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TRIBUNALE DI ROMA

Sentenza n. 4246/2023 del 15-03-2023

principi giuridici

La diffusione dei provvedimenti giudiziari, ai sensi dell'art. 51 del d.lgs. n. 196/2003, è subordinata alle cautele di cui all'art. 52 del medesimo decreto, il quale prevede la possibilità per l'interessato di chiedere, per motivi legittimi, l'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi.

Nel bilanciamento tra l'esigenza di protezione dei dati personali e la libera circolazione delle informazioni, l'anonimizzazione dei provvedimenti giudiziari disposta su istanza di parte o d'ufficio presuppone la sussistenza di motivi legittimi, da intendersi come motivi opportuni, che giustifichino la preclusione della diffusione dei dati personali, valutati alla luce della delicatezza della vicenda oggetto del giudizio o della particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento, con particolare riferimento ai dati sensibili.

È legittima la diffusione in forma integrale di sentenze relative a reati di bancarotta, in assenza di specifici motivi legittimi che giustifichino l'anonimizzazione dei dati personali dell'interessato e in presenza di un interesse pubblico alla diffusione di tali informazioni.

Non sussiste un diritto assoluto all'anonimato dei dati personali contenuti in provvedimenti giudiziari, né un divieto di ricerca degli stessi mediante digitazione del nome delle parti, salvo che sia stata disposta l'anonimizzazione ai sensi dell'art. 52 del d.lgs. n. 196/2003.

N.B.: Le massime sono generate automaticamente e potrebbero contenere errori e imprecisioni.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.

sintesi e commento

Accessibilità delle Sentenze Online e Tutela dei Dati Personali: un Equilibrio Delicato


Una recente pronuncia del Tribunale Ordinario di Roma ha affrontato il tema, sempre attuale, del bilanciamento tra il diritto alla protezione dei dati personali e l'interesse pubblico all'accessibilità delle decisioni giudiziarie. La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un soggetto che chiedeva la deindicizzazione del proprio nominativo dal portale "SentenzeWeb", gestito dal Ministero della Giustizia, in modo da impedire la ricerca delle sentenze che lo riguardavano sia per nominativo che per patologia, e comunque oscurando i suoi dati anagrafici completi.
Il ricorrente lamentava una violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali, sostenendo che la possibilità di effettuare ricerche per nominativo o per patologia, accostando tali informazioni ai dati anagrafici, ledeva la sua riservatezza. Il Ministero della Giustizia si è opposto, eccependo preliminarmente l'inammissibilità del ricorso per diverse ragioni, tra cui il difetto di legittimazione attiva e la carenza di interesse ad agire, e nel merito l'infondatezza della domanda.
Il Tribunale ha rigettato integralmente il ricorso. In primo luogo, ha ritenuto infondata l'eccezione di nullità del ricorso, pur riconoscendone una certa genericità, in quanto dall'esame complessivo dell'atto e dei documenti allegati era possibile individuare con sufficiente chiarezza la pretesa del ricorrente.
Quanto alle eccezioni di difetto di legittimazione attiva e di carenza di interesse ad agire, il Tribunale le ha accolte parzialmente con riferimento alla richiesta di impedire la ricerca "per patologia", rilevando l'assenza di elementi specifici che dimostrassero come, digitando una determinata patologia, fosse possibile risalire al nominativo del ricorrente e ledere la sua riservatezza.
Nel merito, il Tribunale ha ritenuto infondate le pretese del ricorrente, richiamando la normativa vigente in materia di trattamento dei dati personali in ambito giudiziario, in particolare gli articoli 51 e 52 del Codice in materia di protezione dei dati personali. Il giudice ha evidenziato come tali disposizioni prevedano la possibilità di rendere accessibili le sentenze e le altre decisioni giudiziarie, contemperando tale principio con la tutela dei dati personali attraverso meccanismi di anonimizzazione o oscuramento dei dati identificativi, subordinati alla sussistenza di "motivi legittimi" o alla ricorrenza di specifiche ipotesi previste dalla legge (ad esempio, procedimenti riguardanti minori o rapporti di famiglia).
