero stati stipulati con l'unico fine di ridurre l'entità del fido e corredare di garanzia ipotecaria l'esposizione, che sarebbe stata tuttavia in realtà inesistente, alla luce del ricalcolo effettuato dal consulente tecnico, in quanto l'effettivo saldo del conto in quel momento come accertato dalla consulenza tecnica sarebbe stato pari a € 900.000,00, ben superiore quindi all'ammontare del finanziamento; infine, in sede ###data 10 marzo 2015 la ### stessa aveva affermato che il mutuo era destinato alla riduzione dell'apertura di credito (doc. C- 006). Il relativo documento farebbe piena prova ex art.2735 cc quanto meno delle circostanze sfavorevoli all'istituto di credito, in ordine al collegamento tra mutuo e riduzione dell'apertura di credito; si rinverrebbe riscontro di tale collegamento anche nel doc.2 bis del fascicolo di parte, prodotto sin dalla comparsa di costituzione. Dunque il mutuo stesso non avrebbe avuto ragion d'essere, perchè non sarebbe stato necessario ridurre l'esposizione della ### allora insussistente. 
Si tratterebbe di questione distinta rispetto a quella relativa alla validità del mutuo solutorio, in quanto la sentenza di Cass. n.11055 del 27.4.2025 la riterrebbe questione separata e riservata al giudizio del giudice di merito. 
Il motivo è infondato. 
Anzitutto va escluso il vizio di omessa motivazione avendo, al contrario, il Tribunale espresso il motivo per cui ha ritenuto di non rilevare di ufficio la nullità del mutuo per cui è causa, affermando che la società attrice non aveva provato <<che la somma mutuata non era stata messa a sua disposizione dalla banca ma che era stata immediatamente destinata al ripianamento dei debiti sussistenti nei confronti della banca>> e si era invece limitata <<ad affermare che alla data di stipula del mutuo esisteva una propria esposizione debitoria verso la banca di oltre un milione di euro; analoga affermazione è stata svolta dal perito dell'attrice nella propria relazione>>.  ### questa Corte ritiene, peraltro, che non vi siano i presupposti per il rilievo d'ufficio della nullità del mutuo. 
Con sentenza del 5 marzo 2025 n. 5841 le ### sono, infatti, intervenute sulla questione relativa alla validità del mutuo cd. solutorio in quanto destinato a ripianare debiti pregressi, escludendone la nullità in quanto, in sintesi, con l'accredito delle somme sul conto corrente, anche con una mera operazione contabile, il contratto di mutuo è da intendersi perfettamente concluso e la disponibilità giuridica della somma effettivamente conseguita e ciò a prescindere dal successivo impiego delle somme; le ### hanno, inoltre, escluso che si tratti di “mutuo di scopo” o di pactum de non potendo in quanto lo spostamento di denaro costituisce il presupposto dell'operazione: l'accredito in conto corrente delle somme erogate non solo è sufficiente ad integrare la datio rei giuridica propria del mutuo, ma anzi proprio la possibilità di un loro impiego è condizione per estinguere il debito già esistente. Hanno quindi concluso che l'utilizzo concreto delle somme da parte del mutuatario risulta in definitiva giuridicamente irrilevante, e, quindi, inidoneo tanto ad inficiare la validità del contratto sotto il profilo della causa, quanto ad influire sul sinallagma contrattuale. 
Non vi sono, pertanto, i presupposti per il rilievo della nullità del mutuo per cui è causa sol perché la somma mutuata è stata destinata a ripianare la preesistente situazione debitoria o a ridurre l'affidamento di euro 1.200.000,00, concesso. 
Con il terzo motivo, subordinato al rigetto del secondo, ### srl lamenta la mancata rilevazione dell'avvenuta risoluzione del mutuo in virtù della diffida ad adempiere in data ###, nonché la mancata compensazione impropria delle somme dovute in forza del mutuo stesso con quelle riconosciute a credito della correntista. 
Sarebbero infatti applicabili i principi espressi in ### U, Sentenza 23225 del 2016, in materia di compensazione, anche se oggetto della domanda non sarebbe mai stata una domanda o un'eccezione di compensazione, ma la mera volontà di detrarre dal proprio credito quanto ancora dovuto in forza del mutuo, ove ritenuto valido.  ### poi a volere ritenere che la domanda avesse avuto ad oggetto una compensazione, ancorchè impropria, l'istituto sarebbe stato applicabile poiché sussisterebbero i requisiti di cui all'articolo 1243 cc: la negazione del credito non avrebbe fatto venir meno la certezza dello stesso, in quanto, come la CTU avrebbe dimostrato, le contestazioni di controparte erano manifestamente infondate e quindi inidonee a far venir meno tale requisito; il credito sarebbe inoltre liquido ed esigibile, in quanto il conto dovrebbe considerarsi al più tardi chiuso durante il giudizio di primo grado, date le plurime comunicazioni di recesso da parte di ### Non osterebbe all'operatività della compensazione la pendenza sub iudice del credito: esso sarebbe certo o quantomeno accertabile in questa sede, perché questo sarebbe il giudice competente all'accertamento (pag 39 citazione); esso sarebbe poi liquido e comunque esigibile perchè il conto sarebbe chiuso, e in ogni caso l'esigibilità non dipenderebbe dalla chiusura del conto ma dalla mera esigibilità delle somme. 
Tale esigibilità sussiste sia per il conto corrente sia per il mutuo, che il primo giudice avrebbe erroneamente ritenuto risolto già in data ###, per iniziativa della ### a causa dell'assenza di fondi sul conto corrente stesso su cui erano addebitate le rate. Ebbene, la risoluzione non sarebbe avvenuta allora in quanto il conto, epurato dagli addebiti illegittimi, sarebbe stato in positivo: sarebbe invece avvenuta successivamente, con pec in data ### inviata dalla società mutuataria (divenuta efficace 15 giorni dopo ai sensi e per gli effetti dell'art.1454 cc) a seguito dell'esito del giudizio di primo grado, quando la ### avrebbe mancato di dare riscontro alla richiesta ivi contenuta di ricevere l'accredito di quanto dovuto, detratto quanto spettante alla ### stessa in forza del mutuo. 
