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CORTE DI CASSAZIONE

Sentenza n. 25646/2022 del 31-08-2022

principi giuridici

L'atto di notorietà, salvo diversa previsione di legge, ha efficacia meramente indiziaria in relazione al contenuto delle dichiarazioni in esso riportate, attestando unicamente l'avvenuta ricezione delle dichiarazioni da parte dell'ufficiale rogante e la loro provenienza dai soggetti identificati.

La confessione stragiudiziale, ai sensi degli artt. 2730 e 2735 c.c., richiede una esplicita dichiarazione della parte o del suo rappresentante in ordine alla verità di fatti ad essa sfavorevoli o favorevoli all'altra parte, non potendo consistere in una dichiarazione solo implicitamente o indirettamente ammissiva dei fatti in discussione.

L'atto notorio non può contenere una confessione stragiudiziale liberamente valutabile ex art. 2735, comma 1, c.c., in quanto la dichiarazione è resa da un terzo e non dalla parte interessata.

N.B.: Le massime sono generate automaticamente e potrebbero contenere errori e imprecisioni.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.

sintesi e commento

Atto Notorio e Confessione Stragiudiziale: Limiti Probatori in Materia Successoria


La Suprema Corte si è pronunciata in merito all'efficacia probatoria di un atto notorio nel contesto di una controversia ereditaria, focalizzandosi sulla distinzione tra tale atto e la confessione stragiudiziale. La vicenda trae origine da una successione ereditaria, in cui alcuni chiamati all'eredità avevano rinunciato alla stessa, con conseguente subentro dei loro discendenti per rappresentazione. Uno dei coeredi aveva promosso un'azione legale per accertare l'inefficacia delle rinunce, sostenendo che i rinuncianti avessero già accettato tacitamente l'eredità.
Il Tribunale, in primo grado, aveva accolto la domanda, basandosi su un atto notorio nel quale i rinuncianti avevano dichiarato di essere nel possesso dei beni ereditari. Il giudice di prime cure aveva attribuito a tale dichiarazione il valore di confessione stragiudiziale, ritenendola sufficiente a provare l'accettazione tacita dell'eredità. La Corte d'Appello aveva confermato la sentenza, condividendo la qualificazione della dichiarazione resa nell'atto notorio come confessione stragiudiziale.
La questione è giunta all'attenzione della Corte di Cassazione, che ha ribaltato le decisioni dei giudici di merito. La Suprema Corte ha precisato che l'atto notorio ha un'efficacia probatoria limitata all'attestazione, da parte del pubblico ufficiale, di aver ricevuto le dichiarazioni dai soggetti indicati. Diversamente, il contenuto delle dichiarazioni rese nell'atto notorio ha un valore meramente indiziario, salvo diversa disposizione di legge.
La Corte ha sottolineato la differenza tra l'atto notorio e la dichiarazione sostitutiva, in cui la dichiarazione è resa direttamente dall'interessato. Nell'atto notorio, invece, la dichiarazione è resa da terzi, gli attestanti, e non può essere considerata una confessione stragiudiziale liberamente valutabile ai sensi dell'art. 2735 del codice civile. La confessione, infatti, richiede una dichiarazione esplicita della parte in merito a fatti a sé sfavorevoli e favorevoli all'altra parte.
La Suprema Corte ha evidenziato che la Corte d'Appello aveva riconosciuto l'inefficacia della rinuncia all'eredità esclusivamente sulla base della presunta confessione del chiamato in merito al possesso dei beni ereditari, senza accertare autonomamente l'esistenza di una fattispecie di accettazione tacita o espressa dell'eredità. Pertanto, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza, rinviando la causa alla Corte d'Appello per un nuovo esame, sottolineando la necessità di valutare attentamente le prove dell'accettazione dell'eredità, al di là della mera dichiarazione contenuta nell'atto notorio.
N.B.: Il commento è generato automaticamente e potrebbe contenere errori e imprecisioni.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.