Nel caso di specie, il Tribunale ha rilevato che il ricorrente non aveva specificato alcun "motivo legittimo" che giustificasse la deindicizzazione del proprio nominativo, né aveva dimostrato la sussistenza di un interesse concreto e attuale alla tutela della propria riservatezza. Al contrario, dalla lettura delle sentenze in questione, relative a condanne per reati di bancarotta, emergeva un interesse pubblico alla diffusione di tali informazioni.
Il Tribunale ha concluso che il nostro ordinamento non ha optato per una anonimizzazione generalizzata delle sentenze, ma per un bilanciamento tra il diritto alla protezione dei dati personali e il principio di pubblicità del giudizio, prevalente in assenza di specifici motivi che giustifichino l'oscuramento dei dati identificativi. Di conseguenza, ha rigettato anche l'ulteriore richiesta del ricorrente di impedire la ricerca delle sentenze attraverso la semplice digitazione del suo nome, in quanto tale pretesa sarebbe irrazionale e contraria alla logica del sistema normativo.
N.B.: Il commento è generato automaticamente e potrebbe contenere errori e imprecisioni.
Si consiglia di leggere sempre il testo integrale del provvedimento.

testo integrale

Tribunale Ordinario di ###'udienza del 14 marzo 2023, tenutasi nella modalità c.d. cartolare non essendo necessaria la presenza delle parti come previsto dall'art. 127ter c.p.c., il giudice dott.ssa ### lette le note scritte depositate dalle parti, dà lettura del seguente dispositivo e motivazione.  
Tribunale Ordinario di ### nome del Popolo Italiano Il Tribunale, in composizione monocratica, costituito dal giudice, dott.ssa ### ha pronunciato ai sensi dell'art. 10 d.lgs. n. 150/2011 e 152 d.lgs n. 196/03 la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. R.G. 13936/2022 TRA ### nato a #### il ### (C.F.: ###), rappresentato e difeso dall'avv. ### del foro di ### elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in ### alla ### n. 128, come da procura allegata al ricorso ricorrente e ### (c.f. ###), in persona del ### pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliat ###### alla ### resistente ### trattamento dei dati personali in ambito giudiziario ### Per parte ricorrente (come in ricorso): “…### la deindicizzazione del nominativo “###” dal portale SentenzeWeb ricercabile al link http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/, in particolare ordinando che non sia consentita la ricerca “per nominativo” o “per patologia” del soggetto interessato delle pronunce che lo riguardano, in ogni caso ordinando che sia preclusa la visualizzazione dei dati anagrafici e sensibili completi del soggetto cui la pronuncia si riferisce e da cui sia direttamente ricavabile il c.d. “numero d'identificazione” di cui all'art. 4 del ### ogni caso, con vittoria di spese, delle competenze e degli onorari della presente procedura nonché dell'assistenza legale stragiudiziale, come provata in atti, oltre I.V.A., C.P.A. 
 e 15% spese generali, con distrazione ex art. 93 c.p.c….”.  
Per parte resistente (in comparsa di costituzione): “### l'###mo Tribunale adito, contariis rejectis - rigettare il ricorso in quanto inammissibile e, in ogni caso, infondato per le ragioni esposte in narrativa; - con vittoria di spese, competenze ed onorari”.  
FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato il ### e ritualmente notificato alla controparte, ### - premesso che al link http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/ è attivo un motore di ricerca che consente la “ricerca libera” tra le sentenze ed ordinanze della Suprema Corte di Cassazione; che tale sito internet è di proprietà del Ministero della Giustizia, direttamente gestito dall'hostmaster del medesimo Ministero (con sede in ### alla ### n°17/C) ed alimentato dal ### di ### della Suprema Corte di Cassazione (con sede in ###; che il motore di ricerca, attivo al link sopra citato, consente non solo la ricerca delle pronunce della Suprema Corte di Cassazione, ma altresì la ricerca tra le pronunce della medesima Suprema Corte: ciò significa, all'atto pratico, che è possibile non solo ricercare una pronuncia mediante digitazione degli estremi della stessa (come consentito dalla normativa vigente), ma è altresì possibile la ricerca non per argomento o semplicemente tramite il nominativo di una delle parti in causa, oppure addirittura effettuando una ricerca per malattia o patologia, alla quale viene poi accostato il nominativo dell'interessato interessato, unitamente a tutti i suoi dati anagrafici ed al nominativo del suo difensore o dei suoi difensori; che alcun positivo riscontro veniva dato alla diffida stragiudiziale avanzata dal difensore già in data ###; ritenuta la sussistenza di plurime e cristalline violazioni delle più elementari norme del ### così come emergenti anche dall'allegata ### - chiedeva la deindicizzazione del nominativo “###” dal portale SentenzeWeb ricercabile al link http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/, in particolare ordinando che non fosse consentita la ricerca “per nominativo” o “per patologia” del soggetto interessato delle pronunce che lo riguardavano, in ogni caso ordinando che fosse preclusa la visualizzazione dei suoi dati anagrafici e sensibili completi, da cui era direttamente ricavabile il c.d. “numero d'identificazione” di cui all'art. 4 del ### con vittoria di spese e competenze.  
Instaurato il contraddittorio, parte ricorrente si costituiva con comparsa depositata il ### nella quale eccepiva in via preliminare l'inammissibilità della domanda per difetto di legittimazione attiva in capo al ricorrente, nonché per carenza dell'interesse a ricorrere; ancora, la nullità del ricorso per indeterminatezza dell'oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento; nel merito, eccepiva l'infondatezza della domanda ex adverso proposta alla stregua del fatto che l'art 52 del d.lgs 196 del 2003 prevede una istanza di oscuramento di generalità e dati identificativi sulla sentenza o sul provvedimento da parte dell'interessato che ritenga la sussistenza di motivi legittimi a giustificazione della stessa, di cui nel caso in esame non vi era alcuna prova. Tale disciplina consentiva di attuare quel diritto all'autodeterminazione informativa che dà la possibilità all'interessato di esercitare un controllo sul flusso delle informazioni che lo riguardano.  
La causa, in assenza di istanze istruttorie delle parti se non di natura documentale, è stata discussa e decisa all'udienza del 14.03.2023, tenutasi nella modalità c.d. cartolare come consentito dall'art. 127ter c.p.c..  
Quanto alle eccezioni preliminari sollevate da parte resistente - aventi ad oggetto l'asserito difetto di legittimazione attiva in capo al ricorrente, nonché la sua carenza di interesse a ricorrere e, infine, l'asserita nullità del ricorso per indeterminatezza dell'oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento - la difesa del ricorrente ha rilevato nella sua nota conclusiva depositata l'11.03.2023 che “la presente controversia è regolata dal rito del lavoro, con la conseguenza che ai sensi dell'art. 416 c.p.c. la memoria di costituzione, che il Ministero della Giustizia titola “comparsa di costituzione e risposta”, doveva essere depositata nella ### del Giudice almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata nel decreto, notificato unitamente al ricorso introduttivo alla parte resistente. Dunque, appare senz'altro lapalissiano come il Ministero della Giustizia sia decaduto dalle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. Del pari appare cristallino che il Ministero della Giustizia si sia limitato ad una contestazione assolutamente generica, omettendo sicuramente di “contestare in maniera precisa tutti i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda”. Orbene, è vero che il Ministero si è costituito solo il giorno fissato per la prima udienza, ovvero il ###, con la conseguente decadenza dalla possibilità di proporre domande riconvenzionali e di sollevare “eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio”. Tuttavia le eccezioni sollevate relative all'### difetto di legittimazione ad causam e alla carenza di interesse ad agire - attenendo alle condizioni dell'azione, e dunque di natura processuale, costituenti un prius logico rispetto a qualsiasi altro elemento - sono indubbiamente rilevabili d'ufficio e, pertanto, in alcuna decadenza è incorsa parte resistente (cfr. ex plurimis, la recentissima Cass. civ., Sez. L - , Ordinanza n. 23721 del 01/09/2021).  
