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CORTE D'APPELLO DI ANCONA

Sentenza n. 1666/2023 del 17-11-2023

principi giuridici

In tema di onere di allegazione relativo all'eccezione di prescrizione delle rimesse solutorie in conto corrente, l'istituto di credito soddisfa il proprio onere con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto e la dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l'indicazione di specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte.

In tema di apertura di credito in conto corrente, ove il cliente agisca in giudizio per la ripetizione di importi relativi ad interessi non dovuti per nullità delle clausole anatocistiche e la banca sollevi l'eccezione di prescrizione, al fine di verificare se un versamento abbia avuto natura solutoria o ripristinatoria, occorre previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall'istituto di credito e conseguentemente rideterminare il reale saldo passivo del conto, verificando poi se siano stati superati i limiti del concesso affidamento ed il versamento possa perciò qualificarsi come solutorio.

La clausola che, per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale, si limiti a fare riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è priva del carattere della sufficiente univocità, per difetto di inequivoca determinabilità dell'ammontare del tasso sulla base del documento contrattuale, e non può quindi giustificare la pretesa della banca al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale quando faccia riferimento a parametri locali, mutevoli e non riscontrabili con criteri di certezza.

La sostituzione della reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi all'assenza di capitalizzazione per effetto della declaratoria di nullità della clausola contrattuale anatocistica, rende necessario un nuovo accordo espresso tra le parti, non essendo ammissibile un adeguamento unilaterale.

In tema di contratti bancari, l'art. 2 bis del d.l. n. 185 del 2008, inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, in forza del quale, a partire dal 1 gennaio 2010, la commissione di massimo scoperto entra nel calcolo del tasso effettivo globale medio, rilevato dai decreti ministeriali emanati ai sensi dell'art. 2, comma 1, della l. n. 108 del 1996, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell'usura presunta, non è norma di interpretazione autentica dell'art. 644, comma 4, c.p., ma disposizione con portata innovativa dell'ordinamento.

N.B.: Le massime sono generate automaticamente e potrebbero contenere errori e imprecisioni.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.

sintesi e commento

Contratti Bancari: La Corte d'Appello di Ancona Ribadisce la Centralità della Forma Scritta e la Tutela del Correntista


La Corte d'Appello di Ancona si è pronunciata in una controversia relativa a un contratto di conto corrente bancario, affrontando diverse questioni cruciali in materia di diritto bancario, tra cui la prescrizione delle rimesse, la validità delle clausole contrattuali e l'applicazione di commissioni.
La vicenda trae origine da un'azione promossa da una società correntista nei confronti di un istituto di credito, poi incorporato da un'altra banca, volta ad accertare l'illegittimità di una serie di addebiti applicati al conto corrente, tra cui interessi ultralegali, capitalizzazione non pattuita, commissioni di massimo scoperto (CMS) e altri oneri. La società chiedeva la restituzione delle somme indebitamente percepite dalla banca. Il Tribunale di ### aveva accolto parzialmente la domanda, rideterminando il rapporto dare-avere e condannando la banca alla restituzione di una somma significativa.
La banca ha impugnato la sentenza di primo grado, contestando in particolare il rigetto dell'eccezione di prescrizione, l'adesione acritica alla ricostruzione contabile del CTU, l'asserita inutilizzabilità di alcuni estratti conto e la legittimità delle condizioni economiche applicate.
La Corte d'Appello ha respinto integralmente l'appello della banca, confermando la sentenza di primo grado.
In merito alla prescrizione, la Corte ha richiamato il principio affermato dalle ### della Cassazione, secondo cui l'onere di allegazione gravante sulla banca che eccepisce la prescrizione è soddisfatto con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto, senza necessità di indicare specifiche rimesse solutorie. Tuttavia, nel caso di specie, la Corte ha rilevato che, alla luce delle risultanze della CTU, le rimesse eseguite dal correntista nel periodo rilevante avevano natura ripristinatoria della provvista, in quanto effettuate su un conto corrente periodicamente in passivo e assistito da apertura di credito. Pertanto, il termine prescrizionale decorreva dalla chiusura del conto, avvenuta in data prossima all'introduzione del giudizio.
Quanto alla validità delle clausole contrattuali, la Corte ha ribadito la centralità della forma scritta per la pattuizione degli interessi e delle altre condizioni economiche, in conformità alla normativa sulla trasparenza bancaria. In mancanza di una valida pattuizione scritta, si applicano i tassi legali o, successivamente, i tassi sostitutivi previsti dalla legge.
Con riferimento alla capitalizzazione degli interessi, la Corte ha affermato che, anche dopo l'entrata in vigore della delibera ### n. 7/2000, l'introduzione di modifiche peggiorative delle condizioni contrattuali, come la capitalizzazione trimestrale, richiede l'esplicita approvazione del cliente.
Infine, in relazione alla commissione di massimo scoperto, la Corte ha precisato che, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia antiusura, la CMS non deve essere computata nel calcolo del ### per il periodo anteriore all'entrata in vigore dell'art. 2 bis del d.l. n. 185/2008. Per quanto riguarda le commissioni di istruttoria veloce e di disponibilità fondi, la Corte ha rilevato l'assenza di una valida pattuizione contrattuale che ne legittimasse l'applicazione.
N.B.: Il commento è generato automaticamente e potrebbe contenere errori e imprecisioni.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.

