CORTE D'APPELLO DI CATANZARO
Sentenza n. 1042/2022 del 23-09-2022
principi giuridici
La deroga convenzionale alla competenza del giudice ordinario, derivante da clausola compromissoria contenuta in un contratto, non si estende alle controversie relative ad altri contratti, ancorché collegati al principale cui la clausola accede, salvo che si tratti di pattuizioni aggiuntive o modificative del contratto originario enucleabili nel contesto di un medesimo programma negoziale finalizzate a meri adeguamenti progettuali, ove la clausola contempli tutte le controversie originate dal contratto al quale l'atto aggiuntivo funzionalmente accede.
Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria, l'utile esperimento della procedura, quale condizione di procedibilità della domanda, si intende realizzato con il primo incontro delle parti innanzi al mediatore, conclusosi senza l'accordo; la domanda giudiziale è improcedibile qualora, all'udienza di verifica, il procedimento non sia stato iniziato o non si sia concluso per colpevole inerzia iniziale della parte che ha ritardato la presentazione dell'istanza.
N.B.: Le massime sono generate automaticamente e potrebbero contenere errori e imprecisioni.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.
testo integrale
### - In nome del ### - LA CORTE DI APPELLO DI CATANZARO Sezione Terza Civile Riunita in camera di consiglio e composta dai sigg.ri magistrati: dott. ### dott. ### dott. ### rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 3/2019 RGAC vertente TRA ### ( C.F.: ###) già titolare della omonima ditta ### di ### corrente in ####, C.da Bianchino n. 87/a (P.iva: ###), rappresentata e difesa dall'Avv. ### del ### di ### giusta delega in calce all'atto di appello, presso il cui ### in ### alla ### nr.115 è elettivamente domiciliat ###persona del curatore avv. ### rappresentato e difeso dall'avv. ### del foro di ### ed elettivamente domiciliat ###### alla ###, per mandato in calce alla comparsa di costituzione in appello, ### All'udienza del 24.05.2022 la causa era decisa sulle seguenti: conclusioni delle parti Per l'appellante: <<### l'###ma Corte d'Appello adita, contrariis reiectis,[…] accogliere il proposto appello e per l'effetto, riformata ed annullata la sentenza gravata nei capi impugnati…e accertata e dichiarata la procedibilità della domanda, revocare ed annullare il decreto ingiuntivo opposto, in via preliminare, per incompetenza del g.o. conseguente alla clausola compromissoria pattuita inter partes con conseguente rimessione del presente giudizio agli arbitri ed ogni consequenziale statuizione in punto di spese; in ogni caso, nel merito, revocare ed annullare, comunque, il decreto ingiuntivo opposto non essendo l'opponente debitrice della somma richiesta nel monitorio impugnato, e, in accoglimento della spiegata domanda riconvenzionale, accertato e ritenuto il collegamento negoziale tra i contratti meglio individuati nella narrativa che precede, previa declaratoria della intervenuta risoluzione del contratto di affitto di ramo d'azienda inter partes stipulato per inadempimento della opposta, condannare la predetta al risarcimento di tutti i danni subiti dalla opponente da quantificarsi nella misura di ### o in quell'altra maggiore e/o minore che sarà ritenuta di giustizia, con interessi e rivalutazione dal dì dell'evento all'effettivo soddisfo. In via del tutto subordinata, sempre previo accoglimento della spiegata domanda riconvenzionale, accertare l'effettiva entità delle somme spettanti alla opposta e, per l'effetto, ridurre correlativamente l'importo del credito vantato da controparte nel presente giudizio perché sproporzionato. Con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio >>.
Per l'appellato: << voglia l'###ma Corte d'Appello … rigettare in quanto inammissibili e infondati i motivi di appello proposti e per l'effetto confermare la sentenza n. 468/2018 resa dal Tribunale di ### in data ###… il tutto con condanna della parte appellante al pagamento delle spese e competenze di lite, oltre r.f., cap e iva come per legge >>. ### come risultante dalla sentenza di primo grado impugnata “ Con atto di citazione ritualmente notificato, ### - nella qualità di titolare della ditta “### Carni” - proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 61/2014, emesso dall'intestato Tribunale in data ### e notificato il ###, con il quale - su istanza dell'odierna opposta - le era stato intimato il pagamento della somma di ### oltre interessi e spese della procedura monitoria, in ragione dell'asserito mancato pagamento delle somme riportate nelle fatture meglio individuate nel ricorso monitorio e relative alla fornitura di merce.
In via preliminare, eccepiva l'incompetenza dell'adìto Tribunale ritenendo competente il Tribunale di Cosenza, non mancando - altresì - di rilevare l'esistenza di una clausola compromissoria in seno al contratto di affitto di ramo d'azienda intercorso tra le parti, che riteneva avvinto da collegamento negoziale con il rapporto di fornitura di merce in relazione al quale la società opposta ha invocato il pagamento del corrispettivo azionato in sede monitoria.
