CORTE D'APPELLO DI NAPOLI
Sentenza n. 1958/2022 del 06-05-2022
principi giuridici
L'erronea indicazione della numerazione della fattura in un atto di messa in mora costituisce mero errore materiale non invalidante, qualora la fattura notificata, pur recando un numero diverso, non presenti un contenuto difforme rispetto a quella di cui si chiede il pagamento.
L'estratto del registro IVA e fatture, corredato di certificazione notarile di autenticità della copia del registro e della sua regolare tenuta a norma di legge, costituisce prova idonea della regolarità della fattura ai sensi dell'art. 212 c.p.c. e dell'art. 2711 c.c.
La mancata vidimazione del registro IVA non ne comporta l'irregolarità, in virtù dell'eliminazione di tale obbligo disposta dall'art. 2219 c.c. ad opera della l. n. 383/2001.
I documenti di trasporto (DDT) firmati dal solo conducente e non dal cessionario possono assumere valore di meri indizi, la cui rilevanza deve essere valutata unitamente ad altre risultanze probatorie.
In tema di prova dell'adempimento, il creditore che agisca per l'adempimento contrattuale è tenuto unicamente a provare la fonte del proprio diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi ad allegare l'inadempimento della controparte, mentre grava sul debitore convenuto l'onere di provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento.
La fattura commerciale, in quanto atto giuridico a contenuto partecipativo, costituisce un mero indizio del rapporto negoziale sottostante qualora tale rapporto sia contestato tra le parti; in assenza di contestazioni, i fatti in essa rappresentati si considerano pacifici, esonerando l'attore da ogni ulteriore prova.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.
testo integrale
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI NAPOLI NONA SEZIONE CIVILE Composta dai magistrati, dott. ### - Presidente relatore ### - ### - ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile promossa in grado d'appello, iscritta al R.G. degli affari civili contenziosi 1190/2020, avverso la decisione del Tribunale di ### recante 2616/2019 del 14/10/2019, nell'ambito del procedimento di quell'ufficio, vertente TRA ### (c.f. ###) rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall' avv.### (c.f. ###), elettivamente domiciliat ######. della Rocca ###, ### contro ### di ### & C. s.a.s. (P.I.###), in persona del legale rappresentante ### rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avv. ### (C.F.: ###), elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultima in ### n. 28, ### oggetto: contratto d'appalto ### 1. La ditta ### di ### & C. s.a.s. proponeva ricorso al Tribunale di S. ### C.V., sezione distaccata di ### per ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti del sig. ### Oggetto del ricorso era il pagamento di una fattura, n. 19/2013, di Corte di Appello di Napoli - procedimento n. 1190/2020 - sentenza - ammontare pari a ### e interessi legali, nonché spese, onorario, rimborso spese, I.V.A. e C.P.A.; somme relative a un contratto d'appalto, che sussisteva tra le parti, in forza del quale il ricorrente aveva svolto lavori elettrici, idrici e idraulici. Il giudice, investito del ricorso, concedeva il decreto ingiuntivo n. 1418/2016, in data ###. 2. Contro di esso il ### proponeva opposizione il ### davanti allo stesso giudice, affinché questi dichiarasse la nullità del D.I., sulla base delle seguenti ragioni: I. innanzitutto mancava una chiara indicazione del contratto fra le parti, né della prestazione eseguita; inoltre il D.I. veniva concesso unicamente in forza di una fattura, che veniva indicata come la n. 19/2013, mentre la fattura di cui si chiedeva il pagamento con l'atto di messa in mora era la n. 16/2013. La fattura in questione si fondava esclusivamente su due D.D.T. di materiale del 2008 (n. 19 e 20), i quali erano stati firmati dal solo conducente, non anche dal cessionario; infine non risultava provata l'entità del danno; II. genericità della pretesa azionata, nello specifico veniva eccepita l'assenza di qualsiasi indicazione relativamente