TRIBUNALE DI BENEVENTO
Sentenza n. 658/2023 del 19-06-2023
principi giuridici
L'impugnazione del licenziamento costituisce una fattispecie a formazione progressiva, soggetta a due distinti e successivi termini decadenziali, per l'osservanza del primo dei quali è sufficiente che l'impugnativa sia trasmessa al datore di lavoro nei sessanta giorni dalla comunicazione del licenziamento.
In caso di licenziamento di un dirigente motivato da una condotta colposa o comunque manchevole del lavoratore, devono essere osservate le garanzie procedimentali di cui all'art. 7, commi 2 e 3, della legge n. 300 del 1970, con applicazione, in caso di omissione, delle conseguenze fissate dalla contrattazione collettiva di categoria per il licenziamento privo di giustificazione.
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testo integrale
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI BENEVENTO Il giudice del lavoro, dott.ssa ### all'esito del deposito delle note scritte, ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., introdotto dall'art. 3, comma 10, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 3613 del ### lavoro e previdenza dell'anno 2021, avente ad oggetto: impugnativa di licenziamento, TRA ### rappresentata e difesa, giusta mandato in calce alla memoria di costituzione, dall'avv. ### ed elettivamente domiciliat #######, RICORRENTE E ### s.p.a., in persona del legale rapp.te p.t., elettivamente domiciliata in Napoli, ###, presso lo studio legale associato ### rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla memoria di costituzione, dall'avv. ### RESISTENTE FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato il #### ha convenuto in giudizio la ### s.p.a. al fine di sentire “1) in via preliminare, accertare e dichiarare la qualità di pseudo-dirigente della ricorrente; 2) in via principale, accertare e dichiarare la nullità / inefficacia / illegittimità del licenziamento intimato in quanto intimato in assenza del giustificato motivo oggettivo e, per l'effetto, condannare la ### S.p.A. alla reintegrazione della ricorrente nel posto di lavoro ex art. 18 L. 300/1970 e al pagamento in suo favore di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto mensile lorda dal licenziamento fino all'effettiva reintegrazione, oltre interessi e rivalutazione; 3) in via gradata, accertare e dichiarare l'inefficacia / illegittimità del licenziamento e, per l'effetto, condannare la ### S.p.A. alla reintegrazione della ricorrente nel posto di lavoro ex art. 18 L. n. 300/1970, come modificato dalla L. n. 92/2002 e al pagamento in suo favore di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto mensile lorda dal licenziamento fino all'effettiva reintegrazione, oltre interessi e rivalutazione; 4) in via gradata, accertare e dichiarare l'inefficacia / illegittimità del licenziamento e, per l'effetto, condannare la ### S.p.A. ex art. 18 L. n. 300/1970, come modificato dalla L. n. 92/2002, al pagamento in suo favore di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto, oltre interessi e rivalutazione; 5) in ogni caso, accertare e dichiarare l'illegittimità, la nullità, annullabilità e, comunque, l'ingiustificatezza del licenziamento intimato dalla società resistente, con conseguente condanna della stessa al pagamento dell'indennità sostitutiva del preavviso, delle ferie non godute, del ### nonché, dell'indennità supplementare nella misura massima e di ogni ulteriore credito risarcitorio, oltre interessi e rivalutazione”; con vittoria di spese e competenze del giudizio. A sostegno della domanda ha esposto di essere stata assunta con contratto di lavoro subordinato dirigenziale a tempo indeterminato dalla ### s.r.l., a decorrere dal mese di settembre 2019, in qualità di responsabile dello sviluppo commerciale della divisione aeronautica dell'azienda, ceduta dal mese di dicembre 2019 alla ### s.p.a., con conseguente passaggio del personale ai sensi dell'art. 2112 c.c.; che la prestazione lavorativa era articolata su cinque giorni alla settimana dalle 9 alle 18, con previsione di una retribuzione annua lorda come indicata in ricorso, e che le erano stati affidati un cellulare aziendale, un pc, un ipad con sim e una vettura aziendale; che il contratto prevedeva una durata minima di 24 mesi; che aveva raggiunto tutti gli obiettivi aziendali fissati per il 2021; che, nonostante questo, il ### le era stato comunicato il licenziamento, con effetto immediato e riconoscimento dell'indennità sostitutiva del preavviso, che però non era stata corrisposta, così come le altre competenze di fine rapporto; che di fatto aveva sempre svolto un ruolo di supervisione e coordinamento dell'ufficio commerciale, senza alcun potere decisionale inerente alle strategie da adottare, al marketing e alle politiche del personale, e senza poteri di firma; che aveva impugnato il licenziamento con raccomandata a.r. del 30.06.2021. Instaurato il contraddittorio si è ritualmente costituita la ### s.p.a., eccependo preliminarmente la decadenza dall'impugnativa del licenziamento in quanto nessuna raccomandata era pervenuta nei sessanta giorni successivi alla sua comunicazione e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda in quanto infondata. La datrice di lavoro ha, in particolare, dedotto che la ricorrente era stata assunta come dirigente, trattata e retribuita come tale, perché contribuisse, con le proprie competenze e conoscenze nel settore, a dare una svolta positiva alla situazione della società, che attraversava una forte crisi; tuttavia, non aveva corrisposto alle aspettative, sicché