Quanto a quella relativa alla asserita nullità del ricorso “per indeterminatezza dell'oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento”, oltre a doversi rilevare che trattasi di eccezione c.d. di merito, deve sottolinearsi che anche in questo caso il giudice, ove ne ritenga la sussistenza,. ben potrebbe rilevarla d'ufficio, come si desume dall'art. 164 co. V c.p.c. - che prevede una sorta di sanatoria/integrazione degli elementi di fatto e di diritto - riferibile anche al processo del lavoro (applicabile nel caso di specie), come ritenuto dalla consolidata Suprema Corte (cfr. Cass. civ., Sez. L, Sentenza n. 23929 del 23/12/2004).  
Quanto, poi, alla fondatezza o meno delle eccezioni sopra riportate, deve rilevarsi, in ordine a quella appena menzionata di nullità del ricorso, che secondo l'assolutamente granitica giurisprudenza di legittimità (dettando, per la verità, un criterio generale valido anche nel rito ordinario): “Nel rito del lavoro, la nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione delle ragioni, di fatto e di diritto, sulle quali essa si fonda ricorre allorché sia assolutamente impossibile l'individuazione dell'uno o dell'altro elemento attraverso l'esame complessivo dell'atto, perché in tal caso il convenuto non è posto in condizione di predisporre la propria difesa né il giudice di conoscere l'esatto oggetto del giudizio…per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, non è sufficiente la mancata indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, ma è necessario che ne sia impossibile l'individuazione attraverso l'esame complessivo dell'atto ed i riferimenti ai documenti contenuti nella domanda introduttiva” (Cass. civ., Sez. L - , Ordinanza n. 19009 del 17/07/2018; si veda anche Cass. civ., Sez. 6 - L, Ordinanza n. 3126 del 08/02/2011). Ancora, “Nel rito del lavoro, per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determinazione dell'oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto su cui si fonda la domanda stessa, non è sufficiente l'omessa indicazione dei corrispondenti elementi in modo formale, ma è necessario che attraverso l'esame complessivo dell'atto - che compete al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione - sia impossibile l'individuazione esatta della pretesa dell'attore e il convenuto non possa apprestare una compiuta difesa”. Ebbene, nel caso in esame è vero che il ricorso può apparire generico; tuttavia dalle conclusioni si evince chela richiesta finale ha ad oggetto l'ordine di “deindicizzazione del nominativo “###” dal portale SentenzeWeb ricercabile al link http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/, in particolare ordinando che non sia consentita la ricerca “per nominativo” o “per patologia” del soggetto interessato…”; non solo, ma all'atto originario è allegata (doc. 
 n. 2) una relazione tecnica informatica da cui si desumono ulteriori elementi (poi riportati nella nota scritta depositata in PCT l'11.03.23), in particolare il testo delle sentenze integrali che risultano da una ricerca nominativa (“###”) sul portale sopra menzionato.  
Alla luce di quanto riportato, dunque, l'eccezione è infondata, poiché dall'esame complessivo dell'atto deve concludersi che è insostenibile che fosse impossibile l'individuazione esatta della pretesa del ricorrente così come che il convenuto non potesse apprestare una compiuta difesa.  
Passando all'esame delle eccezioni di carenza di legittimazione attiva in capo al ricorrente nonché di interesse a ricorrere, deve ritenersene la parziale fondatezza per la ragione che segue.  
Precisamente, in ordine alla richiesta di impedire la ricerca “per patologia” del soggetto interessato, non si comprende - nonostante nel ricorso e nella perizia stragiudiziale sia menzionato a titolo esemplificativo l'HIV - digitando quale patologia sarebbe possibile risalire al nominativo del ricorrente, con conseguente lesione della tutela dei suoi dati personali (in particolare in relazione alla sua salute). Dalla lettura delle sentenze riportate nella perizia tecnica di parte in atti (cfr. pag. 11 ss.) - che risultano dalla semplice digitazione del nome dell'odierno ricorrente - non emerge la menzione di alcuna malattia di cui egli soffra. Concludendo sul punto, dunque, in assenza nel corso del giudizio di qualsiasi specificazione su tali fatti costitutivi/lesivi della pretesa, non può che concludersi che sul punto non sussiste né interesse ad agire ex art. 