testo integrale

SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 18122/2017 R.G. proposto da: ###### elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'avvocato ### , rappresentati e difesi dall'avvocato ### -ricorrenti contro ### elettivamente domiciliata in ### P.###, 14, presso lo studio dell'avvocato ### rappresentata e difeso dall'avvocato ### -controricorrente avverso SENTENZA di CORTE D'### n. 1366/2017 depositata il ###. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/04/2022 dal ### Lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero in persona della dott.ssa ### che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.  ### presente causa riguarda la successione di ### cui sono stati chiamati i figli #### ed #### ed ### hanno dichiarato di rinunciare all'eredità, che è stata accettata, in loro rappresentazione, dai minori ### (figlio di ### e ### (figlio di ###.  ### ha chiamato in giudizio i fratelli e i due minori accettanti, rappresentati dai genitori, chiedendo accertarsi l'inefficacia della rinuncia, in quanto intervenuta quando i chiamati avevano già accettato l'eredità. Il primo giudice ha accolto la domanda sulla base del rilievo che, nell'atto di notorietà ricevuto da notaio ai fini della successione, al quale erano intervenuti #### ed ### gli attestanti avevano dichiarata che i chiamati si erano immessi nel possesso dei beni, derivandone da ciò, non essendo stato fatto l'inventano nei termini, l'acquisto della qualità di erede ex art. 485 c.c. A quanto dichiarato nell'atto di notorietà, il Tribunale ha riconosciuto il valore di confessione stragiudiziale fatta alla parte, idonea in quanto tale a dare la prova del fatto che aveva determinato l'acquisto dell'eredità. 
La Corte d'appello di Napoli ha confermato la sentenza, riconoscendo la correttezza della qualificazione, in termini di confessione strag### fatta alla parte, delle attestazioni rese dinanzi al notaio, in quanto avevano lo scopo «di individuare gli eredi del sig. ### di chiarire chi fosse nel possesso dei beni ereditari e che la successione era regolata quanto ai beni immobili dal testamento pubblicato in pari data e quanto ai beni mobili dalla devoluzione per legge»(pag. 4 della sentenza impugnata). Sulla base di ciò la Corte d'appello ha ritenuto irrilevante l'esito delle prove orali. In base a tale esito gli appellanti intendevano accreditare l'assunto che i fatti dichiarati nell'atto di notorietà non corrispondessero al vero. 
Per la cassazione della sentenza ### in proprio e unitamente al coniuge ### quale legale rappresentante del minore #### e ### nel frattempo divenuto maggiorenne, hanno proposto ricorso affidato a quattro motivi. ### ha resistito con controricorso, con il quale ha eccepito che ### ed ### avevano prestato acquiescenza alla sentenza, essendosi recati, dopo la pronuncia della sentenza impugnata presso la figliale della ### per chiudere la cassetta di sicurezza di cui era titolare il de cuius, previa constatazione del relativo contenuto e sottoscrizione del modulo di disdetta. 
La controricorrente ha depositato memoria.  RAGIONI DELLA DECISIONE 1. ### di acquiescenza, formulata dalla controricorrente relativamente alla sentenza impugnata con ricorso per cassazione, è infondata. ### allude evidentemente a un'ipotesi di acquiescenza tacita. ### è tacita quanto risulta da atti incompatibili con la volontà di avvalersi dell'impugnazione: l'incompatibilità va intesa nel senso delL ingiustificabilità dell'atto al di fuori dell'accettazione, essendo la stessa esclusa dove sussistano più possibili imputazioni dell'atto (Cass. n. 23539/2021; n. 2413/2018; 21385/2012; n. 5119/2994). 
Una tale incompatibilità, nella specie, non è ravvisabile già in linea di principio alla luce della documentazione prodotta a sostegno dell'eccezione, il cui esame, seppure processualmente ammissibile (Cass. n. 3934/2016), non evidenzia l'esistenza di atti antagonisti rispetto all'impugnazione. ###, l'assunto su cui è fondata l'eccezione, e cioè che l'intervento all'apertura eli una cassetta di sicurezza intestata a persona deceduta (art. 1840, comma 2, c.c.), implichi la avvenuta assunzione della qualità di erede dell'intestatario, non rispecchia il reale significato dell'atto, inteso piuttosto a consentire all'interessato «di verificarne il contenuto» (come giustamente evidenzia la stessa controricorrente nel formulare l'eccezione). Non è un caso, infatti, che il medesimo comportamento, già eccepito in controricorso nella impropria prospettiva dell'acquiescenza, sia poi utilizzato dalla controricorrente nella memoria a ulteriore conferma del proprio interesse ad agire per fare accertare l'avvenuto acquisto ereditario dei fratelli, ad evitare «il conseguente protrarsi della situazione di incertezza e di pregiudizio, oltre che di danno anche morale, che è in re ipsa per la dott.ssa ### 2. Il primo motivo denuncia violazione dell'art. 100 c.p.c., rimproverandosi alla Corte d'appello di non aver rilevato d'ufficio il difetto di interesse rispetto all'azione proposta, tenuto conto che la rinuncia aveva solo determinato il subentro dei discendenti dei chiamati, rimanendo invariata la posizione della coerede, che nessuna utilità avrebbe pertanto ricavato dall'accertamento dell'inefficacia della stessa rinuncia. 