il suo licenziamento era da imputarsi sia alla insostenibilità economica della sua presenza, sia al venir meno del vincolo fiduciario in considerazione delle scarse capacità dimostrate nello svolgimento dei compiti per i quali era stata assunta. Ammessa ed espletata la sola prova per testi articolata dalla resistente, non avendo parte ricorrente indicato testi o formulato capitoli di prova, la causa è stata rinviata per la discussione e decisa all'esito del deposito delle note scritte in sostituzione dell'udienza, ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c. La ricorrente è stata assunta dalla ### s.r.l., con contratto di lavoro subordinato dirigenziale, a decorrere dal 16.09.2019. Il contratto - che espressamente richiamava, per tutto quanto non previsto, il ### per i dirigenti delle aziende industriali - prevedeva che la ricorrente sarebbe stata inquadrata con qualifica di dirigente, funzione di responsabile commerciale della divisione aerospaziale della società, con ciò intendendosi che sarebbe stata responsabile dello sviluppo commerciale della divisione, con particolare attenzione all'acquisizione di nuove commesse, allo sviluppo di nuovi prodotti e alla penetrazione in nuovi mercati, introducendo innovazioni organizzative e di processo, nonché le strategie commerciali e di marketing ritenute necessarie; in tale sua funzione, ella riportava gerarchicamente al vicepresidente ###esecuzione delle sue disposizioni. In appendice al contratto, le parti convenivano che il rapporto avrebbe avuto una durata minima di 24 mesi, per i quali la TTA garantiva in ogni caso il pagamento della retribuzione pattuita, con la sola esclusione dei casi di risoluzione anticipata per dimissioni, grave colpa, dolo e ogni altro motivo che costituisca giusta causa di licenziamento. A seguito di scissione parziale della ### s.r.l., la ### diveniva cessionaria del ramo d'azienda aeronautico (atto notarile del 23.12.2019), con conseguente trasferimento del personale addetto - fra cui la ricorrente - ai sensi dell'art. 2112 Con raccomandata del 21.05.2021, consegnata a mani in pari data, la ### ha comunicato alla ### il “licenziamento per giustificato motivo oggettivo”, “a causa del mancato raggiungimento di obiettivi oltre che per un efficientamento delle risorse e dei costi aziendali”, con riconoscimento dell'indennità sostitutiva del preavviso, pari a sei mensilità. Nella lettera di licenziamento si legge, in particolare, “a distanza di un anno e mezzo dobbiamo, però, nostro malgrado constatare che nulla di tutto ciò si è poi verificato essendo stata lei manchevole su ogni fronte. In questo contesto, va senza dubbio, aggiunta la sua incapacità cronica a fare squadra con il management di ### spa ed una scarsa comunicativa con i nostri maggiori clienti che hanno reso i rapporti, nel corso dei mesi, ancor meno sereni. Ad oggi, infatti, l'azienda ha subito ingenti perdite oltre che un considerevole calo del fatturato con nessuna nuova attività messa in campo da lei neanche per trattenere le commesse già in essere. Ogni nostra aspettativa ed investimento nella sua figura è, pertanto, rimasta priva di riscontro”. Tanto premesso in fatto, va innanzitutto esaminata l'eccezione di decadenza sollevata da parte resistente. ###. 6 della l. 604/1966 prevede, nell'attuale formulazione, che “Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch'essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l'intervento dell'organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso. ### è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato…”. Può considerarsi del tutto pacifico che la raccomandata del 30.06.2021, con cui la ricorrente ha impugnato stragiudizialmente il licenziamento, non sia mai pervenuta nella sfera di conoscenza della datrice di lavoro. Tanto risulta, infatti, dalla stessa documentazione versata in atti dalla ricorrente, che attesta come la missiva sia stata spedita il 30 giugno, ma non sia stata recapitata, né entro il termine di decadenza (20.07.2021) né successivamente. Infatti, in data ### ne veniva tentato il recapito, ma poiché la consegna risultava impossibile la raccomandata veniva dichiarata da rinviare al mittente; senonché la restituzione non avveniva tempestivamente, tanto è vero che il 13.09 la ricorrente proponeva reclamo a ### per la mancata ricezione dell'avviso di ricevimento. Tuttavia, a rilevare ai fini del rispetto del primo termine di decadenza - essendo del tutto pacifico il rispetto del secondo, posto che a fronte di un licenziamento intimato il 21 maggio il ricorso giudiziale è stato depositato il 21 settembre - è il momento dell'invio dell'impugnativa, documentato nella fattispecie dalla ricevuta di accettazione vidimata dall'ufficio postale in data ###. Come evidenziato dalla S.C., “l'impugnazione del licenziamento, così come legislativamente strutturata a seguito dell'ultimo intervento di riforma, costituisce una fattispecie a formazione progressiva, soggetta a due distinti e successivi termini decadenziali, rispetto alla quale risulta indifferente il momento perfezionativo dell'atto di impugnativa vero e proprio; la norma non prevede infatti la perdita di efficacia di un'impugnazione già perfezionatasi (dunque già pervenuta al destinatario) per effetto della successiva intempestiva attivazione dell'impugnante in sede ###doppio termine di decadenza affinché l'impugnazione stessa sia in sé efficace; la locuzione «### è inefficace se…» sta infatti ad indicare che, indipendentemente dal suo perfezionamento (e quindi dai tempi in cui lo stesso si realizza