CORTE D'APPELLO DI MILANO
Sentenza n. 3155/2022 del 10-10-2022
principi giuridici
La notifica dell'atto di citazione effettuata mediante allegazione in formato "pdf" alla ricevuta di avvenuta consegna nella casella PEC del destinatario, corredato di firma digitale in formato ### è valida, in quanto detta firma è equivalente a quella di tipo "CAdES".
In tema di azione revocatoria fallimentare, il pagamento effettuato da un terzo di un debito gravante sul fallito è revocabile, ai sensi dell'art. 67, comma 1, n. 2, l. fall., qualora si accerti che la relativa provvista abbia leso, direttamente o indirettamente, la par condicio creditorum, come quando il terzo, debitore del fallito, lo abbia eseguito con denaro a questi dovuto.
Ai fini dell'esenzione da revocatoria di cui all'art. 67, comma 3, lett. a, l. fall., per "termini d'uso" si intendono le modalità di pagamento consuetudinariamente adottate nel rapporto diretto tra le parti, con onere della prova a carico dell' accipiens.
In caso di consecuzione tra domanda di concordato preventivo e dichiarazione di fallimento, ai sensi dell'art. 69-bis l. fall., il dies a quo per il calcolo dei termini di decadenza dell'azione revocatoria va retrodatato alla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese, anche qualora la procedura di concordato preventivo non sia stata ammessa.
La prova della conoscenza dello stato di insolvenza del debitore poi fallito, richiesta ai fini dell'esercizio dell'azione revocatoria, può fondarsi su elementi indiziari, purché gravi, precisi e concordanti, idonei a far emergere, alla luce di una valutazione complessiva, l'effettiva situazione di decozione.
In sede fallimentare, non è operante la compensazione tra un credito vantato nei confronti del fallito e un debito derivante dall'accoglimento dell'azione revocatoria, in quanto difetta il requisito della reciprocità dei debiti e dei crediti.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.
testo integrale
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'### dai seguenti magistrati: ### rel. est. ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile R.G. n. 4507/18, promossa in grado di appello ###.F.P. S.R.L. (C.F. ###), elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. ### che la rappresenta e difende come da delega in atti; #### S.P.A. ### (C.F. ###), elettivamente domiciliata presso lo studio degli avv. ### e ### che la rappresentano e difendono come da delega in atti; ### delle parti ###.F.P. srl Voglia l'###ma Corte di Appello di Milano, contrariis reiectis, così giudicare: Nel merito, ed in via principale: in riforma della sentenza n. 6306/2018, pubblicata in data ###, e notificata in data ###, per le ragioni esposte in fatto e in diritto nel presente appello, ed in accoglimento dei motivi ivi svolti, respingere le domande proposte dalla società FTM in amministrazione straordinaria, mandando assolta ### srl da ogni domanda di condanna al pagamento di somme, ed in via subordinata: nella denegata ipotesi, disporre ex art.56 L.F la compensazione di ogni somma cui ### srl sarà tenuta, con il credito liquido ed esigibile, sorto anteriormente all'apertura della procedura pari ad €uro 66.206,61=. in via istruttoria: si insiste per la rimessione in termini, anche alla luce dell'ammissione dell'appellata in ordine alla produzione incompleta del doc.10) fasc. attoreo (ora appellata) che non è la copia conforme, ma solo la seconda (2/2) pagina delle due di cui il documento era costituito. In ogni caso: Con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi di giudizio. ### spa in Amministrazione Straordinaria La Corte d'Appello di Milano, contrariis reiectis e previa ogni più opportuna pronuncia, voglia rigettare le domande tutte ex adverso proposte, anche in via istruttoria, siccome giuridicamente infondate e, comunque, indimostrate, con rigetto del gravame ed integrale conferma della sentenza impugnata. Con vittoria dei compensi, maggiorati come per legge, e delle spese del presente giudizio. Svolgimento del processo ### s.p.a. in ### (d'ora in avanti ### conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Milano, U.F.P. s.r.l. (d'ora in avanti ###, per ottenere la dichiarazione di inefficacia: - ex art. 67 co. 1 n. 2 L.F., del pagamento di ### effettuato dalla terza ### e ### (d'ora in avanti ###, debitrice di ### in favore di ### in data ### (operazione economica n. 1); - ex art. 67 co. 2 L.F., di tre pagamenti, per il complessivo importo di ### (somma risultante dalla componente di tre diverse tranches di ### del 3.12.2012, di ### del 18.12.2012 e di ### del 8.3.2013), eseguiti da FTM in favore di UFP (operazione economica n. 2). A sostegno delle proprie domande, FTM deduceva la sussistenza di tutti i presupposti, oggettivi e soggettivi, richiesti dalla normativa fallimentare ai fini della revoca dei pagamenti, per il complessivo importo di ### Il Tribunale di Milano, dopo avere accertato la mancata costituzione di UFP e la regolarità della notifica dell'atto di citazione, ne dichiarava la contumacia