Il motivo è inammissibile. Si deve dare per acquisito che la questione del difetto di interesse della coerede a fare accertare l'inefficacia della rinuncia dei primi chiamati, in quanto intervenuta quanto questi avevano già acquistato l'eredità, non fu sollevata dinanzi al giudice di primo grado, che ha provveduto sul merito, accogliendo la domanda e dichiarando l'inefficacia della rinuncia. La parte soccombente ha impugnato la decisione relativamente alla sola statuizione di merito, senza sollevare la questione pregiudiziale del difetto di interesse, implicitamente riscontrato in senso positivo dal primo giudice. La Corte d'appello ha confermato la decisione di primo grado. La questione del difetto di interesse è sollevata inammissibilmente per la prima volta in questa sede. 
Nella giurisprudenza della Corte, l'interesse a fare accertare l'inefficacia della rinuncia, in quanto effettuata dopo l'accettazione, è riconosciuto incondizionatamente rispetto ai creditori del rinunciante (Cass. n. 15663/2020; n. 6275/2017). Non risulta, però, che la coerede ### nel richiedere l'accertamento dell'inefficacia della rinuncia, abbia accampato l'esistenza di crediti verso i rinuncianti. Non sono neanche persuasivi, al fine di sostenere l'interesse ad agire, gli argomenti che la controricorrente ha speso nella memoria, nella parte in cui è richiamata la propria qualità di legittimaria e l'eventualità che i rinuncianti avessero ricevuto donazione dal de cuius: la rinuncia all'eredità da parte del donatari non sottrae la donazione alla riunione fittizia e alle sue conseguenze. Ai fini del calcolo della quota disponibile ai sensi dell'art. 556 c.c., sono sempre assoggettate a riunione fittizia tutte le donazioni, a chiunque fatte, indipendentemente dalla qualità di congiunto, erede o di estraneo del donatario (Cass. n. 14193/2022). Inoltre, quando (come nel caso in esame) opera la rappresentazione, la posizione del coerede è immutata anche ai fini della collazione: ex art. 740 c.c. il discendente che succede per rappresentazione deve conferire «ciò che è stato donato all'ascendente, anche nel caso in cui abbia rinunciato all'eredità di questo» (cfr. art. 564 c.c. per l'imputazione e x se (cfr. Cass. n. 40038/2021). Tali rilievi, però, non forniscono argomento per sostenere che il coerede, in quanto tale, sia per definizione carente di interesse a fare accertare l'inefficacia della rinuncia del chiamato in concorso, come invece si sostiene con il ricorso. 
Deve infatti riconoscersi che l'interesse del coerede potrebbe nascere dalle più varie situazioni, impensate ed impensabili, legate alla peculiarità di ogni singola vicenda: in questa materia l'interesse ad agire non si presta a essere definito a priori in base a formule astratte. La questione sollevata con il primo motivo finisce così per implicare valutazioni in fatto prima non effettuate. Il che rende inammissibile la questione nella presente sede ###applicazione del principio secondo cui nel giudizio di cassazione non consentita la prospettazione di nuove questioni di diritto o contestazioni che modifichino il thema decidendum ed implichino indagini ed accertamenti di fato non effettuati dal giudice di merito, anche ove si tratti di questioni rilevabili d'ufficio (Cass. 14477/2018; n. 2193/2020). 