con la ricezione dell'atto da parte del destinatario), il lavoratore deve attivarsi, nel termine indicato, per promuovere il giudizio. Il primo termine si avrà per rispettato ove l'impugnazione sia trasmessa entro 60 giorni dalla ricezione degli atti indicati da parte del lavoratore, il quale quindi, da tale momento, avendo assolto alla prima delle incombenze di cui è onerato, è assoggettato a quella ulteriore, sempre imposta a pena di decadenza, di attivare la fase giudiziaria entro il termine prefissato (cfr, Cass., n. 5717/2015)” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 20068 del 07/10/2015; conf. Cass. Sez. L, Sentenza n. 20666 del 08/08/2018). Dunque, poiché l'impugnazione del licenziamento - conformemente all'orientamento della giurisprudenza di legittimità - costituisce una fattispecie a formazione progressiva, soggetta a due distinti e successivi termini decadenziali, per l'osservanza del primo dei quali è sufficiente che l'impugnativa sia trasmessa nei sessanta giorni dalla comunicazione del licenziamento, e poiché è da tale momento che sorge l'obbligo successivo di attivare la fase giudiziale nel termine prefissato, nessuna decadenza si è verificata nel caso di specie. A ciò si aggiunga che, in ogni caso, un'eventuale decadenza non avrebbe potuto incidere che sulle sole domande avanzate ai sensi dell'art. 18 Stat. Lav., sul presupposto che la ricorrente fossa in realtà una pseudo-dirigente, e non anche sulla domanda subordinata fondata sull'ingiustificatezza del licenziamento. ###.C. ha infatti ritenuto, da ultimo, che “In tema di licenziamento dei dirigenti, i termini di decadenza ed inefficacia dell'impugnazione stabiliti dalla L. n. 604 del 1966, art. 6, come modificato dalla L. 183 del 2010, art. 32, non si applicano alle ipotesi di ingiustificatezza convenzionale del recesso, cui consegue la tutela meramente risarcitoria dell'indennità supplementare, secondo un'interpretazione doverosamente restrittiva - trattandosi di norme in materia di decadenza - del concetto di "invalidità" di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 2, da intendere quale vizio suscettibile di determinare la demolizione del negozio e dei suoi effetti solutori, come previsto per le ipotesi sanzionate dall'art. 18, comma 1, ### dei lavoratori novellato dalla L. n. 92 del 2012 (Cass. 08/01/2020 n. 148 e anche Cass. 13/01/2020 n. 395)” (principio recentemente ribadito da Cass. Sez. L, Ordinanza n. 6828 del 07/03/2023). Venendo al merito, la ricorrente chiede innanzitutto dichiararsi la nullità, inefficacia e/o illegittimità del licenziamento perché privo di giustificato motivo oggettivo, e conseguentemente condannarsi la datrice di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro e/o al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto, in applicazione dell'art. 18 Stat. Lav. Tanto sul presupposto di avere rivestito solo formalmente la qualifica di dirigente, ma di essere stata, di fatto, una mera impiegata con funzioni direttive, ovvero una cd. pseudo-dirigente. ###.C. ha da tempo chiarito che “La qualifica di dirigente spetta soltanto al prestatore di lavoro che, come alter ego dell'imprenditore, sia preposto alla direzione dell'intera organizzazione aziendale ovvero ad una branca o settore autonomo di essa, e sia investito di attribuzioni che, per la loro ampiezza e per i poteri di iniziativa e di discrezionalità che comportano, gli consentono, sia pure nell'osservanza delle direttive programmatiche del datore di lavoro, di imprimere un indirizzo ed un orientamento al governo complessivo dell'azienda, assumendo la corrispondente responsabilità ad alto livello (cd. dirigente apicale); da questa figura si differenzia quella dell'impiegato con funzioni direttive, che è preposto ad un singolo ramo di servizio, ufficio o reparto e che svolge la sua attività sotto il controllo dell'imprenditore o di un dirigente, con poteri di iniziativa circoscritti e con corrispondente limitazione di responsabilità (cd. pseudo-dirigente)” (fra le più recenti, v. Cass. Sez. L, Sentenza n. 7295 del 23/03/2018, ### L, Sentenza n. 18165 del 16/09/2015). ### in concreto della sussistenza delle condizioni necessarie per l'inquadramento del funzionario nell'una o nell'altra categoria costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e censurabile in sede legittimità soltanto per vizi di motivazione. Il licenziamento ad nutum, a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa o da un giustificato motivo, è applicabile solo al dirigente apicale, mentre il licenziamento dello pseudo dirigente è soggetto alle norme ordinarie ( tra le tante, Cass. n. 10058 del 2005, Cass. n. 15351 del 2004, Cass. n. 8064 del 2004, Cass. n. 13191 del 2003; così Cass. Sez. L, Sentenza n. 27464 del 22/12/2006, Cass. 18165/2015, cit.). Sul piano del riparto dell'onere probatorio va, poi, osservato che “In materia di ripartizione dell'onere della prova, il principio secondo il quale spetta al datore di lavoro provare l'appartenenza del lavoratore alla categoria dei dirigenti non si applica ove l'accertamento della natura dirigenziale dell'attività lavorativa costituisca oggetto di specifico interesse del prestatore, dovendo trovare applicazione il principio generale che spetta a chi vuole far valere un diritto in giudizio l'onere di provare i fatti che ne costituiscono fondamento. Ne consegue che, in caso di licenziamento di dipendente formalmente inquadrato come dirigente, grava sul lavoratore, che intenda fruire del più favorevole regime limitativo dei licenziamenti previsto per i dipendenti