alle prestazioni per le quali era stato ingiunto il pagamento, né venivano prodotti i relativi documenti contabili; l'opponente inoltre eccepiva che la fatturazione, anche quando differita, doveva essere emessa non oltre il 15esimo giorno del mese successivo a quello in cui vengono eseguite le prestazioni, affinché venga rispettato l'obbligo di versare l'IVA entro il 16esimo giorno del mese successivo; III. carenza di legittimazione passiva: il credito vantato dall'opposto era maturato in un periodo completamente diverso da quello in cui veniva emessa la fattura. Nella documentazione allegata mancava qualsiasi prova, non solo della titolarità del credito in capo alla ### ma anche “dell'origine della pretesa azionata e soprattutto il periodo storico al quale si riferisce ed, invero, non v'è alcun traccia dell'eventuale contratto sottoscritto dal #### che ammette che solo nel lontano 2005 la ### eseguì su sua commissione dei lavori per la predisposizione di due bagni, lavori regolarmente pagati!”; IV. nullità del ricorso per carenza del requisito oggettivo, violazione dell'art. 125 c.p.c., cioè la produzione di una documentazione troppo generica; V. carenza dei presupposti di legge per l'emissione del decreto ingiuntivo, in particolare veniva eccepita la violazione dei requisiti di cui all'art. 634, co. 2° c.p.c. Veniva inoltre contestata il valore probatorio della fattura, in quanto atto prodotto unilateralmente dal presunto creditore; VI. assenza di qualsiasi prestazione d'opera: nessuna prestazione era stata effettuata nel 2013, come invece veniva assunto nel ricorso per D.I.; VII. violazione dell'art. 88 c.p.c. ### si costituiva con comparsa di risposta il ###, contestando le pretese della controparte sulla base delle ragioni così riassumibili: Corte di Appello di Napoli - procedimento n. 1190/2020 - sentenza - I. il pagamento era dovuto sulla base di lavori eseguiti “in un arco temporale che va dal 2005, epoca in cui furono commissionati ed iniziati i lavori e sino al 2013, anno in cui la ### emetteva la fattura n.19 del 30.09.2013”; II. l'indicazione nell'atto di messa della fattura n. 16 era frutto di un mero errore materiale da parte del procuratore, volendo invece intendere la n. 19; III. il fatto che i D.D.T. recavano solo la firma del conducente, e non anche del cessionario, era dovuto all'assenza di quest'ultimo durante le operazioni di scarico, nonché alla circostanza che il cantiere fosse nella libera disponibilità delle ditte esecutrici dei lavori; IV. veniva contestata l'eccezione relativa alla genericità della pretesa; V. rispetto al periodo in cui era stata eseguita la prestazione, si eccepiva che i lavori furono commissionati nel 2005, ma solo nel 2008 il committente ne autorizzo l'inizio, in quanto solo allora terminarono i lavori a questi prodromici eseguiti da un'altra ditta. I lavori del primo piano, realizzati dalla ### terminarono nel 2008, mentre quelli del secondo piano rimasero sospesi per volontà del committente. ### richiedeva il pagamento per i lavori del primo piano soltanto nel 2013, emettendo fattura, perché solo in quel momento venne a sapere che il resto dei lavori era stato assegnato a altra ditta, pur avendo originariamente il sig. ### affermato di voler affidare anche i lavori del secondo piano alla stessa ### 3. Il giudice di primo grado concedeva i termini per la presentazione delle memorie ex art. 183 c.p.c. Nella prima memoria, mentre l'opposta nulla presentava, l'opponente ripeteva sostanzialmente quanto già affermato nell'atto introduttivo specificando inoltre che D.D.T. risalivano al 2008, ritenendo poco probabile che il materiale elettrico-idraulico e i lavori fossero stati realizzati dopo 5 anni, quando già era “materiale desueto e vecchio”. Anche nella memoria l'opposta non si deduceva alcunché, mentre l'opponente ribadiva le sue eccezioni; inoltre egli affermava che l'errata indicazione della fattura facesse presupporre che una delle due fosse falsa. ### inoltre richiedeva la prova testimoniale al fine di ottenere dichiarazioni che comprovassero che i lavori eseguiti presso la sua abitazione nel periodo fra il 2006 e il 2008 fossero stati svolti da altra ditta. Nella terza memoria l'opponente di limitava a ribadire quanto sostenuto nella seconda memoria, mentre l'opposta nulla presentava. Infine il giudice di primo grado concedeva i termini per le comparse conclusioni, sede in cui l'opponente ribadisce tutte le eccezioni sollevate, e chiedeva che venisse dichiarata la nullità del D.I.; l'opposta invece contestava le pretese dell'opponente, poi chiedeva di confermare il D.I. previa dichiarazione d'inammissibilità dell'opposizione. 