e, senza svolgimento di attività istruttoria, con sentenza n. 6306/2018, accoglieva integralmente le domande attoree, revocando i pagamenti relativi alle due citate operazioni e condannando UFP a corrispondere a parte attrice l'importo complessivo di ### oltre interessi e spese processuali. Avverso tale decisione, UFP ha proposto appello in questa sede, chiedendone l'integrale riforma, previa sospensione, ex art. 283 c.p.c., della provvisoria esecutività delle statuizioni di condanna. Si è costituita ritualmente ### contestando tutto quanto ex adverso dedotto. La Corte, in via preliminare, ha rigettato l'istanza di sospensione della provvisoria esecutività della sentenza (cfr. ordinanza del 17.9.2020); quindi, precisate le conclusioni, come in epigrafe trascritte, e decorsi i termini assegnati alle parti per il deposito degli scritti conclusionali, la causa è stata decisa nel corso dell'odierna camera di consiglio. Motivi della decisione ### opportuno premettere una breve ricostruzione delle tappe della vicenda che ha condotto alla dichiarazione di insolvenza di ### - in data 30 maggio 2013 FTM depositava presso il Tribunale di Milano ricorso ex art. 161, comma 6, L.F., che veniva iscritto presso il Registro delle ### in data 31 maggio 2013; - il Tribunale concedeva, quindi, termine fino al 30 settembre 2013 per il deposito della proposta definitiva; - tuttavia, con decreto in data 27 giugno 2013, lo stesso Tribunale dichiarava l'inammissibilità della domanda di concordato in bianco, rilevando l'avvenuto pagamento da parte di ### in data successiva al deposito della domanda stessa, di crediti anteriori, senza autorizzazione da parte del Tribunale; - quindi, con sentenza del 24/25 luglio 2013, il Tribunale dichiarava l'insolvenza di FTM e successivamente, con decreto del 26/28 settembre 2013, dichiarava aperta la procedura di amministrazione straordinaria di cui al d.lgs. n. 270/99; - il 24 gennaio 2014 il ### depositava il programma di cessione dei complessi aziendali; - con decreto del 31 marzo 2014, infine, il ### dello ### autorizzava l'esecuzione del programma di cessione dei complessi aziendali. È in tale contesto che devono essere valutati i pagamenti eseguiti da FTM in favore della società appellante, di cui l'### ha chiesto la revoca, sia ex art. 67, co. 1 n. 2, L.F. (d'ora in avanti e per semplicità “operazione economica n. 1”), sia ex art. 67, co. 2, L.F. (d'ora in avanti “operazione economica n. 2”). Ciò premesso, può passarsi all'esame dei motivi di appello, nessuno dei quali può trovare accoglimento, come emerge dalle considerazioni di seguito esposte. In ordine al primo motivo di appello: “incolpevole contumacia in primo grado e rimessione in termini”. Con il primo motivo di gravame, UFP lamenta che il Tribunale abbia erroneamente dichiarato la contumacia della convenuta, sostenendo, da un lato, l'incolpevole ignoranza del processo a proprio carico, determinata dalla disattivazione dei servizi di PEC a causa di un trasloco che ha interessato la sede produttiva della società e, dall'altro lato, la nullità ovvero l'inesistenza dell'atto introduttivo del giudizio, poiché notificato in formato “pdf” senza firma digitale - anziché in formato “p7m” - e, dunque, con mezzo inidoneo a garantire la certezza dell'autore, oltre che l'integrità del documento. Richiede, conseguentemente, la declaratoria dell'incolpevole decadenza dalle preclusioni del primo grado di giudizio, con rimessione in termini rispetto allo svolgimento delle proprie difese (la domanda, inizialmente proposta con l'atto di appello, di “disporre ex art. 354 c.p.c., la rimessione della causa innanzi al Tribunale di Milano in funzione di primo Giudice”, non è stata riproposta dall'appellante in sede di precisazione delle conclusioni). Tali doglianze non meritano condivisione, in quanto UFP risulta avere ricevuto regolarmente la notifica del decreto di citazione al proprio indirizzo ####, come è attestato dalla ricevuta di avvenuta consegna (depositata da FTM in sede di iscrizione al ruolo), mentre l'asserita disattivazione della PEC a causa di un trasloco della sede produttiva della società, di cui non è stata fornita alcuna documentazione, è circostanza palesemente inidonea a dimostrare l'incolpevole conoscenza della pendenza del processo, non escludendo un trasloco la possibilità di prendere visione delle comunicazioni inviate via ### Ugualmente destituita di fondamento è l'eccezione di nullità del decreto di citazione (e degli atti conseguenti) per essere esso stato notificato in formato “pdf” senza la firma digitale, anziché in formato “p7m”, considerato che l'atto, allegato alla ricevuta di avvenuta consegna nella casella PEC del destinatario, era provvisto di firma digitale in formato ### la quale, come insegna la giurisprudenza di legittimità, è del tutto equivalente a quella di tipo “CAdES”, ed entrambe sono ammissibili, sia pure con le differenti estensioni “p7m” e “pdf” (cfr., puntualmente, Cass., ###, n. 10266/2018). Il rigetto di tale motivo comporta, quale ovvia conseguenza, che