non aventi tale qualifica, l'onere di provare la natura meramente convenzionale dell'inquadramento, e che le mansioni effettivamente svolte non corrispondevano a quelle previste o, comunque, difettavano, in concreto, delle connotazioni proprie della categoria dirigenziale” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 18998 del 02/09/2010). La previsione dell'art. 2095 c.c., che distingue i prestatori di lavoro subordinato in dirigenti, quadri, impiegati e operai, è integrata dalle previsioni della contrattazione collettiva; il ### per i dirigenti di aziende industriali, pacificamente applicato al rapporto di lavoro, prevede che “### dirigenti i prestatori di lavoro per i quali sussistano le condizioni di subordinazione di cui all'art. 2094 del cod. civ. e che ricoprono nell'azienda un ruolo caratterizzato da un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale ed esplicano le loro funzioni al fine di promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi dell'impresa”; vi rientrano, ad esempio, “i direttori, i condirettori, coloro che sono posti con ampi poteri direttivi a capo di importanti servizi o uffici, gli institori ed i procuratori ai quali la procura conferisca in modo continuativo poteri di rappresentanza e di decisione per tutta o per una notevole parte dell'azienda”. ### principi giurisprudenziali consolidati quelli secondo cui “allorché l'appartenenza alla categoria dei dirigenti d'azienda sia espressamente regolata dalla contrattazione collettiva, occorre far riferimento alle relative disposizioni per stabilire l'inquadramento del dipendente, sicché il giudice ha l'obbligo di attenersi ai requisiti stabiliti dalla medesima, che assume valore vincolante nella valutazione della classificazione, (v., ex multis, Cass., 30 dicembre '99, n. 14738), oltretutto essendo sufficiente per il riconoscimento della qualifica di dirigente, nel caso di aziende con organizzazione complessa e diversi livelli di compiti e di responsabilità, che l'attività del dipendente sia coordinata (non subordinata), a quella di altro dipendente con qualifica di dirigente” (Cass. Sez. L, Sentenza 10635 del 05/07/2003). Orbene, la ricorrente è stata assunta con qualifica dirigenziale e le è stata assegnata la responsabilità dell'area commerciale della divisione aeronautica di TTA (e poi dell'area commerciale di ### nella quale a seguito della scissione è stata conferita l'intera divisione aeronautica). Non è contestato che si tratti di un servizio aziendale autonomo, la cui rilevanza strategica per il perseguimento degli scopi aziendali è evidente, dal momento che il settore commerciale è preposto ad assumere orientamenti e decisioni vitali per l'attuazione delle politiche aziendali. Da contratto, alla ricorrente è stata espressamente assegnata la responsabilità dello sviluppo commerciale della divisione aeronautica, con ampi poteri. ### avrebbe dovuto occuparsi di acquisire nuove commesse, sviluppare nuovi prodotti e penetrare in nuovi mercati, introdurre innovazioni organizzative e di processo, con le strategie di marketing ritenute necessarie. Il contratto espressamente prevedeva che la ricorrente riportasse gerarchicamente ai massimi vertici dell'azienda, ovvero l'amministratore e il vicepresidente ###esecuzione delle disposizioni di quest'ultimo. La ricorrente, pur deducendo di aver svolto solo un ruolo di supervisione e coordinamento dell'ufficio commerciale, non ha articolato mezzi di prova al fine di dimostrare la non corrispondenza fra le modalità di espletamento della prestazione pattuite e quelle effettive. Ha invece lamentato che l'assenza di autonomia e facoltà decisionale sarebbero desumibili dalla stessa previsione del contratto, laddove indica che avrebbe dovuto riportare gerarchicamente al vicepresidente. Le previsioni del contratto individuale appaiono però perfettamente aderenti alla definizione della qualifica dirigenziale contenuta nel ### atteso che le mansioni affidate alla ricorrente sono connotate da “elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale”, e che la stessa, in quanto responsabile commerciale, avrebbe dovuto esplicare le proprie funzioni per “promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi dell'impresa”. ### evidentemente non richiede autonomia e potere decisionale “assoluti”, anche tenuto conto della complessità organizzativa di un'azienda come la resistente (oltre 200 addetti e diversi impianti sul territorio nazionale, v. visura) e del suo settore di operatività (fabbricazione di aeromobili e veicoli spaziali). La figura della ricorrente è, invece, perfettamente ascrivibile alla figura di “coloro che sono posti con ampi poteri direttivi a capo di importanti servizi o uffici”, che il ### comunque qualifica come dirigenti. In ossequio al principio per cui le regole sull'onere della prova sono regole residuali di giudizio in conseguenza delle quali la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all'accertamento della sussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi, ovvero impeditivi, modificativi o estintivi, che lasciano fermo il principio di acquisizione probatoria, secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute (e quale che sia la parte ad iniziativa della quale sono state raggiunte), concorrono, tutte ed indistintamente, alla formazione del libero convincimento del giudice, senza che la relativa provenienza possa condizionare tale convincimento in un senso o nell'altro (Cass. 16 giugno 1998, 5980; 16 giugno 2000, n. 8195; 7 agosto 2002, n. 11911; 21 marzo 2003, n. 4126; principi