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ATTENZIONE: 2 provvedimenti con gli stessi estremi!

TRIBUNALE DI FROSINONE

Sentenza n. 1080/2023 del 06-09-2023

Rg. n. 2072 del 2023 TRIBUNALE DI FROSINONE Sezione Lavoro REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Frosinone, in funzione di Giudice del ### nella persona della dott.ssa ### nella causa tra: ### ricorrente, rappresentato e difeso dall'avv. ### e avv.  ### E MINISTERO DEL### E ### in persona del legale rappresentante p.t., resistente, contumace; alla udienza del 06/09/2023 ha pronunciato la seguente sentenza ### nulli i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati tra le parti; Condanna l'### resistente al pagamento, in favore delLA ricorrente, del risarcimento del danno commisurato a 8 ### mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita, oltre interessi legali; Dichiara altresì il diritto delLA ricorrente al riconoscimento, ai fini della progressione stipendiale prevista dalla contrattazione di comparto, della anzianità di servizio maturata durante i rapporti di lavoro a termine intrattenuti con l'### e per l'effetto condanna l'amministrazione alla corresponsione delle relative differenze tra quanto in effetti percepito e quanto LE sarebbe spettato per effetto dell'anzianità di servizio come sopra riconosciuta, oltre interessi come per legge; Condanna l'amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite che liquida in ### oltre ### e spese generali forfettarie, con distrazione.  SVOLGIMENTO DEL PROCESSO La ricorrente in epigrafe ha convenuto in giudizio il Ministero dell'### e del ### (### e ha esposto che, nel corso degli anni, ha lavorato alle dipendenze dell'### convenuta, in qualità di docente di religione, in virtù di vari contratti a tempo determinato per supplenze annuali su organico di diritto. 
Ha quindi lamentato la violazione del D.Lgs. n. 368/2001 e della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro #### e ### sul lavoro a tempo determinato e chiesto al Giudice che fosse accertato l'abuso del diritto da parte del ### e l'illegittimità dei termini apposti ai predetti contratti di lavoro con condanna della resistente al risarcimento di tutti i danni determinati tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, precisamente nella misura di otto mensilità. 
Ha inoltre dedotto che alla luce della medesima normativa europea sono illegittime le disposizioni della contrattazione collettiva di settore in forza delle quali durante i rapporti di lavoro a termine con l'### scolastica il ricorrente ha percepito una retribuzione parametrata al trattamento economico iniziale previsto per il corrispondente personale con contratto a tempo indeterminato, con sterilizzazione di ogni progressione stipendiale. 
Ha quindi chiesto al Giudice di dichiarare il proprio diritto alla percezione degli incrementi stipendiali riconosciuti dalla contrattazione collettiva al personale di ruolo sulla base della anzianità di servizio maturata durante i rapporti a termine, con condanna del ### al pagamento delle differenze retributive maturate. 
Il Ministero dell'### e del ### benché regolarmente citato, non si è costituito ed è stato dichiarato contumace. 
Sul contraddittorio così instaurato, la causa documentalmente istruita è stata discussa e decisa con separata sentenza nel corso dell'odierna udienza.  MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda di illegittimità dei contratti a termine è fondata. 
Parte ricorrente ha dedotto l'illegittimità dell'apposizione del termine ai contratti da essa stipulati con l'amministrazione su organico di diritto e posto vacante e disponibile per un periodo complessivo superiore a 36 mesi in violazione della clausola 5 punto 1 della accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva n. 1999/70/CE. 
Giova ricostruire la normativa di riferimento. 
Ai sensi dell'art. 4 della L. 124 del 1999 (commi 1, 2 e 3) possono essere stipulati, tra l'amministrazione e i docenti, diverse tipologie di contratti a tempo determinato: supplenze annuali su organico “di diritto”, riguardanti posti disponibili e vacanti, con scadenza al termine dell'anno scolastico (31 agosto); supplenze temporanee su organico “di fatto”, relative a posti non vacanti ma comunque disponibili, con scadenza al termine delle attività didattiche (30 giugno); e, infine, le supplenze temporanee per le ipotesi residuali, destinate a durare fino alla cessazione delle esigenze per le quali sono state disposte. La medesima disciplina è poi estesa al personale ATA dall'art. 4 comma 11 della L. 124/1999 cit. 
