CORTE DI CASSAZIONE
Sentenza n. 2575/2018 del 02-02-2018
principi giuridici
La costituzione in giudizio dell'appellata sana, con efficacia ex tunc, la nullità della notificazione dell'atto di appello.
In tema di associazioni professionali, l'art. 36 cod. civ. consente agli associati di attribuire all'associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati; ne consegue che, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l'incarico.
La parcella per il pagamento dei compensi professionali non ha carattere vincolante, salvo che la stessa sia conforme ad un pregresso accordo o espressamente accettata dal cliente.
Ai fini dell'art. 41 del d.m. n. 140 del 2012, i nuovi parametri per la commisurazione dei compensi professionali si applicano in tutti i casi in cui la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto, purché, a tale data, la prestazione professionale non sia ancora completata.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.
testo integrale
SENTENZA sul ricorso 26772-2013 proposto da: ### S.L. (già ####.A.), società di diritto spagnolo, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in #### 78, presso lo studio dell'avvocato ###, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati #### - ricorrente - contro ####, in persona dei legali rappresentanti ### e ### nonché ### in proprio e quale associato dello ### del ### dottori commercialisti, elettivamente domiciliati in #### 35, presso lo studio dell'avvocato ### che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato ### MENCHINI; - controricorrenti - avverso la sentenza n. 1120/2013 della CORTE ### di GENOVA, depositata il ###; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/12/2017 dal ### udito il P.M. in persona del ### che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo e per il rigetto dei restanti motivi del ricorso; udito l'###, con delega orale dell'### difensore della ricorrente, che si riporta agli atti depositati; udito l'### difensore dei controricorrenti, che ha chiesto il rigetto del ricorso. Esposizione del fatto Con citazione notificata il 15 gennaio 1999 lo ### professionale associato ### conveniva innanzi al Tribunale di Massa la ### spa, per sentirla condannare al pagamento del compenso dovuto per lo r svolgimento di incarico professionale, avente ad oggetto la consulenza ed ### assistenza nel compimento di un'operazione societaria, avente ad oggetto il subentro di detta società nella quota di partecipazione al capitale sociale della ### di ### pari al 65%, utilizzando strumenti alternativi alla cessione delle quote. ### costituitasi, resisteva deducendo che l'incarico era stato affidato a professionisti appartenenti ad un diverso studio professionale( studio Cuatercasas) , che le prestazioni professionali del dott. ### avrebbero avuto come controparte contrattuale e destinataria la società ### e che, in ogni caso, il compenso pattuito doveva ritenersi eccessivo. Successivamente interveniva volontariamente in giudizio il dott. ### chiedendo l'accoglimento delle domande proposte dalla studio associato ed, in ogni caso, la condanna della convenuta a corrispondergli in proprio le somme liquidate. Il tribunale, espletate consulenze tecniche d'ufficio, dichiarava inammissibile la domanda dello studio associato ### e respingeva la domanda dell'interveniente ### nei confronti di ### s.a. per intervenuta prescrizione della relativa azione. Avverso la sentenza di primo grado proponevano appello sia lo studio associato che il ### in proprio. 1 La Corte d'appello, in riforma della sentenza di primo grado, condannava l'appellata ### al pagamento di 233.570,00 ### oltre ad interessi e dichiarava assorbite le domande proposte dal dott. ### in proprio e quale associato. La Corte territoriale, in particolare, ritenuto che l'atto di appello dello studio associato era stato validamente notificato, affermava la legittimazione dell'associazione professionale ai sensi dell'art. 81 cpc, in ragione del fatto che la stessa aveva formulato la domanda di condanna nei confronti della ### in proprio per l'attività professionale fornita tramite uno dei suoi associati. Il giudice di appello affermava, inoltre, la tardività della contestazione della ### in ordine alla titolarità del rapporto, in quanto sollevata per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni. Avuto riguardo all'ammontare del credito, la Corte, condividendo le conclusioni del ### riconosceva i massimi di tariffa , in considerazione della natura , degli elementi caratterizzanti e del valore della prestazione professionale, nonchè del risultato economico e dei vantaggi conseguiti dal cliente. Applicava inoltre la maggiorazione di cui all'art. 6 comma 1 della Tariffa professionale in misura del 50%, ed una riduzione del 20% ex art. 15 della ### per essere stata l'attività professionale svolta in concorso con altri professionisti. ### del dott. ### in proprio, veniva dichiarato assorbito per effetto dell'accoglimento, nei limiti su indicati, dell'appello dell'associazione professionale. Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso la ### s.l. ( già ### s.a.), con sei motivi. 