testo integrale

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA, prima sezione civile, composta dai seguenti ### Dott.ssa ### - ###. ### - ###.ssa ### - Giudice Ausiliario rel.  ha pronunciato la seguente ### procedimento civile in grado di appello iscritto al n. 1320/2020 R.G.A.C., posto in decisione con ordinanza del 4.07.2023 e riservato a sentenza con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c., a seguito di deposito telematico di note scritte dei procuratori delle parti contenenti le sole istanze e conclusioni, in esecuzione del provvedimento ### emesso ex art. 127 ter c.p.c., nella formulazione introdotta dall'art. 35 d.lgs. n. 149/2022, tra ### S.P.A. (c.f. ###), in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, con sede ###, quale incorporante di ### dell'### S.p.a., elettivamente domiciliat ###, presso lo studio dell'Avv. ### che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce all'atto di appello appellante e ### E ### & C. S.N.C. (P. IVA. ###), in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, con sede ###ed elettivamente domiciliata in ### alla ###, presso lo studio dell'Avv. ### che la rappresenta e difende, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta in appello appellata ### contratti bancari in c/c - ripetizione d'indebito, appello avverso la sentenza 667/2020 in data ### del Tribunale di ### Le parti hanno concluso riportandosi ai rispettivi scritti difensivi, chiedendo l'accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate e reiterate nelle note telematiche per la trattazione scritta ### sentenza n. 667/2020 in data ### il Tribunale di ### definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da ### di ### e ### e C. S.n.c.  nei confronti di ### dell'### S.p.a., poi incorporata da ### S.p.a., volta ad accertare, previa dichiarazione di nullità, l'applicazione di interessi ultralegali ed eccedenti il tasso soglia previsto dalla ### n. 108/96, la capitalizzazione di interessi passivi non pattuiti per iscritto, l'illegittima applicazione di c.m.s., valute e altri oneri (commissioni sulla disponibilità fondi e commissioni sull'istruttoria veloce), relativamente al contratto di c/c di corrispondenza acceso il ### ed assistito da specifiche linee di credito, intrattenuto con ### di ### di ### (incorporata da ### dell'### S.p.a.) ed estinto il ### con saldo “a zero”, con conseguente richiesta di condanna della banca alla restituzione della somma di ### indebitamente percepita, rigettata l'eccezione di prescrizione del diritto alla ripetizione delle rimesse sul conto corrente in mancanza di prova dell'asserita natura solutoria dei singoli versamenti, ha rideterminato il rapporto di dare avere sulla base dei conteggi eseguiti dal CTU ed ha condannato la banca convenuta al pagamento della somma di ### oltre interessi legali dalla domanda al saldo ed oltre alla refusione delle spese di lite e di quelle della ### Avverso la citata sentenza ha proposto appello ### S.p.a., chiedendone la riforma per avere la sentenza erroneamente rigettato l'eccezione di prescrizione nel presupposto che la banca non abbia operato la analitica indicazione delle singole rimesse solutorie confluite nel conto nel corso del decennio anteriore alla sua interruzione e presumendo che ogni versamento eseguito dal correntista abbia la funzione ripristinatoria della provvista in considerazione dello schema tipico del contratto di affidamento, peraltro individuando le rimesse solutorie sul conto corrente “ricostruito” dal ### dopo averlo depurato degli effetti delle clausole da questi ritenute nulle e senza considerare la natura solutoria delle rimesse che hanno portato anche temporaneamente in attivo il conto corrente; la sentenza avrebbe, inoltre, aderito acriticamente alla ricostruzione contabile eseguita dal CTU sulla scorta di falsi presupposti fattuali e giuridici, limitandosi a richiamare l'accertamento del superamento del tasso soglia antiusura applicato in nove trimestri tra il 2012 e il 2015 e riconoscendo in favore del correntista la somma di ### senza specificare a che titolo e senza curarsi delle osservazioni espresse dal CTP e poste alla base delle pur specifiche censure sollevate dalla difesa della banca; altra doglianza riguarda la dichiarazione d'inammissibilità della domanda in quanto non provata per l'inutilizzabilità di parecchi degli estratti conto a causa del formato elettronico che ne ha impedito l'apertura, né il primo giudice avrebbe vagliato le condizioni economiche legittimamente pattuite (tassi moratori e c.m.s.), invero risultando esse affisse nei ### nei locali della banca adibiti alla frequentazione del pubblico, nonché per aver deciso sull'asserita illegittima computazione di interessi con capitalizzazione trimestrale ed usurari, nell'erroneo assunto della necessaria approvazione esplicita di tali condizioni da parte del correntista, pur non comportando una modifica unilaterale peggiorativa per la clientela, tale da richiederne il preventivo assenso; quanto, infine, al calcolo del ### anche la Suprema Corte ha sancito la legittimità della c.m.s. e la sua non computabilità nel saggio di interesse applicato al fine di confrontarlo con il tasso soglia, pertanto eventuali suoi superamenti potrebbero eventualmente configurarsi come ipotesi di usura sopravvenuta, del tutto priva di rilievo; legittime sono, infine, da ritenersi le commissioni di disponibilità fondi e di istruttoria veloce introdotte nel 2009 in sostituzione della c.m.s., mentre è nulla la domanda avente ad oggetto l'asserita illegittima applicazione delle valute per difetto assoluto di causa petendi. 
Si è regolarmente costituita in giudizio ### di ### e ### e C. S.n.c., contestando in modo specifico l'avverso gravame chiedendone preliminarmente la dichiarazione d'inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c. per carenza di ragionevole probabilità di un suo accoglimento, consistendo l'appello nella mera rivisitazione di tutta l'attività istruttoria già vagliata in contraddittorio in primo grado, nonché il rigetto nel merito in ragione delle seguenti considerazioni: non sussiste l'asserita nullità della sentenza per omessa/apparente motivazione, avendo il primo giudice fondato l'accoglimento della domanda in adesione alla ricostruzione contabile eseguita dal ### né sussiste inammissibilità della domanda per mancato assolvimento dell'onere probatorio, quanto alla inutilizzabilità/illeggibilità di parte dei documenti, risultando l'inconveniente superato dall'avvenuto nuovo deposito autorizzato dal giudice e del quale ha anche dato atto il CTU a verbale e senza che i CTP abbiano mosso osservazioni al riguardo, con la conseguenza che gli estratti conto sono risultati integralmente prodotti per l'intero periodo; l'eccepita prescrizione è infondata, trattandosi di conto corrente affidato, anche di fatto, come attestato dall'esame degli estratti conto portanti addebiti di interessi passivi entro fido ed indicazioni di limiti di affidamento, con conseguente natura ripristinatoria della provvista dei versamenti eseguiti dalla correntista e con conseguente decorrenza del termine prescrizionale decennale non dal compimento della singola rimessa, della cui natura solutoria l'appellante non ha dato prova; corretta è, infine, da ritenersi la sentenza per aver accolto le risultanze del CTU quanto alle ulteriori questioni sugli interessi ultralegali, anatocistici e sulle commissioni illegittime. 