 100 c.p.c. in capo al ### né legittimazione ad agire ex art. 81 c.p.c., dovendosi ritenere che egli abbia voluto farsi portatore di un generico interesse a che le sentenze della Suprema Corte non siano rinvenibili nel portale attraverso la digitazione di una qualunque malattia, che porterebbe a “rintracciare” chi ne sia affetto, con conseguente violazione dei suoi dati personali (anzi personalissimi).  
Passando al merito, le pretese del ricorrente sono infondate per le ragioni che si verranno ad esporre. La sua richiesta - come specificato nelle varie note scritte - non solo e non tanto di anonimizzazione dei suoi dati su specifiche sentenze, ma anche di impedire, in generale, la ricerca sul portale a mezzo di digitazione del semplice nome (sulla malattia si è già detto supra) confligge con la normativa vigente in ### in materia di trattamento dei dati personali in ambito giudiziario. 
 ###. 51 del «### in materia di protezione dei dati personali», rimasto immutato a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 101 del 2018, disciplina la diffusione dei provvedimenti giudiziari prevedendo, nel suo primo comma, che i «dati identificativi delle questioni pendenti dinanzi all'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado sono resi accessibili a chi vi abbia interesse anche mediante reti di comunicazione elettronica, ivi compreso il sito istituzionale della medesima autorità nella rete ### Il secondo comma, invece, stabilisce che le «sentenze e le altre decisioni dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado depositate in cancelleria o segreteria sono rese accessibili anche attraverso il sistema informativo e il sito istituzionale della medesima autorità nella rete ### osservando le cautele previste dal presente capo». Le cautele richiamate dal secondo comma dell'art. 51, a sua volta, sono disciplinate dal successivo art. 52, parzialmente modificato dal d.lgs. n. 101 del 2018, che individua i limiti alla diffusione del contenuto, integrale o parziale, delle sentenze e degli altri provvedimenti giurisdizionali. Tali limiti si applicano sia nelle ipotesi di divulgazione per finalità di informazione giuridica su riviste scientifiche o su supporti elettronici, sia in ogni altra ipotesi di riproduzione di pronunce giudiziarie, come nel caso della diffusione di notizie su organi di stampa. Segnatamente, l'art. 52 prevede: “1. ### restando quanto previsto dalle disposizioni concernenti la redazione e il contenuto di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado, l'interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell'ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull'originale della sentenza o del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento. 2. Sulla richiesta di cui al comma 1 provvede in calce con decreto, senza ulteriori formalità, l'autorità che pronuncia la sentenza o adotta il provvedimento. La medesima autorità può disporre d'ufficio che sia apposta l'annotazione di cui al comma 1, a tutela dei diritti o della dignità degli interessati… 4. In caso di diffusione anche da parte di terzi di sentenze o di altri provvedimenti recanti l'annotazione di cui al comma 2, o delle relative massime giuridiche, è omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi dell'interessato. 5. ### restando quanto previsto dall'articolo 734-bis del codice penale relativamente alle persone offese da atti di violenza sessuale, chiunque diffonde sentenze o altri provvedimenti giurisdizionali dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado è tenuto ad omettere in ogni caso, anche in mancanza dell'annotazione di cui al comma 2, le generalità, altri dati identificativi o altri dati anche relativi a terzi dai quali può desumersi anche indirettamente l'identità di minori, oppure delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone. 6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche in caso di deposito di lodo ai sensi dell'articolo 825 del codice di procedura civile. La parte può formulare agli arbitri la richiesta di cui al comma 1 prima della pronuncia del lodo e gli arbitri appongono sul lodo l'annotazione di cui al comma 3, anche ai sensi del comma 2. Il collegio arbitrale costituito presso la camera arbitrale per i lavori pubblici ai sensi dell'articolo 209 del ### dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, 50, provvede in modo analogo in caso di richiesta di una parte. 7. Fuori dei casi indicati nel presente articolo è ammessa la diffusione in ogni forma del contenuto anche integrale di sentenze e di altri provvedimenti giurisdizionali”.  