Nel merito, rilevava l'infondatezza della avversa pretesa creditoria, quanto meno nella misura richiesta con il provvedimento monitorio.
Concludeva, dunque, per la revoca del decreto ingiuntivo opposto, con vittoria di spese e competenze di lite, spiegando anche domanda riconvenzionale volta al conseguimento del giusto ristoro del danno patito a causa della condotta inadempiente e contraria a buona fede posta in essere da controparte nell'ambito della complessiva operazione negoziale intercorsa tra le parti.
Instaurato il contraddittorio, con comparsa di costituzione e risposta depositata in cancelleria il ### si costituiva in giudizio la società creditrice opposta, la quale ribadiva la piena fondatezza della propria pretesa creditoria, contestando in fatto ed in diritto la domanda dell'opponente, di cui invocava l'integrale rigetto, con conseguente conferma del monitorio opposto.
Il giudizio veniva istruito a mezzo produzione documentale e all'udienza del 08.2.2018, la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni dei procuratori delle parti, come in atti rassegnate, con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di scritti difensivi conclusionali.”. ### n. 468/2018 pubbl. il ### il Tribunale di ### così pronunciava: “Il Tribunale di ### - ###, definitivamente pronunciando nella causa civile 1098/2014 R.G., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa ed assorbita, così provvede: 1) Dichiara la improcedibilità della domanda attorea e, per l'effetto, conferma il decreto ingiuntivo opposto. 2) Compensa integralmente tra le parti le spese e competenze di lite. ”.
Con atto di citazione ritualmente notificato ### proponeva gravame avverso la suddetta sentenza deducendo motivi di appello che possono essere così riassunti: -violazione della legge atteso che il primo Giudice del tutto erroneamente, una volta ritenuto che venisse in rilievo il collegamento negoziale posto a fondamento della domanda riconvenzionale spiegata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, in quanto si era ritenuto configurabile una cessione di ramo d'azienda, ha implicitamente ritenuto la propria competenza decidendo, quindi, la questione della procedibilità della domanda per tardiva attivazione della predetta procedura quando avrebbe dovuto pronunciare incompetenza dell'### ordinaria adita, rientrando la controversia oggetto di causa tra quelle che formavano oggetto di clausola compromissoria ex art. 24 del citato contratto; - insussistenza di prova del credito azionato.
Si costituiva la curatela del fallimento ### srl ### contestando l'appello e rassegnando le conclusioni in epigrafe indicate.
Acquisito il fascicolo di primo grado, con ordinanza depositata in data ###, la Corte disponeva sospendersi l'efficacia esecutiva della sentenza n. 468/2018 del Tribunale di ### All'udienza 24.05.2022, svoltasi nelle forme della c.d. trattazione scritta ai sensi dell'art. 221 del d.l. 34/2020, convertito con modificazioni nella l. 77/2020, erano precisate le conclusioni, come trascritte in epigrafe, e la causa passava in decisione una volta decorsi i termini di cui all'art. 190 cod. proc. civ. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE ### proposto da ### è infondato e deve essere, pertanto, rigettato per le ragioni di seguito esposte.
Orbene, l'odierno appellante censura la sentenza di primo grado per violazione della legge atteso che il primo Giudice del tutto erroneamente, una volta ritenuto che venisse in rilievo il collegamento negoziale posto a fondamento della domanda riconvenzionale spiegata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, in quanto si era ritenuto configurabile una cessione di ramo d'azienda, ha implicitamente ritenuto la propria competenza decidendo la questione della procedibilità della domanda per tardiva attivazione della predetta procedura quando avrebbe dovuto pronunciare incompetenza dell'### ordinaria adita, rientrando la controversia oggetto di causa tra quelle che formavano oggetto di clausola compromissoria ex art. 24 del citato contratto.
Emerge dagli atti che con scrittura privata autenticata per atto di ### Camilleri n. rep. ### datata 30.03.2012 le odierne parti in causa stipulavano un contratto avente ad oggetto l'affitto del ramo di azienda di proprietà della ### s.r.l. ### attivo in ### in ### nn. 299/301/303/305/307 e precisamente un punto vendita “PAM” pattuendo, altresì, che la prima, svolgendo la attività di commercio al dettaglio di alimenti e bevande come precisato alla lettera f) del contratto in questione, fornisse altresì alla affittuaria merce per così dire “corrente” ovvero derrate alimentari facilmente deteriorabili che venivano, quindi, pagate di volta in volta all'atto della consegna stessa e merce a lunga conservazione già presente in magazzino al momento della stipula del contratto di affitto de quo, e definita, quindi, da “inventario”, che veniva pagata ratealmente.