2 Lo studio ### e ### ed il dott. ### in proprio hanno resistito con controricorso. Motivi della decisione Il primo motivo denuncia la violazione dell'art. 82 RD 37/1934 e dell'art. 330 cpc, in relazione all'art. 360 n.4 cpc, deducendo l'inesistenza o nullità dell'impugnazione, con conseguente inammissibilità dell'appello, per intervenuto passaggio in giudicato della sentenza impugnata. La ricorrente deduce al riguardo che l'atto di appello proposto dallo studio associato ### e ### , nonchè dal dott. ### in proprio, era stato notificato sia presso lo studio dell'avv. ### che si era peraltro nel frattempo cancellato dall'albo, sia presso lo studio dell'avv. ### in ### cioè in un luogo extradistrictum. Da ciò, ad avviso del ricorrente, l'inesistenza della notifica. La successiva costituzione in giudizio della odierna ricorrente, dunque, era del tutto inidonea a sanare detta inesistenza, posto che la sentenza era nel frattempo passata in giudicato. E ciò anche nell'ipotesi in cui si ritenesse configurabile non già l'inesistenza ma la nullità della notifica, attesa l'efficacia ex nunc della sanatoria per tardiva costituzione in giudizio dell'appellata, inidonea a far venir meno il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Il motivo è infondato. Va anzitutto esclusa l'inesistenza della notificazione. ### della notificazione del ricorso per cassazione è infatti configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza 3 materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali, idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell'attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall'ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, "ex lege", eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l'atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa. Il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita, in particolare, non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell'atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell'ambito della nullità dell'atto, come tale sanabile, con efficacia "ex tunc", o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c. (Cass.Ss.Uu.14916/2016). Nel caso di specie, dunque, la costituzione in giudizio dell'appellata ha sanato con efficacia ex tunc la nullità della notificazione. 4 Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 81 cpc, degli art. 2229 c.c. e agli artt. 1 e 2 1.1815 del 1939 per avere la Corte ritenuto la legittimazione attiva dello studio associato #### a fronte di un'attività professionale svolta dal dott. ### in proprio. Da qui la mancanza di un diritto di credito dello studio professionale e la conseguente carenza di legittimazione attiva, rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio. ### la prospettazione della ricorrente lo studio professionale associato non può sostituirsi ai singoli professionisti nei rapporti con la clientela, ove si tratti di prestazioni per le quali la legge richiede particolari titoli di abilitazione di cui soltanto il singolo può essere in possesso, ed inoltre esso può stare in giudizio in persona dei componenti o di chi abbia la rappresentanza legale, ma solo a condizione che la prestazione di cui si chiede la liquidazione non abbia natura personale. Il motivo è destituito di fondamento. Conviene premettere che, come questa Corte ha già affermato, l'art. 36 cod. civ. stabilisce che l'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all'associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati. Ne consegue che, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato - cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro d'imputazione di rapporti giuridici - rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del 5 cliente conferente l'incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi(Cass. 15694/2011; 15417/2016). Rilevato dunque che l'associazione professionale costituisce autonomo centro di imputazione giuridica, e che l'odierna ricorrente ha contestato tardivamente l'esistenza di un accordo interno che attribuisse all'associazione la titolarità del diritto di credito a fronte di prestazione professionale posta in essere da uno degli associati, non può configurarsi la carenza di legittimazione attiva della associazione stessa, la quale ha chiesto, in proprio, il pagamento del compenso derivante dall'attività professionale dal ### quale credito dell'associazione. Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 115 e 116 cpc in relazione all'art. 360 n.3) cpc, nonché l'omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 n.5) cpc, in relazione alla prova di incarichi professionali dai quali possa discendere un diritto di credito dello studio professionale nei confronti della ricorrente. Il motivo è infondato. La Corte territoriale ha infatti accertato , con valutazione di merito, logica ed adeguatamente motivata e dunque non sindacabile nel presente giudizio e fondata sull'esame delle complessive acquisizioni istruttorie, l'esistenza dell'obbligazione della ricorrente di pagare il compenso in favore dello studio professionale per l'opera prestata. Il giudice di appello ha infatti fondato il proprio convincimento non solo sul conseguimento del risultato in capo alla ricorrente, ma pure sulla valutazione dell'ampia corrispondenza intercorsa tra le parti, nonché 6 sugli accertamenti del ### desumendo la prova del rapporto tra le parti dalla complessiva valutazione degli elementi acquisiti in atti. Il quarto motivo denuncia la violazione dell'art. 2399 c.c. , nonchè degli artt. 115 e 116 cpc, in relazione all'art. 360 n.3) cpc, nonché l'omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 n.5) cpc, avuto riguardo all'omessa valutazione della valenza impeditiva della carica di sindaco o consuelnte di ### spa, controllata dalla ricorrente, rispetto alle pretese economiche fatte valere nel presente giudizio contro ### La ricorrente rileva al riguardo che nel periodo in cui furono svolte le pretazioni professionali per cui è causa il ### ricopriva la carica di sindaco della società ### controllata dalla ### al 99%. Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza. ###. 2399 c.c. nella formulazione anteriore alla riforma delle società di cui al d.lgs. 6/2003, applicabile ratione temporis al caso di specie, disponeva infatti l'ineleggibilità, o se eletti, l'automatica decadenza dalla carica di sindaco di coloro che erano legati alla società o alle società da questa controllate da un rapporto continuativo di prestazione d'opera retribuita. Tale disposizione prevedeva dunque quale conseguenza dell'incompatibilità tra la qualifica di sindaco e l' attività di consulenza la sanzione dell'ineleggibilità all'ufficio di sindaco o la decadenza, ma non l'inefficacia del contratto di consulenza, né il venir meno del diritto ad ottenere il compenso per detta attività. Il quinto motivo denuncia la violazione dell'artt. 2233 c.c., dell'art. 115 cpc , nonché l'omessa valutazione di una prova documentale e l'omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, in relazione alla lettera, datata 12 7 luglio 1997, a firma del dott. ### contenente la determinazione del proprio compenso per l'attività professionale svolta, in misura di lire 110.000.000. Pure tale motivo va respinto, in quanto il documento in esame, prodotto peraltro oltre il termine di cui all'art. 184 cpc e direttamente preso in esame dalla ctu, è carente di decisività. Ed invero, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, la parcella per il pagamento dei compensi non ha carattere vincolante salvo che la stessa sia conforme ad un pregresso accordo o espressamente accettata dal cliente(Cass. 6454/2008). Di conseguenza qualora il professionista, dopo aver presentato al proprio cliente una parcella per il pagamento dei compensi spettanti, redatta in conformità ai minimi tabellari, richieda, successivamente, per le stesse attività un pagamento maggiore sulla base di una nuova parcella, il giudice del merito, richiesto della liquidazione, salva l'ipotesi in cui la prima parcella abbia carattere vincolante in quanto conforme ad un pregresso accordo o espressamente accettata dal cliente, ben può valutare se esistono elementi - discrezionalmente apprezzabili - che facciano ritenere giustificata e legittima la maggiore richiesta, fermo restando il necessario apprezzamento di congruità degli onorari richiesti sulla base ed in funzione dei parametri previsti dalla tariffa professionale, il quale, se adeguatamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità. (Cass.621/1997).Nella formulazione della prima richiesta invero - possono aver assunto un ruolo determinante o concorrente, assieme alla valutazione dell'adeguatezza del compenso all'opera volta (in relazione ed in funzione dei parametri contemplati dalla tariffa professionale) altre 8 circostanze e considerazioni, oggettive o soggettive (ad es.: il rapporto amichevole col cliente; la situazione di difficoltà economica, nota al professionista, in cui quest'ultimo versi; l'attesa o l'aspettativa di un immediato o sollecito soddisfacimento della richiesta; ecc.), che abbiano determinato il professionista a contenere particolarmente la richiesta stessa e che più non sussistano all'atto di quella successiva, più elevata, sottoposta al vaglio dell'autorità giudiziaria. La determinazione ovvero la valutazione della congruità del compenso del professionista, sulla base ed in funzione dei parametri previsti dalla tariffa professionale, costituisce infatti esercizio del potere discrezionale del giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato. Al fine di confutare efficacemente la determinazione giudiziale del compenso non è dunque sufficiente far riferimento ad una precedente notula, a meno che la stessa, come sopra evidenziato, non abbia assunto, per essere stata pattuita con accordo negoziale o accettata dal cliente, carattere vincolante. Il sesto, articolato, motivo denuncia la violazione dell'art. 9 comma 1 d.1.2012 n.1, conv. nella 1. 24.3.2012 n.27) e 41 d.m. 140/2012, lamentando che la Corte d'Appello abbia erroneamente applicato le tariffe di cui al dpr 645/1994, in luogo di quelle introdotte con il d.m. 169/2010, nonchè violazione degli artt.113 e 114 cpc e carenza motivazionale per avere la Corte territoriale ritenuto eccessiva, in modo illogico, incomprensibile ed arbitrario, la riduzione del compenso applicata dalla ### Le diverse censure sono infondate. 