recentemente ribaditi da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9863 del 13/04/2023), vanno esaminati anche gli esiti della prova per testi espletata su richiesta di parte resistente. Il teste ### dipendente della resistente con mansioni di sales manager, ha riferito “conosco la ricorrente in quanto è stata per qualche tempo la mia responsabile … è vero che sono state rinegoziate le condizioni di contratti non in scadenza e anche di contratti in scadenza, alcuni dei quali poi non sono stati rinnovati mentre altri sono stati rinnovati alle nuove condizioni, e di tanto si è occupata in autonomia la ricorrente … il potere decisionale di spesa spetta all'amministratore, la ricorrente aveva invece sicuramente il potere di modificare la struttura organizzativa nell'ambito della quale anche io operavo, nel senso che ha inserito delle persone, ha eliminato i rapporti di subalternità/collaborazione fra me e il mio collaboratore e ha posto tutti su un livello più o meno simile, gestendo in prima persona tanto me, quanto il mio collaboratore, quanto la persona che aveva inserito lei … per quanto riguarda i contratti, penso che la ricorrente potesse lavorare in piena autonomia, salva l'approvazione finale e la firma dell'amministratore delegato … la ricorrente ha provveduto alla riorganizzazione dell'ufficio commerciale della società, del quale io faccio parte”. Il teste ### già dirigente responsabile della parte amministrazione, finanza e controllo del gruppo, ovvero della holding ### ha dichiarato: “sul capo 19 [in alcuni casi quando la ### ha operato sulla rinegoziazione di contratti in scadenza già in essere, lo ha fatto in piena autonomia gestionale. Prova ne è la rinegoziazione del contratto per la fornitura della ### dell'ATR 72 su committenza ### che è stata interamente gestita dalla ricorrente e poi solo sottoscritta dall'ing. ### e ###: piena autonomia non esattamente, nel senso che si trattava di un suo compito, che poi veniva rivisto nel gruppo di lavoro cioè da me, dal controller e dall'amministratore delegato, perché in team le cose vengono meglio … per quanto riguarda il contratto per la fornitura della porta cargo dell'ATR 72, di cui al capo 19 della memoria, posso dire che il contratto era già in discussione da diversi anni; non mi risulta che la ricorrente abbia seguito la rinegoziazione in totale autonomia … gerarchicamente la ricorrente rispondeva all'amministratore delegato … l'a.d. era l'ex amministratore di ### - ### per cui i rapporti con tale società, ora ### in virtù di un rapporto personale più ampio, si tenevano direttamente fra i vertici delle società, e non a livello della ricorrente. La ricorrente si limitava ad attività di supporto all'a.d. nell'ambito di una negoziazione che si svolgeva con la partecipazione attiva del management aziendale. Aggiungo che si tratta di commesse già acquisite dalla società”. Da tali deposizioni non emergono elementi a supporto della tesi che la ricorrente fosse una semplice impiegata direttiva. Il teste ### suo sottoposto, ha riferito che la ### nella gestione dei contratti, lavorava in autonomia, salva l'approvazione finale del management, e che, sotto altro profilo, aveva provveduto alla riorganizzazione dell'ufficio commerciale affidato alla sua responsabilità. Il teste ### ha ribadito che la ricorrente rispondeva gerarchicamente direttamente all'amministratore delegato, e che la negoziazione dei contratti rientrava fra i suoi compiti, sebbene l'atto finale venisse poi rivisto dall'amministratore delegato, dal controller e dallo stesso teste, dirigente amministrazione, finanza e controllo della capogruppo ### Tale circostanza, così come quanto dichiarato dal teste in merito ai rapporti con la sola cliente ### in virtù della pregressa esperienza dell'amministratore delegato presso la medesima ### non appare significativa al fine di escludere la qualifica dirigenziale prevista in contratto e voluta dalle parti. Va ribadito che la definizione contenuta nel ### è vincolante e che tutti i requisiti ivi previsti per l'attribuzione della qualifica dirigenziale appaiono ricorrere nel caso di specie. Dalla prova testi espletata, con escussione di due fra i testi indicati da parte resistente, non è emerso che la ricorrente fosse assoggettata a puntuali direttive dei propri superiori (lo si ribadisce, il presidente e il vicepresidente del CdA e amministratore delegato), o al loro potere di controllo e disciplinare. Non è in particolare emerso che la ricorrente si sia occupata essenzialmente e principalmente di “recupero crediti”. La qualifica dirigenziale non è sicuramente esclusa dal fatto che i contratti (ad esempio quello prodotto da parte ricorrente sub 12) fossero sottoscritti dall'A.D., o che le bozze di alcune missive e documenti dovessero essere condivise con lui. Per contro, proprio la documentazione prodotta da parte ricorrente attesta che la ### si interfacciava con i propri omologhi di altre aziende (clienti o potenziali tali), partecipava a incontri, organizzava il lavoro del personale addetto al suo settore. Le domande di accertamento dell'illegittimità del licenziamento, in quanto privo di giustificato motivo, vanno conseguentemente respinte, alla luce del granitico orientamento per cui “La disciplina limitativa del potere di licenziamento di cui alle leggi n. 604 del 1966 e n. 300 del 1970 non è applicabile, ai sensi dell'art. 10 della legge n. 604 del 1966, ai dirigenti convenzionali, quelli cioè da ritenere tali alla stregua delle declaratorie del contratto collettivo applicabile, sia che si tratti di