Con la sentenza n. 10127 del 2012, la Corte di cassazione ha statuito che: a)la disciplina contenuta nel d. lgs. n. 368 del 2001 non si applica al personale scolastico, destinatario di una disciplina ad hoc, insensibile - ex art. 70, comma 8, d. lgs. n. 165 del 2001 - agli interventi del legislatore in materia di contratto a tempo determinato nel settore privatistico; b)la normativa che regolamenta l'apposizione del termine nel settore scolastico (comune tanto al personale docente, quanto a quello ### v. art. 4, comma 11, legge n. 124 del 1999) non contrasta con la disciplina comunitaria di quella tipologia contrattuale, consentendo l'apposizione del termine in presenza di circostanze precise e concrete e di esigenze oggettive e specifiche, tali da scongiurare ogni possibilità di abusi da parte datoriale, priva di qualsiasi potere discrezionale e invece tenuta al puntuale rispetto di un'articolata normativa che regola puntualmente sia il numero delle assunzioni a termine cui si può procedere ogni anno sia l'individuazione del lavoratore che si può assumere a termine; c)l'art. 5, comma 4-bis, d. lgs. n. 368 del 2001 (al pari degli altri precetti di tale decreto legislativo) non si applica al personale della scuola e, al riguardo, il disposto dell'art. 9 del decreto-legge n. 70 del 2011 è meramente confermativo di un principio già enucleabile dal sistema ed è privo di qualsiasi carattere innovativo; conseguentemente la reiterazione dei contratti a termine non conferisce al lavoratore il diritto alla conversione in contratto a tempo indeterminato, né il diritto al risarcimento del danno, ove non risulti perpetrato, ai suoi danni, uno specifico abuso del diritto nell'assegnazione degli incarichi di supplenza. 
Con ordinanza n. 207 del 2013, la Corte costituzionale ha sottoposto alla Corte di giustizia dell'### europea, in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 267 del Trattato sul ### dell'### europea, le seguenti questioni di interpretazione della clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro #### e ### sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE: A)se la predetta clausola debba essere interpretata nel senso che osta all'applicazione dell'art. 4, commi 1, ultima proposizione, e 11, della legge n. 124 del 1999 - i quali, dopo aver disciplinato il conferimento di supplenze annuali su posti “che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre”, dispongono che si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali “in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo” - disposizione la quale consente che si faccia ricorso a contratti a tempo determinato senza indicare tempi certi per l'espletamento dei concorsi e in una condizione che non prevede il diritto al risarcimento del danno; B)se costituiscano ragioni obiettive, ai sensi della predetta clausola, le esigenze di organizzazione del sistema scolastico italiano, tali da rendere compatibile con il diritto dell'### europea una normativa come quella italiana che per l'assunzione del personale scolastico a tempo determinato non prevede il diritto al risarcimento del danno. 
Con sentenza del 26 novembre 2014 (cd. Sentenza Mascolo), la Corte di giustizia dell'### in risposta alla sollecitazione proveniente dalla Corte costituzionale (oltre che da un giudice di merito), ha dichiarato che la clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l'espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo, aggiungendo che risulterebbe che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un'esigenza reale, sia idoneo a conseguire l'obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall'altro, non prevede nessun'altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. 
Dopo la pronuncia della Corte di Giustizia è stata emanata la legge 107 del 2015 al fine di adeguare la normativa nazionale a quella europea (vd. relazione illustrativa). Sono poi intervenute la Corte costituzionale (che aveva effettuato il rinvio pregiudiziale alla Corte UE) con la sentenza n. 187 del 15 giugno 2016 e la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22552 del 7 novembre 2016 che hanno ricostruito la disciplina della materia alla luce dello ius superveniens. 
La L. n. 107/2015 cit. ha autorizzato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad attuare un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado, per la copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell'organico di diritto, rimasti vacanti e disponibili all'esito delle operazioni di immissione in ruolo effettuate per il medesimo anno scolastico ai sensi dell'art. 399 D.Lgs.  n. 297 del 1994 (art. 1, co. 95). In particolare è prevista l'assunzione a tempo indeterminato dei soggetti iscritti a pieno titolo nelle graduatorie del concorso pubblico per titoli ed esami a posti e cattedre bandito con decreto n. 82 del 24 settembre 2012 e di quelli iscritti a pieno titolo nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente di cui all'art. 1, comma 605, lettera c), L. n. 296 del 2006 (art. 1, co. 96). 