Orbene, anche a voler ritenere la sussistenza di un collegamento tra il contratto di cessione di ramo d'azienda e quelli relativi alla fornitura di derrate alimentari oggetto di decreto ingiuntivo opposto, occorre precisare che la deroga convenzionale alla competenza del giudice ordinario non può essere affermata, quale effetto della clausola compromissoria contenuta in un determinato contratto, ove si tratti di controversie relative ad altri contratti, ancorché collegati al principale cui accede la clausola; tale situazione, peraltro, non corrisponde a quella delle pattuizioni aggiuntive o modificative del contratto originario enucleabili nel contesto di un medesimo programma negoziale perché, ove si tratti di atti aggiuntivi finalizzati a meri adeguamenti progettuali, non può sostenersi che la clausola compromissoria non si estenda alle controversie così insorte, ove la clausola contempli tutte le controversie originate dal contratto al quale lo stesso atto aggiuntivo funzionalmente accede (Cass. Sez. 1 - , Ordinanza n. 29332 del 22/12/2020; Cass. Sez. 3 - , Sentenza n. 941 del 17/01/2017).
Ne consegue che, non operando l'estensione dell'operatività della clausola compromissoria contenuta nel contratto di cessione di ramo di azienda stipulato tra le parti ai rapporti di fornitura oggetto di decreto ingiuntivo opposto, oggetto del presente giudizio, l'appello non può trovare accoglimento, con conseguente conferma della sentenza di primo grado che ha dichiarato l'improcedibilità della domanda attorea.
Del pari infondato è, invero, l'assunto di parte appellante circa l'erroneità della pronuncia di improcedibilità. Orbene, se è vero che, un recente orientamento giurisprudenziale ha statuito che nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta (Cass. Sez. U - , Sentenza n. 19596 del 18/09/2020), deve rilevarsi che nel caso di specie, il giudice di prime cure, con ordinanza del 22 aprile 2015, nel riportarsi all'orientamento giurisprudenziale in vigore al momento della pronuncia, ha posto a carico del creditore opponente, in quanto parte che ha esercitato l'azione e avente interesse a coltivare il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo, l'onere di avviare il procedimento di mediazione.
Nell'evidenziare che la mediazione è condizione di procedibilità della domanda, ha concesso termine di 15 giorni avvertendo che la mancata partecipazione senza giusto motivo al procedimento di mediazione avrebbe comportato, come conseguenza prevista dalla norma, la dichiarazione di improcedibilità dell'opposizione.
Da quanto sopra esposto appare, dunque, evidente come l'onere di avviare il procedimento di mediazione fosse a carico di parte opponente e il termine di 15 giorni concesso dal giudice, nel rispetto del dettato normativo, fosse perentorio.
Ritiene questa Corte che correttamente il giudice di prime cure ha fatto conseguire al mancato avvio della procedura di mediazione nel termine concesso la pronuncia di improcedibilità dell'opposizione.
Inoltre, anche a voler ritenere che il mancato rispetto del termine di 15 non renda di per sé, la domanda improcedibile, deve evidenziarsi che ciò che rileva è l'utile esperimento della procedura di mediazione entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, ove per “utile esperimento” s'intende il primo incontro delle parti innanzi al mediatore, conclusosi senza l'accordo. Per cui, in ogni caso, la domanda giudiziale è dichiarata improcedibile se, all'udienza di verifica il procedimento non è stato iniziato o non si è concluso per una colpevole inerzia iniziale della parte, che ha ritardato la presentazione dell'istanza (Corte di Cassazione, con la sentenza del 14 dicembre 2021 n. 40035).
Nel caso di specie, parte opponente all'udienza fissata per la verifica dell'avvio del procedimento di mediazione non ha dato prova né dell'effettivo avvio della procedura, né della incolpevole inerzia.
In definitiva, l'appello proposto da ### è infondato e deve essere, quindi rigettato, rimanendo preclusa dall'esito della presente pronuncia ogni ulteriore valutazione sulle questioni di merito sollevate dall'appellante.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo sulla base dei valori medi di cui al d.m. 55/2014 per lo scaglione corrispondente al valore del presente giudizio, con riduzione del 30% in ragione del grado di difficoltà della controversia.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell'appellante dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. PQM La Corte d'Appello di Catanzaro, ###, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da ### nei confronti di ### srl, in persona del curatore avv. ### avverso la sentenza del Tribunale di ### 468/2018 depositata in data ###, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede: 1) rigetta l'appello; 2) condanna ### al rimborso in favore di ### srl, in persona del curatore avv. ### delle spese del presente grado di giudizio che liquida in ### per compensi, oltre spese generali al 15%, Iva e ### 3) dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di ### dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2012 inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012.
Catanzaro, 20.09.2022 ### rel. ###ssa #### n. 3/2019
CORTE D'APPELLO DI CATANZARO
Sentenza n. 1042/2022 del 29-09-2022
principi giuridici
In caso di contrasto tra contrattazione collettiva integrativa e contrattazione collettiva nazionale, con violazione dei vincoli finanziari imposti da quest'ultima, è legittima la ripetizione dell'indebito ai sensi dell'art. 2033 c.c. delle somme erogate in base alla contrattazione integrativa, senza che possa trovare applicazione l'art. 2126, comma 2, c.c.