4. Il giudice di primo decideva con sentenza n. 2616/2019, pubblicata il ###, con quale così disponeva: I. rigetta l'opposizione e conferma, per l'effetto, il predetto provvedimento monitorio e Corte di Appello di Napoli - procedimento n. 1190/2020 - sentenza - lo dichiara esecutivo; II. condanna la opponente ### al pagamento delle spese di lite sostenute dalla ### s.a.s. di ### & C., che si liquidano in ### per onorari ed ### per spese, oltre al rimborso forfettario, I.V.A. e ### come per legge, con attribuzione in favore del difensore antistatario. 5. Contro tale decisione ### ricorreva in appello davanti a questa Corte, notificando l'atto di citazione il ###, sulla base dei seguenti motivi: I. fondatezza della domandaricostruzione del fatto storico: l'appellante eccepiva che il D.I. veniva emesso solo sulla base di una fattura, la n. 19/2013, la quale non è mai stata depositata; la parte appellata si limitava infatti a produrre l'estratto autentico della pagina 2013/### del registro iva e fatture, dove è riportata la fattura (la n. 19) in questione; inoltre il registro non risultava vidimato. Nell'atto di messa in mora all'appellante veniva poi opposta una fattura diversa, la 16, a cui venivano allegati due D.D.T. di materiale firmati dal solo conducente, e non anche dal cessionario, circostanza che farebbe dubitare della loro autenticità. Veniva poi contestata la sussistenza di un rapporto lavorativo tra le parti successivo al 2005. ### domandava quindi la dichiarazione di nullità del D.I., in quanto privo dei requisiti richiesti dall'art. 633 c.p.c.; II. sulla richiesta di riforma della sentenza impugnata: l'appellante impugnava la sentenza nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto non contestato l'esistenza del rapporto, nonché l'entità del credito. Egli inoltre contestava il valore probatorio della fattura, che è un atto prodotto unilateralmente dal creditore, motivo per il quale non può avere valore di piena prova; III. infine l'appellante chiedeva la sospensione del titolo esecutivo, il D.I., per evitare un grave e irreparabile danno all'economia familiare. ### si costituiva con comparsa di costituzione e risposta, facendo valere le seguenti ragioni, così riassunte: I. Inammissibilità dell'appello: i violazione dell'art. 339, ult. co. c.p.c.; i manifesta infondatezza ex art. 348bis c.p.c.; i violazione dell'art. 342 c.p.c. per mancata indicazione specifica delle parti della sentenza impugnata, le modifiche richieste alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado nonché le circostanze da cui deriva la violazione di legge e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata. II. Sulla fondatezza della domanda: l'appellato eccepiva innanzitutto la genericità del motivo d'appello; inoltre contestava le eccezioni sollevate sulla validità della fattura, Corte di Appello di Napoli - procedimento n. 1190/2020 - sentenza - per la quale basta che rientri fra le scritture contabili regolarmente tenute, che possono essere considerate tali in forza di un'attestazione notarile. Ancora, il fatto che la somma richiesta non corrisponderebbe ai lavori eseguiti non veniva in alcun modo provato; III. sulla richiesta di riforma della sentenza impugnata: l'appellato ribadiva la regolarità della tenuta delle scritture contabili, e eccepiva che l'appellante non ha mai contestato la fattura stessa, fino al giudizio d'appello; IV. sull'istanza di sospensione del titolo esecutivo: mancanza di qualsiasi elemento da cui ricavare l'apparenza