in virtù del pacifico principio di diritto per cui il regime delle decadenze istruttorie involge tutto il sistema probatorio e non subisce deroghe o eccezioni, la parte rimasta volontariamente contumace nel giudizio di primo grado incorre nella decadenza dalla formulazione di eccezioni in senso stretto, nonché da ogni mezzo istruttorio e segnatamente dalla facoltà di produrre documenti, con i conseguenti inevitabili riflessi sull'impianto difensivo dell'appellante, come meglio si dirà. In ordine al secondo motivo di appello: “erronea qualificazione della contumacia come elemento confessorio”. Attraverso tale motivo l'appellante lamenta che il Tribunale, valutando la circostanza della sua contumacia quale grave elemento confessorio di soccombenza, le abbia attribuito peso determinante ai fini della decisione. Tale assunto è smentito dalla lettura della sentenza impugnata, da cui emerge che il Giudice, pur avendo dato atto, come è ovvio, della mancata difesa da parte della società convenuta, ha fondato la propria decisione sull'analisi dei documenti prodotti in atti, nonché sulla condivisione dell'orientamento adottato dallo stesso Tribunale di Milano in merito a questioni che, già affrontate in altre pronunce, si sono ripresentate nell'odierna controversia (come con riferimento all'individuazione del dies a quo per il calcolo del c.d. “periodo sospetto” e con riferimento alla qualificazione in termini di pagamento anomalo della delegazione di pagamento). Anche tale motivo di gravame risulta, dunque, infondato. In ordine al terzo motivo di appello: “carente ed erronea valutazione delle produzioni documentali di FTM e necessari approfondimenti per la fattispecie”. UFP lamenta, con tale motivo, che il Tribunale di Milano abbia fondato il proprio convincimento in ordine alla sussistenza dell'operazione economica n. 1 sulla base di un documento prodotto da FTM in maniera incompleta (solo una pagina su due) e, dunque, non conforme all'originale. Parte appellante fa riferimento, in particolare, alla fattura n. ### del 19.3.2012 di ### emessa da FTM nei confronti della committente brasiliana ### (doc. 10 fasc. FTM) attestante, come ha rilevato il Giudice di prime cure, “SIA l'esistenza di un credito della stessa ### S.P.A. nei confronti di ### E ### - a fronte di un ordine di quest'ultima relativo ad un “project 81393 petroleo brasileiro/ipojuca (### - n. 3” - SIA di un accordo tra ### S.P.A., ### E ### (chiamata sinteticamente “RNEST”) e U.F.P. S.R.L in forza del quale il pagamento di #### E ### a U.F.P. S.R.L avrebbe estinto tanto il rapporto di provvista tra delegante (### S.P.A.) e delegato (### E ### quanto quello di valuta tra delegante (### S.P.A.) e delegatario (U.F.P. S.R.L) (DOC. 10 attrice)” (pag. 4 della sentenza). UFP sostiene, di contro, che essendo stata prodotta da FTM solo la seconda pagina del documento -e non anche la prima-, e non essendo, quindi, la copia prodotta conforme all'originale (composto da due pagine), tale produzione non possa fornire prova in ordine alla sussistenza e alla successiva estinzione del rapporto di debitocredito instauratosi fra le tre società. Osserva la Corte che, seppure, effettivamente, sia stata prodotta in atti solo la seconda pagina di un documento di due (come risulta dalla dicitura “pag. 2/2” riportata in fattura -doc. 10 fasc. primo grado ###, deve escludersi che tale incompletezza rappresenti circostanza sufficiente per escludere la prova che il rapporto obbligatorio al tempo intercorrente tra le società ### (in forza del quale la prima assumeva la veste di debitrice nei confronti di FTM e quest'ultima risultava a sua volta obbligata nei confronti di ### sia stato estinto a seguito del pagamento eseguito da ### direttamente nei confronti di UFP , così integrando il presupposto oggettivo dell'azione revocatoria esperita ex art. 67, co. 1 n. 2, L.F. Tale azione risulta infatti fondata sul presupposto che il pagamento eseguito da ### (debitrice di ### nei confronti di UFP (creditrice di ### risultava lesivo della “par condicio creditorum” in quanto indirettamente volto a estinguere un debito della società, poi dichiarata insolvente, nei confronti di ### al di fuori della procedura concorsuale. Orbene, ferma restando la necessità di accertamento degli ulteriori elementi richiesti dalla normativa fallimentare ai fini dell'accoglimento della domanda (di cui si tratterà con riferimento agli altri motivi di gravame), la lesività per la massa creditoria, comportata dall'operazione economica in esame, rappresenta un elemento che, indipendentemente dalla completezza della produzione del doc. 10, appare emergere in via presuntiva dalla valutazione congiunta dell'ulteriore documentazione prodotta in atti. Deve infatti essere ricordato che: - il rapporto obbligatorio esistente tra FTM e ### riconducibile alla commessa “project 81393 petroleo bralileiro/iopojuca (### n. 3”, derivante dal contratto firmato in data ### e riguardante la fornitura di tre turbogeneratori con relativi accessori, da installarsi nella raffineria ### di ### (con riferimento alla quale FTM assumeva la veste di progettista/assuntore/costruttore e responsabile fino all'avviamento dell'opera, mentre ### quella di committente) appare invero incontestato in atti; - l'esecuzione del pagamento da parte di ### in favore di UFP risulta, oltre che incontestato, documentalmente provato dalla contabile datata 27.6.2012 (doc. 11 fasc. primo grado ###, che attesta l'avvenuto pagamento dell'importo di 59.901,73; - l'esistenza di un rapporto obbligatorio tra FTM e ### in forza del quale la prima risultava debitrice della seconda, risulta documentalmente provato dalle fatture nn. 584, 585, 586, 587, 588, 589, 1094, 1095, 1096, 1097, 1098, 1099, 1100, 1101, 1102, 1103, 1104, 1105, 1106, 1107, 1349, 1350, 1623, 1624, 1625, 1626, 4137, 4138, 4139, 4140, 4141, 4142 del 2011 e 165 e 160 del 2012, emesse dalla stessa UFP nei confronti di FTM (doc. 12 fasc. primo grado appellata). Essendo questo il contesto di riferimento, la mancanza della prima pagina del documento prodotto sub 10 da FTM non incide sulla valenza dimostrativa dello stesso, che può pertanto assumere rilevanza nel giudizio, trattandosi di atto dotato, all'evidenza, di intrinseca completezza formale e logica: esso è infatti costituito dalla fattura (integralmente riprodotta) emessa da FTM nei confronti di ### contenente, altresì, il riferimento all'accordo trilaterale (“between ###RNEST”, quest'ultima da intendersi quale appellativo sintetico di ### come è incontestato). Ne consegue l'infondatezza delle deduzioni dell'appellante. In ordine al quarto motivo di appello: “erroneità del capo 1) della sentenza, insussistenza di mezzi anomali di pagamento e particolarità della commessa Petrobras”. Con il quarto motivo di gravame, parte appellante lamenta che il pagamento eseguito da ### (debitrice di ### nei confronti di UFP sia stato erroneamente qualificato dal Giudice di prime cure quale delegazione di pagamento e, dunque, quale pagamento anomalo, revocabile ai sensi dell'art. 67, co. 1 n. 2, L.F., laddove, invece, lo stesso è stato posto in essere con lo strumento del TPA (###, il quale costituisce mezzo normale di regolazione dei rapporti economici previsto per l'esecuzione della commessa internazionale instauratasi tra FTM e ### che sarebbe stato imposto dalla stessa committente nei confronti di tutti i fornitori. Anche tale doglianza risulta infondata. Deve rilevarsi, in primo luogo, che l'unico documento facente riferimento alla commessa ### è la relazione del ### giudiziale prodotta da UFP sub doc. 2: ebbene, anche a prescindere dalla tardività di tale produzione, essa è del tutto inidonea a supportare le deduzioni dell'appellante, limitandosi a dare atto che i pagamenti ai fornitori venivano eseguiti direttamente dalla Committente (### sotto forma di anticipi alla società, immediatamente compensati con le fatture emesse da FTM (pag. 65 della relazione). Si tratta, peraltro, di circostanza inidonea ad incidere sulla qualifica del pagamento in esame quale mezzo anormale di pagamento, in quanto: - anzitutto appare documentalmente dimostrato che lo stesso, estinguendo sia il rapporto tra ### e ### sia il rapporto tra FTM e ### abbia leso la par condicio creditorum, così rendendo anomalo il pagamento in questione: infatti “il pagamento effettuato da un terzo, di un debito comunque gravante sul fallito è revocabile, ex art. 67, comma 1, n. 2 l.fall., dovendo ritenersene una modalità anomala, ove si accerti che la relativa provvista abbia leso, direttamente o indirettamente la ‘par condicio creditorum', come quando il terzo, debitore del fallito, lo abbia eseguito con denaro a questi dovuto” (Cass. n. 25928/2015); - nemmeno rileva la circostanza che le modalità di pagamento (con lo strumento del ### fossero state previste nell'ambito del rapporto con la committente ### essendo pacifico che la pattuizione di modalità di adempimento diverse da quelle ordinarie non è idonea, di per sé sola, a renderle ordinarie (### Cass. n. 11850 /2007 e, in un caso di subappalto, Cass. 25928/2015). Essendo la ratio dell'azione revocatoria fallimentare rappresentata dalla tutela della par condicio creditorum, è indubbio, come riconosciuto pacificamente anche dalla giurisprudenza, che gli interessi della massa creditoria ben possano essere lesi anche dal compimento di atti a titolo oneroso posti in essere non direttamente dalla società poi dichiarata insolvente, ma da soggetti terzi, purché obbligati nei confronti della stessa, in quanto, anche in tal caso, il relativo pagamento risulta eseguito con denaro ad essa dovuto. Nel caso in esame non può essere contestato, alla luce dei documenti in atti, più volte citati, che il pagamento diretto da parte di ### a ### eseguito proprio in virtù del rapporto trilaterale indicato, sia andato ad estinguere, da un lato, il debito di ### nei confronti di FTM (come riscontrato dal fatto che la fattura a ### è stata emessa non da ### bensì da ###, e, dall'altro lato, il debito di FTM nei confronti di ### documentato dalle fatture prodotte