Le disposizioni dell'art. 40, comma 3, del d.lgs. 165/2001, successive alla declaratoria di nullità delle clausole contrattuali integrative che superano i vincoli e i limiti della contrattazione nazionale, disciplinano la formazione dei bilanci successivi a quello in cui è stata accertata la violazione, ma non incidono sull'obbligo di ripetizione nei confronti del dipendente delle somme indebitamente percepite in base a disposizioni nulle.
È inammissibile l'appello che si limiti a ribadire le argomentazioni già spese nella memoria di costituzione in primo grado, senza censurare le ragioni che hanno condotto il giudice a disattenderle con espressa motivazione.
N.B.: Le massime sono generate automaticamente e potrebbero contenere errori e imprecisioni.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.
testo integrale
### nome del Popolo Italiano Corte ### di Catanzaro SEZIONE LAVORO La Corte, riunita in camera di consiglio, così composta: 1. dott.ssa ### 2. dott.ssa ### rel. 3. dott.ssa ### ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa riunite in grado di appello iscritte ai numero 669 e 826 del Ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2020 e vertente TRA ### con l'Avv. ### che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, presso il cui studio, sito in #### n. 36, è elettivamente domiciliat ###costituito ### di ##### e ### di ### con l'Avv. ### che la rappresenta e difende per procura in calce/unita alla memoria di costituzione in appello, elettivamente domiciliat ###### alla ###. #### appellato/appellante Avente ad oggetto: appelli avverso sentenza del Tribunale di ### Ripetizione di indebito #### <<in riforma della sentenza impugnata … accertare e dichiarare l'illegittimità e/o la nullità del provvedimento di recupero notificato al ricorrente nel mese di Luglio 2017 e di ogni atto conseguente per le ragioni di cui in narrativa e per l'effetto condannare la ### a restituire in favore dell'appellante le somme nelle more trattenute; - in subordine, confermare la sentenza impugnata, in ogni caso con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio>>; per la Camera di ##### e ### di ### << in via preliminare, disporre la riunione del presente procedimento (RG n. 669/2020) con il giudizio contraddistinto dal n. RG 826/2020, entrambi pendenti innanzi a codesta ###ma Corte di Appello, ### avverso la medesima Sentenza, ordinando ogni provvedimento all'uopo opportuno e necessario; - in ogni caso, rigettare l'appello proposto dal Si. ### perché infondato in fatto ed in diritto per i suesposti motivi; in ogni caso, previa riunione, accogliere l'appello parziale promosso dalla ### di ### avverso la medesima sentenza (n. 187/2020) oggetto di impugnazione nel presente giudizio, sulla scorta di tutte le conclusioni ivi rassegnate, che di seguito testualmente si trascrivono: ### e/o riformare parzialmente la sentenza n. 187/2020 pubblicata in data ### comunicata via pec in pari data e non notificata, resa nel procedimento RG n. 1410/2018 dal Tribunale di ### - in funzione di Giudice del ### - e, per l'effetto, accogliere le richieste già avanzate in I grado, da intendersi oggi riproposte. - Con vittoria di spese e competenze del doppio grado di giudizio. >>; FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale di ### sezione lavoro, il 28 marzo 2018, ### - premesso: di essere dipendente della ### di ### e ### di ### e di avere ricevuto in data ### la nota prot. n. 8554 (all.1), a firma del ### della ### con la quale gli veniva comunicato che, dalle verifiche ispettive e dalle conseguenti verifiche contabili effettuate, era risultato il versamento indebito a suo favore, dall'anno 2001 all'anno 2011, di somme riconducibili alla parte variabile della retribuzione; che, contestualmente, veniva diffidato e costituito in mora per la restituzione della somma netta di ### con l'avvertimento che in caso di mancato spontaneo adempimento, nel termine di 30 giorni, sarebbero state intraprese le vie consentite dalla legge per ottenere il pagamento del dovuto; che, con successiva nota, consegnata a mani nel mese di Luglio 2017 (all.2), gli veniva poi comunicata la decisione della ### assunta con delibera n. 61 del 04.07.2017, di compensare, per il personale in servizio, l'indebito richiesto indietro con quanto dovuto nei prossimi 10 anni dal 2017, a valere sulle risorse collettive integrative future, in tal modo ridotte dell'ammontare complessivo equivalente; che, pertanto, la quota annua da recuperare sulla produttività in 10 anni veniva determinata in ### ; che, in data ###, inoltrava via pec formale istanza di accesso agli atti (all.3), tempestivamente soddisfatta dalla ### di ### che trasmetteva, stesso mezzo, la seguente documentazione: dettaglio delle somme contestate distinte per singole annualità (all.4), Delibere di ### n. 36 (all.5) e n. 61 (all.6) del 2017, messa in mora inviata al ricorrente in data ### e successiva nota di Luglio 2017; - lamentava che il provvedimento di ripetizione de quo e più in generale la pretesa restitutoria avanzata dalla ### di ### sono assolutamente illegittimi oltre che infondati in fatto ed in diritto, per i seguenti motivi: 1) violazione dei principi di buona fede ed affidamento: "l'### nel procedere, ai sensi dell'invocato art. 2033 Cod. civ., al recupero delle somme erogate all'odierno ricorrente a titolo di parte variabile della retribuzione non ha preso in considerazione, omettendo ogni correlativa motivazione negli impugnati provvedimenti di recupero, di talune importanti circostante, quali: - l'avvio del procedimento di recupero solo nell'anno 2017, mentre la corresponsione delle somme in controversia era iniziata nel 2001; - l'assenza di qualsiasi contestazione, nei confronti del percipiente, in merito alla correttezza dell'importo percepito, con conseguente incontrovertibile dimostrazione della sua buona fede, protratta nel tempo; - l'erogazione degli emolumenti de quo solo all'esito della valutazione positiva del raggiungimento degli obiettivi prefissati, con profusione del massimo impegno e dedizione nella realizzazione del sotteso interesse pubblico.