dirigenti apicali, che di dirigenti medi o minori, ad eccezione degli pseudo-dirigenti, vale a dire di coloro i cui compiti non sono in alcun modo riconducibili alla declaratoria contrattuale del dirigente. Ne consegue che, ai fini dell'eventuale riconoscimento dell'indennità supplementare prevista per la categoria dei dirigenti, occorre fare riferimento alla nozione contrattuale di giustificatezza che si discosta, sia nel piano soggettivo che su quello oggettivo, da quello di giustificato motivo ex art. 3, legge n. 604 del 1966, e di giusta causa ex art. 2119 cod. civ., trovando la sua ragione d'essere, da un lato, nel rapporto fiduciario che lega il dirigente al datore di lavoro in ragione delle mansioni affidate - suscettibile di essere leso anche da mera inadeguatezza rispetto ad aspettative riconoscibili ex ante o da importante deviazione dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro, ovvero da comportamento extralavorativo incidente sull'immagine aziendale a causa della posizione rivestita - e, dall'altro, nello stesso sviluppo delle strategie di impresa che rendano nel tempo non pienamente adeguata la concreta posizione assegnata al dirigente nella articolazione della struttura direttiva dell'azienda” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 25145 del 13/12/2010, ### L, Sentenza n. 23894 del 02/10/2018, ### 6 - L, Ordinanza 27199 del 26/10/2018, ### L, Ordinanza n. 88 del 03/01/2023). La ricorrente si duole poi della mancanza di preventiva contestazione degli addebiti, omissione in virtù della quale il licenziamento dovrebbe ritenersi privo di giustificazione, con conseguente suo diritto alla indennità supplementare. Sotto tale profilo, il ricorso è fondato. Come evidenziato da Cass. Sez. L, Sentenza n. 897 del 17/01/2011, in materia di applicabilità delle garanzie procedurali previste dalla L. n. 300 del 1970, art. 7, primi tre commi (### dei lavoratori), la giurisprudenza ha avuto una complessa evoluzione, segnata, in particolare, da due decisioni, di diverso orientamento, delle ### unite. Nel 1995, con la sentenza n. 6041, le ### unite definirono il contrasto tra le opposte tesi affermando che gli obblighi della preventiva contestazione e della attribuzione di un termine a difesa, previsti di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7, non sono applicabili al rapporto di lavoro dei dirigenti. In motivazione, si precisò però che tale esclusione “vale per la figura del dirigente propriamente detto” (colui che “si colloca al vertice della organizzazione aziendale”, svolgendo “funzioni tali da improntare la vita dell'azienda, con scelte di respiro globale, in rapporto di collaborazione fiduciaria con il datore di lavoro (del quale è l'alter ego)” e “non riguarda il cd. pseudo-dirigente o dirigente meramente convenzionale nel quale le mansioni concretamente attribuite ed esercitate non hanno le caratteristiche proprie del rapporto propriamente dirigenziale”. Nel 2007 le ### unite sono tornate sul tema, rettificando la posizione e integrando anche i dirigenti propriamente detti nell'area delle garanzie disciplinari. Con la sentenza 30 marzo 2007, n. 7880, l'organo di nomofilachia ha affermato che non si può frammentare la categoria dei dirigenti, esimendo il datore di lavoro dall'osservanza dell'obbligo di contestazione degli addebiti nei confronti dei “dirigenti apicali” e ha dichiarato di “condividere la tesi favorevole ad estendere a tutti coloro che rivestono la qualifica di dirigenti in ragione della rilevanza dei compiti assegnati dal datore di lavoro - e quindi senza distinzione alcuna tra “top manager” ed altri (dirigenti cd. medi o minori) appartenenti alla stessa categoria - l'iter procedimentale previsto dalla L. n. 300 del 1970, art. 7”. Questo perché - sottolineano le ### unite richiamando principi affermati dalla Corte costituzionale - una generalizzata estensione delle procedure di contestazione dei fatti posti a base del recesso trova la sua ratio non nelle caratteristiche del rapporto di lavoro, “ma nella capacità dei suddetti fatti di incidere direttamente, al di là dell'aspetto economico, sulla stessa persona del lavoratore, ledendone talvolta, con il decoro e la dignità, anche l'immagine in modo irreversibile”. Inoltre, “non risponde a consequenzialità logica una lettura restrittiva del dato normativo che finisca per penalizzare i dirigenti, i quali - specialmente se con posizioni di vertice e se dotati di più incisiva autonomia funzionale - possono subire danni, con conseguenze irreversibili per la loro futura collocazione nel mercato del lavoro, da un licenziamento, che non consentendo loro una efficace e tempestiva difesa, può lasciare ingiuste aree di dubbio sulla trasparenza del comportamento tenuto e sulla capacità di assolvere a quei compiti di responsabilità correlati alla natura collaborativi e fiduciaria caratterizzante il rapporto lavorativo”. ### stessa sentenza le sezioni unite hanno affrontato il problema, connesso ma distinto, delle conseguenze del mancato rispetto delle garanzie procedimentali. La posizione assunta è che, se la categoria dei dirigenti non deve essere frammentata in relazione ai principi fissati dalla prima parte dell'art. 7, può invece essere differenziata sul piano delle conseguenze, modulando le tutele contro le violazioni delle garanzie procedurali in relazione al diverso livello dei poteri a ciascun dirigente demandati. Si è sottolineato che in materia riveste un ruolo centrale l'autonomia collettiva, perché le associazioni sindacali colgono meglio le peculiarità dei diversi