CORTE D'APPELLO DI PALERMO
Sentenza n. 335/2023 del 16-02-2023
principi giuridici
In tema di responsabilità medica, l'incompletezza della documentazione relativa all'atto operatorio, non consentendo la verifica del rispetto delle buone pratiche mediche, è valutata a carico della struttura sanitaria alla luce del criterio di vicinanza della prova.
In tema di responsabilità medica, la dichiarazione postuma di un sanitario coinvolto nella vicenda, resa solo dopo l'avvio del contenzioso, non è sufficiente a inficiare le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, qualora non supportata da riscontri oggettivi e non esplicitata nella descrizione dell'atto operatorio.
In tema di responsabilità medica, la mancata effettuazione di adeguata programmazione pre-operatoria, comprensiva di ulteriori esami strumentali volti a conoscere le condizioni degli apparati interni coinvolti, e la mancata richiesta di partecipazione di un chirurgo generale e/o un urologo, in presenza di difficoltà dell'intervento, integrano profili di colpa grave imputabili all'équipe medica.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.
testo integrale
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Palermo - ### riunita in ### di Consiglio e composta dai ###ri Magistrati: 1) Dott. ### 2) Dott.ssa ### 3) Dott.ssa ### rel. est. ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 1101 del ### degli ### dell'anno 2020 TRA ### P.I:### rappresentata e difesa, per procura in atti, dall'Avv. ### ed elettivamente domiciliata presso lo studio del predetto, in ###### C.F. ###, rappresentata e difesa dall'Avv. ### per procura in atti, elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. ### in ####. ### dell'appellante: ### all'###ma Corte d'Appello adita adversis reiectis, in accoglimento dei superiori motivi e richieste, ammettere in rito il presente appello e, in totale riforma della sentenza impugnata: In via preliminare, rinnovare la #### al fine di verificare la carenza del nesso di causalità tra la condotta dei sanitari e l'evento dannoso lamentato dalla ###ra ### oltre al corretto operato dei medesimi sanitari che ebbero in cura la medesima; - In via principale, per tutti i motivi esposti in narrativa, ritenere e dichiarare tutte le domande di parte compresa la richiesta di risarcimento del danno infondate in fatto e diritto e, per l'effetto, rigettarle. Con vittoria di spese, competenze ed onorari. Conclusioni dell'appellata: ### all'###ma Corte di Appello di ### rigettata l'istanza di rinnovazione di CTU in quanto inammissibile ex art.345 comma 3 c.p.c.: - dichiarare improcedibile e/o inammissibile ai sensi dell'art. 342 c.p.c. e dell'art. 348 bis c.p.c. l'appello proposto; - rigettare nel merito l'appello spiegato, in quanto inammissibili e infondati tutti i motivi; - in ogni caso confermare il gravato provvedimento, con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi di giudizio oltre accessori come per legge. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con sentenza n. 466 del 19 giugno 2020 il Tribunale di ### decidendo nella causa promossa da ### nei confronti dell'### (### di ### condannava l'ente convenuto a corrispondere all'attrice l'importo complessivo di ### oltre interessi legali dalla pronunzia al saldo e spese di lite, con imputazione definitiva a carico della ASP anche dei costi della consulenza medico-legale disposta di ufficio. Il giudice di prime cure valutava che fosse stata raggiunta adeguata prova del nesso eziologico e della responsabilità colposa della prefata struttura ospedaliera per i danni psicofisici anche di natura permanente riportati dalla ### a causa delle complicanze seguite ad un intervento programmato di isterectomia totale e annessectomia bilaterale cui era stata sottoposta il ### presso il ### “### di Dio” di ### In sintesi, facendo proprie le argomentazioni e le conclusioni del consulente di ufficio, dott.ssa ### per come supportate anche dal parere di uno specialista in ginecologia, il Tribunale riteneva dimostrato che nel corso della predetta operazione chirurgica fosse stata provocata una lesione all'uretere destro della paziente, per giorni non diagnosticata anche a causa della impossibilità