del diritto, né veniva provato in alcun modo il periculum in mora; V. si eccepiva, infine, che i lavori furono commissionati nel 2005, ma solo nel 2008 il committente ne autorizzo l'inizio, in quanto solo allora terminarono i lavori a questi prodromici eseguiti da un'altra ditta. I lavori del primo piano, realizzati dalla ### terminarono nel 2008, mentre quelli del secondo piano rimasero sospesi per volontà del committente. ### richiedeva il pagamento per i lavori del primo piano soltanto nel 2013, emettendo fattura, perché solo in quel momento venne a sapere che il resto dei lavori era stato assegnato a altra ditta, pur avendo originariamente il sig. ### affermato di voler affidare anche i lavori del secondo piano alla stessa #### chiedeva, dunque, che venisse dichiarata l'inammissibilità dell'appello, o comunque il rigetto nel merito. 6. Convenendo le parti sulla possibilità di definire il giudizio senza ulteriore attività, questa Corte rinviava per la formulazione delle conclusioni all'udienza del 14/12/2021, tenutasi a trattazione scritta, come previsto dalla normativa emergenziale per l'infezione ###; di seguito assegnava i termini per conclusioni e repliche. Nella comparsa conclusionale l'appellato ribadiva la validità delle eccezioni sollevate; allo stesso modo faceva l'appellante, aggiungendo però che la fatturazione, anche quando differita, deve essere emessa non oltre il 15esimo giorno del mese successivo a quello in cui vengono eseguite le prestazioni, affinché venga rispettato l'obbligo di versare l'IVA entro il 16esimo giorno del mese successivo. Nelle comparse conclusionali di replica le parti si limitavano a ripetere le ragioni già fatte valere nei precedenti atti del processo di gravame. Scaduti i termini per la presentazione delle comparse conclusionali di replica, la causa viene riservata in decisione. RAGIONI DI FATTO E ### 1. ### deve ritenersi tempestivo, in quanto il ricorso veniva presentato entro il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza di primo grado, dato atto che non è stata allegata alcuna notificazione di tale pronuncia. Corte di Appello di Napoli - procedimento n. 1190/2020 - sentenza - 1.1 Va dato atto che unico difensore dell'appellante è l'Avv. C. ### mancando qualsiasi procura dell'Avv. ### di ### pure indicato in citazione. 2. Il giudizio di gravame ha un oggetto più limitato rispetto al primo grado, non essendo stata riproposta l'eccezione sulla violazione della lealtà processuale, di cui all'art. 88 c.p.c. 2.1. Inoltre è stata tardivamente allegata l'eccezione secondo cui “la fatturazione, anche quando differita, deve essere emessa non oltre il 15esimo giorno del mese successivo a quello in cui vengono eseguite le prestazioni, affinché venga rispettato l'obbligo di versare l'IVA entro il 16esimo giorno del mese successivo”. Tale eccezione è stata infatti proposta, oltre che nel primo grado, soltanto nella comparsa conclusionale dell'appellante; il giudizio d'appello verte infatti esclusivamente sulle circostanze dedotte nei motivi d'appello, i quali sono devono essere perentoriamente indicati nell'atto di citazione. Su questi punti si è dunque formato giudicato parziale. 3. Devono preliminarmente affrontarsi le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla parte appellata, la quale sostiene la violazione di quanto sancito dagli artt. 339, 348bis e 342 c.p.c. La contestazione dell'art. 339, ult. co. c.p.c., in combinato disposto con l'art. 113, co. 2° c.p.c. non è pertinente, in quanto il valore della causa supera la cifra di 1100,00 ### entro la quale il giudice di pace può decidere secondo equità. Non può essere applicato il “filtro in appello”, di cui all'art. 348bis c.p.c., non ravvisandosi nell'impugnazione il carattere della manifesta infondatezza, alla luce delle questioni di diritto che vengono in rilievo, le quali sono state tra l'altro oggetto di lunghi dibattiti in giurisprudenza. Infine non si ravvisa alcuna violazione dell'art. 342 c.p.c. dato che l'appellante ha indicato con chiarezza le parti del provvedimento appellate; nello specifico viene impugnata la ricostruzione storica accolta dal giudice di prime cure, cioè la sussistenza del rapporto oltre l'anno 2005, e di conseguenza l'obbligo di pagare la somma ingiunta col D.I. Sulla base di tali circostanze l'appellante chiedeva dunque la dichiarazione di nullità del D.I., soddisfacendo anche il requisito della rilevanza ai fini della decisione richiesta dalla stessa norma. 