A tale regola non si sottrae l'accertamento in ordine alla sussistenza dell'interesse ad agire, che deve essere sì rilevato d'ufficio in ogni stato e grado del processo, ma non può essere compiuto nel giudizio di legittimità qualora comporti una valutazione degli elementi di fatto in precedenza non effettuata, perché non richiesta, dal giudice di merito (Ca.ss. n. 26632/2006).  2. Il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 2730 e 2735 c.c. Si sostiene che la Corte d'appello non avrebbe potuto ravvisare nella dichiarazione resa dinanzi al notaio in sede di atto di notorietà l'esistenza di una confessione stragiudiziale, in difetto dell'animus confitenti (secondo motivo), non avendo la dichiarazione altro scopo se non quello di accertare chi fossero i chiamati, perché non si dichiaravano fatti favorevoli alla controparte, i cui diritti ereditari non erano minimamente incisi della vicenda (terzo motivo), e perché la dichiarazione non fu fatta alla parte, ma a un terzo: essa, pertanto, non avrebbe potuto costituire, da sola, prova del possesso dei beni ereditari, integrando al limite elemento di prova soggetto alla libera valutazione del giudice (quarto motivo).  3. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati. ### di notorietà designa la dichiarazione di scienza relativa a fatti che alcuni soggetti affermano essere notoriamente a conoscenza di una cerchia più o meno vasta di persone.  ### probatoria di tale atto, fino a querela di falso, riguarda soltanto l'attestazione dell'ufficiale rogante di avere ricevuto le dichiarazioni in esso contenute dai soggetti indicati, previa loro identificazione. Viceversa, per quanto riguarda il contenuto delle dichiarazioni, all'atto di notorietà viene attribuita un'efficacia meramente indiziaria (Cass. n. 29830/2011), salvo le ipotesi in cui la legge prevede diversamente. Al fine di snellire l'attività dei pubblici ufficiali competenti, già la 1. 4 gennaio 1968, n. 445 in materia di documentazione amministrativa aveva peraltro equiparato all'atto di notorietà una dichiarazione sostitutiva resa direttamente e sottoscritta dall'interessato. 
Era stata pertanto eliminata la fase di ricezione della dichiarazione da parte del pubblico ufficiale, chiamato ad autenticare la sottoscrizione dopo avere ammonito il dichiarante circa la responsabilità penali derivanti dal mendacio. 
In tema di prova civile, la confessione giudiziale o stragiudiziale richiede una esplicita dichiarazione della parte o del suo rappresentante in ordine alla verità di fatti ad essa sfavorevoli o favorevoli all'altra parte, e, pur potendo desumersi da un comportamento o da fatti concludenti, non può consistere in una dichiarazione solo implicitamente o indirettamente ammissiva dei fatti in discussione, che è utilizzabile quale elemento meramente: presuntivo od indiziario (Cass. n. 13212/2006; n. 6301/1992). 
Nell'atto di notorietà, diversamente dalla dichiarazione sostitutiva, la dichiarazione non è resa dall'interessato, né rileva a questo fine l'attestazione del notaio rogante "di avere dato lettura dell'atto ai richiedenti e agli attestati, che lo hanno approvato e sottoscritto, riconoscendolo conforme alla loro volontà". Tale attestazione riguarda il fatto che il pubblico ufficiale, su richiesta di certi soggetti, ha ricevuto le dichiarazioni. Essa non vale a trasformare la dichiarazione resa dagli attestanti in una dichiarazione propria del richiedente.  ### notorio non può perciò contenere una confessione stragiudiziale liberamente valutabile ex. art. 2735, comma 1, c.c., come invece si riconosce per la dichiarazione sostitutiva (Cass. n. 19708/2020; n. 27042/2011), perché, appunto, la dichiarazione non è resa dalla parte interessata, ma da un terzo.  4. Si deve infine rimarcare che la Corte d'appello ha riconosciuto l'inefficacia della rinuncia all'eredità solo in conseguenza della supposta confessione del chiamato in merito al possesso dei beni ereditari, in mancanza di inventario nei termini previsti dall'art. 485 c.c. Non risulta minimamente che, prescindendo dalla confessione, la Corte di merito abbia accertato autonomamente una fattispecie di accettazione tacita o espressa posta in essere dai chiamati prima della rinuncia. I rilievi della controricorrente, circa l'esistenza di comportamenti idonei a giustificare ugualmente l'acquisto della qualità di erede, alludono a fatti e comportamenti non considerati dalla Corte d'appello, che non hanno avuto alcuna incidenza sulla decisione. ### delle ragioni di censura sulla confessione impone perciò la cassazione della sentenza, in quanto fondata esclusivamente sulla erronea supposizione di una prova legale di un fatto idoneo giuridicamente a portare all'acquisto della qualità di crede, prova legale rilavatasi inesistente. La causa, pertanto, deve essere rinviata per nuovo esame alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.  P.Q.M.  accoglie il secondo, il terzo e il quarto motivo; dichiara inammissibile il primo motivo; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione anche per le spese. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio della ### civile della Corte suprema di cassazione, il 28 aprile 2022 e, a seguito di riconvocazione, il 

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