Il motivo va accolto nei limiti che seguono. 
Con lettera del 26.11.2000, trasmessa dalla ### via Pec e la cui ricezione da parte di ### non è stata contestata, l'istituto di credito ha risolto il contratto comunicando la revoca del mutuo fondiario per il mancato pagamento di n. 18 rate scadute e la decadenza dal beneficio del termine: il contratto di mutuo deve, pertanto, intendersi risolto a quella data per il non contestato mancato pagamento, a quella data, delle predette rate. ### dunque di qualsiasi rilievo è la successiva diffida ad adempiere ex art 1454 cc inviata da ### srl l'8.2.2022, essendo il contratto di mutuo già risolto. 
Non può, conseguentemente, essere accolta la richiesta della società correntista di compensare le sole rate già scadute alla data della chiusura del conto, continuando ad addebitare le rate scadute successivamente, non essendo il mutuo più in essere ed essendo la correntista decaduta dal beneficio del termine del mutuo. 
Dal saldo a credito della correntista come accertato dal c.t.u., pari ad euro 673.376,96, va dunque detratto il debito complessivo ancora dovuto a titolo di mutuo e pari ad euro 582.486,64 (di cui euro 548.782,26 per capitale ed il resto per interessi, già detratti gli interessi di mora, pari ad euro 2.157,01, cfr. lettera della banca del 26.11.2020), con conseguente condanna della banca appellata al pagamento della differenza.  ***** 
In conclusione, l'appello va respinto, mentre va accolto, nei limiti indicati, l'appello incidentale proposto da ### srl. 
Per l'effetto, la sentenza impugnata va parzialmente riformata in quanto: -va dichiarata ammissibile la domanda di ripetizione dell'indebito avanzata ab origine dalla società correntista stante l'intervenuta chiusura del conto corrente n. 2980 al più tardi il ###; -per l'effetto, la banca appellante va condannata al pagamento della somma di euro 90.890,32, oltre interessi ex art. 1284, quarto comma cc, dalla domanda giudiziale al saldo. Non è dovuta rivalutazione trattandosi di debito di valuta e non di valore e non avendo la correntista neppure allegato di avere subito un maggior danno ex art 1224 cc. 
Quanto alle spese occorre tener conto dell'esito complessivo del giudizio. 
Infatti <<In tema di spese processuali, l'accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un'unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall'art. 92, comma 2, c.p.c.>> (Cass. S.U. ###/2022). 
Ciò premesso, ritiene la Corte, valutato l'esito complessivo della lite, sussistere una parziale soccombenza di ### con riferimento alla usurarietà del mutuo, alla cui domanda la società correntista ha rinunciato solo all'esito ### della ctu. 
Si ritiene, pertanto, che vada disposta la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio nella misura di 1/5 mentre la residua parte va posta a carico della ### appellante e va liquidata come in dispositivo in conformità ai parametri medi di liquidazione di cui al D.M. n. 147/2022 dello scaglione di riferimento in base all'importo della domanda accolta (scaglione compreso tra € 52.000 ed € 260.000, nei limite del quale è stata peraltro contenuta la domanda), ad eccezione della fase istruttoria di secondo grado per la quale si applicano i parametri minimi in relazione all'attività effettivamente svolta.  P . Q . M . 
La Corte d'### di ### sezione prima civile, definitivamente pronunciando, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo n.243/22 pubblicata in data ###, appellata da ### di ### dell'### e del ### e, in via incidentale da ### srl: -in parziale accoglimento dell'appello incidentale dichiarata ammissibile la domanda di ripetizione dell'indebito avanzata da ### s.r.l. e, per l'effetto, condanna la banca appellante al pagamento in favore dell'appellata della somma di euro 90.890,32, oltre interessi ex art. 1284, quarto comma cc, dalla domanda giudiziale al saldo; -rigetta l'appello proposto da ### di ### dell'### e del ### -compensa nella misura di 1/5 le spese di entrambi i gradi del processo e condanna ### di ### dell'### e del ### al pagamento della residua parte in favore di ### srl, spese che nel complesso liquida: -per il giudizio di primo grado in euro 2.552,00 per la fase di studio, euro 1.628,00 per la fase introduttiva, euro 5.670,00 per la fase istruttoria ed euro 4.253,00 per la fase decisoria -per il presente grado in euro 2.977,00 per la fase di studio, euro 1.911,00 per la fase introduttiva, euro 2.163,00 per la fase istruttoria ed euro 5.103,00 per la fase decisoria oltre rimborso del contributo unificato ove corrisposto e delle spese forfettarie nella misura del 15%, Iva e cpa come per legge; -pone definitivamente le spese di ctu nella misura già liquidata in atti a carico di ### di ### dell'### e del ### Sussistono i presupposti, ai sensi dell'art 13 comma 1, quater del DPR 115/2002, del pagamento del doppio del contributo unificato a carico di ### di ### dell'### e del ### deciso in ### nella camera di consiglio del 15 ottobre 2025 ##### 

causa n. 368/2022 R.G. - Giudice/firmatari: Cesare Massetti, Pallini Alda, Laneri Annamaria

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Corte d'Appello di Ancona, Sentenza n. 340/2025 del 17-10-2025

... ### € 1.305,08 ed a ### di € 2.085,65, oltre a rivalutazione monetaria secondo gli indici I.S.T.A.T. e ad interessi legali dalle domande stragiudiziali (rispettivamente formalizzate in data I marzo 2024, 26 maggio 2023 7 marzo 2024 ed 11 maggio 2023) al saldo effettivo”. Avverso tale decisione ha proposto appello l'A.S.T. di ### sostenendo in primis: 1) che il regolamento aziendale adottato con la ### del ### dell'### 4 (ora AST di ### n. 700/### del 30/09/2019 aveva garantito ai dipendenti: a) il diritto di accedere alla mensa aziendale per tutti i turni pomeridiani svolti con inizio alle ore 14:00 e, quindi, in orario compatibile con l'orario di apertura del refettorio aziendale; b) il diritto comunque di usufruire della modalità alternativa della mensa “smart” al piano (attivata sin dal 02.07.2018) in relazione a tutti i turni pomeridiani e festivi; c) il diritto ad usufruire della modalità alternativa della mensa “smart” al piano per i turni serali e notturni dalle stesse svolti (a partire dal 17.11.2023); d) il diritto ad usufruire del c.d. “buono pasto sostitutivo” in relazione ai turni serali, notturni e festivi (eccedenti le 6 ore), nei quali la mensa aziendale (leggi tutto)...