Sicché appare evidente come il mero richiamo all'art. 2033 e dunque alla non debenza dei maggiori importi allegati non valga, in assenza di qualsivoglia ulteriore considerazione e motivazione, ad integrare la doverosità del recupero de quo"; 2) nullità del provvedimento di recupero: a) avendo la parte datoriale agito usando i poteri autoritativi della PA, piuttosto che come un datore di lavoro privato, trattandosi di rapporto che si svolge nell'ambito del pubblico impiego privatizzato; b) per carenza di motivazione, con conseguente violazione del diritto di difesa; 3) parziale prescrizione del diritto alla ripetizione dell'indebito.
Il tribunale di ### in parziale accoglimento del ricorso, dichiara dovuta in restituzione da parte del ricorrente, in favore della ### di ### la minor somma di ### avendo accertato la prescrizione del diritto alla ripetizione di tutto quanto erogato fino al 15 maggio 2007; rigetta nel resto.
La sentenza, con separati ricorsi, del 28 luglio 2020 e del 25 settembre 2020, è gravata d'appello dal sig. ### e dalla ### di ### La Corte, disposta la riunione dei due incarti, acquisito il fascicolo di primo grado, alla fissata udienza, sentiti i procuratori delle parti, decide come da allegato dispositivo.
Il lavoratore ribadisce le deduzioni ed eccezioni spiegate in primo grado e disattese dal Tribunale: 1) difetto di motivazione del provvedimento di indebito, illegittima integrazione postuma, illegittima inversione dell'onere della prova; 2) insussistenza dell'indebito per irrilevanza della violazione dei vincoli finanziari, che rilevano, invece, solo sul versante della violazione di principi di contabilità con conseguente configurabilità di profili di responsabilità sul piano contabile, mentre la camera di commercio non ha allegato alcuna violazione del vincolo sinallagmatico, sicché non si configura alcun indebito; 3) assenza di doverosità del recupero, perché l'erogazione delle somme è avvenuta a fronte di un'attività lavorativa extra resa dai lavoratori, a seguito del raggiungimento degli obiettivi prefissati e della valutazione positiva; 4) violazione dell'art. 40 comma 3 quinquies d. l.vo 165/01: <<### all'esito della costituzione dell'odierna appellata - che ha fondato il diritto alla ripetizione sul superamento dei vincoli finanziari e la sua doverosità sull'art. 40, comma 3 quinquies, del D.lgs. 165/2001 e sull'art. 4 del DL 16/2019 - ha eccepito l'illegittimità del meccanismo di recupero così come posto in essere dalla ### In particolare, ha evidenziato che il meccanismo posto in essere dalla ### di ### essendo diretto a depauperare il salario accessorio futuro dei singoli dipendenti, non trova alcun fondamento nelle norme dalla stessa richiamate che prevedono invece una forma di recupero destinata ad incidere solo sulle risorse destinate alla costituzione del fondo e non anche, su quelle destinate alla remunerazione accessoria del singolo dipendente.
Il giudice di prime cure ha tuttavia ritenuto anche tale doglianza priva di valore, affermando testualmente che “in senso contrario alle argomentazioni di parte ricorrente, si deve rilevare che l'azione di restituzione è stata intrapresa dalla ### sulla base di quanto previsto dalla norma di legge ora citata […] e che con la nota del luglio 2017 (all. 3 fasc. resistente) la ### ha comunicato di compensare l'indebito richiesto […] con quanto dovuto nei prossimi 10 anni dal 2017 per il personale in servizio interessato dalla richiesta, a valere sulle risorse collettive integrative future, che in tal modo verranno ridotte dell'ammontare complessivo equivalente: il modus operandi della ### è quindi conforme al dato normativo poiché il recupero è stato disposto mediante il graduale riassorbimento delle somme con quote annuali a valere sui fondi futuri”.