4.. È superata il problema afferente la sospensiva della sentenza di primo grado, essendo ora la causa decisa nel merito. 5. Con il primo motivo l'appellante contesta la regolarità della fattura e la ricostruzione accolta dal giudice di prime cure del fatto storico. Bisogna riconoscere che l'erronea indicazione della numerazione della fattura integra un mero errore materiale non rilevante ai fini della decisione di merito. ### affermava che il D.I. veniva concesso unicamente in forza di una fattura, che veniva indicata come la 19/2013, mentre la fattura di cui si chiedeva il pagamento con l'atto di messa in mora era la 16/2013; dato da cui ricavarsi la falsità di una delle due. Queste conclusioni non possono essere accolte, in quanto la fattura notificata con l'atto di messa in mora, recante n. 16, non ha un contenuto diverso da quello della fattura di cui si chiede il pagamento, circostanza che rende evidente l'errore materiale in cui è incorsa la parte nell'indicare un numero anziché un altro. Corte di Appello di Napoli - procedimento n. 1190/2020 - sentenza - ### eccepisce che la fattura originale n. 19/2013 non è mai stata depositata: la parte appellata si è limitata infatti a produrre l'estratto autentico della pagina 2013/### del registro IVA e fatture, dove è riportata la fattura in questione; inoltre il registro non risulta vidimato. Da ciò ne inferisce la insussistenza della pretesa creditoria. Osserva la Corte come nel fascicolo di I grado la fattura in questione sia riportata nell'estratto del registro IVA e fatture, con la pedissequa certificazione notarile di autenticità della copia dello stesso registro e della sua regolare tenuta a norma di legge, eseguita dal notaio dott. #### risulta, pertanto, infondata; è lo stesso appellante a riconoscere che si tratta di un “estratto autentico”, sufficiente a provare la regolarità della fattura, secondo il disposto combinato dell'art. 212 c.p.c. e dell'art. 2711 c.c., se fornita di autenticazione notarile; anche la regolarità di tale operazione non è contestata. Il fatto che il registro non risulti vidimato non comporta l'irregolarità dello stesso, alla luce dell'eliminazione di tale obbligo dall'art. 2219 c.c. da parte della l. n. 383/2001. Vengono poi contestati i D.D.T. su cui si basa la fattura in questione, poiché essi erano stati firmati dal solo conducente, non anche dal cessionario. ### eccepiva che ciò era dovuto all'assenza del sig. ### durante le operazioni di scarico, nonché alla circostanza che il cantiere fosse nella libera disponibilità delle ditte esecutrici dei lavori. Sul punto deve richiamarsi la pronuncia della Suprema Corte secondo cui “i documenti provenienti da terzi estranei alla lite possono offrire soltanto elementi indiziari idonei a fondare il convincimento del giudice solo se assistiti da altre risultanze probatorie” (Cass. civ. sez. lav., 14/8/2001, 11105). Tali documenti possono dunque assumere valore di meri indizi, la cui influenza deve essere considerata insieme alle successive valutazioni. 6. ### contestava la ricostruzione del fatto storico, in particolare negando la sussistenza di qualsiasi rapporto tra le parti successivo al 2005. A sostegno delle sue affermazioni egli riteneva improbabile che i lavori in questione fossero durati otto anni, dal 2005 al 2013, anno in cui fu emessa la fattura. Inoltre, ricordava che “i DDT sono del 2008, ed è poco credibile che il materiale elettrico - idraulico sia stato consegnato in detta data, cioè proprio tra il 29 e il 30 dicembre 2008, e i lavori siano poi stati realizzati dopo 5 anni, quando già era materiale desueto e vecchio”. ### si opponeva a tali affermazioni, eccependo che i lavori furono