testo integrale

Corte d'Appello di ##### N.33/2025 @-### - ### - ### 01 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Ancona, ### e ### composta dai seguenti magistrati: Dr. ### relatore Dr.ssa ###ssa ### nella camera di consiglio tenutasi in data 16 Ottobre 2025 secondo le modalità previste dall'art.127 ter c.p.c., lette le note scritte depositate dalle parti, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di secondo grado promossa con ricorso depositato in data ###, e vertente tra A.S.T. di ### (appellante-appellata incidentale) contro ##### e ### (appellate-appellanti incidentali), avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n°4/2025 emessa dal Tribunale di ### in funzione di giudice del lavoro, in data ###. 
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E ### Con la sentenza indicata in epigrafe è stato accolto il ricorso proposto dalle appellate in epigrafe indicate, in servizio presso la A.S.T. di ### quali operatrici socio-sanitarie ovvero quali collaboratrici sanitarie professionali occupate in servizi con turni quantomeno di sei ore, teso ad ottenere la condanna della medesima ### alla erogazione in loro favore dei buoni pasti sostitutivi del servizio di mensa, anche nei casi in cui l'articolazione dell'orario non ricomprendesse la fascia oraria in cui il servizio mensa era attivo (dalle 13,30 alle 14,30) ed a prescindere dalla circostanza che i predetti dipendenti avessero fatto una espressa domanda a riguardo. Più in dettaglio, il Tribunale ha accertato “il diritto di ##### e ### alla consegna del buono pasto nelle giornate lavorative di durata almeno pari a sei ore rispettivamente per complessivi seicentonovantatre turni, milletrecentotrentanove turni, trecentosedici turni e cinquecentocinque turni, previa disapplicazione della determina n. 700/2019” ed ha condannato la A.S.T. di ### al risarcimento del danno, “mediante corresponsione a ### di € 2.862,09, a ### di € 5.530,07, a ### € 1.305,08 ed a ### di € 2.085,65, oltre a rivalutazione monetaria secondo gli indici I.S.T.A.T. e ad interessi legali dalle domande stragiudiziali (rispettivamente formalizzate in data I marzo 2024, 26 maggio 2023 7 marzo 2024 ed 11 maggio 2023) al saldo effettivo”. 
Avverso tale decisione ha proposto appello l'A.S.T. di ### sostenendo in primis: 1) che il regolamento aziendale adottato con la ### del ### dell'### 4 (ora AST di ### n. 700/### del 30/09/2019 aveva garantito ai dipendenti: a) il diritto di accedere alla mensa aziendale per tutti i turni pomeridiani svolti con inizio alle ore 14:00 e, quindi, in orario compatibile con l'orario di apertura del refettorio aziendale; b) il diritto comunque di usufruire della modalità alternativa della mensa “smart” al piano (attivata sin dal 02.07.2018) in relazione a tutti i turni pomeridiani e festivi; c) il diritto ad usufruire della modalità alternativa della mensa “smart” al piano per i turni serali e notturni dalle stesse svolti (a partire dal 17.11.2023); d) il diritto ad usufruire del c.d.  “buono pasto sostitutivo” in relazione ai turni serali, notturni e festivi (eccedenti le 6 ore), nei quali la mensa aziendale era chiusa e non era attivabile la modalità alternativa della mensa “smart” al piano. 
Ha altresì censurato la sentenza impugnata: 2) nella parte in cui ha disapplicato il regolamento aziendale adottato dall'azienda sanitaria appellante, in quanto conforme alla normazione primaria e, specificatamente, al d.lgs. n. 66/2003; 3) nella parte in cui ha ritenuto sussistente un inadempimento contrattuale, condannando così la A.S.T. di ### al risarcimento del danno per mancata fruizione del servizio mensa; 4) nella parte in cui ha sostanzialmente disposto la “monetizzazione” del buono pasto, procedendo alla quantificazione del danno in misura pari al controvalore del buono stesso; 5) nella parte in cui ha disatteso l'eccezione di prescrizione quinquennale nei confronti di ### e ### Ha quindi concluso chiedendo, in accoglimento dell'appello, il rigetto della domanda ex adverso proposta, in quanto inammissibile ed infondata in fatto ed in diritto. In subordine, ha chiesto rigettarsi l'avversa domanda “nella parte in cui viene richiesto dalle stesse un riconoscimento del diritto vantato in termini di equivalente monetario sotto forma di risarcimento del danno e/o quant'altro, in quanto comunque non dovuto e/o perché non dimostrato”. In via ulteriormente subordinata, ha chiesto rideterminarsi le somme eventualmente dovute a ciascuna delle ricorrenti, anche in funzione degli effettivi turni lavorati. Con il favore delle spese di lite. 
Le appellate si sono costituite in giudizio ed hanno resistito all'appello, del quale hanno chiesto il rigetto, assumendone l'infondatezza in fatto ed in diritto, con riguardo a ciascuno dei motivi di gravame. 
Hanno altresì proposto appello incidentale condizionato censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto la disapplicazione del regolamento interno di cui alla determina n. 700/2019¸ e non anche del precedente regolamento di cui determina n.1029/2000. Hanno quindi concluso come segue: “rigettare l'appello proposto dall'AST di ### in quanto infondato in fatto e diritto e per l'effetto, confermare integralmente la sentenza 04/2025 emessa dal Tribunale di ### in data ### previa, ove occorra, integrazione della motivazione con l'esplicita disapplicazione anche della ### n. 1029/2000. In via di appello incidentale condizionato: nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento, anche parziale, dell'appello principale fondato sul vizio di motivazione della sentenza di primo grado, riformare la stessa dichiarando espressamente la disapplicazione anche della ### n.1029/2000, oltre a quella successiva n. 700/2019, e, per l'effetto, confermare la condanna dell'A.S.T. di ### per l'intero periodo oggetto di causa, come liquidato in primo grado. In ogni caso condannare parte avversa alle spese e competenze di causa del presente giudizio oltre al rimborso forfettario ed agli accessori di legge dichiarandosi il difensore antistatario”.  ### principale è fondato. 