dall'appellata: né l'appellante, affermando che, con l'operazione in esame, non sarebbero stati pagati debiti di FTM nei confronti di ### non ha spiegato in alcun modo per quale diversa ragione FTM abbia consentito che il pagamento di una propria fattura venisse eseguito non in proprio favore, bensì in favore di una diversa società, se questa non fosse stata sua debitrice. Deve pertanto concludersi che il pagamento di ### a ### nella misura in cui ha rappresentato il mezzo estintivo del debito di FTM nei confronti di ### sia stato effettuato con denaro della società fallita, come tale assoggettabile ad azione revocatoria. Ne consegue che anche il quarto motivo di gravame non può trovare accoglimento. In ordine al quinto motivo di appello: “applicazione dell'art. 67, III co L.F.”. Non miglior sorte merita il quinto motivo, con cui parte appellante sostiene, che il pagamento eseguito da ### rientrerebbe nell'ipotesi di esenzione da revocatoria di cui all'art. 67, co. 3 lett. a, L.F., in quanto eseguito tramite bonifico nei termini previsti dal regolamento negoziale concordato dalle parti e, dunque nei c.d. “termini d'uso”. Tale eccezione risulta infondata, pur dovendo la stessa ritenersi ammissibile, non rientrando l'irrevocabilità di un pagamento per effetto di un'esenzione contenuta nell'articolo 67, comma 3, L.F. nelle eccezioni in senso stretto che possono essere esaminate dal giudice solo se sollevate dalla parte, posto che tutte le ragioni che possono condurre al rigetto della domanda per difetto delle relative condizioni di fondatezza, o per la successiva caducazione del diritto fatto valere, possono essere rilevate anche d'ufficio in base alle risultanze acquisite al processo. Ai fini di una corretta interpretazione e ricostruzione dell'ambito applicativo della norma invocata occorre, preliminarmente, richiamare l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, che offre un persuasivo contributo alla definizione di ciò che si deve intendere per “termini d'uso” e all'individuazione dei casi in cui l'esenzione prevista dalla norma può essere efficacemente invocata. La Suprema Corte, in particolare, anche recentemente con l'ordinanza n. 608/2022, ha chiarito che, perché un pagamento possa ritenersi eseguito nei termini d'uso, occorre avere riguardo al "rapporto diretto tra le parti, dando rilievo al mutamento dei termini, da intendersi non solo come tempi, ma anche come le complessive modalità di pagamento" e non già “alla prassi del settore economico” di riferimento, dovendosi individuare fra le parti la consuetudine di estinguere i debiti attraverso date modalità, con la precisazione che l'onere della prova di tale situazione è, a norma dell'art. 2697 c.c., in capo all'accipiens. Ne consegue che nel caso in esame non solo l'appellante non ha minimamente fornito la prova dell'esistenza della causa di esenzione invocata (riferibile al rapporto tra le parti e non al settore economico in cui esse operano) , ma questa deve essere esclusa proprio sulla base delle sue stesse deduzioni, in quanto ### affermando che il pagamento è “avvenuto con bonifico in esecuzione del contratto con garanzia TPA”, evidenzia che le modalità di pagamento, lungi dall'essere derivate da una consuetudine invalsa tra le parti, erano previste dal regolamento negoziale della commessa. Ne consegue l'infondatezza anche del motivo di appello in esame. In ordine al sesto motivo di appello: “erronea retrodatazione del periodo sospetto per le due tipologie di azioni revocatorie”. Parte appellante censura inoltre la sentenza di primo grado nella parte in cui, in applicazione dell'art. 69 L.F., il Tribunale di Milano ha individuato il dies a quo per il computo del c.d. “periodo sospetto” (termine annuale con riferimento alla domanda di revocatoria di cui all'art. 67 co. 1 n. 2 L.F. e semestrale per la domanda di cui all'art. 67 co. 2 L.F.) nella data di iscrizione della domanda di concordato nel registro delle imprese (31.05.2013). Sostiene, di contro, che rivestendo la pubblicazione della domanda di concordato con riserva mero valore prenotativo degli effetti derivanti dalla futura concessione del termine e delle future integrazioni, il dies a quo debba coincidere con il giorno di iscrizione nel registro delle imprese dello stato di insolvenza (29.7.2013) o, al più, con quello dell'iscrizione dell'### (30.9.2013) e che, dunque, i pagamenti oggetto del presente giudizio non siano soggetti a revocatoria in quanti posti in essere antecedentemente al c.d. “periodo sospetto”. Ritiene la Corte che le osservazioni dell'appellante non siano condivisibili e che la regola di cui all'art. 69 bis L.F. trovi piena applicazione anche nell'ipotesi in cui la procedura di concordato preventivo si arresti ad un momento anteriore all'ammissione, dando luogo al fallimento, purché sia possibile affermare la sussistenza di quella continuità che è all'origine del meccanismo della consecutio. Depone anzitutto in tal senso il dato letterale dell'art. 69 bis L.F., il quale (consacrando, a livello normativo, il