commissionati nel 2005, ma solo nel 2008 il committente ne autorizzò l'inizio, in quanto solo allora terminarono i lavori a questi prodromici, eseguiti da un'altra ditta. I lavori del primo piano, realizzati dalla ### terminarono nel 2008, mentre quelli del secondo piano rimasero sospesi per volontà del committente. ### richiedeva il pagamento per i lavori del primo piano soltanto nel 2013, emettendo fattura, perché solo in quel momento venne a sapere che il resto dei lavori era stato assegnato ad altra ditta, pur avendo originariamente il sig. ### affermato di voler affidare anche i lavori del secondo piano alla stessa ### Si deve preliminarmente rigettare l'eccezione dell'appellante nella parte in cui allega l'improbabilità del fermo per alcuni anni; in realtà, alcun impedimento di tipo logico deriva del fatto che i lavori possano essere rimasti fermi svariati anni. Corte di Appello di Napoli - procedimento n. 1190/2020 - sentenza - Inoltre bisogna richiamare la valutazione del giudice di primo grado rispetto al fatto che “la discrasia temporale tra data dei DDT ed emissione della fattura non pone profili problematici nel caso di prestazione di servizi, dal momento che la fatturazione deve avvenire nel momento in cui l'operazione viene ultimata”. ### dell'appellante allora consiste in una mera negazione della ricostruzione dei fatti, non sostenuta da elementi di prova o da indizi, né da argomentazioni convincenti. 7. Dall'affermazione delle parti si ricava che non vi è intesa sulla prospettazione del fatto storico, ma allo stesso tempo il sig. ### riconosce che la ### abbia provveduto alla realizzazione dei due bagni con la relativa tubatura elettrica, seppur nel 2005. Tuttavia, è proprio per il pagamento di tali lavori che l'appellato aveva chiesto e ottenuto il D.I.: infatti la domanda dell'ingiungente-appellato aveva ad oggetto il pagamento dei lavori eseguiti sui due bagni. Sul punto l'appellante si limitava ad affermare di aver pagato quanto dovuto in quello stesso anno senza, tuttavia, darne alcuna prova. Deve richiamarsi sul punto il principio sancito dalle ### per cui “il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento” (Cass. Civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533). Nel caso di specie l'appellante non ha provato di aver adempiuto al pagamento dei due bagni, che era l'oggetto della domanda, ma si limita semplicemente a affermare di aver già adempiuto, e che successivamente al 2005, anno in cui si sarebbero conclusi tali lavori, non vi fosse più alcun rapporto tra le parti. Alla luce del fatto che l'appellante-debitore non ha provato di aver adempiuto l'obbligazione di pagamento che era stata dedotta in giudizio dal creditore, non si può che rigettare l'eccezione reiterata con i motivi d'appello. 8. Infine l'appellante contestava il valore probatorio della fattura, in quanto atto prodotto unilateralmente dal creditore. A tal proposito è consolidato l'orientamento della Suprema Corte, la quale ritiene che “la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla sua funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all'esecuzione di un contratto (come l'elenco delle merci, il loro prezzo, le modalità di pagamento ed altro), si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all'altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito, sicché solamente quando tale rapporto sia contestato fra le parti la fattura, non può assurgere a prova del negozio ma costituisce al più un mero indizio” (Cass. civ., Sez. II, 20/05/2004, n. 9593). Nel caso in cui il convenuto nulla abbia eccepito in relazione a tali fatti, gli stessi devono considerarsi come pacifici sicché l'attore è esonerato da qualsiasi prova al riguardo ed è inammissibile la contestazione dei medesimi fatti in sede di legittimità ( civ., Sez. III, 03/07/2008, n. 18202)”. Deve ribadirsi qui quanto sopra dedotto; cioè che l'appellante non ha contestato l'esistenza del rapporto avente ad oggetto la realizzazione dei due bagni, motivo per cui la fattura può Corte di Appello di Napoli - procedimento n. 1190/2020 - sentenza - assumere valore di indizio rilevante, secondo l'insegnamento della ### Tali valutazioni devono essere fatte anche rispetto all'entità del credito, alla luce di quanto indicato nelle fatture e negli altri documenti prodotti nel corso del giudizio. 