A seguito di ordinanza del 4.07.2023, precisate le conclusioni con note di trattazione scritta come in epigrafe, la Corte ha trattenuto la causa in decisione.  MOTIVI DELLA DECISIONE ### è infondato e non merita accoglimento. 
Deve preliminarmente esaminarsi l'eccezione d'inammissibilità in rito ex art. 348 bis c.p.c.  sollevata da parte appellata, implicitamente rigettata dalla Corte nel corso del giudizio, oltre che da ritenersi assorbita dalla pronuncia della presente sentenza essendo, allo stato, irrilevante per essere stata la causa trattenuta in decisione. 
Può, quindi, passarsi all'esame delle doglianze contenute nell'atto di appello. 
Con il primo motivo di gravame la difesa dell'appellante censura la sentenza nella parte in cui ha rigettato l'eccezione di prescrizione argomentando dall'erroneo assunto che il dies a quo del termine prescrizionale decennale decorra dalla chiusura definitiva del rapporto (“le dette rimesse si presumono ripristinatorie sino alla chiusura a zero del rapporto di conto corrente e ciò in conseguenza della natura “di durata” del rapporto”: cfr. pag. 2 sent.) e non dalla data dei singoli versamenti delle rimesse con funzione solutoria, in mancanza di una specifica e provata indicazione da parte della banca, sulla quale grava l'onere, di quali siano le rimesse di natura solutoria e nella presunzione che le stesse, afferendo ad un conto di apertura di credito, possano essere soltanto di tipo ripristinatorio. 
La censura non coglie nel segno. 
Osserva questa Corte territoriale come in materia di onere di allegazione relativo all'eccezione di prescrizione delle rimesse solutorie in conto corrente, siano già da qualche anno intervenute le ### affermando il seguente principio di diritto: “### di allegazione gravante sull'istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l'eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l'azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da un apertura di credito, è soddisfatto con l'affermazione dell'inerzia del titolare del diritto, e la dichiarazione di volerne profittare, senza che sia anche necessaria l'indicazione di specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte” (cfr. Cass. civ., Sez. ### 13 giugno 2019 n. 15895; conf.  ### civile, sez. I, 5.03.2020, n.6198). 
Il trascritto percorso argomentativo è il risultato della composizione del contrasto giurisprudenziale sotteso alla base dell'ordinanza di rimessione n. 27680 del 30.10.2018, nel presupposto che la prescrizione del diritto alla restituzione abbia decorrenza diversa a seconda del tipo di versamento effettuato, solutorio o ripristinatorio (secondo Cass. SSUU, sentenza 24418/2010), ponendosi quindi la questione se, nel formulare l'eccezione di prescrizione, la banca debba necessariamente indicare il termine iniziale del decorso della prescrizione, vale a dire l'esistenza di singoli versamenti solutori - a partire dai quali l'inerzia del titolare del diritto può venire in rilievo - ovvero se possa limitarsi ad opporre tale inerzia, spettando poi al giudice verificarne effettività e durata in base alla norma in concreto applicabile. 
Come riportano le ### hanno aderito a questa seconda soluzione da esse stesse avallata: Cass. n. 2308/2017; Cass. n. 18581/2017 e Cass. n. 4372/2018, secondo cui, in un quadro processuale definito dalla presenza degli estratti conto, non compete alla banca convenuta fornire specifica indicazione delle rimesse solutorie cui è applicabile la prescrizione, essendo tale incombente estraneo alla disciplina positiva dell'eccezione, che è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, cioè l'inerzia del titolare, e manifestato la volontà di avvalersene; Cass. n. 5571/2018; Cass. n. 18144/2018, che ripercorre gli argomenti svolti dalle sentenze n. 18581/2017 e n. 4372/2018, competendo al giudice verificare quali rimesse, per essere ripristinatorie, siano irrilevanti ai fini della decorrenza della prescrizione nel corso del rapporto, non potendosi considerare quali pagamenti; Cass. n. ###/2018; n. 2660/2019. 
La questione sottesa al contrasto giurisprudenziale è stata, quindi, la seguente: se l'eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, per essere ammissibile, deve contenere “l'allegazione, non solo dell'inerzia del titolare, ma anche delle singole rimesse operate nel corso del rapporto aventi natura solutoria e, pertanto, dell'avvenuto superamento del limite di affidamento da parte del debitore”. 
Con l'intervento delle ### n. 15895/2019, che ha il pregio di aver ricondotto ad una ragionevole simmetria gli oneri gravanti sulle parti contendenti, il problema della specifica indicazione delle rimesse solutorie non viene, quindi, eliminato, ma semplicemente si sposta dal piano delle allegazioni a quello della prova: il correntista potrà limitarsi ad indicare unicamente l'esistenza di versamenti indebiti e chiederne la restituzione in riferimento ad un dato conto e ad un tempo determinato, mentre la banca potrà limitarsi ad eccepire la prescrizione allegando l'inerzia dell'attore in ripetizione e dichiarare di volerne profittare, sicché sarà il giudice a valutare la fondatezza delle tesi contrapposte alla luce del riparto dell'onere probatorio e, se del caso, avvalendosi di una consulenza tecnica. 