Dispone infine il comma 98 che al piano straordinario di assunzioni si provvede secondo tre fasi: a) i soggetti di cui al comma 96 sono assunti entro il 15 settembre 2015, nel limite dei posti vacanti e disponibili in organico di diritto, secondo le ordinarie procedure di cui all'art. 399 D.Lgs. n. 297 del 1994; b) in deroga a quest'ultimo articolo, i soggetti di cui al comma 96 che non risultano destinatari della proposta di assunzione nella fase di cui alla lettera a), sono assunti, con decorrenza giuridica al 1º settembre 2015, nel limite dei posti vacanti e disponibili in organico di diritto che residuano dopo la fase di cui alla lettera a); c) sempre in deroga al più volte citato art.  399, i soggetti di cui al comma 96, che non risultano destinatari della proposta di assunzione nelle fasi di cui alle lettere a) o b), sono assunti, con decorrenza giuridica al 1ºsettembre 2015, nel limite dei posti di cui alla ### 1 allegata alla stessa L. n. 107 del 2015 (vale a dire 55.258 posti). 
A tale normativa transitoria si aggiungono rilevanti disposizioni a regime: -il co. 131 dell'art. 1 secondo cui “A decorrere dal 1º settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi”; la durata complessiva dei contratti a termine è poi assunta dal legislatore quale parametro di operatività del fondo istituito dal successivo comma 132 dell'art. 1. 
Tale ultima disposizione, infatti, stabilisce che nello stato di previsione del ### è istituito un fondo per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a trentasei mesi, anche non continuativi, su posti vacanti e disponibili, con la dotazione di ### milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016; -il co. 113 dell'art. 1 che, modificando in parte l'art. 400 del D.Lgs.  297/1994, prevede che “I concorsi per titoli ed esami sono nazionali e sono indetti su base regionale, con cadenza triennale, per tutti i posti vacanti e disponibili, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, nonché per i posti che si rendano tali nel triennio. Le relative graduatorie hanno validità triennale a decorrere dall'anno scolastico successivo a quello di approvazione delle stesse e perdono efficacia con la pubblicazione delle graduatorie del concorso successivo e comunque alla scadenza del predetto triennio”; -infine, il co. 109 dell'art. 1 secondo cui l'accesso ai ruoli a tempo indeterminato del personale docente educativo della scuola statale, fermo il piano straordinario di assunzioni cit., avverrà mediante concorsi pubblici nazionali su base regionale per titoli ed esami, ai sensi del suddetto art. 400 del d.lgs. n. 297 del 1994, come modificato. 
Come anticipato, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 187 del 15 giugno 2016, tenendo conto del diritto sopravvenuto, si è pronunciata sulla legittimità costituzionale dell'art. 4 commi 1 e 11 della L.  124/1999, in materia di supplenze annuali su organico di diritto, alla luce dei parametri posti dalla Corte di Giustizia con la sentenza ### del 26.11.2014. 
I giudici costituzionali hanno quindi dichiarato “l'illegittimità costituzionale, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, dell'art. 4 commi 1 e 11 della legge n. 124 del 1999 (disposizioni urgenti in materia di personale scolastico) nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”. 
Nella motivazione la Corte costituzionale ha chiarito che: -secondo la normativa comunitaria in caso di ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato “si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso e cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell'Unione” (sentenza ### cit., para. 79). Dunque, è solo una la misura da applicare, purché presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela; -una tale efficacia va riconosciuta sia alla sanzione generale del risarcimento sia all'altra misura, che sostanzialmente costituisce anche essa un risarcimento ma in forma specifica, della stabilizzazione del rapporto (o, secondo la Corte di Giustizia, è sufficiente una disciplina che garantisca serie chances di stabilizzazione del rapporto); -dalla combinazione dei vari interventi a regime e transitori effettuati dal legislatore nel 2015, emerge l'esistenza “in tutti i casi che vengono in rilievo” di una delle misure rispondenti ai requisiti richiesti dalla Corte di giustizia. 