Va premesso che, per consolidata giurisprudenza, “il diritto alla fruizione del buono pasto non ha natura retributiva ma costituisce una erogazione di carattere assistenziale, collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, avente il fine di conciliare le esigenze di servizio con le esigenze quotidiane del lavoratore; proprio per la suindicata natura il diritto al buono pasto è strettamente collegato alle disposizioni della contrattazione collettiva che lo prevedono” (Cass.Civ., lav., sez. lav. , 31/07/2024 , n. 21440). 
E' quindi necessario tracciare la cornice di riferimento normativo che interessa la fattispecie de qua, concernente la fornitura del servizio di mensa e la corresponsione dei buoni pasto sostitutivi. 
Il diritto alla mensa per i dipendenti del comparto sanità è regolamentato dall'art.29 del C.C.N.L.  20.09.2001, integrativo del C.C.N.L. 07.04.1999, come modificato dall'art.4 del C.C.N.L. del 31.07.2009, a norma del quale “le aziende, in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, possono istituire mense di servizio o, in alternativa, garantire l'esercizio del diritto di mensa con modalità sostitutive. In ogni caso l'organizzazione e la gestione dei suddetti servizi, rientrano nell'autonomia gestionale delle aziende, mentre resta ferma la competenza del ### nella definizione delle regole in merito alla fruibilità e all'esercizio del diritto di mensa da parte dei lavoratori. Hanno diritto alla mensa tutti i dipendenti, ivi compresi quelli che prestano la propria attività in posizione di comando, nei giorni di effettiva presenza al lavoro, in relazione alla particolare organizzazione dell'orario. Il pasto va consumato al di fuori dell'orario di lavoro. Il tempo impiegato per il consumo del pasto è rilevato con i normali mezzi di controllo dell'orario e non deve essere superiore a 30 minuti. ###, sulla base di rilevazioni relative al costo della vita nei diversi ambiti regionali e al contesto sociosanitario di riferimento, possono fornire alle aziende indicazioni in merito alla valorizzazione - nel quadro delle risorse disponibili - dei servizi di mensa nel rispetto della partecipazione economica del dipendente finora prevista. Nel caso di erogazione dell'esercizio del diritto di mensa con modalità sostitutive, queste ultime non possono comunque avere un valore economico inferiore a quello in atto ed il dipendente e tenuto a contribuire nella misura di un quinto del costo unitario del pasto. Il pasto non è monetizzabile”. 
Così esposte le previsioni contrattuali, la questione di causa consiste nello stabilire quale sia la "particolare articolazione dell'orario" che, ai sensi del comma 2 del richiamato articolo 29 C.C.N.L.  integrativo ### attribuisce il diritto alla mensa ai dipendenti presenti in servizio, muovendo dall'ineludibile presupposto che il pasto va consumato al di fuori dell'ordinario orario di lavoro, e quindi nell'ambito di un intervallo non lavorato. 
Orbene, l'art. 8 del D.Lgs. n. 66 del 2003 attribuisce un diritto alla pausa al lavoratore, “qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore”, “ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo”, con modalità e durata stabilite dai contratti collettivi di lavoro. 
Attualmente, la disciplina di questo diritto, per il comparto sanità, è contenuta nel ### 2016-2018, in cui si stabilisce che: “### la prestazione di lavoro giornaliera ecceda le sei ore, il personale, purché non in turno, ha diritto a beneficiare di una pausa di almeno 30 minuti al fine del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto, secondo la disciplina di cui all'art. 29 del ### integrativo del 20/9/2001 e all'art.4 del ### del 31/7/2009”. ###. 4 della direttiva europea 2003/88 disciplina espressamente la nozione di pausa, obbligando gli ### membri ad assumere le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici, qualora l'orario di lavoro giornaliero superi le 6 ore, di una pausa le cui modalità e, in particolare, la cui durata e condizioni di concessione sono fissate da contratti collettivi o accordi conclusi tra le parti sociali o, in loro assenza, dalla legislazione nazionale. 
Le normative interne ed eurounitarie, pertanto, riconoscono il diritto al servizio mensa (o al buono pasto sostitutivo) per tutti i dipendenti che prestino attività lavorativa per più di sei ore nello stesso giorno, senza che assuma rilievo né la fascia oraria in cui è collocato il turno lavorativo, né la circostanza che si tratti o meno di personale turnista. Eventuali deroghe a tale principio generale sono consentite dalla legge “soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata” (v. art.17, quarto comma, D.Lgs. n.66/2003). In definitiva, ciò che rileva è principalmente che il turno ecceda quotidianamente il limite delle sei ore, dovendo in tal caso essere necessariamente prevista la fruizione da parte del lavoratore di una pausa mensa, tesa a garantire il reintegro delle energie psicofisiche spese nel lavoro, propedeutico a far sì che il dipendente possa poi proseguire nella sua prestazione in condizioni di sostanziale benessere. 
Ciò premesso, la Suprema Corte, chiamata ad interpretare cosa si intenda per «particolare articolazione dell'orario» (che, ai sensi del comma 2 del richiamato articolo 29 C.C.N.L. ### attribuisce il diritto alla mensa ai dipendenti presenti in servizio” atteso il silenzio sul punto dell'articolo 26 del ### 1998/2001, del 7.4.1999, sull'orario di lavoro), ha chiarito che “un chiaro indice interpretativo si trae, comunque, dalla disposizione del comma 3 del medesimo articolo 29 ### 20.9.2001, a tenore del quale il pasto va consumato al di fuori dell'orario di lavoro ed il tempo a tal fine impiegato è rilevato con i normali strumenti di controllo dell'orario e non deve essere superiore a 30 minuti”. Da tale norma, dunque, secondo la Corte, si ricava che “la fruizione del pasto — ed il connesso diritto alla mensa o al buono pasto — è prevista nell'ambito di un intervallo non lavorato; diversamente, non potrebbe esercitarsi alcun controllo sulla sua durata. Si può dunque convenire sul fatto che la «particolare articolazione dell'orario di lavoro» è quella collegata alla fruizione di un intervallo di lavoro”. 