di effettuazione di una TAC addominale per un guasto dell'apparecchio, la quale aveva dato luogo dapprima ad una subocclusione intestinale, oggetto di un intervento chirurgico mirato, poi alla creazione di una fistola ureterovaginale la quale - a quel punto riscontrata la lesione - aveva imposto l'effettuazione il ### (in realtà il ###) di un intervento di ureteroneocistostomia destra con tecnica antireflusso e plastica della parete addominale e poi il ### di un intervento correttivo necessitato dalla deiscenza della ferita. Riscontrava, in adesione alle conclusioni dell'ausiliario, profili di imperizia, negligenza e imprudenza nel comportamento dell'equipe medica del reparto di ginecologia che aveva eseguito il primo intervento per la omessa osservanza di quelle misure e strategie - ivi compresa la richiesta di ausilio di un chirurgo generale e di un urologo al tavolo operatorio - che, secondo le indicazioni della buona scienza medica, sarebbero state in grado, in termini di elevata probabilità, di evitare il verificarsi della lesione ureterale e delle sequele, ma anche una responsabilità immediata dell'ente convenuto per c.d. “difetto di organizzazione”, in relazione al guasto del macchinario ### circostanza che aveva contribuito a ritardare l'accertamento della lesione. Proponeva appello l'ASP chiedendo, in via preliminare, la rinnovazione della consulenza tecnica e, nel merito, il rigetto della domanda originaria. Si doleva del fatto che il giudice di prime cure, accogliendo acriticamente le conclusioni del C.T.U., avesse omesso del tutto di valutare il contenuto della relazione del proprio consulente, dott.ssa ### e dell'allegato parere “pro veritate” stilato dal #### che avevano sostenuto che l'intervento chirurgico praticato alla ### il ### al fine di debellare una neoplasia maligna (carcinoma endometriale), connotato da non esigua complessità anche per condizioni particolari della paziente (che presentava una distorta anatomia del tratto pelvico, con presenza di aderenze e di varicocele), era stato attuato nel rispetto di ogni buona pratica e che la lesione ureterale, di cui peraltro era stata esclusa la presenza dal chirurgo che aveva eseguito con successo il ### l'intervento di rimozione della subocclusione intestinale, aveva costituito una conseguenza non immediatamente rilevabile e comunque non prevenibile, rimarcando come le complicanze erano state poi prontamente curate tramite i successivi tre interventi effettuati in un ristretto arco temporale. Si costituiva la appellata eccependo la nullità della notifica dell'atto di gravame e, comunque, chiedendo che lo stesso venisse dichiarato inammissibile ai sensi sia dell'art.342 c.p.c. che dell'art.348 bis c.p.c. o, in ogni caso, rigettato. Ciò posto, la questione afferente alla invalidità della notifica dell'atto di impugnazione risulta, a monte di ogni altra valutazione, sanata dalla costituzione della parte appellata. Quanto alle ulteriori doglianze preliminari, ritiene la Corte che l'appello, pur connotato da una esposizione non sempre ordinata dei profili di doglianza, superi il vaglio di ammissibilità nella misura fa emergere con sufficiente chiarezza sia il “quantum appellatum” sia, pur se con continui passaggi tra argomentazioni dirette e richiami agli scritti dei consulenti di parte, le ragioni del dissenso rispetto al percorso motivazionale seguito dal primo giudice e la loro idoneità a determinare l'invocata riforma integrale della decisione censurata (v. Cass. ord. 21336/2017 e S.U. N.27199/17). Nel merito, il fondamentale profilo di censura, quello afferente alla lamentata omessa valutazione da parte del primo giudicante della consulenza di parte della dott.ssa ### e del parere pro-veritate del #### non risulta fondato. Esso non tiene conto del fatto che: a) siffatti apporti valutativi, peraltro in gran parte meramente recettivi di quanto addotto nella sua relazione dal dott. ### primario del reparto di ### del prefato ospedale e capo della equipe che aveva eseguito l'intervento di isterectomia “incriminato”, erano stati posti in visione al consulente di ufficio, in sede di osservazioni alla bozza di relazione; b) l'ausiliario aveva escluso che emergessero