Ebbene, basta un semplice confronto tra il disposto delle norme citate e gli atti di recupero adottati dalla ### di ### per rendersi conto della diversità del meccanismo adottato rispetto a quello previsto dalla legge e, conseguentemente, della erroneità della sentenza impugnata.
Nello specifico, sostiene la resistente che, in applicazione dell'art. 40 comma 3 quinquies del d.lgs. 165/2001, il datore di lavoro non ha proceduto al recupero delle somme erroneamente corrisposte nei confronti ed in danno del percettore, ma ha previsto di operare detto recupero a valere sui futuri fondi di finanziamento del trattamento accessorio del personale dipendente. Orbene, dai provvedimenti notificati ai singoli dipendenti emerge invece incontestabilmente come il recupero, contrariamente a quanto sostenuto dalla resistente, non viene operato sulle risorse da destinarsi alla costituzione del fondo, che restano invariate, ma viene effettuato nei confronti dei singoli percettori.
E difatti, la ### ha stabilito ed ha iniziato a trattenere, nelle more del giudizio di primo grado, la quota annuale che ciascun dipendente dovrà restituire per dieci anni, sino alla concorrenza dell'ammontare da questi indebitamente percepito, detta quota, diversa per ciascun dipendente, verrà ogni anno detratta dal salario accessorio che il singolo dipendente dovrà percepire.
Sicché determinato il salario accessorio del ricorrente per l'anno 2019, dallo stesso è stata detratta la quota annuale ### stabilita nel citato provvedimento di recupero, e così per ogni annualità, fino a concorrenza del preteso indebito; ### dipendente restituirà quindi, sul proprio salario accessorio futuro, un importo pari a quello percepito in maniera asseritamente indebita. ### pur richiamando l'art. 40, comma 3 quinquies, del ### e l'art. 4 del DL 16/2019, ha concretamente applicato un meccanismo di recupero diverso da quello previsto dalle predette disposizioni.
In base al meccanismo previsto dalle richiamate norme, infatti, una volta determinato l'ammontare complessivo delle somme da recuperare, questo può essere dilazionato su un numero di annualità pari a quelle in cui si è formato l'indebito. La quota annuale così determinata verrà detratta dalle risorse destinate alla costituzione del fondo per ciascun anno, con la logica conseguenza che la riduzione del fondo inciderà in misura eguale su tutti dipendenti.
Nel meccanismo posto in essere dalla resistente invece ciascun dipendente restituirà una cifra diversa, pari alla somma dallo stesso percepita nel periodo 2001-2011 a titolo di salario accessorio, con la sola particolarità che anziché restituire dette somme alla ### la stessa ogni anno se le tratterrà in compensazione direttamente dagli importi dovuti a ciascun dipendente a titolo di salario accessorio.
Il meccanismo si può così sintetizzare: Meccanismo previsto dall'### 40 comma 3 quinques ### 1° anno Fondo 100.000,00 Indebito complessivo corrisposto a tutti i dipendenti in 10 anni = ### Quota annuale da recuperare ### (20.000,00/10) Recupero previsto dal ### 100.000,00 - 2000 = 98.000 Il fondo sarà costituito per 98.000,00 ### e verrà poi ripartito tra i dipendenti in base alle prestazioni a ciascuno dovute; La riduzione del fondo inciderà su tutti i dipendenti, percettori di indebito e ### non in termini di decurtazione sulle somme loro spettanti, ma nel senso che vi saranno minori risorse da destinare alla contrattazione integrativa e di conseguenza alla parte variabile del salario accessorio.
Meccanismo previsto dalla ### 1 anno ### 100.000,00 Indebito complessivo corrisposto a tutti i dipendenti in 10 anni = ### Importo indebito corrisposto ai singoli dipendenti: a) 5.000,00; b) 2.000,00; C) 6.000,00; d) 7.000,00; Quota annuale da recuperare da ciascun dipendente (indebito/10): a) 500,00 ; b) 200,00; c) 600,00 e d) 700,00; Recupero previsto dalla ### di ### il fondo resta di ### e verrà ripartito tra i dipendenti in base alle prestazioni a ciascuno dovute.
Supponiamo che a ciascuno spettino 2.000,00 ### a questo punto secondo il meccanismo previsto dalla ### a) riceverà 1500,00 (2000,00 - 500,00); b) riceverà 1800,00 (2000,00-200,00); C) 1400,00 (2000,00 - 600,00) e d) 1.300,00 (2000,00-700,00) Il fondo non viene ridotto, ma resta invariato, e l'indebito graverà solo sui percettori in misura diversa, in base a quanto da ciascuno percepito in maniera indebita. ### tale meccanismo in pratica, contrariamente a quanto previsto dall'art. 40 comma 3 quinquies, non viene operato alcun recupero sulle risorse da destinare alla costituzione del fondo, che restano identiche, ma il recupero viene effettuato sulle risorse destinate al pagamento del salario accessorio dei soli percettori.