Leggendo le norme contrattuali in combinato disposto con l'art.8 del D.Lgs. n.66/2003 (a tenore del quale il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto), ritiene la Corte che le "particolari condizioni di lavoro" di cui all'art. 29 del c.c.n.i. del comparto ### del 20 settembre 2001, vanno collegate al diritto alla fruizione della pausa di lavoro, a prescindere che la stessa avvenga in fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto o che il pasto possa essere consumato prima dell'inizio del turno. 
Affermati tali principi di fondo, occorre, tuttavia, avere riguardo alla situazione peculiare della A.S.T.  di ### che ha espressamente disciplinato la materia con propri regolamenti interni, così come consentito dalla contrattazione collettiva nazionale.
In particolare, avendo la ### imposto con delibera dell'aprile 1992 l'obbligo della predisposizione del servizio mensa, con deliberazione del ### della ex ### n. 11 di ### n. 1029 del 5.10.2000, è stato adottato un primo ### aziendale, rimasto in vigore fino al 30.09.2019, il cui art.3 prevedeva, in riferimento al servizio mensa: “(### fatti salve particolari esigenze determinate da condizioni di emergenza non programmabili (delle quali il beneficiario dovrà comunque fornire adeguata documentazione) la fruizione è consentita all'interno della fascia oraria 12.30 - 14.30, prima - ovvero al termine del proprio turno di lavoro. Il tempo mensa dovrà necessariamente risultare dal cartellino marcatempo intendendosi con ciò il divieto assoluto di accedere al servizio in costanza di timbratura: nel caso di accesso prima dell'orario di servizio, il dipendente potrà marcare solamente dopo aver consumato il pasto; nel caso di accesso dopo detto orario, il dipendente sarà tenuto a contro-marcare prima della consumazione”. Per il personale dei presidi di #### a ##### e #### invece, veniva previsto un servizio mensa sostitutivo tramite convenzioni con ristoratori e consegna dei buoni pasto, da fruire sempre nell'ambito della fascia oraria di cui sopra. 
Con la determina n. 700/### del 30.09.2019 è entrato in vigore l'attuale ### che, di fatto, non ha innovato in merito a questa organizzazione prevedendo, tra l'altro, all'art.2, che possa accedere alla mensa sita nel presidio ospedaliero “Murri” di ### previo acquisto dei buoni ex art.10 Reg., “il personale dipendente o con rapporto assimilato al lavoro dipendente avente sede di lavoro presso il presidio ospedaliero A. Murri di ### (o immediatamente limitrofa, come il poliambulatorio), a tempo indeterminato e determinato, a tempo pieno o part-time nonché il personale di altre aziende del ### debitamente autorizzato, che si trovi a prestare la propria attività istituzionale presso la struttura ospedaliera A. Murri,.. nelle giornate in cui l'orario di lavoro inizi o termini nella fascia oraria 13:30 - 14:30” e, comunque, “il cui orario di lavoro nella giornata di fruizione del servizio mensa risulti non inferiore a sei ore consecutive oppure nel caso di lavoro giornaliero spezzato di complessive 6 ore”. 
Ciò posto, quanto al pasto relativo al turno pomeridiano, da quanto emerge dal regolamento aziendale, alle appellate è riservata la possibilità di fruire della mensa, potendo accedervi o prima dell'inizio del turno oppure usufruendo della pausa appena timbrata l'entrata (non essendo in tale causa in contestazione la possibilità di fruire della pausa, quanto, invece della mensa). All'interno di un medesimo turno la contrattazione collettiva, infatti, garantisce l'erogazione di un solo pasto che non necessariamente deve coincidere con fasce orarie normalmente destinate alla consumazione del pasto, come affermato dalla Cassazione, e, dunque, non necessariamente con la cena, sicché con la garanzia del pranzo, ovvero di un pasto, l'azienda non può dirsi inadempiente.
Per quanto concerne, invece, il turno notturno, non essendo possibile servirsi della mensa aziendale, in quanto chiusa, avrebbe dovuto essere garantito il buono pasto sostitutivo, trattandosi di turno eccedente le sei ore. 
Tale diritto, in realtà, non è contestato da parte datoriale, che riconosce il diritto delle lavoratrici ad usufruire del buono pasto sostitutivo per il turno notturno. 
Se è pacifico tra le parti che alle appellate va riconosciuto il diritto alla consegna del buono pasto sostitutivo allorquando, come avviene per il turno notturno, sarebbero impossibilitate a fruire della mensa, il ricorso si presenta carente quanto alle allegazioni che, nel concreto atteggiarsi del rapporto, in quali giorni e per quali specifiche ragioni le appellate si sono trovate nella concreta impossibilità di servirsi sia della mensa aziendale, sia del servizio di mensa “smart”. In altri termini, le allegazioni attoree non avrebbero dovuto arrestarsi all'affermazione del diritto alla erogazione dei buoni pasto (che la A.S.T.  di ### in linea generale, non nega), ma avrebbero dovuto estendersi anche alla dimostrazione della impossibilità di fruire della mensa aziendale o della mensa “smart”, con specifica indicazione dei periodi e delle motivazioni per cui tale situazione si è in concreto verificata. 