9 ### che la prestazione professionale era stata interamente compiuta prima dell'entrata in vigore dei nuovi parametri, introdotti dalla legge 1/2012, da ciò consegue l'applicabilità della tariffa previgente. Agli effetti dell'art. 41 del d.m. n. 140 del 2012, infatti, i nuovi parametri, in base ai quali vanno commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, si applicano in tutti i casi in cui la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto purché, a tale data, la prestazione professionale non sia ancora completata, sicché non operano con riguardo ai casi, quale quello in esame, in cui la prestazione professionale debba ritenersi completata sotto il regime precedente (Cass. 2748/2016). Del pari infondata l'ulteriore censura avente ad oggetto l'entità della riduzione del compenso da parte del giudice di merito, per. Va al riguardo evidenziata la inammissibilità della doglianza di omessa o illogica motivazione , non più censurabile sulla base della nuova formulazione dell'art. 360 n.5) cpc, introdotta dall'art. 54 d.1.83/2012 conv. nella 1.134/2012, applicabile ratione temporis al caso di specie. Del pari inammissibile, per carenza di decisività, la dedotta violazione degli artt. 113 e 114 cpc, atteso che essa non coglie la ratio della pronuncia impugnata. La Corte territoriale, infatti, non ha proceduto ad una giudizio di equità, ma ha piuttosto proceduto a determinare la percentuale di riduzione della tariffa nella misura ritenuta congrua, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, facendo applicazione del potere discrezionale rimesso al giudice di merito e non sindacabile nel presente giudizio. 10 ons. Est. L- ### ricorso va dunque respinto e la ricorrente va condannata alla refusione delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto rispettivamente per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla refusione delle spese in favore dello ### che liquida in complessivi 8.200,00 , di cui 200,00 per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario, in misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater Dpr 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. Così deciso in ### il 5 dicembre 2017 ihno ~) eir\a ### \ ### ~#### 02 FEB. 2018




sintesi e commento
Legittimazione dello Studio Associato e Determinazione del Compenso Professionale: Analisi di una Sentenza
La pronuncia in esame trae origine da una controversia relativa al pagamento di compensi professionali maturati in relazione a un incarico di consulenza e assistenza per un'operazione societaria. Uno studio professionale associato conveniva in giudizio una società per ottenere il pagamento di quanto asseritamente dovuto per l'attività svolta. La società si difendeva eccependo che l'incarico era stato conferito a professionisti di un altro studio e contestando l'ammontare del compenso richiesto. Successivamente, un professionista interveniva volontariamente in giudizio, chiedendo l'accoglimento delle domande dello studio associato o, in subordine, la condanna della società al pagamento in proprio delle somme liquidate.
Il Tribunale, espletata una consulenza tecnica d'ufficio, dichiarava inammissibile la domanda dello studio associato e respingeva la domanda del professionista per intervenuta prescrizione. Avverso tale decisione, sia lo studio associato che il professionista proponevano appello. La Corte d'Appello, riformando la sentenza di primo grado, condannava la società al pagamento di una somma a titolo di compensi professionali, oltre interessi, e dichiarava assorbite le domande proposte dal professionista. La Corte territoriale affermava la legittimazione dello studio associato ad agire in giudizio, ritenendo tardiva la contestazione della società in ordine alla titolarità del rapporto. Quanto all'ammontare del credito, la Corte, aderendo alle conclusioni del ### riconosceva i massimi di tariffa, applicando una maggiorazione e una riduzione previste dalla tariffa professionale.
La società soccombente proponeva ricorso per cassazione, articolando diverse censure. In primo luogo, contestava la validità della notifica dell'atto di appello, eccependo l'inesistenza o nullità dell'impugnazione. La Suprema Corte ha rigettato tale motivo, precisando che l'inesistenza della notificazione è configurabile solo in casi estremi, mentre ogni altra difformità rientra nella categoria della nullità, sanabile con la costituzione in giudizio della parte intimata.
In secondo luogo, la società ricorrente contestava la legittimazione attiva dello studio associato, sostenendo che non potesse sostituirsi ai singoli professionisti nei rapporti con la clientela. La Corte di Cassazione ha respinto anche tale motivo, richiamando il principio secondo cui l'associazione professionale può essere titolare di rapporti giuridici e, quindi, legittimata ad agire per il recupero dei crediti derivanti dall'attività svolta dai singoli professionisti.
Ulteriori motivi di ricorso riguardavano l'esistenza dell'incarico professionale, la presunta incompatibilità tra la carica di sindaco ricoperta dal professionista e l'attività di consulenza, nonché la determinazione del compenso. La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati anche tali motivi, confermando la valutazione della Corte d'Appello sull'esistenza dell'obbligazione della società di pagare il compenso allo studio professionale, sulla irrilevanza della carica di sindaco ai fini della validità del contratto di consulenza e sulla corretta applicazione delle tariffe professionali.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.