Il che significa in soldoni che mentre nel sistema delineato dalla norma le conseguenze del recupero vengono ripartite su tutti i dipendenti, percettori e non, perché il fondo viene ridotto, nel sistema posto in essere dalla ### a pagare sono solo i percettori delle somme “indebite” atteso che il fondo resta uguale e le somme vengono recuperate dal salario accessorio di tali soggetti che riceveranno un importo minore di quello spettante.
Non vi è chi non veda quindi come il meccanismo posto in essere dalla ### di ### sia un meccanismo anomalo che non trova alcun fondamento nelle norme dalla stessa invocate, che non prevedono alcun recupero diretto nei confronti dei dipendenti, di tal ché il provvedimento contestato, è chiaramente illegittimo per contrasto con le predette disposizioni.
E vi è di più! Che trattasi di recuperi nei confronti dei singoli percettori, risulta confermato dal tenore letterale dei singoli provvedimenti di recupero, notificati nel mese di Luglio 2017, con i quali veniva comunicata ai singoli dipendenti la decisione della ### assunta con delibera n. 61 del 04.07.2017, “di trattenere, per il personale che sarebbe cessato dal servizio nel corso del 2017 ovvero che era già cessato senza avere ancora ricevuto le spettanze, le somme da recuperare interamente in sede di liquidazione del trattamento di fine rapporto fino alla capienza, agendo per via giudiziaria per l'eventuale rimanenza” Ovvero “di compensare, per il personale in servizio, l'indebito richiesto indietro con quanto dovuto nei prossimi 10 anni dal 2017, a valere sulle risorse collettive integrative future, in tal modo ridotte dell'ammontare complessivo equivalente e per il residuo a valere sull'indennità di buonuscita.”…### ha dunque stabilito che laddove il dipendente venga collocato in quiescenza o comunque cessi la propria attività nelle more del decennio previsto per di recupero dell'indebito le somme residue a carico dello stesso verranno recuperate sulla buonuscita allo stesso spettante ovvero agendo in via giudiziaria nei suoi confronti.
Non vi è chi non veda quindi come il recupero sia diretto nei confronti dei singoli percettori e non delle risorse destinate alla costituzione del fondo, e come pertanto il modus operandi della ### appellata, contrariamente a quanto asserito dal Giudice di prime cure, non sia affatto conforme al dato normativo>>.
Lamenta, infine, l'ingiustizia della compensazione delle spese, perché, per effetto del giudizio, ha ottenuto la riduzione del 50% circa della pretesa della ### di commercio. ### di ### è infondato.
Orbene, quanto alle doglianze sub 1), è sufficiente osservare che il vizio di motivazione è del tutto privo di rilevanza, perché non si tratta di vagliare la legittimità di un atto amministrativo, ma di valutare la fondatezza dell'azione di recupero avviata nei confronti del proprio dipendente dal datore di lavoro pubblico, che agisce come soggetto privato.
Passando alle argomentazioni di cui ai punti 2 e 3, l'impostazione dell'appellante è invero contraddetta da quanto condivisibilmente affermato dalla Corte di Cassazione in tema di trattamento economico del pubblico dipendente previsto da ### collettivi integrativi in contrasto con i contratti nazionali: <<In caso di invalidità dei contratti collettivi integrativi, per contrasto con i limiti o i vincoli derivanti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, sussiste il diritto dell'ente erogatore al recupero delle somme corrisposte ai lavoratori in forza di apposite previsioni dei contratti integrativi, non trovando applicazione l'art. 2126, comma 2, c.c., in quanto la nullità non riguarda il contratto di lavoro bensì proprio la clausola di attribuzione del beneficio>> (Cass. Sez. L, Ordinanza n. ### del 29/10/2021).
Nel caso di specie, è pacifica tra le parti la circostanza del contrasto esistente tra contrattazione collettiva e contrattazione integrativa, sotto il profilo della violazione dei vincoli finanziari imposti da quella nazionale, sicché la ripetizione dell'indebito avviene ai sensi dell'art. 2033 CC e a nulla giova il richiamo all'art. 2126 comma secondo CC.
Passando alla doglianza sub 4), con cui si lamenta la violazione del disposto dell'art. 40, comma terzo, del d. l.vo 165/2001, occorre osservare che l'appellante omette di considerare che la norma in parola dispone espressamente che le clausole della contrattazione collettiva che superano vincoli e limiti della contrattazione nazionale sono nulle e non possono essere applicate. Ne discende che, nei confronti del lavoratore che ha indebitamente percepito i corrispondenti emolumenti, vale tale regola. Le disposizioni successive della norma citata stabiliscono come debba essere colmata la violazione del vincolo finanziario: queste sono in concreto disposizioni che disciplinano la formazione dei bilanci successivi a quello in cui è stata accertata la violazione, ma non incidono sull'obbligo di recupero nei confronti del dipendente, che si fonda sull'art. 2033 cc perché le somme gli sono state erogate sulla base di disposizioni nulle.