In particolare la Corte Costituzionale rileva che, quanto alle situazioni future, è stato introdotto un termine effettivo di durata dei contratti a tempo determinato il cui rispetto è garantito dal risarcimento del danno. E questo configura quella sanzione dissuasiva che la normativa comunitaria ritiene indispensabile. Quanto alle situazioni pregresse, occorre distinguere a seconda del personale interessato: a)per i docenti, si è scelta la strada della loro stabilizzazione con il piano straordinario destinato alla “copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell'organico di diritto”. Esso è volto a garantire all'intera massa di docenti precari la possibilità di fruire di un accesso privilegiato al pubblico impiego fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dal comma 109 dell'art. 1 della legge n. 107 del 2015, permettendo loro di ottenere la stabilizzazione grazie a meri automatismi (le graduatorie) ovvero a selezioni blande (concorsi riservati). In tal modo vengono attribuite serie e indiscutibili chances di immissione in ruolo a tutto il personale interessato, secondo una delle alternative espressamente prese in considerazione dalla Corte di giustizia. Si tratta di una scelta, quella della “stabilizzazione”, più ragionevole e soddisfacente rispetto a quella del risarcimento tanto per lo Stato - che vede assicurata la indispensabile provvista di docenti stabili - quanto per il richiedente, in quanto gli attribuisce il bene della vita la cui certezza di acquisizione era stata lesa dalla condotta inadempiente della ### b)per il personale ### invece, non è previsto alcun piano straordinario di assunzione e pertanto nei suoi confronti deve trovare applicazione la misura ordinaria del risarcimento del danno (misura del resto prevista dal comma 132 dell'art. 1 della legge n. 107 del 201, che quindi anche per questo aspetto deve ritenersi in linea con la normativa comunitaria). 
La Corte costituzionale ha quindi concluso nel senso che lo Stato italiano si è reso responsabile della violazione del diritto dell'UE ma anche che il conseguente illecito è stato “cancellato” con la previsione di adeguati ristori al personale interessato. 
In altri termini, la Corte di giustizia dell'### nella ricordata sentenza ### ha ritenuto la normativa nazionale in materia di supplenze annuali su organico di diritto in contrasto con quella comunitaria in quanto il termine di immissione in ruolo dei docenti destinatari di ripetute assunzioni a termine è variabile e incerto. Esso infatti dipende da circostanze aleatorie e imprevedibili sia perché l'immissione in ruolo per effetto dell'avanzamento dei docenti in graduatoria è in funzione della durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato nonché dei posti che sono nel frattempo divenuti vacanti, sia perché non è previsto alcun termine preciso per l'organizzazione delle procedure concorsuali. Quanto, poi, alle misure sanzionatorie, la stessa Corte UE, muovendo dalla constatazione che la normativa italiana escluderebbe sia il risarcimento del danno subito a causa del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore dell'insegnamento, sia la trasformazione di tali contratti in contratti a tempo indeterminato, ha concluso nel senso della mancanza di misure adeguate per sanzionare debitamente il ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato. 
Ebbene, la Corte Costituzionale ha evidenziato come le disposizioni della L. n. 107 del 2015 abbiano impattato proprio sui predetti profili di contrasto tra il diritto nazionale e quello comunitario denunciati dai giudici europei. Essa infatti per un verso ha garantito l'immissione in ruolo (o serie chances di immissione in ruolo) ai docenti destinatari, nel corso degli anni passati, di ripetute assunzioni a termine; per l'altro ha previsto una misura alternativa (il risarcimento del danno) per le altre ipotesi di ripetuto e illegittimo ricorso ad assunzioni a tempo determinato. 
La Corte di Cassazione con la citata sentenza n. 22552 del 2016 si è preoccupata di applicare i principi costituzionali descritti alle diverse ipotesi di assunzione a termine di personale scolastico che potrebbero verificarsi in concreto al fine di assicurare uniformi linee interpretative in materia. Ha quindi statuito che: -la disciplina del reclutamento del personale a termine nel settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. 124/1999, atteso il suo carattere speciale ex art. 70 del D.Lgs. n. 165 del 2001, non è stata abrogata dal D.Lgs. 368/2001 (vd. Cass. 10127/2012); -la reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi dell'art. 4 co. 1 e 11 della L. 124/1999 (per supplenze annuali su organico di diritto) è illegittima se realizzata dopo il ### (termine previsto dalla direttiva 1999/70/CE per adeguare le normative statati alla direttiva stessa) e se ha durata complessiva, anche non continuativa, superiore a 36 mesi; -in caso di illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato nei termini descritti, costituisce misura proporzionata, effettiva ed idonea a prevenire e sanzionare l'abuso: a) per il personale docente, la “stabilizzazione” prevista nella L. 107/2015 sia in caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego; b)per il personale docente e ### la stabilizzazione acquisita attraverso l'operare dei pregressi strumenti selettiviconcorsuali. In entrambe le ipotesi di stabilizzazione, l'avvenuta iscrizione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda risarcitoria per i danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall'immissione in ruolo con onere di allegazione e prova a carico del lavoratore; -per il personale docente e ATA non stabilizzato (o senza certezza di stabilizzazione) va invece riconosciuto il risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza delle ### 5072/2016; -nell'ipotesi di reiterazioni di contratti a termine per supplenze temporanee su organico di fatto o altrimenti temporanee (art. 4, co. 2 e 3, L. 124/1999) non è in sé configurabile alcun abuso, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima. 