Ebbene, nella risoluzione della fattispecie controversa, oltre alla sottoscrizione in data ### del contratto di apertura di credito, per il periodo pregresso è da considerare che dai dati contabili utilizzati dal CTU in sede di ricalcolo dei saldi è stata riscontrata la presenza di tassi differenziati applicati sulle somme debitorie, nonché l'applicazione della commissione di massimo scoperto, oltre a n. 9 trimestri in usura tra il 2012 e il 2015, pertanto è matematico che le rimesse eseguite del correntista (almeno nel decennio anteriore l'instaurazione del presente giudizio) non abbiano mai potuto avere una funzione solutoria, idonea a far decorrere il termine prescrizionale dalla data della sua annotazione in conto, bensì ripristinatoria in quanto eseguite su conti periodicamente in passivo assistiti da apertura di credito: pertanto, come da consolidata e condivisibile giurisprudenza applicabile al caso di specie ricorrendone i presupposti fattuali evidenziati, “è solo con la chiusura del conto che si stabiliscono definitivamente i crediti e debiti delle parti tra loro e che può quindi essere individuato un effettivo dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale” (cfr. Cass. Civ., sez. I, sent.  3858 del 15.02.2021) e, nel caso in esame, l'atto di citazione è stato notificato nell'aprile 2016, quando la chiusura del conto si era appena verificata in data ###. 
Neppure può ritenersi che il saldo iniziale dal quale effettuare il ricalcolo del conto venga individuato, come sostenuto dall'appellante, nel saldo esposto dalla banca, reputando la Corte che sia opportuno procedere dal saldo rettificato con espunzione di tutti gli addebiti illegittimi intervenuti nel periodo prescritto, come in effetti operato dal ### in linea con l'orientamento giurisprudenziale di legittimità, a tenore del quale ”In tema di apertura di credito in conto corrente, ove il cliente agisca in giudizio per la ripetizione di importi relativi ad interessi non dovuti per nullità delle clausole anatocistiche e la banca sollevi l'eccezione di prescrizione, al fine di verificare se un versamento abbia avuto natura solutoria o ripristinatoria, occorre previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall'istituto di credito e conseguentemente rideterminare il reale saldo passivo del conto, verificando poi se siano stati superati i limiti del concesso affidamento ed il versamento possa perciò qualificarsi come solutorio” (### civile sez. I, 19.05.2020, n.9141; ribadisce la validità del saldo ricalcolato anche ### I sez., 15.02.2021 n. 3858). 
Passando all'esame delle condizioni contrattuali contestate, va in primis affrontata la doglianza appellante che contesta la sentenza per non aver rilevato l'inammissibilità della domanda in ragione della carenza probatoria dovuta all'inutilizzabilità di svariati estratti conto depositati in un formato elettronico ostativo alla loro apertura ed il loro successivo esame e sui quali il giudice di prime cure avrebbe fondato la propria erronea decisione in adesione alle conclusioni della CTU espletata anche sulla scorta di tali inammissibili documenti. 
Il motivo è infondato, in quanto risulta per tabulas la loro produzione a seguito di nuovo deposito autorizzato dal giudice in data ###, previa istanza del CTU che non era riuscito ad accedere al contenuto dei files, pertanto il loro temporaneo inutilizzo legato a problemi di tipo informatico prescinde dal regolare deposito eseguito nel fascicolo di parte dell'odierna appellata, né può ritenersi ad essa imputabile, tanto che il giudice ha provveduto ad autorizzare l'esecuzione di un ulteriore deposito sostitutivo. 
Procedendo con l'analisi del rapporto eseguita dal ### che ha provveduto ad eliminare la capitalizzazione trimestrale degli interessi in favore della capitalizzazione semplice fino alla data del 27.02.2003, nonché a sostituire i tassi d'interesse applicati dalla banca con il tasso sostitutivo e ad annullare la commissione di massimo scoperto, essendo in contestazione la valenza delle condizioni economiche applicate al conto corrente così come riportate negli avvisi affissi nei locali della banca, l'appellante si duole delle affermazioni della correntista secondo cui i tassi d'interesse passivi ed altri oneri non sarebbero stati da essa regolarmente pattuiti e/o accettati, costituendo tale modalità di determinazione del tasso di interesse una pratica del tutto legittima all'epoca di stipula del contratto risalente al 1988, tanto che qualche anno dopo sarebbe confluita nelle previsioni della legge n. 154/1992, art. 4 co. 1 e 4 sulla c.d.  “trasparenza bancaria”; ed inoltre, gli estratti conto regolarmente inviati al cliente hanno sempre recato l'espressa indicazione dei tassi via via applicati al correntista, né sarebbero mai stati da questo contestati.  ### non è condivisibile.  ###. 4 della legge n. 154 del 17 febbraio 1992 (### per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari) stabilisce che “I contratti devono indicare il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora. 2. ### possibilità di variare in senso sfavorevole al cliente il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione deve essere espressamente indicata nel contratto con una clausola approvata specificamente dal cliente. 3. Le clausole contrattuali di rinvio agli usi sono nulle e si considerano non apposte. 4. Le clausole che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli resi pubblici sono nulle”. 
La norma è stata abrogata dall'art. 161 TUB, ma il relativo contenuto è stato trasfuso nell'art.  117 TUB, il quale così dispone: “I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. ### può prevedere che, per motivate ragioni tecniche, particolari contratti possano essere stipulati in altra forma. Nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è nullo. I contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora. Sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati. In caso di inosservanza del comma 4 e nelle ipotesi di nullità indicate nel comma 5, si applicano : a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal ### dell'economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell'operazione. b) gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi al momento della conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, al momento in cui l'operazione è effettuata o il servizio viene reso; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto. ### d'### può prescrivere che determinati contratti, individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti difformi sono nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell'intermediario finanziario per la violazione delle prescrizioni della ### d'Italia”. 