elementi per modificare le proprie conclusioni, ribadendo e meglio esplicitando gli addebiti mossi alla suddetta equipe, come si esporrà nel prosieguo (si rimanda alle pag.46-48 della relazione finale depositata dalla dott.ssa ### e all'allegato parere del 20.3.2018 dello specialista, dott. ###; c) nessun richiesta di richiamo del consulente venne compiuta in primo grado dalla ### della ### che neppure depositava gli scritti conclusionali; d) il primo giudice ha dichiarato espressamente di condividere, ritenendola “scevra da vizi logici e ben motivata”, l'intera CTU “anche in ordine alla risposta alle osservazioni dei CTP” (v. pag.8 della sentenza), affermazione che, per costante giurisprudenza, assolve l'onere motivazionale in quanto si sostanzia in una ponderata adesione ad un atto ben conosciuto alle parti evitando inutili ripetizioni di argomentazioni già adeguatamente esplicitate dallo specialista (in questo senso, si veda la parte motivazionale della sentenza della Cassazione n.21504/2018, opportunamente citata dall'appellata, ed i precedenti conformi ivi richiamati). Nel dettaglio, la consulenza tecnica aveva in effetti ricostruito adeguatamente, sia pure con una certa disorganicità espositiva, lo sviluppo eziologico della vicenda e individuato i profili di responsabilità dell'ente convenuto. Sotto il primo aspetto, aveva ritenuto che la lesione ureterale - che veniva direttamente visionata nel corso dell'intervento riparatore del 21.11.2013 mediante ureteroscopia con strumento 9.5 FR e così descritta: “a tre cm dalla papilla si evidenzia ampia lesione ureterale con distacco parziale della parete” - si fosse certamente verificata nell'ambito delle manovre eseguite dagli operatori della isterectomia, costituendo, peraltro, una complicanza di tale operazione chirurgica ben nota nella letteratura di settore, come anche riconosciuto negli scritti difensivi della ### Né l'affermazione del dott. Napolitano, capo della equipe che ebbe a condurre in data ### il secondo intervento sulla ### quello mirato a rimuovere la subocclusione intestinale, resa solo nella sua relazione stilata dopo l'avvio del contenzioso, secondo cui, a seguito della “esplorazione sistematica” dell'area addominale operata in quella sede ###si evidenziarono lesioni iatrogene, può essere in grado di inficiare le logiche e verificabili conclusioni del C.TU., ove solo si consideri che si tratta di una dichiarazione postuma (mentre nella descrizione dell'atto operatorio non si dà atto di un tale controllo) e proveniente da uno dei sanitari comunque coinvolti nella vicenda. E' rimasta, poi, in alcun modo esplicitata dalla C.T.P. dott.ssa ### l'ipotesi alternativa che ricondurrebbe l'ampia lesione ad una “verosimile” necrosi parietale e ciò a maggior ragione ove si consideri che non risulta che l'uretere destro fosse adeso o direttamente interessato alle manovre di viscerolisi. Il diretto rapporto di causalità tra la lesione e la subocclusione intestinale manifestatasi nei giorni immediatamente successivi all'isterectomia è stato poi illustrato dal perito che spiegava come l'anomalo passaggio di urina nella cavità addominale ebbe a provocare una reazione flogistica tale da indurre all'”inginocchiamento” di un'ansa ileale (“A causa di tale lesione, passata misconosciuta nel corso dell'intervento chirurgico ginecologico, le urine dalla soluzione di continuo ureterale passavano nella cavità addominale con ciò scatenando un'intensa reazione flogistica che si estrinsecava nella produzione di briglie aderenziali di fibrina, una delle quali, comportando l'inginocchiamento di un'ansa ileale, determinava subocclusione intestinale”, pag.38 della relazione di consulenza). Anche in questo caso, la tesi alternativa prospettata dal CTP dell'ASP per spiegare l'insorgenza della subocclusione - quella di un “patologico processo” dipeso da una specifica tendenza dell'organismo della ### a produrre aderenze (v. pag.12 della CTP della dott.ssa ### - è stata solo assertivamente suggerita ma in nessun modo sviluppata. Va del resto ricordato che siffatto passaggio anomalo di liquidi, foriero della insorgenza della fistola (pag.42 C.T.U.), sarebbe poi stato definitivamente conclamato