Si ritiene che i predetti principi giurisprudenziali siano applicabili anche ai docenti di religione assunti con contratti a tempo determinato e non immessi in ruolo. La legge 18 luglio 2003, n.186 (Norme sullo stato giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado), in attuazione dell'### che ha modificato il ### e del relativo ### addizionale, reso esecutivo ai sensi della legge n. 121/1985 cit., nonché dell'### tra il ### della pubblica istruzione e il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, resa esecutiva con DPR n. 751/1985, ha previsto per tali docenti appositi ruoli regionali (art. 1, co. 1) ed ha stabilito che ai predetti insegnanti “si applicano, salvo quanto stabilito dalla presente legge, le norme di stato giuridico e il trattamento economico previsti dal testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, di seguito denominato "testo unico", e dalla contrattazione collettiva” (art. 1, co.2), mentre l'art. 2 della stessa ### ha affidato all'### il compito di stabilire la dotazione organica dei posti per l'insegnamento della religione cattolica, “articolata su base regionale, determinata nella misura del 70 per cento dei posti d'insegnamento complessivamente funzionanti” (co. 1), percentuale ribadita con riferimento sia alla scuola secondaria (co. 2) sia alla scuola dell'infanzia ed elementare (co. 3), laddove solo per “i posti non coperti da insegnanti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, si provvede mediante contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dai dirigenti scolastici, su indicazione del dirigente regionale, d'intesa con l'ordinario diocesano competente per territorio”. 
Ne consegue che anche per i docenti di religione cattolica il normale sistema di reclutamento è costituito dal pubblico concorso e che i posti vanno prevalentemente coperti con personale assunto stabilmente a tempo indeterminato, potendosi utilizzare i contratti a tempo determinato per sopperire alle esigenze scolastiche di anno in anno solo per i posti limitatamente residuali non coperti. 
Non vi è ragione per non applicare anche ai docenti in esame i principi giurisprudenziali sopra richiamati circa l'eventuale abuso dei contratti a termine ed il diritto dei lavoratori al risarcimento del danno, con esclusione peraltro del diritto alla conversione del rapporto in assenza di superamento del pubblico concorso in applicazione dell'art. 36 D. 
Lgs n. 165/2001 (così, sentenza della Corte di Appello di Salerno n. 9 dell'11.1.2017). 
Alla luce di questi principi va risolta la fattispecie dedotta in giudizio. 
Agli atti emerge che la ricorrente ha lavorato in qualità di docente di religione alle dipendenze dell'### convenuta dall'a.s.  2002/2003 per svariati anni sino all'a.s. 2022/2023 sulla base di contratti di lavoro a tempo determinato per supplenze annuali (fino al 31 agosto) su posti di organico “di diritto” (art. 4 co. 1 L. 124/1999). 
Risulta quindi integrata la fattispecie della illegittima reiterazione di contratti a termine delineata dalla Cassazione, tanto con riguardo al dispiegamento nel tempo dei rinnovi (di durata complessiva superiore a 36 mesi) quanto in relazione alle ragioni per cui le supplenze sono state disposte (per la copertura di posti vacanti su organico di diritto). 
La ricorrente inoltre non è stata immessa in ruolo in forza del piano straordinario di assunzioni ex L. 107/2015 né risulta altrimenti stabilizzato per l'operare dei pregressi strumenti selettivi-concorsuali, né le parti hanno dedotto la sussistenza della seria possibilità di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego. 
Deve essere quindi dichiarata illegittimità dei contratti a termine conclusi tra le parti e va riconosciuto alla ricorrente il diritto al risarcimento del danno quale misura alternativa alla stabilizzazione idonea a porre rimedio al ricorso abusivo e reiterato alle assunzioni a termine. 