Dal sopraindicato excursus normativo emerge che con l'entrata in vigore della L. n. 154/1992 prima e del d.lgs. n. 385/1993 poi, è stata stabilita ex lege l'obbligatorietà della forma scritta per i contratti di conto corrente bancario e la nullità delle clausole relative agli interessi ed alle condizioni economiche in caso di indeterminatezza.  ### civile, sez. III, 14/03/2013, n. 6550 “Le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano la misura degli interessi con rinvio agli usi, o che fissano la misura in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell'usura (introdotte, rispettivamente, con l'art. 4 l. n. 154 del 1992, poi trasfuso nell'art. 117 d.lgs. n. 385 del 1993, e con l'art. 4 l. n. 108 del 1996), non sono retroattive e, e pertanto, in relazione ai contratti conclusi prima della loro entrata in vigore, non influiscono sulla validità delle clausole dei contratti stessi, ma possono soltanto implicarne l'inefficacia ex nunc, rilevabile solo su eccezione di parte”. 
La giurisprudenza è, quindi, costante nell'estendere la nullità della clausole relative alle condizioni economiche in caso di indeterminatezza anche ai contratti stipulati antecedentemente l'entrata in vigore della L. n. 154/1992 e del d.lgs. n. 385/93. 
In particolare con riferimento alla clausola di determinazione degli interessi mediante rinvio agli usi su piazza “nel regime anteriore all'entrata in vigore della disciplina dettata dalla legge n. 154 del 1992 sulla trasparenza bancaria, poi trasfusa nel T.U. n. 385 del 1993” è appena il caso di rilevare che la giurisprudenza ormai consolidata della Suprema Corte ha affermato il seguente principio: “la clausola che, per la pattuizione di interessi dovuti dalla clientela in misura superiore a quella legale, si limiti a fare riferimento alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, è priva del carattere della sufficiente univocità, per difetto di inequivoca determinabilità dell'ammontare del tasso sulla base del documento contrattuale, e non può quindi giustificare la pretesa della banca al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale quando faccia riferimento a parametri locali, mutevoli e non riscontrabili con criteri di certezza” (cfr. da ultimo Cass., ord. n. 24048 del 26.09.2019; Cass. n. 6868 del 2.03.2022). 
Pertanto, in mancanza di una pattuizione scritta comprovante il tasso debitore al rapporto di conto corrente bancario per cui è causa deve essere applicato il tasso legale fino alla data di entrata in vigore della L. n. 154/1992 e per il periodo successivo i tassi sostitutivi B.O.T.  previsti dall'art. 117 TUB, proprio come elaborato dal ### “Nei contratti stipulati prima del 09/07/1992 (data di entrata in vigore della legge n. 154 del 17/02/1992 sulla trasparenza bancaria), come nel caso di specie, ove sia riscontrata la nullità della clausola degli interessi, occorre applicare al rapporto di conto corrente, come recita il quesito “B”, il saggio degli interessi legali di cui all'art. 12843 c.c. fino al 09 luglio 1992 e successivamente - se più favorevole per il correntista - il tasso di interesse minimo dei ### del ### annuali (emessi nell'anno precedente alla chiusura del trimestre di riferimento) per le operazioni attive della banca (intendendosi per tali quelli che producono interessi a credito della banca) ed il tasso nominale massimo dei ### del ### annuali (emessi nell'anno precedente alla chiusura del trimestre di riferimento) per le operazioni passive (art.  117, comma 7, lett. A), T.U.B.)” (cfr. CTU, pagg. 9-10), né può condividersi la pretesa dell'appellante di attribuire agli estratti conto, pur se regolarmente inviati e mai contestati dalla cliente, valore probatorio in merito all'entità dei tassi ivi espressamente riportati e man mano applicati al correntista. Quanto, inoltre, alla questione per cui ai sensi dell'art. 117 co. 7 TUB i “tassi BOT minimi” emessi nei dodici mesi precedenti le singole chiusure trimestrali devono essere applicati alle operazioni attive del correntista, mentre i “tassi BOT massimi” devono essere applicati alle operazioni passive, trattandosi di eccezione nuova non rilevabile d'ufficio essa soggiace alla sanzione prevista dall'art. 345 c.p.c. 
Pertanto, risultando la produzione in atti di una comunicazione della banca datata 27.02.2003 di accordo di apertura di credito in c/c di ### su domanda debitamente sottoscritta dal cliente in data ### recante esplicitamente le condizioni del rapporto, da tale momento il CTU ha correttamente applicato gli interessi debitori, creditori e c.m.s. in quanto contrattualmente pattuiti fra le parti. 
Con il successivo motivo di gravame la difesa appellante critica la sentenza nella parte in cui, recependo le conclusioni del ### ha disposto l'accoglimento della domanda sul punto della restituzione delle somme addebitate a titolo di capitalizzazione anche dopo l'entrata in vigore della delibera ### 9.02.2000 n. 7, nell'erroneo assunto che l'introduzione di modifiche peggiorative avrebbe comportato la necessaria esplicita approvazione da parte del correntista e non considerando, quindi, la natura non peggiorativa delle condizioni dettate dalla citata delibera. 
La censura è infondata. 
Osserva questa Corte territoriale come sulla questione della capitalizzazione trimestrale degli interessi e dell'adeguamento del contratto bancario alla suddetta delibera ### che prevedere la uniforme periodicità delle condizioni di conto, l'orientamento giurisprudenziale più diffuso sia quello di richiedere l'approvazione del cliente non solo quando prima di quella data il contratto fosse sprovvisto di una clausola di capitalizzazione, ma anche nei casi in cui vi fosse ma tale clausola sia da considerare nulla, poiché in entrambi i casi la previsione dell'anatocismo, seppur con la stessa periodicità, è peggiorativa rispetto alla situazione applicabile al rapporto prima di quel momento. 