A ciò si aggiunga che manca altresì la prova che le stesse abbiano provveduto ad inoltrare all'azienda la prescritta richiesta dei buoni pasto, secondo la procedura prevista dal regolamento interno (v. Art. 10 - “Pagamenti e buoni pasto: Il pagamento delle tariffe previste avviene presso le ###. La ricevuta di pagamento deve essere esibita presso la cassa economale per il ricevimento dei buoni pasto, che saranno identificabili mediante un diverso colore e dicitura a seconda del regime tariffario. Possono essere acquistati un numero di buoni pasto corrispondenti all'autorizzazione ricevuta. Gli aventi diritto possono acquistare un numero massimo di n°20 buoni pasto ogni volta, di norma una volta al mese”) e che tale richiesta sia stata respinta. In tal senso, infatti, non appaiono sufficienti le lettere di diffida prodotte in atti, non trattandosi di prova equipollente al diniego del buono pasto a seguito dell'osservanza della procedura di acquisto prevista dal regolamento interno. In quest'ordine di concetti, non risulta quindi dimostrato alcun comportamento inadempiente della A.S.T. di ### con la conseguenza che la domanda di risarcimento del danno delle odierne appellate non può essere accolta. 
Né, tanto meno, può riconoscersi alle lavoratrici il controvalore monetario dei buoni pasto per i giorni di svolgimento del turno notturno o festivo, a ciò ostando l'espresso divieto di monetizzazione degli stessi. 
Alla luce delle considerazioni che precedono, in accoglimento dell'appello principale ed in riforma della gravata sentenza, la domanda di ##### e ### non può che essere respinta. 
Le conclusioni raggiunte comportano, quale logico corollario, l'assorbimento dell'appello incidentale.  In applicazione del principio stabilito dall'art. 92, 2° comma, c.p.c., considerato che ricorrono gravi ed eccezionali ragioni di ordine equitativo, attesa la natura della controversia e delle parti, nonché tenuto conto della novità ed obiettiva controvertibilità delle questioni trattate, le spese di lite di entrambi i gradi del giudizio possono essere interamente compensate tra le parti.  P.Q.M.  La Corte di Appello di Ancona, ### e ### definitivamente pronunciando sull'appello proposto avverso la sentenza n°4/2025 emessa dal Tribunale di ### in funzione di giudice del lavoro, in data ###, contrariis reiectis, così decide: - accoglie l'appello principale e, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso originariamente proposto da ##### e ### - dichiara assorbito l'appello incidentale; - compensa integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio. 
Così deciso nella camera di consiglio tenutasi in data 16 Ottobre 2025.   ### est.   ### (### sottoscritto digitalmente)

causa n. 33/2025 R.G. - Giudice/firmatari: Luigi Santini

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Tribunale di Napoli, Sentenza n. 7148/2025 del 05-12-2025

... pari al maggior valore tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria oltre ad interessi al tasso di cui all'art.1284 cc per il periodo successivo al deposito del ricorso, con vittoria di compensi, spese, rimborso C.U., forfait 15%, CPA ed IVA. “ Ritualmente instauratosi il contraddittorio si costituiva in giudizio la ### evidenziando che nel corpo del ricorso era stata erroneamente indicato l'importo mensile a titolo di ### dapprima individuato in euro 47,57 e poi nel conteggio in euro 43,57 . Sosteneva l'insussistenza dell'obbligo di restituzione delle trattenute previdenziali per le quote a carico del lavoratore e concludeva per il rigetto della domanda con vittoria delle spese di lite. All'udienza del 09.10.2025 ritenuta la causa matura per la decisione, senza necessità di ulteriore attività istruttoria il GL decideva la causa mediante dispositivo le cui motivazioni di seguito si illustrano . Il ricorso è fondato e va accolto . La parte ricorrente ha chiesto la condanna della ### al pagamento in suo favore della somma di € 2531,09 a titolo di differenze retributive maturate nel periodo dal gennaio 2018 al 30.4.2024 (data del deposito del ricorso) per adeguamento ### (leggi tutto)...

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di ### 1 sezione Il Tribunale di Napoli### , nella persona del giudice designato Dott.ssa ### all'udienza di discussione del 09.10.2025 ha pronunciato mediante dispositivo la seguente SENTENZA nella causa di lavoro di I grado iscritta al N. 10122/2024 R.G. promossa da #### rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dagli avv.ti #### e ### giusta procura alle liti in atti Ricorrente contro ### , in persona del Presidente p.t., rappresenta e difesa dall'avv.to ### in virtù di procura alle liti in atti Resistente OGGETTO: differenze retributive ### E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data ### la parte ricorrente premetteva: di essere dipendente nel ruolo della ### della ### che ai sensi della L. 219/1981, per la attuazione dei piani di ricostruzione edilizia conseguenti a calamità naturali verificatesi nella ### veniva nominato, quale ### di Governo, il Presidente della ### che procedeva alla determinazione della struttura operativa degli ### del ### in conseguenza di quanto innanzi, il ricorrente veniva assunto, dal detto ### con contratto di lavoro a tempo determinato, al fine di espletare l'attività lavorativa richiesta; che tale detto contratto di lavoro subiva ulteriori proroghe; che nelle more interveniva la L.28/12/86 n.730, recante disposizioni in materia di calamità maturali; la legge all'art.12 prevedeva per il personale utilizzato nell'ambito del programma straordinario di cui innanzi, l'immissione nei ruoli speciali istituendi dalla ### e dagli altri ### interessati, previo espletamento di concorso riservato, all'uopo bandito; che le modalità di attuazione di tale concorso erano demandate al Ministero per il ### della ###, il quale, con apposite ordinanze (nn.839/86, 900/79), fissava i criteri per lo svolgimento delle prove concorsuali, cui si sarebbero dovuti attenere gli ### subentranti; che con le deliberazioni nn.3058/87 e 7279/87 la ### della ### disponeva la equiparazione tra le qualifiche dell'ordinamento statale e quelli dell'ordinamento regionale, secondo i criteri previsti nell'ordinanza n.839/86 sopra menzionata ed in riferimento alla legge del luglio 1980 n. 