Sulla liquidazione del danno, si ritiene di condividere il principio di recente affermato dalle ### (sentenza n. 5072/2016, cui fa rinvio anche Cass. 22552/2016 cit.) secondo cui “Nel lavoro pubblico contrattualizzato, in caso di abuso del contratto a tempo determinato da parte di una P.A., il dipendente, che abbia subito l'illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato di cui all'art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione, con esonero dall'onere probatorio, nella misura e nei limiti di cui all'art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010 e, quindi, nella misura pari ad un'indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri di cui all'art. 8 della l. n. 604 del 1966” (in questo senso, cfr. anche Cass. 19371/2013. In senso diverso invece Cass. 17457/2014 e 26951/2013). 
In sintesi la S.C. ha chiarito che alcun posto di lavoro alle dipendenze dell'### pubblica per la quale ha lavorato ed al quale non avrebbe mai avuto diritto non avendo superato il vaglio di un concorso pubblico per un posto stabile. 
Il lavoratore a termine nel pubblico impiego perde invece la chance della occupazione alternativa migliore. Per questo “il richiamo alla disciplina del licenziamento illegittimo, sia quella dell'art. 8 della ### n. 604/66 che dell'art. 18 della ### n. 300/1970, che altresì, in ipotesi, quella del regime indennitario in caso di contratto di lavoro a tutele crescenti (art. d.lgs. n. del 0 , incongruo perch per il dipendente pubblico a termine non c' la perdita di un posto di lavoro. Può invece farsi riferimento all'art. 32, comma 5, cit. che appunto riguarda il risarcimento del danno in caso di illegittima apposizione del termine”. 
Le SS.UU. hanno aggiunto che “solo apparentemente può sembrare che il lavoratore privato consegue - in termini di tutela approntata dall'ordinamento - qualcosa di più (la conversione del rapporto e quindi la reintegrazione nel posto di lavoro oltre all'indennità risarcitoria ex art. 32, comma 5, cit.) rispetto al lavoratore pubblico (al quale è riconosciuto solo il risarcimento del danno da quantificarsi innanzi tutto nella misura della stessa indennità risarcitoria)”. Infatti per il lavoratore privato l'indennizzo ex art. 32 comma 5 cit. è previsto in chiave di contenimento del danno risarcibile nel senso che l'indennizzo è - o può essere - meno del danno che potrebbe conseguire il lavoratore secondo i criteri ordinari (contenimento dichiarato compatibile con la disciplina costituzionale dalla Corte Cost. n. 303 del 2011). Per il lavoratore pubblico invece l'indennizzo ex art. 32 comma 5 è, all'opposto, in chiave agevolativa di maggior tutela nel senso che, in quella misura, il lavoratore ne ha diritto senza essere gravato da alcun onere probatorio, ma non gli è precluso di provare che le chances di lavoro che ha perso perché impiegato in reiterati contratti a termine in violazione di legge si traducano in un danno patrimoniale più elevato (possibilità che - si ripete - non ha il lavoratore privato). 
In applicazione dei principi descritti, alla luce dei criteri indicati nell'art. 8 L. 604/1966 (richiamati dall'art. 32 comma 5 L. 183/2010), in particolare della anzianità di servizio del ricorrente (assunto a termine per molteplici anni) e delle dimensioni del datore di lavoro, nonché della consistenza della violazione (superamento della soglia dei 36 mesi per svariate annualità), si ritiene congruo determinare il risarcimento del danno nella misura richiesta di 8 ### mensilità, misura che appare adeguata a compensare la parte ricorrente dell'ingiustizia patita. 
Per concludere alla ricorrente va riconosciuto il risarcimento del danno patito in conseguenza delle illegittime assunzioni a termine effettuate dalla ### convenuta, indipendentemente dalla prova concreta del pregiudizio, commisurato a otto mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. 
Deve essere parimente accolta la pretesa concernente gli incrementi retributivi che il contratto collettivo riconosce al personale a tempo indeterminato sulla base della maturazione di una determinata anzianità di servizio. 
Come è noto, prima della immissione in ruolo al docente o ATA assunto a termine spetta il trattamento economico iniziale previsto per il corrispondente personale con contratto a tempo indeterminato. Non gli viene riconosciuta alcuna progressione stipendiale collegata alla anzianità di servizio maturata durante le assunzione a tempo determinato e ciò crea una ingiustificata disparità tra lavoratori a termine e docenti di ruolo in contrasto con la citata clausola 4 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla ### 1999/70/CE. 