Nella premessa che l'indicazione data al ### di stabilire le regole in ordine alla capitalizzazione degli interessi bancari, che ha portato alla emanazione della delibera in esame, è avvenuta a mezzo della modifica dell'art. 120, co. 2, TUB operata tramite la promulgazione dell'art. 25, co. 3, d.lgs. n. 342/993, va ricordata la dichiarazione di illegittimità (cfr. Corte Cost., sent. n. 425/2000) dell'intero comma 3 suddetto, sancendo così la inefficacia della norma non solo per la parte che eliminava ogni normativa per il periodo pregresso, ma anche per quella che conteneva l'indicazione dei principi da seguire nell'emanazione della delibera stessa, finalizzata a disciplinare i rapporti in essere. Per effetto della pronuncia della ### dunque, le clausole anatocistiche contenute nei contratti in essere restano disciplinate, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, dalla normativa anteriormente in vigore, come opportunamente osservato dalla ### (cfr. Sent. 21095/04, nonché Cass. n. 1222 del 20.08.2003), con nullità delle preesistente clausole anatocistiche per violazione dell'art. 1283 c.c., in tal modo perdurando per i contratti in essere gli effetti di nullità della clausola, in assenza e sino al riscontro della esplicita approvazione scritta del cliente; il principio è stato poi ribadito dalle ### della ### che hanno confermato la contrarietà a legge e la nullità delle clausole di capitalizzazione periodica degli interessi (così Cass. Civ., SS.UU., 2 dicembre 2010, 24418). 
Per quanto qui interessa, all'art. 7 la suddetta delibera ha regolamentato la procedura prevista, per ogni istituto bancario, per adeguare le condizioni contrattuali aventi ad oggetto gli interessi anatocistici trimestrali stipulate anteriormente all'entrata in vigore della delibera medesima. Il secondo comma dell'art. 118 TUB a sua volta ha previsto che “### modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: "Proposta di modifica unilaterale del contratto", con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. Nei rapporti al portatore la comunicazione è effettuata secondo le modalità stabilite dal ### La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro la data prevista per la sua applicazione. In tale caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all'applicazione delle condizioni precedentemente praticate”. 
E', quindi, sorta la questione se la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi a condizione di reciprocità avesse o meno valenza peggiorativa e quindi se, avendo essa banca provveduto a darne pubblicità nelle forme previste dalla delibera ### 2/9/2000, detta clausola avrebbe potuto essere applicata non essendo necessaria la forma scritta imposta dal terzo comma dell'art. 118 TUB. 
La Suprema Corte sul punto (cfr. Cass. ord. n. 7105 del 12/3/2020) ha ritenuto che “la sostituzione della reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi all'assenza di capitalizzazione per effetto della declaratoria di nullità della clausola contrattuale anatocistica, rende evidente che vi sia stato un peggioramento delle condizioni contrattuali precedentemente applicate al conto corrente per cui è causa, sicché, proprio in applicazione dell'art. 7, comma 3 della delibera ### (per cui “nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela”) sarebbe stato necessario nella fattispecie in esame un nuovo accordo espresso tra le parti, non essendo ammissibile un adeguamento unilaterale.” Ed ancora sempre la Corte di ### con la pronuncia n. 267779/2019, ha affermato “che è inappropriato spacciare per miglioramento il passaggio al regime della trimestralizzazione per tutti gli interessi, giacché il raffronto deve essere effettuato tra l'assenza di capitalizzazione degli interessi debitori, quale conseguenza della nullità della clausola e la loro capitalizzazione trimestrale a seguito dell'intervento del ### 2000”. 
Sul punto specifico, anche codesta Corte, con orientamento consolidato formulato per la prima volta con sentenza 420/16, ha affermato che “l'art. 7 della delibera ### 9.2.00, che ha dettato una regolamentazione dei rapporti bancari precedentemente costituiti, così dispone: 1) Le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il ### e i relativi effetti si producono a decorrere dal successivo 1 luglio.  2) Qualora le nuove condizioni contrattuali non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30.6.00, possono provvedere all'adeguamento, in via generale, mediante pubblicazione nella ### della Repubblica italiana. Di tali nuove condizioni deve essere fornita opportuna notizia per iscritto alla clientela alla prima occasione utile, e, comunque, entro il ###.  3) Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, esse devono essere approvate dalla clientela. 
Orbene, escluso che per stabilire la natura migliorativa o meno delle condizioni del contratto si possa far riferimento alla pregressa situazione fattuale (il calcolo dell'anatocismo trimestrale), è evidente che il termine di raffronto è il regolamento contrattuale nei limiti della rispondenza alla legge, vale a dire il difetto di ogni anatocismo. 
Ne consegue che la “nuova” previsione di un anatocismo (anche se con la condizione della reciprocità) costituisce un peggioramento delle condizioni contrattuali (stante la mancata previsione di un siffatto sistema di calcolo ed il rapporto negativo tra gli interessi passivi e quelli attivi) e dunque richiede l'intervento di un accordo tra le parti che, nel caso, non risulta”. 
A riguardo occorre inoltre rilevare che da ultimo è espressamente intervenuta la Suprema Corte, che con una recente sentenza ha confermato la direttrice tracciata dalle precedenti pronunce e la necessità di una nuova pattuizione “escludendo la possibilità di provvedere all'adeguamento delle predette clausole mediante la pubblicazione nella ### come consentito dal comma 2 dell'articolo 7, e rendendo invece necessaria una nuova pattuizione (cfr. Cass., Sez. I, 19/05/2020, n. 9140; 21/10/2019, nn. 26769 e 26779)". La soluzione convince per la sua coerenza rispetto non soltanto alla posizione consolidata della giurisprudenza, ma anche all'evoluzione normativa, che porta necessariamente a richiedere un nuovo accordo tra le parti per la validità delle clausole di capitalizzazione” (####, 21 giugno 2021 n. 17634). 