principio della consecuzione tra procedura di concordato preventivo e fallimento, già recepito a livello giurisprudenziale) aggancia l'operatività della regola della decorrenza alla “data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese”, senza in alcun modo subordinare il meccanismo di retrodatazione alla successiva ammissione alla procedura di concordato, ed anzi rendendo del tutto logico ritenere che anche la pubblicazione della domanda di pre-concordato determini l'effetto di retrodatazione, purchè la dichiarazione di fallimento sia sviluppo di una vicenda unitaria di insolvenza: condizione, questa, che nel caso concreto non risulta contestata e che comunque trova preciso riscontro nella vicinanza temporale tra la domanda di concordato e la dichiarazione di insolvenza di ###. La norma in esame, venendo a bilanciare i rischi di utilizzo strumentale del preconcordato con finalità di neutralizzazione delle azioni revocatorie (potendo il debitore operare una scissione tra il deposito della mera domanda ed il successivo deposito della proposta del piano), deve pertanto trovare applicazione anche nei casi in cui la procedura minore abbia avuto sviluppi patologici, come la declaratoria di inammissibilità o di improcedibilità, senza che si giunga all'apertura della procedura stessa. Deve pertanto condividersi l'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui “nel caso di deposito da parte di una società di una domanda di concordato in bianco ex art. 161 sesto comma L.F. a cui è succeduta, omisso medio, la dichiarazione di fallimento, in applicazione al principio della consecuzione ex art. 69 bis L.F., il dies a quo per il calcolo dei termini di decadenza dell'azione revocatoria va retrodatato alla data di iscrizione nel registro delle imprese della domanda di concordato prenotativa” (cfr. Cass. n. 5619/2020, nonché le sentenze, dalla stessa richiamate, n. ###/2019, n. 8970/2019). In conclusione, risalendo i pagamenti oggetto del presente giudizio alla data del 27.6.2012 (operazione economica n. 1, per la quale è stata avanzata domanda di revocatoria ai sensi dell'art. 67 co. 1 n. 2 L.F) e alle date del 3.12.2012, 18.12.2012 e 8.3.2013 (operazione economica n. 2 per cui è stata avanzata domanda di revocatoria ai sensi dell'art. 67 co. 2 L.F), essi risultano eseguiti nel periodo, 1 a) 31 maggio 2013 iscrizione del ricorso ex art. 161, comma 6, L.F. da parte di FTM nel registro delle imprese; b) 6 giugno 2013, concessione da parte del Tribunale del termine per il deposito della domanda definitiva; c) 27 giugno 2013 declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato; d) 25 luglio 2013, declaratoria dello stato di insolvenza di ### rispettivamente annuale e semestrale, c.d. “sospetto”, risultando così assoggettabili all'azione revocatoria. In ordine al settimo motivo di appello: “erroneo accertamento in ordine al presupposto della c.d. scientia decoctionis”. Con il settimo motivo di gravame, UFP lamenta che il Giudice di prime cure, con riferimento ai pagamenti eseguiti direttamente da FTM nei confronti dell'appellante (operazione economica n. 2), abbia ritenuto la sussistenza dell'elemento soggettivo della scientia decoctionis, sulla base di elementi indiziari inidonei a dimostrare l'effettiva consapevolezza, in capo a ### della situazione economica in cui versava FTM al momento dell'esecuzione dei pagamenti. Impugna, quindi, la sentenza del Tribunale di Milano nella parte in cui ha accertato la sussistenza dell'elemento soggettivo richiesto dalla normativa fallimentare sulla base dei seguenti elementi indiziari (p. 8 sentenza impugnata): - la pubblicazione di notizie sulla stampa nazionale; - gli allarmi lanciati dalle organizzazioni sindacali; - i dati di bilancio di ### - la richiesta di UFP e la successiva emissione, nel giugno 2012, di un decreto ingiuntivo nei confronti di FTM per un importo di oltre 40.000 ### lamentando espressamente i reiterati ritardi a fronte dei reiterati ritardi dell'appellata nel pagamento dei propri debiti; - la notifica del conseguente atto di precetto nel dicembre 2012 ; - la conclusione di un piano di rientro con FTM nel gennaio; - la richiesta di UFP ed il conseguente ottenimento, nel novembre 2012, di un ulteriore decreto ingiuntivo (doc. 21). Parte appellante osserva, in proposito, che: le pubblicazioni dei quotidiani in ordine alla messa in cassa integrazione dei lavoratori di FTM potevano risultare compatibili con una prospettiva di rilancio e risanamento della società; non essendo UFP istituto bancario, sulla stessa non risultava gravare alcun onere di acquisire i bilanci delle proprie controparti contrattuali; il costante ritardo nei pagamenti da parte di FTM rappresentava prassi ormai costante; la locuzione “piani di rientro” rappresentava una fisiologica dicitura utilizzata da uffici amministrativi di FTM alla luce della sua lentezza nel processare i pagamenti; nemmeno le nemmeno le principali creditrici della società promosso iniziativa alcuna nei suoi confronti; le ingiunzioni e i precetti di