312 richiamata all'art.9 dell'ordinanza stessa; che successivamente la ### recependo l'ultima ordinanza del Ministero della ### n.1672 del 22 marzo 1989, modificativa dell'art. 9 dell'ordinanza 839/86, istituiva, con apposita legge ### n.4 del 06/03/90, il ruolo speciale ad esaurimento del personale de quo, estendendo , a questo, il trattamento giuridico ed economico di cui alla legge regionale 16/11/89 n.23, e quindi prevedendo l'attribuzione delle medesime qualifiche in essere per i dipendenti della giunta regionale, che con deliberazione n.1905del18/3/1997, la ### al fine di dare puntuale attuazione alle direttive di cui alla ordinanza ministeriale n.1672/1989, di cui innanzi, disponeva il reinquadramento, del ricorrente e di tutti coloro che versavano nelle medesime situazioni, corrispondente alle mansioni svolte alla data di inquadramento con riconoscimento della anzianità a far tempo dalla data iniziale di utilizzo del personale interessato, nell'ambito della convenzione di cui sopra al n.2, con la ricostruzione della carriera mediante l'applicazione del disposto di cuiall'art.37 dellaL.27/1984, che con successiva deliberazione n.9123 del 28/12/1998, la G.R., in riferimento al ricorrente e, comunque, come in precedenza già evidenziato, a tutti coloro che versavano in analoghe condizioni, in quanto immessi nel ruolo in virtù della L.R.8/1990, prevedeva il reinquadramento nella qualifica funzionale corrispondente alle mansioni espletate nell'ambito della medesima convenzione di cui sopra; che con atto n.5283 del 6/8/1998 la G.R., in applicazione del disposto di cui all'art.12 comma 4 della L.730/1986, aveva deliberato di riconoscere al personale di cui innanzi, ai soli fini del trattamento economico, l'anzianità “economica” dei periodi di servizio precedentemente prestati nell'ambito della convenzione, con l'attribuzione del “riequilibrio dell'anzianità pregressa” (scatti di anzianità) ex art.37 della L.R. 27/1984 e del salario di anzianità previsto dall'art.30 della L.R. 27/1984,art.33 dellaL.R.12/1991. Aggiungeva: che la ### solo con deliberazione G.R.  n.1363 del 28/8/2008 disponeva l'applicazione di quanto previsto dall'art.19, comma 2, della L.R. n.1/2007 promulgata a distanza di 17 anni dal primo inquadramento, con il riconoscimento, del periodo di servizio prestato dai soggetti interessati nell'ambito della convenzione più volte richiamata, antecedentemente alla immissione nei ruoli speciali regionali, istituendo una ### che stabilisse i criteri generali per l'applicazione della normativa, procedendo alla verifica dei requisiti per l'accesso al beneficio, esaminando le singole posizioni ed individuando i periodi di servizio suscettibili di valorizzazione, il livello funzionale di inquadramento e la decorrenza; che all'esito dei lavori svolti dalla ### con deliberan.840 del 30/12/2011 la G.R. prendeva atto delle risultanze e demandava al ### l'adozione dei conseguenziali provvedimenti relativi al riconoscimento di cui innanzi (anzianità e livello funzionale); che il ricorrente, quindi, a conclusione dell'iter fin qui descritto, era pertanto, destinatario di ulteriore decreto individuale di reinquadramento, con il quale gli veniva riconosciuta la posizione giuridica dal 23/06/1983; che tuttavia la ### violava il disposto di cui all'art.12 comma 4 della L.730/1986,non avendo riconosciuto al ricorrente la giusta retribuzione in relazione alla anzianità di servizio riconosciuta con riferimento alla data di inizio della prestazione dell'attività in favore dell'Ente, come certificata proprio dall'ultimo decreto di reinquadramento; che pertanto, con ricorso depositato il ###, il ricorrente adiva il Tribunale di Napoli chiedendo al condanna della ### al pagamento della somma di € 11.350,14 maturata fino al 31.12.2027 per le causali di cui innanzi; che con sentenza n°3297/19 del 3/06/2019 la domanda veniva accolta parzialmente per € 1.649,40 oltre accessori, stante l'intervenuta prescrizione per il credito residuo; che a seguito di impugnazione, con la sentenza n.2047/23 la Corte d'Appello di Napoli sezione ### rigettava l'appello confermando la decisione di primo grado e dichiarando improcedibile l'appello incidentale promosso ### che nonostante la pronuncia intervenuta, la ### non ha proceduto ad adeguare l'importo della retribuzione di anzianità a quanto spettante ad esso ricorrente e confermato nella decisione resa dal Tribunale; che in partcolare il ricorrente avrebbe avuto diritto ad un emolumento commisurato alla anzianità pari ad € 47,57 mensili, percependo, per converso, € 12,45, mensili (€ 149,40 rapportato a 12 mensilità, come da fogli paga); che l'ammontare delle differenze maturate è definito, nel modo seguente: € 43,57-€ 12,45= € 31,12 x mesi 75 dall'1/01/2018 + 6 mens.per 13°+4/12 della 13° anno 2024= € 2531,09; che nel febbraio 2021 la convenuta, inoltre, ha provveduto, in esecuzione della decisione di primo gardo al pagamento delle somme di € 1649,40 per sorta ed € 19,43 per interessi, operando ritenute previdenziali per € 145,97. 
Tutto ciò premesso chiedeva di “condannare la ### in persona della G.R. pt al pagamento, in favore della ricorrente, della somma di € 2531,09, oltre alle somme maturande nel corso del giudizio, nonché alla restituzione di € 145,97 per indebite trattenute previdenziali, oltre accessori da definirsi, ai sensi della L. 412/91, art.16, in misura pari al maggior valore tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria oltre ad interessi al tasso di cui all'art.1284 cc per il periodo successivo al deposito del ricorso, con vittoria di compensi, spese, rimborso C.U., forfait 15%, CPA ed IVA. “ Ritualmente instauratosi il contraddittorio si costituiva in giudizio la ### evidenziando che nel corpo del ricorso era stata erroneamente indicato l'importo mensile a titolo di ### dapprima individuato in euro 47,57 e poi nel conteggio in euro 43,57 . Sosteneva l'insussistenza dell'obbligo di restituzione delle trattenute previdenziali per le quote a carico del lavoratore e concludeva per il rigetto della domanda con vittoria delle spese di lite. 
All'udienza del 09.10.2025 ritenuta la causa matura per la decisione, senza necessità di ulteriore attività istruttoria il GL decideva la causa mediante dispositivo le cui motivazioni di seguito si illustrano . 