Non sussistono dunque ormai più dubbi sulla circostanza che il criterio di legittimità dell'anatocismo, individuato nella reciprocità della capitalizzazione, non può essere valido per i contratti già in essere alla entrata in vigore della delibera (20.04.2000), ma solo per quelli di costituzione successiva, mentre per i contratti in corso a quella data, come quello che ci occupa, vale la disciplina precedente e quindi la nullità della clausola di capitalizzazione, con qualsiasi periodicità. 
Nel caso di specie la clausola in esame non risulta essere stata rinegoziata espressamente per iscritto in data successiva all'entrata in vigore della circolare ### 9.02.2000, pertanto la comunicazione di adeguamento dei contratti di conto corrente alla suddetta delibera, sebbene rappresenti una condizione necessaria per il rispetto della normativa sopraggiunta nel 2000, non può ritenersi di per sé sufficiente per ritenere valida la pari periodicità della capitalizzazione degli interessi operata dalla banca successivamente a tale comunicazione; in conformità della citata giurisprudenza di legittimità deve infatti ritenersi necessario l'intervento di una nuova pattuizione per iscritto della clausola, atteso che si tratta in ogni caso di una modifica peggiorativa delle precedenti condizioni che non prevedevano alcuna valida pattuizione della capitalizzazione degli interessi passivi. 
Passando allo scrutinio del successivo motivo di gravame, parte appellante critica la sentenza per aver espunto dalla ricostruzione dei rapporti tutti gli addebiti operati dalla banca a titolo di commissione di massimo scoperto -che comunque non costituisce applicazione di un tasso di interesse, poiché ha finalità del tutto diverse e ai fini del superamento del tasso soglia ex L.  108/1996 non deve quindi essere sommata al tasso applicato almeno sino al 2009- senza invero considerarne la valida pattuizione in quanto intervenuta in conformità alle pattuizioni delle altre condizioni economiche determinate, anche in tal caso, con i ### affissi ai sensi della L. n. 154/1992 nei locali della banca adibiti alla frequentazione del pubblico.  ### non è condivisibile per le medesime argomentazioni svolte riguardo alla questione dell'anatocismo, mentre ai fini del superamento del tasso soglia fondato è il rilievo svolto dalla banca appellante per cui il criterio di calcolo ai fini dell'accertamento dell'usura non può comprendere la c.m.s. per il periodo anteriore all'entrata in vigore dell'art. 2 bis d.l.  185/2008, inserito dalla legge di conversione n. 2/2009.  ### della Suprema Corte (cfr. sent. n. 16303 del 20.06.2018), nel superare il contrasto intervenuto tra le ### penali (che ai fini dell'accertamento del reato di usura inserivano la c.m.s. nel calcolo del TEG “in quanto costo indiscutibilmente collegato all'erogazione del credito”: cfr. per tutte Cass. Pen. Sent. n. 46669 del 23.11.2011) e civili (le quali invece ritenevano che “In tema di contratti bancari, l'art. 2-bis, comma 2, del d.l. n. 185 del 2008 (convertito dalla l. n. 2 del 2009), che attribuisce rilevanza, ai fini dell'applicazione dell'art. 1815 c.c., dell'art. 644 c.p. e degli artt. 2 e 3 della l. n. 108 del 1996, agli interessi, alle commissioni e alle provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'uso dei fondi da parte del cliente, non ha carattere interpretativo ma innovativo, e non trova pertanto applicazione ai rapporti esauritisi in data anteriore all'entrata in vigore della legge di conversione, con la conseguenza che, in riferimento a tali rapporti, la determinazione del tasso effettivo globale, ai fini della valutazione del carattere usurario degli interessi applicati, deve aver luogo senza tener conto della commissione di massimo scoperto”: cfr. per tutte Cass. n. 22270 del 3.11.2016), hanno infatti aderito alla posizione di queste ultime, escludendo il carattere interpretativo (e quindi retroattivo) della disposizione di cui all'art. 2 d.l. n. 185/2008, ed hanno affermato il principio di diritto per cui “In tema di contratti bancari, l'art. 2 bis del d.l. n. 185 del 2008, inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, in forza del quale, a partire dal 1 gennaio 2010, la commissione di massimo scoperto (### entra nel calcolo del tasso effettivo globale medio (### rilevato dai decreti ministeriali emanati ai sensi dell'art. 2, comma 1, della l. n. 108 del 1996, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell'usura presunta, non è norma di interpretazione autentica dell'art. 644, comma 4, c.p., ma disposizione con portata innovativa dell'ordinamento, intervenuta a modificare - per il futuro - la complessa normativa, anche regolamentare, tesa a stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono presuntivamente sempre usurari, come si evince sia dall'espressa previsione, al comma 2 del detto art. 2 bis, di una disciplina transitoria da emanarsi in sede ###attesa della quale i criteri di determinazione del tasso soglia restano regolati dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della ridetta disposizione), sia dalla norma contenuta nel comma 3 del ridetto art. 2 bis (poi abrogato dall'art. 27 del d.l. n. 1 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 27 del 2012), a tenore della quale "i contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro centocinquanta giorni dalla medesima data”.  ### hanno anche precisato che non è censurabile l'esclusione della c.m.s. dai DDMM emanati in data anteriore all'entrata in vigore del citato art. 2 bis, in quanto tali decreti prevedevano comunque un rilievo della c.m.s., sebbene escludendola dal calcolo del ### Tale rilievo infatti consentirebbe una comparazione precisa, sebbene più complessa, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell'usura, richiedendo da un lato la comparazione del valore assoluto delle competenze previste dai ### e valore assoluto corrispondente al tasso soglia calcolato sul ### con individuazione del margine (differenza negativa o positiva dei due dati) e comparazione tra la c.m.s. concretamente applicata e quella corrispondente alla soglia vigente nel trimestre. All'esito di dette comparazioni occorre compensare l'importo dell'eventuale eccedenza rispetto alla soglia della c.m.s. con il margine degli interessi eventualmente residuato e sussisterebbe una ipotesi di usura solo laddove, a seguito della compensazione delle due poste, dovesse sussistere un importo residuale. 