E' pertanto necessario distinguere le ipotesi in cui l'oscuramento dei dati personali di un soggetto processuale (che riguarderà solo le generalità e gli altri dati identificativi dell'interessato) deve essere eseguito sulla base delle emergenze del caso concreto previste dall'art. 52, comma 2, del d.lgs. n. 196 del 2003, dalle ipotesi in cui l'oscuramento dei dati personali deve essere eseguito obbligatoriamente, previste dall'art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 196 del 2003. Ebbene, il primo caso è connotato dalla discrezionalità del giudice, mentre nel secondo ambito vi è obbligatorietà; le ipotesi (comma 5) sono quelle in cui vengono in considerazione i procedimenti civili concernenti minori, rapporti di famiglia e stato delle persone, nonché i procedimenti penali concernenti reati contro la famiglia (artt. da 556 a 574-bis cod. pen.), reati di cui agli artt. 414-bis e 416, settimo comma, cod. pen., reati di cui all'art. 591 cod. pen., reati di cui agli artt. da 600- bis a 600-octies e da 609-bis a 609-undecies cod. pen., reati di cui all'art. 643 cod. pen., reati di cui all'art. 734bis cod. pen., reati in tema di prostituzione, reati in materia di interruzione volontaria della gravidanza, reati in materia di procreazione medicalmente assistita, e reati commessi da o in danno di minorenni. In queste ipotesi, peraltro, l'oscuramento deve riguardare non solo i dati identificativi dell'interessato, ma ogni altro dato, anche relativo a terzi, tramite il quale si possa risalire anche direttamente alla sua identità.  
La normativa riportata nasce da una esigenza di bilanciamento di interessi - in definitiva, fra esigenza di protezione dei dati personali e libera circolazione delle informazioni - evidenziata già dal 2010 nel parere dell'### della ### datato 2 dicembre, che in via preliminare faceva riferimento esclusivamente all´attività di informatica giuridica “intesa come attività di riproduzione e diffusione di sentenze o altri provvedimenti giurisdizionali in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica, ovvero di documentazione, studio e ricerca in campo giuridico, su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, compresi i sistemi informativi e i siti istituzionali dell´### giudiziaria” - ovvero esattamente l'ipotesi che viene in esame nel caso oggetto del presente giudizio - per poi dettare delle linee guida che richiamavano espressamente gli (allora vigenti) artt. 51 e 52 del ### Segnatamente, si affermava in ordine all'art. 52 co. 2: “La richiesta deve contenere l´esplicita istanza che la cancelleria o la segreteria riportino, sull´originale della sentenza o del provvedimento, un´annotazione che specifichi che in caso di riproduzione del provvedimento non può essere riportata l´indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del richiedente. Inoltre la richiesta deve essere espressamente motivata, poiché in essa l´interessato deve specificare i "motivi legittimi" che la giustificano, quali la delicatezza della vicenda oggetto del giudizio o la particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento (ad esempio, dati sensibili)”.  
Quanto, poi, alla anonimizzazione disposta d'ufficio, si sottolineava che la norma che la prevede “fa carico all´### giudiziaria di una specifica responsabilità nell´attenta valutazione dell´opportunità dell´anonimizzazione dei provvedimenti” specificando che particolare attenzione deve essere prestata nei casi in cui vengono “in rilievo dati personali dotati di particolare significatività che, se indiscriminatamente diffusi, possono determinare negative conseguenze sui vari aspetti della vita sociale e di relazione dell´interessato (ad esempio, in ambito familiare o lavorativo). É questo sicuramente il caso in cui nel provvedimento siano contenuti dati sensibili (art. 4, comma 1, lett. d) del ###, che sono oggetto nella normativa del ### di particolari forme di tutela e, fra questi, dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale degli interessati”. E' proprio in questo punto che si richiama il sopra menzionato criterio di bilanciamento: “…anche in considerazione delle limitazioni che, proprio in ambito giudiziario, vengono poste alla stessa difesa dei diritti in giudizio, laddove si richiede che il diritto dell´interessato alla riservatezza di tali dati possa essere sacrificato solo ove il diritto azionato sia "di rango pari" a quello dell´interessato medesimo, "ovvero consistente in un diritto o libertà fondamentale e inviolabile" (art. 26, comma 4, lett. c) del ###”.  