Il ricorso è fondato e va accolto . 
La parte ricorrente ha chiesto la condanna della ### al pagamento in suo favore della somma di € 2531,09 a titolo di differenze retributive maturate nel periodo dal gennaio 2018 al 30.4.2024 (data del deposito del ricorso) per adeguamento ### sulla scorta di quanto accertato con sentenza n. 3297/2019 del Tribunale di ### lavoro, confermata in sede ###sentenza n. 2047/203, passata in giudicato. 
Orbene, la ### nel costituirsi in giudizio non ha contestato il diritto del ricorrente al pagamento di tali differenze retributive, né ha fornito prova di aver adempiuto a tale obbligazione. Va, per completezza, osservato che il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile va inteso nel senso che l'efficacia di giudicato si estende non solo alle dichiarazioni espresse bensì anche a tutti i presupposti logici impliciti della decisione e, cioè, a tutti quei passaggi che hanno costituito il presupposto logico-giuridico della decisione. Nel caso di specie, non v'è dubbio che la sentenza n° 3297/19 del 3.06.2019, passata in giudicato ed invocata in questa sede dal ### sia idonea a fondare la pronuncia di condanna della ### al pagamento anche delle differenze retributive maturante, per il medesimo titolo, nel periodo dal 1 gennaio 2018 al 30 aprile 2024 settembre 2023, in assenza di qualsivoglia modificazione, nel periodo oggetto di questo giudizio, delle circostanze di fatto poste a fondamento del diritto al godimento della retribuzione nella misura richiesta, ormai cristallizzata in € 43,57 mensili con un differenziale di € 31,12. 
In ordine al conteggio del dovuto, la parte convenuta non ha sollevato alcuna specifica contestazione sicché l'importo maturato per il periodo in questione, comprensivo anche delle tredicesime mensilità e del rateo (4/12) di tredicesima anno 2024, è pari ad euro 2.531,09. Su detto importo saranno dovuti i soli interessi legali dalla data della maturazione del credito al saldo.  ### va, quindi, condannata al pagamento in favore della parte ricorrente a titolo di adeguamento stipendiale RIA per il periodo dal 1 gennaio 2018 al 30.4.2024 della somma di euro 2531,09 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria ex art. 16 comma 6 legge 412/91 dalla data di maturazione dei crediti al soddisfo. 
Passando all'esame dell' ulteriore domanda di restituzione dell'importo di euro di € 145,97, pacificamente corrispondente alla quota contributiva che la ### ha trattenuto con il cedolino paga di febbraio 2021 sulla somma corrisposta al ### a titolo di differenze retributive determinate dal ricalcolo della Ria nell'arco temporale dal 1990 al 2017, in virtù della sentenza n.3297/2019 del Tribunale di ### si richiama e si aderisce all'orientamento già espresso dalla Corte di Appello di ### nelle sentenze n. 2991/2025 e 1522/2025 in cui si è evidenziato che la quota contributiva oggetto di giudizio attiene a differenze retributive che la ### non ha corrisposto tempestivamente, ma solo a seguito di comando giudiziale. In tale ipotesi deve ritenersi applicabile il consolidato principio sancito dalla Suprema Corte secondo cui: “In tema di contributi previdenziali, quando il datore di lavoro corrisponde tempestivamente i crediti retributivi può legittimamente operare la trattenuta dei contributi da versare all'ente previdenziale, non può farlo, invece, in caso di intempestività, da valutarsi con riferimento al momento di maturazione dei crediti e non a quello di accertamento giudiziale degli stessi, sicchè in detta ipotesi il credito retributivo del lavoratore si estende automaticamente alla quota contributiva a suo carico”(Cass. sez.lav. ord. n. 18897 del 15/7/2019). Dunque in caso di pagamento non tempestivo di un credito retributivo il datore di lavoro non può rivalersi sul lavoratore per la quota di contributi spettanti allo stesso, in quanto tale quota diviene parte della retribuzione spettante al lavoratore (così in motivazione Cass. 25956/2017 che richiama Cass. 23426/2016, Cass. 18044/2015 e Cass. 19790/2011). La Suprema Corte ha anche precisato che, ai fini della tempestività del versamento, non rileva la data della pronuncia giudiziale che accerta il diritto alle differenze retributive, bensì quella in cui il diritto stesso è maturato ( 22379/2015). Nel caso di specie non vi è dubbio che l'importo spettante al ### a titolo di ricalcolo della RIA per il periodo dal 1990 al 2017 gli sia stato corrisposto in ritardo rispetto alla maturazione del credito. 
Pertanto, anche tale domanda va accolta, con conseguente condanna della ### alla restituzione in favore del ricorrente della somma di euro 145,97 oltre interessi legali da marzo 2021 fino al soddisfo. 
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo in applicazione dei parametri minimi di cui al DM 55/2014 e succ. mod. in considerazione della natura seriale della controversia e tenuto conto della attività in concreto svolta e della mancanza di istruttoria.  P.Q.M.  Il Tribunale di ### in funzione di giudice del lavoro, in persona della dott.ssa ### definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede: a) accoglie il ricorso e per l'effetto condanna la ### al pagamento in favore della parte ricorrente a titolo di adeguamento stipendiale RIA per il periodo dal 1 gennaio 2018 al 30.4.2024 della somma di euro 2531,09 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria ex art. 16 comma 6 legge 412/91 dalla data di maturazione dei crediti al soddisfo; nonché alla restituzione in favore della parte ricorrente della somma di euro 145,97 quale quota contributiva trattenuta dalla ### oltre interessi legali dal marzo 2021 fino al soddisfo.  b) condanna la ### al pagamento delle spese di lite in favore della parte ricorrente che liquida in complessivi euro 1314,00 oltre ad Iva e Cpa come per legge e rimborso forfettario spese generali nella misura del 15% con attribuzione in favore dei procuratori della parte ricorrente antistatari.   c) fissa in 60 giorni il termine per il deposito della sentenza ### 09/10/2025 

Il Giudice
del ### (d.ssa ###


causa n. 10122/2024 R.G. - Giudice/firmatari: Ammendola Daniela

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