Ad ogni buon conto, a seguito delle osservazioni effettuate dal CTP della banca, il CTU ha provveduto a modificare i tassi soglia riportati negli allegati 10 - 11 - 12 - 13 della bozza della relazione peritale, indicando quelli previsti per la categoria "scoperto senza affidamento" a partire dall'1.01.2009 e in base ai nuovi risultati “il tasso applicato non supera mai il tasso soglia di riferimento del periodo” (cfr. CTU pag. 21). 
Quanto, infine, alle commissioni di istruttoria veloce e di disponibilità fondi, il CTU ha dichiarato di applicare le aliquote e gli eventuali scaglioni risultanti dagli estratti conto solo se contrattualmente previste nella misura percentuale e nella base di calcolo, stornandoli dal conteggio in caso contrario: sul punto, la difesa della banca di è limitata a sostenere la legittimità delle commissioni predette, introdotte nel 2009 in sostituzione della c.m.s. e la loro corretta applicazione in relazione alle previsioni normative che le hanno introdotte, senza indicare alcun elemento contrattuale di riferimento al fine di consentire al giudicante il controllo sulla sua validità con conseguente debenza degli importi addebitati a tale titolo. 
A proposito, in particolare, della CDF si osserva che l'art. 2 bis d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito in l. 28 gennaio 2009, n. 229, al fine di disciplinare la materia evitando la proliferazione di commissioni diverse aventi la stessa funzione della c.m.s. e al fine di regolamentare quest'ultima, ha previsto che “### nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza di fido.  ### altresì nulle le clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, salvo che il corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme sia predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate, con patto scritto non rinnovabile tacitamente, in misura onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla durata dell'affidamento richiesto dal cliente, e sia specificatamente evidenziato e rendicontato al cliente con cadenza massima annuale con l'indicazione dell'effettivo utilizzo avvenuto nello stesso periodo, fatta salva comunque la facoltà di recesso del cliente in ogni momento. ### del corrispettivo omnicomprensivo di cui al periodo precedente non può comunque superare lo 0,5 per cento, per trimestre, dell'importo dell'affidamento, a pena di nullità del patto di remunerazione. ### dell'economia e delle finanze assicura, con propri provvedimenti, la vigilanza sull'osservanza delle prescrizioni del presente articolo”. 
Tale disposizione è stata abrogata dall'art. 27, comma 4, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 convertito in l. 24 marzo 2012, n. 27, ma la relativa disciplina risulta trasfusa nell'art. 117 bis d.lgs.  385/91, inserito dall'articolo 6-bis, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito con ### 214 del 22 dicembre 2011, entrata in vigore il 28 dicembre dello stesso anno), che a sua volta stabilisce: “I contratti di apertura di credito possono prevedere, quali unici oneri a carico del cliente, una commissione omnicomprensiva, calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente… ### della commissione non può superare lo 0,50%, per trimestre, della somma messa a disposizione del cliente”. 
Nel caso di specie, non è presente in atti alcun documento con cui le parti abbiano convenuto una modifica delle condizioni economiche del conto con previsione dell'applicazione di una CDF o di una CIV conformi al dettato legislativo, pertanto correttamente il CTU ha ricalcolato il saldo del conto corrente de quo ritenendo le somme non dovute a tale titolo e, pertanto, le ha eliminate dal conteggio. 
Alla luce di quanto considerato, ritenuto assorbito ogni ulteriore motivo e disattesa ogni ulteriore richiesta istruttoria per la sua irrilevanza ai fini della decisione, la Corte rigetta l'appello e conferma integralmente la sentenza di primo grado. 
Le spese di lite del grado seguono la soccombenza. 
In considerazione dell'integrale rigetto dell'appello, ricorrono i presupposti di cui all'art. 13, comma 1-quater DPR n. 115/2002, come modificato dall'art. 1, comma 17, della ### 24 dicembre 2012, n. 228 (applicabile ratione temporis, essendo stato l'appello proposto dopo il 30 gennaio 2013) per il raddoppio del versamento del contributo unificato ad opera di parte appellante (cfr. Cass. civile, sez. II, 5.02.2018, n. 2753).  P.Q.M.  La Corte, ogni diversa domanda, istanza, deduzione ed eccezione disattesa, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da ### S.p.a. avverso la sentenza n. 667/2020 in data ### del Tribunale di ### così provvede: - Rigetta l'appello proposto; - Conferma per l'effetto l'impugnato provvedimento; - Ai sensi dell'art. 13, co. 1-quater, D.P.R. 115/02, come modificato dalla L. 228/12, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell'appellante, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'appello, a norma del co. 1 bis dello stesso art. 13; - Condanna parte appellante alla refusione, in favore di parte appellata, delle spese processuali del grado di appello, che liquida in complessivi ### (di cui ### per studio controversia, ### per fase introduttiva ed ### per fase decisionale), oltre ### CPA e rimborso spese forfettario al 15% sulle voci imponibili di legge ed oltre al rimborso delle spese vive documentate.  - Autorizza la distrazione in favore dell'Avv. ### dichiaratosi antistatario. 
Così deciso in ### nella camera di consiglio tenutasi da remoto in data ###.   ###.ssa ### dott.ssa ### 

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