Le linee guida sono state ulteriormente chiarite dalla giurisprudenza della Suprema Corte sia penale che civile. Segnatamente, si veda Cass. civ., Sez. 5, Ordinanza n. 16807 del 07/08/2020, secondo cui “In tema di diritto all'anonimato delle parti in giudizio o dei soggetti interessati garantito dall'art. 52 del d.lgs. n. 196 del 2003 nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica, per effetto delle modifiche apportate dall'art. 
 40 d.l. n. 201 del 2011, conv. in l. n. 214 del 2011 - che ha eliminato il riferimento ### alla persona giuridica -, riveste la qualità di "interessato", legittimato a presentare l'istanza di anonimizzazione delle generalità e degli altri dati identificativi, solamente la persona fisica, la quale può proporla in presenza di motivi "legittimi", da intendersi come motivi "opportuni"”.  
Ancora, secondo Cass. pen., sent. n. 47126 del 2021 (in motivazione), in ordine all'interpretazione dell'art. 52 co. 2: “Il cardine della norma in questione è dunque costituito dalla “legittimità dei motivi” posti a fondamento della richiesta, che segnano il discrimine fra l'accoglimento ed il rigetto della relativa domanda. Tale concetto, per la sua genericità, necessita di una interpretazione che questa Corte ha già effettuato, affermando che l'espressione “motivi legittimi” deve essere intesa come sinonimo di “motivi opportuni”: donde la particolare ampiezza, a ragion veduta non predeterminata dal legislatore all'interno di schemi rigidi, delle ragioni che possono essere addotte a sostegno della richiesta di oscuramento dei dati, fermo restando che l'accoglimento della richiesta medesima potrà intervenire ogniqualvolta l'### ravviserà un equilibrato bilanciamento tra esigenze di riservatezza del singolo e pubblicità della sentenza, la quale ultima costituisce un necessitato corollario del principio costituzionale dell'amministrazione della giustizia, esercitata nel nome del popolo italiano. (cfr. Sez. 6, sentenza n. 11959 del 15 febbraio 2017, Rv. 269402 - 01)”. Tale pronuncia richiama espressamente “le linee guida dettate dal ### della privacy il 2 dicembre 2010, “in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica”, in cui, con specifico riferimento alla c.d. “procedura di anonimizzazione dei provvedimenti giurisdizionali”, si indicano possibili “motivi legittimi”, in grado di fondare la relativa richiesta (ovvero di indurre l'### giudiziaria a provvedere d'ufficio), nella “particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento (ad esempio, dati sensibili)”, ovvero nella “delicatezza della vicenda oggetto del giudizio””. Prosegue affermando: “### i “dati sensibili”, sono individuati dalla legge che - all'art. 4, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 196/2003 - li definisce come “i dati personali idonei a rivelare l'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”. E appare evidente che nessuno di tali dati viene in considerazione ed è dunque messo a repentaglio nel caso in questione. Con riferimento invece alla “delicatezza” della vicenda per cui è processo, questa deve essere ravvisata, come ha affermato lo stesso ### nelle “negative conseguenze sui vari aspetti della vita sociale e di relazione dell'interessato (ad esempio, in ambito familiare o lavorativo)”, così andando a incidere pesantemente sul diritto alla riservatezza del singolo. E anche in questo caso è di tutta evidenza che la fattispecie non integra in alcun modo, sia di per sé, sia in ragione della assoluzione adottata, una vicenda aventi tali caratteristiche”.  