settori produttivi e delle diverse organizzazioni aziendali, spesso articolate in reti con più centri decisionali, come riconosce anche il legislatore con gli artt. 2095 e 2071 c.c., comma 2, nei quali viene attribuito alla contrattazione collettiva un ruolo primario nella disciplina delle mansioni e delle qualifiche dei lavoratori. Pertanto, le conseguenze del mancato rispetto delle garanzie procedurali possono essere differenti per i dirigenti in senso proprio, cioè i vertici aziendali (dirigenti apicali) e per quelli di livello minore (non apicali), spesso qualificabili come dirigenti solo per scelte dell'autonomia collettiva (dirigenti convenzionali). Il principio di diritto enunciato a conclusione di questa motivazione è il seguente: “le garanzie procedimentali dettate dalla L. n. 300 del 1970, art. 7, commi 2 e 3, devono trovare applicazione nell'ipotesi di licenziamento di un dirigente - a prescindere dalla specifica collocazione che lo stesso assume nell'impresa - sia se il datore di lavoro addebiti al dirigente stesso un comportamento negligente (o in senso lato colpevole) sia se a base del detto recesso ponga, comunque, condotte suscettibili di farne venir meno la fiducia. Dalla violazione di dette garanzie, che si traduce in una non valutabilità delle condotte causative del recesso, scaturisce l'applicazione delle conseguenze fissate dalla contrattazione collettiva di categoria per il licenziamento privo di giustificazione, non potendosi per motivi, oltre che giuridici, logico-sistematici assegnare all'inosservanza delle garanzie procedimentali effetti differenti da quelli che la stessa contrattazione fa scaturire dall'accertamento della sussistenza dell'illecito disciplinare o di fatti in altro modo giustificativi del recesso”. La giurisprudenza successiva ha confermato e ribadito tali principi (cfr. la citata Cass. 897/2011, ma anche Cass. Sez. L, Sentenza n. 18270 del 30/07/2013, ### L, Sentenza n. 2553 del 10/02/2015, ### L, Sentenza n. 5175 del 16/03/2015). Il licenziamento del dirigente, motivato da una condotta colposa o comunque manchevole del lavoratore, deve dunque essere considerato di natura disciplinare, indipendentemente dalla sua inclusione o meno tra le misure disciplinari previste dallo specifico regime del rapporto, sicché deve essere assoggettato alle garanzie dettate a tutela del lavoratore circa la contestazione degli addebiti e il diritto di difesa. ### fattispecie, la natura ontologicamente disciplinare del licenziamento intimato alla ricorrente emerge con evidenza dal tenore della raccomandata del 21.05.2021, da cui si evince senza possibilità di dubbio - al di là del nomen iuris di “licenziamento per giustificato motivo oggettivo” attribuito al recesso - che le motivazioni risiedono nell'inadempimento, imputato alla ### all'obbligo di espletare con diligenza i compiti per i quali era stata assunta, nella sua manchevolezza “su ogni fronte”, nell'incapacità di fare squadra con il management e di comunicare efficacemente con i clienti. Le perdite subite dall'azienda e l'ingente calo di fatturato, nella missiva, sono menzionati unicamente per sottolineare come la ricorrente non abbia fatto alcunché per evitarli, omettendo di mettere in campo qualsivoglia attività anche solo per trattenere le commesse già in essere. ### lettera di licenziamento non vi è alcun accenno a ragioni di carattere economico, legate alla crisi economico-finanziaria dell'azienda, né tanto meno a processi di riorganizzazione aziendale. Tutte le deduzioni svolte nella memoria di costituzione in relazione alla situazione di grave crisi in cui versava l'azienda, con correlato ricorso a contratti di solidarietà e apertura di una procedura di licenziamento collettivo, rimangono, pertanto, del tutto irrilevanti, stante anche il principio della immutabilità delle ragioni del licenziamento come enunciate nella relativa comunicazione al lavoratore. ### parte, è agevole osservare come non sussisterebbe - comunque - l'imprescindibile requisito del nesso causale fra il recesso e la situazione economico-finanziaria prospettata dalla ### La fase di difficoltà connessa alla perdita di commesse, con le conseguenti perdite, era, infatti, già sussistente (e da tempo) al momento dell'assunzione della ### che, infatti, è stata introdotta in azienda, pur a fronte di un costo annuo molto significativo, proprio allo scopo di acquisire nuovi clienti e commesse grazie alle conoscenze e competenze che la stessa aveva vantato di possedere. Il costo per la retribuzione della nuova dirigente, dunque, come trapela dalla lettera di licenziamento, è divenuto insostenibile non per ragioni oggettive, bensì all'esito di una valutazione sulla inutilità di sopportarlo, in quanto la ### secondo la prospettazione dell'azienda, si era dimostrata del tutto inadeguata rispetto alle aspettative. Qualificato il licenziamento come ontologicamente disciplinare, avrebbero dovuto essere osservate le garanzie procedimentali di cui all'art. 7, co. 2-3, Stat. Lav. Dalla relativa omissione discende, conformemente ai principi giurisprudenziali sopra enunciati, l'applicazione delle conseguenze fissate dalla contrattazione collettiva di categoria per il licenziamento privo di giustificazione, ovvero il diritto della dirigente al pagamento dell'indennità supplementare di cui all'art. 19, co. 15 del ### pari - per i dirigenti con un'anzianità aziendale fino a due anni - a due mensilità pari al corrispettivo del preavviso, ovvero della retribuzione che il dirigente avrebbe percepito se avesse regolarmente lavorato (### mensili, come