Nella fattispecie, l'### resistente non ha indicato nessun elemento o circostanza o modalità di esecuzione che valga a distinguere l'attività lavorativa prestata dal personale assunto a tempo determinato rispetto a quella svolta dai colleghi assunti a tempo indeterminato. 
Per le ragioni anti-discriminatorie descritte, la ricorrente ha diritto al riconoscimento, ai fini della progressione stipendiale prevista dalla contrattazione di settore, della anzianità di servizio maturata durante i rapporti di lavoro a termine intrattenuti con l'amministrazione a decorrere 10.7.2001 (termine ultimo assegnato agli ### membri per l'attuazione della direttiva 99/70) e il Mim va condannato alla corresponsione delle relative differenze tra il trattamento retributivo percepito dalla ricorrente e quello che le sarebbe spettato per effetto della anzianità di servizio come sopra riconosciuta. 
Per concludere, il ricorso va accolto. 
Le spese di lite sono poste a carico della amministrazione convenuta in base alla regola della soccombenza e sono liquidate tenendo conto della complessità bassa delle questioni trattate, ormai risolte in modo univoco dalla giurisprudenza e per il carattere seriale della causa. 
Queste sono le ragioni della decisione riportata in epigrafe. 
Frosinone, 06/09/2023 

Il Giudice
del ### n. 2072/2023

TRIBUNALE DI FROSINONE

Sentenza n. 1080/2023 del 02-11-2023

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE CIVILE DI FROSINONE nella persona del giudice unico dott. ### ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. 899 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2023, discussa e trattenuta in decisione all'udienza del 18.10.2023, vertente TRA ### rappresentato e difeso dall'Avv. ### giusta procura allegata al ricorso ex art. 281 decies c.p.c.; ricorrente E C.B.M. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t. ### resistente contumace ### appalto ### per il ricorrente, come da ricorso introduttivo ### E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 281 decies c.p.c. depositato il ### e notificato unitamente a decreto di fissazione d'udienza ### conveniva in giudizio la società C.B.M. s.r.l. chiedendo: a) di dichiarare risolto il contratto di appalto concluso con la resistente in data ###, avente ad oggetto lavori di ristrutturazione dell'immobile unifamiliare sito in #### n. 25, sul quale aveva diritto di abitazione, da eseguirsi con gli incentivi fiscali previsti dall'art. 119 D.L. 34/2020, ovvero secondo il c.d. 
Superbonus 110%, per grave inadempimento dell'appaltatrice, consistente nel non avere iniziato i lavori appaltati e nel non averli portati a compimento entro il termine fissato del 30.11.2022; b) di condannare la convenuta, ex art. 2033 c.c., alla restituzione della somma di ### ricevuta quale primo acconto per i lavori, oltre ad ### pari agli interessi mensilmente pagati dal ricorrente all'### s.p.a., che aveva anticipato la somma, dietro cessione del credito di imposta legato ai lavori, secondo lo schema del ### c) di condannare la convenuta, altresì, al risarcimento dei danni provocati dal doloso e grave inadempimento contrattuale, mediante pagamento della somma di ### (pari al valore dei lavori appaltati e non eseguiti) o di quella diversa ritenuta di giustizia, considerato che il mancato rispetto dei termini stabiliti per la realizzazione dell'opera (tra cui quello del 30.9.2022 ex lege previsto per il completamento del 30% dei lavori) aveva avuto come conseguenza la perdita dell'agevolazione statale. 
La resistente non si costituiva in giudizio e veniva pertanto dichiarata contumace. 
La causa veniva istruita con prova per testi e all'esito rinviata per la precisazione delle conclusioni e la discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c.. 
Le domande attoree sono fondate, nei limiti di seguito precisati. 
La domanda di risoluzione del contratto di appalto va senz'altro accolta. 
Vertendosi in materia di inadempimento contrattuale, quanto al riparto dell'onere probatorio valgono i principi espressi dalle ### della Corte di Cassazione nella nota sentenza n. 13533 del 2001, secondo cui “in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento”. 
Ebbene, nel caso di specie, il ricorrente ha prodotto il contratto di appalto concluso con la C.M.B. s.r.l. e dedotto l'inadempimento della suddetta appaltatrice all'obbligo di realizzare l'opera commissionata nei tempi previsti e concordati, per non avere dato nemmeno concreto inizio ai lavori nonostante il versamento del primo acconto pattuito. 