9. Alla luce di quanto indicato l'appello deve essere rigettato. Alla soccombenza consegue l'obbligo delle spese processuali, liquidate in base ai parametri di cui al D.M. 54/2013, con valori compresi tra minimi e medi, in conseguenza della non eccessiva impegnatività della causa, esclusa la fase istruttoria, non svolta in appello, come da dispositivo. In conseguenza del rigetto, l'appellante è esposto al pagamento del doppio del contributo unificato. PQM La Corte di Napoli, ### sezione civile ### causa d'appello tra ### e ### & C. S.A.S. così dispone: I. rigetta l'appello; II. condanna l'appellante al pagamento delle spese di lite in favore della ### di ### & C. s.a.s., liquidate in complessive 2.500### oltre al rimborso forfettario, nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, con attribuzione in favore del difensore dichiaratosi anticipatario, come espressamente richiesto. III. Dichiara che l'appellante ### è esposto al pagamento del doppio del contributo unificato. Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 03/05/2022. Dott. ### estensore




sintesi e commento
Contratti d'Appalto e Onere della Prova: Una Sentenza Chiave
La Corte d'Appello di Napoli si è pronunciata in merito a una controversia derivante da un contratto d'appalto, focalizzandosi sull'onere della prova in relazione all'adempimento delle obbligazioni contrattuali e al valore probatorio delle fatture.
La vicenda trae origine da un ricorso per decreto ingiuntivo presentato da una ditta edile nei confronti di un committente per il mancato pagamento di una fattura relativa a lavori eseguiti. Il committente si opponeva al decreto, contestando l'esistenza di un valido contratto, la genericità della pretesa creditoria, la carenza di legittimazione passiva, l'assenza di prestazioni d'opera e la validità della fattura come prova del credito. Il Tribunale rigettava l'opposizione, confermando il decreto ingiuntivo.
Il committente appellava la sentenza di primo grado, riproponendo le proprie contestazioni. In particolare, eccepiva l'irregolarità della fattura, la mancanza di prova del rapporto contrattuale successivo al 2005 e contestava il valore probatorio della fattura stessa, in quanto atto unilaterale del creditore.
La Corte d'Appello ha rigettato l'appello, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno ritenuto che l'erronea indicazione del numero di fattura costituisse un mero errore materiale, non inficiante la validità della pretesa creditoria. Hanno inoltre affermato che l'estratto autentico del registro IVA e fatture, corredato di certificazione notarile, costituisce prova sufficiente della regolarità della fattura.
La Corte ha poi affrontato la questione dell'onere della prova. Richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, ha ribadito che, in caso di contestazione dell'adempimento, spetta al debitore provare di aver eseguito la prestazione dovuta. Nel caso di specie, il committente non aveva fornito alcuna prova del pagamento dei lavori eseguiti, limitandosi ad affermare di aver già adempiuto.
Infine, la Corte si è pronunciata sul valore probatorio della fattura. Pur riconoscendo che la fattura, in quanto atto unilaterale, non costituisce di per sé prova del contratto, ha precisato che essa può assumere valore indiziario rilevante qualora il rapporto contrattuale non sia contestato tra le parti. Nel caso in esame, il committente non aveva contestato l'esistenza di un rapporto contrattuale, seppur limitato a lavori eseguiti nel 2005, pertanto la fattura poteva essere considerata un indizio a sostegno della pretesa creditoria.
Sulla base di tali considerazioni, la Corte d'Appello ha rigettato l'appello, confermando la condanna del committente al pagamento delle somme ingiunte e delle spese processuali.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.