Infine, pure da respingere è la censura concernente la regolamentazione delle spese di lite, che invece è da condividere, in quanto giustificata dalla reciproca soccombenza.
Quanto all'impugnazione della ### di ### (rispetto alla quale ### pur regolarmente avocato in giudizio, non risulta costituito), riguardante la declaratoria di prescrizione, ne va dichiarata l'inammissibilità, atteso che il ricorso non contiene alcuna censura sulle ragioni che hanno condotto il giudicante a ritenere parzialmente prescritta l'azione di ripetizione; infatti, l'appellante si è limitato a ribadire le argomentazioni che, sul punto, aveva speso nella memoria di costituzione in giudizio, che tuttavia il Tribunale ha esaminato e disatteso con espressa motivazione.
In conclusione, l'appello del sig. ### va respinto; l'appellante soccombente va condannato alla rifusione delle spese del grado di lite, liquidate nella misura indicata in dispositivo.
Quello della ### di commercio va dichiarato inammissibile; in virtù della mancata costituzione in giudizio della parte vittoriosa, non vi sono spese di lite su cui delibare. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando sugli appelli proposti da #### e dalla ### di ##### e ### di ### con distinti ricorsi, rispettivamente, in data 28 luglio 2020 ed in data 25 settembre 2020, avverso la sentenza del Tribunale di ### giudice del lavoro, 187/2020, resa in data 28 gennaio 2020, così provvede: 1. 1) Rigetta l'appello proposto da ### 2) ### l'appellante alla rifusione delle spese del grado di lite nei confronti della ### di ##### e ### di ### che liquida in ### oltre accessori come per legge dovuti; 3) dà atto della sussistenza, ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, dei presupposti per il versamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione dallo stesso proposta, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13, salva la verifica del requisito soggettivo di esenzione; 2. 1) Dichiara inammissibile l'appello proposto dalla ### di ##### e ### di ### 2) dichiara non luogo a provvedere in ordine alle spese del grado di lite; 3) dà atto della sussistenza, ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, dei presupposti per il versamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione dallo stesso proposta, a norma del comma 1-bis del medesimo art. 13.
Così deciso in ### nella camera di consiglio della Corte di appello, ### lavoro, 22/09/2022 ### estensore Dr.ssa ###ssa ### n. 669/2020
sintesi e commento
Clausola compromissoria e contratti collegati: limiti all'estensione della competenza arbitrale
La Corte d'Appello si è pronunciata su una controversia originata da un decreto ingiuntivo richiesto per il mancato pagamento di fatture relative alla fornitura di merce. L'opponente al decreto aveva eccepito, in primo grado, l'incompetenza del Tribunale adito, invocando l'esistenza di una clausola compromissoria contenuta in un contratto di affitto di ramo d'azienda stipulato tra le parti, sostenendo che tale contratto fosse collegato ai rapporti di fornitura di merce. Il Tribunale aveva dichiarato improcedibile la domanda attorea, confermando il decreto ingiuntivo.
In appello, l'originario opponente ha contestato la decisione del Tribunale, ribadendo la propria eccezione di incompetenza e sostenendo l'insussistenza di prova del credito azionato. La Corte d'Appello ha rigettato l'appello, confermando la sentenza di primo grado.
I giudici di secondo grado hanno precisato che, anche ammettendo l'esistenza di un collegamento tra il contratto di affitto di ramo d'azienda e i contratti di fornitura, la clausola compromissoria contenuta nel primo non si estende automaticamente alle controversie relative ai secondi. La Corte ha richiamato il principio secondo cui la deroga convenzionale alla competenza del giudice ordinario, derivante da una clausola compromissoria, non può essere applicata a controversie relative ad altri contratti, anche se collegati al contratto principale che contiene la clausola. Tale principio non si applica solo nel caso di pattuizioni aggiuntive o modificative del contratto originario, che rientrino nel medesimo programma negoziale.
La Corte ha inoltre confermato la decisione di primo grado sulla improcedibilità della domanda, rilevando che l'onere di avviare la procedura di mediazione era stato correttamente posto a carico dell'opponente e che quest'ultimo non aveva adempiuto a tale onere nel termine perentorio fissato dal giudice. La Corte ha evidenziato che, anche a voler considerare non perentorio il termine di quindici giorni, ciò che rileva è l'utile esperimento della procedura di mediazione entro l'udienza di rinvio fissata dal giudice, cosa che nel caso di specie non si era verificata.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.