cui al doc. 26 (decreti notificati a ### peraltro non richiamati dal primo Giudice) sono tratti da ### diversi da quello competente per il territorio in cui opera ### Tali deduzioni, oltre ad essere in parte indimostrate ed illogiche (il significato della locuzione “piano di rientro” è invero inequivoca, tanto che i tre pagamenti di cui si discute sono avvenuti tutti con tale causale), non sono idonee a scalfire la decisione del primo Giudice, in quanto la consapevolezza di UFP dello stato di insolvenza in cui versava FTM emerge -in modo inequivocabiledalla complessiva valutazione della documentazione versata in atti. Deve anzitutto ricordarsi il principio, pacifico in tema di revocatoria fallimentare e ribadito nella sentenza impugnata, per cui la prova della conoscenza da parte del creditore dello stato di insolvenza del debitore poi fallito può fondarsi su elementi indiziari, purché essi siano gravi, precisi e concordanti e, in ogni caso, idonei a far emergere, alla luce di una valutazione complessiva, l'effettiva situazione di decozione (cfr., ad es., Cass. n. 3854/2019), con la precisazione che non sia a tal fine sufficiente un'astratta conoscibilità oggettiva accompagnata da un presunto dovere di conoscere, richiedendosi piuttosto la presenza di concreti collegamenti di quel creditore con i sintomi conoscibili dello stato di insolvenza (cfr. Cass. 10800/2006). Ritiene la Corte, che, all'esito di una lettura complessiva ed unitaria -non atomisticadel materiale probatorio siano emersi nel giudizio indizi molteplici, attendibili ed altamente sintomatici della scientia decoctionis in capo all'appellante, i quali si rafforzano e traggono vigore l'uno dall'altro, in un rapporto di vicendevole completamento. Si consideri che l'emissione ed il conseguimento da parte di UFP di un decreto ingiuntivo nel giugno 2012 (doc. 17) e di un altro nel novembre 2012 (doc. 21) per un importo di oltre #### a fronte dei lamentati e reiterati ritardi FTM nel pagamento dei debiti (doc. 17 fasc. FTM), la conseguente notifica, nel dicembre 2012, dell'atto di precetto (doc. 18 fasc. FTM) ed ancora, la sottoscrizione di un piano di rientro nel gennaio 2013 (doc. 17 fasc. FTM) e di un ulteriore piano di rientro alla fine del marzo 2013 (doc. 23 fasc. FTM), se considerati unitamente alle notizie pubblicate sulla stampa locale e nazionale (invero di tenore inequivoco: doc. 25 fasc. FTM) e agli allarmi lanciati dalle organizzazioni sindacali, vengono infatti a delineare un quadro incompatibile con la tesi sostenuta da parte appellante. ### infatti del tutto inverosimile, anche alla luce della levatura internazionale della ### sostenere la tesi secondo cui, nella descritta situazione, UFP non avesse dato peso alle pubblicazioni dei quotidiani in ordine alla messa in cassa integrazione dei lavoratori di FTM e che non avesse ritenuto opportuno (seppure in assenza di uno specifico obbligo in tal senso) verificare i bilanci della controparte contrattuale: tanto più che pochi mesi dopo l'esecuzione dei pagamenti di cui si discute, ossia nel giugno 2013, la stessa UFP depositava istanza per la dichiarazione di fallimento di ### asserendo che “l'entità dell'importo ancora dovuto e il mancato rispetto dei piani di rientro sono indice sintomatico dello stato di insolvenza in cui versa la società debitrice e dimostra che la stessa non è più in grado di far fronte ai propri debiti” (doc. 24 del fasc. primo grado ###. ### le circostanze sopra esaminate, complessivamente valutate, costituiscono, dunque, elementi più che sintomatici della conoscenza, da parte dell'appellante, dello stato di insolvenza di ### allorchè ha ricevuto i pagamenti oggetto dell'azione revocatoria. In ordine all'ottavo motivo di appello: “operatività dell'art. 56 L.F.” UFP sostiene infine che, vantando nei confronti della controparte un credito di ### (docc. 4 8) relativo a forniture risalenti agli anni 2011 e 2012, e risultando questo sorto anteriormente all'A.S. e all'insolvenza, ed essendo scaduto alla data di apertura della procedura, debba ritenersi operante, nel caso di specie, la compensazione di cui all'art. 56 L.F. . Trattandosi di eccezione in senso proprio, essa è anzitutto inammissibile per tardività, ex art. 345 c.p.c., in quanto l'appellante, rimasta contumace nel giudizio di primo grado, ha sollevato l'eccezione solo in sede ###ogni caso, è infondata nel merito, atteso che presupposto necessario ai fine dell'operatività della compensazione in sede fallimentare di cui all'art. 56 L.F. è la reciprocità dei debiti e dei crediti ad essi contrapposti, che devono sussistere in capo ai medesimi soggetti. In ossequio a tale principio, la giurisprudenza è dunque pacifica nell'affermare l'inoperatività della compensazione tra un credito nei confronti del fallito (quello vantato nel caso di specie da UFP nei confronti di ### e un debito nei confronti della massa (ossia quello nascente dall'accoglimento dell'azione revocatoria). All'infondatezza di tutti i motivi di gravame, consegue il rigetto dell'appello e la conferma integrale della sentenza impugnata. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano, in dispositivo, in favore di parte appellata, tenuto conto del valore della controversia e considerati i parametri di cui all'art. 4 della Tariffa professionale, che inducono ad attestare i compensi sui valori medi - con diminuzione del 20 per cento a causa della serialità, per la ### dell'appellata, di alcune delle questioni giuridiche trattate, già oggetto di altri procedimenti - senza riconoscimenti per la non svolta attività istruttoria. Ricorrono, infine, i presupposti per il versamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all'art. 13, comma 1- quater, DPR 115/2002. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ed assorbita ogni diversa istanza ed eccezione, così provvede: - rigetta l'appello come sopra proposto da U.F.P. s.r.l. avverso la sentenza 6306/2018, emessa dal Tribunale di Milano e pubblicata in data ###, che pertanto conferma; - condanna U.F.P. s.r.l. al pagamento delle spese del presente grado in favore dell'appellata ### s.p.a. in AS, che liquida in ### per compensi professionali, oltre al 15 per cento per rimborso spese generali, IVA se dovuta e CPA come per legge; - dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della stessa appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato di cui all'art. 13, comma 1-quater, DPR 115/2002, così come modificato dall'art. 1 comma 17 Legge 228/2012. Così deciso in ### il ###. ### est. ### n. 4507/2018




sintesi e commento
Revocatoria Fallimentare: Conferma della Revocabilità di Pagamenti Eseguiti da Terzi e Consapevolezza dello Stato di Insolvenza
La Corte d'Appello di Milano si è pronunciata in merito a una complessa vicenda di revocatoria fallimentare, confermando la decisione di primo grado che aveva dichiarato l'inefficacia di alcuni pagamenti effettuati a favore di una società, ora appellante, da parte di una terza società, poi dichiarata insolvente.
La controversia trae origine dall'azione promossa dalla società in amministrazione straordinaria, volta a ottenere la revoca, ai sensi della Legge Fallimentare, di due distinte operazioni economiche. La prima consisteva in un pagamento effettuato da una società terza, debitrice della società poi fallita, direttamente a favore dell'appellante. La seconda riguardava una serie di pagamenti eseguiti direttamente dalla società in amministrazione straordinaria all'appellante. Il Tribunale di Milano aveva accolto integralmente le domande attoree, dichiarando l'inefficacia dei pagamenti e condannando l'appellante alla restituzione delle somme.
L'appellante contestava la decisione di primo grado, eccependo, tra l'altro, la propria incolpevole contumacia nel giudizio di primo grado, l'erronea qualificazione della contumacia come elemento confessorio, la carente valutazione delle produzioni documentali, l'erronea qualificazione dei pagamenti come anomali, l'applicabilità di una esenzione alla revocatoria prevista dalla legge fallimentare, l'erronea retrodatazione del periodo sospetto e l'insussistenza della consapevolezza dello stato di insolvenza della società debitrice.
La Corte d'Appello ha rigettato integralmente l'appello, confermando la sentenza di primo grado. In particolare, la Corte ha ritenuto infondate le contestazioni relative alla regolarità della notifica dell'atto di citazione, alla valutazione della contumacia e alla completezza della documentazione prodotta.
Con riferimento alla qualificazione dei pagamenti, la Corte ha confermato che il pagamento eseguito dalla società terza a favore dell'appellante, estinguendo sia il rapporto tra la società fallita e la terza società, sia il rapporto tra la società fallita e l'appellante, aveva leso la par condicio creditorum, rendendo anomalo il pagamento e quindi revocabile. La Corte ha inoltre escluso l'applicabilità dell'esenzione alla revocatoria invocata dall'appellante, in quanto le modalità di pagamento non derivavano da una consuetudine invalsa tra le parti, ma erano previste dal regolamento negoziale della commessa.
La Corte ha poi confermato la corretta retrodatazione del periodo sospetto, ritenendo applicabile la norma che prevede la retrodatazione alla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo, anche nel caso in cui la procedura di concordato non sia andata a buon fine.
Infine, la Corte ha ritenuto sussistente la consapevolezza dello stato di insolvenza della società debitrice da parte dell'appellante, sulla base di una serie di elementi indiziari, quali l'emissione di decreti ingiuntivi, la notifica di atti di precetto, la sottoscrizione di piani di rientro, le notizie pubblicate sulla stampa e gli allarmi lanciati dalle organizzazioni sindacali.
La Corte ha quindi rigettato integralmente l'appello, condannando l'appellante al pagamento delle spese processuali e confermando la decisione di primo grado che aveva dichiarato l'inefficacia dei pagamenti e condannato l'appellante alla restituzione delle somme.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.