da ultima busta paga e contratto di assunzione, in mancanza di puntuale deduzione e prova del “soddisfacente conseguimento degli obiettivi assegnati” condizione per l'incremento della retribuzione lorda da 150 a 160.000 ### annui). A tale titolo la ### va pertanto condannata a corrispondere alla ricorrente ### Per quanto riguarda le competenze di fine rapporto (ratei di 13^ mensilità, ferie residue non godute), la ### ha fornito idonea prova del pagamento (cedolino maggio 2021 e copia ordine di bonifico dell'importo netto ivi indicato, in data ###). Per quanto riguarda il TFR e l'indennità sostitutiva del preavviso, pari a 6 mensilità, la cui spettanza è pacifica, la ### ha prodotto il relativo cedolino, ma ha riconosciuto e documentato di aver corrisposto, a fronte di un importo netto dovuto di ### il minor importo di ### a titolo di “acconto”. Inoltre, dal cedolino risulta che l'indennità sostitutiva del preavviso è stata quantificata in ### escludendone l'importo a remunerazione del patto di non concorrenza, che tuttavia - come risulta dal contratto di assunzione e dai cedolini - è stato inserito come componente della retribuzione mensile ordinariamente erogata, e come tale va ricompreso anche nell'indennità di mancato preavviso. ### va dunque condannata al pagamento, a titolo di saldo TFR e indennità sostitutiva del preavviso come da relativa busta paga, del residuo importo netto di ### oltre all'importo lordo di ### corrispondente alla differenza fra l'indennità dovuta (### *6 mensilità) e quella riconosciuta in busta paga (### ). Ai suddetti importi si aggiungono interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione del credito (21.05.2021, data di cessazione del rapporto) al saldo effettivo. Il rigetto delle domande avanzate in via principale dalla ricorrente giustifica la compensazione delle spese di lite in ragione del 50%; il restante 50% segue la soccombenza della ### e si liquida come in dispositivo, tenuto conto dei valori minimi per le controversie di valore indeterminabile, stanti l'assenza di questioni complesse, di fatto e/o di diritto, e l'opera difensiva concretamente prestata. P.Q.M. Il giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, così provvede: 1) in parziale accoglimento del ricorso, dichiara il licenziamento intimato alla ricorrente illegittimo per assenza di preventiva contestazione degli addebiti e, per l'effetto, condanna la ### al pagamento, in favore della ricorrente, di ### a titolo di indennità supplementare ex art. 19, co. 15, del ### per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi ### - Federmanager, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal 21.05.2021 al saldo; 2) condanna la ### al pagamento in favore della ricorrente, a titolo di saldo TFR e indennità sostitutiva del preavviso, dell'importo netto di ### oltre all'ulteriore importo lordo di ### per differenza sull'indennità sostitutiva del preavviso, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal 21.05.2021 al saldo; 3) compensa le spese di lite in ragione del 50% e condanna la ### al pagamento del restante 50%, che liquida in ### oltre rimborso forfettario spese generali, IVA e CPA come per legge e rimborso C.U. #### 19 giugno 2023. ### n. 3613/2021




sintesi e commento
Licenziamento Dirigenziale: Necessaria la Contestazione Preventiva degli Addebiti
Una recente sentenza del Tribunale di Benevento ha affrontato una controversia relativa all'impugnazione di un licenziamento intimato a una figura dirigenziale. La lavoratrice, assunta con contratto di lavoro subordinato dirigenziale, aveva contestato la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, sostenendo di aver svolto, in realtà, mansioni di "pseudo-dirigente" e lamentando l'assenza di una valida motivazione.
La società resistente, dal canto suo, aveva eccepito la decadenza dall'impugnativa e, nel merito, aveva giustificato il licenziamento con il mancato raggiungimento degli obiettivi e il venir meno del rapporto fiduciario.
Il Tribunale, pur rigettando la tesi della ricorrente circa la sua qualifica di "pseudo-dirigente", ha ritenuto fondata la contestazione relativa alla mancata preventiva contestazione degli addebiti.
Nel dettaglio, la lavoratrice era stata licenziata con una comunicazione in cui si faceva riferimento a "mancato raggiungimento di obiettivi", "inefficienza delle risorse" e "costi aziendali". Tuttavia, la lettera di licenziamento evidenziava anche una "mancanza su ogni fronte", "incapacità cronica a fare squadra con il management" e "scarsa comunicativa con i maggiori clienti".
Il giudice ha qualificato il licenziamento come di natura disciplinare, in quanto basato su presunti inadempimenti della lavoratrice. Di conseguenza, ha ritenuto applicabili le garanzie procedurali previste dall'articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori, che impongono la preventiva contestazione degli addebiti e la possibilità per il lavoratore di presentare le proprie difese.
La mancata osservanza di tali garanzie ha determinato, secondo il Tribunale, l'illegittimità del licenziamento e il diritto della lavoratrice all'indennità supplementare prevista dal contratto collettivo per i dirigenti licenziati senza giustificazione.
Il Tribunale ha, invece, respinto le ulteriori pretese economiche della ricorrente, ritenendo provato il pagamento delle competenze di fine rapporto. Ha, tuttavia, condannato la società al pagamento del saldo del trattamento di fine rapporto e dell'indennità sostitutiva di preavviso, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.