dagli stessi sanitari, alla luce dalla valutazione dai dati clinici, in particolare degli esami compiuti sul liquido di drenaggio, e, quindi, delle prove effettuate somministrando apposito mezzo di contrasto ed avrebbe reso necessario l'intervento ricostruttivo del 20.11.2011 e poi quello del 18.12.2013, imposto dalla riapertura della ferita chirurgica. Tanto ribadito sul piano del nesso eziologico, per quanto riguarda l'elemento soggettivo il consulente di ufficio, basandosi anche sull'apporto fornito dallo specialista dott. ### individuava una pluralità di addebiti nei confronti dei sanitari autori dell'intervento di isterectomia che possono così sintetizzarsi: a) non avere effettuato - non emergendo dati di segno contrario dalla documentazione medica - stante la già nota difficoltà dell'intervento (non tanto, come spiegato nel parere del dott. ### in sé o per la presenza del carcinoma, comunque circoscritto, ma per le condizioni particolari dell'area pelvica della paziente, emerse dalla TAC espletata nei giorni precedenti), una adeguata programmazione e, in particolare, l'effettuazione di serie di ulteriori esami strumentali (meglio indicati a pag. 30 della c.t.u. ) al fine di conoscere il più possibile anticipatamente le condizioni e posizioni degli apparati interni coinvolti nell'intervento (a tale riguardo, risulta dalla c.t.u. ma emerge anche dalla relazione del dott. ### l'esistenza una significativa variabilità individuale nella distanza tra gli ureteri e l'utero); b) non avere, durante l'intervento, verificato l'intero decorso degli ureteri, verifica attuabile in diversi modi (visualizzazione diretta, valutazione della peristalsi, palpazione) e, dopo la rescissione delle aderenze, accertato scrupolosamente l'assenza di lesioni; c) non avere, al fine di effettuare adeguatamente siffatte operazioni, preventivamente richiesto la partecipazione di un chirurgo generale e/o un urologo, certamente reperibili tenuto conto delle dimensioni della struttura nosocomiale. In particolare, in relazione all'addebito di cui alla superiore lettera b), il consulente di ufficio ha rimarcato la parziale illeggibilità e comunque la carenza esplicativa del documento descrittivo dell'atto operatorio - incompletezza che non può che essere valutata a carico della parte convenuta alla luce del criterio di vicinanza della prova (v. Cass. sent. 6209/2016, 12218/15, 27561/17, 26428/2020) - evidenziando, in risposta alle osservazioni del CTP dell'ASP, come la circostanza che in esso si desse laconicamente atto dell'apertura del peritoneo e, quindi, del fatto che gli ureteri risultassero “indenni” (evidentemente rispetto alla prolificazione del carcinoma endometriale) non fornisce alcun dato certo e positivo in merito al controllo degli stessi per il loro intero decorso con una delle modalità sopra indicate, imposte dalla buona prassi medica per scongiurare il rischio poi concretizzatosi. Ai suddetti profili di colpa grave imputabili alla suddetta equipe, deve poi aggiungersi, come già accennato, il ritardo diagnostico dovuto non solo alla impossibilità di esecuzione della TAC per il guasto dell'apparecchiatura ma anche alla evidente negligenza dei sanitari del reparto di ### nell'arco temporale di degenza post-operatorio compreso tra il 16 e il 19 novembre 2013, nella “lettura” dei dati degli esami di laboratorio che già rendevano evidente l'anomala presenza di urina nel cavo addominale (vedasi sul punto pag. 41 dell'elaborato peritale). Siffatto ritardo, che pure il consulente ha ritenuto non potersi ritenere incidente, in base ad una valutazione ex post, rispetto alla entità dei postumi invalidanti, ha però evidentemente allungato il periodo di inabilità temporanea patito dalla ### In conclusione, non avendo l'appellante, in base ai criteri di riparto dell'onere probatorio già ampiamente illustrati nella decisione impugnata, fornito elementi certi per sovvertire le coerenti argomentazioni del consulente di ufficio e dimostrare il diligente assolvimento degli obblighi posti a suo carico dal c.d. “contratto di spedalità”, il gravame va rigettato. La regolamentazione delle spese di lite segue la soccombenza onde l'appellante deve essere condannata a