Sarebbe stato onere della resistente dimostrare il contrario, ovvero addurre e provare eventuali circostanze giustificative della mancata esecuzione dei lavori, ciò che, restando contumace, non ha fatto. 
Piuttosto il ricorrente, andando anche oltre l'assolvimento dell'onere probatorio che su di lui incombeva, tramite la deposizione del teste ### geometra progettista e direttore dei lavori delle opere di ristrutturazione per delega della società ###it s.r.l., ha fornito la prova positiva della condotta inadempiente della controparte (cfr. in particolare quanto dichiarato dal teste in risposta al capitolo 9: “è tutto vero, dopo molti tentativi di contatto riuscii ad avere un incontro con ### e con il padre, parimenti coinvolto nell'impresa ### nei pressi dell'abitazione di #### ci fu i primi di settembre, forse proprio il 1° settembre 2022 se non ricordo male. Chiesi spiegazioni sul mancato inizio dei lavori e mi risposero che i soldi ricevuti li avevano impegnati in altri cantieri e mi chiesero addirittura se potevo chiedere alla committenza un ulteriore acconto. Io ovviamente rifiutai. Da allora, nella sostanza, non è stato fatto alcun intervento, è stato solo montato qualche metro quadro di ponteggio”). 
Si giustifica, dunque, la declaratoria di risoluzione del contratto, stante la gravità dell'inadempimento della resistente, concernente la principale ed essenziale obbligazione a suo carico. 
In conseguenza, deve essere restituita dalla C.B.M. s.r.l. la somma versata di ### con gli interessi legali dalla domanda al saldo, come da richiesta, mentre non trova riscontro nella documentazione prodotta l'ulteriore importo di ### asseritamente corrisposta all'### s.p.a. a titolo di interessi. 
Venendo ora alla domanda di risarcimento del danno, occorre evidenziare che, se è vero che la condotta della resistente ha cagionato la decadenza dall'agevolazione prevista dalla legge per i lavori appaltati, considerato il mancato rispetto della scadenza del 30.9.2022 per l'ultimazione del 30% dei lavori, è altresì vero che il ricorrente non perdeva ogni possibilità di presentare una nuova pratica edilizia usufruendo di correlativi benefici fiscali. 
Difatti per gli interventi di efficientamento energetico sugli edifici unifamiliari la normativa fiscale prevede un ampio ventaglio di possibilità di agevolazione e la stessa disciplina del c.d. ### dava la possibilità di usufruire di una detrazione del 90% delle spese sostenute fino al 31.12.2023 per (eventuali nuovi) lavori avviati dall'1.1.2023, rispetto all'abitazione principale posseduta, per i contribuenti con un reddito di riferimento non superiore ad ### (cfr. D.L. 176/2022, c.d. decreto Aiuti-quater). 
Ora, il ricorrente non ha fornito elementi, in particolare sulla propria situazione reddituale, che consentano di escludere la possibilità di accesso a siffatta ridotta agevolazione per un'eventuale nuova pratica di intervento (generica, in proposito, si appalesa la sola dichiarazione resa dal teste ### secondo cui “l'#### non può più usufruire dei benefici del superbonus, essendo scaduti i termini previsti dalla legge”). 
In rigoroso ossequio ai principi riguardanti l'onere della prova nei giudizi di risarcimento del danno, si ritiene dunque di dover liquidare il danno nella misura del 10% dell'importo dei lavori appaltati (### ), quale percentuale “minima” del beneficio fiscale andata perduta a causa del verificarsi dell'inadempienza. 
La somma liquidata andrà maggiorata di rivalutazione monetaria ed interessi legali, sulla somma via via rivalutata anno per anno, dal verificarsi del danno (con la scadenza mancata del 30.9.2022) al saldo. 
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, in base ai parametri di cui al D.M. 55/2014, opportunamente ridotti stante la limitata attività processuale svolta.  P.Q.M Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: 1) dichiara la risoluzione del contratto di appalto stipulato inter partes, per grave inadempimento della resistente; 2) condanna la resistente a restituire al ricorrente la somma di ### oltre interessi legali dalla domanda al saldo; 3) condanna, altresì, la resistente a risarcire i danni al ricorrente nella misura di ### oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali come specificato in parte motiva; 4) condanna, infine, la resistente a rifondere al ricorrente le spese di lite, che liquida in ### per esborsi e in ### per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 %, CPA e IVA come per legge. 
Così deciso in ### il ### 

Il Giudice
Dott. ### n. 899/2023

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