Tanto premesso, lo stesso - ovvero che la fattispecie in esame non integra in alcun modo una vicenda aventi caratteristiche che giustifichino l'oscuramento dei dati personali a seguito di richiesta dell'interessato o d'ufficio da parte del giudice - deve dirsi per il caso oggetto del presente giudizio. Parte ricorrente, infatti, nulla ha specificato in merito ai “motivi legittimi” che giustificherebbero la richiesta suddetta, né innanzi alla stessa Corte di Cassazione cui aveva rivolto l'istanza (rigettata, come si evince da pag. 4 della nota depositata l'11.03.2023), né innanzi a questo giudicante, non essendo specificato alcunché sulla opportunità di rendere non recuperabili i suoi dati personali. All'opposto, dalla lettura dei cinque provvedimenti contenuti nella CTP in atti si evince che sussiste un vero e proprio interesse generale della collettività alla possibilità di leggerli nella loro forma integrale. Essi - tutte sentenze salvo una ordinanza - hanno ad oggetto diverse istanze (ad es., applicabilità dell'indulto) proposte dall'odierno ricorrente e, dalla loro lettura, si evince che quest'ultimo è stato condannato per i reati di bancarotta semplice e fraudolenta. Ebbene, non si ravvisa alcun motivo legittimo che giustificherebbe l'eliminazione o anonimizzazione del suo nome e di altri dati personali (ovvero, se ben si intende, il codice fiscale, da cui si risalirebbe facilmente grazie al nome) ma, al contrario, un interesse pubblico alla diffusione di tali informazioni. Come affermato da importante e condivisibile dottrina, la possibilità di accedere alle sentenze e alle altre decisioni dell'autorità giudiziaria di ogni ordine e grado non è circoscritta ai soggetti portatori di uno specifico interesse, ma estesa senza particolari limitazioni, in linea con il principio di pubblicità del giudizio e del suo atto conclusivo; in definitiva, trattasi della libera circolazione delle informazioni (prevalente, in assenza dei requisiti sopra riportati di cui all'art. 52 co. 2 o 5). Il nostro ordinamento, per concludere, non ha optato, a differenza di altri, per una anonimizzazione generale.  
Quanto alla - a quanto è dato comprendere: cfr. pag. 4 della nota dep. 11.03.2023 - ulteriore istanza avente ad oggetto il fatto che non solo il ricorrente non vuole che i provvedimenti in cui è stato coinvolto siano rinvenibili nel portale SentenzeWeb al link http://www.italgiure.giustizia.it/sncass/ muniti dei suoi dati anagrafici, ma soprattutto non vuole che siano “ricercabili a semplice digitazione dei dati stessi sulla barra di ricerca”, rileva questo giudice che essa non può essere letta come “sconnessa” da quanto sinora detto. Infatti, nessuna norma prevede quanto richiesto semplicemente perché ciò sarebbe privo di razionalità: se, infatti, l'anonimizzazione è ammessa solo nei casi di cui all'art. 52 co. 2 e 5 (con quanto ne consegue in ordine agli adempimenti di ### etc.), non si vede perché dovrebbe impedirsi la possibilità di ricercare un determinato provvedimento - di cui, invece, non sia stata disposta la anonimizzazione - mediante parole-chiave nella stringa, anche consistenti nel nome delle parti (ciò che sarà, invece, automaticamente impossibile laddove sia stata disposta l'eliminazione dei dati personali ex art. 52). 
 La disciplina delle spese del giudizio segue la soccombenza ed esse sono liquidate secondo le tabelle di cui al D.M. n. 55 del 10/03/2014 come in dispositivo, applicando i criteri dettati dall'art. 5 co. 5 e 6 D.M. n. 55 del 2010 per le cause di valore indeterminabili, decurtati del 50% come consentito dall'art. 4 co. 1 del decreto richiamato in considerazione “delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attivita' prestata, dell'importanza, della natura, della difficolta' e del valore dell'affare…del numero e della complessita' delle questioni giuridiche e di fatto trattate”. 
 P.Q.M.   definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda, deduzione o eccezione disattesa, così provvede: a) rigetta ogni domanda del ricorrente; b) condanna ### alla rifusione in favore del Ministero della Giustizia, in persona del ### suo rappresentante pro tempore, delle spese di lite, che liquida in ### per compensi oltre rimborso forfettario, IVA e CAP come per legge.  
Così deciso in ### lì 14/03/2023 

Il Giudice
dott.ssa ###

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