alla refusione anche delle spese di grado sostenute dalla controparte che si liquidano, tenuto conto del valore della causa ed applicando i parametri tariffari prossimi ai minimi, attesa la modesta complessità del presente giudizio di appello, per le fasi svolte (studio, introduttiva, decisionale), in complessivi ### oltre spese forfettarie ex D.M. n. 55/2014, c.p.a. ed iva come per legge. P.Q.M. La Corte di Appello, definitivamente pronunziando, nel contraddittorio delle parti; conferma la sentenza n. 466 emessa dal Tribunale di ### in data 19 giugno 2020 appellata dall'### di ### Condanna l'appellante a rifondere all'appellata, ### le spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in complessivi ### oltre spese forfettarie ex D.M. n. 55/2014, c.p.a. ed iva come per legge. Dà atto della sussistenza dei presupposti indicati dall'art. 13 comma 1 quater D.P.R. 30.5.2002 n. 115 per richiedere all'appellante, ove dovuto, il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per l'impugnazione stessa. Così deciso in ### in data 2 febbraio 2023. ### est. ###ssa ####




sintesi e commento
Responsabilità Medica: Conferma della Condanna per Errore Chirurgico e Ritardo Diagnostico
La Corte d'Appello si è pronunciata in merito a una vicenda di responsabilità medica derivante da un intervento di isterectomia totale e annessiectomia bilaterale. La paziente aveva subito, durante l'operazione, una lesione all'uretere destro, non immediatamente diagnosticata a causa di un guasto tecnico alla strumentazione diagnostica e, successivamente, per una presunta negligenza nella lettura degli esami di laboratorio. Tale lesione aveva comportato una serie di complicanze, tra cui una subocclusione intestinale e la formazione di una fistola uretero-vaginale, che avevano reso necessari ulteriori interventi chirurgici correttivi.
In primo grado, il Tribunale aveva accolto la domanda risarcitoria della paziente, ritenendo sussistente il nesso causale tra la condotta dei sanitari e i danni subiti, nonché la responsabilità colposa della struttura ospedaliera per imperizia, negligenza e imprudenza dell'équipe medica. Il Tribunale aveva inoltre ravvisato un difetto di organizzazione dell'ente ospedaliero, legato al guasto del macchinario, che aveva contribuito a ritardare la diagnosi della lesione.
L'azienda sanitaria ha impugnato la sentenza di primo grado, contestando la valutazione delle prove e lamentando la mancata considerazione della consulenza tecnica di parte, che escludeva profili di responsabilità. La Corte d'Appello ha rigettato l'appello, confermando la decisione del Tribunale. I giudici di secondo grado hanno ritenuto che l'appello, pur presentando alcune imprecisioni espositive, fosse ammissibile in quanto esprimeva chiaramente le ragioni del dissenso rispetto alla sentenza impugnata.
Nel merito, la Corte ha evidenziato che la consulenza tecnica di parte era stata comunque sottoposta al consulente d'ufficio, il quale aveva confermato le proprie conclusioni. I giudici hanno inoltre sottolineato che il Tribunale aveva espressamente aderito alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, ritenendola esente da vizi logici e adeguatamente motivata, assolvendo così l'onere motivazionale.
La Corte d'Appello ha condiviso le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, il quale aveva individuato una serie di negligenze da parte dell'équipe medica, tra cui la mancata programmazione adeguata dell'intervento, la mancata verifica del decorso degli ureteri durante l'operazione e la mancata richiesta di supporto da parte di un chirurgo generale o di un urologo. I giudici hanno inoltre confermato il ritardo diagnostico, imputabile non solo al guasto del macchinario, ma anche alla negligenza dei sanitari nella lettura degli esami di laboratorio.
Pertanto, la Corte d'Appello ha confermato la condanna dell'azienda sanitaria al risarcimento dei danni subiti dalla paziente, ribadendo la sussistenza del nesso causale tra la condotta dei sanitari e le complicanze post-operatorie, nonché la responsabilità colposa della struttura ospedaliera per imperizia, negligenza e difetto di organizzazione.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.